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Resoconti stenografici delle indagini conoscitive

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XVII Legislatura

Commissioni Riunite (Commissione speciale per l'esame di atti del Governo della Camera e Commissione speciale per l'esame di disegni di legge di conversione di decreti-legge e di altri provvedimenti urgenti presentati dal Governo del Senato)

Resoconto stenografico



Seduta antimeridiana n. 4 di Martedì 16 aprile 2013

INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:
Baretta Pier Paolo , Presidente ... 3 

INDAGINE CONOSCITIVA NELL'AMBITO DELL'ESAME DEL DECRETO-LEGGE N. 35 DEL 2013 RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI PER IL PAGAMENTO DEI DEBITI SCADUTI DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE, PER IL RIEQUILIBRIO FINANZIARIO DEGLI ENTI TERRITORIALI, NONCHÉ IN MATERIA DI VERSAMENTO DI TRIBUTI DEGLI ENTI LOCALI

Audizione di rappresentanti di Confindustria.
Baretta Pier Paolo , Presidente ... 3 
Panucci Marcella , Direttore generale di Confindustria ... 3 
Sorial Girgis Giorgio , Presidente ... 11 
Galli Giampaolo (PD)  ... 11 
Taranto Luigi (PD)  ... 12 
Marinello Giuseppe Francesco Maria  ... 12 
Vignali Raffaello (PdL)  ... 12 
Barbanti Sebastiano (M5S)  ... 13 
Panucci Marcella , Direttore generale di Confindustria ... 13 
Barbanti Sebastiano (M5S)  ... 13 
Buttiglione Rocco (SCPI)  ... 13 
Sorial Girgis Giorgio , Presidente ... 14 
Zanetti Enrico (SCPI)  ... 14 
Marazziti Mario (SCPI)  ... 14 
Sorial Girgis Giorgio , Presidente ... 14 
Di Salvo Titti (SEL)  ... 15 
Legnini Giovanni (PD)  ... 15 
Bernardo Maurizio (PdL)  ... 16 
Sorial Girgis Giorgio , Presidente ... 16 
Panucci Marcella , Direttore generale di Confindustria ... 16 
Paolazzi Luca , Direttore del Centro studi di Confindustria ... 19 
Mariotti Francesca , Dirigente dell'Area politiche fiscali di Confindustria ... 20 
Sorial Girgis Giorgio , Presidente ... 21 

Audizione di rappresentanti di R.ETE. Imprese Italia:
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 21 
Bernardo Maurizio (PdL)  ... 21 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 21 
Legnini Giovanni (PD)  ... 21 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 21 
Malavasi Ivan , Presidente della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media Impresa (CNA) ... 22 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 24 
Sangalli Gian Carlo  ... 24 
Rughetti Angelo (PD)  ... 25 
Polverini Renata (PdL)  ... 25 
Vignali Raffaello (PdL)  ... 26 
Puglia Sergio  ... 27 
Volpi Raffaele  ... 27 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 28 
Malavasi Ivan , Presidente della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media Impresa (CNA) ... 28 
Gaiotti Luciano , Direttore politiche e servizi per il sistema di Confcommercio-Imprese per l'Italia ... 28 
Malavasi Ivan , Presidente della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media Impresa (CNA) ... 31 
Giorgetti Giancarlo , Presidente ... 32

Sigle dei gruppi parlamentari:
Partito Democratico: PD;
MoVimento 5 Stelle: M5S;
Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente: PdL;
Scelta Civica per l'Italia: SCpI;
Sinistra Ecologia Libertà: SEL;
Lega Nord e Autonomie: LNA;
Fratelli d'Italia: FdI;
Misto: Misto;
Misto-MAIE-Movimento Associativo italiani all'estero: Misto-MAIE;
Misto-Centro Democratico: Misto-CD;
Misto-Minoranze Linguistiche: Misto-Min.Ling.

Testo del resoconto stenografico
Pag. 3

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA COMMISSIONE SPECIALE PER L'ESAME DI ATTI DEL GOVERNO DELLA CAMERA DEI DEPUTATI PIER PAOLO BARETTA

  La seduta comincia alle 9,10.

  (Le Commissioni approvano il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

  PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione di rappresentanti di Confindustria.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel quadro dell'indagine conoscitiva relativa all'esame del decreto-legge n. 35 del 2013 recante disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della Pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali, l'audizione di rappresentanti di Confindustria.
  Comunico che il Garante per le micro, piccole e medie imprese e il presidente di Assopetroli Assoenergia hanno trasmesso memorie relative al decreto-legge in esame. I suddetti documenti sono a disposizione dei commissari.
  Questa mattina apriamo i lavori con la prevista audizione dei rappresentanti di Confindustria, che ringrazio di essere presenti. Sono con noi il direttore generale, l'avvocato Marcella Panucci, e altri collaboratori, il dottor Minoli, il dottor Paolazzi, la dottoressa Brunori, la dottoressa Mariotti, il dottor Matonti e il dottor Tentella.
  Ricordo ai colleghi che, come concordato nei rispettivi Uffici di presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, le presidenze hanno provveduto ad articolare i tempi relativi alle singoli audizioni contingentando i tempi dedicati rispettivamente alle relazioni introduttive, alla formulazione delle osservazioni e dei quesiti da parte dei deputati e dei senatori e alle repliche degli auditi.
  Dottoressa Panucci, pensiamo di procedere in questo modo, se lei è d'accordo: inizieremo con un'introduzione da parte sua di circa venti minuti, se sono sufficienti, cui seguiranno gli interventi dei colleghi e una replica alla fine da parte vostra.
  Senza ulteriori indugi, darei quindi la parola alla dottoressa Panucci.

  MARCELLA PANUCCI, Direttore generale di Confindustria. Grazie, presidente. Grazie, onorevoli deputati e senatori, per averci invitati in audizione.
  Per noi, come voi immaginate, questo è un provvedimento molto importante, che chiediamo da tempo. Sicuramente è molto positivo che questo decreto sia stato adottato – faremo poi i commenti nel merito – e lo è soprattutto in una situazione in cui le imprese stanno soffrendo pesantemente di una forte crisi di liquidità; situazione, peraltro, fotografata nella stessa relazione finale che i saggi hanno presentato al Presidente Napolitano.Pag. 4
  Che l'Italia sia in emergenza liquidità è noto. Questo è, purtroppo, il terzo credit crunch che stiamo affrontando, dopo il primo nel 2007-2009 e il secondo nel 2011-2012. È una fase molto complicata.
  I prestiti alle imprese da parte delle banche sono in caduta libera. A febbraio hanno registrato un meno 5,1 per cento rispetto al livello di settembre 2011 e lo stock erogato si è ridotto di 47 miliardi, una situazione che non si vedeva dal dopoguerra.
  Le banche sono sempre più selettive. I prestiti calano, come è evidente, e i tassi salgono.
  Un terzo delle imprese ha liquidità insufficiente rispetto alle esigenze operative. Sono imprese che hanno progetti di investimento validi, con attese di fatturato tali da poter pagare il servizio del debito, ma che entrano in crisi per carenza di fondi nel breve periodo.
  Gli spread pagati dalle imprese hanno toccato nuovi massimi: 3,4 punti contro 0,6 in media nel 2006. Sono tassi troppo alti e ancora in salita, che stanno spingendo molte imprese a rinunciare al credito, perché evidentemente quanto dovrebbero corrispondere in termini di interesse supera i rendimenti attesi dagli investimenti.
  La scarsità di fondi contribuisce all'aumento dei fallimenti. Essi sono stati quasi 3.600, per l'esattezza 3.596, nel quarto trimestre 2012, rispetto a 1.800 nel 2007, quasi il doppio, una cifra veramente impressionante.
  Per rimettere in moto la fiducia delle banche, ossia il credito bancario, serve uno shock. Noi l'abbiamo indicato da ultimo nel nostro progetto per l'Italia, che abbiamo presentato il 23 gennaio scorso. Questo shock potrebbe partire proprio dall'immediata liquidazione dei debiti della Pubblica amministrazione. Banca d'Italia ha stimato lo stock del debito, è cosa nota, in 91 miliardi alla fine del 2011, poco meno del 6 per cento del PIL, un ammontare che in Europa non ha alcun precedente.
  Peraltro, i tempi di pagamento in Italia, che sono in media di 180 giorni, sono notevolmente più lunghi rispetto a quelli degli altri Paesi europei. L'ammontare del debito commerciale della Pubblica amministrazione italiana è superiore di una volta e mezza a quello francese, di quasi tre volte a quello del Portogallo, di oltre quattro volte a quello della Spagna e di quasi cinque volte al debito commerciale della Grecia. È veramente una cifra impressionante.
  Lo stesso Presidente della BCE Mario Draghi ha sottolineato come il pagamento dei crediti delle imprese rappresenterebbe un potente stimolo per l'economia e darebbe ossigeno a molte aziende, perché scorrerebbe lungo le filiere produttive. Pagare un'impresa significa, infatti, consentire a questa di pagare, a sua volta, i propri fornitori. Vi sarebbe una reimmissione in circolo di un'importante liquidità.
  Peraltro, secondo le stime del nostro Centro studi – è con noi Luca Paolazzi, il direttore, che poi interverrà per supportarmi in questa complessa analisi del provvedimento – la reimmissione di questa liquidità nell'economia genererebbe nei prossimi tre anni circa 10 miliardi di investimenti aggiuntivi. Dopo tre anni si tratterebbe di più un punto di PIL.
  Una volta avviato, questo processo si può autoalimentare, mettendo in moto un circolo virtuoso: più liquidità, più investimenti, più crescita; reti migliori, più credito e, di nuovo, più investimenti. Dopo cinque anni l'aumento del PIL toccherebbe l'1,4 per cento e gli occupati crescerebbero di 243 mila unità.
  Il pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione, però, non è soltanto una questione economica, ma è anche una questione di civiltà giuridica. Uno Stato che non paga i debiti verso i propri fornitori non è uno Stato civile. Ci tengo a sottolinearlo con grande forza.
  È vero che nella situazione attuale dobbiamo registrare positivamente l'attuazione anche prima del termine di scadenza della direttiva Late Payments. Essa dovrebbe servire per evitare che in futuro si accumuli nuovamente uno stock di debito Pag. 5arretrato, perché fissa termini inderogabili per i pagamenti. Si tratta, quindi, di un primo passaggio importante.
  Quanto al contenuto del decreto-legge – vengo direttamente al provvedimento in esame oggi – noi abbiamo affermato fin da subito che avremmo preferito un'altra impostazione, più semplice e centralizzata, attraverso la quale lo Stato avrebbe potuto pagare direttamente i propri debiti, rivalendosi poi verso regioni o enti locali con diverse modalità, non ultima un trattenimento dei trasferimenti dovuti per la quota di finanziamento erogata.
  Questa strada non è stata seguita per diverse ragioni. Non è questo il momento di rimettere in discussione l'impostazione del provvedimento, perché è un provvedimento urgente e molto atteso dalle imprese. Non è il caso, quindi, di prolungare i termini di erogazione di questa importante liquidità, per evitare che arrivi troppo tardi all'economia.
  Tuttavia, ci tengo a sottolinearlo, questo è un provvedimento per le imprese, non è una manovra che riguarda i bilanci degli enti locali o delle regioni e nemmeno una manovra di finanza pubblica: è un intervento urgente per le imprese. Nel testo, però, e voglio sottolinearlo con un po’ di rammarico, la parola «imprese» compare soltanto all'articolo 11 del provvedimento, dove si parla, peraltro, di misure per l'equilibrio finanziario in Sicilia e in Piemonte. Non è un bel segnale.
  In ogni caso, superando le questioni di principio e di impostazione, l'urgenza ci porta a chiedere con la massima determinazione una conversione rapida del provvedimento. Piuttosto che rimettere in discussione l'impostazione stessa del provvedimento è importante apportare i correttivi che consentano di semplificare alcuni passaggi, di rafforzare l'impatto del provvedimento e di procedere a una liquidazione nei termini previsti, o anche prima.
  Passando al merito delle misure e alle correzioni che noi reputiamo necessarie, ci sono alcune criticità su cui noi auspichiamo che il Parlamento intervenga, da un lato, come dicevo, per rafforzarne l'impianto, e, dall'altro, per eliminare qualsiasi alibi per gli enti pagatori a non pagare.
  Chiaramente le complicazioni procedurali rappresentano un alibi potente. Il testo è complesso, le procedure sono articolate, ci sono numerosi provvedimenti attuativi che devono essere adottati dalle amministrazioni, in particolare dal Ministero dell'economia e delle finanze, e che devono essere attuati molto rapidamente. Peraltro, alcuni di questi provvedimenti attuativi potrebbero tranquillamente non essere previsti.
  Va dato atto, e lo dobbiamo dire, al Ministero dell'economia di aver provveduto con rapidità a sottoscrivere l’addendum con la Cassa depositi e prestiti per attivare i piani di finanziamento. È positivo anche che la Ragioneria generale dello Stato abbia già adottato due delle circolari necessarie per fornire indicazioni alle amministrazioni locali per procedere ai pagamenti. Confidiamo che il Ministero continui in questa direzione e che, quindi, i termini di attuazione vengano rispettati sempre con grande attenzione, anzi che vengano rispettati in anticipo.
  Accanto alle criticità mi preme segnalare alcuni aspetti positivi. Sicuramente l'ammontare delle risorse messe a disposizione è importante. Non è quello che chiedevamo, ma è comunque un importante plafond che viene stanziato per questo esercizio finanziario.
  È, però, necessario prevedere per il futuro meccanismi che consentano di arrivare al pagamento di tutto lo stock arretrato, evitando che una parte di esso rimanga insoluta e non contempli modalità di soluzioni in tempi ragionevoli.
  È positivo anche l'allentamento dei vincoli del patto di stabilità interno, che consente di liberare una parte di risorse per provvedere alla spesa in conto capitale. Questo sicuramente permetterà agli enti virtuosi di utilizzare le risorse di cassa disponibili, rimuovendo una delle principali cause finora addotte per i mancati pagamenti.
  Mi preme sottolineare, però, che è un peccato che questo allentamento avvenga Pag. 6soltanto per il 2013 e che non ci siano risorse appostate per il 2014. È positivo lo stanziamento di 6,5 miliardi per accelerare nei prossimi due anni i rimborsi fiscali, come è positiva l'estensione del meccanismo di compensazione tra crediti commerciali certificati e debiti fiscali, finora limitato ai soli debiti iscritti al ruolo e adesso esteso anche ad altre tipologie di debiti fiscali. L'efficacia di questa misura, però, è limitata – in merito bisognerà intervenire, e lo vedremo successivamente – e incerta, perché subordinata a un decreto attuativo.
  È positivo che si proceda alla ricognizione di tutti i debiti delle pubbliche amministrazioni. Noi riteniamo, però, che il termine del 15 settembre sia troppo lungo e che bisognerebbe provvedere ancora prima, al massimo entro il 31 luglio.
  È positiva l'esclusione dal patto di stabilità interno delle spese per il cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali. Si tratta di un miliardo già previsto prima del decreto, al quale si aggiungono circa 800 milioni. Questa esclusione, però, è, secondo noi, insufficiente a coprire l'intera quota 2013 di cofinanziamento, pari a 2,2 miliardi.
  Quanto ai correttivi necessari, se non vogliamo che questa occasione venga sprecata e auspichiamo che il decreto produca gli effetti che noi ci aspettiamo, è necessario che vengano assicurate le risorse disponibili, fatte salve quelle dedicate ai rimborsi fiscali e al cofinanziamento dei fondi comunitari, solo ed esclusivamente per provvedere al pagamento dei debiti commerciali – su questo punto ritornerò – che siano semplificate le procedure e che sia eliminata ogni penalizzazione per le regioni che utilizzino i finanziamenti per provvedere al pagamento. Inoltre, è necessario che siano ampliate le possibilità di compensazione tra crediti e debiti fiscali e che siano rafforzate le misure per la ricognizione del debito.
  Alcune correzioni sono di carattere trasversale e, quindi, riguardano tutti i meccanismi di pagamento individuati nei quattro capitoli cui fa riferimento il decreto. Altre correzioni sono specifiche e riguardano particolari categorie di pagamenti.
  Quanto alle correzioni di portata trasversale, una prima correzione che noi riteniamo necessaria riguarda la definizione dei debiti da pagare. Non sarà sfuggito a tutti voi che nei diversi articoli e nelle diverse norme del decreto si fa riferimento talvolta a debiti certi, liquidi ed esigibili, altre volte a obbligazioni giuridicamente vincolanti e via elencando.
  Su questo punto noi vorremmo che fosse mutuata la definizione introdotta con il decreto attuativo della direttiva Late Payments, la quale fa riferimento in maniera onnicomprensiva ai debiti per lavori, servizi e forniture, includendo tutte le tipologie di debito commerciale che afferiscono ai rapporti con la Pubblica amministrazione. Vanno inclusi, pertanto, gli interessi di mora maturati a partire dalla scadenza fissata dal contratto e i debiti fuori bilancio. Questi sussistono per le amministrazioni centrali, non per le amministrazioni locali.
  Su questo punto è evidente che noi non possiamo che registrare con sconcerto l'esistenza stessa di queste tipologie di debiti. Purtroppo, però, esistono e le imprese che hanno contratto queste obbligazioni con gli enti non sono imprese figlie di un dio minore. Esse hanno, quindi, il diritto di veder riconosciuti i loro crediti, di qualunque tipologia, verso le pubbliche amministrazioni.
  L'ambito soggettivo di applicazione, secondo noi, come ho avuto modo di dire già più volte, andrebbe esteso anche alle società partecipate. Vi ricordo che, in particolare in alcune regioni d'Italia, nelle società partecipate risiede gran parte del debito commerciale verso le imprese. In particolare, mi riferisco alle società in house, che la giurisprudenza comunitaria assimila alle pubbliche amministrazioni per tutti i rapporti con i soggetti privati.
  Sotto un altro profilo va assicurato che le risorse destinate ai trasferimenti da regioni e province in favore degli enti locali – sono circa 8 miliardi – vengano Pag. 7utilizzate esclusivamente per il pagamento dei crediti commerciali delle imprese verso la Pubblica amministrazione.
  A questo proposito, secondo noi è necessario introdurre precisi vincoli di destinazione. Tale intervento non soltanto consentirebbe di indirizzare in modo puntuale lo sforzo finanziario pubblico a beneficio del sistema produttivo, ma sarebbe anche necessario per assicurare la compatibilità rispetto agli impegni assunti con l'Unione europea.
  Inoltre, è necessario che le risorse disponibili vengano ripartite tra gli enti debitori in misura proporzionale all'ammontare dei debiti. Questo dovrà essere un criterio, secondo noi, inderogabile. Altri criteri riconducibili alla virtuosità dei singoli enti, che muovono evidentemente da presupposti assolutamente condivisibili, rischierebbero, invece, di far pesare sulle imprese le inefficienze delle amministrazioni debitrici.
  Vanno poi resi più stringenti i meccanismi che obbligano gli enti territoriali a richiedere gli spazi finanziari e le anticipazioni, nonché a effettuare i pagamenti, una volta che questi li abbiano richiesti. A questo proposito, è necessario rafforzare i meccanismi sanzionatori, i controlli della Corte dei conti e prevedere un termine perentorio per l'estinzione dei debiti. Basti solo pensare che l'attuale formulazione non individua una data precisa per i pagamenti, che, però, lo ricordo ancora una volta, sono l'obiettivo preciso di questo provvedimento.
  Per le ipotesi di inerzia e di inadempimento da parte delle amministrazioni pagatrici è necessario prevedere poteri sostitutivi del Governo – mi riferisco evidentemente alle amministrazioni locali – quando lo richiedano la tutela dell'unità giuridica o economica, nonché i livelli essenziali delle prestazioni.
  Inoltre – è un tecnicismo, ma è importante – è fondamentale che i provvedimenti attuativi abbiano natura non regolamentare. Questo aspetto accelera l'iter, perché evita le successive registrazioni alla Corte dei conti.
  Infine, e questo è un punto molto importante, che non va malinteso, per rendere possibili i pagamenti che saranno effettuati in attuazione del decreto andrebbe riconsiderata la richiesta del DURC. Non si tratta di un motivo per eludere un obbligo che, secondo noi, è molto importante.
  Esiste, infatti, un motivo pratico: se le imprese non hanno ricevuto i pagamenti, molto spesso non sono riuscite ad adempiere agli obblighi contributivi e fiscali e, quindi, sicuramente non avranno ottenuto il DURC. È un circolo vizioso. Noi condanniamo quelle imprese a continuare a non adempiere e successivamente a fallire, con un danno non soltanto di carattere economico e sociale, ma anche per il gettito dello Stato.
  Su questo punto, ma anche su altri, nel documento che vi lasceremo ci sono indicazioni tecniche più specifiche, con riguardo anche ad altri vincoli che potrebbero incidere negativamente sul processo di liquidazione.
  Questi erano i correttivi di carattere generale. Passando, invece, ai correttivi più specifici, che riguardano le singole categorie di pagamenti, con riferimento alle disposizioni relative al pagamento dei debiti da parti di comuni e province – mi rifaccio all'articolo 1 – la cifra stanziata di 5 miliardi è insufficiente.
  È insufficiente anche alla luce della stima delle risorse che sono nella disponibilità degli enti locali. Sarebbe, pertanto, auspicabile innalzare questo importo, ridiscutendo con l'Unione europea gli impegni sul contenimento del deficit alla luce della natura straordinaria dell'intervento, tale da non incidere sull'equilibrio strutturale dei conti pubblici.
  Inoltre – questo è un punto molto importante, che è già stato rilevato – non si comprende la ragione per cui si sia scelto di limitare questa misura al solo anno 2013, soprattutto se è vero che nel 2014 il livello del rapporto deficit-PIL è stimato all'1,8 per cento, ben al di sotto della soglia limite.
  Per quanto riguarda, invece, i correttivi per i pagamenti di regioni, province autonome Pag. 8ed enti del Servizio sanitario nazionale, va considerato che dei 22 miliardi messi a disposizione 14 sono destinati al pagamento dei debiti sanitari, che però, come è a tutti noto, sono molto di più, e 8 principalmente a fornire liquidità agli enti locali. Di questi ultimi, tuttavia, poco più di 6 sono probabilmente destinati a rimanere inutilizzati, perché la deroga al Patto di stabilità consente di svincolare soltanto 1,4 miliardi, come indicato nella stessa relazione tecnica.
  A questo punto, per evitare che queste risorse non vengano utilizzate o che vengano utilizzate per altre finalità, è necessario che vengano destinate immediatamente al pagamento dei debiti sanitari, considerato che, come vi dicevo, questi ammontano a una cifra ben superiore ai 14 miliardi e sono addirittura stimati in circa 40 miliardi.
  Sempre con riguardo ai debiti di regioni, province autonome ed enti del Servizio sanitario nazionale, è indispensabile semplificare il meccanismo di pagamento che viene delineato dal decreto.
  Secondo noi, bisogna intervenire sulla previsione secondo cui per l'erogazione delle anticipazioni è richiesta anche l'adozione di misure legislative di copertura. Questo sicuramente rischia di allungare i tempi, anche perché non è previsto nel decreto un termine per l'adozione di queste delibere o di queste misure legislative.
  Per quanto riguarda le previsioni che condizionano l'accesso e l'erogazione delle anticipazioni al rilascio delle certificazioni congiunte e al parere dei tavoli di monitoraggio istituzionali, si rileva che esistono già nel nostro ordinamento meccanismi in grado di consentire di raggiungere gli stessi obiettivi in maniera probabilmente più fluida. Mi riferisco agli stringenti obblighi di verifica in ordine alle gestioni finanziarie delle regioni e degli enti del Servizio sanitario nazionale affidati alle sezioni regionali della Corte dei conti.
  In ogni caso, l'obiettivo di assicurare allo Stato idonee garanzie per il recupero delle somme anticipate alle regioni potrebbe essere conseguito affiancando all'attuale previsione, che rimette al contratto di finanziamento la definizione di forme e modalità di recupero, il blocco preventivo delle risorse regionali destinate a spese non obbligatorie.
  Sempre per assicurare la massima efficacia al decreto andrebbe ripensata la norma con cui si preclude alle regioni che abbiano avuto accesso alle anticipazioni di contrarre nuovi prestiti o mutui. È una previsione non necessaria, perché anche in questo caso esistono già nel nostro ordinamento precisi obblighi di correzione degli squilibri di bilancio delle regioni e appositi meccanismi di verifica.
  Infine, è necessario rimuovere il divieto di azioni esecutive e cautelari nei confronti delle Aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni sottoposte a piani di rientro dei disavanzi sanitari e commissariate. Questo è un punto molto importante, che non riguarda, in realtà, i meccanismi di liquidazione previsti dal decreto, ma la possibilità di certificare il credito per le imprese che non abbiano ottenuto il pagamento ai sensi del decreto per il successivo smobilizzo.
  Noi riteniamo, ma ci arriverò in seguito, che la parte relativa alla certificazione dei crediti, pur disciplinata nel decreto, sia molto importante per affrontare lo stock di debito che non verrà pagato. Se non rimuoviamo tutti i vincoli al successivo smobilizzo dei crediti, non riusciremo a far arrivare liquidità alle imprese, le quali non saranno soddisfatte dal decreto.
  Ancora, non è chiara la ragione per cui sia stato previsto un secondo decreto ministeriale per ripartire le risorse nel 2014. Trattandosi di misure dirette al pagamento di debiti scaduti, secondo noi basterebbe il solo decreto da emanare entro il 15 maggio 2013, con cui sarà possibile individuare anche le risorse da destinare alle regioni a partire dal 2014.
  Arrivo al meccanismo di certificazione. Come accennavo, per noi rimane una componente essenziale di questo esercizio per lo smaltimento di una parte importante di stock che non verrà liquidata.
  La certificazione, secondo noi, va estesa anche agli enti del Servizio sanitario nazionale e alle regioni sottoposte a piani di Pag. 9rientro. Inoltre, si potrebbe eliminare la previsione che stabilisce la possibilità di indicare un commissario ad acta per adempiere, quando le amministrazioni non lo facciano, all'iscrizione sulla piattaforma e al successivo rilascio della certificazione prevedendo meccanismi di silenzio-assenso.
  In questi casi, le imprese potrebbero registrare le proprie fatture sulla piattaforma. Se l'amministrazione non si registra o non risponde entro un dato numero di giorni – secondo noi, un mese sarebbe più che sufficiente – il credito si riterrebbe certificato con un meccanismo di silenzio-assenso.
  È evidente che potrebbero esserci problemi sottostanti, ma attraverso sanzioni e meccanismi di responsabilità dei funzionari e dei dirigenti delle amministrazioni che non abbiano acceduto alla piattaforma si potrebbe compensare il possibile rischio di crediti certificati non esistenti.
  Per quanto riguarda la ricognizione dei debiti attraverso la piattaforma elettronica, come dicevamo prima, sarebbe necessario anticipare il termine ultimo previsto dal 15 settembre al 31 luglio. È necessario, inoltre, prevedere che l'integrazione degli elenchi da parte delle imprese avvenga successivamente alla comunicazione da parte delle pubbliche amministrazioni. Anche in questo caso va fissata una finestra temporale ben definita.
  Arrivo all'ultimo punto, quello dei crediti fiscali. Sicuramente è molto positivo il fatto che il provvedimento intervenga anche sui rimborsi fiscali, che ampli le possibilità di compensazione e soprattutto che innalzi la soglia attualmente prevista.
  Molto rapidamente, sui rimborsi di imposta è essenziale modificare le procedure di rimborso IVA e rendere disponibile all'inizio di ogni esercizio finanziario i dati relativi al pregresso e all'importo complessivo per le autorizzazioni di cassa e i rimborsi nell'anno. Bisogna poi evitare che lo stanziamento di 4 miliardi per il 2014 venga utilizzato anche per l'opportuno innalzamento della soglia delle compensazioni. Occorre trovare un'altra copertura.
  Occorre poi ampliare le ipotesi di debiti compensativi, inserire il termine massimo del 15 maggio per l'emanazione del decreto attuativo ed eliminare il riferimento temporale ai crediti maturati al 31 dicembre 2012, per consentire di compensare a regime crediti maturati verso la Pubblica amministrazione anche successivamente.
  Quanto all'aumento della soglia di compensazione, non vi nascondo la nostra delusione per aver posticipato al 2014 l'operatività di questa norma, soprattutto considerato l'impegno assunto dal Governo e dal Parlamento nel corso degli ultimi mesi. Peraltro, ricordo che la soglia non viene aggiornata da circa dieci anni, il che non è un dato banale.
  A questo riguardo, quindi, riteniamo essenziale anticipare al 2013 l'aumento della soglia e innalzare da 700 mila euro ad almeno un milione la soglia per la generalità dei contribuenti e oltre tale limite per quelli che dimostrino di possedere determinati requisiti. Parliamo di contribuenti virtuosi.
  Infine, il decreto interviene sulla TARES. La maggiorazione della TARES suscita, secondo noi, forti dubbi di costituzionalità, perché destinata alla copertura di servizi indivisibili dei comuni, per esempio illuminazione, strade e polizia municipale, che dovrebbero essere già coperti dall'addizionale comunale IRPEF e dall'IMU e il cui gettito è ora devoluto allo Stato. Il tributo in generale comporta difficoltà operative per le imprese, oltre che un significativo incremento del prelievo rispetto alla situazione preesistente.
  Con riguardo alla TARES, pertanto, riteniamo essenziale rinviare l'applicazione al 2014 per rivederne l'impostazione – rimarrebbero ovviamente in campo gli attuali tributi – abrogare a regime la maggiorazione ed escludere la TARES per locali dove si producono rifiuti industriali e per i magazzini dove si producono rifiuti da imballaggi terziari, smaltiti tramite soggetti autorizzati diversi dal servizio comunale.Pag. 10
  Infine colgo anche l'occasione per lanciare due ulteriori proposte rispetto al decreto. Si tratta di due punti che noi riteniamo molto importanti.
  Uno riguarda la responsabilità solidale fiscale. È un punto su cui abbiamo ricevuto non proteste, ma una rivolta da parte del nostro sistema imprenditoriale. È un meccanismo che rallenta ulteriormente i pagamenti, non soltanto tra Pubblica amministrazione e privati, ma anche tra imprese private. Le imprese hanno bloccato i pagamenti in attesa di questa certificazione sui versamenti IVA, che è difficile da fare. È difficile avere certezza sul passato.
  Vi ricordo che sulla norma pende una denuncia presso la Commissione europea, ragion per cui noi ci auguriamo che venga colta l'occasione per eliminare e semplificare questo meccanismo.
  Un altro strumento importante per favorire la liquidazione dei pagamenti, secondo noi, sarebbe quello di assoggettare i ricavi relativi ai crediti commerciali nei confronti della Pubblica amministrazione ad una imposizione per cassa, anziché per competenza. Questo per evitare che la tassazione sui ricavi non ancora incassati crei ulteriore tensione sulla struttura finanziaria delle imprese.
  Concludo e mi scuso se mi sono dilungata eccessivamente, ma la complessità del provvedimento purtroppo non consente eccessive semplificazioni.
  A completamento del quadro di interventi sui pagamenti dei debiti delineato dal decreto-legge riteniamo opportuno che siano introdotte adeguate forme di monitoraggio sul funzionamento delle misure da esso previste per verificarne gli effetti da subito e con continuità.
  In quest'ottica sarà essenziale il contributo del Parlamento, che potrà intervenire attraverso un rigoroso monitoraggio, eventualmente avvalendosi anche dell'attività delle categorie produttive per monitorare l'andamento dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni. L'obiettivo deve essere quello di rimuovere definitivamente il fenomeno dei ritardati pagamenti e di eliminare alla radice le cause che l'hanno determinato. Occorrerà, quindi, assicurare una rigorosa applicazione delle nuove regole derivanti dal recepimento della direttiva Late Payments, che impongono termini inderogabili.
  Inoltre, e questo è un punto molto importante, occorrerà modificare pro futuro le regole del patto di stabilità interno. Il decreto non interviene, infatti, sulle criticità del patto, che, in assenza di correttivi, continuerà a indurre le amministrazioni ad accumulare debiti per spese di investimento pur in presenza di risorse di cassa disponibili, perpetrando l'incentivo perverso a far crescere l'ammontare delle passività non contabilizzate.
  Oltre a produrre pesanti effetti sul sistema produttivo ciò inciderebbe in negativo sulle stesse amministrazioni debitrici, tenute, a seguito del recepimento della direttiva, a corrispondere interessi moratori in caso di ritardo, nella misura inderogabile del tasso BCE maggiorato di 8 punti percentuali, un costo non indifferente.
  Inoltre, devono essere rivisti gli attuali meccanismi contabili pubblici, allineando le spese di competenza alle disponibilità di cassa. I debiti commerciali sono in larga parte frutto di un sistema in cui agli enti territoriali è consentito prendere impegni di spesa – la competenza – pur sapendo che questi non potranno tradursi in pagamenti, perché esiste un limite alle erogazioni di cassa.
  In questo caso, è veramente importante allineare competenza e cassa, andando nella direzione prevista dalla riforma contabile del 2009, che però su questo punto non è stata ancora attuata.
  È necessario, altresì, mettere gli enti territoriali in condizione di conoscere prima dell'esercizio finanziario le risorse di cassa che potranno utilizzare e, se del caso, trasferirle agli enti stessi, in modo da consentire la pianificazione corretta e il pagamento tempestivo delle spese di competenza.
  Confindustria fa appello a tutte le forze politiche affinché, come è già avvenuto in occasione dell'approvazione delle risoluzioni relative alla Relazione al Parlamento 2013 preliminare al presente decreto, svolgano Pag. 11un'azione congiunta e coordinata volta ad approvare in tempi rapidi il provvedimento in esame introducendo i correttivi strettamente necessari e mirati a rafforzarne l'efficacia.
  Noi non faremo mancare il nostro contributo responsabile e saremo vigili rispetto all'operato delle singole amministrazioni, consapevoli di trovare nel Parlamento un interlocutore, come finora è stato, attento e sensibile, in grado di individuare, con la massima tempestività, le risposte concrete alle pressanti esigenze dell'economia.
  Vi ringrazio e sono, insieme ai colleghi, a vostra disposizione per qualsiasi chiarimento.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA COMMISSIONE SPECIALE PER L'ESAME DI ATTI DEL GOVERNO DELLA CAMERA DEI DEPUTATI GIRGIS GIORGIO SORIAL

  PRESIDENTE. Ringraziamo il direttore generale di Confindustria, l'avvocato Marcella Panucci.
  Secondo il contingentamento dei tempi, do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIAMPAOLO GALLI. Signor presidente, ringrazio l'avvocato Panucci, che ha sollevato alcune questioni nei termini in cui questa Commissione ne ha discusso a sua volta in questi giorni.
  Anche noi ci siamo interrogati a lungo sulla centralizzazione, ma abbiamo dovuto prendere atto che per la Ragioneria generale dello Stato e per la nostra Amministrazione sembra essere un passaggio troppo complesso.
  Ci siamo interrogati, e ci stiamo ancora interrogando, sul tema delle compensazioni, che ovviamente sarebbero il modo più efficace per fare in fretta. Abbiamo preso atto, al momento, che sembra essere complesso mettere in piedi un meccanismo che consenta di attribuire la perdita di gettito solo ad aumento di debito pubblico e non anche ad indebitamento. Anche qualora si compensi una spesa corrente, si deve mettere in piedi una macchina amministrativa.
  Ciò non significa che abbiamo escluso questa strada, che è non solo la più celere, ma anche la più ovvia, ed è quella che sta nel sentimento di qualunque imprenditore abbia contemporaneamente crediti e debiti nei confronti dell'Amministrazione.
  Un'altra considerazione riguarda le risorse finanziarie. È ovvio che stiamo parlando di risorse che non coprono l'intero debito, né quello in conto capitale, né quello di parte corrente, e che, quindi, se si rimane nei limiti dell'aggiornamento al DEF che è stato approvato alcuni giorni fa, bisognerà assumere ulteriori misure.
  In particolare, sulla questione dei pagamenti in conto capitale è del tutto evidente che non può esserci – colgo il punto che avete sviluppato – un'assenza di pagamenti nel 2014. Che cosa succede poi ? Gli altri debiti slittano al 2015 ?
  Pongo alcune domande puntuali. Una riguarda le società partecipate. È evidente che ci sono anche debiti delle società partecipate nei confronti dei fornitori. Non so se avete fatto una riflessione su due temi connessi. Il primo è se questo non potrebbe finire per essere un aiuto di Stato e il secondo se i meccanismi già attualmente previsti attraverso le regioni, i comuni e le risorse che possono arrivare alle società partecipate non siano sufficienti ad affrontare il problema.
  Un'altra domanda molto puntuale riguarda il tema del mettere un termine ai pagamenti. Non esiste un termine, avete detto. Io credo che implicitamente l'idea sia che, appena arrivano le risorse, si pagano in ordine cronologico i debiti.
  Mi chiedo quale sia esattamente la vostra idea al riguardo. Se io chiedo all'Amministrazione di mettere un termine, rischio che essa lo fissi a 180 giorni, come avevano fatto l'anno scorso le poche amministrazioni che hanno certificato. Hanno accettato di certificare, con la condizione, però, di pagare dopo un anno. Chiedo una riflessione su questo punto.Pag. 12
  Infine, domando se per caso avete svolto una riflessione sul possibile ruolo ulteriore che potrebbe avere la Cassa depositi e prestiti.

  LUIGI TARANTO. Ringrazio l'avvocato Panucci per l'ampia relazione.
  In apertura si ricordavano le stime dell'impatto dell'operazione in termini di contributo aggiuntivo al PIL. Mi pare di avere colto che la vostra stima è che al terzo anno l'operazione dovrebbe determinare una crescita aggiuntiva di un punto di PIL. Chiederei qual è la stima relativa, invece, a quest'anno e al prossimo e, in particolare, se queste stime coincidono con quelle che ci sono state fornite dal Governo.
  Come secondo punto, Confindustria ricorda l'opzione originaria per un modello operativo diverso da quello previsto dal decreto. Tuttavia, rendendosi conto dell'urgenza dell'operazione, mi sembra di poter affermare che punta sul lavoro di affinamento dell'attuale architettura del decreto stesso. Sono due, in sostanza, le piste di questo lavoro: per un verso, le semplificazioni procedurali e, per l'altro, un ragionevole potenziamento del sistema delle compensazioni.
  La domanda, dunque, è sul versante delle semplificazioni procedurali. Oltre al tema della possibilità di introdurre un principio di silenzio-assenso e all'attivazione di poteri sostitutivi in caso di inerzia vi sono altri elementi rilevanti di semplificazione possibile, a parere di Confindustria ?
  Un'altra questione, invece, è sul versante delle compensazioni. Mi pare che l'avvocato Panucci abbia parlato di un'ipotesi di ampliamento delle fattispecie di debiti compensabili. Le chiederei di esplicitare quali sarebbero queste fattispecie di debiti.
  Quanto alla TARES, la richiesta è quella di un rinvio, ma nel corso dell'intervento è stata ricordata la necessità di rivedere la struttura della TARES medesima. In quale direzione andrebbe rivista, ora per allora ?

  GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, ringrazio l'avvocato Panucci per l'ampia ed esaustiva relazione.
  Vorrei porre due questioni particolari. Leggendo bene il decreto, mi sorge un grosso dubbio a proposito dei comuni che non detengono disponibilità liquida presso la Tesoreria, in quanto hanno già richiesto le anticipazioni di cassa. Sembrerebbe che tali comuni non potranno richiedere alla Ragioneria generale dello Stato alcuno spazio finanziario.
  Ciò evidentemente determina una «doppia velocità» da comune a comune, soprattutto tra zone d'Italia bene differenti tra loro. Quel che è peggio è l'effetto che scatena quanto sopra, ossia che si assiste al rischio di smobilizzare soltanto alcuni crediti e alcune tipologie di creditori.
  L'altra questione che ci pare fondamentale dover porre è che, per quanto riguarda la Cassa depositi e prestiti, noi non notiamo alcuna deroga all'articolo 202 del decreto legislativo n. 267 del 2000. Pertanto, gli enti locali potranno chiedere quest'anticipazione alla Cassa depositi e prestiti, ma non potranno utilizzare tali anticipazioni per le cosiddette spese in conto esercizio. Anche questo evidentemente corre il rischio di determinare una doppia velocità tra tipologie diverse di crediti e di creditori.
  Infine, vorrei chiederle se può ampliare il concetto, cui lei ha già accennato, di tipologie caratteristiche dei debiti. Vorrei che lei fornisse alcuni elementi in più sulla maggiore definizione dei debiti e, in particolare, dei debiti cosiddetti commerciali. Grazie.

  RAFFAELLO VIGNALI. Signor Presidente, in realtà ciò che avrei voluto dire è stato in parte anticipato dall'ultima domanda del collega Marinello. Comunque, svolgo un brevissimo approfondimento. Sulla definizione dei debiti credo che dobbiamo avere le idee molto chiare, perché è uno degli scogli su cui poi si può infrangere tutta la procedura operativa.
  Concordo con quanto lei ha detto, avvocato Panucci. Peraltro, c’è una direttiva Pag. 13europea che specifica che cosa si intende per debiti. Far riferimento solo alla definizione dell'articolo 1 – è vero che ce ne sono diverse all'interno del decreto, ma prendiamo quella – francamente a me sembra riduttivo.
  Mi sembra riduttivo perché sappiamo come spesso ci siano problemi di certificazione, ma non solo. Sappiamo anche come le pubbliche amministrazioni chiedano alle imprese di emettere la fattura quando esse lo desiderano, perché non possono pagare, oppure come intercorra un lasso molto lungo di tempo tra la consegna del bene o servizio, in sostanza del lavoro svolto, rispetto all'emissione della fattura. Alla fine rischiamo veramente di penalizzare tante imprese che hanno un diritto, perché hanno svolto i lavori e, quindi, è giusto che siano pagate.
  Nello stesso tempo, ci sono però –, e le abbiamo sentite anche ieri nel corso dell'audizione con la Ragioneria dello Stato – perplessità da parte di alcuni colleghi sul fatto che un'impresa possa di fatto autocertificare questo debito.
  Io personalmente credo che le sanzioni siano talmente pesanti quando, soprattutto sul fronte del fisco, ma non solo, si certifica il falso, che questo dubbio non dovrebbe esistere, ma vorrei sentire il suo parere.

  SEBASTIANO BARBANTI. Signor Presidente, pongo due domande molto rapide.
  Noi vorremmo sapere che percezione avete riguardo alle tempistiche di pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione a partire dal 1 gennaio 2013. Vorremmo capire se c’è un problema che si sta ricreando e quali possono essere le azioni da porre in essere, anche se mi sembra che, a conclusione dell'intervento, lei ci abbia ben spiegato quali sono le vostre idee in proposito.
  Con riferimento, invece, alla certificazione dei debiti, sappiamo che sono previsti dal decreto-legge, purtroppo, molti casi di esenzione. Mi riferisco alle regioni con piani di rientro da deficit sanitari, ma soprattutto a enti locali commissariati.
  In questo caso mi chiedevo, e vi chiedevo, come possiamo evitare che le aziende locali paghino l'inefficienza delle pubbliche amministrazioni per le quali hanno prestato l'attività lavorativa. Grazie.

  MARCELLA PANUCCI, Direttore generale di Confindustria. Scusi, non ho sentito l'ultima domanda. Può ripeterla ?

  SEBASTIANO BARBANTI. Sì, certamente. Con riferimento alla certificazione dei debiti, il decreto-legge prevede alcuni casi di esenzione, quali, per esempio, regioni con piano di rientro da deficit sanitari o enti locali commissariati. Come facciamo a non far pagare l'inefficienza della Pubblica amministrazione alle aziende ? Grazie.

  ROCCO BUTTIGLIONE. I miei complimenti alla nostra relatrice, bravissima, talmente brava che si corre il rischio di dimenticarsi che parla dal punto di vista di Confindustria. Chi ha un credito vuole vedere i soldi. Chi ha un debito vuole accertarsi di non pagare crediti che non sono reali, ossia crediti fasulli.
  La invito a riflettere un po’ sul problema che noi abbiamo. L'idea di dover controllare la validità dei crediti presentati è, per chi deve pagare, ineliminabile. Possiamo cercare modalità più snelle, ma non possiamo correre il rischio di abolirle, non dimenticando che questo problema esiste per due motivi. Uno è che lo Stato italiano, per non far comparire un deficit eccessivo, o un debito eccessivo, ha ritardato i pagamenti. Questo è un problema facile da risolvere, che riguarda gli enti virtuosi, ai quali si è impedito di usare i soldi che hanno.
  Ci sono poi, però, problemi che lei ha ricordato, ma molto rapidamente, quale il fatto di allineare impegni di spesa e competenze. Certo, abbiamo una legislazione la quale non allinea impegni di spesa e competenze.
  Noi abbiamo due problemi, dunque, sui quali la inviterei a riflettere. Il primo è il vincolo europeo. La legislazione italiana si adegua al vincolo europeo non attuando Pag. 14una riforma generale, ma ponendo alcuni colli di bottiglia. Se vogliamo evitare che si ripetano queste situazioni, dobbiamo adeguare organicamente la legislazione italiana al vincolo europeo.
  Il secondo tema è la mancanza di un adeguamento tra le legislazioni regionali e quella nazionale. Da un lato, ci sono troppe contabilità non comparabili e, dall'altro, il fatto che noi abbiamo un sistema che non allinea competenza e cassa. Se non aggrediamo questi temi, ci ritroveremo inevitabilmente davanti ai medesimi problemi.
  In merito le chiedo che cosa ci può dire, spogliandosi un attimo, parzialmente, della sua posizione di parte, come cittadina.
  Si pone anche il tema della centralizzazione. Certo, sarebbe più facile centralizzare: ognuno si presenta, autocertifica e riscuote, ma noi abbiamo il problema del tanto debito contratto dalle regioni fuori dai vincoli che esse stesse si pongono nei loro bilanci, a prescindere dalla necessaria parificazione dei bilanci. Questo rende molto pericoloso l'estendere il meccanismo alle regioni, le quali sono già sotto esame per avere, per così dire, «smarginato».

  PRESIDENTE. Onorevole Zanetti, le chiedo se può essere un po’ più breve.

  ENRICO ZANETTI. Sarò immediato. A questo punto, vado direttamente a uno degli spunti ulteriori che sono stati lanciati oggi, quello che richiama la problematica normativa sulla responsabilità solidale relativa al regime degli appalti. Si tratta di un problema che va risolto assolutamente. Approfitto, dunque, di questo assist per portarlo all'attenzione di tutti i colleghi.
  Era già mia intenzione provare a proporre su questo punto una modifica normativa nel contesto di questo provvedimento, anche se sarà da vedere se potrà trovare un inserimento per materia. Sicuramente bisognerà affrontarlo quanto prima.
  È una normativa assurda, veramente assurda, e, a questo punto, anche senza padri. Anche i vertici dell'Agenzia dell'entrate, infatti, in occasione di convegni in cui ho avuto modo di confrontarmi con loro, sostengono di non averla voluta. Non l'ha voluta nessuno, dunque, ma crea problemi in ordine al sistema delle imprese e parte da concetti assolutamente sbagliati, che costringono, oltre la soglia del lecito e del ragionevole, a diventare l'uno il poliziotto dell'altro.
  Questo spunto, dunque, è molto utile e ci tenevo a rilanciarlo all'attenzione di tutti i colleghi.

  MARIO MARAZZITI. Ringrazio la dottoressa Panucci.
  Molto rapidamente, vorrei chiedere quanto valuta che possa essere il debito delle società a totale partecipazione pubblica, che allo stato attuale sono fuori dalla legge che stiamo esaminando. Penso all'ICT e a Consip, che hanno gruppi di acquisto che incidono sui debiti della Pubblica amministrazione verso le imprese. Se è una somma consistente per rilanciare l'economia italiana, forse dobbiamo riprendere in considerazione questo elemento.
  Inoltre, vorrei sapere se per voi andrebbe bene il fatto di compensare la situazione di credito delle imprese verso la Pubblica amministrazione con il debito che sussiste rispetto al DURC delle stesse. Vorrei sapere se questa potrebbe essere una soluzione, nel caso in cui il debito sul DURC sia inferiore al credito verso le pubbliche amministrazioni e se questo meccanismo, che noi potremmo inserire tra gli emendamenti, sarebbe per voi sufficiente per risolvere il problema.
  Sull'ordine dei lavori, vorrei suggerire che, avendo deciso probabilmente di anticipare la discussione sul DEF, nel nostro prossimo Ufficio di presidenza si valutasse la dilazione del termine per la presentazione degli emendamenti, perché non ha più senso.

  PRESIDENTE. È già stato previsto; provvederemo a tenere l'Ufficio di presidenza in merito. Ricordo a tutti gli iscritti a parlare di attenersi ai tempi che abbiamo concordato, in modo da poter continuare Pag. 15correttamente secondo l'organizzazione dei lavori prevista.

  TITTI DI SALVO. Ringrazio l'avvocato Panucci. In realtà, io vorrei rappresentarle un punto di vista che si è espresso in queste audizioni in modo costante, indipendentemente dai soggetti auditi. Ci sono, infatti, alcune questioni che ricorrono.
  Ricorre un giudizio negativo sul patto di stabilità interno e sulle sue conseguenze. Lei ha nominato questo tema, che è decisivo. Concordiamo anche noi che sia un tema decisivo.
  Ricorre una valutazione pesante su alcuni aspetti del decreto, soprattutto sulle procedure previste. Lei ha elencato in modo preciso diversi aspetti critici.
  Ricorre, però, soprattutto un tema, che è poi il punto su cui volevo porle una domanda. Si tratta della sottolineatura di un paradosso. Tale paradosso non riguarda soltanto la compensazione tra debiti e crediti, ma anche il DURC. Mi riferisco alla situazione di imprese che non riescono a riscuotere il credito perché non hanno presentato il DURC. È una condizione formalmente richiesta, ma esse non possono versare il DURC perché sono creditori.
  Vengo alla domanda. Poiché questo è un punto che tutti i soggetti auditi hanno posto, è, immagino, un punto che probabilmente sarà emendato. Se tutti esprimono un tema da punti di vista diversi, è chiaro che in ogni caso le forze politiche se ne faranno carico.
  La domanda era volta a capire se l'ipotesi che adesso andrò a definire può, secondo voi, rispondere a questa esigenza. Nel caso in cui, per esempio, un'impresa deve riscuotere un credito ed è debitrice perché non ha versato il DURC, o perché ha altri problemi, se il debito venisse trattenuto alla fonte e venisse scontata una cifra pari a quanto la Pubblica amministrazione deve, ciò potrebbe incontrare l'esigenza da voi proposta ?
  Lo chiedo perché in questi giorni tutte le forze politiche si sono esercitate a capire quale potesse essere il modo per risolvere questo problema. Ci sono opzioni diverse. Questa opzione, come veniva già ricordato, è stata utilizzata, per esempio, nel settore edile. Chiedo di sapere se può essere un meccanismo applicabile.

  GIOVANNI LEGNINI. Signor Presidente, anch'io ritengo molto utili le indicazioni dell'avvocato Panucci, che ringrazio.
  Mi concentro su due punti, su due problematiche, la cui soluzione contribuirà, come lei ha già anticipato, a rendere più solido questo provvedimento: il tema della certificazione e quello delle compensazioni. Non che gli altri non abbiano rilievo, ma mi concentro su questi, in sintesi.
  Il meccanismo semplificatorio che lei ha esposto, quello del silenzio-assenso, costituisce un'indicazione utile e io penso che noi dovremo valutarlo attentamente. Tanto più che ieri la Ragioneria generale dello Stato si è espressa interpretando, dal suo punto di vista, la norma emanata come una sorta di automatismo tra la registrazione sulla piattaforma e la certificazione, specificando però che la certificazione automatica è priva di data di pagamento.
  Il problema che noi abbiamo di fronte è il seguente, per come l'ho capito io: se accettiamo questo meccanismo automatico, rafforzato col silenzio-assenso, ma senza data, quelle certificazioni avranno un valore più ricognitorio che effettivo.
  Per esempio, sarà difficile utilizzarle nel rapporto con il sistema bancario per le cessioni, perché, se non c’è la data, è difficile che la banca anticipi una certificazione priva di data e, quindi, di certezza. In ogni caso, è molto più complicato che l'anticipi.
  Se, invece, individuassimo un meccanismo con la data, come sarebbe doveroso fare, anzi come è doveroso fare, questo meccanismo impatterebbe per la parte eccedente i 40 miliardi sui saldi di finanza pubblica. Questo mi sembra il problema che abbiamo di fronte.
  Se è questo e se è ben delineato, qual è la vostra opinione su questo punto ? Come si potrebbe pervenire a una soluzione Pag. 16che aiuti a contemperare le due esigenze, cioè quella di non andare, a oggi, oltre i 40 miliardi – non abbiamo questa possibilità, perché richiederebbe una nuova negoziazione in sede europea – e quella di rendere efficace il meccanismo di certificazione ?
  Il secondo punto riguarda le compensazioni. Se ho capito bene, lei invita a fare uno sforzo per introdurre un meccanismo di compensazione a regime sistemico. La Ragioneria generale dello Stato risponde che non se ne parla. Il Ministero dell'economia e delle finanze in particolare dice che non se ne parla, perché avrebbe un impatto difficilmente sostenibile sulla finanza pubblica.
  A me, invece, sembra che si vada delineando, dalle audizioni e dai primi confronti e discussioni che stiamo tenendo, la possibilità, o la necessità, di intervenire su un punto più specifico, ma di enorme rilievo, non solo di principio, ma anche pratico, che lei richiamava. Si tratta del punto relativo alle possibilità di compensare, con una sorta di effetto retroattivo, i debiti e i crediti che non sono compensabili perché le imprese non hanno più il DURC. In altre parole, poiché le pubbliche amministrazioni non hanno pagato, le imprese non hanno pagato a loro volta e il circolo vizioso, come è stato definito, si è innescato. Bisogna disinnescarlo. Come si fa per disinnescarlo ? Questo è il quesito. Questa è la domanda.
  Naturalmente, noi non possiamo pensare a una sorta di sanatoria, ma a un meccanismo che somigli a una remissione in termini – senza derogare al principio del DURC, intendiamoci, a regime o de futuro –, limitando l'intervento a ciò che è accaduto. Potrebbe essere una via.
  Che cosa ne pensate ? Avete immaginato una soluzione che aiuti a risolvere questo problema specifico ?

  MAURIZIO BERNARDO. Signor Presidente, io ho una curiosità. Non vorrei entrare nel merito dei contenuti, visto che i colleghi che mi hanno preceduto l'hanno fatto più che bene e che tutti abbiamo ascoltato – per la quale la ringrazio anch'io – la relazione del direttore generale di Confindustria anche per conto del presidente Squinzi.
  Credo che voi sappiate e siate informati che c’è in animo di arrivare ad affrontare prima il DEF e poi il provvedimento di cui stiamo parlando. In tal senso, io ho una curiosità, essendo voi dall'altra parte, anche se il lavoro, non soltanto con riguardo a un provvedimento come questo, ma anche in generale, viaggia nel rispetto delle posizioni in simbiosi. Il rischio altrimenti è che un provvedimento arrivi e ci sia la necessità di stravolgerlo. Non alludo comunque in particolar modo al tema di cui stiamo parlando.
  La curiosità che ho, al di là dei contenuti – poi ovviamente sentiremo le sue risposte – riguarda il vostro pensiero rispetto al vostro ruolo, con i giusti distinguo, e al fatto che noi avremo alcuni giorni di ritardo nell'approvare questo testo.
  L'idea maturata è quella di arrivare a trattare il DEF. Evito considerazioni di carattere politico in questo momento e credo che, in funzione di questo, l'onorevole Legnini, correlatore, ed io, anche sentendo i colleghi, avvertiremo l'esigenza, rispetto alle audizioni che si sono già svolte, di incontrare anche altre figure e altri organismi e auspicheremo che, a di là dell'immediatezza, il decreto porti a realizzare una serie di iniziative.
  In conclusione, perché il provvedimento vada avanti, ci sono alcuni aspetti temporali di cui tenere conto. Nel momento in cui noi ci prenderemo qualche giorno in più, per voi, per il sistema produttivo, le scadenze sono invece perentorie e precise. Come si può quindi, immaginando che quella del pagamento dei debiti verso le imprese sia una questione che riguarda l'oggi, pensare di avere spunti importanti rispetto a un calendario diverso da ieri ? Grazie.

  PRESIDENTE. Ringrazio entrambi i relatori.
  Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

  MARCELLA PANUCCI, Direttore generale di Confindustria. Sono state poste Pag. 17domande numerose e molto complesse. Mi scuso già in anticipo se non sarò in grado di rispondere a tutte con lo stesso livello di accuratezza.
  Seguo l'ordine cronologico e parto dalle domande dell'onorevole Galli. Sulle società partecipate ci potrebbe essere un problema di aiuti di Stato per quelle non in house. Questo è evidente. Per questo motivo noi suggeriamo di partire dalle società in house, che sono considerate ente analogo alla Pubblica amministrazione e, quindi, non solleverebbero problemi.
  L'onorevole Galli chiedeva se, in realtà, non sia implicito nel fatto che l'ente locale riceve la liquidità che poi provveda a trasmetterla alle società partecipate e che queste paghino.
  Secondo noi, no. Peraltro, non c’è alcun vincolo di calcolare il debito delle società partecipate e includerlo nella richiesta di spazio finanziario di anticipazione. Il comune, per esempio, potrebbe sostenere di non avere debiti in quanto comune, non calcolare quelli della società partecipata e non chiedere l'anticipazione, anche perché gli costerebbe in termini di restituzione e comunque ciò comporterebbe di pagare una rata di ammortamento con relativi interessi.
  Io temo, dunque, che non sia del tutto immediato il fatto che l'ente locale riceva la liquidità e poi la passi alle società partecipate.
  Sempre sulle società partecipate era stata posta un'altra domanda alla quale mi è impossibile rispondere. Esistono circa 7 mila società partecipate in Italia e fare una stima dei loro debiti è un esercizio quanto meno difficile, se non impossibile. Tuttavia, i segnali che ci arrivano soprattutto dalle regioni del Mezzogiorno indicano che una gran parte del debito degli enti locali risiede proprio nelle partecipate.
  Sul termine di pagamento sempre l'onorevole Galli chiedeva se, in realtà, non sia implicito il fatto che, non appena si riceve la liquidità, bisogna pagare. Il tema è che, però, come dicevamo prima, ci sono alcuni passaggi procedurali necessari per chiedere, per esempio, l'anticipazione, quali le delibere legislative che devono adottare i Consigli regionali, per i quali non è previsto un termine. Ciò potrebbe avere effetti dilatori e portare ad un ritardo nella richiesta di anticipazione e nella successiva liquidazione del debito.
  Il ruolo della Cassa depositi e prestiti è previsto, ma è minimale. Sarebbe stato un ruolo più importante laddove ci fossero state procedure centralizzate. In questo caso non riesco a vedere in che altro modo potrebbe intervenire. Magari riflettiamoci.
  Sulle semplificazioni procedurali, a parte il silenzio-assenso e i poteri sostitutivi, la questione è di tagliare i passaggi procedurali non necessari. Ci sono tavoli interistituzionali tra Ragioneria generale dello Stato, Ministero dell'economia e delle finanze ed enti locali. In quel caso, secondo noi, non servono, come dicevamo nella nostra relazione, perché esistono altri meccanismi di verifica del rispetto del ruolo degli enti, dei limiti e dei vincoli contabili.
  Sull'ampliamento dei debiti compensativi è stata posta una domanda sia dall'onorevole Taranto, sia dall'onorevole Galli, ma anche da altri parlamentari. Si pone una questione, che ha ben spiegato l'onorevole Galli, di estrema complessità nell'attuare queste compensazioni di debiti non paragonabili per tipologie e soprattutto per ente debitore. Si potrebbe cominciare in maniera più graduale, premesso che la compensazione a regime dovrebbe essere un meccanismo normale di definizione dei rapporti creditori tra imprese e pubbliche amministrazioni.
  Per esempio, si potrebbero ampliare le categorie di debiti fiscali compensativi, includendo quelli derivanti da transazioni fiscali, concordato preventivo e accordi di ristrutturazione dei debiti, oppure si potrebbe svolgere un controllo automatico e formale nelle dichiarazioni dei redditi. Si potrebbe, quindi, partire da categorie più omogenee, per poi arrivare a una compensabilità più generale.
  Peraltro, e arrivo anche al tema del DURC, che è stato posto, secondo me, con giusta preoccupazione da moltissimi parlamentari, la compensazione per il DURC Pag. 18è già prevista. È prevista dall'articolo 13, comma 5-bis del decreto-legge n. 52 del 2012, ma manca il decreto attuativo di competenza del Ministero dell'economia e delle finanze.
  Chiederei al sottosegretario Polillo di sollecitarne l'emanazione. Per noi va benissimo compensare un credito commerciale con un debito di natura contributiva. È una strada che sicuramente semplifica e che consente anche alle imprese di mettersi in regola con gli adempimenti contributivi e di ottenere finalmente il DURC. Quindi per me nessun problema, basterebbe questo decreto attuativo.
  La revisione della TARES è un tema piuttosto complicato. Chiederei poi alla collega fiscalista di svolgere alcune considerazioni. Vado oltre sulle domande e poi chiederò ai colleghi di integrarmi brevemente.
  Sulle tipologie di debiti la definizione che noi abbiamo proposto, quella di debiti per lavori, servizi e forniture, è una definizione inclusiva, che riguarda tutte le possibili categorie di crediti commerciali vantati dalle imprese verso le pubbliche amministrazioni. All'interno di questi il tema è quando scatta l'obbligo di pagamento.
  La prima versione del decreto era molto restrittiva, perché parlava di debiti certi, liquidi ed esigibili, ma non faceva riferimento alle fatture o ad altri meccanismi, come la dichiarazione del direttore dei lavori, nel caso di lavori. La versione successiva, poi approvata, del decreto, all'articolo 1 in particolare, chiarisce che vi rientrano anche le fatture e altri meccanismi.
  Una dichiarazione omologa rispetto alla direttiva sui ritardati pagamenti aiuterebbe, perché allineerebbe due provvedimenti normativi positivi che hanno le medesime finalità, uno quella di liquidare lo stock e l'altro quella di evitare che si riproduca in futuro.
  Onorevole Barbanti, la sua è una domanda da un milione di dollari. Non è dato sapere, al momento, se le amministrazioni stiano rispettando i termini di pagamento, ma abbiamo avviato un monitoraggio con le nostre associazioni territoriali e di categoria.
  La questione che mi preoccupa è che alcune amministrazioni, attraverso i presidenti di regione, hanno dichiarato, anche pubblicamente, che si stanno attrezzando affinché dal 2014 possano essere in grado di rispettare i termini di pagamento. Ciò lascia presumere – si trattava delle regioni più virtuose, non di quelle meno virtuose – che in questo anno, purtroppo, ci saranno ancora ritardi di pagamento.
  È vero che il ritardo, come dicevamo, ha un costo notevole per l'ente locale e, quindi, che c’è un disincentivo a ritardare, ma io temo che in questa fase non abbiamo ancora un adeguamento rispetto ai termini inderogabili che vorremmo vedere.
  Un altro punto molto importante da lei sollevato riguarda le certificazioni. Effettivamente, è necessario includere nel meccanismo di certificazione anche i debiti che attualmente ne sono esclusi, per esempio quelli delle regioni sottoposte a Piano di rientro per deficit sanitario. È un punto estremamente importante. Diversamente, si rischia di discriminare tra imprese di serie A, che ottengono il pagamento o la certificazione, e imprese di serie B, che purtroppo, data la natura della loro attività, sono destinate a non vedere mai i soldi.
  L'onorevole Buttiglione è andato via, ma io sono assolutamente d'accordo con lui sul fatto che non bisogna pagare debiti fasulli. Il tema di cui parlavamo quando abbiamo accennato al silenzio-assenso è quello di prevedere un meccanismo per cui l'impresa presenta la fattura e, se l'amministrazione non la contesta entro un tempo ragionevole – è onere dell'amministrazione contestarla – quella fattura si intende certificata.
  Anche in questo caso parliamo di Stato civile. Io ti presento una fattura, tu hai trenta giorni di tempo per dirmi sì o no. Se non lo fai, sarà tua la responsabilità, anche erariale, per non averlo fatto.
  Non abbiamo alcuna intenzione di ammettere a pagamento fatture contestate o fasulle, anzi, ci auguriamo che su questo Pag. 19fronte i controlli siano assolutamente rigorosi. Tuttavia, ci aspettiamo anche un'amministrazione che sia minimamente efficiente e che risponda alla domanda di un cittadino, sia esso impresa o persona fisica.
  Il tema dell'allineamento tra impegni di spesa e competenza e delle troppe contabilità è assolutamente centrale. Mi rendo conto che non potrà essere affrontato in sede di conversione del decreto-legge, perché richiederebbe un intervento più ampio. Peraltro, già attuare la riforma del 2009 porrebbe limiti all'attuale diversità esistente.
  Tuttavia, è un tema che va affrontato, così come va affrontato il tema del patto di stabilità interno, altrimenti ci ritroveremo da qui a cinque anni con un nuovo stock di debito pregresso e interessi moratori veramente imponenti, che dovranno essere nuovamente liquidati con operazioni straordinarie.
  Sul meccanismo di certificazione con data, l'onorevole Legnini ha ragione: presentare gli elenchi significa certificare senza data, e questo è un problema. Si potrebbe immaginare per gli enti che non hanno problemi con il patto di stabilità interno la possibilità di rilasciare certificazioni con la data.
  È un tema su cui stiamo comunque lavorando anche con il Ministero dell'economia e delle finanze e con la Consip per migliorare questo meccanismo e consentire effettivamente di conferire certezza anche alle certificazioni. Ripeto, lo sconto del credito in banca rimane comunque un meccanismo molto importante per compensare chi non riuscisse a rientrare nell'ambito di applicazione del decreto-legge.
  L'onorevole Bernardo pone un altro problema. È essenziale procedere con la massima rapidità alla conversione del decreto-legge. Ricordo, peraltro, a me stessa che il decreto è in vigore già dal giorno dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e che, quindi, viene applicato dalle amministrazioni già da quel giorno, o auspichiamo che lo sia.
  Ritardare la conversione del provvedimento significherebbe creare incertezza sugli esiti della conversione stessa. Significherebbe che si potrebbero modificare le norme e che l'amministrazione venendolo a sapere potrebbe, quindi, bloccare le procedure, nonostante i termini già previsti, e ritardare il processo di liquidazione.
  Per noi è essenziale e prioritario procedere alla conversione del decreto in tempi rapidi, anche se ci costa un sacrificio in termini di miglioramenti testuali del decreto, perché la certezza in questa fase è assolutamente essenziale. Dal nostro punto di vista, sarebbe meglio procedere col decreto-legge e affrontare gli altri temi successivamente. Ovviamente è un suggerimento.
  Chiederei ora a Luca Paolazzi di rispondere alle domande di natura più strettamente economica, e poi a Francesca Mariotti, se siamo ancora in tempo, di fare un punto sulla TARES. Grazie.

  LUCA PAOLAZZI, Direttore del Centro studi di Confindustria. L'onorevole Taranto ha chiesto un confronto fra le stime di impatto del provvedimento effettuate dal Governo, peraltro contenute nel DEF oltre che nella risoluzione, e le nostre. Credo che tali stime siano difficilmente commensurabili, perché cambiano due aspetti rilevanti.
  Il primo è l'ammontare e il secondo la tempistica dell'erogazione. Noi partivamo da 48 miliardi concentrati sui debiti pregressi pagati e liquidati subito e avevamo una stima di uno 0,3 per cento il primo anno, di uno 0,3 per cento il secondo anno e di uno 0,4 per cento il quarto anno. Si trattava di un 1 per cento cumulato. Il Governo, invece, con un ammontare inferiore, diluito nel tempo, fornisce stime che ci sembrano un po’ più elevate. Da questo punto di vista, forse sono sovrastimate.
  Teniamo conto che abbiamo dovuto svolgere un'ulteriore riflessione per capire come una liquidazione di un debito che diventa una riduzione di un credito e passa attraverso lo stato patrimoniale si trasferisca nel conto economico e stimoli Pag. 20investimenti ulteriori, diventando, in realtà, attivazione di ulteriore crescita economica.
  Mi domando, peraltro, come, se si posticipa l'analisi di questo provvedimento a quella del DEF, non si abbia un ulteriore ritardo e non si pregiudichino gli stessi risultati che nel DEF vengono iscritti.
  Riguardo a quanto osservato dall'onorevole Galli sulle compensazioni e al modo di distinguere fra entrate correnti e dovute alle compensazioni, è un tema molto delicato e interessante, che andrebbe trattato preliminarmente con Eurostat.
  È Eurostat, infatti, che decide quali compensazioni, di volta in volta, possono generare maggior deficit o meno. In linea di principio non dovrebbero generare maggior deficit, perché sono entrate di competenza, ma abbiamo verificato che in realtà nessuno lo sa. Non lo sa l'ISTAT, ragion per cui bisognerebbe rivolgere un'interrogazione specifica a Eurostat.
  La stessa Eurostat, peraltro, sarebbe disponibile a spalmare nel tempo, retrocedendo, l'ammontare dei rimborsi di debiti in conto capitale, qualora la documentazione disponibile non si limitasse alla sola fattura, ma ci fossero anche documentazioni che attestano che tale fattura è legata ai lavori effettuati in un determinato anno.
  L'ISTAT ci ha riferito ciò molto chiaramente. Sarebbe importante arricchire la documentazione in questo senso. Si allontanerebbe il famigerato tetto del 3 per cento e si aiuterebbe anche ad ampliare la somma, sia per quest'anno, sia per gli anni futuri.
  Mi permetto di tornare sulla questione dei crediti fasulli. Esiste sempre una presunzione di colpevolezza delle imprese che forse andrebbe un po’ sgombrata. Credo innanzitutto che ci sia uno stock veramente ampio di debiti e che esso vada pagato. Starà poi, come diceva il direttore Panucci, ai controlli successivi verificare se c’è qualcosa che non andava o meno.
  Quanto a ritornare sulla questione dei deficit eccessivi come meccanismi di ritardato pagamento, in questo momento, con una disponibilità delle autorità europee a una maggiore flessibilità, forse non è il caso che ci procuriamo direttamente la corda con cui impiccarci.
  Riguardo alla certificazione con data o senza data, secondo me anche questo aspetto ritorna al principio precedente. Finora si era sempre stabilito di non inserire la data perché, nella misura in cui inseriamo la data, il debito diventa certo e, quindi, finisce nel debito pubblico.
  È vero che questo cambierebbe i saldi da finanziare e la cornice dei conti pubblici, ma, nella misura in cui l'Unione europea ci consente di muoverci con più libertà, sta solo al Governo e al Parlamento decidere di andare in quella direzione. Finora ci si era mossi sempre senza data per paura di incorrere in una sanzione legata all'aumento del debito pubblico. Questa sanzione per l'aumento del debito pubblico mi sembra essere venuta meno.

  FRANCESCA MARIOTTI, Dirigente dell'Area politiche fiscali di Confindustria. La TARES è destinata alla copertura del servizio comunale per la gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti cosiddetti assimilati a quelli urbani. Da questo punto di vista, il decreto-legge, molto opportunamente, introduce una norma che esclude dall'applicazione del tributo le aree scoperte pertinenziali e accessorie, quali, per esempio, le aree verdi e i parcheggi, che non sono suscettibili di produrre rifiuti urbani o rifiuti assimilati agli urbani.
  In questa linea noi chiediamo di ripristinare una precedente definizione, introdotta peraltro nel decreto Ronchi, e di giungere così all'esclusione delle aree di lavorazione industriale suscettibili di produrre rifiuti speciali che le imprese devono necessariamente smaltire attraverso l'utilizzo di soggetti diversi, come i consorzi per lo smaltimento di tali rifiuti speciali, e non avvalendosi, invece, dei servizi comunali.
  Il mantenimento nella base imponibile dell'imposta anche di questi locali condurrebbe evidentemente a una duplicazione impositiva che non ha grande giustificazione. Questo è il macro-problema per il Pag. 21quale noi chiediamo comunque un rinvio, necessitato anche dalle difficoltà degli stessi comuni a definire i regolamenti per l'applicazione del tributo e ad addivenire alla sua nuova gestione.

  PRESIDENTE. Ringrazio l'avvocato Francesca Mariotti, il dottor Luca Paolazzi, l'avvocato Marcella Panucci e tutti gli altri rappresentanti di Confindustria.
  Dichiaro conclusa l'audizione e sospendo brevemente la seduta.

  La seduta, sospesa alle 10,30, è ripresa alle 10,35.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA COMMISSIONE SPECIALE PER L'ESAME DI ATTI DEL GOVERNO DELLA CAMERA DEI DEPUTATI GIANCARLO GIORGETTI

Audizione di rappresentanti di R.ETE. Imprese Italia.

  PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nel quadro dell'indagine conoscitiva relativa all'esame del decreto-legge n. 35 del 2013 recante disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione, per il riequilibrio finanziario degli enti territoriali, nonché in materia di versamento di tributi degli enti locali, l'audizione di rappresentanti di R.ETE. Imprese Italia, cui do il benvenuto.
  Prima di avviare l'audizione, vorrei anticiparvi le conclusioni della Conferenza dei presidenti di Gruppo cui ha partecipato il nostro valente rappresentante, il vicepresidente Baretta. Naturalmente, dovremo formalizzare la questione con un'ulteriore riunione della Conferenza dei capigruppo. In linea di massima, l'esame del Documento di economia e finanza viene anticipato rispetto all'iter di questo decreto-legge. Ciò vuol dire che la settimana prossima (lunedì, martedì e mercoledì) la Commissione si occuperà del DEF, con le audizioni e con l'esame del testo, naturalmente in contemporanea con il Senato. Per quanto riguarda il DEF, andremo in Aula lunedì 29 e martedì 30, mentre per quanto riguarda il decreto-legge di cui ci stiamo occupando dovremo concordare, in una riunione della Conferenza dei capigruppo che convocheremo presto, il termine per la presentazione degli emendamenti, che potrebbe utilmente slittare di qualche giorno, e tutto l'iter, che dovrebbe concludersi per approdare in Aula il 6 maggio.
  Queste sono le conclusioni, che vi ho anticipato a beneficio di tutti. Riuniremo l'Ufficio di presidenza, allargato ai rappresentanti dei gruppi, per definire esattamente i nostri lavori.
  Anticipo inoltre che i due relatori, cui darei la parola, mi hanno fatto presente che vorrebbero chiedere un'integrazione delle audizioni.

  MAURIZIO BERNARDO. Sì, presidente, vorremmo audire la dottoressa Pecorella, responsabile per le politiche fiscali del MEF, e il dottor Befera, direttore generale dell'Agenzia delle entrate.

  PRESIDENTE. Invito a verificare anche con gli interessati se sia possibile svolgere queste audizioni nella giornata di domani.
  Chiedo scusa ai nostri ospiti, ma questa è un'informazione ai «naviganti», anche nella nebbia, che oggi mi ha fortemente penalizzato.

  GIOVANNI LEGNINI. Presidente, potremmo approfittare di questa finestra sull'ordine dei lavori per ridefinire...

  PRESIDENTE. Lo faremo nel corso della riunione dell'Ufficio di presidenza, non adesso.
  Avverto che abbiamo concordato il contingentamento dei tempi. Invito quindi i gruppi a organizzarsi per svolgere gli interventi nei tempi consentiti.
  Diamo il benvenuto ai rappresentanti di R.ETE. Imprese Italia, che sono, come al solito, numerosi.
  Do la parola al dottor Ivan Malavasi, presidente del CNA.

Pag. 22

  IVAN MALAVASI, Presidente della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media Impresa (CNA). Buongiorno a tutti. Abbiamo letto i tempi di contingentamento. Io partirò facendo risparmio del tempo che mi è riservato nella parte introduttiva, in quanto leggerò una sintesi di un documento che è stato distribuito questa mattina. Domani, successivamente a questo dibattito, presenteremo anche dei suggerimenti per una eventuale modifica del decreto-legge.
  Ringrazio i presidenti, gli onorevoli, i senatori e i membri delle Commissioni speciali, per l'invito rivolto a R.ETE. Imprese Italia in relazione all'esame del decreto-legge n. 35 recante disposizioni urgenti per il pagamento dei debiti scaduti della pubblica amministrazione.
  Mi corre l'obbligo di cominciare il mio intervento con le parole contenute nella relazione del gruppo di lavoro in materia economico-sociale ed europea, istituito il 30 marzo 2013 dal Presidente della Repubblica: «Per molti anni le pubbliche amministrazioni hanno saldato i debiti commerciali dovuti alle imprese con un riprovevole ritardo. I saggi invitano a procedere nei tempi più rapidi possibili per assicurare alle aziende, attraverso il recupero di quanto loro dovuto, un'importante linfa finanziaria suscettibile di effetti positivi sulla crescita, e pongono in chiara evidenza l'opportunità di saldare l'intero debito commerciale sociale pregresso prima del 2015, anno in cui inizia l'obbligo europeo di progressiva riduzione del debito pubblico».
  Condividendo appieno le parole dei saggi riscontriamo, invece, che il provvedimento in discussione non mette al centro dell'attenzione il diritto delle imprese ad essere pagate, ma si basa sulla regolazione degli scambi tra pubbliche amministrazioni. Esso prevede, peraltro, modalità attuative complesse ed articolate, che, da un lato, non assicurano l'effettivo espletamento delle procedure nei tempi previsti, e, dall'altro, non garantiscono che le risposte individuate dallo Stato per sopperire all'esigenze immediate di cassa giungano effettivamente a disposizione dei pagamenti delle imprese.
  Nel contempo, la capacità di resistenza delle nostre imprese è allo stremo. Mancano le disponibilità finanziarie e le banche stanno forzando la richiesta di rientro delle anticipazioni su fatture scadute. A queste imprese il decreto avrebbe dovuto dare risposte certe, che invece non arriveranno.
  Detto questo, avremmo preferito chiedere una nuova stesura integrale del decreto. Il senso di responsabilità nell'attuale fase economico-sociale ci impone, però, un atteggiamento di leale collaborazione. Proprio per questo, ci limitiamo ad intervenire sulla struttura del decreto-legge, per garantire finalmente alle imprese creditrici il pagamento dei crediti certi liquidi ed esigibili.
  Rileviamo nel decreto-legge diversi profili di criticità. Innanzitutto, i meccanismi sono volti a regolare i rapporti tra le diverse amministrazioni, ai fini dell'individuazione dei debiti e della ripartizione delle risorse straordinarie messe a disposizione dello Stato a titolo di anticipazione.
  In secondo luogo, le regioni devono adottare, al fine di accedere alle anticipazioni messe a disposizione del Ministero dell'economia e delle finanze, misure anche legislative per assicurare la copertura dei rimborsi.
  Il terzo elemento di criticità è che, rispetto alla normativa vigente, il decreto estende la possibilità di compensazione di crediti certificati ai soli debiti fiscali dovuti in base ad istituti di contenzioso tributario, quali l'accertamento con adesione, la conciliazione giudiziale e l'acquiescenza. Ne consegue che le uniche imprese che possono compensare sono quelle che si trovano in sostanziale posizione di inadempienza rispetto ai propri obblighi tributari previdenziali e assistenziali.
  Il quarto fattore di criticità è rappresentato dal fatto che in tutte le fasi procedurali l'iniziativa è demandata alle pubbliche amministrazioni, chiamate a mettere in atto adempimenti cogenti e Pag. 23complessi, con il rischio di non rispettare i tempi e creare situazioni differenziate a livello territoriale.
  La quinta criticità è data dal fatto che le risorse stanziate dal decreto sono insufficienti rispetto all'esigenza di pagare l'ammontare dei debiti accumulati verso il sistema delle imprese. Tuttavia, si è consapevoli dei limiti della finanza pubblica.
  Osserviamo in ultimo che è fondamentale che le risorse stanziate entrino quanto prima nel ciclo produttivo, e che le risorse trasferite dalle regioni agli enti locali siano utilizzate esclusivamente per il pagamento dei debiti commerciali.
  R.ETE. Imprese Italia ritiene di salvaguardare l'impianto di base del decreto, considerando che i tempi imposti dallo stesso sono comunque ravvicinati, almeno per quanto riguarda il 2013, ma che occorre nel contempo assicurare alle imprese, attraverso l'introduzione di una clausola di salvaguardia, la possibilità di attivarsi in caso di mancato adempimento da parte delle singole amministrazioni. L'obiettivo è quello di dare alle imprese creditrici e alle amministrazioni inadempienti la possibilità di compensazione del proprio credito commerciale con somme dovute a titolo tributario, previdenziale e assistenziale.
  Un presupposto per la compensazione dei crediti rimane la loro certificazione. La mancata registrazione dell'amministrazione debitrice sulla piattaforma elettronica non può costituire motivo ostativo per la presentazione, da parte del creditore, dell'istanza di ricognizione del credito. L'eventuale silenzio, trascorsi 30 giorni, deve essere equiparato ad un atto di certificazione del credito.
  R.ETE. Imprese Italia ritiene che la compensazione rappresenti una soluzione realmente efficace per sopperire alle inadempienze delle amministrazioni e per conseguire le finalità del decreto. Per assicurare il rispetto dei tetti massimi di copertura finanziaria stabiliti dal decreto, si propone di definire preventivamente i filtri ai crediti utilizzati in compensazione, procedendo per blocchi secondo un ordine cronologico.
  L'articolo 10 del decreto-legge riguarda la materia fiscale, con modifiche alla disciplina sull'imposta municipale propria (IMU) e sulla TARES. Non ci stanchiamo di ripetere che le imprese, oltre ad essere sottoposte ad una pressione fiscale insostenibile, della quale siete certamente consapevoli, devono subire anche pesanti oneri burocratici dovuti alla numerosità e complessità degli adempimenti fiscali. Servono invece regole semplici e certe, tali da sollevare i contribuenti dall'effettuazione di calcoli complessi, causati dalle continue variazioni delle procedure di determinazione delle imposte e dei tributi.
  Occorre evitare che ciò accada per il pagamento dell'IMU nel corrente anno. La modifica dei termini di pubblicazione delle delibere di approvazione delle aliquote e della detrazione dell'IMU, introdotta dal decreto in esame, è destinata a creare notevoli disagi sia ai contribuenti sia i soggetti che presentano assistenza fiscale, ed è quindi assolutamente indispensabile rimuoverla. È necessario stabilire che il calcolo della prima rata dell'IMU vada eseguito utilizzando esclusivamente le aliquote e la detrazione di imposta deliberate per l'anno precedente, fermo restando il conguaglio in sede di seconda rata, da effettuarsi con riferimento alle aliquote e alla detrazione deliberate per l'anno corrente. Analoghe problematiche si presentano anche con riferimento al versamento della seconda rata dell'imposta, se non si anticipa il termine di pubblicazione delle delibere.
  Un'ulteriore modifica della disciplina dell'IMU, introdotta dal decreto in esame, riguarda i termini di presentazione della dichiarazione dell'imposta, non in linea con il principio di semplificazione degli adempimenti dichiarativi dei contribuenti, che dovrebbero prevedere un unico termine annuale di presentazione di tutte le dichiarazioni.
  Desideriamo inoltre esprimere forte preoccupazione per le disposizioni introdotte sul tema della TARES. Sorprende e preoccupa, infatti, la scelta di non aver disposto alcuna proroga del nuovo tributo e di essersi invece limitati a differire Pag. 24l'applicazione delle regole di determinazione della TARES a dicembre, producendo incrementi che incideranno sulla gran parte delle imprese, in considerazione dell'aggiunta della quota servizi che dovrebbe essere corrisposta direttamente allo Stato, in ragione di servizi erogati però dai comuni. Si tratta quindi di una vera e propria tassa patrimoniale mascherata da tributo, che determinerà un carico fiscale aggiuntivo rispetto all'IMU e una duplicazione di oneri tributari. Cittadini e imprese finiranno infatti per pagare due volte sulla stessa base imponibile gli stessi servizi che anche l'IMU è chiamata a finanziare, come l'illuminazione pubblica, la manutenzione di strade, il verde eccetera.

  PRESIDENTE. La ringrazio anche per aver letto la relazione dei cosiddetti «saggi». Non pensavamo che avesse tanto successo.
  Do ora la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

  GIAN CARLO SANGALLI. Ringrazio il presidente Malavasi per la sintesi delle problematiche, che sono ben presenti a questo Parlamento, e anche in gran parte condivise e sostenute dal nostro gruppo.
  Io vedo sostanzialmente due filoni di ragionamento su cui impostate la vostra proposta di modifica di questo decreto, dentro un cappello che contiene tutto, ossia la necessità che questo decreto sia finalizzato a pagare le imprese e a farlo rapidamente, e non a riposizionare i fondi ai diversi livelli delle amministrazioni. Da questo derivano le due traiettorie.
  Da una parte, c’è la semplificazione nel decreto. Su questo lavoreremo, in quanto il decreto, pur essendo già operativo, dovrà essere migliorato e semplificato, soprattutto togliendo di mezzo tutti quei passaggi che prevedono che più amministrazioni debbano mettersi d'accordo tra di loro. Infatti il vero onere diventa questo. Con tempi non dati e con modalità indefinite, siamo di fronte a un grande porto delle nebbie. Ovviamente, sulla semplificazione l'accordo è forte.
  C’è invece la necessità di approfondire insieme, pur essendo in assoluta convergenza con le vostre vedute, il tema della certificazione e quello delle compensazioni. Questi due temi sono molto importanti e delicati nell'equilibrio di finanza pubblica. Dobbiamo riuscire a trovare un modo che consenta alle diverse amministrazioni di operare con rapidità e, contemporaneamente, di non far saltare il banco dello stock di debito e il banco finanziario dello Stato.
  Siamo quindi in una condizione nella quale dovremmo collaborare per riuscire a certificare con metodologie certe e con tempi che non siano quelli biblici delle amministrazioni, ma che contemporaneamente non siano di un automatismo tale da mettere le amministrazioni stesse in una condizione difficile. Credo che su questo dovremmo proprio aprire un confronto molto serrato e di tipo operativo. Spero che il Ministero dell'economia e delle finanze non diventi un imbuto, anche in questa circostanza e anche su questa questione.
  Sul tema delle compensazioni, direi che queste, ovviamente, rappresentano il meccanismo più facile per riuscire a pagare i debiti. Voi ponete un'obiezione, che io trovo molto seria e che non ho sentito da altre organizzazioni: compensano quelli che hanno delle condizioni da compensare, ovvero che hanno ritardi o che non hanno pagato. Neanch'io vorrei che, ancora una volta, ci fosse un privilegio per quelli più furbi. Sono d'accordo con voi su questo punto.
  D'altra parte, però, la compensazione è un meccanismo che può essere molto fluido, tanto più se la si può fare sui due versanti. Se ci sono cose da pagare che rientrano nella fisiologia di ciò che un'impresa deve pagare, si può compensare su quella parte.
  Ho notato che avete sottolineato molto le parti fiscali, e sono d'accordo con voi. Apprezzo il fatto che, invece, avete lasciato aperta una strada per verificare il tema del DURC e della legittimità. Il DURC è un atto di legittimazione dell'impresa. D'altra parte, è anche vero che se un'impresa non Pag. 25viene pagata, non può pagare i contributi previdenziali e quindi non può avere il DURC successivo.
  Noi stiamo studiando eventuali forme di compensazione a monte, anche in seguito alle sollecitazioni di altre organizzazioni e ai colloqui avuti con voi più volte. In questo modo, si potrebbe consentire un adempimento irrinunciabile dal punto di vista del diritto, e contemporaneamente mettere le imprese nella condizione di poter operare senza entrare nella patologia del DURC, non emettibile perché, non essendo pagati, non sono stati pagati i contributi. Vi ringrazio molto. Le vostre osservazioni sono molto utili. Sulla parte relativa alla TARES, avremo modo di approfondire successivamente.

  ANGELO RUGHETTI. Anch'io ringrazio il presidente Malavasi per la relazione che ci ha illustrato.
  Il collega Sangalli ha già accennato alla necessità di semplificare il decreto. Se non ho capito male, nella vostra proposta si parla di silenzio-assenso. Vorrei capire se è anche inquadrabile un altro tipo di intervento, che potrebbe dividere in due fasi tutta la procedura: una sorta di fase esterna che riguarda i rapporti tra imprese e Pubblica amministrazione, e che si conclude appunto con la certificazione e quindi con un riconoscimento formale del debito – anche se i tempi non possono esser certi, altrimenti scattano tutte le questioni relative al Patto di stabilità – e una fase interna tra le pubbliche amministrazioni per tutte le compensazioni che riguardano i rapporti fra Stato e regioni, tra Stato e comuni, e tra regioni e comuni.
  In questo modo si potrebbe rendere immediatamente liquido il titolo che ha in mano l'impresa, che potrebbe ricevere il pagamento direttamente dalla Cassa depositi e prestiti o da una banca, secondo una procedura che è stato seguita, per esempio, per il terremoto in Emilia-Romagna e che sembra abbia dato qualche risultato positivo.
  Il secondo tema che vorrei porvi è la discriminazione tra imprese, di cui non ho sentito parlare. Oggi si rischia che, a parità di situazioni, vi siano due trattamenti diversi. Faccio un esempio concreto: l'impresa che ha presentato la fattura il 29 dicembre, rientra nell'ambito del decreto-legge, mentre l'impresa che ha presentato la fattura il 3 gennaio, non sembrerebbe rientrare dentro questo ambito.
  Questo fatto ha un rovescio della medaglia sul fronte dei comuni. Infatti, noi in questo modo garantiremmo una provvista sia di deficit che di liquidità per i comuni che non sono in regola con i pagamenti, mentre i comuni «virtuosi» ne verrebbero esclusi, perché hanno già pagato e continuano a pagare secondo i tempi dati. Faccio notare che ad oggi sono stati già pagati più o meno 3,5 miliardi di spesa in conto capitale da parte dei comuni «virtuosi», che verrebbero esclusi da questo alleggerimento.
  La terza questione, più tecnica, riguarda la definizione dell'articolo 1, comma 1, sull'oggetto sottoposto al pagamento. C’è una definizione sulla quale si sta discutendo. Mi sembra che stia emergendo la necessità di allineare quella definizione con quella contenuta nella direttiva sui pagamenti, per avere un'omogeneità di trattamento. Vorrei capire se voi avete proposte su questo tema.
  L'ultima questione riguarda l'IMU, rispetto ai tempi dei pagamenti e alle aliquote. Ricordo a me stesso che ad oggi c’è un disallineamento che forse andrebbe corretto. Infatti, la delibera di adozione dell'aliquota deve essere assunta entro il 30 aprile, mentre i bilanci di previsione sono fissati al 30 giugno. C’è quindi il rischio che, se i comuni non conoscono la situazione sulla base della quale fare i bilanci di previsione, essi saranno portati ad aumentare l'aliquota di base, in attesa di conoscere quello che succede. Per questo motivo, la vostra dovrebbe essere una proposta utile per facilitare il compito dei comuni. Grazie.

  RENATA POLVERINI. Ringrazio i rappresentanti dell'associazione R.ETE. Imprese. Porrò alcune domande. Innanzitutto, mi pare che ci sia il timore da parte dell'associazione che le imprese inadempienti Pag. 26abbiano una via privilegiata rispetto ai crediti che debbono riscuotere. Al tempo stesso, in molte delle audizioni che ci sono state in questi giorni, è prevalso il timore, rispetto al DURC, che le imprese che non hanno riscosso i crediti dalla Pubblica amministrazione e, di conseguenza, non hanno potuto pagare i contributi, non siano al tempo stesso messe nelle condizioni di avere questo documento e, in alcuni casi, non possano accedere più a lavori, in particolare nella Pubblica amministrazione e, in altri casi più drammatici, addirittura chiudano.
  Bisognerebbe capire qual è il punto di sintesi entro il quale garantire che le imprese sane, ossia quelle che hanno comunque rispettato gli impegni nei confronti del fisco e della previdenza, possano accedere a questo meccanismo, ma al tempo stesso, non dico privilegiare, ma mettere nelle condizioni di operare anche le altre imprese. Abbiamo avuto delle proposte da alcune associazioni e altre sono già in corso in alcune regioni. Sarebbe utile, almeno per me, comprendere meglio qual è il meccanismo che voi proponete.
  Passo alla seconda questione. Voi parlate di un provvedimento che non prevede alcun meccanismo operativo che consenta alle reti di ottenere in via diretta il pagamento di quanto dovuto. Inoltre, anche voi, come ha già fatto Confindustria, proponete la clausola del silenzio-assenso. È vero che c’è la necessità da parte delle imprese di avere certezza di poter accedere al pagamento tramite questa banca dati. Tuttavia, io non credo che sia possibile che da parte dell'ente non ci sia la certificazione che quel credito è effettivamente esigibile. Secondo me, la modalità del silenzio-assenso è abbastanza complessa.
  Inoltre, fate riferimento, per il blocco dei pagamenti, al criterio cronologico. Anche su questo, ripropongo la domanda che ho fatto ieri. È l'unico criterio che voi ritenete valido, oppure c’è la necessità di inserire qualche altro criterio che possa avere a che fare per esempio con la grandezza delle imprese ? Magari una grande impresa può avere maggiore possibilità di sostenere crediti da riscuotere rispetto a una piccola o a una microimpresa. Oppure, potrebbe essere inserito qualche altro criterio rispetto alle tipologie del lavoro o del servizio offerto.
  Infine, credo che sulla TARES, oltre alla necessità di spostare la data, si debba andare da parte della Commissione ad un approfondimento. Secondo me, la composizione del tributo e le modalità di riscossione da parte dei comuni creeranno di qui a breve non pochi problemi, sia al sistema pubblico sia alle imprese.

  RAFFAELLO VIGNALI. Sarò molto breve, anche perché alcuni temi sono già stati sollevati. Innanzitutto, grazie per la relazione. Chiedo un approfondimento sulla questione della certificazione. Visto che comunque questo è considerato dall'Europa un provvedimento una tantum, credo che ci sia anche un aspetto delicatissimo: il rischio è che quello che non è inserito nella piattaforma non venga più riconosciuto come debito, e quindi vada in cavalleria.
  Riguardo all'autocertificazione, c’è bisogno di formule che ci consentano di operare. Ieri la Ragioneria dello Stato diceva che sono contenti perché sono aumentati gli enti che hanno inserito dati sulla piattaforma, che sono arrivati a 2.100. Tuttavia, gli enti sono 20 mila e il 30 aprile è vicino. Se avete approfondimenti o spunti ulteriori su questo, credo che ci potrebbero essere utili.
  In secondo luogo, sulle compensazioni – lo dico soprattutto per chiarezza mia – ci sono due aspetti che ogni tanto si sovrappongono nella discussione. Un aspetto riguarda la compensazione sui crediti fiscali. Ieri la Ragioneria ci ha detto che l'anticipo al 2013 crea problemi e che comunque il monte sarebbe lo stesso. Quindi, se anticipiamo al 2013 la compensazione dei crediti fiscali, togliamo risorse al monte dei pagamenti degli arretrati. Se ho capito bene, questo è quello che ieri ci ha detto la Ragioneria.
  Diverso è il discorso della compensazione dei crediti commerciali, come diceva Pag. 27giustamente lei, con altre forme di debiti, fiscali, previdenziali e assistenziali, che le imprese hanno. Mentre nel primo caso abbiamo un costo per l'erario, in questo caso, se mai, ci sarebbe una partita di giro, in quanto le somme messe a disposizione rientrerebbero o nel bilancio degli enti previdenziali o in quello del fisco.
  Io credo che questa sarebbe la strada più semplice e che verrebbe incontro anche a tante problematiche che sono state sollevate rispetto al problema del DURC. Se noi consentiamo la compensazione, come voi la proponente, andiamo anche a sanare situazioni pregresse.
  Ci sono due obiezioni che vengono avanzate dal Ministero dell'economia e delle finanze. La prima riguarda il tetto. Credo che su questo lei abbia già in parte risposto. Per intenderci, se usiamo un criterio temporale, sappiamo esattamente dove dobbiamo tirare la riga. Dall'altro lato, c’è la complessità. Vi chiedo se avete suggerimenti per rispondere a questa obiezione. Francamente, io tendo a non accettare questa obiezione. Se devono andare a recuperare un euro sanno come fare e quindi, che vadano a recuperare queste somme dalle amministrazioni così come fanno con le imprese. Che usino Equitalia o facciano come credono, penso che questo vada fatto.

  SERGIO PUGLIA. Signor Presidente, ci troviamo di fronte a una situazione quasi metafisica, dove il sinallagma tra prestazione e controprestazione sembra dover avere una norma che vada a regolare il pagamento, mentre normalmente quando prendiamo una cosa la paghiamo. In questo caso le imprese hanno fornito un bene o un servizio e ancora devono essere pagate. Sembra veramente strano. Siamo in una situazione abbastanza particolare.
  Nella risoluzione, noi avevamo fatto inserire le compensazioni sia fiscali che previdenziali, per evitare anche il problema DURC, di cui proprio personalmente avevo già parlato in Commissione il 27 marzo scorso. In questo decreto non solo le compensazioni previdenziali sono state eliminate, ma anche quelle fiscali da poter ricompensare sono solo riferite a debiti fiscali in fase di accertamento, come anche voi avete rilevato.
  Ritenete che un allargamento del genere possa sostituirsi rispetto, per esempio, ad una proposta, che pure è stata fatta, di autocertificazione ? Queste compensazioni, sia fiscali correnti che previdenziali correnti, possono dare il beneficio auspicato anche per evitare troppi balzelli burocratici, che purtroppo questo decreto ad oggi sembra ancora avere al suo interno ? Grazie.

  RAFFAELE VOLPI. Innanzitutto vorrei ringraziare, e non per formalità, la rappresentanza di R.ETE. Imprese Italia.
  Il contenuto del documento è indubbiamente complesso, ma il mio ringraziamento è duplice, in quanto queste prime frasi dell’incipit del documento riassumono il sentire comune. Si afferma che le aziende non hanno più disponibilità finanziaria e che le banche chiedono il rientro, ma, nonostante questo, ancora una volta, si dà fiducia alla politica e si cerca una leale collaborazione. Penso che questo sia centrale. Credo che sia fondamentale che ci sia una collaborazione che non può finire qua, soprattutto in particolari settori.
  Io sono qui a chiedervi di collaborare anche dopo e vi spiego brevemente il mio pensiero, in particolare su alcune situazioni. Non è accettabile che le pubbliche amministrazioni non certifichino la situazione debitoria. Su questo punto, è evidente che si può passare a soluzioni transitorie, come un'autocertificazione del debito. Insieme, dobbiamo però trovare una maniera cogente perché le amministrazioni si prendano delle responsabilità specifiche e gli amministratori inadempienti si prendono altrettante responsabilità specifiche.
  Vi ringrazio anche per aver affermato che vorreste cambiare tutto il decreto, ma intanto ci accontentiamo di questo. Ci vorrebbe una collaborazione estremamente seria e specifica nel denunciare insieme le amministrazioni che non faranno quello che devono fare. Purtroppo Pag. 28non ci possiamo assolutamente più permettere che qualcuno giochi su determinate ambiguità e metta ulteriormente in difficoltà il sistema produttivo esteso che voi rappresentate, a livello di commercio e di impresa. Non possiamo più permettercelo.
  Io non voglio dilungarmi molto. Il documento è estremamente chiaro e anche i colleghi hanno evidenziato con chiarezza le problematiche relative alla compensazione. Vorrei però dire una cosa. Mi rivolgo ai colleghi e al Presidente Giorgetti. Stiamo ancora parlando dell'IMU. Faccio una domanda, magari non sapendone più di tanto. L'IMU è incostituzionale, e lo è ancora di più di fronte alla sperequazione che c’è per le imprese. Le imprese si fanno concorrenza fra loro; le aliquote sono diverse a seconda delle amministrazioni e, quindi, la stessa impresa, con lo stesso lavoro, avrà un peso fiscale diverso, perché qualcuno non ha capito che c’è un profilo di incostituzionalità.
  Spero che questa sia l'occasione per dirci quello che pensiamo. Vi chiedo quanta collaborazione e quanta fiducia volete ancora darci e quanta capacità di colloquiare abbiamo ancora. Non vi domando i tempi, perché so che i tempi sono finiti. Su questi temi, noi ci siamo. Penso però che vadano specificate, al di fuori dei tecnicismi, alcune situazioni, in particolare quella delle compensazioni e quella dell'IMU, che non possono rimanere sottaciute.
  L'eguaglianza nel mondo del lavoro, sia da una parte che dall'altra, deve essere specifica. Quindi, le amministrazioni devono trovare il modo di garantire il credito. Comunque, il discorso dell'IMU non può essere sperequativo per chi fa lo stesso mestiere. Grazie.

  PRESIDENTE. Do la parola al dottor Malavasi per la replica.

  IVAN MALAVASI, Presidente della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media Impresa (CNA). Io passerei la parola al collega Gaiotti, perché molte domande sono di natura tecnica e quindi, essendo lui un fiscalista, forse vi capirete meglio. In seguito, farò una riflessione finale come R.ETE. Imprese Italia.

  LUCIANO GAIOTTI, Direttore politiche e servizi per il sistema di Confcommercio-Imprese per l'Italia. Cercherò di dare una risposta trasversale.
  Ringrazio innanzitutto per le domande, che sono stimolanti e, in qualche maniera, ci danno riscontro del fatto che nei giorni scorsi abbiamo passato un bel po’ di tempo a ragionare su questo decreto, cercando di sviscerare i punti che sono stati sollevati questa mattina.
  Vorrei illustrare brevemente il punto da dove partiamo. In tal modo capirete il motivo della nostra disponibilità e perché abbiamo affermato che lo vorremmo riscrivere, ma alla fine cercheremo di mettere dei correttivi, ovvero quella che noi chiamiamo una «rete di protezione».
  Dieci mesi fa, noi abbiamo dato ampia disponibilità. Sono stati fatti dei decreti. In quel momento, non si parlava di pagare i debiti, ma di certificarli per poi poterli scontare in banca. Si trattava quindi di dare ossigeno alle imprese in termini di liquidità, non perché lo Stato onorava i propri debiti, ma semplicemente perché diceva quando li avrebbe pagati, mentre il sistema bancario avrebbe messo a disposizione delle risorse per poter scontare.
  È un'esperienza che è partita con qualche critica. Noi ci eravamo dichiarati scettici fin da allora. Tuttavia, con spirito di servizio, abbiamo seguito tutti i lavori e abbiamo dato il nostro contributo alla definizione dei decreti che sostenevano quell'iniziativa. Dopo dieci mesi, purtroppo, non è successo assolutamente nulla. Potrei affermare che noi l'avevamo detto, ma non lo farò. Anche in quel caso si parlava di certificazione.
  La certificazione è un paletto obbligatorio, in quel caso per poter effettuare lo sconto in banca, pro soluto e pro solvendo non ha rilevanza. Le amministrazioni si devono iscrivere, ma se ne sono iscritte soltanto il 10 per cento (2 mila amministrazioni su 22 mila). Non si sa quali siano i tempi delle risposte. È già stato fatto un Pag. 29tentativo che non è riuscito, però abbiamo imparato qualcosa. Quindi, ci siamo fatti un po’ le ossa sulla certificazione.
  Dopodiché, si arriva a questo decreto, che sostanzialmente mette 40 miliardi sul tavolo. Sono pochi, se guardiamo al monte dei debiti, che non sappiamo precisamente quanto è, ma abbiamo delle stime che parlano di 90 miliardi, più 10 miliardi che si sono generati nel 2012, per un totale di 100 miliardi. Questa è la relazione tecnica del decreto. In ogni caso, 40 miliardi non sono tantissimi. Tuttavia, noi non discutiamo sui 40 miliardi, ma piuttosto sulle modalità attraverso le quali questi 40 miliardi arrivano effettivamente e in tempi rapidi – intendiamo 12 mesi, quindi al massimo entro l'aprile del 2014 – nelle casse delle imprese. Questo è il tema.
  Il decreto prevede quattro modalità di erogazione. La prima modalità è il pagamento diretto alle imprese che, fondamentalmente, rappresenta la materia del contendere.
  La seconda è la compensazione di crediti certificati con somme dovute in base a istituti definitori della pretesa tributaria o deflattivi del contenzioso tributario. Si tratta di una bella cosa, ma che non è attuabile in questo momento, perché si rimanda a un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, che è l'unico citato nel decreto-legge che non ha scadenza. Ho provato a mappare tutte le attività che devono essere fatte. Tutti gli altri hanno delle scadenze; Noi abbiamo una nostra visione sul fatto che verranno o meno rispettate, però in ogni caso c’è una scadenza. In questo caso, si parla di un decreto che dovrà essere emanato dal Ministero dell'economia e delle finanze che dovrà regolare la compensazione, ma che ad oggi comunque non ha scadenza. Quindi, è una bella cosa, ma ancora non sappiamo come sarà effettivamente realizzabile. Tutto il discorso sul DURC va bene, però effettivamente non è una strada percorribile, almeno per quanto si capisce dal decreto.
  C’è poi la compensazione dei crediti tributari che vale 1,9 miliardi. Si tratta di passare da 500 a 700 mila euro. Anche in questo caso, si parla del 2014.
  Infine, c’è la restituzione dei rimborsi delle imposte: 2,5 miliardi nel 2013 e 4 miliardi nel 2014.
  Le ultime due modalità di erogazione di cui ho parlato, secondo noi, sono le uniche che funzioneranno, perché è l'impresa che si fa parte attiva nel recuperare il proprio credito, compensando. In questo caso, non stiamo parlando di crediti commerciali, ma di crediti tributari.
  Parliamo ora della prima modalità di erogazione, che è quella per cui dovrebbero essere impiegate il maggior numero di risorse stanziate dal decreto. Stiamo parlando di 31 dei 40 miliardi. Si tratta di un percorso a ostacoli che, a nostro avviso, non sarà efficace per l'obiettivo che si pone, che è quello di trasferire risorse nelle tasche delle imprese. È un meccanismo complesso che prevede scadenze stringenti, passate le quali, però, non c’è certezza.
  Si afferma che entro il 30 aprile dovranno essere fatte una serie di cose e entro il 15 maggio altre cose, ma non capiamo che cosa succede realmente alle casse delle imprese se queste scadenze non vengono rispettate. La nostra proposta è quella di permettere al decreto di fare il proprio corso nella parte che definisce questo meccanismo, a nostro avviso, un po’ arzigogolato, però ci deve essere quella che noi abbiamo chiamato una «rete di protezione». Ciò significa che nel momento in cui la Pubblica amministrazione non fa quello che ha detto, le imprese devono poter prendere in mano le redini e portare a casa i propri soldi, con un intervento il più limitato possibile, se non nullo – e questo è il nostro sforzo emendativo – da parte della Pubblica amministrazione.
  È chiaro che l'impresa preferisce essere pagata, quindi se il meccanismo funziona, e entro il 15 settembre tutte le imprese che rientrano nel plafond dei 40 miliardi avranno ricevuto i pagamenti, sarà un successo per tutti e noi diremo che ci Pag. 30eravamo sbagliati. Se però questo non succede, deve esserci qualche altro meccanismo che sostanzialmente tagli fuori la Pubblica amministrazione in termini di attività e che è un second best. Infatti, non riceveranno direttamente la liquidità con la quale possono fare quello che vogliono, ma dovranno compensare con i debiti tributari. Attenzione: la compensazione è già una seconda scelta rispetto al fatto di ricevere i propri soldi.
  Come deve funzionare il meccanismo di salvaguardia, cioè la rete di protezione ? Inizialmente noi pensavamo addirittura che ci fosse un'autocertificazione da parte dell'imprenditore. Questa era la nostra prima proposta. L'imprenditore che ha fattura che non è stata contestata, l'autocertifica e la presenta per la compensazione.
  Dopodiché, con spirito di leale collaborazione, abbiamo pensato che questa potesse essere una proposta un po’ troppo spinta. C’è poi il meccanismo della compensazione, che è stato identificato dal decreto, ma che risale a dieci mesi fa. Tuttavia, nei dieci mesi scorsi, due o tre passaggi non hanno funzionato nella certificazione. Allora, la nostra proposta, proprio per la rete di protezione, è che quei passaggi diventino automatici. Ciò vuol dire che se la Pubblica amministrazione non si iscrive, ci può essere un'attività suppletiva da parte del Ministero dell'economia e delle finanze. Tra l'altro, le amministrazioni dovrebbero iscriversi entro fine mese, ossia venti giorni dalla data di decorrenza del decreto. Se non si iscrivono, o le iscrive qualcun altro che ha la facoltà di iscriverle, come potrebbe essere il Ministero stesso, oppure le imprese che chiedono la certificazione del loro credito, lo ottengono anche se le amministrazioni non si iscrivono.
  La mancata iscrizione da parte della Pubblica amministrazione non dovrebbe quindi essere ostativa ai fini del rilascio della certificazione. Questo è un primo punto.
  Come seconda ipotesi, l'amministrazione potrebbe anche essere iscritta, ma non rispondere. Cosa succederebbe in questo caso ? Anche in questo caso, la palla deve ritornare all'impresa. Facciamo sì che questo rappresenti un silenzio-assenso. In seguito, potremmo discutere sui termini. Io capisco che la Pubblica amministrazione non può rispondere in quindici giorni. Abbiamo detto che il 15 settembre dovrebbe completarsi la ricognizione di tutti i debiti della Pubblica amministrazione. È il decreto che lo afferma. Allora, fissiamo il termine a quella data. Noi diciamo che, entro quella data, in caso di inadempienza da parte della Pubblica amministrazione, ci devono essere dei meccanismi per cui tutti i crediti sono certificati. Questo è quanto pensiamo riguardo alla certificazione.
  Per quanto riguarda la compensazione, crediamo sia molto difficile poter gestire in contemporanea pagamenti e compensazioni, perché dobbiamo salvaguardare le risorse messe a disposizione. La nostra linea è che fino a un certo momento si lasci la palla alla Pubblica amministrazione, che quindi può pagare. Se però questo non succede, a quel punto quella via si deve bloccare e ci deve essere la compensazione. Le imprese hanno certificato i crediti e possono compensare qualsiasi credito di natura commerciale. Per quanto riguarda i crediti tributari, abbiamo già visto che rimangono nelle altre due modalità di erogazione dei 40 miliardi.
  Spero di avervi rappresentato la nostra idea. L'onorevole Sangalli parlava della necessità di non far saltare il banco. Come facciamo ? Le nostre proposte sono due. La prima è di decidere un canale, o il canale dei pagamenti o quello della compensazione, in maniera tale che sia più controllabile. La piattaforma elettronica consentirebbe di gestire insieme le cose. Tuttavia, la piattaforma elettronica è solo una precondizione. La seconda precondizione è avere una Pubblica amministrazione che interagisce con sistemi ICT in maniera efficiente. Questo, probabilmente, non è il caso del nostro Paese. Di conseguenza, è meglio non fare voli pindarici e scegliamo una modalità.Pag. 31
  Dopodiché, dobbiamo graduare il famoso rubinetto. Come faccio a fermarmi ? Anche in questo caso, se potessimo utilizzare tutte le potenzialità di una banca dati, potremmo dire al singolo imprenditore se può compensare o meno. Ma dato che questo non è il nostro caso, dovremo arrivarci per approssimazioni.
  Lo possiamo fare per scadenza, nel momento in cui avremo cognizione dell'ammontare di cui stiamo parlando. In questo momento non sappiamo di quale cifra parliamo, nemmeno quando ci riferiamo al 100 per cento, figuriamoci quando parliamo di anzianità del credito.
  L'onorevole Polverini chiedeva se c’è qualche altro criterio. Questa è la modalità che è definita dall'articolo 6 del decreto, se non ricordo male. Ci siamo interrogati su quale sia la modalità meno conflittuale. Lei suggeriva, come esempio, di adottare il criterio della grandezza delle imprese. Al riguardo, io direi che sarebbe opportuno pagare prima le piccole imprese, anche in funzione di quello che diceva Draghi ieri ed è riportato oggi sui giornali, e dello Small Business Act. Ho già fatto questa proposta e sono stato chiaramente redarguito dai colleghi che ci hanno preceduto. Il problema è la coperta corta. Il criterio della scadenza, magari, è quello che non accontenta nessuno, ma fondamentalmente non ci fa litigare tra noi.
  Per quanto riguarda le domande sul primo tema, quindi sui primi 9 articoli del decreto, credo di aver dato una risposta a tutti. Passando a IMU e TARES, provo a dare una risposta io. Se non riesco a essere esaustivo, abbiamo il collega specializzato su questi temi. Noi qui non mettiamo in discussione IMU e TARES, perché l'abbiamo già fatto in altri contesti, purtroppo senza successo. Infatti, abbiamo presentato degli emendamenti quando si cominciava a parlare di IMU e TARES. Stiamo semplicemente dicendo che, indipendentemente dalle distorsioni che introducono queste due imposte, c’è un problema. Si sta facendo confusione su scadenze e decorrenze, per cui, oltre alla beffa di dover pagare imposte che sono anticostituzionali, che conteggiano due volte lo stesso servizio e che sono indirizzate allo Stato mentre il servizio lo eroga il comune, come ha detto prima il presidente Malavasi nella sua relazione, stiamo andando contro un principio su cui stiamo basando tanti provvedimenti, che è la semplificazione.
  Invece di semplificare continuiamo a creare confusione sulle spalle delle imprese.

  IVAN MALAVASI, Presidente della Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media Impresa (CNA). Vi lascio una breve riflessione e una raccomandazione. Innanzitutto, vi ringrazio delle osservazioni. Spero che le nostre indicazioni siano state esaustive. Dal mio punto di vista, lo sono sicuramente state.
  Noi siamo interessati ad un solo obiettivo, che non è né scassare il bilancio dello Stato – che sappiamo quali problemi ha – né creare particolari conflittualità. Il nostro obiettivo è che chi ha lavorato sia pagato. Dopodiché, su tutti gli arzigogoli, le protezioni, gli stop e i rubinetti, troveremo delle soluzioni. C’è però una cosa che questo Parlamento non può permettersi: questo decreto non può fare la fine di quello che abbiamo tentato di mettere in piedi dieci mesi fa, che non riguardava il pagamento, bensì la fruibilità bancaria dei crediti e che non ha funzionato per sicura responsabilità dell'inefficienza amministrativa. Questo non può avvenire. Non possiamo e non potete permettere di illudere 4,5 milioni di imprese in Italia. Che si parli di 38, 40 o 42 miliardi – è auspicabile arrivare al totale prima del 2015 – non può essere disatteso un elementare diritto delle imprese, che è quello di essere pagate a fronte di una prestazione.
  Personalmente, la mia attività imprenditoriale non mi porta mai a intrecciare la Pubblica amministrazione. Tuttavia, se per partecipare a un appalto si presenta un DURC perfettamente regolare e dopo un anno non si riesce ad ottenere quella dichiarazione di regolarità contributiva, perché non si è stati pagati, varrà quello Pag. 32presentato a suo tempo. Intanto, l'impresa ha lavorato quando il DURC era a posto, non quando non era più a posto perché l'amministrazione non ha pagato. Non ci vorrebbero grandi leggi se il buonsenso regnasse in questo Parlamento. Grazie.

  PRESIDENTE. Grazie. Terminano qui le audizioni della mattinata. Riprenderemo con la riunione dell'Ufficio di presidenza prevista per le 16,15, per verificare la possibilità di integrare il programma dei lavori anche con le audizioni richiamate. Alle 16,30 proseguiremo i nostri lavori con le audizioni dei rappresentanti di Cassa depositi e prestiti, di ABI e del Ministro dell'economia e delle finanze Vittorio Grilli.
  Dichiaro conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 11,30.