XVII LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
i numeri sulla violenza in Italia sono ormai tristemente noti. Una donna su tre, in una età compresa tra i 16 e i 70 anni, è stata vittima di forme di violenza; il 35 per cento delle vittime non presenta denuncia mentre solo il 13 per cento ha fatto richiesta di aiuto per stalking;
secondo Telefono Rosa, nel 2012 le vittime femminili hanno superato di poco le 120 unità e si è passati da un omicidio ogni tre giorni registrato l'anno precedente a uno ogni due giorni; la gran parte delle violenze rimane sommersa, impunita e avviene tra le pareti domestiche; un dramma diffuso che riguarda tutte le classi sociali e che va aumentando;
nonostante i mutamenti sociali, i diritti acquisiti e le leggi varate in questi anni, il fenomeno rimane ancora un problema irrisolto: mancano serie politiche di contrasto della violenza, ricerche e progetti di sensibilizzazione e di formazione; la violenza sulle donne costituisce una violazione dei diritti umani che ostacola o rende impossibile il godimento di altri diritti umani, compromettendo altresì il raggiungimento della parità di opportunità tra donne e uomini. Siamo davanti ad un grave reato, una forma di discriminazione che non riguarda la sfera privata perché è solo l'aspetto più evidente e brutale dell'ineguaglianza esistente nella società;
è sempre più urgente affrontare il problema nella sua gravità per risolverlo, ma per far ciò è necessario un radicale cambiamento culturale nella nostra società. Ciò anche alla luce dei dati del Global Gender Gap Report 2012, la classifica stilata ogni anno dal World Economic Forum (WEF) sul divario di opportunità tra uomini e donne in 135 Paesi e secondo il quale appare evidente che i risultati sono sempre più sconfortanti per l'Italia: complessivamente all'80° posto (nel 2011 era al 74°); nello specifico: 101° posto, in quanto a partecipazione economica e opportunità; 65° posto, in quanto a accesso all'istruzione di base e di livello superiore; 76° posto per quanto riguarda la salute e la sopravvivenza; al 71° posto in materia di rappresentanza politica;
la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne e la violenza domestica, aperta alla firma degli Stati membri del Consiglio d'Europa e degli Stati non membri che hanno partecipato alla sua elaborazione a Istanbul l'11 maggio 2011, rappresenta il primo strumento internazionale, giuridicamente vincolante, finalizzato a creare un quadro giuridico completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza;
si tratta di un trattato corposo che analizza il fenomeno nella sua complessità e fornisce un quadro giuridico completo, sia in chiave di prevenzione che di repressione di questa odiosa forma di violenza;
questa Convenzione – che l'Italia deve recepire nelle parti in cui il nostro ordinamento ancora non ha raggiunto gli auspicati standard, lasciando impregiudicati gli eventuali livelli di maggior tutela – potrebbe, se attuata da tutti i Paesi membri, salvare e cambiare le vite di milioni di vittime e dare un contributo concreto al miglioramento del rispetto dei diritti umani e dello status delle donne. È una battaglia di civiltà a cui la politica non può e non deve sottrarsi;
il grande valore di tale Convenzione risiede anche nel sancire la necessità di un cambiamento radicale di mentalità all'interno della società, per estirpare i pregiudizi fondati sulla cosiddetta inferiorità delle donne o sui ruoli stereotipati attribuiti a donne e uomini. In essa si afferma, infatti, che spetta agli Stati prevenire, fermare e sanzionare la violenza sulle donne, sia domestica sia esterna, e che la violenza verso le donne non può essere giustificata da nessun argomento di natura culturale, storica o religiosa;
l'inserimento nel nostro codice penale del nuovo articolo 612-bis sugli atti persecutori (stalking) e la giurisprudenza costituzionale che si è venuta formando sulla presunzione assoluta di pericolosità degli accusati dei delitti a sfondo sessuale e, da ultimo, l'approvazione definitiva, nel 2012, della legge di adeguamento interno alla Convenzione di Lanzarote, hanno costituito un segnale di un'evoluzione importante ma che ancora non basta; l'Italia è, tra i Paesi europei, agli ultimi posti per contrasto al fenomeno della violenza di genere: infatti, il report di Rashida Manjoo, relatore speciale sulla violenza contro le donne delle Nazioni Unite sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna visita nel nostro Paese nel 2012, ha condannato pesantemente l'Italia rilevando che «Femmicidio e femmicidio sono crimini di Stato tollerati dalle pubbliche istituzioni per incapacità di prevenire, proteggere e tutelare la vita delle donne, che vivono diverse forme di discriminazioni e di violenza durante la loro vita»;
da più parti, ormai, si sollecita l'introduzione di un'aggravante generale per i delitti commessi per motivi di genere, oltre che di un'aggravante specifica per il caso di omicidio, che riguarda anche il delitto commesso nei confronti dell'ex coniuge o dell'ex convivente. È auspicabile, quindi, che su questo campo possa presto attivarsi un più determinato intervento legislativo che tocchi anche aspetti apparentemente procedurali (ma in realtà sostanziali), quali il divieto di sospensione condizionale della pena, il divieto di bilanciamento per equivalenza tra aggravanti e attenuanti o il divieto di patteggiamento, come segnale ulteriore di contrasto e dissuasione alla commissione di crimini del genere;
ma il passo ulteriore dovrà essere necessariamente di carattere culturale, in quanto la sanzione penale non potrà mai esaurire lo spettro delle azioni da intraprendere su questo fronte, tenuto conto che da quasi trent'anni, e precisamente dalla legge del 14 marzo 1985, n. 132, è stata ratificata e resa esecutiva la Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW), adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1979;
a tutt'oggi, solo 4 Paesi hanno ratificato la Convenzione di Istanbul, ovvero hanno concluso il processo di creazione di una legge nazionale che renda effettivo nel proprio paese il testo della stessa. Questi Paesi sono (e, su alcuni c’è da stupirsene, per tanti versi): Turchia, Albania, Montenegro e Portogallo. Mancano dunque ancora almeno 6 ratifiche,
impegna il Governo:
ad adoperarsi affinché nel più breve tempo, nell'ambito delle proprie competenze, si giunga alla ratifica immediata della Convenzione del Consiglio d'Europa, adottata a Istanbul nel 2011, sulla prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica;
a valutare tutte le iniziative necessarie affinché, per quanto riguarda l'educazione delle nuove generazioni, venga agevolata la creazione di una nuova materia obbligatoria nelle scuole superiori: «l'educazione per l'uguaglianza e contro la violenza di genere» per avviare un radicale cambiamento culturale nella nostra società e per estirpare i pregiudizi fondati sulla cosiddetta inferiorità delle donne o sui ruoli stereotipati attribuiti a donne e uomini;
ad attivarsi, anche con iniziative normative e con fondi adeguati, per l'adozione di serie politiche di contrasto della violenza, ricerche e progetti di sensibilizzazione e di formazione di personale qualificato in grado di affrontare e gestire situazioni di emergenza;
a sostenere e attuare con più determinazione sia quanto già contenuto nella Convenzione sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW) sia quanto è stato osservato dalla relatrice speciale ONU contro la violenza sulle donne, Rashida Manjoo, di cui alla premessa;
ad avviare una campagna capillare di informazione di utilità sociale a qualsiasi livello su questa drammatica realtà che ancora oggi presenta aspetti sempre più inquietanti.
(1-00042) «Mucci, Crippa, Prodani, Mannino, Brescia, Dieni, D'Ambrosio, Nuti, Spadoni, Fantinati».
La Camera,
premesso che:
il fenomeno del femminicidio e, più in generale, della violenza sulle donne ha assunto dimensioni allarmanti nel nostro Paese, tanto da essere definito dalla relatrice speciale ONU sul tema, Rashida Manjoo, nel suo rapporto del 2012 relativo alla sua missione in Italia, una vera e propria emergenza nazionale;
in base alle ultime rilevazioni ISTAT, sono quasi 7 milioni le donne tra i 16 ed i 70 anni che hanno subito violenza fisica o sessuale nel corso della loro vita, pari al 31,9 per cento: circa 5 milioni hanno subito violenze sessuali (23,7 per cento), quasi 4 milioni violenze fisiche (18,8 per cento) – di cui 1 milione ha subito stupro o tentato stupro. Il 24,7 per cento ha subito violenze da un uomo non partner ed il 14,3 per cento delle donne con un rapporto di coppia dal partner/ex;
dall'inizio degli anni Novanta, mentre è diminuito il numero di omicidi di uomini su uomini, il numero di donne uccise da uomini è aumentato esponenzialmente;
negli ultimi anni il nostro Paese è stato fortemente redarguito dalle Nazioni Unite per l'impegno troppo poco efficace per contrastare la violenza maschile nei confronti delle donne;
il Comitato per l'eliminazione della discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW), nonché la relatrice speciale per le nazioni Unite, Manjoo, in relazione all'Italia, hanno espresso preoccupazioni: per l'elevata prevalenza della violenza nei confronti di donne e bambine italiane, migranti, Rom e Sinte; per l'allarmante numero di donne uccise dai propri partner o ex partner; per il persistere di tendenze socio-culturali che minimizzano o giustificano la violenza domestica; per l'assenza di un rilevamento ufficiale e costante sul fenomeno; per la mancanza di un coinvolgimento attivo delle realtà della società civile competenti sul fenomeno del contrasto alla violenza; per l'attitudine a rappresentare donne e uomini in maniera stereotipata e sessista nei media e nell'industria pubblicitaria;
ad oggi l'Italia si mostra ancora inadempiente al riguardo;
la violenza sulle donne va considerata quale fatto politico, attinente alla cultura nelle relazioni fra uomini e donne, ovvero al fondamento dell'affettività e della democrazia;
le associazioni e i movimenti, che vantano un impegno di numerosi anni su un tema tanto delicato, quale è la violenza sulle donne, hanno agito spesso in solitudine e senza le risorse necessarie;
analogamente può dirsi in relazione ai centri antiviolenza, ancora poco radicati sul territorio, anche per l'esiguità degli stanziamenti economici a supporto dell'attività;
anche alla luce del dibattito che anima il Paese da tempo sul tema, occorre favorire in ogni modo la più rapida approvazione dei progetti di legge di autorizzazione alla ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa, fatta ad Istanbul nel 2011, in tema di prevenzione e contrasto della violenza sulle donne e della violenza domestica, firmata dal nostro Paese in data 27 settembre 2012,
impegna il Governo:
a provvedere all'attuazione delle osservazioni conclusive del 2011 del Comitato per l'eliminazione della discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW), nonché delle raccomandazioni della relatrice speciale ONU contro la violenza sulle donne, Rashida Manjoo, riportate nel rapporto relativo alla missione in Italia;
ad assumere tutte le iniziative di competenza per la ratifica immediata della convenzione del Consiglio d'Europa, fatta ad Istanbul 2011, in tema di prevenzione e contrasto della violenza sulle donne e la violenza domestica, firmata dal nostro Paese in data 27 settembre 2012;
ad istituire un Osservatorio nazionale in tema di violenza di genere, coinvolgendo nell'attività le associazioni e i movimenti che si occupano da anni del tema, nonché i centri antiviolenza, incentivandone il ruolo e il radicamento sul territorio con la previsione di stabili ed adeguati finanziamenti;
a verificare l'efficacia e l'attuazione del piano nazionale contro la violenza, il cui termine è previsto nell'anno corrente, nonché a prevedere una revisione e un rilancio dello stesso che consideri, quali elementi centrali, la promozione di una cultura differente, la prevenzione, la protezione delle donne, nonché la persecuzione del persecutore;
a introdurre nelle scuole di ogni ordine e grado specifici corsi di sensibilizzazione sulla parità di genere, nonché sull'affettività;
ad assumere iniziative per prevedere l'accesso al patrocinio gratuito per le parti offese senza limitazioni reddituali;
a rafforzare, nel quadro degli interventi volti a garantire i livelli essenziali delle prestazioni sociali, di cui alla legge n. 328 del 2000, anche attraverso la previsione di adeguati stanziamenti, i centri e le reti di prevenzione, le case rifugio, nonché la protezione e il sostegno alle donne vittime di violenza.
(1-00043) «Migliore, Di Salvo, Aiello, Airaudo, Boccadutri, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Claudio Fava, Ferrara, Fratoianni, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Lacquaniti, Lavagno, Marcon, Matarrelli, Melilla, Nardi, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piazzoni, Pilozzi, Piras, Placido, Quaranta, Ragosta, Ricciatti, Sannicandro, Scotto, Zan, Zaratti».
Risoluzioni in Commissione:
La III Commissione,
premesso che:
si osserva con sgomento l'intensità delle violenze in atto in Siria, ad opera sia delle forze lealiste rimaste fedeli al presidente Bashar al-Assad che di parte delle organizzazioni paramilitari che vi si oppongono, di cui sta pagando i costi maggiori la popolazione civile locale, spesso presa tra i due fuochi;
secondo stime elaborate da autorevoli istituzioni ed organizzazioni internazionali, il numero delle persone morte nel conflitto civile siriano scoppiato agli inizi del 2011 è ormai superiore ad 80mila;
si esprime preoccupazione per il protrarsi delle ostilità e la difficoltà persistente che le parti in lotta incontrano nell'individuare una base negoziale dalla quale partire per pervenire alla composizione del conflitto, anche a causa dell'evidente coinvolgimento nelle dinamiche della guerra civile di Stati e soggetti terzi – dall'Iran all'Hezbollah libanese, scesi a fianco del presidente Bashar al-Assad, passando per la galassia jihadista transnazionale che combatte invece contro il regime di Damasco;
si rilevano, tuttavia, con interesse, alcuni elementi nuovi che stanno palesandosi sulla scena internazionale, in particolare l'accordo apparentemente raggiunto da Stati Uniti e Federazione Russa per promuovere la convocazione di una nuova conferenza sul modello di quella svoltasi a Ginevra il 30 giugno 2012 e la disponibilità manifestata da alcuni degli Stati costituenti il cosiddetto «Quartetto» musulmano – Arabia Saudita, Egitto, Iran e Turchia – a riunirsi per discutere del conflitto in atto in Siria e del modo di porvi fine;
appare notevole anche il ruolo svolto nelle ultime settimane da Israele che, dopo le scuse offerte alla Turchia per i fatti del 2010 concernenti l'assalto alla motonave Mavi Marmara, in cui rimasero uccisi alcuni cittadini turchi, pare ora riavvicinarsi anche ad alcuni Stati arabi, lasciando intravedere la possibilità che alla soluzione del conflitto civile siriano possa abbinarsi anche la ripresa del processo di pace israelo-palestinese;
Stati Uniti e Russia paiono aver raggiunto un'intesa circa la desiderabilità di un accordo di riconciliazione il più inclusivo possibile, che tuttavia non prevedrebbe alcun ruolo politico futuro per il presidente Bashar al-Assad, seppure Mosca e Washington paiano divergere sui tempi e le modalità dell'uscita di scena del Rais;
c’è un accordo di fondo sull'opportunità di non includere nella riconciliazione le forze dell'insurrezione in qualche modo inequivocabilmente apparentate ad al Qaeda o comunque in odore di terrorismo, alle quali dovrebbe essere preclusa la possibilità di approvvigionarsi di armi sui mercati internazionali;
è comunque sul tappeto anche la possibilità che l'accordo venga invece raggiunto intorno alla cantonalizzazione della Siria, se non addirittura sulla sua frammentazione in una molteplicità di nuovi Stati sovrani;
va evidenziata la posizione di particolare vulnerabilità delle minoranze cristiane, storicamente protette dal regime di Damasco e quindi esposte al rischio di ritorsioni e rappresaglie qualora emergesse dal conflitto un ordine politico di tipo rigorosamente shariatico,
impegna il Governo:
a favorire, in ogni possibile sede competente ed altresì anche nell'ambito della futura conferenza internazionale che si prospetta sulla Siria, l'avvio di un negoziato che conduca in Siria ad un'autentica riconciliazione nazionale, nella quale possano trovare adeguate garanzie tutte le minoranze, a partire da quella confessionale costituita dai cristiani;
a privilegiare in prima battuta le ipotesi di riconciliazione basate sulla preservazione del carattere unitario dello Stato siriano e, solo se queste si rivelassero inaccessibili, a considerare anche forme più o meno incisive di cantonalizzazione del Paese, che tuttavia non dovrebbero in nessun caso contemplare la creazione di entità non in grado di sopravvivere;
a considerare in ogni caso come elementi di riferimento prioritari nella definizione della posizione dell'Italia sulla soluzione da dare al conflitto civile siriano l'affermazione dei diritti umani in Siria e la solidità geopolitica del compromesso che potrà essere raggiunto;
ad assecondare l'eventuale congiunzione degli sforzi di pace in Siria con la ripresa del processo di pace israelo-palestinese.
(7-00006) «Gianluca Pini».
La VII Commissione,
premesso che:
i mondiali di ciclismo sono il terzo evento sportivo più importante nel mondo;
per l'edizione del 2013, le nazioni candidate a ospitarli erano Spagna e Italia. Quest'ultima è riuscita ad aggiudicarseli, grazie al grande impegno della regione Toscana e di tutti gli altri enti locali, organizzatisi in un Comitato organizzatore ad hoc;
la grande opportunità che si è creata per il nostro Paese, si traduce, però, di fatto in un aggravio del bilancio degli enti locali della Toscana, senza deroghe al patto di stabilità, stimato intorno ai 33 milioni di euro per la sistemazione e messa in sicurezza dei percorsi;
l'allora Presidente del Consiglio, onorevole Silvio Berlusconi si era impegnato a sostenere la candidatura delle città di Firenze, Lucca, Montecatini Terme e Pistoia a ospitare i mondiali di ciclismo 2013, come dimostra la sua lettera (numero protocollo USS-Sport 0003568-P del 9 giugno 2010) a M. Patrick Me Quaid, presidente unione ciclistica internazionale (UCI) e quella del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega allo sport, onorevole Rocco Crimi (numero protocollo USS-Sport 0003569-P del 9 giugno 2010) al dottor Claudio Rossi, presidente del Comitato organizzatore;
a questo impegno formale non è seguito nessun intervento statale per sostenere le spese relative alle opere pubbliche necessarie alla organizzazione dell'evento, nonostante i numerosi solleciti scritti del presidente del comitato istituzionale, onorevole Riccardo Nencini e del presidente del comitato organizzatore, dottor Renato Di Rocco, ai diversi referenti istituzionali (onorevole Rocco Crimi, onorevole Gianni Letta, onorevole Altiero Matteoli, onorevole Corrado Passera e onorevole Antonio Catricalà),
impegna il Governo
a tenere fede agli impegni presi dai precedenti governi, istituendo un fondo nazionale a reale sostegno del Comitato Organizzatore, in considerazione della rilevanza internazionale di questa importantissima competizione sportiva, che altrimenti rischia di non poter essere realizzata.
(7-00008) «Bonafè, Nardella, Fanucci, Parrini».
La IX Commissione,
premesso che:
i conducenti di motocicli e ciclomotori sono da considerarsi utenti deboli della strada, ossia soggetti che, in caso di collisione, risultano estremamente vulnerabili e come tali è dovere delle istituzioni prevedere per essi forme di tutela;
secondo dati Istat in Italia, tra il 2007 e il 2011, circa il 30 per cento delle vittime di sinistri mortali appartiene alla categoria di motociclista, una percentuale che in valore assoluto, per il solo 2011, corrisponde a 1088 deceduti, dato impressionante se si considera che i motociclisti rappresentano una piccola minoranza degli utenti della strada;
nello stesso periodo di riferimento (2007-2011), complessivamente il numero degli incidenti stradali è diminuito ma è necessario continuare a lavorare per raggiungere l'obiettivo europeo di zero vittime di incidenti stradali entro il 2050;
in un contesto europeo, l'Italia si trova in una condizione tra le più critiche essendo nel 2010 il 1o Paese in UE27 per numero di morti sulle due ruote e 3° per quanto riguarda i morti sulle biciclette e pedoni;
nel giugno 2013 i Ministri dei trasporti degli Stati membri della Unione europea si riuniranno per discutere una strategia per ridurre il verificarsi di gravi incidenti, categoria per la quale si sta predisponendo una definizione comune. A tal fine, ogni Stato membro dovrà scegliere la modalità di raccolta dati che ritiene più adeguata ed essere in grado di applicarla a partire dal gennaio 2014;
un maggiore attenzione alla sicurezza delle due ruote a motore è dovuta anche in relazione alla consistenza del parco veicoli circolante in Italia che è il maggiore in Europa. Complessivamente infatti percorrono le strade europee circa 20 milioni di motocicli e 12 milioni di ciclomotori (fonte: ACEM) dei quali rispettivamente il 29 per cento e il 27 per cento si concentrano in Italia. L'uso delle due ruote a motore risulta tra l'altro in continua crescita nel nostro Paese, in parte perché probabilmente, in un contesto di crisi economica, si tratta di mezzi di trasporto con costi di mantenimento più economici rispetto all'automobile ma soprattutto perché, all'interno di contesti cittadini sempre più caotici e congestionati dal traffico, si tratta di mezzi di trasporto più versatili;
le ragioni principali di vulnerabilità per i conducenti di motocicli e ciclomotori sono tre: l'arredo urbano e le infrastrutture stradali; la tecnologia e la tipologia del mezzo, intrinsecamente meno stabile, meno visibile e meno adatto a proteggere l'incolumità dell'utente; la segnaletica non rispettata dagli automobilisti. Proprio sul primo aspetto si è concentrata l'analisi del MAIDS (Motorcycle Accidents In Depth Study) che evidenzia come nel nostro Paese le infrastrutture inadeguate sono concausa di incidenti nel 25 per cento dei casi, circa il doppio rispetto alla media europea. Nel 2011 la presenza di ostacoli accidentali o fissi sulla strada ha provocato la morte di 96 centauri e il ferimento di altri 2.033. Questi numeri confermano la grande importanza che un intervento sulle infrastrutture (buche, segnaletica sbagliata, guard-rail, cartelloni pubblicitari abusivi), può avere nella riduzione degli infortuni per i conducenti di motocicli e ciclomotori;
un elemento di particolare pericolosità è costituito dai guardrail (sistema di ritenuta stradale formato da sbarre in lamiera ondulata, nervata e scatolata ai bordi, sorretta da sostegni elastici) posti lungo i bordi delle carreggiate, al fine di impedire l'uscita di autoveicoli in seguito a sbandamento. Questi elementi però non sono stati prodotti, né tantomeno testati, prendendo in esame le drammatiche conseguenze prodotte a seguito di forti impatti o di gravi sinistri su moto e motociclisti. I pali di sostegno e le lamiere degli attuali guardrail rappresentano infatti degli implacabili killer in caso di urto frontale o laterale. Come dimostrano numerosi rapporti della polizia stradale, non sono rari i casi in cui i motociclisti vengono letteralmente falciati e sfigurati dalle lamiere dei guardrail che invece dovrebbero proteggerli. Il motociclista che scivola rischia gravi lesioni a causa del paletto di sostegno che essendo un ostacolo fisso e molto sottile crea un terribile effetto ghigliottina;
sull'effettiva incidenza statistica dei guardrail nelle morti e nelle lesioni personali a seguito di incidente sarebbe però necessario avere dati più precisi ma, attualmente, benché la base dati sugli incidenti stradali sia piuttosto ampia e proveniente da più fonti (Istat, Aci, ANAS, Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, enti proprietari strade, Istituto superiore di sanità e altro), spesso costituisce un materiale eterogeneo con dati non del tutto comparabili tra loro e soprattutto, in queste analisi, mancano informazioni di dettaglio relative all'ambiente stradale;
da qualche anno il tema della pericolosità dei guardrail interessa l'opinione pubblica, tanto che si sono mobilitate numerose associazioni di motociclisti e sono state lanciate petizioni per richiedere l'adeguamento dei guardrail esistenti. Anche numerosi enti pubblici hanno in atto progetti e sperimentazioni come, ad esempio, quello che nasce dalla collaborazione della regione con la provincia di Forlì-Cesena per l'installazione di barriere «salva-motociclisti» sulla S.P. 4 del Bidente, una strada particolarmente a rischio. In molti casi sono state utilizzate anche soluzioni economiche per rendere i guardrail più sicuri senza doverli sostituire completamente ma realizzando una copertura sui paletti di fissaggio al terreno con paracolpi («paracadute») ossia strutture orizzontali in materiale gommoso termo-modellato, che percorrono tutta la lunghezza del guardrail o cilindri in materiale plastico che rivestono il paletto di supporto dei guardrail composti da una doppia banda cilindrica con all'interno disposti dei cilindretti che svolgono la funzione di cuscinetto. In caso di impatto la banda esterna distribuisce l'energia ai cilindretti interni che fungono da ulteriore elemento smorzante. Queste protezioni, prodotte tramite stampaggio a iniezione, hanno inoltre la caratteristica, entro certi limiti, di mantenere la forma: quindi una volta impattate riprendono la loro forma originaria;
anche l'Unione europea ha investito in un progetto di ricerca per creare barriere più sicure: il progetto, denominato Smart ROAD Restraint System (SMARTRRS) e finanziato dal VII programma quadro per la ricerca, ha sviluppato con tecnologie intelligenti un prototipo di guardrail capace non solo di assorbire meglio l'impatto ma soprattutto dotato di sensori che avvertono gli utenti del pericolo di acqua planning, della presenza di ghiaccio o di qualunque oggetto che blocchi la strada e in grado di segnalare alle autorità eventuali incidenti e il luogo esatto;
a parte programmi di ricerca, non esiste ancora però a livello europeo una disciplina per la produzione di prodotti di ritenuta stradale con marcatura «CE» progettati anche per la sicurezza dei motociclisti. Le stesse norme europee sui sistemi di ritenuta stradale ed, in particolare, quella sui guardrail (EN 1317-8) in definitiva non includono i motociclisti tra gli utenti stradali. Tuttavia, in diversi Paesi, sono state sperimentate soluzioni volte al miglioramento dell'attuale struttura dei guardrail anche con soluzioni che prevedono la semplice aggiunta, al guardrail già montato, di un elemento di protezione nella parte inferiore della lamiera;
inoltre era stata avanzata una proposta di protocollo di omologazione (1317-8) dei guardrail diretta a modificare le suddette norme europee, inserendo crash test specifici sulle barriere affinché sia maggiormente tutelata l'incolumità dei motociclisti ma, a giugno 2011, il Comitato europeo formazione (CEN), agendo in forza della propria autonomia, contrariamente alle richieste della Commissione ha ridotto la proposta di protocollo a semplice specifica tecnica (Technical paper);
tuttavia, come dichiarato il 12 aprile 2012 in risposta ad una interrogazione al Parlamento europeo, la Commissione si è «adoperata per correggere la situazione e per far rientrare i guardrail per motocicli (parte 8 della norma) nel campo di applicazione della norma europea armonizzata EN 1317-5, che coprirebbe in tal modo tutte le diverse parti dei sistemi di ritenuta stradale». Tale revisione dovrebbe essere completata nel corso del 2013;
lo scorso anno la Commissione ha anche inviato un questionario alle autorità competenti di tutti i 27 Stati membri chiedendo loro di illustrare quali pratiche applicassero in relazione ai guardrail per motocicli. Quasi tutti gli Stati membri hanno risposto al questionario e dopo un'analisi delle risposte la Commissione sarà in condizioni di decidere le misure da adottarsi;
il quadro italiano è sicuramente incoraggiante essendosi registrati, secondo gli ultimi dati Istat, nel periodo 2007-2011, un calo delle vittime di incidenti stradali in moto e motocicli pari a quasi il 30 per cento. Tale dato ottimistico va però corretto da alcune osservazioni: innanzitutto che su questa inversione di tendenza pesa ancora la crescita continua del numero delle vittime che si era registrata fino al 2005, inoltre a questi dati andrebbero aggiunti quelli dei feriti che nel 2011 hanno subito un aumento dell'1,5 per cento arrivando a quota 75.065. Infine bisogna considerare che benché il calo dei decessi nell'ultimo quinquennio sia stato costante, si è registrato comunque un rallentamento: –10,4 per cento nel 2008, –9,5 per cento nel 2009, –8.2 per cento nel 2010, –5 per cento nel 2011. Ciò significa che bisogna trovare nuove strategie se si vuole ancora incidere per raggiungere l'obiettivo europeo del dimezzamento delle vittime di incidenti mortali nel 2020 e ottenere un deciso contenimento dei costi sociali provocati dagli incidenti stradali, importo complessivamente stimato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in circa 30 miliardi di euro, ossia il 2 per cento del prodotto interno lordo nazionale. Tale strategia deve certamente comprendere un adeguato impegno del Governo e degli enti pubblici all'adeguamento delle infrastrutture stradali;
sui guardrail in particolare sarebbe auspicabile un deciso intervento dal parte del Governo considerando anche che il settore è stato gestito per più di un quadriennio, attraverso il consorzio Comast, un cartello di aziende che riuniva i principali produttori italiani (Car Segnaletica Stradale, Ilva Pali Dalmine, Ilva Pali Dalmine Industries, Industria Meccanica Varricchio, Marcegaglia, Metalmeccanica Fracasso, San Marco S.p.A. – Industria Costruzioni Meccaniche, Steam Generators, Tubosider) e che è stato sanzionato dall'Antitrust con provvedimento n. 23931 del 28 settembre 2012 per un totale circa 40 milioni di euro. L'intesa fraudolenta messa in atto, ha avuto aspetti rilevanti non solo da un punto di vista economico ma anche da un punto di vista della sicurezza in quanto ha cristallizzato il mercato ponendo barriere anche all'entrata di novità di tipo tecnico;
le forme per incidere sulla messa in sicurezza delle strade per le due ruote a motore possono essere trovate nell'emanazione dei decreti attuativi della legge n. 120 del 29 luglio 2010 che prevede che i ricavati delle contravvenzioni vengano fatti confluire sulle attività di manutenzione delle strade,
impegna il Governo
ad istituire presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un tavolo di confronto con ANAS, enti provinciali e principali associazioni e moto club, per individuare i tratti di strada più critici sul territorio nazionale e per metterli in sicurezza, fin da subito, anche con soluzioni a basso costo che prevedano l'installazione di attenuatori d'urto sui guardrail già esistenti;
a dare attuazione alle legge n. 120 del 29 luglio 2010 prevedendo che i decreti attuativi garantiscano una quota parte dei fondi da destinarsi all'adeguamento di guardrail a prova di motocicli almeno nei tratti stradali più a rischio;
a dare attuazione, in particolare all'articolo 47, comma 2, della citata legge n. 120 del 29 luglio 2010 individuando specificatamente l'adeguamento dei guardrail alle due ruote a motore nei tratti di strade più a rischio tra le tipologie di intervento di manutenzione della sede stradale e autostradale che devono essere effettuati dagli enti proprietari e concessionari delle strade e delle autostrade;
a promuovere la formalizzazione in sede europea, nell'incontro dei Ministri dei trasporti previsto a giugno 2013, di una metodologia di raccolta dei dati che porti in evidenza il fenomeno della pericolosità dei guardrail;
ad intervenire in sede europea affinché si porti a termine al più presto la revisione della norma europea armonizzata EN 1317-5 facendo rientrare i guardrail per motocicli nel suo campo di applicazione.
(7-00011) «Dell'Orco, Catalano, Cristian Iannuzzi, Liuzzi, Nicola Bianchi, Paolo Nicolò Romano, De Lorenzis, Furnari, Vignaroli, Prodani, Tacconi, Businarolo, Chimienti, Fantinati, Pesco».
La X Commissione,
premesso che:
il decreto legislativo n. 28 del 2011, in attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, all'articolo 15, istituisce un sistema di qualificazione degli installatori di impianti che operano nel settore dell'energia da fonti rinnovabili: fotovoltaico, a biomasse, solare termico, pompe di calore e geotermia, che impedisce a larga parte degli stessi di potersi qualificare;
il richiamato articolo 15 precisa che la qualifica professionale necessaria è conseguita col possesso dei requisiti tecnico professionali di cui, in alternativa, alle lettere a), b) o c) del comma 1 dell'articolo 4 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37;
tale normativa esclude senza motivazione gli installatori che hanno ottenuto i requisiti di cui alla lettera d) dell'articolo 4 del decreto ministeriale n. 37 del 2008 (prestazione lavorativa svolta, alle dirette dipendenze di una impresa abilitata nel ramo di attività cui si riferisce la prestazione dell'operaio installatore per un periodo non inferiore a tre anni, escluso quello computato ai fini dell'apprendistato e quello svolto come operaio qualificato, in qualità di operaio installatore con qualifica di specializzato);
la norma è lacunosa in quanto nulla dispone in merito alle posizioni giuridiche dei suddetti responsabili tecnici (titolari o dipendenti), qualificati in base all'articolo 4, lettera d), del decreto ministeriale n. 37 del 2008, esistenti precedentemente e contemporaneamente all'entrata in vigore del decreto legislativo n. 28 del 2011;
la norma, inoltre, non fa alcun riferimento all'abilitazione che la normativa vigente riconosce in capo ai responsabili tecnici, che abbiano lavorato per almeno 3 anni in qualità di operaio specializzato, maturando un'esperienza professionale abitualmente non inferiore a 10 anni di attività nel settore;
l'effetto della normativa sarebbe dunque l'implicito impedimento ai soggetti che hanno svolto esclusivamente un'esperienza professionale, ai sensi dell'articolo 4, lettera d), del predetto decreto ministeriale, viene impedito, a far data dal 1o agosto 2013, di continuare a svolgere la loro consueta attività di installazione di pannelli solari o fotovoltaici, a biomasse, solari termici, pompe di calore e geotermici, perché esclusi dal campo di applicazione dell'articolo 15, del decreto legislativo n. 28 del 2011;
la normativa in questione appare in palese contrasto non soltanto con altre normative vigenti, ma anche con il diritto comunitario, poiché la menzionata esclusione non solo non trova alcun fondamento nella direttiva 2009/28/CE ma si pone in palese violazione del principio comunitario di libera concorrenza e di quello costituzionale di uguaglianza sostanziale;
per effetto della normativa ad un responsabile tecnico di una impresa (titolare dipendente) che installa da anni impianti dei settore delle energie rinnovabili, attualmente qualificato in base al predetto criterio, verrebbe di diritto impedito dei proseguire nell'attività svolta da prima dell'entrata in vigore dei nuovi requisiti;
nell'attuale fase di crisi economica, si avrebbe il paradossale ed immotivato risultato di negare ad oltre 80.000 imprese attualmente in attività la possibilità di qualificarsi e di continuare ad operare in uno dei pochi settori di mercato che mostra ancora potenzialità di crescita, pur attraversando un momento di appannamento rispetto alle performance degli ultimi anni;
impegna il Governo:
ad assumere tempestivamente, anche con modalità di urgenza, iniziative normative che consentano ai responsabili tecnici (titolari o dipendenti) già abilitati ai sensi dell'articolo 4, lettera d) del decreto ministeriale n. 37 del 2008, di poter continuare a svolgere la loro attività anche successivamente al 1o agosto 2013, data di entrata in vigore dei nuovi requisiti previsti dall'articolo 15, del decreto legislativo n. 28 del 2011;
a prevedere per gli stessi, a far data dal 1° agosto 2013, esclusivamente l'obbligo di frequenza al corso di aggiornamento obbligatorio a norma dell'allegato IV al decreto legislativo n. 28 del 2011, comma 1, lettera f).
(7-00007) «Martella, D'Arienzo, Rosato».
L'XI Commissione,
premesso che:
per costante orientamento della Corte costituzionale la materia della stabilizzazione dei precari, incidendo sull'ordinamento civile, è attribuita dall'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Carta fondamentale alla competenza legislativa esclusiva dello Stato;
le disposizioni riferite alla stabilizzazione del personale precario nel pubblico impiego costituiscono norme speciali dell'ordinamento. Tali disposizioni sono state introdotte dalla legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006) che, all'articolo 1, commi 519 e 558, ha previsto la possibilità di attivare assunzioni a domanda nei confronti di soggetti in possesso di specifici requisiti (personale a tempo determinato con almeno tre anni di anzianità di servizio presso la pubblica amministrazione;
successivamente, la legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007) ha ampliato il numero dei possibili destinatari del processo di stabilizzazione; infatti, da un lato, è stata estesa la data di riferimento per il requisito temporale dei rapporti a tempo determinato (articolo 3, comma 90), dall'altro, è stata prevista per i soggetti titolari di rapporti di co.co.co. con specifici requisiti, una particolare valorizzazione dell'esperienza professionale acquisita (articolo 3, comma 94, lettera b)), anche attraverso l'inserimento degli stessi in un piano programmatico di progressiva stabilizzazione nell'arco del triennio di riferimento;
com’è noto, la ratio delle suddette disposizioni è da ricercare, anzitutto, nella volontà del legislatore di «sanare» situazioni «irregolari» determinatesi a causa di un uso eccessivo e distorto delle tipologie di lavoro flessibile nelle pubbliche amministrazioni e alimentate dal blocco delle assunzioni disposto dalle precedenti leggi finanziarie, che ha indotto le pubbliche amministrazioni a far ricorso a contratti di lavoro diversi dal rapporto a tempo indeterminato per lo svolgimento di attività stabili e continuative riferite alle ordinarie funzioni di competenza degli enti medesimi;
la possibilità di trasformare in assunzioni a tempo indeterminato i rapporti di precariato è stata successivamente ridefinita, su impulso del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, con il decreto-legge n. 78 del 2009, convertito nella legge n. 102 del 2009, che innovando rispetto alla normativa contenuta nelle leggi finanziarie 2007 e 2008, non ha più consentito la stabilizzazione diretta dei precari, ma ha disciplinato questa possibilità nell'ambito dei principi di carattere generale;
l'articolo 17, comma 10, del decreto citato prevedeva che, nel triennio 2010-2012, le amministrazioni pubbliche, nel rispetto della programmazione triennale del fabbisogno nonché dei vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente in materia di assunzioni e di contenimento della spesa di personale secondo i rispettivi regimi limitativi fissati dai documenti di finanza pubblica e per le amministrazioni interessate, previo espletamento della procedura di cui all'articolo 35, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e successive modificazioni, potevano bandire concorsi per le assunzioni a tempo indeterminato con una riserva di posti non superiore al 40 per cento dei posti messi a concorso, per il personale non dirigenziale in possesso dei requisiti di cui all'articolo 1, commi 519 e 558, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e all'articolo 3, comma 90, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (tale percentuale poteva essere innalzata fino al 50 per cento dei posti messi a concorso per i comuni che si costituiscono in un'unione fino al raggiungimento di ventimila abitanti);
sempre nel triennio 2010-2012 le amministrazioni pubbliche potevano, altresì, bandire concorsi pubblici per titoli ed esami finalizzati a valorizzare con apposito punteggio l'esperienza professionale maturata dal personale;
nello stesso triennio 2010-2012, le amministrazioni pubbliche, nel rispetto dei vincoli finanziari previsti in materia di assunzioni e di contenimento della spesa di personale, secondo i rispettivi regimi limitativi fissati dai documenti di finanza pubblica, potevano assumere, limitatamente alle qualifiche di cui all'articolo 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e successive modificazioni, il personale in possesso dei requisiti di anzianità maturati nelle medesime qualifiche e nella stessa amministrazione. A tal fine, erano predisposte da ciascuna amministrazione apposite graduatorie, previa prova di idoneità ove non già svolta all'atto dell'assunzione. Le predette graduatorie avevano efficacia non oltre il 31 dicembre 2012;
venuta a scadenza la vigenza temporale delle disposizioni da ultimo richiamate, ulteriori disposizioni per favorire la stabilizzazione dei precari sono state introdotte con l'articolo 1, comma 401, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013);
il disposto legislativo anzi richiamato ha inserito all'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, i commi 3-bis e 3-ter che, con diversa formulazione ma con sostanziale contenuto, ripropongono il disposto di cui all'articolo 17, commi 10 e 11, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 (riserva di posti nella misura del 40 per cento nei concorsi pubblici a favore dei titolari di un rapporto a tempo determinato che hanno maturato almeno tre anni di servizio e valorizzazione nei concorsi pubblici, con apposito punteggio, dell'esperienza professionale maturata dal medesimo personale), salvo ad eliminare il riferimento temporale, facendo assumere alla disposizione carattere di principio generale a cui deve conformarsi tutta la pubblica amministrazione e a rinviare ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro il 31 gennaio 2013, la definizione di modalità, criteri applicativi e disciplina della riserva di posti nella misura prevista;
le disposizioni introdotte con la legge di stabilità 2013 recepiscono l'orientamento giurisprudenziale della Corte costituzionale e si pongono in linea con quanto stabilito nel protocollo sul lavoro pubblico definito il 3 maggio 2012 tra il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, le regioni, le province e i comuni e le organizzazioni sindacali, che prevede, tra l'altro, l'introduzione di «percorsi di accesso mediante un reclutamento ispirato alla “tenure-track”», nonché meccanismi per «valorizzare nei concorsi pubblici l'esperienza professionale acquisita con rapporto di lavoro flessibile, tenendo conto delle diverse fattispecie e della durata dei rapporti»;
non si può, comunque, non evidenziare che dette disposizioni, di portata generale, avranno sicuramente un'incidenza marginale in tutte quelle realtà, come, ad esempio, la Sicilia, dove la presenza dei lavoratori precari è elevata. Le stesse non agevoleranno, nel medio periodo, lo svuotamento, anche parziale, del bacino dei precari dovendosi far ricorso per il reclutamento di personale a procedure concorsuali pubbliche con previsione della sola riserva per i lavoratori di cui trattasi o valorizzazione nei concorsi pubblici, con apposito punteggio, dell'esperienza professionale maturata dal medesimo personale, procedure, da attivarsi nei limiti consentiti dagli attuali stringenti vincoli assunzionali e di contenimento della spesa, che rendono, in atto, oltremodo difficoltoso garantire financo il turn over anche in considerazione di note condizione finanziarie degli enti locali e delle regioni. Ai già numerosi vincoli assunzionali il comma 401 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (legge di stabilità 2013), aggiunge un'ulteriore vincolo che costituisce una pesante limitazione al numero delle stabilizzazioni programmabili: solo il 50 per cento della spesa per le assunzioni programmate può essere destinato alle procedure concorsuali individuate dal comma citato che favoriscono le stabilizzazioni;
non vi è traccia nella legge di stabilità 2013 del comma 12 dell'articolo 17 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 che, come è noto, prevedeva una procedura di stabilizzazione interamente riservata agli interni mediante la possibilità di assunzione per le pubbliche amministrazioni, limitatamente alle qualifiche di cui all'articolo 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, e successive modificazioni (per il cui accesso è richiesto la scuola dell'obbligo), del personale in possesso dei requisiti di anzianità previsti dalla stessa norma e maturati nelle medesime qualifiche e nella stessa amministrazione. La norma, come è noto, ha avuto vigenza fino al 31 dicembre 2012. Invero, il differimento temporale della vigenza della disposizione di cui al comma 12 dell'articolo 17, avrebbe agevolato concretamente, specie negli enti locali sostenuti da contribuzione regionale, il doveroso parziale svuotamento del bacino dei precari, ferma l'osservanza dei vincoli assunzionali e delle disposizioni vigenti in materia di contenimento della spesa e avrebbe consentito agli enti stessi di reclutare, con procedura selettiva interamente riservata, figure strettamente indispensabili per l'espletamento dei servizi istituzionali. Del resto, il differimento temporale non avrebbe implicato effetti sui saldi di finanza pubblica non comportando, nel periodo di riferimento, nuovi o maggiori oneri tenuto conto del richiamo operato dal comma 12 dell'articolo 17 al rispetto dei vincoli finanziari previsti dalla normativa vigente in materia di assunzioni e di contenimento della spesa di personale secondo i rispettivi regimi limitativi fissati dai documenti di finanza pubblica;
la questione dei precari della pubblica amministrazione va, comunque, affrontata tenuto conto dei diversi ambiti in cui gli stessi operano connotati da distinte peculiarità che rimandano a soluzioni necessariamente differenziate;
la presente risoluzione mira a definire indirizzi in un comparto, quello delle regioni e delle autonomie locali, dove si registra la maggiore presenza di lavoratori precari;
se è indiscutibile che il ricorso a contratti di lavoro a tempo determinato corrisponde alla necessità di far fronte ad esigenze temporanee delle amministrazioni, di fatto, a fronte del blocco delle assunzioni disposto da diverse leggi finanziarie, gli enti locali hanno fatto ricorso a contratti di lavoro diversi dal rapporto a tempo indeterminato per lo svolgimento di attività stabili e continuative riferite alle ordinarie funzioni di competenza. In particolare, nella regione siciliana, gli enti locali, forti della presenza del personale precario, il cui costo è stato assunto, ab ovo ed in gran parte, dall'ente regione, da oltre un decennio, rinunciando a qualsiasi procedura concorsuale, hanno continuato ad utilizzare questi lavoratori, provenienti dal bacino dei lavoratori socialmente utili, per esigenze permanenti legate al fabbisogno ordinario;
l'utilizzo è stato autorizzato da una legislazione nazionale e regionale che ha più volte derogato princìpi di derivazione comunitaria in materia di rapporto di lavoro a tempo determinato, sia sotto il profilo delle fattispecie legittimanti (ricorso al lavoro a termine per fronteggiare bisogni permanenti su posti di dotazione organica) che della gestione dell'istituto (utilizzo di proroghe e rinnovi, oltre quella che sarebbe la ratio legis, anche per situazioni originariamente prevedibili e non sopravvenute) e che ha generato una categoria di lavoratori precari che fino ad oggi, unitamente a quelli a tempo indeterminato ancora in servizio, in assenza di regolare turn-over, continuano a garantire i servizi fondamentali ed essenziali erogati alle proprie comunità locali;
è ben noto, ad esempio, per le considerazioni anzi esposte, che le posizioni di ruolo, oggi presenti negli enti locali della regione siciliana, non consentono di assicurare la funzionalità degli stessi;
se, come ripetutamente evidenziato dalla Corte costituzionale, i lavoratori precari cosiddetti storici non sono titolari di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo ma di una mera aspettativa di assunzione, è indiscutibile che dal punto di vista sociale disattendere le aspettative di un precariato, che in talune realtà può definirsi storico per effetto del disimpegno di attività lavorativa continuativa da oltre 23 anni, concretizzerebbe un operazione di «macelleria sociale»;
gli attuali limiti assunzionali, unitamente ai limiti imposti dal rispetto del patto di stabilità interno, l'orientamento consolidato della Corte costituzionale, che nella fattispecie non ammette deroghe al pubblico concorso e l'obbligo per gli enti locali, da ultimo introdotto dall'articolo 16, comma 8, del decreto-legge n. 95 del 2012 convertito nella legge n. 135 del 2012, di rideterminare le dotazioni organiche tenuto conto prioritariamente del rapporto tra dipendenti e popolazione residente determinato in base alla media nazionale del personale in servizio presso gli enti e che, verosimilmente, costringerà, alcuni enti locali, a rispettare l'ennesimo divieto assunzionale o ad attivare la procedura di eccedenza con la messa in disponibilità di personale di ruolo, rendono, in atto, impossibile ipotizzare un qualsiasi percorso di stabilizzazione negli enti di appartenenza con la prospettiva di una conseguente espulsione, in molti casi irreversibile, di migliaia di lavoratori precari dai circuiti occupazionali, oltre, in talune realtà regionali, al collasso funzionale degli enti utilizzatori;
in presenza di realtà, come quella siciliana, fortemente caratterizzate dalla presenza di lavoratori con un'ingente anzianità di precariato, divenuti una sorta di «precari a vita» (e che, non di rado, sono stati destinati a svolgere compiti indispensabili ai fini del perseguimento dei fini istituzionali delle amministrazioni, acquisendo nella prassi operativa rilevanti esperienze e competenze), è doveroso, dopo i tentativi andati a vuoto da parte delle regioni di fornire strumenti di legge idonei, compiere uno sforzo per tentare di trovare soluzioni legislative in questa complessa vicenda che assicurino lavoro di qualità, utile, compatibile con le condizioni finanziarie degli enti locali e che tengono conto degli orientamenti giurisprudenziali consolidati che non consentono di introdurre nel nostro ordinamento disposizioni derogatorie alla procedura concorsuale e al principio di adeguato accesso dall'esterno e che affermano il divieto, nel pubblico impiego, diversamente da quanto previsto nel rapporto di lavoro privato, della trasformazione del rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato in caso di violazione del limite di 36 mesi per la reiterazione del contratto a termine così come prescritto dall'articolo 5 del decreto legislativo n. 368 del 2001;
la rinuncia di moltissimi enti locali al turn-over, in forza dell'utilizzo dei lavoratori precari per esigenze permanenti legate al fabbisogno ordinario, ha prodotto l'assenza o insufficienza nelle dotazioni organiche degli enti stessi di posizioni di ruolo aventi profili professionali assolutamente indispensabili per garantire taluni servizi istituzionali (a tali carenze, come anzi evidenziato, hanno supplito, nel periodo, i lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato);
va segnalato l'obbligo, negli enti locali, di rideterminare le piante organiche in conformità a parametri di virtuosità di cui all'articolo 16, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito dalla legge 7 agosto 2012 n. 135, ancora da determinarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ma che, verosimilmente, si discosteranno di poco rispetto agli attuali stringenti parametri previsti, in atto, per i soli enti in condizioni di dissesto;
va considerata la verosimile ipotesi di superamento, in molti enti locali, della media nazionale con conseguente applicazione delle sanzioni previste dal decreto citato, consistenti nel divieto di assunzioni o nell'obbligo di attivazione delle procedure di eccedenza;
si evidenziano l'assenza o insufficiente presenza nelle piante organiche di posizioni di ruolo con profili professionali indispensabili per assicurare diversi servizi, unitamente all'impossibilità, in considerazione dei molteplici vincoli e divieti assunzionali in atto operanti, di reclutare dette figure anche dall'esterno;
il venir meno, in assenza di ulteriori proroghe, della funzione suppletiva assicurata dai lavoratori precari e l'assenza di flessibilità nella gestione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro pubblico, che, come è noto, ha l'obbligo di adibire il prestatore di lavoro, in forza di norme contrattuali e di legge, alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell'ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, non essendo ammesso il demansionamento né l'attribuzione di mansioni superiori se non a determinate condizioni e per un periodo limitato, richiedono, inevitabilmente, stante la situazione consolidatasi in un lungo lasso di tempo e al fine di scongiurare la paralisi amministrativa di molti enti locali (in Sicilia, di tutti gli enti locali), di coniugare l'ineludibile esigenza del contenimento della spesa, eliminando sprechi ed eccessi, con l'altrettanto ineludibile esigenza di garantire livelli anche minimi di servizi e di sanare, per quanto possibile e necessario, situazioni irregolari determinatesi a causa di un uso eccessivo e distorto delle tipologie di lavoro flessibile,
impegna il Governo:
a promuovere la definizione, in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, di un pacchetto di misure volte a determinare il progressivo superamento del precariato nelle regioni e negli enti locali e che in particolare preveda:
a) in deroga a stringenti limiti assunzionali ma ad invarianza di saldi finanziari, la proroga dei rapporti di lavoro a tempo determinato, per un periodo triennale, ritenuto sufficiente per realizzare un percorso che favorisca la stabilizzazione dei rapporti a tempo determinato in essere ed evitare, in questo modo, la paralisi, in moltissimi enti locali, di settori strategici la cui funzionalità è assicurata da gran parte del personale a tempo determinato che ha già sostituito il personale a tempo indeterminato nel frattempo andato in quiescenza;
b) di stabilizzare solo rapporti di lavoro strettamente necessari e/o funzionali al perseguimento di obiettivi degli enti, nel rispetto dei principi di contenimento della spesa di personale, cambiando prospettiva e considerando la posizione di precarietà riferita alla situazione lavorativa e non solo al soggetto che la occupa: il che significa che dovrà essere ritenuto prioritario l'interesse pubblico alla copertura del posto ove questa sia ritenuta necessaria dal punto di vista tecnico, cioè organizzativo e funzionale dalla dotazione organica;
c) di agevolare lo svuotamento del bacino dei precari, introducendo ed estendendo la possibilità di partecipare alle selezioni interamente riservate agli interni inquadrati in categorie per le quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo anche al personale inquadrato in categorie superiori non dirigenziali (presenti in numero consistente negli enti locali) a condizione, qualora necessario in relazione al profilo, del possesso dei requisiti di qualificazione o specializzazione richiesti per l'accesso dall'esterno dagli ordinamenti degli enti e, chiaramente, in possesso dei requisiti di anzianità;
d) di introdurre una ulteriore aspettativa di occupazione a tempo indeterminato per i lavoratori precari inquadrati nelle categorie C e D attraverso la previsione di concorsi pubblici unici banditi dalla regione, anche per ambiti provinciali, finalizzati alla formazione di graduatorie di idonei, con valorizzazione, mediante apposito punteggio, dell'esperienza professionale maturata, con obbligo per le stesse regioni ed i relativi enti territoriali di utilizzo per la copertura di posti vacanti e con previsione di possibile convenzionamento per l'utilizzo della graduatoria da parte di amministrazioni dello Stato per la copertura di posti nelle sedi ubicate nelle rispettive regioni;
e) di consentire, in ogni momento, nell'ambito delle dotazioni organiche la mobilità dei singoli dipendenti presso la stessa od altre amministrazioni anche di diverso comparto, nei casi di domanda congiunta di compensazione con altri dipendenti di corrispondente profilo professionale, previo nulla osta dell'amministrazione di provenienza e di quella di destinazione (cosiddetta mobilità compensativa o interscambio);
f) di rimuovere alcuni ostacoli al processo di stabilizzazione prescrivendo l'inapplicabilità transitoria per gli enti locali che, nel triennio 2013/2015, attivano le procedure finalizzate ad assunzioni a tempo indeterminato finalizzate a favorire la stabilizzazione dei rapporti:
1) del limite assunzionale, prescritto per gli enti soggetti al patto di stabilità interno, del 40 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente di cui all'articolo 76, comma 7, primo periodo, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008 e del limite prescritto, per gli enti non soggetti al patto, dal disposto di cui all'articolo 1, comma 562, secondo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (assunzioni nel limite delle cessazioni intervenute nell'anno precedente);
2) del limite massimo complessivo del 50 per cento delle risorse finanziarie disponibili ai sensi della normativa vigente in materia di assunzioni ovvero di contenimento della spesa di personale per l'attivazione delle procedure di cui all'articolo 35, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 vincolo, quest'ultimo, che determina una pesante limitazione al numero delle possibili stabilizzazioni;
3) del divieto assunzionale prescritto per gli enti che risultino collocati ad un livello superiore del 20 per cento e fino ad un massimo del 40 per cento rispetto alla media di cui all'articolo 16, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito nella legge 7 agosto 2012 n. 135;
4) del principio di adeguato accesso dall'esterno di cui all'articolo 35, comma 1, lettera a) del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per la sola copertura dei posti per il cui accesso è richiesto il requisito della scuola dell'obbligo e nei soli casi in cui i soggetti titolari di un contratto a tempo determinato provengono dal bacino dei lavoratori socialmente utili e sono stati assegnati ai progetti a cura delle sezioni circoscrizionali per l'impiego e per il collocamento in agricoltura competenti secondo i criteri previsti per l'attuazione dell'articolo 16 della legge 28 febbraio 1987, n. 56 e successive modificazioni ed integrazioni e nel rispetto dei principi di pari opportunità, così come disposto dall'articolo 6 del decreto legislativo 1o dicembre 1997, n. 468 e, quindi, con la procedura di cui alla lettera b) del comma 1, dell'articolo 35 del decreto legislativo n. 165 del 2001;
g) di autorizzare la non computabilità dei contributi, nella misura prevista dalla legislazione regionale vigente, trasferiti dalle regioni agli enti territoriali per la prosecuzione dei rapporti a tempo determinato, al fine della preliminare attestazione di rispetto del limite strutturale di cui all'articolo 76, comma 7, primo periodo, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 (incidenza delle spese di personale inferiore al 50 per cento delle spese correnti) e del limite di cui all'articolo 1, commi 562, primo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (spesa del personale non superiore al corrispondente ammontare dell'anno 2008), e, tanto, per agevolare l'avvio del percorso di stabilizzazione e a computare, invece, integralmente, le sole spese per assunzioni a tempo indeterminato programmate al lordo di eventuali contributi regionali al fine del rispetto delle disposizioni normative anzi richiamate, garantendo, in tal modo, e soprattutto, nel periodo in cui verrà a cessare l'erogazione da parte della regione del contributo finalizzato a favorire la stabilizzazione, il rispetto da parte dell'ente locale procedente del già significativo limite strutturale;
h) di porre a riferimento, per la programmazione delle assunzioni negli enti locali, le dotazioni organiche rideterminate, sulla base delle esigenze di esercizio delle funzioni, dei servizi e dei compiti loro attribuiti, entro il limite del 40 per cento rispetto alla media nazionale del personale in servizio presso gli enti da determinarsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con Conferenza Stato-città ed autonomie locali ai sensi dell'articolo 16, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito nella legge 7 agosto 2012 n. 135;
i) di ribadire la centralità del lavoro a tempo indeterminato nella pubblica amministrazione;
l) per le restanti pubbliche amministrazioni, di rinnovare i contratti a termine in scadenza a luglio 2013, nelle more dell'elaborazione di un quadro programmato di eliminazione, per quanto possibile e necessario, del precariato dei diversi comparti con la definizione di specifiche e distinte procedure, costituzionalmente orientate.
(7-00009) «Gnecchi, Iacono».
La XIII Commissione,
premesso che:
le rilevanti criticità determinate dai danni causati all'agricoltura e alla zootecnia da alcune specie di fauna selvatica o inselvatichita, hanno assunto negli ultimi anni dimensioni notevoli, con ripercussioni allarmanti che incidono negativamente, oltre che sui bilanci economici delle aziende agricole, più in generale sull'equilibrata coesistenza tra attività umane e specie animali;
la consistenza del fenomeno ha già indotto la Commissione agricoltura della Camera dei deputati a svolgere, nel corso della XVI legislatura, una specifica indagine conoscitiva dedicata al fenomeno, alla quale ha fatto seguito l'avvio dell'esame di proposte di legge volte ad adeguare il quadro normativo vigente, che tuttavia non è stato possibile portare a conclusione entro la fine della legislatura;
il fenomeno dei danni provocati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e zootecniche assume tuttavia, in alcuni casi denunciati costantemente dagli agricoltori, i connotati di una vera e propria emergenza, che sollecita l'avvio urgente di iniziative da parte delle istituzioni pubbliche, volte a prevedere un sistema adeguato di misure preventive e di contrasto;
in alcune aree del territorio nazionale ad alta vocazione agricola, si è potuto constatare in particolare, un incremento della frequenza di attacchi da parte di lupi o altri canidi selvatici, agli allevamenti di ovini che ha causato un inasprimento della tensione sociale, soprattutto tra gli allevatori, nonché gravi danni al patrimonio zootecnico, con la conseguente cessazione dell'attività per molte aziende operanti nel settore, specie nelle aree interne ed economicamente più svantaggiate;
l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), attraverso l'elaborazione di specifiche ri- cerche, ha rilevato che nel nostro Paese, i lupi dopo aver rischiato l'estinzione, si sono riadattati a sopravvivere in raggruppamenti, localizzabili in alcune aree isolate dell'Appennino centrale e meridionale, riapparendo successivamente in vaste zone lungo l'intera dorsale appenninica e sulle Alpi Marittime, interessando anche aree con grande vocazione rurale e densamente popolate dall'uomo e da attività zootecniche;
le aggressioni, secondo quanto risulta da numerose valutazioni e ricerche scientifiche, sembrano siano imputabili non solo al lupo, ovvero alla specie identificata e tutelata dalla direttiva 21 maggio 1992 n. 92/43CE (cosiddetta «direttiva habitat»), ma anche ad altre tipologie di canidi selvatici, come i cani inselvatichiti e gli esemplari ibridi nati dall'incrocio tra lupi e cani vaganti rinselvatichiti, che mostrano lo stesso comportamento del lupo e la stessa capacità di attacco al bestiame domestico;
la presenza degli ibridi, confermata da analisi di laboratorio svolte in diverse aree rurali, pone anche il difficile problema di assicurare la piena applicazione della direttiva habitat suindicata, che richiede di proteggere le specie dalla competizione con varietà simili e dall'inquinamento della loro identità genetica;
gli ibridi sono infatti assenti dalla normativa nazionale e comunitaria e pongono problemi di natura legale, tecnica e scientifica finora trascurati, la cui soluzione appare oggi centrale anche per una strategia di conservazione del lupo;
i problemi di gestione del territorio e gli strumenti per prevenire e ridurre i possibili conflitti tra le esigenze di tutela ambientale e quelle connesse all'esercizio delle attività economiche, travalicano i confini regionali e chiamano in causa le responsabilità nazionali e anche quelle delle istituzioni europee, alla cui competenza normativa appartengono diversi aspetti coinvolti nel fenomeno;
con riferimento alle questioni connesse alla presenza del lupo, in particolare, occorre quindi riaffermare la necessità di promuovere iniziative di analisi e di studio nonché proposte in sede europea per rendere più adeguato il quadro normativo di riferimento, al fine di introdurre gli strumenti più idonei a garantire un giusto equilibrio tra la presenza della fauna selvatica protetta e quella degli allevatori, nonché la stessa sopravvivenza di attività economiche essenziali per la produzione di alimenti, per favorire di reddito per le comunità locali e per la conservazione e valorizzazione del territorio,
impegna il Governo
a promuovere iniziative di analisi e di studio e di ricerca, anche congiuntamente alle autorità regionali e alle associazioni interessate, per affrontare i problemi esposti in premessa, con particolare riferimento alle iniziative per una strategia di conservazione del lupo che assicuri la integrità della specie e la salvaguardia della sua identità genetica dal pericolo di ibridazione contestualmente alla tutela delle attività agricole, con azioni tese a limitare e contenere il fenomeno degli attacchi al patrimonio zootecnico;
ad assumere in sede europea, previa verifica delle misure adottate da altri Paesi europei per fronteggiare problemi analoghi, le iniziative eventualmente necessarie per adeguare il quadro normativo vigente alle esigenze dell'agricoltura italiana, al fine di assicurare la sostenibilità delle attività agricole e zootecniche nel rispetto delle esigenza di tutela delle specie animali.
(7-00010) «Faenzi, Oliverio».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazioni a risposta orale:
FAUTTILLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili. — Per sapere – premesso che:
il comma 1 dell'articolo 4 del decreto legislativo 77 del 5 aprile 2002 stabilisce che Il Fondo nazionale per il servizio civile, ai fini dell'erogazione dei trattamenti previsti dal presente decreto, è collocato presso l'Ufficio nazionale per il servizio civile, che ne cura l'amministrazione e la programmazione annuale delle risorse, formulando annualmente, entro il 31 gennaio dell'anno di riferimento, un apposito piano di intervento, denominato Documento di programmazione economico finanziaria, sentita la Conferenza Stato-regioni;
con il comma 257 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 è stata nuovamente prevista nell'ordinamento legislativo la Consulta nazionale del servizio civile, istituita con l'articolo 10, comma 2 della legge 8 luglio 1998, n. 230, e riconfermata con l'articolo 3 della legge 16 gennaio 2003 che ne ha stabilito la funzione e i criteri di composizione, quale organo di consultazione permanente per l'Ufficio nazionale del servizio civile, che da giugno 2012 ha assunto la denominazione Dipartimento gioventù e Servizio civile nazionale;
alla Consulta nazionale del servizio civile, nell'ambito della sua funzione, è richiesta espressione di medesimo parere sul Documento di programmazione economico finanziaria;
in data 22 aprile 2013 è stato pubblicato sul sito del Servizio civile nazionale l'avviso che, con decreto del Ministro Riccardi, è stata ricostituita la Consulta nazionale del servizio civile, dopo che nei mesi precedenti erano state effettuate le designazioni richieste;
è stata pubblicata in data 29 aprile 2013 la graduatoria definitiva della valutazione dei progetti depositati al Dipartimento del servizio civile nazionale da parte degli enti iscritti all'albo nazionale e che molte regioni hanno fatto o stanno facendo la stessa pubblicazione per quanto di loro competenza, progetti depositati entro il 31 ottobre 2012;
l'ultimo bando di raccolta delle domande di partecipazione al Servizio civile nazionale risale al 20 settembre 2011 ed è quindi forte l'attesa dei giovani per poter nuovamente accedere a questa opportunità;
attraverso il Documento di programmazione economico finanziaria viene definito il contingente annuo del numero di posti da mettere a bando per progetti in Italia e all'estero;
attraverso il Documento di programmazione economico finanziaria viene definita, altresì, la ripartizione di risorse fra Dipartimento del servizio civile nazionale e regioni e province autonome per il finanziamento dei posti progetto da mettere a bando negli albi di rispettiva competenza –:
per quali motivi non risulti ancora convocata la Consulta nazionale del servizio civile e non sia stato trasmesso alle regioni e alla pubblica amministrazione il documento di programmazione economico finanziaria, visto che questo ritardo rischia di compromettere la pubblicazione del bando per la presentazione delle domande da parte dei giovani entro il mese di giugno 2013, con il conseguente ulteriore slittamento dei tempi per permettere ai giovani italiani di partecipare a questa rilevante esperienza di formazione personale alla pace e alla cittadinanza attiva, oltre che di contributo alla vita delle comunità locali;
quando il dipartimento del servizio civile nazionale intenda sottoporre alla Consulta nazionale del Servizio civile e alle regioni e alla pubblica amministrazione il Documento di programmazione economico finanziaria 2013 per andare alla pubblicazione del bando entro il mese di giugno 2013. (3-00062)
ROSSI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il decreto legge n. 78 del 2010 è stato adottato, come recita il suo preambolo, in considerazione della «straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per il contenimento della spesa pubblica e per il contrasto all'evasione fiscale ai fini della stabilizzazione finanziaria, nonché per il rilancio della competitività economica»;
nel quadro di una serie di previsioni finalizzate al contenimento ed alla riduzione della spesa pubblica si colloca l'articolo 9, relativo al contenimento delle spese in materia di pubblico impiego che, al comma 21, testualmente recita: «I meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui all'articolo 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non si applicano per gli anni 2011, 2012, 2013 ancorché a titolo di acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi. Per le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previste dai rispettivi ordinamenti. Per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici»;
in applicazione del citato comma 21 dell'articolo 9, quindi, per l'intero triennio 2011/2013, le retribuzioni del personale interessato, tra cui rientra il personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, sono state pertanto escluse tanto dai meccanismi di adeguamento di cui all'articolo 24 della legge n. 448 del 1998, quanto dall'applicazione degli aumenti retributivi («scatti» e «classi» di stipendio) collegati all'anzianità di ruolo, quanto, addirittura, dal riconoscimento dei benefici economici correlati alle progressioni di carriera, senza possibilità successiva di recupero;
l'articolo 16, comma 1, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, prevede che con uno o più regolamenti da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione (ora Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione), e dell'economia e delle finanze sia possibile prorogare di un anno ovvero al 2014, le suddette disposizioni restrittive;
la manovra posta in essere dal Governo pro tempore finalizzata al contenimento della spesa pubblica, appare tanto più afflittiva nei confronti del personale della pubblica amministrazione in genere e di quello delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in particolare, tenuto conto della peculiarità dei rispettivi ordinamenti e funzioni, ove si consideri che le ricordate misure di congelamento delle dinamiche salariali in verità non sono le prime ad incidere negativamente sulle retribuzioni di tale personale, in quanto i trattamenti retributivi degli stessi, anche negli anni antecedenti l'intervento d'urgenza del 2010, sono stati oggetto di analoghe politiche restrittive, sempre orientate ad esigenze di contenimento della spesa pubblica;
in proposito, occorre rammentare che la Corte costituzionale, in occasione di pregresse manovre economiche, recanti deroghe temporanee ai ricordati meccanismi rivalutativi di adeguamento, disposte, in particolare, in occasione dell'altrettanto grave congiuntura economica del 1992, aveva già indicato i limiti entro i quali un tale intervento potesse ritenersi rispettoso dei richiamati princìpi costituzionali, osservando che «norme di tale natura possono ritenersi non lesive del principio di cui all'articolo 3 della Costituzione (sotto il duplice aspetto della non contrarietà sia al principio di uguaglianza sostanziale, sia a quello della non irragionevolezza), a condizione che i suddetti sacrifici siano eccezionali, transeunti, non arbitrari e consentanei allo scopo prefisso»;
in quel caso il sacrificio era limitato ad un anno, mentre ora, in presenza di una reiterazione a percussione di misure patrimoniali afflittive, la natura eccezionale e transitoria di una disposizione non può più essere predicata, credibilmente e plausibilmente anche per la prevedibilità della sua reiterazione nel tempo futuro;
in data 8 novembre 2011, risulta approvato in 5a Commissione bilancio del Senato della Repubblica l'ordine del giorno G/2969/2/5, presentato dai senatori Saltamartini e Boscetto, con cui il Governo pro tempore si impegnava, pur nell'ambito della difficile congiuntura economica e della finanza pubblica a valutare l'opportunità di adottare con urgenza le opportune iniziative atte a: «impegnare i relativi fondi iscritti nella tabella 8 per assicurare un'interpretazione dell'articolo 9, comma 21, del decreto legge n. 78 del 2010, nel senso che al personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nel triennio 2012/2014, sia assicurata la corresponsione integrale dei trattamenti economici connessi con l'impiego (indennità operative, indennità pensionabile, indennità di trasferimento, assegno funzionale, assegno non pensionabile dirigenziale e indennità di missione), con l'effettiva presenza in servizio e con la maturazione dei requisiti di anzianità e merito»;
gli ordinamenti del personale in argomento sono connotati da un'estrema gerarchizzazione e bloccare le progressioni economiche comporta effetti iniqui e sperequativi tra il personale stesso ed anche rispetto al restante personale della pubblica amministrazione;
inoltre, la specificità dello status giuridico e di impiego, sancita all'articolo 19 della legge 4 novembre 2010, n. 183, del personale delle Forze armate, di polizia e di quello del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, caratterizzato da una mobilità e flessibilità d'impiego, sul territorio nazionale e all'estero, non riscontrabile in nessun altro settore del pubblico impiego, ha come corollario che l'assunzione di più gravose responsabilità e la sopportazione di maggiori rischi e disagi conseguenti all'avanzamento nel grado, siano compensati da specifici istituti retributivi a ciò indirizzati;
il Consiglio dei ministri pro tempore in data 21 marzo 2013, ha deciso di avviare l’iter di uno specifico decreto del Presidente della Repubblica per estendere il blocco sopra citato al 2014 precisando come risulta nel comunicato n. 73 che «Questo consentirà al prossimo governo di scegliere tra la proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali portando a termine la procedura del regolamento, come previsto dal decreto legge 98 del 2011; oppure di trovare una diversa copertura e così evitare per il 2014 il blocco delle progressioni e degli automatismi retributivi nel pubblico impiego» –:
se il Governo non intenda assicurare al personale delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco la corresponsione integrale dei trattamenti economici connessi con l'impiego, con l'effettiva presenza in servizio e con la maturazione dei requisiti di anzianità e di merito per il triennio 2012/2014 o quanto meno per evitare l'estensione al 2014 del blocco degli effetti economici delle progressioni di carriera e degli automatismi retributivi per il personale del comparto difesa e sicurezza, ciò in aderenza precipua alla specificità del comparto richiamata sia dal Presidente del Consiglio nel suo discorso di insediamento che dal Ministro della difesa in occasione dell'illustrazione delle linee programmatiche rese nella Commissione difesa della Camera dei deputati in data 15 maggio. (3-00064)
Interrogazioni a risposta scritta:
SCOPELLITI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
i lavoratori LSU-LPU rappresentano una risorsa importante, un insieme variegato di saperi, professionalità, maestranze, manodopera, indispensabili per la garanzia di essenziali servizi da erogare ai cittadini e sul quale bisogna investire in termini di valorizzazione e riconversione;
a seguito del decreto legislativo n. 468 del 1997, successivamente modificato con decreto legislativo n. 81 del 2000 migliaia di lavoratori sono stati avviati in Calabria in progetti per lavori socialmente utili e di pubblica utilità, che quasi subito sono rientrati nelle normali attività degli enti utilizzatori;
ancora oggi, per legge, gli LSU sono soggetti che forniscono forza lavoro alle amministrazioni locali, ma non hanno un contratto strictu sensu di lavoro e la legge impone che non si instauri alcun rapporto di lavoro; non hanno mai goduto di copertura previdenziale, nonostante il loro impegno lavorativo non sia diverso dal personale cosiddetto di ruolo degli enti utilizzatori;
nel corso degli anni gli LSU hanno sopperito alle carenze di organico nella realizzazione ed erogazione di attività e servizi, acquisendo competenze notevoli e realizzando servizi oggi ritenuti indispensabili dai cittadini beneficiari e, secondo quanto motiva la regione Calabria nei piani di stabilizzazione «sono inseriti da oltre 15 anni nell'organizzazione delle attività degli Enti con svariate mansioni di carattere manuale, tecnico, ma anche con ruoli ad alto contenuto professionale»; è per questo che essi non possono essere definiti assistiti, perché se di assistenzialismo si dovesse parlare, sarebbero i lavoratori che assistono la pubblica amministrazione e ad avviso dell'interrogante non sarebbe esagerato definire l'attuale situazione lavorativa degli LSU come un vero e proprio lavoro nero «legalizzato» dallo Stato;
in quasi sedici anni, il bacino degli LSU in Calabria, per effetto dei vari interventi di legge regionali e nazionali si è ridotto parzialmente, ma ancora oggi è composto da n. 2717 LSU, n. 2242 LPU e da n. 292 ex articolo 7 per un totale di n. 5.251 unità lavorative, in gran parte appartenenti alle categorie contrattuali medio-basse;
gli enti utilizzatori, per difficoltà dovute a gravi problemi finanziari dovuti ai risaputi tagli dei trasferimenti non sono in grado di assicurare la copertura finanziaria necessaria per la stabilizzazione, ma quei pochi che invece potrebbero impegnarsi finanziariamente in tale doverosa procedura, ne sono impediti da vincoli di legge restrittivi legati soprattutto ai limiti imposti al «turnover» e al rispetto del rapporto percentuale tra spese di personale e spese correnti;
la sentenza n. 18 del 2013 della Corte Costituzionale ha annullato l'articolo 55, comma 1, della legge regionale n. 47 del 2001 nella parte in cui posponeva al 31 dicembre 2014 la stabilizzazione degli LSU-LPU della Calabria e di fatto, detta sentenza, ha azzerato la possibilità di stabilizzare i precari, riportando la normativa alla data del 31 dicembre 2011;
la regione Calabria può garantire il trattamento economico degli LSU-LPU sino alla imminente scadenza del 15 luglio 2013;
la situazione di precarietà di questi lavoratori, inserita in un contesto ad alto tasso di disoccupazione, squilibrio sociale e di grave crisi economica e produttiva come quello calabrese rischia di far saltare i già tenui equilibri sociali e di ordine pubblico della Calabria, mentre aumentano le iniziative di lotta dei lavoratori;
si aggiunga che diverse amministrazioni e consigli comunali calabresi intendono solidarizzare con i lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità (come la città di Palmi, ove l'amministrazione e il consiglio comunale hanno indetto per il prossimo giugno una pubblica manifestazione di protesta) –:
se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
quali iniziative di competenza intenda porre in essere il Governo per sopperire alle difficoltà dei lavoratori ed alla necessità degli enti utilizzatori di garantire i servizi ai cittadini;
quali iniziative si intendano adottare per favorire lo svuotamento del bacino e la stabilizzazione dei precari (ad esempio mediante progetti di stabilizzazione (con mobilità) anche negli uffici periferici ministeriali e del parastato);
se intenda il Governo, come già sollecitato dalla piattaforma unitaria del sindacato calabrese, promuovere con sollecitudine per i lavoratori LSU-LPU il riconoscimento dei benefici di cui all'articolo 50 della legge n. 289 del 2002 (pensionamento anticipato) e previdenziale, contributivo ed assicurativo per tutto il periodo di utilizzo;
con quali tempi e in che modo il Governo intenda porre fine al grave meccanismo di utilizzo di lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità che vede di fatto lo Stato incentivare e finanziare quello che all'interrogante appare un sistema di precarietà legalizzata. (4-00476)
DIENI, NESCI, PARENTELA e BARBANTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
la Calabria produce il 30 per cento dell'intera produzione nazionale di arance di cui è seconda produttrice dopo la Sicilia ed è prima produttrice nazionale di clementine e mandarini che rappresentano il perno economico dell'agrumicoltura della piana di Gioia Tauro, una zona in cui ancora oggi per incidenza occupazionale l'agricoltura rappresenta il primo settore economico;
l'economia agrumaria di tutta la Calabria vive ormai da decenni un processo di impoverimento e di progressiva scomparsa, che riguarda anche le colture più fortunate e che fonda le sue radici nelle speculazioni del mercato, nell'aumento dei costi di produzione e in lunghe storie di cooperative e finanziamenti pubblici che si sono resi terreno fertile per i traffici della malavita organizzata;
nella piana di Gioia Tauro esiste una comunità che vive una situazione di degrado e di abbandono: le clementine vengono vendute a 0,20 cent/Kg a fronte di costi di 0,12 cent/Kg, le arance sono vendute a 10 cent/Kg a fronte di costi di raccolta di 0,7 cent/Kg, le arance destinate alla trasformazione dei succhi sono vendute a 0,6 cent/Kg, ma il prezzo di raccolta supera gli stessi ricavi; la grande distribuzione e le industrie acquistano le arance a prezzi più bassi rispetto ai costi di raccolta e di lavorazione di tali frutti, generando un sistema che impedisce al piccolo produttore non solo di avere un ricavo dignitoso dal proprio lavoro ma anche soltanto di sostenerne le spese se non ricorrendo allo sfruttamento di manodopera a basso costo;
nel quadro della generale crisi e della particolare crisi agrumaria, nelle campagne intorno a Rosarno centinaia di aranceti sono rimasti abbandonati e conseguentemente è stato drasticamente ridotto il numero degli immigrati, in maggioranza africani, impegnati nel lavoro di raccolta, immigrati che oggi versano in una situazione drammatica riuscendo ad essere occupati solamente uno-due giorni a settimana e che non solo lavorano in nero, senza contratto di lavoro e protezione sindacale, ma ricevono una paga di circa 25 euro al giorno rispetto alla tariffa che dovrebbe essere di 45 euro;
gli agricoltori della piana di Gioia Tauro chiedono di aumentare i prezzi minimi di vendita dei loro prodotti che dovrebbero quindi essere adeguati e di ricevere un supporto pubblicitario dalla regione affinché i prodotti della piana siano meglio commercializzati sui mercati nazionali ed esteri, allo stesso modo di quanto da decenni viene fatto in Sicilia, e lamentano l'insufficienza degli aiuti comunitari, limitati a circa 1700 euro per ettaro coltivato ad agrumi, appena sufficienti a coprire i costi delle tasse per il Consorzio di bonifica e l'IMU;
come emerge dal quadro territoriale regionale paesaggistico 2012 «la Regione Calabria è chiamata ad intervenire per supportare una generalizzata e prioritaria politica di riduzione dei costi di produzione, anche attraverso la modernizzazione dell'intera struttura aziendale. La valorizzazione di prodotti di largo consumo (olio di oliva, agrumi) e dei prodotti di alto profilo (salumi, formaggi, vini, cedro e bergamotto, liquirizia, cipolla di Tropea eccetera), indispensabile per sviluppare economicamente il settore, non può non essere incentrata su attività di caratterizzazione geografica e marketing territoriale che abbiano la Regione Calabria come attore principale. Prioritario è dare il giusto supporto per superare la debolezza strutturale del settore agro-industriale calabrese, per aumentare l'efficienza delle imprese agricole e agroindustriali migliorandone le capacità imprenditoriali e professionali. Si punterà inoltre, verso una diversificazione e rigenerazione delle produzioni ed una maggiore adesione ai sistemi di qualità (biologico, integrato e produzioni tipiche). Rimane cruciale, il potenziamento delle dotazioni infrastrutturali, in particolare quelle collettive volte all'aggregazione, alla promozione ed alla commercializzazione del prodotto.» –:
di quali notizie dispongano in merito i Ministri interrogati e quali misure si intendano assumere per risanare e rilanciare l'economia agrumaria della piana di Gioia Tauro e far fronte alle istanze degli agricoltori calabresi. (4-00478)
CENSORE, BINDI, D'ATTORRE, COVELLO, BATTAGLIA, BRUNO BOSSIO, STUMPO, MAGORNO e OLIVERIO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il presidente della regione Giuseppe Scopelliti è stato nominato commissario ad acta, ai sensi dell'articolo 4, comma 2, del decreto-legge n. 159 del 2007 (convertito con modificazioni dalla legge n. 222 del 2007 e successive integrazioni e modificazioni) con obiettivo tecnico dell'abbattimento del disavanzo e rientro dal debito sanitario della regione Calabria;
con la motivazione che il commissariamento non sarebbe riuscito a raggiungere gli obiettivi prefissati entro il 31 dicembre 2012 – termine previsto per il suo epilogo – il tavolo Massicci ha prorogato di ulteriori tre anni il piano di rientro della spesa sanitaria in Calabria;
in data 15 febbraio 2013, la Corte dei Conti, sezione regionale di controllo per la Calabria, ha preso in esame l'attività dell'ASP di Cosenza, sottoposta ad accesso da una commissione per verificare eventuali infiltrazioni mafiose, evidenziando diverse inadempienze e pesanti criticità;
una visione miope e ragionieristica del piano di rientro della spesa sanitaria in Calabria ha cagionato una autentica «desertificazione» sanitaria, con servizi esistenti solo sulla carta, con posti letto del tutto inesistenti, con ospedali che chiudono e non vengono sostituiti con i centri di assistenza primaria territoriale e i pochi che restano sono depotenziati e lasciati con gravi carenze di personale e di risorse tecniche e strumentali;
di conseguenza, i fallimenti del piano di rientro gestito da Scopelliti hanno sostanzialmente messo in discussione il diritto costituzionale alla salute in Calabria;
l'8 aprile 2013, al termine della riunione congiunta del tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali con il Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, è stato redatto un verbale che cozza palesemente con quanto asserito dal commissario Scopelliti che ha recentemente dipinto un quadro in crescita ovunque per l'intera sanità regionale;
nella suddetta riunione dell'8 aprile 2013, è emersa la scarsa omogeneità dei livelli essenziali di assistenza, con una forte sperequazione dell'offerta sanitaria: in Calabria, insomma, non sono nemmeno garantiti i livelli minimi di assistenza con una conseguente situazione di emergenza sanitaria e di smantellamento dell'offerta sanitaria;
inoltre, l'8 aprile 2013 il tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali e il comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza hanno evidenziato il gravissimo ritardo riguardo agli interventi connessi all'erogazione delle prestazioni comprese nei livelli essenziali di assistenza, invitando il commissario, al fine di evitare che si creino i presupposti di cui all'articolo 2, comma 84, della legge n. 191 del 2009, ad attuare tempestivamente ogni utile azione necessaria per garantire l'erogazione dei livelli essenziali di assistenza in maniera uniforme sul territorio regionale;
in Calabria, la dotazione di posti letto per la riabilitazione e la lungodegenza post-acuzie risulta pari a circa 0,4 posti letto per 1.000 residenti al 1o gennaio 2013, inferiore al valore di riferimento (0,7) del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95. Risulta carente l'assistenza domiciliare e l'assistenza residenziale e semiresidenziale rivolta ad anziani, disabili e ai malati terminali, ed è stata constatato un ritardo sul cronoprogramma per il processo di riconversione delle strutture ospedaliere in più appropriate strutture territoriali;
la Calabria presenta altresì diverse criticità nell'erogazione di servizi afferenti all'area della prevenzione, con particolare riferimento al settore degli screening oncologici;
come risulta dai verbali di tavolo e comitato delle riunioni di verifica del piano di rientro della regione Calabria, il servizio sanitario regionale della Calabria continua a presentare un rilevante disavanzo cumulato dagli esercizi pregressi che deve ancora trovare una copertura e che annualmente viene riportato a nuovo nel risultato di gestione dell'anno corrente;
pertanto, in ragione dei disavanzi pregressi che non hanno trovato adeguata copertura, per la regione Calabria si sono realizzate le condizioni per l'applicazione degli automatismi fiscali previsti dalla legislazione vigente, vale a dire l'ulteriore incremento delle aliquote fiscali di IRAP e addizionale regionale all'IRPEF, per l'applicazione del blocco automatico del turn over del personale del servizio sanitario regionale fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello in corso e per l'applicazione del divieto di effettuare spese non obbligatorie per il medesimo periodo;
inoltre, le azioni intraprese dalle aziende per il 2012 non hanno avuto effetti apprezzabili dovuti ad una parziale applicazione della norma cosiddetta spending review in particolare per i servizi;
il piano prevedeva la conclusione delle procedure di accreditamento definitivo delle strutture, ma le criticità evidenziate ad oggi non risultano superate;
infine, ma non per ordine di importanza, il tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali e il comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza hanno ritenuto non risolte le criticità correlate alla necessità di un comportamento collaborativo tra struttura regionale, commissario e sub commissari;
l'articolo 2, comma 84, della legge n. 191 del 2009 che prevede che qualora il presidente della regione, nominato commissario ad acta per la redazione e l'attuazione del piano, non adempia in tutto o in parte agli obblighi, il Consiglio dei ministri, adotta tutti gli atti necessari ai fini della predisposizione del piano di rientro e della sua attuazione. La stessa norma prevede che, nei casi di riscontrata difficoltà in sede di verifica e monitoraggio nell'attuazione del piano, il Consiglio dei ministri, sentita la regione interessata, nomina uno o più commissari ad acta di qualificate e comprovate professionalità ed esperienza in materia di gestione sanitaria per l'adozione e l'attuazione degli atti indicati nel piano e non realizzati –:
se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra denunciato e del fatto che in Calabria sta diventando sempre più complicato garantire ai cittadini i livelli essenziali di assistenza;
che cosa intenda fare al fine di evitare il collasso del sistema sanitario calabrese;
se il Governo, alla luce dei risultati del tavolo tecnico dell'8 aprile 2013, non intenda, ai sensi dell'articolo 2, comma 84, della legge n. 191 del 2009, assumere tutti i provvedimenti utili alla piena attuazione del piano di rientro dal disavanzo sanitario, prevedendo la nomina di commissari ad acta come descritto in premessa.
(4-00484)
AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE
Interrogazione a risposta orale:
OTTOBRE. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
durante l'ultimo anno della precedente legislatura vi è stato un deciso aumento dei contenziosi tra la provincia autonoma di Trento e Governo centrale;
attualmente davanti alla Corte costituzionale pendono oltre 20 procedimenti relativamente alle prerogative di competenze, di cui 16 relativi a materie finanziarie;
in particolare sulla spending review, le forme d'attuazione decise dal Governo Monti hanno prodotto una vera e propria azione di centralizzazione e di svuotamento delle prerogative dell'autonomia, che appare in conflitto sia con le norme costituzionali, sia con quanto stabilito con l'accordo di Milano;
l'esistenza di tali contenziosi ha fortemente rallentato l'attività e reso incerta l'azione delle amministrazioni della provincia di Trento, in particolare in considerazione dell'incertezza relativa delle risorse a disposizione –:
quali orientamenti il Governo intenda assumere, nel rispetto delle prerogative e delle competenze della provincia autonoma di Trento, in ordine al pieno ristabilimento delle funzioni primarie alla provincia autonoma di Trento relativamente a ambiente, urbanistica e paesaggio, concessioni idroelettriche e contratti pubblici e per quanto riguarda la delega fiscale, così come prevista dall'accordo di Milano nell'ambito del quale è compresa – anche – la piena competenza provinciale per la gestione delle varie Agenzie tributarie, a partire dall'Agenzia delle entrate;
se il Governo intenda procedere in tempi brevi alla ricostituzione delle commissioni paritetiche dei sei e dei dodici.
(3-00061)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazione a risposta scritta:
LAFFRANCO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
alla fine degli anni ’70 si sono verificati i primi smottamenti nella zona cosiddetta «Ivancich» di Assisi. Un'area densamente popolata che da piazza Matteotti passa per via Giovanni XXIII, Porta nuova, viale Umberto I, via San Benedetto e via Madonna dell'Olivo, fino ad arrivare a San Potente;
gli smottamenti hanno a lungo creato disagi in tutta la zona, soprattutto dissesti idrogeologici che hanno causato la rottura dell'acquedotto in più punti, con conseguente disagio per le abitazioni servite;
i lavori di consolidamento ebbero inizio nel 2001 a cura del provveditorato alle opere pubbliche per l'Umbria e dopo mille traversie, nel 2006, con i lavori realizzati appena al 50 per cento, si è addivenuti alla rescissione del contratto con la ditta aggiudicatrice;
nel 2008 il provveditorato interregionale ha bandito la gara per i lavori di completamento dei lavori, aggiudicando gli stessi ad una nuova ditta, che però non vi ha potuto mai dare inizio a causa di un sopravvenuto annullamento dell'aggiudicazione nel 2010 a cura dello stesso provveditorato;
nell'estate del 2009, a seguito delle forti piogge cadute in quel periodo, si sono verificati ulteriori disagi in tutta la zona Ivancich, con anche una microfrana dovuta alla mancanza di regimentazione idrogeologica del versante sovrastante Subasio;
la vicenda dei lavori per la sistemazione idrogeologica dell'area, in particolare del versante di frana, non si è ancora definitivamente conclusa;
nel marzo 2011 il provveditorato ha specificato che in via di autotutela ha verificato l'effettiva disponibilità dei fondi a suo tempo impegnati per la realizzazione di tutto l'intervento di consolidamento ed oramai caduti in perenzione amministrativa. Aggiungendo che, solo allorquando si acquisirà definitiva certezza delle disponibilità dei fondi, potrà procedersi, come per altro si è fatta riserva con il D.P n. 231/11 del 25 gennaio 2011, a rimettere gli atti di gara alla Commissione giudicatrice per la ripetizione della valutazione delle offerte e procedere a nuova aggiudicazione;
le competenze sui lavori in questione sono, nel frattempo, passate al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed i fondi residui per la realizzazione dell'intervento sono effettivamente andati in perenzione amministrativa;
il provveditorato ha più volte chiesto al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la disponibilità del finanziamento per il completamento dei lavori;
con ordinanza n. 430 del 15 settembre 2011 (protocollo 29524) il sindaco di Assisi, in veste di ufficiale di Governo, ordinava al provveditore alle opere pubbliche per la Toscana e Umbria di «dare corso senza ulteriore indugio», ai lavori di completamento del consolidamento del versante in frana in località Ivancich, stante il concreto pericolo di ulteriore cedimenti;
con nota del 26 settembre 2011 (protocollo 2782) il provveditorato interregionale richiedeva all'avvocatura distrettuale di Stato un parere in merito alle competenze in materia di difesa del suolo, ritenendo che i lavori di completamento fossero ormai divenuti di competenza della Regione Umbria;
con successiva nota dell'11 ottobre 2011 (protocollo 0032155) il Sindaco chiedeva alla Presidenza del Consiglio dei ministri dipartimento di protezione civile la nomina di un commissario straordinario;
in data 10 gennaio 2012, il sindaco di Assisi, stante la complessità della vicenda, ha provveduto a inviare una missiva direttamente al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, auspicando un suo intervento volto all'individuazione di un iter idoneo per la definitiva soluzione del problema;
nel maggio 2012, come riportato dalla stampa locale, l'esasperazione di molti cittadini di Assisi a seguito delle inadempienze e delle promesse non mantenute si è manifestata in proteste pubbliche;
nel dicembre 2012, il Sindaco e l'amministrazione comunale hanno nuovamente sollecitato l'immediata ripresa dei lavori di consolidamento della frana, per quanto attiene al secondo stralcio. Dopo due anni di attesa, infatti, il provveditore Toscana Umbria ha appaltato i lavori all'impresa e si attende solamente una lettera di autorizzazione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
in data 10 gennaio 2013 il consiglio comunale di Assisi ha approvato all'unanimità una mozione richiedente alla Presidenza del Consiglio dei ministri, ai Ministri dell'ambiente e delle finanze e alla regione Umbria di riscrivere a bilancio i fondi in perenzione e di rifinanziare in tempi rapidi i lavori di consolidamento;
con ulteriori due missive, datate 8 aprile 2013 (protocollo 0011352) e 9 aprile 2013 (protocollo 0011667), il sindaco di Assisi richiedeva ulteriormente un intervento urgente da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il completamento dei lavori di consolidamento. In tale occasione veniva altresì chiarita ulteriormente la portata e la gravità del movimento franoso in atto ad Assisi, con lo scivolamento di una vasta area della città di circa 7,5 millimetri l'anno (come rilevato nell'ottobre 2011 anche dall'ESA);
in una relazione redatta dall'ingegner Pasquale Cosco del 20 febbraio 2013 vengono evidenziate le motivazioni tecniche per le quali è essenziale intervenire immediatamente al completamento dei lavori mediante la realizzazione dei dreni sub verticali al fine di non compromettere la funzionalità delle parti di opere già realizzate e quindi mettere a rischio l'intero progetto;
vista la gravità della situazione il provveditorato alle opere pubbliche per l'Umbria ha riattivato i sistemi di monitoraggio al fine di riscontrare un ulteriore aggravamento del movimento franoso in atto;
appare evidente all'interrogante che ci si trova di fronte ad una vicenda di degenerazione burocratica, di cui, come sempre, pagano le conseguenze i cittadini che da troppi anni attendono risposte chiare e i necessari interventi risolutori;
in tale contesto, perdurando la mancanza di un definitivo intervento da parte delle autorità competenti, esiste il rischio concreto di nuovi pericolosi eventi franosi che coinvolgerebbero inevitabilmente la popolazione residente con gravi rischi anche per l'incolumità fisica –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti, e in quali tempi intendano intervenire per chiarire definitivamente gli aspetti di propria competenza nell'interesse dei cittadini coinvolti, permettendo la ripresa e la definitiva conclusione dei lavori;
se non intendano, come richiesto dagli amministratori locali, convocare nel più breve tempo possibile un tavolo istituzionale che veda coinvolti a vario titolo tutti gli enti preposti alla tutela del territorio, così da addivenire ad un iter amministrativo certo e concordato, dando così una risposta alla cittadinanza preoccupata per l'evoluzione negativa della vicenda.
(4-00483)
DIFESA
Interrogazioni a risposta in Commissione:
D'ARIENZO, ROSATO e CASELLATO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
la legge n. 244 del 2012 ha delegato il Governo ad emanare due o più decreti al fine di disciplinare una revisione in chiave riduttiva dello strumento militare;
in assenza dei richiamati Decreti Legislativi, pare che lo Stato Maggiore dell'Esercito stia procedendo alla soppressione di alcuni Comandi e alla contestuale costituzione di altri sulla base di un decreto ministeriale del precedente Ministro della difesa. In particolare:
a) soppressione del 1o comando forze di difesa con sede in Vittorio Veneto (Treviso);
b) soppressione del comando Brigata Pozzuolo del Friuli con sede in Gorizia;
c) creazione di un comando militare interregionale con sede in Padova;
d) creazione di un comando divisione con sede in Firenze presso la caserma Predieri e avente le stesse competenze del 1o comando forze di difesa;
ciò nonostante l'ordine del giorno n. 9/5569/22 approvato nella XVI legislatura con il quale il Parlamento ha impegnato il Governo ad adottare i decreti legislativi in modo da consentire che il nuovo Parlamento potesse esplicare i propri poteri di indirizzo e controllo in relazione ai contenuti degli atti attuativi della delega conferita con il provvedimento in esame e con ciò riaffermando la centralità del Parlamento nella delicata materia –:
se ritenga legittimo procedere alla revisione dello strumento militare nelle forme descritte in premessa quando la legge prevede chiaramente e senza dubbi interpretativi appositi decreti legislativi valutati dal Parlamento e, in alcuni casi, dagli organismi della rappresentanza militare e sindacale;
quale risparmio si ottenga chiudendo la sede di Vittorio Veneto per ricollocare il medesimo comando come divisione a Firenze in una caserma, la Predieri, dove pare che siano state effettuate spese di ammodernamento e, quindi, considerato che l'articolo 1, comma 4 della legge in parola stabilisce l'invarianza di spesa a carico dell'Amministrazione;
se risulti vero che per il personale in servizio permanente a Vittorio Veneto, quasi tutto di origine meridionale, si sarebbe creato un clima che di fatto obbligherebbe a presentare domanda di trasferimento a Firenze, quindi senza alcuna indennità, pena il possibile trasferimento d'autorità a Vipiteno o a Merano;
se sia stata anche valutata l'ipotesi di una riduzione del numero delle infrastrutture utilizzate a Vittorio Veneto o una ridislocazione del Comando in caserme situate nelle vicinanze di Vittorio Veneto, inutilizzate ma efficienti come, ad esempio, la Caserma «Serena» di Treviso che sarebbe stata «abbandonata» dall'Esercito;
se e quale valutazione sia stata fatta circa l'impatto di questi provvedimenti sul personale e le loro famiglie, alcune delle quali hanno comprato casa nell'area di Vittorio Veneto accollandosi mutui anche ultraventennali nonché sui relativi costi che ne deriverebbero;
se sia stato approntato un piano alloggiativo per accogliere i militari di tutte le categorie, singoli o con famiglia, visti i costi degli affitti a Firenze che sono proibitivi se rapportati agli stipendi medi del personale militare;
in quale occasione siano stati eventualmente ascoltati gli organi di rappresentanza in merito ai disagi dei trasferimenti in questione;
se alla luce dei dubbi sollevati circa la legittimità e l'economicità dei fatti rappresentati, non sia opportuno con ogni consentita urgenza, sospendere l'attuazione di ogni provvedimento per il tempo necessario ad un approfondimento che gli interroganti ritengono, a questo punto, indispensabile e rispettoso della volontà del Parlamento espressa con l'ordine del giorno n. 9/5569/22. (5-00139)
CORDA, ALBERTI, RIZZO, FRUSONE, PAOLO BERNINI, BASILIO e ARTINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
da diverse fonti di stampa si apprende che cinquecento marines sono stati trasferiti nei giorni scorsi in Sicilia dalla base di Rota in Spagna. Gli uomini fanno parte della Marine Air Ground Task Force (MAGTF), la forza speciale costituita nel 1989 per garantire al Corpo dei Marines flessibilità e rapidità d'azione nei differenti scacchieri di guerra internazionali;
l'unità di Rota è stata attivata dal Pentagono da un paio di mesi per sostenere il Comando Usa in Africa (Africom) nell'addestramento e la formazione delle forze armate dei partner continentali e intervenire rapidamente in Africa in caso di crisi. La decisione di dar vita alla nuova task force è stata presa nel settembre 2012 dopo l'attentato terroristico contro il consolato Usa di Bengasi in cui persero la vita quattro funzionari tra cui l'ambasciatore in Libia, Christopher Stevens;
secondo il portavoce del Pentagono George Little, i marines potranno intervenire da Sigonella in tempi rapidissimi nel caso di nuovi attacchi al personale diplomatico o ai cittadini Usa presenti in Libia per «effettuarne eventualmente l'evacuazione»;
al seguito dei marines sono giunti a Sigonella otto velivoli da trasporto e assalto anfibio Bell Boeing CV-22 «Osprey» (falco pescatore). Si tratta dei controversi «convertiplani» (bi-turboelica in grado di atterrare e decollare come un elicottero e volare come un normale aereo), capaci di trasportare fino a 24 soldati del tutto equipaggiati, alla velocità di 509 chilometri all'ora;
l'Osprey è oggetto di forte discussione a cause delle sue scarse condizioni di sicurezza in volo. Da quando è divenuto operativo, il velivolo è stato al centro di numerosi incidenti e una trentina tra contractor e militari sono morti durante test ed esercitazioni. Nella primavera dello scorso anno due «Osprey» si sono schiantati al suolo, il primo durante un'esercitazione militare in Marocco (morti due marines) e il secondo in Florida. Per l'alto rischio di incidenti e l'insostenibile rumore emesso dal velivolo durante le operazioni di decollo e atterraggio, migliaia di cittadini giapponesi hanno dato vita a numerose manifestazioni di protesta contro la decisione di dislocare 12 convertiplani nella grande base aerea Usa di Okinawa;
i risultati della guerra di Libia, lungi dall'aver portato stabilizzazione e democrazia nel Paese, ci consegnano una Nazione divisa per eserciti tribali, in preda a ripetute operazioni terroristiche (a Bengasi e non solo) e con una forte penetrazione delle componenti più estreme e pericolose del fondamentalismo islamico. Si ha l'impressione che alle forze occidentali che a diversi livelli sono intervenute nel conflitto armato contro Gheddafi, interessi non tanto il ripristino dei diritti umani e delle libertà democratiche fondamentali, quanto la messa in sicurezza degli approvvigionamenti petroliferi come dimostrano gli innumerevoli contratti estrattivi stipulati dalle multinazionali del petrolio, Eni tra queste, e il precario nuovo governo di Tripoli –:
se il Governo italiano sia stato informato della decisione del Pentagono di spostare dalla base di Rota la task force di 500 marines per meglio intervenire nello scenario libico e in che misura, in questa operazione, siano coinvolte le Forze Armate italiane;
se questo non configuri uno spostamento definitivo dei marines dalla Spagna alla base siciliana, con ulteriore impatto del processo di militarizzazione di questa area che aumenta così il rischio di diventare bersaglio di ritorsioni terroristiche;
se sia stato valutato l'impatto che l'ulteriore appesantimento del traffico aeronavale avrà sull'attività dell'aeroporto civile di Fontarossa e segnatamente se l'attività degli otto velivoli da trasporto e assalto anfibio Bell Boeing CV-22 «Osprey» possa pregiudicare l'incolumità della popolazione ed innalzare il già grave inquinamento acustico nelle zona.
(5-00140)
Interrogazioni a risposta scritta:
PALAZZOTTO e DURANTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
con ricorso al TAR Palermo, iscritto a ruolo il 20 aprile 2013 il Ministero della difesa ha impugnato la delibera della giunta regionale siciliana n. 61 del 5 febbraio 2013: la nota ARTA della regione siciliana n. 15513 del 29 marzo 2013 con la quale è stata revocata l'autorizzazione ex articolo 5 decreto del Presidente della Repubblica n. 357 del 1995 rilasciata con nota n. 36783 del 1o giugno 2011; la nota ARTA della regione siciliana n. 15532 del 29 marzo 2013 con la quale è stata revocata l'autorizzazione rilasciata con nota n. 43182 del 28 giugno 2011; nonché, ove occorra le note ARTA n. 81/GAB, n. 82/GAB dell'11 gennaio 2013 e n. 440/GAB dell'11 febbraio 2013; nonché ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, consequenziale o comunque connesso, chiedendo l'annullamento, previa sospensione cautelare, nonché il ristoro dei danni conseguenti quantificati in euro 25.000,00 al giorno o, in via subordinata dell'indennizzo ex articolo 21-quinquies legge 7 agosto 1990, n. 241;
con ulteriore ricorso iscritto al numero 950/2013 depositato il 9 maggio 2013, il Ministero della difesa ha esteso le pretese risarcitorie anche al comune di Niscemi;
si tratta della vicenda riguardante il MUOS di Niscemi: come noto, il MUOS (per esteso: Mobile User Objective System) è un moderno sistema di radio-telecomunicazioni satellitari ad altissima frequenza della marina militare statunitense, dotato di satelliti geostazionari e stazioni di terra. Sarà utilizzato per coordinare in maniera capillare tutti i sistemi militari statunitensi dislocati in ogni parte del globo;
tale stazione in Sicilia, è in corso di realizzazione su un'area ricadente all'interno della riserva naturale orientata (RNO) denominata «Sughereta di Niscemi», istituita con decreto assessoriale 475/97 e inserita nella rete ecologica «Natura 2000» come Sito di importanza comunitaria (SIC) ITA050007, si trova ad una distanza di circa 6 chilometri a sud-est del centro abitato del paese di Niscemi e ad una distanza di circa 2 chilometri dai primi agglomerati edilizi;
già dall'inizio dei lavori si sono formati dei comitati NO MUOS che sostengono che la realizzazione dell'impianto sarebbe illegittima perché metterebbe a rischio la salute e l'incolumità degli abitanti della zona, sia a causa delle emissioni elettromagnetiche sia perché installazione bellica che diverrebbe obiettivo strategico in caso di conflitto. Inoltre, le emissioni elettromagnetiche del MUOS associate a quelle delle 46 antenne già presenti sul sito, mettono a repentaglio l'ecosistema dell'area protetta, la qualità dei prodotti agricoli e degli allevamenti della zona. Senza contare, infine, del diritto alla mobilità, allo sviluppo del territorio, alla pace e sicurezza del territorio ai quali hanno diritto gli abitanti della zona;
in particolare, attenzione desta uno studio, depositato in data 4 novembre 2011, del politecnico di Torino, effettuato dai professori Zucchetti e Coraddu, nel quale si afferma che «al fascio principale di microonde emesso dalla parabola MUOS, in caso di errore di puntamento dovuto ad incidente, malfunzionamento o errore, è associato il rischio di irraggiamento accidentale di persone che, entro un raggio di 20 chilometri, potrebbero subire danni gravi e irreversibili anche per brevi esposizioni, a tale rischio è esposta l'intera popolazione di Niscemi»; e si legge nelle valutazioni conclusive dello stesso studio: «data la situazione è opportuno un approfondimento delle misure, con l'avvio immediato di una procedura di riduzione a conformità, finalizzata alla riduzione delle emissioni, e il blocco di ogni ulteriore istallazione»;
inoltre, va tenuto conto che nelle vicinanze sorge l'aeroporto di Comiso per la cui ristrutturazione sono state spese ingenti risorse pubbliche e che costituirebbe una valida alternativa all'aeroporto di Catania in occasione delle emissioni di cenere vulcanica da parte dell'Etna, che rischia di essere reso inservibile a causa delle interferenze create dall'impianto;
per tutte queste considerazioni, e tenuto conto di quanto emerso nel corso di un giudizio al TAR Palermo promosso dal comune di Niscemi circa la mancanza di dati e monitoraggi seri riguardo l'effettiva incidenza ambientale e sulla salute umana di tale impianto, la regione siciliana aveva revocato con i provvedimenti impugnati dal Ministero della difesa le autorizzazioni ambientali;
il Ministero della difesa ha impugnato le revoche delle autorizzazioni rilasciate alla marina militare degli Stati Uniti, chiedendo un risarcimento del danno di venticinquemila euro per ogni giorno di sospensione;
ci si chiede, quindi, in base a quale legittimazione ed interesse il Ministero abbia impugnato la revoca della autorizzazioni rilasciate ad un'autorità straniera, riguardanti impianti funzionali esclusivamente alla difesa statunitense, su quali basi sia stato quantificato un danno di venticinquemila euro per ogni giorno di ritardo e perché destinatario di tale risarcimento debba essere il Ministero della difesa;
l'interesse alla legittimazione non possono risiedere nella semplice proprietà dell'area posto che le autorizzazioni non riguardavano la realizzazione di immobili ma la messa in esercizio di impianti di cui il Ministero della difesa non può acquisire né la proprietà né l'esercizio;
in proposito fa chiarezza l'Accordo sottoscritto il 6 aprile 2006 (Technical Arrangement between the Ministry of Defence of the Italian Republic and the Department of Defence of the United States of America regarding the installations/infrastructure in use by the U.S forces in Sigonella, Italy), riguardante anche la stazione di Niscemi, il quale all'articolo XVIII prevede che «Il Governo degli Stati Uniti manterrà la proprietà di tutte le proprietà rimovibili costruite da/per il Governo degli Stati Uniti a sue sole spese e di tutti gli equipaggiamenti, materiali e rifornimenti importati o acquistati in Italia da/per il Governo degli Stati Uniti per la costruzione, lo sviluppo l'utilizzo e la manutenzione delle installazioni...»;
ad ulteriore supporto di quanto sopra, vi è un documento del Ministero della difesa, datato 31 ottobre 2006, nel quale, facendo riferimento al progetto del MUOS a Niscemi, si dice espressamente che le forze armate italiane non hanno interesse alla futura acquisizione delle opere in caso di eventuale dismissione statunitense;
infine, l'impugnazione sembrerebbe inopportuna ed intempestiva posto che si era in attesa di un pronunciamento dell'Istituto superiore di sanità sulla sussistenza di pericoli connessi alla realizzazione dell'impianto, facente parte di un percorso concordato fra il Governo nazionale e la regione siciliana, sicché appare del tutto congruo che la stessa regione siciliana abbia, nelle more applicato il principio di precauzione di cui all'articolo 191 del Trattato europeo, senza per ciò dover essere soggetta a richieste risarcitorie o di indennizzo –:
in base a quale legittimazione ed interesse il Ministero della difesa abbia impugnato la revoca delle autorizzazioni ambientali rilasciate dall'assessorato territorio ed ambiente della regione siciliana alla marina militare degli Stati Uniti d'America per la realizzazione e messa in esercizio del sistema di comunicazioni satellitari denominato MUOS in territorio del comune di Niscemi;
se il Ministro della difesa abbia concordato la proposizione del ricorso con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti stanti le gravi ricadute che ciò potrebbe avere sul futuro utilizzo dell'aeroporto di Comiso per la cui ristrutturazione sono state spese ingenti risorse;
per quale motivo si sia proposta l'impugnazione delle revoche chiedendone l'immediata sospensione quando ancora si era in attesa del parere dell'Istituto superiore di sanità riguardo i possibili effetti nocivi del sistema MUOS, secondo un percorso concordato fra il Governo nazionale e la regione siciliana;
a cosa sia da attribuire la richiesta risarcitoria di venticinquemila euro per ogni giorno di ritardo dal momento della sospensione: in quale modo il Ministero soffra un simile danno e perché si avanzi una simile richiesta quando ancora deve discutersi della legittimità del sistema MUOS per i suoi possibili effetti negativi sulla salute pubblica e sull'ambiente;
per quale motivo e su quali basi si fonda la richiesta di un risarcimento danni da quantificare per il peggioramento dei rapporti tra Italia e Usa e Italia e Paesi Nato. (4-00474)
LAVAGNO e PIRAS. —Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
la riserva naturale regionale della Vauda è situata nel basso Canavese a circa 15 chilometri da Torino. Tale area è caratterizzata da un'ampia zona pianeggiante punteggiata di stagni e laghetti, con numerose bassure e ristagni di drenaggio, che ricordano nell'insieme la baraggia vercellese;
in una zona compresa tra comuni di San Francesco al Campo (Torino), San Carlo Canavese (Torino) e Lombardore (Torino) si è predisposto un progetto per la creazione di una centrale costituita da pannelli fotovoltaici a terra per la produzione di energia elettrica pari a 44.820 Kwp, che dovrebbe coprire una superficie di 72 ettari, oltre alla costruzione di una linea che porti l'energia fino alla centrale di Leinì (Torino);
vincitrice della gara d'appalto per la realizzazione del progetto è l'azienda tedesca Beelectric;
la zona interessata da tale progetto insiste in parte nell'area della riserva naturale della Vauda, e in parte su terreni del demanio militare, che da anni vengono affidati agli agricoltori della zona, che fino ad ora li hanno curati e resi produttivi;
i comuni interessati hanno una forte vocazione agricola, con numerose aziende presenti, di cui alcune con terreni solo nella zona oggetto del futuro impianto, quindi tale opera avrebbe non solo risvolti negativi per l'ambiente, ma anche per l'economia agricola della zona;
è opportuno altresì ricordare come la riserva naturale oggetto della presente interrogazione sia riconosciuta anche come SIC (sito di interesse comunitario) dall'Unione europea, visto che al suo interno vivono moltissime specie animali, altrove non presenti o molto rare;
bisogna rilevare che l'articolo 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003 dispone che l'ubicazione degli impianti di produzione di energia elettrica deve tenere conto delle disposizioni in materia di sostegno al settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione e alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001 n. 57, articoli 7 e 8, nonché di cui al decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, articolo 14;
la valutazione degli impatti di intervento sulle componenti ambientali e le loro interferenze consentono di verificare che l'intervento produrrà principalmente effetti negativi per:
la realizzazione di nuove strade e l'ampliamento di quelle esistenti se non in funzione di attività connesse all'esercizio di attività agricole, forestali e pastorali o previste dai piani d'area, naturalistici di gestione e di assestamento forestale;
il danneggiamento o l'alterazione degli ecosistemi naturali esistenti;
la cattura, uccisione, danneggiamento e disturbo delle specie animali;
la raccolta e il danneggiamento delle specie vegetali;
il Ministero della difesa, con un'ordinanza del 24 aprile 2013 (numero protocollo 004371/2013), nell'ex poligono di tiro Esperienze per l'Armamento di Ciriè, segnala il superamento della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) di cobalto cromo, selenio, stagno, sostenendo così la bonifica bellica del terreno di demanio militare, e ordina un rigido controllo dell'area e il divieto di accesso alle persone non autorizzate;
l'introduzione di tale divieto di accesso, da più parti, viene denunciato essere strumento per allontanare abituali frequentatori e fruitori dell'area piuttosto che rappresentare reale strumento di tutela della salute;
le centrali fotovoltaiche a terra comportano un consumo di suolo, non così semplicemente restituibile alla natura o all'agricoltura e consumo di spazio e in definitiva presentano una contraddizione di fondo: quella di ricorrere ad una fonte energetica rinnovabile consumando però un'altra risorsa non riproducibile, il suolo;
la provincia di Torino ha espresso, in sede di conferenza di servizi, ai rappresentanti del Ministero della difesa tutte le propria contrarietà al progetto relativamente all'impatto ambientale evidenziando l'incompatibilità del progetto con il proprio documento di piano territoriale –:
se il signor Ministro non intenda rivedere una decisione di così alto impatto ambientale e soprattutto se, verificato l'inquinamento evidenziato nell'ordinanza del 24 aprile 2013, non intenda provvedere alla totale bonifica dei siti interessati dalle attività militari prima di intraprendere ogni altra azione che renderebbe di fatto impossibile ogni attività di bonifica.
(4-00477)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta scritta:
MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la legge 7 luglio 2009, n. 88 – legge comunitaria 2008 – nell'ambito delle disposizioni riguardanti l'esercizio e la raccolta dei giochi a distanza, stabilisce, al comma 27 dell'articolo 24, che con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottarsi di concerto con il Ministro dell'interno, vengono disciplinati i tornei non a distanza di poker sportivo;
tale regolamento non è stato ad oggi adottato e il 13 gennaio 2011 il TAR regionale della Puglia ha bloccato l'ordinanza di sospensione dell'attività emessa dalla questura di Lecce nei confronti di un club locale, affermando che è proprio l'assenza di tale regolamento che consente l'organizzazione dei tornei di poker sportivo, a condizione che siano rispettate le direttive espresse dal Consiglio di Stato con il parere n. 3237 del 2008;
il Consiglio di Stato, nel citato parere, richiama l'articolo 721 del codice penale che stabilisce che è gioco d'azzardo quello nel quale ricorre il fine di lucro e la vincita o la perdita è interamente o quasi interamente aleatoria e afferma che il gioco del poker sportivo non è considerato gioco d'azzardo a condizione che la quota di iscrizione non superi i 30 euro, che non vengano distribuiti premi in denaro, che il giocatore non possa rientrare dopo aver esaurito la dotazione iniziale di fiche e che l'organizzatore del torneo non svolga nella medesima serata e nella stessa località più di un torneo;
il TAR regionale della Puglia ha disposto con la medesima pronuncia che la questura effettui il riesame del proprio provvedimento ed ha fissato l'udienza di merito per il mese di aprile 2011;
conseguenza della decisione del TAR pugliese sarà la liceità dei tornei di poker nei circoli e nei club, ad avviso dell'interrogante vanificando, in parte, l'azione del Governo e delle forze sociali tesa, da un lato, a diffondere la cultura del «gioco responsabile», al fine di portare a conoscenza di tutti gli effetti devastanti della dipendenza da gioco e, dall'altro, a perseguire tutte le forme di gioco illegale;
la sentenza del T.A.R. Puglia-Lecce, sezione I, 25 maggio 2011, n. 968, ha annullato la nota emessa dalla questura di Taranto il 4 ottobre 2010 con la quale si dichiarava che i tornei dal vivo di «Texas Hold'em poker» sono da considerarsi illegali –:
quando ed in che modo il Governo intenda intervenire per regolamentare i tornei non a distanza di poker sportivo, al fine di evitare la diffusione capillare di questo gioco nei club e nei circoli privati. (4-00471)
TOTARO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
in seguito al ricevimento di provvedimenti esecutivi da parte dell'Agenzia regionale delle Entrate e di Equitalia in merito all'esazione di obblighi fiscali in apparenza non assolti da numerosi contribuenti assistiti dallo studio Moretti in Cecina, provvedimenti che hanno fatto scattare fermi sulle attività e sanzioni per far fronte alle quali in molti hanno dovuto ipotecare beni immobili, il giorno 8 novembre 2012 si è costituito il comitato «Clienti studio Moretti», il cui scopo è la tutela dei diritti e delle ragioni degli aderenti coinvolti nella truffa perpetrata a loro danno dal ragioniere Luca Moretti, titolare dell'omonimo studio commercialista, morto suicida il giorno 4 luglio 2012;
il giorno 18 dicembre 2012 gli aderenti al comitato hanno presentato alla legione carabinieri Toscana – comando provinciale di Livorno – reparto nucleo investigativo – regolare denuncia-querela nella quale vengono esposti i fatti accaduti perché, anche se l'autore principale risulta deceduto, non è da escludere l'ipotesi che possano emergere profili di responsabilità di altre persone ad oggi ignote;
le parti denuncianti hanno quantificato in circa 2 milioni di euro la complessiva somma di denaro versata in dieci anni allo studio Moretti a titolo di pagamento di tasse e imposte, ma mai versata all'erario e quindi indebitamente sottratta dallo stesso studio Moretti;
è evidente la criticità della situazione venutasi a creare interessa numerose persone, famiglie, commercianti ed imprenditori di Cecina (Livorno) che, per questo motivo, ora si trovano in gravi difficoltà finanziarie;
la vicenda assume una rilevanza di natura sociale che l'amministrazione statale non può ignorerei –:
quali siano gli interventi possibili a sostegno delle famiglie e degli imprenditori truffati e, in particolar modo, se si intendano assumere iniziative per elaborare una soluzione volta a eliminare le sanzioni, gli interessi e gli aggi relativi alle cartelle esattoriali da esigere;
se il Governo intenda acquisire elementi in merito alla condotta dell'amministrazione finanziaria nella vicenda anche effettuando accertamenti per verificare come sia stato possibile che fatti di tale gravità si siano potuti verificare. (4-00486)
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta in Commissione:
FABBRI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
è nota la carenza di personale negli uffici giudiziari con conseguenti ripercussioni sul funzionamento degli stessi. Da alcuni anni la situazione si è acuita a causa di blocco del turn over e norme per il contenimento della spesa;
per garantire comunque il funzionamento degli uffici, per mantenere un ausilio e una collaborazione al personale di ruolo, i dirigenti degli uffici giudiziari hanno attivato nel corso degli anni convenzioni e implementato progetti che hanno immesso nelle loro strutture lavoratori di aziende colpite dalla crisi;
nel 2010 è stato stipulato un protocollo d'intesa tra la regione Emilia Romagna e la corte d'appello di Bologna per l'impiego di lavoratori in liste di mobilità o cassaintegrati ai quali la regione corrisponde un'integrazione dell'ammortizzatore sociale. Da 14 unità negli anni si è arrivati ad inserire oltre 40 unità di personale per sopperire ad una carenza ormai cronica. Lo testimonia il fatto che in corte d'appello la pianta organica prevede 122 lavoratori impiegati, mentre in realtà sono 86;
questa esperienza ha riguardato uffici giudiziari di molte altre regioni italiane tra cui Lombardia e Lazio e si stima che su tutto il territorio italiano siano circa 3.000 le persone interessate da queste misure;
una norma della legge di stabilità 2013 approvata il 15 dicembre 2012 ha previsto la presa in carico da parte del Ministero della giustizia di quei lavoratori (cassintegrati, in mobilità, socialmente utili, disoccupati inoccupati), che a partire dall'anno 2010 hanno partecipato a progetti formativi regionali o provinciali presso gli uffici giudiziari, garantendone il completamento del percorso formativo entro il 31 dicembre 2013, nel limite di spesa di 7,5 milioni di euro. La titolarità del relativo progetto formativo è assegnata al Ministero della giustizia;
l'inizio dei tirocini formativi, in base alla norma succitata, era fissato per febbraio 2013;
nonostante le disposizioni di legge il Ministero interessato non ha, ad oggi, dato seguito al completamento del percorso formativo –:
quali iniziative intenda assumere affinché si metta in atto quanto stabilito dalla legge 24 dicembre 2012, n. 228, nei tempi previsti;
se abbia intenzione di incontrare le organizzazioni sindacali nazionali al fine di ascoltare le istanze dei lavoratori in questione. (5-00141)
Interrogazioni a risposta scritta:
SPADONI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
compito preminente della procura della Repubblica, la cui struttura gerarchica è distinta ed autonoma dagli organi giurisdizionali, è l'esercizio dell'azione penale obbligatoria e tesa a far rispettare le leggi dello Stato, la promozione della repressione dei reati in difesa dei diritti dello Stato e dei cittadini, e l'esecuzione delle sentenze di condanna passate in cosa giudicata;
il pubblico ministero possiede un'importante funzione, ossia «veglia alla osservanza delle leggi, alla pronta e regolare amministrazione della giustizia, alla tutela dei diritti dello Stato, delle persone giuridiche e degli incapaci, richiedendo, nei casi di urgenza, i provvedimenti cautelari che ritiene necessari; promuove la repressione dei reati e l'applicazione delle misure di sicurezza; fa eseguire i giudicati ed ogni altro provvedimento del giudice, nei casi stabiliti dalla legge» (articolo 73 del regio decreto n. 12 del 1941);
l'organico della procura di Reggio Emilia è costituito, oltre che dal procuratore, da 8 sostituti, grazie all'aumento di un posto effettuato dal Ministro pro tempore Scotti con decreto in data 8 aprile 2008;
allo stato attuale lo stesso si è ridotto del 40 per cento, con effettivi 4 sostituti procuratori;
come previsto dalla legge, alcuni magistrati hanno esercitato il diritto di richiedere il trasferimento verso altre sedi;
la carenza di organico comporta un maggiore carico di lavoro e un rallentamento dei procedimenti;
uno studio dello stesso Ministero della giustizia indica che il numero ideale di effettivi pm per la realtà reggiana è di nove;
a Reggio Emilia sono presenti evidenti infiltrazioni della ’Ndrangheta e di Cosa nostra, che hanno raggiunto un livello tale che la Criminalpol scrisse in una informativa del 1995 che «a Reggio Emilia e a Modena la gestione del traffico di droga era nelle mani di un clan di cutresi» –:
di quali ulteriori elementi disponga il Ministro interrogato in relazione ai fatti riportati in premessa e se non ritenga opportuno provvedere, per quanto di competenza, con urgenza alla risoluzione della problematica descritta. (4-00482)
SCOPELLITI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il decreto legislativo 7 settembre 2012, n. 155, relativo alla «Nuova organizzazione dei Tribunali ordinari e degli uffici del Pubblico Ministero», a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge n. 148 del 14 settembre 2011 ed il decreto legislativo 7 settembre 2012 n. 156, relativo alla «Revisione delle circoscrizioni giudiziarie – uffici dei giudici di pace», a norma dell'articolo 1, comma 2, della legge n. 148 del 2011 rischiano – oggettivamente – di rendere difficile l'accesso alla giustizia;
più specificatamente, l'articolo 1, commi da 2 a 5, della legge 14 settembre 2011, n. 148, reca delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari al fine di realizzare risparmi di spesa e incremento di efficienza; tali disposizioni rientrano in un più ampio contesto di razionalizzazione della spesa delle amministrazioni dello Stato, ai sensi dell'articolo 9 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111;
in attuazione della delega, il Governo ha adottato un decreto legislativo recante nuova organizzazione dei tribunali ordinari;
in Caloria si prevede la soppressione di alcuni tribunali e di numerose sezioni distaccate di tribunale, tra cui quella di Cinquefrondi (RC);
Cinquefrondi è al centro della piana di Gioia Tauro e per questo in posizione strategica e facilmente accessibile da tutti i comuni del circondario, grazie alla SGC Jonio-Tirreno (nella quale lo svincolo di Cinquefrondi ricade nelle immediate vicinanze del palazzo del tribunale) e da diverse strade statali e provinciali. Tale posizione, quindi, in considerazione dell'estensione del territorio e delle sue vie di comunicazione, rappresenta un insostituibile punto di accesso alla giustizia sia per i cittadini che per tutte le categorie professionali che operano nel tribunale;
la sede distaccata del tribunale di Palmi in Cinquefrondi è operativa dal 1990 ed a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 374 del 1991, istitutiva del giudice di pace, Cinquefrondi è stata riconosciuta anche come sede degli uffici del giudice di Pace;
la competenza territoriale della sezione distaccata di Cinquefrondi interessa i comuni di Anoia, Candidoni, Cinquefrondi, Cittanova, Feroleto della Chiesa, Galatro, Giffone, Laureana di Borrello, Maropati, Melicucco, Molochio, Oppido Mamertina, Polistena, Rizziconi, San Giorgio Morgeto, San Pietro di Carità, Santa Cristina d'Aspromonte, Serrata, Taurianova, Terranova Sappo Minulio e Varapodio, per un bacino di utenza complessivo di circa 100.000 abitanti;
il tribunale, peraltro, è ubicato all'interno di una moderna struttura di proprietà del Ministero della giustizia, nata e pensata come sede strategica per gli uffici giudiziari, perfettamente idonea e conforme a tutte le leggi vigenti in materia e non necessitante di alcun intervento edilizio per garantire la funzionalità degli uffici;
da considerarsi, inoltre, che è pertinenza della struttura anche un ampio piazzale adibito a parcheggio, utile quanto necessario non solo a garantire un miglior servizio all'utente, ma, soprattutto, a non creare intralcio al regolare flusso automobilistico cittadino;
pertinenza della struttura sono anche gli uffici del giudice di pace, competente per i comuni di Cinquefrondi, Anoia, Galatro, Giffone, Maropati, Melicucco, Polistena e San Giorgio Morgeto, per un bacino di utenza complessiva di circa 40.000 abitanti;
al fine di garantire la regolare continuità del servizio, l'amministrazione comunale di Cinquefrondi ed i vicini comuni si stanno attivando per costituire una unione di comuni finalizzata al mantenimento dell'ufficio del giudice di pace;
l'articolo 7 del testo approvato dal Consiglio dei ministri pro tempore, rubricato «Edilizia giudiziaria», in deroga all'articolo 2, primo comma, della legge 24 aprile 1941, n. 392, prevede che il Ministro della giustizia può disporre che vengano utilizzati a servizio del tribunale, per un periodo non superiore a cinque anni dalla data di efficacia di cui all'articolo 10, comma 2, gli immobili di proprietà dello Stato, ovvero di proprietà comunale interessati da interventi edilizi finanziati ai sensi dell'articolo 19 della legge 30 marzo 1981, n. 119, adibiti a servizio degli uffici giudiziari e delle sezioni distaccate soppressi e che tale provvedimento sia adottato dal presidente del tribunale, dal consiglio giudiziario, dal consiglio dell'ordine degli avvocati e dalle amministrazioni locali interessate;
il territorio della piana di Gioia Tauro non può essere privato di questa importante struttura soprattutto in considerazione dell'alto tasso di criminalità organizzata presente sul territorio;
molteplici iniziative volte alla salvaguardia della sezione distaccata di Cinquefrondi sono giunte dal mondo forense, da comitati e associazioni, nonché dalla conferenza dei sindaci della piana di Gioia Tauro (Città degli Ulivi);
in tal senso, date le imminenti scadenze logistiche e burocratiche prescritte in ordine alla soppressione della sezione distaccata di Cinquefrondi del Tribunale di Palmi ed all'accorpamento degli uffici, è iniziativa dell'interrogante cercare di affrontare, e possibilmente risolvere, ogni sia pur minima problematica che scaturisce dalle operazioni di trasferimento degli uffici da Cinquefrondi a Palmi –:
se ritenga il Governo di valutare positivamente le richieste provenienti da suddette organizzazioni e istituzioni locali di mantenere in attività la sede staccata di Cinquefrondi, assumendo ogni iniziativa di competenza per far si che la sede di Cinquefrondi costituisca il riferimento centrale di una vasta area geografico-sociale caratterizzata dall'elevata domanda di giustizia, visto l'alto tasso di incidenza criminale e di disagio sociale;
se il Ministro sia a conoscenza della problematica in premessa e se risulti quali siano i motivi che abbiano portato alla scelta di soppressione degli uffici giudiziari del territorio, posto che a giudizio dell'interrogante è necessario continuare a garantire un adeguato servizio di giustizia, penale e civile, ai cittadini della Piana di Gioia Tauro, e quindi assicurare la salvaguardia dei loro diritti;
se intenda il Governo, alla luce delle considerazioni in premessa, intenda assumere iniziative, anche normative, per il mantenimento in operatività della sede di Cinquefrondi, in quanto la sua chiusura, oltre a non rispondere alle esigenze di maggior efficienza e di riduzione della spesa, produrrebbe un negativo impatto socio economico su un territorio già piegato da riduzioni dei servizi essenziali, un impoverimento dei servizi di giustizia nel territorio in questione con una compressione rilevante dei diritti dei cittadini meno abbienti, oltre che, non ultimo, un notevole dispendio di denaro pubblico per le spese di ristrutturazione e messa in funzione del nuovo plesso. (4-00488)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
MANFREDI e TINO IANNUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la strada statale 268 del Vesuvio (SS 268), già in parte nuova strada ANAS 31 Nuova Vesuviana (NSA 31), ha origine nell’hinterland napoletano e collega, in particolare, il comune di Cercola con il comune di Angri, in provincia di Salerno. Il suo tracciato attraversa due aree geografiche contigue ma distinte: una prima parte corrispondente al versante interno del Vesuvio (provincia di Napoli) ed una seconda che muove dalle ultime propaggini di quest'ultimo fino a raggiungere la piana del fiume Sarno nella zona dell'Agro Nocerino-Sarnese (provincia di Salerno). Si tratta quindi di una infrastruttura essenziale per le province di Napoli e Salerno;
l'attuale tracciato si presenta ad una sola corsia per ogni senso di marcia per la quasi totalità del percorso, salvo recenti interventi di ammodernamento, in quanto progettata per il traffico degli anni sessanta e costruita solo agli inizi degli anni ottanta. Manca di corsie di emergenza e piazzole di sosta nel tratto Napoli-Somma Vesuviana e alcuni svincoli non presentano neanche la classica aiuola che separa fisicamente il lato corrispondente all'entrata con il lato corrispondente all'uscita. Il tracciato originale della strada statale risulta essere ormai completamente declassificato: la sede storica aveva, difatti, inizio presso la frazione di San Giovanni a Teduccio dove si innestava sulla strada statale 18 Tirrena Inferiore, proseguiva superando lo svincolo dell'A3 Napoli-Reggio Calabria e raggiungeva Cercola, da dove inizia il semianello di aggiramento del Vesuvio con l'attraversamento di tutti i relativi centri abitati (Sant'Anastasia, Somma Vesuviana, Ottaviano, San Giuseppe Vesuviano e Terzigno). La nuova sede stradale, realizzata nel corso degli anni ottanta si rese necessaria per ovviare all'attraversamento dei vari centri abitati che si susseguivano lungo il vecchio tracciato. Sebbene il tracciato attuale corra più o meno parallelo al vecchio descrivendo un arco più grande, il caposaldo iniziale e finale risultano variati, anche per permettere l'allacciamento con infrastrutture più adeguate. Inizialmente il nuovo tracciato si configurava come strada statale 26-bis, ma al momento della declassificazione del tracciato originale a strada provinciale, il nuovo tracciato assumeva a tutti gli effetti la classificazione di SS 268;
la strada è interessata, finalmente, a partire dal 2003, da un progetto di riammodernamento che ha portato all'inaugurazione del tratto dal chilometro 16,000 al chilometro 19,854 il 16 marzo 2010 e del tratto dal chilometro 15,325 al chilometro 16,000 il 12 luglio 2010;
al progetto «S.S. 268 del Vesuvio – Lavori di costruzione del 3° tronco compreso lo svincolo di Angri» è destinato uno stanziamento complessivo pari a 53.414.900, euro. Il contributo del Fondo europeo di sviluppo regionale per il periodo di programmazione 2007-2013 corrisponde a 26.707.500 euro;
la strada statale (268) del Vesuvio, dovrebbe divenire fattore di sviluppo economico e sociale per l'intera vasta area del Napoletano e del Salernitano. Ritenuta anche, aspetto «non secondario», una delle principali vie di fuga in caso di eruzione del Vesuvio. Nei fatti, l'arteria rimane una delle principali «strade della morte», ponendosi in cima alla lista delle strade più pericolose d'Italia. Le cifre sono purtroppo eloquenti, 27,2 chilometri di sofferenza: quelli che vanno da Cercola per terminare all'innesto della strada provinciale Ortalonga nei pressi di Angri. Domenica scorsa l'ultima strage, nella quale hanno perso la vita, cinque persone, l'intera famiglia Monda, padre madre e tre figli. Da più parti, e da diversi anni, si è ripetutamente segnalato il rischio derivante dalla totale inadeguatezza di questa strada. Da anni, e non se ne comprende la ragione, procedono a rilento i lavori relativi all'esecuzione del 1° e 2° lotto. Eppure l'opera è completamente finanziata, e quindi i lavori dovrebbero proseguire speditamente. Invece, dal 2007, sono stati realizzati solo poco più del 12 per cento degli stati di avanzamento dei lavori;
il presidente della regione Campania, Stefano Caldoro, nel maggio del 2012, aveva garantito che i lavori di ammodernamento e messa in sicurezza della strada, una delle opere strategiche più importanti di quel territorio, sarebbero stati realizzati nel rispetto dei tempi. Purtroppo i fatti sono andati diversamente –:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere con urgenza per avviare a soluzione i gravi problemi descritti, in particolare, se non reputino opportuno disporre le misure idonee al completamento, con la massima urgenza, dei lavori di ammodernamento della strada statale 268, anche per evitare di perdere i finanziamenti stanziati; quali iniziative, inoltre, intendano adottare per risolvere i gravi problemi occupazionali e sociali connessi alle difficoltà economiche dell'impresa titolare dei lavori; se non ritengano, infine, di dover valutare la possibilità di chiudere al traffico, in attesa della messa in sicurezza, i tratti stradali a maggior rischio, individuando le adeguate soluzioni alternative. (5-00132)
MORETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
con il protocollo d'intesa in data 7 luglio 2011 sottoscritto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, dal Ministero della difesa, dal Ministero dell'economia e delle finanze, dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dall'Anas e dal comune di Vicenza, sono stati definiti termini, modalità e impegni volti a garantire che le problematiche connesse all'ampliamento dell'insediamento militare americano nell'aeroporto «Dal Molin» di Vicenza, oggi «Dal Din», trovino soluzione nell'ambito delle competenze degli enti sottoscrittori dell'intesa medesima;
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in particolare, preso atto della necessità di realizzare un sistema viario funzionale alla riduzione del traffico veicolare che attraversa il centro di Vicenza, si è impegnato a dar mandato ad ANAS, quale società concedente, di richiedere alla società concessionaria Autostrade Brescia-Padova spa, la realizzazione della tangenziale nordest di Vicenza, indicando la data del 31 marzo 2012 quale termine per la trasmissione del relativo progetto preliminare;
l'opera, che è stata inserita nel programma di infrastrutture strategiche di cui alla legge n. 443 del 2001 (legge obiettivo) e comporta benefici consistenti dal punto di vista della sicurezza e dell'impatto ambientale del traffico, oltre a risolvere uno dei principali fattori di congestione della viabilità urbana, consiste in una «strada extraurbana principale con due corsie per senso di marcia» e prevede la realizzazione di un tracciato di circa 10 chilometri di lunghezza al quale si aggiunge il tratto di riqualificazione del viale della Serenissima (incremento a 2 corsie) e del nodo di Cà Balbi per circa 2 chilometri. Sulla base degli approfondimenti tecnici effettuati congiuntamente dai tecnici dell'ANAS e dal comune di Vicenza, dal luglio del 2012 ad oggi, l'opera, che dovrebbe comprendere l'attraversamento in galleria dell'abitato di Saviabona, è stata divisa in quattro lotti funzionali: il tratto dal nodo della variante alla SP46 all'insediamento militare del Dal Molin, quello dal nodo Serenissima alla strada Postumia ad Ospedaletto, il tratto dalla strada Postumia alla strada Marosticana e il tratto tra la Marosticana e il Dal Molin. Il costo stimato, sulla base delle soluzioni progettuali ipotizzate e considerando il citato attraversamento in galleria, è compreso tra i 260 e i 300 milioni di euro;
l'ANAS si è impegnata a consegnare il progetto preliminare dell'opera all'inizio dell'estate 2013 indicando per ogni singolo lotto costi e tempi di realizzazione –:
se non reputi il Ministro interrogato, anche in relazione alla complessità ed al consistente impegno finanziario e considerati i ritardi nella progettazione e l'importanza strategica dell'intervento per il decongestionamento del traffico urbano, di dover fornire all'amministrazione locale e, quel che più conta, ai cittadini di Vicenza, adeguate rassicurazioni circa il mantenimento degli impegni assunti dallo Stato con il protocollo d'intesa citato in premessa, con particolare riferimento ai tempi di esecuzione e alla disponibilità delle risorse necessarie per il completamento dell'opera. (5-00136)
TENTORI, FRAGOMELI, BRAGA, MAURI, GUERRA, GIUSEPPE GUERINI, GADDA e MARANTELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la strada statale 36 del Lago di Como e dello Spluga è la principale arteria di collegamento tra Lecco e la Valtellina ed è attraversata ogni giorno da migliaia di veicoli (lavoratori, pendolari, autotrasportatori, turisti, e altro);
venerdì 10 maggio ANAS dichiarava attraverso un proprio comunicato che «si sono verificate alcune lesioni nel rivestimento esistente e irregolarità altimetriche sul piano viabile della canna di monte della galleria Monte Piazzo, nel tratto attualmente a doppio senso di circolazione. Il 9 maggio, il previsto controllo tecnico (effettuato periodicamente) ha fatto emergere alcune anomalie, immediatamente monitorate e, a seguito dell'incremento odierno delle spinte gravanti sul rivestimento della galleria, l'Anas dalle ore 21.00 dello stesso giorno avrebbe chiuso al transito la canna in direzione nord per il tempo necessario a effettuare le opportune verifiche. Poiché lungo la canna sud sono in corso di esecuzione i lavori di rifacimento e consolidamento del rivestimento della galleria, con conseguente chiusura al traffico, la circolazione lungo la statale 36 in direzione Lecco-Colico è stata deviata all'altezza dello svincolo di Bellano lungo la strada provinciale 72, mentre la circolazione in direzione Colico-Lecco è stata deviata all'altezza dello svincolo del Trivio Fuentes lungo la medesima strada provinciale»;
sabato 11 maggio 2013 sulla strada statale 36 del Lago di Como e dello Spluga nel tratto Lecco-Colico si sono verificati enormi disagi a causa della chiusura della Galleria Monte Piazzo disposta da ANAS come si evince anche da numerosi articoli comparsi sulla stampa locale e sui quotidiani on-line del territorio. I veicoli sono stati dirottati sulla strada provinciale 72 già a partire da Abbadia Lariana;
la strada provinciale 72, che attualmente risulta essere l'unico collegamento alternativo in particolare per i mezzi pesanti, sta sopportando un carico decisamente sovradimensionato per le caratteristiche della strada, che sarebbe stato probabilmente ridotto con una più attenta programmazione degli interventi infrastrutturali sul tratto Lecco-Colico della strada statale 36 quali il Peduncolo di Dervio;
si sono verificati ingenti disagi ai comuni attraversati ed ai cittadini che li abitano, fortissimi ritardi sia al traffico turistico che a quello commerciale e costi aggiuntivi per le imprese, con rallentamento dei trasporti merce, logistica in tilt, carenza di materie prime e rischio di dover ricorrere alla cassa integrazione per eventi straordinari;
i comuni del litorale hanno visto lunghissime code di mezzi su tratti stradali estesi, lungo tutta l'arteria provinciale, con disagi enormi agli automobilisti e agli stessi camionisti. La situazione è critica al punto che gli enti hanno attivato la protezione civile al fine di provvedere alla distribuzione di acqua agli automobilisti e camionisti bloccati ed inoltre la polizia locale è impegnata su tutti i fronti possibili;
gli enti locali e la prefettura stanno temporaneamente fronteggiando questa situazione di emergenza con risorse economiche, mezzi e uomini propri;
la stagione turistica già avviata prevede molti eventi che attirano numerosi visitatori presso la Valtellina e la Valchiavenna;
eventuali scioperi ferroviari potrebbero interrompere anche il trasporto pubblico su ferro rendendo la situazione del tutto insostenibile –:
se non reputi doveroso accertare le responsabilità dell'accaduto dal momento che la Galleria suddetta necessitava da tempo di un intervento strutturale;
quali interventi urgenti si intendano attuare, anche di concerto con ANAS SpA, affinché vengano ristabilite condizioni di traffico sostenibili, per la difesa dell'economia locale e per porre fine ai disagi cui sono sottoposti i cittadini, garantendo nel contempo la sicurezza e l'incolumità delle persone;
se sia possibile, anche attraverso approfondite verifiche di carattere geologico e strutturale, affermare che gli interventi in esecuzione e in progetto nella galleria, una volta ultimati, saranno definitivamente risolutivi rispetto a possibili problemi di ordine strutturale e di sicurezza, considerati anche eventuali rischi di carattere idrogeologico. (5-00137)
Interrogazione a risposta scritta:
PELLEGRINO, ZARATTI e ZAN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
in data 1o febbraio 2013, venivano avviati da parte di Edipower spa, società di cui sono azioniste le multiutilities SEL, Dolomiti Energia, A2A, Iren, i lavori di svasamento del bacino idroelettrico di Sauris (Udine), su richiesta dell'ufficio tecnico per le dighe di Venezia, ed autorizzata dalla regione autonoma Friuli Venezia Giulia;
le operazioni sono state avviate il 1o febbraio 2013 con regolarità, con svasamenti controllati di 0,5 g/l di solidi sospesi, come da autorizzazione regionale; peraltro, già il 4 febbraio la quantità di solidi presente nelle acque saliva, ingiustificatamente, a oltre 30 g/l per arrivare fino a 59 g/l; nonostante questi gravi superamenti, che ponevano Edipower al di fuori di ogni condizione autorizzativa, per ben 18 giorni consecutivi la società non interveniva per limitare e/o bloccare tale grave evenienza, provocando a valle, lungo le aste del torrente Lumiei e del fiume Tagliamento, fiume simbolo della regione Friuli Venezia Giulia, una vera e propria alluvione di milioni di metri cubi di acqua e fango;
tale svasamento, periodicamente previsto per assicurare la funzionalità idroelettrica ed idraulica della diga del bacino artificiale di Sauris, veniva effettuato con potenti immissioni di acqua nelle gallerie di scarico che, senza alcun criterio selettivo e senza nessuna cautela ambientale, trasportavano violentemente a valle ingenti quantità di fanghi di natura non precisata;
tali fanghi sono stati riversati a valle in quantità tali da ricoprire i letti degli alvei dei fiumi Lumiei e Tagliamento giungendo, oltre la confluenza col torrente Degano, fin oltre il ponte di Invillino, per oltre 20 chilometri dalla diga, laddove le previsioni di progetto limitavano la previsione di fluitazione di sedimenti al solo torrente Lumiei (per circa 3 chilometri) con grave danno per l'ittiofauna, per la fauna bentonica e per ogni forma di vita animale (anfibi, crostacei, micro e mesofauna ittica, insetti acquatici, e altri);
ciononostante, Edipower, mentre proseguiva lo svaso, decideva, autonomamente e senza autorizzazioni, di scavare perpendicolarmente alla linea della corrente del Tagliamento, una serie di circa 50 traverse, fosse e argini per impedire che la colata fangosa arrivasse là dove la maggior densità abitativa della valle avrebbe reso conclamato lo scandalo;
i danni provocati da questa alluvione artificiale, se non provocata, comunque non controllata, sono enormi, e consistono nell'azzeramento di ogni significativa forma biologica per almeno due anni nel torrente Lumiei, nell'alterazione dell'alveo e del subalveo del Tagliamento, nella sospensione di attività economiche locali, fonte, pur limitata, di reddito per le amministrazioni e gli operatori locali. Il tutto con il sospetto che Edipower abbia «approfittato» dell'evenienza per guadagnare 40 giorni dei 60 di durata dell'autorizzazione, per anticipare i tempi di reinvaso del bacino e di riavvio della produzione idroelettrica;
si fa presente, fra l'altro, che i mesi di febbraio-marzo sono i mesi di riproduzione dei pesci e v’è da presumere che la totale ricopertura e riempimento degli interstizi fluviali da parte delle microparticelle di cui è composto il fango sversato, determineranno la impossibilità di schiusa e sopravvivenza delle nuove generazioni ittiche –:
di quali informazioni dispongano in relazione a quanto esposto in premessa e se, anche per il tramite dei competenti uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si intenda accertare che tutte le prescrizioni siano state rispettate dalla Edipower Spa;
di quali elementi dispongano in merito ai lavori messi in essere da Edipower, nei giorni successivi allo svasamento, con particolare riguardo alla realizzazione delle succitate «traverse» per suddividere, rallentare e permettere l'infiltrazione dell'acqua onde favorire il deposito dei limi trasportati, nonché ai lavori di allontanamento/smaltimento dei materiali solidi depositatisi, durante lo svaso, nel fiume Tagliamento;
se sia stata applicata la normativa prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 del 1997 recante «Attuazione della Direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali», in ordine alla possibile presenza nel lago di Sauris e nel torrente Lumiei, dell’Austropotamobius sp., crostaceo autoctono iscritto all'Allegato 2 del decreto del Presidente della Repubblica citato, quale specie di interesse comunitario per la quale vanno garantite le condizioni di vita, i siti di svernamento e riproduzione. (4-00487)
INTERNO
Interrogazione a risposta orale:
FERRO, CARELLA, TIDEI, GREGORI e MICCOLI. —Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il 26 e 27 maggio 2013, oltre a Roma, andranno al voto numerosi e importanti comuni della provincia di Roma e del Lazio e che, tra questi, anche la città di Fiumicino, sede del principale aeroporto della Capitale e nodo strategico per la crescita e lo sviluppo dell'intero territorio regionale, sarà chiamata ad eleggere il sindaco e a rinnovare il consiglio comunale;
in data 7 maggio 2013, la commissione elettorale del comune di Fiumicino procedeva alla designazione dei 212 scrutatori per le 53 sezioni elettorali in cui è stato suddiviso l'intero territorio comunale;
a quanto risulta agli interroganti la commissione elettorale, composta dal sindaco e da soli consiglieri comunali della maggioranza, operava la nomina di scrutatori espressione esclusiva di una sola parte, con il rischio concreto che tale sbilanciata composizione dei seggi elettorali possa condizionare negativamente e a proprio favore un sereno e corretto svolgimento delle operazioni elettorali;
una dichiarazione scritta prodotta da alcuni consiglieri comunali di minoranza presenti alla riunione della Commissione, oltre ad un breve resoconto di come si sono svolti i fatti, riscontrava quella che è stata da essi stessi definita come una «vera e propria spartizione degli scrutatori in base al livello di parentela e di amicizia con i singoli candidati del centrodestra», e cioè delle liste che fanno riferimento all'attuale maggioranza che amministra la città;
in data 8 maggio 2013, Esterino Montino, uno dei candidati alla carica di sindaco, decideva di scrivere al prefetto di Roma, dottor Giuseppe Pecoraro, per contestare una decisione definita «unilaterale, assolutamente inaccettabile e illegittima», chiedendo un intervento urgente del Rappresentante del Governo per applicare nella designazione degli scrutatori la procedura del sorteggio tra i 1735 iscritti alle liste elettorali del comune;
tale notizia, che tanto scandalo ha destato tra le persone, ha avuto grande risalto sui principali mezzi d'informazione e nelle cronache locali di alcuni dei maggiori quotidiani nazionali, tra questi il Corriere della Sera, Libero e altri, che hanno definito la vicenda di Fiumicino come una vera e propria «parentopoli nei seggi»;
è opinione degli interrogati che sia principale compito del Governo e delle altre istituzioni competenti garantire la piena trasparenza e il massimo del rispetto delle regole e delle leggi –:
se, alla luce di quanto accaduto e della richiesta indirizzata al prefetto di Roma, il Ministro interrogato intenda agire per verificare, per quanto di competenza, la reale consistenza dei fatti che sono stati denunciati in merito alla designazione degli scrutatori e quali iniziative di competenza intenda assumere in proposito. (3-00063)
Interrogazione a risposta in Commissione:
PICIERNO, COSTANTINO, FIANO, TURCO, CLAUDIO FAVA, MATTIELLO, MICILLO, AGOSTINELLI, SCALFAROTTO, GINEFRA, ROSATO e PARIS. —Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
Angela Napoli, ex parlamentare calabrese di Futuro e Libertà, membra della Commissione Antimafia, non è stata ricandidata alle recenti elezioni nazionali;
durante la scorsa legislatura beneficiava di una scorta armata, in ragione del suo impegno antimafia che la aveva sottoposta a numerose minacce dirette;
il 10 maggio è stato comunicato ad Angela Napoli dal prefetto di Reggio Calabria Vittorio Piscitelli che, in seguito una circolare dell’ex Ministro dell'interno Anna Maria Cancellieri che obbliga a rivedere lo status delle persone protette non avrebbe più beneficiato di una scorta poiché il suo livello di protezione sarebbe sceso al quarto;
l'ultima volta che Angela Napoli è stata minacciata è accaduto nel gennaio di quest'anno: il boss Pantaleone Mancuso, intercettato nel carcere di Tolmezzo, si rivolse al suo interlocutore con queste parole, riportate dalla stampa: «Stiamo lavorando per toglierla di mezzo», pronunciate dopo un'interrogazione parlamentare in cui denunciava l'incauto trasferimento del boss dal carcere friulano al più comodo ospedale di Vibo Valentia disposto da un giudice del Tribunale del luogo –:
se ritenga opportuno che lo Stato ripristini un'adeguata protezione a tutela dell'incolumità di una figura come Angela Napoli, che ha combattuto per anni per il rispetto del principio di legalità, lottando contro il fenomeno della ’ndrangheta in una regione come la Calabria in cui è particolarmente diffuso. (5-00135)
Interrogazioni a risposta scritta:
ZAMPA, CHAOUKI e QUARTAPELLE PROCOPIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
con il decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, «Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero» si disciplinano, tra l'altro, le modalità di soggiorno dei minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio dello Stato;
tra le norme previste dall'ordinamento italiano si prevede che i minori non accompagnati che arrivino illegalmente nel territorio nazionale vengano accolti nei centri di primo soccorso e accoglienza, identificati e lì trattenuti non oltre 48 ore e destinati poi a strutture di accoglienza;
il quadro normativo di riferimento per la tutela dei diritti dei minori è costituito dalla convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia con legge 27 maggio 1991, n. 176;
la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza ha svolto nel corso della scorsa legislatura una indagine conoscitiva sui minori stranieri non accompagnati, al termine della quale ha adottato un documento conclusivo che conteneva proposte concrete per sopperire alla criticità della situazione a tutela dei diritti dei minori;
il nostro Paese è da sempre crocevia cruciale dei flussi migratori del sud-est del Mediterraneo e terra di primo approdo di migranti nordafricani (soprattutto del Maghreb e dell'Africa subsahariana) e dell'Asia centrale;
i dati del Ministero dell'interno a settembre 2011 in materia di flussi migratori di minori non accompagnati nel nostro Paese riportano che il fenomeno è in forte crescita: nel 2010 erano 698; dal primo gennaio 2011 al 24 settembre 2013 erano 739; nel 2012 sono diventati 5821;
da fonti a mezzo stampa si apprende che nel centro di primo soccorso e accoglienza di Lampedusa vi sarebbero ancora 111 minori trattenuti nel centro (ben oltre i 48 previsti dalla legge) e che la suddetta struttura ospiterebbe i minori insieme agli adulti e accoglierebbe 701 persone in spazi che dovrebbero contenerne al massimo 300;
le condizioni in cui queste persone versano sarebbero non accettabili e non dignitose e, secondo fonti a mezzo stampa, in alcuni casi si ravviserebbe la mancanza di acqua calda e persino l'assenza di un letto su cui dormire;
il Garante per l'infanzia, Vincenzo Spadafora, in visita al Centro di primo soccorso e accoglienza di Lampedusa avrebbe dichiarato che è pura follia trattenere in condizioni disumane i minori stranieri che arrivano qui in fuga dai loro Paesi, tanto più se vogliono solo transitare nel nostro Paese;
tra le proposte avanzate nel documento della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza adottato nella scorsa legislatura vi sono: «la creazione di una task force (...) in grado di procedere tempestivamente all'identificazione dei minori stranieri non accompagnati; l'espletamento di una procedura certa e uniforme di identificazione; la promozione di collaborazioni bilaterali tra l'Italia e i Paesi di provenienza; il rifinanziamento del Programma nazionale di protezione dei minori stranieri non accompagnati gestito dall'ANCI; l'attivazione di procedura di affidamento familiare temporaneo (...) secondo le norme previste in materia dell'ordinamento» –:
quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare allo scopo di porre fine, senza altri ritardi, alle gravi violazioni dei diritti dei minori di età e se e come intenda recepire le raccomandazioni contenute nel testo della indagine conoscitiva della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza.
(4-00475)
REALACCI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
da agenzie di stampa si apprende la notizia di un incendio di probabile origine dolosa che oggi, 15 maggio 2013 ha distrutto, nella piccola isola di Linosa (Agrigento), il centro di recupero tartarughe marine, un vero e proprio ospedale specializzato nella cura di questi animali, gestito dal Cts. Le fiamme hanno distrutto gran parte dell'attrezzatura che con tanta il CTS, grazie all'aiuto di molti donatori e al sostegno di numerosi enti pubblici, aveva acquistato nel corso degli anni, del valore di 50mila euro;
il centro tartarughe del CTS a Linosa cura con successo la salvaguardia di decine di testuggini marina ogni anno;
meno recentemente a Lampedusa un incendio di chiara matrice dolosa, nella notte tra il 20 e 21 settembre 2012 distrusse una delle imbarcazioni destinate alla realizzazione del museo dell'immigrazione. Sul luogo, due fogli con minacce al sindaco Giusi Nicolini, ambientalista da sempre impegnata nella valorizzazione della riserva naturale e protagonista di una politica di accoglienza, rispetto e inclusione nei riguardi dei migranti che sbarcano sull'isola;
gomme a terra e bicicletta tagliata in due, il 20 settembre 2012, per il giovane Michele Rallo, presidente del circolo di Legambiente a Favignana, che si è distinto in questi anni per le battaglie a tutela del territorio e nell'azione di contrasto della pesca di frodo;
«azioni di questo tipo – come ha più volte dichiarato Legambiente dimostrano che le battaglie di legalità portate avanti in questi luoghi stanno disturbando concretamente la realizzazione di alcuni interessi criminali. Non crediamo che siano realmente gli immigrati l'oggetto delle intimidazioni, ma pensiamo che questo sia solo un espediente per nascondere i veri interessi dei criminali non più liberi di derubare e distruggere il territorio e il patrimonio della comunità per il loro mero vantaggio»;
l'interrogante nella XVI Legislatura aveva presentato l'atto di sindacato ispettivo n. 4/17782 in cui, eccetto per l'incendio di Linosa del 15 maggio 2013, si presentavano i medesimi fatti senza aver ricevuto, nonostante i ripetuti solleciti, alcuna risposta –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti accaduti oggi al centro di salvaguardia delle tartarughe di Linosa (Agrigento), delle gravi intimidazioni mosse al sindaco Giusi Nicolini e alle associazioni promotrici del rispetto della legalità e dell'ambiente nello scorso anno;
quali iniziative urgenti siano state messe in campo e quali si intendano assumere per tutelare l'incolumità del sindaco, delle istituzioni locali, dei cittadini e dei migranti e quali azioni si intendano mettere in campo per salvaguardare il prezioso lavoro portato avanti dall'amministrazione comunale e dalle associazioni che sperimentano nuovi modelli di sviluppo incentrati sulla legalità, la sostenibilità ambientale e l'inclusione sociale nelle isole minori italiane. (4-00479)
MAESTRI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 84 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 «Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia», definisce la comunicazione antimafia e l'informazione antimafia come l'attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto all'esercizio di specifiche attività definite all'articolo 67, ovvero nell'attestazione della sussistenza o meno di eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società o imprese interessate;
dette misure rientrano tra quelle aventi funzione inibitoria, irrogabili dal prefetto nell'esercizio delle proprie funzioni in materia di polizia e di sicurezza, contro le ingerenze del crimine organizzato nelle attività economiche e nei rapporti con le pubbliche amministrazioni;
con l'ordinanza n. 33 del 24 settembre 2012 il Consiglio di Stato ha chiarito che il provvedimento interdittivo «non è atto avente portata generale né ha efficacia sull'intero territorio nazionale, bensì opera in seno al singolo rapporto cui afferisce e, pertanto, spiega i suoi effetti “diretti” nell'esclusivo ambito della circoscrizione territoriale ove quest'ultimo è costituito e si svolge»;
la pronuncia sopra richiamata pone evidenti interrogativi sulla piena efficacia dei provvedimenti interdittivi nel contrasto alla criminalità organizzata su tutto il territorio nazionale;
nei mesi scorsi il territorio della provincia di Parma è stata teatro di alcune operazioni antimafia particolarmente significative: il maxisequestro alla camorra che ha coinvolto l'imprenditore parmigiano Bazzini (gennaio 2012), l'arresto di Salvatore Casella, esponente di spicco del clan Sarno, pluripregiudicato e latitante rifugiatosi a Parma (giugno 2012), il sequestro di beni a Mario Illuminato (luglio 2012), coinvolto, secondo la procura, nell'omicidio del camorrista Raffaele Guarino a Medesano (Parma), il sequestro di oltre un milione di euro in beni di affiliati ai Casalesi, effettuato dalla direzione investigativa antimafia a Parma (novembre 2012), le slot machine manomesse dalla ’ndrangheta a Parma (gennaio 2013); la maxi usura e frode fiscale messa in piedi dalla ’ndrangheta e sventata dalla Guardia di finanza che ha portato al centro delle indagini un istituto di credito di Colorno (Parma) e alcune ditte parmensi di autotrasporti (febbraio 2013). Si tratta di una considerevole serie di operazioni anticrimine cui si è aggiunta nei giorni scorsi un'operazione contro il giro dei night club di impronta camorristica, che ha lambito anche Parma –:
di quali iniziative, anche di natura normativa, il Ministro interrogato ritenga opportuno farsi promotore al fine di rafforzare gli strumenti di interdizione antimafia e di rendere più efficace l'azione delle prefetture valutando l'opportunità di estendere gli effetti di questi provvedimenti, indipendentemente dalla prefettura territorialmente competente, a tutto il territorio nazionale;
quale sia lo stato delle infiltrazioni mafiose nel nord Italia e in particolare in Emilia-Romagna e nella provincia di Parma e di quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda farsi promotore al fine di rafforzare l'attività preventiva e investigativa antimafia. (4-00481)
TOTARO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
in data 15 maggio 2013, intorno alle ore 12,30, presso il dipartimento n. 5 – scienze politiche – dell'università degli studi di Firenze, a Novoli, alcuni studenti di Casaggì – circa sette – avevano allestito un banchetto per propaganda politica in vista delle elezioni universitarie in programma i prossimi 20-21 maggio 2013;
un gruppo di circa cinquanta studenti con caschi in testa, catene e bastoni hanno inizialmente cercato di allontanare i ragazzi di Casaggì, quindi, in seguito alla legittima opposizione dei suddetti, li hanno aggrediti al grido di «Fuori i fascisti dall'Università !»;
sono intervenuti i carabinieri e sono in corso le indagini per l'identificazione dei responsabili;
da quanto riportano testimoni e le cronache dell'informazione locale con molta probabilità gli organizzatori dell'aggressione appartengono al collettivo di scienze politiche e allo spazio autogestito, organizzazioni studentesche alle quali sono state concesse dal rettore due aule per svolgere attività politica –:
in che modo si intenda intervenire, per quanto di competenza, affinché ci sia la garanzia che i colpevoli siano identificati al più presto e siano puniti per gli atti di violenza commessi;
in che modo si intenda intervenire affinché non si verifichino più fatti così gravi che minacciano fortemente la libertà di espressione e di pensiero. (4-00485)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta scritta:
VARGIU. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
risulta all'interrogante che, a livello nazionale, dal 2010 ad oggi, sarebbero stati arruolati tra le fila dei medici esterni dell'INPS, un totale di 798 unità e, più specificamente, 310 unità nel febbraio 2010 e 488 nell'agosto dello stesso anno;
tale arruolamento ha consentito un rilevante incremento dell'operatività, sia in termini di smaltimento del lavoro pregresso, sia in termini di aumento della produttività e della semplificazione del lavoro, soprattutto per ciò che attiene l'attività dei centri medico legali INPS ed il cosiddetto progetto relativo alla «invalidità civile»;
in particolare, per ciò che riguarda quest'ultima, l'arruolamento delle suddette unità di medici esterni ha consentito la continuità del servizio e l'espletamento di un importante arretrato di lavoro attraverso numerose «visite straordinarie»;
nonostante i medici esterni INPS svolgano una libera professione con compenso orario, si è realizzata negli anni una sostanziale continuità contrattuale che ha fatto prefigurare la possibilità di una stabilizzazione, anche poiché ai medesimi medici viene abitualmente assegnato un badge, un numero di matricola ed una password d'accesso ai vari programmi di procedura relativi a tutte le alte funzioni di competenza della pubblica amministrazione;
l'INPS, con plannings di lavoro settimanale firmati dai responsabili di sede, organizza solitamente i vari servizi coinvolgendo i medici nelle varie unità operative interne ed esterne in qualità di consulenti di parte per l'istituto e nell'ambito delle Commissioni mediche integrate ASL in materia di: invalidità civile, permessi retribuiti ex legge 104/92, collocamento obbligatorio al lavoro delle categorie di disabili ex legge n. 68 del 1999;
l'ultimo bando dell'Istituto nazionale della previdenza sociale per il convenzionamento con 988 medici esterni specialisti del 30 aprile 2013 stabilisce che i medici già operativi presso un centro medico legale INPS dal 2010 al 2013 non potranno essere confermati nella stessa sede;
l'adozione di tale vincolo risulta all'interrogante essere incomprensibile, oltre che fortemente penalizzante per i medici attualmente convenzionati, in quanto preclude il convenzionamento proprio a quei professionisti che conoscono il territorio e l'utenza e che con quest'ultima hanno creato quegli stabili rapporti e quelle collaborazioni interpersonali che costituiscono la garanzia per il mantenimento di alti standard di servizio;
il bando in parola introduce, pertanto, una formale e sostanziale diversità di trattamento tra i medici esterni e quelli interni alla struttura INPS, i quali ultimi non sono infatti sottoposti ad alcun vincolo di sede e nessun obbligo di rotazione di sede;
nonostante il mancato rinnovo della convenzione nei primi mesi del 2013, i medici esterni hanno sempre garantito, con grande responsabilità ed abnegazione, la continuità del servizio, pur operando talvolta senza contratto e senza retribuzione, ovvero con retribuzioni erogate in ritardo;
il bando sopra richiamato presenta un ulteriore criticità in quanto estende la selezione dei medici anche a quelli in quiescenza (titolari di trattamento pensionistico), provocando un deleterio effetto ai fini del mancato arruolamento di giovani professionisti –:
quali iniziative urgenti intenda intraprendere per correggere le criticità sopra menzionate presenti nel bando di convenzionamento di 988 medici esterni INPS del 30 aprile 2013, in particolare attinenti all'obbligo della rotazione di sede per i soli medici esterni. (4-00472)
POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
ZACCAGNINI, MASSIMILIANO BERNINI, LUPO, GAGNARLI, PARENTELA, GALLINELLA, BENEDETTI e L'ABBATE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la direttiva europea 2009/128/CE ha istituito un quadro per gli interventi comunitari sull'utilizzo dei pesticidi, prevedendo che entro il 14 dicembre 2012 tutti gli Stati membri avrebbero dovuto trasmettere alla Commissione un proprio PAN, Piano d'azione nazionale sull'uso sostenibile dei pesticidi;
la direttiva dell'Unione europea è stata recepita in Italia con il decreto legislativo del 14 agosto 2012, n. 150 che, all'articolo 6 prevede che «è adottato, entro il 26 novembre 2012, il Piano d'azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari»;
il PAN è uno strumento fondamentale per definire gli obiettivi quantitativi, le misure e i tempi di ciascuno Stato membro al fine di ridurre i rischi e gli impatti dell'utilizzo dei pesticidi sulla salute umana e sull'ambiente, e anche al fine di incoraggiare lo sviluppo e l'introduzione della difesa integrata e di approcci o tecniche alternativi per ridurre la dipendenza dall'uso di pesticidi, per questo dovrebbe essere considerato una priorità;
allo stato attuale, risulta sia stata completata una bozza di Piano d'azione predisposta dai Ministri interrogati. Tale bozza, nel dicembre 2012, è stata destinata alla consultazione pubblica — prevedendo il termine per la presentazione delle osservazioni al 15 gennaio 2013 — al fine di rendere partecipi enti o associazioni interessate per l'elaborazione di osservazioni o altre proposte di integrazione;
16 organizzazioni ambientaliste — tra le quali Unapi, Upbio, Federbio, FAI, Slow Food Italia, Lipu — si sono concentrate in particolare su sette azioni prioritarie per rafforzare il PAN italiano: definire gli obiettivi del Piano in modo concreto e misurabile; rafforzare il riferimento all'agricoltura biologica e definire una road map che permetta l'incentivazione del metodo biologico, ridurre i rischi concernenti l'uso dei pesticidi a qualsiasi livello; affrontare in maniera decisa il legame tra pesticidi e OGM, promuovere ricerca e formazione in questo contesto e infine, sostituire il termine «prodotti fitosanitari» con quello più corretto — e tra l'altro esplicitato dalla direttiva europea — di «pesticidi»;
dei 27 Stati membri, 19 hanno già presentato il proprio PAN, all'appello, oltre l'Italia, mancano ancora Belgio, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Polonia, Portogallo e Svezia;
i pesticidi sono tra le principali cause di inquinamento delle falde acquifere italiane, compromettendo sia la purezza delle acque superficiali che sotterranee e, di conseguenza, la vita degli organismi acquatici. Inoltre l'uso indiscriminato dei pesticidi in Italia sta mettendo a rischio la vita delle api che impollinano il 50 per cento dei fiori, garantendo così la riproduzione della metà delle piante presenti sul nostro pianeta –:
in base a quanto esposto in premessa, a che punto sia l'esame delle osservazioni presentate e quali siano, quindi, i tempi per una revisione e predisposizione definitiva del Piano d'azione nazionale da trasmettere alla Commissione europea.
(5-00138)
Interrogazione a risposta scritta:
PASTORELLI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
la «nota trimestrale nazionale sull'andamento climatico e le implicazioni in agricoltura», redatta dall'INEA (Istituto nazionale di economia agraria) per il primo trimestre del 2013, ha registrato delle precipitazioni del tutto eccezionali su tutto il territorio nazionale (con scarti dalla media 1971-2000 del +53 per cento a gennaio e del 38 per cento a febbraio);
come si legge nella nota citata, «le maggiori anomalie rispetto al clima sono state rilevate nel mese di marzo, con un +60 per cento di precipitazioni rispetto alla media di riferimento (dati ISAC-CNR) e con punte del +120-180 per cento nel Nord (Veneto +207 per cento, Friuli +190 per cento)»;
tali fenomeni hanno impedito l'accesso ai campi e quindi le semine primaverili e le operazioni di diserbo e di concimazione del frumento, e di altre colture;
in particolare «gli eventi precipitativi intensi, in particolare nel Centro Nord, hanno causato allagamenti estesi, condizioni di asfissia, in particolare nei terreni argillosi, e conseguenti alterazioni della germinabilità dei semi»;
tutti i comparti agricoli del Nord-Italia hanno registrato un forte calo della produzione, e, sempre secondo il rapporto citato, quasi tutte le aziende installate in quelle aree hanno subito notevoli danni economici;
in particolare, la situazione del Veneto appare decisamente critica poiché «nella Riviera del Brenta e nel Chioggiotto il raccolto di barbabietola è stato compromesso, con possibili ricadute su tutta la filiera dello zucchero dell'area. La stessa situazione si è verificata in provincia di Rovigo, dove lo sviluppo della coltura è risultato in ritardo rispetto ai tempi previsti a causa dei terreni intrisi di acqua. Per il frumento seminato tra fine ottobre e inizio novembre il rischio di asfissia radicale nelle zone più sottoposte ha cominciato a diffondersi tra gli agricoltori che hanno già ravvisato una crescita e maturazione a macchia di leopardo con danni rilevati. L'area del Polesine ha incontrato difficoltà nel trapianto delle prime orticole di campo mentre alcune colture, come i cavolfiori, sono finiti completamente sott'acqua. In provincia di Vicenza, alla fine del mese di marzo si è constatata la tardività delle operazioni di semina di mais, barbabietola e patata rossa tipica del Basso Vicentino. Gli alberi da frutto, ciliegie, pere e pesche, prossimi alla fioritura, sono stati colpiti dal gelo di inizio primavera»;
tale situazione è aggravata dalla circostanza (riportata anche da numerosi organi di stampa di rilevanza nazionale) che la giunta della regione Veneto ha ripetutamente annunciato lo stanziamento di circa 10 milioni di euro per il credito agevolato alle imprese agricole messe in ginocchio dai fenomeni meteorologici accennati (e di chiaro carattere calamitoso), senza indicare i tempi e i modi per l'effettiva fruizione di simili misure;
il protrarsi di tale inerzia finisce, evidentemente, per compromettere i residui sforzi economici delle attività produttive del Veneto;
sarebbe opportuno che le regioni del Nord-Italia, interessate da tali fenomeni calamitosi, chiariscano quali misure esse intendano adottare rispetto ai danni da essi prodotti;
sarebbe auspicabile che la stessa regione Veneto chiarisca la natura dei fondi finora solo «annunciati» ed i reali termini del loro impiego e, nel caso, adotti i provvedimenti necessari a renderli materialmente usufruibili da parte degli agricoltori veneti –:
se non reputino necessario assumere iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di reperire le risorse necessarie per far fronte ai danni arrecati dalle calamità occorse in tutta l'area del Nord-Italia. (4-00480)
SALUTE
Interrogazione a risposta in Commissione:
ZACCAGNINI, L'ABBATE, GAGNARLI, BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, PARENTELA, GALLINELLA e LUPO. — Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
il 29 aprile 2013 la Commissione europea ha messo al voto – per la seconda volta in poco più di un mese – la proposta di un bando di due anni per i pesticidi neonicotinoidi, proposto dall'Esecutivo di Bruxelles a seguito di un parere pubblicato dall'Autorità europea di sicurezza alimentare (Efsa), che identificava una correlazione tra i principi attivi Clothianidin, Thiamethoxam e Imidacloprid presenti in tali pesticidi e l'aumento delle morti delle api e di altri insetti impollinatori;
come già accaduto il 15 marzo 2013 anche in questa votazione la Commissione europea non ha raggiunto la maggioranza qualificata riportando, in particolare, 15 voti favorevoli, 8 contrari e 4 astenuti. Tra i voti contrari si segnala quello dell'Italia; una presa di posizione che cozza con il voto favorevole espresso a marzo e che, a parere degli interroganti, non è sostenuta da ragioni sufficientemente valide;
da alcune agenzie di stampa si legge, infatti, che il motivo del «no» italiano andrebbe ricercato nell'allargamento del divieto di uso dei neonicotinoidi – previsto sinora nelle coltivazioni di mais, colza e girasole, anche agli alberi da frutto in prefioritura, un ampliamento che, secondo quanto si evince da un documento diffuso dalla Coldiretti non avrebbe senso alfine di tutelare le api, soprattutto se sotto i filari del frutteto sono state sfalciate le specie vegetali attraenti per loro, non esiste rischio di tossicità;
in realtà diversi studi e ricerche, tra i quali l'ultimo rapporto pubblicato da Greenpeace il 9 aprile 2013, mettono in allarme riguardo la salute e la sopravvivenza delle api nel pianeta. Particolare riferimento è fatto proprio ai neonicotinoidi che, essendo dei pesticidi sistemici entrano nel sistema vascolare della pianta trattata viaggiandovi attraverso e possono quindi essere rinvenuti nell'acqua di guttazione e, più tardi, nel polline e nel nettare;
è evidente quindi che anche trattare una pianta in prefioritura può essere letale per la sopravvivenza delle api in quanto il pesticida – colpevole di diverse patologie che colpiscono l'insetto impedendogli di svolgere al meglio il proprio «ruolo» all'interno del nostro ecosistema (problemi di sviluppo e malformazioni, incapacità di approvvigionamento del cibo, disorientamento, disturbi del comportamento alimentare e riduzione delle capacità olfattive, disturbi nell'apprendimento) – può entrare nell'organismo dell'insetto anche in fase successiva, permanendo nella pianta trattata;
si ricorda che in Italia nell'ottobre del 2008 è entrato in vigore il primo divieto temporaneo (con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, della salute e delle politiche sociali –17 settembre 2008) per l'uso, nella concia di sementi, dei prodotti fitosanitari contenenti quattro sostanze attive: Clothianidin, Thiamethoxam, Imidacloprid e Fioronil. Da allora questo divieto è stato sempre rinnovato e l'ultima proroga scadrà il 30 giugno 2013;
un importante studio italiano, Apenet: monitoraggio e ricerca in apicoltura – 2009, condotto proprio per verificare i risultati di questa sospensione cautelativa relativamente alla sopravvivenza delle api ha dimostrato che dopo lo stop dei neonicotinoidi gli agricoltori non hanno segnalato maggiori problematiche legate alla gestione dei parassiti, né sono state riportate diminuzioni rilevanti nei loro rendimenti, mentre la situazione delle api appare migliorata, anche se non risolta a causa della diffusione attraverso formulazioni differenti delle stesse sostanze (spray, granulato, e altro);
diverse regioni italiane, proprio in queste settimane, stanno segnalando il ripetersi del fenomeno della moria delle api, lanciando un grave allarme per l'ecosistema nazionale;
nel Metapontino, in particolare, si segnala in questi giorni un'importante moria delle api «operaie»; una moria superiore al 500 per cento rispetto a quella di settimane fa: api che non volano più, strisciano per terra e muoiono;
stessa cosa sta avvenendo in Sardegna, da dove arriva la segnalazione di una Organizzazione di produttori, la «Opas (Organizzazione produttori apicoltori sardi) Terrantiga» che sta assistendo ad avvelenamenti significativi di api dovuti molto probabilmente a trattamenti antifungini effettuati sugli agrumi durante il periodo di fioritura. Gli apicoltori registrano un fortissimo spopolamento degli alveari, con molti insetti morti dentro e fuori le arnie;
le principali cause di questi fenomeni possono essere ricercate, ad avviso degli interroganti, proprio nell'uso massiccio dei pesticidi in agricoltura – che si tratti o meno di neonicotinoidi – uso che in questo periodo dell'anno dovrebbe essere vietato o limitato, così come previsto dalla legge n. 313 del 2004;
il bando europeo succitato – che potrebbe entrare comunque in vigore il prossimo 1o dicembre per volontà della Commissione europea – prevede che i tre insetticidi saranno vietati, per due anni, per tutte le piante – compresi gli alberi da frutto – e le colture che attraggono maggiormente le api, ovvero mais, colza, girasole e cotone, e non potranno essere utilizzati prima della fioritura in nessuna forma (rivestimento delle sementi, granulati per il suolo o spray) –:
in base a quanto esposto in premessa, quali siano le ragioni – oltre quelle emerse dalla stampa – che sottendono alla decisione dell'Italia di votare contro il bando europeo per la sospensione dei neonicotinoidi;
se i tre Ministri interrogati siano stati unanimemente d'accordo nella decisione di votare contrariamente al bando e se no quali siano le diverse motivazioni addotte;
se non ritenga opportuno potenziare, nell'ambito delle proprie competenze, i controlli relativi all'uso dei pesticidi in agricoltura, al fine di garantire la sopravvivenza degli insetti impollinatori, in base a quanto chiaramente previsto dalla legge 313 del 2004 e dalle relative leggi regionali in materia. (5-00133)
Interrogazione a risposta scritta:
FIORONI e GRASSI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il decreto legislativo 24 aprile 2006 n. 219, in attuazione della Direttiva europea n. 2001/83/CE, noto anche come codice comunitario dei medicinali stabilisce i criteri di commercio dei farmaci, ivi compresi quelli a livello comunitario, regolando l'importazione e l'esportazione degli stessi medicinali;
la principale novità di tale decreto legislativo consiste nel fatto che viene liberalizzata la figura di distributore intermedio;
in un primo momento l'impatto di tale novità normativa è risultato quasi nullo, negli ultimi due anni si è assistito invece ad un incremento dell'attività di distributore, attività che evidenzia percentuali significative nell'esportazione di specialità medicinali verso altri Paesi europei;
il tutto è aggravato da una sostanziale differenza di prezzo al pubblico dei medicinali oggetto di esportazione. In particolare i medicinali oggetto di tale attività hanno in Italia un prezzo al pubblico inferiore se confrontato a quello fissato dalle autorità ad esempio francesi o tedesche, con l'inevitabile conseguenza che una esportazione di questi verso tali mercati genera una non indifferente «plusvalenza»;
a seguito di questo, alcuni medicinali come ad esempio Clexane, Imigran Spray Nas, Lyrica, Provisacor vengono in parti significative distribuite nel resto dell'Europa;
dinanzi a questa attività, potrebbe accadere che le aziende produttrici, che monitorano il mercato, predeterminino la produzione in base agli studi statistici;
alla luce di tali considerazioni, è evidente che risulta urgente un intervento del Ministero della salute per evitare una riduzione, sul mercato nazionale, di medicinali molto importanti dal punto di vista terapeutico, la cui carenza può causare interruzioni nelle terapie dei pazienti anche con gravi conseguenze –:
se non ritenga il Ministro interrogato di intervenire al fine di garantire l'approvvigionamento di questi importanti farmaci per i pazienti in cura, nonché per prevedere una minima scorta nei depositi, per fronteggiare la necessità delle patologie con il rischio, altresì, del venir meno dell'assistenza sanitaria. (4-00473)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazione a risposta orale:
LATRONICO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
in val d'Agri, in Basilicata, esiste il più grande giacimento petrolifero dell'Europa continentale che copre il 6 per cento del fabbisogno energetico nazionale, suscettibile di rilevanti ulteriori incrementi;
titolari della concessioni petrolifere sono le compagnie Eni Spa e Total spa;
le compagnie su citate hanno avviato diverse procedure di gara per l'affidamento dei servizi di progettazione e per la realizzazione dei lavori relativi ai progetti di coltivazione degli giacimenti petroliferi lucani;
è necessario che nella realizzazione degli interventi i titolari delle concessioni petrolifere garantiscano trasparenza nel reclutamento delle competenze e nella selezione delle imprese;
è opportuno, pertanto, conoscere lo stato di attuazione delle procedure di gara avviate dall'Eni spa e dalla Total spa per verificare se nelle modalità scelte per gli affidamenti e il reclutamento del personale sia stata garantita trasparenza, pari opportunità, massima partecipazione e accessibilità dei soggetti interessati;
è necessario che nella realizzazione dei progetti oggetto di commesse da parte dei titolari delle concessioni petrolifere deve essere garantita trasparenza nel reclutamento delle competenze e nella selezione delle imprese –:
quali siano le procedure avviate dall'Eni spa e dalla Total spa per l'aggiudicazione dei lavori e dei servizi relativi alle concessioni petrolifere e se sia a conoscenza dei criteri di selezione adottati per gli affidamenti, delle imprese che hanno partecipato alle procedure e di quelle risultate aggiudicatarie. (3-00065)
Interrogazione a risposta in Commissione:
MARTELLA, MOGNATO e ZOGGIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
Versalis, ex Polimeri Europa, è una società appartenente ad Eni che realizza e commercializza prodotti chimici (di base, stirenici, elastomeri, polietilene);
la suddetta società possiede nel sito di Porto Marghera un impianto del cracking nel quale, dalla virgin nafta, si ricava etilene, propilene, miscela C4 e benzina di cracking;
questo impianto è uno degli ultimi importanti rimasti nella zona industriale di Porto Marghera;
in questi giorni le organizzazioni sindacali hanno denunciato il rischio di chiusura dell'impianto, facendo riferimento ad ipotesi di ristrutturazione che i vertici di Versalis starebbero valutando;
da parte dei vertici societari non giungono conferme o smentite a tale scenario. Resta la preoccupazione dei rappresentanti sindacali e dei lavoratori che chiedono a Versalis e ad Eni un confronto e risposte certe, non escludendo di mettere in atto lo sciopero;
gli stessi segretari veneziani di Cgil, Cisl e Uil ricordano che «negli ultimi 15 anni, con la riorganizzazione di tutta una serie di attività, la maggior parte gestite da Eni, sono stati persi 10 mila posti di lavoro» –:
se il Ministro sia a conoscenza della vicenda;
se non ritenga necessario, nell'ambito delle sue competenze, intervenire sia per far luce sulle reali intenzioni dei vertici di Versalis sia per fare in modo che gli impegni di Eni di investire sull'area di Porto Marghera siano mantenuti e confermati. (5-00134)
Apposizione di una firma ad una mozione.
La mozione Peluffo e altri n. 1-00032, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 maggio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mauri.
Apposizione di firme ad interrogazioni.
L'interrogazione a risposta scritta Rocchi e altri n. 4-00373, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 maggio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fanucci.
L'interrogazione a risposta scritta Villecco Calipari e altri n. 4-00466, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 maggio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Madia.
Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore:
interrogazione a risposta scritta Manfredi e Tino Iannuzzi n. 4-00391 dell'8 maggio 2013 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-00132.