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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 21 di Martedì 4 aprile 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SALUTE PSICOFISICA DEI MINORI

Audizione di Angelo Luigi Vescovi, ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, e di Elisa Maria Fazzi, Direttore U.O. di Neurologia e Psichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, ASST – Spedali Civili di Brescia e Professore ordinario di Neuropsichiatria Infantile presso l'Università degli studi di Brescia.
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 3 ,
Vescovi Angelo Luigi , ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo ... 4 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 11 ,
Vescovi Angelo Luigi , ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo ... 11 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 12 ,
Vescovi Angelo Luigi , ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo ... 12 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 12 ,
Vescovi Angelo Luigi , ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo ... 12 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 12 ,
Vescovi Angelo Luigi , ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo ... 12 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 12 ,
Vescovi Angelo Luigi , ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo ... 12 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 12 ,
Vescovi Angelo Luigi , ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo ... 13 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 13 ,
Vescovi Angelo Luigi , ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo ... 13 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 13 ,
Vescovi Angelo Luigi , ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo ... 13 ,
Bertorotta Ornella  ... 13 ,
Vescovi Angelo Luigi , ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo ... 13 ,
Bertorotta Ornella  ... 14 ,
Vescovi Angelo Luigi , ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo ... 14 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 14 ,
Lupo Loredana (M5S)  ... 14 ,
Vescovi Angelo Luigi , ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo ... 15 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 16 ,
Fazzi Elisa Maria , Direttore U.O. di Neurologia e Psichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, ASST – Spedali Civili di Brescia e Professore ordinario di Neuropsichiatria infantile presso l'Università degli studi di Brescia ... 16 ,
Bertorotta Ornella  ... 22 ,
Fazzi Elisa Maria , Direttore U.O. di Neurologia e Psichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, ASST – Spedali Civili di Brescia e Professore ordinario di Neuropsichiatria infantile presso l'Università degli studi di Brescia ... 22 ,
Bertorotta Ornella  ... 22 ,
Fazzi Elisa Maria , Direttore U.O. di Neurologia e Psichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, ASST – Spedali Civili di Brescia e Professore ordinario di Neuropsichiatria infantile presso l'Università degli studi di Brescia ... 22 ,
Bertorotta Ornella  ... 23 ,
Fazzi Elisa Maria , Direttore U.O. di Neurologia e Psichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, ASST – Spedali Civili di Brescia e professore ordinario di Neuropsichiatria infantile presso l'Università degli studi di Brescia ... 23 ,
Brambilla Michela Vittoria , Presidente ... 24 

ALLEGATO 1: Documentazione presentata dal professor Angelo Luigi Vescovi ... 25 

ALLEGATO 2: Documentazione presentata dalla professoressa Elisa Maria Fazzi ... 45

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE
MICHELA VITTORIA BRAMBILLA

  La seduta comincia alle 14.15.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di Angelo Luigi Vescovi, ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, e di Elisa Maria Fazzi, Direttore U.O. di Neurologia e Psichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, ASST – Spedali Civili di Brescia e Professore ordinario di Neuropsichiatria Infantile presso l'Università degli studi di Brescia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla tutela della salute psicofisica dei minori, l'audizione di Angelo Luigi Vescovi, ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Bioscienze e Biotecnologie dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, e di Elisa Maria Fazzi, Direttore U.O. di Neurologia e Psichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, ASST – Spedali Civili di Brescia, e professore ordinario di Neuropsichiatria infantile presso l'Università degli Studi di Brescia.
  Professor Vescovi, l'abbiamo invitata perché stiamo occupandoci di un'indagine conoscitiva – lo dico anche a lei, professoressa Fazzi – sul diritto alla salute dei minori, in particolare dei minori disabili.
  Dal quadro emerso da tutte le audizioni che abbiamo svolto fino a oggi di coloro che vi hanno preceduti, ci siamo resi conto che la terapia, le possibilità offerte a questi bambini sono insufficienti quantitativamente e qualitativamente.
  Il nostro ruolo è proprio quello di comprendere come possiamo essere da sprone per il Servizio sanitario nazionale perché sia maggiormente adeguato al sostegno a questi minori e anche di capire come lavorare su una loro riabilitazione in maniera più incisiva, che alla fine va a diminuire i costi del Servizio sanitario nazionale, riducendo poi da adulti la disabilità.
  C'è anche un discorso di non omogeneità in Italia, per cui in alcune regioni abbiamo una offerta limitata, in altre nemmeno Pag. 4 quella. Questo è quanto vorremmo capire con il vostro aiuto.
  In particolare, se parliamo di cellule staminali, professore, abbiamo visto tutti i metodi di recupero delle disabilità motorie: è chiaro che sulle cellule staminali e sull'impossibilità di intervenire nei deficit tanto si è detto, tanto si spera, anche tanto si è detto male recentemente per altri episodi di cronaca. Quello che vorremmo capire è come le cellule staminali oggi possano aiutare i minori disabili.

  ANGELO LUIGI VESCOVI, ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Credo di avere inquadrato bene il problema. Grazie per la prolusione. Ho cercato di preparare una presentazione molto semplice, che si articola su tre punti, che credo c'entrino perfettamente con quello che ha detto lei: anzitutto, che cosa sono le cellule staminali – presentato in maniera molto grafica e molto semplice, così finalmente si fa un po’ di chiarezza su queste entità astratte – e come possono venire utilizzate per le terapie innovative.
  Io lavoro in ambito neurologico, ma bisogna tener presente che, se l'ambito neurologico è il settore più difficile di applicazione, perché tocchiamo un organo complesso come il cervello, per estrapolazione sono passibili dello stesso tipo di intervento anche altri tessuti, altre patologie. Proprio per non rimanere in quello che è il problema delle cellule staminali, di cui si è parlato e promesso tanto e poi si è fatto ancora oggi veramente poco, ho cercato di attenermi a qualcosa di molto concreto.
  In particolare, pochi sanno che l'Italia è una delle nazioni all'avanguardia per le sperimentazioni cliniche, dove le cellule staminali sono state portate, al di là dei bellissimi studi di ricerca preclinica, sul paziente. Che cosa è stato fatto e che cosa è possibile fare?
  In questo momento, il nostro istituto è ancora troppo piccolo e troppo poco finanziato, mi permetto di dire, per lavorare direttamente su alcune patologie dell'infanzia e dell'adolescenza. Cionondimeno, vedete evidenziate alcune delle patologie sicuramente importanti per l'età giovanile e adolescenziale, che rientrano nei nostri obiettivi di ricerca e di sperimentazione clinica.
  Parlo della malattia di Huntington, di cui esistono forme giovanili. Soprattutto, gravissime sono le lesioni spinali, quelle croniche. Paraplegici e tetraplegici in età adolescenziale sono numerosissimi per i tuffi in acqua. Pochi sanno che quella è la prima causa di paralisi. La sclerosi multipla nelle sue forme infantili e adolescenziali costituisce il 5 per cento di tutte le forme di sclerosi multipla al mondo. Parliamo di centinaia di migliaia di pazienti. Vi faccio vedere proprio cellule staminali cerebrali, fino alla clinica e alla sperimentazione clinica, quindi fatti concreti.
  Capire che cosa sono le cellule staminali è semplicissimo. Considerate che un organismo umano è composto da un milione di miliardi di questi mattoncini elementari che sono le cellule. Per intenderci, una cellula dell'epidermide è uno di questi mattoncini. Il nostro corpo è praticamente costituito da un milione di miliardi di questi piccoli mattoncini.
  Questi mattoncini sono tutti organizzati in una struttura estremamente complessa e ordinata. Questo è il concetto di entità biologica. Noi siamo delle strutture tridimensionali fatte di unità fondamentali, che si articolano in un modo estremamente ordinato: si ordinano secondo un'informazione contenuta nel codice genetico. Ogni codice genetico ha la sua peculiarità e sono tutti diversi, ma l'informazione lì contenuta contribuisce a creare l'ordine che caratterizza ogni organismo vivente. La vita è, essenzialmente, ordine biologico.

(Proiezione di un breve filmato)

Pag. 5

  Se guardiamo questo filmato, vediamo all'opera due processi che sembrano assolutamente diversi, e invece non lo sono: a sinistra, si vede una bambina che cresce in maniera accelerata e invecchia; a destra, vediamo una goccia di inchiostro che entra in acqua. In realtà, stiamo vedendo all'opera lo stesso processo, che è la forza sottesa all'evoluzione dell'universo, dove ogni sistema ordinato – e vi ho appena detto che siamo sistemi ordinati – tende a evolvere verso un grado di disordine maggiore semplicemente per il fatto di esistere. Così come la goccia di inchiostro diffonde e presenta maggior disordine nell'acqua, noi invecchiamo come vediamo nell'immagine a sinistra. È lo stesso processo, e non c'è niente di patologico, è il modo in cui funziona il nostro universo, e le entità biologiche non sfuggono a questa regola. Siamo esseri ordinati grazie al nostro DNA e l'universo ci smembra leggermente ogni giorno che passa.
  In condizioni assolutamente normali, i nostri mattoncini vengono erosi e dispersi in qualche modo: è l'aumento di disordine e invecchiamo. Quando questo avviene in maniera estremamente violenta, intensa o anche subitanea, abbiamo una patologia. Pensiamo a un trauma: una martellata sul dito, banalmente, distrugge delle cellule in maniera acuta e ne distrugge tantissime. Combiniamo il processo di invecchiamento con quello di danno da batteri e da virus, e vedete che invecchiamo e moriamo. Essenzialmente, questo è un essere biologico che vive, invecchia, si ammala e muore dal punto di vista delle cellule che costituiscono questo essere, che sono le cellule mature.
  Si può fare qualcosa per prevenire questo problema? Si può fare qualcosa, ma già lo facciamo senza accorgercene in questo momento, in questa stanza, ed è una funzione svolta dalle cellule staminali. Vi spiego banalmente che cosa sono. Immaginate una struttura ordinata come questo tetto, unità singole ripetute e ordinate che svolgono la funzione di proteggere, esattamente come le cellule dell'epidermide, ossia unità singole ordinate e ripetute che svolgono la funzione di proteggere: esattamente come il tetto viene eroso dagli agenti atmosferici o semplicemente dal tempo, questo avviene nella nostra epidermide, in cui singole cellule vengono distrutte e devono essere sostituite. Le cellule staminali fanno esattamente questo.
  Con un sistema estremamente complesso di lettura del contesto in cui vivono – ogni tessuto ha la sua cellula staminale – si accorgono di quante cellule vengono consumate e ne producono di nuove, che vanno a sostituire quelle che sono state distrutte. In teoria, se questo processo fosse assolutamente perfetto, non invecchieremmo mai, ma purtroppo anche il processo della cellula staminale è sottoposto alle regole dell'universo. È per questo che invecchiamo.
  Abbiamo una situazione in cui c'è un danno, col quale molte più cellule vengono distrutte nell'unità di tempo che in situazioni normali. La cellula staminale è il ragno all'interno della tela: sente il cambio della situazione, si accorge che c'è un danno in corso, aumenta l'attività e produce più cellule per riparare la lesione. In altre parole, una cellula staminale è banalmente l'ufficio manutenzione dei nostri tessuti: ripara e manutiene i nostri tessuti acciocché possiamo essere longevi fino oltre i cento anni.
  Adesso facciamo un rapidissimo salto nel nostro cervello: ci sono 100 miliardi di cellule nella nostra galassia, la Via Lattea. Ci sono 1012, e quindi 1000 miliardi di cellule, in un cervello umano – preferisco Einstein al buon Homer Simpson – quindi 10 volte più cellule nel nostro cervello che stelle in una galassia. Immaginate il livello di complessità, estremo, perché le cellule comunicano tra loro.
  Queste cellule cerebrali, esattamente come le altre, si consumano e muoiono, quindi se ho un cervello e comincio a scendere a livello sempre più microscopico, troverò le cellule che costituiscono il tessuto nervoso, fondamentalmente di tre tipi: le cellule nervose, come le conoscete voi, che producono gli impulsi elettrici e ci permettono di muoverci, per esempio, e di pensare; le cellule della mielina, che isolano i prolungamenti delle cellule nervose, permettendo all'impulso elettrico di non Pag. 6disperdersi; il 90 per cento delle cellule del nostro cervello è costituito dagli astrociti, o cellule stellate, che fanno da impalcatura, su cui si regge tutto il resto, e sono un sistema assolutamente efficiente di omeostasi, di mantenimento delle condizioni adatte per la sopravvivenza cellulare. Questo è il nostro cervello. Sono semplicemente mille miliardi di cellule, una complessità enorme.
  Immaginate che, per funzionare, il nostro cervello sia come un'orchestra, con timpani, tromboni, corni, oboi, fagotti e così via, che suonano una grande opera, che è ovviamente l'opera della mente umana, l'ingegno, il pensare, il ricordare, il piangere, il soffrire, il muoversi. Immaginate che cosa può succedere a un'orchestra fatta da mille miliardi di strumenti, il cervello, nel momento in cui per esempio tolgo un tipo di strumento relativamente poco importante – non me ne vogliano i melomani – come i timpani: il concerto continua, e infatti il cervello non muore, ma è scoordinato e chi ha un orecchio molto fine se ne può accorgere. Un altro problema nasce quando spariscono i violini primi e i violini secondi: a quel punto, anch'io, che non sono un melomane, mi accorgo che qualcosa non va.
  Abbiamo appena visto le malattie neurodegenerative nel sistema nervoso centrale, nel cervello, che altro non fanno che distruggere i vari tipi di strumenti. Vi ricordo che ce ne sono tre tipi principali in un numero di mille miliardi. Che cosa succede? Che ho una malattia diversa in funzione della posizione, del numero e della funzione delle cellule che vanno distrutte. Ecco perché le malattie neurodegenerative possono essere il morbo di Alzheimer, il Parkinson, la Corea di Huntington, la sclerosi multipla, nella quale muoiono le cellule che isolano le fibre nervose, per cui l'impulso elettrico si disperde, con le manifestazioni note.
  Nella Corea di Huntington, nel morbo di Parkinson, nel morbo di Alzheimer, muoiono proprio i neuroni che producono l'impulso elettrico. In funzione della regione, ho perdita di memoria, di controllo motorio. Nelle lesioni spinali la situazione è molto più complessa, perché c'è la distruzione dell'intero tessuto nervoso, e quindi muoiono tutti i tipi di cellule in maniera massiva, tanto che ci sono dei veri e propri buchi.
  Ho identificato queste tre patologie, due delle quali sicuramente afferiscono all'età che interessa a questa Commissione. Per la sclerosi laterale amiotrofica, malattia che tutti conoscete, assolutamente drammatica, la peggiore che conosca, è già stata fatta una sperimentazione clinica. Che cosa si può fare con queste cellule staminali? Qui stiamo parlando di cellule staminali somatiche, quelle che conoscete come adulte, e l'approccio scelto, non necessariamente perché lavoro in un Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) cattolico – ai tempi, non ci lavoravo – è stato quello di un rispetto dell'etica in maniera totale e assoluta.
  Si parte da qui. Secondo Cajal, famoso premio Nobel che ha scoperto la struttura del cervello all'incirca 120 anni fa, nel cervello tutto è fisso e immutabile, tutto può morire e nulla può rigenerarsi. Questo è stato il grosso problema del nostro settore. Per un secolo e mezzo, abbiamo creduto che il cervello fosse un'eccezione alla regola generale e non possa essere rigenerato. Non è così. Lui dice, infatti, che compito della scienza del futuro è cambiare, se possibile, questo severo decreto.
  Nel 1991, insieme a Sam Weiss e a Brent Reynolds, abbiamo scoperto una cosa stranissima, peraltro da un errore: nel cervello, anche quello umano, successivamente, negli strati profondi rimangono delle sacche di tessuto con la struttura tipica del tessuto embrionale fetale, del cervello fetale, un cervello in piena crescita, in piena produzione di nuove cellule. Ci sono delle piccole sacche che conservano caratteristiche embrionali nel nostro cervello adulto.
  Non ho il tempo di entrare nel dettaglio, ma in queste zone continua nell'arco della vita adulta – questa è la cosa stupefacente – la produzione di nuove cellule nervose, tra l'altro con un sistema che ha dell'incredibile: nelle diverse zone del cervello, dove le nuove cellule nervose, in particolare i neuroni, vengono prodotte, arrivano Pag. 7segnali da altre aree, per cui è possibile produrre nuove cellule nervose in funzione dell'attività cerebrale, produrre le cellule corrette che vanno a svolgere funzioni diverse.
  Una funzione importante è nella lattazione. L'ormone della prolattina regola la produzione di nuove cellule nervose nei bulbi olfattivi, permettendo la discriminazione di cibi più o meno nutrienti o adatti alla produzione di latte per la lattazione e lo svezzamento della prole. Il cervello si adatta, cioè, a una condizione fondamentale come lo svezzamento. In realtà, è un organo estremamente plastico. Questa è la base della presentazione.
  Quello che hanno scoperto i due canadesi e il qui presente è che queste cellule possono essere estratte anche in maniera non invasiva, entro certi limiti, e costrette a moltiplicarsi, per cui da una nell'arco di otto giorni ne avremo tantissime. Il processo è quello che potete vedere: una staminale si moltiplica, produce anche delle cellule già mature, che non sono quelle qui desiderate, perché si vogliono avere tante staminali.
  La tecnica che abbiamo messo a punto è semplicissima, ma ancora oggi resta unica al mondo: elimina le cellule mature e re-innesca il processo di crescita delle staminali. Per farvi capire, questo significa che posso prendere un piccolo frammento di tessuto cerebrale e costringerlo a moltiplicarsi in maniera che, dopo questa moltiplicazione, da un frammento grande quanto la punta di una penna riesco ad avere 1060 cellule staminali, che vuol dire sei volte 10.000 miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di cellule nervose umane da un piccolo campione. Non è più vero che non abbiamo generazione di nuove cellule nel cervello adulto. Non è vero che non abbiamo cellule da utilizzare per cercare di ripararlo. Questa tecnologia mette a disposizione la possibilità di produrre un numero virtualmente illimitato di cellule cerebrali per i trapianti terapeutici, che adesso vediamo. Vedo delle facce un po’ perplesse, ma questi sono dati sperimentali pubblicati e confermati anche da gruppi americani.
  La cosa importante da sapere è che la tecnica che permette la coltivazione di cellule umane, molto diversa che per il topo, è italiana, resta italiana e resta l'unica che permette di fare questo. È un punto d'onore per il Paese.
  Vedete poi il processo successivo: nel momento in cui voglio trapiantare queste cellule, devo trasformarle nelle cellule mature del cervello. Qua vedete il processo mentre sta avvenendo, nel filmato accelerato mille volte: le cellule staminali completano i loro cicli di divisione e, in particolare, vedrete i cromosomi che addirittura si separano. Questo è il cervello. È il 6 marzo e due giorni dopo vedete che tutto è fisso, la crescita è terminata: quando vado a vedere che cosa è successo, trovo che ho prodotto tessuto cerebrale. Ho la possibilità di produrre il tessuto cerebrale umano in quantità illimitate per utilizzo nel trapianto. Questo è un dato di fatto assodato. Avviene, nella fattispecie, a 100 chilometri da qua, nella Banca delle cellule staminali di Terni.
  Questa tecnica, come probabilmente è di interesse per la Commissione, pubblicata nel 1999, ma scoperta nel 1996, è stata trasformata in un metodo standardizzato di grado clinico, come se fossimo in una piccola industria farmaceutica. È una tecnica che permette di partire da questo frustolo di tessuto che vedete qua avanti. È un punto che mi preme sottolineare. L'ho presentato a diversi congressi mondiali, in cui si diceva che non si poteva fare. Questo è materiale fetale, che è possibile prendere da aborti procurati. Io sono un agnostico, un laico, ma per mia convinzione su come la scienza funziona, mi sono orientato a cercare di ottenere questo tessuto da aborti spontanei, cioè da morte naturale in utero. Soprattutto dopo la 12ª, la 13ª settimana, le malattie genetiche sono già state selezionate, gli aborti spontanei sono già avvenuti. In genere, questi sono decessi dovuti a incidenti o a malformazioni morfologiche.
  Da questi frammenti siamo in grado, in condizioni standardizzatissime – c'è l'autorizzazione dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA): coloro che ci hanno chiamati Stamina 2 quando siamo stati aggrediti, Pag. 8dovrebbero leggere queste documentazioni ufficiali – di produrre cellule staminali cerebrali umane in quantità illimitate di grado clinico, cioè cellule che possono essere trapiantate negli esseri umani. C'è l'autorizzazione della European Medicines Agency, che ha la sua corrispondente italiana nell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA). Questo è il metodo di coltura.
  Vi faccio vedere un esempio di questi trapianti. Ci sono cellule umane trapiantate nella corteccia cerebrale di un topo: vedete la perfetta integrazione, addirittura a formare le fibre che controllano il movimento. Tra gli esempi tipici delle patologie ischemiche note nel bambino, c'è soprattutto l'asfissia perinatale, un dramma, tra l'altro molto poco studiato. Avevamo in avvio un protocollo di studio, ma purtroppo i finanziamenti sono quelli che sono. L'ippocampo, la zona in particolare si chiama CA3, è soggetto a danno durante le fasi ischemiche, sia nell'adulto sia nel bambino.
  Vi faccio vedere l'ippocampo di un ratto che aveva una lesione ischemica e delle cellule umane sette mesi dopo il trapianto, integrate senza immunosoppressione. Traduco: quel metodo di produrre le cellule staminali cerebrali umane è adesso diventato un metodo per impiantare queste cellule e farle integrare all'interno di un cervello preesistente per riparare le lesioni. Questi sono dati molto vecchi, hanno circa una decina d'anni, ma sono reali. Abbiamo la tecnologia a Terni, come vi dicevo, e a breve a San Giovanni Rotondo. Abbiamo tutte queste linee cellulari. Abbiamo completato una sperimentazione recentemente.
  È semplicemente per dirvi che in Italia c'è l'unica banca di cellule staminali cerebrali umane al mondo, assolutamente indiscutibili dal punto di vista etico, in grado di soddisfare le esigenze di numerosissimi istituti di ricerca per sviluppare terapie sperimentali per le malattie neurodegenerative. È una cosa che pochi sanno. Io ringrazio perché mi date l'opportunità di illustrarlo in una sede come questa.
  Passo alle applicazioni cliniche, molto velocemente. Ovviamente, bisognava dimostrare che questa tecnica fosse sicura per un'applicazione sull'uomo. È bene avere un farmaco cellulare, più difficile è dimostrare che puoi introdurlo in un cervello umano senza fare danni.
  Siamo partiti dalla patologia peggiore, la SLA, una patologia drammatica che uccide le cellule che controllano il movimento, che si chiamano motoneuroni. La malattia parte normalmente dagli arti inferiori, sale progressivamente e il paziente, eventualmente, se non viene intubato, muore per asfissia. Comunque, si rimane perfettamente coscienti e sensibili all'interno di se stessi. Alla fine, pochi sanno che negli stadi finali anche il nervo oculomotore non funziona più e questi pazienti non muovono più nemmeno gli occhi. Vi racconto il caso drammatico di un paziente torinese. Questo signore ha pianto per tre giorni e nessuno riusciva a capire perché. Un vecchio medico condotto, che sa fare le diagnosi anche con i riflessi, si è accorto che questo signore aveva in corso da tre giorni una kidney stone disease, dei calcoli renali dolorosissimi. Deve essere una cosa da incubo, quindi si capisce perché piangesse continuamente.
  Quello che abbiamo fatto è stato mettere a punto una tecnica che permette di iniettare nel midollo spinale, il tessuto più fragile del sistema nervoso centrale – basta toccarlo, e in genere si danneggia – delle cellule staminali cerebrali umane. Queste dovevano nutrire le cellule che stavano morendo per cercare almeno di rallentare la degenerazione, inizialmente, soprattutto dimostrando che le cellule prodotte erano sicure e l'intervento era sicuro. Questa è diventata una sperimentazione di fase 1, quindi sull'uomo, fatta in Italia.
  Solo per darvi un'idea dell'effetto del trapianto delle cellule, vedete che qua non ci sono macchie nere, che sono le cellule che controllano il movimento. Anche questo topo ha la SLA. Non ci sono più, perché sono morte. Questo è quello che le cellule fanno dopo il trapianto: preservano i motoneuroni, ne impediscono la morte. Questo succede in un animale da esperimento. Questo è un animale normale, questo un topo con la patologia: meno colore vuol Pag. 9dire che l'animale sta meglio. È un blocco delle reazioni patologiche nel tessuto.
  Non mi dilungo. Semplicemente, abbiamo dimostrato, come altri laboratori, che giustapponendo le staminali cerebrali umane in una situazione come quella della SLA, si riesce a rallentare la degenerazione. Questo era nell'animale con la malattia genetica. L'Istituto superiore di sanità ci ha dato poi l'autorizzazione a procedere sull'uomo.
  Questa sperimentazione è cominciata il 25 giugno 2012, ed è stata basata sul trapianto delle cellule che avete visto nel midollo spinale dei pazienti. Abbiamo iniziato dal midollo lombare, dove si fanno meno danni, nei primi sei pazienti. Siamo poi saliti nella zona più delicata, la zona cervicale, dove ci sono i centri di controllo della respirazione, ed è rischioso inserire degli aghi. Il trapianto di queste cellule – questa terapia è un esperimento estremamente complesso – viene fatto attraverso uno strumento stereotassico che permette di non danneggiare il midollo, a cui gli aghi sono sospesi. Ci sono tre fasi dell'intervento: caricamento delle cellule nell'ago, chirurgo che opera, ago che inietta nel midollo spinale. È un processo estremamente complesso.
  Questo è proprio l'atto del trapianto. Vedete il midollo spinale che è fragilissimo. L'ago viene inserito nel midollo rapidamente per evitare danni, una specie di puntura. Il sistema è molto complesso: la guida si sfila e l'ago rimane attaccato al midollo, ma è attaccato a una cannula di silicone, perché il midollo si muove e, se si lascia l'ago fisso, si lacera il tessuto. In questo modo, invece, l'ago bascula con il midollo. Quest'intervento all'inizio durava undici ore. Adesso lo abbiamo ridotto a sei, perché siamo diventati bravi. In questo momento, le cellule stanno entrando nel midollo spinale del paziente. Potete vedere la situazione un mese dopo l'intervento; tre mesi dopo l'intervento, non si nota quasi più nulla.
  Abbiamo completato il trapianto in diciotto pazienti. La sperimentazione di fase 1 si è conclusa con successo. Abbiamo pubblicato i risultati dei primi sei. Stiamo pubblicando quelli degli ultimi dodici. Non ci sono effetti collaterali significativi nel paziente: questa è la cosa incredibile.
  C'è una cosa molto bella. Già si vedeva nel primo, e adesso è confermata in tutti i diciotto pazienti. C'è una caduta del grafico che è la perdita di funzione motoria, cioè il paziente sta peggiorando perché il suo sistema nervoso funziona meno bene. Questo è il primo punto all'atto del trapianto. Vedete che c'è addirittura un recupero e poi la perdita riprende, ma perché nella fase 1, che è una fase di sicurezza, trapiantiamo solo in una piccola zona, quindi otteniamo un effetto che già a questo livello è l'effetto di un farmaco che esiste.
  Adesso il problema è estenderlo a una sperimentazione di fase 2 – in fase di applicazione, perché il device chirurgico va modificato – che partirà alla fine del 2018. Qualcosa che sembrava una teoria è una fase 1 completata sui pazienti, probabilmente con il trapianto tecnicamente più difficile che possa esistere. Questa è una struttura delicatissima.
  Stiamo adesso partendo per la sclerosi multipla. Abbiamo ricevuto le autorizzazioni. Ci manca l'ultima di un comitato etico. Si tratta ormai – dovrei dire – di pochi giorni. Questa è la buona notizia. Si basa su questo lavoro che venne fatto all'epoca. Credo che vi piacerà. In questi animali con la sclerosi multipla le cellule che isolano i nervi sono morte. Trovate circa il 5 per cento di sclerosi multipla nei bambini e negli adolescenti. Può divenire una patologia gravissimamente invalidante se diventa secondaria progressiva, fino a portare alla morte. Tra l'altro, la forma secondaria progressiva non risponde ai farmaci.
  Quella che abbiamo fatto è una cosa molto strana. Non me l'aspettavo nemmeno io all'epoca. Abbiamo iniettato in vena, addirittura, o nelle cavità cerebrali, di accesso facilissimo – non è un trapianto complesso come quello che avete visto – le cellule staminali cerebrali negli animali che avevano il processo infiammatorio in corso.
  Anche noi avevamo una faccia sorpresa all'inizio. Questo è quello che succede. Il filmato è stato fatto dal mio collega Stefano Pag. 10Pluchino, con cui ho fatto questo lavoro. Vedete una cellula staminale cerebrale umana iniettata nel sangue per endovena, la quale sente dove c'è la lesione che è stata scatenata, entra perché sa dove andare e come entrare, e comincia a rilasciare sostanze che calmano il processo infiammatorio. Oltre a fare questo, la cellula staminale e le sue cellule figlie vanno nella zona dove la mielina è stata distrutta e riattivano le cellule locali affinché producano nuova mielina e nuove cellule, ma loro stesse, le cellule staminali, si trasformano in cellule della mielina e riparano la lesione.
  So che sembra un po’ fantascienza, ma è esattamente quello che è successo. Il lavoro fu pubblicato su Nature. È stato riprodotto su animali, quali scimmie con la sclerosi multipla, e funziona. Vedete le cellule che hanno riparato il tessuto: a destra abbiamo una lesione, che è appunto la famosa placca della sclerosi a placche o sclerosi multipla; vedete a sinistra che la placca non c'è dopo il trapianto intravenoso o intracerebroventricolare nei ventricoli del cervello, dove effettivamente si riesce a ottenere un effetto incredibile.
  Guardate questi due animali. Quello a sinistra ha la sclerosi multipla e ha ricevuto un trapianto di fibroblasti – hanno trapiantato, cioè, cellule aspecifiche – e nell'animale con la terapia a base di cellule staminali neurali c'è una ripresa funzionale non dico quasi completa, ma molto vicina al completo. Ci sono risultati identici nelle scimmie.
  Abbiamo depositato la domanda, l'abbiamo rivista, è stata approvata: dovremmo partire – devo essere prudente – tra qualche settimana. È già tutto pronto. Mancano solo i finanziamenti. Ci vedrete in televisione a chiedere soldi, ma è stata approvata. Ci siamo e si parte, quindi sono venuto a parlare di fatti.
  C'è ancora una cosa che mi sta a cuore, poi credo di aver finito. Queste sono le lesioni spinali. Io ho un figlio che va in motocicletta e non sale senza giacca airbag, perché queste lesioni sono terribili. Quello che vedete è il fascio corticospinale. Sono fibre nervose che scendono fino al midollo spinale, dove poi controllano il movimento. Vedete il percorso dei fasci che scendono e arrivano al midollo spinale, da cui poi escono i segnali.
  Quello che succede in una lesione post-contusiva o traumatica è esattamente questo: il dramma causa un'infiammazione, che distrugge il tessuto. Qui parliamo di alcuni millimetri cubi di tessuto, non sono più poche cellule, manca proprio il materiale. Si crea un buco: le fibre si fermano, l'impulso nervoso si arresta. A valle rimane poco, e il paziente è paralizzato, ma soprattutto non ha le sensazioni e i riflessi profondi, quindi per l'evacuazione, ha mancanza di sensibilità, quindi infezioni. La lesione spinale è un dramma. Se è molto alta, si arriva a essere tetraplegici. Nei ragazzini questo succede.
  È una cosa strana, ma nel 2000 telefonò Christopher Reeve per un lavoro che avevamo fatto e chiese che cosa potevamo fare con le cellule staminali. Gli dissi che ci volevano vent'anni, che la sperimentazione clinica era pianificata per l'inizio del 2019. Sono esattamente vent'anni da quella telefonata, poi lui è morto. Come sapete, Superman era paralizzato, C3 era una lesione alta.
  Abbiamo fatto un lavoro che sembra incredibile, ma anche questo è pubblicato e fu ripreso da Scientific American, ed è questo, con dietro una tecnologia molto complessa. È solo per farvi vedere che questa è scienza dei nanomateriali biologici, tutto materiale biologico che l'organismo riconosce come proprio, ma siamo in grado di produrre dei nanomateriali, delle nanofibre fatte di materiale biologico, filarle come se fossimo una filanda.
  Facciamo dei tubicini cavi di materiali porosi e biodegradabili. Riempiamo questi materiali di un gel fatto della stessa sostanza che contiene staminali. È una vera e propria protesi, che caliamo all'interno della cavità lesionale. Ecco lo schema: questa è la protesi con le cellule staminali. Non mi dilungo. Vi faccio solo vedere la lesione sette mesi dopo: c'è letteralmente un buco all'interno del midollo spinale.
  Con le cellule staminali e i microcanalicoli, che lentamente l'organismo digerisce, si è ricostruito il tessuto nervoso, e non ce Pag. 11l'aspettavamo nemmeno noi. È vascolarizzato, è un tessuto vitale, e non solo. I tubicini vengono digeriti e spariranno, ma durano anche fino a un anno, il tempo necessario a che questi nervi rigenerino in un essere umano, che ha delle fibre molto lunghe. La cosa bellissima è questa: laddove c'era un buco c'è tessuto nervoso, con fibre che passano. Gli animali ripristinano la funzione, ricominciano a camminare. Ovviamente, non sono ancora perfetti.
  È possibile sviluppare terapie cellulari – questa è la conclusione – che utilizzano le cellule staminali, addirittura a ricostruire pezzi di tessuto mancante. Quest'approccio è applicabile alle lesioni ischemiche. Tra l'altro, il tessuto cerebrale del bambino è particolarmente soggetto a questi traumi e tende a cavitare molto facilmente. Queste malacie, queste cavità, si formano molto facilmente dopo un danno ischemico-emorragico nel bambino. Questa è ingegneria dei tessuti al massimo livello e può compensare questo tipo di danni.
  La visione che vi ho dato oggi è completamente diversa da quella che avevate del cervello. Sono tutte cose in clinica, in questo momento, in Italia. Sembra un po’ strano, ma è quello che succede. Posso darvi solo un ultimo elemento di speranza. Ci metto un minuto.
  Queste sono cellule nervose, come le avete viste fino adesso. Abbiamo i neuroni e poi ci sono gli astrociti. Il punto è che non vengono dalle cellule staminali cerebrali, o meglio, provengono da determinate cellule staminali cerebrali, le quali però non originano da un feto né da un cervello, ma da questa grossa struttura, il corpo embrioide, che viene da queste cellule. Sono cellule della pelle, esattamente, della mia pelle.
  Abbiamo sviluppato, ovviamente seguendo la scoperta iniziale del premio Nobel Yamanaka – non è una scoperta nostra – la possibilità di riprogrammare le cellule a uno stato estremamente embrionale, senza che diventino degli embrioni, e da lì riprogrammarle e fare le stesse cellule staminali cerebrali umane che avete visto fino adesso, senza lasciare nessun materiale genetico. Stiamo certificando il processo.
  Praticamente, facciamo staminali cerebrali umane partendo dalle cellule della pelle, non lasciando materiale genetico estraneo, in maniera che possano esser certificate secondo il processo che richiede determinate caratteristiche per poterle utilizzare nell'uomo. Tutto quello che avete visto sarà sostituto, negli anni futuri (tre, quattro anni al massimo), da questo processo: non più materiale fetale, ma il mio stesso tessuto nervoso, fatto dalla mia pelle. Stiamo creando una banca, perché lo stesso processo – una Commissione come la vostra deve saperlo – vale per le staminali del muscolo, del sangue. Basta prendere quella cellula e riprogrammarla; questa banca, secondo me, dovrebbe essere autologa.

  PRESIDENTE. Professore, per incompetenza, non ho compreso una cosa della sua esposizione. Voi vi siete occupati di malattie neurodegenerative, quindi in continua evoluzione. Nell'ultima scheda, però, ci parla di ischemie.
  Nel momento in cui avete fatto e fate sperimentazioni su malattie in evoluzione, lei ripara, peggiora, ripara, peggiora. Noi abbiamo visto paralisi cerebrali, incidenti sopraggiunti nei minori che creano danni neurologici alla corteccia cerebrale, ad alcune parti del cervello: voi avete provato a intervenire su una cosa non in evoluzione, che se riparata, teoricamente non dovrebbe di nuovo regredire?

  ANGELO LUIGI VESCOVI, ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. La domanda è assolutamente eccellente. Il problema è che io sono scivolato velocissimo su quest'aspetto, che è quello delle lesioni spinali. Pag. 12
  Quella che vede è una lesione post-traumatica del midollo spinale; è la stessa cosa, o molto simile a quello che avviene in un cervello che ha avuto un'ischemia, un'emorragia, e cioè si crea una cavitazione, una perdita di tessuto. Questa è una malattia a bocce ferme, se mi passa l'espressione, dove non c'è più tessuto. Quella cavità è circondata da una cicatrice e il cervello l'ha isolata e ormai è rimasto così. Noi rimuoviamo la cicatrice e ricostruiamo il tessuto. A quel punto, se ripariamo fino a un certo punto, la riparazione è permanente. Questa, infatti, non è una malattia neurodegenerativa.

  PRESIDENTE. Le connessioni neuronali, quindi, si ricreano.

  ANGELO LUIGI VESCOVI, ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Lì si sono ricreate, sì. Lo scopo finale di questa sperimentazione è proprio questo. Tenga presente che fino a non più di cinque anni fa, a dire una cosa così, ci si sentiva rispondere che si era completamente impazziti.

  PRESIDENTE. Questo con il trapianto.

  ANGELO LUIGI VESCOVI, ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Con il trapianto di una miniprotesi fatta di materiali biologici e di cellule staminali. È una vera e propria protesi cerebrale.

  PRESIDENTE. Se, però, si deve intervenire nell'emisfero cerebrale?

  ANGELO LUIGI VESCOVI, ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Si può usare un gel. Tutta la parte in quei grafici voleva dire che siamo in grado di ingegnerizzare quello che vogliamo. Possiamo fare un gel, che viene letteralmente iniettato con le cellule, si solidifica.

  PRESIDENTE. Iniettato nella parte di cervello che si deve riparare.

  ANGELO LUIGI VESCOVI, ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Esattamente. Si solidifica. Le cellule cominciano a rigenerare, il gel viene riassorbito e dovrebbe rimanere tessuto nervoso. Negli animali funziona. Adesso bisogna provvedere all'uomo.

  PRESIDENTE. Sull'uomo non l'avete ancora sperimentato?

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  ANGELO LUIGI VESCOVI, ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Nel 2019 ci sarà il primo tentativo. Nessuno ha mai fatto una cosa del genere.

  PRESIDENTE. Per concludere, la sperimentazione fatta sull'uomo oggi è quella in fase 1.

  ANGELO LUIGI VESCOVI, ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Sì, sulla SLA siamo in fase 1. E sulla sclerosi multipla, che partirà a breve, nel 2018, anche se spero nel 2017, non si può ancora sapere. Ottenere le autorizzazioni è un punto critico. Noi lavoriamo solo con autorizzazioni, altrimenti non ci muoviamo. È un processo spesso lungo e complicato, perché giustamente si valutano tutti gli aspetti dell'efficacia, ma anche della sicurezza.

  PRESIDENTE. Se si tratta di minori, è ancora più complicato?

  ANGELO LUIGI VESCOVI, ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Assolutamente sì. Comunque, non si sa mai quale potrà essere l'evoluzione. Il problema è che nel mondo a produrre cellule così non c'è praticamente nessuno. C'era una società di biotecnologie che ha chiuso, e comunque non faceva esattamente questo lavoro. L'idea – questa è una banca pubblica, not for profit – è di dare accesso a tutti gli sperimentatori del mondo che lo vogliano. Questa è l'idea, questo è il progetto, che la banca vuole disseminare in maniera gratuita, coprendo i costi di produzione, enormi, ma nient'altro al di là di quello.
  Noi non possiamo e non sappiamo fare tutto. C'è sicuramente gente molto esperta nell'asfissia perinatale, per esempio, che potrebbe fare sperimentazioni, ma non ha le cellule. Adesso che le cellule apparentemente sono sicure, le possiamo dare. Noi siamo disponibilissimi. L'idea è di fare proprio un network nazionale, poi in Europa. In 37 anni ho visto di tutto: ho iniziato a 18.

  ORNELLA BERTOROTTA. Il caso delle cellule staminali è stato abbastanza eclatante.

  ANGELO LUIGI VESCOVI, ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Il caso fu e rimane eclatante.
  Le dico solo che tre settimane fa, in Florida, quindi in una regione coperta dal Pag. 14National Institutes of Health (NIH) e dal Food and Drug Administration (FDA), cinque pazienti sono diventati ciechi. Avevano una vista ancora più che tollerabile e una vita normale. Qualcuno ha fatto loro dei trapianti di grasso all'interno del globo oculare. Siccome tali soggetti evitano la problematica delle certificazioni, che hanno carattere oneroso, che invece noi rispettiamo, si fanno queste cose a pagamento.
  Anche in Italia abbiamo avuto casi di una cupidigia e di un'ignoranza senza limiti. Non ho nessun problema a dirlo. Gente che non aveva cellule, non aveva metodo standardizzato, non aveva un mezzo dato che dimostrasse che questo trapianto serviva a qualcosa. I pazienti dovevano pagare. Non c'era nessuna garanzia di sicurezza né delle cellule né della sterilità. Era assolutamente follia pura.
  Il problema vero, però, sta da un'altra parte, e cioè comunque ci si confronta con popolazioni di pazienti assolutamente disperate, pronte a fare qualunque cosa. Purtroppo, le regole, ma soprattutto i finanziamenti che supportano questo genere di ricerca, sono l'elefante che partorisce il topolino. Ci vogliono anni per mettere a punto una piccola sperimentazione. Bisogna trovare il modo di snellire. Quella di cui parlavo è una tragedia assoluta, che avrebbe dovuto essere evitata.
  In realtà, contrapponendosi in quella maniera violenta, invece di questionare sui fatti in maniera puntuale, senza farsi prendere dall'agitazione, si è dato fuoco a un incendio che non aveva ragione d'essere. Si è cavalcata l'onda dell'emotività popolare, che va evitata. I pazienti vedono quello che vogliono, purtroppo, perché la disperazione porta a quello.
  È una cosa che si dovrebbe dimenticare. Lei veda qual è stata la mia reazione quando hanno detto che noi eravamo il caso Stamina 2, rispetto a quelli che sarebbero stati Stamina 1. Noi invece abbiamo tutte le autorizzazioni possibili e necessarie, ma purtroppo lo stesso è successo in molti altri Paesi, non solo qui, glielo posso garantire.

  ORNELLA BERTOROTTA. Dove avrà sede questa banca in Italia?

  ANGELO LUIGI VESCOVI, ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. Attualmente, è a Terni. Io ci vedo tre nodi: uno a San Giovanni Rotondo, una a Milano e uno nel centro, plausibilmente a Terni.

  PRESIDENTE. Mi dispiace interromperla, professore, ma dobbiamo ascoltare la professoressa Fazzi. Vi do una precisazione che – scusatemi – non vi ha detto: il nostro impianto permette la registrazione degli atti. Chiaramente, tutto quello che facciamo e diciamo verrà inviato a tutti i componenti della Commissione, a tutti i commissari che oggi non sono presenti per motivi di Aula o quelli che sono andati via e così via. È tutto agli atti dell'indagine conoscitiva che viene presentata il 23 maggio. Non spaventatevi, quindi, se vi sembra di avere un pubblico poco folto. In realtà, non è così. È fintamente poco folto, ma in realtà siete, per così dire, schedati.
  La collega Loredana Lupo ha ancora una domanda per lei.

  LOREDANA LUPO. Lei faceva riferimento a una collaborazione che dovrebbe avvenire tra specialisti interessati. Voi avete proprio la reale banca fisica di queste cellule staminali? Ci sono persone che potrebbero intervenire grazie a questa banca che possedete, che è una banca pubblica? Che cosa manca affinché si creino queste tipologie di collegamenti? Come, dal punto di vista istituzionale, possiamo intervenire affinché si creino, e quindi si crei una situazione di sinergia per far evolvere quanto più rapidamente possibile questo tipo di ricerca?
  Da quello che lei ci ha mostrato, anche se effettuato solo su cavie animali, per Pag. 15quello che ci ha detto, nella parte soprattutto sulla riparazione, si parla di lesioni per le quali non c'è altra strada. Tentare nel più breve tempo possibile un'azione di questo tipo è l'unica speranza. Mi chiedo: come, dal punto di vista istituzionale, nelle leggi, negli atti, possiamo intervenire per attivare maggiormente questa macchina?

  ANGELO LUIGI VESCOVI, ex con-direttore dell'Istituto di ricerca sulle cellule staminali presso l'Istituto scientifico universitario San Raffaele di Milano, professore associato di Biologia cellulare presso il Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell'Università degli studi di Milano Bicocca, Direttore della Banca delle cellule staminali cerebrali di Terni e del Centro di Nanomedicina ed Ingegneria dei tessuti dell'ospedale Niguarda Cà Granda di Milano, nonché Direttore scientifico dell'IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo. La ringrazio della domanda, posta veramente bene, che mette il dito nella piaga. Direi che mancavano e mancano varie cose. Ovviamente, oggi ho cercato veramente di farvi vedere dei dati di fatto. A volte, è anche difficile credere che certe cose si possano fare. Del resto, ci sono voluti circa trent'anni per arrivare a questo punto.
  Fatta la premessa che le regole vanno rispettate, quella che mancava era l'evidenza che questo fosse possibile e sicuro per i pazienti. Adesso, esiste una banca certificata, dei protocolli clinici, quindi questo dato è stato acquisito, almeno con un follow up di tre anni. Il dato è credibile, l'iniziativa è credibile, così come viene fatta adesso o con le cellule riprogrammate della pelle. All'epoca, quando si iniziò, dissi che bisognava investirci perché era lo stesso tipo di investimento che cambiò il mondo con i transistor. I giapponesi, infatti, stanno investendo tantissimo in questa materia.
  Che cosa manca? Manca, innanzitutto, la concezione di come supportare questo genere di iniziative, che sono leggermente diverse dalla ricerca scientifica classica, in cui si scrive un bel progetto, si fa una domanda di finanziamento, che viene valutata. Quando i finanziamenti arrivano, è passato un anno e mezzo, si produce il risultato. I tempi diventano geologici. Soprattutto, non esiste il capitolo di finanziamento.
  Abbiamo dovuto costruire il laboratorio, che ha dei costi significativi, che si chiama di good manufacturing practice, e non esiste, almeno a mia conoscenza, lo strumento per chiedere un finanziamento per costruire un laboratorio di questo genere. Se esiste, non è sicuramente strutturato, è qualcosa di episodico, per cominciare.
  Vi è poi il problema generale del Paese, l'assoluta, cronica mancanza di fondi. Questo significa che con pochi fondi a disposizione per supportare tutta l'area della ricerca, iniziative come queste tendono a rimanere un po’ accantonate. Ripeto che devono guadagnarsi la credibilità, che si è fatta fatica a raggiungere. Questi sono i due punti critici.
  Io ho detto, per esempio, che vorrei metterle a disposizione. Se lo faccio, lo faccio come associazione not for profit, nemmeno come IRCCS, perché non esistono i mezzi amministrativi e i metodi per acquisire finanziamenti per mettere a punto questo servizio. Bisogna identificare la fattispecie, probabilmente creare una serie di normative apposite. A proposito, AIFA e Centro nazionale trapianti stanno muovendosi in questo senso. Qui è un problema di investimento strategico del Paese. Il problema è che noi ci muoviamo sempre con anni di ritardo.
  Ha visto i primi dati sulle cellule staminali cerebrali umane? Le garantisco che sono solo gli italiani che sanno fare quello. Siamo solo noi dal 1993. Il Ministro della salute stanziò 300 milioni nel lontano 1993, ma da allora è stato difficilissimo reperire finanziamenti di questo genere. Va identificata la tipologia di finanziamento, vanno attribuiti dei mezzi, va fatto un investimento strutturale.
  Infine, per un'attività di questo genere serve un network, una rete. Non credo proprio che esista attualmente il modo per creare una rete di banche di cellule staminali cerebrali con un finanziamento dedicato. Credo che proprio manchino gli strumenti per finanziarlo. Sono cose molto Pag. 16nuove per voi, per me sono vecchie di vent'anni purtroppo.

  PRESIDENTE. Do la parola alla professoressa Fazzi.

  ELISA MARIA FAZZI, Direttore U.O. di Neurologia e Psichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, ASST – Spedali Civili di Brescia e Professore ordinario di Neuropsichiatria infantile presso l'Università degli studi di Brescia. La ringrazio, presidente, di quest'opportunità. Partirò dalla clinica, da quella trincea che quotidianamente si occupa dei bambini con disabilità del neurosviluppo, di cui fanno parte proprio le patologie di cui la presidente parlava, che fin dalle primissime fasi della vita influenzano in modo decisivo lo sviluppo di un individuo. Sono patologie croniche, «long life», che durano tutta la vita, sono complesse e comportano un onere sociale per l'individuo, la famiglia e la società.
  Gli interventi che si possono fare sono essenzialmente di tipo riabilitativo. Sono qui anche in veste di referente nazionale della riabilitazione per la Società italiana di Neuropsichiatria infantile, e quindi cercherò di portarvi in modo molto clinico alcuni spunti di riflessione sui dati epidemiologici delle principali disabilità del neurosviluppo, sulla complessità dell'intervento, cercando di farvi cogliere le problematiche connesse, di cui lei in modo assolutamente mirato parlava, anche per far comprendere che ci vogliono tante risorse tempestive e incisive per aiutare lo sviluppo nelle primissime fasi della vita.
  Parliamo di neuropsichiatria infantile e già vi devo dire che è una disciplina per certi aspetti innovativa. Siamo noi, l'Italia, l'unico Paese al mondo che mantiene questa disciplina. È un modello che ci viene invidiato dall'estero. Questa prospettiva neuroevolutiva porta ad integrare la neurologia e la psichiatria, la neuropsicologia e la riabilitazione in un'ottica che permette di guardare al bambino e alla sua famiglia nel loro insieme, e non nell'ambito di specificità che a volte anche negli Stati Uniti, pur con elevatissime tecnologie, non permettono di comprendere la complessità del problema.
  Al centro della neuropsichiatria infantile c'è lo sviluppo neuropsichico, c'è l'insieme di quelle competenze motorie, cognitive, comunicativo-emozionali, che permettono di promuovere lo sviluppo della vita di relazione e delle funzioni adattive, funzioni che sono anche i goal della riabilitazione, e parliamo dello sviluppo del movimento, dello sviluppo delle funzioni comunicativo-linguistiche, cognitive, relazionali, ma anche del sonno, dell'alimentazione, cioè di tutte quelle funzioni che dalle prime fasi della vita permettono a un individuo di interfacciarsi con il mondo, di relazionarsi in modo soddisfacente e di crescere nella sua potenzialità di adattamento all'ambiente.
  Un'altra caratteristica che va colta, che fa anche capire perché c'è bisogno di queste risorse e perché la neuropsichiatria infantile le chiede, è che si tratta di una materia interdisciplinare, quindi richiede un insieme di competenze, che vanno da quelle neurologiche a quelle neuropsicologiche e riabilitative e anche emotivo-relazionali, ma è anche una disciplina che ha al centro lo sviluppo, prospettiva che non è solo del qui e ora, ma dura nel tempo.
  Vi faccio un esempio molto concreto. Un neuropsichiatra infantile che prende un bambino piccolo non lo può seguire per tre mesi: lo seguirà per tutta l'età evolutiva. È, quindi, un paziente che ci prendiamo in carico – questa è l'espressione –, che seguiamo nel tempo. Abbiamo bisogno di continuare a seguirlo, non è una disciplina in cui possiamo vedere un paziente una volta, fargli l'intervento, togliere i punti, fare le medicazioni e poi dimetterlo. Sono pazienti che rimangono in carico.
  Questo comporta il moltiplicarsi dei controlli e anche il fatto che i neuropsichiatri dell'infanzia e dell'adolescenza, soprattutto nelle situazioni più territoriali, più periferiche, più di base, che assumono l'onere di questi bambini che devono seguire nella scuola, non possono assumersi progressivamente un numero indefinito di pazienti. C'è un momento in cui si deve dire stop. Il carico dei pazienti deve essere limitato, perché dura comunque molti anni.
  Questa è la prospettiva non solo trasversale del qui e ora, ma la prospettiva longitudinale, Pag. 17 la specificità della neuropsichiatria infantile e delle discipline pediatriche che segue un soggetto che cambia nel tempo, per cui si vede un bambino a tre mesi, ma si deve anche prevedere, da alcuni sintomi e segni che il bambino presenta in alcune aree legate alla fase critica di alcune funzioni, quello che diventerà nel tempo.
  Nel primo anno di vita, si potranno vedere dei segni motori, ma che possono essere precursori di disturbi cognitivi o di disabilità o di difficoltà in altri domini. È, quindi, una prospettiva qui e ora, ma che cambia nel tempo.
  Un'altra tematica molto updated nella nostra pratica clinica è quella della plasticità cerebrale, cioè la capacità del sistema nervoso centrale di riorganizzare le sue funzioni e la sua struttura anche in base all'esperienza.
  Ecco un esempio di cosa vogliamo dire: nelle immagini potete vedere un cervello alla nascita, a tre mesi e a quindici mesi. Vedete come in questa fase della vita si giochi lo sviluppo in chiave di connessioni. Vedete come sono poche le connessioni alla nascita e come, nell'ambito di quindici mesi, avete un fiorire e un moltiplicarsi delle connessioni a livello cerebrale, che fanno capire come in questa fascia di età si debbano giocare le possibilità per la plasticità e per le connessioni cerebrali. Questa è una funzione importantissima.
  Nell'ambito della disciplina con elevato impatto sociale, queste sono le principali disabilità dello sviluppo, le disabilità complesse. Vedete che abbiamo sicuramente le disabilità intellettive. Ho cercato di riportarvi le prevalenze, anche se è molto difficile ricostruire una vera epidemiologia anche in base alla possibilità di avere delle statistiche, che in Italia sono spesso basate anche su dati regionali o internazionali, ma sono dati su cui c'è un consensus: disabilità intellettiva 4 su mille; paralisi cerebrali, 2 su mille nati vivi; epilessia, l'1 per cento; il problema dei disturbi dello spettro autistico con un punto di domanda, perché c'è quest'idea dell'epidemia del disturbo autistico, di cui poi magari parleremo; il disturbo di attenzione e di iperattività; i disturbi dell'apprendimento; i disturbi specifici del linguaggio.
  La caratteristica di tutte queste patologie è la complessità, il fatto che, anche se hanno dei sintomi principali e preminenti, poi investono tutte le altre aree dello sviluppo e tutte le altre funzioni. Questa complessità rende anche ragione della loro complessità nell'ambito del trattamento. La definizione di una disabilità complessa è la condizione di bisogno cronico permanente. Le cause sono spesso multifattoriali, in cui incidono componenti biologiche, funzionali, cognitive, comportamentali e ambientali.
  Le conseguenze sono un elevato carico assistenziale per la famiglia; la concomitante presenza di difficoltà cliniche e psico-sociali in più aree in periodi cruciali dello sviluppo, perché i bambini sono piccoli; effetti a cascata ad alto rischio di evoluzione verso condizioni invalidanti. Naturalmente, la complessità indica una rete integrata.
  Questo è solo un esempio, ma è per dirvi la realtà di un reparto di neuropsichiatria infantile, dai centri di altissima specializzazione alle unità operative di secondo o terzo livello e le unità territoriali, con chi devono interfacciarsi e come è difficile costruire la rete.
  Alla lista delle disabilità principali che accedono ai servizi dell'infanzia e dell'adolescenza si aggiungono anche le sequele della nascita pretermine, le sindromi epilettiche e i problemi di psicopatologia adolescenziale. Facendo una media di tutte quelle prevalenze che vi ho dato, unendo anche la psichiatria dell'adolescenza, che è un altro tema, il dato certo è che dal 15 al 20 per cento dei soggetti in età evolutiva tra 0 e 18 anni ha problemi di tipo neuropsichiatrico infantile, circa uno su cinque.
  Stanno aumentando in modo esponenziale le motivazioni e le analisi di questi aspetti. Sono difficilmente comprensibili, ma intuitivamente accessibili: sono sicuramente il disagio sociale; l'aspetto della società multietnica, che crea delle situazioni di grande tensione; la crisi della famiglia e tutti gli aspetti educativi, le difficoltà della scuola. Ci sono tantissimi elementi, ma il Pag. 18dato certo è che c'è un'esplosione di questi disturbi, e noi ce ne accorgiamo perché ai pronti soccorsi – io lavoro in trincea in un'unità operativa con un grande pronto soccorso – siamo sommersi di richieste di intervento anche per casi non sempre noti, che arrivano in primo accesso, portando con sé storie complesse e multiformi di disagio psichiatrico, psicosociale ed economico-culturale. Dietro il sintomo, infatti, c'è un mondo e una complessità di approccio che ci trova veramente sguarniti.
  La salute mentale si costruisce nell'infanzia. Ringrazio la presidente per avermi fatto cogliere che avete capito benissimo che il lavoro sui primi anni di vita è lavoro sulla prevenzione, e quindi alla lunga è un lavoro importantissimo, un appuntamento che non possiamo perdere. Serve anche per ridurre le spese. Serve per avere una popolazione più sana e meno spese per lo Stato.
  I disturbi neuropsichiatrici dell'infanzia e dell'adolescenza colpiscono un bambino su cinque, e questa è veramente una realtà che tocchiamo con mano. I disturbi pesano sulla salute collettiva più delle malattie cardiovascolari, perché sono patologie croniche che impattano su bambini piccolissimi. Non vi spiego l'effetto devastante sulle famiglie, ma fa parte del mio bagaglio umano e professionale da trentacinque anni. Penso che lo possiate immaginare.
  Trattamenti tempestivi e appropriati cambiano il decorso in attesa di soluzioni più definitive, come quelle che la ricerca ci prospetta. Dobbiamo comunque prendere in carico questa popolazione e trovare delle possibilità per migliorare il decorso.
  L'argomento dell'intervento riabilitativo nelle patologie dello sviluppo è veramente esploso grazie alle neuroscienze. La neuropsichiatria infantile, che era più considerata per la sua componente sociale – bisognava aiutare questi bambini – grazie allo sviluppo delle neuroscienze sta trovando dei fondamenti scientifici, di ricerca sul funzionamento del cervello che evidenziano l'importanza dell'intervento riabilitativo. Questo è legato a tutte le tematiche della plasticità cerebrale e del ruolo che l'ambiente ha nel modulare le possibilità del sistema nervoso centrale.
  Il tema – cerco di farvelo capire in modo immediato, come cerco di portarlo io nella mia pratica clinica – è aiutare tutti a sviluppare il proprio potenziale. A volte, la sequela ci mette un po’ di anni a manifestarsi, ma abbiamo dei sintomi precoci, degli indicatori di rischio. Su questi dobbiamo intervenire. Non sappiamo come andrà, ma dobbiamo potenziare al massimo la plasticità del sistema nervoso e le sue capacità di riorganizzarsi e di mettere in gioco dei meccanismi a volte individuali. Avremo dato a tutti il diritto al proprio potenziale, che poi sarà del 30, 40, 70, 100 per cento.
  È un modo anche per togliere la cultura della disabilità dal suo ghetto. Tutti hanno diritto al loro potenziale. In questo modo, lavoriamo sul bambino che ha problemi, ma anche su quello che magari ha avuto un momento di difficoltà e grazie alla resilienza e alla plasticità può uscire dal percorso di rischio di patologia. Naturalmente, potenziando anche quelli già dotati li aiuterà a raggiungere il massimo potenziale.
  Per nostra consolazione, tutti gli studi di neuroscienze, del professor Maffei e di tutti gli studiosi internazionali, dicono che la plasticità è un processo «long life», quindi, anche noi abbiamo ancora la plasticità cerebrale. Sicuramente, però, questa capacità di rimodularsi in funzione dell'esperienza è più potente nei primi tre anni di vita. C'è nel cervello sano, ma c'è anche dopo una lesione.
  Non si tratterà della possibilità di rigenerare la cellula morta, ma la plasticità nasce dalla possibilità di creare dei circuiti alternativi e di mettere in atto delle connessioni. Non sono tanto le cellule che si moltiplicano, quanto, piuttosto, le connessioni che le nostre cellule nervose hanno. La possibilità di formare queste connessioni è continua, ed è potentissima soprattutto nei primi tre anni di vita.
  Uno degli attori e dei fattori che generano la possibilità di aumentare la ricchezza delle connessioni neuronali è l'esperienza che facciamo, l'ambiente, le relazioni, gli interventi specifici, svolti in questo Pag. 19 periodo in modo mirato. Hanno come effetto l'arricchimento delle connessioni neuronali vicino all'area della lesione creando così dei circuiti alternativi.
  Cominciamo a poterlo studiare, ad esempio, con le risonanze magnetiche funzionali, con le quali, diversamente che con le risonanze strutturali, che ci davano solo l'idea della lesione, siamo in grado di vedere in maniera particolareggiata i fasci espressione di queste connessioni.
  Per la via visiva, ad esempio, spesso lesa assieme alla via motoria nelle paralisi cerebrali infantili – questo è un campo di cui mi occupo anche in ambito di ricerca – possiamo dimostrare che la radiazione ottica che decorre nella regione periventricolare, dove c'è stata la lesione ipossico-ischemica ad esempio nel bambino prematuro, si ricostruisce nonostante la lesione o si creano delle connessioni che magari non arrivano alla corteccia occipitale, ma a delle aree alternative.
  Ci sono delle integrazioni tra la via visiva, quella tattile e quella uditiva. La risonanza magnetica funzionale è ancora molto difficile da applicare nella pratica quotidiana, ma ormai è possibile, e con risorse, con gli anestesisti, con il maggior tempo per le sedute, potremmo documentare i benefìci della riabilitazione anche con le neuroimmagini funzionali. Potremmo valutare la situazione di partenza, fare quindi un dato intervento e valutare a distanza di tre mesi, sei mesi, un anno, se la connettività del cervello è aumentata. Questa non è fantascienza, è realtà.
  Il problema è che questi studi, che non sono rischiosi – la risonanza strutturale non è pericolosa – magari richiedono sedute molto prolungate, e quindi disponibilità degli anestesisti e degli operatori. Noi stiamo facendo uno studio sulle paralisi cerebrali infantili e la terapia basata sui neuroni specchio e sull'imitazione dei gesti. Riusciamo a fare risonanze magnetiche funzionali a bambini con paralisi cerebrali dai 6 ai 12 anni senza anestesia, il sabato pomeriggio, con gli operatori volontari e le famiglie che si prestano.
  Questa è la nostra realtà, è la passione che ci anima. Quando vedo che dopo un training di quattro settimane questi bambini migliorano l'utilizzo dell'arto superiore e la risonanza funzionale mi dice che le aree frontoparietali, dove c'è il circuito dei neuroni mirror, si sono attivate, questo ci incoraggia.
  Questo è un bisogno: avere strutture e tempo dedicati per questi studi, che non sono magari di pratica clinica immediata, ma sono di grande utilità per il futuro.
  Sono importanti, quindi, i periodi sensibili. Ogni funzione ha il suo periodo sensibile e i primi anni di vita sono fondamentali per tutte le funzioni adattive, motorie, cognitive ed emotivo-relazionali.
  C'è poi l'individuazione del percorso riabilitativo. In funzione sia del periodo sia della funzione maggiormente compromessa, si deve preparare un programma «tailored», basato sulle esigenze del bambino.
  L'altro aspetto è l'importanza dell'approccio centrato sulla famiglia e dell'ambiente arricchito, che diventa non solo qualcosa di socialmente ed eticamente necessario. La famiglia e l'ambiente diventano veri attori del percorso riabilitativo. È attraverso la famiglia, attraverso l'ambiente, che si può attivare con la guida degli operatori quella plasticità e dare un'intensività all'approccio che non sempre le riabilitazioni tradizionali consentono.
  Dal momento che della paralisi cerebrale infantile avete già parlato, vado avanti. Sapete che colpisce 2 su 1000 nati vivi, aumenta di 40 volte nei bambini pretermine, che sono il 10 per cento delle nascite. Ho messo tutti i numeri che pensavo vi potessero essere utili. È in aumento in nuove categorie di bambini, ad esempio nei nati da fecondazione assistita. Sembra, da alcuni lavori, che ci sia una percentuale in aumento. Perché nascono prematuri, per una serie di altri fattori. C'è una serie corposa di questi dati.
  Ovviamente quando sono andata a un congresso europeo portando la prevalenza di 2 su 1000 nati vivi ai colleghi del Marocco, di Tunisi, dell'Egitto e così via, si sono alzati dicendo che per loro è 9 o 10 su mille. Vuol dire che è una patologia che nei Paesi in via di sviluppo è assolutamente ancora un problema emergente. È dovuta a Pag. 20lesioni cerebrali complesse, che coinvolgono tutte le funzioni della vita di relazione. I bisogni riabilitativi durano tutta la vita e l'impatto è grande.
  Abbiamo la diplegia spastica del bambino prematuro dovuta alla leucomalacia periventricolare. Abbiamo un'immagine di risonanza strutturale con le lesioni alla sostanza bianca, la dilatazione ventricolare, che sono tipiche di questa forma. Potete vedere l'iconografia storica del 1862 dell'ortopedico Little, che per primo descrisse a Londra queste deformità agli arti inferiori, che lui non capì essere di natura neurologica e dovute a lesioni da parto. C'è il disegno di un mio paziente, che a 12 anni si vedeva così. La prima citazione che si trova in letteratura è nel Riccardo III di Shakespeare, che parlava della sua natura deforme, non finita, nata prima del termine. Questo bambino mi sembra che disegni un perfetto Riccardo III.
  Se vogliamo vedere l'importanza della cerebral palsy nei nostri territori, nei paesi occidentali, vedete che incide più che la sindrome di Down, il cancro e i disturbi dell'udito. È una patologia complessa. Nelle classificazioni attuali, si parla di questi disturbi della comunicazione, del comportamento e dell'apprendimento cognitivi e sensoriali. La paralisi cerebrale infantile è conosciuta come un disturbo della funzione motoria, e quindi negli Stati Uniti è in carico agli ortopedici, ai fisiatri, ma in realtà è un disturbo che si esprime come disturbo motorio nel primo anno di vita, perché lo sviluppo motorio è il primo, il più rapido a completarsi, ed il neuropsichiatra infantile vede anzitutto quello, ma poi è un disturbo che si accompagna a disturbi dell'apprendimento, del comportamento, visivi e percettivi, a disturbi cognitivi complessi, quando anche lo sviluppo motorio è completo.
  Qui avete lavori molto recenti. Iona Novak ha fatto delle metanalisi proprio sull'efficacia degli interventi riabilitativi. Adesso c'è bisogno, nella comunità internazionale, di basare gli interventi riabilitativi sulle evidenze, l’evidence-based medicine. Novak propone una sintesi di tutti i dati della letteratura mondiale e porta alcuni esempi delle varie patologie.
  La forma più frequente è l'emiplegia congenita, spesso più frequente nei nati a termine per accidenti vascolari, la lesione unilaterale, che quindi interessa un emicorpo, che vedete che nel 99 per cento ha una buona prognosi per il cammino, nel senso che i pazienti imparano a camminare. Questa è anche la mia esperienza clinica. I pazienti con emiplegia camminano e solo nell'1 per cento non c'è questa possibilità.
  Anche la diplegia spastica, la paralisi cerebrale infantile, che ha nella mia esperienza una prognosi un po’ peggiore per quanto riguarda il cammino, è la forma prevalente agli arti inferiori tipica dei bambini prematuri. La quadriplegia è quella con prognosi peggiore, con interessamento di tutti e quattro gli arti dal punto di vista topografico, dovuta a lesioni più devastanti e più estensive, che naturalmente ha una prognosi diversa. Nell'ambito della quadriplegia, distinguiamo varie forme, le forme spastiche, discinetiche e atassiche, a seconda della sede cerebrale più coinvolta.
  Per queste patologie c'è la riabilitazione, il processo complesso teso a promuovere la migliore qualità di vita possibile. Ci sono le linee guida della riabilitazione, che sono state stese dalla commissione SIMFER-SINPIA, della Società italiana di medicina fisica e riabilitativa, che ha una sezione pediatrica e dalla nostra sezione di riabilitazione della Società italiana di neuropsichiatria infantile. Lavoriamo da tempo insieme, siamo una commissione molto unita, che, nel rispetto delle diverse competenze, cerca di trovare delle strategie comuni, in cui il lavoro del fisiatra si integra con quello del neuropsichiatra, che, come avete capito, tiene conto del bambino nel suo complesso e anche nel corso degli anni e dello sviluppo. Anche quando il fisiatra ha finito il suo ruolo nell'ambito dei problemi motori, il neuropsichiatra infantile si occupa dell'apprendimento, degli aspetti di integrazione scolastica e di tutte le problematiche connesse allo sviluppo di questi bambini. Pag. 21
  Un altro documento che ho fornito alla Commissione sono le raccomandazioni per la riabilitazione dei bambini con paralisi cerebrale, il documento prodotto dalla Commissione Intersocietaria, di cui io sono uno dei responsabili, uscito recentemente sul «Giornale europeo di medicina fisica e riabilitativa». Rappresentano le linee guide per bambini con paralisi cerebrale. Siamo l'unico Paese che ha prodotto un documento di questo tipo. Gli americani, gli anglosassoni hanno delle linee guida sulla tossina botulinica, sulle ortesi, sugli interventi chirurgici, ma noi invece abbiamo realizzato un documento più generale su tutto il percorso.
  Non sono vere e proprie linee guida, ma raccomandazioni, proprio perché non hanno certe caratteristiche, ma le abbiamo portate avanti con l'evidenza, con la maggioranza, con una serie di criteri metodologici interessanti.
  Abbiamo una sistematica revisione della letteratura di questi lavori di Novak, che vi fa vedere quello che ha fatto nella sua metanalisi, ossia dimostrare quali sono gli interventi che hanno il semaforo verde in riabilitazione e quelli che non sono ancora validati allo stato attuale.
  Vediamo che per l'emiplegia, oltre a quelli più generali nell'ambito di un intervento attivo sul bambino, vengono segnalati come significativi gli interventi della constraint therapy e anche del training manuale agli arti superiori. Altri tipi di intervento non hanno un'evidenza clinica.
  Lo stesso ha fatto per la diplegia, dove si riducono i semafori verdi e aumentano quelli rossi. Un altro aspetto molto interessante delle paralisi cerebrali infantili che va considerato è il tema della comorbidità e di tutti i problemi che bisogna tenere in considerazione nel seguire un bambino con paralisi cerebrale infantile, legati al dolore, alla disabilità intellettiva, agli aspetti più di tipo ortopedico, alla displasia dell'anca, ai problemi dell'epilessia, ai disturbi del comportamento e ai problemi visivi. Vi danno l'idea di quella complessità che accompagna le patologie del neurosviluppo, che quindi non interessa solo un'area, ma un po’ tutte le funzioni adattive del soggetto.
  Un campo che ha dato a noi italiani particolare soddisfazione è stato lo studio delle problematiche neurovisive nei bambini con paralisi cerebrali. Sono non tanto problematiche legate all'aspetto solo periferico, quindi oculistico, ma anche al fatto che la maggior parte dell'informazione visiva viene processata a livello del sistema nervoso centrale, e quindi i bambini che hanno avuto una lesione, ad esempio, nel circuito motorio, molto spesso hanno una lesione della via visiva retrochiasmatica, quindi, pure con un occhio che funziona abbastanza bene, non riescono a processare in modo complesso l'informazione visiva.
  In Italia, siamo leader nel settore, perché abbiamo fondato dei centri di riabilitazione visiva per bambini con lesioni cerebrali. Sono stati riconosciuti, ad esempio, dalla Regione Lombardia, poi ce ne sono altri due o tre, nell'ambito della legge n. 264 del 1999, che istituiva i centri di riabilitazione visiva. Per gli adulti, sono in mano agli oculisti; per quanto riguarda il bambino, sono i neuropsichiatri che coordinano le attività.
  Questo tema è estremamente importante, anche perché è una riabilitazione basata sulle funzioni visive dai primissimi mesi di vita, che vuol dire facilitare la fissazione, l'inseguimento, l'interazione con la mamma. È un aspetto di training delle funzioni visive, ma che ha delle ripercussioni sulla relazione. Sono funzioni che anche nell'autismo sono carenti. Potrebbero attivare quella plasticità cerebrale che andiamo a considerare.
  Abbiamo pubblicato su Developmental Medicine & Child Neurology uno dei primi studi che descrive i disturbi neurovisivi nella loro caratterizzazione di ogni tipo di paralisi cerebrale, per cui in ogni forma (diplegica, emiplegica e tetraplegica) possiamo considerare un profilo neurovisivo. Di ciò dobbiamo tener conto nella riabilitazione di questi soggetti.
  Sempre nelle raccomandazioni, parliamo di come deve essere il trattamento. Tempestivo, cioè appena le condizioni del bambino lo consentono, e questo è un elemento importante per la Commissione; Pag. 22intensivo, e questo è un altro tema. È chiaro, infatti, che si sta dimostrando che l'intensità, che non vuol dire sovrastimolo, ma una frequenza del lavoro, diventa importante. Al momento, i servizi non sono in grado di garantirlo. Naturalmente, è molto importante che sia continuativo e centrato sulla famiglia. Questi sono gli aspetti fondamentali dell'intervento riabilitativo.
  Ci sono nuove sfide per il futuro: come impostare le terapie intensive precoci, quindi poter intervenire subito sui segni di rischio e non aspettare che la sequela si sia messa in atto e la diagnosi sia completa; le terapie evidence-based, soprattutto, e ci sono altre sfide, come la teleriabilitazione.
  Abbiamo un progetto sperimentale, in cui abbiamo cercato di usare la terapia dell'imitazione delle azioni, che non richiede la presenza continua di un terapista vicino al bambino, ma può essere fatta anche a distanza. Abbiamo un sistema che ci permette di seguire a casa e di effettuare delle sedute una volta alla settimana, in presenza del bambino in ospedale, le altre quattro in teleriabilitazione. Questo consente l'intensività richiamata, oltre a ridurre i disagi per le mamme. È un progetto sperimentale finanziato dalla Fondazione TIM, che durerà per due anni. È stata una sperimentazione molto soddisfacente.
  Questa è la terapia su cui ci basiamo, l’action observation treatment, basata sull'imitazione delle azioni, messa a punto partendo dall'utilizzo del sistema «mirror», scoperta famosa del professor Rizzolatti e della sua équipe, che viene portata avanti anche da altri gruppi in Italia. Questo è il primo lavoro su 16 casi di paralisi cerebrale infantile, seguìti con un trial intensivo di tre settimane basato su una seduta al giorno di visione di azioni fatte da un altro individuo. È una riabilitazione soprattutto dell'arto superiore, che si basa sull'imitazione dell'azione.
  Il primo gruppo qui era sperimentale. Adesso ne abbiamo seguiti circa una ventina, con anche le risonanze magnetiche funzionali. Non è ancora pubblicato, ma ci sta dando dei buoni risultati, come si vede dal confronto casi-controlli. La funzionalità dell'arto superiore migliora dopo il training. Non sappiamo ancora quanto dura il beneficio nel tempo, questo obiettivo fa parte della sperimentazione.
  Ci sono tutti i metodi di valutazione e qui i dati di risonanza magnetica funzionale che vi dicevo: tra t1 e t2, vedete che le aree tipiche del sistema mirror sono più attivate.
  Vorrei attirare la vostra attenzione su questo lavoro in cui si vede come l'intervento precoce nei bambini ad alto rischio per i disturbi della coordinazione motoria migliori sia le funzioni motorie sia le funzioni cognitive a distanza, e quindi c'è differenza significativa tra il gruppo sperimentale e i casi di controllo. Questi sono tutti lavori che documentano come sia importante l'intervento precoce.
  Sul disturbo dello spettro autistico si apre un mondo. Penso che ne abbiate già parlato a sufficienza.

  ORNELLA BERTOROTTA. Quali sono le cause?

  ELISA MARIA FAZZI, Direttore U.O. di Neurologia e Psichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, ASST – Spedali Civili di Brescia e Professore ordinario di Neuropsichiatria infantile presso l'Università degli studi di Brescia. Anche questa è una disabilità complessa. Ci sono sicuramente cause genetiche, e anche delle cause ambientali. L'epigenetica, cioè come l'ambiente modula le caratteristiche genetiche del soggetto, può entrare in gioco. Ovviamente, ci sono delle sindromi autistiche con delle alterazioni genetiche molto importanti e caratteristiche.

  ORNELLA BERTOROTTA. I vaccini?

  ELISA MARIA FAZZI, Direttore U.O. di Neurologia e Psichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, ASST – Spedali Civili di Brescia e Professore ordinario di Neuropsichiatria infantile presso l'Università degli studi di Brescia. C'è il dato della letteratura, e c'è tutto il consensus che dice che non c'è evidenza. La segnalazione del vaccino come causa dell'autismo si basa su un lavoro pubblicato su Lancet da un collega non Pag. 23medico, che fu radiato dall'ordine dei medici.
  Il problema di un'encefalite post-morbillosa di un bambino non vaccinato è molto più frequente. Il fatto di non avere bambini vaccinati per il morbillo crea un rischio di encefalite molto più elevato che un'eventuale ipotetica reazione post-vaccinica non documentata.
  Tenete conto che con bambini che arrivano da altri Paesi che non sono vaccinati, questo dramma della ricomparsa nei nostri territori di poliomielite, tubercolosi, malattie gravissime, in una popolazione non vaccinata diventa un rischio sociale e sanitario altissimo.

  ORNELLA BERTOROTTA. L'autismo è in aumento?

  ELISA MARIA FAZZI, Direttore U.O. di Neurologia e Psichiatria dell'infanzia e dell'adolescenza, ASST – Spedali Civili di Brescia e professore ordinario di Neuropsichiatria infantile presso l'Università degli studi di Brescia. L'autismo è in aumento per una serie di fattori. I dati sono in gran parte americani. Se ci sarà un'altra occasione di incontrarci, bisognerebbe davvero contestualizzare questo problema. I dati sono in aumento. Perché?
  Sono cambiati i criteri diagnostici. Dal Manuale diagnostico e statistico (DSM)-4 si è passati al DSM-5, che non definisce più l'autismo in senso stretto, ma parla di spettro autistico. In questi spettri autistici rientrano anche molti sintomi che non è detto che configurino un quadro di autismo, ma che sono dei segni di rischio.
  In secondo luogo, l'aumento è sicuramente dovuto a una maggior sensibilizzazione sul problema, che crea una particolare attenzione. C'è, quindi, un aumento, con una prevalenza dei maschi sulle femmine, abbastanza storica.
  La mia opinione, in modo molto sintetico, è che bisogna fare dei distinguo, bisogna stare molto attenti. È vero che esistono sintomi di rischio, ma non è detto che tutti questi bambini con dei segni di rischio di autismo diventino poi autistici. Il rischio di una codifica troppo precoce della diagnosi, da un lato utile per allocare risorse e creare percorsi, rischia di chiudere in queste diagnosi dei soggetti che potrebbero avere un'altra evoluzione.
  Noi stiamo facendo una sperimentazione che può essere interessante, seguendo la segnalazione di Gillberg dell’early symptomatic syndromes eliciting neurodevelopmental clinical examination. Sono bambini che hanno nei primissimi anni di vita disturbi dello sviluppo, della comunicazione, dell'intersoggettività, della coordinazione, dell'attenzione, cioè che arrivano alle neuropsichiatrie infantili con questo tipo di sintomi. Noi cominciamo a raccoglierli, a monitorarli e a vedere se nel corso dei primi due o tre anni di vita sviluppano davvero autismo o no. Questo potrebbe essere un aspetto assolutamente interessante.
  Però è vero che nella nostra pratica clinica l'autismo sta diventando un motivo molto frequente nelle nostre consultazioni.
  Su un ultimo tema posso fornire dei dati importanti. Tenete conto che mancano i letti di ricovero ordinario in neuropsichiatria infantile. A fronte di 5.000 letti della pediatria e 5.000 della psichiatria, e a fronte di una prevalenza di disturbi neuropsichici, che vi ho detto che è uno su cinque, quindi il 20 per cento dei soggetti in età evolutiva, in Italia ci sono 336 letti di ricovero ordinario in neuropsichiatria infantile. Sette regioni sono senza nessun posto letto. In urgenza, solo uno su cinque riesce ad accedere a un reparto di neuropsichiatria, quindi c'è l'invasione dei pronti soccorsi.
  I reparti di psichiatria sono considerati ad alta intensità di cure, il che vuol dire più medici e più infermieri. I reparti di neuropsichiatria infantile, che accolgono anche situazioni psichiatriche di alta intensità, non hanno riconosciuta l'alta intensità, quindi a volte non hanno medici e infermieri sufficienti.
  C'è un insufficiente numero degli specialisti di neuropsichiatria infantile. Abbiamo 89 posti in scuola di specialità a livello nazionale. Quando i nostri specialisti vengono dimessi, vengono assorbiti subito, non sempre con posti fissi, ma con collaborazioni libero-professionali. A volte non Pag. 24se ne trovano, però, disponibili, quindi abbiamo delle ore a disposizione e non abbiamo persone. Naturalmente, c'è il problema delle risorse territoriali. Ci sarebbero molto altro da dire.

  PRESIDENTE. È chiaro che l'argomento è importante, e mi dispiace doverla interrompere, ma sono iniziate le votazioni e per regolamento dobbiamo concludere; per noi è comunque importante acquisire la vostra documentazione.
  Vi anticipo che quest'indagine verrà presentata il giorno 23 maggio con un'iniziativa qui a Roma. Ci piacerebbe sicuramente avervi all'interno del panel dei relatori.
  Ringrazio i nostri ospiti e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.45.

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ALLEGATO 1

Documentazione presentata dal professor Angelo Luigi Vescovi

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ALLEGATO 2

Documentazione presentata dalla professoressa Elisa Maria Fazzi

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