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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 7 di Giovedì 9 gennaio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SEMPLIFICAZIONE LEGISLATIVA ED AMMINISTRATIVA

Audizione del Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attività di Governo, Dario Franceschini.
Tabacci Bruno , Presidente ... 3 
Franceschini Dario (PD) , Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attività di Governo ... 4 
Tabacci Bruno , Presidente ... 8 
Mucci Mara (M5S)  ... 9 
Tabacci Bruno , Presidente ... 10 
Mucci Mara (M5S)  ... 10 
Taricco Mino (PD)  ... 10 
Covello Stefania (PD)  ... 11 
Ferrari Alan (PD)  ... 12 
Tabacci Bruno , Presidente ... 13 
Franceschini Dario (PD) , Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attività di Governo ... 13 
Tabacci Bruno , Presidente ... 15

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BRUNO TABACCI

  La seduta comincia alle 8.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attività di Governo, Dario Franceschini.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione del Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attività di Governo, Dario Franceschini.
  La denominazione del suo incarico rivela il ruolo strategico svolto dal Ministro Franceschini, sia in ambito governativo sia nei rapporti con le Camere. Noi ci aspettiamo che il Ministro ci fornisca un quadro dell'uso degli strumenti normativi da parte del Governo, con particolare riguardo alle novità di questo inizio di legislatura, alle problematiche incontrate e alle prospettive future.
  Va da sé che le esperienze che abbiamo incrociato nelle ultime settimane non sono parse incoraggianti nel delicato e difficile rapporto tra Governo e Parlamento, anzi hanno prodotto dei risultati che sono sembrati utili a screditare piuttosto che a qualificare l'azione delle istituzioni.
  Noi con questa indagine conoscitiva – i colleghi ne sono testimoni – stiamo tracciando un quadro che definire allarmante è dir poco. L'audizione del Sottosegretario Legnini svoltasi ieri, che è stata molto utile, ci ha ulteriormente avvertiti sul fatto che questa appare come una partita decisiva.
  Devo dire che dall'audizione del dirigente dell'OCSE Rolf Alter emerge che la considerazione che hanno di noi all'estero appare perfino migliore della realtà. Facciamo un po’ il gioco delle tre carte. Si capisce perché i più avvertiti, quando si parla del nostro Paese, non si limitano al giudizio dell'OCSE, ma vanno più in profondità.
  Il Ministro Franceschini è una persona di grande qualità e avvertita della pesantezza di queste condizioni.
  Noi intendiamo concludere l'indagine conoscitiva entro il 31 marzo, per poi redigere un testo legislativo sulla materia specifica della semplificazione amministrativa e legislativa – questa almeno è la nostra presunzione – ed offrirlo all'attenzione del Parlamento.
  Mi auguro che il Governo possa assecondare un'azione di questo tipo. Noi non chiederemo tempi suppletivi, perché questo è uno dei tipici casi nei quali o si fa o è meglio lasciar perdere.
  I colleghi, che sono molto attenti e molto presenti, a dispetto di quello che si ipotizzava in una Commissione di questo tipo, incoraggiano a fare un lavoro serio, per cui noi attribuiamo all'incontro di stamattina una grande importanza.
  Do la parola al Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attività di Governo, Dario Franceschini, per lo svolgimento della relazione.

Pag. 4

  DARIO FRANCESCHINI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attività di Governo. Ringrazio voi e il presidente.
  Anch'io credo che questo sia uno dei problemi principali. La qualità dell'azione legislativa e dei testi, la semplificazione delle norme, l'accessibilità e la possibilità per i cittadini di seguire e capire il quadro normativo sono problemi su cui dibattiamo da molti anni e che purtroppo non sono stati risolti.
  Credo che si debba fare una distinzione: una cosa è la terapia, cioè gli strumenti per correggere e far funzionare il sistema, e un'altra cosa è curare la febbre, che è quello che noi, a regole invariate, abbiamo iniziato a fare per il ruolo che ci compete, sapendo che il problema esiste da molto tempo.
  Vi leggo una frase di James Madison del 1788, che se dimenticate la data e l'autore sembra scritta oggi: «Sarà di poca utilità per i cittadini che le leggi siano fatte da uomini scelti da loro, se le leggi saranno così voluminose da essere illeggibili o così incoerenti da essere incomprensibili, se saranno abrogate o emendate prima di essere promulgate o modificate così frequentemente che nessuno potrà sapere qual è la legge vigente oggi e ipotizzare quale sarà domani il diritto definito come regola d'azione. Ma come può esserlo se è poco conosciuta e ancora meno stabile ?»
  È evidente che il problema esiste. Nella mia esperienza, quando mi sono trovato a occupare questo ruolo, mi sono ripromesso di non rimuovere, come spesso accade quando si cambiano ruoli e responsabilità, quello che avevo visto, detto e fatto come Capogruppo di maggioranza e di opposizione. Mi riferisco, ad esempio, all'abuso della decretazione d'urgenza.
  Per questo dicevo che mentre le risposte definitive devono derivare da una terapia d'urto – e per questo sono molto utili sia l'indagine conoscitiva che l'ipotesi di un testo che intervenga profondamente sulle regole che originano questo tipo di produzione legislativa – nel frattempo, a regole vigenti, si può fare qualcosa.
  Siamo di fronte a un fenomeno che si potrebbe chiamare «bulimia legislativa», che è giudicato inesorabile, per quanto riguarda la qualità delle norme ma soprattutto la quantità delle norme.
  Un tempo le norme venivano preparate, studiate e decise della politica, poi scritte, semplificate e prosciugate fino a diventare leggibili. Il sistema ha perso questa capacità. Se voi prendete la Costituzione e confrontate gli articoli del testo originario con quelli modificati, vedrete che gli articoli della Costituzione originaria sono semplici, scritti bene e sintetici, e improvvisamente trovate degli articoli di una pagina, che sembrano entrare nel dettaglio ma sono incomprensibili. Questi articoli sono i nostri, ossia delle generazioni successive.
  Come dicevo, c’è un tema generale che si può chiamare davvero «bulimia legislativa». C’è un eccesso di norme, che spesso si accompagna anche a una cattiva qualità delle stesse e che complica la vita dei cittadini e delle imprese, i quali si ritrovano con norme incomprensibili.
  Da cosa deriva questo ? Io me lo sono spesso chiesto. In buona parte deriva, a mio avviso, da un fenomeno che si può chiamare «deresponsabilizzazione delle strutture». A questo proposito ci sono delle parole molto belle, che non vi leggo, di Bernardo Giorgio Mattarella. Con «deresponsabilizzazione delle strutture» si intende che spesso i funzionari e i dirigenti dello Stato chiedono una norma di legge che copra un rischio da responsabilità, non accorgendosi che in questo modo si irrigidisce sempre di più il procedimento.
  Se noi dobbiamo assumere un vigile del fuoco in più, poiché nella norma precedente c'era scritto «1.000», bisogna modificarla per passare a 1.001. Evidentemente sto estremizzando. Oppure, come è capitato, per esempio, nel caso del commissario della spending review, se scriviamo lo stipendio nella norma e poi dobbiamo modificarlo perché c’è un errore, dobbiamo fare una nuova norma. Le norme chiamano norme.
  Questo fenomeno aumenta a dismisura l'intervento legislativo, anche dove non Pag. 5sarebbe necessario e basterebbero atti amministrativi e regolamentari, e via via, in un meccanismo che potrebbe essere definito quasi esponenziale, aumenta sempre di più la produzione legislativa.
  Non entro nel merito delle distorsioni aggiuntive, ma credo che questo sia il fenomeno di fondo che va corretto. Ci vorrebbe un filtro a tutti livelli, a livello del Governo, per la parte che lo riguarda, e al livello del Parlamento, che sia in grado di indicare tempestivamente dove si sta approvando una norma di legge e non serve.
  Penso che questo sarebbe un lavoro importante. La situazione, via via, si va aggravando, poiché gran parte della produzione normativa ormai avviene su decreti-legge e leggi di conversione e si lavora in tempi ristretti. Quando si lavora in tempi ristretti spesso non c’è il tempo o la consapevolezza che scrivere una norma sbagliata o una norma non necessaria comporta di doverla poi modificare con una nuova norma. Non sto a dirvi il numero di articoli e il numero di commi e tutte le difficoltà interpretative che questo comporta per tutti gli operatori del settore.
  Io penso che questo sia il problema principale: non si tratta solo della qualità dell'azione legislativa ma anche della quantità dell'azione legislativa. Credo che questo fenomeno debba essere corretto con dei provvedimenti, che possono riguardare la legislazione precedente, naturalmente in tema di semplificazione o abrogazione, ma anche e soprattutto la produzione legislativa nuova.
  Invece, anche in questi mesi – lo dico autocriticamente, sia come membro del Governo che come parlamentare – nonostante diversi tentativi, poca strada è stata fatta in questa direzione. Si tende ancora ad approvare norme anche dove non servirebbero.
  Penso che da questo punto di vista possa essere fruttuoso l'incrocio fra il lavoro che fate voi e quello che può fare il Comitato per la legislazione della Camera, che, per ragioni da approfondire, c’è solo in una delle due Camere. Questa è un'altra delle cose che non dovrebbe essere considerata inesorabile. Penso, per esempio, che sia necessario prevedere pareri vincolanti nei tempi possibili per correggere e soprattutto per evitare di scrivere norme che non servono. Credo che sia necessario anche avere i tempi per le verifiche dei testi.
  Ovviamente le scelte politiche sono sovrane, ma le strutture e la burocrazia devono consigliare e correggere, e non aggravare anche loro.
  Io non faccio riferimento alle cose che sono state già dette durante le audizioni dei Sottosegretari Patroni Griffi e Legnini e del consigliere Deodato, perché non voglio ripetere ma piuttosto integrare quanto hanno detto loro. Io penso che sarebbe molto importante un lavoro in materia di codificazione e abrogazione, rispetto al quale esistono già indicazioni normative.
  Sulla codificazione, l'articolo 20 della legge n. 59 del 1997 prevede che ogni anno, entro il termine del 31 maggio (che naturalmente è un termine ordinatorio), il Governo proponga un disegno annuale per la semplificazione e il riassetto normativo. Ho fatto una verifica arrivando qua e mi pare che finora siano state approvate quattro leggi dal 1997, mentre il provvedimento avrebbe dovuto essere annuale. Queste leggi richiedono poi un'applicazione.
  Io penso che questa sia una traccia di lavoro importante e ciò vale per tutti e due gli aspetti. Codificazione vuol dire individuare dei settori in cui la materia viene accorpata nella forma di codice, prevedendo però qualche correttivo che probabilmente dovrebbe richiedere anche un intervento costituzionale, per evitare che si faccia un lavoro di codificazione importante che poi viene tranquillamente corretto, integrato e smentito dalla legislazione ordinaria.
  Bisognerebbe forse ragionare su una forma intermedia tra le leggi costituzionali e le leggi ordinarie, che consenta di stabilire che se si accorpa una materia (università e ricerca, beni culturali o paesaggio) in un codice, la modifica del codice Pag. 6stesso possa avvenire soltanto attraverso una forma organica della novella, e non attraverso interventi in altri provvedimenti legislativi non organici, che smontino il lavoro che è stato fatto con la codificazione.
  Noi, come Governo Letta, abbiamo provato a intraprendere questa strada. È in discussione alla Commissione Affari costituzionali del Senato il disegno di legge n. 958, recante «Misure di semplificazione degli adempimenti per i cittadini e le imprese e di riordino», che include misure di riassetto normativo e di codificazione in tante materie: istruzione, università e ricerca, ambiente, beni culturali, paesaggio, pesi e misure, borse e merci, società di mutuo soccorso e società fiduciarie di revisione.
  Ovviamente si tratta di una norma che originerà decreti legislativi. Non so dire, in termini di semplificazione e di aiuto alle imprese e alle famiglie, cosa vorrebbe dire se su ognuna di queste materie avessimo non un dedalo incomprensibile di norme da inseguire continuamente ma un codice organico che consentisse di approfondire e capire.
  Come dicevo, guardando al passato, il problema è evitare che una volta che si è accorpata la materia, codificandola, la legislazione ordinaria la cambi come se il codice non esistesse.
  Il secondo tema io lo chiamerei «abrogazione». Sembra un paradosso, ma io penso che servirebbe un meccanismo periodico di abrogazione di tutte le norme che non servono più. Ci sono due tipi di norme che andrebbero abrogate. Le prime sono le norme che non producono più effetti e non servono più, per le quali basta la semplice abrogazione, che individuerei come capitolo a parte, non soltanto come effetto indiretto della codificazione ma come lavoro puntuale e periodico di abrogazione di norme non più necessarie.
  Ci sono poi le norme non più necessarie che producono costi. Questo è uno dei temi della spending review su cui abbiamo chiesto un impegno al Commissario straordinario, perché ci sono spesso amministrazioni che sono costrette a determinati comportamenti e spese di funzionamento, sulla base di norme che non producono più utilità.
  Cito un esempio banale: negli anni 1950-1960 le campagne elettorali avvenivano attraverso manifesti incollati sui tabelloni, perché era l'unico strumento di pubblicità disponibile. La norma prevede che per qualsiasi tipo di consultazione elettorale, compresi i referendum, i comuni, a loro spese, devono esporre tutti i tabelloni di ferro per gli spazi elettorali, che non vengono quasi più utilizzati. Soprattutto per i referendum o per consultazioni minori, questo è del tutto inutile ed è un sistema totalmente superato anche dal punto di vista della comunicazione politica.
  È un esempio di norme che vanno eliminate, perché creano una confusione dal punto di vista dell'applicazione, e oltretutto sono superate e producono costi. Credo dunque che questo lavoro di abrogazione sia importante.
  L'ultimo argomento, che rischia di aggravare la situazione, è il tema della decretazione d'urgenza, che viene anch'esso vissuto come elemento inesorabile. Non è inesorabile. Anche in questo bisogna distinguere tra la cura della malattia e la cura della febbre finché si è malati. La cura della malattia consiste nel cambiare i regolamenti parlamentari.
  Io, appena diventato Ministro per i rapporti con il Parlamento, quando mi sono seduto alle prime due Conferenze dei Capigruppo, ho chiesto – dato che non è una cosa d'iniziativa del Governo – uno stralcio del progetto di modifica dei regolamenti parlamentari e delle norme riguardanti il percorso dei decreti-legge. Pensate che alla Camera, in particolare, il decreto-legge, che è l'unico provvedimento che ha una scadenza, è anche l'unico che non è contingentabile, per via di una norma transitoria che esiste da quasi vent'anni.
  È evidente che questo meccanismo crea una situazione che si ripete, a prescindere da coloro che si alternano alla maggioranza e all'opposizione. La maggioranza è costretta a correre, l'opposizione è costretta Pag. 7a ricorrere all'ostruzionismo, l'ostruzionismo è risolto o con il voto di fiducia o con trattative di scambio, non sul merito ma sui tempi. È un meccanismo che va corretto.
  È chiaro che c’è un problema. Alla Conferenza dei Capigruppo ho chiesto, perlomeno, di stralciare le norme sui decreti-legge. Se il Governo avesse a disposizione un numero limitato (lo decideranno le Camere) di disegni di legge che hanno la garanzia di essere approvati in tempi certi, o negli stessi tempi dei decreti-legge, si ridurrebbe l'uso della decretazione d'urgenza e l'istinto di utilizzare le leggi di conversione. Ciò avviene non perché c’è un'omogeneità strettamente legata alla materia, ma perché spesso è l'unico modo per garantire che una norma entri in vigore in tempi brevi.
  La modifica dei regolamenti dovrebbe correggere questo meccanismo e riportare la decretazione d'urgenza nel solco di ciò per cui è stata immaginata, evitando che tutto ciò che non è decretazione d'urgenza finisca su un binario morto.
  Se andiamo a vedere i disegni di legge (non i decreti) emanati in questi mesi di governo e che sono arrivati in porto, vediamo che naturalmente questi finiscono insieme alle proposte di legge di iniziativa parlamentare, in un percorso che non ha mai delle certezze.
  Penso che la risposta sia il cambiamento delle regole, ma nel frattempo, come Governo, abbiamo cercato di fare alcune cose. Innanzitutto abbiamo cercato di fare decreti più omogenei, ad eccezione del cosiddetto «decreto del fare» (il decreto-legge n. 69 del 2013). Si tratta di eccezioni. Sapete che la giurisprudenza della Corte ha più volte individuato come possibile criterio di omogeneità anche l'urgente comune finalità delle singole misure, anche se tra loro eterogenee per materia.
  Noi abbiamo emanato il decreto Scuola, il decreto Ilva e il decreto Cultura. Abbiamo cercato di renderli il più possibile circoscritti, naturalmente avendo di fronte una scelta, tema che io ho posto alla Commissione Affari costituzionali del Senato e al Comitato per la legislazione della Camera e che pongo anche alla vostra attenzione: se il Governo ritiene di avere bisogno di ricorrere alla decretazione d'urgenza per certe materie, che sono poco collegate tra di loro, essendo quello lo strumento per affrontare le urgenze, deve decidere se fare un decreto-legge un po’ meno omogeneo o più decreti-legge omogenei.
  Ci siamo trovati esattamente in questa condizione dopo la mancata conversione del decreto sugli enti locali, il cosiddetto «salva Roma» e abbiamo optato per adottare due decreti distinti nello stesso giorno in Consiglio dei ministri.
  Questo scelta, a mio avviso, sempre a regole vigenti (parlo di curare la febbre) andrebbe concordata tra Governo e Parlamento: rispetto ai calendari parlamentari e al lavoro delle Aule e delle Commissioni, è meglio fare più decreti-legge, più piccoli e più omogenei, oppure un solo decreto-legge che sia un po’ meno omogeneo ?
  Naturalmente stiamo parlando di correggere a regole vigenti. Noi, oltre a questo, abbiamo cercato di rompere il più possibile quel meccanismo che sembrava anch'esso inesorabile, costituito dal susseguirsi di decreto-legge, lavoro parlamentare, maxiemendamento (spesso correttivo o integrativo dei lavori della Commissione) e voto di fiducia.
  Abbiamo detto dall'inizio che nel caso in cui fossimo stati costretti o avessimo dovuto ricorrere a un voto di fiducia, avremmo preso integralmente, senza modifiche, il testo della Commissione, e così abbiamo sempre fatto. Al Senato, dove il maxiemendamento è la forma obbligatoria quando si pone la fiducia, sono state sempre inserite nel maxiemendamento anche le cose su cui il Governo aveva dato un parere contrario, per rispettare il lavoro del Parlamento. Alla Camera la fiducia è sempre stata posta sul testo della Commissione.
  Mi è stato chiesto perché (e lo capisco, dato che è una delle contraddizioni) in un decreto successivo alla legge di stabilità abbiamo dovuto correggerne tre punti. C'erano tre errori e una proroga di entrata Pag. 8in vigore. Lo abbiamo fatto esattamente per questo motivo: per rispettare il lavoro parlamentare, abbiamo posto la fiducia su un testo approvato dalla Commissione. Io credo che sia una forma di rispetto. Lo abbiamo parzialmente corretto.
  I voti di fiducia si sono ridotti molto. Erano già molto ridotti all'inizio di dicembre, ma adesso siamo ampiamente sotto i numeri dei Governi precedenti. Abbiamo sempre cercato di rispettare il lavoro della Commissione.
  Naturalmente, come ho detto, parliamo di regole vigenti. Io credo che ciò cui questa legislatura (al di là di quanto durerà) deve ambire sia cambiare davvero le regole, arrivare ad un sistema monocamerale, cambiare i regolamenti parlamentari e avere una legge elettorale che dia stabilità di legislatura.
  Forse chi arriverà a governare il Paese dopo di noi, vincendo le elezioni (di qualsiasi schieramento faccia parte), riuscirà ad avere un sistema un po’ più al passo con i tempi, che richiedono molta capacità decisionale e molta velocità nei meccanismi di decisione. La velocità, se le cose funzionano bene, non è necessariamente nemica della qualità della legislazione.

  PRESIDENTE. Scuso i senatori che si devono assentare e li ringrazio. Penso che dalla prossima settimana dovremo anticipare la seduta di mezz'ora.
  Passiamo ora alle questioni di merito. Vorrei soffermarmi sulla riflessione di James Madison, che esprimeva la preoccupazione dal versante del diritto anglosassone, dove tutto sommato c'era un approccio fortemente calvinista o rigorista. Noi purtroppo partiamo da ben altri standard e quindi siamo precipitati, come ha detto giustamente il Ministro Franceschini, in una crescente bulimia legislativa, che è sospinta da una visione furbesca e strumentale del diritto e quindi della legislazione.
  La conseguenza è che troppi italiani vivono di complicazione e pesano sugli altri, che di complicazione soffrono. Questo è lo schema nel quale noi siamo collocati, che è difficile da rompere, perché questi interessi abbracciano le istituzioni e non sono fortemente individuabili e separabili dal ruolo delle istituzioni stesse. Questi interessi stanno dentro le istituzioni e non fuori.
  A proposito delle leggi approvate in questo avvio di legislatura, vorrei ricordare che ne sono state approvate 31, di cui: sedici leggi di conversione, sette ratifiche, due leggi europea e di delegazione europea, quattro leggi di bilancio (assestamento, rendiconto, legge di bilancio e di stabilità) e due altre leggi ordinarie, entrambe volte a istituire Commissioni d'inchiesta (quella sull'antimafia e quella sul ciclo dei rifiuti).
  La conclusione del ragionamento è che fino ad oggi il programma di Governo è stato attuato con l'esclusivo ricorso alla decretazione d'urgenza. Nel caso del finanziamento pubblico dei partiti, il decreto-legge ha assorbito i contenuti di un disegno di legge ordinario che era già stato approvato dalla Camera.
  Come appare chiaro dalle parole del Ministro Franceschini, il Governo utilizza la decretazione d'urgenza come una sorta di corsia preferenziale in Parlamento, per abbreviare i tempi rispetto alle procedure ordinarie.
  Sicuramente c’è un problema che riguarda i regolamenti delle Camere. Tuttavia, non possiamo nasconderci dietro a un dito: c’è anche un problema che riguarda i tempi dell'istruttoria a livello del Governo, come ci hanno spiegato il Sottosegretario Patroni Griffi e il consigliere Deodato. In altri termini, quando il procedimento legislativo parte, anche attraverso il treno di un decreto-legge, il Governo non si limita ad attivare un ruolo di coordinamento. Infatti, ci sono una serie di attività che vengono svolte da settori del Governo, i quali utilizzano le proiezioni parlamentari per inserire cose che nel Consiglio dei ministri non erano entrate.
  Questo avviene per via di un problema che è emerso anche ieri dall'audizione del Sottosegretario Legnini. È un problema che riguarda la programmazione e la progettazione legislativa: tutto viene immaginato sulla scorta di un'urgenza, che poi Pag. 9viene strumentalmente interpretata, in assenza di una programmazione che individui i grandi progetti e su di essi finalizzi l'azione del Governo e realizzi quel coordinamento che indubbiamente spetta all'esecutivo e non certo al legislativo, che non ne ha neppure gli strumenti. Questo è un aspetto sul quale, secondo la mia opinione, il Governo dovrebbe concentrarsi.
  Ciò che chiedo al Ministro Franceschini è quali prospettive possono esserci, nell'ottica di una periodica programmazione legislativa e di una più meditata progettazione dei testi. Che vi sia uno scadimento della progettazione dei testi legislativi è fuori discussione. Debbo dire che la cosa non si è inaugurata con il Governo Letta, ma esisteva già, anche se non da moltissimo tempo. Possiamo dire che da una decina d'anni questa situazione si è aggravata.
  È una tecnica non priva di furbizia che si utilizza quando non si è approfondito un problema, però non si rinuncia all'idea di lanciare il messaggio secondo cui il Parlamento se ne sta occupando. Se si lancia il messaggio che il Parlamento si sta occupando delle zampe dei cani, i giornali lo scrivono. In realtà, sul testo c’è scritto che tutto è rinviato a un decreto successivo che ha bisogno del concerto decisivo del Ministro dell'economia, e si ferma tutto.
  Il Sole 24 Ore dice che quasi la metà dei provvedimenti non hanno mai visto la luce. Non la vedranno mai la luce, perché è evidente che su quei testi non c’è né un accordo di natura politico-istituzionale né un accordo di natura contenutistica, né tantomeno un accordo sul problema delle coperture. Allora di cosa stiamo parlando ?
  Noi siamo qui e facciamo il nostro mestiere, con il massimo di dignità possibile, però è chiaro che Governo e Parlamento, dentro questo schema, sono inseriti in un turbinio da cui rischiano di non uscire più.
  Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  MARA MUCCI. Grazie presidente, grazie Ministro. Io avrei un centinaio di domande. Magari gliele manderò e ci potrà rispondere per iscritto. La nostra perplessità, come ha sottolineato il presidente, è grossa rispetto al lavoro in Parlamento. Io sono del Movimento 5 Stelle. Noi siamo un po’ nuovi a questi meccanismi. Sinceramente mi aspettavo che il Parlamento lavorasse in maniera più produttiva e sono rimasta molto delusa, anche perché gli effetti si riversano sulla popolazione, per cui la delusione è doppia.
  Come ha già sottolineato il presidente, ci troviamo all'interno di un loop, che si crea con la decretazione d'urgenza. Si parte con la decretazione d'urgenza, che chiaramente, per sua natura, non permette le audizioni e lo studio che sarebbero necessari.
  Questo è il punto: noi facciamo dei decreti che normano qualcosa che poi deve essere rivisto, perché non è normato alla perfezione. Invece, se ci prendessimo i tempi giusti, probabilmente potremmo anche uscire da questo loop che si è generato.
  Come dicevo, con la decretazione d'urgenza il Parlamento ha dei tempi stretti. Inoltre, spesso non c’è un sufficiente coordinamento tra Camera e Senato. Lei è il Ministro addetto a questa spola, e dovrebbe parlare con la Camera e con il Senato per verificare che i tempi siano corretti, perché le procedure devono avere dei tempi certi, il lavoro deve avere una tempistica e deve essere, anche per noi, umanamente accettabile.
  Probabilmente questo vale anche per i nostri colleghi, ma noi (forse perché siamo all'opposizione e siamo meno numerosi) ci ritroviamo a lavorare una quantità di ore allucinante. Chiaramente ne risente anche la qualità del nostro lavoro.
  Al di là di questo, che magari è proprio un problema di numeri, vogliamo chiedere dei tempi minimi di lavoro in Commissione e un calendario certo e definito. A questo proposito, le chiederei quali sono i prossimi step da parte del Governo e che tempi avranno certe leggi che definiamo urgenti.Pag. 10
  Un'altra questione molto importante è cosa facciamo delle proposte di legge di iniziativa popolare, che spesso finiscono in un cassetto e non troviamo il tempo di prendere in considerazione, proprio perché c’è troppa decretazione d'urgenza e la calendarizzazione diventa difficile per i progetti di legge.
  Lei ha parlato di una cosa importantissima che a noi spaventa molto: il cambiamento del regolamento. Non so se sia fattibile, ma la Commissione per la semplificazione potrebbe dare un parere su questo, come avviene per altri provvedimenti. Noi parliamo di semplificazione e anche di semplificazione dell’iter parlamentare, ma, secondo me, non è accorciando i tempi sui disegni di legge governativi e sui decreti che risolviamo la situazione.
  Si tratta anche di tutelare il lavoro dell'opposizione che si esercita soprattutto sui decreti o sui disegni di legge governativi. Lei dice che questo dovrebbe servire a fare meno decretazione d'urgenza. Io non lo so.
  Ho altre domande, sui tempi minimi di lavoro in Commissione e sulla calendarizzazione. Nelle scorse audizioni, i suoi colleghi di Governo hanno parlato di alcuni strumenti che l'Esecutivo sta mettendo in atto per una maggiore trasparenza. Questo ci fa molto piacere, anche perché la trasparenza è la prima cosa.
  Lei ha parlato della deresponsabilizzazione delle strutture, e ha spiegato che i dirigenti chiedono una norma che copra il rischio di responsabilità. Secondo me, c’è anche un altro lato della medaglia: spesso l'eccesso di normazione che abbiamo ottenuto è fatto anche per mascherare una subcultura che si è creata, poco pulita e poco trasparente. Questo rispecchia un po’ anche la nostra italianità e la nostra tendenza a pararci da un certo punto di vista. Anche su questo c’è una criticità.
  Lei ha detto che dovrebbe essere approvata una legge di semplificazione periodica. Io ho visto che su un sito governativo si trovano delle consultazioni pubbliche in cui richiedete proprio quali sono, secondo i cittadini e le imprese, le norme che potrebbero semplificare la vita delle imprese e dei cittadini. Ho visto che ci sono un po’ di lavori. Vorrei chiedere se, come Commissione per la semplificazione, potremmo avere il dossier completo di tutte le richieste dei cittadini.
  Abbiamo veramente una quantità normativa eccessiva, che non semplifica il lavoro. Anche lei ha sottolineato il fatto che si deve snellire. Infatti, le leggi sono troppo grandi, come lei ha sottolineato. Ci vorrebbe una grandezza massima della legge, affinché sia meno articolata e di più facile interpretazione.
  Avevo veramente tante cose da chiederle, ma adesso non ho avuto neanche il tempo di strutturarle.

  PRESIDENTE. Comunque il Ministro non avrebbe il tempo di risponderle.

  MARA MUCCI. Infatti, ci vorrebbe veramente la possibilità di fare delle domande per iscritto. Per noi è veramente cruciale che si riesca ad ottimizzare il tempo di lavoro, in modo da non ritrovarsi a normare cose già normate e a cambiare lavori già fatti da altri in precedenti legislature. Mi sembra che si stia sempre mettendo in discussione quello che è stato fatto precedentemente, perché quello che è stato fatto non ha avuto il tempo di essere elaborato correttamente, per arrivare a una norma che finalmente risolvesse il problema.
  Ci troviamo di fronte a un Parlamento che vorrebbe lavorare e non soltanto ratificare i decreti-legge. Siamo molto preoccupati per la modifica al regolamento che state portando avanti. Anche su questo noi vorremmo essere presi in considerazione.

  MINO TARICCO. Io mi scuso perché sono arrivato in ritardo e quindi forse alcune cose che chiederò le ha già dette. Mi preme fare una riflessione su una cosa che lei ha detto e avere un suo parere.
  Io sono da qualche mese qui in Parlamento. La sensazione che avverto, sia nell'attività di tipo legislativo che nei rapporti con i Ministeri, è che una delle resistenze forti alla semplificazione venga Pag. 11anche dalle strutture ministeriali. In altre parole, al di là della «buona volontà» dell'indirizzo politico, mi pare di cogliere una significativa resistenza alla semplificazione e alla sburocratizzazione da parte delle stesse strutture ministeriali.
  Io ho fatto l'assessore regionale e devo dire che ho avvertito lo stesso problema, in modo radicale, all'interno della regione, nel senso che le resistenze più grosse alla semplificazione provenivano dalla struttura burocratica regionale.
  Io condivido assolutamente quanto lei ha affermato sull'utilità e necessità di mettere mano a testi unici, che da una parte semplifichino e dall'altra unifichino e rendano organica la trattazione della materia, e anche più accessibile per i cittadini e i fruitori.
  Mi chiedo se immaginare deleghe al Governo, affinché emani decreti legislativi, che di fatto saranno scritti dai singoli Ministeri (questo è quello che nei fatti rischia di accadere), sia la strada maestra, che in qualche misura comprimerà il ruolo del Parlamento. Infatti, nella migliore delle ipotesi, i decreti legislativi rimandano a un passaggio nella Commissione specifica.
  Faccio un esempio: tra i testi unici cui lei faceva riferimento c’è quello in materia ambientale. Il testo unico in materia ambientale, nella migliore delle ipotesi, una volta che sarà stato steso, passerà nelle Commissioni ambiente di Camera e Senato, dopodiché avrà il via libera. Una valanga di problemi che sono emersi in materia ambientale sono legati al fatto che tutta una serie di materie specifiche settoriali non hanno tenuto conto di una serie di specificità con delle complicazioni enormi.
  Stiamo trattando in questi giorni le vicende relative alla terra dei fuochi. Stanno emergendo numerosi problemi puntuali, che ovviamente non sono legati alla materia della terra dei fuochi, ma sono legati alle questioni ambientali di carattere generale.
  Mi chiedo, convenendo sulla necessità di testi unici, se non sarebbe meglio che il Governo approntasse un testo come proposta di legge, con tutte le procedure che si vuole, e poi lo offrisse alla discussione complessiva del Parlamento, per evitare di doverlo rifare fra due o tre anni, perché sono insorte ulteriori complicazioni.

  STEFANIA COVELLO. Buongiorno, cari colleghi. Io penso che il Presidente Letta non avrebbe potuto scegliere una figura più indicata di Dario Franceschini come Ministro per i rapporti con il Parlamento. Infatti, non abbiamo ascoltato il Ministro leggere una relazione, ma abbiamo visto come sente sue queste problematiche importanti.
  Io, anche se sono alla prima legislatura, voglio metterci tutto l'entusiasmo, senza piangermi addosso, ma cercando con determinazione e caparbietà di riuscire a risolvere le questioni come parlamentare, insieme a tutti gli altri. Qui non è una questione di maggioranza o opposizione. Si tratta di fare un'inversione culturale.
  Nelle mie reminiscenze universitarie, ricordo che il mio docente di storia del diritto romano presso La Sapienza diceva che già i romani si ponevano il problema di come snellire le leggi, perché anche all'epoca c'era una enorme differenziazione fra il legislatore greco e il legislatore romano.
  Ha detto bene il Ministro Franceschini: da una parte rischiamo di avere una bulimia e dall'altra ci troviamo un cittadino che diventa anoressico, di fronte a questa proliferazione enorme di norme. L'Italia è uno dei Paesi che produce annualmente più leggi. Ci troviamo di fronte alla necessità di una vera e propria terapia d'urto, che non può che imporre alla Commissione per la semplificazione e al presidente Tabacci, con il Ministro Franceschini, di prendere in mano questa situazione così delicata.
  Dice bene il Ministro quando parla di abrogazione. Io, con una parafrasi, mi permetto di dire che mi sembra che in questo momento il Governo debba fare da giardiniere, potando degli alberi, affinché diventino più rigogliosi.
  Con la deresponsabilizzazione delle strutture ci troviamo di fronte ad un Pag. 12problema serio. Forse finalmente l'italiano smetterà di andare contro la politica. Noi, come politici, dobbiamo riprendere la vera dignità delle istituzioni.
  Dice bene la collega Mucci, quando afferma che noi stiamo giorno e notte qui. Ben venga, collega Mucci, possiamo anche triplicare le ore. Ho inteso bene quello che volevi dire e concordo con te che probabilmente abbiamo bisogno di una razionalizzazione, ma se allo stato dell'arte c’è bisogno di ulteriore lavoro noi siamo qui a farlo.
  Non ce l'ho con la burocrazia, Ministro Franceschini, però sappiamo bene che spesso in Italia i problemi si fermano, perché nelle burocrazie italiane vi è una profonda anestetizzazione dei provvedimenti che vengono dalla politica.
  La semplificazione a cosa dovrà servire ? All'unisono con quello che ha detto il Presidente Letta quando è venuto a parlarci dell'Agenda digitale e dei quattro filoni che seguiremo nella XVII legislatura, io credo che la semplificazione serva a tre cose. Innanzitutto serve a creare un enorme risparmio di soldi. Si può parlare anche di 30 miliardi di risparmi, se davvero noi traduciamo la semplificazione in termini monetari.
  Da un'altra parte rischiamo finalmente di entrare nel cuore dei cittadini, perché spesso e volentieri i cittadini non comprendono ciò che facciamo e non capiscono le norme.
  Il terzo elemento è l'approccio nuovo da parte del cittadino, che ha perso la speranza di appropriarsi della cultura delle leggi e delle norme, attraverso una vera e propria inversione culturale e attraverso uno snellimento burocratico.
  Mi collego perfettamente a quanto detto dal collega Taricco: avremmo bisogno di un'attualizzazione dei problemi e di procedere alla redazione di testi unici. Il bicameralismo non fa che complicarci la vita: una Camera conclude, poi si passa all'altra e – perdonatemi il modo probabilmente brutale con cui lo dico – spesso da una Camera partono melanzane e da un'altra arrivano peperoni. In seguito ci si deve ritrovare rispetto ad un lavoro che noi dobbiamo coordinare tutti insieme, nella tempistica, nella materia e nelle argomentazioni.
  Ministro, siccome l'Italia è sempre stata apripista di esempi importanti, noi possiamo vendere cultura in tutto il mondo e possiamo ancora una volta prendere ad esempio noi stessi. Invece, oggi mi corre l'obbligo di dire che probabilmente dovremmo seguire la normativa inglese, la normativa svedese e la normativa americana, dove c’è un pragmatismo e una concretizzazione che piacciono ai cittadini.
  Io sono convinta che in questa legislatura, per un bel periodo, continueremo a lavorare. In questa fase possiamo dare un segnale forte ai nostri cittadini. Grazie.

  ALAN FERRARI. Intervengo molto velocemente, ringraziando il presidente e il Ministro Franceschini per l'occasione di oggi.
  Gli esempi che ha fatto il ministro rispetto a un piano di lavoro di codificazione e abrogazione, come li ha definiti, ci aiutano a delineare meglio quale può essere il nostro contributo. Mi riferisco al bisogno che ha questo Parlamento, insieme al Governo, di riallineare le aspettative di un Paese che necessita di un reale lavoro di semplificazione.
  Il lavoro che ci propone il Ministro Franceschini richiederà molto tempo. Non a caso, ha detto che nella prossima legislatura il Parlamento, se avesse la possibilità di lavorare per cinque anni, potrebbe essere realmente nelle condizioni di farlo.
  Io penso che prima della fine di questa legislatura sia necessario stabilire che cosa è semplificabile subito e qual è l’hardware del processo di lavoro e dire ai cittadini, con una strategia comunicativa molto attenta, che senza determinati tempi e condizioni di stabilità e un certo lavoro è impensabile che si arrivi dove essi vorrebbero arrivare domani mattina.
  Un'altra considerazione molto rapida mi consente di richiamare un tema che io ho posto anche altre volte in questa Commissione: il federalismo. Secondo la suggestione che ci dà il Ministro, c’è una Pag. 13questione di incrocio tra comportamenti delle persone, e quindi responsabilità nei ruoli che si svolgono, e sistema.
  Ritorna in auge, a mio avviso, il tema del federalismo, visto come un grande processo di diffusione di responsabilità. Questo processo è stato interrotto in questo Paese, ma è stato oggetto di tutto il dibattito che ha preceduto la scrittura della Costituzione, un dibattito che dava per scontato che il Paese non concentrasse al centro dello Stato il potere e quindi non cadesse nel rischio di un degrado morale della politica. Lo davano per scontato culture che in quel momento erano contrapposte, seppur vicine e unite nell'obiettivo di scrivere la Costituzione.
  Questo emerge anche dagli scambi tra Sturzo e Salvemini. Queste personalità di spicco, che hanno ispirato la Costituzione, pensavano che, in ragione della propria storia, l'Italia diventasse federale, perché lo era nei fatti, e che questo avviasse inevitabilmente un grande processo di diffusione di responsabilità e di poteri. Questo non è accaduto.
  Nel momento in cui oggi ci proponiamo di riattivare un grande tema come quello della diffusione delle responsabilità nel Paese a tutti i livelli, è ovvio che dobbiamo collegare a questo tema più comportamentale un pensiero su come rivedere in forma federale l'assetto di questo Paese. Le due cose stanno insieme.
  Io credo che l'assenza di questo aspetto, che mi pare sia un po’ uscito dal dibattito politico, non ci consentirà di risolvere il tema del comportamento. Grazie.

  PRESIDENTE. Vorrei ricordare al Ministro Franceschini che alla fine di novembre con i colleghi presenti abbiamo presentato una mozione riguardante i testi unici compilativi. Noi l'abbiamo già segnalato alla Presidenza della Camera, ma la segnalo anche al Ministro, che partecipa regolarmente alla Conferenza dei Presidenti di gruppo.
  Do la parola al Ministro Franceschini per la replica.

  DARIO FRANCESCHINI, Ministro per i rapporti con il Parlamento e il coordinamento dell'attività di Governo. Grazie, presidente. Riprendo solo alcune cose.
  È vero che nella prassi parlamentare capita che in sede di legge di conversione un parlamentare si faccia carico di un emendamento suggerito dal Governo o da un Ministro su temi che non sono entrati nel testo base del decreto.
  Tuttavia, devo dire che ci sono alcune cose su cui è possibile intervenire e altre su cui non è possibile. Abbiamo limitato drasticamente il numero degli emendamenti governativi ai decreti-legge, sia come numero che con meccanismo di filtro. Infatti, il decreto è l'unico strumento che garantisce l'entrata in vigore di una norma in tempi certi. La tentazione del Governo di emendare il proprio decreto, che è giustificata soltanto da fatti sopravvenuti o da esigenze correttive, è stata ridotta drasticamente, sia con un meccanismo di autorizzazione degli emendamenti del Governo sia come numero.
  Naturalmente è difficile o impossibile filtrare il caso in cui un parlamentare presenta un emendamento perché gli viene chiesto o suggerito, a fin di bene (non parlo di cose sbagliate, norme di favore o cose del genere).
  Penso che questo problema vada risolto. Ritorno al ragionamento iniziale. Come diceva l'onorevole Mucci, i decreti hanno un problema aggiuntivo: sono norme che entrano in vigore. Quando sono modificate, o in taluni casi eliminate, nel frattempo sono entrate in vigore e esiste un problema che si chiama «salvaguardia degli effetti». Ciò complica ulteriormente un percorso già complicato.
  Io inviterei i partiti di opposizione a non avere timore della modifica regolamentare, come spesso è capitato, purtroppo, con le opposizioni. Non mi riferisco al Movimento 5 Stelle, in quanto è un errore ripetuto da tutti quelli che si sono alternati all'opposizione. Ci sono degli strumenti che al momento sembrano gli unici possibili. Ad esempio, l'ostruzionismo sui decreti-legge, in forza del fatto che il decreto-legge ha una scadenza, diventa Pag. 14uno strumento molto efficace di opposizione, però è un pezzo di un sistema che non funziona. Questo non è responsabilità di nessuno, perché l'abbiamo fatto tutti.
  Insisto: se ci fosse una modifica regolamentare che consentisse di avere un numero di provvedimenti limitati per il Governo, che avessero la garanzia dei tempi certi, ciò asciugherebbe moltissimo il ricorso alla decretazione d'urgenza.
  Naturalmente queste norme – so che le due Giunte per il regolamento stanno lavorando in questa prospettiva – devono essere accompagnate dalla tutela del diritto dell'opposizione di avere in calendario provvedimenti di propria iniziativa. Non ci può essere una modifica regolamentare che tuteli esclusivamente i diritti del Governo e della maggioranza e non quelli dell'opposizione. Queste norme vanno inquadrate in un meccanismo che corregga la distorsione del fenomeno della decretazione d'urgenza.
  Mi pare che questa sia una cosa che va nell'interesse di chi governa oggi e di chi governerà domani. Credo che sia assolutamente necessario. Penso che sia una strada possibile. Viceversa potremmo soltanto correggere – torno a quello che dicevo all'inizio – cioè abbassare la febbre, senza curare la malattia. Io penso che invece vada curata la malattia.
  In riferimento a quanto chiedeva l'onorevole Taricco, io ritengo che lo strumento alternativo al decreto legislativo in materia di codificazione sia un po’ difficile da individuare. Innanzitutto dobbiamo smettere di pensare, a seconda del ruolo che ricopriamo, che le norme le fa meglio il Parlamento autonomamente o il Governo di sua iniziativa. Facciamo cose buone e errori entrambi.
  Io penso però che, anche in questo caso, bisognerebbe riportare la legge delega a ciò che deve essere. Non deve essere una legge delega generica che lascia uno spazio eccessivo di normazione discrezionale al Governo, con un passaggio successivo esclusivamente di natura consultiva. La legge delega deve avere dei confini molto precisi, però deve lasciare spazio allo strumento più adatto – che non credo sia l'Aula o una Commissione parlamentare – di entrare nel dettaglio di un lavoro così complicato, che include riscrittura, eliminazione di sovrapposizioni di norme e organicità dei testi e che, per sua natura, è difficile venga fatto in tempi brevi da uno strumento esclusivamente parlamentare.
  Il problema semmai è un altro. Anche su questo c’è una giurisprudenza. Rispetto a una certa elasticità via via crescente, io penso che la legge delega debba essere molto vincolante. In questo modo si giustifica l'utilizzo del decreto legislativo, soprattutto in materia di codificazione.
  Sul tema della deresponsabilizzazione, che hanno ricordato i deputati Taricco, Covello e Mucci, io penso che non ci sia nulla di peggio in un Paese che giocare allo scaricabarile tra politica e strutture dello Stato. Io non penso assolutamente questo.
  Avverto che via via, indipendentemente da dove viene la spinta – e talvolta viene anche dalle strutture – si chiede una norma anche dove non è necessaria, perché con la norma ci si sente tutti più tranquilli. In realtà si commette un errore tragico, perché quando si va a legiferare in una materia che potrebbe essere regolamentata semplicemente con degli atti amministrativi, si irrigidisce la norma, al punto che per modificarla serve una nuova norma. Se leggete i nostri testi, vedrete che sono pieni di esigenze che diventano inevitabili: serve la norma perché deve modificare una norma precedente. Mentre correggiamo questo meccanismo per il passato, dovremmo almeno cercare di non ripeterlo nel futuro.
  C’è poi un'ultima questione che è stata ripresa da tutti. Lo ripeto: non è un modo di fuggire. La risposta a questi problemi deriva anche da un sistema efficiente. Io penso che il sistema monocamerale possa essere la risposta, non perché il sistema monocamerale da solo garantisce che le leggi sono fatte meglio (semmai potrebbe garantire che siano fatte più velocemente), ma perché sicuramente la Camera ha il tempo di approfondire e di discutere.Pag. 15
  Infatti il bicameralismo, che per sua natura dovrebbe dare una maggiore garanzia, in realtà spesso non lo fa. Naturalmente parlo indistintamente di Camera e Senato, perché si tratta di scelte politiche che possono essere prese indistintamente in ciascun ramo del Parlamento.
  Io penso davvero che una modifica dei regolamenti parlamentari, a tutela delle iniziative del Governo e delle opposizioni, la presenza di una sola Camera che abbia la funzione legislativa e di fiducia al Governo e di una seconda Camera che rappresenti il sistema delle autonomie e delle regioni e che abbia delle competenze specifiche in determinate materie e un ridisegno un po’ più organico dell'ordinamento federale dello Stato ci consentirebbero di essere al passo con un tempo che è diventato drammaticamente o positivamente (dipende dai punti di vista) veloce.
  Noi dovremmo affrontare un tempo in cui tutto corre enormemente più in fretta rispetto a alcuni decenni fa con gli stessi identici strumenti costituzionali, legislativi e regolamentari di 50-60 anni fa ? È abbastanza evidente che questo non è possibile. In questa legislatura abbiamo un Governo che è nato in un modo anomalo e improbabile. Nella normalità i Governi sono frutto di maggioranze che hanno vinto le elezioni mentre gli altri fanno l'opposizione, ma siamo stati necessitati a questa formula. Tuttavia questo Governo potrebbe utilmente mettere in condizione chi verrà dopo di noi di riuscire a governare il Paese.
  Dico un'ultima cosa, rischiando di intromettermi in una materia in cui il Governo non deve entrare, perché il regolamento parlamentare è una materia totalmente parlamentare. Io penso che la questione su a chi conviene e a chi non conviene si potrebbe superare facendo in modo che determinate norme decorrano dal primo giorno della legislatura successiva. Alcune entrano in vigore subito e altre dal primo giorno della prossima legislatura, e quindi non si sa chi ne usufruirà nel ruolo di maggioranza o di opposizione.
  Poiché tutte le forze politiche ambiscono ad essere maggioranza, e non a fare l'opposizione, potrebbero scriverle tutti con un animo più aperto. Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Dario Franceschini.
  Dichiaro chiusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.35.