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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 23 di Martedì 24 maggio 2016

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Zampa Sandra , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SUI MINORI FUORI FAMIGLIA

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Amici della Zizzi Onlus e dell'Associazione Volontari Capitano Ultimo Onlus.
Zampa Sandra , Presidente ... 2 
Ripoli Riccardo , Presidente dell'Associazione Amici della Zizzi Onlus ... 2 
Zampa Sandra , Presidente ... 6 
Bertorotta Ornella  ... 7 
Zampa Sandra , Presidente ... 7 
Bertorotta Ornella  ... 7 
Blundo Rosetta Enza  ... 7 
Zampa Sandra , Presidente ... 8 
Ripoli Riccardo , Presidente dell'Associazione Amici della Zizzi Onlus ... 8 
Zampa Sandra , Presidente ... 8 

ALLEGATO 1: Intervento integrale del Presidente dell'Associazione Amici della Zizzi Onlus ... 9 

ALLEGATO 2: Proposte sulla legge 28 marzo 2001, n. 149 ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
SANDRA ZAMPA

  La seduta comincia alle 14.20.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Associazione Amici della Zizzi Onlus e dell'Associazione Volontari Capitano Ultimo Onlus.

  PRESIDENTE. Avvio i nostri lavori perché alle 15.00 dobbiamo concludere. In Aula, si ricomincia a votare, ma penso che anche al Senato siano previste votazioni.
  Oggi abbiamo una nuova «puntata» dell'indagine conoscitiva, che ormai sta volgendo al termine, sulla questione dei minori fuori famiglia. L'incontro è con il presidente dell'associazione Amici della Zizzi Onlus, mentre non si svolgerà l'audizione con i rappresentanti dell'associazione Volontari Capitano Ultimo Onlus, in quanto questa mattina la dottoressa Giordana Valentini, che li rappresenta, ha dato comunicazione che non potrà partecipare.
  Per l'associazione Amici della Zizzi Onlus è presente il presidente Riccardo Ripoli, che ringrazio per la disponibilità e a cui do subito la parola.

  RICCARDO RIPOLI, Presidente dell'Associazione Amici della Zizzi Onlus. Mi occupo di minori dal settembre del 1986, pochi mesi dopo che morì la mia mamma, che infatti il nome «Zizzi» vuole ricordare.
  Per me, occuparmi di ragazzi è una vera e propria scelta di vita. Ringrazio tantissimo questa Commissione per averci tenuto in considerazione e averci chiamato. Per noi, è un grandissimo onore e un piacere. In trent'anni di esperienza ho aiutato a crescere oltre 650 ragazzi, nei confronti dei quali sono stato come un papà, nel senso che in certi casi abbiamo anche preso in casa le rispettive mamme laddove questo si riteneva opportuno e necessario. La mia esperienza trentennale con i ragazzi mi ha portato a vedere tantissime situazioni. Io spero che in quest'occasione, come in altre se vorrete, potrete «usarmi», perché sarò ben contento di dare il mio contributo.
  Noi crediamo fermamente nella prevenzione piuttosto che nella cura. Sicuramente, l'affido è un sistema importante e necessario, perfettibile come tutti i sistemi, ma la prevenzione è l'azione per noi più importante. Ho avuto modo di leggere qualcosa di quanto da voi verbalizzato, purtroppo non tutto, dato il tempo esiguo che ho avuto per venire qua. Chiedo scusa, perché comunque sarebbe stato importante leggere tutti gli interventi. Spero di non essere troppo ripetitivo. Probabilmente, dirò qualcosa che è stato già detto.
  Dell'audizione del 5 aprile alcune cose mi sono rimaste impresse, e quindi vorrei fare piccole puntualizzazioni. L'onorevole Loredana Lupo poneva una domanda sullo strumento dell'affido: se questo strumento pubblico fosse tanto fallimentare o costruito bene e mal gestito. Io penso che, come per tutte le cose, la verità sia nel mezzo. Ci sono sicuramente delle falle nella Pag. 3legge sull'affido, ma anche aspetti positivi e mal gestiti dal pubblico.
  Sempre nello stesso intervento, l'onorevole Lupo aveva un occhio di riguardo verso una mamma, Angela, alla quale era stato tolto il figlio, e puntava un po’ il dito sul fatto che troppo spesso vengono tolti i bambini alle famiglie. Dal mio punto di vista, dalla mia esperienza, posso però dire che togliere un bambino alla famiglia non è così facile. I comuni vedono questa scelta un po’ come una bestia nera. Purtroppo, siamo oggi in una società un po’ troppo adultocentrica, dove si guarda più al tema delle mamme e dei babbi che a quello di figli. Per carità, tutti vanno tutelati, ma tra un bambino che ha poca tutela e un adulto che ha modo di difendersi e comunque compie atti talvolta sbagliati, penso che sia doveroso difendere in primis il bambino.
  Noi abbiamo un ragazzino, di cui non faccio il nome, ma che se vorrete potrò farvi in seguito, che i servizi sociali hanno tolto alla famiglia con gravissimo ritardo. Aveva undici anni quando è arrivato da noi. Il padre non era la persona più adatta a fare il padre benché bravo diavolo, la madre è invece un soggetto fortemente psichiatrico, tanto che ora è ricoverata in una struttura protetta. Secondo le stesse assistenti sociali e il comune, non hanno tolto il bimbo alla famiglia per non recare danno alla mamma, che poverina ne avrebbe risentito.
  Questo, però, ha comportato che il bimbo crescesse malissimo, fino a 10-11 anni con la mamma che gli faceva ancora il bagnetto, e che non parlasse. Secondo la logopedista della Stella Maris, vicino a Livorno, non c'è più niente da fare. Noi capiamo qualcosa perché ormai ci siamo abituati, ma quando deve parlare con qualche persona nuova difficilmente riesce a farsi capire.
  La senatrice Mattesini parlava a giusta ragione di povertà educativa. Quella di tante famiglie è una povertà non solo economica, ma a volte legata proprio ad una cultura. Ricordo il caso, non l'unico ovviamente, di una famiglia in cui non avevano, come si dice a Livorno, due lire per far tre, nel senso che non riuscivano ad arrivare a fine mese. Quando, però, riuscivano ad avere 100 euro, o perché li rubavano o per un piccolo lavoretto, compravano qualcosa alla moda, un vestito, un cellulare, magari a rate, quindi pagando la prima rata e non pagando il resto, per la figlia: non ci si poteva permettere che la bimba andasse a scuola e fosse diversa dagli altri.
  La senatrice Blundo, nel citare la proposta per cambiare l'articolo 403 del codice civile, diceva che c'è un'inefficienza di queste norme, quanto meno che le norme lasciano troppi margini d'azione. Questo è vero, ma purtroppo la realtà è che non ci sono sanzioni verso gli amministratori. La legge sull'affido in molti casi parla di obblighi, per la cui mancata ottemperanza però non è prevista una sanzione. Gli amministratori in certi casi e in certi comuni si guardano bene dal portare avanti determinate azioni.
  Sempre relativamente alla proposta sull'articolo 403, la senatrice Blundo parla di creare un progetto per un rientro in famiglia entro venti giorni. Penso che questo sia molto bello, ma assolutamente utopico. In moltissimi casi si arriva all'affido in un momento di grande necessità, e quindi spesso non è stata svolta un'indagine. In questo momento, ad esempio, abbiamo una ragazza che in quindici anni di vita ha frequentato per un solo giorno la scuola. Venduta dalla madre, da un Paese straniero, la famiglia ne ha abusato e per due anni e mezzo l'ha tenuta segregata.
  Quando, per la fortuna di questa bimba, questo è emerso per la denuncia di un ragazzo, in tre secondi la Polizia l'ha portata da noi col beneplacito dei servizi sociali. È chiaro che un progetto di rientro in famiglia per una bimba del genere, che non ha famiglia e laddove ce l'ha è meglio che non ce l'abbia, è assurdo. Oltretutto, per un progetto bisogna sentire tutte le parti, capire la situazione, chi può accoglierli: venti giorni non sono, secondo me, una proposta condivisibile.
  La senatrice Blundo fa, a mio avviso, un'altra osservazione esattissima quando dice che il tutore di un ragazzo troppo spesso è il sindaco – aggiungo che a volte non è solo il sindaco, ma anche il responsabile Pag. 4 dei servizi sociali – che ha sotto tutela diversi minori, ma non ha, come diceva appunto la senatrice, l'affetto, la cura di questo minore. Bisognerebbe individuare e magari anche creare ad hoc delle figure che siano una via di mezzo tra il professionale e il familiare. È chiaro che è difficile. In un caso abbiamo risolto con la nostra psicologa: il tribunale di Milano aveva chiesto al tribunale di Livorno di dare una tutela a uno dei nostri ragazzi di cui i genitori avevano perso la potestà, e abbiamo suggerito la nostra psicologa, perché era tanto tempo che seguiva il caso, e il giudice ha acconsentito.
  Un altro aspetto per me molto importante è che da moltissimi articoli di giornale, talvolta da interventi anche di politici locali, emerge una presa di posizione spesso forte non solo contro le case famiglia, ma contro l'affidamento in generale. Si dice, secondo me a torto, che molti, anzi quasi tutti i bambini vengono tolti alle famiglie perché poveri. Spesso viene citato l'esempio di casi in cui un genitore chiede un aiuto, un contributo al servizio sociale, e per tutta risposta gli vengono tolti i figli.
  Credo che questo non sia esatto. Se secondo i dati del garante Spadafora sono 19.200 i bimbi in affido al 2014 – altri dati parlano di 29.000 ma cambia poco – se altri dati dell'ISTAT parlano di 1.045.000 bambini in povertà assoluta, altri addirittura di 1,5 milioni, va da sé che non si tolgono i bimbi alle famiglie perché sono povere, altrimenti 1,5 milioni sarebbero in affidamento.
  Al contrario, va detto – purtroppo, il dato è rilevante – che siccome i comuni devono pagare per l'affido alla famiglia o alla comunità, non lo amano assolutamente, tanto meno alle comunità. Il problema è un altro: quando il caso scoppia, non ci sono famiglie affidatarie, perché non c'è promozione dell'affido, benché questa venga ben specificata nella legge. La legge dice che lo Stato, le regioni, le province, che non ci sono più, e gli enti locali devono fare promozione all'affido. Se si facesse promozione all'affido tante più sarebbero le famiglie.
  Peraltro, tornando al discorso della povertà, sono pochissime le famiglie disponibili a prendere in affidamento un bambino. C'è paura che, quando il bimbo dopo un anno o due viene tolto, si soffre. Inoltre, proprio per diretta testimonianza di molte persone con cui ho avuto contatti e che ci chiedevano come addivenire all'affido, molte ci vedono una scappatoia all'adozione, chiedono bambini piccoli, mentre in comunità, se si leggono i dati di Spadafora, il 57 per cento dei ragazzi è tra i 14 e i 17 anni, tutti ragazzi che le famiglie non vogliono.
  Noi ci siamo interessati di promuovere da tanti anni, dal 2001, l'affidamento, perché crediamo fermamente che sia la famiglia la risposta più adeguata, ma bisogna stare attenti a fare dei distinguo. Anzitutto, è difficile che una famiglia riesca a porsi adeguatamente quando un ragazzo è in adolescenza e ha a che fare anche con la famiglia d'origine.
  Poi dobbiamo avere molto rispetto per la prole della famiglia affidataria. Parlavo con un mio amico giudice del tribunale per i minorenni e lui diceva che non dava bimbi in affidamento a persone con ragazzi della stessa età, che voleva almeno quattro anni di differenza, che la prole della famiglia fosse più grande d'età. Non è una legge scritta, ma è sicuramente una buona pratica, perché troppo spesso i ragazzi più grandi possono far male a quelli più piccoli, anche per ripicca, per rivalsa a fronte di regole che non accettano.
  Altro aspetto secondo noi rilevante è che c'è troppa disparità tra nord e sud d'Italia. Secondo noi, c'è anche proprio qualcosa di anticostituzionale. I ragazzi che nascono e crescono in famiglie disagiate al nord sono maggiormente tutelati che al sud. Al nord, ad esempio, le comunità vengono pagate e fioriscono, ci sono, viene fatta promozione all'affido, ci sono diverse famiglie: il triangolo tra Piemonte, Lombardia e Veneto è molto positivo dal punto di vista dell'affido.
  Appena si scende giù, come nella nostra Toscana, non si va benissimo, ma da Roma in poi siamo veramente messi male. Un articolo di Berizzi apparso su la Repubblica, se non erro nel 2012, allegato agli Pag. 5atti, parla ad esempio di una cooperativa del nord Italia, l'Arciragazzi, che ha messo in piedi tre case famiglia a Palermo e, dopo aver collezionato ben 750.000 euro di debiti, ha dovuto chiudere. Nonostante, infatti, convenzioni col comune – certo, poi faranno causa legale e magari vinceranno tra dieci o vent'anni, ma intanto hanno dovuto chiudere – quei ragazzi sono stati rimandati nelle proprie case.
  Se, infatti, si trova un posto in cui mandarli, bene, ma è sempre il comune di Palermo che paga, e se non paga alla fine questi ragazzi ci rimettono per problemi non dei ragazzi stessi ma economici del comune. Già così si ravvisano alcuni punti oscuri della legge sull'affido e molte delle non applicazioni delle norme in essa contenute.
  Noi ci siamo permessi di sottolineare – abbiamo lasciato la documentazione agli atti – alcuni punti, di fare alcune precisazioni e di dare dei suggerimenti. Anzitutto, si diceva di una maggior promozione verso l'affido anche da parte dello Stato, della regione, delle «province» e degli enti locali: sono loro che devono fare promozione, non il comune o qualcun altro. I problemi sono due nella legge di oggi.
  Anzitutto, non viene detto quanto deve essere fatta promozione. Ho conosciuto un assistente sociale che ci ha raccontato che era stato detto loro di fare promozione, che consisteva nel prendere un foglio, metterlo all'interno del centro affidi con su scritto: «Volete diventare famiglia affidataria? Rivolgetevi a noi». Questa è tutta la promozione che hanno fatto. L'hanno fatta, non hanno nemmeno contravvenuto alla legge, ma a chi non la fa non viene fatto niente.
  Io non sono contro gli animali, per carità, ma faccio un distinguo tra animali e bambini. C'è stato anche un richiamo del Papa, e meno male, che ha preso una posizione. Al di là di questo, abbiamo animali, cavalli, il cane, abbiamo avuto l'alpaca, e li trattiamo bene, ma con un bimbo non c'è nemmeno paragone, perché è assolutamente e completamente su un altro piano.
  Con la legislazione di oggi i cani, gli animali, sono ben più tutelati del bambino, almeno in certi casi e in certe circostanze. Ho visto, ad esempio, moltissime volte anche a Firenze la campagna «Se abbandoni un cane il bastardo sei tu», molto forte, anche molto bella, molto incisiva, ma sui bambini non viene detto nulla. La stessa legge prevede il penale per il sindaco che non tutela l'animale, il cane. Se il sindaco non tutela il cane randagio, c'è il penale. Per un bambino non è così.
  Abbiamo parlato con un tribunale e l'assistente sociale di riferimento ci ha detto – da due fronti, quindi, è emersa la notizia – che c'era un decreto per due bambini che erano inseriti in famiglie in cui subivano pedofilia: dopo due anni, nonostante il decreto d'urgenza di allontanamento immediato, i bambini erano ancora in casa con il presunto pedofilo, perché il comune non aveva i soldi per metterli in comunità. Qui siamo all'assurdo.
  Posso dirvi che ne ho viste tantissime con i 650 ragazzi che abbiamo aiutato, i 50 in affidamento, e comunque tutti casi abbastanza forti. Gli altri, 24, sono tutti ragazzi che fanno con noi il diurno, quindi comunque abbiamo a che fare e tocchiamo con mano realtà ai limiti. Non mandano da noi i propri figli l'avvocato o il commercialista, ma il poveraccio extracomunitario che sta lavorando e non sa dove metterli o la mamma che lo allontana dal babbo che picchia e così via. Poi è chiaro che si sono casi che devono arrivare all'affido e all'allontanamento dalla famiglia, ma purtroppo di casi veramente brutti ce ne sono tantissimi.
  La promozione è importantissima. Molti non sanno nemmeno che cosa voglia dire l'affidamento, lo confondono. Tanti anni fa, nel 2001, in occasione dell'inaugurazione del nostro portale sull'affido, si fece fare un'indagine da una società a Firenze: alla domanda su che cosa fosse l'affido, molti lo scambiarono col fido bancario. È da ridere, ma poi purtroppo c'è da piangere su una cosa del genere, oltretutto a Firenze. Se si trattasse di Livorno, potrei capirlo, lì il livello culturale è più basso, ma a Firenze c'è gente che si dice legga e scriva.
  Secondo noi, occorre che lo Stato intervenga sia fornendo dei parametri per la Pag. 6promozione sia facendo lui stesso promozione. Sempre secondo lo stesso articolo di legge, devono essere tenuti dei corsi sull'affido. Qui siamo all'assurdo. Se per l'adozione esistono dei protocolli, per l'affido questi protocolli non ci sono. Ogni comune fa, per portare le famiglie all'affido, quello che gli pare. Se una famiglia arriva all'affido, le viene negato da quasi tutti i comuni un attestato con il quale potersi rivolgere ad un altro comune.
  Ho sentito spesso che alcune famiglie qui a Roma vengono tenute in stand by per due o tre anni. Chiaramente, i comuni vogliono tenersi la risorsa. Siccome si risparmia, anche se non è da famiglia, quando scoppia il caso è meglio mettercelo anche per un anno, poi scoppierà. Alla famiglia saranno corrisposti 400, 500 o 600 euro al mese, mentre per la comunità si pagano tra i 70 e i 100 euro al giorno. Sicuramente, quindi, l'interesse preponderante delle pubbliche amministrazioni locali è quello di risparmiare. Purtroppo, per noi ormai è scontato.
  Sarebbe opportuno che ci fosse un protocollo d'intesa su come debbano essere organizzati questi corsi, e che siano tenuti. In molti comuni tante famiglie si rivolgono a noi per dirci che hanno chiesto al comune, come abbiamo indicato noi, di fare l'affidamento, ma si sentono rispondere che non hanno bisogno. Altri ci hanno detto che c'era da frequentare il corso per l'affido e che sarebbero stati chiamati: dopo due anni ancora aspettano il corso. Sono paradossi pazzeschi.
  Sul forum del nostro portale sull'affido ci sono un sacco di queste testimonianze, in alcuni casi anche con nomi, cognomi e comuni.
  Una cosa importante è che a questi bambini in affidamento spesso non viene dato un sostegno psicologico. Viene richiesta da più parti a volte una presa in carico del bambino, ma i comuni risparmiano anche sugli psicologi. A Livorno emerge che ci sono due psicologhe infantili per tutti i bambini. Una nostra bimba autistica, dopo un anno dalla richiesta dell'assistente sociale, non era stata ancora presa in carico. Ha avuto due incontri nel giro di un mese, poi è stato detto che non c'era più tempo per farne altri. Questo andrebbe quantomeno sanzionato o andrebbero obbligati i comuni a svolgere il loro dovere. La legge ci sarebbe, ma non viene applicata, ci sono troppe scappatoie.
  Altra questione dolorosa riguarda, come si diceva, i contributi sia alle famiglie sia come pagamento delle rette alle comunità. Gli enti locali a volte non vogliono spendere, e destinano i soldi per il sociale ad altre attività, magari da un punto di vista di voti più remunerative. Sono, però, chiamati in causa anche in questo caso lo Stato, le regioni, le province e i comuni.
  Purtroppo, ci sono dei comuni che veramente non possono pagare, quindi la nostra proposta potrebbe essere quella di istituire un fondo – è chiaro che quando si parla di soldi diventa tutto molto più difficile – col quale si capovolga la situazione. Oggi, infatti, siamo al paradosso che si fa l'affido se ci sono i soldi, ma secondo me è un po’ come andare a curarsi: non vado in ospedale, dove mi si opera di appendicite se ci sono soldi o i posti letto; no, io ho l'appendicite e l'ospedale mi cura, poi i soldi da qualche parte devono arrivare.
  Questo discorso vale a maggior ragione nel nostro ambito: se ho l'appendicite tutt'al più muoio, mentre il caso di un bambino che non viene aiutato ne fa morire tanti altri, perché poi diventa un delinquente. Spadafora stesso diceva che, se non vogliamo spendere oggi, tra qualche anno ci troveremo a spendere di più. Purtroppo, però, i politici locali guardano all'oggi, non al domani, quando non ci saranno più, non gliene importa niente del domani.
  Quando questi bambini diventano adulti, già a sedici o diciassette anni – procreano molto presto e magari la ragazza rimane incinta – creano situazioni di disagio a non finire. Le catene vanno spezzate. Per spezzarle bisogna che tutti facciano sacrifici.

  PRESIDENTE. Mi dispiace interromperla, ma altrimenti non abbiamo il tempo per le domande. Io tra cinque minuti devo andare perché si vota.
  Do ora la parola agli onorevoli colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

Pag. 7

  ORNELLA BERTOROTTA. Ringrazio il signor Ripoli anche per il grande lavoro che svolge.
  Anch'io convengo con tutte le considerazioni sulla necessità di regolamentare l'affido e ritengo che risparmiare in questo settore sia veramente da scongiurare. Lei parlava del sud, io sono del sud: in questo momento di crisi economica, credo che ci sarebbero centinaia di famiglie disposte a prendere in casa un ragazzo in difficoltà se solo i comuni dessero quel minimo per consentire loro di coprire le spese. Questo non viene fatto. Purtroppo, non la si vede ancora come priorità, quando invece occuparsi del welfare di uno Stato dovrebbe essere la prima azione in assoluto.
  Leggerò il materiale che ci ha lasciato. La ringrazio per la schiettezza con cui ha parlato. Condivido veramente tutto quello che ha detto.

  PRESIDENTE. Prendo solo un secondo la parola, ma sento il dovere di farlo. Relativamente alla situazione che ha descritto dell'affido che si fa se ci sono i soldi, non è così, non è un automatismo. Ci saranno forse comuni in cui questo avviene, ed è male, ma non è così, non è che l'affido viene fatto se ci sono i soldi.
  Aggiungo, solo per cautela, che gli affidi non si fanno per aiutare le famiglie in difficoltà, ma per aiutare i bambini. Un bambino, un minore non può essere affidato a chiunque. Deve esserci uno screening, e quelle alle quali i minori sono affidati devono essere famiglie con caratteristiche precise. Non dimentichiamo che talvolta vengono affidati e poi li trovano nei campi a fare i lavori forzati. Bisogna essere veramente molto cauti. Lo dico solo perché ce lo ricordiamo.

  ORNELLA BERTOROTTA. Senatrice Zampa, questo è vero, ma è anche vero che tante famiglie che sarebbero idonee a seguire un ragazzo magari non lo fanno perché non ne hanno la possibilità economica. Ciò non toglie che il comune e i servizi sociali devono organizzarsi per fare formazione e fare la selezione delle famiglie. Dico, però, che al sud tante persone sono rimaste senza lavoro, sarebbero a casa e avrebbero tempo e modo per seguire casi un po’ complicati. Non lo fanno forse perché non riescono a sobbarcarsi quei 4-500 euro.
  Secondo me forse il suo approccio è il motivo per cui tante famiglie non sono disponibili. Probabilmente, le famiglie benestanti non hanno alcun interesse a impegnarsi nel sociale.

  ROSETTA ENZA BLUNDO. Intanto, sono pienamente d'accordo col discorso prevenzione e la ringrazio per averlo sottolineato. Non è assolutamente ridondante, anzi più lo affermano e più rileviamo che è la scelta migliore. Investire anche sulla prevenzione, come abbiamo detto anche nel convegno sulla povertà minorile, è sicuramente la cosa più importante.
  La ringrazio anche per aver risposto alle nostre osservazioni. Rilevavo che, per esempio, nel caso del sindaco come tutore del minore messo in struttura ci sono voci discordanti. Lei è d'accordo con me nel dire che non è opportuno, invece l'audito della scorsa volta, Gabriele Bartolucci, giudicava positiva l'assegnazione a un sindaco, soprattutto nei piccoli paesi.
  Io torno a sottolineare che una vera figura di tutore del minore tolto alla famiglia deve essere distaccata dai servizi sociali, altrimenti che tutore sarebbe? La ringrazio, quindi, anche per averci dato l'opportunità di precisare questo. Può trattarsi anche di persone formate, si può prevedere un corso, ma deve esserci questa figura, che è la vera tutela del minore sia dalla situazione familiare, che può essere più o meno dannosa per il bambino, sia dall'intervento sociale, che non sempre è altrettanto ideale come le famiglie.
  Vorrei anche precisarle il discorso sul 403. Accolgo con molto piacere la sua osservazione, ma i venti giorni che ho previsto all'interno del disegno sono una soluzione davanti al nulla. Di fatto, non esiste una pianificazione per il rientro, ma una per chi si prende cura del bambino, su che cosa farà per il bambino. La pianificazione per il rientro, invece, non esiste. Forse venti giorni sono pochi, sono adeguati per una certa tipologia ma pochi per altre, si può prevedere entro quel termine di dichiarare le difficoltà della tipologia. È lì che emergono anche i veri problemi Pag. 8 che portano all'allontanamento, giustificatissimo come nel caso di una bambina violentata o quello che abbiamo visto è successo ultimamente e che è davvero duro.
  Sono pienamente d'accordo, i bambini devono essere tutelati. Si fa tanto per gli animali, per tante realtà sociali, ma non possiamo dimenticare i bambini. Questa Commissione ha una grande attenzione trasversale all'infanzia e all'adolescenza, per noi è una priorità. Quest'indagine conoscitiva, che ho promosso ma che è stata bene accolta dalla Commissione, rivela che vogliamo occuparci dei bambini, ce ne siamo da sempre occupati come persone. Se facciamo parte di questa Commissione, almeno io personalmente, ma so che questo vale per la collega Zampa e per altri colleghi, è perché ci siamo sempre interessati delle situazioni di disagio dei minori.
  Per concludere, sicuramente dei parametri per l'affido sarebbero utili, ma non dimentichiamo che anche l'adozione vede una situazione di scarsa chiarezza. Anche per l'adozione, infatti, ci sono famiglie in attesa da lunghi anni, che non demordono proprio perché vogliono con tutto il cuore, non potendo avere bambini, dedicarsi ai minori. Forse alcuni aspetti della legge andrebbero rivisti. Personalmente, sto cercando di vedere per l'istituto dell'affido, magari poi se vuole possiamo scambiarci qualche informazione. La ringrazio.

  PRESIDENTE. Do la parola al presidente Ripoli per la replica.

  RICCARDO RIPOLI, Presidente dell'Associazione Amici della Zizzi Onlus. Una delle iniziative previste nella legge sull'affido e sull'adozione è una banca dati per le famiglie adottive, che purtroppo solo in undici regioni è stata portata avanti. Non è stata prevista, però, una banca dati per l'affidamento, che sarebbe opportuna. Molti comuni, come si diceva, purtroppo tengono le risorse delle famiglie affidatarie per sé. Può darsi che un comune in un dato momento non abbia bambini da affidare, ma magari il comune vicino sì o anche il comune di un'altra regione: sarebbe opportuno che chi riceve l'idoneità all'affidamento possa essere conosciuto anche da altri.
  Un altro modo per aiutare l'affido a crescere sarebbe quello di legiferare sull'affido sine die, che oggi esiste. Ci sono dei ragazzi di tredici, quattordici, quindici anni, che non hanno più la possibilità di rientrare in famiglia, ma non sono nemmeno adottabili, un po’ perché grandi e non li vuole nessuno, un po’ perché c'è un legame magari con la mamma, come nel caso che si diceva della mamma psichiatrica, per cui non è giusto che i familiari non si vedano più come con l'adozione. Prevedere un sine die sarebbe, quindi, secondo me positivo per l'affido, al quale molte più famiglie si avvicinerebbero.
  Mi sembra sia emerso anche adesso che molti servizi sociali non fanno bene il loro dovere, ma in realtà è proprio il contrario. Nel 2012, il comune di Livorno ha scritto una lettera in cui spiegava – l'ho portata, è agli atti – che sono pochissimi gli assistenti sociali che si occupano del sociale a Livorno. Mi pare siano 25 per 11.000 casi. Siamo all'assurdo. Per quanto i servizi sociali possano essere bravissimi, tra ferie, relazioni per i tribunali e così via, non hanno i tempi.
  Sarebbe necessaria una legge – credo ce ne sia una, che però non ho trovato – in cui si preveda un tot di assistenti sociali per un tot di persone, altrimenti non si riuscirà mai a lavorare adeguatamente. Inoltre, sarebbe opportuno anche un organo di controllo, di vigilanza, sull'operato dei servizi sociali, che non sia solo dato dal servizio sociale, ma da un insieme di associazioni, di tribunali, di politici, che comunque effettuino un controllo anche sulla base di segnalazioni. A noi, che siamo nessuno, ne arrivano un sacco su comuni che commettono veri e propri abusi. Non c'è volontà di denuncia da parte di chi ce li riferisce, e questo è un peccato, ma servirebbe un organo garante su questo.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il presidente Ripoli.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.55.

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ALLEGATO 1

Intervento integrale del Presidente dell'Associazione
Amici della Zizzi Onlus.

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ALLEGATO 2

Proposte sulla legge 28 marzo 2001, n. 149.

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Pag. 15

Pag. 16

Pag. 17

Pag. 18

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Pag. 20