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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza

Resoconto stenografico



Seduta n. 33 di Martedì 17 ottobre 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Zampa Sandra , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SALUTE PSICOFISICA DEI MINORI

Audizione del professor Andrea Vania, Responsabile del Centro di dietologia e nutrizione pediatrica del Dipartimento di Pediatria dell'Università La Sapienza di Roma e della dottoressa Teresa Di Fiandra, della Direzione generale della prevenzione sanitaria, Ufficio prevenzione delle dipendenze, doping e salute mentale del Ministero della Salute.
Zampa Sandra , Presidente ... 3 
Vania Andrea , responsabile del Centro di dietologia e nutrizione pediatrica del Dipartimento di Pediatria dell'Università La Sapienza di Roma ... 3 
Zampa Sandra , Presidente ... 6 
Di Fiandra Teresa , Direzione generale della Prevenzione sanitaria, Ufficio prevenzione delle dipendenze, doping e salute mentale del Ministero della Salute ... 6 
Zampa Sandra , Presidente ... 9 
Padua Venera  ... 9 
Di Fiandra Teresa , Direzione generale della Prevenzione sanitaria, Ufficio prevenzione delle dipendenze, doping e salute mentale del Ministero della Salute ... 9 
Padua Venera  ... 9 
Di Fiandra Teresa , Direzione generale della Prevenzione sanitaria, Ufficio prevenzione delle dipendenze, doping e salute mentale del Ministero della Salute ... 10 
Zampa Sandra , Presidente ... 10 
Lupo Loredana (M5S)  ... 10 
Zampa Sandra , Presidente ... 11 
Zanin Giorgio (PD)  ... 11 
D'Incecco Vittoria (PD)  ... 12 
Zampa Sandra , Presidente ... 12 
Vania Andrea , responsabile del Centro di dietologia e nutrizione pediatrica del Dipartimento di Pediatria dell'Università La Sapienza di Roma ... 13 
Zampa Sandra , Presidente ... 13 
Lupo Loredana (M5S)  ... 13 
Vania Andrea , responsabile del Centro di dietologia e nutrizione pediatrica del Dipartimento di Pediatria dell'Università La Sapienza di Roma ... 13 
Zampa Sandra , Presidente ... 14 
Vania Andrea , responsabile del Centro di dietologia e nutrizione pediatrica del Dipartimento di Pediatria dell'Università La Sapienza di Roma ... 14 
Zampa Sandra , Presidente ... 14 
Di Fiandra Teresa , Direzione generale della Prevenzione sanitaria, Ufficio prevenzione delle dipendenze, doping e salute mentale del Ministero della Salute ... 14 
Lupo Loredana (M5S)  ... 16 
Di Fiandra Teresa , Direzione generale della Prevenzione sanitaria, Ufficio prevenzione delle dipendenze, doping e salute mentale del Ministero della Salute ... 16 
Zampa Sandra , Presidente ... 16 

ALLEGATO: Documentazione presentata dal professor Vania ... 17

Testo del resoconto stenografico

PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE
SANDRA ZAMPA

  La seduta comincia alle 14.10.

  (La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

  (Così rimane stabilito).

Audizione del professor Andrea Vania, Responsabile del Centro di dietologia e nutrizione pediatrica del Dipartimento di Pediatria dell'Università La Sapienza di Roma e della dottoressa Teresa Di Fiandra, della Direzione generale della prevenzione sanitaria, Ufficio prevenzione delle dipendenze, doping e salute mentale del Ministero della Salute.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del professor Andrea Vania, responsabile del Centro di dietologia e nutrizione pediatrica del Dipartimento di pediatria dell'Università La Sapienza di Roma, e della dottoressa Teresa Di Fiandra, della Direzione generale della Prevenzione sanitaria, Ufficio prevenzione delle dipendenze, doping e salute mentale del Ministero della salute.
  Prima di passare la parola al professor Vania, cui rivolgo un doveroso ringraziamento, voglio ricordare che stiamo per chiudere questa indagine conoscitiva sulla salute psicofisica dei minori. Vi chiederei di stare, se possibile, in 20-25 minuti al massimo, perché poi avremo sicuramente delle domande da fare. Sin da ora giustifico i colleghi del Senato che dovranno allontanarsi. Purtroppo non troviamo più un orario che vada bene per conciliare gli impegni della Camera con quelli del Senato.
  Prego, professor Vania, a lei la parola.

  ANDREA VANIA, responsabile del Centro di dietologia e nutrizione pediatrica del Dipartimento di Pediatria dell'Università La Sapienza di Roma. Grazie, presidente, buongiorno a tutti. Poiché il tema dei problemi collegati all'alimentazione in età pediatrica è un tema di vastità enorme e quindi è impossibile parlare di tutto, ho pensato a cinque criticità che mi sembrava potessero essere per voi più interessanti, per mostrare quali sono in questo momento i punti deboli dell'intero sistema della salute, a partire dal primo punto, la scienza dell'alimentazione.
  Il principio, in realtà, riguarda ovviamente noi medici, la nostra formazione innanzitutto, ma anche il fatto che la promozione di un'alimentazione sana sia sempre ribadita da chiunque; in tutti i piani che si fanno c'è la promozione della sana alimentazione, poi però nella realtà questo viene spesso abbastanza disatteso per mancanza di risorse, di disponibilità finanziarie.
  Quello che succede quindi è che molte forme di malnutrizione, sia essa primaria, che significa il bambino che non cresce di suo per problemi vari (non è questa la sede per affrontarli), sia quella di tipo secondario, vale a dire collegata ad altre patologie (pensate ad un bambino con un tumore, che ha quasi sempre un problema di malnutrizione secondaria), spesso non vengono identificate precocemente, e questo nonostante i mezzi ci sarebbero. Pag. 4
  C'è però un problema che riguarda soprattutto la classe medica ed è che lo studio della nutrizione umana non è esplicitamente presente negli obiettivi formativi previsti nella nostra laurea magistrale. Nei corsi vi sono dei richiami alla fisiologia del corpo umano, qualche riferimento al metabolismo, ma per esempio, presso il corso di laurea magistrale dove insegno, il Polo Pontino che si trova a Latina, la presenza della nutrizione nel core curriculum, cioè nel curriculum che dovrebbe essere la base della nostra formazione, non raggiunge le 16 ore, che sono 2 crediti formativi, su 360 totali che si fanno nei sei anni, quindi è veramente poco.
  Se poi andate a guardare dove si trova, è spezzettato un po’ in fisiologia, un po’ in medicina, qualcosa in patologia integrata, in psichiatria e psicologia; la pediatria se ne occupa un pochino di più, ma giusto perché ci sono io, che sono docente lì, la metodologia di sanità pubblica, però veramente molto poco e in modo molto frammentato, per cui alla fine i medici poco ne sanno.
  Poco ne sanno, purtroppo, di nutrizione perfino i pediatri o gli specialisti in scienza dell'alimentazione, perché la presenza di ore di studio di nutrizione pediatrica in queste scuole è bassissima: a La Sapienza di Roma, a Pediatria si fanno 6 ore di nutrizione pediatrica su 5 anni di corso di studi, ma andiamo peggio su Scienza dell'alimentazione, dove si fanno 2 ore su 3 anni di tronco comune dedicate alla nutrizione pediatrica, non alla nutrizione in generale o dell'adulto.
  È chiaro che con queste basi mancano gli strumenti per poter lavorare efficacemente sul campo. Mai viene considerato l'insegnamento dei princìpi di protezione preventiva, che invece dovrebbe essere alla base dell'impegno di evitare le malattie e quindi dell'aggravio della spesa pubblica.
  Secondo punto critico, quello dell'allattamento al seno, che dovrebbe avvenire almeno fino al compimento dei sei mesi come forma esclusiva e poi complementato anche dopo, portato avanti ad esempio molto bene nella fase iniziale dal programma che si chiama in italiano «Ospedali amici dei bambini», ideato dall'OMS con l'UNICEF fin dal 1992, che considera fondamentale e giusto che le mamme vengano informate sugli aspetti positivi connessi all'allattamento al seno.
  Questo viene fatto effettivamente, però poi abbiamo tutta una serie di norme legislative che ci dovrebbero aiutare a garantire che questo possa essere fatto, a partire dalla legge 1204 del 1971, abbiamo la tutela della madre che allatta fino al compimento del primo anno di vita. Purtroppo, nella realtà lavorativa attuale, con le occupazioni precarie, i contratti a tempo determinato, le tutele finiscono per averle solo le lavoratrici del pubblico impiego, che sono le uniche che sostanzialmente non hanno il problema di poter perdere il posto o non essere riassunte o reintegrate a fine contratto. Se poi ci aggiungiamo che spesso mancano i nidi aziendali, che il telelavoro ancora è un'utopia che pochissimi si possono permettere, è chiaro che la raccomandazione dell'OMS è bellissima, ma poi la sua realizzazione pratica diventa piuttosto difficile.
  Terzo punto su cui volevo focalizzare la vostra attenzione è il problema dello sviluppo dell'obesità infantile in Italia, al quale concorrono molti fattori differenti. Come dicevo prima, c'è innanzitutto un problema di prevenzione da parte della classe medico-pediatrica, ma anche di identificazione precoce dei casi, un vero peccato, perché non sarebbe affatto difficile, ma siccome manca a molti medici la nozione di base, si finisce per seguire il bambino senza rendersi conto che sta sviluppando una qualche patologia.
  Poi ci sono naturalmente i retaggi culturali italiani che conosciamo bene, da «grassezza fa bellezza» al bambino in carne che è il bambino in buona salute, tutte cose molto note. Aggiungiamoci l'alimentazione inappropriata, naturalmente variabile a seconda dell'età, che viene favorita da un marketing che spinge in maniera molto forte, per cui in prima infanzia il problema del consumo eccessivo di succhi di frutta e di biscotti, dell'introduzione troppo precoce del latte vaccino anche sotto l'anno di vita; in seconda infanzia ai problemi di Pag. 5succhi di frutta e biscotti si aggiungono le merendine e gli snack salati.
  Di per sé ciascuna di queste cose non è un problema, il problema è l'eccesso, come sempre. Le quantità eccessive sono infatti l'altro punto fondante. Poi c'è un'elevata sedentarietà, che si unisce a una scarsità di attività fisica organizzata. Le due cose non sono identiche, perché sedentarietà è quello che stiamo facendo noi in questo momento stando seduti qui, l'attività fisica organizzata è ovviamente altro.
  Il problema è che i costi dell'attività fisica non sono affrontabili da tutte le famiglie, che l'ambiente è un ambiente obesiogeno, e anche che, mentre ai miei tempi si andava a giocare per strada subito dopo l'uscita da scuola e ci si rimaneva fino all'ora di cena, oggi questo è più difficile da fare nella maggior parte dei casi.
  Cosa vuol dire ambiente obesiogeno? Questo è importante che venga ben compreso. Molti fattori costituiscono un ambiente obesiogeno: stili nutrizionali, costo degli alimenti, sedentarietà, stili di vita, ritmi di sonno, abitudini lavorative, influssi del marketing.
  Mi interessava focalizzare la vostra attenzione, poiché voi siete decisori, su quello che può comportare in termini di aumento di obesità il mancato intervento, non solo vostro, ma di chiunque sia in grado di prendere delle decisioni in tema di salute. Ogni volta che non si prende una decisione che sia pro-salute non facciamo che aggiungere un mattoncino alla costruzione di un ambiente che è sempre più obesiogeno, invece ci sono molti punti dove i decisori potrebbero intervenire, ossia sull'attività dei mass media, sugli influssi o il peso che il marketing può avere sui bambini, sul costo degli alimenti (ovviamente potrebbero essere molti di più).
  Non è un problema da poco, abbiamo l'indagine «Okkio alla salute» che viene fatta ogni due anni nell'ambito dell'iniziativa europea per il controllo dell'obesità, la Childhood Obesity Surveillance Initiative (COSI), con percentuali che al sud diventano anche sopra il 35 per cento dei bambini di terza elementare studiati (parliamo di circa 50.000 bambini, quindi un campione non piccolo) con un problema di obesità o sovrappeso.
  Se guardiamo agli adolescenti, ragazzi delle classi delle medie più la seconda superiore, circa il 19 per cento sono sovrappeso e obesi, con il valore massimo in Campania (purtroppo la Campania è un faro buio in termini di obesità, è la regione che ne ha più di tutti, ma anche il Lazio non sta benissimo). Se vi sembra che questo sia un miglioramento rispetto alla situazione dei bambini di terza elementare, non illudetevi molto, perché mentre quei bambini sono pesati e misurati da personale sanitario, qui invece è un autoreport, cioè viene chiesto ai ragazzi quanto pesano e quanto sono alti, e di solito uno tende a dire mezzo centimetro di più e mezzo chilo di meno, quindi probabilmente quei dati sono più elevati.
  La vera tragedia nello sviluppo dell'obesità è questa: il cambio dal 2-3 per cento degli anni ’50 al 35 per cento del 2010, ma soprattutto l'impennata che questo grafico ha avuto a partire dalla metà degli anni ’80 in avanti, periodo in cui si è veramente guastato tutto.
  Solo un cenno ai disturbi di condotta alimentare in adolescenza e preadolescenza, perché so che dovete audire Laura Dalla Ragione, che parlerà proprio di questo, quindi è inutile che lo faccia io. Vi segnalo soltanto che il problema è rilevante, perché c'è una scarsa preparazione medico-pediatrica anche qui nell'identificazione precoce dei casi a rischio, e soprattutto perché purtroppo tutte le nostre facoltà sono congegnate in modo da dividere mente e corpo, ma noi non siamo fatti di due parti divise, siamo un tutt'uno.
  Il medico, che studia quasi solo il corpo, lo psicologo che studia solo la mente, lo psichiatra che guarda la mente, però per gli aspetti organici, chiaramente non aiutano a formare una coscienza tale da affrontare un problema quale quello dei Disturbi del comportamento alimentare (DCA), che certamente non è risolvibile dicendo «è matto», né dicendo «non mangia perché è uno stupido», c'è molto di più in mezzo.
  Quinto e ultimo punto, che peraltro contribuisce non poco a fomentare il problema, Pag. 6 è costituito dagli influssi del web e dei media. Con programmi che pretendono o dichiarano di essere divulgativi, ma in realtà cercano solo l’audience e banalizzano la maggior parte dei problemi, TV, stampa e web con guru dell'alimentazione che dispensano pillole di saggezza nutrizionale, ma, se poi uno li sfida sul terreno scientifico, ovviamente non sanno a che santo appellarsi. Gli influssi del web e dei media sulla diffusione avvengono attraverso la stampa; nutrizione e alimentazione vengono banalizzate con diete miracolose, e poi c'è il web, che è terribile.
  Le pagine che la gente segue di più infatti non sono le pagine scientifiche, le pagine del Ministero della salute, ma siti di alimentazione fai da te, spesso gestiti da biologi nutrizionisti o da dietisti che hanno altri compiti nella vita, però manca il controllo su quel che fanno, i siti pro-ana, dove si insegna come diventare anoressici (mi sono chiesto un po’ provocatoriamente perché non vengano trattati come siti jihadisti o come quelli dei pedofili, visto che causano un danno alla salute). I blog di alimentazione, che spesso sono pilotati e pagati dai pubblicitari, hanno un loro scopo. Mi fermo qui, dato che il presidente ha chiesto di essere concisi.

  PRESIDENTE. È stato chiarissimo e di grande interesse, ma purtroppo abbiamo tempi sempre limitati. In ogni caso le chiedo di consegnarci il materiale.
  Lascio la parola alla dottoressa Di Fiandra a cui chiederei di attenersi ai dieci minuti.

  TERESA DI FIANDRA, Direzione generale della Prevenzione sanitaria, Ufficio prevenzione delle dipendenze, doping e salute mentale del Ministero della Salute. Io avevo scritto un testo, ma, siccome l'audizione è piuttosto ampia, sulla neuropsichiatria infantile in generale dell'età evolutiva, mi era sembrato piuttosto difficile avendo voi già udito sia il Ministro che la presidente della SINPIA, trovare su cosa focalizzare l'attenzione, preferivo farlo in modo più informale, però ho preparato un enorme dossier che, alla luce di quello di cui discutiamo adesso, vi trasmetterò in formato elettronico.
  Mi ero fatto un piccolo ordine per focalizzarmi su qualcosa che non avete ancora affrontato e che forse indica la direzione verso cui ci stiamo muovendo, perché va tenuto presente il contenitore di massima, cioè le competenze dello Stato in questo settore e le competenze organizzative delle Regioni, ed è il problema di massima che troviamo su tutto, ma anche su questo settore ha un'influenza non indifferente.
  Immagino che da un punto di vista normativo abbiate già avuto le indicazioni delle varie azioni che sono state portate avanti fino ad oggi. Per fermarmi soltanto agli ultimi 4-5 anni, partirei dal Piano di azioni nazionale per la salute mentale, il PANSM, che abbiamo approvato insieme in Conferenza Stato-Regioni, quindi è oggetto di un'intesa (Conferenza unificata del 24 gennaio 2013: Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, le Province, i Comuni e le Comunità montane sul «Piano di azioni nazionale per la salute mentale») all'interno del quale c'è tutta una seconda parte che riguarda il Piano operativo per l'area dell'età evolutiva.
  Da questo è discesa una serie di documenti, uno molto importante sui percorsi di cura in salute mentale, e quello che potrebbe interessare quest'area si riferisce per esempio ai disturbi borderline di personalità, comunque ai disturbi gravi di personalità che in genere hanno la loro origine in età evolutiva, quindi hanno anche un impatto estremamente forte su tutta l'evoluzione della problematica di salute mentale anche in età adulta, e un altro specifico, che va a mettere ordine negli interventi di semiresidenzialità e residenzialità per i minori.
  Questo è un terreno in cui la differenza fra le regioni era quasi drammatica, nel senso che non si riusciva nemmeno a capire se dando una certa denominazione stessimo parlando della stessa cosa. A volte avevamo nomi uguali che indicavano cose totalmente diverse in diverse regioni, e viceversa. Con questo abbiamo riorganizzato Pag. 7il settore, classificando le strutture in base all'intensità dell'assistenza data. Anche questo è un passo avanti sul piano normativo.
  Dopo di che abbiamo una serie di protocolli, di linee di indirizzo, protocollo con il MIUR, dove l'aspetto della formazione e l'aspetto dell'integrazione scolastica sono fondamentali. Mi permetto di seguire anche quello che aveva suggerito il professor Vania sui linguaggi diversi: in tutti questi documenti abbiamo sempre messo come fondamentale un momento di formazione congiunta fra le diverse figure che partecipano ad affrontare, in termini preventivi o di presa in carico per la cura e l'assistenza, i problemi del bambino.
  Bisogna riuscire a parlare lo stesso linguaggio, quindi la formazione congiunta è l'unica che ci permette di garantire che stiamo affrontando il problema del bambino o dell'adolescente con una presa in carico globale, e non a pezzettini, per cui il medico guarda un pezzo, lo psicologo un altro, lo psichiatra o il neuropsichiatra infantile un altro ancora.
  Tra l'altro, la neuropsichiatria infantile è quasi un'anomalia italiana nel panorama mondiale: in genere in giro per il mondo si ha il child psychiatrist, che ha la formazione dello psichiatra con un approfondimento sul bambino. Noi abbiamo proprio una figura professionale diversa, che ha una formazione più ampia, quindi dovrebbe essere un valore aggiunto per permettere di guardare al bambino nella sua totalità e all'adolescente negli aspetti di sviluppo che sono prodromici a quello che poi sarà l'adulto.
  La maggioranza delle problematiche di psichiatria dell'adulto si sviluppano sotto i 14 anni, quindi intervenire in questa fascia d'età è assolutamente fondamentale. Gli interventi di prevenzione sono importanti e già nel Piano nazionale della prevenzione (per il 2014-2018, approvato dalla Conferenza Stato-Regioni il 13 novembre 2014), l'ultimo che abbiamo approvato, rispetto a questa tematica abbiamo messo l'aspetto dell'attenzione agli esordi precoci delle psicosi o comunque dei disturbi dell'area mentale, chiedendo alle regioni di sviluppare programmi in questo senso.
  Mi riaggancio di nuovo a un aspetto dei disturbi del comportamento alimentare, che io ho seguito in questi anni, facendo anche una consensus conference nazionale, che ha prodotto indicazioni sulle tematiche principali. Abbiamo avviato la mappatura on line di tutti i servizi esistenti, che ora stiamo aggiornando insieme alle associazioni dei familiari.
  Abbiamo un programma nazionale che tenta di promuovere sani stili di vita, che sono l'unico, vero modo per affrontare in senso positivo una degenerazione della nostra evoluzione normale, quindi per affrontare non soltanto il benessere fisico, ma anche il benessere psicologico e guadagnare salute, tenendo presente la corretta alimentazione, i corretti stili di vita come su fumo e alcol, che non dovrebbero appartenere a queste fasce d'età come consumo nemmeno in dosi minime, tutti aspetti che vanno ad influire non soltanto sulle capacità e sul buono sviluppo fisico del bambino e dell'adolescente, ma sulla globalità del suo benessere psichico e psicologico.
  L'Organizzazione mondiale della sanità sostiene infatti che non esista benessere fisico senza benessere mentale, quindi dobbiamo affrontare quello, facendo crescere il bambino in maniera armonica con se stesso e con l'ambiente che lo circonda. Nel Piano nazionale della prevenzione abbiamo inserito proprio questi aspetti di attenzione a tutto ciò che può aiutare una crescita serena e in particolare una crescita relazionale serena.
  Abbiamo una serie di programmi di settore, dei quali in parte avrete sentito parlare, avrete approfondito l'argomento dell'autismo che è all'interno non della disabilità in generale, ma, altra anomalia dei servizi italiani, a volte è incardinato nei servizi di salute mentale, altre volte nei servizi di riabilitazione. Grazie anche alla legge e a un fondo specifico di 5 milioni annui che adesso esiste, stiamo cercando di mettere ordine e io sto seguendo e coordinando un gruppo di lavoro con cui nel giro di qualche settimana (la prossima riunione è venerdì) dovremmo tirare fuori l'aggiornamento delle linee di indirizzo per affrontare Pag. 8 l'autismo che risalgono al 2012 e poi farlo passare in Conferenza Stato-Regioni a breve.
  Questo significa riprendere tutto l'approccio globale nei confronti dell'autismo e utilizzare buona parte di quei fondi per promuovere la sperimentazione di buone pratiche e l'ampliamento di quelle già esistenti e validate in altri contesti regionali, per cui cerchiamo di ridurre quel gap fra regioni, facendo in modo che a questi progetti di ricerca che sono sempre multicentrici partecipino tutte le regioni italiane.
  Lo poniamo come vincolo, quindi cercheremo di fare in modo che, se una regione è rimasta fuori dalle diverse progettualità, la obblighiamo ad entrare in una piuttosto che nell'altra, per mettere in rete le esperienze virtuose che pure ci sono nel Paese. Stessa cosa per quanto riguarda gli interventi di settore sui DCA, ai quali Laura Dalla Ragione lavora con noi quotidianamente; faremo a gennaio prossimo un convegno insieme alle associazioni per rifare il punto sulla distribuzione dei servizi in Italia, quindi anche su quello stiamo continuando a lavorare partendo da progetti che come Ministero abbiamo finanziato.
  La mia Direzione generale, che è quella della prevenzione, ha anche un piccolo strumento economico che è il finanziamento di progetti di ricerca e azione attraverso il Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie, che promuove non ricerca di base, ma ricerca nella realtà del Sistema sanitario nazionale, in modo che quello che abbiamo promosso possa essere immediatamente trasferibile agli altri settori del Sistema. Sono esperienze di questi anni che hanno una ricaduta importante.
  Infine, tre piccolissime cose, che sono foriere di molto lavoro e speranza per l'immediato futuro. La prima e più immediata riguarda un documento che avrebbe dovuto essere approvato dopodomani, ma la Conferenza Stato regioni è stata rinviata al 26, un documento importante per le problematiche del minore ristretto, cioè dei giovani nel circuito penale minorile.
  Abbiamo fatto un documento congiunto, e, così come abbiamo fatto un Piano nazionale approvato a luglio per l'area adulta (27 luglio 2017, Accordo, ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sul documento recante «Piano nazionale per la prevenzione delle condotte suicidarie nel sistema penitenziario per adulti», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 14-8-2017), ora abbiamo preparato questo Piano nazionale per la prevenzione del suicidio e dei comportamenti autolesivi, che sono molto diffusi fra i giovani nel circuito penitenziario minorile, con la partecipazione delle Regioni e, dei Ministeri della giustizia e della salute. Il Piano è pronto e il 26 ottobre dovrebbe essere approvato anche in sede politica, quindi diventare operativo in tutti gli istituti penitenziari minorili e in tutti i servizi a contorno di questa realtà, come gli uffici per l'esecuzione esterna delle pene e le comunità educative e terapeutiche, dove i ragazzi spesso scontano la pena.
  Il secondo elemento di cui volevo parlare è l'importanza di un sistema informativo, che stiamo mettendo in atto. Abbiamo un sistema informativo nazionale basato sulla raccolta di dati individuali ovviamente anonimizzati perché, per motivi di privacy, a livello nazionale non può essere raccolto il dato individuale open per la salute mentale, cosiddetto SISM, che sta funzionando bene; abbiamo fatto uscire il primo report con i dati del 2015 e quello con i dati del 2016 è pronto ad uscire.
  Abbiamo messo come impegno, e la Direzione generale della prevenzione insieme a quella dei sistemi informativi ha posto per il prossimo anno, l'obiettivo di far partire un sistema informativo sanitario per la salute mentale in area evolutiva.
  Questo ci permetterebbe per la prima volta di avere un quadro della realtà italiana, perché immagino che Antonella Costantino come SINPIA vi abbia fatto un quadro abbastanza drammatico delle conoscenze che abbiamo. Sono scarse sia rispetto alla prevalenza dei disturbi, sia rispetto alla prevalenza trattata, cioè le persone in carico ai servizi, sia rispetto alla distribuzione dei servizi nelle varie regioni.
  Con un sistema informativo nazionale forse riusciremo per la prima volta ad avere un quadro chiaro ai fini programmatici, Pag. 9 perché la prima cosa importante è capire dove siano le carenze, dove e quali siano le criticità, come possiamo provare a rispondere, chiedendo anche alle Regioni di impegnarsi, alle criticità locali.
  C'è infine un tavolo istituito dal Ministero della salute a gennaio, un tavolo nazionale sui disturbi psichici, neuropsichici e neuropsichiatrici dell'età evolutiva, che ha un duplice obiettivo, fare un'analisi della situazione ad oggi e fare proposte per l'organizzazione delle reti dei servizi. Il tavolo si è riunito tre o quattro volte, ha raccolto tutti gli elementi e siamo nella fase finale di stesura di un documento condiviso fra le diverse anime, che vuol dire rappresentanti regionali, di diverse direzioni del Ministero della salute, in primis programmazione e prevenzione, che hanno il peso maggiore nell'organizzazione di queste risposte strategiche, ma c'è anche una serie di esperienze sia pubbliche che private di livello, dal «Bambino Gesù» alla organizzazione delle residenzialità private dell'area, tutti intorno al tavolo, molto faticoso da gestire.
  Abbiamo quindi un documento che ho qui in bozza: non sapevo fino a che punto potervelo già dare, ma domattina vi preparo i documenti esplicativi, un indice delle cose che stiamo facendo rispetto a questi argomenti che vi ho preannunciato. Troverete poi il dettaglio sia in quel documento, sia in una memoria più dettagliata che cercherò di spedirvi, riprendendo le cose che ho detto adesso immaginando che fossero queste quelle che potevano servire alla luce di quanto già detto da chi avete audito prima.

  PRESIDENTE. Grazie, dottoressa. Lascio la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  VENERA PADUA. Vi ringrazio e vi chiedo scusa se non avrò l'educazione di ascoltare la vostra risposta, ma devo andare a votare e per questo ho chiesto di intervenire subito. Vi ringrazio molto per quello che ci avete detto, sono contenta di vedere finalmente una grande attenzione a quanto mi sta a cuore in maniera straordinaria, ossia alla salute mentale in età evolutiva.
  Mentre (scusate se sembro provocatoria, ma è dolore) sulle notizie sulla nutrizione sono in disaccordo essendo parte in causa, perché noi pediatri abbiamo molto a cuore quello che lei ha detto, professore; lavoriamo molto sull'alimentazione, sulla prevenzione dell'obesità e del sovrappeso, quindi capisco l'amarezza di alcune considerazioni, però siamo più avanti, se non altro per la rete pediatrica diffusa in tutto il Paese, e credo che i pediatri sul territorio abbiano fatto una grande differenza, abbiano fatto la rivoluzione, riducendo i ricoveri e impartendo ottime linee guida alle famiglie, ma mentre con la capillarità della presenza dei pediatri sul territorio si sono ottenuti risultati importanti nonostante i dati del sud, faccio una riflessione amara che non è rivolta a voi.
  Da una parte sono felice di sentire quanto avete detto, ma tutti questi tavoli, tutti questi incontri, tutte queste cose, dottoressa...

  TERESA DI FIANDRA, Direzione generale della Prevenzione sanitaria, Ufficio prevenzione delle dipendenze, doping e salute mentale del Ministero della Salute. C'è sempre il pediatra.

  VENERA PADUA. Sì, ma io sono la relatrice della legge sull'autismo, quindi capisce bene quanto mi stia a cuore; capisco però quanto poco di ciò che è scritto entri nella realtà di tutti i giorni dei nostri bambini, delle nostre famiglie che hanno difficoltà.
  Io auspicherei di andar via da questa esperienza legislativa con il cuore sereno, per aver fatto e detto in ogni sede, come sa la mia collega Mattesini perché in Commissione Sanità lo ribadisco ripetutamente, qualcosa in grado di testimoniare qualche cambiamento. Questo lavoro prezioso che voi fate, che tutti facciamo a vari livelli, dovrebbe poi tradursi nella prassi, perché non è possibile che ci siano regioni così diverse in questa Italia così lunga, e non parlo solo della Sicilia che è stata antesignana, perché prima della legge sull'autismo abbiamo fatto degli interventi sulla carta, ma poi le ASL non le applicano. Pag. 10
  Questo 0,1 per cento del fondo sanitario di ogni ASL, che dovrebbe essere speso in maniera mirata per lo spettro autistico, non è stato mai concretizzato, e nessuno va a riprendere nessuno. I controlli, la Conferenza Stato-Regioni vanno bene, ma poi nella prassi non so quali siano gli strumenti. Per esempio, nella legge sull'autismo abbiamo inserito per i LEA la previsione che chi non li applica avrà una detrazione, e forse purtroppo bisogna ricorrere a questo, bisognerà ricorrere alla riduzione del fondo se non rispetti i LEA nella loro concretezza.
  Vi chiedo per la vostra esperienza (poi mi farò riferire da chi ha la fortuna di poter restare) quali possano essere i mezzi perché tutto questo diventi buona prassi e i nostri bambini possano accedervi. Queste malattie nascono infatti in età evolutiva e diventano il dramma dell'età adulta, ma tutto questo può essere verificato, controllato, seguito, riducendo la spesa sanitaria del nostro Paese, ma soprattutto dando dignità a queste persone con una maggiore autonomia. Vi ringrazio.

  TERESA DI FIANDRA, Direzione generale della Prevenzione sanitaria, Ufficio prevenzione delle dipendenze, doping e salute mentale del Ministero della Salute. Dal mio punto di vista è esattamente l'obiettivo che abbiamo noi, ma credo che gli strumenti per obbligare li abbiate più in mano voi che noi, che siamo più tecnici. È il Paese e quindi il Parlamento che dovrebbe imporre. Le dico soltanto una cosa: noi possiamo proporre di mettere alcune cose sul tavolo degli adempimenti LEA, cioè il controllo e in quel caso l'elemento punitivo.
  L'autismo sta messo meglio delle altre patologie, perché è l'unica finanziata, e lo stiamo facendo. Proviamo a seguire questo modello, facciamo controlli per le regioni in piano di rientro, e lì c'è il vincolo, c'è l'occhio puntato, perché non devono sforare da una spesa già controllata, quindi si hanno in mano maggiori strumenti.
  Ovviamente il meccanismo un po’ carente (è un'opinione personale) di questa sorta di federalismo sta nella istituzione stessa, abbiamo delle difficoltà perché come Stato centrale non possiamo superare un certo limite. Con strumenti come quelli, tavolo LEA, piani di rientro, cerchiamo di accrescere il livello di uguaglianza fra regioni.
  L'autismo è un esempio trascinante, ma buono, perché ci sono soldi. Su tutto il resto il vero problema è che abbiamo pochi soldi, cioè bisognerebbe investire di più in queste aree sanitarie importanti, perché credo che infanzia e adolescenza siano il futuro di tutti, il futuro della nazione.

  PRESIDENTE. È il futuro in carne e ossa, ma sta diventando una frase retorica. Purtroppo i soldi non li ha più nessuno, quei pochi che ci sono bisogna capire bene dove vanno messi.

  LOREDANA LUPO. Ringrazio gli auditi per le informazioni che ci hanno fornito, e parto dall'alimentazione. Sono la mamma di due bambini piccoli, quindi mi sono scontrata immediatamente con l'alimentazione pediatrica. Per formazione vengo da un'università che si occupa di alimentazione, Agraria, e ho avuto forti resistenze a lavorare con i pediatri per nutrire i miei figli, perché ho allattato al seno entrambi fino all'anno e mezzo e nell'atto dello svezzamento mi sono state proposte pera, mela, banana, quindi purtroppo mi ci sono veramente scontrata, perché la mela soffre di 15 trattamenti, la banana viene dai Paesi esteri.
  Ora inizio a darmi delle risposte e, vedendo i livelli di informazione per l'alimentazione, inizio a capire perché i pediatri diano un'alimentazione standard di questo tipo, che personalmente ho trovato inadeguata perché non basata sulla frutta di stagione, che suscitava quasi terrore perché poteva causare allergie e problemi di ogni natura. Ogni volta che proponevo un alimento tipico della mia terra, mi si obiettava che c'è la tapioca, ma questo è preoccupante, perché una mamma si fida del medico, e solo chi ha una cultura più elevata riesce a capire la differenza tra un alimento ed un altro.
  Vorrei quindi chiedere al professore di darci un'indicazione precisa di quante ore sarebbero necessarie all'interno di un ateneo Pag. 11 e di un percorso di questa natura, per approfondire in maniera adeguata questo tipo di informazioni e garantire linee standard di alimentazione che però prendano in considerazione il fatto che gli alimenti si basano su una stagionalità e che tanto più un alimento è stagionale e tanto più sano e meno dopato sarà per il bambino.
  Non parlo del super biologico in un'era in cui l'inquinamento di natura ambientale è costante, perché non è la mela biologica che ci salverà la vita, però l'introduzione minima di tutti gli alimenti con un maggiore grado di inquinamento è sempre consigliabile, anche perché, come sapete meglio di me, la dose minima dell'anticrittogamico messo sulla pianta coltivata si basa sulle dimensioni non di un bambino, ma di un adulto di 70 chili. La dose minima giornaliera che somministriamo ad un bambino sommando le diverse categorie di alimenti supera quindi i limiti. Per questo tengo sempre a ricordare quali sono gli alimenti stagionali.
  Vorrei sapere quante ore sarebbero necessarie e che tipo di informazione dovremmo dare come Commissione Cultura all'interno degli atenei.
  Per quanto riguarda l'allattamento al seno, è lodevole l'esperienza «Ospedali amici dei bambini», ma purtroppo la prima puericultrice che ho incontrato quando ancora dovevo avere la montata lattea mi ha detto: «Non hai latte? Qui c'è la busta di latte per allattare tuo figlio», quindi sono rimasta scioccata il primo giorno in cui ho portato mio figlio dentro una nursery.
  Da questo punto di vista pecchiamo tantissimo perché non facciamo applicare la legge. Parlo direttamente con chi vive il reparto del Ministero e quindi dovrebbe premere sull'acceleratore per quanto riguarda tutte le politiche, soprattutto quelle pubblicitarie, dove dicono che, finito l'anno d'età, può andar via il latte, mentre il latte non va via. Spesso nelle pubblicità questo non si percepisce, quindi vi consiglio di alzare di più l'asticella, perché le pubblicità sono veramente fuorvianti. Vi consiglio di ascoltare quasi tutte quelle del latte (non è pubblicizzato il numero 1, ma il numero 2 non vi dico come è pubblicizzato).
  Per quanto riguarda l'obesità infantile, siamo coscienti che c'è poco da fare. Ci sarebbe da tassare al massimo tutto quello che viene considerato cibo spazzatura, perché così vanno definiti i cibi con alti livelli di zucchero. Il Parlamento si è adoperato con campagne contro l'eccesso di zucchero all'interno di merendine, si è tentato di dare un indirizzo, però sempre in maniera troppo blanda, perché per me la tutela del bambino è tutto, quindi dovrebbe esserci un battage molto più forte.
  Vorrei sapere a che punto di attuazione siamo di questo Piano nazionale per la prevenzione, perché abbiamo tanti bellissimi piani nazionali, come diceva la collega poco fa, sulla carta viene scritto di tutto ed è splendido, però spesso non ci sono i soldi, spesso non si arriva all'attuazione reale di questi piani. A che punto siamo, cosa possiamo fare ulteriormente noi Parlamento per poter incidere e tentare di andare più veloci? Vi ringrazio per l'attenzione e buon lavoro.

  PRESIDENTE. Grazie. Vi chiedo di essere concisi, perché stanno per cominciare i lavori d'Aula.

  GIORGIO ZANIN. Sinteticissimo. Solo una citazione importante, perché le parole hanno un peso e il neologismo «obesiogeno» compie in pieno la sua missione, perché delinea una sorta di tema, ma al di là della paura connessa al tema obesiogeno, trovo interessante il fatto che si consideri la patologia del sistema a fianco di quella di cause precise e puntuali, il che significa un approccio sistemico che ha bisogno di una rete di soluzioni. Credo che questo sia un primo elemento da sottolineare in maniera non marginale, se si vuole avere un approccio di carattere preventivo.
  Quasi a incrocio tra le vostre due specifiche competenze, pur se qualcuno diceva giustamente che siamo su orizzonti paralleli (lo dico perché il dibattito è molto reale), si è discusso poco di una delle vicende che più allarma chi si trova contrario in materia legislativa rispetto al tema della legalizzazione delle droghe leggere, in particolare della cannabis. Pag. 12
  Siccome in questi giorni andremo in Aula con un provvedimento che ragiona in questa direzione, volevo capire se dal punto di vista universitario e accademico sia interpretato come un problema legato alle aule di giustizia, perché in realtà parliamo di un problema che i pediatri di base dovrebbero cominciare ad affrontare, e ad affrontare robustamente, dal momento che riguarda in larga misura ragazzi che non sono ancora usciti dalla sfera di interesse dei pediatri.
  Vorrei sapere soprattutto se ci siano su questo anche materie di approfondimento e di studio relative ai danni di carattere sistemico che l'uso di queste sostanze cosiddette «leggere» provoca sullo sviluppo, perché credo che anche su questa materia vi sia un'assenza generalizzata di conoscenza certa tra chi enfatizza, chi crea paralleli con l'uso dell'alcol e chi addirittura sminuisce i danni da consumo, quindi credo che vi sia una grande necessità di chiarezza in termini di salute.
  Tutto il resto della discussione si svolgerà sulla base delle conseguenze di carattere sociale, pedagogico, ma di mestiere faccio l'educatore e sono molto preoccupato della catena causa-effetto scatenata dalla bugia del consumo, che in età precoce fa uscire l'adolescente dal regime della legalità e lo fa entrare in un mondo a parte, di costruzione della bugia sistematica nei confronti del sistema di riferimento degli adulti, tema che il legislatore prende solo lateralmente in considerazione, ma che sotto il profilo della salute, della qualità e dell'integrazione del sistema relazionale è tutto meno che neutro.
  Insisto nel dire questo, perché penso alla semplice norma per cui è impedito l'uso dell'autovettura fino a 18 anni, fino a che non hai la patente, che è un limite molto semplice e netto, che impedisce che i ragazzi vadano a farsi del male prima, e dà un tempo dentro cui un uso si può fare anche rispetto agli effetti di salute di cui ho chiesto conto.

  VITTORIA D'INCECCO. Brevemente, perché purtroppo non sono riuscita ad ascoltare tutti, chiedo scusa, perché avevo in concomitanza anche la Commissione Affari sociali di cui faccio parte e oggi c'era un tema importante, quello dell’ictus e dei problemi connessi, però sono arrivata in tempo per ascoltare la dottoressa che ci ha brillantemente illustrato il programma del Ministero su questi temi così importanti per la salute dell'infanzia e dell'adolescenza.
  Quello che mi colpisce è che, come lei stessa ha detto, ancora ci sono delle differenze tra le regioni, quindi purtroppo si soffre a dare risposte congrue per le singole patologie, come quella dei disturbi del comportamento alimentare che ancora subisce carenze di strutture in grado non solo di accompagnare, ma anche di riabilitare questi ragazzi, che sono persone normali perché raramente si associa un disturbo intellettivo, quasi sempre la depressione reattiva che si scatena è connessa al non piacersi, a vedersi estraniato dai gruppi e anche dalla possibilità di avere un lavoro.
  Ci sono delle realtà in cui queste situazioni vengono accolte e accompagnate in modo da dare risposte definitive. Bisognerebbe seguire le buone prassi e anche qui forse obbligare le singole regioni ad offrire servizi e strutture in grado di accompagnare questa patologia, perché un disturbo di questo genere diventa una dipendenza.
  Una mia paziente mi chiede costantemente «perché non dice alla ministra di fare qualcosa per noi?» e giustamente lei dice che se non ha un posto di lavoro e non fa nulla, è chiaro che deve distrarsi in qualche modo, quindi il suo bisogno di mangiare continuamente nasce anche dal non avere altro da fare. Non è proprio così, però io ve l'ho raccontata come lei la dice, è una ragazza che comunque si dà da fare, ha preso il patentino da fotografa e da giornalista, segue le conferenze stampa del nostro sindaco perché si accoda all'ufficio stampa, anche se tutti cercano di metterla in disparte e quindi soffre di non poter essere coinvolta direttamente, perché non riesce a far capire che anche per lei ci potrebbe essere un piccolo posto.

  PRESIDENTE. Bene. A questa ultima parte mi sembra difficile riuscire a trovare una risposta oggi, ma lascio la parola ai nostri ospiti. Comincia lei, professore?

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  ANDREA VANIA, responsabile del Centro di dietologia e nutrizione pediatrica del Dipartimento di Pediatria dell'Università La Sapienza di Roma. Grazie, presidente. Rispondo prima all'onorevole Lupo, che ha fatto una domanda precisa sulle ore che sarebbero necessarie per la formazione. È molto difficile da dire, ci sono tavoli tecnici appositi per stabilirlo, ma di getto mi verrebbe da dire almeno quanto una qualsiasi delle altre materie insegnate, il che significa 6 crediti formativi, che in termini di ore frontali sono 48 ore di lezione, cioè ogni credito vale 8 ore frontali, ne vale 25 di studio complessivo dello studente. Questa però è un'indicazione assolutamente personale.
  Credo che la cosa più importante sarebbe che ci fosse perlomeno un coordinamento tra le differenti sezioni. Ha anche un senso parlare di alimentazione nell'igiene, però raccordiamolo con quello che è stato fatto magari l'anno prima in un altro corso. Non possono essere cose totalmente separate, che lo studente perde di vista nel tempo. Io lo so da medico, ma lo sa chiunque di noi abbia fatto un minimo di studi, che teoricamente non ci si dovrebbe dimenticare nel tempo quello che si è studiato prima, ma da studente non è molto facile che questo succeda. Ecco perché un raccordo tra le varie porzioni di una determinata disciplina, in questo caso di scienza dell'alimentazione, ci dovrebbe essere.
  Lei ha nominato prima quello che comunemente va sotto il nome di principio di precauzione, che significa che i livelli previsti per un inquinante per l'adulto, nel bambino devono corrispondere a un decimo di quel valore. Il principio di precauzione è esattamente quello che viene applicato per legge nell'industria di alimenti per l'infanzia, non riguarda invece la produzione normale nemmeno quando si tratti di biologico. Il biologico ha dei limiti sulle tipologie delle sostanze che possono essere presenti, sempre fatto salvo il principio per cui, se io ho fatto nel biologico tutto quello che per legge debbo fare, quel che di extra succede non è colpa mia, e infatti non mi viene tolta l'etichetta. Se quindi nelle acque che passano sotto il mio terreno c'è arsenico più di quel che deve esserci, non è colpa mia, io non posso rifare il mondo, e mantengo l'etichetta di biologico anche se le mie piante hanno più arsenico di quello che dovrebbero.
  Tutto questo nell'alimentazione per l'infanzia non è possibile, però esclusivamente e limitatamente agli alimenti specifici per l'infanzia. Questo è sicuramente vero.
  Sull'allattamento non so esattamente su quale punto volesse focalizzare la sua attenzione. Gli «Ospedali amici dei bambini» in tutta Italia funzionano così, poi è chiaro che ci sono eccezioni. Sentivo anche la presidente concordare su questo, la sua esperienza non è, per fortuna, generalizzata.

  PRESIDENTE. Adesso ci sono moltissimi ospedali dove al contrario insistono tantissimo perché lo si tenga al seno.

  LOREDANA LUPO. Il problema è che nella mia fascia d'età, tra coetanee, ci siamo ritrovate con esperienze analoghe, e l'ho sottolineato perché nel mio territorio diverse associazioni si battono in questa direzione, ma tranne poche eccellenze in quasi tutti gli ambienti lo stesso medico, quando vede che il bambino ha una minima perdita di peso, tende a fare l'integrazione, senza aspettare un assestamento a quel punto la madre si scoraggia e spesso smette di allattare.

  ANDREA VANIA, responsabile del Centro di dietologia e nutrizione pediatrica del Dipartimento di Pediatria dell'Università La Sapienza di Roma. Certo, questa è una responsabilità precisa del pediatra di fare nel modo giusto.
  Le dico però ciò che dico sempre ai miei studenti relativamente ai dieci punti dell'OMS per implementare l'allattamento al seno. È un decalogo, quindi il primo comandamento in genere è il più importante di tutti, e qual è il primo comandamento? Fare un protocollo che deve essere noto a tutto l'ospedale. Sembra una cosa da burocrati, invece è fondamentale, perché può anche consistere in una sola frase che dice Pag. 14«di allattamento al seno si occupa il dottor Rossi o l'infermiera Bianchi».

  PRESIDENTE. Che sa di cosa parla.

  ANDREA VANIA, responsabile del Centro di dietologia e nutrizione pediatrica del Dipartimento di Pediatria dell'Università La Sapienza di Roma. Perfetto. Per cui chiunque nell'ospedale sa che, se lei mamma dice «Oddio, ma io che faccio che non mi arriva la montata lattea?», nessuno le dà la risposta, ma le mandano la persona che se ne occupa e quella persona risponderà alla sua domanda. Questo è un modo molto semplice per superare il fatto che naturalmente io la penso in un modo, la dottoressa in un altro, la presidente in un altro ancora.
  L'ultima cosa, la fat tax, la tassazione dei prodotti che possono far male. Non esiste nessuna soluzione che sia al 100 per cento efficace o sulla quale possiamo giurare che servirà a qualcosa, ma sarebbe decisamente utile, è auspicata da tante società scientifiche (io sono nella Società dell'obesità, nella Società di nutrizione umana, nella Società di medicina dell'adolescenza, nei direttivi di tante società scientifiche, e in tutte continuiamo a ribadirne l'opportunità), quindi sarebbe opportuno che qualcosa si muovesse.
  Gli interessi contrari sono ovviamente molto forti e non sempre sono facili da opporsi, questo succede anche in Commissione europea (lo sappiamo bene), quindi non lo so, questo è lavoro vostro e non mio fortunatamente.
  Per quanto concerne l'approccio sistemico a cui lei accennava, onorevole Zanin, relativamente all'ambiente obesiogeno, per esempio la rete delle città sane, di cui molti comuni italiani fanno parte, è una di quelle realtà che si muovono in un'ottica di approccio abbastanza sistemico, perlomeno dove le amministrazioni fanno il possibile per lavorare insieme con altri, ad esempio con gli operatori sanitari, gli esperti di settore, in modo tale da ridurre l'impatto.
  Le città sono di per sé obesiogene, perché una città è difficile da vivere, serve la macchina e non ci si può spostare a piedi, è piena di scale mobili e di ascensori, è molto facile che si aumentino le occasioni per fare poco movimento e stare fermi, per consumare cose che sarebbe bene non consumare o per avere degli ambienti in sé che non vanno benissimo.
  Mi viene in mente che una delle nostre città sane, Modena: anni fa aveva adottato un provvedimento molto efficace e molto semplice, quello di obbligare le scuole dipendenti dal comune a mantenere una temperatura invernale non superiore ai 18 gradi, perché sopra i 18 gradi il nostro tessuto adiposo diventa tutto tessuto bianco che è protettivo, ma che non consuma energia, sotto i 18 gradi diventa tutto tessuto bruno, che invece consuma energia e quindi fa bene per la riduzione del peso. Oltretutto, incide positivamente sulla spesa pubblica, quindi è un'iniziativa che si potrebbe mettere in atto facilmente.
  Le altre città sane italiane hanno adottato questo modello e so che in altri comuni è stato fatto, salvo che i genitori si lamentavano che i bambini a scuola avevano freddo e dovevano tenere il cappotto.

  PRESIDENTE. Grazie e scusate, anche se non abbiamo fatto in fretta, ma abbiamo approfondito. Se avete materiale aggiuntivo, ben venga.

  TERESA DI FIANDRA, Direzione generale della Prevenzione sanitaria, Ufficio prevenzione delle dipendenze, doping e salute mentale del Ministero della Salute. Rispondo a due domande sul Piano della prevenzione, perché va a cogliere diversi aspetti. Il Piano della prevenzione è un piano che a differenza di tanti altri ha dei soldi dietro, cioè il Piano nazionale si limita a individuare le priorità che sono condivise dallo Stato e dalle Regioni, ma poi le Regioni hanno soldi per scegliere fra le loro priorità quelle da attivare con piani locali ragionati.
  L'ultimo Piano è per il 2014-2018; facciamo in sede centrale un'analisi di tutte le scelte prioritarie delle Regioni, quindi viene applicato, abbiamo tutti i programmi e li valutiamo; io per esempio faccio la valutazione Pag. 15 di tutti quelli che riguardano l'area della salute mentale (mi occupo anche di demenze, ma ovviamente non è questa la sede) e di sanità penitenziaria.
  Ogni volta che c'è una progettazione, in questo caso ad esempio tutti quelli che riguardano (sono molto seguiti) gli aspetti del guadagnare salute, cioè la prevenzione (rispondo anche all'onorevole Zanin), non è solo il Piano di prevenzione, ma è l'insieme dei piani che si muovono verso i concetti non solo di città sane, ma di friendly communities, le comunità amiche dei bambini e dell'anziano, che richiedono la concorrenza di più competenze.
  Ho scelto Modena anche per implementare tutti gli strumenti di un progetto europeo che stiamo facendo, una joint action sulle demenze, perché è una città che ha le dimensioni giuste e anche l'attenzione giusta; le esperienze dovrebbero moltiplicarsi per testare immediatamente nel territorio questi strumenti che la ricerca internazionale ha validato come efficaci.
  Noi andiamo ad approvarli e vediamo come sono ritraducibili nelle realtà italiane; partiamo da Modena, ma sto facendo la stessa cosa a Giovinazzo, in Puglia, cioè stiamo cercando di fare in modo che nasca consapevolezza nei comuni (nelle grandi città potrebbero agire i municipi), cioè rendersi conto che va presa sotto la propria ala programmatoria, che diventa ala protettrice, l'intera problematica della persona.
  La persona dalla nascita alla morte ha una serie di esigenze che possono essere affrontate meglio se si integrano le competenze dei diversi attori; finché ci chiudiamo ognuno nella sua specifica competenza secondo me non risolviamo i problemi, quindi il massimo che dobbiamo proporre è proprio l'integrazione dei saperi, dobbiamo assolutamente provarci.
  Sul Piano noi facciamo la valutazione periodica di come stanno andando le applicazioni dei programmi regionali in attuazione del Piano nazionale. Hanno ricevuto soldi, c'è un ufficio che segue proprio questo, al momento non c'è un report intermedio, però sono tutti dati disponibili; l'ufficio si occupa del Piano nazionale della prevenzione e si avvale delle competenze degli altri uffici per fare le valutazioni tecniche di settore. Io non vado a fare una nuova valutazione sui pesticidi perché non è la mia competenza, lo faccio come ufficio su quelli dell'area della salute mentale.
  Per quanto riguarda gli aspetti relativi all'impatto del consumo di sostanze sulla salute, gli studi sulle droghe leggere sono tantissimi, sono abbastanza contrastanti, ed è per questo però che da un punto di vista di legalizzazione usciamo dalla nostra competenza specifica. Noi possiamo dare gli elementi di base sull'impatto sulla salute, che non sono mai positivi, ma è la stessa cosa che diciamo anche per l'alcol. Abbiamo tentato programmi di riduzione per dare abitudini più sane, ad esempio c'è un accordo per la riduzione del sale in tutti i prodotti confezionati che fa parte del programma nazionale «Guadagnare salute», c'è un decalogo sul consumo di alcol, quindi a maggior ragione in quell'ambito sappiamo che non potrà avvenire un approccio positivo.
  Esiste però un'autorità nazionale che è stata istituita in questo Paese, il Dipartimento per le politiche antidroga presso la Presidenza del Consiglio, sono loro che acquisiscono gli elementi tecnici dei diversi dicasteri interessati, ma che poi dovrebbero dare le risposte per le strategie di più alto livello, quindi indirizzerei a loro per maggiori informazioni.
  Avrei diverse cose ancora sul discorso della differenza regionale, perché tutti gli sforzi che stiamo facendo, tutto quello di cui vi ho parlato, vanno nella direzione di cercare di ridurla. Il problema vero (ritorniamo alla prima domanda) è come farlo. Sono pochi gli strumenti a disposizione.
  Io ho lavorato anche per la Regione Veneto, quando aveva il coordinamento Sanità e sociale, che secondo me era meglio dell'avere scisso i coordinamenti interregionali in Sanità e Sociale separati, e ho imparato durante quell'esperienza una cosa fondamentale: tutti i programmi nazionali che noi mandiamo fuori come competenza in approvazione come inteso Pag. 16accordo nella Conferenza Stato-regioni o nella Conferenza unificata, se vengono scritti dall'inizio con la presenza delle Regioni, hanno sicuramente molte più possibilità di avere impatto, quindi da questo momento in poi per tutte le materie sto seguendo questo aspetto che considero fondamentale.

  LOREDANA LUPO. Ma quella sarebbe una questione di buon metodo.

  TERESA DI FIANDRA, Direzione generale della Prevenzione sanitaria, Ufficio prevenzione delle dipendenze, doping e salute mentale del Ministero della Salute. Esatto.

  PRESIDENTE. Purtroppo, dottoressa, dobbiamo chiudere perché si vota alle 15.30, ma la ringraziamo molto.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 15.20.

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ALLEGATO

Documentazione presentata dal professor Vania

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