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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 10 di Martedì 17 gennaio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SALUTE PSICOFISICA DEI MINORI

Audizione di rappresentanti della Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus e della Fondazione Together to go (TOG) Onlus.
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 ,
Madella Noja Antonia , Segretario generale della Fondazione ... 3 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 6 ,
Madella Noja Antonia , Segretario generale della Fondazione Together to go (TOG) Onlus ... 6 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 6 ,
Mazzucchi Anna , neurologa e neuropsicologa coordinatrice della rete Gravi cerebrolesioni acquisite dei centri della Fondazione Don Gnocchi Onlus ... 6 ,
Zampa Sandra (PD)  ... 11 ,
Madella Noja Antonia , Segretario generale della Fondazione Together to go (TOG) Onlus ... 11 ,
Zampa Sandra (PD)  ... 12 ,
Madella Noja Antonia , Segretario generale della Fondazione Together to go (TOG) Onlus ... 12 ,
Ferrara Elena  ... 12 ,
Madella Noja Antonia , Segretario generale della Fondazione Together to go (TOG) Onlus ... 13 ,
Mazzucchi Anna , neurologa e neuropsicologa coordinatrice della rete Gravi cerebrolesioni acquisite dei centri della Fondazione Don Gnocchi Onlus ... 13 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 14 

ALLEGATO 1: Documentazione presentata dalla Fondazione Together to go (TOG) Onlus ... 15 

ALLEGATO 2: Documentazione presentata dalla Fondazione Don Gnocchi Onlus (Rete Gravi cerebrolesioni acquisite) ... 19

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MICHELA VITTORIA BRAMBILLA

  La seduta comincia alle 14.30.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti della Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus e della Fondazione Together to go (TOG) Onlus.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla tutela della salute psicofisica dei minori, l'audizione di rappresentanti della Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus e della Fondazione Together to go (TOG) Onlus.
  Sono presenti la dottoressa Antonia Madella Noja, Segretario generale della Fondazione Together to go (TOG) Onlus, accompagnata dalla dottoressa Cristina Donini, responsabile e coordinatrice dei terapisti della Fondazione TOG, e la professoressa Anna Mazzucchi, neurologa e neuropsicologa, coordinatrice della rete GCA dei centri della Fondazione Don Gnocchi Onlus.
  La dottoressa Antonia Madella Noja ci farà un quadro specifico sul lavoro della Fondazione, mentre la professoressa Mazzucchi ci esporrà i numeri e i contorni del problema. Ricordo che tutto è registrato, perché i commissari assenti, impegnati in altre attività, possano avere gli atti di quanto stiamo facendo, che saranno parte del documento finale dell'indagine conoscitiva.
  Lascio quindi la parola al Segretario generale della Fondazione Together to go (TOG) Onlus, Antonia Madella Noja.

  ANTONIA MADELLA NOJA, Segretario generale della Fondazione Together to go (TOG) Onlus. Buongiorno, grazie di questo invito. Guido un centro di riabilitazione per patologie neurologiche complesse di età evolutiva, quindi si tratta di bambini.
  I bambini che seguiamo hanno lesioni neurologiche cerebrali molto complesse dalla nascita oppure l'altro grande gruppo che presenta sindromi genetiche con grave ritardo mentale, quindi sindrome di Williams, sindrome di Down, sindrome di Noonan, cioè il gruppo delle malattie genetiche rare che hanno una ricaduta dal punto di vista dell'organizzazione cerebrale.
  Sia io che la dottoressa Donini abbiamo sempre lavorato nell'ambito della neuropsichiatria infantile da una quarantina d'anni, quindi la sua storia in Italia ci è ben nota, come anche tutte le varie metodiche che, dagli anni ’70 in avanti si sono sviluppate per curare le lesioni cerebrali di questi bambini.
  Abbiamo bambini che presentano patologie dalla nascita, cioè non con patologie dal punto di vista cerebrale legate a tumori oppure a lesioni stroke, post-traumatiche.
  Il punto a cui è arrivata la neuropsichiatra infantile in Italia è che l'unica, vera cura per queste patologie è la riabilitazione. Certo, se un bambino ha l'epilessia, lo cureremo con farmaci antiepilettici, se un bambino ha una malattia metabolica, lo aiuteremo con farmaci che curano la sua patologia, ma il cervello può essere rieducato e aiutato nella sua lesione esclusivamente Pag. 4 con la riabilitazione di tipo neuropsichiatrico, e non è per niente semplice.
  Il cervello è infatti l'organo più importante del nostro corpo, quello più organizzato, più nobile, più complesso, che, una volta subìta una caduta dal punto di vista biologico, ha grande difficoltà a rigenerare le cellule, quindi il compito di riorganizzare reti neurologiche cerebrali lese è veramente immane.
  Quando poi queste reti sono lese fin dalla nascita, la cosa diventa ancora più complessa, perché non c'è un corredo precedente su cui possiamo lavorare, quindi nella letteratura si parla addirittura di compito impossibile, a testimonianza dell'importanza del tema, rispetto al quale la riabilitazione è lo strumento che abbiamo per poter aiutare questi bambini e le loro famiglie.
  La riabilitazione però non può essere fatta in maniera modesta dal punto di vista quantitativo e qualitativo, perché per modificare veramente le acquisizioni di questi bambini l'intervento deve essere massiccio e qualitativamente di alto profilo. Non è come occuparsi di un disturbo specifico di apprendimento o di una dislessia: qui si tratta di riorganizzare reti neurali, quindi l’input, il lavoro di ricostruzione di queste reti deve essere massiccio, strutturato benissimo e diuturno, cioè continuato nel tempo.
  Qui è il punto. Lo dico con grande dispiacere perché io ho sempre lavorato, prima di creare la Fondazione TOG, in centri pubblici, la sanità italiana è un'ottima sanità, però bisogna riconoscere che ad un certo punto l'offerta riabilitativa per questi bambini è troppo debole, troppo scarsa in termini sia qualitativi che quantitativi, e le neuroscienze hanno dimostrato che la quantità, cioè l'esporsi in maniera continuativa a stimoli significativi, fa la differenza nella ricostruzione delle reti neurali.
  Abbiamo fatto una cosa molto semplice e, partendo dalla nostra professionalità, ci siamo chieste se dovessimo gettare la spugna o cercare di fare un centro in cui garantire questa erogazione, che non è una logopedia alla settimana oppure una fisioterapia o due alla settimana che non cambiano nulla, e abbiamo creato la Fondazione Together to go, che però (infatti sono molto colpita dal fatto che ci abbiate convocato) nasce da un impulso filantropico, si sostiene totalmente attraverso la ricerca fondi.
  La Regione Lombardia ci ha dato l'accreditamento, che è uno status di qualità, cioè dice che la Fondazione TOG lavora bene e ha professionisti di alto livello, ma quando si è arrivati al momento della convenzione, cioè dell'erogazione di danaro per i logopedisti, i terapisti, i medici che sono assunti e devono avere uno stipendio (non c'è volontariato e sono tutti professionisti) tutti ci hanno detto che le convenzioni erano chiuse dal 2003 (la convenzione è lo strumento tramite il quale lo Stato eroga soldi per una terapia), quindi sapevamo già a cosa andavamo incontro.
  Prima lavoravo all'Associazione italiana assistenza spastici che è un centro convenzionato, cioè per ogni bambino che segue ha una sorta di rimborso. Non abbiamo rinunciato a creare lo stesso la Fondazione Together to go, che ha realizzato questo centro di eccellenza a Milano, che si sostiene con la ricerca di fondi, cioè è stato dato un potente impulso di charity iniziale che lo ha creato e dal 2015 noi ci sosteniamo in maniera totalmente autonoma.
  La ricerca dei fondi consta di mille rivoli, dagli sms ai mercatini, e tutto questo ci permette di sostenerci: abbiamo un bilancio trasparente e certificato di circa 900.000 euro all'anno. Con questo curiamo 110 bambini, li curiamo molto bene, in maniera intensiva, seguiamo anche l'inserimento scolastico, però possiamo curare solo loro, perché questi sono i soldi che riusciamo a raccogliere attraverso la ricerca fondi.
  Il punto è che non solo Milano ha una lista d'attesa tremenda, ma perfino noi ormai abbiamo una lista d'attesa: abbiamo aperto nel settembre del 2012 e dopo due mesi eravamo già in overbooking, perché eravamo calibrati su 100 bambini che sono arrivati nel giro di pochissimo tempo; ma questo è ovvio, perché il bisogno è veramente enorme. Pag. 5
  I due capisaldi della vicenda sono proprio questi: la cura per questi bambini deve essere una cura concentrica, cioè bisogna fare la riabilitazione motoria perché hanno danni motori; bisogna fare la riabilitazione comunicativa perché hanno problemi di linguaggio, comunicazione, espressione facciale; dobbiamo fare la riabilitazione cognitiva perché ci sono possibilità di riorganizzare delle skill, delle capacità cognitive; dobbiamo fare tutta quella tessitura di rete necessaria al benessere fisico.
  Un nostro bambino che per esempio abbia l'alimentazione assistita, la PEG, perché non può alimentarsi direttamente, deve poter essere in connessione con ospedali in cui questa cosa è capita e conosciuta, altrimenti i genitori si rivolgono a bravissimi gastroenterologi che però non conoscono la specificità del problema, subendo situazioni di ansia e di frustrazione spaventose.
  La questione visiva per un bambino che ha una cerebrolesione non è un problema oculistico, ma neurovisivo. Siccome noi siamo nella zona di Famagosta a Milano, ci siamo connessi con il gruppo dei dentisti dell'ospedale San Paolo per tutti gli aspetti relativi alla bocca, all'apertura della bocca, alla cura dei denti, in quanto ci sono mille tipi di problematiche.
  Se attacchiamo con questa forza, con questo focus, la riabilitazione di un nostro bambino, possiamo veramente ottenere dei risultati.
  Qui vengo all'altro grande tema culturale: perché investire su bambini così complessi? Una delle obiezioni che ci viene sempre rivolta è che i nostri bambini non si muovono bene, non capiscono, non parlano bene. Questo è un punto di vista molto anglosassone, io ho studiato molto in Inghilterra e so che loro ce l'hanno, però noi non siamo fatti così, noi sappiamo che ci sono dei risultati.
  Lasciamo da parte la questione etica, che comunque è molto importante, e guardiamo il punto di vista funzionale: se riabilito bene il problema posturale di un nostro bambino, ottengo un grande risparmio economico (è questo che devono capire le strutture), perché ho evitato che gli si lussasse l'anca e quindi interventi chirurgici, con tutta la ricaduta economica, sociale, emotiva e psicologica su queste famiglie, che già subiscono un vulnus spaventoso.
  Nella letteratura il vulnus dell'arrivo di un bambino con una lesione cerebrale nelle famiglie è descritto come peggiore del vulnus della morte, perché la morte può essere elaborata, con un bambino con una lesione cerebrale le famiglie vivono tutta la loro vita, quindi è assurdo non investire su questo o far sì che suppliamo noi privati. I nostri bambini infatti vengono curati da TOG e non pagano, come se fossero in un ospedale pubblico, però questo si può sostenere perché noi cerchiamo soldi ovunque, ma dovrebbero essere le strutture pubbliche ad intervenire.
  Le unità territoriali di neuropsichiatria di Milano, le Unità operative di neuropsichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza (UONPIA), che sono le ASL della neuropsichiatria infantile, hanno liste d'attesa enormi, e i bambini per essere presi in carico aspettano un anno e mezzo, e per un bambino è una tragedia. Se tra invio alla Mangiagalli e lista d'attesa bisogna aspettare un anno e mezzo, vi rendete conto di cosa significhi per lo sviluppo di un bambino un anno e mezzo; oppure l'offerta è di una o due terapie alla settimana, una goccia nel mare!
  Questo deve essere chiaro innanzitutto perché la riabilitazione è l'unica cosa che si può fare; poi deve essere a vasto raggio, cioè non posso fare solo la riabilitazione motoria, ma devo fare quella motoria, quella cognitiva, quella comportamentale, quella linguistica; in terzo luogo così facendo modifico la struttura di vita di questi bambini, quindi delle loro famiglie e della scuola. La scuola italiana ha la legge migliore del mondo, cioè quella dell'inserimento obbligatorio del bambino disabile nella scuola pubblica, e non c'è Paese al mondo che abbia questo fiore all'occhiello.
  Andando negli altri Paesi sento attaccare quest'aspetto dell'inserimento obbligatorio e mi arrabbio moltissimo, perché significa non averne capito il senso profondo, che non è solo etico-sociale, ma anche neurologico. Il sistema dei neuroni specchio, Pag. 6 questa scoperta straordinaria fatta da un gruppo di neurologi italiani, ha permesso di comprendere che il mirroring, cioè il fatto che un bambino veda il comportamento di un altro bambino, modifica la sua struttura cognitiva.
  Voi capite che se la scuola è speciale, cioè se l'interfaccia è tutta di bambini con disabilità, non succede quello che succede nella scuola pubblica italiana, in cui i bambini si mescolano e si interfacciano in maniera vicendevole. Io posso portare solo la nostra esperienza, che testimonia l'importanza di un'intensiva riabilitazione qualitativamente di alto livello, quantitativamente adeguata, modificabile nel corso della vita, perché un bambino finché non è inserito nell'asilo può fare tutti i giorni molta riabilitazione; in seguito, interviene l'aspetto sociale, per cui sposteremo tutti gli orari nel pomeriggio affinché possa andare a scuola.
  La costruzione di un progetto di vita riabilitativamente corretto è fondamentale per cambiare la struttura di vita di questi bambini. Di questo sono convinta, sono tantissimi anni che lavoro in questo settore anche in casi di altissima gravità, perché l'altra grande obiezione è che queste patologie siano così complesse e gravi che forse non ha senso intervenire; invece il senso c'è, è molto importante ed è anche scientifico, laddove comprendere la modificazione di un cervello con queste problematiche ci permette di comprendere profondamente il funzionamento del cervello umano. Vi è quindi anche una ricaduta gnoseologica da questo punto di vista.
  Credo quindi profondamente che di queste cose bisogni occuparsi, che ritenere che siano così gravi che non ne valga la pena o non vedere la ricaduta economica di un investimento su questo settore sia una forte miopia scientifica (tralascio gli aspetti etici che nella scienza sono i più deboli).
  Qui si tratta di capire lo sviluppo della scienza, e perfino strutture come quella neurologica, estremamente legate alla ricerca scientifica specifica, sostengono oggi che sia l'intensità dell'intervento riabilitativo insieme alla sua completezza qualitativa a modificare la struttura cerebrale, perché il cervello vicaria; se c'è una lesione in una zona, ci sono altre zone che, se stimolate, concorrono allo sviluppo del talento.
  Con ciò non voglio dire che un bambino cerebroleso grave si normalizzi, che questa sia la panacea di tutti i mali, però è possibile una modificazione, è possibile la ricerca della massima potenzialità, e questo è il nostro obiettivo.

  PRESIDENTE. Direi che è stata molto chiara. Ieri abbiamo letto il dossier Tuttoscuola e sono intervenuta oggi su Il Corriere della sera perché gli insegnanti di sostegno devono esserci per tutti i bambini, però è bello sapere che in qualcosa l'Italia è davanti agli altri.
  Non so se le colleghe abbiano delle domande da rivolgerle, altrimenti passerei la parola alla professoressa Mazzucchi.

  ANTONIA MADELLA NOJA, Segretario generale della Fondazione Together to go (TOG) Onlus. Abbiamo portato anche un piccolo film che mostra le patologie dei bambini e cosa possano fare.

(proiezione di un breve filmato).

  PRESIDENTE. Abbiamo acquisito il materiale, quindi possiamo distribuire le slide. Prego, professoressa Mazzucchi.

  ANNA MAZZUCCHI, neurologa e neuropsicologa coordinatrice della rete Gravi cerebrolesioni acquisite dei centri della Fondazione Don Gnocchi Onlus. L'intervento della dottoressa Madella Noja è basato sicuramente su una grossa esperienza, quindi mi fa piacere che qualcuno abbia centrato l'obiettivo; siccome io sono un riabilitatore di base, affronterò altri aspetti.
  Il mio compito è quello di far capire l'entità del problema delle gravi cerebrolesioni acquisite, tralasciando le gravi cerebropatie di tipo congenito e neonatale, perché fanno parte di un'altra categoria. Costituiscono una componente molto vasta della patologia cerebrale infantile, e soprattutto sono quelle che determinano le maggiori complicanze, i maggiori esiti e le maggiori limitazioni nella vita a lungo termine. Pag. 7
  Preciso solo, perché suppongo che non sia un concetto pienamente noto, che per grave cerebropatia si intende un danno cerebrale di origine traumatica che abbia provocato un coma di durata variabile, in conseguenza del quale il bambino come l'adulto presenti menomazioni in tutti gli aspetti funzionali che riguardano il cervello. Come ho detto, sono escluse le cause cerebrali congenite e tutte quelle che non hanno determinato uno stato di coma.
  Non esiste un registro nazionale per queste patologie nemmeno per gli adulti, esistono solo dati epidemiologici parziali, forniti da gruppi di studiosi che lavorano nelle rianimazioni e nei centri di riabilitazione, che riguardano prevalentemente l'entità nell'adulto; relativamente al bambino abbiamo pochissimo, l'unica pubblicazione risale al 2012 ed è di un gruppo di centri di riabilitazione che accolgono gravi cerebrolesioni in età pediatrica.
  Questa indagine è circoscritta a soli 184 casi, che sono ben lontani dalla realtà cerebrolesiva nazionale anche nel corso di un solo anno. Considerando la fascia da 0 a 14-15 anni, tutte le età possono essere colpite con caratteristiche, eziologie, modalità e gravità diverse. È importante sapere che il 50 per cento è rappresentato da traumatizzati cranici, e questo ci dovrà far riflettere sulla parte preventiva, perché il fatto che un bambino subisca un trauma cranico è quasi sempre conseguenza di comportamenti inadeguati degli adulti, oppure di un ambiente non idoneo nel quale i minori si muovono.
  I maschi sono il doppio delle femmine perché sempre più attivi e agitati, di questi il 71 per cento è da incidente stradale, quindi sia passeggeri in auto che pedoni o ciclisti. Ribadisco che sono i comportamenti dell'adulto a produrre queste gravissime conseguenze. Il 3 per cento sono traumi sportivi, in aumento soprattutto nei Paesi anglosassoni ma anche da noi, che però non abbiamo dati precisi, il 4 per cento sono da violenza, cioè da abusi e maltrattamenti domestici; il 2 per cento da altre cause.
  Per quanto riguarda il trauma, tutte le gravi cerebrolesioni in bambini piccolissimi sono da abuso fisico: i due terzi dei bambini che lo hanno subìto presentano anche un trauma cranico; nei bambini da 1 a 2 anni che cominciano a muoversi con imperizia prevalgono le cadute, mentre i passeggeri in automobile sono bambini da 1 a 5 anni.
  In età scolare cominciamo ad avere bambini investiti sulle strisce, ciclisti, vittime di incidenti come passeggero e nello sport. Gli adolescenti invece hanno incidenti conseguenti alla guida di ciclomotori o come passeggeri di ciclomotori di amici.
  Questi dati sono della Brain Injury Association americana, perché noi non abbiamo dati nazionali, che non sono mai stati raccolti. Si constata come con l'aumento dell'età aumentino tendenzialmente gli incidenti stradali e invece tendano a diminuire quelli accidentali in ambiente domestico. In Italia la mancanza di una rilevazione e di una raccolta sistematica ed esaustiva dei dati impedisce l'elaborazione di dati epidemiologici, la cui conoscenza risulta essenziale per individuare i fattori di rischio e la loro prevenzione.
  Le casistiche americane, che sono quelle più complete, riportano un'incidenza di lesioni neurologiche gravi da trauma cranico di varia entità: a seconda delle casistiche 155-220 eventi per 100.000 abitanti, noi (dati Istat del 1999) siamo a 272 ogni 100.000 abitanti, quindi abbiamo una media abbastanza elevata. Al primo posto si trovano i traumi da incidenti stradali e al secondo le cadute.
  Un fattore di rischio significativo è rappresentato dalle condizioni socio-economiche disagiate, caratterizzate cioè da un reddito familiare al di sotto della soglia di povertà, con un rischio che è di 71 a 1 (vi prego di sottolineare questo tipo di rapporto, perché non è 3 a 1, 4 a 1 o 5 a 1) rispetto agli altri gruppi sociali, una proporzione gigantesca.
  I bambini che vivono in un ambiente socio-economico e culturale medio-alto presentano quindi un'incidenza relativamente bassa, mentre i bambini che vivono in un ambiente socio-culturale disagiato mostrano un'incidenza elevatissima per ignoranza, disattenzione o violenza. Questi sono dati Pag. 8americani, noi non abbiamo i nostri, ma dobbiamo prestare attenzione a questo aspetto. Quelli dell'Istat sono gli unici dati nazionali che possediamo.
  I casi dei centri di riabilitazione sono relativi ad un anno di degenza, quindi tengo a sottolineare che non abbiamo dati nazionali, non ci sono raccolte di dati se non per i traumi nell'adulto, fatte dai centri di riabilitazione; sono i medici riabilitatori a farsi carico di questa realtà per comunicare al mondo politico e sociale tale tipo di emergenza, però non esistono dati che confluiscano in una raccolta ufficiale, riconosciuta dal Ministero della salute, quindi siamo molto carenti da questo punto di vista e non siamo esattamente a conoscenza dell'entità del problema.
  Ho riportato dei dati che mi sembrano molto forti, però non ne abbiamo di nostri; voglio pensare che l'ambiente familiare italiano sia migliore, però il rischio che la componente economica disagiata possa influire in maniera negativa, secondo, me esiste anche in Italia. I dati Istat del 1999 ci dicono solo che abbiamo un'incidenza di 272 casi per 100.000 abitanti, anche questa superiore a quella dei Paesi anglosassoni.
  Sappiamo che le morti da incidente stradale sono soprattutto tra i 15 e i 19 anni, anche i feriti da incidente stradale prevalgono nettamente nella fascia tra 15 e 19, quindi nella fase adolescenziale. Gli incidenti domestici rappresentano la prima causa di morte in bambini di età compresa fra 0 e 4 anni e il 20 per cento dei ricoveri pediatrici negli ospedali. A più alto rischio la fascia da 2 o 4 anni. Sono dati americani, quindi la sollecitazione che darei è che bisogna cominciare a raccoglierne in Italia.
  Esistono anche dati su sport e trauma cranico gravi in età pediatrica: praticamente il 20 per cento di bambini superiori agli 8 anni che subisce un trauma cranico grave, cioè considerato tale da provocare esiti, lo subisce da football; dal football americano il 5 per cento degli adolescenti e poi da boxe e da equitazione; il 17 per cento di tutti i traumi da equitazione sono traumi cranici e non c'è sufficiente prevenzione anche in questo senso.
  La nuova evoluzione negativa è che i bambini vengono utilizzati anche per combattimenti dove si fanno delle scommesse, una cosa aberrante, ma è così.
  Abbiamo invece un'ottima competenza a livello di rianimazioni, di cui 23 strutture si sono unite per mettere a punto delle linee guida per la gestione dei bambini con grave cerebrolesione acquisita quando giungono nei nostri ospedali. Da questo punto di vista siamo a livelli qualitativi veramente alti, ma ribadisco che la prevenzione è l'aspetto più importante.
  Anche le nostre rianimazioni osservano che le cause più frequenti di trauma cranico infantile sono da incidenti stradali, cadute e aggressioni domestiche, inclusa la Shaken Baby Syndrome (Sindrome del bambino scosso), dovuta al fatto che il bambino molto piccolo, anche neonato, viene maltrattato dai genitori.
  Per quanto riguarda la prevenzione, vorrei ricordare che un urto a 15 chilometri all'ora può essere fatale per un bambino (non per un adulto) e che in caso di impatto a 50 chilometri l'ora un bambino di 15 kg ha una forza d'urto di 225 chilogrammi, per cui è impossibile trattenerlo. Le mamme che tengono i bambini in braccio o li mettono nel seggiolino senza cintura adottano quindi comportamenti da sanzionare più di quanto avvenga attualmente. È necessaria anche la prevenzione sugli sci e in bicicletta.
  Poi ci sono le gravi cerebrolesioni non traumatiche, che non sono affatto modeste, e rappresentano il 30 per cento di tutte le cause di grave cerebrolesione acquisita dal bambino.
  Sono da danno anossico cerebrale, da annegamento, da arresto cardiaco, da folgorazione, da malattie cerebrali infantili, che sono le minori come entità, da ictus cerebrale, che è sempre legato a malformazioni cerebrali o a patologie di altro genere, perché il bambino sano ovviamente non vi è soggetto; invece l'avvelenamento è una tipica causa di danno cerebrale da incuria domestica, ingestione di sostanze tossiche o farmaci, inalazione di ossido di carbonio. Ci sono poi altre cause minori. Pag. 9
  Abbiamo delle informazioni dalle nostre rianimazioni, che hanno riportato nel lavoro sulle linee guida per la gestione di queste patologie che i casi arrivati nel corso del 2004 erano per il 48 per cento su base anossica in bambini fino a 2 anni, e poi patologie infettive, emorragiche, ischemiche e altro. I bambini che arrivano nelle nostre rianimazioni sono quindi per il 50 per cento legati a patologie di tipo ipoanossico, di cui il 48 per cento da annegamento o semi-annegamento.
  Non consideriamo l'annegamento perché il bambino è deceduto, mentre il semi-annegamento porta in ospedale. In Italia nel 44 per cento dei casi l'annegamento avviene in territori che non presentano accesso al mare, dove i bimbi non hanno imparato a nuotare, quindi vanno nei fiumi, nei laghetti; nella maggior parte dei casi è da attribuire a malore soprattutto negli adolescenti, mentre nei bambini più piccoli a imperizia.
  Va però segnalato che negli Stati Uniti i soccorsi più capillari e tempestivi fanno sì che su otto eventi solo uno abbia esito mortale, mentre in Italia su otto eventi quattro esitano in un decesso, quindi il ruolo del personale di salvataggio sulle spiagge o in altri ambienti è fondamentale.
  Su 800 eventi all'anno il 55 per cento viene ricoverato, gli altri invece decedono, però un dato positivo è che la mortalità è passata da 1.200-1.300 morti negli anni ’70 a solo (si fa per dire) 400 nel biennio 2007-2008, con una diminuzione del 90 per cento, quindi ci sono più bambini che sanno nuotare. Questi sono dati nazionali del Censis.
  C'è poi il problema dell'arresto cardiaco, sono morti improvvise fra i giovani da 1 a 24, perché il limite dell'età pediatrica è un po’ fluttuante nelle casistiche, a volte si ferma a 14, altre a 18, e in questo lavoro, benché sia scritto «pediatrico», arrivavano a 24 anni.
  Nel 2009 in Italia sono stati 191, di questi 21 avevano un'età tra 1 e 4 anni, 32 sopra i 5 e 138 preadolescenti. Negli adolescenti e giovani l'incidenza di arresto cardiaco durante attività sportive è molto elevata, e complessivamente tre volte superiore in chi fa sport rispetto a bambini e adolescenti sedentari, quindi anche qui è necessario un lavoro di selezione dei bambini che possono avvicinarsi ad attività sportive intense di tipo agonistico, che non sono assolutamente fatte in maniera adeguata. Spesso le certificazioni sono generiche oppure, siccome è un bambino, non fanno l'elettrocardiogramma da sforzo e quindi abbiamo queste conseguenze.
  Per quanto riguarda l'avvelenamento da sostanze, nei bambini non abbiamo dati sull'incidenza. L'unica cosa che vorrei segnalare è che quelle severe comportano danni irreversibili, quindi necessita un supporto per questi bambini per tutta la vita, non solo l'assistenza acuta, post-acuta, riabilitativa anche nella fase avanzata, ma addirittura la necessità di supportarli come gli altri cerebrolesi gravi, che abbiano avuto un trauma o un avvelenamento da sostanze; se l'avvelenamento è di una certa entità, condiziona tutto l'arco della vita del bimbo.
  Gli interventi di prevenzione primaria consistono nell'introdurre modifiche dell'ambiente e dei mezzi fisici (strade, piste ciclabili, luoghi di svago che non espongano il bambino a rischi di traumi, strumenti di gioco che spesso non sono affatto innocui) e in interventi che mirano a modificare i comportamenti a rischio, con programmi educazionali, campagne pubblicitarie educative, introduzione di norme di legge che incidano maggiormente sulle abitudini di vita.
  L'ultimo campo sul quale lavorare sono le cosiddette «famiglie agoniste» che aizzano i bambini durante le partite di calcio e di rugby e li inducono ad essere più aggressivi e più violenti, quindi di fatto ad esporsi maggiormente a possibilità di traumi, tanto che si sono organizzati dei genitori steward anti-rissa che stanno negli spalti dove i bambini fanno calcio o altre attività, per dividere altri genitori che litigano fra loro perché i loro figli devono assolutamente vincere, essere bravi a tutti i costi.
  È primario evitare che si arrivi al trauma cranico, all'avvelenamento, all'intossicazione, al fatto che i bimbi mettano in bocca di tutto e le vie aeree vengano occluse, Pag. 10quindi subiscano danni cerebrali irreversibili. Ci sono poi interventi di prevenzione secondaria e terziaria, che favoriscono l'ottimizzazione della fase assistenziale, come il 118, che da noi funziona abbastanza bene, ma non in tutte le regioni allo stesso modo; la cura intraospedaliera specifica e la fase di riabilitazione.
  Sulla fase di riabilitazione la collega ha già detto abbastanza, per cui non vorrei insistere, ma ho condiviso tutto, cioè non ha senso sottoporre il bambino a una riabilitazione una o due volte a settimana, perché la plasticità cerebrale che ancora il bambino possiede possa essere modificata.
  L'altra cosa importantissima è l'obbligatorietà dei centri di possedere requisiti strutturali e competenze professionali specifiche per l'infanzia e l'adolescenza. Questo significa che, essendoci un bisogno estremamente vasto sia dal momento della degenza, sia successivamente per quanto riguarda gli aspetti riabilitativi, improvvisarsi sarebbe scorretto, ma ciascuno fa quello che può con le risorse (sia strutturali che professionali) che possiede, quindi spesso non è all'altezza della situazione.
  Il bambino, soprattutto nella fase acuta, che è critica anche per la prevenzione delle complicanze del regime di cure del periodo di degenza ospedaliera o nella struttura riabilitativa, rischia non solo di non essere sollecitato adeguatamente, ma addirittura di avere delle complicanze perché la gestione intraospedaliera non è adeguata.
  Che centri abbiamo di riabilitazione (parlo di degenza)? Otto sono i centri più qualificati, probabilmente ce ne sono altri, ma nella ricerca su internet ma non ne ho trovati di più. Vorrei però segnalare che la distribuzione è nell'Italia settentrionale e centrale; i due centri storicamente ad altissima competenza sono il Centro Eugenio Medea del Bosisio Parini di Lecco e l'Ospedale Bambin Gesù, che si occupano esclusivamente di bambini.
  Altre strutture di qualità dell'assistenza ricoverano anche adulti e hanno affiancato un reparto dedicato ai bambini oppure si occupano di bambini ma non li accompagnano nella fase successiva, cioè non coprono il percorso riabilitativo di cui ha bisogno il bambino, che quindi passa da una struttura all'altra.
  Per quanto riguarda le cerebrolesioni gravi, il Don Gnocchi ha sette strutture, due si occupano anche di bambini, le altre esclusivamente di adulti.
  Il centro Don Gnocchi Bignamini di Falconara Marittima è esclusivamente per bimbi ed ha due tipologie: ricovera bambini per ricoveri palliativi, cioè bambini che ormai non hanno più la possibilità di raggiungere un recupero, che vengono accolti per dare sollievo alla famiglia o per un aggravamento del quadro clinico quale infezioni, e, data la zona abbastanza povera di Ancona e delle Marche, è l'unica struttura che si occupa di bambini in questa fase.
  Poi c'è il nuovo centro Don Gnocchi di Firenze che, insieme all'ospedale Meyer, inaugura il 1° marzo un reparto dedicato alle cerebrolesioni gravi infantili. Le stanze già pronte verranno attivate per effettuare un percorso per quanto riguarda soprattutto la Regione Toscana, che passi dal ricovero ospedaliero ad alta qualificazione professionale ad una struttura riabilitativa corrispondente.
  Vorrei sottolineare anche l'esigenza del rientro nel percorso scolastico, laddove è possibile e proponibile, per fasce d'età, se gli esiti non sono stati così devastanti da non consentire il rientro scolastico; ma poiché il bambino rimane in condizione gravissima, questo prevede una serie di passaggi che va iniziata prima della dimissione dal percorso riabilitativo, contattando la scuola e gli insegnanti.
  Ci sono linee guida che devono essere applicate, ma nelle strutture non abituate ad occuparsi costantemente di questi bambini vengono regolarmente disattese, in quanto si occupano della fase post-acuta, lo rimettono in piedi, lo consegnano alla famiglia e finisce tutto lì, e poi la famiglia si trova a dover affrontare tutti gli altri passaggi non dico in solitudine, ma con grande difficoltà.
  C'è poi il problema che anche i bambini possono rimanere in stato vegetativo, quindi si avvia il percorso delle cure palliative per cui c'è un documento del 2013 del Ministero Pag. 11 della salute, sui bambini che per causa sia traumatica che non traumatica possono rimanere in stato vegetativo ed avere una sopravvivenza da dieci a vent'anni. Anche questi casi richiedono assistenza; spesso la famiglia preferisce portarli a casa e chiedere un accompagnamento con cure domiciliari, però quando la famiglia non è in grado di sostenerli sul piano né sociale, né economico, confluiscono nelle strutture.
  Di tutti i bimbi affetti da patologie che richiedono cure palliative, un terzo sono bambini con patologie oncologiche e due terzi con gravi patologie neurologiche.
  Ci sono dati dell'Istat e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali che fanno vedere la differenza di disponibilità di risorse per il superamento dell’handicap tra regioni del nord, Italia centrale e del sud; c'è un enorme dislivello tra media nazionale e situazioni delle isole e dell'Italia meridionale.

  SANDRA ZAMPA. Desidero scusarmi, perché andrò via probabilmente prima che voi abbiate concluso, ma ho un'audizione con il Ministro degli esteri ed è la prima, quindi non posso mancare.
  Lei ci ha spiegato che l'accesso è gratuito. Avete previsto anche un eventuale accesso a pagamento per famiglie che sarebbero in grado di pagare?
  La seconda domanda vale per entrambe. Colpisce l'enorme mole di lavoro che si richiede, l'intervento saltuario non serve a niente e ancora peggiore è il caso delle famiglie che li tengono a casa perché chi li ha conosciuti conosce la differenza del percorso una volta diventati adulti.
  Io mi domando e domando soprattutto a voi, visto anche l'enorme costo che evidentemente rappresenta questo problema, se oltre che in quelli da traumi (devo dire che mi ha colpito molto che il 50 per cento del totale è da trauma cranico, cosa che deve farci riflettere e che conferma che il Paese avrebbe bisogno di uno straordinario investimento nell'educazione, come testimonia parte dei problemi a cui assistiamo), anche non da incidente, ma congenite o dovute a malattia le cure si accompagnino ad una ricerca per la prevenzione.
  Esiste la possibilità di prevenire una parte di queste gravi patologie per lesioni neurologiche prima della nascita, ci sono comportamenti che potrebbero essere modificati e che le eviterebbero?

  ANTONIA MADELLA NOJA, Segretario generale della Fondazione Together to go (TOG) Onlus. Il primo quesito è molto interessante: lei dice che abbiamo fatto un centro che svolge un'attività come se fosse un'attività pubblica, cioè i bambini non pagano, ma questo vale per tutte le famiglie oppure ci potrebbero essere famiglie che potrebbero pagare?
  Dal punto di vista della Weltanschauung, della visione del mondo, io non avrei mai fatto un centro privato per mia disposizione, perché ho sempre lavorato nel pubblico, quindi l'ho posto come conditio sine qua non, in quanto non avrei creato TOG se non fosse stato un centro gratuito; l'invio non è mediato dalla questione sociale-economica, ma dalla gravità della patologia, dalla tempestività dell'invio. I nostri grandi invianti sono i centri pubblici (le UONPIA, l'Istituto neurologico Besta, l'Istituto di genetica).
  Rimane però un tema che ci pongono spesso: perché se il bambino è figlio di persone abbienti non può pagare, aiutando l'insieme? Noi coinvolgiamo in maniera intensa i genitori anche nel reclutamento fondi, non nel pagamento, ma nel fatto che tutti si organizzino per dare secondo le loro possibilità. Faccio un esempio: un bambino che ha il papà che lavora alla Mitsubishi (sapete che tutte le aziende hanno questa fascia di charity e ci tengono a fare un lavoro sociale) chiede che l'organizzazione della struttura che si occupa di charity faccia una donazione a TOG che è una Onlus, per sostenere TOG, non quel bambino, per sostenerlo generally speaking.
  Noi abbiamo un'alta percentuale di bambini che provengono da famiglie extracomunitarie, perché è tutto epidemiologicamente trasversale, ma anche famiglie molto povere che magari vivono vicino a una gelateria possono chiedere che una volta all'anno ci sia «il gelato per Viola», cioè la gelateria offra il gelato e i 1.000 euro raccolti Pag. 12 siano una donazione a TOG. Sono mille i rivoli di contribuzione.
  Naturalmente il genitore abbiente lo capisce e fa una donazione, ma non c'è il tema del pagamento, perché coinvolgerebbe una questione legata al reddito che è contraria alla nostra mentalità, quindi tutti sono uguali e sanno che per sopravvivere TOG ha bisogno dell'aiuto di tutti.
  Per quanto riguarda l'altra domanda, posso rispondere sulla base della mia esperienza che da molti decenni il dato epidemiologico della lesione cerebrale infantile non post traumatica (della quale, come ho detto, non mi occupo), è pesante, invariata dagli anni ’60 ad oggi, cioè i 3 o 4 bambini su 1.000 nati vivi colpiti da lesione cerebrale oppure da sindrome genetica con ritardo mentale sono rimasti invariati. Perché?
  Uno dei dati fondamentali è la questione della sopravvivenza neonatale. Bambini di peso bassissimo (7-8 etti), che la tecnologia neonatale ha permesso di far sopravvivere (se andate alla Mangiagalli vedete che la tecnologia avanzatissima dal punto di vista cardiaco e respiratorio ha permesso la sopravvivenza di bambini molto sottopeso), ma è una sopravvivenza organica, il cervello ha sofferto e si ha una incidenza delle diplegie spastiche molto alta, che ha riequilibrato tutto il quadro.
  Ne nascevano così tanti negli anni ’60 perché c'era il forcipe, la ventosa, il trauma da parto e ugualmente ne nascono oggi per altri motivi, perché è vero che ci sono prevenzioni, controlli, traslucenza, tecnologie avanzatissime, ma è come se un certo tipo di rimescolamento generale riproducesse però lo stesso schema epidemiologico, e questo è pesante. C'è stato un avanzamento tecnologico altissimo, ma non c'è stata una diminuzione statistica.

  SANDRA ZAMPA. Volevo chiedervi delle differenze nord-sud, della sindrome da scuotimento...

  ANTONIA MADELLA NOJA, Segretario generale della Fondazione Together to go (TOG) Onlus. C'è un centro di eccellenza a Troina, in Sicilia, esistono vari centri, però il problema è il focus.

  ELENA FERRARA. Nel nostro ruolo cerchiamo anche di capire cosa fare, perché spesso si dice che è un fatto educativo, culturale, però dobbiamo aggredire questo problema perché stiamo regredendo rispetto all'attenzione genitoriale riguardo certi temi.
  Il fatto che ancora oggi non si faccia la corretta prevenzione nell'utilizzo dei seggiolini sulle auto, che a distanza di così tanto tempo i ragazzini al sud viaggino tranquillamente senza casco, che sugli sci i bambini non utilizzino le debite protezioni che possono evitare una serie di drammi, credo sia frutto non di carenza quanto di indisponibilità genitoriale a cogliere il tema rischio come un tema reale, eppure di figli non ne hanno dieci, ma di solito uno o due.
  L'incidente può sempre succedere e anche con il casco si può morire, però è anche vero che queste cose si vedono. Più rifletto su questi temi perché mi occupo di educazione, e più rilevo che nell'aspetto prettamente sanitario il ruolo del pediatra è fondamentale, perché vi assicuro che quello che può dire la puericultrice è probabilmente ascoltato, ma quello che dice il pediatra è ascoltato molto di più. Se a dirlo sono la puericultrice o il consultorio dove c'è una figura intermedia, si pensa che siano temi di stili di vita, che non vanno a impattare davvero sulla salute del bambino, ma se lo dice il pediatra è diverso.
  È un ruolo chiave che non viene approfondito, non perché i pediatri non siano bravi, ma perché probabilmente sarebbe opportuno un investimento maggiore su quella figura professionale, che faccia davvero un passo in più rispetto a quello che è stato il suo lavoro finora, perché deve fare un lavoro di educazione e anche di sensibilizzazione.
  Mi occupo di devices, dell'abuso della tecnologia in età precoce, che dal punto di vista neurologico crea grossi problemi; andiamo incontro ad un mondo che non sappiamo che tipo di uomo e di donna ci restituirà, perché ci allontaniamo dalle emozioni, mettiamo tutte queste difese perché il virtuale è qualcosa che fa soffrire meno, peccato che poi è reale! Ci occupiamo di questi temi anche con la presidente. Pag. 13
  Riteniamo che ci sia un vulnus fondamentale, quindi cosa si può suggerire al Ministero della salute rispetto a questo perché insieme ai pediatri si facciano dei progetti? Il progetto Nati per leggere, dove ci sono i pediatri insieme alle biblioteche, ha un peso molto diverso dai progetti in cui ci sono solo le biblioteche con i docenti o con la rete dei servizi socio-assistenziali, manca quella figura che forse è ancora vista nell'immaginario collettivo come un punto di riferimento autorevole rispetto ad altri che evidentemente sono meno ascoltati. Cosa ne pensate?

  ANTONIA MADELLA NOJA, Segretario generale della Fondazione Together to go (TOG) Onlus. Trovo interessantissimo questo aspetto, pur non essendo il mio campo. Ricordo che il primo convegno che abbiamo fatto come TOG è stato «Pediatria della disabilità», per coinvolgere i pediatri (e in questo assegno un grandissimo riconoscimento al gruppo dei genetisti di Angelo Sinicorni), perché è verissimo quello che lei dice: ci vuole una figura molto autorevole, e la salute, la pelle dei bambini, la loro vita, ha un forte impatto sul genitore, che spesso è in una bolla di egotismo (la questione che lei diceva di giocare al calcio e di questi schieramenti-faida rappresenta l'egotismo di oggi della genitorialità, che non è quello di una volta) e può essere un grimaldello più potente di quello scolastico.
  Ormai, infatti, la figura educativa dell'insegnante è talmente colpita al cuore da certi punti di vista, che non ha più quella potenza di tutor che invece ha il pediatra, che però va formato su questi temi; deve sapere perché epidemiologie come quelle che ha detto lei sono potentissime, quindi bisogna fornirgli i dati e sensibilizzarlo al fatto che la sua parola nella discussione con i genitori è una parola pedagogica, cioè diventa pedagogia.
  Questo ruolo dell'insegnamento e dell'educazione della sanità è sempre più commisto, perché una mamma che si sente dire dal pediatra che qualcosa può creare un problema, viene almeno mossa dal punto di vista dell'attenzione intellettiva di più che se glielo dice l'insegnante d'asilo. Sono molto d'accordo su questo, è veramente importante, e questo è vostro compito, non può certo essere il nostro.

  ANNA MAZZUCCHI, neurologa e neuropsicologa coordinatrice della rete Gravi cerebrolesioni acquisite dei centri della Fondazione Don Gnocchi Onlus Sono sicura che questo è importantissimo e quindi lo condivido, ma credo che non basti. Io lavoro sulla prevenzione dagli anni ’80 insieme alle associazioni familiari prevalentemente dall'adolescente in su, perché nel mio percorso personale mi sono occupata di traumi cranici soprattutto da incidente stradale, e abbiamo fatto di tutto: siamo andati nelle scuole, in televisione, dappertutto, ma l'unica cosa che veramente ha funzionato è andare nelle classi e raccontare quanto è bello il cervello, quanto è importante, quante belle cose fa.
  Bisogna investire la persona di conoscenze per cui decida di non mettersi a rischio, cioè lavorare sul positivo. Questo riguarda gli adolescenti, perché ci sono più azioni da portare avanti contemporaneamente. Per quanto riguarda la famiglia e il discorso della violenza non c'è pediatra che tenga, nel senso che sanno benissimo che la violenza non deve essere applicata ai bambini, quindi il problema è un altro.
  Il problema è la responsabilizzazione nei confronti dell'avere figli, nel fatto che il figlio non è una proprietà privata; ci sono aspetti di tipo sociale, direi anche morale, ma l'etica si fa sempre fatica a tirarla fuori anche se francamente quando è necessario lo faccio.
  Capiamo che c'è un'altra prevenzione da portare avanti, se consideriamo tutta la violenza esercitata sui bimbi (ci mettiamo anche le mamme), bisogna che diciamo pane al pane e vino al vino: c'è un aumento notevole di dipendenza alcolica e di dipendenza da videogiochi, c'è un aumento notevole di dipendenze in generale, che alterano il senso di responsabilità delle persone, per cui tutto infastidisce, tutto quello che «impedisce di...», che limita. Parliamo di un individualismo esasperato in direzioni che non sono solo il voler ottenere tutto il più presto possibile, ma è anche qualcosa che deteriora dal punto di vista Pag. 14fisico, mentale, cognitivo, morale. Bisogna lavorare su strati della società molto larghi.
  La violenza è un aspetto, poi c'è la disattenzione in generale, per cui ho in mente tutte le mie cose, quindi dove ho messo il detersivo, dove ho messo i miei farmaci? Tutto di corsa, e il bambino non è veramente stato voluto, atteso, accolto, amato fin dall'inizio, come forse nella nostra generazione siamo stati noi. Quando ci sono altre iniziative da portare avanti, tutto diventa un problema enorme e si riflette sulle categorie più deboli, che sono i bambini. Si tratta di un'azione combinata di tipo sociale complessa.

  PRESIDENTE. Vi ringrazio. Vi anticipo che presenteremo il risultato di questo lavoro nell'ambito di un evento, una volta concluse le audizioni, e valuteremo quali proposte legislative fare.
  Faremo una presentazione pubblica alla quale vi inviteremo, magari anche come relatori affinché il tema che solleviamo possa trovare una condivisione a livello pubblico, perché purtroppo tante cose non si sanno. Distribuiremo a tutti il materiale che ci avete portato.
  Nel ringraziare le nostre ospiti, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 13.40.

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ALLEGATO 1

Documentazione presentata dalla Fondazione
Together to go (TOG) Onlus.

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ALLEGATO 2

Documentazione presentata dalla rete Gravi cerebrolesioni acquisite dei centri della Fondazione Don Gnocchi Onlus.

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