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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 12 di Martedì 6 ottobre 2015

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori.
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SUL DIRITTO DEI MINORI A FRUIRE DEL PATRIMONIO ARTISTICO E CULTURALE NAZIONALE

Audizione di rappresentanti di The International Council of Museums (ICOM) e di Ilaria Bonuccelli, giornalista e scrittrice, ideatrice del progetto «Checco e il delfino Zecchino, Il santuario dei cetacei e la biblioteca dei ricordi».
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 ,
Pucci Marianella , Corrispondente nazionale dell'European Museum Forum ... 3 ,
Bruno Edvige , responsabile dei servizi educativi European Museum Forum ... 5 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 7 ,
Bonuccelli Ilaria , Giornalista e scrittrice ... 7 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 9 ,
Cesaro Antimo (SCpI)  ... 10 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 10 

ALLEGATO 1: Documentazione presentata da ICOM, «Musei italiani e pubblico under 18» ... 11 

ALLEGATO 2: Documentazione presentata da Ilaria Bonuccelli, Progetto «Checco e il Delfino Zecchino» ... 45

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MICHELA VITTORIA BRAMBILLA

  La seduta comincia alle 14.10.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito)

Audizione di rappresentanti di The International Council of Museums (ICOM) e di Ilaria Bonuccelli, giornalista e scrittrice, ideatrice del progetto «Checco e il delfino Zecchino, Il santuario dei cetacei e la biblioteca dei ricordi».

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul diritto dei minori a fruire del patrimonio artistico e culturale nazionale, l'audizione di rappresentanti dell'International Council of Museums (ICOM) e di Ilaria Bonuccelli, giornalista e scrittrice, ideatrice del progetto «Checco e il delfino Zecchino, il santuario dei cetacei e la biblioteca dei ricordi».
  Per ICOM sono presenti la dottoressa Marinella Pucci, corrispondente nazionale dello European Museum Forum, nonché coordinatrice regionale per la Campania, e la dottoressa Edvige Bruno, responsabile dei servizi educativi.
  Do, quindi, la parola alla dottoressa Pucci ed, eventualmente, alla dottoressa Bruno, nel caso voglia aggiungere qualcosa.

  MARIANELLA PUCCI, Corrispondente nazionale dell'European Museum Forum. Innanzitutto, vi ringrazio di averci invitato. Per noi è un piacere avere un confronto diretto con voi istituzioni. Vi abbiamo distribuito un paper, riassunto dell'indagine che abbiamo svolto e che ha come oggetto il diritto dei minori a fruire del patrimonio artistico e culturale dei nostri musei.
  In particolare, abbiamo voluto indagare le forme e gli strumenti messi in campo dai musei, attraverso i quali i minori possono esercitare il loro diritto a fruire del patrimonio culturale. Dall'altra parte, abbiamo indagato il ruolo e l'impegno che assolvono i musei e le possibili iniziative che possono essere adottate, anche grazie alla vostra sensibilità, per promuovere e favorire adeguate forme di accessibilità al patrimonio culturale da parte dei minori.
  In generale, dagli anni Novanta lo scenario – ci farà piacere lasciarvi anche questo documento che abbiamo preparato – vede una sensibilità sempre maggiore da parte delle istituzioni, in quanto viene istituzionalizzato il rapporto tra il Ministero dei beni culturali e il Ministero dell'istruzione, cercando di uscire fuori dalla «visita deportazione», come spesso succede, da parte degli alunni all'interno dei musei, e avendo, invece, un approccio molto più coinvolgente e interattivo nei confronti dei minori che entrano in contatto con il patrimonio artistico.
  Da questo primo documento è scaturita una prima forte collaborazione istituzionale tra il Ministero dei beni culturali e il Ministero dell'istruzione. Si sono succeduti altri importanti percorsi istituzionali, attraverso l'autonomia scolastica e l'inserimento Pag. 4 all'interno del curriculum della scuola dell'infanzia con il decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca del 16 novembre 2012, n. 254. Si tratta, in sostanza, di norme che intendono superare il concetto della visita al museo come un momento distaccato dall'ordinaria attività scolastica, rendendolo sempre più integrato all'interno dei percorsi scolastici.
  Ora, tralasciando il quadro normativo, ci fa piacere portarvi dei buoni esempi internazionali e nazionali di musei che hanno un approccio attrattivo nei confronti dei minori. Non possiamo non citare esperienze internazionali come quelle del Centro Pompidou di Parigi che da più di trent'anni, attraverso la Galleria dei bambini, coordina e progetta attività artistiche specifiche che coinvolgono ragazzini dai 6 a 13 anni e anche bambini più piccoli, a partire dai 2 anni.
  Attraverso varie discipline, workshop, mostre e incontri con gli artisti, l'approccio promuove sempre la creatività da parte dei bambini, che, insieme ai loro genitori, sono incoraggiati a scoprire e sperimentare, in poche parole, a fare insieme, secondo alcune regole utili a sviluppare la loro immaginazione. Questa è una delle esperienze di grosso livello internazionale.
  Abbiamo, poi, il Deutsche Museum di Monaco di Baviera, un museo che gestisce la sua mission cercando il giusto equilibrio tra tradizione e innovazione, e facendo percepire al visitatore di trovarsi in un ambiente familiare. I ragazzi, quindi, vanno lì, passando le giornate, essendo da una sala all'altra; si sentono a loro agio e vivono la giornata in mezzo alle opere d'arte in maniera naturale.
  Il Guggenheim Museum di New York ha attivato il programma «Learning Through Art», un programma di residenza artistica per le scuole elementari, con un'attenzione particolare a una fascia d'età come quella dei minori e dei bambini. Il programma di residenza artistica promuove la creatività degli studenti attraverso dei progetti artistici orientati ai processi che supportano l'apprendimento in aula. Esso prevede la presenza di artisti con esperienza di insegnamento nelle scuole pubbliche dei cinque distretti di New York.
  La cosa significativa è che questo programma era stato fortemente voluto da Natalie Lieberman in risposta all'eliminazione di programmi di arte e musica nelle scuole pubbliche di New York. Quindi, per non perdere il filo e l'occasione di diffondere la passione per l'arte, un museo ha sostituito l'istituzione scuola pubblica ed è diventato il collettore, il diffusore e il mediatore dell'avvicinamento al patrimonio artistico.
  Abbiamo, però, molte buone pratiche anche in Italia, come il MART, il museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, che si caratterizza proprio per aver incontrato all'interno del suo percorso un approccio fortemente formativo. Infatti, è stato creato il Little MART, uno spazio con attività ludicocreative che propongono la partecipazione attiva dei bambini e hanno come soggetto le mostre o le collezioni del MART. Dunque, quello che i grandi trovano nelle sale viene poi riproposto ai più piccoli con gli strumenti adatti alla loro comprensione. Un'altra esperienza interessante del MART è il «Play MART», una colonia diurna che viene proposta per diversi periodi dell'anno.
  Una testimonianza della collaborazione che le istituzioni possono creare sui territori è il progetto «I Like Museo», che è stato promosso dal sistema dei musei e dei beni culturali mantovani. Alcune classi dell'istituto tecnico agrario «Strozzi» ricreano un orto etrusco. Altri studenti di un altro istituto allestiscono la nuova ala del museo. Altri, invece, si occupano della realizzazione e della promozione di una mostra. Ci si avvicina ai giovani anche nei linguaggi, con Facebook e altri strumenti adatti a quelle generazioni.
  Questa iniziativa è frutto della partnership tra la provincia di Mantova, il sistema museale mantovano, in collaborazione con una cooperativa privata, l'Associazione per il Parco, e la Fondazione Cariplo, che insieme hanno dato vita a questo progetto che ripetono annualmente. Ogni anno identificano un museo del sistema mantovano all'interno del quale realizzare questo Pag. 5percorso attivo di rilettura delle collezioni, quindi di vita vissuta di un museo da un punto di vista di fruizione, ma anche di gestione del museo stesso. I ragazzi vengono, dunque, pienamente coinvolti in questo processo.
  Altre iniziative interessanti sono quelle del Palazzo Grassi Teens di Venezia, dove le sette classi delle scuole secondarie che sono state coinvolte nel 2014 hanno realizzato un video usando media diversi e creando le audioguide e i contenuti, cioè producendo materialmente gli strumenti che vengono utilizzati all'interno del museo per fruire, appunto, dei beni culturali.
  Ancora, ci sono esperienze di grossa levatura a Milano, con la Pinacoteca Brera che da trent'anni fa dei progetti molto interessanti di intermediazione culturale. In particolare, per i ragazzi stranieri c'è il progetto «Brera anch'io», con cui vengono stimolati a interpretare le opere d'arte.
  Ci sono, però, buone esperienze anche nel sud Italia. Tra le più nuove c'è un museo del cane, «Foof», aperto da poco a Caserta, che ha un approccio molto educational rispetto al rapporto uomo-cane e che guarda la storia del cane da tutti i punti di vista (artistico, storico e così via). Attualmente c'è una mostra dei cani della Grande Guerra. Tra l'altro, mostra anche il giusto atteggiamento che si deve avere nei confronti del cane, non umanizzandolo.
  Abbiamo, inoltre, il Museo Irpino di Avellino, che negli ultimi dieci anni ha fatto una programmazione molto ampia e diversificata per target di visitatori. Ancora, abbiamo il museo MAD (Museo Archeologico Digitale) di Castel di Iudica a Catania; il progetto «Io amo i beni culturali» dell'Emilia-Romagna.
  Cito questi esempi per darvi una panoramica di un settore molto in fermento e in movimento, con dei musei attenti all'approccio e all'educazione al patrimonio culturale.
  Vorrei aggiungere qualche parola sull'indagine che abbiamo condotto per voi su 20 musei. Questa, infatti, è la situazione complessiva che abbiamo ricavato da un'analisi desk che abbiamo fatto in qualche mese, ma poi abbiamo anche contattato i diversi musei per conoscere la situazione in questo momento. Passo, quindi, la parola alla dottoressa Edvige Bruno.

  EDVIGE BRUNO, responsabile dei servizi educativi European Museum Forum. Come possiamo vedere dalle slide, questa indagine ha previsto un tempo di lavoro che è andato da fine maggio fino all'altro ieri, quindi a inizio ottobre. Siamo partiti cercando di individuare, innanzitutto, il nostro campione di indagine. Ci siamo, quindi, soffermati su 20 musei.
  Si tratta, appunto, di un'indagine preliminare su tipologie diverse. In particolare, sono state toccate sei tipologie di musei, dall'artistico, al composito, al naturalistico, distribuiti omogeneamente sul territorio nazionale. Come potete vedere, sono 7 al nord, 6 al centro e 7 al sud.
  I musei sono i seguenti: il Museo nazionale della scienza e della tecnologia «Leonardo da Vinci» di Milano, tutto il sistema dei musei civici di Genova, la collezione Peggy Guggenheim di Venezia, la GAMEC (Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea) di Bergamo, i musei civici di arte e storia di Brescia, il MAcA (Museo A come Ambiente) e la GAM (Galleria civica d'arte moderna e contemporanea) di Torino, il museo del Balì di Saltara (PU), il Museo tattile statale «Omero» di Ancona, i musei civici di Pistoia, l'archeologico etnologico di Modena, l'Explora di Roma, il MAXXI sempre di Roma, il «Foof» a Caserta, il MAV (Museo Archeologico Virtuale) di Ercolano, lo Science Center di Bagnoli, il museo civico di paleontologia e paletnologia di Maglie, il museo irpino di Avellino, il Museo della fabbrica di Catania e il MADRE (Museo d'Arte contemporanea DonnaREgina) di Napoli.
  Abbiamo somministrato un questionario redatto seguendo criteri molto precisi e scientifici. La metodologia è stata quella di indagare il campione, passando alla raccolta dei dati tramite delle fonti ufficiali, elaborando, appunto, questionari snelli, chiari e molto semplici. In particolare, come potete vedere, si tratta di 20 quesiti semplici, divisi per tre macroaree (organizzazione e programmazione; attività, metodi e strumenti; pubblico e utenti). Pag. 6
  Elaborando i numeri, è emerso che l'85 per cento, quindi una grande parte di questi 20 musei, fanno attività didattiche ed educative con personale specializzato interno. La didattica, quindi, è svolta all'interno stesso dell'ente museale. La percentuale del personale per lo svolgimento delle attività educative e didattiche appartenente a realtà esterne arriva al 35 per cento.
  Stiamo parlando di servizi per lo più a pagamento, ma ciò non vuol dire che la qualità dell'attività educativa si basi o meno sulla gratuità del servizio. Infatti, un buon 60 per cento dei musei indagati offre attività didattica gratuite.
  Riguardo al tipo di servizi didattici, nel 95 per cento dei casi l'indagine ha dichiarato che si tratta per lo più di laboratori e percorsi tematici. Seguono immediatamente le visite guidate. Inoltre, il 60 per cento – quindi più della metà del campione – svolge anche animazioni e teatralizzazione.
  Le tipologie di queste attività laboratoriali sono per lo più di carattere manuale e creativo. Infatti, ben l'85 per cento dei musei sottoposti al questionario hanno risposto in questo modo. Vengono, comunque, toccate tutte le tipologie delle attività laboratoriali, che superano tutte la percentuale media.
  Riguardo alla progettazione, le attività museali sono svolte, in particolar modo, stringendo collaborazioni con le scuole, che restano l'interlocutore privilegiato dei musei. Nel 65 per cento dei casi abbiamo, infatti, un rapporto con gli istituti scolastici.
  Il dato rilevante che emerge dall'indagine è che la realtà della didattica museale è ben sviluppata. Abbiamo, tuttavia, un'offerta che si rivolge a bambini e ragazzi in età scolare, per lo più tra i 6 e gli 11 anni, anche se resta alta la percentuale dei servizi che fanno riferimento all'infanzia, quindi dai 3 ai 6 anni.
  Dopo l'indagine preliminare si passa a presentare delle proposte e delle raccomandazioni. Questa è una parte a cura di Silvia Mascheroni, coordinatrice della Commissione tematica educazione e mediazione di ICOM Italia.
  Per quanto riguarda i destinatari a cui dobbiamo rivolgere il servizio museale, Silvia Mascheroni sostiene che è indispensabile una conoscenza affinata e aggiornata dei pubblici. Inoltre, come sembra ovvio, bisogna prestare attenzione specifica ai bisogni e alle attese dei diversi target. È vero, infatti, che stiamo parlando della fascia degli under 18, ma quando ci apportiamo ai musei, questo comporta un'ulteriore classificazione, che abbiamo fatto, dall'età dell'infanzia fino ai 5 anni, dai 6 ai 10 e dagli 11 ai 17 anni. Per quanto riguarda il museo, si fa, dunque, riferimento a tre offerte ben distinte e ragionate.
  I destinatari devono essere direttamente coinvolti nei confronti dei gruppi familiari. La responsabilità delle istituzioni deve essere quella di instaurare una progettazione partecipata e condivisa. Quindi, ben venga il rapporto tra musei e scuole, ma deve essere, appunto, condiviso. Molto spesso succede, invece, che gli insegnanti non condividono le proprie esperienze con i musei, per cui questa è una proposta da prendere in considerazione.
  Inoltre, come ha detto la dottoressa Pucci, esiste il piano dell'alternanza scuola-lavoro, ma non tutti lo mettono in pratica, per cui bisognerebbe promuoverlo e potenziarlo.
  Dalla parte dei musei ci sono i professionisti dell'educazione. Si tratta di educatori museali e mediatori dei patrimoni, ma ci sono anche gli insegnanti. Quindi, bisogna predisporre dei percorsi formativi da condividere – ripeto – mettendo in sinergia la professionalità degli insegnanti con quella degli educatori didattici. In più, un'altra raccomandazione è quella di inserire l'insegnamento di educazione museale nei corsi di laurea di tipo scientifico, non soltanto in quelli umanistici, anche perché molti musei sono scientifici, ovvero naturalistici e non solo storico-artistici.
  Abbiamo scritto in tre punti cosa fare, anche se è difficile. Si tratta, innanzitutto, di mettere in atto azioni differenziate per obiettivi e modalità di svolgimento, predisponendo percorsi, attività, linguaggi e sussidi aggiornati e pertinenti. Inoltre, è necessario un approccio e una prospettiva Pag. 7della tutela attiva, mettendo in sinergia e in risonanza le esigenze dei patrimoni con i giovani cittadini, realizzando prodotti spendibili e azioni utili. Infine, ma non ultimo, occorre mettere in atto una comunicazione attenta e diffusa.
  Vi ringraziamo molto per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie a voi. Avremo cura di distribuire il vostro fascicolo. Se poteste inviarcelo anche su supporto informatico, sarebbe meglio.
  Do ora la parola alla dottoressa Ilaria Bonuccelli.

  ILARIA BONUCCELLI, Giornalista e scrittrice. Buonasera a tutti. Vorrei iniziare presentandomi, visto che non ci conosciamo. Sono una giornalista, quindi per me è molto difficile essere da questa parte della barricata, per cui vorrei spiegare perché mi trovo a fare un'audizione.
  L'interesse per l'infanzia è nato negli ultimi tre anni. Infatti, tre anni fa mi sono proposta con il mio direttore e con il mio editore di fare una campagna su alcol e minori. Dopodiché, i giornali hanno scoperto che in Italia non esisteva ancora una legge che vietasse la vendita di alcol ai minori, ma soltanto la somministrazione, quindi abbiamo fatto la campagna e attraverso il decreto Balduzzi (convertito in legge, n. 189/2012) siamo riusciti a fare approvare questa norma. Da qui è nato un interesse molto forte per i minori.
  L'anno scorso, sempre per motivi professionali, ho seguito la nave Concordia, di cui voi tutti sapete, nel suo viaggio in mare. In sostanza, l'ho accompagnata materialmente dalla Toscana, cioè dall'isola del Giglio, a Genova, quando tutto il mondo stava con il fiato sospeso per capire se sarebbe o meno affondata nei quattro giorni di navigazione.
  Questo mi ha dato la possibilità di scoprire, in vecchiaia, la bellezza del santuario dei cetacei. Tutti noi conosciamo i delfini, le balene e quant'altro, ma in realtà non sappiamo quanto di bello abbiano. Durante questi quattro giorni di navigazione, sono stata sveglia notte e giorno. Grazie a Greenpeace e a diverse associazioni, ma soprattutto grazie ai marinai che ci hanno guidato in questo viaggio, ho scoperto quello che chiamiamo semplicemente «Santuario dei cetacei», che in realtà è un parco marino di 25 milioni di ettari di mare tra l'Italia, il Principato di Monaco e parte della Francia, anche se è in gran parte nel nostro territorio.
  Il santuario non è abitato soltanto da delfini, ma da una vasta gamma di animali. Parlando come davanti a un caminetto, anche se eravamo davanti a un timone e sotto un cielo stellato, ho scoperto delle storie bellissime. Avendo dei nipoti, ho pensato che sarebbe stato davvero bello che i bambini le conoscessero, insieme a questo nostro patrimonio. Si tratta di storie anche banali, come l'esistenza di un uccello che si chiama berta, del quale non avevo mai sentito parlare in tantissimi anni di scuola e di professione. È un uccello che fa il nido sottoterra e che ha delle storie bellissime, compreso come nutre i suoi piccoli e così via.
  Allora, ho pensato di provare a raccontarle e soprattutto di provare a far scoprire questo nostro patrimonio ai bambini. Ovviamente, siccome credo che ciascuno di noi parta dalle proprie esperienze personali, volevo raccontare una storia che facesse capire che quello che abbiamo nel mare non sono soltanto i tesori che si trovano nei forzieri, ma qualcosa di molto più importante.
  Questa possibilità è venuta da un'altra esperienza che ho vissuto e che, purtroppo, appartiene alla nostra storia, ovvero la vicenda di Sant'Anna di Stazzema. Infatti, ho vissuto il processo accanto a persone che per 60 anni si sono portate dietro ricordi personali che hanno spesso cozzato con la memoria ufficiale, che ha sempre raccontato che non esistevano le stragi di guerra e gli eccidi, almeno in alcuni posti, fino, appunto, ai processi, che, come sappiamo, da un punto di vista giuridico hanno avuto un valore relativo, mentre sul piano storico sono stati importanti.
  In ogni caso, ho deciso di mettere insieme tutti questi elementi, provando a realizzare un libro che consentisse ai bambini, dai più piccoli, ovvero dalle scuole Pag. 8materne in avanti, di cominciare a conoscere e fruire del nostro patrimonio culturale, da un senso ambientale fino a quello storico. Ne è venuto fuori un libro che ha cominciato a conquistare, anche con mia grande meraviglia, le scuole, con le quali abbiamo iniziato un percorso molto importante in tutta Italia.
  A questo proposito, mi permetto di fornire ancora un dato. Quando parliamo di questi 25 milioni di ettari di ambiente marino, in realtà parliamo di 33.000 stenelle, di balenottere e così via. Se leggiamo i giornali o guardiamo i siti internet, scopriamo che negli ultimi anni ci sono state delle stragi terribili di questi animali. I dati di Greenpeace ci dicono che oggi, purtroppo, non abbiamo nemmeno un quarto degli animali censiti nel 2008 nel santuario dei cetacei.
  Ad ogni modo, da questo che doveva essere un progetto di valorizzazione del nostro patrimonio culturale e ambientale sta venendo fuori un altro problema terrificante, ovvero la perdita completa della conoscenza dell'italiano scritto.
  Nella presentazione che stiamo portando avanti con l'Osservatorio regionale dei cetacei e con le scuole, abbiamo deciso di chiedere ai bambini di partecipare attivamente alla presentazione del libro. Infatti, visto che il libro racconta la storia di un delfino e di diversi altri pesciolini e che l'espediente narrativo parla di un delfino che è un cacciatore di tesori – ci vuole un elemento di narrazione che incuriosisca a seguire e ad appassionarsi anche alla parte ambientale – chiediamo ai bambini che non sanno ancora scrivere di disegnare e agli altri di scrivere qual è il tesoro, ovvero la cosa e il ricordo più importante che non vorrebbero mai perdere e che, se per caso lo perdessero, vorrebbero che un delfino magico come quello della nostra storia fosse in grado di recuperare.
  Da qui arriviamo alla biblioteca dei ricordi, che è l'altro aspetto del progetto. Scopriamo l'esistenza di bambini con una straordinaria capacità di pensiero e di elaborazione del pensiero. Se permettete, vi leggo uno dei pensieri che ho scelto. Tra l'altro, vi ho portato diversi elaborati che hanno fatto e che stiamo raccogliendo perché stiamo preparando una mostra per far vedere cosa sono in grado di produrre, ma anche qual è il livello di degrado della lingua.
  Il lavoro è itinerante, quindi siamo andati a Genova e a Napoli, poi verremo a Roma, a Pescara, in Toscana. Andremo ovunque, proprio per confrontare le diverse realtà.
  In ogni modo, prendo l'esempio di una bambina di Genova di una terza elementare, quindi dal punto di vista della capacità grammaticale siamo già a più della metà del percorso. Il pensiero elaborato è straordinario perché questa bambina scrive: «Il ricordo che non vorrei mai perdere è quando ho incontrato mio papà. Io da piccola, appena nata, non avevo mai conosciuto mio papà. L'ho conosciuto il 29 di aprile e io ero felicissima».
  Ecco, da un libro, che non è niente, riusciamo a far tirar fuori a una bimba un pensiero così importante. Dal punto di vista dell'elaborazione è veramente forte. Il problema è che in questa frase abbiamo «appena» scritto con una sola «p»; «ho» voce del verbo avere scritto senza «h» tutte le volte, quindi non è una dimenticanza. Nei vari testi queste sgrammaticature e questi errori si ripetono costantemente.
  Tra l'altro, il dato che abbiamo osservato è che gli errori di grammatica sono molto più frequenti nei bambini nati in famiglie italiane che non in quelli nati in famiglie miste o di genitori stranieri perché, probabilmente, in queste ultime la paura di non apprendere la lingua è tale che c'è più impegno. Questo è un problema veramente sentito. Non a caso, abbiamo provato ad andare oltre, innestando un progetto di multimedialità che doveva nascere soltanto come presentazione di una parte importante del nostro patrimonio ambientale.
  Abbiamo aperto un sito nel quale offriamo ai bambini e ai genitori – ovviamente, sappiamo tutti quali sono i rischi dell'accesso indiscriminato alla rete – la possibilità di mandare i loro messaggi nel baule dei tesori di questo delfino, in modo Pag. 9da poter monitorare anche quale sia il livello di qualità di scrittura attraverso la rete.
  Abbiamo, però, fatto anche di più. Insieme all'Osservatorio regionale dei cetacei della Toscana abbiamo aperto, oltre all'indirizzo di posta elettronica del baule del delfino, un altro indirizzo di posta elettronica dedicato al Santuario dei cetacei, dove i bambini possono scrivere e presentare domande espressamente sul Santuario dei delfini e del cetacei, chiedendo tutto quello che vogliono, da domande banali e particolarissime, come se i delfini mangiano il gelato, dove vanno a dormire, come respirano, se hanno il naso e così via. Ci sono, ovviamente, dei biologi marini che sono in grado di dare delle risposte pertinenti.
  Anche questo è un modo per avvicinarli di nuovo alla lingua e al patrimonio ambientale senza spaventarli o annoiarli con il concerto della grammatica. Questo, però, è fondamentale perché stiamo perdendo l'uso della lingua. La vostra è la Commissione infanzia, quindi sicuramente avete sentito la notizia di poche settimane fa che in Francia, nelle scuole dalle elementari in avanti, è stato reintrodotto l'obbligo del dettato come compito quotidiano perché anche lì si sono accorti che c'è una perdita costante del rapporto con la lingua scritta. Peraltro, questo è anche facilitata, purtroppo, dall'utilizzo dei social, che da una parte agevolano la comunicazione, ma dall'altra la semplificano in maniera estrema.
  Vorrei dire un'ultima cosa. Abbiamo visto che questo sistema per avvicinare i bambini alla cultura è utilizzabile in tantissimi campi. Avendo utilizzato lo stratagemma del ricordo e della memoria, anche se in maniera molto particolare – cioè contrapponendo il ricordo personale come elemento di grande importanza, alla memoria ufficiale, spesso elemento di mascheramento della verità – abbiamo portato e avvicinato i bambini anche ad un'altra parte importante del nostro patrimonio culturale che in Toscana sentiamo moltissimo. Mi riferisco all'opera lirica. Noi non abbiamo Verdi, ma Giacomo Puccini (consentitemi un po' di campanilismo).
  Ci siamo accorti che raccontando per storie questi grandissimi personaggi, abbinandoli alle storie del delfino, del bambino che è amico del delfino e così via, l'avvicinamento alla musica e a questi grandi personaggi è molto più facile di quello che potrebbe sembrare.
  Parlare di Giacomo Puccini non solo come il noioso compositore di Madama Butterfly o di Turandot, ma anche come il signore con i baffi che quando provava l'opera americana Fanciulla del West batteva il tempo sulla coscia fumando il sigaro, con i nonni degli attuali nonni che si nascondevano sotto le seggioline del teatro perché non avevano i soldi per andare ad ascoltare questa musica nuova e moderna, incuriosisce molto i bambini e li avvicina ad una musica che oggi considerano datata. Se parliamo di Turandot come la prima opera che ha fatto dell'hip-hop i bimbi restano strabiliati. Quindi ci siamo accorti che spesso siamo noi che non siamo in grado di parlare e di introdurre i bambini alla cultura.
  Devo dire che in questa esperienza, in questo viaggio che sto facendo attraverso l'infanzia, sto avendo delle lezioni quotidiane, nonostante il brutto aspetto con il quale mi sto misurando della non conoscenza e della misconoscenza della lingua.
  Vorrei chiudere con una battuta per farci una risata insieme. In uno di questi incontri, ad un ragazzino di 9 anni è toccata una sedia importante, quindi mi ha detto: «Ma questa è la sedia di un politico?», io ho risposto di sì. Allora ha detto: «Sai, quando ero piccolo ero incerto se fare il politico o l'assassino. Poi ho scelto: meglio l'assassino!». È ancora alle scuole elementari, quindi ha ancora tempo per cambiare idea.
  Vi ringrazio moltissimo per la vostra attenzione.

  PRESIDENTE. Direi che la mamma si dovrebbe preoccupare. Scherzi a parte, vi ringrazio. C'è spazio per un intervento, anche se alle 15 dobbiamo chiudere, ma prima dobbiamo fare qualche minuto di Ufficio di presidenza perché ho una scadenza. Pag. 10
  Credo che Antimo Cesaro, che è il collega che ha richiesto quest'indagine conoscitiva che ora volge al termine, possa essere la persona deputata a concludere.

  ANTIMO CESARO. Non faccio domande perché non abbiamo tempo. Mi limito a qualche osservazione conclusiva. Innanzitutto, esprimo un ringraziamento ai nostri ospiti che, con una prospettiva diversa, ci hanno fatto appassionare a questa nostra indagine conoscitiva. Abbiamo conosciuto tante buone pratiche, estere e italiane, attraverso la relazione della dottoressa Pucci.
  Conosco il suo impegno personale sul territorio campano per la promozione del nostro patrimonio storico-artistico. Mi è piaciuto molto il concetto di tutela attiva che farò anche mio, e che credo rispecchi profondamente l'articolo 9 della nostra Costituzione perché, non a caso, i padri costituenti hanno inserito, nel primo comma, la promozione della cultura e solo nel secondo comma, in maniera ancillare, il tema della tutela.
  Dovremmo, quindi, pensare ai nostri musei – questo è il senso della nostra indagine – come il luogo non della memoria, bensì della partecipazione attiva, in cui i ragazzi devono essere coinvolti. Il coinvolgimento può avvenire anche attraverso queste forme ludiche ed esperienziali, che tra l'altro abbiamo visto presenti in molte nostre realtà museali. È stato ricordato il MART o l'esperienza di Mantova, non ultima quella irpina.
  Come nota a margine, direi che, accanto alle nuove forme didattiche e alle invenzioni che possiamo immaginare per risultare simpatici ai nostri ragazzi, deve essere recuperato anche il senso tradizionale della scuola attraverso l'esercizio e l'impegno, altrimenti rischiamo di vivere in un mondo della globalizzazione, del social e della simpatia a tutti i costi, per poi scoprire, come in Francia, che il ragazzo non sa fare più il dettato o coniugare i verbi.
  Pertanto, mi farò promotore di una proposta di legge molto simpatica, sperando di poter reintrodurre la prova di alfabetizzazione per chi intraprende la carriera politica a tutti i livelli, che una volta era prevista a partire dal consiglio comunale fino ad arrivare ai massimi vertici. Ne scopriremmo delle belle, se introducessimo questa piccola legge per chi, come il bambino, ha il dubbio se fare l'assassinio o il politico.
  Insomma, credo che la cultura redima e salvi. Se ci impegniamo in questa indagine conoscitiva è perché abbiamo una visione del nostro bel Paese che passa anche attraverso la valorizzazione della straordinaria creatività dei nostri ragazzi, che hanno il pregio di vivere nel Paese che conserva in percentuale altissima le vestigia delle bellezze del mondo. Non ci rendiamo conto, però, che questo è il tema su cui insistere.
  Credo che con le audizioni di oggi si sia conclusa la nostra indagine conoscitiva, per lo meno nell'ascolto. Ci sarà una fase di elaborazione e poi di presentazione dei risultati. Spero che anche attraverso l'ICOM si possa stabilire una sinergia in maniera da rendere evidenti i risultati della nostra indagine non solo con la conoscenza, ma anche con un impegno comune affinché le lacune che abbiamo scoperto o le potenzialità che abbiamo ipotizzato si trasformino in concretezza. Questo è il senso dell'impegno istituzionale e dell'indagine conoscitiva che abbiamo voluto promuovere. Mi fermo ai ringraziamenti e a queste riflessioni a margine.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio della partecipazione e del contributo. Dichiaro conclusa la seduta.

  La seduta termina alle 15.40.

ALLEGATO 1

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ALLEGATO 2

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