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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 32 di Mercoledì 10 giugno 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Ravetto Laura , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI FLUSSI MIGRATORI IN EUROPA ATTRAVERSO L'ITALIA, NELLA PROSPETTIVA DELLA RIFORMA DEL SISTEMA EUROPEO COMUNE D'ASILO E DELLA REVISIONE DEI MODELLI DI ACCOGLIENZA

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dottor Gian Luca Galletti.
Ravetto Laura , Presidente ... 3 
Galletti Gian Luca , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 4 
Ravetto Laura , Presidente ... 7 
Brandolin Giorgio (PD)  ... 7 
Arrigoni Paolo  ... 7 
Conti Riccardo  ... 8 
Scibona Marco  ... 8 
Ravetto Laura , Presidente ... 9 
Galletti Gian Luca , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 9 
Ravetto Laura , Presidente ... 9 
Galletti Gian Luca , Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 9 
Ravetto Laura , Presidente ... 9

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA RAVETTO

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata mediante la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dottor Gian Luca Galletti.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare, Gianluca Galletti, che ringraziamo infinitamente di essere qui.
  Non credo che dovremmo trattare temi che necessitano secretazione, però se lei ritenesse può sempre chiedere la secretata, in qualunque passaggio della sua relazione o quando lascerò la parola ai colleghi per eventuali domande.
  Come dicevo, le siamo grati di essere qua. L'abbiamo chiamata per una competenza specifica, nata dal fatto che, nell'ambito dell'indagine conoscitiva generale che stiamo portando avanti sui flussi migratori, più di un interlocutore che abbiamo avuto in seno al Comitato ci ha palesato la necessità di verificare una situazione particolare relativa ai barconi, cioè agli strumenti utilizzati dai trafficanti per gli sbarchi.
  Alle domande dei commissari in merito, è sempre stato risposto che non era loro competenza e che avremmo dovuto rivolgerci al Ministero con delega all'ambiente, perciò l'abbiamo chiamata e la ringraziamo di averci risposto subito.
  In particolare, nel corso delle audizioni che abbiamo tenuto il 7, il 12 e il 20 maggio scorsi, l'ammiraglio Felicio Angrisano, Comandante del corpo della Capitaneria di porto e della Guardia costiera; l'ammiraglio De Giorgi, Capo di stato maggiore della Marina militare; il generale Saverio Capolupo, Comandante generale della Guardia di finanza, hanno considerato, tra le altre, la questione della destinazione delle imbarcazioni sequestrate agli scafisti.
  Gli auditi hanno dichiarato che i barconi che non affondano a causa delle loro precarie condizioni di navigabilità durante il traino da parte delle unità italiane e arrivano nei nostri porti, vengono sequestrati e messi a disposizione dell'autorità giudiziaria, spesso rimanendo in stato di abbandono in vari porti della Sicilia.
  Risulterebbe al Comitato che l'adozione di misure per lo smaltimento delle suddette imbarcazioni competerebbe appunto al Ministero dell'ambiente e, a tale proposito, anche in relazione alle ventilate ipotesi di iniziativa dell'Unione europea e della comunità internazionale per sottrarre le imbarcazioni alla disponibilità dei trafficanti, lei ha recentemente affermato, nel corso di un'intervista concessa a Repubblica TV, del 23 aprile 2015, che una volta messi in salvo i migranti, se affondiamo i barconi in acque internazionali, violiamo almeno tre Convenzioni: quella di Barcellona, quella di Londra e quella sulla rimozione dei relitti in mare.
  La soluzione migliore, secondo quanto da lei affermato, sarebbe quella di rimorchiarle, Pag. 4portarle sotto costa e creare una filiera produttiva per lo smaltimento di queste navi. Quindi, su questo, le chiederemmo naturalmente di dettagliare, se può, le sue affermazioni.
  Lei ha anche specificato che la scelta di procedere a questo tipo di interventi costituirebbe un passaggio da realizzare all'interno di una strategia internazionale e ha poi aggiunto che smaltire in maniera corretta e non inquinante i barconi dei trafficanti servirebbe a creare un ristoro economico, in termini anche di posti di lavoro, per la Sicilia, regione particolarmente martoriata dagli sbarchi.
  Le chiediamo, dunque, se può riferire al Comitato maggiori e più dettagliati elementi di conoscenza su quali siano le norme che disciplinano la gestione delle imbarcazioni abbandonate e sequestrate. In particolare, sarebbe di interesse del Comitato appurare quali siano le competenze del Ministero da lei diretto in relazione allo smaltimento di queste imbarcazioni e se vi siano eventuali competenze condivise o concorrenti.
  Signor ministro, sappiamo che si tratta di un fenomeno rilevante e per questo ci permettiamo di chiederle, per quanto di sua competenza, qualche aggiornamento anche su quanti sarebbero i barconi abbandonati e sequestrati e su quali siano le località in cui si trovano principalmente.
  Da ultimo, le chiederemmo, se può, di riferire sulle risorse finanziarie impegnate attualmente per questa attività e sulle misure e le risorse finanziarie che potrebbero essere adottate in futuro.
  Do la parola al ministro Galletti.

  GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Ringrazio l'onorevole presidente e i commissari. Ritengo estremamente utile l'incontro di questa mattina su un tema di grandissima attualità e che ha forti implicazioni, come già ricordato dal presidente Ravetto, anche sulla materia di competenza del mio Ministero: l'ambiente.
  Mi rendo conto che dinnanzi ad una tragedia di enormi proporzioni, come quella dei migranti, e con migliaia di perdite di vite umane, gli aspetti ambientali possano apparire meno rilevanti. Tuttavia, credo che la nostra forza, la forza della nostra democrazia e della nostra civiltà sia quella di non rinunciare ai nostri valori.
  La tutela dell'ambiente per noi, e soprattutto per le prossime generazioni, è uno di questi valori. Sta a noi la capacità di difenderlo, anche in presenza di una situazione inedita e gravissima. Vengo quindi al merito dei temi da lei sollevati.
  Le implicazioni di carattere ambientale, connesse al fenomeno dei migranti, vanno inquadrate nel particolare contesto di fragilità dell'ecosistema del Mediterraneo, già sottoposto, quale bacino semichiuso, a rilevantissime pressioni antropiche. L'area interessata dalle rotte dei barconi dei profughi costituisce uno degli esempi più importanti per la biodiversità, da un punto di vista internazionale. Non è un caso, infatti, che nel canale di Sicilia siano state individuate più aree EBSA (Ecologically or Biologically Significant Marine Areas), cioè aree speciali e significative per gli aspetti ecologici e biologici, riconosciute dalla Convenzione mondiale per la biodiversità, adottata a Rio de Janeiro nel 1992 nel corso del summit mondiale delle Nazioni Unite su «Ambiente e sviluppo».
  Nello scorso mese di maggio, inoltre, sono stati approvati due emendamenti al disegno di legge «collegato ambientale», attualmente in discussione presso le Camere, proposti dal senatore Marinello e volti, oltre ad una più rapida istituzione delle aree marine protette, a valorizzare la peculiarità specifica naturalistica di ecosistemi sommersi, quale il Banco di Graham, che include l'isola Ferdinandea, il Banco Terribile, il Banco di Pantelleria e il Banco Avventura, tutti localizzati nel canale di Sicilia e caratterizzati da un'elevata biodiversità o, nel caso del Banco di Graham, da fenomeni vulcanici e idrotermali.
  Tuttavia, per difendere efficacemente e salvaguardare la biodiversità marina, è necessario prima capire dove intervenire Pag. 5ed è qui che emerge la rilevanza internazionale delle aree marine di importanza ecologica e biologica. Questo vuole dire, allo stesso tempo, accettare l'idea che alcune zone, identificate sulla base di stringenti criteri predeterminati, siano inevitabilmente da privilegiare nelle azioni di tutela e di conservazione rispetto ad altre.
  Questo è appunto il discorso che avevo introdotto, riferendomi alla particolare vulnerabilità, dal punto di vista ambientale, e della corrispondente esigenza di tutela, delle aree marine ricadenti nel Mediterraneo meridionale, interessate dal fenomeno della migrazione di clandestini provenienti dalle coste nordafricane, ma è anche importante comprendere, nella sua componente quantitativa, il «fenomeno» dei migranti, che comporta l'abbandono dei battelli utilizzati e il rischio concreto del loro affondamento, sia in mare aperto, cioè in acque internazionali, che lungo le coste nazionali, cioè in acque territoriali.
  Per contrastare il fenomeno dello scafismo, una delle soluzioni ipotizzate a livello nazionale, che ha avuto peraltro ampio risalto sui mezzi di informazione, prevedeva che dopo aver soccorso e messo in salvo i migranti, il comandante dell'unità navale operante avrebbe potuto procedere, in luogo del sequestro, all'affondamento in mare del natante, qualora ricorressero determinate condizioni legate alla salvaguardia delle vite umane e alla sicurezza della navigazione e non fossero praticabili altri interventi.
  Benché fosse previsto che la facoltà di affondamento si sarebbe applicata ai soli natanti di stazza lorda inferiore a 500 tonnellate, poiché tale misura corrisponde a navi da carico di lunghezza anche superiore a 50 metri, sono apparse subito evidenti le implicazioni di natura ambientale che l'applicazione di tale regola, ancorché limitata ai soli casi eccezionali consentiti, avrebbe potuto provocare. Soprattutto, ha destato preoccupazione l'ipotesi di una norma nazionale che disponesse, in merito agli usi delle acque internazionali particolarmente definiti, come è noto, nelle convenzioni internazionali.
  Infatti, al contrario di quanto si voleva proporre, non v’è dubbio che dalle norme e dai principi di diritto internazionale discenderebbe invece un preciso obbligo posto in capo al nostro Paese di prevenire, ridurre e, ove possibile, eliminare l'inquinamento causato dall'immersione in mare di rifiuti o di altro materiale.
  Voglio richiamare sul punto la Convenzione di Barcellona, per la protezione dell'ambiente marino e della regione costiera del Mediterraneo, in cui è previsto il divieto assoluto di immersione di rifiuti e di altro materiale, con talune eccezioni per le quali è prevista una preventiva autorizzazione speciale; la Convenzione di Londra, sull'immersione dei materiali in mare del 1972 che prevede, come prescrizione generale, l'impegno delle parti aderenti a proibire lo scarico in mare di qualsiasi rifiuto o altro materiale, fatta eccezione per quelli specificamente elencati, tra cui figurano le navi, per cui è comunque necessaria un'apposita autorizzazione; la Convenzione sulla rimozione dei relitti delle navi del 2007, firmata dall'Italia nel 2008, il cui iter di ratifica non si è tuttavia ancora perfezionato.
  Essa attesta comunque la progressiva recente evoluzione del diritto internazionale, non solo con la riaffermazione della necessità di prevenire, ridurre ed eliminare l'inquinamento derivato dalla presenza di materiali attraverso il divieto di immersione, ma anche con la rimozione dei relitti di navi presenti nell'ambiente marino.
  Quindi, eventuali iniziative miranti alla distruzione e all'affondamento in alto mare dei barconi utilizzati dai trafficanti per il trasporto dei clandestini, una volta concluse le operazioni di soccorso, debbono presentare in ogni caso oggettivi caratteri di eccezionalità ed essere comunque legate alla situazione contingente.
  Qualora si dovesse far fronte a una situazione di carattere emergenziale e straordinaria, l'unica strada sarebbe Pag. 6quella di seguire le stringenti e vincolanti procedure definite dalla Convenzione di Londra, dove si prevede che, in caso di «emergenze che pongano un inaccettabile rischio per la salute dell'uomo, la sicurezza o l'ambiente marino e per nessun'altra situazione», è possibile procedere all'affondamento dei natanti, ma che «preventivamente la parte consulterà qualunque altro o tutti gli altri Paesi che ne potrebbero essere danneggiati, nonché l'Organizzazione che, dopo aver consultato le altre parti e gli organismi internazionali interessati, raccomanderà nel più breve tempo possibile alla parte le procedure più adeguate da adottare».
  È evidente che tale ragnatela di consultazioni diplomatiche non è possibile in una situazione di emergenza con centinaia di profughi che rischiano la vita in alto mare ed in cui bisogna quindi operare con celerità, efficacia ed efficienza.
  La previsione della Convenzione di Londra chiaramente non è tarata sulla situazione attuale e sul massiccio fenomeno migratorio in corso nel Mediterraneo. Per quanto concerne il potenziale inquinante, rappresentato dai battelli abbandonati dagli scafisti, tenendo conto delle dimensioni medie e delle caratteristiche di tali mezzi, nella maggior parte costruiti in legno e a seguire in ferro e vetroresina, neoprene e in vetroresina, con apparati motori in genere a bassa potenza, appare verosimile poter stimare, per ogni imbarcazione, una quantità minimale di olio lubrificante e carburante, ai quali deve essere necessariamente aggiunto materiale di vario genere, connesso alla navigazione: parabordi in gomma, bidoni di plastica, cime di nylon e altro materiale.
  È importante evidenziare, altresì, che la vernice dello scafo, sia delle imbarcazioni in legno, che di quelle in ferro, costituisce di per sé fattore ad alta potenzialità inquinante per gli ecosistemi marini.
  Per quel che concerne le competenze sulle imbarcazioni sequestrate, a seguito di operazioni di polizia contro i fenomeni di immigrazione clandestina, la materia è tuttora disciplinata da una circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 2003. Tale strumento ha reso possibile procedere alla distruzione dei mezzi di trasporto sequestrati non assegnati agli organi di polizia o ad altri organi dello Stato che ne facciano richiesta per le proprie finalità istituzionali, senza dover attendere il provvedimento definitivo di confisca.
  L'intervento di distruzione avviene ai sensi della normativa ambientale vigente in materia di rifiuti, che prevede la messa in sicurezza del mezzo mediante allontanamento di tutti gli elementi che possono diffondere materiali inquinanti, l'asportazione di tutti i materiali infiammabili, il sezionamento in blocchi del relitto e il trasporto dello stesso, ai fini dello smaltimento.
  I lavori sono seguiti dalle Capitanerie di porto, d'intesa con la competente ARPA, ma anche in questo caso ci troviamo dinanzi ad una previsione normativa tarata su una realtà ben diversa dal grande esodo che sta attraversando il Mediterraneo in questi mesi; anche dal punto di vista delle risorse finanziarie necessarie per eseguire lo smantellamento e la bonifica dei relitti.
  In armonia con il quadro che ho appena sinteticamente delineato, non posso non sottolineare la necessità che, nell'ambito della più ampia discussione, sia in sede UE che ONU, per l'adozione di iniziative condivise per fronteggiare l'emergenza umanitaria, si debba allo stesso tempo concentrare ogni iniziativa volta alla soluzione della problematica ambientale che stiamo più nello specifico affrontando in questa sede.
  Credo che la rimozione fisica mediante affondamento e immersione dei battelli alla deriva non possa che presentare caratteristiche di eccezionalità e contingenza e che il ricorso a tale prassi non possa che essere deciso e avallato preventivamente a livello europeo e internazionale, proprio perché configura la violazione di normative nazionali, europee e trattati internazionali.
  L'unica strada percorribile per evitare che i battelli abbandonati a sé stessi, Pag. 7dopo aver tratto in salvo i migranti in acque non territoriali, possano rappresentare un rischio per la navigazione, o per l'ecosistema marino in caso di affondamento, o venire al limite riutilizzati dagli scafisti, è quello di trainarli presso la costa, con appositi rimorchiatori dedicati, per poi assoggettarli, una volta definitone lo status proprietario, alla luce degli usi e delle consuetudini internazionali, alle operazioni di recupero e/o smaltimento.
  In tale eventualità, non sarebbe scorretto parlare di dare vita a una filiera produttiva che possa garantire uno smaltimento corretto e non inquinante dei barconi stessi sulle coste siciliane, con l'avvio di un'esperienza cantieristica che, una volta superata la fase emergenziale, potrebbe proseguire, creando lavoro, professionalità e sviluppo, in una terra segnata dalla crisi e dalla disoccupazione.
  Appare evidente che tale operazione andrebbe ricompresa nell'ambito delle iniziative complessivamente varate per l'emergenza profughi e quindi svolta con il contributo economico dell'intervento internazionale, essendo parte integrante del fenomeno che si intende fronteggiare.
  Con la soluzione che ho prospettato, si potrebbe così, da un lato, operare un corretto «fine vita» di queste imbarcazioni, peraltro provvedendo al recupero dei materiali riciclabili e riusabili e, dall'altro, nell'immediato, e finché dura l'emergenza, innescare una sorta di ristoro economico per la Sicilia che in questi anni ha mostrato capacità straordinaria di accoglienza, dando una prova di grande umanità e civiltà che dovrebbe essere di esempio per tutta l'Europa.

  PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIORGIO BRANDOLIN. Buongiorno Ministro, la ringrazio per l'esauriente illustrazione.
  Come ha detto lei più volte, ci troviamo di fronte a una situazione emergenziale, per la quale tutte le normative internazionali, che lei ha ricordato, sono inadeguate per affrontare il problema. Lei ha fatto la proposta, alla fine, di stipulare un accordo internazionale per poter utilizzare una parte delle risorse messe a disposizione per questa grande operazione, anche per il discorso dello smaltimento, del recupero eccetera.
  La domanda è questa: quali sono i tempi di questa proposta che lei ha giustamente fatto ? Del resto, non è un'operazione soltanto nostra o un problema soltanto nostro. Mi sembra di capire, infatti, che l'emergenza sia tale per cui le risposte che riusciamo a dare sono sempre in ritardo rispetto ai problemi che abbiamo.
  Come ho detto, avremmo bisogno di capire quali sono i tempi necessari e se c’è già una procedura iniziata a livello europeo, per giungere a questa che ritengo essere una proposta corretta.

  PAOLO ARRIGONI. Ministro, mi pare di capire che dalla sua relazione ne consegua sostanzialmente un «no» alla proposta fatta in questa sede da parte dell'ammiraglio Angrisano, Comandante delle Capitanerie di porto, che suggeriva un affondamento in corrispondenza di una grande fossa in un punto preciso del Mediterraneo a una profondità elevata.
  Ovviamente, si è guardato bene dal dare un'indicazione puntuale, però ha parlato di questa ipotesi che, deduco dalla sua relazione, non sia percorribile per effetto dei vari vincoli e delle varie Convenzioni, che posso anche comprendere e condividere e che mettono in luce, quale priorità, la tutela dell'ambiente marino.
  Voglio altresì ricordare che, meno di vent'anni fa, la Comunità europea aveva lanciato dei bandi per finanziare dei progetti. Ne sono stati presentati alcuni e questi hanno ricevuto anche un finanziamento notevole, per esempio per utilizzare dei siluri al fine di sparare nei fondali del Mediterraneo dei rifiuti anche radioattivi.Pag. 8
  In vent'anni è cambiata molto la sensibilità da parte degli organismi internazionali e ben vengano queste maggiori attenzioni nei confronti della tutela dell'ambiente, in questo caso dell'ecosistema marino.
  Bando a questa mia riflessione, visto che il suo Ministero è competente per quanto riguarda il trattamento e lo smaltimento dei barconi, avete fatto una statistica – in caso contrario, vi invito a farla – in ordine alla tipologia dei barconi che vengono tolti agli scafisti, con riferimento alla lunghezza, al materiale utilizzato e alle caratteristiche del mezzo, anche per capire quale è la filiera che nel nord Africa si butta su questo genere di attività ?
  Lo chiedo perché bisogna sradicare il fenomeno alla fonte. Lei ha poi parlato di una strada percorribile, che posso anche condividere, ossia quella di trainare i barconi, una volta che le persone sono state tratte in salvo, portarli sulle coste, da lì conferirli in un posto e avviare un'operazione di bonifica, smaltimento e recupero.
  Ebbene, non c’è già un procedimento in tal senso ? Questo mi fa preoccupare, nel senso che si è parlato di emergenza, ma ormai siamo di fronte a una vicenda dall'assoluta caratteristica di cronicità. Mi sembra di poter dire che sia scandaloso il fatto che ancora non si siano individuati una metodologia e un procedimento per poter smaltire, distruggere e avviare il recupero di questi barconi, ovviamente con i relativi materiali. Bisognerà che il Governo e lei, Ministro, si faccia parte dirigente, come altrettanto dovrà fare il Parlamento, perché questa cosa francamente mi lascia allibito, ancorché non ci sia una procedura.
  Detto questo, ribadisco l'importanza non solo di intervenire sui barconi dopo che questi sono stati utilizzati e sfruttati da parte degli scafisti per compiere il loro bieco interesse, ma anche che la filiera di costruzione e utilizzo dei barconi debba essere smantellata all'inizio.
  Pertanto, lo rimarco, secondo noi è importante fare una statistica sulla tipologia dei barconi, che a mio avviso devono essere assolutamente distrutti alla partenza, ovviamente senza le persone a bordo.

  RICCARDO CONTI. So che il Ministro è una persona perbene, che si impegna molto e che lavora bene, quindi non vorrei fargli domande, ma vorrei dargli un consiglio.
  Siccome siamo in un Paese dove per far qualcosa bisogna prima fare interpelli a tutti, se fossi in lui, farei un interpello al presidente Cantone – faccio un nome a caso – o a qualcun altro e chiederei innanzitutto di chi è la competenza dentro il Governo.
  In secondo luogo, manderei un esposto alla Commissione europea per dire che siccome i soldi per affrontare l'emergenza dei profughi, degli immigrati più o meno clandestini, sono già insufficienti per ciò che stiamo facendo – e anche volendo fare un'operazione come diceva prima il Ministro non si potrebbero togliere soldi da quel capitolo, perché sono già insufficienti – chi deve pagare ?
  Ecco, farei queste due cose, così innanzitutto metterei il Ministero al riparo da qualsiasi contestazione futura, ma soprattutto si potrebbe dare un aiuto alla soluzione del problema.
  Nelle settimane scorse pensavo che ci sarà anche quell'indotto, negativo, ma bisogna dargli un nome, un cognome, vedere a chi spetta e di chi sono le competenze. Credo che il Ministero farebbe bene ad agire in questo senso, dando così un aiuto alla soluzione del problema più in generale.

  MARCO SCIBONA. Ringrazio il Ministro, perché devo dire che anch'io ero rimasto abbastanza preoccupato dalle dichiarazioni dell'ammiraglio.
  Sicuramente potrebbe essere la strada giusta però le chiedo quali sono i tempi di attuazione e se c’è una sensazione di gradimento di questa possibilità in Europa, perché se dovremo avere un confronto con loro, questa sarà necessaria.Pag. 9
  Aggiungo poi una domanda. Attualmente, i mezzi che vengono utilizzati sono posti sotto sequestro e so che abbiamo numerosi mezzi in deposito cautelativo e giudiziario, a Lampedusa e così via.
  Quindi, questo scoglio come si può superare ? Del resto, se sono messi sotto sequestro, non si possono smontare, né toccare, ma bisogna in qualche modo superare questa problematica.

  PRESIDENTE. Do la parola al ministro Galletti, per la replica.

  GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Provo a dare una risposta ai quesiti. Se poi i commissari non la ritengono sufficiente, casomai darò anche una risposta più approfondita.
  Quanto ai tempi, a cui hanno fatto riferimento Brandolin e il senatore Scibona, questi sono lunghi, nel senso che tale tema – anche per rispondere al senatore Conti – dovrà essere posto in sede internazionale, e così faremo.
  Oggi, giustamente dico io, abbiamo parlato sempre del tema emergenziale dei migranti e dell'emergenza umanitaria, come è giusto che sia, ma dobbiamo anche incominciare a ragionare sull'emergenza ambientale perché, come ho ricordato nelle premesse, anche il rispetto dell'ambiente è un valore per l'Europa e per l'Occidente, quindi credo che il tema vada posto in questa direzione, in questo momento.
  Quando ho fatto la proposta della filiera, l'ho chiamata appositamente filiera produttiva, perché non credo che sia solo un costo. Oggi, lo smaltimento dei rifiuti, anche grazie alla possibilità di riciclare e riutilizzare gran parte del materiale, può diventare un vero e proprio business. È chiaro che quella filiera deve essere implementata, forse inizialmente anche finanziata e supportata, anche dal punto di vista amministrativo e burocratico, ma credo che, per gli imprenditori che decidono di fare quel mestiere, lo smaltimento delle navi possa diventare una filiera redditizia, così come avviene in tanti altri settori e in tante altre parti del mondo. Del resto, stiamo parlando comunque di smaltimento di barche.
  Venendo al senatore Arrigoni, per quanto riguarda la proposta dell'ammiraglio Angrisano, nella relazione iniziale ho detto che qualsiasi decisione prendiamo deve essere comunque concordata a livello europeo e internazionale. Non possiamo agire al di fuori di un accordo che preveda il coinvolgimento delle istituzioni europee internazionali.
  Se oggi decidessimo di smaltire queste navi nel punto più profondo del Mediterraneo, andremmo immediatamente in infrazione comunitaria. Quindi, il problema lo dobbiamo porre lì. Se poi mi si chiede quale sia l'opzione che preferisco, rispondo che è quella di rimorchiare le navi nei porti e smaltirle.
  Credo che in sede comunitaria dovremmo avanzare questa proposta, perché la trovo più consona al rispetto dell'ambiente.
  Ho difficoltà a effettuare, come Ministero, un'indagine sui barconi sequestrati perché la competenza è del Ministero degli interni e io non ho competenze in quel settore. Banalmente, non saprei come fare. Non ho gli strumenti, perché non è mia competenza, per poter fare un'indagine di questo genere.
  Ripeto al senatore Conti che è nostra intenzione portare questo tema, come lui ci proponeva, in sede internazionale. Che poi sia attraverso un interpello o attraverso procedure più standardizzate a livello europeo, questo lo verificheremo.

  PRESIDENTE. Risorse, stanziamenti ?

  GIAN LUCA GALLETTI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Lui chiedeva da dove provengono gli stanziamenti e io ribadisco che debbono venire a livello internazionale ed europeo.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro. Secondo me, l'audizione di oggi è la dimostrazione che anche il Comitato può Pag. 10stimolare una discussione e quindi un raccordo tra Parlamento e Ministero su un tema come questo, che non è assolutamente secondario.
  Ministro, la ringraziamo e ci riserviamo magari di chiamarla in futuro per degli aggiornamenti, se vorrà. Intanto volevo salutare chi l'accompagna, cioè il dottor Davide Russo, capo ufficio stampa e il consigliere Roberto Sorbello, responsabile per le relazioni esterne, nonché l'avvocato Giuseppe Mazzotta dell'ufficio legislativo.
  Nel ringraziare i nostri ospiti per la disponibilità manifestata, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.15.