Sulla pubblicità dei lavori:
Zampa Sandra , Presidente ... 3
INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SALUTE PSICOFISICA DEI MINORI
Audizione di rappresentanti della Federazione italiana associazioni genitori oncoematologia pediatrica Onlus (Fiagop), dell'Associazione Peter Pan Onlus e della Fondazione Maruzza Lefebvre D'Ovidio Onlus.
Zampa Sandra , Presidente ... 3
Ricci Angelo , presidente della Federazione italiana associazioni genitori oncoematologia pediatrica Onlus (Fiagop) ... 3
Zampa Sandra , Presidente ... 7
Orzalesi Marcello , coordinatore scientifico della Fondazione Maruzza Lefebvre D'Ovidio Onlus ... 7
Ricci Angelo , presidente della Federazione italiana associazioni genitori oncoematologia pediatrica Onlus (Fiagop) ... 7
Orzalesi Marcello , coordinatore scientifico della Fondazione Maruzza Lefebvre D'Ovidio Onlus ... 7
Ricci Angelo , presidente della Federazione italiana associazioni genitori oncoematologia pediatrica Onlus (Fiagop) ... 9
Orzalesi Marcello , coordinatore scientifico della Fondazione Maruzza Lefebvre D'Ovidio Onlus ... 9
Zampa Sandra , Presidente ... 11
Orzalesi Marcello , coordinatore scientifico della Fondazione Maruzza Lefebvre D'Ovidio Onlus ... 11
Ricci Angelo , presidente della Federazione italiana associazioni genitori oncoematologia pediatrica Onlus (Fiagop) ... 11
Zampa Sandra , Presidente ... 11
Valdinosi Mara ... 11
Orzalesi Marcello , coordinatore scientifico della Fondazione Maruzza Lefebvre D'Ovidio Onlus ... 12
Valdinosi Mara ... 12
Orzalesi Marcello , coordinatore scientifico della Fondazione Maruzza Lefebvre D'Ovidio Onlus ... 12
Ricci Angelo , presidente della Federazione italiana associazioni genitori oncoematologia pediatrica Onlus (Fiagop) ... 12
Orzalesi Marcello , coordinatore scientifico della Fondazione Maruzza Lefebvre D'Ovidio Onlus ... 12
Ricci Angelo , presidente della Federazione italiana associazioni genitori oncoematologia pediatrica Onlus (Fiagop) ... 12
Mattesini Donella ... 13
Orzalesi Marcello , coordinatore scientifico della Fondazione Maruzza Lefebvre D'Ovidio Onlus ... 13
Mattesini Donella ... 13
Zampa Sandra , Presidente ... 14
ALLEGATO: Documentazione presentata dalla Fiagop ... 15
PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
SANDRA ZAMPA
La seduta comincia alle 13.45.
(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).
Sulla pubblicità dei lavori.
PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).
Audizione di rappresentanti della Federazione italiana associazioni genitori oncoematologia pediatrica Onlus (Fiagop), dell'Associazione Peter Pan Onlus e della Fondazione Maruzza Lefebvre D'Ovidio Onlus.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla tutela della salute psicofisica dei minori, l'audizione di rappresentanti della Federazione italiana associazioni genitori oncoematologia pediatrica Onlus (Fiagop), dell'Associazione Peter Pan Onlus e della Fondazione Maruzza Lefebvre D'Ovidio Onlus.
Sono presenti il dottor Angelo Ricci, presidente della Fiagop, e il coordinatore scientifico della Fondazione Maruzza Lefebvre D'Ovidio Onlus, professor Marcello Orzalesi. Non partecipa a questa audizione l'Associazione Peter Pan Onlus, che proprio questa mattina ha comunicato di non poter essere qui.
Vi chiedo la massima sinteticità, con un intervento molto stringato. Mi scuso per la partecipazione così evidentemente scarsa, ma sono giornate in cui siamo stracarichi e vi sono molti imprevisti nei lavori parlamentari perché cambiano continuamente gli orari.
Vi posso assicurare, però, che quello che direte in questa sede sarà oggetto di una resocontazione anche a chi non è presente. Pertanto, sarà messo a disposizione anche dei parlamentari che non hanno potuto partecipare a questo incontro.
Do ora la parola al dottor Ricci.
ANGELO RICCI, presidente della Federazione italiana associazioni genitori oncoematologia pediatrica Onlus (Fiagop). Partecipo in qualità di volontario. Mi sembra giusto sottolinearlo. Ho portato alcune slide, ma, in particolare, ne ho una che mi sembrerebbe interessante mostrarvi per dirvi qual è il ruolo delle associazioni nel campo dell'oncologia pediatrica.
Rispondo ora alla vostra richiesta di dare una valutazione della salute dei minori e della loro qualità di vita. Molto semplicemente, dal nostro punto di vista di genitori nell'ambito dell'oncologia pediatrica, direi che l'oncologia pediatrica, sotto diversi aspetti, rappresenta un'isola felice, nel senso che, per la natura delle malattie di cui si occupa, gode di una grande attenzione non tanto e non solo dalle istituzioni, ma soprattutto dalle persone che vi sono coinvolte, ovvero i genitori dei bambini ammalati.
Fin dal momento in cui l'oncologia si è sviluppata, verso la fine degli anni ’70, sono nate le associazioni, che si sono subito affiancate, capendo che era necessario dare un supporto altro, a quello che veniva dalle istituzioni. Infatti, se entrate nei reparti di oncologia, li troverete molto belli, molto ben curati, con colori vivaci. Sono «atmosfere» piacevoli, con sale giochi e di istruzione Pag. 4 per i bambini, dove tutto è fatto a loro misura.
Ecco, se mi chiedeste come è stato possibile questo, vi direi che è grazie alle associazioni di genitori che nella maggior parte dei casi hanno reperito i fondi e hanno voluto che l'ospedale nel quale i propri bambini sono curati avesse le caratteristiche comprensibilmente desiderabili in una struttura di questo genere.
Non voglio farvi perdere troppo tempo. La presentazione che scorro molto velocemente vi fa vedere la distribuzione della nostra federazione in Italia. Qui a Roma ci sono quattro associazioni, tra cui Peter Pan che, in qualche modo, rappresento anch'io.
Non mi dilungo, perché immaginate cosa faccia una federazione di questo genere. Tra l'altro, organizziamo la Giornata mondiale contro il cancro infantile.
Una delle due ultime slide è relativa all'adolescenza, visto che siamo in una Commissione che anche di questa si occupa. Quest'anno, invece, noi ci siamo concentrati sulla ricerca nel campo della pediatria.
Vado avanti per dirvi che, tra le cose che fanno le associazioni, c'è un sostegno molto forte ai reparti e l'ospitalità alle famiglie, che ancora adesso si devono spostare per fare le cure di cui i bambini hanno bisogno.
I costi per queste attività raggiungono quasi 2 milioni di euro. Stiamo parlando di associazioni di volontariato, che raccolgono i loro fondi esclusivamente con i classici modi del volontariato.
In un'altra slide vedete le varie attività che svolgono le associazioni. In sostanza, danno sovvenzioni perché, purtroppo, le malattie oncologiche impoveriscono le famiglie, che molto spesso si incentrano sul bambino, e finiscono per trascurare tutto il resto. Oltretutto, adesso molti sono anche stranieri. Potete vedere anche le sovvenzioni.
A fianco a questo, c'è l'impegno dei volontari sia nelle case sia negli ospedali, con grandi quantità di ore fornite, appunto, a favore delle famiglie e degli ospedali.
In un anno medio, le associazioni, per aspetti di carattere sociosanitario, erogano 3,6 milioni di euro. Nell'ultima slide potete vedere, invece, il sostegno delle associazioni federate in ambito scientifico. Anche qui stiamo parlando di cifre non marginali (circa 5,5 milioni di euro). Potete vedere il sostegno alla ricerca e quello ai vari riparti.
Questo è solo per darvi un quadro di come le associazioni agiscono in questo ambito, anche sotto l'aspetto delle cure palliative. Poi, certo, entrando in un ospedale si incontrano i medici, che sono straordinari, in generale, per professionalità e umanità, come gli infermieri. Tuttavia, va anche detto che molti medici che vedrete circolare in un reparto di oncologia pediatrica sono spesso borsisti pagati dalle associazioni dei genitori.
Non vi dirò niente sui volontari. Raggruppiamo associazioni di volontariato, quindi questa è la base delle nostre associazioni.
Sempre rimanendo nell'ambito degli ospedali, guardando all'aspetto della qualità della vita, ci sono gli psicologi. Da un'indagine interna che abbiamo fatto, possiamo ben dire che non c'è un reparto di oncologia pediatrica dove non ci sia almeno uno psicologo. Se approfondiamo questa risposta, scopriremo che il 75 per cento degli psicologi che operano nei reparti di oncologia pediatrica sono pagati dalle associazioni.
Dico questo per darvi un quadro ampio della situazione. Prima di iniziare l'audizione, si parlava del fatto che la sanità è regionalizzata, quindi ogni regione ha le sue regole, le sue norme, i suoi problemi di bilancio e quant'altro. Ecco, io non entro in questo aspetto, ma vi faccio solo notare un elemento che mi sembra importante, sempre relativamente al discorso della qualità della vita.
Collegandomi alla questione delle regioni, negli scorsi due anni ci siamo occupati di adolescenti, che in ambito oncologico sono una terra di nessuno. Non tutti gli ospedali li accolgono allo stesso modo. Alcuni lo fanno fino a 14 anni. Solo recentemente il Gaslini ha allungato il periodo fino a 18 (cito questo perché sono genovese, quindi conosco di più quella realtà).
In alcuni ospedali non ci sono problemi, ma in altri non vengono curati in ambito Pag. 5pediatrico, quindi finiscono per essere curati tra gli adulti. Tuttavia, siccome gli adolescenti hanno ancora tumori di carattere pediatrico, le cure devono essere impartite secondo protocolli pediatrici.
Io non sono medico, come vi ho detto, quindi non voglio scendere in questi dettagli. A ogni modo, le statistiche ci dicono che gli adolescenti curati in ambito pediatrico, in generale, hanno un miglior risultato. E anche le famiglie ne traggono vantaggio.
Parlando di qualità della vita, c'è un lavoro a cui teniamo molto. È nata una società, SIAMO (Società italiana adolescenti malati oncologici), che comprende sia la nostra Federazione, sia gli ematologici e gli oncologi dell'adulto, sia l'AIOP (l'associazione degli oncologi pediatrici), per stimolare anche i regolatori a occuparsi degli adolescenti, che hanno bisogno di spazi propri.
Molti dei nostri reparti sono per i bambini. Hanno sale giochi con i Lego e così via, ma un adolescente non sa cosa farci. Ha bisogno di uno spazio dove ritrovarsi. Le poche cose che vengono fatte sono veramente sporadiche. L'Istituto nazionale dei tumori a Milano ha dei progetti, ma sempre in collaborazione con associazioni. Questo va sottolineato. Poi c'è Aviano, in Friuli, e Torino. Tuttavia, sono cose che avrebbero bisogno di un forte incremento, perché la qualità di vita durante la cura, in aspettativa di un suo successo, deve essere assolutamente migliorata.
È inutile che vi dica quali sconvolgimenti passano nella mente di un adolescente che viene colpito da un tumore. Un bambino forse non se ne rende troppo conto, ma un adolescente ha bisogno di un supporto speciale e di spazi dedicati.
Veniamo, ora, al discorso delle cure palliative. Vengo da un'esperienza estremamente positiva, anche se purtroppo non personalmente. Comunque, quella del Gaslini è sicuramente una bella esperienza e un bell'esempio. Grazie alla collaborazione tra il dottor Manfredini e la Fondazione Maruzza Lefebvre D'Ovidio, che all'epoca è stato uno degli sponsor dell'Istituto Gaslini, è stata avviato con fondi delle associazioni un servizio di assistenza domiciliare sia generica sia terminale.
È evidente, infatti, che la cura impartita a casa è molto meglio di quella impartita in ospedale, per tantissimi motivi, anche economici. Non voglio scendere in questo dettaglio, perché a noi interessa l'aspetto personale. Vi dico, dunque, che per una mamma è importante poter curare in casa il proprio bambino, anche se è una casa di accoglienza o un convento. Anche se non è casa sua e non è nel suo Paese, magari c'è la nonna, il papà o il fratellino. Questo è sicuramente un qualcosa in più, un aiuto ad affrontare la malattia.
Al Gaslini – per questo va detto un grazie anche alla regione che ha creduto in questo progetto – quello che era, appunto, un progetto dell'associazione è diventato istituzionalizzato e adesso è un servizio che tenderà a coprire anche altri bambini non oncologici.
Infatti, grazie a Dio, i bambini oncologici che muoiono sono relativamente pochi – lo dico da papà di una bambina che è mancata – ma ci sono tanti altri bambini che hanno bisogno di assistenza perché, magari, hanno la fibrosi cistica o altre malattie che non conosco, di cui forse ci dirà il professore.
Allora, è importante un approccio palliativo – faccio finta di essere un medico – in «simultaneous care», come si dice adesso, cioè appena il bambino arriva in cura, in modo che non debba subire nessun dolore.
Mia figlia è mancata 23 anni fa. Ricordo benissimo che faceva le punture lombari. Non è neanche arrivata a fare il puntato midollare, che è un punturone che si faceva nella cresta iliaca senza anestesia, bloccando il bambino. Adesso – ringraziando il cielo – ci sono tecniche di sedoanalgesia applicate in modo differente. Ho girato un po’ i reparti. Sono stato a Napoli, per esempio, dove usano il protossido d'azoto, che è quel gas esilarante che nei fumetti di Topolino faceva sghignazzare tutti. Effettivamente, è così. Ho visto un bambino allegro che canticchiava con la mamma, mentre faceva una puntura lombare: dura poco e non ha effetti collaterali. Pag. 6
Al Gaslini, per esempio, questo non si fa. Devono fare un'anestesia più profonda perché c'è un problema di conflitto tra anestesisti. Insomma, sono stupidaggini di cui la vittima è il bambino, che, comunque, non soffre.
C'è una domanda che abbiamo fatto alle nostre federate, che rispecchia il punto di vista delle associazioni. So che voi avete fatto la stessa domanda ai medici. Loro vi daranno una risposta che penso collimerà con quello che vi dico.
C'è attenzione al dolore nel bambino oncologico. Non si può negare che ci sia, ma non c'è una sufficiente professionalità. Non ci sono staff adeguatamente preparati. Esistono delle punte di diamante perché ci sono delle persone sensibili, interessate al tema. Ho citato prima Luca Manfredini, che è uno di loro. In ogni ospedale, spesso, ce n'è uno, ma non c'è una programmazione vera che lavori sulla palliazione del bambino. Non c'è un gruppo vero che lavori sull'accompagnamento alla morte, e magari anche sul dopo la morte. Spesso gli psicologi che se ne occupano sono quelli di cui abbiamo parlato prima, ovvero quelli pagati dalle associazioni.
Abbiamo la legge n. 38 del 2010 sugli hospice. Al momento attuale, con una legge che risale a sei anni fa, credo che solo un hospice sia attivo, quello di Padova. A Genova è in fase di conclusione; a Torino è concluso, ma non operativo. Mi diceva il professore che quello di Lagonegro, in Basilicata, verrà inaugurato, ma non è ancora attivo.
Gli hospice sono una cosa su cui puntiamo molto per tutti quelli che hanno bisogno di una specifica assistenza medica. Ovviamente, per un genitore è molto meglio se il bambino sta a casa sua, senza tanti medici in giro, rispetto a un ospedale. Poi, è chiaro che se ha bisogno di un'intubazione, è logico che ci vuole una struttura, quindi un hospice.
Una cosa che trovo manchi molto in generale – si vede anche dalle nostre statistiche – è una collaborazione tra il palliativista, l'oncologo (il palliativista non è necessariamente un oncologo) e il medico di base, che spesso non sa neanche che uno dei bambini che aveva nel suo elenco di pazienti non c'è più, perché giustamente viene preso in carico dall'ospedale, quindi il medico di base può far poco.
Tuttavia, arriva un momento in cui, per esempio, il bambino è a casa nella fase terminale, e il medico di base dovrebbe essere coinvolto in modo più significativo. Questo, però, qualcuno glielo deve dire e deve essere formato. Ecco, manca molto la formazione.
Chiuderei il quadro generale con un accenno alla ricerca. So che non c'entra molto con il nostro tema, ma nel dipingere un quadro, appunto, generale, direi che l'oncologia pediatrica sconta il fatto di avere numeri bassi, quindi la ricerca, soprattutto quella commerciale, langue.
Mi sembra giusto dire che i medici clinici stessi fanno costantemente ricerca. Tutti i successi che ci sono stati negli ultimi anni e che hanno portato in molti casi, come nella leucemia, ad avere dei grandi risultati, sono dovuti al fatto non tanto che sono venuti fuori farmaci nuovi, ma che i medici hanno saputo adattare i farmaci esistenti, peraltro neanche studiati per i bambini, ma per gli adulti, infatti si dice sono farmaci «off label».
Ebbene, hanno adattato questi farmaci piano piano ai bambini, migliorandoli, dosandoli e riducendoli per evitare le conseguenze tardive (qui si aprirebbe un'altra pagina, che non è il caso aprire). Ad ogni modo, in questi giorni c'è un impegno anche mio per le norme europee sui farmaci pediatrici. È una cosa che esula dalle responsabilità del Parlamento italiano. C'è una parlamentare europea, fortunatamente italiana, che ha portato avanti un'istanza delle associazioni europee.
Vi ricordo, infatti, che la nostra Federazione fa a sua volta parte di una Federazione mondiale che si chiama Childhood Cancer International (CCI).
Una delle attività di lobbying che facciamo – in questo caso è una lobby superpositiva – è quella di premere sulla Commissione europea perché questa legge già esistente diventi più vincolante e più stimolante per le imprese farmaceutiche, affinché possano essere trovati nuovi farmaci Pag. 7che siano meno tossici, soprattutto a lunga distanza, più efficaci e specificamente studiati per i bambini.
Per quanto è nelle vostre possibilità come parlamentari italiani, vi chiediamo, se avete modo, di fare una pressione di qualche genere. Ho scritto al Ministro Lorenzin su questo, ma non ho avuto risposta. Questo mi è dispiaciuto. Non che mi aspetti sempre delle risposte, ma a volte basta una parola di un ministro su un tema perché qualche cosa si muova.
Chiudo questo mio discorso forse troppo lungo ringraziandovi, innanzitutto, per averci auditi. Il fatto che ascoltiate le associazioni, quindi i genitori, è un bellissimo segno. A me piace ed è una cosa a cui tengo molto. Grazie, quindi, per avere averci invitati.
In conclusione, direi che le cose in oncologia pediatrica non vanno male, ma potrebbero andare molto meglio. Grazie.
PRESIDENTE. Dottor Ricci, siamo noi a ringraziare lei doppiamente e con molto convincimento, non solo per l'esposizione interessante, che credo ci abbia consegnato molti elementi di novità – penso che non tutti conoscano le cose di cui ha parlato – ma anche per l'impegno.
Le associazioni di volontariato stanno fortemente supplendo in questa materia. Lei ha detto che finanziano anche i medici, con le borse di studio, e gli psicologi. È un tessuto straordinario.
Quello che ci deve preoccupare è che non è così dappertutto. Lei ha fatto un elenco di città. Aggiungerei che anche Bologna sta facendo l'hospice. Sono, però, quasi tutte al Nord. Ugualmente, ciò vale per le questioni che lei ricordava in merito all'anestesia.
Ecco, credo sia ormai venuto il momento di dare una risposta uniforme perché i bambini sono prima di tutto bambini. Quando, poi, sono pazienti, lo sono due volte e hanno il diritto di essere curati bene dappertutto.
Proprio oggi il Parlamento europeo si è pronunciato sulla questione dei farmaci. Poco fa ho letto delle agenzie. Peraltro, questa indagine è nata anche per questo, ovvero per dare al Parlamento uno strumento in più per poter formulare le richieste necessarie.
So che a volte si dispera nel guardare la politica da fuori, ma in realtà, con tempi colpevolmente spesso troppo lunghi, qualcosa si riesce ad ottenere. Questa Commissione ha studiato problemi ed è riuscita a conseguire anche qualche risultato per la loro soluzione. Contiamo, dunque, che anche questo possa rientrare nel numero dei successi. Dunque, la ringrazio davvero.
Lascio la parola a Marcello Orzalesi, Coordinatore scientifico della Fondazione Maruzza Lefebvre D'Ovidio Onlus.
MARCELLO ORZALESI, coordinatore scientifico della Fondazione Maruzza Lefebvre D'Ovidio Onlus. Posso chiedere quanti sono i bambini affetti da tumore in Italia?
ANGELO RICCI, presidente della Federazione italiana associazioni genitori oncoematologia pediatrica Onlus (Fiagop). Mediamente 1.500 bambini all'anno, attualmente credo 15-20.000.
MARCELLO ORZALESI, coordinatore scientifico della Fondazione Maruzza Lefebvre D'Ovidio Onlus. Penso siano meno. Io direi 10.000, ma anche se fossero 15.000, per fortuna, data la migliorata prognosi dei tumori, solamente il 30-40 per cento di questi è destinato a morire. La maggior parte guarisce. Non che questo risolva il problema, perché poi ci sono altre difficoltà a distanza di tempo di tipo sia medico sia psicologico che vanno attentamente valutate.
Comunque, dicevo questo perché questo papà ha aperto una finestra privilegiata sull'ambito dei bambini che soffrono, affetti da malattie croniche. Il nostro è uno strano Paese perché con il progresso tecnologico, scientifico e la strutturazione nel sistema sanitario nazionale che prevede – unico al mondo – un pediatra di famiglia, la salute dei bambini è enormemente migliorata. La mortalità neonatale e infantile, ma anche quella in età pediatrica fino a 14 anni, è crollata in maniera spettacolare. Siamo tra i primi in Europa. Pag. 8
Dall'altro canto, però, la disponibilità di questi approcci innovativi e più efficaci per questi bambini, ha fatto sì che malattie prima precocemente mortali si cronicizzino e vadano avanti, quindi viene spesso posticipata la morte.
Queste sono le malattie life-limiting o life-threatening, cioè che limitano la durata della vita della persona o ne minacciano la morte. Sono malattie inguaribili, invece i tumori dei bambini sono inguaribili solo in una data percentuale.
Ebbene, in Italia adesso ci sono circa 30-35.000 bambini affetti da malattie life-limiting. I bambini affetti da tumore sono 10-15.000, quindi sono solo una parte di quelli.
Se andiamo a vedere le statistiche, dei bambini candidati a un'assistenza di tipo palliativo che si affianca fin dall'inizio all'assistenza curativa o comunque tradizionale, meno del 20 per cento ha tumori infantili. L'80 per cento riguarda le malattie più diverse: congenite, metaboliche, cromosomiche, malformative, per lesioni successive o comunque croniche come la fibrosi cistica. Questi non guariranno, ma hanno bisogno di un'assistenza di tipo sia curativo sia palliativo.
Sono malattie che spesso si associano a dolore, sia procedurale, come quello citato a proposito della lombare, sia relativo ad altri sintomi, come la dispnea, il soffocamento e così via, che sono veramente molto disturbanti.
In tutto il mondo è stato riconosciuto che l'approccio migliore per cercare di assistere e migliorare la qualità di vita di questi bambini sono le cure palliative pediatriche, che non vogliono né allungare, né accorciare la vita. Non hanno niente a che fare con l'anestesia, ma sono integrative. Si affiancano alle cure tradizionali e, chiaramente, acquisiscono maggior valore man mano che le cose vanno avanti, perché quando la situazione è disperata e le terapie non funzionano più, c'è un'assistenza mirata a migliorare, per quanto possibile e per la durata necessaria, la qualità di vita del bambino e della sua famiglia.
Di questi 30-35.000 bambini, meno del 5 per cento ha accesso alle cure palliative pediatriche. Per di più, gli oncologi pediatrici sono privilegiati perché per primi hanno sviluppato una sensibilità in ambito palliativo: trovandosi a confrontarsi con malattie che causavano sofferenza e molto spesso portavano alla morte, hanno contribuito a creare questa sensibilità.
Allora, presidente, le domando, avendo una legge nazionale del 2010 (la legge 38) che al primo comma dell'articolo 1 garantisce ad ogni cittadino il «diritto alle cure palliative e alla terapia del dolore», contenente al suo interno una parte dedicata al bambino a sua volta proveniente da un documento ministeriale del 1997, il quale dice nel dettaglio come devono essere fatte queste cose, se è possibile che in Italia ci sia un solo hospice pediatrico funzionante con 4 posti letto.
Adesso forse ce ne sarà uno a Bologna e un altro al Gaslini. L’hospice di Lagonegro verrà inaugurato a breve. Tuttavia, manca la rete.
Lei giustamente ha segnalato – nella legge è descritto molto bene – che ci vuole una rete, ovvero un’équipe di coordinamento, un hospice e un domicilio. Si tratta, infatti, di malattie rare – ce ne sono alcune che non ho mai visto nella mia vita, anche se ho fatto pediatria per cinquant'anni – quindi il pediatra di famiglia può non conoscere la malattia per quel bambino, ma poi verrà formato e saprà tutto di quella malattia, molto di più di quanto ne possa sapere un professore universitario. Questo, però, va insieme all’équipe di coordinamento e all’hospice.
Peraltro, l’hospice non va considerato solamente come una sede dove si va se il bambino deve essere intubato. Ci si va per i controlli e quant'altro, ma anche per la cosiddetta «respite care» (terapie di sollievo) perché nei bambini con questo tipo di patologia il coinvolgimento di chi sta loro intorno, soprattutto della famiglia, è colossale. Un bambino con una malattia inguaribile mobilita circa 300 persone. C'è il breakdown della famiglia, la perdita del lavoro della madre o del padre e così via. Accade tutto questo, ma in misura drasticamente minore quando funziona la rete. Pag. 9
Inoltre, costa molto meno perché si evitano i ricoveri nei reparti di terapia intensiva. Allora, presidente, bisognerebbe che i nostri parlamentari prendessero coscienza del fatto che abbiamo la responsabilità di più di 30.000 bambini che hanno alcune necessità elementari riconosciute dalla legge.
La nostra Fondazione ha collaborato a lungo con il Ministero della salute – è medaglia d'oro della sanità pubblica – soprattutto nella formulazione del documento ministeriale ora evocato, presentato nel 1997, sulle cure palliative per il neonato, il bambino e l'adolescente, che è stato approvato nella Conferenza Stato-regioni e incorporato totalmente nella legge 38 del 2010.
In particolare, la legge prevede due reti per l'adulto, una per il dolore e una per le cure palliative. Invece, per il bambino c'è una rete unica. La legge descrive in maniera puntuale – basta leggerla – quello che deve essere fatto e come deve essere fatto.
Come Fondazione, avendo partecipato con il ministero, ma anche con una lobby piuttosto forte a livello parlamentare totalmente bipartisan, al varo di questa legge, io che sapevo che sarebbe uscita sono andato in Regione Lazio e ho proposto una delibera, che è stata approvata addirittura pochi giorni prima della legge, rispecchiandola totalmente.
Questo è stato nel 2010, ma nel 2016 non abbiamo ancora nessuna rete di cure palliative pediatriche non solo nel Lazio, ma in molte regioni. Inoltre, di fronte alle indicazioni della legge e del documento ministeriale, ciascuna regione fa a modo suo.
C'è chi colloca uno pseudo-hospice pediatrico dentro un reparto per adulti, che è una cosa pazzesca, perché il bambino ha delle esigenze diverse e si porta tutta la famiglia dietro; c'è chi lo mette in ospedale, chi fuori, chi crea una struttura ad hoc, come sta succedendo, appunto, al Gaslini. Addirittura, a Padova è in un altro quartiere, seppure abbastanza vicino all'ospedale. Insomma, c'è chi implementa e chi non lo fa.
I problemi sono molti. Si è parlato del problema dei farmaci. Noi non abbiamo i farmaci nella formulazione giusta da dare a questi bambini. Sono i più diversi, non solo i farmaci oncologici. Per esempio, lavoriamo sulla flebo.
Abbiamo, poi, il problema della formazione. Adesso la Fondazione ha ritenuto opportuno creare una scuola di formazione in cure palliative pediatriche – abbiamo fatto il primo corso base pochi giorni fa – perché manca totalmente.
Allora, se non c'è gente informata, come si fa?
ANGELO RICCI, presidente della Federazione italiana associazioni genitori oncoematologia pediatrica Onlus (Fiagop). In realtà non esiste, nel campo dell'oncologia, una specializzazione di questo tipo. In sostanza, gli oncologi sono pediatri che vanno sul campo. Non c'è un corso di specializzazione. Questo è un tema che a noi sta molto a cuore.
MARCELLO ORZALESI, coordinatore scientifico della Fondazione Maruzza Lefebvre D'Ovidio Onlus. I nuovi statuti delle scuole di specializzazione prevedono che dopo il primo triennio lo specializzando possa scegliere un percorso mirato, quindi sono delle sottospecialità della pediatria. È anche prevista la possibilità di scegliere un indirizzo in cure palliative, oltre che in ematoncologia.
Tuttavia, al di là di questa possibile opzione da parte dello specializzando, è stato reso obbligatorio nelle scuole di specializzazione un modulo sulle cure palliative pediatriche, ma sono poche ore di lezione, per cui lo specializzando esce che non solo non sa fare le cure palliative pediatriche, ma non sa neanche cosa siano. C'è stata un'indagine recente in cui si è visto che lo specializzando non ne ha idea.
Non parliamo, poi, del pubblico. L'indagine che abbiamo fatto a livello nazionale su quasi 3.000 persone, ha mostrato che la maggior parte della gente o non ha mai sentito parlare di cure palliative pediatriche o pensa che siano eutanasia.
Insomma, il pubblico non è consapevole, quindi non preme sul politico perché Pag. 10questa esigenza venga soddisfatta; il politico non è consapevole, invece, nelle dimensioni di questo problema, dal punto di vista sia emotivo, sia organizzativo, sia economico e che potrebbe esserci un risparmio.
L'Associazione italiana di cure palliative ha formulato insieme a noi un curriculum formativo per le tre figure base, il medico, l'infermiere e lo psicologo, come minimo. Questa è l’équipe che governa le cure palliative nella regione.
La Società italiana di pediatria ha sviluppato un programma di addestramento sulla terapia del dolore o la prevenzione del dolore nel bambino, che si chiama «Niente male junior». Ha istruito più di 250 formatori, distribuiti in tutte le regioni italiane, ma i corsi si sono tenuti solamente in quattro regioni. Siamo, quindi, di fronte ad una falla colossale nell'ambito del nostro sistema sanitario, in generale, ma soprattutto per quello dedicato al bambino.
Anche un altro elemento fondamentale è stato citato. Cos'è il bambino? A volte leggiamo sul giornale che è morto un neonato di sei mesi. Ebbene, un neonato arriva a un mese, non a sei mesi. Il bambino, per quello che riguarda il pediatra di famiglia, in alcune regioni viene passato all'assistenza del medico di base dopo gli otto anni, in altre a 14 anni, in altre ancora a 18 anni.
Il problema è che il bambino è una cosa diversa a seconda dei problemi che dobbiamo affrontare. Noi pediatri diciamo che l'età pediatrica arriva fino a 18 anni perché una delle difficoltà nell'affrontare le problematiche in età pediatrica è che ci troviamo di fronte a un organismo in continua evoluzione.
Questo significa un diverso dosaggio di farmaci, una diversa modalità di osservazione, diverse esigenze del supporto, diversa consapevolezza, diverso rapporto con i genitori, con il peer group, con i compagni e così via.
Ogni volta ci dobbiamo adattare perché le differenze sono molto sfumate. Si è detto che tante volte il bambino non si rende conto; purtroppo, soprattutto nei malati oncologici e specialmente nelle leucemie, questi bambini acquisiscono una sensibilità e una consapevolezza veramente straordinaria. Tante volte sono loro che consolano i genitori e non viceversa.
La situazione varia da bambino a bambino, da malattia a malattia e secondo l'assetto familiare. Il tutto va, quindi, modulato. Anche la comunicazione con il bambino e il suo coinvolgimento nelle decisioni che lo riguardano varia a seconda della maturità. Non possiamo dire che fino a 5 anni non capisce e dopo sì. Alcuni capiscono prima, altri dopo, altri ancora lo accettano. Il bambino o il ragazzo deve essere, perciò, coinvolto. Sotto questo profilo, effettivamente, vi sono alcune età cruciali in cui bisogna fare molta attenzione.
Una è l'età neonatale perché il neonato fa capire quando sente dolore o sofferenza, ma con un linguaggio tutto suo che occorre saper interpretare.
Il bambino più grandicello capisce qualcosa, ma non tutto, quindi dobbiamo essere capaci di comprendere quello che capisce. Il bambino ancora più grande capisce, ma può avere una visione distorta, quindi può elaborare un lutto anticipatorio; e via di seguito.
Insomma, non voglio entrare nel dettaglio della legge perché dice benissimo tutto quello che va fatto. Il documento ministeriale lo descrive alla perfezione. Il curriculum formativo è lì.
Dico solamente che non possiamo tollerare che in un Paese come il nostro 30.000 bambini non ricevano il tipo di assistenza di cui hanno bisogno, che è sancito dalla legge come diritto di ogni cittadino.
Questo, peraltro, non riguarda solo i bambini. Il nostro è il Paese che ha il minor consumo di oppioidi in tutta Europa. Questo dice tutto sulla nostra capacità di affrontare il dolore. Per quello che riguarda i bambini le cose sono ancora peggiori.
Il mio appello è che, visto che è stata opportunamente creata una Commissione che si occupa dell'infanzia e dell'adolescenza, si cominci a creare una consapevolezza tra tutti, cittadini, medici, sanitari e parlamentari.
Abbiamo un obbligo etico, oltre che finanziario. Come ho detto prima, si possono Pag. 11 addirittura risparmiare dei soldi. Ovviamente, è un discorso che fa drizzare i capelli, ma dobbiamo tenerne conto nel far fronte a questa situazione di vera emergenza
Buon lavoro.
PRESIDENTE. Grazie per il vostro contributo e anche per averci segnalato i punti principali da affrontare.
MARCELLO ORZALESI, coordinatore scientifico della Fondazione Maruzza Lefebvre D'Ovidio Onlus. Vorrei aggiungere una cosa che mi sono dimenticato di dire. È encomiabile quello che fa l'associazionismo. Due settimane fa sono andato a Dublino al Congresso di oncologia pediatrica. Ero stato tre mesi prima a Mosca per quello asiatico. C'è una sessione del Childhood Cancer International (CCI), che è un'associazione particolare perché comprende professionisti, genitori e di sopravvissuti.
Loro hanno dedicato una sessione ad hoc, anche a Dublino, al problema delle cure palliative ed a quello del bambino morente. Infatti, è vero che ci sono problemi grossi per il bambino cronico, ma quando ci si avvicina al momento del fine vita, le difficoltà si ingigantiscono e i diritti di questi bambini non vengono generalmente rispettati e neanche i loro bisogni poiché le équipe assistenziali e le famiglie vanno in tilt, con il bambino stesso.
La nostra Fondazione ha pubblicato la Carta dei diritti del bambino morente, ormai tradotta in cinque lingue, che è stata presentata anche a Mosca e a Dublino ed è stata fatta propria dalle altre associazioni internazionali.
La nostra associazione, però, fa quello che può. Voi siete molto forti perché il problema del tumore nei bambini è molto sentito, anche perché è una situazione in cui c'è una speranza di vita, per cui c'è la possibilità di intervenire.
Invece, i poveri bambini che ho citato io, che non sono oncologici, sono sparsi tra mille malattie. Pochi hanno delle associazioni di sostegno che abbiano la forza e le disponibilità economiche sufficienti per influire su questo.
Ce n'è qualcuna per i bambini down, per esempio, ma in generale sono estremamente frammentate perché sono malattie rare.
L'altra cosa che vorrei segnalare è che nel 1996 il ministro Bindi, con grande lungimiranza, aveva destinato dei fondi per gli hospice per gli adulti. Ce ne sono più di 250 in Italia, che hanno cominciato a funzionare da subito, destinati prevalentemente, se non esclusivamente, ai malati ematoncologici, prevalentemente nella fase terminale della malattia. Si entrava se si avevano sei settimane di vita al massimo.
Adesso si stanno per fortuna ampliando ad altre malattie croniche gravi, come l'Alzheimer o la sclerosi multipla. Questo è accaduto nel 1996. Ci sono voluti dieci anni perché si capisse che c'erano i bambini, dunque c'è stato il documento ministeriale. Poi ci sono voluti altri quattro anni per fare una legge. Sono passati ulteriori sei anni e abbiamo ancora pochissimo.
Lei ha detto che qualche volta con tempi lunghi riusciamo comunque a far qualcosa, ma questi non sono tempi lunghi bensì esagerati.
ANGELO RICCI, presidente della Federazione italiana associazioni genitori oncoematologia pediatrica Onlus (Fiagop). Vorrei solo dire che nel 2017 il convegno del Gruppo europeo si terrà a Roma, in Italia. Quello che si è tenuto recentemente a Dublino, si terrà – ripeto – a Roma. Se credete, vi terrò informati in merito. Grazie.
PRESIDENTE. Sono dispiaciuta che siamo in pochi oggi. Mi riservo però, di farvi alcune proposte. Chiedo alla senatrice Valdinosi se desidera intervenire.
MARA VALDINOSI. Intervengo solo per ringraziare i nostri auditi, che ci hanno aperto una finestra molto importante e molto utile, almeno per quanto mi riguarda, su un problema di cui sappiamo ancora troppo poco. Mi pare che, comunque, sappiamo poco in generale perché anche sul tema del dato numerico mancano delle informazioni più precise. Mi Pag. 12riferisco alla domanda che vi facevate reciprocamente rispetto a quanti sono oggi i bambini o gli adolescenti che si ammalano ogni anno o comunque quelli attualmente in cura.
Sarebbe importante avere informazioni sull'ospedalizzazione, che è un dato di conoscenza quantitativo importante.
MARCELLO ORZALESI, coordinatore scientifico della Fondazione Maruzza Lefebvre D'Ovidio Onlus. L'Associazione italiana ospedalità privata (AIOP) ha questi dati.
MARA VALDINOSI. Benissimo. Allora ce li potrete far avere. Vorrei solo fare due considerazioni generali. In primo luogo, mi pare che la questione principale, se dovessimo riassumerla – per capire se ho capito bene – è che manca un approccio specialistico per i bambini, quindi una formazione, ma anche dei farmaci specialistici, gli hospice e quant'altro. Insomma, manca tutta questa parte.
Pertanto, ci avete posto una questione molto rilevante. Dall'altro canto, però, mi pare di aver inteso che abbiamo già uno strumento di intervento, che è la legge n. 38 del 2010, almeno per una parte di intervento, che, però, è rilevante perché riguarda la cura, quindi anche la terapia del dolore in questi bambini e adolescenti.
Quindi, mi pare di aver capito non c'è bisogno di ulteriori interventi di tipo legislativo, ma dobbiamo essenzialmente intervenire perché questa legge del 2010 venga effettivamente applicata in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale.
La questione che mi pare molto rilevante, che abbiamo già avuto modo di affrontare su tanti altri versanti, è che abbiamo soprattutto in sanità una fortissima disomogeneità di intervento. Lo abbiamo visto per i vaccini, in particolare per la vaccinazione pediatrica, ma lo stiamo vedendo anche ora. Ecco, mi pare uno dei nodi su cui intervenire. Chiedo conferma su questo. Non ho una domanda specifica.
MARCELLO ORZALESI, coordinatore scientifico della Fondazione Maruzza Lefebvre D'Ovidio Onlus. Ha detto le cose giuste. Ha capito benissimo. Devo dire che la legge e il documento ministeriale insieme vanno proprio nel dettaglio, quindi non solo non abbiamo bisogno di strumenti legislativi ulteriori, ma c'è anche una descrizione specifica di come le cose vanno applicate.
Adesso siamo chiamati a votare per il referendum sulla modifica del Titolo V. Se guardiamo in che modo è stato modificato il Titolo V per quello che riguarda la sanità, mentre per altre aree strategiche le decisioni vengono avocate al Governo centrale, per la sanità c'è solamente un comma in cui si dice che in casi eccezionali o in situazioni di urgenza il Governo può prendere il controllo della situazione. È un peccato, perché credo che la sanità e la scuola siano due settori del Paese che devono essere uguali per tutti. È intollerabile che se faccio due chilometri tra la Lombardia e il Veneto mio figlio sia vaccinato per la meningite oppure no, quindi uno se la prende e un altro no. Sono cose che non vanno bene. L'Italia non è fatta a pezzi.
Comunque, ha detto molto bene. Gli strumenti ci sono e c'è anche la volontà da parte di molte associazioni, come la nostra, di collaborare come abbiamo fatto nel passato.
ANGELO RICCI, presidente della Federazione italiana associazioni genitori oncoematologia pediatrica Onlus (Fiagop). Aggiungo solo che trovo anch'io che abbia colto nel segno. Tuttavia, l'aspetto degli hospice, quindi la legge 38, non è che una parte del lavoro, nel senso che un reparto di oncologia – parlo essenzialmente di quell'aspetto, ma immagino si possa applicare anche ad altri – ha bisogno al suo interno di qualcuno che sia competente in materia palliativistica e che sia eventualmente in rete con l’hospice.
MARCELLO ORZALESI, coordinatore scientifico della Fondazione Maruzza Lefebvre D'Ovidio Onlus. È un nodo della rete.
ANGELO RICCI, presidente della Federazione italiana associazioni genitori oncoematologia Pag. 13 pediatrica Onlus (Fiagop). Esatto, quindi deve avviare il paziente all’hospice in caso di necessità. Insomma, non basta avere un hospice per dire che stiamo a posto, ma ci deve essere una rete che funzioni.
DONELLA MATTESINI. Non vorrei fare domande, ma ci terrei a scambiare alcune opinioni e anche prendere degli impegni. Chiedo alla collega di valutarle insieme.
Innanzitutto, ho chiesto questa indagine conoscitiva sulla salute dei minori proprio perché avevo piena consapevolezza che, in generale, sulla vita dei minori c'è disattenzione. Noi siamo un mondo malato di adultocentrismo, quindi per i minori non c'è attenzione.
Sulla salute, in modo particolare, abbiamo scelto un percorso per toccare una serie di temi relativi, appunto, alla salute dei minori, partendo, in primo luogo, dalla pediatria oncologica.
Chiederò, quindi, alla presidente di approfondire per segmenti e avere anche diversi aspetti su cui lavorare.
Se aspettiamo di avere tutto, arriviamo a fine legislatura, per cui credo che dovremmo proporre alla presidente, appena terminata una serie di altre audizioni, di fare il punto e impegnare tutta la Commissione, in tutta la sua articolazione di partiti, a far sì che ci possano essere in Parlamento delle iniziative che vadano a raccogliere le indicazioni che sono arrivate stamattina, insieme a quelle che già ci sono state e che ci saranno.
Sono anche componente della Commissione Sanità, quindi credo che dovremmo, evitando doppioni, provare a fare alcuni passaggi. Per esempio chiederò alla presidente Di Biase di svolgere delle audizioni con voi, se siete d'accordo.
È importante che, senza sovrapporci e senza togliere a ognuno il proprio ruolo, utilizziamo il tempo che abbiamo, perché lo scorcio di legislatura è ormai abbastanza breve.
In più, su una serie di questioni, come i farmaci e l'applicazione della legge n. 38 del 2010, dovremmo provare ad intervenire sin dalla prima lettura alla Camera, dove è in discussione la legge di bilancio che reca importanti disposizioni sulla sanità; quindi credo che dovremmo cercare di capire cosa si può fare nell'immediato per impegnare l'utilizzo di alcune risorse per i farmaci.
Insomma, potremmo porre già in quella sede la questione di uno sviluppo della ricerca e dell'applicazione della legge. Ecco, vediamo cosa si riesce a fare. È una situazione che abbiamo ora, rispetto alla quale dovremmo provare – per quello che posso lo farò già stasera o nella prossima seduta – a porre tali questioni.
L'ultima cosa che mi permetto di dire è che, purtroppo, abbiamo una situazione culturalmente arretrata, non solo perché abbiamo una disparità regionale e sette regioni che sono ancora oggi sotto la possibilità di rispettare i livelli essenziali di assistenza. Abbiamo una difficoltà – ripeto – culturale.
Lei ci ha detto in modo molto chiaro dell'importanza di avere anche l'assistenza domiciliare. La realtà, però, è che questo Paese è ancora tutto concentrato, per mille motivi, sull'ospedale. L'integrazione sociosanitaria, il rapporto tra ospedale e territorio è ancora un'araba fenice, per cui il lavoro di cui ci avete parlato va inserito anche in questa sfida che deve riguardare tutti.
Insomma, occorre una rete di integrazione e di idee che sappia valorizzare al suo interno anche le esperienze importanti che ci avete testimoniato questa mattina.
Un'ultima cosa, per precisare, nella riforma costituzionale c'è qualcosa di più sulla sanità. La sanità oggi è materia interamente assegnata alle regioni, ma in quell'articolo 117, dentro la dizione «Disposizioni generali comuni», c'è la riaffermazione di ruolo fondamentale dello Stato.
MARCELLO ORZALESI, coordinatore scientifico della Fondazione Maruzza Lefebvre D'Ovidio Onlus. Ma è formulato in modo ambiguo.
DONELLA MATTESINI. Lo so. Comunque, non ci basterà soltanto avere i livelli essenziali di assistenza che nessuno o solo una parte rispetta. Sempre che il referendum passi, potremmo avere una base per Pag. 14far sì che si recuperi una programmazione, ovvero una cornice obbligatoria che va ben al di là dei livelli di assistenza, con la capacità – sperando che non ci sia bisogno – di avere la sostituzione da parte dello Stato nei confronti delle regioni, anche se quello che succede fino ad oggi testimonia che forse, invece, ce ne sarà bisogno.
Ad ogni modo, vi ringrazio per questa audizione. Sarà mia cura riferire alla presidente Brambilla, per quanto riguarda la conclusione di questa indagine, ma anche eventualmente proporre delle audizioni in Commissione sanità per fare un lavoro parallelo comune, in modo da provare a non farci sfuggire la legge di stabilità. Abbiamo solo la prossima settimana, perché sarà approvata entro dieci giorni, ma ci proveremo.
PRESIDENTE. Dichiaro conclusa l'audizione.
La seduta termina alle 14.45.
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