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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 32 di Martedì 10 ottobre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA TUTELA DELLA SALUTE PSICOFISICA DEI MINORI

Audizione di rappresentanti dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) e della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (FIASO).
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 3 
Melazzini Mario , direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ... 3 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 3 
Melazzini Mario , direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ... 3 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 6 
Pinelli Nicola , direttore della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (FIASO) ... 6 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 8 
Raponi Massimiliano , direttore sanitario dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù ... 9 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 11 
Prina Francesco (PD)  ... 11 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 11 
Prina Francesco (PD)  ... 11 
Valdinosi Mara  ... 12 
Mattesini Donella  ... 12 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 13 
Melazzini Mario , direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ... 14 
Pinelli Nicola , direttore della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (FIASO) ... 14 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 16 
Pinelli Nicola , direttore della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (FIASO) ... 16 
Raponi Massimiliano , direttore sanitario dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù ... 16 
Blundo Rosetta Enza , Presidente ... 18 

Allegato 1: Relazione presentata dall'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ... 19 

Allegato 2: Osservazioni della Federazione italiana aziende sanitarie ed ospedaliere (FIASO) e dall'Associazione degli ospedali pediatrici italiani (AOPI) ... 43

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
ROSETTA ENZA BLUNDO

  La seduta comincia alle 13.40.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) e della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (FIASO).

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla tutela della salute psicofisica dei minori, l'audizione di rappresentanti dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) e della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (FIASO).
  Sono presenti il professor Mario Melazzini, direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco, accompagnato dal dottor Fabio Mazzeo, coordinatore dell'ufficio stampa di AIFA, il dottor Nicola Pinelli, direttore della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere, e il dottor Massimiliano Raponi, direttore sanitario dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù. Se desidera intervenire, daremo la parola anche al dottor Raponi.
  Do la parola al professor Mario Melazzini, direttore dell'Agenzia italiana del farmaco, per lo svolgimento della sua relazione.

  MARIO MELAZZINI, direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA). Grazie, presidente e onorevoli. Vorrei sapere quanto tempo ho a disposizione per riuscire a capire come devo contenere la durata.

  PRESIDENTE. Noi orientativamente possiamo dare anche dieci minuti o un quarto d'ora, se le serve.

  MARIO MELAZZINI, direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA). Grazie per l'invito e per questa opportunità di esplicare ciò che nella quotidianità AIFA fa nel garantire e tutelare la salute dei nostri cittadini e in particolare il sano e corretto sviluppo psicofisico dei minori.
  Per noi è un tema di estrema importanza, non solo perché permette una crescita esente da patologie tipiche dell'infanzia e dell'adolescenza, ma soprattutto perché pone le basi per prevenire alcune malattie tipiche dell'età adulta.
  I temi di salute che riguardano i minori sono tantissimi e tutti di un enorme rilievo, soprattutto perché parliamo di giovani individui di cui abbiamo la piena responsabilità, però il mio intervento vuole concentrarsi in particolare su una selezione di temi emergenti per i quali esiste un'attenzione, sia pregressa che attuale, nelle scelte prescrittive da parte dei medici curanti e degli specialisti.
  Mi riferisco all'ADHD (attention-deficit/hyperactivity disorder), a temi che hanno un'intensa attività, data l'attualità della materia, alle vaccinazioni, alle vaccinazioni obbligatorie, anche con particolare riferimento alla vaccinazione per l'HPV (human papilloma virus). Infine, porrò un'attenzione estremamente particolare a un reale bisogno medico-sanitario per il quale è Pag. 4necessario un allineamento normativo: le terapie che vengono offerte in cure palliative pediatriche.
  Faccio un rapido cenno al consumo e alla spesa per farmaci usati in età pediatrica. Nel nostro ultimo rapporto OSMED (Osservatorio nazionale sull'impiego dei medicinali) c'è un focus specifico sui dati di spesa e consumo dei farmaci per l'età inferiore ai diciotto anni, riferiti al 2015. Per fare questa analisi, abbiamo utilizzato i dati provenienti da quaranta ASL e da otto regioni distribuite tra Nord, Centro e Sud Italia, a cui afferisce una popolazione di circa 38,7 milioni di assistiti. La prevalenza dell'uso dei farmaci nei bambini da zero a quattro anni è stata di circa il 50 per cento. Si rileva una prevalenza d'uso nei bambini maschi e la fascia di età con i maggiori consumi è stata quella tra zero e due anni. Le categorie maggiormente utilizzate di farmaci sono quelle afferenti all'apparato respiratorio (35,6 per cento) e all'apparato gastrointestinale.
  Come vi dicevo all'inizio, focalizzerei l'attenzione in particolare su una tematica emergente: il disturbo del deficit di attenzione e di iperattività (ADHD). Questo, oltretutto, è espressione di un'azione congiunta tra l'Agenzia italiana del farmaco e l'Istituto superiore di sanità, che indica come le attività sinergiche di più istituzioni siano fondamentali per il benessere di tutta la collettività. Voi sapete che l'ADHD è un disturbo neuropsichico che si manifesta, generalmente, prima dei dodici anni di età. È caratterizzato da marcati, persistenti e maladattivi livelli di inattenzione, impulsività e iperattività. Già a partire dal 2014 l'Agenzia ha reso disponibile un concept paper per il trattamento farmacologico, e dal lontano 2007 è stato attivato presso l'Istituto superiore di sanità il registro nazionale di tale disturbo.
  Per quanto riguarda il trattamento farmacologico, solo le forme moderate e gravi vengono trattate farmacologicamente, perché fondamentalmente sono trattamenti di tipo psico-comportamentale. La terapia farmacologica nei protocolli europei viene considerata esclusivamente se quella comportamentale non è risultata sufficiente per controllare la sintomatologia.
  Il trattamento farmacologico in prima linea è il metilfenidato, che è presente in diverse specialità medicinali e che, tradotto in termini abbastanza semplici, agisce legandosi a dei trasportatori sinaptici della dopamina, favorendo la permanenza sia della dopamina sia della noradrenalina – due neurotrasmettitori – in questo spazio, in modo tale da controllare un po’ i sintomi di questi bambini. Per quanto riguarda la sicurezza, tra i più comuni effetti avversi di tale molecola (il metilfenidato) vi sono soprattutto cefalea, diminuzione dell'appetito e perdita di peso.
  Nel caso in cui la prima linea di trattamento non porti soddisfazione, l'altro farmaco stimolante che noi utilizziamo è l'atomoxetina. Tuttavia, è importante sottolineare la scarsità di studi comparativi tra il metilfenidato e l'atomoxetina, perché al momento tale ultima molecola presenta in generale un profilo di efficacia leggermente inferiore rispetto a quella del metilfenidato.
  Per quanto concerne l'altra tematica, ultimamente agli onori della cronaca ed estremamente importante, ovvero la vaccinazione obbligatoria in età pediatrica, come sapete, il nuovo decreto-legge, poi legge dello Stato, ha portato il numero di vaccinazioni obbligatorie nell'infanzia e nell'adolescenza nel nostro Paese da quattro a dieci. Le dieci vaccinazioni obbligatorie sono: l'antidifterica, l'antipoliomelitica, l'antitetanica, l'antiepatite virale B, l'antipertosse, l'anti-haemophilus influenzae di tipo B, l'antivaricella, l'antimorbillo, l'antiparotite e l'antirosolia; mentre le quattro raccomandate sono l'antimeningococcica B, anti-rotavirus, l'antipneumococcica e antimeningococcica C. Voi conoscete tutte le varie tempistiche, quindi non sto a tediarvi con la calendarizzazione. La sicurezza e, soprattutto, il rapporto beneficio-rischio dei vaccini sono valutati periodicamente, ogni sei mesi, ogni anno, ogni tre e cinque anni, attraverso i rapporti periodici di sicurezza, PSUR (Periodic safety update report) e PSUSA (Periodic safety update single assessment), che sono procedure tramite le quali le Pag. 5Aziende sottopongono ai comitati dell'Agenzia europea del farmaco i risultati delle proprie attività di farmacovigilanza per revisione e valutazione. Questo è quanto riguarda i vaccini.
  C'è un passaggio che ci terrei a fare sul vaccino anti-HPV per quanto concerne, soprattutto, la sfera sessuale dei minori, considerando l'aumento delle malattie sessualmente trasmissibili responsabili anche di problemi di fertilità in età fertile. Diventa fondamentale la tematica del vaccino HPV, che vede anche delle modifiche importanti nel nuovo piano vaccinale 2017-2019. Una cosa estremamente importante sono, come voi sapete, i tipi di vaccini disponibili. Per il papilloma virus ci sono attualmente tre tipi di vaccini, in particolare a seconda dei genotipi. Recentemente ne è stato approvato uno per la profilassi su nove genotipi. L'altro punto fondamentale è l'offerta vaccinale anche ai ragazzi di sesso maschile. Questo è estremamente importante.
  Sia per quanto riguarda la vaccinazione contro il papilloma virus sia per quanto riguarda tutte le offerte vaccinali, obbligatorie e consigliate, tutto viene monitorato attentamente attraverso le varie segnalazioni di reazioni avverse, tramite la Rete nazionale di farmacovigilanza.
  Un'altra tematica importante è l'uso di farmaci off-label in cure palliative pediatriche. Il problema dell'utilizzo dei farmaci off-label, soprattutto in pediatria, si amplifica ulteriormente in alcuni ambiti. L’off-label avviene laddove non c'è la segnalazione di indicazione terapeutica specifica, ma ci sono degli studi scientifici che dimostrano l'efficacia anche in altri contesti per i quali non c'è stata la registrazione e la richiesta rispetto a quella specifica molecola. Il grosso problema è che, in alcuni casi, trattandosi magari dell'unica alternativa terapeutica, la prescrizione può avere dei risvolti non solo dal punto di vista clinico, ma anche dal punto di vista etico. È maggiore la possibilità di incorrere in errori nella definizione di un trattamento. Ciò implica l'assunzione di una responsabilità da parte del medico prescrittore e l'assenso informato da parte di chi esercita la potestà genitoriale.
  Questo ha anche delle ricadute sulla rimborsabilità del farmaco stesso. Infatti, c'è la possibilità che molti di questi farmaci vengano inseriti nel contenitore della legge n. 648 del 1996, che ha permesso in Italia per alcuni farmaci l'utilizzo off-label, in quanto venne istituita una lista di farmaci che hanno un'indicazione terapeutica diversa da quella realmente autorizzata e conosciuta.
  Nei Paesi dell'Unione europea, oltretutto, è in vigore dal 2007 il regolamento europeo relativo ai medicinali a utilizzo pediatrico, il cui obiettivo è proprio quello di agevolare l'accesso e lo sviluppo di farmaci pediatrici, di garantire che i medicinali pediatrici siano oggetto di una ricerca etica di qualità elevata e possano fruire di un'autorizzazione specifica per l'uso pediatrico e soprattutto di aumentare la disponibilità delle informazioni sull'utilizzo.
  Ci sono alcuni esempi, come l'utilizzo nel trattamento di patologie neurologiche della tossina botulinica oppure di altri farmaci molto particolari, sia farmaci biologici sia farmaci antineoplastici, o l'utilizzo di fattori stimolanti la crescita dei globuli rossi, come l'epoetina per la cura dell'anemia asintomatica nei bambini affetti da forme leucemiche, soprattutto forme non mieloidi ma linfoblastiche.
  L'altra situazione estremamente importante che testimonia l'attenzione per la sinergia fra due enti controllati dal Ministero della salute, ovvero l'Istituto superiore di sanità e l'Agenzia italiana del farmaco, è la terapia con l'ormone somatotropo. C'è il registro nazionale degli assuntori degli ormoni della crescita che, insieme alla nota AIFA 39, è seguito anche tramite la collaborazione con l'Istituto superiore di sanità.
  Concludo soffermandomi sugli studi sperimentali per la popolazione pediatrica e l'utilizzo dei farmaci. Ci sono dei gap, rispetto a ciò che viene facilitato a livello di studi, tra la popolazione adulta e la popolazione pediatrica. Col nuovo regolamento pediatrico europeo è stato possibile facilitare, negli studi sperimentali, la disponibilità di questi farmaci appositamente studiati per la popolazione pediatrica. Tramite Pag. 6questo regolamento, è stato soprattutto possibile assicurare che vengano condotte ricerche e sperimentazioni cliniche etiche di alta qualità in pediatria, per evitare le duplicazioni e la conduzione di studi clinici che sono non necessari o non appropriati.
  Sempre sulla ricerca, un'ultima informazione che vi posso anticipare concerne la ricerca indipendente per la popolazione pediatrica. Noi, grazie al fondo del 5 per cento, finanziamo tematiche che non sono molto oggetto della sperimentazione profit, fra queste la fragilità, in cui inseriamo la popolazione pediatrica. Ci tengo a sottolineare che, nell'ambito dello scorso bando di ricerca indipendente del 2016, il 10 per cento dei 370 progetti presentati interessava la popolazione pediatrica.
  Aggiungo un'ultima nota importante riguardo all'utilizzo di una molecola nel trattamento dell'epilessia, il valproato, nella popolazione pediatrica. Recentemente l'Agenzia europea del farmaco ha dato delle avvertenze speciali: il farmaco non deve essere utilizzato in bambini e adolescenti, in donne in età fertile o donne in gravidanza, a meno che i trattamenti alternativi siano inefficaci o non tollerati. Ciò a causa del potenziale effetto teratogeno e del rischio di disturbo dello sviluppo in neonati esposti in utero al valproato.
  Infine, una tematica estremamente importante è l'uso dei farmaci per il trattamento dell'autismo nella popolazione pediatrica. Come sapete, lo spettro autistico è estremamente vario. Nel 2016 l'Agenzia europea dei medicinali (EMA) ha pubblicato una linea guida che risulta di particolare importanza, perché fornisce supporto sui criteri di diagnosi e di inclusione, sui metodi per la valutazione dell'efficacia e della sicurezza e, soprattutto, sulla progettazione degli studi clinici. In particolare, è il primo documento di orientamento per il CHMP (Comitato per i medicinali per uso umano) di EMA per promuovere lo sviluppo di farmaci per il trattamento dell'autismo.
  Infatti, purtroppo, i disturbi psichiatrici che accompagnano spesso la condizione autistica vengono trattati con farmaci antipsicotici tipici e atipici, antidepressivi, stimolanti eccetera. Il grosso problema per queste patologie è sempre il monitoraggio attento riguardo all'autorizzazione dell'utilizzo nella fascia pediatrica di queste molecole, che molto spesso non sono autorizzate anche per l'uso specifico, cioè con indicazione specifica per i bambini. Per esempio, la Food and drug administration (FDA) ultimamente ha approvato l'uso di antipsicotici come il risperidone per i pazienti compresi fra i cinque e i sedici anni di età e l'aripiprazolo per i pazienti tra i sei e i diciassette anni, proprio per il trattamento dell'irritabilità associata allo spettro autistico. Invece, noi, come Agenzia, abbiamo autorizzato il risperidone solo per il trattamento sintomatico a breve termine, fino a sei settimane, dell'aggressività persistente nel disturbo della condotta in bambini dall'età di cinque anni e in adolescenti.
  Infatti, noi ci concentriamo molto sulla segnalazione delle reazioni avverse che estraiamo dalla Rete nazionale di farmacovigilanza e sui dati relativi a quelle segnalazioni di reazioni avverse specificatamente riferiti ai disturbi dello spettro autistico. Per noi è del tutto possibile, tuttavia, che a volte tali segnalazioni non rispecchino la realtà per il problema dell’under-reporting, nonostante noi stimoliamo sempre dei progetti di farmacovigilanza attiva, per far sì che ci sia la reale fotografia di quanto ci troviamo ad affrontare, coinvolgendo soprattutto operatori sanitari e cittadini.
  Ho cercato di andare il più velocemente possibile, manderò una relazione comprensiva di tutto.

  PRESIDENTE. Ringrazio per questa ampia relazione il professor Mario Melazzini. Ci ha dato tantissimi stimoli. Andiamo avanti con gli altri auditi e poi magari apriremo il dibattito con le domande dei colleghi.
  Do la parola al dottor Nicola Pinelli, direttore della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere, per lo svolgimento della sua relazione.

  NICOLA PINELLI, direttore della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (FIASO). Grazie dell'invito. Saluto i deputati e senatori presenti. Siamo molto felici di fare questo esordio nella Commissione Pag. 7 per l'infanzia e l'adolescenza, non soltanto per la specificità dell'attività parlamentare, ma anche perché all'interno della FIASO è maturata ormai da un paio d'anni una collaborazione molto stretta, sinergica e strategica con l'Associazione degli ospedali pediatrici italiani (AOPI). Tale associazione rappresenta tredici strutture in quasi tutte le regioni italiane, tra cui gli ospedali monospecialistici Bambino Gesù di Roma – che condivide con me questa interlocuzione in Commissione – Burlo Garofalo di Trieste, Meyer di Firenze, Gaslini di Genova e Santobono Pausilipon di Napoli; è una rete pediatrica nazionale che viene ulteriormente esplicitata all'interno di presìdi pediatrici o dipartimenti di pediatria di grandi aziende ospedaliere italiane.
  Questa sinergia fa sì che all'interno dell'attività promossa dalla Federazione venga sempre dedicato un focus specifico all'ambito pediatrico. Lo abbiamo fatto, per esempio, sui piani di rientro per quanto riguarda i Diagnosis-related group (DRG), che, in ambito pediatrico, presentano una serie di problematiche. Non sono argomenti oggetto della discussione della Commissione, ma lo dico soltanto per fare degli esempi. Lo abbiamo fatto sulle politiche del personale, perché abbiamo problemi a recuperare specialisti in pediatria negli ospedali, in ragione di una dinamica competitiva con la pediatria di libera scelta. Inoltre, stiamo sviluppando un lavoro sulla sperimentazione clinica, in collegamento con l'AIFA e informandola sempre dei nostri sviluppi. Stiamo favorendo e sostenendo la costituzione di reti pediatriche sulla ricerca e la sperimentazione clinica, in collaborazione con il Ministero della salute che governa gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS) .
  Presentiamo in sintesi un documento, che verrà trasmesso ufficialmente via email subito dopo l'audizione, in cui tentiamo di dare una risposta agli interrogativi di approfondimento che la Commissione si era posta. In particolare, ne abbiamo individuati cinque (magari può esserci sfuggito qualcosa) a cui abbiamo cercato di dare risposta e che possono essere poi ulteriormente approfonditi. In questo senso, c'è la massima disponibilità alla collaborazione con la Commissione per approfondire qualsiasi argomento e per portare ulteriori elementi alla vostra attenzione.
  Gli elementi principali che abbiamo colto nel programma dell'indagine conoscitiva sono: fattori di rischio per una sana crescita psicofisica, salute mentale e patologie psichiatriche in età evolutiva, tutela della salute psicofisica dei minori disabili, situazioni dei reparti di pediatria oncologica (con un approfondimento sulle cure palliative), promozione della salute e buone pratiche.
  Nel documento che vi illustriamo sono presenti una serie di considerazioni, alcune delle quali tratte dalla pratica quotidiana, anche su come vengono organizzate giorno per giorno alcune delle prese in carico.
  Iniziamo con i fattori di rischio, tenendo conto che la specificità pediatrica ha un particolare senso perché una serie di elementi, di comportamenti e di orientamenti sugli stili di vita, nonché alcune problematiche legate alla salute, saranno poi determinanti per la successiva fase di patologia nell'età adulta. Di conseguenza, intercettare e affrontare la salute psicofisica dell'adolescente non risponde soltanto al dovere della società di avere attenzione per le parti più giovani della popolazione, ma ha anche un effetto determinante sulla salute collettiva della popolazione e, quindi, sulla sostenibilità stessa del Servizio sanitario nazionale.
  Per esempio, molto spazio è stato dato ai disturbi psichici. Sappiamo che il 50 per cento dei disturbi psichici che si presentano in età adulta si sono manifestati per la prima volta nella fase dell'età evolutiva. Molto spazio è stato dato anche, ad esempio, agli stili di vita, legati non soltanto all'alimentazione. Anche il fumo e i comportamenti sessuali, che venivano richiamati nel documento, hanno a che vedere con comportamenti che vengono determinati nella prima fase dell'età di qualsiasi individuo.
  Un'ulteriore caratteristica, che è ancora più forte che nell'età adulta, è l'influenza dei cosiddetti «determinanti della salute» o «determinanti sociali», legati alla propria Pag. 8 condizione sociale e all'istruzione, oltre agli elementi legati alla salute in senso di sanitarizzazione. Da questo punto di vista, vi portiamo l'esempio del fenomeno dell'obesità infantile. L'Italia, purtroppo, su questo fronte detiene un triste primato, avendo uno dei tassi di sovrappeso e obesità più alti tra i Paesi dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Su questo piano tutti gli studi e le ricerche mettono in luce una stretta correlazione tra questo stato di eccesso di peso e di obesità nell'infanzia e il livello di istruzione della madre, in particolare, e del padre. Evidentemente su alcuni aspetti non bastano le politiche sanitarie, ma servono anche politiche più ampie legate all'educazione e alla scuola e politiche di tipo sociale.
  Le altre questioni che portiamo alla vostra attenzione sono quelle legate alla gestione cronica. Altri fattori di rischio sono molto legati, per esempio, al passaggio dall'età pediatrica all'età adulta. Viene chiamata transitional care la capacità di organizzare questo passaggio, laddove diverse delle patologie sofferte nell'età pediatrica non trovano una risposta compiuta e soddisfacente nell'età adulta. Pensiamo soprattutto, per esempio, ai disturbi psichici e a cosa significa ritrovarsi in una dimensione adulta per coloro che venivano trattati in un'età pediatrica.
  La cronicizzazione porta, quindi, a una gestione per percorsi, a una maggiore integrazione tra ospedale e territorio (questo è un leitmotiv) e a percorsi studiati, che qui proponiamo, in particolare sulla salute mentale e sui disturbi psichiatrici, fino ad arrivare a un'interessante proposta legata proprio alla natura degli ospedali pediatrici, alla loro specificità e alla loro capacità di intercettazione proprio per questa specificità pediatrica di avere problemi di salute ma soprattutto di ordine sociale. Questa specificità si esplica nel 90 per cento di accessi in codice bianco o verde al pronto soccorso, che denota un problema soprattutto di ordine non sanitario ma sociale. Da questo punto di vista, ci si può chiedere se il pronto soccorso, oltre a svolgere una mission strettamente sanitaria, possa allargare la propria competenza a elementi extra-assistenziali in grado di intercettare problematiche di natura sociale, di deprivazione o altre questioni. Stiamo pensando a una presa in carico un po’ più ampia del pronto soccorso.
  Facciamo due esempi calati nella realtà. Uno è quello legato al maltrattamento e all'abuso del minore, su cui esiste un progetto nazionale che è gestito proprio dalla FIASO e che l'AOPI ha sviluppato come capofila per l'ambito pediatrico, in cui vengono definiti i set assistenziali e la formazione degli operatori, per intercettare, prendere in carico ed eventualmente portare in luce anche in termini giudiziari il caso di abuso e di maltrattamento.
  C'è un altro lavoro che abbiamo fatto con una rete di pronto soccorso: abbiamo rilevato il trattamento del dolore in età pediatrica nei pronto soccorso italiani in termini di qualità percepita.
  Mettiamo in luce il percorso della salute mentale e delle malattie psichiatriche, ma anche quello della salute psicofisica dei disabili. Facciamo uno stato dell'arte molto veloce sulle cure palliative pediatriche in termini di centri di distribuzione. Il professor Melazzini ha anche fornito alcuni dati sull'uso dei farmaci in ambito di cure palliative.
  Ci sembra molto interessante una chiusura più soft, ma su una tematica che rispetto a tutta questa dinamica è forse determinante: le politiche di promozione della salute tramite campagne di comunicazione che vanno a intercettare, in particolare con l'uso di metodologie di marketing sociale, ma anche con nuove tecniche legate ai social media, l'attenzione e l'orientamento a comportamenti salutari da parte delle più giovani generazioni, in particolare per quanto riguarda l'alimentazione, l'alcol, il fumo, il movimento e le malattie sessualmente trasmissibili.
  Vi forniamo anche una rapida rassegna di alcune delle buone pratiche di cui siamo custodi e che sono a disposizione della Commissione, eventualmente, per qualsiasi ulteriore approfondimento.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il dottor Nicola Pinelli. Do la parola al dottor Massimiliano Pag. 9 Raponi, che è direttore sanitario dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù e, quindi, ci può illustrare altri aspetti importanti.

  MASSIMILIANO RAPONI, direttore sanitario dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù. Innanzitutto ringrazio la presidente e i presenti per la possibilità di rappresentare il lavoro svolto dall'ospedale Bambino Gesù all'interno dell'Associazione ospedali pediatrici italiani. Ricordo che questa associazione è nata più di dieci anni fa e il suo intento è proprio quello di portare avanti culturalmente degli ambiti che riguardano tutto il mondo della pediatria, attraverso un contributo e una rete importante composta dai tredici ospedali pediatrici del territorio nazionale.
  Il lavoro fatto all'interno dell'AOPI rappresenta un valore aggiunto, a mio avviso, innanzitutto dal punto di vista culturale, perché credo che riuscire a trovare insieme delle motivazioni forti per poter rappresentare delle strategie e delle politiche che permettano interventi mirati alla tutela della salute dei bambini sia un valore aggiunto, che nel nostro Paese costituisce un fiore all'occhiello rispetto a quello che succede a livello internazionale. Lo stiamo facendo all'interno dell'AOPI con i progetti che sono stati rappresentati.
  Io partirei da un primo dato importante dell'Eurostat, che ci dice che la povertà e l'esclusione sociale rappresentano il 26,9 per cento. Ci troviamo in una situazione in cui alcuni Paesi, come la Romania e la Bulgaria, superano il 40 per cento, mentre l'Italia sta poco sopra al 20 per cento e purtroppo è in sesta posizione a livello europeo. È un problema che ci tocca fortemente per diversi motivi.
  L'ambito è molto delicato, nel senso che il rischio è che si possa presentare una criticità, in merito all'ambito sociosanitario, in settori diversi. Cercherò di rappresentare in pochi minuti il lavoro che è stato fatto e che, a mio avviso, possiamo fare sempre di più, a partire dal concetto a cui accennavo – e che abbiamo sentito già – della promozione della salute.
  Si tratta di un lavoro continuo, che non deve essere eseguito solo dal personale medico e infermieristico e dalle professioni sanitarie degli ospedali, ma probabilmente si deve svolgere a vari livelli, a cominciare dalla scuola. Noi oggi al Bambino Gesù abbiamo inaugurato l'anno accademico con il ministro Fedeli. Abbiamo lavorato molto in questi anni, non solo come Bambino Gesù, ma come AOPI, nella promozione della salute a scuola. Questo è un primo fatto importante, perché, come sappiamo, i progetti devono essere sostenibili e devono avere degli obiettivi chiari per poter raggiungere i risultati. Il coinvolgimento della scuola e degli insegnanti ci permette di agire non solo attraverso un'azione reattiva nel momento in cui c'è in acuto il problema e arriva in ospedale, ma anche attraverso un percorso di informazione e di formazione. Spesso capita di ascoltare anche in ospedale situazioni in cui sarebbe bastata una formazione puntuale nella scuola e dell'insegnante rispetto all'educazione alimentare (tocco un ambito delicato quale quello dell'anoressia e della bulimia) per poter intervenire prima. Basterebbe promuovere degli interventi mirati, con delle informazioni anche semplici, per evitare problematiche molto più complesse.
  Una prima azione che stiamo facendo all'interno dell'AOPI è proprio questa: lavorare sulla base, attraverso un lavoro multidisciplinare costruito – lo ripeto – non solo dalle professioni sanitarie e dai medici, ma anche da interlocutori diversi, come il Ministero dell'istruzione, la scuola e le famiglie, per cercare di prevenire il più possibile problematiche che sarebbero difficili da gestire, purtroppo, anche in ospedale, quali l'obesità e l'anoressia.
  Un altro ambito delicato e importante è il lavoro relativo all'appropriatezza delle attività che svolgiamo. L'appropriatezza, tra le dimensioni della qualità, è in assoluto quella più importante dal punto di vista gestionale e della sostenibilità, e ci permette di fare niente di più e niente di meno di quello che serve al paziente, alle famiglie e ai bambini. In questo caso, il lavoro che ci troviamo spesso a fare in ospedale non è appropriato nel momento in cui dobbiamo intervenire su situazioni che potrebbero essere gestite sul territorio. Pertanto, un Pag. 10altro interlocutore importante per tutti quanti noi è sicuramente il pediatra di libera scelta, ma non solo.
  Quindi, da una parte la scuola e la famiglia: noi nell'AOPI abbiamo un sito e ognuno dei nostri ospedali ha un portale in cui diamo informazioni continue sulla giusta educazione, sia alimentare che psicosociale.
  Dall'altra parte, credo che sia fondamentale un intervento attraverso una rete e una collaborazione continua con le società scientifiche, per esempio con la Società italiana di pediatria. Quello che facciamo è cercare, con eventi e convegni, di creare questa rete e rafforzarla, attivando collaborazioni che ci permettano di intervenire attraverso una prevenzione secondaria per poter selezionare quei casi che devono essere indirizzati ai centri di riferimento.
  Arriviamo al terzo livello, che è l'ambito in assoluto più delicato. Cosa sta succedendo nel nostro Paese? Lo vediamo dai numeri dell'ospedalizzazione: le malattie croniche complesse e le malattie rare stanno aumentando in maniera rilevante. Abbiamo dati che ci dicono che la percentuale in alcuni ospedali, come al Bambino Gesù, va oltre il 50 per cento di pazienti cronici complessi e pazienti con malattie rare. Da questo punto di vista, abbiamo una collaborazione, ovviamente, con tutte le istituzioni. Ringrazio l'AIFA per il lavoro sistematico che facciamo insieme sulle malattie più complesse, che hanno bisogno di trial clinici nell'ambito pediatrico per poter dare risposta a malattie rare o a malattie che non hanno ancora una terapia. È fondamentale poter fare questo a livello nazionale, europeo e internazionale.
  Ovviamente, questo rappresenta un ambito delicato e importante, perché la tecnologia e le innovazioni assistenziali ci hanno permesso di rispondere sempre di più, in termini di capacità di assistenza alle funzioni vitali dei nostri pazienti. Questo è fondamentale, perché ci permette di dare una speranza laddove aumentiamo la nostra capacità, le nostre risorse, la nostra disponibilità per dare la migliore qualità di vita e di cura per i nostri pazienti.
  Abbiamo, però, la necessità di requisiti e di standard di riferimento, importanti per poter dare risposte appropriate, perché, se non c'è una struttura organizzata multidisciplinare che abbia la capacità di valutare con attenzione e in maniera appropriata le risorse e le risposte migliori per i pazienti, diventa complicato. In quest'ambito l'AOPI si è organizzata definendo degli standard a livello di pronto soccorso e di unità operative specialistiche, per avere tutte le professionalità necessarie per rispondere nel miglior modo possibile.
  Cito l'esempio che riguarda i maltrattamenti e gli abusi. Sta aumentando in maniera esponenziale la gestione negli ospedali dei poveri pazienti che hanno queste problematiche. È un problema legato a un aumento di queste problematiche oppure prima c'era un sommerso che non si vedeva? Questa è la prima domanda. La risposta, purtroppo, è molto grave, nel senso che stanno comunque aumentando. Tuttavia, questo ci dà un'informazione importante rispetto al fatto che probabilmente negli ospedali pediatrici (e non solo in quelli) stiamo aumentando la capacità di valutare e di intervenire sulle problematiche relative al maltrattamento e agli abusi.
  È molto complicato, perché per poter gestire queste situazioni bisogna avere un rapporto stretto non solo con i bambini e la famiglia, ma anche, per esempio, con i servizi sociali. I servizi sociali da questo punto di vista rappresentano un valore aggiunto enorme nella gestione clinica. Se i medici rimanessero nell'ambito ospedaliero, probabilmente non avrebbero la forza per poter dare una risposta, non solo clinica, ma anche sociosanitaria. Dobbiamo aumentare e condividere questa rete di supporto per dare le risposte migliori.
  Farei un cenno, da questo punto di vista, a un progetto che stiamo realizzando al Bambino Gesù da qualche anno, un progetto orientato ai bambini rom che si chiama «Non ti scordar di me».
  I pazienti stranieri stanno aumentando sempre di più e, ovviamente, il problema sociosanitario non riguarda esclusivamente i bambini italiani, ma tutti i bambini che arrivano – e purtroppo a volte arrivano Pag. 11anche con mezzi di fortuna e senza genitori – su cui probabilmente bisogna fare un lavoro integrato, a partire dall'ambito sociosanitario e dei servizi sociali, con una forte promozione degli interventi fin dall'inizio. Questa forte promozione probabilmente ci permetterà fra quattro, cinque o dieci anni, di vedere dei risultati, però, se definiamo bene la collaborazione tra le varie professionalità, probabilmente riusciremo a dare delle risposte anche su settori delicati come quello del maltrattamento e dell'abuso. Noi al Bambino Gesù e in tutti gli altri ospedali pediatrici abbiamo delle strutture dedicate e stanno aumentando sempre di più gli adolescenti che hanno bisogno di questa assistenza. Sappiamo che purtroppo negli ultimi anni il problema dell'adolescenza è scoppiato in maniera vertiginosa per l'uso di droghe, per l'alcol, per problemi sociali, per l'incapacità di ascolto, a cominciare dalla famiglia. Probabilmente dovremmo ancora una volta valutare insieme quali possono essere gli interventi, in collaborazione forte con la scuola.
  Parlavo di promozione e di appropriatezza. I pronto soccorso, non solo quelli pediatrici, ovviamente hanno bisogno di poter lavorare in termini di appropriatezza sulle alte complessità dei pazienti cronici complessi, che purtroppo hanno avuto delle problematiche importanti e che devono avere, da parte nostra, la massima disponibilità a concentrarci e a dedicare a loro le attività. Nel momento in cui abbiamo il 50 per cento di codici bianchi e il 40 per cento di codici verdi, è lì che abbiamo un problema di appropriatezza, perché la sostenibilità passa sicuramente attraverso le cure migliori, ma anche attraverso l'utilizzo migliore delle risorse per garantire un'attività così complessa su un settore così ampio.
  Termino con un cenno a un tema a mio avviso delicato e importante, che è quello generale della classificazione dell'attività dei diagnosis related groups (DRG) pediatrici. Non voglio parlare di valorizzazione, vorrei parlare di conoscenza. Nel momento in cui abbiamo numeri esatti e abbiamo una stratificazione delle problematiche, probabilmente possiamo intervenire meglio, perché possiamo definire degli obiettivi con strumenti misurabili, considerato che negli ospedali non vi è un sistema di classificazione che lo permetta. L'attuale sistema di DRG è tarato solo sugli adulti, non sull'ambito pediatrico. Il Ministero sta lavorando su questo insieme all'Istituto superiore di sanità e a breve avremo una nuova classificazione pediatrica, che sarà fondamentale per poter avere un quadro epidemiologico chiaro del problema. Sarà stratificato a livello nazionale e a livello regionale, perché, ovviamente, sappiamo che queste informazioni sono importanti a seconda delle regioni. In alcune regioni, soprattutto del Sud, sappiamo che dobbiamo intervenire in maniera diversa rispetto a quello che succede in altre. Dobbiamo tener presente anche questo, dal punto di vista delle disuguaglianze, per declinare gli interventi in base alle necessità nel nostro Paese.

  PRESIDENTE. Ringraziamo il dottor Massimiliano Raponi.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  FRANCESCO PRINA. Ringrazio gli auditi, perché ci hanno permesso di conoscere in modo più appropriato e approfondito le tematiche riguardanti l'infanzia, l'adolescenza, le criticità e i progetti in atto. Mi riferisco soprattutto all'ultimo intervento; capisco che la specificità dei vostri interventi è soprattutto sotto l'aspetto sociosanitario. Anche se voi l'avete già accennato, vorrei sottolineare che l'aspetto sociosanitario è importante, ma aggiungerei anche quello educativo. In che senso? Vorrei spiegarmi bene, però, se mi dà tre minuti, presidente.

  PRESIDENTE. Prego, collega.

  FRANCESCO PRINA. Man mano che continuiamo con questo andamento della società, la classe politica così attenta ai fenomeni sociali riesce a capire che l'aspetto educativo investe sempre di più le nostre strutture educative, cioè la scuola. La scuola, che istruiva e che formava, diventa Pag. 12 sempre di più un soggetto educativo, per vari motivi che per ragioni di tempo non sto qui a declinare: perché la famiglia va in un certo modo, perché i ragazzi stanno sempre più a scuola, perché i genitori hanno sempre meno tempo da dedicare eccetera. Lei ha giustamente sottolineato questo aspetto, ma io vorrei rimarcarlo ancora di più, perché all'ospedale pediatrico si arriva in un momento non finale, ma avanzato di una patologia, di un bisogno anche sociosanitario.
  La prevenzione è l'educazione, e l'educazione deve interagire fortemente con la vostra competenza sociosanitaria. Senza timidezze, dobbiamo giocare questa partita per il futuro delle nostre generazioni. Siamo obbligati a giocarla lì. Evidentemente, questa è una sfida per tutti. La politica deve prendere coscienza di questo fatto, che è dirimente per il futuro e rispetto al quale bisogna investire risorse, persone, luoghi e competenze, perché determina il futuro della nostra società.
  Auspico sempre più questa interazione. Vanno bene i progetti, ma questa interazione deve avvenire sulle agenzie educative, che sono la famiglia, la scuola e le associazioni, senza barriere e senza mettere muri e ostacoli. Dobbiamo davvero interagire e investire su questa interazione.
  Io penso che una vostra presenza, che è una presenza qualificata, sia determinante, ma si raggiungeranno sempre più risultati con i normodotati e con i ragazzi in difficoltà se questa sinergia sarà virtuosa e favorita.

  MARA VALDINOSI. Innanzitutto ringrazio i nostri auditi, perché sicuramente hanno dato un apporto molto importante e interessante. Ci sarebbero mille domande che vorrei fare, ma mi limito a porne solamente due.
  Una è riferita al dato che ci è stato offerto da due di voi sul tema dell'appropriatezza e dell'utilizzo sbagliato del pronto soccorso. In generale, questo è un problema per la salute, ma si diceva che lo è in particolare in ambito pediatrico. Vorrei capire meglio la proposta, che lei faceva, di un'accoglienza nell'ambito del pronto soccorso che non sia prettamente sanitaria, ma più complessiva. Mi interessa sapere se ci sono già delle esperienze o dei progetti in atto su questo versante.
  Naturalmente condivido molto la sottolineatura dell'importanza della prevenzione e del ruolo fondamentale della scuola e dell'educazione. Certamente il tema dell'educazione è centrale, anche perché ci permette di intervenire sui bambini e sui ragazzi senza distinzione di ceto, nel senso che comunque con la scuola arriviamo a tutti.
  In particolare, sono molto interessata a sapere, riguardo al tema specifico dei disturbi del comportamento alimentare, a cosa lei si riferiva quando parlava dell'importanza della promozione della salute e della prevenzione in relazione a questo tipo di disturbi. Sappiamo che sono in aumento e che si stanno precocizzando. Siccome in Senato stiamo esaminando diversi disegni di legge su questo tema, fra cui uno proposto da me, mi interessa capire come possiamo focalizzare eventualmente un provvedimento legislativo su questo versante della prevenzione, dell'educazione e della scuola.

  DONELLA MATTESINI. Ringrazio i nostri auditi. Sarebbe davvero interessante stare qui molto più tempo. Siete stati bravissimi nella sintesi. Purtroppo, abbiamo una seduta in un'altra Commissione, con votazioni.
  Io condivido tutto quello che avete detto, quindi faccio delle domande, anche se toccherò soltanto una piccola parte delle sollecitazioni che voi avete fatto.
  Parto dal dottor Melazzini, per chiedergli se esistono dei dati. Lei ci ha parlato dell'uso dei farmaci e così via. Rispetto all'età pediatrica, negli ultimi anni è aumentato o no l'uso dei farmaci? Se è aumentato, di quanto e di quali farmaci? Le chiedo anche uno specifico riferimento agli psicofarmaci.
  Lei ci ha giustamente parlato di un'importante attenzione da parte della ricerca indipendente. Invece, nella ricerca profit quanto si investe in termini di innovazione farmacologica con un'attenzione specifica alla fascia pediatrica? Pag. 13
  L'altra domanda è per il dottor Pinelli, che ci ha parlato dell'importanza della specialità pediatrica, ma ci ha detto che c'è un po’ di difficoltà per via della concorrenza tra pediatri in libera scelta e pediatri ospedalieri. Le chiedo di precisare meglio quali sono i contenuti di questa concorrenza.
  Chiedo a tutti, ma in particolare a lei, se c'è anche la necessità di rivedere la formazione universitaria, perché nelle audizioni che abbiamo fatto quello che emerge è che di fatto non c'è una attenzione specifica alla pediatria neanche in altri ambiti. Sto pensando, ad esempio, all'oncologia. Vorrei sapere se questo è un tema che anche lei rileva e se è un punto d'impegno sul quale in questo scorcio di legislatura si potrebbe in qualche modo dare un segno.
  L'altra questione è rivolta al dottor Raponi. Giustamente lei ha sottolineato l'importanza del tema della salute a partire da un'attenzione alle povertà, che sono quelle materiali ed educative. Lei ha puntato molto sulla questione della scuola. Avete ragionato su che cosa possa voler dire? Una cosa è avere questo doppio binario scuola-salute, che magari si intreccia in progetti che vengono fatti, e un'altra cosa è se avete valutato la possibilità di un meccanismo che veda nell'attività scolastica un'attenzione permanente alla salute.
  Sto pensando a quando io frequentavo le scuole elementari: la prima volta che ho visto un oculista è stato a scuola e lo stesso è avvenuto col dentista. C'era in quella modalità un'attenzione a tutti i bambini e anche una possibilità di intercettare le famiglie, che in qualche modo venivano prese per mano. Non dico di tornare a quel modello, ma chiedo se c'è un ragionamento che possa in qualche modo delineare una nuova modalità.
  L'ultima domanda, che vale per tutti, anche per gli adulti, riguarda la strutturazione, molto ragionata, molta scritta nei documenti, ma poca agita, di un rapporto diverso tra ospedale e territorio. Capisco che questo può essere un ragionamento un po’ troppo disarticolato, ma nello specifico un PDTA (percorso diagnostico-terapeutico assistenziale) pediatrico sarebbe possibile oppure no, per interrompere l'uso scorretto del pronto soccorso?

  PRESIDENTE. Molte delle domande che hanno posto i colleghi ne racchiudono alcune che volevo fare io. Prima di passare la parola agli auditi, a questo punto aggiungo solo piccole cose.
  Per quanto riguarda l'uso dei farmaci, in particolare per l'ADHD, siccome ci è stato detto che ci sono farmaci che hanno un'efficacia, con reazioni avverse di un certo tipo, e altri che hanno minore efficacia, vorrei capire innanzitutto se ci sono numeri certi per quanto riguarda l'utilizzo di questi farmaci. Vorrei sapere se riuscite ad avere tutti i dati oppure se possono esserci condizioni che non sono strettamente sotto il vostro controllo, in cui questi farmaci vengono prescritti. Inoltre, vorrei capire se c'è stata una ricerca di effetti positivi avuti in seguito all'utilizzo di questi farmaci, non come condizione di contenimento, ma proprio come condizione di miglioramento dello stato del ragazzo o della ragazza sottoposti ai farmaci. Sempre riguardo a questo tema, vorrei approfondire anche un altro aspetto. Se, come ci diceva il dottor Raponi, non c'è un registro chiaro per quanto riguarda il campo della pediatria, come facciamo a oggi ad avere questo tipo di certezze?
  C'è una cosa che vorrei aggiungere a quanto è stato detto dai colleghi in merito all'aspetto educativo, che sicuramente è importantissimo. Un altro aspetto che non mi sembra essere stato citato, ma che a mio avviso ha una valenza notevole nel campo delle reazioni dei ragazzi affetti da disturbi neuropsichiatrici, è l'emotività e l'affettività. Vorrei capire se ci sono degli studi su questo, perché molto probabilmente condizioni emotive e affettive si riversano sul comportamento e possono esulare da situazioni di reali lesioni o disabilità diagnosticabili e certificabili. Siccome, come accennava il collega Prina, abbiamo una condizione sociale molto frammentata e disorientata, i primi a farne le spese sono proprio i minori.
  Un'altra cosa che mi salta all'occhio sono alcune reazioni violente di questi ragazzi che, per esempio, sono affetti da Pag. 14autismo o altro. C'è una valutazione di quanto la reazione aggressiva o la reazione del non ascolto sia in realtà una «difesa» che i ragazzi mettono in atto perché magari non vengono compresi nelle loro difficoltà dagli adulti che si prendono cura di loro?
  Per quanto riguarda invece il discorso dell'utilizzo indiscriminato del pronto soccorso, purtroppo ho avuto notizia che questa è una cosa che avviene anche per il pronto soccorso adulti, nel senso che c'è un altissimo numero di casi che vanno al pronto soccorso e potrebbero essere benissimo trattati dai medici di base. Vorrei capire che tipo di interventi normativi – noi siamo qui anche da legislatori – potremmo a vostro avviso mettere in atto per favorire lo snellimento dell'utilizzo del pronto soccorso.
  Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  MARIO MELAZZINI, direttore generale dell'Agenzia italiana del farmaco (AIFA). Per quanto riguarda il consumo dei farmaci, rispetto agli anni precedenti non si va a evidenziare un trend di crescita di consumo. Tengo a sottolineare che la prevalenza dell'uso dei farmaci nei bambini tra zero e quattro anni è stata del 50 per cento. Il maggiore utilizzo è per i maschi rispetto alle femmine, come dicevo prima. Rispetto alla ripartizione dei consumi in età pediatrica per gruppi anatomici, cioè alla classificazione ATC (anatomica, terapeutica e clinica), quasi la metà appartiene alla categoria dell'apparato respiratorio. Rispetto a quanto chiedeva lei sugli antipsicotici, non c'è un trend e non c'è un consumo eccessivo.
  Per quanto riguarda invece la sperimentazione, le posso dire che nel 2015, in base ai dati pubblicati dall'Osservatorio sulla sperimentazione clinica del 2016, le sperimentazioni cliniche profit sui minori di 18 anni rispetto alle 672 totali sono 54, ovvero circa l'8 per cento. È difficile dare un dato rispetto a quanto viene investito, perché, essendo sperimentazioni profit, dipende da come è steso il protocollo, il progetto. Io le posso dire quanto investiamo in ricerca indipendente: per esempio, nel bando 2016, applicato anche per la popolazione con particolari condizioni di fragilità, ci sono stati 31,5 milioni di euro destinati a questa fascia.
  Per quanto riguarda la questione dell'utilizzo dei farmaci nei disturbi quali deficit di attenzione e iperattività e della loro efficacia, il farmaco che viene utilizzato maggiormente è il metilfenidato, il Ritalin. Quando non si dimostra efficace nel contenimento dei sintomi, trattandosi di farmaci sintomatici, solo lo specialista curante potrà dire se il contenimento del sintomo comporta anche il miglioramento non solo della sintomatologia, ma di tutto l'insieme del disturbo. Ci sono pochi studi comparativi sull'efficacia reale del metilfenidato rispetto all'atomoxetina. Riguardo al controllo sulla prescrizione, io posso dirle che si attiva tramite la rete della farmacovigilanza, ma soprattutto sono farmaci che possono essere prescritti solo attraverso un piano terapeutico, esclusivamente dai centri di riferimento, che devono essere coordinati insieme ai servizi di neuropsichiatria infantile, al pediatra di libera scelta, al pediatra specialista o al medico di medicina generale. In base alle stime estrapolate dal Registro nazionale dei disturbi, tra il 2007 e il 2016 abbiamo registrato 3.696 casi, soprattutto nella fascia d'età tra i dieci e i tredici anni.

  NICOLA PINELLI, direttore della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (FIASO). Rispondo innanzitutto sul tema dell'appropriatezza, del pronto soccorso e del rapporto con i medici di base che veniva richiamato.
  Nonostante tutti gli studi che abbiamo fatto e tutte le innovazioni organizzative che abbiamo messo in campo in questi anni, quali ad esempio case della salute e aggregazioni funzionali di medici di base – mi riferisco all'adulto, ma ci può essere un parallelo anche con la parte pediatrica – nulla è servito per limitare gli accessi al pronto soccorso. Il pronto soccorso è un punto di riferimento per la popolazione, non si può fare nulla. Non riusciamo a non far andare la gente al pronto soccorso, è un fatto ineludibile. Chiaramente, sono politiche i cui effetti, come quelli della prevenzione, possono vedersi magari nel medio-lungo periodo. È probabile che un rafforzamento Pag. 15 del legame fiduciario e un rafforzamento di strutture di prossimità possano incidere in qualche modo, però – lo ripeto – l'evidenza ci dice che, nonostante queste parole di principio siano di assoluto buonsenso, gli accessi al pronto soccorso molto spesso avvengono dove c'è la cooperativa di medici di base o l'aggregazione funzionale. Dunque, non c'è neanche una correlazione tra la presenza di aggregazioni di medici di base e prossimità del pronto soccorso.
  È effettivamente una sfida che ancora deve essere condotta in termini di appropriatezza, perché questo chiaramente determina una maggiore difficoltà per il pronto soccorso a gestire la popolazione e a fare filtro tra coloro che aspettano ore. A volte ci troviamo a dover fronteggiare anche elementi di comunicazione non proprio positiva nei confronti della sanità, dovuti anche a comportamenti della popolazione che non sempre sono coerenti con l'uso appropriato del servizio pubblico. Le evidenze ci dicono questo. Cercheremo di rafforzare sempre più delle strutture di prossimità di tipo ambulatoriale, con il medico di base e con diversi servizi. Anche su questo siamo in una fase di sperimentazione, sempre nella sfera adulta, anche tecnologica. Mi riferisco al fatto di evitare i ricoveri. Ci sono una serie di problematiche che, se entriamo nel merito, si articolano ancor di più. Comunque, in generale, è un elemento di assoluta attenzione per il Servizio sanitario nazionale, ma c'è ancora un legame molto forte tra il cittadino e l'ospedale, che è anche un fatto di tipo culturale. Questo è anche un fatto positivo: l'ospedale è un punto di riferimento per la popolazione a tutto campo, a maggior ragione l'ospedale pediatrico. Questo livello di riferimento per l'ospedale pediatrico è ancor più enfatizzato che per l'adulto: l'opera di filtro dei pediatri di libera scelta e dei servizi di prossimità può aiutare il pronto soccorso pediatrico. Credo che anche per l'ambito pediatrico si possano raggiungere le stesse evidenze: l'accesso al pronto soccorso viene fatto anche con la migliore rete assistenziale di pediatri di libera scelta sul territorio.
  Per quanto concerne il personale, la cosa che si può evincere dai dati è che sicuramente si sta vivendo una profonda trasformazione dell'offerta sanitaria. Chiaramente il calo delle nascite nel nostro Paese ha avuto un impatto sulla gestione del materno-infantile. Lo stesso decreto ministeriale n. 70 del 2015 interviene sulla chiusura di punti nascita legandoli a volumi ed esiti. Tutto questo impatta sulla riorganizzazione, sulle politiche del personale e sulla capacità attrattiva del Servizio sanitario nazionale per mantenere i professionisti al suo interno.
  Con i pediatri di libera scelta in questo momento c'è una dinamica competitiva di tipo remunerativo-economico e legata alle condizioni di lavoro. È chiaro che la pediatria in ospedale è diversa dalla pediatria sul territorio e le remunerazioni sono da mettere a confronto anche in termini di responsabilità e doveri. Quello che notiamo è che in diversi bandi di concorso in Italia spesso si ha difficoltà a recuperare specialisti pediatri sul mercato del lavoro.
  A questo proposito vi preannuncio che la FIASO lancerà una rilevazione nazionale sul fabbisogno specialistico del Servizio sanitario nazionale, non tanto in termini assoluti, ma in termini relativi e di composizione delle specializzazioni. Sappiamo che nell'aprile 2018 verrà stabilito il nuovo fabbisogno triennale e consegneremo questo lavoro alle istituzioni, visto che è un'emergenza che già adesso affrontiamo. Stiamo già riorganizzando i servizi con meno personale specialistico, dovendo far fronte a una serie di emergenze. Questo dovrebbe permetterci nel medio-lungo periodo di far rientrare una composizione nella transizione epidemiologica e nella cronicizzazione delle malattie, per avere le specialità giuste al posto giusto.
  Sulla medicina scolastica – mi permetto di chiamarla così perché una volta si chiamava così – bisognerebbe fare una riflessione un po’ più compiuta. Certamente è un elemento di riflessione che è emerso in particolare nella fase dei vaccini, che ha impattato in maniera devastante, in cui era molto richiesta l'integrazione tra scuola e sanità e in cui abbiamo incontrato dei Pag. 16disagi organizzativi. Il campo della promozione della salute, dell'educazione alla salute e dell'integrazione tra settori, in particolare quello della sanità e quello della scuola, è un campo in cui le cose «girano», nel senso che c'è una conferenza dei servizi, vengono definiti degli obiettivi e la sanità collabora strettamente con la scuola per i programmi di educazione alla salute.

  PRESIDENTE. Anche nella legge n. 107 del 2015 abbiamo voluto l'inserimento dell'educazione all'alimentazione in tutte le scuole di ogni ordine e grado, perché una cosa è fare sporadicamente un progetto sull'alimentazione a opera di qualche insegnante di buona volontà che vuole farlo, altra cosa è garantirlo.

  NICOLA PINELLI, direttore della Federazione italiana aziende sanitarie e ospedaliere (FIASO). Certamente, è una garanzia di base. È chiaro che, oltre a farlo, è molto importante come farlo. Per esempio, anche le campagne di comunicazione che a volte vengono sbandierate come le migliori, poi non raggiungono le fasce della popolazione più giovane, perché sono totalmente anacronistiche. L'aspetto della valutazione di queste politiche risulta quindi determinante. Io mi fermo qui.

  MASSIMILIANO RAPONI, direttore sanitario dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù. Proverò a rispondere abbastanza velocemente sui vari punti toccati. Per quanto concerne il primo, ovvero l'appropriatezza del pronto soccorso, io lo riporterei nell'ambito del contesto di oggi. Potremmo rappresentare quello che succede in altri Paesi, perché è importante capire quello che succede, per esempio, nei Paesi anglosassoni. In Inghilterra c'è una gestione del pronto soccorso collegata direttamente con i pediatri di libera scelta o con i medici di medicina generale, quindi, se arriva un paziente che è da codice bianco, deve aspettare negli orari predefiniti il medico di medicina generale o il pediatria di libera scelta, che arriverà in quegli orari e, quindi, erogherà la prestazione sulla base di una rete organizzata, che prevede una serie di definizioni in termini di sostenibilità. Questo è un esempio. Probabilmente ce ne potrebbero essere altri, legati alla scelta fatta dagli ospedali, in alcune regioni, di avvalersi di collaborazioni logistiche che possano permettere di gestire – ritorno sul contesto – le risorse in base alle necessità dell'ospedale.
  Una prima domanda delicata che ci dobbiamo porre in ospedale quando arriva un paziente è se abbiamo fatto una valutazione seria dal punto di vista psicosociale. Questo tipo di valutazione può essere fatta solo se ci sono degli standard chiari in merito alla cartella clinica e alle informazioni che le professioni sanitarie e i medici devono chiedere. Questo è fondamentale; non possiamo accettare che un bambino che arriva in ospedale, in ambulatorio, in day hospital, in ricovero, in qualsiasi regime assistenziale, non abbia una valutazione psicosociale. Questo ci permette comunque di intercettare ed eventualmente di intervenire. Questo è il tema in generale dell'appropriatezza.
  Con l'AIFA, a proposito di appropriatezza, stiamo facendo dei lavori importanti in termini di progetti, ovviamente valutati secondo le regole. Per esempio, all'interno dell'AOPI abbiamo fatto un lavoro importante sulla profilassi preoperatoria. Questo è importante nel momento in cui abbiamo la possibilità di controllare il fenomeno della multidrug resistance e il problema dell'antibiotico-resistenza. Credo che ci siano degli esempi che ci hanno portato nel nostro Paese a poter dire che ci sono le possibilità per intervenire e lavorare in maniera appropriata, secondo un'organizzazione che conduce la gestione.
  Questo, secondo me, è un altro problema delicato. Quando parliamo di promozione, di educazione e di educazione scolastica, è importante definire chi fa che cosa, perché il rischio è che ci siano diversi interlocutori e che questi non dicano la stessa cosa.
  A questo proposito, parlo dei disturbi alimentari. Lei mi chiedeva cosa significa e che cosa bisogna dire. Se ci sono delle evidenze scientifiche per cui la Società italiana di pediatria definisce delle regole in Pag. 17merito all'alimentazione dei bambini, ad esempio che prima di una certa età non possono mangiare dolci, e se questa informazione è chiara, dettagliata, immediata e continua a tutti i livelli, in modo che prima di giocare – come fanno i genitori o i parenti – con un bambino di uno o due anni dandogli dolci, siano consapevoli che tale comportamento può predisporre all'obesità. Questa è un'informazione chiara, immediata e dettagliata da dare alla famiglia e alla scuola in merito a quelli che possono essere i rischi di un comportamento non corretto, che può portare problematiche più serie legate, per esempio, a patologie epatiche e all'obesità. Come si interviene? Si interviene con un protocollo chiaro e semplice, con informazioni semplicissime che devono essere date, per esempio, all'interno del portale degli ospedali oppure con altri modelli di comunicazione. Le informazioni devono essere ben definite, quindi è necessario un soggetto forte che possa fornirle in modo corretto.
  L'altro ambito delicato è il rapporto tra pediatri ospedalieri e pediatri di libera scelta. Io non lo considero un problema, ma lo considero un'opportunità. La cosa migliore è riuscire a parlarsi e a comunicare. Noi lo stiamo facendo.
  A proposito di percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali (PDTA), stiamo predisponendone in varie regioni. Posso portare l'esperienza dell'ospedale Bambino Gesù, dove abbiamo appena predisposto un PDTA. La prossima settimana andrò a un convegno sul territorio, proprio per parlare di questo ambito così delicato.
  Mi collego anche alla questione dei dati. Probabilmente prima non ho espresso correttamente quello che volevo dire. Noi le stime le abbiamo. Ce le abbiamo facilmente sull'ospedale, dove il sistema di classificazione ci permetterebbe di essere più sensibili e specifici. Quello a cui mi riferivo io è il dato sommerso. La mia preoccupazione è per tutti quei bambini che vivono una situazione difficile, nelle famiglie o sul territorio, e che purtroppo non hanno la possibilità di dare un grido di allarme. Noi, da questo punto di vista, probabilmente dobbiamo preoccuparci anche delle cose che non vediamo, perché dobbiamo trovare il modo di aiutare i bambini deboli che non hanno la possibilità di essere aiutati. Questo sommerso ci preoccupa. Quant'è? Non lo possiamo sapere, proprio perché non abbiamo la possibilità di intervenire, come invece facciamo nel momento in cui ne veniamo a conoscenza.
  Cito il modello «A scuola di salute» per rispondere sul rapporto con la scuola. Noi abbiamo fatto un lavoro specifico per gli insegnanti e per le scuole. Gli insegnanti vengono al Bambino Gesù e vanno in tanti altri ospedali pediatrici e, quindi, seguono i pazienti non solo per la parte sanitaria, ma anche per il loro percorso scolastico. Questo è fondamentale, come è fondamentale probabilmente fare degli interventi mirati, per esempio di screening. Nel momento in cui io organizzo uno screening, cardiologico oppure nutrizionale, e faccio presente nelle scuole, con gli insegnanti, attraverso la presenza di personale medico e anche delle professioni sanitarie, che vanno sempre più valorizzate nel nostro Paese. Le varie figure sanitarie, i dentisti, gli infermieri specializzati, i counselor psicologici hanno la possibilità di dare questo tipo di informazioni, perché questo è quello che probabilmente ci insegna il lavoro che abbiamo fatto in questi anni.
  Un altro lavoro interessante con le scuole avviene, per esempio, quando troviamo delle situazioni di bambini con epilessia. Noi abbiamo sperimentato la presenza dei nostri medici e infermieri, che andavano a scuola a insegnare ai bambini e all'insegnante che cosa fare nel momento in cui il bambino ha un attacco epilettico. C'è stata un'immediatezza nella risposta d'intervento che ha portato anche indirettamente una conoscenza e una coscienza dell'attenzione alla malattia.
  Credo che la formazione universitaria sia un ambito delicatissimo, che, insieme al lavoro della promozione e della prevenzione, rappresenta il principale obiettivo per la nostra organizzazione e per il nostro sistema. Lei ha toccato un punto molto delicato, a mio avviso. Basti pensare che per l'ambito pediatrico non ci sono tutte le specialità rappresentate, così come avviene Pag. 18per l'adulto. Se noi vogliamo trovare un cardiologo pediatra, possiamo trovare un pediatra che ha fatto un'esperienza in ambito di cardiologia o un cardiologo che ha fatto l'esperienza nel mondo dell'ospedale pediatrico. Credo che basti questo per rappresentare un ambito delicato su cui probabilmente siamo un po’ indietro e su cui possiamo intervenire.
  Per quanto concerne le scuole di specializzazione, abbiamo delle esperienze. Al Bambino Gesù abbiamo una collaborazione stretta con la scuola di Tor Vergata, ma abbiamo più di quattordici università che collaborano con noi. Il lavoro che facciamo, insieme al professor Dallapiccola, che è il direttore scientifico dell'ospedale, è continuo e orientato proprio a stabilire dei master in ambito pediatrico per poter garantire le competenze specialistiche su un settore così delicato. Anche su questo credo che ci siano delle esperienze nazionali e internazionali che ci possono aiutare in termini di attività.

  PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.10.

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ALLEGATO 1

Relazione presentata dall'Agenzia italiana del farmaco (AIFA)

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ALLEGATO 2

Osservazioni della Federazione italiana aziende sanitarie ed ospedaliere (FIASO) e dall'Associazione degli ospedali pediatrici italiani (AOPI)

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