Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULLA GESTIONE DEL FENOMENO MIGRATORIO NELL'AREA SCHENGEN, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE POLITICHE DEI PAESI ADERENTI RELATIVE AL CONTROLLO DELLE FRONTIERE ESTERNE E DEI CONFINI INTERNI
Audizione del Procuratore Nazionale
Antimafia, dottor Franco Roberti.
Ravetto Laura , Presidente ... 3 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 4 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 5 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 5 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 6 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 6 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 6 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 7 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 7 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 7 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 8 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 9 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 9 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 9 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 9 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 9 ,
Brandolin Giorgio (PD) ... 10 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 10 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 10 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 10 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 10 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 10 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 11 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 11 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 11 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 11 ,
Arrigoni Paolo ... 12 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 12 ,
Falcone Giovanni (PD) ... 12 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 13 ,
Brandolin Giorgio (PD) ... 13 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 13 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 13 ,
Brandolin Giorgio (PD) ... 13 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 13 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 13 ,
Artini Massimo (Misto-AL-TIpI) ... 13 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 14 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 15 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 15 ,
Artini Massimo (Misto-AL-TIpI) ... 15 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 15 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 15 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 15 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 16 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 16 ,
Brandolin Giorgio (PD) ... 16 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 16 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 17 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 17 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 17 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 17 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 17 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 17 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 17 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 17 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 17 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 17 ,
Brandolin Giorgio (PD) ... 17 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 18 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 18 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 18 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 18 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 18 ,
Brandolin Giorgio (PD) ... 18 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 18 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 19 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 19 ,
Brandolin Giorgio (PD) ... 19 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 19 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 19 ,
Roberti Franco , Procuratore Nazionale Antimafia ... 19 ,
Ravetto Laura , Presidente ... 20
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
LAURA RAVETTO
La seduta comincia alle 14.15.
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, i processi verbali delle sedute precedenti si intendono approvati.
Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
Audizione del Procuratore Nazionale
Antimafia, dottor Franco Roberti.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Procuratore Nazionale Antimafia, dottor Franco Roberti, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla gestione del fenomeno migratorio nell'area Schengen, con particolare riferimento alle politiche dei Paesi aderenti relative al controllo delle frontiere esterne e dei confini interni.
La ringraziamo, dottor Roberti. È un particolare onore per noi averla qui oggi. Lei arriva per primo da noi, quindi le siamo particolarmente grati.
Naturalmente lei conosce benissimo i lavori della Camera: questi sono lavori pubblici. Ci stanno ascoltando le agenzie e ci stanno ascoltando i giornalisti, per cui, se lei avesse necessità di dichiarare alcunché che deve essere secretato, non ha che da informarne me e gli uffici e noi renderemo non più pubblica la seduta.
L'abbiamo chiamata, Procuratore, perché il primo tema che vorremmo affrontare riguarda la recente riunione che, da notizie di stampa (agenzia Adnkronos del 25 maggio 2017), si apprende sarebbe stata da lei convocata il 25 maggio scorso a Roma presso la sede della Direzione nazionale antimafia alla presenza del Procuratore generale della Cassazione, il dottor Pasquale Ciccolo, del Procuratore generale della Corte d'appello di Roma, il dottor Giovanni Salvi, e dei rappresentanti delle procure ordinarie distrettuali di: Agrigento; Bari; Caltanissetta; Catania; Catanzaro; Lecce; Marsala; Messina; Palermo; Ragusa; Reggio Calabria; Salerno; Siracusa; Trapani. Erano inoltre presenti i rappresentanti di Eurojust, di EUNAVFOR MED, dell'Agenzia europea della Guardia di frontiera e costiera Frontex e dell'Europol e i rappresentanti della Direzione centrale dell'Immigrazione e della Polizia delle frontiere, della Direzione centrale anticrimine della Polizia di Stato e del Servizio centrale operativo nonché i rappresentanti della Marina militare, della Guardia di finanza, dei Carabinieri, della Guardia costiera e capitanerie di porto.
Da notizie stampa (agenzia Askanews e Adnkronos del 25 maggio 2017) risulterebbe che, tra gli argomenti affrontati nel corso della riunione, vi sarebbe stato: il coordinamento delle indagini sull'ipotizzato coinvolgimento nell'illecito traffico migratorio di alcune ONG impegnate in attività di soccorso; l'aggiornamento sull'attuale modus operandi delle organizzazioni criminali che sfruttano le rotte migratorie nell'area del Mediterraneo; la verifica dello stato dei flussi informativi tra le autorità giudiziarie, la Direzione nazionale antimafia, Eurojust, l'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera Frontex ed EUNAVFOR MED; l'individuazione di nuovi strumenti operativi che rafforzino ulteriormente lo scambio di informazioni. Pag. 4
La ringrazio moltissimo se lei ci può dare degli ulteriori dettagli in merito. So che lei si è pronunciato sullo scambio di informazioni, in particolare da parte di Frontex, quindi le chiedo se su quest'aspetto ci può dire di più.
Ci sono alcuni aspetti più di dettaglio. Abbiamo ascoltato molti procuratori sul ruolo delle ONG: alcuni ci hanno detto che le ONG, di fatto, con la loro presenza, ancorché probabilmente involontariamente, vanificano la possibilità di un'indagine adeguata da parte delle procure sui mediatori degli scafisti, in modo da farli parlare per risalire così alla testa operativa degli scafisti, mentre altri ci hanno detto che si potrebbe forse ipotizzare in alcuni casi un favoreggiamento nel traffico illecito di esseri umani, probabilmente involontario in questo caso, e che si dovrebbe tener conto dello stato di necessità, per cui le ONG non solo rispondono a statuti propri e a regole proprie, ma operano anche per salvare le vite umane in mare e questa è certamente una cosa sacrosanta.
L'altro punto specifico – scusi se mi esprimo in maniera tecnica – è relativo, sempre per ciò che riguarda il ruolo delle ONG, alla possibilità che ci sia presenza di polizia giudiziaria su queste navi.
Abbiamo chiesto ad alcune ONG «sareste disponibili a far salire sulle vostre navi operatori di polizia giudiziaria?», facendo riferimento in particolare a quell'avvenimento tragico per cui un migrante è stato ucciso sulla nave a causa di un cappellino, quindi abbiamo detto a questi operatori «se potessero venire le forze dell'ordine, le stesse sarebbero in grado di individuare in questo caso addirittura un assassino». Alcune ONG ci hanno risposto che non sarebbero disponibili ad avere la polizia giudiziaria perché, secondo i loro codici, essendo organizzazioni assolutamente pacifiche, non potrebbero consentire di far salire delle persone armate sulle loro navi. Anche su quest'aspetto, le chiedo una sua valutazione.
Le chiedo un'altra valutazione. Sappiamo che lei, come noi, ha ascoltato, anche se in una veste decisamente più autorevole, i comandanti della Guardia costiera e della Capitaneria di porto, per cui le chiedo se da loro ha evinto considerazioni che ci può dare per migliorare la situazione della cosiddetta area SAR. Mi riferisco al fatto che la Guardia costiera italiana è la responsabile di tutto il perimetro di pericolo dalle coste libiche sino all'Italia, indipendentemente dalla presenza di Malta o comunque di altre navi in mare.
La domanda che pongo sempre ai Procuratori è relativa allo sbarco nei nostri porti. Alcuni procuratori ormai – penso al procuratore Gratteri – hanno anche proceduto con arresti importanti e hanno dichiarato che c'è un coinvolgimento della criminalità organizzata in fase di accoglienza dei migranti.
In fase di arrivo e di sbarco, considerato che le criminalità organizzate, per quanto è dato apprendere dalle notizie stampa che leggiamo quotidianamente, controllano anche i porti e controllano l'arrivo come, per esempio, nel traffico di droga. In questo caso, avete registrato un coinvolgimento dell'attività organizzata anche nella gestione degli arrivi? Ci hanno detto tutti di no, però lei è il rappresentante più autorevole che ascoltiamo, quindi lo chiediamo anche a lei.
Inoltre, le chiedo se ha proposte operative per il superamento di questa crisi del Mediterraneo. Capiamo benissimo che non si può esprimere con considerazioni politiche, però, grazie alla sua esperienza, forse può dare al Parlamento anche degli obiettivi di natura legislativa.
Grazie, Procuratore.
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti i signori deputati della Commissione e grazie per l'invito e per la possibilità di illustrare, anche se brevemente, l'attività svolta dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo in materia di contrasto ai trafficanti di migranti e ai trafficanti di esseri umani, che spesso finiscono per coincidere nella realtà.
Il nostro è un impegno assolutamente primario mosso dall'ottobre 2013, dopo la tragedia di Lampedusa che ben tutti ricordiamo, allorché decidemmo di svolgere un ruolo tipico e proprio della Direzione nazionale, Pag. 5 ossia il coordinamento delle indagini e l'impulso investigativo alle indagini nel contrasto ai trafficanti.
Devo subito precisare un dato giuridico che è, a mio avviso, importante per le ricadute che poi avrà nella realtà operativa: nel nostro ordinamento giuridico, la competenza in questa materia è divisa tra le Direzioni distrettuali antimafia, che, come sapete, sono 26 su tutto il territorio nazionale in corrispondenza delle Corti di Appello, e le Procure ordinarie.
Nel procedere contro questo fenomeno criminale, gli strumenti normativi di cui disponiamo sono sostanzialmente: il reato di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dei traffici di migranti (articolo 416, comma 6, del codice penale) e il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, che è previsto dall'articolo 12 del decreto legislativo in materia di immigrazione che risale al 1998, con i successivi aggiornamenti.
Poi, se si passa alla tratta di esseri umani, ci sono i reati di cui all'articolo 600 e seguenti del codice penale. I reati dell'articolo 416, comma 6, e i reati in materia di tratta sono di competenza delle Direzioni distrettuali antimafia, ex articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, mentre il solo reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina (articolo 12) ricade nella competenza delle Procure ordinarie, a meno che non sia aggravato dalla finalità mafiosa di cui all'articolo 7 del decreto-legge n. 152 del 1991.
Ricordo questo particolare perché esso ha un'immediata ricaduta sul coordinamento investigativo, in quanto le Procure ordinarie, quelle che lei, Presidente, ha citato come invitate alla riunione del 25 maggio, non hanno un rapporto diretto né con la Procura nazionale né con le Direzioni distrettuali, ma hanno un rapporto mediato, anche attraverso protocolli di intesa presso le Procure generali che noi da molto tempo abbiamo promosso e che sono vigenti.
Il protocollo d'intesa tra Procure ordinarie e Direzioni distrettuali prevede lo scambio informativo, nel senso che la Procura ordinaria dovrebbe, in base al protocollo, informare la Direzione distrettuale che sta procedendo per i reati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina perché la Direzione distrettuale possa eventualmente ravvisare, nella fattispecie che viene riferita, un'ipotesi di associazione finalizzata al favoreggiamento, nel qual caso la competenza passerebbe dalla Procura ordinaria alla Direzione distrettuale.
Questo scambio di informazioni avviene, ma non sempre lo abbiamo verificato – anche nella riunione del 25 maggio scorso – con la continuità e con la completezza che sarebbero necessarie.
Qual è la conseguenza? Ogni ufficio procede, a volte, un po’ per conto suo, quindi il coordinamento deve essere migliorato, tra Procure ordinarie che si occupano di questi fenomeni migratori e Direzioni distrettuali, con il coordinamento della Procura nazionale. Questo è un primo punto che va chiarito.
La prima riunione ci fu, come ho detto, nell'ottobre 2013, a seguito della quale furono pubblicate da me, con l'aiuto del collega Filippo Spiezia, all'epoca componente della Direzione nazionale e oggi membro italiano presso Eurojust, che è l'organismo di coordinamento europeo, le prime linee guida operative dirette alle Direzioni distrettuali.
Che cosa volevano essere e che cosa sono ancora queste linee guida? Si tratta di criteri per muoversi nel modo più corretto durante l'operatività in alto mare, tenendo presente l'esigenza primaria di salvare le vite umane e, al tempo stesso, l'esigenza di contrastare efficacemente i trafficanti di esseri umani, quindi accertare elementi utili per le indagini contro i trafficanti.
Presidente, ho qui un CD che raccoglie tutto il materiale che abbiamo prodotto, quindi le linee guida, tutti i documenti e i verbali delle riunioni con i Procuratori distrettuali che abbiamo prodotto fino alla riunione del 25 maggio.
PRESIDENTE. Posso lasciarlo agli atti della Commissione?
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Certo. Mi riservo di farvi Pag. 6avere, appena pronta, la trascrizione della registrazione integrale della riunione del 25 maggio, dalla quale poter ricavare ampi elementi di valutazione per quanto riguarda la Commissione.
Tornando sinteticamente al tema dell'impegno della Direzione nazionale, vorrei dire che, a gennaio 2014, quando pubblicammo le prime linee guida, avevamo di fronte un fenomeno che oggi non c'è più: il fenomeno delle cosiddette «navi madri» che si staccavano dall'Egitto e da altri porti del nord Africa e arrivavano in alto mare, quindi in acque internazionali, dove trasferivano i migranti dalla nave madre a navigli più piccoli e lanciavano l'allarme (SOS), per cui i navigli più piccoli venivano soccorsi in alto mare.
All'epoca, si poneva il problema giuridico del diritto all'inseguimento – lo ricorderete – della possibilità di sequestrare le navi madri, cosa che facemmo anche con il supporto della giurisprudenza della Cassazione che venne attivata da alcuni provvedimenti, in particolare dei giudici di Catania, ma anche di altre sedi.
Poi il fenomeno ha avuto una sua evoluzione nel modus operandi, per cui è stato necessario intervenire nuovamente con altre linee guida, che pure troverete nel CD e che sono, se non ricordo male, di luglio 2015. Perfezionammo questi criteri, rivolgendoli, non in modo impositivo e di direttiva, ma come suggerimento, alle Direzioni distrettuali perché poi queste ne facessero oggetto di specifiche direttive ai loro organismi di polizia giudiziaria e agli organi di polizia giudiziaria che operavano in alto mare, quindi in acque internazionali.
Era intervenuta a luglio 2015 la missione di EUNAVFOR MED, che avrebbe dovuto svolgere e che sta svolgendo compiti di pattugliamento e di intercettazione in alto mare dei navigli che trasportavano migranti. La missione EUNAVFOR MED, che è stata recentemente prorogata fino a luglio 2017, non ha compiuto completamente il suo percorso, nel senso che sarebbe stata necessario, come si ipotizzava all'epoca, che, con una risoluzione delle Nazioni Unite, la missione EUNAVFOR MED potesse entrare nelle acque libiche per bloccare le navi in partenza.
Questa risoluzione non c'è stata e ci è stato riferito che probabilmente questa prospettiva si è allontanata nel tempo, quindi, oggi, EUNAVFOR MED svolge un compito molto importante, ma limitato alle acque internazionali, quindi non può entrare nelle acque libiche.
Con EUNAVFOR MED, abbiamo in corso un'altra iniziativa che, a nostro giudizio, è molto importante e che noi della Direzione nazionale vogliamo assolutamente coltivare. Si tratta dell'iniziativa dell'osservatorio sui fenomeni del traffico di migranti.
Ho qui una nota, di cui pure posso dare copia. Si tratta di una nota dell'ammiraglio Credendino, capo della missione EUNAVFOR MED, diretta alla Procura nazionale, in cui si propone l'istituzione del primo osservatorio europeo sul traffico di migranti e la tratta di esseri umani.
In che cosa consisterà quest'osservatorio la cui istituzione sosteniamo molto convintamente? Si tratta della raccolta di tutti i dati per potere effettivamente seguire da vicino l'evoluzione del fenomeno, mettendo i dati analizzati e incrociati anche con quelli della nostra banca dati a disposizione dei decisori politici. Ovviamente non potremmo mai sovrapporci a scelte politiche, però possiamo in qualche modo orientarle, coadiuvarle e sostenerle con queste iniziative di tipo operativo, dei cui risultati bisogna tenere conto, nel momento in cui si fanno le scelte politiche.
Sosteniamo questa iniziativa di una forma di primo osservatorio europeo su questi traffici migratori.
PRESIDENTE. Possiamo lasciare anche questa nota agli atti della Commissione?
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Sì.
PRESIDENTE. Chiedo agli uffici la cortesia di mettere su carta o in una mail la trascrizione dell'ultima riunione del 25 maggio e trasferirla a tutti i commissari.
Grazie.
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Andando avanti rapidamente, vorrei dire che, dopo queste seconde linee guida che vengono osservate dalle Direzioni distrettuali, ci siamo trovati di fronte all'ultima evoluzione nel modus operandi, quello delle barche e dei gommoni che si staccano dalle coste libiche e arrivano ai limiti delle coste libiche. Questi limiti, peraltro, sono piuttosto variabili perché si parla di 12-16 miglia. La Libia è nella situazione che tutti ben conosciamo e non ha mai precisato il limite delle proprie acque territoriali. Al limite di queste acque territoriali, quale che esso sia (12 miglia o 16 miglia) si trovano le navi delle ONG che raccolgono i migranti.
Il problema è che le ONG svolgono un lavoro integrativo e in parte supplente rispetto al lavoro delle navi governative e, oggettivamente, stanno operando al di là di possibili – in corso di accertamento – connivenze, complicità e legami con i trafficanti che si trovano in territorio libico, nel porto di Sabratha e in altri porti libici da cui si muovono i migranti, e indipendentemente da ipotizzabili collusioni.
A questo punto, voglio anche – se mi permette, presidente – manifestare il nostro convinto sostegno e tutta la nostra solidarietà all'azione della Procura di Catania e del collega Carmelo Zuccaro, che stanno svolgendo un lavoro egregio in condizioni di estrema difficoltà, sulle quali mi consentirà anche di tornare.
Riteniamo che le ONG in questo momento facciano un lavoro necessario, accanto alle navi governative, perché probabilmente non ci sono sufficienti navi dei Governi che fanno parte della missione per poter fare a meno dell'attività supplente e integrativa delle ONG.
Com'è stato proposto nel corso della riunione del 25 maggio, si dovrebbero fornire alle ONG le nostre linee guida oppure un codice di condotta, a cura eventualmente anche delle Nazioni Unite, in considerazione del fatto che è stato appurato un aumento del flusso migratorio, nel momento che le navi delle ONG si sono spinte a ridosso delle coste libiche.
Le ONG dovrebbero adeguarsi alle linee guida che abbiamo pubblicato per quanto riguarda il punto di equilibrio tra salvezza dei migranti in pericolo e accertamento delle responsabilità dei trafficanti. Ci vorrebbe, per esempio, l'ufficiale di polizia giudiziaria a bordo di queste navi, che, senza intralciare il salvataggio, svolgesse compiti tipici dell'attività di polizia giudiziaria finalizzata all'accertamento delle responsabilità.
Possiamo proporre e proponiamo anche altre soluzioni. Per esempio, come ho già detto prima, la circolazione e la completezza delle informazioni è fondamentale per contrastare i trafficanti. Poi, ci saranno le difficoltà che già abbiamo nell'espletamento delle attività di indagine perché ci sono difficoltà nel fare le intercettazioni e ci sono difficoltà estreme nell'espletamento delle rogatorie. Una volta identificati i soggetti trafficanti, come spesso accade, bisogna metterli in condizioni di non operare più, quindi bloccarli. Per bloccare i trafficanti, è indispensabile la cooperazione internazionale, quindi la Libia e gli altri Paesi del nord Africa dovrebbero assolutamente collaborare con queste autorità nell'accertamento giudiziario e nell'arresto dei trafficanti, cosa che purtroppo non avviene.
PRESIDENTE. Ha esperienze con l'Egitto?
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. L'Egitto è un capitolo a parte. Io ho sottoscritto con il Procuratore generale egiziano, Hashem Barakat, un memorandum di intesa nel 2015, che aveva già incominciato a produrre effetti, tant'è che le procure di Reggio Calabria e di Catania ci diedero atto che con l'Egitto le cose erano cambiate da quando c'era questa collaborazione con Hashem Barakat.
Purtroppo, come forse ricorderete, il Procuratore generale Hashem Barakat fu ucciso poche settimane dopo la sottoscrizione del nostro accordo dai Fratelli Musulmani in un gravissimo attentato esplosivo nella città de Il Cairo. Morto Barakat, abbiamo dovuto ricominciare un po’ tutto daccapo e oggi, anche se devo dire – al di Pag. 8là del caso Regeni – c'è una forma di collaborazione con l'Egitto, purtroppo non riusciamo ad avere i risultati in misura soddisfacente che ci ripromettiamo dalla cooperazione con quel Paese.
C'è il memorandum e c'è una volontà anche dichiarata dalle autorità egiziane di cooperare, quindi noi contiamo sull'Egitto. Il problema, oggi, non riguarda più tanto l'Egitto quanto la Libia perché dalla Libia arrivano i migranti nella misura del 90 per cento, per cui è con le autorità libiche che dobbiamo necessariamente rapportarci per svolgere le nostre indagini.
PRESIDENTE. Avete contatti, al netto del problema dei Governi, formati o non formati?
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Abbiamo contatti mediati attraverso il Ministero dell'interno, il Servizio immigrazione e la polizia giudiziaria. Non abbiamo contatti diretti con la Libia perché non sappiamo neanche con chi dobbiamo rapportarci, quindi, a oggi, siamo in queste condizioni. Poi, naturalmente contiamo che, nello sviluppo anche della interlocuzione politica tra il nostro Paese e la Libia, le cose possono migliorare e crediamo e ci auguriamo che le cose migliorino, ma aspettiamo questi sviluppi perché da essi dipende l'efficacia e la concludenza delle nostre indagini sul piano del contrasto ai trafficanti di migranti e di esseri umani.
Svilupperemo nei prossimi giorni un'altra idea che chiama in causa Frontex. Attraverso la raccolta di informazioni che avviene sulle navi da parte degli operatori di Frontex, quando vengono intervistati i migranti per raccogliere informazioni di prima mano e immediate, dopo l'identificazione, Frontex dispone di un bagaglio di conoscenze e di informazioni enorme che viene veicolato, allo stato attuale, verso Europol, che è l'organismo di polizia giudiziaria dell'Unione europea. Tuttavia, ci è stato riferito dal rappresentante di Europol presente alla riunione del 25 maggio che Europol, dopo l'elaborazione che fa di queste informazioni provenienti da Frontex, ha difficoltà nel veicolarle e nell'indirizzarle nel modo più corretto, più diretto e più efficace verso le autorità di Polizia italiane o di altri Paesi che possano essere interessati.
Allora, siamo intervenuti noi della DNA, forti dell'esperienza che stiamo svolgendo, per esempio, in tutt'altro settore, ma che può essere fatta valere anche in questo settore. Abbiamo esperienza nell'elaborazione delle segnalazioni di operazioni sospette, che ci vengono trasmesse dall'Unità di informazione finanziaria (UIF). Queste segnalazioni sospette che l'UIF ci trasmette tramite la Polizia valutaria della DIA vengono da noi elaborate in tempo reale, incrociandole con il nostro sistema di banca dati.
Dovete sapere che la Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo possiede un sistema di banca dati formidabile, che viene quotidianamente implementato e arricchito da tutti gli atti giudiziari e di polizia giudiziaria prodotti ogni giorno presso le 26 Direzioni distrettuali, quindi si tratta di un sistema, in continua espansione ed estremamente ricco, che ci dà la possibilità di incrociare i dati contenuti nella nostra base dati con quelli che ci vengono dall'esterno, in modo da poterli elaborare.
Da questa elaborazione e dall'incrocio dei dati, vengono fuori elementi di conoscenza nuova che noi mettiamo poi a disposizione delle Direzioni distrettuali per lo sviluppo investigativo.
Faccio un esempio pratico per esplicitare meglio quello che voglio dire: se un soggetto è indicato nella nostra base dati, magari da un collaboratore di giustizia, come contiguo a Cosa nostra o contiguo alla ’ndrangheta, avere il suo nominativo e vedere lo stesso ricorrere nelle informazioni raccolte da Frontex da parte dei migranti come soggetto di riferimento a terra nel territorio nazionale al quale potersi rivolgere, ci dà, incrociando i dati, l'indizio che possa esserci un'organizzazione mafiosa, come la ’ndrangheta calabrese, per esempio, a gestire non solo l'accoglienza, ma anche il primo arrivo dei migranti nei porti.
PRESIDENTE. Ne avete evidenza?
Pag. 9 FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Non ne abbiamo evidenza. Ho fatto un esempio per cercare di rispondere anche alla sua domanda. Non abbiamo evidenze che le mafie autoctone si occupino dell'accoglienza immediata nei porti. Come le ha detto sicuramente il collega Gratteri, Procuratore di Catanzaro, abbiamo evidenze probatorie ben precise sull'accoglienza e sulla gestione degli appalti per quanto riguarda il sistema di accoglienza, ma, per quanto riguarda l'immediato impatto degli sbarchi, non ci sono prove di gestione da parte di organizzazioni mafiose; quello dell'accoglienza è un altro discorso.
L'idea è quella di avere, mutuandole da questo sistema dell'elaborazione delle segnalazioni di operazioni sospette, le informazioni di Frontex direttamente da Frontex, per elaborarle e ribaltarle, immediatamente dopo l'elaborazione, verso le Direzioni distrettuali competenti perché solo la DNA ha la possibilità di individuare immediatamente e correttamente la Procura competente, dal momento che abbiamo, dal momento che questo ci è stato dato dalla legge antiterrorismo del 2015, accesso diretto a tutti i registri generali di tutte le procure italiane, distrettuali e ordinarie.
Attraverso l'accesso diretto, possiamo verificare se, per esempio, determinati nominativi già sono oggetto di indagine presso qualche Direzione distrettuale o qualche Procura ordinaria, quindi possiamo indirizzare il flusso informativo nuovo che ci viene da Frontex verso quella Procura che già procede nei confronti di quei soggetti o in quegli stessi ambiti investigativi, evitando perdite di tempo, sovrapposizioni, conflitti di competenza e tutto quello che intralcia e impedisce una efficace e tempestiva indagine penale. Questo è l'obiettivo.
PRESIDENTE. Le faccio una domanda forse provocatoria, quindi può anche non rispondere alla mia domanda. Lei ha parlato di evitare i conflitti. Secondo lei, le dichiarazioni che si sono avute da vari Procuratori in questo momento in qualche modo hanno potuto dare questa sensazione? Ci sono state posizioni diverse?
Lo dico perché da noi al Comitato non è successo questo e abbiamo trovato una linearità di dichiarazioni, però, così come il Procuratore Zuccaro ha detto quella frase sulle ONG e sulla possibilità che le ONG intralciassero le indagini, altri Procuratori – ora, non mi ricordo esattamente quali – hanno detto «queste ONG erano quasi giustificazioniste e operano in stato di necessità, quindi è giustificabile che in qualche modo deroghino a tante regole».
Secondo lei, su questo c'è una divergenza di opinioni e forse il suo ufficio può in qualche modo creare quel bilanciamento di cui lei parlava all'inizio?
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Le ONG operano in stato di necessità, anche se questo stato di necessità viene provocato e viene artatamente prodotto. Non v'è dubbio che c'è lo stato di necessità, per cui la salvaguardia delle vite umane prevale su tutto.
PRESIDENTE. Il termine «artatamente» è molto interessante.
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Non l'ho usato per caso. Mi è stato fatto l'esempio dell'audizione del contrammiraglio Carlone: se colui che appicca l'incendio poi avverte i Vigili del fuoco, i Vigili del fuoco non intervengono solo perché sono stati avvertiti da quello che ha appiccato incendio? Comunque, bisogna intervenire e lo stesso vale per il salvataggio delle vite umane.
Detto ciò, il problema è che le ONG, secondo noi, dovrebbero accettare delle regole. Questo è il punto: le ONG debbono accettare regole che ci consentano di salvare vite umane, ma anche di procedere nelle indagini, accertando elementi utili per le indagini contro i trafficanti. Come pure vorremmo – questo è uscito dalla riunione – coinvolgere nelle prossime riunioni che faremo i rappresentanti della Polizia libica, con cui vogliamo interloquire. Lei mi chiedeva se abbiamo rapporti e posso rispondere che, allo stato, non ne abbiamo, ma li vogliamo, almeno per la parte nostra, perché poi c'è la parte politica. Per la parte Pag. 10operativa, inviteremo i rappresentanti della Polizia libica.
GIORGIO BRANDOLIN. Ci sono?
PRESIDENTE. Non solo questi non ci sono, ma anche noi li abbiamo invitati e stiamo trattando su date che non arrivano.
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Il problema è vedere chi sono, con chi sono collegati e che cosa rappresentano. Sicuramente, dal punto di vista ufficiale, posso invitare un rappresentante della Guardia costiera libica che opera con il supporto nostro. Io li invito e penso che verranno, per cui cercheremo di instaurare una collaborazione con la Polizia libica.
Per esempio, c'è un'altra idea che è venuta fuori dall'intervento del collega Gratteri e che ha evidenziato che le autorità della Grecia e della Turchia non sono molto collaborative, a differenza delle autorità tedesche. Il punto è che – forse lo ha detto anche a voi – le autorità tedesche, con le quali c'è una collaborazione splendida e risalente a molti anni fa, hanno indagini nei confronti di trafficanti in Germania. Loro hanno tutto l'interesse, avendo queste indagini nei confronti di trafficanti, a cooperare con noi sul piano internazionale per potere arricchire le loro informazioni e sviluppare al meglio le loro indagini, quindi con i tedeschi non c'è nessun problema e anche con i tedeschi nella situazione dell'alto mare l'operatività va molto bene, da quanto mi riferiscono.
PRESIDENTE. E con Turchia e Grecia perché non c'è collaborazione?
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. È stata segnalata dalla Procura di Catanzaro questa scarsa collaborazione di Turchia e Grecia. Non so dire il motivo, però c'è questa difficoltà di interlocuzione con Turchia e Grecia, che sarebbe, invece, importantissima, così come è fondamentale l'interlocuzione con l'Egitto.
Queste, più o meno, sono le idee che sono affiorate. Possiamo – lo ripeto – agevolare l'efficacia delle indagini attraverso il coordinamento e l'impulso investigativo e di più non possiamo fare, ma crediamo che queste nostre iniziative non solo possano servire a operare meglio in mare, ma possano anche in qualche modo costituire dei punti di riferimento e di orientamento per coloro che, a livello governativo e a livello politico, prenderanno le decisioni.
Teniamo presente che non siamo di fronte a un'emergenza migratoria, ma siamo di fronte a un fenomeno epocale e strutturale che ha superato nettamente i limiti dell'emergenza. Questo non può che essere affrontato dall'intera comunità internazionale o, quanto meno, in modo sinergico e con regole condivise dall'Unione europea. Lo dico perché, se non si arriva a ciò, credo che questo fenomeno continuerà a crearci, nella sua evoluzione, sempre maggiori difficoltà.
PRESIDENTE. Grazie, Procuratore. Le pongo due piccolissime domande e, poi, lascio la parola ai commissari.
Abbiamo chiesto se avete individuato la testa di quest'organizzazione che gestisce il traffico di vite umane. Alcuni si sono spinti a dirci che alcuni organizzatori sono nell'est europeo. Lei ci può dire qualcosa in merito o questi sono solo in Africa?
Le pongo anche la seconda domanda, che facciamo sempre ai Procuratori. Quali leggi dovremmo fare noi del Parlamento per agevolare le vostre indagini? I Procuratori ci rispondono «non è tanto una questione di leggi». Riguardo alle regole che lei ci ha spiegato dovrebbero essere applicate dalle ONG, ha detto una cosa importante oggi: le ONG dovrebbero essere sottoposte a delle regole e, perlomeno, seguire le linee guida che voi avete indicato.
Ci conferma che, in realtà, la chiave è più stanziamenti di risorse e più magistrati nei luoghi dove si indaga su questo, in particolare nelle aree territoriali dove più si registrano gli sbarchi e, di riflesso, la prima accoglienza, nonché più personale di polizia giudiziaria o di Guardia di finanza in mare?
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. L'impegno della nostra polizia giudiziaria è massimo, non solo dal punto di vista quantitativo, ma anche dal punto di vista qualitativo.
PRESIDENTE. Mi scusi. Non volevo essere fraintesa e per questo le chiedevo se ci conferma che si chiedono più uomini perché quelli che ci sono fanno già il loro dovere al massimo.
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Certo, se si potessero impiegare più uomini, ma anche più navi governative, si ridurrebbe l'incidenza delle ONG perché questo è evidente. L'ha detto nella riunione il contrammiraglio Carlone, ma mi sembra una cosa di assoluta evidenza e quasi banale, però va ribadito che, più investono i Governi, meno c'è l'incidenza delle ONG e meno si deve fare riferimento alle ONG.
Una testa unica ovviamente non c'è, ma ci sono organizzatori dei traffici che si trovano in nord Africa e nel Corno d'Africa. Non dimentichiamo che c'è un'associazione criminale, che si chiama «Al Shabaab» e che organizza questi traffici dal Corno d'Africa e li fa arrivare fino alle coste libiche, partendo appunto dal Corno d'Africa.
Al Shabaab è l'organizzazione criminale terroristica somala che fa anche sequestri di massa. Si tratta di un'associazione terroristica tra le più pericolose e sanguinarie. Queste sicuramente gestiscono i traffici, ma naturalmente, come aveva detto anche il collega Zuccaro, molte informazioni, per la mancanza di cooperazione internazionale da parte di questi Paesi, non possono tradursi in prove giudiziariamente spendibili, anche se queste sono informazioni ufficiali, delle quali non possiamo non tenere conto nelle nostre scelte e nelle nostre decisioni, anche se poi sarà difficile tradurle in prove giudiziariamente spendibili.
La testa dov'è? Non c'è una testa, ma ci sono varie organizzazioni di trafficanti che si trovano in Africa e si trovano anche nell'est europeo. Queste sono pronte a sfruttare le due corsie alternative rispetto a quella del Mediterraneo centrale, che sono la rotta anatolico-balcanica e la rotta adriatica.
Oggi, ci impegna il Mediterraneo centrale, ma non dimentichiamo che la rotta balcanica è stata chiusa. Insomma, le organizzazioni sono ancora lì.
Noi della Procura nazionale abbiamo chiamato a sottoscrivere un impegno nel contrasto corale e coordinato ai trafficanti di esseri umani e ai trafficanti di armi e stupefacenti, quindi anche dei terroristi, tutti i Paesi dell'area balcanica. L'area balcanica è centrale ed è fondamentale, quindi chiamare a cooperare a livello investigativo tutti i Paesi dell'area balcanica non è stato facile. Lo abbiamo fatto partendo da una vecchia intesa molto solida che abbiamo con la Procura speciale serba. Con i serbi, abbiamo chiamato a Belgrado tutti gli altri Paesi, anche quelli che, nel passato e nel presente, si guardano in cagnesco sono venuti e hanno sottoscritto l'accordo con noi.
Questo scambio informativo funziona. Abbiamo uno scambio costante con ogni membro italiano di Eurojust, in modo che tutto ciò che sappiamo venga condiviso con i Paesi europei, anche perché noi italiani abbiamo una cultura del coordinamento e della condivisione delle informazioni che altri non hanno e che altri Paesi non si sognano nemmeno, anche quelli a noi molto vicini. Questa è la verità. Si tratta di un portato della nostra esperienza antimafia e di quella di Giovanni Falcone e della Procura nazionale che è nata per questo.
Siamo aperti alla collaborazione con tutti e condividiamo con tutti le nostre informazioni, quindi non abbiamo gelosia di sorta. Con l'area balcanica, abbiamo quest'occhio particolare perché sappiamo che da lì possono arrivare le più grandi minacce, sia sul piano dei traffici di esseri umani, sia su quello dei traffici di droga, sia su quello delle armi e del terrorismo.
PRESIDENTE. Grazie davvero, Procuratore.
Lascio subito la parola al senatore Arrigoni.
PAOLO ARRIGONI. Grazie, Procuratore. Le pongo un po’ di domande perché l'occasione è ghiotta per non farle.
Vorrei sapere se ha evidenze in ordine a collegamenti tra la criminalità organizzata nostrana – penso alla famiglia Arena che gestiva e controllava i servizi in appalto al CARA di Isola di Capo Rizzuto – e le organizzazioni criminali che operano in Libia e in Medio Oriente, posto che c'è un obiettivo comune sull'immigrazione, che è quello di fare business.
Come seconda domanda, le chiedo se ha delle evidenze che, oltre e parallelamente al traffico dei migranti, ci sia anche un traffico di droga o anche un traffico di organi di esseri umani.
Come terza domanda, le chiedo se ha delle evidenze che ci sia una parte della Guardia costiera libica – peraltro, mi risulta ci siano due Guardie costiere distinte – che opera in complicità con l'organizzazione criminale dedita appunto al traffico di esseri umani.
La quarta domanda è sull'incremento della forza investigativa nel nostro Paese, in ordine ai magistrati, alle forze dell'ordine, alla strumentazione anche per fare intercettazioni telefoniche e telematiche e a più navi governative. È vero che questi hanno un costo, però vorrei fare una riflessione: ho notato, guardando i bilanci delle spese per l'immigrazione che sostiene il nostro Paese, che, di anno in anno, il costo per gli italiani aumenta mediamente di 700 milioni, mentre l'Europa ci dà 100 milioni. Non è il caso che il Governo del nostro Paese decida di investire un po’ di soldi per aumentare l'azione investigativa?
Le faccio la quinta domanda. A proposito di azione investigativa, il Procuratore Gratteri aveva confermato, in questo Comitato la scorsa settimana, l'opportunità di utilizzare i nostri servizi segreti in Africa. Vorrei sapere se condivide e sostiene quest'idea e ritiene di sostenerla in altre sedi.
Infine, l'ultima domanda ha anche un profilo politico. Il nuovo Ministro dell'interno Minniti, in occasione dell'emanazione e dell'approvazione della conversione del decreto sull'immigrazione, ha ribadito più volte che non può essere citata l'equivalenza tra immigrazione e terrorismo.
Tuttavia, il terrorismo è legato alla mancanza d'integrazione. Allora, posto che la maggior parte di coloro che entrano nel nostro Paese in modo clandestino sono di religione islamica, quindi con caratteristiche tali per cui questi difficilmente possono integrarsi, vorrei farle una domanda.
Posto che non tutti coloro che entrano nel nostro Paese sono certificati tra i dati del Ministero dell'interno perché, come ha ammesso anche il Procuratore di Trapani, alcuni entrano con i barchini, quindi non vengono registrati, tra questi e coloro che richiedono asilo c'è un gap, quindi abbiamo nel nostro Paese decine di migliaia di persone che non sono state fotosegnalate e che hanno fatto perdere le loro tracce.
Questa non è una mancanza di controllo, da parte delle nostre forze dell'ordine e da parte delle Procure, di persone che possono alimentare la criminalità organizzata, quindi anche dei focolai di terrorismo?
PRESIDENTE. Premesso che mi risulta che ormai a livello di segnalazione siamo al 100 per cento, tant'è che avevamo avuto una segnalazione della Commissione europea, poi sicuramente ho visto anch'io i dati che ha presentato Salvini a Porta a porta. Ci sono delle persone che sfuggono alle maglie del controllo, però le nostre autorità sono più che diligenti, quindi, semmai, il tema vero probabilmente – questa è una discussione politica – è che comunque un buon 75-80 per cento dei fotosegnalati non avrebbe titolo a rimanere quindi non è integrabile nel percorso lavorativo. In quel caso, è giusto porsi il quesito su che cosa questi potrebbero fare poi, ma questa è un'altra cosa e ci tenevo a fare questa precisazione.
Do la parola all'onorevole Falcone.
GIOVANNI FALCONE. Grazie. Vorrei fare alcune domande al procuratore. Innanzitutto, vorrei capire quali sono, dal vostro punto di vista, i maggiori Stati di provenienza degli immigrati e qual è, secondo le vostre fonti e i vostri dati, la Pag. 13percentuale tra migranti economici e profughi di guerra.
Vorrei anche sapere se sui migranti economici state prevedendo, per la vostra parte di competenza, di avere rapporti presso questi Stati.
PRESIDENTE. Do la parola al vicepresidente Brandolin.
GIORGIO BRANDOLIN. Grazie, presidente. Grazie, signor Procuratore. Mi scuso per il ritardo.
Le pongo una prima domanda. Lei ha detto che non c'è evidenza del coinvolgimento delle nostre mafie negli sbarchi. Ci ha fatto capire ampiamente, com'è evidente per tutti, che nella gestione dei centri eccetera c'è un coinvolgimento.
La mia domanda è: avete evidenza anche di un'organizzazione italiana mafiosa o delinquenziale che abbia anche come obiettivo di portarli in Germania e nei Paesi del nord, quindi prenderseli e poi farli finire nell'ultimo percorso di destinazione, se tale percorso non è l'Italia?
Le pongo una seconda domanda. Abbiamo parlato, in quanto ne ha parlato lei, ma anche il presidente, di teste pensanti in Africa e nell'est. Lei ha accennato molto velocemente al discorso balcanico, che mi interessa molto perché vivo la realtà del Friuli Venezia Giulia e ho anche delle informazioni abbastanza preoccupanti sulla presenza di comunità non già radicalizzate, ma in via di radicalizzazione, come quelle del Kosovo eccetera, quindi le chiedo: quelle sono dormienti in questo momento perché c'è il blocco in Turchia, tanto per capirsi, o sono attive e come possiamo contrastarle al di là dell'opera importante che lei ha fatto di coordinamento in Serbia e a Belgrado?
Infine, le pongo l'ultima domanda. Nelle settimane passate, a Taormina, ma anche a Roma, ci sono stati incontri importanti tra i nostri ministri e quelli dei Paesi africani da dove proviene gran parte di questi immigrati.
Pensa che quella sia la strada – ovviamente lo pensiamo tutti – per affrontare radicalmente quel fenomeno? Si attende qualche risultato a tempo, tra dieci o cinque anni o tra dieci mesi o un mese, al di là dei problemi della Libia e al di là dei problemi istituzionali che hanno gran parte di quei Paesi da cui provengono questi disgraziati? Qual è l'attesa?
Terza domanda. Condivido anch'io il discorso delle regole da dare alle ONG perché lei ha spiegato, come abbiamo anche appurato in altre audizioni, che il fenomeno si è evoluto, dal 2014 in particolare a oggi, e lo ha spiegato molto bene.
Che cosa intende con queste regole, oltre a quella della presenza, per cui ha fatto l'esempio, di polizia giudiziaria? Le chiedo se ci sono anche altre regole e altre possibilità per aiutare la Polizia attraverso le ONG, che – mi ricordo di quella tedesca – non vogliono saperne di persone armate a bordo.
PRESIDENTE. Ha fatto bene a sottolinearlo perché è interessante quanto ci dice il Procuratore oggi. Sostanzialmente mi par di capire che sia inaccettabile che una ONG dica che non ci possano essere persone di polizia giudiziaria. Secondo lei, dovrebbero accettarlo?
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Secondo me, le ONG dovrebbero accettarlo.
GIORGIO BRANDOLIN. Questa è una domanda fondamentale perché dobbiamo...
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Dobbiamo avere le condizioni per potere continuare a operare nel Mediterraneo.
PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Artini.
MASSIMO ARTINI. Grazie. Mi scuso perché sono arrivato estremamente in ritardo, però mi preme farle una domanda più sistemica. L'introduzione del doppio ruolo: antimafia e antiterrorismo; dalla sua introduzione, il problema fondamentale fu configurarlo perché, sulla parte antiterrorismo, anche rispetto a un coordinamento con i Paesi europei, era molto difficile dare Pag. 14una relazione a una singola figura. Sta funzionando anche rispetto a quei rapporti antiterrorismo con le altre realtà giudiziarie europee questo ruolo? O ci sono dei suggerimenti normativi da introdurre rispetto a questa realtà?
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Come lei forse ricorda, da tempo, da almeno dieci anni, si avvertiva l'esigenza di prevedere un ufficio giudiziario centralizzato che potesse, sul piano delle indagini nazionali, coordinare queste indagini, e potesse interloquire a livello internazionale con le autorità che si occupano di terrorismo a livello internazionale.
Mentre noi avevamo una Procura nazionale antimafia e 26 procure distrettuali che svolgevano bene il loro lavoro e interloquivano anche a livello internazionale, le procure antiterrorismo, che erano diventate distrettuali con la riforma del 2001, dopo l'attentato alle Torri Gemelle, mancavano ancora di una centrale di coordinamento nazionale. Le ipotesi che furono fatte... Come lei ricorderà, ci fu la riforma del 2001, poi quella del 2005, dopo gli attentati di Londra e di Madrid, poi c'è stata l'ultima.
Anche nel 2005 si ripeté l'idea di creare un coordinamento centralizzato, ma non ci si mise d'accordo, perché le ipotesi sul campo erano più d'una. C'era quella dell'estensione dei poteri di coordinamento alla Procura nazionale antimafia, c'era quella di costituire una Procura nazionale antiterrorismo ad hoc e c'era quella di attribuire, sul modello francese, alla Procura di Roma la competenza nazionale in materia di antiterrorismo. Scartata subito quest'ultima, rimasero in piedi le altre due ipotesi.
Dopo gli attentati di Parigi del gennaio 2015, il Governo e poi il Parlamento hanno ritenuto di ampliare le competenze della Procura nazionale antimafia. Ritengo per due motivi fondamentali: primo, perché la Procura nazionale aveva operato bene nel settore dell'antimafia; secondo, forse ancora più importante, perché sul piano dell'operatività le mafie e il terrorismo hanno numerosi punti di contatto.
Sono, dal punto di vista concettuale, fenomeni diversi (le mafie non hanno nulla di ideologico, non hanno matrice religiosa, non hanno niente, tendono soltanto all'arricchimento e all'acquisizione di spazi di potere e di ricchezza con modalità criminali e illecite), ma pur avendo questa diversità concettuale, sul piano operativo hanno molti punti di contatto. Per esempio, il sistema di autofinanziamento delle organizzazioni terroristiche è molto simile a quello delle mafie per quanto riguarda i traffici di droga, i contrabbandi di merci, contrabbandi di petrolio, contrabbandi e traffici di armi, sequestri... Pensi allo Stato islamico, pensi all'operatività dello Stato islamico, che tra l'altro, come le mafie – io lo chiamo uno Stato-mafia – sfrutta anche il controllo territoriale della Siria e dell'Iraq per poter sviluppare le proprie attività criminali. Inoltre, il riciclaggio, il finanziamento delle attività terroristiche, tutte modalità tipicamente mafiose.
Allora, posto ciò, noi potevamo mettere e stiamo mettendo a disposizione delle indagini antiterrorismo il nostro know how, la nostra conoscenza e le nostre esperienze in materia di antimafia. Abbiamo dovuto ristrutturare l'ufficio, aggiornarci anche nella nostra conoscenza, perché alcuni di noi (tra cui chi le parla) avevano esperienza del contrasto al terrorismo interno, negli anni di piombo, e poi del contrasto al terrorismo internazionale nei primi anni 2000, che era molto diverso da quello attuale. Non esisteva ancora il Daesh, c'era Al Qaeda che però si muoveva in modo diverso; non c'era ancora questa realtà di Stato islamico che si muove con le modalità che conosciamo. Quindi, ci siamo dovuti anche aggiornare sul piano delle conoscenze.
Cerchiamo di sviluppare il nostro lavoro e soprattutto lo facciamo... E qui viene anche il discorso della presenza del Procuratore generale della Corte di cassazione. Uno può chiedersi cosa c'entri il Procuratore generale della Corte di cassazione nelle riunioni in cui si tratta di migranti, in cui si tratta di traffici: c'entra, perché il Procuratore generale della Corte di cassazione, a norma dell'articolo 6 del decreto legislativo sull'assetto del pubblico ministero che Pag. 15risale al 2006, ha la responsabilità di controllare il corretto, puntuale e uniforme esercizio dell'azione penale da parte di tutte le Procure italiane, e poi di assicurare l'efficienza del contrasto giudiziario.
Il Procuratore generale deve vigilare sull'operatività di tutte le Procure italiane, distrettuali e ordinarie; quindi, il Procuratore generale della Cassazione può essere molto importante nell'assicurare quella sinergia tra procure ordinarie e procure distrettuali che è fondamentale, sia per quanto riguarda lo scambio informativo sia per quanto riguarda l'attività di contrasto, che non può essere limitata soltanto alle materie di competenza della Procura distrettuale antimafia o antiterrorismo, ma molto spesso è un'attività importante che svolgono le procure ordinarie.
Pensi ai traffici di armi non mafiosi. Il traffico di armi non mafioso è investigato dalle procure ordinarie. L'autofinanziamento di certe organizzazioni terroristiche, che spesso avviene con lo smercio (non con il traffico, ma proprio lo smercio) di stupefacenti o con le rapine è di competenza delle procure ordinarie, quindi le procure ordinarie hanno un ruolo importante nel contrasto alla criminalità organizzata, anche se non hanno la competenza per certi reati.
Sta funzionando? Credo che stia funzionando, ma ovviamente non potete chiederlo a me. Io posso rispondere che stiamo facendo di tutto per farlo funzionare.
PRESIDENTE. Comunque è stata una buona idea.
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Secondo me sì, anche se ci sono ancora delle difficoltà operative. C'è ancora, ad esempio, la possibilità... Le intercettazioni preventive e i colloqui investigativi in materia di terrorismo non vengono autorizzati dal Procuratore nazionale antiterrorismo, ma vengono autorizzati, per una scelta del legislatore, dal procuratore generale di Roma, il che mi ha costretto (costretto si fa per dire, perché c'è grandissima stima reciproca con il collega Giovanni Salvi) a raccordarci con la Procura generale di Roma per poter eventualmente fornire alla stessa il supporto informativo che serve per autorizzare le richieste di colloqui investigativi e di intercettazioni preventive da parte dei servizi di intelligence.
Ora, a me sembrava e sembra ancora più razionale che queste autorizzazioni venissero date dal Procuratore nazionale... Che una volta costituito il Procuratore nazionale antiterrorismo, queste autorizzazioni venissero date. Non lo si è voluto fare, si è voluto mantenere la competenza del Procuratore generale di Roma, anche perché si è detto che i servizi di intelligence, oltre alla competenza antiterrorismo, hanno anche una competenza di controspionaggio in materia economica che sfugge dalla competenza del Procuratore nazionale antiterrorismo. Ed è vero, ma si poteva in qualche modo anche ripartire la competenza e chiamare in causa la Procura nazionale non perché il Procuratore nazionale abbia queste spinte protagonistiche per cui vuole stare sempre in mezzo, ma perché noi abbiamo una base dati e quindi un bagaglio di conoscenze che è utile per orientare i provvedimenti autorizzatori o non autorizzatori anche dei servizi di intelligence. Lo dico solo per notare una cosa che ci è rimasta un poco sospesa.
MASSIMO ARTINI. Questo passaggio sulla divisione dell'autorizzazione delle intercettazioni è interessante.
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Guardi, io le posso anche aggiungere un'altra cosa, onorevole. Concludo e poi rispondo subito al resto. Noi avevamo anche chiesto di potere partecipare al CASA (Comitato Analisi Strategica Antiterrorismo). Voi sapete che cos'è il CASA.
PRESIDENTE. Tutti sappiamo cos'è. Ne andiamo fieri.
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Ne andiamo fierissimi tutti. Io dissi all'epoca: perché non mi autorizzate a partecipare alle riunioni del CASA, Pag. 16almeno a quelle in cui si parla di antiterrorismo? Poiché il CASA è il luogo in cui si condividono tutte le informazioni, io voglio condividere con i servizi di intelligence e con gli organi di polizia giudiziaria di cui dispongo per legge le informazioni di cui dispone la mia base dati. È solo per dare un contributo che può orientare anche le indagini, anche e soprattutto nel momento in cui affiora la notizia di reato e magari in quel momento tu non sai verso quale autorità giudiziaria indirizzare questa notizia di reato. Se c'è il Procuratore antimafia che ha accesso ai registri generali, può contribuire con questa possibilità di accesso a orientare correttamente la veicolazione della notizia di reato.
PRESIDENTE. Le hanno detto no?
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Ci hanno detto di no, perché non è il caso. Sto ancora aspettando una risposta convincente, non mi è ancora stata data.
Riprendiamo l'ordine delle domande. Collegamenti tra CO italiana e organizzazioni criminali in Libia: non ce ne sono evidenze, senatore, perché non ci sono rapporti informativi con la Libia. Questo è il punto. Noi dovremmo poter avere un rapporto informativo con un organismo di polizia giudiziaria libico attendibile che ci consenta di fare intercettazioni, di raccogliere informazioni, e quindi eventualmente di accertare rapporti con organizzazioni italiane. Poiché questo presupposto non c'è, in questo momento non possiamo dire niente.
Possiamo immaginare l'interesse delle organizzazioni criminali italiane a controllare sempre di più, sempre più pervasivamente l'affare, perché tale è, e non solo per le mafie italiane, è un affare per tutti, è un affare per le organizzazioni, per le tribù libiche, per certi esponenti anche delle istituzioni libiche, è un affare per tutti. È l'affare per eccellenza questo dei migranti. Però al momento non ci sono evidenze.
Evidenze che ci sia anche traffico di droga o di esseri umani? Guardi, sui traffici di droga noi abbiamo degli spunti investigativi.
GIORGIO BRANDOLIN. Organi umani anche.
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Sugli organi umani non posso dire niente, non ci risulta niente. Sui traffici di droga abbiamo degli spunti investigativi interessanti, che però sono ancora in corso di approfondimento, per esempio, per quanto riguarda la ipotesi di finanziamento del terrorismo attraverso i traffici di droga. La Procura di Cagliari si sta occupando di questa cosa, perché Cagliari sta svolgendo indagini su carichi di droga che partivano dal Marocco e finivano in zone verosimilmente controllate da associazioni terroristiche, nella zona del Nordafrica, quindi anche in Libia.
Abbiamo come ipotesi – ma è solo un'ipotesi – anche quella che una parte dei traffici di cannabinoidi che provengono dall'Albania possano almeno in parte finire per finanziare organizzazioni terroristiche, i cui esponenti sono anche in Albania. Questa è un'ipotesi che stiamo seguendo insieme anche alle autorità di indagine albanesi.
Evidenze che parte della guardia costiera libica operi in complicità con i criminali? Beh, evidenze... Siamo sempre lì: ipotesi. Per evidenze intendo evidence, che in inglese significa «prova», neanche indizio; anzi, significa «elemento di prova», perché la prova vera e propria in inglese si chiama «proof», «evidence» è quello che nel nostro codice chiamiamo «elementi di prova», cioè quegli elementi che il pubblico ministero offre al giudice per sostenere la propria tesi accusatoria; la «proof» è la prova, quella che il giudice recepisce e sulla base della quale emette la propria sentenza. Ma qui né evidenze né tantomeno prove della esistenza di queste ipotesi.
Incremento investigatori italiani? Certo.
Intercettazioni telefoniche. Sulle intercettazioni telefoniche la Guardia di finanza ha in corso un approfondimento molto interessante, quello della possibilità di utilizzare il sistema satellitare Thuraya – forse qualcuno ve ne ha parlato – per le intercettazioni satellitari. Sarebbe una cosa molto importante, anche se poi, ancora sul piano tecnico – scusatemi, non sono un tecnico e Pag. 17non so specificare bene – da quello che ho capito questo sistema Thuraya allo stato non sembra ancora in grado di selezionare i file da intercettare in modo selettivo, cioè di andare a seguire soltanto le intercettazioni e le comunicazioni che servono alle indagini. Questo sistema allo stato recepirebbe tutte le comunicazioni che avvengono in una certa area, senza ancora possibilità, se ho ben compreso, di selezionare le comunicazioni di interesse investigativo.
Ma la Guardia di finanza si sta impegnando molto, sul piano tecnico, per poter arrivare a utilizzare in modo selettivo questo sistema, che sarebbe veramente un grande passo avanti...
PRESIDENTE. C'è un problema di interpreti o è tutto tranquillo?
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Oh, il problema degli interpreti.
Il problema degli interpreti si lega alla domanda che mi è stata fatta, adesso non ricordo da chi di voi, sulla incidenza delle etnie tra i migranti...
PRESIDENTE. L'onorevole Falcone.
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Qui sta arrivando un enorme numero di nigeriani.
PRESIDENTE. Lo sappiamo.
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Vi è stato già detto. E noi abbiamo un grosso problema con la Nigeria. Pensate che la Procura nazionale antimafia, ai tempi del compianto collega Piero Vigna, che ne era il Procuratore all'epoca, fece un memorandum di intesa con la Nigeria, memorandum di intesa che non siamo mai riusciti in concreto ad attivare. Loro lo sottoscrissero, ma non l'abbiamo mai attivato, proprio per la resistenza dei nigeriani.
Sapete che abbiamo una comunità criminale nigeriana in Italia che fa paura? Pochi giorni fa abbiamo fatto una riunione di coordinamento fra le varie procure del nord e del sud che si occupano delle associazioni criminali nigeriane (sono più d'una), che hanno caratteri forse ancora più strutturati delle mafie italiane. E ci sono qui in Italia.
PRESIDENTE. Ha detto una cosa «tosta».
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. So quello che dico. La differenza è che i nigeriani in Italia non commettono reati in danno di soggetti italiani. Loro si fanno le guerre tra di loro, trafficano in droga, prostituzione, ma non attaccano il territorio.
PRESIDENTE. Per ora.
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Io dico allo stato, ci auguriamo che non accada mai. Però sono organizzazioni molto strutturate. Purtroppo abbiamo un problema di interpreti affidabili nigeriani, tant'è che proprio oggi, parlando con una collega che si occupa di queste cose, abbiamo deciso di consultare alcuni centri universitari per poter ottenere la collaborazione di interpreti nigeriani, i quali purtroppo sono anche un po’ intimoriti, proprio perché sanno di queste presenze nigeriane in Italia molto pericolose per i connazionali nigeriani, per gli appartenenti alla stessa etnia, e fanno anche un po’ di resistenza a fornire il servizio di interpretariato.
Quindi, c'è un problema più in generale di interpreti di lingua araba affidabili. Il problema, per esempio, si pone anche per le carceri. All'interno delle carceri, come voi sapete, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria sta facendo un lavoro molto importante, un lavoro egregio, ma resta il problema di formare anche esponenti della Polizia penitenziaria che parlino la lingua araba o comunque si facciano capire e la capiscano. Penso anche a tutti i dialetti: pensate a quanti dialetti...
GIORGIO BRANDOLIN. Centocinquanta qualcuno ci ha detto.
Pag. 18 FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Una volta mi occupavo di pachistani, nel 2003. C'era una comunità pachistana a Napoli sulla quale investigavamo perché abitavano un immobile confiscato alla camorra e ci stavano i pachistani clandestini, che tra l'altro erano sospettati – più che sospettati – di volere organizzare un attentato esplosivo in danno degli esponenti della NATO in visita a Napoli. Scoprii in quell'occasione che solo di dialetti pachistani ce ne sono oltre 30, spesso non comunicanti tra loro. Quindi, il problema della lingua è uno dei più gravi e ricorrenti che ci troviamo ad affrontare.
Anche qui, impegno finanziario. Quando parliamo di impegno finanziario pensiamo bene alle forze di polizia – non far mai mancare il sostegno finanziario e organizzativo alle forze di polizia, che fanno il massimo alle condizioni date – ma pensiamo anche a questi aspetti, solo apparentemente collaterali di quello che dovrebbe essere un maggiore impegno finanziario: gli interpreti affidabili.
Sui servizi segreti in Africa, di cui ha parlato il collega Gratteri, io ho motivo di ritenere – non mi chiedete di più – che già i nostri servizi segreti operino in Africa. E se non operano in Africa, dove volete che operino i servizi? Pochi ma buoni, immagino, mi auguro, ma che siano già operativi. Si può incrementare, ma le informazioni vengono assicurate dai nostri servizi di intelligence che operano in Africa.
Immigrazione e terrorismo. Guardate, lo abbiamo scritto anche nella relazione di quest'anno, laddove noi ogni anno editiamo una relazione sullo stato della criminalità organizzata, e a questo punto anche del terrorismo nel nostro Paese. Parlare di immigrazione non significa automaticamente, ovviamente, parlare di terrorismo. Sono fenomeni diversi, ma che con i flussi migratori possano arrivare non terroristi già formati, ma soggetti che possono poi radicalizzarsi... È il caso dell'attentatore di Berlino: Anis Amri era un soggetto arrivato a Lampedusa con i flussi migratori, che si è radicalizzato in Italia, in carcere, prima nei centri di accoglienza e poi in carcere in Italia, e poi è andato a fare l'attentato a Berlino.
Ci sono anche altri casi di soggetti che sono arrivati qui come migranti e che per fortuna abbiamo scoperto e bloccato prima che facessero attentati, ma ci sono stati. Ciò non significa associare con un legame stretto immigrazione e terrorismo, ma che possano arrivare e che siano già arrivati soggetti che poi si sono radicalizzati è un dato di fatto.
PRESIDENTE. Ma lei che è un esperto di antiterrorismo, la prima cosa – oltre all'intervento sulle carceri, e comunque sa che il Parlamento si è attivato per questo, quindi gli interpreti, la formazione della polizia giudiziaria – che bisogna fare per sconfiggere la radicalizzazione è legata all'accoglienza, come diceva il senatore Arrigoni?
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Certo, è legata all'accoglienza, ma è legata poi a quei percorsi di deradicalizzazione... C'è un disegno di legge presentato dall'onorevole Dambruoso...
PRESIDENTE. L'ho firmato.
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. ... che ho conosciuto in anteprima grazie anche al rapporto che abbiamo con l'onorevole Dambruoso, che mi sembra un disegno di legge ambizioso, ma se si riesce, anche qui con un adeguato e congruo impegno finanziario, a farlo partire, a farlo decollare, i percorsi di deradicalizzazione sarebbero molto importanti.
GIORGIO BRANDOLIN. È in calendario.
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Ho capito, ma queste sono... Però mi sembra un'iniziativa importante.
Da dove provengono gli emigranti? La percentuale tra gli economici e i profughi di guerra non ve la so dire, ma credo che gli economici siano infinitamente maggiori.
PRESIDENTE. Sì, poi abbiamo i dati del Ministero dell'interno. Chiaramente ognuno poi li interpreta un po’, comunque abbiamo dei dati: 5 per cento su profughi, 15 per cento su umanitaria, 15 per cento su sussidiaria, i restanti migranti economici. Diciamo che i dati del Ministero dell'interno li abbiamo, però era interessante quello che diceva sui Paesi di provenienza e gli accordi con le procure. Ma un po’ ce l'ha già detto no?
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Sì, ripeto, nella prima o nella seconda delle riunioni sui migranti noi invitammo anche alcune procure tedesche, i rappresentanti della procura turca e i rappresentanti della procura greca. Vennero tutti.
Naturalmente poi un contributo non c'è stato, da parte loro, però vennero. È importante che abbiano manifestato la volontà di cooperare. Ora inviteremo i libici e io sono sicuro che verranno. Poi verificheremo in concreto la loro capacità di cooperare, però per venire verranno.
È molto interessante la domanda dell'onorevole Brandolin a proposito delle organizzazioni criminali italiane che vogliono portarli in Germania o al Nord. C'è stata un'indagine interessante (ancora in corso) della procura di Como per quanto riguarda il supporto logistico ai migranti, nel nostro Paese, per portarli al Nord, addirittura in Ungheria o, passando attraverso l'Ungheria, in Norvegia. Quindi, c'è un supporto logistico, probabilmente anche controllato da organizzazioni criminali, ma controllato anche da soggetti di provenienza mediorientale o nordafricana dei quali ipotizziamo possano avere legami con esponenti dello Stato islamico. L'idea è questa: l'ipotesi investigativa da verificare è che soggetti collegati a esponenti dello Stato islamico operino in Europa come supporto logistico ai flussi migratori.
Ripeto, è un'ipotesi da verificare.
GIORGIO BRANDOLIN. Capisce cosa voglio dire?
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Tradizionalmente il supporto logistico a migranti provenienti dal Medioriente, dal Nordafrica, dal Corno d'Africa lo ha fornito la camorra, cioè la criminalità organizzata campana. Questi pachistani di cui ho parlato prima erano alloggiati in un immobile confiscato molti anni prima alla camorra di Forcella. Poi c'è il fatto dei documenti falsi, che è un'attività criminale molto importante, come sostegno alla capacità di muoversi di questi soggetti sul piano internazionale, disponendo di documenti falsi. Ma questo è stato tradizionalmente appannaggio delle organizzazioni camorristiche napoletane.
Balcani dormienti o attivi? Torniamo un attimo alla Conferenza sui Balcani, alla firma di quell'accordo di cui ho parlato prima, a Belgrado l'anno scorso. Da questo accordo è scaturita poi l'idea di stabilizzare una Conferenza permanente sui Balcani: una volta fatto l'accordo – si disse – per renderlo operativo, per consentire di produrre risultati, dobbiamo vederci e incontrarci periodicamente; quindi, facciamo una conferenza che abbia – si disse – la testa a Roma e le braccia operative a Belgrado. Quindi, sull'asse Roma-Belgrado promuovere questa Conferenza dei Balcani.
Quest'anno c'è la Conferenza dei Balcani, però riguarderà la materia economica, politica ed economica. Si terrà qui a Roma, adesso non ricordo in che periodo, ma è fissata. Noi abbiamo chiesto e chiediamo di poter intervenire e aprire una finestra, in questa conferenza, nella quale poter chiamare gli stessi Paesi che hanno sottoscritto con noi il memorandum di intesa e poter fare questo primo step di aggiornamento, di verifica della situazione, dello stato dell'arte ed eventualmente fissare un nuovo incontro in un'altra occasione l'anno prossimo.
Vogliamo dare sostanzialmente periodicità e continuità a questo accordo sui Balcani, perché lo riteniamo di estrema importanza.
La conferenza con i ministri del Nord Africa è certamente una cosa importante...
PRESIDENTE. ...G7?
FRANCO ROBERTI, Procuratore Nazionale Antimafia. Io, pur non avendo nessun Pag. 20titolo per esprimermi, da cittadino la trovo un'idea molto buona, molto utile, che può produrre risultati.
Quali regole per le ONG? Dunque, io credo che le ONG debbano essere collaborative per il contrasto ai trafficanti di esseri umani. Non si possono limitare al salvataggio, ma dovrebbero accettare di essere collaborative. La presenza di soggetti a bordo delle navi – armati, non armati, non lo so, non mi interessa che siano armati, mi interessa che però siano soggetti abilitati a svolgere attività di accertamento sulle navi delle ONG – dovrebbe essere accettata, così come dovrebbe essere imposta o comunque richiesta alle ONG una maggiore collaborazione con le forze di polizia e con le forze della Marina militare che opera nel Mediterraneo, i contatti, la possibilità di scambio di informazioni rapido, in tempo reale.
Quindi dovrebbero essere chiamate – con le differenze ovviamente che possono distinguere una nave mercantile di una ONG da una nave della Marina Militare – alla stessa operatività, alle stesse regole d'ingaggio che valgono per le navi militari. Se non lo si vuole accettare, o i Governi hanno la determinazione di impedire alle ONG di operare in queste condizioni, oppure si accetta la situazione e si va avanti, salvo poi accettare che obiettivamente la ONG invece di distruggere i gommoni li restituisce ai trafficanti o comunque non li distrugge, quindi consente ai trafficanti di recuperarli, indebolendo l'azione di contrasto ai trafficanti stessi.
Mi sembra di avere risposto.
PRESIDENTE. Grazie, procuratore, per averci lasciato più di un elemento di riflessione e di spunto per il Parlamento. Ha fatto anche degli appelli importanti ai ministeri competenti (penso alla Giustizia e all'Interno). La ringraziamo moltissimo, è stato un onore averla qua.
Ci riserviamo di reinvitarla. Lei ci manda la trascrizione e gli uffici la trasferiranno a tutti i commissari perché è molto interessante.
Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15.35.