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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 18 di Martedì 25 luglio 2017

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE SEMPLIFICAZIONI POSSIBILI NEL SETTORE FISCALE

Audizione del Viceministro dell'economia e delle finanze, Luigi Casero.
Tabacci Bruno , Presidente ... 2 
Casero Luigi (AP-CpE-NCD) , Viceministro dell'economia e delle finanze ... 3 
Tabacci Bruno , Presidente ... 7 
Taricco Mino (PD)  ... 7 
Tabacci Bruno , Presidente ... 7 
Casero Luigi (AP-CpE-NCD) , Viceministro dell'economia e delle finanze ... 7 
Tabacci Bruno , Presidente ... 8

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
BRUNO TABACCI

  La seduta comincia alle 13.25.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche mediante trasmissione diretta attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso e diretta streaming sperimentale sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Viceministro dell'economia e delle finanze, Luigi Casero.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine sulle semplificazioni possibili nel settore fiscale, l'audizione del Viceministro dell'economia e delle finanze, Luigi Casero.
  Ringrazio il Viceministro Luigi Casero per la disponibilità a partecipare all'indagine conoscitiva sulle semplificazioni possibili nel settore fiscale.
  La sua audizione – unitamente a quella del direttore dell'Agenzia delle entrate, che abbiamo dovuto posticipare a settembre – giunge a conclusione del nostro ciclo di audizioni.
  Abbiamo ascoltato – lo ricordo al Vice Ministro – oltre 20 categorie di soggetti, in rappresentanza dei cittadini-contribuenti, delle professioni, delle imprese, dei sindacati e delle istituzioni, ed esperti del settore.
  Le audizioni hanno confermato la diagnosi e hanno dato indicazioni utili per la terapia. In estrema sintesi, nonostante gli indubbi progressi degli ultimi anni, il sistema fiscale italiano poggia su una normativa stratificata, spesso volatile, dispersa in numerosi tributi e possibilità di deroghe (in forma di facilitazioni varie, detrazioni e deduzioni), con molte scadenze e molti adempimenti.
  A questa fitta trama normativa sfugge, però, una fetta importante di economia sommersa (economia irregolare, economia informale ed economia malavitosa), di cui ci si sta cominciando a occupare seriamente solo da pochi anni.
  La terapia dovrebbe allora consistere in una strutturale azione di semplificazione, che dia maggiore efficienza al sistema e consenta di recuperare una buona parte di ciò che oggi sfugge.
  Qualche passo è stato compiuto: in molte audizioni è stato richiamato il cambio di paradigma verificatosi con la legge delega n. 23 del 2014 e il decreto legislativo n. 175, sempre del 2014. In particolare, mi sembra che l'obiettivo sia quello di un rapporto più amichevole tra amministrazione fiscale e contribuenti, cui potrebbe giovare anche un maggior rispetto dello Statuto del contribuente, spesso evocato nelle audizioni.
  A questo obiettivo dovrebbe accompagnarsi una generalizzazione del contrasto di interessi tra contribuenti, che, dove è stato introdotto (con le detrazioni sulle ristrutturazioni edilizie e il risparmio energetico) ha prodotto buoni risultati in termini di emersione dell'economia sommersa.
  Per completare il quadro, segnalo altri due temi cruciali: la crescente importanza della digitalizzazione; la necessità di tenere conto, nell'azione strutturale di semplificazione che ho prima richiamato, dei tributi locali, riducendone il numero e rendendone più facile l'adempimento, nel segno dell'autonomia impositiva, che responsabilizza i governi locali rispetto ai contribuenti. Pag. 3
  Il Viceministro Casero, per l'incarico che riveste e le sue competenze professionali, potrà darci un prezioso contributo in vista della predisposizione del documento conclusivo che voteremo a conclusione dell'indagine, entro il 30 settembre.
  Do la parola al Viceministro Luigi Casero.

  LUIGI CASERO, Viceministro dell'economia e delle finanze. Grazie, presidente. Grazie per l'invito e la possibilità di fare una breve analisi di quello che è stato fatto e di quello che necessita al sistema fiscale italiano per diventare un sistema più moderno e più vicino alle esigenze dei contribuenti e delle imprese e di svolgere una riflessione su ciò che deve essere un sistema fiscale e quali devono essere le azioni politiche fiscali.
  Le azioni di politica fiscale devono, dopo anni di battaglie ideologiche sul sistema fiscale, essere deideologizzate e devono diventare uno strumento utile alla crescita di un Paese moderno globalizzato e con un'economia digitale in grande sviluppo. È necessario partire da quello che ci ha condotto, quando siamo partiti con azioni sulla delega fiscale, a riflettere sui punti di debolezza che esistevano in questo Paese
  Il nostro è ancora un Paese con un tasso di evasione fra i più elevati nell'ambito dei Paesi europei nostri concorrenti. È logico che dobbiamo guardare la Francia, la Germania e i Paesi con cui abbiamo un interscambio economico forte. Il nostro è un Paese ad altissima evasione e con un sistema fiscale farraginoso e complesso, a dimostrazione del fatto che non è la complessità del sistema o il numero eccessivo delle norme che combatte l'evasione.
  La delega fiscale ha cercato di partire da questi elementi di debolezza per introdurre – è stato detto anche nelle audizioni che si sono fin qui svolte – un sistema che possa essere più semplice e più vicino al cittadino.
  Anche in questo caso, dobbiamo cercare di ribaltare una vecchia tradizionale concezione del fisco italiano, che era quella di dire «tu fai e poi io verifico e controllo, per cui, se hai fatto bene, non accade niente, ma, se hai fatto male, ti sanziono».
  Questa concezione viene completamente ribaltata da quello che è stato definito un fisco più compliance, per usare un termine inglese, o, per utilizzare un termine italiano, un fisco più amico, in cui il rapporto deve essere preventivo.
  In questo caso, mi riferisco a un rapporto preventivo fra contribuente e fisco, in cui il fisco cerca di informare il contribuente (e l'impresa) su cosa fare, anzi cerca di aiutarlo a fare quello che si deve fare dal punto di vista della correttezza dell'obbligo fiscale, e lo sanziona solo nel caso in cui il contribuente non si adegui. Da ciò sono nati alcuni strumenti legati alla delega fiscale, che stanno cominciando ad avere i primi successi.
  Uno di essi, per esempio, è la cooperative compliance, quindi uno strumento, destinato alle grandi imprese, di verifica preventiva con il fisco di tutti gli adempimenti fiscali. Assieme all'interpello sui nuovi investimenti – dedicato alle imprese straniere e agli investimenti stranieri in Italia che vengono sottoposti ad una verifica preventiva –, questo strumento sta iniziando a portare effetti sicuramente positivi sul tema delle grandi imprese e dei grandi investimenti. Da ciò ricaviamo alcune risposte positive, specialmente da alcuni Paesi europei ed extraeuropei che stanno investendo in Italia.
  Quello è uno strumento sicuramente utile se pensate che uno dei motivi che frenava gli investimenti stranieri in Italia era non tanto – anche quello è un tema di cui si deve parlare – l'elevata tassazione, ma specialmente un sistema fiscale complesso e farraginoso, che non permetteva all'investitore straniero di avere una certezza del diritto, cioè di venire e poter seguire un percorso.
  Da questo punto di vista, l'intervento che è partito sui grandi investimenti ha incominciato ad avere risultati positivi. Devo dire che l'intervento è complesso dal punto di vista della tipicità dell'azione fiscale, ma molto più semplice perché riguarda pochi investimenti e poche imprese e può essere trattato dal personale più avanzato, più bravo e più capace dell'Agenzia. È logico che tutti questi strumenti poi devono essere Pag. 4conosciuti da tutto il personale dell'Agenzia, per cui si fa sicuramente fatica, viste le dimensioni.
  Si è cercato inoltre di introdurre un secondo tipo di strumenti che potesse contemplare il concetto appena illustrato anche nei confronti delle medie e delle piccole imprese.
  In questo caso, siamo di fronte ad una serie di strumenti molto più massivi. In Italia, c'è un numero elevatissimo di partite IVA e, in questo caso, è molto difficile un rapporto preventivo impresa per impresa, quindi sono previsti strumenti più massivi, strumenti digitali e strumenti in via preventiva.
  Da questo punto di vista, è stata seguita un'indicazione contenuta nella delega fiscale, che sta cominciando ad avere i primi effetti, però non è ancora compiuto il sistema che potremmo chiamare «attività di consulenza preventiva». Questo termine può apparire improprio perché si potrebbe essere criticati sulla base del fatto che «il fisco non fa consulenza, ma fa accertamenti»; comunque, una fase di indirizzo e di consulenza preventiva è l'obiettivo finale.
  Si sta attraversando quella che è stata definita «una fase di cambiamento diverso» da parte dell'Agenzia: l'Agenzia cerca di utilizzare o deve cercare di utilizzare tutta una serie di strumenti o di elementi a disposizione per invitare il contribuente a pagare le imposte.
  Che cosa è stato fatto in questo caso? Ci sono state le famose letterine di invito: in passato, l'Agenzia faceva un accertamento, da cui partiva tutta la procedura (accertamento, riscossione, sanzioni e così via).
  In questo caso, c'è stato un primo passaggio – poi, vediamo quali possono essere gli altri – con l'utilizzo degli strumenti digitali, in cui vengono messi a confronto a livello massivo tutti gli elementi in possesso dell'Agenzia con quelli a disposizione del contribuente, al fine di indicargli, attraverso una comunicazione preventiva, i dati risultanti all'Agenzia e dirgli: «abbiamo a disposizione questi dati e ci risultano queste disuguaglianze, per cui, se ritieni di aver operato in modo corretto, dai una spiegazione; se ritieni di aver sbagliato, puoi ancora intervenire senza sanzioni o con sanzioni minime, ma, se non intervieni, subirai le sanzioni previste».
  Questo è stato fatto, per esempio, inizialmente con un controllo abbastanza semplice, che forse avrebbe dovuto essere introdotto anche in anni precedenti. Una macchina opera un controllo fra le partite IVA e le dichiarazioni IVA presentate. In teoria, chi ha una partita IVA deve presentare, in assenza di elementi particolari, una dichiarazione IVA; da questo punto di vista, sono stati riscontrati molti casi di mancate dichiarazioni, che nel tempo sono state sanate.
  Questa è l'operazione più semplice, anche perché una serie di altri elementi e circostanze hanno portato, non in ultimo e con buoni effetti, al confronto fra dichiarazioni IVA trimestrali e pagamenti fatti con il modello F24.
  In questo caso, esistono tre tipi di mancata dichiarazione. Come sapete, la dichiarazione IVA trimestrale o mensile si paga con un versamento tramite modello F24. Fino al momento della presentazione della dichiarazione, cioè un anno e mezzo dopo, non esiste un confronto fra quanto uno dichiara e quanto uno effettivamente versa. Questa situazione ha portato a una serie di effetti. Innanzitutto, ci sono stati errori, anche non dolosi, per minori versamenti, ma anche mancati versamenti per motivi di bisogno, vale a dire che l'imprenditore non ha la somma da versare, anche se, in teoria, ha incassato l'IVA e dovrebbe versarla. In terzo luogo, ci sono state azioni fraudolente che determinano effettivi mancati versamenti a fronte di chiusure entro i due anni della posizione IVA e di scomparsa del contribuente stesso.
  Per esempio, la dichiarazione trimestrale porta al fatto che i controlli avvengano effettivamente dopo tre mesi, quindi, rispetto ai precedenti due anni, vengono decisamente anticipati, con effetti molto positivi.
  Fate conto che parliamo di mancati versamenti per circa 8-9 miliardi all'anno, quindi di cifre consistenti, per cui riuscire a recuperarne anche una parte, sia dei Pag. 5mancati versamenti dolosi che di quelli colposi, può permettere, per esempio, di rientrare dal deficit.
  Tutta la parte relativa alle dichiarazioni preventive, che poi sfoceranno nei nuovi indici di affidabilità, ossia in una verifica più precisa dei dati complessivi dell'azienda, con un confronto preventivo anche in questo caso, porta nei confronti delle piccole e medie imprese a un atteggiamento diverso da parte dell'Agenzia che viene apprezzato dai contribuenti.
  Quali sono state le critiche in merito? È stato detto che ciò porterà non a un aumento ma a un decremento di gettito.
  Devo dire che i primi dati, invece, sono sicuramente positivi. L'anno scorso, a fronte dell'utilizzo di questi nuovi strumenti di verifica preventiva, è stato raggiunto il massimo storico di accertamento e quasi 17 miliardi di euro sono stati ottenuti con un atteggiamento basato sulla compliance.
  L'andamento del gettito spontaneo di quest'anno rappresenta l'altro elemento determinante. Quest'anno, per esempio, le entrate delle imposte indirette stanno andando molto meglio rispetto all'andamento della crescita dell'economia. Ciò è dovuto a due elementi: forse, c'è un incremento di acquisti di quel particolare genere di prodotto, ma, complessivamente, c'è un aumento del gettito spontaneo, quindi c'è una maggiore compliance spontanea, che è l'obiettivo vero di chi deve fare una politica fiscale in questo Paese, vale a dire cercare di far pagare le tasse in via preventiva. La delega fiscale risponde a questa diversa impostazione complessiva.
  Che cosa serve adesso e che cosa bisogna fare per portare avanti il progetto? Si devono fare due cose fondamentalmente. La prima è – arrivo al tema delle semplificazioni – semplificare un sistema, che è vecchio e basato, spesso, su tasse consolidate nel tempo, che risalgono agli anni scorsi. Il sistema fiscale italiano è molto basato sull'imposta di bollo e di registro, ossia su una tassa che, in un'economia del 2020, è praticamente superata e inesistente. Ci si può anche inventare il bollo digitale, ma si tratta comunque di una soluzione superata rispetto a un modo di impostare la tassa che è completamente diverso e di uno strumento molto debole nel contrasto di evasione o di elusione fiscale.
  Fondamentalmente, bisogna rivedere e riformare il sistema, eliminando – lo sostengo – tutta una serie di piccole tasse, che creano soltanto problemi perché non danno gettito e non sono produttive e per le quali il confronto costa di più dell'analisi effettiva.
  In un sistema ideale, dovrebbero esistere fondamentalmente due o tre grandi tasse: una tassa sui redditi, una tassa sui consumi e, se il Parlamento lo decide, una tassa sul patrimonio. In realtà, possono esistere soltanto queste tre imposte, invece che 150 tasse ripartite sotto tutti i generi e sotto tutte le realtà.
  Cercare, quindi, di semplificare il sistema anche dal punto di vista del numero di tasse esistenti è uno degli obiettivi che chi fa la politica fiscale in questo Paese si deve porre, naturalmente salvaguardando gli equilibri di bilancio. Come sapete, l'intera operazione viene fatta fondamentalmente all'interno di una salvaguardia più ampia e più complessa.
  Il secondo tema sempre in termini di semplificazione riguarda l'utilizzo degli strumenti digitali. In questo caso, non mi riferisco – poi, possiamo fare una considerazione anche sull'argomento – alla web tax, ma all'utilizzo di tutti gli strumenti digitali per cercare di rendere il sistema più certo e molto più semplice.
  Mi riferisco alla fatturazione elettronica fra privati, un tipo di strumento che porta sicuramente a tantissimi vantaggi sotto due punti di vista. Siamo in presenza di una richiesta europea di rendere obbligatoria la fatturazione elettronica e, sicuramente, dal punto di vista dell'IVA, tale strumento elimina completamente tre dei quattro tipi di evasione possibili. L'evasione IVA è consensuale quando due soggetti si mettono d'accordo, ma ci sono altri tre tipi di evasione: una è quella fraudolenta, quindi la «cartiera» in termini tecnici, da parte di chi emette la fattura falsa; la seconda si verifica quando la fattura è vera ma non viene registrata da una delle due parti; nel terzo Pag. 6caso, la fattura sempre vera viene registrata da una delle due parti in misura minore o superiore rispetto alla cifra effettiva.
  Il sistema elettronico certifica la fatturazione attraverso un server centrale: la fattura viene predisposta da chi la emette, passa in un server centrale e, dal server centrale, va al cliente. All'interno del server centrale, la fattura elettronica è certificata, evitando tre tipi di evasione su quattro; quindi rimane soltanto quella consensuale – quando le due parti si mettono d'accordo, – perché gli altri tre tipi vengono fondamentalmente eliminati. Ecco perché la fatturazione elettronica dovrebbe abbattere un certo tipo di evasione.
  Dall'altra parte, la fatturazione elettronica porta a una grande semplificazione del sistema. Chiaramente, lo strumento digitale deve essere molto semplice, quindi non complesso.
  Su quest'aspetto bisogna fare molto perché è stato reso complesso l'uso degli strumenti digitali, che devono essere letti con una mentalità digitale. Lo strumento digitale deve essere molto semplice e si deve superare tutta una serie di elementi contenuti nelle norme e nei comportamenti attuali, che ricalcano il passato.
  La conservazione sostitutiva della fattura è prevista nel nostro codice: si tratta della conservazione sostitutiva della fattura cartacea, per cui, se la fattura è digitale ed è posseduta da un server pubblico, cioè da un server dello Stato, la conservazione sostitutiva deve essere operata dallo Stato perché quello diventa il momento della certezza.
  Questo porta a tantissimi risparmi e alla semplificazione del sistema. Per esempio, a quel punto, le verifiche avverrebbero tramite server e non ci sarebbe la necessità di avere accesso all'azienda per il controllo dei documenti. Tutti i documenti in formato digitale permangono su un server esterno e certificato.
  Questo passaggio porta sicuramente a una serie di vantaggi, sia dal punto di vista del contrasto all'evasione che dal punto di vista della semplificazione del sistema, e deve essere approcciato da tutti i soggetti, sia dall'Agenzia sia dalla Guardia di finanza sia dagli utenti, con una visione digitale proiettata al futuro. Per esempio, questo passaggio permetterebbe anche di rendere molto più praticabile il contrasto di interessi.
  In questo momento, molti dei problemi sul contrasto di interessi sono legati a operazioni fraudolente sulle fatture. Come sapete, quello sulle detrazioni fiscali è uno strumento che ha funzionato e funziona molto bene, ma, nello stesso tempo, ci sono stati molti casi di frode e di dolo.
  Nel momento in cui tutto viene inserito in un sistema digitale che passa in un server centrale, le frodi, come la fotocopia della fattura inesistente o la fattura stralciata da parte di chi la emette, non possono più esistere. Quindi, si potrebbe agire anche su strumenti come quello del contrasto di interessi, il che sicuramente porterebbe a favorire la lotta all'evasione, con una semplificazione complessiva del sistema.
  Un ultimo tema riguarda l'utilizzo degli strumenti digitali per favorire il controllo e il lavoro di chi li deve gestire, da non confondere con la necessità di creare un sistema che freni l'elusione e l'evasione internazionale attraverso strumenti digitali, l'altra grande battaglia che il fisco nazionale e internazionale deve affrontare nei prossimi anni.
  È abbastanza assurdo e impensabile che si possa andare avanti con un'evoluzione del sistema che sta portando ad avere aziende che pagano tasse al di sotto dell'1 per cento e aziende che pagano tasse sopra il 30 per cento. Mi riferisco solo alle imposte nette sul reddito, che arrivano al 25 o al 30 per cento. Quest'aspetto deve essere affrontato a livello internazionale: se ne è già discusso in sede di G7 ultimamente, ma il tema deve essere assolutamente affrontato, altrimenti il sistema si deteriora.
  Anche in questo caso, l'economia digitale è da stimolare e sviluppare, ma, nello stesso tempo, si deve prevedere una serie di limiti e di vincoli, in modo tale che non si crei un buco di entrate del sistema.
  Torno – e chiudo il mio intervento – al discorso delle semplificazioni, che diventa il punto vero e fondamentale su cui si gioca Pag. 7il futuro del fisco. Da questo punto di vista, nell'approccio con il contribuente, dobbiamo abbassare le imposte perché sono troppo alte nel nostro Paese e dobbiamo rendere il sistema di pagamento il più semplice possibile, evitando che chi deve pagare sia costretto anche ad affrontare numerosi problemi legati alla complessità del sistema stesso.
  Si tratta di una partita molto complessa che, di giorno in giorno, deve essere affrontata. Ci si scontra su questioni anche contingenti – prima è stato citato dal presidente il problema delle detrazioni e deduzioni –, che spesso nascono da una volontà positiva manifestatasi in Parlamento durante l'approvazione dei disegni di legge di bilancio e volta a stimolare sistemi, comparti, situazioni o attività economiche che in quel momento possono avere una necessità. Spesso, ritroviamo le soluzioni adottate consolidate nel tempo, per cui quelle volontà rendono il sistema più complesso di quello che è nella realtà dei fatti. Da questo punto di vista, esiste anche la necessità di cercare di inquadrare complessivamente il sistema entro una riforma coerente con gli obiettivi che ci siamo dati in partenza.
  Penso di essere stato abbastanza sintetico nel fornire una presentazione complessiva.

  PRESIDENTE. Grazie, Viceministro Casero.
  Invito i colleghi, se lo desiderano, a intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  MINO TARICCO. Innanzitutto, ringrazio il Viceministro per il quadro sintetico ed esaustivo che ci ha proposto. Vorrei fare una riflessione e una domanda.
  Nel corso delle audizioni, da alcuni auditi ci è stata posta la questione della prevedibilità e della programmazione delle imposte per le imprese. A fronte di un'impresa che tutti gli anni fa la sua dichiarazione e poi non sa, alla luce delle verifiche di cui sarà oggetto, quale sia lo scenario che si apre in futuro, si potrebbe immaginare un sistema nel quale l'impresa, soprattutto sulla base dei dati acquisiti con gli studi di settore e con la compliance di cui si è parlato, programmi un'imposta pluriennale, dicendo «per tre anni, pago una somma certificata, in modo che la metto in programma e so che non ho più potenziali sorprese legate a controlli o verifiche o altro perché so che, se pago quanto concordato con il fisco, sono a posto da questo punto di vista».
  Una visione del genere metterebbe l'impresa in una condizione di tranquillità assoluta perché l'impresa potrebbe dire: «so che devo pagare 20.000 euro, per cui lo programmo».
  Addirittura, in un'audizione, è venuta fuori l'ipotesi per cui, nel caso in cui questo sistema potesse essere uno scenario percorribile, si potrebbe chiedere di rateizzare mensilmente il dovuto, per cui non devo pagare 20.000 euro una volta all'anno, ma ne pago 1.750 – o un'altra somma – al mese.
  Soprattutto, in questo scenario so qual è il discorso per i tre anni e, nell'ultimo anno, posso con il fisco guardare i dati degli studi di settore e via discorrendo per rifare la programmazione.
  Uno scenario del genere è da Sogno di una notte di mezza estate o potrebbe essere realizzato? Ci sono ragionamenti in tal senso su cui si sta riflettendo?

  PRESIDENTE. Do la parola al Viceministro Casero per la replica.

  LUIGI CASERO, Viceministro dell'economia e delle finanze. È stato aperto un tema di dibattito invitante, di cui devo dire si discute da anni. Una volta, era stata chiamata in causa la minimum tax.
  Specialmente se si sta parlando di piccole imprese, l'obbligo fiscale potrebbe essere forfettizzato per definirlo in modo certo.
  Questo un po’ si scontra con il fatto che comunque le tasse si pagano sul reddito, quindi c'è il rischio che questo elemento porti a un pagamento inferiore rispetto al reddito reale o anche superiore, nel senso che, se la previsione non è fatta in modo corretto, il pagamento rischia di essere superiore al dovuto. Pag. 8
  Devo sottolineare che c'è una visione un po’ empirica della definizione dell'obbligo fiscale, quando si dice che le piccole imprese – il ragionamento non è legato soltanto alle imposte indirette o a quelle dirette – pagano le imposte indirette, quindi l'IVA, mentre, per la parte delle imposte dirette, si può prevedere un forfait.
  Ritengo che, come tutti i temi di politica fiscale, questo si possa e si debba affrontare e, nello stesso tempo, anche superare, considerato oltretutto che in questo momento c'è un problema fondamentalmente di ritardo nella verifica tributaria.
  Questo problema potrebbe essere superato con una grande rivoluzione nella contabilità, attraverso l'utilizzo di indicatori di settore e del fisco digitale.
  Lo dico perché i nuovi indicatori di settore – non so se avete già fatto l'audizione con l'amministratore della Soluzioni per il Sistema Economico Spa (SOSE), che potrebbe essere utile – prevedono una filosofia completamente diversa da quella del passato. Tendenzialmente, si intende utilizzare tutti i dati a disposizione del fisco per cercare di fare uno studio di settore molto più conforme alla singola azienda, anche perché, se ci sono a disposizione più informazioni, posso dirti quale può essere il tuo reddito e, organizzati questi dati con una classifica da 1 a 10, posso stabilire, per coloro che sono nei livelli più alti, degli effetti premiali, fra cui quello di non essere sottoposti più ad alcun accertamento.
  Questo non rappresenta la forzatura che poteva essere contenuta in quel ragionamento, però fondamentalmente si inserisce nella medesima filosofia, nel senso che si può dire: «nel momento in cui dispongo di tutti i tuoi dati per prevedere quale possa essere il tuo livello di crescita o di mantenimento dell'azienda, tu paghi in relazione all'effettiva capacità di reddito così calcolata».
  Ormai, sono tantissimi i dati a disposizione del fisco, che deve cercare di usarli. L'altro tema su cui sarebbe utile aprire un momento di discussione è quello dell'uso delle banche dati, che lo Stato deve assolutamente garantire, senza continuare a richiedere dati alle aziende, con problemi per le aziende stesse. Con tutti questi dati a disposizione, faccio una specie di camicia per capire qual è il tuo reddito, per cui, se tu rientri in quella capacità di reddito, fondamentalmente non ricevi accertamenti e la tua azione tributaria viene chiusa entro l'anno.
  Ecco, si sta lavorando da questo punto di vista: può essere lo strumento tecnico che sposa quella filosofia, mantenendo, nello stesso tempo, il principio che comunque si paga in relazione ai redditi che si producono o che si potrà produrre.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Viceministro Casero e dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 14.