Sulla pubblicità dei lavori:
Zampa Sandra , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULLA POVERTÀ E IL DISAGIO MINORILE
Audizione del sottosegretario al lavoro e alle politiche sociali, on. Franca Biondelli.
Zampa Sandra , Presidente ... 3
Biondelli Franca (PD) , sottosegretario al lavoro e alle politiche sociali ... 3
Zampa Sandra , Presidente ... 12
Mattesini Donella ... 12
Zampa Sandra , Presidente ... 14
Giordano Silvia (M5S) ... 14
Zampa Sandra , Presidente ... 15
PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE SANDRA ZAMPA
La seduta comincia alle 14.30.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che se non vi sono obiezioni la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione del sottosegretario al lavoro e alle politiche sociali, on. Franca Biondelli.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla povertà e il disagio minorile, l'audizione del sottosegretario al lavoro e alle politiche sociali, on. Franca Biondelli. Comincerei tempestivamente quest'audizione, in modo da dare poi a tutti la possibilità di ottemperare ad eventuali impegni successivi, a cominciare dal nostro gentile sottosegretario.
Accompagnano il sottosegretario il dottor Raffaele Tangorra, direttore generale per l'inclusione e le politiche sociali del Ministero del lavoro, che peraltro abbiamo di recente incontrato a Bari in occasione del Forum nazionale sull'infanzia, e il dottor Claudio Teruggi, capo della segreteria del sottosegretario. Do subito la parola al sottosegretario Biondelli.
FRANCA BIONDELLI, sottosegretario al lavoro e alle politiche sociali. Grazie, presidente. Buongiorno a tutti i colleghi presenti. Ringrazio coloro che sono qui con me, il dottor Tangorra e i funzionari di questa Commissione. Le deleghe alla sottoscritta sono state assegnate da circa un mese, quindi mi è stato molto d'aiuto il dottor Tangorra, così come lo siete stati anche voi parlamentari, che avete cominciato a fornirmi indirizzi e suggerimenti molto importanti. Ho portato con me una relazione corposa, che vi lascerò e sulla quale potremo poi confrontarci, magari, nel corso di un'altra seduta, mentre ora vi illustrerò una sintesi.
I fattori fondamentali per la povertà minorile sono la povertà economica e la condizione sociale delle famiglie in cui vivono i bambini. Se andiamo a vedere chi sono i bambini in povertà oggi in Italia, osserviamo che sono prevalentemente quelli che vivono in famiglie numerose, oppure in nuclei monogenitoriali, composti cioè da un solo genitore, oppure quelli che sono di origine straniera o che hanno genitori molto giovani, che magari non sono riusciti ad entrare nel mondo del lavoro.
Oltre al fattore economico, c’è anche un fattore territoriale. Andando a vedere, anche geograficamente, dove sono collocati questi bambini, vediamo che si trovano soprattutto nelle regioni meridionali. Il territorio incide moltissimo anche sulle condizioni di povertà, perché se un bambino ha una famiglia povera alle spalle, ma ha la possibilità, per esempio, di andare ad un asilo nido, una scuola a tempo pieno o alla mensa della scuola, egli ha l'opportunità di vivere comunque un'infanzia sicuramente diversa di chi, a parità di reddito, non ha questo tipo di servizi e Pag. 4di occasioni disponibili. In qualche modo, quella che pesa sui bambini è una doppia povertà: quella delle proprie famiglie di origine e quella del contesto dei servizi del territorio in cui si trovano a vivere.
Sono 27 milioni i bambini a rischio povertà ed esclusione sociale in Europa. Questo numero è cresciuto di mezzo milione soltanto dal 2011 al 2012. Si tratta di una fetta di popolazione al di sotto dei 18 anni, estesa a tutte le nazioni. In Italia gli indicatori di povertà risultano più elevati nel caso in cui nella famiglia sia presente almeno un minore. La percentuale dei minori a rischio povertà o esclusione raggiunge il 33,8 per cento.
Facendo riferimento alla povertà relativa, l'incidenza è pari, nel 2012, al 12,7 per cento per il complesso delle famiglie e raggiunge il 18,3 per cento nelle famiglie con minori, con punte del 33,9 per cento nel Mezzogiorno. Nel caso della povertà assoluta, dal 6,8 per cento del dato generale si arriva fino all'8,9 per cento nelle famiglie con minori.
Il confronto con il 2011 mette in evidenza come siano proprio le famiglie con minori ad avere subìto più pesantemente gli effetti della crisi economica. Le condizioni abitative inadeguate o economicamente insostenibili sono uno degli aspetti più rilevanti della povertà e dell'esclusione sociale. I genitori non riescono più a dare ai loro figli la possibilità di partecipare ad attività culturali formative e ricreative con i loro coetanei, con una conseguente perdita anche di stimoli culturali.
Il livello di istruzione delle famiglie gioca un ruolo determinante sulle condizioni di povertà dei minori. La percentuale di minori a rischio povertà ed esclusione riguarda i figli di genitori con bassa istruzione ed è del 61 per cento nei Paesi europei, mentre quelli in cui la formazione è alta scende fino allo 0,5 per cento. Questo dato potrebbe aumentare, visto che il 13 per cento degli adolescenti nati da genitori con scarsa educazione abbandona anche la scuola dopo quella secondaria di primo grado e non partecipa più ad alcun percorso formativo o educativo.
La diseguaglianza è causa e conseguenza della povertà. In Italia la crisi economico-finanziaria iniziata nel 2008 e ancora attuale incide sulla povertà minorile in maniera impressionante. Dai dati dell'ISTAT relativi al 2013 comprendiamo che il numero di minori in povertà assoluta – parliamo di quella condizione in cui non c’è l'essenziale per vivere una vita quotidiana – nel corso di un anno è cresciuto di 300.000 unità.
C’è stata, dunque, un’escalation nel numero dei bambini in povertà in Italia e, nel confronto europeo, il nostro è uno dei Paesi in cui la crisi ha colpito maggiormente proprio i bambini rispetto ad altre fasce di età. Il mondo dei minori è, quindi, quello ad avere la maggior sofferenza legata alla crisi.
Gli interventi promossi in questi anni dal dipartimento per le politiche della famiglia a favore dello sviluppo dei servizi per la prima infanzia, vanno nella direzione di sostenere le famiglie in particolare nel difficile equilibrio tra vita e lavoro. Il piano straordinario per lo sviluppo dei servizi per la prima infanzia, che è stato avviato nel 2007, e le successive intese, grazie a un finanziamento statale di oltre 616 milioni, hanno permesso la realizzazione di oltre 55.000 posti nei servizi socio-educativi per la prima infanzia, contribuendo a diffondere un servizio, quello del nido d'infanzia, che rappresenta uno degli strumenti più richiesti per realizzare efficaci politiche di conciliazione.
Nonostante questo impegno, rimangono criticità degne di attenzione. Ancora oggi i tassi di accoglienza dei nidi e dei servizi integrativi per la prima infanzia rimangono bassi, al 19,7 per cento, con l'eccezione di alcune regioni del Centro-Nord: l'Emilia-Romagna, l'Umbria e la Toscana raggiungono rispettivamente tassi di accoglienza pari al 33,5, al 33,4 e al 31,1 per cento, mentre regioni come la Sicilia, la Calabria e l'Abruzzo registrano rispettivamente tassi di accoglienza pari al 5,1, 6,1 e 8,3 per cento.
Queste criticità evidenziano la necessità che non venga meno, ma anzi si confermi e si consolidi, un intervento da parte del Pag. 5Governo a sostegno di servizi fondamentali. Così, peraltro, li qualifica il disegno di riforma federalista. Questo non solo per i bambini, ma anche per lo sviluppo sociale del nostro Paese.
Gli effetti del piano sono stati monitorati fin dall'inizio, il che ha permesso di sviluppare un quadro conoscitivo molto ampio e approfondito su tutti i territori. Il costante impegno del Governo a rafforzare le politiche a favore dello sviluppo di tale servizio ha costituito un impulso importante per tutti gli attori del sistema e ha permesso di mantenere alto il livello di attenzione sul settore e di sviluppare virtuose sinergie.
I dati e le riflessioni proposti evidenziano alcuni nodi critici per lo sviluppo del sistema integrato. Il primo riguarda la dimensione quantitativa dell'offerta, ancora lontana dalla domanda, soprattutto nei territori del Sud, il secondo i costi di gestione e la loro sostenibilità.
L'ultimo aspetto critico riguarda l'integrazione del sistema e la relativa governance, un'integrazione che deve essere declinata a vari livelli: integrazione tra pubblico e privato, tra nidi tradizionali e servizi integrativi, tra Nord e Sud, tra Stato, regioni e comuni, tra sociale ed educativo, tra obiettivi di conciliazione e diritti dei bambini. Quella dello sviluppo di un sistema integrato dei servizi per la prima infanzia è una grande sfida e richiede una governance multilivello, fondata su basi conoscitive solide e aggiornate.
Le conclusioni raggiunte attraverso questi momenti di riflessione e di approfondimento potrebbero costituire il punto di partenza per affrontare un problema importante, che riguarda la qualità dei servizi educativi per la prima infanzia, in quanto tale tema è da tempo centrale nelle riflessioni svolte sulle molteplici esperienze in corso. Esso costituisce un argomento di riflessione e di impegno che coinvolge Istituzioni diverse a livello europeo, nazionale, regionale e poi locale, poiché rappresenta una questione di interesse pubblico. La domanda di qualità che le società e gli utenti rivolgono a chi gestisce servizi educativi per la prima infanzia pone questioni di natura etica, politica e gestionale.
Veniamo ai piani di azione per la coesione. Nel 2011 l'azione del Governo nazionale è stata fortemente indirizzata, da un lato, verso l'individuazione di settori sui quali imperniare iniziative significative per lo sviluppo socio-economico delle aree del Paese in maggior ritardo di sviluppo, dall'altro, all'identificazione di misure concordate con la Commissione europea e di uno stretto accordo con le amministrazioni centrali e locali.
Su tale base il Ministro per la coesione territoriale ha elaborato il piano d'azione per la coesione (PAC) quale strumento di riprogrammazione dei programmi nazionali e regionali cofinanziati da fondi strutturali, sia Fondo europeo di sviluppo regionale, sia Fondi sociali europei relativi all'attuale periodo di programmazione 2007-2013.
Le priorità confluite nel PAC a partire dalla seconda riprogrammazione ci vedono destinatari di risorse complessivamente pari a 730 milioni di euro per interventi a beneficio delle regioni dell'obiettivo convergenza, la Puglia, la Campania, la Sicilia e la Calabria, per due obiettivi specifici: potenziare i servizi di cura per gli anziani, con specifico riferimento all'offerta ADI (330 milioni di euro), e potenziare i servizi di cura e socio-educativi anche per l'infanzia, con specifico riferimento agli asili nido e ai servizi innovativi integrativi per la prima infanzia (400 milioni di euro).
Passo alle nuove misure previste dalla legge di stabilità n. 147 del 2013 (Fondo per i nuovi nati). La norma relativa al Fondo nuovi nati (legge 27 dicembre 2013, n. 147, legge di stabilità) ha soppresso, con effetto dal 1o gennaio 2014, il Fondo per il credito per i nuovi nati, istituito con il decreto legge 29 novembre 2008, n. 185 e convertito con modificazioni nella legge 28 gennaio 2009, n. 2, e introduce, per il 2014, una concreta misura di sostegno in favore dei bambini, nati o adottati, appartenenti a famiglie residenti bisognose attraverso una modifica sostanziale delle Pag. 6finalità e delle modalità di funzionamento del Fondo di credito per i nuovi nati.
Il nuovo Fondo vuole essere, in modo specifico, destinato a famiglie bisognose e costituisce, in tal modo, un'effettiva azione di politica in favore delle famiglie. I criteri e le modalità per l'erogazione del beneficio sono definiti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.
Il beneficio potrà essere erogato, alla nascita o all'adozione di un figlio, a famiglie con reddito inferiore a una soglia determinata. La misura è, dunque, tendenzialmente di tipo universalistico, ma potrà essere accompagnata dall'introduzione di requisiti che tengano conto della platea dei beneficiari in considerazione delle risorse stanziate.
In sede di prima attuazione del fondo di cui al presente articolo confluiscono sia le risorse del Fondo di credito per i nuovi nati disponibili alla data di entrata in vigore della legge, sia i finanziamenti individuati nella somma di 5,750 milioni di euro a valere sulla disponibilità di bilancio del dipartimento per le politiche della famiglia.
Ci sono, poi, gli interventi promossi e realizzati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla sperimentazione della nuova carta acquisti, la social card. Il 3 maggio 2013 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 102 il decreto interministeriale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, che avvia la sperimentazione della nuova carta acquisti introdotta dal decreto «semplifica Italia». Attualmente, la sperimentazione della nuova social card è stata avviata in 12 città italiane di maggiori dimensioni individuate dalla legge (Milano, Torino, Verona, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Catania e Palermo) e avrà durata di un anno.
Obiettivo del programma è la lotta alla povertà minorile a partire dalle famiglie più marginali rispetto al mercato del lavoro e l'acquisizione degli elementi necessari di valutazione della possibile generalizzazione della nuova social card sperimentale come strumento di contrasto alla povertà assoluta.
Il beneficio sarà calcolato sulla base della numerosità del nucleo familiare e sarà notevolmente superiore a quello previsto dalla social card ordinaria (la vecchia social card) di 40 euro mensili, potendo arrivare a un importo mensile di circa 400 euro per le famiglie con 5 o più componenti.
I nuclei familiari richiedenti al momento della richiesta del beneficio dovranno avere le seguenti caratteristiche: presenza di almeno un minore, condizioni economiche di estremo disagio, ISEE (Indicatore della situazione economica equivalente) molto basso, cioè non superiore ai 3.000 euro (il che è un po’ critico, se devo essere sincera), sostanziale assenza di patrimonio, abitazione di proprietà economica, auto non nuova e comunque di bassa cilindrata, perdita del lavoro nel periodo recente o bassa intensità di lavoro dei componenti del nucleo.
La precedenza per l'accesso a questa sperimentazione, a parità di altre condizioni, viene data ai nuclei familiari che si trovano in condizioni di disagio abitativo, a quelli composti esclusivamente da genitore solo e figli minorenni e ai nuclei familiari con tre o più figli minorenni, ovvero con due figli e in attesa di un terzo figlio, e ai nuclei familiari con uno o più figli minorenni con disabilità. Se si hanno due figli minorenni, si ha, dunque la priorità.
L'erogazione del sussidio si associa alla predisposizione di misure attive di reinserimento lavorativo e di inclusione sociale. La concessione della carta al beneficiario sarà, infatti, condizionata alla sottoscrizione di un progetto personalizzato di intervento dal carattere multidimensionale predisposto dai servizi sociali del comune in rete con i servizi per l'impiego, con i servizi sanitari, con le scuole, nonché con soggetti privati attivi nell'ambito degli interventi di contrasto alla povertà, con particolare riferimento agli enti no-profit.
I progetti dovranno riguardare adulti e bambini e prevedere specifici impegni in Pag. 7termini di contatti con i servizi, ricerca attiva di lavoro, adesione a progetti di formazione, frequenza e impegno scolastico, prevenzione e cura volti alla tutela della salute.
La sperimentazione sarà oggetto di valutazione da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali al fine di accertare l'efficacia dell'integrazione del sussidio economico con servizi a sostegno dell'inclusione attiva nel favorire il superamento della condizione di bisogno. Pertanto, la sperimentazione si pone quale misura di sostegno alle persone in grave difficoltà economica, in particolare alle famiglie con i minori, rivolta anche a contrastare l'abbandono scolastico.
Al fianco della nuova carta acquisti continuerà a essere distribuita la vecchia carta acquisti del 2008, concessa agli anziani di età superiore o uguale ai 65 anni e ai bambini di età inferiore ai 3 anni in possesso dei requisiti previsti dalla normativa.
A tal proposito si rappresenta che la legge di stabilità 2014 prevede, come già stabilito per la nuova carta acquisti, l'estensione della possibilità di accesso alla vecchia carta acquisti ai cittadini comunitari, ovvero ai familiari di cittadini italiani o comunitari non aventi la cittadinanza di uno Stato membro che siano titolari del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero ai cittadini stranieri in possesso di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.
Inoltre, la legge prevede l'incremento del fondo destinato al finanziamento della vecchia carta acquisti per l'anno 2014 di circa 250 milioni di euro. A favore delle famiglie con minori va la riforma dell'ISEE, l'Indicatore della situazione economica equivalente, che consente ai cittadini di accedere a condizioni agevolate alle prestazioni sociali o ai servizi di pubblica utilità stabiliti dal decreto firmato il 3 dicembre 2013 dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il quale sono state riviste le modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'ISEE, che però viene prolungato fino a ottobre o novembre, proprio perché ci sono state le elezioni e, quindi, l'insediamento di nuovi comuni. Ci sono stati, quindi, dei ritardi per il nuovo ISEE.
Secondo quanto stabilito dall'articolo 5 della legge 22 dicembre 2011, n. 214, nella determinazione dei parametri della scala di equivalenza del nuovo ISEE, al fine di ottemperare al dettato normativo di trattare con maggior favore le famiglie con figli e minori, è stata introdotta una serie di maggiorazioni per la determinazione della scala di equivalenza, il parametro al quale viene rapportato l'indicatore della situazione economica grazie al quale per il nucleo con tre o più figli minori sarà calcolato un ISEE più basso.
Inoltre, sempre in presenza di figli, sono previste delle franchigie più generose per il calcolo del valore del patrimonio mobiliare e immobiliare del richiedente ISEE e, per tener conto in modo più appropriato dei costi dell'abitare, l'importo massimo della spesa effettivamente sostenuta per l'affitto registrato che può essere portato in deduzione è stato incrementato di euro 500 per ogni figlio convivente successivo al secondo.
Parliamo ora del FEAD, il programma operativo per la fornitura di prodotti alimentari e assistenza materiale di base. Nel contesto di un generale aumento delle persone in condizioni di povertà o di inclusione sociale, la deprivazione materiale severa assume in Italia connotati allarmanti anche in riferimento all'accesso ai beni primari, come quelli alimentari. Credo che proprio la Caritas sia stata una delle prime, insieme ad altre associazioni, a segnalare difficoltà enormi anche a distribuire il cibo, cosa che avviene non sempre regolarmente ma anche a giorni alterni.
Il programma operativo si propone di trattare le seguenti tipologie di deprivazione materiale: povertà alimentare, deprivazione materiale scolastica, deprivazione educativa e sociale dei minori in zone deprivate senza dimora e in povertà estrema, bisogni specifici di bambini materialmente deprivati e altre persone fragili.Pag. 8
Con riferimento alla povertà alimentare, la distribuzione avverrà in modo capillare nell'ambito dell'intero territorio nazionale attraverso organizzazioni partner incaricate di distribuire i beni alimentari, direttamente o attraverso altre organizzazioni diffuse sul territorio.
Con riferimento alla deprivazione materiale scolastica, l'intervento è rivolto ai bambini delle famiglie beneficiarie della misura Sostegno per l'inclusione attiva (SIA) e prevede l'erogazione di materiale scolastico selezionabile in modo individuale.
Un terzo campo di intervento è quello della deprivazione educativa e sociale dei minori in zone deprivate. L'intervento è rivolto ai bambini che vivono in aree territoriali socialmente ed economicamente più degradate ed è volto a consentire l'apertura pomeridiana delle scuole, nonché a contrastare la povertà alimentare dei bambini attraverso l'apertura di mense scolastiche.
L'alimentazione a scuola è un fattore cruciale per lo sviluppo fisico, l'apprendimento cognitivo e la socialità, ed acquisisce un valore fondamentale in un momento in cui la crisi diminuisce le capacità di consumo nutrizionale delle famiglie, soprattutto di quelle a rischio di esclusione sociale. Sono previste, inoltre, azioni per i bisogni specifici dei bambini materialmente deprivati, per altre persone fragili e per persone senza fissa dimora e in condizioni di povertà estrema.
Con riguardo alla prima misura, si prevede la pubblicazione di un bando rivolto alle organizzazioni partner di livello nazionale, volto a selezionare proposte progettuali sulla base di linee guida nazionali nelle seguenti aree: interventi specifici di supporto alle famiglie con minori in difficoltà; interventi di promozione della corretta alimentazione, abbinando la distribuzione dei beni di prima necessità con interventi di educativa domiciliare; interventi specifici rivolti alle persone senza dimora; interventi di distribuzione materiale non alimentare, compresa la distribuzione di beni materiali all'interno; progetti più complessivi di accompagnamento finalizzati all'autonomia non solo abitativa; interventi specifici rivolti a persone fragili, per esempio a persone la cui deprivazione materiale si associ a disabilità o a particolari patologie, ovvero ad altri fattori di discriminazione.
Infine, relativamente ai senza dimora e alle situazioni di povertà estrema, il programma prevede la realizzazione di interventi rivolti a contrastare la marginalità estrema nelle grandi città metropolitane e negli ambiti territoriali individuati dalle regioni, con particolare riferimento alle persone senza dimora e alle famiglie particolarmente deprivate, a promuovere la prevenzione del disagio minorile e dell'allontanamento della famiglia e a effettuare il monitoraggio dei minorenni fuori dalla famiglia di origine.
Attualmente il Ministero del lavoro conduce, in collaborazione con le regioni, una rilevazione sui minorenni fuori dalla propria famiglia. L'indagine campionaria, promossa dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e realizzata dal centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza, ha permesso di aggiornare il quadro di conoscenza sui minorenni che sperimentano la condizione di vivere fuori dalla propria famiglia di origine, in primis restituendo la stima di quanti bambini e adolescenti vivono questa esperienza.
Passiamo alle linee di indirizzo per l'affidamento familiare. Lo strumento delle linee di indirizzo per l'affidamento familiare inserisce nel progetto nazionale un percorso nell'affido attivato nel 2008 dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali in collaborazione con il coordinamento nazionale dei servizi affido, il dipartimento per le politiche della famiglia, la Conferenza delle regioni, le province autonome, l'UPI, l'ANCI e il centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza.
Le linee di indirizzo sono state approvate con un accordo in Conferenza unificata il 25 ottobre 2012. Al di là della valenza specifica per una pratica di servizi così delicata quale quella dell'affido, si tratta di un accordo di portata storica per Pag. 9il nostro sistema dei servizi sociali. Con la riforma del Titolo V della Costituzione e con la competenza esclusiva delle regioni sulla materia il sistema, infatti, è rimasto orfano di strumenti di indirizzo e coordinamento a livello nazionale.
Il documento ha l'obiettivo di indirizzare, sostenere e disciplinare l'affidamento come modalità condivisa e omogenea a livello nazionale di tutela, protezione e intervento in favore del minore. Per il loro carattere di raccomandazione tecnico-politica le linee di indirizzo sono destinate principalmente ai decisori e agli amministratori.
Un altro punto riguarda Parole nuove per l'affidamento familiare. Sussidiario per operatori e famiglie. In sostanziale continuità con le linee di indirizzo per l'affidamento familiare, il Sussidiario per operatori e famiglie ne costituisce uno degli strumenti attuativi più validi. Il Sussidiario si propone come una guida operativa, una sorta di vademecum ad uso di tanti professionisti dei centri per l'affido, di cui anche attraverso questo lavoro si auspica la nascita e la diffusione in tutto il Paese, come anche di quelli che operano nei diversi sistemi di servizi che si occupano di affido, del sociale, del sanitario, della giustizia, della scuola e delle famiglie, nonché di tutto il vasto mondo degli affidatari, allo scopo di inquadrare in maniera chiara e il più possibile esaustiva, anche se volutamente aperta, i nuclei tematici individuati nelle linee di indirizzo, che restano la traccia, il punto di partenza e il punto di arrivo del Sussidiario stesso.
Vengo al programma di interventi. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali da anni presta particolare attenzione al tema dei minori fuori dalla famiglia, non soltanto rafforzando il fronte delle pratiche dell'accoglienza attraverso interventi di analisi del fenomeno e degli allontanamenti dalla famiglia di origine e attraverso la promozione di progetti a sostegno dell'affidamento familiare, ma anche e soprattutto intervenendo per sostenere la prevenzione dell'allontanamento.
In tale cornice strategica si inquadra il programma PIPPI, che personalmente ho visto per la prima volta, un programma sperimentale realizzato in collaborazione con l'Università di Padova e rivolto a 10 nuclei familiari per ogni città riservataria con figli minorenni a rischio di allontanamento.
Il programma PIPPI segue la finalità di innovare le pratiche di intervento nei confronti delle famiglie cosiddette negligenti, al fine di ridurre il rischio di maltrattamento e il conseguente allontanamento dei bambini dal nucleo familiare, articolando in modo coerente fra loro i diversi ambiti di azione coinvolti intorno ai bisogni dei bambini che vivono in tali famiglie e tenendo in ampia considerazione la prospettiva dei genitori e dei bambini stessi nel costruire l'analisi e la risposta a questi bisogni.
L'obiettivo primario è, dunque, quello di aumentare la sicurezza dei bambini e di migliorare la qualità del loro sviluppo. Si propongono linee e azioni innovative nel campo dell'accompagnamento della genitorialità vulnerabile, scommettendo su un'ipotesi di contaminazione piuttosto desueta fra l'ambito della tutela dei minori e quello del sostegno alla genitorialità.
In questo senso il programma si iscrive all'interno delle linee sviluppate dalla strategia Europa 2020 per quanto riguarda l'innovazione e la sperimentazione sociale, come mezzo per rispondere ai bisogni della cittadinanza e spezzare il circolo dello svantaggio sociale.
Inoltre, c’è un progetto nazionale per l'inclusione dei bambini rom, sinti e camminanti. Tra le azioni messe in atto dal Governo si ricorda anche il progetto sperimentale per l'inclusione e l'integrazione di bambini rom, sinti e camminanti, che vede il coinvolgimento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e che si colloca tra gli obiettivi che il Governo italiano ha assunto in sede nazionale, europea ed internazionale per l'inclusione delle popolazioni stesse, tra cui si menziona la strategia nazionale dell'inclusione dei rom, sinti e camminanti 2012-2020, Pag. 10adottata in attuazione della comunicazione della Commissione europea n. 173 del 2011.
Si tratta di un progetto di convergenza che, con un'azione strettamente sinergica e concordata, coinvolge 13 delle 15 città riservatarie individuate ai sensi della legge n. 285 del 1997 e indica gli interventi posti in essere dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca a livello locale e attraverso i meccanismi dei tavoli locali e delle équipe multidisciplinari. Lo stesso ha come obiettivo generale quello di favorire l'inclusione sociale di minori e famiglie rom, nonché facilitare la rimozione degli ostacoli all'integrazione dei minori e del loro nucleo familiare nel contesto sociale di appartenenza, prevenendo la dispersione scolastica dei minori attraverso la sperimentazione di azioni di sostegno alla frequenza scolastica e al successo formativo.
Il progetto, che fa riferimento all'approccio globale, persegue i seguenti obiettivi specifici: favorire la partecipazione scolastica e rafforzare i percorsi di formazione professionale per facilitare l'inserimento lavorativo. Destinatari diretti del progetto sono le bambine e i bambini della scuola primaria con maggiore difficoltà di inserimento nel percorso scolastico, le ragazze e i ragazzi preadolescenti che frequentano la scuola secondaria di primo grado appartenenti a comunità stanziali che vivono presso aree di sosta autorizzate o in appartamenti, nonché gli adolescenti con una propria infanzia vissuta in condizioni di deprivazione e anche in difficoltà dovute ai matrimoni tradizionali compiuti in età minorile, caratteristica di molti gruppi a discendenza patrilineare. Questi ultimi verranno sostenuti per attuare il loro passaggio dalla scuola secondaria del primo ciclo alla formazione professionale o a un eventuale proseguimento nella scuola secondaria. Destinatari indiretti del progetto, invece, sono gli insegnanti, che dovranno essere motivati e coinvolti attraverso attività di informazione e accompagnamento.
Illustro ora i progetti di contrasto alla povertà per l'integrazione scolastica. Con riferimento alla materia in oggetto, si indicano i seguenti progetti annuali finalizzati all'integrazione scolastica e al contrasto della povertà minorile, attivati sempre ai sensi della legge 285 del 1997 «Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza», nella cornice della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo, la quale ha istituito un fondo nazionale per promuovere i diritti, la qualità della vita e lo sviluppo individuale e sociale dei bambini e degli adolescenti fino ai 18 anni, riservandolo a 15 città riservatarie (Venezia, Milano, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Brindisi, Taranto, Reggio Calabria, Catania, Palermo e Cagliari).
Nell'anno 2010 sono stati attuati 116 progetti per l'integrazione scolastica e 38 progetti per il contrasto alla povertà; nel 2011 tali progetti sono stati, rispettivamente, 126 e 52, mentre nel 2012 ne sono stati attuati, rispettivamente, 121 e 38. È previsto, inoltre, un sostegno alla conciliazione e ai tempi di lavoro e di cura della famiglia al fine di favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Credo che questo sia un problema molto sentito.
Si sottolinea, peraltro, che il Governo ha messo in atto misure efficaci di sostegno alla conciliazione dei tempi di lavoro e di cura della famiglia al fine di favorire la partecipazione delle donne al mercato del lavoro e lo stanziamento di adeguate risorse finanziarie per l'incremento delle strutture socio-educative per l'infanzia, in particolare per la fascia neonatale e prescolastica.
Si sottolinea che in sede di Conferenza unificata, il 1o agosto 2013, è stato sancito l'accordo quadro tra Governo, regioni, province autonome di Trento e Bolzano, comuni e province per la realizzazione di un'offerta di servizi educativi a favore di bambini dai 2 ai 3 anni volta a migliorare i raccordi tra nido e scuole dell'infanzia, nonché a concorrere allo sviluppo territoriale dei servizi socio-educativi per la fascia da 0 a 6 anni (le cosiddette «sezioni primavera»).Pag. 11
In base al predetto accordo, il MIUR e il dipartimento delle politiche per la famiglia e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali mettono annualmente a disposizione del servizio specifiche risorse finanziarie, la cui entità complessiva viene resa nota all'inizio dell'esercizio finanziario e comunque entro il mese di marzo. In particolare, questo Ministero concorre, per l'anno 2013-2014, al funzionamento dei servizi primavera in base alla disponibilità di bilancio accertata a seguito del riparto dei fondi di competenza.
Vi sono, poi, gli obiettivi di cura per la non autosufficienza e la prima infanzia. Si ricordano, inoltre, gli interventi in materia previsti dal Piano azione e coesione (PAC). Lo stesso era di competenza del Ministero per la coesione territoriale ed è stato avviato, d'intesa con la Commissione europea, per accelerare l'attuazione di programmi finalizzati a favorire la coesione tra le regioni dell'Unione europea, riducendo le disparità esistenti.
Il suddetto Piano ha una durata triennale – 2013-2015 – e la sua attuazione è stata affidata al Ministero dell'interno, individuato come autorità di gestione responsabile. Le risorse stanziate sono destinate alle quattro regioni ricomprese nell'obiettivo europeo convergenza, ossia la Calabria, la Campania, la Puglia e la Sicilia.
La strategia che contraddistingue il programma è quella di mettere in campo l'intervento aggiuntivo rispetto alle risorse già disponibili per ridurre l'attuale divario di offerta di servizi e cura delle persone rispetto al resto del Paese. Di conseguenza, i beneficiari naturali del programma sono i comuni, perché soggetti responsabili dell'erogazione dei servizi di cura sul territorio. Essi potranno avere accesso alle risorse una volta soddisfatti i requisiti organizzativi e progettuali richiesti dai Piani territoriali di riparto.
Si fa presente, poi, che, con il protocollo d'intesa della Presidenza del Consiglio dei ministri, del dipartimento delle politiche della famiglia, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell'ISTAT e della regione Emilia-Romagna, con la delibera n. 664 del 21 maggio 2012, è stato avviato un progetto sperimentale volto alla creazione e implementazione di un sistema informativo nazionale sui servizi socio-educativi per la prima infanzia. Il progetto ha la finalità di disporre di informazioni sulle prestazioni erogate dalle singole unità di offerta (pubbliche e private) presenti sul territorio in materia di servizi socio-educativi della prima infanzia.
Questo Ministero ha poi avviato il progetto SINBA (Sistema informativo nazionale sulla cura e la protezione dei bambini, degli adolescenti e delle loro famiglie), che si inserisce nell'ambito delle attività già promosse dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali ai fini della realizzazione del Sistema informativo dei servizi sociali (SISS), che, come specificato nell'articolo 21 della legge n. 328 del 2000, consente di assicurare una compiuta conoscenza dei bisogni sociali del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali e permette di disporre in modo tempestivo di dati e informazioni necessari alla programmazione, alla gestione e alla valutazione delle politiche sociali.
Il comitato di coordinamento è presieduto dalla direzione generale per l'inclusione e le politiche sociali, già direzione generale per l'inclusione, diritti sociali e responsabilità sociale delle imprese, ed è composto anche da rappresentanti del Ministero, delle regioni e delle province autonome partecipanti, dall'ANCI, dall'ISTAT e dal centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e l'adolescenza.
Il progetto è sperimentale ed è volto alla creazione e all'implementazione del sistema informativo sulla cura e la protezione dei bambini e le loro famiglie. Esso è rivolto ai comuni e alle regioni. La Campania è l'ente coordinatore del progetto, cui partecipano anche la Basilicata, l'Emilia-Romagna, la Liguria, le Marche, il Molise, il Piemonte, la Puglia e la Sardegna.
Il progetto persegue due tipi di obiettivi. Gli obiettivi strategici consistono nel predisporre informazioni individuali relative alle prestazioni erogate ai minori di Pag. 12età e alle loro famiglie in difficoltà, al fine di individuare e qualificare la domanda sociale; misurare il sistema di offerta di servizi, prestazioni e interventi; valutare gli esiti e l'efficacia degli interventi; e disporre di strumenti utili alla programmazione degli interventi.
Gli obiettivi operativi consistono nell'acquisire e integrare le informazioni provenienti da più fonti; archiviare le informazioni in formato elettronico; elaborare e diffondere le informazioni.
Svolta questa relazione così corposa, che lascerò a vostra disposizione e che poi, eventualmente, ci rivedremo per la replica alle domande, mi chiedevo se, gentilmente, non fosse possibile puntare l'attenzione su alcune criticità, magari individuando due o tre punti, da portare avanti nell'ambito di un programma più sintetico al fine di fornire delle risposte concrete. Dico ciò perché il Piano 2014 sulla non autosufficienza è molto corposo e molto ben fatto, ma rischia di rimanere un libro dei sogni, perché c’è anche la riforma del Codice civile e del Codice penale. Sulla disabilità, ho cercato di individuare due o tre punti strategici, per esempio meno burocrazia per i disabili, in modo da facilitare le visite e non aspettare 400 giorni. Anche su questo, sapendo che lei, presidente, ma anche chi è presente qui oggi, manifesta una certa sensibilità – se siete in questa Commissione, dovete averla – ho cercato di individuare alcuni punti su cui, magari, focalizzare l'attenzione, al fine di fornire delle risposte concrete.
PRESIDENTE. Grazie, signor sottosegretario. Dunque, la proposta sarebbe la seguente: raccogliere le domande da parte dei colleghi, per poi chiedere al sottosegretario di tornare in audizione ad approfondire alcuni aspetti e a rispondere alle domande poste. Se non mi sono distratta, non ho sentito alcun cenno al Piano nazionale per l'infanzia – di cui siamo in attesa – e che potrebbe essere certamente uno strumento di azione sul fronte della povertà. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.
DONELLA MATTESINI. Grazie, presidente. Ringrazio il sottosegretario per questa presenza e per la dettagliata informativa che ci ha reso e che ci ha permesso di tenere insieme tutti i fili. Prima di entrare nel merito mi rivolgo a lei, presidente, chiedendole, forse in modo inusuale, che sia calendarizzata per la prossima settimana una riunione dell'Ufficio di presidenza. Sono mesi, ormai, che non ci riuniamo e credo che ciò serva a fare un po’ il punto della situazione, anche in considerazione delle difficoltà che incontra la Commissione stessa nel suo operare.
Detto questo, vengo a ciò che ci ha riferito la sottosegretaria e molto volentieri parto dal ragionamento finale che lei ci ha proposto, cioè quello di una – chiamiamola così – alleanza tra la Commissione – cioè tra il suo lavoro – e – lo spero – quello dell'intero Governo.
Spero di riuscire a esprimermi nel modo giusto, perché non vorrei essere mal interpretata. Parto dall'osservazione che faceva la presidente Zampa sulla necessità di dotarci di strumenti che non siano la somma di tanti piccoli interventi, che sono molto importanti, ma che sono sempre singoli interventi e progetti. Secondo la mia modesta opinione, partendo anche dai dati conoscitivi sulla povertà minorile e non solo, credo che ormai sappiamo quali sono i problemi e anche quali sono i risultati delle azioni svolte. Quello che, secondo me, occorre, invece, è uno strumento – credo che il Piano nazionale per l'infanzia sia tale – che possa permetterci di fare un salto, non tanto sui contenuti, perché sono esattamente quelli dei tanti progetti che si sono susseguiti e che si stanno susseguendo nel tempo. Io penso che serva uno strumento unitario. Occorre trovare una programmazione, altrimenti continuiamo a lavorare per singoli progetti, su singoli temi, in pezzetti del territorio, ma poi non diamo, né fuori di qui, né in questa Commissione, l'idea di un'azione forte: non lasciamo il segno.
Quei progetti dovrebbero servire a definire una politica che abbia un'azione contemporanea, complessiva e costante, con una continuità generale, che porti Pag. 13anche a una coerenza e a un'unitarietà, a ritrovare cioè il gusto e il dovere di fare qualcosa, altrimenti non riusciremo ad affrontare il tema che abbiamo di fronte, non solo quello della lotta alla povertà. A me piace di più parlare in positivo, cioè di lavoro per l'inclusione sociale. Se la mettiamo in positivo, non troviamo un costo della fatica di far uscire la gente dalla povertà, poiché mettiamo al centro il diritto delle persone – in questo caso dei minori – di stare bene. Chiamo tutti a una responsabilità – non a una fatica – anche in modo positivo. Il linguaggio non è qualcosa di astratto. Io penso che dovremmo, anche nel modo in cui parliamo e in cui ci poniamo, usare un linguaggio più positivo. Quella che chiedo è, dunque, una disponibilità a lavorare insieme proprio con questo metodo, così come ha giustamente richiamato in primo luogo lei, signor sottosegretario, in considerazione della sua importante delega. C’è anche, però, il tema di un'azione coerente, complessiva, contemporanea e costante dell'azione di Governo.
Oggi voglio essere diretta: facciamo attenzione a non avere un atteggiamento un po’ autistico dentro le Istituzioni. Giustamente, lei ci ha ricordato un fatto importantissimo come il Piano nazionale degli asili nido, iniziato già nel 2006 e poi in qualche modo un po’ perso. È vero che si sono prodotti, piano piano, anche quei 55.000 posti in più. Dopodiché, però, arriviamo alla fascia d'età successiva, dai 6 anni in poi, e cosa troviamo ? Ci scontriamo con i risultati di un'azione, da me assolutamente non condivisa, che ha portato, per esempio, allo smantellamento di un percorso scolastico in cui il tempo pieno era un tempo importante.
Rischiamo di avere politiche un po’ a fisarmonica, con grandi stonature. Se non abbiamo un'azione e una capacità programmatica che tengano in fila le cose, rischiamo di porre, da una parte, un'aspettativa e poi, dall'altra, di fare non dico più danno, ma quasi.
È chiaro che, se si è avuta la fortuna di essere un bambino o una bambina all'interno di un servizio, di un nido o di una scuola materna, si acquisiscono quella cultura e quella socializzazione che permettono anche di affrontare meglio, eventualmente, un percorso non del tutto ottimale, come può accadere quando c’è una scuola elementare di 4 ore e poi si sta a casa da soli perché non si hanno servizi. Non sto disprezzando, quindi, dico solo che servono una coerenza e una programmazione che, secondo me, stanno nel Piano nazionale infanzia e che dovrebbero vedere tutto il Governo impegnato a porre le questioni in fila. I progetti e i finanziamenti che sono emersi danno il senso di una corposità importante, ma mi domando perché dall'esterno – ma anche dall'interno – non ne percepiamo la valenza. Ciò avviene perché non c’è un quadro, una cornice nella quale tutto questo assume valore.
Mi permetto di insistere, quindi – e chiudo – nel dire che dobbiamo lavorare e spero, per quello che riguarda questa Commissione, che faremo ciò nel modo migliore, affinché il Piano nazionale, che non sta solo sulle spalle sue o su quelle del Ministero, ma anche su quelle del Governo, ponga il tema dell'infanzia e dell'adolescenza come il tema fondamentale. Possiamo parlare di futuro e di riforme, ma se non facciamo questo, non otteniamo nulla.
Spero che il nostro Presidente del Consiglio – lo ascolterò attentamente oggi in Senato e mi dispiace non poter intervenire – porti anche in Europa il tema dell'infanzia e dell'adolescenza nelle sue varie accezioni, nonché il tema della denatalità. Noi possiamo pensare al futuro quanto ci pare, ma un continente che invecchia e un Paese come l'Italia, che è il più vecchio in Europa, quale futuro hanno, se non investiamo sul diritto dei bambini, a nascere in primo luogo e a vivere bene poi ?
Io credo che questo sia il punto sul quale noi dobbiamo pretendere di più, anche per dare valore e per raccogliere i frutti importanti di questa miriade enorme di progetti. Se essi non trovano questa cornice e non escono dalla progettualità per diventare un'azione permanente, davvero rischiamo di non utilizzare in modo Pag. 14efficiente ed efficace le risorse, che se pur poche, una volta sommate sono importanti.
Da questo punto di vista, mi rivolgo ai colleghi e alle colleghe: noi ci troveremo, al Senato in primis, a lavorare sul Titolo V insieme ad altre riforme. Io sono convinta – lei lo ricordava benissimo quando parlava di adozione e condivido – che con il Titolo V ci troviamo un po’ orfani di quegli indirizzi nazionali.
In realtà, questo è un tema che riguarda tante altre questioni. Non so se lei abbia avuto la possibilità di vedere il parere della Commissione sanità, espresso sul Titolo V. Noi abbiamo detto che, insieme a un recupero di indirizzi importanti sulla sanità, ne occorre anche uno delle politiche sociali, insieme ad altre cose. Penso che dovremmo – ne sarei ben contenta – fare questo patto di azione, in modo tale da riuscire, davvero, a esserci utili, non tanto a noi stessi – per quanto, quando si lavora bene si stia anche meglio – ma soprattutto perché i bambini e le bambine (che dovrebbero avere il diritto di nascere e che a volte non vengono neanche pensati dai genitori, perché non ne hanno la possibilità) e quelli che esistono possano essere il benessere di oggi e non le persone azzoppate di domani.
Il fatto che essi marchino quella povertà culturale significa, infatti, per loro, non avere gli strumenti per essere capaci, domani, di avere una vita positiva. Saranno, quindi, persone che peseranno su un Paese che sarà ancora più in difficoltà.
PRESIDENTE. Grazie molte per questo appassionato intervento. Do la parola alla collega Giordano.
SILVIA GIORDANO. Grazie mille. Io sarò breve, perché molte cose le ha già dette la collega, quindi, cercherò di dire quello che non è stato detto. Un particolare problema è sull'ISEE. Ogni volta che si parla di ISEE, non so se sono io ad avere una grande confusione, ma non capisco bene di cosa parliamo e a che punto si è arrivati. Oltretutto, lo dico già qui in anticipo, noi abbiamo posto il tema presentando un'interpellanza urgente e spero che avremo risposta tra giovedì o venerdì – non so quando verrà affrontata – proprio perché, nonostante i due anni in cui si è portato avanti il processo di cambiare l'applicazione e la determinazione dell'ISEE, comunque, non è chiaro a che punto siamo e come esso venga applicato.
Peraltro, so che la sua collega Cecilia Guerra aveva fatto delle simulazioni. Noi abbiamo chiesto di vederle e di sapere come stavano andando, ma non abbiamo avuto risposta. Speriamo che almeno con questa interpellanza, o comunque la prossima volta, avremo delle risposte, perché veramente non stiamo capendo nulla.
Per fortuna, sugli obiettivi siamo pienamente d'accordo. Il problema è che io non capisco il modo e il come si voglia arrivare a questi obiettivi. Quasi tutto quello che è stato detto oggi è stato già detto, discusso e anche approvato nelle varie mozioni presentate – almeno alla Camera – sull'infanzia e sulla povertà. Alcuni prendevano anche alcune posizioni sulla pedofilia. Comunque, sono stati tutti punti approvati dalla Camera, con parere favorevole del Governo, ma che non hanno trovato attuazione. Tutto ciò che è stato detto adesso, non è altro che la parte di una serie di punti, ripresi da quegli obiettivi, che noi abbiamo presentato. Il problema è che alcune di queste mozioni sono state presentate e approvate addirittura mesi fa. Capisco che ci sono problemi, priorità e precedenze, però sono cose condivise, che sono state discusse e che sono state approvate. Un'applicazione la si deve dare ! Ritrovarci qui adesso, nella Commissione bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza, a parlare di politiche sociali con gli stessi punti di mesi fa, senza trovarne applicazione, sembra un po’ un circolo vizioso. Sembra che gli obiettivi li diciamo sempre e siamo tutti d'accordo, ma manca poi la loro concretizzazione.
In particolare, un punto a cui tengo – sono un po’ tutti punti importanti, in realtà, ma so che su questo la competenza è anche della Commissione cultura – riguarda l'abbandono scolastico e, in particolare, Pag. 15l'integrazione dei bambini nella scuola, per quanto riguarda non solo le diversità di etnia, ma anche le diversità che si incominciano sempre più a sentire per l'orientamento sessuale.
Noi abbiamo presentato un punto nella nostra mozione che riguardava il modo per cercare di fare qualcosa per il contrasto del bullismo, punto che è stato anche approvato con l'appoggio della maggioranza e del Governo. Vorremmo capire che cosa si sta facendo in merito, perché continuano sempre di più ad aumentare i suicidi causati da questa mancanza totale di informazione.
Il problema, in quel caso, non è una diversità (l'ultimo caso è stato proprio a Salerno, nella mia città, dove un bambino di 12 anni si è ucciso a causa del bullismo), bensì di una mancata integrazione all'interno della scuola. Per un bambino di 12 anni, per quanto possa avere le idee chiare, capiamo bene che c’è anche problema di attacco dovuto a una mancanza totale di conoscenza di quello di cui si sta parlando. Visto che c’è anche un punto della mozione infanzia che è stato accolto, cerchiamo di capire cosa fare, perché questa situazione ci sta sfuggendo sempre più dalle mani. Quello che vorrei chiedere è come, in che modo arrivare a fare qualcosa. Se gli obiettivi sono comuni, per quanto possiamo trovarci in disaccordo, possiamo fare qualcosa. Per esempio, noi non siamo assolutamente d'accordo con questa modalità delle social card, ma se si fa qualcosa, è sempre meglio di nulla. Noi siamo per il reddito di cittadinanza, inteso in modo molto più largo, ma questa è una battaglia che abbiamo sempre fatto ed è una differenza che abbiamo sempre sottolineato: non fa nulla, però, l'importante è che si faccia qualcosa. Se l'obiettivo è comune, la modalità può cambiare relativamente, ma almeno si raggiunge l'obiettivo. Grazie.
PRESIDENTE. Bene, grazie. Se lei è d'accordo, sottosegretario, chiuderei qui l'audizione rinviando a un successivo nostro incontro la fase delle repliche, ciò potendo anche essere un'occasione per altri colleghi che si sono nel frattempo dovuti allontanare, per aggiungere qualche eventuale altra riflessione o domanda. La ringraziamo molto. La relazione viene consegnata agli uffici ed è a disposizione dei colleghi. Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 15.25.