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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissione parlamentare per la semplificazione

Resoconto stenografico



Seduta n. 17 di Giovedì 6 febbraio 2014

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Tabacci Bruno , Presidente ... 2 

INDAGINE CONOSCITIVA SULLA SEMPLIFICAZIONE LEGISLATIVA ED AMMINISTRATIVA

Audizione di una delegazione dell'Alleanza Cooperative Italiane.
Tabacci Bruno , Presidente ... 2 
Busacca Bruno , Responsabile Funzione Relazioni Istituzionali Legacoop ... 2 
Tabacci Bruno , Presidente ... 6 
Della Vecchia Toni , Servizio Legislativo e Legale di Confcooperative ... 6 
Tabacci Bruno , Presidente ... 7 
Angioni Ignazio  ... 8 
Taricco Mino (PD)  ... 9 
Tabacci Bruno , Presidente ... 10 
Busacca Bruno , Responsabile Funzione Relazioni Istituzionali Legacoop ... 10 
Della Vecchia Toni , Servizio Legislativo e Legale di Confcooperative ... 11 
Faraone Gianfranco , Ufficio Studi dell'Associazione generale cooperative italiane ... 12 
Tabacci Bruno , Presidente ... 12

Testo del resoconto stenografico
Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE BRUNO TABACCI

  La seduta comincia alle 8.05.

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
  (Così rimane stabilito).

Audizione di una delegazione dell'Alleanza Cooperative Italiane.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione di una delegazione dell'Alleanza Cooperative Italiane. Sono presenti il dottor Bruno Busacca, Responsabile Funzione relazioni istituzionali Legacoop, il dottor Toni Della Vecchia, Servizio legislativo e legale di Confcooperative, e il dottor Gianfranco Faraone, Ufficio studi dell'Associazione generale cooperative italiane.
  L'audizione di oggi è particolarmente importante visto che l'Alleanza Cooperative Italiane, contando su 43.000 imprese associate, rappresenta oltre il 90 per cento del mondo cooperativo italiano per personale occupato (1.200.000), per fatturato realizzato (140 miliardi di euro), per soci (oltre 12 milioni).
  I numeri sono indicativi del ruolo svolto oggi dalla cooperazione, che incide per circa l'8 per cento sul PIL nazionale. Come ho più volte ricordato, dalle parti sociali che stiamo audendo in queste settimane ci attendiamo di avere il quadro della situazione e utili suggerimenti per possibili interventi del Parlamento anche di natura legislativa.
  Do quindi la parola a Bruno Busacca, Responsabile Funzione Relazioni Istituzionali Legacoop.

  BRUNO BUSACCA, Responsabile Funzione Relazioni Istituzionali Legacoop. Grazie, presidente, anche della presentazione che lei ha voluto fare della dimensione e del ruolo dell'Alleanza delle cooperative italiane. Dedicheremo in coda qualche riflessione a questo processo.
  Innanzitutto una valutazione positiva sincera dell'iniziativa del Parlamento di promuovere un'indagine conoscitiva su questo tema così importante, il tema della semplificazione normativa e amministrativa. Non è un tema che nasce oggi, è un tema cui sono stati dedicati numerosi interventi negli anni scorsi, e che è stato posto dalle organizzazioni imprenditoriali, dai media, dalla società tutta come uno dei temi centrali per un'economia più competitiva: che la Commissione abbia assunto un'iniziativa di così ampio respiro ci pare una buona cosa.
  Abbiamo già consegnato una nota dettagliata, che contiene le segnalazioni di merito dell'Alleanza cooperativa per misure di semplificazione utili all'attività delle cooperative innanzitutto, ma complessivamente delle imprese. In realtà essa costituisce l'aggiornamento e la semplificazione di analoghi documenti che abbiamo presentato nel corso del 2013, e nel corso degli anni precedenti, in sede parlamentare e governativa.
  Già questo testimonia come il tema non sia nuovo ma si protragga da anni. La nota contiene una serie di suggerimenti di merito sia per l'attività legislativa che per l'attività amministrativa. Cogliendo l'importanza Pag. 3della cornice, cioè la Commissione bicamerale, vorremmo anticipare alcune considerazioni di fondo e quindi non limitarci solo all'illustrazione nel dettaglio di misure auspicabili.
  Dobbiamo partire da una considerazione, che immagino non sia solo del fronte delle cooperative o del fronte delle imprese o del fronte del lavoro: un ambito normativo certo, stabile e chiaro è l'ambito ottimale perché possano crescere e svilupparsi le buone imprese, e di un tessuto di buone imprese competitive il Paese ha certamente bisogno, soprattutto in questa fase.
  Bisogna quindi ragionare sul bilancio dei tanti tentativi di semplificazione e razionalizzazione degli assetti normativi succedutisi nel corso degli anni, per trarre una serie di considerazioni, di valutazioni e di lezioni utili. Vorremmo portare un contributo ai lavori della Commissione bicamerale, che nasce da una valutazione non necessariamente critica di tutto quello che è stato fatto, perché alcune cose utili sono state fatte e costituiscono delle buone pratiche.
  Anche il fatto che iniziative utili dopo un certo periodo abbiano cominciato a mostrare limiti e si siano esaurite necessita tuttavia di un approfondimento. Ne citiamo tre tra le tante, prima delle quali la legge obiettivo del 2001 (n. 443) in materia di opere pubbliche. Lo scopo era razionalizzare e sveltire il processo, identificare le opere essenziali per il Paese.
  Non aggiungiamo niente alle valutazioni contenute nel recente rapporto realizzato dal Servizio Studi della Camera in collaborazione con l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici e con il CRESME, che è stato presentato nei giorni scorsi e ha evidenziato la percentuale di opere realizzate e come su questa piattaforma, per utilizzare un'immagine efficace contenuta nella vostra lettera di invito, abbiano cominciato a posarsi aerei di svariata provenienza.
  Il meccanismo taglia-leggi previsto dalla legge n. 246 del 2005 ha avuto effetti positivi, ma a causa degli oggettivi limiti strutturali e dell'impaludamento del processo ha dispiegato effetti minori di quelli che avrebbe potuto avere.
  Un altro esempio è la sostituzione, a partire dal 2010, della legge finanziaria, della quale si erano visti i problemi, con la legge di stabilità. Dopo pochi anni siamo tornati ai 749 commi con articolo unico approvato con fiducia della legge di stabilità per il 2014. Non sono i 1.364 commi della legge finanziaria per il 2007, ma c’è il pericolo di un trend.
  Un tentativo importante di semplificazione attraverso meccanismi di delegificazione, quindi affidando a regolamenti il dettaglio e le soluzioni, comincia a mostrare la corda. Una recente inchiesta de Il Corriere della Sera ha censito diverse centinaia di provvedimenti attuativi che devono dare ancora attuazione alle norme approvate durante il Governo Monti e il Governo Letta, quindi dell'ultimo biennio, dal novembre del 2011 in poi.
  A nostro parere non bastano interventi interni al modello istituzionale attuale, ma bisogna riflettere sullo stesso modello istituzionale. È evidente che questo esula dai compiti della Commissione bicamerale, tuttavia sarebbe auspicabile una riflessione in sede parlamentare da parte di un organismo bicamerale e qualificato per propria natura e per la presenza di parlamentari attenti. Certamente è importante ammodernare le procedure, ampliare la digitalizzazione, rafforzare i collegamenti telematici tra le imprese e la Pubblica amministrazione e tra le stesse Pubbliche amministrazioni.
  Alcuni strumenti previsti in norme del passato stentano a partire e tuttavia producono effetti positivi. Sarebbe sbagliato fare solo un elenco critico dei malfunzionamenti. Per quanto riguarda il procedimento legislativo in sé, sarebbe utile assumere ancor più decisamente il modello delle codificazioni tematiche come strumento principe per verificare, aggiornare, semplificare e riportare a coerenza e comprensibilità accumuli normativi determinatisi nel tempo.
  Sotto questo profilo, vorremmo richiamare un esempio complessivamente virtuoso, Pag. 4che può avere elementi ulteriormente migliorabili, ma in realtà ha funzionato, e l'abbiamo vissuto veramente in prima persona: la riforma del diritto societario, che tra il 2001 e il 2003 modificò il regime delle società (anche di quelle cooperative) ammodernando il regime del diritto societario e avvicinandolo ai migliori standard europei.
  Era più facile, perché si trattava di una parte del codice civile, ma il modello codificatorio in quel caso applicato (delega del Parlamento), un lavoro serio (fu Michele Vietti il regista della vicenda) di una Commissione istituita bene e ben governata hanno prodotto un risultato positivo.
  Analoghe cose si possono fare in materia di diritto amministrativo o di diritto ambientale, sviluppando questi temi. Ovviamente questo richiede una leale collaborazione tra Parlamento e Governo, richiede stabilità, un coinvolgimento delle migliori energie intellettuali dell'accademia, ma richiede anche una regia politica robusta.
  La riflessione che vorremmo proporre oggi è che in realtà non bastano i correttivi interni al sistema, ma bisogna ragionare proprio sul perché un sistema non sia riuscito finora e stenti a produrre semplificazione. Ci sembra che il sistema si sia evoluto attraverso procedure normative troppo lunghe e ripetute, sovrapposizioni di competenze senza sbocchi certi, conflittualità esasperate dal malfunzionamento degli organi giurisdizionali, che costituiscono non occasionali evenienze esterne bensì elementi preoccupanti, quasi connaturati al sistema.
  Ragioniamo quindi sul numero dei livelli istituzionali e degli enti, sul troppo ampio perimetro effettivo dell'intervento pubblico. All'interno del sistema pubblico vanno anche considerate le società controllate e il loro operato, da parte del sistema degli enti locali in particolare. Richiamiamo a questo proposito le prime risultanze del prezioso lavoro di ricognizione che sta compiendo il Commissario per la revisione della spesa pubblica, che ha attivato un positivo sistema di confronto continuo con le parti sociali, ciascuno con la propria rappresentatività e responsabilità, per cui il Commissario fa il Commissario, noi facciamo le nostre parti.
  L'effetto di tutti questi problemi sul lavoro, sulle imprese, sulla certezza del diritto non è certamente positivo, e la soluzione diventa la continua emergenza, la sistematica correzione di norme appena entrate in vigore, e questa non è semplificazione anche quando la correzione corregge norme errate. La battuta è ovvia, quasi scontata e spero ce la perdoniate: accanto alla legge di stabilità l'unica certezza normativa è diventato il Milleproroghe di fine anno, e quante proroghe si succedono ormai da svariate edizioni ! Prima citavamo la riforma del diritto societario come esempio virtuoso, ma un altro balza preoccupante: la questione del SISTRI, su cui si sono succedute tante norme di merito, ma la maggior parte di rinvio. Probabilmente l'unica certezza sul SISTRI è che sarà di nuovo prorogato. Quante energie comunicative e legislative si sprecano su questa tematica !
  Vorremmo aggiungere un tema apparentemente estraneo alla questione della semplificazione, che tuttavia è fondamentale per la semplificazione dei rapporti costanti tra Pubbliche amministrazioni e sistema delle imprese: il mancato rispetto dei termini di pagamento. Non è solo un problema economico, è anche un problema di gestione amministrativa, poiché provoca danni alle imprese, crea incertezze, ma soprattutto determina un modello di gestione amministrativa che, invece di fondarsi sulla certezza dei rapporti, si fonda sulla continua incertezza e su una catena di corti circuiti.
  È un tema che riguarda il vecchio stock di debiti, ma, come si è visto dalle recenti minacce della Commissione europea, riguarda anche l'applicazione delle norme comunitarie, e questo è l'altro tema: una riflessione sul modo in cui l'Italia recepisce le norme e partecipa alla produzione delle norme comunitarie.
  Questo è argomento di attenta riflessione, anche in relazione alla capacità di prevenire l'eventuale impatto di quelle norme sull'ordinamento italiano. Sotto Pag. 5questo profilo, vorremmo citare una buona pratica instaurata negli anni scorsi, quando era Ministro delle politiche europee Emma Bonino (la competenza e l'esperienza ovviamente furono buona pratica) e l'attivazione dell'Unità di missione speciale sembrava una cosa banale. In trent'anni di storia, però, non c'era mai stata un'Unità speciale incaricata di dirimere e accelerare le soluzioni del contenzioso, che ha prodotto buoni risultati negli anni.
  Vorremmo sommessamente sottoporre in questa sede alcuni temi che sono all'ordine del giorno al fine di andare verso un percorso di semplificazione, che è necessaria alle imprese e al Paese. Un buon sistema di imprese non è semplicemente un valore per gli shareholder o gli stakeholder, per chi è direttamente coinvolto nella vita economica delle imprese: un sistema di imprese competitivo è un valore sociale per l'intero Paese.
  Il bicameralismo paritario è di per sé stesso un elemento che produce complicazione ed è un elemento ostativo alla semplificazione normativa in concreto, per come funziona, per come produce (voi lo vivete molto più di noi quotidianamente) per come si aggregano e si complicano i prodotti normativi, i regolamenti parlamentari, l'equilibrio del rapporto Parlamento/Governo, il tema della ripartizione delle competenze tra i diversi livelli istituzionali.
  Non è solo un problema di legislazione concorrente tra Stato e Regioni, che pure produce risultati paradossali. Considerate tutto il tema della formazione professionale e dell'apprendistato e quanti problemi si sono dovuti affrontare per produrre uno strumento che oggi è utile per l'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.
  Ragioniamo anche sullo sveltimento e sulla certezza dei controlli di legittimità sul funzionamento della giustizia civile e della giustizia amministrativa, che non sono pezzi esterni al tema delle semplificazioni. Una norma perfetta, un regolamento ben fatto, che però poi in qualche modo incappano in un modello di funzionamento della giustizia civile e della giustizia amministrativa non adeguato e non all'altezza, nella concreta attuazione si rivelano imperfetti, perdono tutto il loro valore.
  Su questo punto ci permettiamo di citare le parole contenute in un'intervista rilasciata pochi giorni fa da un alto magistrato di Cassazione, il quale, parlando della giustizia civile (è Presidente di una delle Sezioni civili della Cassazione), ha accennato a «una specie di economia dell'inefficienza alla fine conveniente a tutti». Il problema è che si riferiva alle parti del processo e con «tutti» intendeva avvocati e magistrati, non le imprese, i lavoratori, gli interessi complessivi del Paese che restano fuori.
  Fatte queste considerazioni, vorremmo svolgerne altre su noi stessi, sul sistema della rappresentanza degli interessi. Anche noi siamo chiamati a dover semplificare e migliorare la nostra funzione. Sappiamo bene che l'intervento delle parti sociali, delle organizzazioni di rappresentanza degli interessi può aiutare, sveltire o anche inceppare i procedimenti legislativi (dipende dal modo in cui si fa la lobby), e nessuno di noi è totalmente innocente.
  La leale collaborazione non è solo un principio che deve guidare l'equilibrio dei rapporti tra Governo e Parlamento, tra Stato e regioni, tra Stato, regioni e sistema degli enti locali: è un principio che deve guidare anche l'operato delle rappresentanze associative. Riprendo da questo punto di vista il tema che lei ha introdotto, presidente, presentando l'Alleanza delle cooperative.
  Noi stiamo provando a muoverci su un terreno di semplificazione della rappresentanza, che non ha solo un obiettivo di semplificazione interna e di migliore rappresentanza degli interessi, ma produce quasi necessariamente (lo viviamo nel confronto quotidiano) una semplificazione anche del modello di rappresentanza e dei suoi prodotti.
  Abbiamo messo insieme, peraltro con un progetto di un'organizzazione comune, le tre organizzazioni storiche del movimento cooperativo, che rappresentano Pag. 6poco più del 50 per cento del numero delle cooperative esistenti in Italia, ma praticamente il 90 per cento della forza effettiva, anche del valore sociale calcolato in termini di occupazione, di numero di soci.
  Questo problema di semplificazione della rappresentanza è un contributo all'obiettivo, che tutti dobbiamo perseguire, di semplificazione del funzionamento complessivo del sistema, che significa maggiore velocità e un rapporto fondato sulla collaborazione, ovviamente avendo chiari i ruoli e gli interessi diversi.
  La collaborazione all'interno del sistema, della società, delle istituzioni (sotto questo profilo ovviamente è il modello cooperativo che ci ispira) non è una debolezza, ma è una forza del Paese, una forza di tutti. Grazie, presidente, grazie, senatori, grazie, onorevoli deputati per l'attenzione.

  PRESIDENTE. Grazie, dottor Busacca, per la sua ampia relazione. Do la parola al dottor Toni Della Vecchia, Servizio Legislativo e Legale di Confcooperative.

  TONI DELLA VECCHIA, Servizio Legislativo e Legale di Confcooperative. Grazie, presidente. Mi limito a brevi sottolineature di quanto già esaustivamente esposto dal collega, riprendendo il finale, cioè concependo la semplificazione come un movimento che deve interessare tutte le parti del Paese, anche quelle private.
  Nel percorso di integrazione che abbiamo intrapreso cerchiamo di contribuire a questo processo di semplificazione, rapportandoci con gli organi pubblici con una voce e facendo sintesi a monte.
  Mi limiterò a brevi sottolineature rispetto ai rilievi critici sulle politiche di semplificazione che sono state sinora adottate. Quanto alla semplificazione legislativa, rimarco il rilievo relativo alla pars construens della politica di semplificazione, che ha mostrato dei limiti in passato. Il collega ha fatto un'analisi degli effetti del meccanismo taglia-leggi e, pur sottolineando la positività delle ambizioni e la parziale positività di taluni risultati, ha denunciato i limiti delle politiche di taglio legislativo rispetto alle ambizioni di riordino, di riassetto, di compilazione, di codificazione.
  Sotto questo profilo, ha giustamente messo al centro della politica di semplificazione il concetto giuridico di codice come strumento da rilanciare, in quanto unico strumento in grado di assicurare allo stesso tempo riordino e contenimento della proliferazione legislativa, certezza e capacità del sistema di colmare le lacune, senza ricorrere frequentemente all'intervento legislativo esterno. Questo è mancato.
  Ovviamente la parola «codice» non è la risposta e la soluzione per tutti i problemi, come dimostrano le traversie vissute dal codice degli appalti per ragioni che attengono a un complesso rapporto tra ordinamento comunitario e ordinamento nazionale, nonché a una crisi del procedimento legislativo, le cui cause si ravvisano altrove, quindi non tanto nei difetti intrinseci alla politica di semplificazione legislativa.
  Negli ultimi anni le politiche di semplificazione legislativa si sono concentrate su alcuni settori, hanno eletto a nemico l'onere, l'adempimento, non la norma superflua che ha smarrito la propria ratio quanto l'adempimento tecnico e l'onere burocratico.
  Concentrandosi su questo, spesso si sono dimenticati settori fondamentali, rispetto ai quali i cittadini e le imprese chiedono una grande rivoluzione semplificatrice. Si è fatto cenno al tema dell'amministrazione della giustizia, ma l'altro grande tema è quello del rapporto con l'amministrazione finanziaria, con il fisco.
  Ricordo che il taglia-leggi teneva fuori tutto il settore delle norme finanziarie, delle norme tributarie. Lo faceva per non inquinare le politiche di contenimento della spesa con la logica delle semplificazioni brutali, ma venivano tagliate fuori le grandi istanze di semplificazione che il cittadino avanza rispetto a un settore fondamentale. Del resto, non è detto che semplificare il rapporto tra fisco e contribuente significhi mettere a repentaglio gli interessi dell'erario.

Pag. 7

  PRESIDENTE. Grazie. Ringrazio i rappresentanti del mondo cooperativo per quanto hanno detto. Non c’è dubbio che lo sforzo di semplificazione che hanno dato alla loro rappresentanza è un segnale positivo, però questo ci riporta a una lettura politico-istituzionale della storia di questi decenni, perché voi siete stati storicamente la rappresentazione dello scontro politico in Italia. Ognuna di queste sigle ha infatti una sua storia, Legacoop, Confcooperative, Associazione generale Cooperative italiane, che io conosco molto bene per storia personale.
  Quelle divisioni politiche come si sono stratificate all'interno del rapporto tra le istituzioni ? Quando sono nate le regioni, quali erano i principi che orientavano la ripartizione delle competenze ? Non era forse un presidio nel territorio dei rapporti di forza presenti sul terreno ?
  Perché la sanità è stata organizzata in questa maniera, e perché l'agricoltura, perché il turismo, tra l'altro mettendo in atto delle politiche che a lungo andare si sono rivelate del tutto contraddittorie ? Interroghiamoci anche sul passaggio nella gestione delle politiche degli enti locali verso la spesa storica, una volta visto negli anni ’70 l'accumulo di indebitamento dei comuni in alcune regioni, che tra l'altro avevano investito di più nelle politiche sociali.
  Noi siamo dentro tutto questo e il Titolo V è stata la somma di tutte queste assolute inadeguatezze, dell'idea che il Paese fosse diviso ideologicamente. È chiaro che, rispetto a quando dieci anni fa dovevamo audire separatamente la Lega delle cooperative e Confcooperative, avete fatto un passo avanti, però nel procedere della legislazione quei meccanismi sono rimasti e sono del tutto anacronistici, perché non corrispondono all'attuale divisione nel Paese, che verte sugli interessi.
  Lei ha fatto una battuta che mi è cara perché non dico di averla inventata, ma ho scritto di queste cose, sul tema della giustizia che non è per il cittadino, ma è per gli operatori. Lo stesso discorso vale però per la sanità, che non è per il malato, ma è per gli operatori della sanità, così come la scuola è non per lo studente, ma per gli operatori della scuola ! Gli interessi prevalenti non sono quelli riferiti al cittadino beneficiario, ma sono quelli riferiti agli operatori diretti.
  Nel 1970 ero un modesto vice sindaco del mio paese e ho assistito alla raccolta di firme per la difesa dell'ospedale di Quistello. Hanno raccolto le firme di tutto il paese tranne la mia, perché il contesto era che i medici che avevano un forte controllo del territorio non volevano spostarsi e hanno raccolto le firme a partire dai malati e dai loro familiari.
  Non si sono chiesti se un ospedale con cento posti letto, che erano caldi in maniera strumentale nel senso che servivano come parcheggio delle persone anziane, in realtà rispondesse alla logica di una sanità adeguata. Questo vale per gli avvocati che non vogliono spostarsi nel perimetro dell'articolazione e delle divisioni dei tribunali. Proprio perché ci sono le nuove tecnologie, non vedo perché non dobbiamo andare a una semplificazione.
  Questo vale anche per la scuola, dove abbiamo – per così dire – «licealizzato» le università, perché la mamma vuole che il bambino vada all'università vicina a casa, quindi, invece dei centri di eccellenza, abbiamo determinato la moltiplicazione dei cosiddetti «insegnamenti», inventandoci cose che non servono a nulla. Questo è il Paese che produce il maggior numero di laureati in Scienza delle comunicazioni sociali, mentre gli indiani si laureano in matematica, in informatica, in fisica, in ingegneria.
  La vostra prima proposta riguarda le sanzioni in materia di cooperative, ma questa non è semplificazione perché è chiaro che, se invece di 10.000 euro, ne pago 1.032 non è semplificazione. Questo è un altro capitolo, è quello della pressione fiscale legata a un sistema che ha visto la moltiplicazione dei centri di spesa e l'unificazione delle politiche fiscali spesso in maniera contraddittoria.
  Noi vogliamo essere aiutati ad aprire uno squarcio di verità intellettuale su questo problema, perché oggi quello che si vede sul campo è la stratificazione degli Pag. 8interessi di coloro che, vivendo sulla complicazione, non vogliono mollare la presa, e non c’è dubbio che in Italia ci siano molti che vivono di complicazioni, certamente non sono di meno di quanti vivono di politica o di sindacato (sono molti di più), ma la divisione del Paese per gruppi di interesse ha creato delle problematiche che poi si coprono con le procedure di natura legislativa.
  La complicazione non nasce dal fatto che non si sanno più scrivere leggi, ma nasce dal fatto che la tutela di alcuni interessi a fronte dell'interesse generale passa attraverso la strumentazione di queste cose.
  Il dottor Busacca ha fatto riferimento ai procedimenti legislativi non completati e questo la dice lunga: non è che non si sapesse, quando si sono approvate le ultime leggi finanziarie poi diventate leggi di stabilità e c'era un continuo rinvio a successivi concerti, che quei concerti non si sarebbero mai messi in moto, perché erano problemi su cui non c'era un accordo di carattere generale.
  Veniva comunque inserito un capitoletto, dichiarando che il problema era risolto, mentre in realtà il rinvio al concerto richiedeva che si trovasse un accordo successivo, ma, siccome l'accordo successivo non c'era, quelle norme sono rimaste lettera morta, e sono oltre il 50 per cento dei provvedimenti che facevano riferimento a successivi adempimenti di natura amministrativa oppure deleghe attuative al Governo o ad organi del Governo.
  Noi siamo di fronte a questa cosa, che è diventata il problema del Paese. Questa mattina siamo in molti perché siamo molto uniti nel lavoro che svolgiamo, che ci impegna e ci appassiona. Ovviamente qui non vedete le divisioni su cui si alimenta il dibattito politico, perché quello fa spettacolo e questo non fa spettacolo, ma con quello non si mangia, con questo si potrebbe star meglio, però non fa notizia.
  Questo è il quadro brutale di fronte al quale ci troviamo e, siccome noi non vorremmo scaldare la sedia, intendiamo entro il 31 marzo approvare il documento conclusivo dell'indagine conoscitiva, nel quale segnaleremo tutte le questioni che stanno emergendo.
  Il dottor Busacca ha ricordato l'esperienza della Commissione Vietti per il riordino del diritto societario, che io ho vissuto indirettamente con la Commissione attività produttive: si trattava di un modo per affrontare e risolvere questioni che si erano andate accumulando negli anni e che vedevano una sorta di confusione tra imprese con attività lucrativa, società per azioni, cooperative, fino alle imprese sociali, ultima gemma di una strumentazione che doveva avere finalità diverse dal lucro.
  Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

  IGNAZIO ANGIONI. Grazie, presidente. Riallacciandomi alle considerazioni del presidente, è del tutto evidente che siamo di fronte a un mondo di imprese del tutto peculiari.
  La loro caratteristica intrinseca è di essere innanzitutto strumenti di creazione di lavoro, e quel rapporto tra socio e lavoratore del tutto particolare rispetto alle altre imprese, soprattutto alle imprese di capitali, le rende particolarmente esposte al peso di una sovrastruttura pubblica, di una burocrazia e di un sistema normativo particolarmente pesante.
  Questo è un fenomeno che – lo stiamo verificando in queste audizioni, non che non lo sapessimo – riguarda tutto il mondo delle imprese italiane. Vorrei quindi sapere se il mondo della cooperazione sia particolarmente esposto a questo.
  Siccome conosciamo anche i processi che in questi decenni hanno visto la nascita delle vostre organizzazioni, come ricordava il presidente, e l'accelerazione della costituzione dell'ACI, che rappresenta l'ultima, notevole evoluzione, vi chiedo a proposito di semplificazione e di sburocratizzazione del nostro sistema quali possano essere i due o tre concreti elementi, facendo appello alla nota concretezza dell'ambito cooperativo, in grado di facilitare la possibilità di fare impresa Pag. 9nel nostro Paese, innanzitutto impresa cooperativa.
  C’è un elemento che credo vi interessi particolarmente, quello dei controlli, che ritengo debbano essere il minor numero possibile, ma anche i più incisivi possibile. Esiste infatti una serie di controlli che controllano pochissimo e generano appesantimento, dei quali non si comprende l'utilità. In materia di controlli forse la cooperazione più di altre imprese può dire qualcosa.

  MINO TARICCO. Ho vissuto per quindici anni all'interno del mondo della cooperazione, che quindi mi è particolarmente caro e mi sembra di tornare a parlare di cose in qualche misura anche mie.
  Sicuramente la vostra scelta di avviare un percorso che vada a semplificare anche il modo con cui ci si pone su queste vicende credo sia un dato assolutamente positivo. Il quadro che è emerso dagli interventi di questa mattina, che riprendono aspetti di interventi che abbiamo già raccolto nel percorso che abbiamo fatto sin qui, delineano un quadro che declina l'approccio alla semplificazione su una molteplicità di aspetti.
  Ai fini della semplificazione degli adempimenti e degli oneri in tutti gli ambiti e da tutti i punti di vista sicuramente è fondamentale il tema della ridondanza delle norme e dei soggetti che operano nel campo delle norme. Credo quindi che la riforma del Titolo V sia una questione cruciale, se vogliamo provare ad approcciare in modo più semplice l'idea stessa del Paese, rimettendo in gioco tutto il disegno dell'architettura istituzionale.
  Le considerazioni del Presidente Tabacci mi hanno ricordato alcuni libri che avevo studiato agli inizi di Scienze politiche e che, nel mio approccio molto agricolo e molto quadrato, avevo trovato allora profondamente ingiusti e scorretti, ma nel corso degli anni mi sono accorto che forse erano meno ingiusti e scorretti di come li avevo catalogati.
  In merito infatti all'idea che in molti casi l'obiettivo principale di un'azione in campo sociale, economico, normativo rischi di essere l'ultimo nella catena delle motivazioni che spingono a intervenire su un settore, purtroppo l'evidenza di questi anni mi ha portato a correggere il mio punto di vista originario.
  Per quanto concerne il tema della forma delle norme, dei codici, in questo periodo sono portato a riflettere molto su quanto sia diverso l'approccio da chi opera dall'altra parte della barricata sul fronte delle imprese, che deve rapportarsi quotidianamente con un quadro normativo che a cadenza quindicinale cambia, laddove il tema è non tanto agire in modo giusto o sbagliato quanto capire nel momento della fotografia contingente quale sia la norma vigente.
  Quando ho realizzato nella mia provincia il centro servizi per l'assistenza alle cooperative e abbiamo trovato un bravo fiscalista, il tema vero era riuscire ad agire in tempo reale. Il quadro è infatti talmente complicato, complesso e in continua evoluzione da rendere necessaria la presenza di una persona che corra dietro a questi processi, cosa che è una follia, soprattutto quando si operi su segmenti del mondo della cooperazione che lavorano sull'arte di riuscire a fare impresa e occupazione con poco, se non con nulla.
  Mi ha fatto molto piacere ascoltare il vostro ragionamento sullo scenario generale, ho visto che ci avete fornito un documento con una serie di proposte normative puntuali, e, poiché ci avete tratteggiato un quadro che evidenzia l'esigenza di cambiare il Paese, vorrei sapere dal vostro punto di vista di soggetti che operano come rappresentanza di un mondo a cavallo tra il sociale e l'economico, con articolazioni molto complesse al proprio interno, quale sia il quadro di priorità di intervento.
  Dato infatti per scontato che sarebbe bello che, terminato il lavoro della Commissione, con il documento conclusivo si potesse cambiare il Paese, ho però la sensazione che o riusciamo ad enucleare una serie di interventi su cui pensiamo di poter incidere concretamente con delle priorità di intervento o rischiamo di fare Pag. 10un ennesimo, velleitario tentativo di cambiare il mondo, che poi si conclude in una resa di fronte all'immutabilità del sistema.
  Mi piacerebbe che in questo quadro articolato evidenziaste alcune questioni cruciali, che, dovendo scegliere, individuereste come prioritarie.

  PRESIDENTE. Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  BRUNO BUSACCA, Responsabile Funzione Relazioni Istituzionali Legacoop. Il senatore Angioni ha toccato un punto al quale siamo molto affezionati: il tema dei controlli sulle cooperative. In questa sede oggi abbiamo trovato degli interlocutori che conoscono bene il movimento cooperativo.
  Siamo affezionati a questo tema non in termini burocratici: uno dei punti fondamentali del successo delle imprese cooperative è la reputazione. Sappiamo come si agitino all'interno di questo mondo soggetti scorretti e sleali, che ci fanno un doppio danno: fanno concorrenza economica come a tutte le imprese sane e intaccano la nostra reputazione.
  I controlli possono essere realizzati in tre modi diversi. Innanzitutto possono non essere fatti, e uno dei nostri problemi è che i controlli sulle cooperative non aderenti alle centrali organizzate non vengono fatti, perché il sistema pubblico non riesce a farli, e il paradosso è che è proprio l'area vigilata dal sistema pubblico a non essere vigilata.
  Possono poi essere fatti in modo burocratico o possono essere fatti, come dice la legge, nel senso non solo di una sorta di controllo di polizia, ma di aiuto al miglioramento, e questo è il tentativo che le centrali storiche del movimento cooperativo producono. I controlli fatti bene non sono un appesantimento, ma sono uno stimolo a migliorare, a sviluppare, sono anche un modo di stare insieme, quindi la vigilanza di per sé non è un elemento negativo, ma dipende da come viene fatta.
  Rispondo a una sollecitazione del presidente, che ha guardato la prima delle proposte. Uno dei punti drammatici non solo per le cooperative è questo processo che si sta vedendo da qualche tempo, ovvero l'aumento delle sanzioni e delle pene edittali, per cui una cosa che non funziona viene normativamente risolta con l'appesantimento della sanzione, della pena edittale, peraltro con un abuso della sanzione penale, mentre dall'altra parte si procede poi con gli indulti.
  Vi racconto un aneddoto. Di recente, ero a Napoli e ho fatto una passeggiata su via Toledo, che è una specie di suq all'aria aperta, in cui ci sono trecento venditori abusivi di materiali contraffatti che li vendono en plein air. Mentre camminavo, una signora stava comprando una borsa contraffatta: si è fermata una macchina civetta della Guardia di Finanza da cui sono scesi due finanzieri in borghese, che hanno sanzionato la signora con la sanzione prevista per l'acquisto di merce contraffatta, che ammonta a circa 1.000 euro.
  La sanzione è altissima, viene fatta per la norma messaggio, come lei diceva, e sappiamo tutti che verrà applicata in modo assolutamente occasionale. In quel caso, quando venne applicata, si creò il regolamentare capannello e la signora tentò dapprima di chiedere di lasciar perdere, ma gli agenti dichiararono di dover procedere. Era chiara l'evidente assurdità della sanzione, l'evidente assurdità di un'applicazione in una strada in cui in quel momento avrebbero dovuto essere sanzionate 5.000 persone, e ci chiediamo cosa questa poveretta abbia potuto trarre da questo episodio.
  Per questo dicevo che la vigilanza fatta bene è una cosa positiva, mentre non lo è se diventa una sanzione applicata occasionalmente con importi pesantissimi anche su questioni minute. Il paradosso è che, se sanzioni fortemente le irregolarità minute, il risultato è che tra beccarmi 1.000 euro di multa per una omissione banale e beccarne 2.000 per un'omissione seria, a quel punto faccio quella seria.
  Questo problema di revisione e anche di valutazione dell'applicabilità delle sanzioni ci porta a chiederci che senso abbia mettere 1.000 euro di sanzione per l'acquisto Pag. 11di materiale contraffatto, se sulle 5.000 persone che contemporaneamente comprano i foulard e le borse contraffatti a via Toledo ne viene colpita una, e cosa riporti quindi quella singola persona dell'equità e della giustizia del sistema. Ovviamente non guardiamolo come un episodio.
  Vi cito un altro esempio che oggi è un problema aperto, un principio sul quale siamo d'accordo: il tema della responsabilità solidale del committente, che è stata modificata quattro o cinque volte di seguito, arrivando persino alla responsabilità solidale non solo, come deve essere, per le retribuzioni e le quote previdenziali, ma anche per l'IVA, cosa di cui ci chiediamo il senso, visto che non si sa come il committente possa controllare se sia stata versata l'IVA sull'attività che il soggetto svolge per suo conto.
  La ricerca della norma perfetta è controproducente. Lo dicevano i giuristi romani, summum ius summa iniuria, ed è vero. Anche noi abbiamo bisogno di un quadro certo, in cui ci si possa sviluppare facendo bene il nostro mestiere. I controlli ci devono essere, ma devono essere realistici e adeguati alle finalità.
  Il presidente parlava di una cosa che noi avvertiamo quotidianamente, ma è l'intera società che l'avverte, la norma messaggio, che è un dramma, appesantisce il complesso normativo, crea confusione, produce solo danni, e le norme messaggio sono innumerevoli.
  È chiaro che sarebbe opportuna una semplificazione dell'apparato sanzionatorio in materia ambientale. Il collega ha evidenziato il valore di un modello codicistico, di norme più chiare in materia di lavoro, ma purtroppo è il meccanismo che si è incartato.
  Facevamo quella valutazione sulla legge di stabilità, che sostituì la legge finanziaria perché era diventata quello che sappiamo. Abbiamo avuto il 2010, 2011, 2012, 2013, e dopo quattro anni siamo già a 749 commi: è il meccanismo che non può funzionare così.
  Semplifichiamo quindi quello che può essere fatto a meccanismo attuale, ma affrontiamo il tema delle riforme istituzionali, non solo della legge elettorale, anche perché non c’è legge elettorale che tenga, le leggi elettorali non sono risolutive, sono importanti anche i comportamenti delle rappresentanze politiche.
  Cito il caso della Germania: ci siamo chiesti come mai l'SPD abbia fatto il Governo con la CDU e la CSU scegliendo una posizione minoritaria, peraltro con un Cancelliere come la Merkel, quando SPD più Linke più Grünen avrebbero avuto la maggioranza in Parlamento, l'SPD poteva avere il Cancelliere ? È chiaro che c’è un problema di comportamenti, non solo di regole.
  Questo vale anche per le organizzazioni di imprese. Noi stessi siamo chiamati a qualificarci come classe dirigente più di quanto non abbiamo fatto. Questo è il senso del tentativo dell'Alleanza delle cooperative italiane, laddove anche noi avremmo potuto dividerci in relazione al nuovo quadro politico, ma abbiamo scelto di unirci indipendentemente dal quadro politico.
  Siccome ci qualificavano come la Confcooperative bianca, l'AGCI verde, la Lega delle cooperative rossa, abbiamo composto la bandiera italiana, ma non restiamo bianchi, rossi e verdi: restiamo bianco-rosso-verdi, che è una cosa diversa. Perdonatemi, ma oggi abbiamo ricevuto delle sollecitazioni che non sempre le organizzazioni imprenditoriali hanno nelle audizioni parlamentari, abbiamo avvertito un vostro interesse per la materia che ci è di conforto, perché un altro problema è il rischio di uno sconforto generale, per cui niente è possibile e allora o è il sogno o è l'invettiva continua.
  Noi non vorremmo essere né soggetti di sogno, né soggetti di invettiva: vorremmo essere un soggetto che per le piccole cose che può fare partecipa al bene comune, a un miglioramento.

  TONI DELLA VECCHIA, Servizio Legislativo e Legale di Confcooperative. Forse è il caso anche di raccogliere la critica che ci ha fatto il presidente, perché, siccome ci sono poche occasioni di dialogo aperto con Pag. 12il Parlamento, con le Commissioni, con il Governo e in questi anni l'unica occasione è stata quella della semplificazione, della sburocratizzazione, le organizzazioni hanno cercato di cogliere l'occasione semplificatrice per mettere nella pentola della semplificazione tutte le istanze.
  Noi stiamo facendo uno sforzo, nel lavoro certosino di censimento degli oneri cerchiamo di scremare e arriveremo ad accantonare le superfluità, però crediamo che la politica di semplificazione debba arricchirsi anche della critica alle irrazionalità ordinamentali. Per noi, ad esempio, quella delle sanzioni è una cosa settoriale, di minima importanza, però è un'irrazionalità.
  Evidentemente ci concentreremo di più sulla semplificazione delle norme e sul disboscamento degli oneri, cercando di anteporre l'interesse generale della semplificazione a quello particolare.

  GIANFRANCO FARAONE, Ufficio Studi dell'Associazione generale cooperative italiane. Solo per far sentire la mia voce, perché di fronte a colleghi così esperti è inutile aggiungere altro, ma per ringraziare nuovamente dell'invito sia lei che i membri della Commissione a nome dell'associazione. Ci rimettiamo al documento depositato.

  PRESIDENTE. Ringrazio voi. A proposito della battuta del dottor Busacca sul modello tedesco, di cui sono un grande estimatore, quando si va in profondità sulla critica, confrontando modelli politici e in quel caso anche un modello sociale che, come è noto, in questi anni ha rappresentato un punto di forza e non di debolezza, terminati tutti gli argomenti qualcuno dice sempre: «ma loro sono tedeschi !» e con questa frase c’è una sorta di auto-condanna.
  Nel ringraziare i nostri ospiti, dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 9.15.