XVII LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
nel mese di settembre 2012 il consiglio provinciale di Bolzano ha approvato la legge n. 15, recante «Istituzione del repertorio toponomastico provinciale e della consulta cartografica provinciale»;
tale legge, approvata dai soli consiglieri del gruppo linguistico tedesco, affida ad una Commissione di sei membri, di cui solo due di lingua italiana, il compito di decidere, sulla base delle indicazioni ad esso formulato dalle comunità comprensoriali, tutte a maggioranza tedesca, quali nomi avranno la titolarità ad essere usati nella toponomastica ufficiale;
attualmente la toponomastica della provincia è composta approssimativamente da 120.000 toponimi tedeschi e solo 8.500 di lingua italiana, e negli ultimi anni sono stati «inventati» centinaia di toponimi per denominare strade forestali, sentieri, bacini montani, e piccoli corsi d'acqua con nomi intraducibili, ovviamente in lingua tedesca, e anche la segnaletica sui sentieri di montagna è quasi ovunque esclusivamente in lingua tedesca, persino i cartelli che segnalano i pericoli;
al contrario, appare evidente come la legge provinciale n. 15 porterà alla cancellazione di migliaia di toponimi di lingua italiana;
inoltre, il consiglio provinciale di Bolzano ha legiferato su questa materia assai delicata e complessa secondo i firmatari del presente atto eccedendo le proprie competenze, e in violazione di una normativa di rango superiore, posto che lo statuto di Autonomia è legge costituzionale, e prevede espressamente l'obbligo del bilinguismo nella toponomastica;
in particolare, l'articolo 8 dello statuto di Autonomia della regione Trentino-Alto Adige, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 670 del 1972, in base al quale le province autonome hanno la potestà di emanare norme legislative, tra l'altro, in materia di toponomastica, precisa, tuttavia, che l'esercizio di siffatto potere normativo deve rispettare alcuni limiti, tra i quali, precisamente, la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica, il rispetto degli interessi nazionali, tra cui la tutela delle minoranze linguistiche locali, e l'obbligo della bilinguismo nel territorio della provincia di Bolzano;
alla stessa stregua l'articolo 101 dello statuto prevede che nella provincia di Bolzano le amministrazioni pubbliche debbano usare, nei riguardi dei cittadini di lingua tedesca, anche la toponomastica tedesca, se la legge provinciale ne abbia accertata l'esistenza ed approvata la dizione;
durante lo svolgimento di un question time sullo stesso tema, svolto nella seduta dello scorso 19 settembre 2012, il Ministro Giarda, per il Governo, aveva annunciato che l'intervento normativo della provincia di Bolzano sarebbe stato attentamente vagliato ed esaminato dal dipartimento per gli affari regionali, il turismo e lo sport della Presidenza del Consiglio dei ministri, nell'attesa che lo stesso fosse pubblicato sul Bollettino ufficiale della regione, adempimento a partire dal quale decorrono i termini per l'eventuale impugnativa costituzionale;
in data 16 novembre 2012, il Consiglio dei ministri ha poi effettivamente deliberato l'impugnativa, dinanzi alla Corte Costituzionale, della legge in oggetto, «in quanto contenente disposizioni in materia di toponomastica in contrasto con norme internazionali e, quindi, con l'articolo 117, primo comma, della Costituzione e con diversi articoli dello Statuto speciale della Regione Trentino Alto Adige»;
il Governo, nella sua impugnativa, ha, in particolare, eccepito sia i principi della legge provinciale in oggetto, sia la procedura in essa prevista: per quanto attiene al primo profilo, ha sottolineato che sia l'Accordo di Parigi, sia gli articoli 8 e 101 dello statuto, «danno per presupposta l'esistenza storica e l'obbligatorietà giuridica della toponomastica in lingua italiana già introdotta al momento della loro entrata in vigore, in quanto precedentemente codificata dalla relativa legislazione statale tuttora vigente, prevedendo (e consentendo) unicamente la reintroduzione ufficiale e l'utilizzazione su un piano di parità della toponomastica in lingua tedesca (e ladina) in precedenza vietata e rimossa», ricordando anche che Accordo di Parigi e Statuto fissano «l'obbligo della bilinguità», muovendo «dal presupposto che quella in lingua italiana esiste già e che ad essa va semplicemente parificata quella in lingua tedesca (e ladina)», e che lo Statuto stesso prevede l'italiano quale «lingua ufficiale dello Stato»;
per quanto attiene, invece, alle procedure, ha formulato rilievi fortemente critici rispetto al metodo indicato dalla legge, secondo cui «ogni toponimo è raccolto nelle versioni in lingua tedesca, italiana e ladina, in quanto in uso in ciascuna di tali lingue a livello di comunità comprensoriale», e approvato poi dal Comitato paritetico, traendone la conclusione «che in futuro alcuni toponimi possano essere solamente monolingui e, in particolare, che quelli in lingua italiana già previsti dalla legislazione statale in vigore possano essere eliminati dalla toponomastica ufficiale sulla base del criterio puramente empirico, peraltro neppure minimamente specificato, dell'uso a livello di comunità comprensoriale»;
secondo le deduzioni formulate dal Governo, quindi, né lo Statuto «attribuisce alla Provincia la competenza ad intervenire sulla toponomastica ufficiale in lingua italiana», né tantomeno, il criterio dell'uso può essere utilizzato per intervenire «riduttivamente sui toponimi ufficiali in lingua italiana»;
nei mesi scorsi la stampa ha pubblicato l'accordo tra la SVP e il leader del PD Bersani, il quale in cambio dell'appoggio elettorale ottenuto dal partito etnico altoatesino avrebbe promesso il ritiro dei ricorso da parte del nuovo Governo, ad ulteriore conferma dell'assoluta fragilità dell'azione della provincia, che è ben consapevole del fatto che una simile violazione dello statuto assai difficilmente potrebbe essere tollerata dalla Corte,
impegna il Governo
a non ritirare il ricorso proposto alla Corte costituzionale contro la legge della provincia di Bolzano che mira a cancellare i nomi italiani dalle principali località dell'Alto Adige.
(1-00071) «Giorgia Meloni, Cirielli, Corsaro, La Russa, Maietta, Nastri, Rampelli, Taglialatela, Totaro».
La Camera,
premesso che:
da notizie riportate dalla stampa anche specializzata emergerebbe che sarebbe stata depositata una proposta di regolamento della Commissione europea, «Plant Reproductive Material Law», che renderebbe illegale la coltivazione, la riproduzione e la commercializzazione dei semi di ortaggi che non siano stati analizzati, approvati e accettati da un nuovo organismo europeo denominato «Agenzia delle varietà vegetali europee»;
la proposta di regolamento menzionata tenderebbe a regolamentare tutte le piante, i semi, gli ortaggi, con la conseguenza che la coltivazione domestica di piante con semi non regolamentari potrebbe portare a condannare una simile pratica. La maggior parte delle sementi tradizionali sarebbero messe al bando e l'abitudine di conservare i semi di un raccolto per la successiva semina – pratica fondamentale per una vita sostenibile – diventerebbe un atto criminale. Ugualmente fuorilegge sarebbe anche qualsiasi sviluppo degli orti nel giardino di casa della Unione europea;
la normativa proposta, pur facendo riferimento al mantenimento della biodiversità e alla semplificazione della legislazione in materia, di fatto stravolgerebbe questi pacifici e condivisibili obiettivi;
finora le proteste da parte degli operatori interessati hanno portato a molteplici modifiche della proposta, senza tuttavia avere i risultati sperati, una petizione online su questo tema ha raccolto circa 25.000 firme e più di 240 organizzazioni di 40 Paesi europei hanno inviato una lettera aperta alle istituzioni europee per fermare un simile atto normativo;
tale proposta come concepita danneggerebbe i produttori di varietà regionali, i coltivatori biologici, i giardinieri e gli agricoltori che operano su piccola scala;
a giudizio di alcuni operatori e di associazioni di categoria una simile regolamentazione desta il sospetto che sia stata concepita da alcune multinazionali di semi che da tempo coltiverebbero l'obiettivo di realizzare il monopolio completo di tutti i semi e di tutte le coltivazioni e il dominio totale sulla catena alimentare;
facendo passare come atteggiamento criminale quello dei piccoli coltivatori di ortaggi, una legislazione europea di questo tenore consegnerebbe il pieno controllo della catena alimentare nelle mani di corporazioni potenti;
in particolare, i piccoli coltivatori hanno esigenze molto diverse dalle multinazionali. Coltivando senza usare macchine e senza utilizzare sostanze chimiche potenti, gli stessi sfuggono alla registrazione delle varietà adatte per un piccolo campo, perché non rispondono ai severi criteri della «Plant Variety Agency» che si occupa solo dell'approvazione dei tipi di sementi che utilizzano gli agricoltori industriali;
i piccoli coltivatori oltre a essere registrati dovranno altresì pagare una tassa per registrare i semi. In sostanza, l'insieme delle operazioni di gestione delle richieste, esami formali, analisi tecniche, controlli, denominazione e manutenzione delle varietà per ogni anno di durata della registrazione comporterà un insieme di spese che saranno addebitate ai micro-produttori, di fatto scoraggiandoli;
anche se una regolamentazione di cui si parla potrebbe inizialmente riguardare soltanto i contadini commerciali, potrebbe con il tempo interessare anche i piccoli coltivatori che saranno così tenuti al rispetto delle medesime regole;
a giudizio di molti questo sarebbe un esempio di burocrazia fuori controllo, che non considera quali enormi danni arreca alla coltura da sementi prodotti da agricoltori nei loro piccoli appezzamenti e le conseguenze disastrose del potere di regolamentare licenze per tutte le specie di piante di qualsiasi tipo, senza la necessità di sottoporre simili restrizioni al voto del Consiglio;
la nuova normativa comunitaria come proposta rappresenta in particolare per l'Italia, paese ricco di produzioni tipiche di piccola scala, un danno culturale ed economico significativo, che va ad incidere sulla libertà di coltivazione da parte del singolo coltivatore e sul diritto all'alimentazione del consumatore finale,
impegna il Governo
a farsi portavoce nelle sedi appropriate delle preoccupazioni rappresentate in premessa e ad attivarsi, insieme ad altri Paesi europei, per modificare la citata proposta, affinché la logica di un rigido e stringente, ma anche pericoloso e sproporzionato, controllo non abbia come unico fine quello di danneggiare le piccole colture e i piccoli coltivatori, a vantaggio di operatori e organizzazioni del settore potenti e agguerriti.
(1-00072) «Valiante, Giovanna Sanna, Benamati, Rughetti, Moscatt, Berlinghieri, Marchetti, Cenni, Realacci, Grassi, Ginoble, Oliverio, Rostan, Malisani, Culotta, Palma, Famiglietti, Amendola, Manfredi, Borghi, Sberna».
La Camera,
premesso che:
l'Italia con il cosiddetto «decreto missioni» (decreto-legge n. 227 del 28 dicembre 2012) ha provveduto alla «Proroga delle missioni internazionali delle Forze armate e di polizia»;
il predetto decreto-legge è stato poi convertito, con modificazioni, dalla legge 1o febbraio 2013 n. 12;
tra le tante missioni «prorogate» è ricompresa (all'articolo 1, comma 17) «la partecipazione di personale militare ... alle iniziative dell'Unione europea per il Mali», per la quale – unitamente alla missione dell'Unione europea denominata Eucap Sahel Niger – è stata autorizzata una spesa pari ad euro 1.900.524,00;
in merito all'adozione del predetto decreto-legge sono molte le criticità e le questioni da sottoporre, finalmente, all'Assemblea;
si evidenzia che, a differenza degli altri interventi per i quali si è provveduto al rifinanziamento, per quanto riguarda il Mali non si è in presenza di una proroga; in realtà, si tratta di un vero e proprio finanziamento ex novo di una missione ancora da intraprendere e, come si dirà, ancora da deliberare;
il provvedimento oggetto del presente atto, infatti, non fa minimamente riferimento ad una specifica missione deliberata in seno all'Unione europea, alle Nazioni Unite o ad altri organismi internazionali, né, tantomeno, richiama una determinata decisione del Consiglio dell'Unione europea (come pure richiede il Trattato in ambito PESC);
per tale via lo Stato italiano stanzia un ingente importo per finanziare ogni e qualsivoglia attività in Mali sotto l'egida dell'Unione europea;
l'obiettivo perseguito dal comma 17 dell'articolo 1 del decreto-legge n. 227 del 2012, sembra essere, in effetti, proprio quello di rimettere l'Italia totalmente e passivamente alle decisioni europee, di qualunque tipo esse siano, in quanto, alla data di adozione del decreto legge, nessuna missione in Mali era stata ancora decisa ed autorizzata in seno all'Unione europea;
solo il 17 gennaio 2013, con decisione del Consiglio dell'Unione europea – ai sensi dell'articolo 42 paragrafo 4, e dell'articolo 43, paragrafo 2, del Trattato sull'Unione europea – è stata deliberata la missione militare di formazione delle forze armate maliane denominata EUTM Mali (con sede a Bamako ed a comando francese nella persona del generale di Brigata François Leicointre); di conseguenza solo a partire dalla stessa data l'Unione europea ha stabilito modalità e costi comuni ammontanti ad euro 12,3 milioni (nonché gestiti a norma della decisione 2011/871/PESC istitutiva del meccanismo cosiddetto ATHENA);
la missione EUTM Mali è stata poi definitivamente avviata con decisione del Consiglio del 18 febbraio 2013;
il Governo italiano, dunque, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, ha utilizzato la decretazione ex articolo 77 Cost. – almeno per quanto riguarda il Mali – in assenza del requisito di necessità e di urgenza poiché, come visto, non vi era alcuna missione da finanziare né, tantomeno, da prorogare;
circostanza ancor più grave è che, in questo contesto, il Parlamento è stato chiamato solo ad una successiva e, pertanto, intempestiva convalida dell'operato del Governo, «a giochi fatti» e senza che vi sia stato alcun dibattito in Aula (ad eccezione di quello che ai firmatari del presente atto di indirizzo appare uno sbrigativo e rapido voto, in sede di conversione del decreto-legge, dove i due rami del parlamento hanno provveduto ad un automatico rifinanziamento di tante missioni senza la materiale possibilità di entrare nel merito delle singole iniziative e, dunque, senza possibilità di valutarne la reale portata);
si tratta della conversione di un decreto-legge che si inserisce in un meccanismo decisionale interamente rimesso ad una dimensione sovranazionale, in quanto è una decisione del Consiglio dell'Unione europea a stabilire termini e modalità delle missioni «di pace» e con una ulteriore e considerevole cessione della sovranità italiana;
tali tipologie di intervento militare sul territorio di uno Stato terzo sovrano, pur deliberate nell'ambito e sotto la vigenza dei Trattati dell'Unione europea non si conciliano con la Carta Costituzionale secondo i firmatari del presente atto di indirizzo almeno per due ragioni:
a) in rapporto all'articolo 78 Cost. in quanto sono le Camere (per di più con legge formale) a dover deliberare l'ingresso in operazioni militari e non può essere il Governo ad assumerne l'iniziativa con un atto avente forza di legge;
b) per violazione del cosiddetto principio pacifista di cui all'articolo 11 Cost. in quanto l'operazione militare oggetto del presente atto, non può che porsi in contrasto con principi fondamentali della Costituzione quali il divieto di una guerra che non sia unicamente difensiva;
in particolare, si ricorda, infatti, che il citato articolo 11 Costituzione stabilisce, inequivocabilmente, che «l'Italia ripudia la Guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali»;
la missione EUTM Mali, pur nel dichiarato intento di riportare pace e stabilità in un Paese terzo, non fa, però, che intervenire in un vero e proprio conflitto, fornendo una cornice legale e giuridica alla unilaterale azione francese (avviata, l'11 gennaio 2013, con l'Operazione «Serval»);
in questo conflitto la Francia ha effettuato raid aerei, bombardamenti ed attacchi via terra; di conseguenza un apporto in termini di uomini ed un appoggio logistico da parte dell'Italia ad iniziative che non possono che definirsi belliche, finiscono per contravvenire al dettato Costituzionale;
in nome della lotta al terrorismo o del ristabilimento di pace e democrazia non possono più essere accettati interventi o missioni internazionali di questo tipo che, invece, si traducono in veri e propri conflitti armati il cui prezzo viene pagato soltanto dai soliti, tanti civili;
senza contare che la volontà di intervenire in Mali nasconde, in realtà, interessi economici – che attengono soprattutto al settore energetico e minerario (ad esempio, oro, uranio, petrolio e gas) – che poco hanno a che fare con un intervento di tipo umanitario volto alla tutela dei diritti umani;
devono essere, invece, privilegiate le vie diplomatiche non solo per risolvere i conflitti internazionali, ma soprattutto per prevenirli, ove possibile, in quanto la guerra non serve a nulla se non ad alimentare il conflitto e le ostilità;
in questa direzione andrebbero di conseguenza sempre e comunque ascoltate, nonché sostenute, le organizzazioni non governative presenti sui territori da anni;
è dunque di primaria importanza valorizzare una gestione non violenta dei conflitti laddove la guerra e qualunque tipo di conflitto armato sono, oltre che in palese violazione della Costituzione, contro la logica, contro le tasche degli italiani nonché contro la volontà del popolo italiano che si è sempre dimostrato contrario a qualsivoglia missione di guerra;
in quest'ottica si rende imprescindibile lo studio di una strategia di ritiro dei soldati italiani impegnati in Mali proponendo un'azione nelle opportune sedi europee e comunque sovranazionali affinché si possa finalmente parlare di un'Unione europea dei diritti e dei popoli;
la questione Mali non è stata minimamente portata all'attenzione della opinione pubblica e non vi è stata la benché minima informazione e trasparenza;
il Governo non ha mai fornito dati certi in relazione alla missione EUTM Mali sia con riferimento ai militari che sarebbero impiegati, sia in relazione al vero e proprio appoggio logistico, in quanto in commissione i Ministri pro tempore Terzi di Sant'Agata e Di Paola hanno affermato come necessaria la fornitura un supporto logistico consistente in velivoli utili al rifornimento in volo (in particolare due C-130 ed un 767);
infine con la risoluzione n. 2100 del 25 aprile 2013 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la creazione di una forza di pace di 12640 uomini, la UN Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali, (MINUSMA), da dispiegare in Mali entro il 1o luglio 2013, che riceverà le «consegne dalla missione di supporto internazionale a guida africana (AFISMA), istituita dalla Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale,
impegna il Governo:
a fornire tutti i dati e le informazioni relative alla missione EUTM Mali sia per quanto concerne l'impegno di soldati sia con riferimento all'apporto logistico;
a fornire altresì tutti i dati e le informazioni, nonché a rendere trasparenti i costi, riguardo all'eventuale partecipazione italiana alla missione di cui alla risoluzione n. 2100 del 25 aprile 2013 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite in Mali (MINUSMA);
a definire un piano di ritiro di tutti i militari italiani eventualmente impegnati nelle predette missioni, intraprendendo ogni azione utile in sede europea e nelle ulteriori sedi a livello sovranazionale;
a presentare, per il futuro, disegni di legge per ogni e qualsivoglia missione (in particolare la missione EUTM Mali) che vede impiegati e che vedrà impiegati i militari ed i velivoli italiani, al fine di consentire al Parlamento dapprima di discutere e poi di deliberare in ordine all'opportunità di tali missioni ed al relativo finanziamento, nel pieno rispetto del dettato costituzionale come ricostruito in premessa;
ad intraprendere ogni azione utile a promuovere la soluzione di conflitti internazionali privilegiando le vie diplomatiche ed ascoltando le associazioni non governative presenti sui territori oggetto di conflitto.
(1-00073) «Di Battista, Manlio Di Stefano, Scagliusi, Del Grosso, Sibilia, Spadoni, Pinna, Cristian Iannuzzi, Vignaroli, Tacconi, Frusone, Rizzo, Alberti, Basilio, Pesco, Barbanti, Cancelleri, Villarosa, Chimienti, Ruocco, Pisano, Battelli, D'Uva, Marzana, Luigi Gallo, Simone Valente, Brescia, Di Benedetto, Mannino, Fraccaro, Luigi Di Maio, Colonnese, Carinelli, Spessotto, Toninelli, Brugnerotto, Cozzolino, Nesci, De Lorenzis, Furnari, Nicola Bianchi, Sarti, Liuzzi, Dell'Orco, Parentela, Terzoni, Tofalo, Catalano, Agostinelli, Micillo, Grillo, Dieni, Grande, Mucci, Massimiliano Bernini, L'Abbate, Dall'Osso, Ciprini, Vacca, Castelli».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, il Ministro per l'integrazione, per sapere – premesso che:
la situazione degli sbarchi a Lampedusa negli ultimi mesi sta raggiungendo nuovamente livelli di guardia: in provincia di Siracusa a Siculiana (Ag) sono arrivate moltissime persone in condizioni critiche quando non disperate: si sono registrati casi di donne in gravidanza e, in uno di questi sbarchi, due uomini sono arrivati già morti per ipotermia;
il sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini ha sollecitato vivamente la collaborazione e un intervento dello Stato, per quella che – denuncia – si sta delineando come una nuova emergenza sbarchi;
un'inchiesta contro ignoti – come precisato dal procuratore capo di Agrigento, Renato Di Natale – è stata aperta dalla procura di Agrigento per accertare eventuali responsabilità da parte di chi ha organizzato la traversata, per la morte dei due migranti;
l'andamento degli sbarchi in Sicilia si presenta simile a quello del 2011 quando si raggiunse la soglia record dei sessantamila sbarchi sulle coste italiane;
in particolare, la situazione dei minori stranieri non accompagnati sta assumendo caratteri di particolare criticità, moltissimi di loro sono ricoverati nelle case di accoglienza gestite dai comuni: si tratta di strutture costituite prevalentemente da alloggi o abitazioni plurifamiliari all'interno dei quali vengono garantiti servizi di vitto e alloggio, di assistenza e cura della persona, fornitura di beni di prima necessità ed altri servizi finalizzati al riconoscimento della dignità della persona;
i servizi vengono erogati da personale qualificato, mediatori culturali, assistenti sociali, ausiliari ed altro personale inerente alle finalità delle strutture;
la situazione però sta velocemente arrivando a livelli di guardia poiché, dalla fine dell'emergenza nord Africa, non sono disponibili, né per i comuni né per gli altri enti preposti, le risorse necessarie per il pagamento delle rette e delle associazioni e delle cooperative coinvolte, neanche quelle già predisposte dal Ministero competente a copertura delle spese sostenute nel 2012;
fino ad ora si è fatto fronte, per garantire i servizi legati all'accoglienza dei minori, ma non solo, allo scoperto bancario, ma dopo mesi, anche gli istituti di credito fanno difficoltà ad erogare prestiti a fronte di troppe esposizioni;
si profilano dunque gli estremi di una nuova emergenza, a fronte della quale, però, in assenza di iniziative e di chiarezza da parte del Governo, non si può attivare, o riattivare, un'adeguata rete tra enti locali, protezione civile e cooperative assolutamente necessaria per garantire l'assistenza di primo soccorso e l'accoglienza dei migranti;
appare dunque necessario che sia immediatamente predisposto un nucleo operativo che gestisca la situazione, anche sulla base delle esperienze e delle capacità già in campo, riattivando, o attivandone di nuove, le convenzioni necessarie con le strutture esistenti o già pronte per poter garantire i servizi suddetti –:
quali iniziative immediate il Governo intenda adottare al fine di impedire, per l'anno corrente, il deflagrare di una nuova crisi che non può e non deve, come più volte è stato sottolineato e riconosciuto da più parti, essere in carico solo ed esclusivamente ad una piccola isola in mezzo al Mediterraneo, ma che deve essere affrontato e gestito a livello nazionale ed europeo, nonché, considerato il fatto che lo stato di emergenza è cessato il 31 dicembre 2012, se non si renda necessario dichiarare un nuovo stato di emergenza, e se non ritenga urgente rendere immediatamente disponibili le risorse finanziarie necessarie all'assistenza ed accoglienza dei minori stranieri non accompagnati.
(2-00085) «Moscatt, Bonomo, Boschi, Braga, Chaouki, Crimì, Gadda, Giuseppe Guerini, Iacono, Lauricella, Lattuca, Leva, Lodolini, Marchetti, Mattiello, Moretto, Narduolo, Palma, Raciti, Rampi, Rocchi, Richetti, Rostan, Scuvera, Stumpo, Tentori, Tidei, Venittelli, Ventricelli, Villecco Calipari, Zappulla, Taranto, Piccione».
Interrogazioni a risposta scritta:
NISSOLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
nella delibera CIPE 44 del 23 marzo 2012 in favore del provveditorato interregionale alle opere pubbliche in Abruzzo sono previsti finanziamenti per la ricostruzione di 23 edifici pubblici della città e della provincia de L'Aquila danneggiati dagli eventi sismici verificatisi nel mese di aprile 2009;
viene disposta – ai sensi e per le finalità dell'articolo 4, comma, 1 lettera b), del decreto-legge n. 39 del 2009, convertito dalla legge 24 giugno 2009, n. 77 – l'assegnazione dell'importo complessivo di 167,65 milioni di euro, per l'anno 2012 e, in particolare, per gli immobili del Corpo forestale dello Stato in provincia de L'Aquila si prevedono i seguenti importi: 5,1 milioni da destinare al comando provinciale dell'Aquila; 1,1 milioni per la ristrutturazione e messa in sicurezza del comando regionale del Corpo forestale dello Stato sito in L'Aquila; 1,6 milioni di euro da destinare al Comando stazione di Fontecchio;
la struttura del comando regionale del Corpo forestale dello Stato per l'Abruzzo e dell'adiacente Comando provinciale de’ L'Aquila necessitano entrambe di adeguati ed urgenti interventi di consolidamento, ampliamento e adeguamenti volti anche alla tutela e alla salute dei dipendenti;
il Comando stazione di Fontecchio non ha mai avuto la disponibilità di un edificio di proprietà in comune di Fontecchio per cui il Corpo forestale dello Stato non ha avuto alcun edificio danneggiato dal sisma in quel comune. Lo stesso Comando stazione di Fontecchio è tra le strutture del Corpo che l'amministrazione, con decreto del capo del Corpo forestale dello Stato il 27 giugno 2011, emanato ben prima della delibera CIPE in argomento, ha deciso di sopprimere (per una razionalizzazione della dotazione organica del Corpo forestale dello Stato volta a consentire una migliore organizzazione dell'attività operativa e in attuazione della così detta spending review) e di accorpare al Comando stazione di Secinaro, dove tra l'altro prestano servizio solo due elementi, ubicato in un edificio di proprietà del Corpo forestale dello Stato di recente costruzione e dotato di alloggi di servizio, tra l'altro non utilizzati, posto a soli 10 chilometri di distanza stradale dall'immobile che si vorrebbe, ad avviso dell'interrogante, ingiustificatamente e illogicamente realizzare a Fontecchio;
appare immediatamente comprensibile che le risorse economiche stanziate debbano essere al più presto utilizzate per i comandi regionale e provinciale de L'Aquila e non per realizzare un edificio «ex novo» per ospitare, tra l'altro, un Comando Stazione già destinato alla chiusura –:
se il Governo alla luce di quanto esposto in premessa, reputi utile e opportuno che le spese previste nella delibera in argomento per la realizzazione ex novo dell'edificio di Fontecchio (previsione contrastante con quanto stabilito dall'articolo 1 della delibera stessa e dall'articolo 4, comma 1, lettera b), del decreto-legge n. 39 del 2009, convertito dalla legge 24 giugno 2009, n. 77), vengano rese disponibili: per la messa in sicurezza di tutte le strutture del Corpo della provincia lese dal sisma; per l'adeguamento alle norme di tutte quelle che non posseggono i requisiti igienico-sanitari e che non hanno le volumetrie necessarie per ospitare il numero di unità previsto dalla rispettiva dotazione organica; per realizzare bagni e spogliatoi distinti per uomini e donne, nonché per realizzare le indispensabili celle di sicurezza;
se i Ministri interrogati non reputino doveroso e corretto che vengano resi pubblici e forniti ai soggetti interessati che ne hanno fatto e ne faranno richiesta gli atti e le informazioni inerenti: lavori propedeutici e istruttori che hanno portato l'amministrazione del Corpo forestale dello Stato ed il provveditorato interregionale per le opere pubbliche Lazio Abruzzo Sardegna ad assumere tali decisioni di richiesta di fondi al CIPE; ai nominativi degli esecutori materiali dei progetti; ai nominativi dei responsabili dei procedimenti e dei provvedimenti ad essi collegati. (4-00743)
BELLANOVA e CAPONE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
l'emergenza abitativa sta assumendo sempre più un aspetto preoccupante nel nostro Paese. Nell'attuale fase di crisi economica tale emergenza rappresenta uno dei fattori di crescente tensione sociale che interessa ogni giorno fasce di popolazione ampia e non più riconducibile alla sola tradizionale categoria delle persone in condizioni di bisogno. Oggi la domanda di alloggi «sociali» si è allargata e tiene dentro non solo le famiglie indigenti, ma anche quelle che prima erano considerate del ceto medio e che non possono sostenere un affitto di mercato o accendere un mutuo;
il 15 aprile 2013 Il Sole 24ore ha pubblicato i dati rivenienti da 41 tribunali italiani che sottolineano, purtroppo, una costante crescita della morosità degli affitti nel corso degli ultimi due anni, determinata in maggior parte dalla riduzione dei redditi a disposizione delle famiglie. Nel 2011 i ricorsi per morosità degli affitti presentati nei 41 tribunali di riferimento dell'indagine sono stati pari a 25.152, nel 2012 sono stati pari a 27.036 ed hanno subìto, rispetto allo scorso anno un aumento del 7,5 per cento. L'indagine per i primi due mesi del 2013 conta 4.627 ricorsi presentati con una proiezione di aumento su base annua del 2,7 per cento rispetto al 2012;
i dati pubblicati dal Ministero dell'interno nel dicembre 2012 circa l'andamento delle procedure di rilascio degli immobili ad uso abitativo segnalano fortemente la gravità del fenomeno della morosità degli affitti. Nella pubblicazione, seppur incompleta per alcune province, si rileva che solo nel 2011 le sentenze di sfratto emesse sono pari a 63.846, delle quali 55.543 per morosità, ben l'87 per cento;
i dati forniti dal Sindacato unitario nazionale inquilini ed assegnatari sono allarmanti. Nella sola regione Puglia nel periodo gennaio-dicembre 2012 si contano 4.070 richieste di esecuzione per sfratto e ben 1.118 sono stati quelli già eseguiti. Tra i capoluoghi di provincia pugliese, purtroppo, spiccano per la problematica la provincia di Foggia con 1.818 richieste di esecuzione per sfratto e 139 sfratti eseguiti. A seguire si colloca la provincia di Lecce con 1.283 richieste di esecuzione per sfratto e 279 sfratti eseguiti. Da segnalare per la provincia di Lecce secondo il documento del SUNIA il dato di variazione rispetto al periodo precedente che è il più alto in tutta la Puglia con il 26,78 per cento;
a fronte di una sempre maggiore richiesta da parte dei cittadini degli alloggi popolari, solo nella città di Lecce si contano circa 1.400 domande presentate all'ufficio casa, le risorse destinate al Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, previsto dall'articolo 11 della legge n. 431 del 1998, hanno subito nel corso degli anni un drastico ridimensionamento. Per il 2012 il fondo risulta addirittura azzerato;
si è in presenza di migliaia di famiglie che a causa della fortissima crisi che ha investito il nostro Paese, oggi, si trovano a vivere una situazione di estrema difficoltà sociale ed economica aggravata della possibilità di un imminente sfratto. Questa situazione se presenta il carattere della drammaticità in tutta Italia, purtroppo, si acuisce in maniera maggiore in quel territorio d'Italia, quale è il Mezzogiorno, dove la crisi economico-occupazionale, insieme ad un ritardo strutturale storico, crea situazioni sociali allarmanti –:
se il Governo, data la gravità della situazione ed il periodo particolarmente critico per tanti cittadini italiani, non ritenga necessario avviare un tavolo di concertazione con le parti interessate per raccogliere le effettive esigenze in merito e predisporre un piano atto ad affrontare la crisi abitativa nel nostro Paese;
se il Governo, data la riduzione delle risorse messe precedentemente a disposizione per il Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, non ritenga necessario assumere le iniziative di competenza, affinché sia contemplato un rifinanziamento più corposo dello stesso alla luce dei dati sopraesposti.
(4-00744)
CIRIELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in data 28 aprile 2010 il signor Alberico Gambino è stato proclamato eletto alla carica di consigliere regionale della Campania;
in data 6 settembre 2011, a seguito dell'applicazione della misura cautelare disposta dal GIP del tribunale di Salerno, il Presidente del Consiglio dei ministri, con proprio decreto, ha disposto la sospensione del signor Gambino dalla suddetta carica consiliare, ai sensi dell'articolo 15, comma 4-bis, della legge n. 55 del 1990, con effetto dal 14 luglio 2011;
il signor Gambino è stato di fatto impossibilitato e interdetto dall'espletamento del suo mandato elettorale di consigliere regionale per un anno e otto mesi, dal 14 luglio 2011 al 12 marzo 2013, data in cui il tribunale di Nocera Inferiore (Salerno), con sentenza non ancora definitiva, lo ha rimesso in libertà, assolvendolo peraltro dall'imputazione che aveva generato il provvedimento cautelare;
ai sensi dell'articolo 4-quater della citata legge n. 55 del 1990 la sospensione dalle cariche politiche in essa elencate, tra le quali rientra la carica a consigliere regionale, «cessa nel caso in cui nei confronti dell'interessato venga meno l'efficacia della misura coercitiva di cui al comma 4-bis, ovvero venga emessa sentenza, anche se non passata in giudicato, di non luogo a procedere, di proscioglimento o di assoluzione o provvedimento di revoca della misura di prevenzione o sentenza di annullamento ancorché con rinvio»;
la sentenza o il provvedimento di revoca devono essere comunicati alla prima adunanza dell'organo che ha proceduto all'elezione, alla convalida dell'elezione o alla nomina;
il signor Gambino avrebbe pertanto dovuto essere reintegrato nella carica di consigliere regionale già alla prima seduta utile dell'organo legislativo regionale;
ad oggi il presidente del consiglio regionale della Campania non avrebbe invece ancora adottato alcuna determinazione in merito alla vicenda, nonostante l'intervenuta cessazione dello stato di restrizione della libertà personale, seguita alla sentenza assolutoria;
tale situazione che l'interrogante giudica illegittima, lede irrimediabilmente il diritto alla rappresentanza legittima nelle assemblee legislative dei cittadini della provincia di Salerno, oltre il diritto del signor Gambino a esercitare il mandato conferitogli dal corpo elettorale;
l'ingiustificata inerzia del consiglio regionale della Campania integra una grave violazione delle disposizioni di legge e della legalità costituzionale, comprimendo i diritti del corpo elettorale e dell'elettorato passivo, fondamento della norma fondamentale;
in verità, la presidenza del consiglio regionale accampa, quale motivazione per la sospensione, una successiva condanna per uno dei reati di cui al comma 1 dell'articolo 58 del decreto legislativo n. 267 del 2000, ma un'eventuale ulteriore sospensione potrebbe essere disposta, in ogni caso, esclusivamente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri;
il tribunale di Nocera Inferiore ha, sì, condannato l'interessato, sempre in primo grado, per un altro reato capace in astratto di supportare misure di ulteriore sospensione, ma è pur vero che il periodo di sospensione già trascorso è superiore all'anno e mezzo previsto dal testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali;
in ogni caso un eventuale ulteriore stato di sospensione cautelare, può e deve essere disposto esclusivamente dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e non certo, come invece sta succedendo, dalla presidenza del consiglio regionale;
a ciò si aggiunga l'ulteriore considerazione che dottrina e giurisprudenza sono ormai concordi nel riconoscere che il principio della «fungibilità» della pena definitiva rispetto a quella preventivamente sofferta, ancorché normativamente previsto soltanto per la pena principale della reclusione, vada applicato, sia per interpretazione analogica, sia per effetto del principio del «favor libertatis», anche alle pene accessorie, alle misure di prevenzione e a quelle amministrative cautelari;
anche il periodo di un anno di interdizione dai pubblici uffici riconosciuto dal tribunale di Nocera Inferiore risulterebbe largamente assorbito dal periodo di un anno e otto mesi di interdizione dall'espletamento del mandato elettorale già patito dal signor Gambino;
il perdurare dello stato di sospensione cautelare del signor Gambino dalla carica di consigliere regionale, che supera di gran lunga il periodo che perfino il tribunale di Nocera ha ritenuto «adeguato imporre nella misura minima di un anno», così come disposto in sentenza di primo grado, lede pertanto l'ulteriore fondamentale diritto all'inviolabilità della libertà personale dell'individuo e legittima uno stato di illegalità inaccettabile –:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, accertata la veridicità e gravità degli stessi, quali iniziative di competenza intendano adottare al fine di chiarire gli elementi controversi che impediscono al signor Alberico Gambino di espletare regolarmente il suo mandato elettorale, cosa che all'interrogante appare comunque una grave compromissione della legalità democratica. (4-00751)
RIZZETTO e PRODANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
numerosi sono gli utenti che utilizzano il trasporto pubblico su rotaia per raggiungere i luoghi di lavoro nonché di studio nella regione Friuli Venezia Giulia;
l'aumento delle tariffe di trasporto non è parallelo ad un miglioramento dei servizi, anzi si rileva spesso un grave lassismo negli ultimi anni;
troppo spesso si assiste ad una miriade di disservizi legati al trasporto pubblico locale su rotaia, benché la struttura ferroviaria in regione non sia affatto estremamente estesa ma alquanto ridotta se paragonata alla rete ferroviaria della vicina regione Veneto;
al fine di favorire un risparmio sull'utilizzo del carburante delle autovetture, numerosi sono i soggetti che hanno optato per il trasporto pubblico su rotaia incontrando altresì difficoltà e scomodità susseguenti;
si è appreso dagli organi di stampa della riduzione del numero delle carrozze dedicate ai passeggeri relative al trasporto regionale su rotaia nella regione Friuli Venezia Giulia, scelta che andrebbe a minare una già compromessa situazione –:
se sia intenzione del Governo:
a) promuovere l'aumento e la modernizzazione della rete ferroviaria del Friuli Venezia Giulia evitando ogni forma di alta velocità-TAV;
b) assumere iniziative presso Trenitalia per rafforzare il trasporto ferroviario nella regione Friuli Venezia Giulia potenziando anche mediante appositi accordi in tal senso i collegamenti con le regioni confinanti di Carinzia, Primorije, Istria e Primorsko Goranska. (4-00763)
PARENTELA, NESCI, DIENI e BARBANTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
la sanità calabrese è gestita per l'attuazione del piano di rientro da un commissario ad acta, nella persona del governatore regionale Giuseppe Scopelliti, affiancato dai due sub commissari nominati dal Governo e dai tecnici dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. La struttura ha predisposto nell'ottobre 2010 il riassetto della rete ospedaliera che prevede, per tutta la regione, due reparti di cardiochirurgia;
nel capoluogo della regione, Catanzaro, esiste già – nel policlinico universitario di Germaneto – un reparto di cardiochirurgia di riconosciuta efficienza, strategico per collocazione geografica in ambito regionale e oltre;
nel Decreto n. 18 del 2010, preso atto che in Calabria esistono solo due presidi (di cui uno privato) di cardiochirurgia, entrambi a Catanzaro, è scritto dell'opportunità di dislocare in altra sede una delle due strutture, a Cosenza o a Reggio Calabria in relazione, tra l'altro, al potenziale bacino di utenza;
nel predetto decreto la Calabria è divisa in tre aree: nord (Cosenza) con popolazione pari a 733.508 abitanti, centro (Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia) con 708.694 abitanti e sud (Reggio Calabria), corrispondente a 566.507 abitanti;
con il decreto n. 110 del 5 luglio 2012, il governatore regionale Giuseppe Scopelliti approvò – in veste di commissario per l'attuazione del piano di rientro dal debito sanitario – uno schema per un'intesa fra la regione Calabria e l'università degli Studi «Magna Graecia» di Catanzaro, sulla base del quale all'azienda ospedaliera universitaria «Mater Domini» spettavano 225 posti ordinari e 25 in day hospital, all'azienda ospedaliera «Pugliese-Ciaccio» 20 posti di ostetricia-ginecologia e chirurgia toracica e all'azienda ospedaliera BMM di Reggio Calabria 20 posti di cardiochirurgia e neurologia;
a opinione degli interroganti il governatore Scopelliti, commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro, con proluvie di notizie, decreti e interventi ambigui, non ha garantito la conoscenza del reale status della cardiochirurgia catanzarese e del suo futuro, pure impedendo la creazione di cardiochirurgia a Cosenza, come invece previsto dall'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, per questa via favorendo la città di Reggio Calabria, che già può contare sull'affermato, vicino reparto di cardiochirurgia di Messina;
gli interroganti evidenziano che, nonostante il governatore regionale Giuseppe Scopelliti si sia profuso in rassicurazioni sul futuro della cardiochirurgia catanzarese e della Fondazione Campanella, alla data odierna non risulta siglato il ricordato protocollo di intesa tra università di Catanzaro e regione Calabria;
il direttore dell'unità operativa di cardiochirurgia Attilio Renzulli, con atto del 5 febbraio 2013, in seguito a gravi infezioni a pazienti della cardiochirurgia pubblica, ha chiesto ai vertici dell'azienda Mater Domini e della Regione Calabria, nonché al rettore dell'università Magna Graecia, l'attivazione di tutti gli interventi – tra cui l'uso esclusivo della terapia intensiva – diretti a tutelare e a garantire la salute dei pazienti, con riserva, in mancanza, di esposto al Ministero della salute e alla procura della Repubblica al fine di verificare l'idoneità igienico-sanitaria dei locali del reparto;
dopo la riferita richiesta, il direttore dell'unità operativa della cardiochirurgia è stato prima sospeso – da parte dell'azienda ospedaliera universitaria Mater Domini (che ricomprende l'università Magna Graecia) – dall'attività medico/assistenziale, e di seguito, da parte dell'università Magna Graecia e dall'azienda Mater Domini, rimosso dalla carica di direttore dell'U.O. cardiochirurgia e sostituito con altro direttore;
vicino a Reggio Calabria, precisamente a Messina, esiste già un consolidato reparto di cardiochirurgia – che soddisfa le necessità della macroarea –, mentre l'intera Calabria del nord, 800 mila gli abitanti, rimane totalmente sguarnita da questo servizio;
per realizzare il «centro del cuore» di Reggio Calabria sono stati finora spesi oltre 20 milioni di euro e il reparto di cardiochirurgia è rimasto chiuso, con macchinari inutilizzati e relativi, intuibili sprechi;
la Calabria continua ad avere un debito sanitario che ha indotto il Ministero dell'economia e delle finanze a sanzionare regione con l'aumento dell'addizionale regionale Irpef dello 0,30 per cento dell'aliquota fiscale Irap dello 0,15 per cento per tutto l'anno in corso e con il blocco delle assunzioni fino al 31 dicembre 2013 –:
se non si ritenga, in virtù della divisione in macroaree di cui all'indicato decreto n. 18 del 2010, che debba essere istituito a Cosenza un reparto di cardiochirurgia, mantenendo l'omologo reparto pubblico a Catanzaro;
se, anche per il tramite del Commissario ad acta per il rientro dei disavanzi sanitari, non ritengano opportuno adoperarsi perché vengano rendicontate, in maniera chiara e documentata, le spese sostenute per creare il reparto di cardiochirurgia di Reggio Calabria, ad oggi inattivo;
nella situazione – anche giuridicamente – straordinaria della sanità in Calabria, quali iniziative di competenza intendano adottare perché sia preservata e migliorata l'efficienza della cardiochirurgia pubblica di Catanzaro, pure per la riduzione dell'emigrazione sanitaria, causa di deficit e mancati investimenti della regione a garanzia del diritto alla salute;
se intenda valutare, alla luce della insoddisfacente gestione della sanità calabrese da parte del commissario presidente Scopelliti, se precedere alla nomina di uno o più sub commissari al fine di affrontare in maniera adeguata le problematiche rappresentate in premessa. (4-00764)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazioni a risposta in Commissione:
D'AGOSTINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il 3 giugno 2013, gli agenti del Corpo forestale dello Stato di Avellino hanno dato esecuzione al decreto di sequestro preventivo dello stabilimento e dell'area dove era allocata l'azienda «Isochimica S.p.A.», sita in Pianodardine – zona A.S.I. di Avellino, disposto in via d'urgenza dalla procura della Repubblica ai sensi dell'articolo 321, comma 3-bis, del codice di procedura penale;
la suindicata azienda era addetta alla scoibentazione di carrozze e vagoni ferroviari;
secondo quanto reso noto dalla procura della Repubblica il provvedimento di sequestro è stato adottato d'urgenza, in quanto dalle ultime verifiche disposte gli inquirenti «hanno accertato che lo stato attuale di ”ammaloramento” degli oltre 500 cubi di cemento-amianto friabile (su un totale di circa 2.767 tonnellate – 2.276.000 chilogrammi – di tale materiale lavorato) ivi illecitamente smaltiti, dal 1983 al 1988, nel corso dell'attività industriale dell'Isochimica spa è tale da imporre per essi una valutazione di generalizzata inidoneità a trattenere le fibre di amianto, la cui dispersione nell'area aziendale va ad integrare quell'evento grave e complesso che, provocando effetti nocivi di natura diffusiva, espone a concreto pericolo, collettivamente, l'incolumità di un numero indeterminato di persone»;
nel suindicato provvedimento di sequestro sono stati contestati a 24 indagati, a vario titolo, i reati di cui agli articoli 110 e 434, comma 1 e 2 del codice penale (concorso in disastro ambientale doloso), di cui agli articoli 113, 434 in relazione all'articolo 449 comma 1 del codice penale) (cooperazione colposa in disastro ambientale) e di cui all'articolo 328 del codice penale;
secondo quanto comunicato dalla procura della Repubblica sono in corso ulteriori indagini nei confronti di persone allo stato non identificate, ai fini dell'accertamento di eventuali, ulteriori coinvolgimenti e responsabilità nella mancata attività di bonifica e messa in sicurezza dello smaltimento e dell'area;
l'attività di indagine prosegue anche in ordine ai reati di cui agli articoli 589 del codice penale e 590 del codice penale relativi ai decessi di vari dipendenti della «Isochimica S.p.A» ed alle lesioni in danno di altri lavoratori, nonché in ordine alla fattispecie di reato ex articolo 347 del codice penale (rimozione od omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro);
i primi risvolti dell'inchiesta giudiziaria sulla vicenda Isochimica – in particolare l'affermazione della procura della Repubblica secondo cui la mancata bonifica dell'area dello stabilimento espone a concreto pericolo un numero indeterminato di cittadini – impone a tutti, ciascuno per il proprio ruolo istituzionale e politico, di mettere in essere con la massima urgenza tutte le iniziative necessarie per tutelare la popolazione di Avellino residente nella zona di Pianodardine;
mentre la giustizia fa il proprio corso per l'accertamento della verità, naturalmente nella doverosa cornice di garantismo verso le persone a vario titolo indagate, le istituzioni devono collaborare affinché vengano immediatamente rimossi gli ostacoli di ogni ordine e grado che hanno sin qui impedito o rallentato l’iter di bonifica dell'area Isochimica;
la vicenda eternit, che pure ha destato il giusto clamore in tutto il Paese, secondo gli esperti non è più grave di quella dell'Isochimica, per la quale si sono già registrati 10 decessi e accertati oltre 150 casi di patologie molto gravi –:
quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano adottare per dare una prima risposta concreta all'allarme lanciato dalla procura della Repubblica di Avellino a tutela delle persone che, secondo gli inquirenti, sono esposte a concreto pericolo;
quali iniziative normative il Ministro del lavoro e delle politiche sociali intenda adottare per corrispondere alle legittime esigenze degli ex lavoratori Isochimica che non possono accedere ai benefici del prepensionamento a causa di norme vigenti decisamente inique rispetto alla gravità delle patologie contratte per l'esposizione all'amianto. (5-00281)
OLIVERIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
nella giornata di sabato 1° giugno sul Quotidiano della Calabria e su diversi siti internet è apparsa la notizia secondo cui nel territorio tra Simeri Crichi e Catanzaro dovrebbe sorgere un altro parco eolico, i cui lavori saranno effettuati dalla società Dynamica Srl;
Simeri Crichi è un piccolo centro del catanzarese, dove le principali fonti di ricchezza sono costituite dall'agricoltura e dal turismo, settori entrambi strategici per l'economia del territorio. Secondo le prime notizie l'eventuale realizzazione del parco prevede l'installazione di almeno 30 aereogeneratori di elevata potenza (2,5 mw ciascuno) ed aventi una particolare altezza, di circa 150 m;
l'eventuale costruzione del parco eolico distruggerebbe il valore paesaggistico e panoramico del territorio minando la vocazione turistica che coinvolge migliaia di presenze nella stagione estiva e comprometterebbe irrimediabilmente l'integrità del territorio per l'impresa agricola, turistica e agrituristica;
le notizie relative alla costruzione del parco stanno generando forte preoccupazione sia tra i cittadini sia in particolare tra gli imprenditori agricoli dell'area che vedono fortemente messa a rischio la qualità delle loro produzioni e le stesse attività economiche, dalle quali ricavano reddito molte famiglie. A lanciare l'allarme è stato anche il presidente della Coldiretti Calabria Pietro Molinaro, il quale ha invitato a riflettere sull'eventuale disastro ambientale;
il parco eolico determinerà una pesante riduzione di posti di lavoro, in una area già penalizzata dalla forte disoccupazione;
è indispensabile evidenziare inoltre tutte le problematiche, che già si sono manifestate nella regione Calabria anche attraverso note vicende giudiziarie, in relazione ai numerosi parchi eolici già realizzati che hanno creato molteplici implicazioni sui territori interessati, sia dal punto di vista paesaggistico che ambientale;
l'opposizione alla diffusione selvaggia dell'eolico in Calabria non deve intendersi come indifferenza nei confronti delle energie rinnovabili, ma deve essere vista come una attenzione all'ambiente attraverso la diffusione equilibrata di altre forme di energie in direzione di uno sviluppo sostenibile che rappresenta, ormai, per una larghissima parte di cittadini una scelta irrinunciabile;
ad avviso dell'interrogante sarebbe opportuno un intervento del Governo in coordinamento con la regione e gli enti locali interessati, nell'ambito di una valutazione seria e scrupolosa finalizzata a evitare ogni rischio per la salute dei cittadini, per l'ambiente circostante e per la tutela dell'agricoltura del territorio –:
se il Ministro interrogato intenda intraprendere, a tutela del territorio interessato, accurati approfondimenti volti a verificare se la realizzazione del parco eolico rispetti le linee guida per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili.
(5-00284)
OLIVERIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
a Scala Coeli, in località Pipino, sono in corso di svolgimento i lavori di esecuzione di una discarica per rifiuti speciali non pericolosi;
la ditta Bieco Srl ha a tal fine presentato domanda per ottenere il rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale (AIA) ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 59 del 2005 e della valutazione d'impatto ambientale (VIA) ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006;
con una nota del 17 maggio 2013, la ditta Bieco Srl ha comunicato al comune di Scala Coeli che dal giorno 20 maggio 2013 avrebbe avviato le operazioni di gestione della discarica in oggetto dichiarandosi in regola con tutte le prescrizioni;
il sindaco di Scala Coeli ha impedito l'apertura della discarica con ordinanza n. 05 del 19 maggio 2013;
nonostante tale divieto, i mezzi della ditta sono transitati nella giornata del 20 maggio lungo la strada provinciale 6, (sulla quale vige l'ordinanza n. 9/2004 che vieta il transito totale di qualsiasi autoveicolo) trasportando scarti della lavorazione dell'impianto di trattamento di Bucita (Rossano), impianto inserito nel sistema «Calabria Sud» dal piano dei rifiuti vigente;
in occasione delle conferenze di servizi non è emersa la necessità di valutare la presenza delle coltivazioni biologiche e di qualità nell'area di influenza della discarica e non è stato considerato che l'intero comune di Scala Coeli ricade nel marchio Dop Bruzio di cui al regolamento CEE 510/2006 (già regolamento CEE 2081/92);
ad avviso dell'interrogante sarebbe opportuno un intervento del Governo, in coordinamento con la regione e gli enti locali interessati, nell'ambito di una seria e più scrupolosa valutazione finalizzata a evitare ogni rischio per la sicurezza, per la salute dei cittadini e per l'ambiente circostante, analizzate anche le particolari caratteristiche geomorfologiche del territorio, nel quale si intende realizzare la discarica –:
se il Governo non ritenga di assumere ogni iniziativa di competenza affinché, ove sono coltivate produzioni certificate, non siano realizzate discariche e impianti inquinanti, essendo ciò in contrasto con gli indirizzi di politica ambientale e di salvaguardia dell'eccellenza dell'agroalimentare italiano. (5-00285)
Interrogazioni a risposta scritta:
MELILLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
il sottosegretario alle attività produttive pro tempore Stefano Saglia, a nome dell'ultimo Governo Berlusconi, si era espresso favorevolmente sulla possibilità di sondare la presenza di gas scisto nella pianura padana, in quanto a suo giudizio si sarebbero «aperte nuove strade per l'approvvigionamento energetico in un momento particolarmente delicato a livello globale»;
la tecnica della fratturazione idraulica consiste nella frantumazione della roccia usando fluidi saturi di sostanze chimiche iniettati nel sottosuolo ad alta pressione;
attraverso la fratturazione idraulica (cosiddetta «fracking») si estrae in modo non convenzionale idrocarburi da roccia porosa di origine argillosa chiamata scisti;
ma questa tecnica presenta molti e gravi problemi: rischi sismici, inquinamenti dell'acqua, del suolo e dell'aria;
molti Paesi (Canada, Australia, Francia, Bulgaria, Lussemburgo, eccetera) hanno vietato il ricorso alla tecnica della frantumazione idraulica, l'Inghilterra ha una moratoria dopo il terremoto del 2011 a Blackpool; recentemente sulla stampa sono apparsi articoli che collegano il terremoto recente in Emilia al ricorso alle trivellazioni derivanti dalla ricerca mineraria di idrocarburi nella pianura padana –:
se non intenda vietare anche in Italia il ricorso alla tecnica della frantumazione idraulica per la ricerca degli idrocarburi e quale relazione ci può essere stata con il terremoto nella pianura padana. (4-00737)
CIRIELLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
il comune di Vietri sul Mare (Salerno) è al centro di una preoccupante e delicata vicenda riguardante la mancata energizzazione dell'impianto di depurazione delle acque;
con nota protocollo 2957 del 9 maggio 2013 l'Ausino spa, società di servizi idrici integrati, ha richiesto all'ENEL spa di procedere celermente alla contrattualizzazione delle forniture elettriche per gli impianti di sollevamento ST2 e ST3 funzionali al collettamento dei reflui di Vietri all'impianto di Salerno;
in assenza di riscontro, con successiva nota protocollo 3431 del 29 maggio, veniva rinnovata la richiesta di «immediata riattivazione delle forniture di energia» di suddetto impianto di sollevamento;
la riattivazione della fornitura di energia, necessaria per consentire l'avvio del sistema integrato di sollevamenti che convoglierà le acque reflue al depuratore di Salerno, si rende oltremodo indispensabile in vista dell'imminente stagione balneare per ovvi motivi di salvaguardia della salute pubblica;
la mancata energizzazione del depuratore causerebbe, infatti, lo sversamento di acque reflue non trattate nel mare prospiciente il litorale del comune di Vietri su Mare;
il rifiuto di Enel di provvedere alla fornitura di energia elettrica, motivato sulla base di morosità pregresse e risalenti ai tempi del commissariato straordinario di Governo, di fatto, non consente l'avvio del sistema di collettamento e, quindi, provoca un'interruzione di un pubblico servizio;
il protrarsi di tale grave situazione vanificherebbe, altresì, gli sforzi compiuti dagli enti interessati per lo sblocco dell’iter di funzionamento dell'impianto di depurazione di Vietri Sul Mare, un importante traguardo per il miglioramento della qualità dell'ambiente e dell'immagine della costiera amalfitana che porta un benefico effetto per tutta l'economia che ruota attorno alla risorsa mare –:
di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e, in particolare, se risulti agli atti il motivo per cui sussistano morosità nei confronti di Enel risalenti alla gestione del Commissario straordinario di Governo;
quali iniziative di competenza si intendano assumere, anche in forza della partecipazione azionaria dello Stato in Enel, ai fini della positiva soluzione della vicenda che rischia di determinare, ove non affrontata immediatamente, il pesante inquinamento del tratto di mare della costiera amalfitana, dichiarato Patrimonio dell'umanità dall'Unesco. (4-00750)
GINATO, SBROLLINI e CRIMÌ. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
in data 16 maggio 2013 la regione Veneto e nello specifico numerosi comuni della provincia di Vicenza, tra i quali il comune capoluogo stesso, i comuni di Altavilla, Arcugnano, Brogliano, Cornedo, Montorso, Nanto, Trissino sono stati interessati da una nuova alluvione che ha colpito con precipitazioni eccezionali territori già piegati nel 2010 da una catastrofe di dimensioni certamente maggiori quanto a estensione ma altrettanto grave dal punto di vista della avversità atmosferica;
sono numerose le strade chiuse per frana, tra le quali la strada provinciale Fimon in comune di Arcugnano, la strada provinciale Ulivi in comune di Nanto, la strada provinciale Montorsina in comune di Montorso, la strada comunale per la contrada Gobbi Bassi dove quattro famiglie sono rimaste isolate. Ci sono state frane anche nei comuni di Trissino, Recoaro Terme e Brogliano. Si tratta di una situazione grave nel quadro della quale la provincia, i vigili del fuoco e venti squadre di protezione civile hanno affiancato i volontari dei comuni maggiormente colpiti per scongiurare un'esondazione piena ma che ha comunque registrato allagamenti in alcune aree del territorio e ingenti danni ad edifici, infrastrutture, attività produttive e all'agricoltura;
alla luce di questo ulteriore evento critico, la messa in sicurezza dell'area vicentina, che poggia sulla realizzazione dei bacini di laminazione a Caldogno e Trissino, deve avere una quantomai opportuna accelerazione (come definito dal piano straordinario di mitigazione della regione) –:
se siano al corrente di quanto sopra esposto; se intendano assumere ogni iniziativa di competenza, anche per il tramite della competente autorità di bacino, per garantire con urgenza la messa in sicurezza dei territori vicentini e veneti colpiti nuovamente da tali emergenze, in risposta alle numerose richieste di aiuto da parte dei sindaci stretti tra i vincoli del patto di stabilità, e per agevolare la realizzazione di opere necessarie, quali i bacini di laminazione. (4-00759)
L'ABBATE, SCAGLIUSI, D'AMBROSIO, TERZONI, PARENTELA, ZOLEZZI, BRESCIA, ZACCAGNINI, LUPO, GALLINELLA, SEGONI, GAGNARLI, MASSIMILIANO BERNINI, DE ROSA, FURNARI, PETRAROLI, CARIELLO, PINNA, SPADONI, NICOLA BIANCHI, SIBILIA, DI VITA, BARONI, LIUZZI, DE LORENZIS, LABRIOLA, DAGA, TOFALO, BENEDETTI, CRIPPA, PRODANI, DA VILLA, FANTINATI, MUCCI, RIZZETTO, CIPRINI, TRIPIEDI, COMINARDI, ROSTELLATO, BECHIS, BALDASSARRE, COLLETTI, COLONNESE, CARINELLI, SPESSOTTO, VIGNAROLI, DEL GROSSO, TACCONI, DI BATTISTA, MANLIO DI STEFANO, CRISTIAN IANNUZZI, CATALANO, DIENI, COZZOLINO, TONINELLI, BRUGNEROTTO, MANTERO, LOREFICE, GRILLO e DALL'OSSO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la discarica sita in Contrada Martucci, in agro di Conversano (Bari), nella zona denominata un tempo «Conca d'Oro» per la fertilità delle terre nonché nel territorio della «Denominazione di Origine Protetta dell'Olio extravergine di oliva Terra di Bari», è sorta nel 1982 sanando la propria posizione di «abusiva» o «incontrollata» grazie al decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 10 settembre 1982 ed alla contestuale attestazione del 5 agosto 1983 dell'allora sindaco di Conversano, l'onorevole Giuseppe Di Vagno, del suo esercizio in data antecedente all'entrata in vigore del suddetto decreto. L’iter autorizzativo si è concluso il 14 ottobre 1986 con l'intestazione della discarica alla neonata «Lombardi Ecologia S.r.l.». Nel novembre 1990 il sindaco di Conversano Luigi Fanelli emise ordinanza di chiusura della discarica, dopo accertamenti dell'UTC, a causa del completo esaurimento dei quattro ettari autorizzati, i cui ricorsi dei gestori furono rigettati dal TAR Puglia (sentenze del 21 novembre 1990 e del 6 marzo 1991) e dal Consiglio di Stato. Nonostante la protesta dell'intera cittadina, nel 1994 venne concessa l'apertura provvisoria della discarica Martucci (I lotto), gestita dalla suddetta Lombardi, concedendo l'apertura due anni dopo di un altro lotto (il III) a causa dell'emergenza del «ciclo dei rifiuti». Sino al marzo 2011, la discarica Martucci vedrà passare da 12 a 21 i comuni autorizzati al conferimento e gli iniziali 145.000 metri cubi («quanti ne può contenere il III Lotto Settore D» come recitava l'ordinanza del Governatore Raffaele Fitto) si moltiplicheranno grazie a sopralzi (fino a 10 metri sul livello di campagna, con assenza di capisaldi di riferimento...) e proroghe; complessivamente la discarica interessa oltre 20 ettari e finora ha ricevuto milioni di tonnellate di rifiuti provenienti da ogni dove (ad esempio, dalla Toscana, dall'Emilia Romagna, dalla Campania e altre) superando anche 1.000 tonnellate al giorno senza le dovute precauzioni previste dalla legge per lo smaltimento dei rifiuti in discarica;
la «Lombardi Ecologia S.r.l.» ha acquisito, negli anni, la proprietà dei suoli limitrofi alla discarica, dando il compito alla azienda «Fi.Lom. S.r.l.» (Fondiaria Immobiliare Lombardi) di realizzare o coltivare (sui campi non destinati nell'immediato ad accogliere i rifiuti) vigneti, ciliegeti, oliveti, campi di carciofi, patata, rape, peperoni e ortaggi vari. Dalle indagini della procura di Bari in corso, ampiamente riprese dalla stampa locale e nazionale, è emerso tra l'altro che sotto alcuni dei suddetti vigneti sono stati interrati illegalmente rifiuti di ogni genere, come anche in cave abusive e abbandonate dell'agro della confinante Mola di Bari. Dalle stesse indagini e dal racconto di alcuni ex dipendenti della Lombardi Ecologia è emerso inoltre che i campi limitrofi alla discarica venivano innaffiati attraverso un sistema di pompe sommerse e tubature, come testimoniano documenti fotografici e video, con l'enorme quantità di percolato che si accumulava durante l'esercizio della discarica, tanto da aver creato due «laghi» ai lati del I lotto di esercizio. I prodotti ortofrutticoli ottenuti, nonché l'olio extravergine di oliva, venivano poi immessi sul mercato o regalati;
i comuni di Mola e Conversano hanno emanato ordinanza per la caratterizzazione e la bonifica dei siti utilizzati dalla Lombardi Ecologia per lo smaltimento illegale di rifiuti solidi urbani e speciali, nonché pericolosi, ma la stessa ditta non ha provveduto ed ha presentato ricorso al TAR;
la sentenza del TAR Puglia, depositata il 7 ottobre 2010, ha dato ragione ai comuni di Conversano e Mola annullando l'ordinanza del presidente della provincia di Bari n. 1 del 29 giugno 2010, l'ordinanza del presidente della provincia di Bari n. 1 del 6 agosto 2010, nonché i pareri dell'ARPA Puglia e della A.S.L. Bari da essa presupposti e richiamati e condannando alle spese processuali regione, provincia, ASL Bari, ARPA Puglia e Lombardi Ecologia. Per l'organo della giustizia amministrativa regionale, infatti, è evidente che «la scelta di consentire ulteriori conferimenti nella già satura discarica di Conversano abbia costituito non la scelta obbligata sibbene la scelta più comoda, quella più semplice da seguire, ma anche la conseguenza di una imprudente sottovalutazione dei rischi connessi al contenzioso pendente». E il parere reso da ASL e ARPA alla provincia di Bari, e che ha portato al sopralzo, è stato sommario e nel caso della ASL addirittura immotivato. Il 14 ottobre 2010, il Consiglio di Stato ha disposto la sospensiva della sentenza fino al 26 ottobre 2010 perché la regione Puglia aveva impugnato la sentenza del TAR. Il 26 ottobre 2010, il Consiglio di Stato confermò la sospensione della sentenza del TAR sulla chiusura del III Lotto e, quindi, ne confermò la riapertura, fissando la trattazione del merito al 31 maggio 2011, in pubblica udienza: udienza che non fu mai tenuta perché, intanto, il 31 marzo 2011 il III lotto fu chiuso perché ricolmo oltre il possibile, portando i rifiuti a raggiungere circa 10 metri di altezza oltre il livello di campagna;
il decreto n. 53 del Commissario delegato per l'emergenza in materia di rifiuti in Puglia Nichi Vendola del 26 maggio 2011 avente per oggetto «Affidamento del servizio di gestione del Sistema pubblico impiantistico complesso per RSU a servizio del bacino di utenza BA5 in agro di Conversano. Aggiudicazione definitiva. CIG 0860966B9B» (composto da centro per il materiale proveniente da raccolta differenziata, biostabilizzazione, produzione di CDR e discarica di servizio-soccorso), così come già avvenuto nel luglio 2006, e sempre «in considerazione dell'emergenza rifiuti», ha decretato che il servizio fosse aggiudicato definitivamente per una durata di 15 anni alla RTI «Lombardi Ecologia S.r.l.» e «CO.GE.AM. S.r.l.» (oggi Progetto Gestione Bacino Bari 5) nonché il corrispettivo economico del servizio;
il 30 maggio 2012, un anno dopo l'aggiudicazione della gara d'appalto, il commissario delegato Nichi Vendola e il RTI Lombardi Ecologia e Progetto Gestione Bacino Bari 5 hanno firmato il «contratto di affidamento del pubblico servizio» dell'impianto complesso di trattamento dei RSU. Il contratto prevede che «La tariffa di conferimento presso il Centro di Raccolta Differenziata verrà invece corrisposta dai Comuni conferenti in via esclusiva al Soggetto Gestore, e determinata tramite specifici accordi tra il soggetto gestore e i comuni conferenti medesimi» (articolo 6.4), mentre prima, nella bozza di contratto allegata alla gara d'appalto, l'attività del Centro (finanziato nel 1997, realizzato nel 2001 e mai entrato in funzione) era prevista «senza oneri per i Comuni», poiché la tariffa di 125,75 euro per tonnellata di rifiuti, alla quale è stata aggiudicata la gara, comprende tutti le fasi di trattamento dei rifiuti;
il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Bari, Annachiara Mastrorilli, ha disposto il sequestro preventivo senza facoltà d'uso delle vasche della suddetta discarica di servizio-soccorso dell'impianto complesso presente sempre in contrada Martucci. Il sito era già stato sottoposto a sequestro probatorio nell'ottobre 2012 con facoltà d'uso a una delle due vasche. L'esecuzione del decreto di sequestro penale preventivo ha condotti i carabinieri del NOE, i Carabinieri della stazione di Conversano, la guardia costiera sezione di PG ad apporre i sigilli. Nel fascicolo della procura di Bari risultano indagate 11 persone, tra tecnici e imprenditori delle aziende della RTI e funzionari della regione Puglia, a cui vengono contestati i reati di omissione di atti di ufficio, falso, frode nelle pubbliche forniture, truffa aggravata, diverse violazioni dell'articolo 256 decreto legislativo n. 152 del 2006 nonché del decreto legislativo n. 231 del 2001 inerente la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche;
risulta, tramite la testimonianza di un ex-dipendente della società di gestione della suddetta discarica, attraverso un'ampia documentazione audio/foto/video, intercettazioni telefoniche e riscontri documentali, la strutturale inidoneità morfologica del sito in contrada Martucci; la fraudolenta realizzazione delle vasche di soccorso all'impianto realizzate senza il previsto strato di argilla, le gravi lesioni al manto in HDPE della vecchia discarica; gli omessi controlli durante, le procedure di collaudo della nuova discarica nonché predisposizioni di campionatura ad hoc per ottenere risultati scientifici corrispondenti alla normativa; il conferimento di tipologie di rifiuti non autorizzati anche pericolosi e considerati «speciali» come batterie d'auto, pneumatici, reti frangivento e rifiuti ospedalieri e altro; la non corretta biostabilizzazione del rifiuto; la grave ed illecita situazione della vecchia discarica (contigua alla nuova) nella quale vi sono stati illeciti abbancamenti e dalla quale vi sono pericolose percolazioni ed emissione gassose derivante da fermentazioni tossiche;
l'azione di denuncia è stata condotta attraverso testate giornalistiche locali che hanno raccolto la testimonianza di un ex-dipendente della discarica e tramite l'azione dei comitati di cittadini nati spontaneamente sul territorio («Riprendiamoci il Futuro» e «Chiudiamo la Discarica Martucci»);
la soluzione per tutelare la salute dei cittadini e l'ambiente, nonostante la bassa percentuale di raccolta differenziata raggiunta in Puglia, non è tanto meno riscontrabile nella creazione di ulteriori inceneritori bensì è quella di incentivare le iniziative per promuovere la riduzione della produzione dei rifiuti e la raccolta differenziata sull'esempio dei comuni di Rutigliano e Cellamare (Bari), comuni dell'ex-ATO Bari 5, che hanno superato il 70 per cento di raccolta differenziata –:
se i Ministri interrogati intendano, nell'ambito delle proprie funzioni, far inserire d'urgenza la megadiscarica di Contrada Martucci fra i siti da bonificare di interesse nazionale sotto la responsabilità del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, soprattutto per quel che concerne il primo lotto chiuso nel 1996 ed il terzo lotto chiuso nel 2011 e da allora non più competenza della regione Puglia che ne ha declinato le responsabilità;
se il Ministero competente possa riscontrare, qualora la Magistratura accertasse i reati di cui al sequestro preventivo ordinato dal gip del tribunale di Bari Annachiara Mastrorilli, attraverso i dovuti controlli degli organi di vigilanza, la possibilità di procedere ai sensi dell'articolo 311 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sia per i reati al vaglio della magistratura sia per l'avvelenamento comprovato dall'utilizzo del percolato per la coltivazione dei prodotti agroalimentari sui suoli contigui alla medesima discarica;
se i Ministri interrogati intendano, nell'ambito delle proprie funzioni ed ai sensi dell'articolo 304 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, dare disposizioni al fine di mettere in sicurezza i campi coltivati nelle aree interessate dallo smaltimento illegale e incontrollato avvenuto in passato in agro di Conversano e Mola di Bari;
se i Ministri interrogati intendono, nell'ambito delle proprie funzioni, ordinare alla società di gestione della discarica, ai sensi dell'articolo 304 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, di dare corso agli adempimenti previsti dall'AIA per la gestione post-chiusura del III lotto della discarica di contrada Martucci, nonostante essa sia stata chiusa oltre due anni fa;
se i Ministri interrogati intendano, nell'ambito delle proprie funzioni, attivarsi presso l'Istituto Superiore della Sanità, rendendone partecipi i cittadini, affinché vi siano definite, brevi e certe tempistiche per ottenere l'aggiornamento dei dati epidemiologici fermi al periodo 2000-2005 pubblicati nel 2006 dall'OER (Osservatorio epidemiologico regionale) della Puglia ed utilizzati dall'ARPA Puglia, nella missiva inviata ai sindaci dei comuni di Conversano e Mola di Bari (Bari) l'11 gennaio 2013, per dichiarare che «non c’è, allo stato, evidenza che la situazione epidemiologica [...] sia conseguenza della presenza del sito di smaltimento», con obiettivo ultimo quello di dare avvio ad uno studio epidemiologico approfondito e dettagliato;
se risulta al Ministero competente che i lotti già chiusi della discarica Martucci siano stati oggetto di interventi di bonifica e ripristino ambientale previsti dal testo unico ambientale di cui al decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006;
se i Ministri interrogati intendano, nell'ambito delle proprie funzioni, al fine di tutelare la salute degli agricoltori e dei cittadini, assumere iniziative per un dettagliato studio idrogeologico di settore, propedeutico alla individuazione dei pozzi spia per il prelevamento dei campioni da esaminare delle falde acquifere visti i dubbi emersi, dalla medesima indagine, condotti dall'ARPA e per delimitare i suoli agricoli così da tutelare l'intero comparto agricolo della zona, motore dell'economia locale. (4-00762)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI
Interrogazione a risposta orale:
ANTIMO CESARO. — Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
attualmente la Reggia di Caserta, monumento vanvitelliano proclamato patrimonio dell'umanità dall'UNESCO, ospitante nei suoi ambienti personale del Ministero per i beni e le attività culturali dell'aeronautica militare e reparti dei NAS e dei ROS, versa in condizioni di degrado. Sebbene l'ultimo restauro risalga all'anno 2006, nei mesi scorsi si sono verificati crolli alle facciate esterne, ai cortili interni e negli appartamenti reali, in seguito ai quali si è reso necessario transennare le aree interessate; in forza di ciò è stato prevista una spesa di 22 milioni di euro utile ad un imminente e fondamentale recupero della Reggia, di cui, al momento, solo 9,3 milioni di euro risulterebbero in corso di erogazione;
i cortili interni e vari ambienti del monumento vedono presenti venditori abusivi che, sfuggendo ai controlli dei custodi, «assalgono» i turisti e deturpano il decoro degli ambienti;
la sicurezza del sito risulta assai carente, esponendo al pericolo di sottrazioni o di atti di vandalismo le collezioni e, come l'interrogante ha potuto verificare personalmente in un recente sopralluogo, non è garantita l'efficienza del sistema antincendio e certamente quella del sistema antifulmine, stante il recente furto dell'intero reticolo di rame costituente la gabbia di Faraday dai tetti della Reggia –:
quali iniziative urgenti intendano porre in essere – viste le inaccettabili condizioni del monumento – per l'effettiva erogazione dei 9,3 milioni di euro utili all'inizio dei lavori di restauro – anche accelerando le procedure di gara –, quali siano le modalità e i tempi per rendere disponibili le ulteriori risorse necessarie;
quali iniziative si intendano assumere per eliminare definitivamente spiacevoli situazioni – spesso anche violente – causate dalla presenza dei venditori abusivi;
quali iniziative si intendano adottare per garantire la sicurezza dei visitatori, quella dello stabile e quella del patrimonio artistico custodito nella Reggia di Caserta. (3-00104)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
CARRA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
com’è noto, il Palazzo Ducale di Mantova appartiene al demanio dello Stato e, in conseguenza degli eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012, versa in una situazione preoccupante;
il Palazzo Ducale ha subito ingenti danni alle torri del Castello di San Giorgio, alla bellissima Sala di Manto in Cortenuova, nonché all'Appartamento cosiddetto della Rustica. Si tratta di ambienti di particolare valore e prestigio storico artistico, ormai inaccessibili ai visitatori per ragioni di sicurezza. Tra questi, la cosiddetta Camera degli Sposi di Andrea Mantegna, uno dei capolavori assoluti del Rinascimento italiano, che pur non avendo subito gravi danni, non è comunque raggiungibile. Il percorso infatti attraversa una delle quattro torri del Castello fortemente lesionata dal sisma;
si apprende che la locale soprintendenza per il patrimonio storico artistico ha predisposto un progetto di intervento finalizzato al restauro delle parti di Palazzo Ducale danneggiate, nonché al consolidamento delle strutture dello stesso Palazzo più a rischio quale misura preventiva antisismica;
tale progetto, del costo previsto di 5 milioni di euro, è stato inviato al CIPE per il finanziamento, ma a tutt'oggi non si conosce l'esito di tale richiesta. Con tutta evidenza trattasi di un'opera pubblica di rilevantissimo valore culturale nonché meta di visitatori provenienti da ogni parte del mondo. Un «biglietto da visita dell'Italia» rappresentato da un bene dello Stato il cui restauro assume valore prioritario –:
se sia al corrente di tale situazione e quali interventi intenda mettere in atto per affrontare e risolvere questo delicato problema. (5-00276)
PETITTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
secondo l'UNWTO, il 2012 è stato l'anno in cui, per la prima volta nella storia, il turismo internazionale ha superato quota un miliardo di arrivi nel mondo (1 miliardo e 35 milioni), secondo l'agenzia ONU gli arrivi internazionali sono stati complessivamente il 3,8 per cento in più rispetto al 2011;
si tratta di un trend che contraddistingue il settore da diversi anni, la crescita è stata più forte nelle economie emergenti (+4,1 per cento) che in quelle avanzate (+3,6 per cento);
l'incertezza economica globale non ha fermato la crescita del turismo internazionale, che ha mostrato la sua capacità di adattamento alle mutevoli condizioni del mercato e, benché a un tasso inferiore, ci si aspetta un'ulteriore espansione del settore nel 2013;
l'Europa rimane di gran lunga il continente con il più alto numero di turisti al mondo e, nonostante, le difficoltà dell'Eurozona, ha registrato una crescita degli arrivi internazionali pari al 3,3 per cento, risultato da considerarsi positivo per una destinazione matura;
al contrario, l'Italia secondo i dati dell'Osservatorio nazionale del turismo, nel 2012 ha perso lo 0,1 per cento di arrivi e lo 0,7 per cento di presenze di turisti internazionali;
molto più pesante il calo sul fronte interno –9,9 per cento gli arrivi e –11,2 per cento le presenze di turisti italiani;
nonostante la continua perdita di quote di mercato, secondo il World Travel & Tourism Council (WTTC) il contributo diretto del turismo italiano al prodotto interno lordo, nel 2012, è stato pari a 63,8 miliardi di euro (4,1 per cento del totale), mentre il contributo diretto e indiretto si è attestato a 161,2 miliardi di euro (10,3 per cento del totale);
il contributo diretto del turismo italiano all'occupazione è stato nel 2012 di circa un milione e 100 occupati (4,8 per cento), 2 milioni e 681 mila se si considera anche l'occupazione indiretta (11,7 per cento);
se i flussi turistici internazionali crescono e quelli diretti verso l'Italia diminuiscono, c’è con tutta evidenza qualcosa che non funziona nel sistema Paese, la verità è che il turismo non è ancora considerato un settore economico degno di un'attenzione seria e continuativa ed è stato incredibilmente trascurato da tutti i Governi che si sono succeduti;
la novità costituita dalla nuova collocazione del settore all'interno del Ministero per i beni e le attività culturali, con un ulteriore cambiamento nella governance del turismo italiano, può aprire nuove prospettive se tale modifica non finirà con il rendere, ancora una volta, il turismo italiano del tutto residuale all'interno delle politiche di sviluppo del Paese, come è sempre avvenuto in passato;
qualora, invece, la collocazione dell'incarico sulla cultura fosse sfruttata per un rilancio effettivo di immagine e di politiche di sviluppo a livello planetario, si sarebbe forse di fronte a una vera svolta;
secondo la Banca d'Italia, infatti, il turismo culturale contribuisce in misura rilevante ai flussi di viaggiatori stranieri in Italia, pesando per circa un quarto sulla domanda estera complessiva di soggiorno e per quasi la metà su quella relativa ai soli viaggi per vacanza, poiché la spesa pro capite dei turisti interessati alle proposte culturali è più elevata della media, il loro contributo risulta anche maggiore in termini di risorse finanziarie;
il saldo positivo tra entrate e uscite relative al turismo culturale è di circa 6 miliardi di euro l'anno, oltre la metà dell'attivo turistico complessivo;
il confronto internazionale suggerisce l'esistenza di ampi margini di miglioramento nella valorizzazione e nella fruizione del patrimonio artistico e culturale e nel rafforzamento delle attività gestionali e promozionali, al fine di incrementare velocemente le quote di mercato nel settore del turismo culturale, nel quale l'Italia potrebbe ambire a collocarsi al primo posto nel mondo;
l'ulteriore perdita di quote di mercato da parte del turismo italiano è un segnale molto negativo anche dentro la recessione che il Paese sta attraversando; se il turismo internazionale cresce nel mondo non c’è alcuna ragione perché l'Italia perda in competitività internazionale, mentre il mercato nazionale affonda;
le imprese turistiche italiane non possono vivere in solitudine questo momento difficile; a livello globale la maggior parte dei Paesi turistici e di quelli che intendono diventarlo, si organizzano, investendo risorse importanti per intercettare i flussi internazionali previsti in crescita di qui al 2020;
da molti anni non è più sufficiente chiamarsi Italia per vincere sul mercato globale, è necessaria una strategia nazionale forte, da realizzare d'intesa con le regioni, per il turismo internazionale, e si devono rafforzare gli strumenti che si hanno a disposizione per incentivare la domanda interna, in particolare per le fasce più deboli a cominciare da un nuovo ed efficiente sistema di buoni vacanze;
le politiche per il turismo del dopo referendum e riforma costituzionale si sono caratterizzate per le continue oscillazioni tra difesa delle competenze regionali e momenti di accentramento nazionale;
una delle poche novità positive è arrivata dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome che ha approvato nel 2010 un documento che rappresenta un valido punto di riferimento per realizzare le politiche nazionali necessarie per il rilancio del settore;
un documento che doveva servire ad evitare gli errori poi commessi con l'approvazione del codice del turismo, definito come una «riforma del settore», senza l'apporto delle regioni e delle organizzazioni di categoria, e successivamente bocciato ampiamente dalla Corte costituzionale;
se il Governo intende mettere mano alla governance del turismo, non è sufficiente il trasferimento delle competenze al Ministero per i beni e le attività culturali, debbono essere organizzate forme di coordinamento costanti tra i ministeri con deleghe che interessano il turismo, per redigere ed aggiornare annualmente il piano strategico nazionale per il turismo in condivisione con tutti i Ministri interessati e con le regioni, individuando le risorse necessarie per finanziarlo;
un progetto adeguato di rilancio del turismo deve ridare innanzitutto la giusta dignità all'Enit che vive da diverso tempo delle forti difficoltà; la promozione dell'immagine del nostro Paese non può più essere inquadrata come un'attività sganciata dalle altre iniziative promozionali e organizzative che a vario titolo si svolgono sul mercato internazionale;
la promozione turistica è in piena evoluzione nei concetti, nei criteri e negli strumenti: il modo tradizionale di fare promozione (brochure, fiere, campagne di advertising) non è più sufficiente, il rapporto diretto, on-line, sta rivoluzionando l'intero comparto, le parole chiave del web 2.0 sono interazione e partecipazione, le strategie promozionali devono tramutarsi, velocemente, in strategie di marketing web;
l'Enit-Agenzia ha innanzitutto un problema di risorse che il Governo deve risolvere, ma deve essere affrontata contestualmente la riforma radicale dell'Enit per realizzare una struttura specializzata, che riesca a interpretare i grandi cambiamenti del settore e dare risposte innovative nei mercati internazionali con politiche di promo-commercializzazione;
una struttura, in sostanza, che risponda esclusivamente a precisi indirizzi programmatici e che possa essere giudicata sulla base dei risultati operativi conseguiti, obiettivo che potrebbe essere realizzato da una società per azioni a maggioranza pubblica che coinvolga pienamente l'insieme di soggetti, di territori, di prodotti destinati a comporre un sistema sotto il «marchio Italia»;
la strategia del rilancio del turismo deve ripartire dal ruolo delle micro e piccole imprese che è decisivo per la crescita dell'economia italiana ma che hanno un bisogno vitale di superare le tante difficoltà di accesso al credito;
la disattenzione di questi anni verso il settore ha fatto maturare negli imprenditori turistici italiani la convinzione di uno Stato incapace di proporre politiche di sviluppo e di fornire strumenti di sostegno;
per continuare a essere una delle principali e più dinamiche attività economiche, il turismo deve uscire dalla marginalità politica in cui si trova per diventare un vero e proprio settore produttivo e imprenditoriale, incluso nelle scelte di politica economica del Paese, per realizzare interventi adeguati ed essere competitivi a livello internazionali;
è urgente riprendere l’iter del piano strategico nazionale che, migliorato nei contenuti e adattato alle esigenze delle regioni, può costituire un primo importante approccio sistemico al settore;
tra i vari problemi del settore c’è anche la disciplina normativa, modificata con il decreto legislativo 23 maggio 2011, n. 79 «codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, a norma dell'articolo 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246, nonché attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti di multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio», che è stato «falcidiato» dalla Corte Costituzionale;
a sollevare la questione alla Consulta erano quattro regioni, Puglia, Toscana, Umbria e Veneto: hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale di numerose norme contenute nel codice e la Corte, con sentenza n. 80 depositata il 5 aprile 2012, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del codice del turismo, riconoscendo che il turismo è materia esclusiva delle regioni e bocciando 19 articoli per eccesso di delega del Governo;
sono state cancellate anche le norme in materia di classificazione e standard qualitativi delle strutture ricettive, la disciplina delle agenzie di viaggio e del tour operator, le norme sui sistemi turistici locali e quelle sulla gestione dei reclami da parte del dipartimento del turismo;
è dunque urgente riformare, in accordo con le regioni, il codice prendendo l'occasione per risolvere alcune delle principali problematiche del settore rimaste inevase:
a) l'identificazione di una governance complessiva del turismo coordinata con la nuova collocazione del settore nel Ministero per i beni e le attività culturali;
b) la previsione di una conferenza permanente o di in tavolo interministeriale coordinato dal Ministro per stendere e aggiornare il piano strategico nazionale e verificarne l'attuazione;
c) la revisione dell'attuale «tassa di soggiorno» che ha prodotto scompensi sul territorio tra i comuni che l'hanno istituita e quelli che non l'hanno istituita;
d) la revisione e il finanziamento del sistema dei buoni vacanza;
e) la revisione del sistema dei visti, coinvolgendo l'ENIT oltre al Ministero degli affari esteri;
f) l'estensione del bonus per le ristrutturazioni e la riqualificazione energia anche agli immobili adibiti ad attività turistiche, finalizzandola anche alla sicurezza antincendio;
g) la revisione della disciplina delle guide turistiche;
h) la risoluzione del problema delle concessioni demaniali ad uso turistico-ricettivo, verificando con la Commissione europea la praticabilità di tutte le soluzioni emerse in questi anni dal confronto con le organizzazioni degli imprenditori;
i) mettere il turismo al centro del piano giovani per sviluppare occupazione qualificata;
l) è necessario rivedere l'organizzazione del sistema dei trasporti, puntando ad una maggiore integrazione orientata allo sviluppo del turismo;
la sfida del turismo, perno di un possibile rilancio della crescita del Paese si concentra in poche mosse che attengono, tutte, alla capacità del nostro Paese di fare squadra; migliorare il turismo significa migliorare il Paese, valorizzare le nostre straordinarie risorse, creare nuova occupazione –:
quali iniziative il Ministro intenda assumere per rilanciare il settore del turismo, sostenendone la crescita con iniziative normative e finanziarie adeguate.
(5-00282)
DIFESA
Interrogazione a risposta scritta:
CURRÒ, CANCELLERI, TURCO, D'UVA, GRILLO, NESCI, RIZZETTO, TACCONI, PRODANI, BARONI e MARZANA. — Al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il 14 maggio 2013, nel corso di una conferenza stampa, i legali dei sottufficiali dell'Arma Salvatore Fiducia e Saverio Masi denunciavano agli organi d'informazione gli ostacoli e le omissioni frapposte fra il 2001 ed il 2004 prima alla caccia al capomafia Bernardo Provenzano e poi, circa due anni fa, in relazione ad «un'indicazione affidabile» che faceva ritenere che si trovasse in Sicilia quello che viene considerato l'attuale reggente di Cosa nostra Matteo Messina Denaro;
queste circostanze sono state oggetto di denuncia alla Guardia di finanza di Palermo da parte del luogotenente Salvatore Fiducia, tale denuncia ha fatto seguito ad un esposto del maresciallo Saverio Masi;
i due militari dell'Arma hanno dichiarato che nell'eseguire le loro rispettive indagini, in servizio al comando provinciale di Palermo, le relazioni di servizio con le quali riferivano ai loro superiori siano state «ignorate e talvolta corrette, con sottrazioni di alcune parti»;
inoltre sia Masi che Fiducia riferiscono, per tramite dei loro legali, «di aver individuato casolari dove avrebbero potuto rifugiarsi i latitanti e anziché essere incoraggiati, sono stati stroncati»;
se quanto denunciato in premessa fosse vero si sarebbero verificati, nell'ambito dell'Arma, comportamenti che avrebbero contribuito alla compromissione di importanti indagini contro la criminalità organizzata, ivi compresa la cattura di pericolosissimi latitanti –:
se siano state avviate indagini in relazione ai fatti in premessa alla luce dell'esposto e della denuncia presentati;
quali iniziative intenda intraprendere, nel rispetto ed indipendentemente da eventuali indagini della magistratura, per accertare se nella catena di comando si siano verificate anomalie e per chiarire quanto descritto in premessa. (4-00754)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta scritta:
D'INCECCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la Banca d'Italia ha avviato un progetto di riorganizzazione della rete periferica dell'Istituto con la chiusura, nel biennio 2014-2015, di 23 delle 25 filiali specializzate nei servizi all'utenza e con la cancellazione delle 6 unità specializzate in attività di vigilanza. Tra le chiusure prospettate rientra anche la filiale di Pescara, specializzata nei servizi all'utenza;
la sede pescarese offre al pubblico servizi di tesoreria dello Stato per le province di Chieti e Pescara, il pagamento e l'emissione dei vaglia cambiari, il cambio delle banconote e delle monete, l'esame delle banconote sospettai falsità, le informazioni sui dati della centrale di allarme interbancaria, l'accesso ai dati della centrale dei rischi, gli esposti in materia di servizi bancari e finanziari, il ricorso all'arbitro bancario finanziario, la consultazione di documenti storici;
l'eventuale abbandono di Pescara comporterà la perdita di un prezioso punto di riferimento per gli importanti compiti svolti dalla filiale, anche grazie alla professionalità e alla disponibilità del personale, e per la fiducia di cui gode l'Istituto all'interno della comunità;
la chiusura della filiale del capoluogo adriatico determinerà non solo un sostanziale impoverimento del territorio in termini di servizi, con una pesante ricaduta anche sull'indotto, ma anche il ricorso a prestazioni fornite a pagamento da operatori privati con il conseguente aumento dei costi per le imprese;
si corre il rischio anche di privare il tratto di litorale adriatico, che va da Ancona a Bari, di filiali in grado di offrire servizi altamente specializzati e qualificati, visto che la sede di Foggia non è aperta al pubblico;
i lavoratori interessati dal riordino sono 34 e, nel giro di un anno, saranno spostati all'Aquila, dove ha sede la filiale regionale, con notevoli disagi dovuti alla distanza dal capoluogo regionale. I dipendenti corrono anche il rischio di essere trasferiti fuori regione in quanto la sede aquilana conta già 54 dipendenti. Questa situazione metterà dunque in crisi moltissime famiglie, che dovranno fare i conti con un pendolarismo extraregionale;
l'eventuale dismissione della sede pescarese in questo momento di profonda crisi economica, minerà la situazione di legalità legata alle questioni finanziarie e comporterà una perdita di potenziali posti di lavoro;
l'obiettivo della ristrutturazione è legato ad un'analisi dei costi, ma questi non verranno abbattuti. Inoltre, la Banca d'Italia gode di buona salute: nel 2011 si contano utili pari a un miliardo e 130 milioni di euro. Rinunciando alla sua presenza sul territorio Bankitalia rinuncia anche a rilanciare e a sostenere lo sviluppo delle economie locali –:
quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda intraprendere per salvaguardare gli attuali livelli occupazionali, con particolare riferimento alla zona di Pescara. (4-00755)
GUERRA e BRAGA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il comune di Campione d'Italia, essendo interamente circondato da territorio elvetico pur facendo parte della provincia di Como e quindi della Repubblica italiana, presenta una collocazione geografica peculiare: ritenuto anche dalla normativa comunitaria extra-doganale, esso ricade in una zona considerata area doganale di riferimento della Confederazione Elvetica e, a seguito di ciò, la moneta utilizzata dai suoi abitanti per le transazioni è il franco svizzero, valuta utilizzata anche per la stesura del bilancio comunale;
il comune di Campione d'Italia, per le sue peculiarità di exclave interamente in territorio svizzero vive così, da comune che ha deliberato il ricorso alla procedura ex articolo 243-bis del decreto legislativo n. 267 del 2000, una condizione del tutto particolare avendo nel suo bilancio spese correnti non riconducibili a quelle relative alle funzioni proprie di un comune, bensì riferibili a competenze, funzioni e attività statali nonché ai rapporti con la Confederazione Elvetica regolati da specifici accordi;
tale condizione produce gravi effetti distorsivi sui meccanismi di definizione degli obiettivi del patto di stabilità, determinandone un notevole sovradimensionamento rispetto alle effettive possibilità di manovra della spesa da parte del comune;
la posizione di exclave italiana ha indotto il Governo, fin dal 1933, ad autorizzare l'apertura di una casa da gioco per consentire il finanziamento del bilancio comunale. Il comune, con la quota di proventi in franchi svizzeri di sua spettanza, può dare copertura finanziaria alle spese istituzionali dell'ente territoriale e soprattutto alle particolari misure a favore dei suoi cittadini richieste dall'interclusione territoriale del comune;
da sempre il legislatore ha determinato l'entità di tale contributo in franchi svizzeri sui proventi della casa da gioco con il solo fine di assicurare al comune di Campione d'Italia l'adeguatezza dei mezzi finanziari per fronteggiare una situazione del tutto particolare, che non può essere confrontata con altre realtà similari per entità demografica od estensione territoriale;
la quota di proventi di spettanza del comune, fino ad oggi determinata dalla legge, serve non solo a finanziare attività peculiari in ambito istituzionale dell'ente, ma anche altri servizi pubblici delegati al comune di Campione d'Italia che, nel resto del Paese, sono di esclusiva competenza di autorità centrali. Tra le prime si evidenziano:
a) costo dei dipendenti del servizio speciale di controllo comunale operanti all'interno del casinò al fine di garantire la regolarità dei giochi ai tavoli e tutelare gli interessi degli enti pubblici beneficiari dei proventi in base alla vigente legge (comune di Campione d'Italia, provincia di Como, provincia di Lecco, provincia di Varese e Ministero dell'interno);
b) integrazione dei trattamenti pensionistici previsti dalla normativa statutaria e regolamentare vigente a livello comunale (onde consentire ai pensionati di poter sostenere il maggior costo dell'economia svizzera);
c) contributo al Canton Ticino per i servizi essenziali (strade, trasporti, scuola superiore) resi alla comunità campione se in base alla «Dichiarazione di cooperazione tra Repubblica e Canton Ticino e il Comune di Campione d'Italia» firmata tra i due enti;
tra i servizi di competenza statale, si indicano:
a) l'erogazione dell'assegno di confine ai dipendenti statali (insegnanti e carabinieri) residenti sul territorio;
b) il pagamento dell'indennità di trasferta al personale della scuola elementare e media non residente;
c) la spesa per il complessivo funzionamento dell'ufficio postale, presso il quale opera personale dipendente del comune;
tali voci di spesa in franchi svizzeri, presenti solo nel bilancio del comune di Campione d'Italia, sono ragguardevoli e tipicizzate ed i fondi per farvi fronte sono depositati presso la tesoreria comunale su specifico conto corrente bancario in franchi svizzeri e restano al di fuori del sistema della tesoreria unica;
a seguito della significativa contrazione dei proventi della Casa da gioco dovuta sia al mutato mercato del gioco in Italia, che all'indebolimento dell'euro contro il franco svizzero, l'ammontare del contributo versato dalla Casa da gioco al comune di Campione d'Italia è stato fortemente ridotto e conseguentemente il consiglio comunale si è visto costretto a deliberare con atto n. 3 del 29 gennaio 2013 un piano di riequilibrio pluriennale ex articolo 243-bis del decreto legislativo n. 267 del 2000;
l'applicazione in tale situazione della normativa in materia di patto di stabilità a decorrere dal 1o gennaio 2013 è così completamente insostenibile e ingestibile da parte del comune di Campione d'Italia, determinando anche l'impossibilità di attuare o anche adeguare ragionevolmente il piano di riequilibrio approvato, con relative conseguenze in ordine al pagamento di debiti alle imprese;
nel corso dell'esame presso la Camera del decreto-legge n. 35 del 2013, il Governo ha accolto l'ordine del giorno 9/00676-A/008 a firma dei deputati Braga, Guerra, Bobba, che impegna l'esecutivo ad adottare, entro il termine per l'approvazione del bilancio di previsione dei comuni, gli opportuni provvedimenti, anche di natura interpretativa, al fine di individuare specifici criteri di calcolo dei saldi rilevanti ai fini del rispetto del patto di stabilità interno per il comune di Campione d'Italia, in considerazione della sua eccezionale condizione di extraterritorialità, della conseguente peculiarità delle funzioni ed attività svolte, della particolarità delle risorse e delle spese in franchi svizzeri proprie del bilancio dell'ente, definendo una base di calcolo a cui applicare il coefficiente di legge per individuare il cosiddetto saldo obiettivo costituito solamente dalle spese correnti del triennio 2007/2009 strettamente legate allo svolgimento delle funzioni tipicamente comunali dedotte, dunque, tutte quelle spese in franchi svizzeri di cui l'amministrazione comunale si fa carico a motivo della propria particolare collocazione geografica di exclave –:
al fine dell'adempimento dell'impegno assunto in accoglimento del citato ordine del giorno, quali specifiche iniziative e, con quale tempistica, il Governo intenda assumere, al fine di definire un distinto metodo di computo dei saldi rilevanti per il rispetto del patto di stabilità interno del comune di Campione d'Italia, definendo conseguentemente una base di calcolo a cui applicare il coefficiente di legge per individuare il saldo obiettivo costituito solamente dalle spese correnti del triennio 2007/2009 legate strettamente alle funzioni tipicamente comunali e dunque, al netto di tutte quelle spese in franchi svizzeri di cui il comune di Campione d'Italia si fa carico a motivo della propria particolare collocazione geografica. (4-00757)
PISANO e TOFALO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95 (S.O. n. 141 Gazzetta Ufficiale 6 luglio 2012 n. 156), recante «Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario», dispone che «Nei confronti delle società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che abbiano conseguito nell'anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento dell'intero fatturato, si procede, alternativamente:
a) allo scioglimento della società entro il 31 dicembre 2013;
b) all'alienazione, con procedure di evidenza pubblica, delle partecipazioni detenute alla data di entrata in vigore del presente decreto entro il 30 giugno 2013 ed alla contestuale assegnazione del servizio per cinque anni, non rinnovabili, (3) a decorrere dal 1o gennaio 2014»;
in conformità a tale disposizione, il comune di Salerno, sulla base della delibera di giunta n. 49 dell'8 marzo 2013, ha avviato, mediante avviso pubblico del 12 marzo 2013, la raccolta di manifestazioni di interesse da parte di soggetti pubblici e privati all'acquisto delle quote di capitale di società partecipate, elencandole per ragione o denominazione sociale, partita IVA, REA, capitale posseduto e oggetto sociale;
tra le società ricomprese nell'avviso pubblico, le cui partecipazioni il Comune intende alienare, figura anche la «Centrale del Latte di Salerno Spa», azienda di produzione e commercializzazione di latte fresco e derivati, che, per difetto della qualità di ente strumentale del comune di Salerno, di oggetto sociale (cessioni di beni e non prestazioni di servizi) nonché di fatturato, non risulta destinataria passiva delle disposizioni portate dal decreto-legge n. 95 del 2012;
l'inclusione della «Centrale del Latte di Salerno Spa» nell'avviso pubblico costituisce l'esito, incongruo e non motivato, di un processo decisionale sottratto alla competenza istituzionale del consiglio comunale in violazione dell'articolo 42, lettera e), decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL);
la «Centrale del Latte di Salerno Spa», la sola ad aver ricevuto manifestazioni di interesse, è altresì l'unica società partecipata ad essere in attivo ed a rappresentare, in completa contrapposizione rispetto a tutte le altre aziende partecipate – i cui bilanci espongono allarmanti situazioni finanziarie – una fonte continua di finanziamento per il comune di Salerno, così come dimostrato dalla annuale percezione di utili da parte dello stesso ente subregionale;
il procuratore generale aggiunto presso la Corte dei conti, nel giudizio sul Rendiconto generale dello Stato (esercizio 2010) in data 28 giugno 2011 ha testualmente affermato che occorre sottoporre a severo scrutinio i rapporti «... tra le autonomie locali e gli organismi da esse partecipati, che possono nascondere situazioni debitorie o modalità di indebitamento in funzione del patto di stabilità, i cui effetti possono produrre squilibri di bilancio nascosti» –:
se, a preminente tutela degli interessi pubblici nonché dei lavoratori della «Centrale del Latte di Salerno Spa», non intenda acquisire elementi di conoscenza con riferimento a quanto rappresentato in premessa, anche per il tramite dei servizi ispettivi di finanza pubblica, considerata la gravissima situazione di bilancio del comune di Salerno e della quasi totalità delle sue partecipate. (4-00760)
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta scritta:
GINATO e SBROLLINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la situazione di emergenza dell'organico del tribunale di Vicenza è tale da compromettere il funzionamento in tempi congrui della giustizia locale. Secondo dati elaborati da Confindustria Vicenza, il carico di pratiche è stimato in 1300 fascicoli in capo a ciascun giudice, il 160 per cento in più di quanto previsto dai criteri di buona amministrazione stabiliti dalla magistratura;
il tutto pesa sui due soli giudici deputati alle controversie in materia di lavoro e, più in generale, su un organico scarno. Nella provincia di Vicenza il rapporto magistrato numero di abitanti si riduce infatti ad un giudice ogni 23.000 vicentini, anziché uno ogni 11.000 quale sarebbe una distribuzione corretta, con le inevitabili criticità e lungaggini che finiscono per gravare su cittadini ed imprese;
a peggiorare tale situazione, si aggiungono le preoccupazioni relative alle sorti del tribunale di Bassano del Grappa, il cui assorbimento nella struttura di Vicenza desta non poche perplessità, anche e non secondariamente in considerazione delle carenze sopra evidenziate che verrebbero ulteriormente ad aggravarsi –:
in che modo intenda procedere, per quanto di competenza, per invertire una pericolosa tendenza che vede il capoluogo berico, il cui sistema produttivo, industriale ed economico si colloca tra i più importanti d'Italia, piegato dalla lunghezza dei tempi per le udienze e dalla sfiducia delle imprese, disincentivate ad assumere di fronte ad intoppi e difficoltà giudiziarie che vanno in direzione opposta rispetto agli obiettivi di semplificazione normativa, tutela del lavoro e sviluppo ora più che mai necessari al tessuto produttivo del Paese e del vicentino in modo particolare. (4-00746)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta orale:
DONATI, BOSCHI, ERMINI, BONIFAZI, BIFFONI e FANUCCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
in virtù della sua posizione strategica, la stazione di Arezzo è utilizzata da persone provenienti da tutta la provincia ed anche dalle province limitrofe, servendo un territorio di grandissima rilevanza economica e culturale;
da molti anni il servizio ferroviario di alta velocità per Roma è garantito, soltanto in andata, dall'Eurostar delle 07:25;
dal 2011, in particolare, il servizio ferroviario di alta velocità non viene più garantito al ritorno da Roma, dal momento che l'orario non prevede alcun Eurostar che fermi ad Arezzo provenendo dalla capitale;
le circostanze sopra riportate sono causa di un complessivo danno al sistema economico del territorio, rendendo Arezzo difficilmente raggiungibile;
ogni mattina molti pendolari si muovono in treno da Arezzo verso Roma per motivi di lavoro e di studio, facendo ritorno a casa nella stessa giornata;
i pendolari abbonati all'alta velocità nella tratta Arezzo-Roma subiscono un danno considerevole in termini economici, poiché acquistano un costoso abbonamento mensile, pur avendo la garanzia del servizio soltanto in andata;
i treni utilizzati dai pendolari aretini da e verso Roma vedono di anno in anno aumentare i tempi di percorrenza e i costi di abbonamento –:
se il Ministro intenda acquisire elementi in merito alla possibilità che il servizio di Alta Velocità sia all'andata che al ritorno da Roma possa fare una fermata ad Arezzo quanto meno con una coppia di treni. (3-00105)
Interrogazione a risposta in Commissione:
BURTONE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
lungo la strada statale 407 Basentana e precisamente al chilometro 4 in prossimità dello svincolo per Vaglio Basilicata è stato segnalato il cattivo stato di salute del viadotto «Molino»;
si tratta di un viadotto di circa 700 metri, composto da 25 campate; ad occhio nudo sono riscontrabili l'usura della struttura con degradazione del calcestruzzo, il ferro visibile e ossidato, lesioni tra le congiunture;
sempre lungo la stessa arteria al chilometro 12 un movimento franoso che si è sviluppato ad inizio degli anni 2000 ha creato di fatto una ostruzione del fiume, creando un ristagno notevole con il livello dell'acqua che cresce inesorabilmente ad ogni precipitazione;
anche in questo caso andrebbe controllata la salute della struttura viaria;
la Basentana è la strada di collegamento principale che attraversa la Lucania e collega la A3 con la E90 Jonica;
il suo collassamento rappresenterebbe il completo isolamento non solo della Basilicata ma dell'intero Mezzogiorno peninsulare –:
se e quali iniziative il Governo intenda adottare per verificare con l'Anas quanto esposto in premessa e adottare i necessari interventi al fine di evitare guai ben più gravi soprattutto in relazione alla sicurezza degli automobilisti che la percorrono. (5-00279)
Interrogazioni a risposta scritta:
BORGHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
si fa riferimento allo stato di inattività che perdura da quasi un anno del cantiere allestito dalla ditta CO.GE.S srl di San Felice sul Panaro (Monza) aggiudicataria dell'appalto dei lavori di realizzazione del nuovo Ponte Silogno di Baceno, nel tratto compreso tra il chilometro 12+800 e il chilometro 13+600 della superstrada 659;
la prima approvazione di uno studio di fattibilità condiviso con l'amministrazione comunale risale addirittura all'anno 2000; l'approvazione del progetto definitivo risale al 2006 e che l'avvio dei lavori è avvenuto nell'ottobre 2011;
nell'ultima comunicazione scritta, risalente al dicembre 2012, la committente ANAS ha imputato il rallentamento dei lavori ad alcune necessità tecniche di modifica del progetto esecutivo emerse in corso d'opera, nonché ad una situazione di criticità dell'impresa sopraggiunta a seguito degli eventi sismici in Emilia Romagna del maggio 2012 che hanno comportato la concessione di una proroga di 6 mesi dei lavori, inizialmente previsti per 820 giorni, pari a 27 mesi;
il termine ultimo, comprensivo delle modifiche previste dalla perizia di variante per le modifiche nonché della proroga di cui sopra, è firmato nella primavera 2014;
va constatato il perdurare dello stato di abbandono del cantiere da parte dell'impresa aggiudicataria e le rare apparizioni del personale ANAS presso il medesimo –:
se gli uffici del Ministero siano in possesso di comunicazioni o informazioni utili a comprendere le motivazioni del perdurare di questa sospensione dei lavori;
se non ritenga il Ministro di intraprendere le iniziative in suo potere al fine di sollecitare la committente ANAS alla ripresa dei lavori, tenuto conto che le condizioni di degrado in cui versa l'area di cantiere, in assenza di un'attività dello stesso che ne giustifichi il disagio temporaneo, si traducono altresì in un pessimo biglietto da visita per l'intera collettività nell'imminente avvio della stagione turistica estiva. (4-00742)
IACONO e CAPODICASA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nella giornata di venerdì 31 maggio 2013 un tragico incidente d'auto ha funestato l'intera comunità agrigentina, stroncando la vita di un giovanissimo studente universitario di Burgio, Alessio Spitaleri di appena 30 anni, volato giù dal viadotto «Carabollace» con la sua auto, da un'altezza di 30 metri, morto sul colpo a causa dello schianto incredibilmente violento che non gli ha lasciato scampo;
si tratta di un tragico evento, l'ennesimo di una serie interminabile di lutti, tutti incredibilmente simili fra loro, il secondo a distanza di appena due anni, allorquando il 27 aprile 2011, la giovane insegnante Maria Presti di Sciacca perse la vita volando dallo stesso ponte, sempre a causa dell'assenza pressoché totale di misure di sicurezza a tutela della vita stessa dei numerosissimi automobilisti, che quotidianamente lo attraversano, in considerazione del fatto che si tratta dell'unica arteria di collegamento dell'intera provincia di Agrigento;
anche allora innumerevoli furono le manifestazioni d'indignazione e le sollecitazioni nei riguardi dell'ANAS, che a tutt'oggi non ha effettuato corposi interventi di manutenzione e di messa in sicurezza della strada statale n. 115, specie nel tratto che da Sciacca conduce a Ribera, a cominciare dall'installazione di serie misure protettive del ponte, in sostituzione di quei pochi e del tutto inadeguati tubi di ferro, lasciati per decenni ad unica protezione di un viadotto che, non a caso, è stato teatro di tragedie, che oggi puntualmente si ripetono;
il tratto di strada della 115, in corrispondenza con il suddetto ponte «Carabollace», è un'arteria stradale inadeguata ed insicura, come drammaticamente testimoniato dai numerosi incidenti stradali, che in molti casi, hanno avuto conseguenze drammatiche;
da diversi anni non è più in grado di sostenere la quantità di traffico veicolare che ogni giorno si riversa su questo tratto di strada;
il ponte «Carabollace» oggi risulta essere assolutamente privo delle misure di sicurezza, idonee ad una struttura d'incredibile altezza; i guard-rail posti ai lati dell'arteria stradale, infatti, risalgono agli anni Sessanta e Settanta, e pertanto risultano non conformi alla normativa vigente in materia di sicurezza stradale; assolutamente inesistenti sono le barriere di limitazione della velocità –:
quali progetti vi siano in corso di realizzazione per rendere sicura la percorribilità del ponte Carobollace;
se l'ANAS abbia già provveduto all'avvio dell’iter per la sostituzione dei guard-rail, con strumenti di prevenzione e sicurezza adeguati alla vigente normativa sulla sicurezza stradale;
quali siano i tempi necessari per l'installazione di nuove misure di sicurezza. (4-00747)
INTEGRAZIONE
Interrogazione a risposta in Commissione:
GINEFRA. — Al Ministro per l'integrazione, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo riconosce il diritto d'asilo all'articolo 14 come diritto di cercare e di godere in altri paesi asilo dalle persecuzioni, non invocabile, però, da chi sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai princìpi delle Nazioni unite;
hanno dunque diritto di asilo i «rifugiati». Quello di «rifugiato» è uno status riconosciuto, secondo il diritto internazionale (articolo 1 della Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 1951), a chiunque si trovi al di fuori del proprio paese e non possa ritornarvi a causa del fondato timore di subire violenze o persecuzioni. Il riconoscimento di tale status giuridico è attuato dai governi che hanno firmato specifici accordi con le Nazioni Unite, o dall'UNHCR secondo la definizione contenuta nel proprio statuto;
da quanto si apprende da servizi giornalistici, sull'edizione regionale pugliese del quotidiano La Repubblica nel numero del 5 giugno 2013 «il sistema di accoglienza» sarebbe «al collasso, non» vi sarebbero «più posti per inserire richiedenti asilo e sono molti anche i rifugiati che si trovano esclusi»;
questa disfunzione organizzativa farebbe venir meno l'esercizio pieno del principio universalmente riconosciuto dalle Nazioni Unite del diritto di asilo politico;
tale situazione incresciosa, se confermata, rischierebbe di penalizzare «i migranti sulla loro pelle», come affermano i giornalisti di Repubblica che aggiungono: «se non ci sono posti d'accoglienza» occorrerebbe che «la prefettura riconoscesse loro, come previsto dalla legge, un contributo economico per l'ospitalità in alternativa ai CARA;
si rischia di incorrere in una sistematica violazione della normativa e dei diritti previsti in Italia e in Europa e il Consiglio italiano rifugiati è già intervenuto duramente «sul caso dei migranti di nazionalità afghana, sbarcati in Salento il 24 aprile scorso. Sarebbero stati costretti a dormire per strada, sui cartoni o in posti di fortuna; senza bagni e senza letti, obbligati a vagare per la città alla ricerca di cibo e acqua»;
occorre garantire subito l'accoglienza come intima l'organismo che vigila sul rispetto dei diritti delle persone in fuga;
i richiedenti asilo afghani sarebbero ancora in attesa di inserimento in un centro di accoglienza, per indisponibilità di posti e questa circostanza se accertata costituirebbe una gravissima violazione della normativa internazionale;
la legge italiana in materia è chiara prevedendo che ogni richiedente asilo, arrivato in Italia senza adeguati mezzi di sostentamento, ha diritto a forme materiali di accoglienza sin dal momento in cui presenta domanda di protezione;
come ha denunciato Christopher Hein, direttore del Cir, sarebbe grave se queste persone passassero mesi per strada. Come riportato dal quotidiano La Repubblica lo stesso Hein avrebbe affermato: «ci chiediamo inoltre perché non abbiano né un attestato nominativo, né un permesso di soggiorno, anche su questo punto la legge è chiara e deve essere rispettato il loro diritto a possedere documenti validi e riconoscibili. Abbiamo già scritto al prefetto e stiamo in attesa di avere risposte, speriamo positive. In caso contrario valuteremo quali azioni di tutela intraprendere»;
a Lecce si lavora per trovare un tetto e una sistemazione degna agli extracomunitari che da oltre un mese vivono per strada;
nei Cara di tutt'Italia non ci sarebbero posti disponibili per loro e tale situazione concretizzerebbe una violazione di legge talmente macroscopica da aver indotto il Governo a muoversi per trovare subito una soluzione;
trenta immigrati (su 69 richiedenti asilo) sembra saranno ospitati in strutture ricettive del Salente, già utilizzate nel corso dell'emergenza Nord Africa, terminata pochi mesi fa (come ha reso noto la Prefettura);
ai migranti arrivati in Salento sarebbe stato comunicato dalla questura che non ci sarebbero posti liberi nei Centri di accoglienza di tutta Italia;
vi sarebbero dubbi, sull'effettiva mancanza di posti nei centri deputati. La struttura di Bari, la più grande della Puglia, infatti, sulla carta dovrebbe ospitare 744 persone ma nei periodi di emergenza ne ha contenute fino a 1.400;
i gestori della struttura barese non avrebbero voluto rilasciare dichiarazioni alla stampa locale e dalla questura di Bari sarebbe arrivata una risposta secca riportata dal quotidiano La Repubblica: «noi ci occupiamo della vigilanza». In prefettura, come afferma lo stesso giornale avrebbero affermato: «non siamo autorizzati a rilasciare informazioni»;
gli unici a parlare sarebbero stati gli stessi migranti che avrebbero riferito: «viviamo in condizioni igieniche pessime, ci mancano spazzolini e dentifrici» –:
se tali circostanze siano note agli uffici e se siano state verificate dagli stessi;
qualora accertate, quali eventuali misure si intendano adottare per rimuovere ogni ostacolo ad assicurare il rispetto degli accordi internazionali in materia. (5-00277)
INTERNO
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
è dal 2008 che a Bollate si è insediata, in uno stabile di via Alfieri, due anni dopo lo sfratto forzoso della sede di Milano in via Cannerò, la sede della cosiddetta Skinhouse, punto di ritrovo dell'organizzazione neofascista, di ispirazione nazista, denominata «Milano 38»: sigla dietro la quale opera il circuito milanese e lombardo degli Hammerskin;
si tratta di un gruppo che, a detta della Digos, costituisce l'ala più politicizzata, a rilevanza nazionale, del vasto movimento skinhead; tale gruppo si ispira e si richiama al nazismo e alla sua ideologia, coltivando i miti della superiorità della razza, e della violenza come valore assoluto: gli individui che lo compongono si dichiarano esplicitamente antisemiti e radicalmente fascisti; considerano normale l'utilizzo della violenza come strumento di relazione sociale, spesso e volentieri girando armati;
tale organizzazione nasce alla fine degli anni Ottanta negli Stati Uniti; il simbolo del gruppo sono due martelli incrociati con le punte rivolte verso destra; sullo sfondo, il «dente di lupo» (il medesimo simbolo di «Terza Posizione», organizzazione neofascista italiana degli anni Settanta), già adottato da alcune divisioni delle Waffen-SS;
lo slogan da loro più utilizzato è tratto dalle parole di David Lane, attualmente in carcere per l'omicidio di un radioconduttore ebreo, già militante di «Fratellanza silenziosa», organizzazione eversiva neofascista americana degli anni Ottanta: «Noi dobbiamo assicurare l'esistenza della nostra gente e il futuro dei bambini bianchi». Tale «missione» si attua attraverso la creazione di un’élite di militanti;
nel maggio del 1998, attraverso l'applicazione della legge «Mancino», la Digos di Roma dà il via all’«Operazione Thor»: 90 perquisizioni, 150 denunciati, 9 provvedimenti di arresti domiciliari e 5 sedi hammerskin chiuse a Roma;
ad oggi sono stati moltissimi gli episodi di violenza e di aggressioni squadriste riconducibili agli skinhead, ai danni di attivisti politici, stranieri, omosessuali e, più in generale, a chiunque venga da loro percepito come «diverso»;
uno per tutti è l'episodio dell'omicidio di Nicola Tommasoli, aggredito per motivi pretestuosi e vittima di una violenza efferata: muore dopo giorni di terribile agonia per i calci e le percosse subite da parte di quattro naziskin; per l'omicidio Tommasoli la corte d'assise di Verona ha emesso condanne per complessivi 50 anni di carcere;
da che si è insediata la skinhouse, che ha avuto l'autorizzazione dell'utilizzo di un capannone di privati, essendosi presentata come associazione culturale, i cittadini di Bollate (soprattutto gli abitanti del quartiere interessato) sono costretti a convivere con la paura di possibili atti di violenza, e con problemi legati all'ordine e alla sicurezza pubblica;
inoltre, la skinhouse è situata nelle vicinanze di una scuola elementare frequentata da più di cinquecento bambini, tra i quali molti figli di immigrati;
in concomitanza con le loro «manifestazioni culturali», le strade vengono occupate da decine di automobili di attivisti del movimento che di fatto prendono possesso dell'intero quartiere;
la skinhouse sta funzionando da polo di attrazione per naziskin non solo milanesi e lombardi, ma va sempre più configurandosi come punto di ritrovo per gli hammerskin di tutta Europa; ciò non deve stupire, dato il carattere, fin dalle origini, internazionale dell'organizzazione;
la cittadinanza ha da subito dato vita ad aggregazioni e comitati che hanno, nel tempo, organizzato corsi di formazione su tale fenomeno, manifestazioni pubbliche, cortei, e raccolte di firme rivolte al prefetto e all'amministrazione per chiedere la chiusura della skinhouse;
sia il prefetto che l'amministrazione comunale hanno sempre fornito risposte, a giudizio degli interpellanti, evasive e comunque non risolutive, prendendo in considerazione l'opportunità di intervenire solo laddove si verifichino problemi di ordine pubblico, senza affrontare alla radice la natura profondamente anticostituzionale di questo movimento;
nonostante tutto questo, in seguito alla prima interrogazione della 1a firmataria del presente atto al Ministro Alfano, nella quale si chiedeva la chiusura della sede, il capo del gruppo (cosiddetto «Lupo Alpha»), in un'intervista rilasciata a Il Giorno, ha dichiarato che «l'unica ad avere paura (della skinhouse) è Eleonora Cimbro –:
se il Ministro non ritenga urgente intervenire per verificare se sussistano le condizioni per arrivare finalmente alla chiusura della skinhouse di Bollate, la cui «ragione sociale», la diffusione dei valori nazifascisti con il suo corollario di violenza ed intolleranza, contrasta apertamente con i valori costituzionali, oltre a rappresentare un vulnus gravissimo al tessuto sociale del territorio in cui insiste nonché un vero e proprio pericolo per la sicurezza dei cittadini di Bollate.
(2-00083) «Cimbro, Cassano, Cova, Martelli, Casellato, Giulietti, Manzi, Villecco Calipari, Laforgia, Lorenzo Guerini, Rocchi, Genovese, Marzano, Gullo, Paris, Mazzoli, Terrosi, Nicoletti, Cimmino, D'Agostino, Caruso, Vecchio, Verini, Rughetti, Giovanna Sanna, Manfredi, Coccia, Covello, Dallai, Coscia, Civati, Casati, Pastorino, Fragomeli, Scalfarotto».
Interpellanza:
Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
in data 5 giugno 2013 a Terni si svolgeva una manifestazione di lavoratori della AST, i quali manifestavano per la tutela del posto di lavoro e per il loro futuro;
il corteo si snodava per le strade della città, giungendo senza incidenti nei pressi della prefettura, per poi raggiungere la stazione ferroviaria;
arrivati alla stazione, i lavoratori che chiedevano di entrare, venivano in contatto con le forze dell'ordine. Ne seguivano attimi concitati, compresa una carica da parte delle forze dell'ordine;
a seguito a ciò un operaio veniva ferito alla testa. Anche il sindaco di Terni, Di Girolamo, accorso lì per mediare insieme all'assessore Malatesta e altre personalità politiche veniva colpito alla testa;
nel frattempo il cordone delle forze dell'ordine si apriva facendo passare gli operai che andavano così a bloccare i binari;
il binario 1 della stazione veniva così occupato pacificamente per circa mezz'ora da alcune centinaia di lavoratori della AST e a cui si univa anche il sindaco con una vistosa ferita sanguinante alla testa;
subito dopo la manifestazione, il sindaco e le altre autorità presenti venivano ricevute dal prefetto, il quale si diceva rammaricato di quanto accaduto;
a parere dell'interpellante, la reazione delle forze dell'ordine contro i lavoratori è apparsa spropositata e violenta, facendo precipitare la già tesa situazione –:
quali iniziative intenda prendere in merito a quanto illustrato in premessa e più in generale quali altre intenda assumere affinché non si verifichino più situazioni simili.
(2-00081) «Airaudo».
Interrogazioni a risposta scritta:
POLVERINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nella giornata del 5 giugno 2013 si è svolta a Terni una manifestazione dei lavoratori dell'Ast – exThyssen in difesa del futuro delle acciaierie e del proprio posto di lavoro;
i manifestanti, dopo essersi ritrovati davanti ai cancelli dell'Ast, in viale Brin, hanno dato vita ad un corteo, composto da alcune centinaia di persone, per raggiungere la sede della prefettura, ma all'arrivo nei pressi della stazione ferroviaria si sono inspiegabilmente verificati scontri con le forze dell'ordine, causando il ferimento di alcuni manifestanti, fra cui il sindaco Di Girolamo, intervenuto per cercare di mediare;
che episodi di violenza come questo rischiano di alimentare ed accrescere un clima pericoloso, dalle conseguenze imprevedibili;
quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare per accertare le responsabilità nella gestione dell'ordine pubblico che, evidentemente, è andato al di là dei limiti che la circostanza consigliava. (4-00741)
MOLTENI e MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nella mattina del 5 giugno 2013, a Bianco, in Calabria, sono sbarcati 121 stranieri di nazionalità afghana e siriana, tra cui 23 donne e 49 bambini e pare, dalle notizie di stampa, che due sono neonati, partoriti probabilmente a bordo della barca;
il 60 per cento degli immigrati sbarcati a Bianco è composto da mamme e bambini, una proporzione allarmante e un campanello d'allarme;
a seguito delle dichiarazioni del Ministro Keynge sull'abrogazione del reato di clandestinità e l'introduzione dello ius soli nel nostro ordinamento, gli sbarchi sulle nostre coste sono aumentati, come attestano le sempre più frequenti notizie di cronaca;
tali proposte non solo inviano messaggi sbagliati ma incoraggiano tutte quelle organizzazioni che prosperano sulla tratta degli esseri umani, particolarmente grave quando si tratta di minori e donne in stato di gravidanza;
il Governo deve intervenire immediatamente con azioni decise onde garantire il rispetto della legalità e scoraggiare questo fenomeno, che mette a serio rischio la vita e l'incolumità delle persone, in particolare i minori e le dorme in stato di gravidanza –:
quali siano gli intendimenti del Governo e quali iniziative intenda porre in atto per combattere il fenomeno dell'immigrazione clandestina, con particolare riguardo ai minori coinvolti e alle donne in stato di gravidanza, quanti siano i minori sbarcati negli ultimi mesi dall'insediamento del Governo e quante donne in stato di gravidanza, quanti minori accompagnati da familiari o eventuali parentele con adulti residenti o presenti sul territorio nazionale e dove tali minori siano alloggiati. (4-00749)
SERENI, FIANO, ASCANI, GIULIETTI e VERINI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il 5 giugno 2013 si è svolta nelle strade della città di Terni una manifestazione dei lavoratori AST in occasione dello sciopero di quattro ore organizzato da varie sigle sindacali e dalle rappresentanze sindacali unitarie, in merito alla vertenza in corso sulla difficile situazione in cui versa l'acciaieria ternana AST, attualmente in stallo per l'obbligo di vendita imposto dalla Commissione europea per probabile posizione dominante all'attuale proprietà finlandese Outokumpu, a sua volta subentrante a Thyssenkrupp;
il corteo, partito dai cancelli di AST in viale Brin, avrebbe dovuto raggiungere la sede della prefettura della città passando per la stazione ferroviaria. La prefettura era stata informata del percorso al fine di assicurare lo svolgimento sereno della manifestazione, garantendo a cittadini e forze dell'ordine la massima sicurezza;
il corteo giunto alle porte della stazione ferroviaria con l'intento di occuparla simbolicamente per breve tempo, ha incontrato l'opposizione delle forze di polizia che, nonostante il tentativo di mediazione da parte del sindaco del comune di Terni e dell'assessore regionale umbro allo sviluppo economico, all'ingresso dei manifestanti nella stazione, rispondevano con la forza;
la situazione è quindi degenerata in una serie di scontri e manganellate a danno dei manifestanti;
nei tafferugli, non placati da chi era lì per assicurare ordine e sicurezza, sono rimasti feriti un lavoratore ed il sindaco del comune di Terni, Leopoldo Di Girolamo, al quale una volta giunto in ospedale è stata attribuita una prognosi di quattro giorni di osservazione;
alcuni dei manifestanti e delle autorità presenti hanno denunciato il comportamento immotivatamente violento e aggressivo da parte degli agenti di polizia che nulla hanno fatto per mantenere nell'ambito del diritto costituzionale della manifestazione libera del pensiero e del diritto di aggregarsi nella pubblica via quelle centinaia di lavoratori esasperati dalla minaccia di perdere l'occupazione –:
se ritenga congruo e proporzionato alla situazione il comportamento delle forze dell'ordine;
quale sia stata la catena di comando;
come intenda intervenire al fine di accertarne le responsabilità ed evitare spiacevoli repliche di episodi simili in futuro. (4-00753)
TOTARO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
a seguito di ordinanza di custodia cautelare del tribunale di Firenze – ufficio del G.I.P. nr. 17646/08, RGNR – nr. 19049/08 il questore di Firenze ha disposto la sospensione cautelare obbligatoria dal servizio ex articolo 9, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 737 del 1981 a decorrere dall'11 maggio 2009 a carico dell'ispettore capo Antonio Fantasia;
per sostenere la richiesta di custodia cautelare il pubblico ministero ha ipotizzato, a carico di Fantasia, oltre al reato di concorso in furto aggravato, l'ulteriore reato di peculato (articolo 314 c.p.) per aver utilizzato la scheda telefonica (sim) in suo possesso e con tariffazione agevolata, poiché in convenzione tra il dipartimento della pubblica sicurezza e la TIM, per telefonate a privati cittadini e non solo verso altri colleghi. Tale ipotesi di peculato era assolutamente infondata visto che l'ispettore capo Fantasia pagava regolarmente il canone e gli addebiti del traffico vocale con ritenuta diretta in busta paga: già il giudice di primo grado aveva escluso la fondatezza dell'accusa di peculato con la dichiarazione in sentenza de «il fatto non sussiste»;
sempre in primo grado l'ispettore è stato condannato ad un anno e 4 mesi di reclusione per concorso in furto aggravato; proposta impugnazione in appello veniva emessa in data 3 dicembre 2012 nei confronti dell'ispettore Fantasia sentenza di assoluzione da tutte le residuali ipotesi di reato per «non aver commesso il fatto»;
la sentenza è stata depositata in cancelleria in data 7 gennaio 2013 ed in piena conoscenza dell'amministrazione della P.S. almeno dal 24 gennaio 2013 (come da acquisizione atti);
decorsi i termini di opposizione in Cassazione la sentenza viene dichiarata irrevocabile a far data dal 28 marzo 2013;
l'articolo 9, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 737 del 1981 impone all'amministrazione la revoca a tutti gli effetti della sospensione cautelare se il procedimento penale che l'ha generata è definito con sentenza di assoluzione, la quali dichiari che l'imputato non lo ha commesso;
fino al 17 maggio 2013, a distanza di 46 giorni dalla definizione del procedimento penale, ed, a oltre 5 mesi dal deposito della sentenza di assoluzione, a quanto consta all'interrogante, nessun atto di revoca della sospensione cautelare disposta ex articolo 9, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 737 del 1981 è stato adottato dallo stesso questore di Firenze che l'aveva disposta;
in data 22 aprile 2013 il questore ha nominato un funzionario istruttore che ha dato avvio ad un procedimento disciplinare; tale procedimento secondo l'interrogante appare viziato ab origine dal mancato rispetto dei termini di avvio dell'azione disciplinare poiché iniziato oltre il 120o giorno dal deposito della motivazione della sentenza di assoluzione, contestando a Fantasia fatti e comportamenti non accertati e nemmeno contestati dall'autorità giudiziaria ma solamente menzionati nell'ordinanza di custodia cautelare del GIP al fine di tentare di delineare un quadro inquietante e generale della personalità del Fantasia, al solo scopo di giustificare e motivare il provvedimento restrittivo;
c’è la possibilità che l'amministrazione arrivi a deliberare un provvedimento disciplinare di destituzione che avrebbe efficacia retroattiva e che farebbe salvi gli effetti della sospensione cautelare dal servizio, ingiustamente sofferta, e quindi deresponsabilizzarsi nei confronti della Corte dei conti (che potrebbe addebitare all'amministrazione il danno erariale per il periodo di mancato impiego in servizio dell'ispettore al quale deve essere corrisposta la differenza di quello che non ha percepito in quattro anni di sospensione con l'ulteriore conseguenza della ricostruzione della carriera e degli effetti previdenziali e pensionistici);
sussiste il dubbio che l'amministrazione continui a tenere sospeso l'ispettore senza giustificato motivo con l'intenzione, contrariamente a quanto disposto dalla normativa vigente (articolo 9, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 737 del 1981), di pervenire a un ulteriore provvedimento di sospensione cautelare (facoltativa, cioè a seguito di valutazione molto discrezionale sulla gravità dei presunti comportamenti posti in essere dall'ispettore ed oggetto di procedimento disciplinare), in attesa della definizione del procedimento disciplinare di destituzione, il quale, dando continuità all'attuale sospensione che appare all'interrogante illegittima eviterebbe la restitutio in integrum all'ispettore di tutti gli effetti giuridici ed economici;
si aggiunga che è stata formalmente richiesta la revoca della sospensione cautelare e il reintegro in servizio con istanza del 26 aprile 2013 alla quale non è stata data alcuna risposta da parte dell'amministrazione –:
quali siano i motivi della mancata revoca della sospensione cautelare (con gli effetti giuridici ed economici richiamati) e dell'avvio del procedimento disciplinare, che analogamente l'interrogante ritiene infondato se non illegittimo, connesso al procedimento penale definito, si ripete, con l'assoluzione per non aver commesso il fatto;
quali iniziative intenda assumere per assicurare il rispetto della normativa vigente, il ristabilimento della legalità con la revoca della sospensione cautelare, la riammissione in servizio e la restitutio in integrum a tutti gli effetti giuridici ed economici, valutando quindi, con la massima attenzione, le eventuali richieste inoltrate dalla questura di Firenze tese ad ottenere un ulteriore periodo di sospensione cautelare facoltativa. (4-00758)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
il liceo Musicale «Sebastiano Satta» di Nuoro è stato istituito fin dall'anno scolastico 2010-2011, nell'ambito della forma degli ordinamenti, nel primo gruppo di 22 licei autorizzati, vanta l'esperienza di una sperimentazione autonoma, quasi unica nel suo genere sul territorio nazionale, attiva fin dall'anno scolastico 1999-2000;
questa importante realtà decennale ha consentito, nel tempo, la realizzazione di investimenti mirati e al momento dispone di strumenti, sussidi didattici e spazi attrezzati adeguati allo svolgimento delle attività formative di un liceo;
il liceo «Sebastiano Satta» l'unica realtà esistente nel territorio provinciale di Nuoro e rappresenta una preziosa offerta formativa, con sbocchi professionali innovativi, sia per questa zona particolarmente disagiata sia per le zone limitrofe, come il Goceano, da cui provengono numerosi iscritti;
a decorrere dal primo anno della sua attivazione (2010-2011) e nell'anno successivo (2011-2012) in questo liceo sono state attivate due classi prime. Vi è stata solo una lieve flessione nell'anno scolastico che ha portato alla formazione di una sola classe prima 2012-2013, dovuta ad oscillazioni del tutto fisiologiche delle iscrizioni dal nome o che si tratta di studenti compresi in una fascia di età ancora bisognosa di riferimenti e orientamenti certi;
per l'anno scolastico 2013-2014 si potrebbe preventivare l'implementazione di due classi prime dal momento che le iscrizioni acquisite agli atti sono 40, due delle quali di alunni diversamente abili;
in base a quanto previsto dall'articolo 7, secondo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 89 del 2010 (regolamento dei licei) è già stata svolta la prova orientativo – attitudinale di ammissione e i candidati – alunni sono stati dichiarati tutti idonei dalla commissione preposta;
la circolare n. 96 del 17 dicembre 2012 che ha per oggetto: «Iscrizioni alle scuole dell'infanzia e alle scuole di ogni ordine e grado per l'anno scolastico 2013/2014» il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca prevede testualmente al paragrafo 3.D «Tuttavia, nelle istituzioni scolastiche ove è presente l'indirizzo musicale, ai fini della determinazione del numero massimo dei posti disponibili si dovrà tenere conto che il numero delle classi prime non potrà superare, in ciascun istituto, il numero di quelle funzionanti nel corrente anno scolastico»;
la circolare ministeriale n. 10 del 21 marzo 2013 avente per oggetto «Dotazioni organiche del personale docente per l'anno scolastico 2013/2014 – trasmissione schema di decreto interministeriale» nel precisare che i criteri e i parametri per la formazione delle classi sono fissati dal regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica del 20 marzo 2009, n. 81, sul dimensionamento della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, che ha sostituito integralmente il decreto ministeriale 24 luglio 1998, n. 331 e successive modifiche ed integrazioni e il decreto ministeriale 3 giugno 1999 n. 141 per quel che concerne le classi che accolgono gli alunni disabili, afferma che con l'anno scolastico 2011/2012, si è concluso il triennio di contenimento delle consistenze di organico previsto dall'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
si ricorda che per gli anni successivi, il decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 all'articolo 19, comma 7, ha previsto che «A decorrere dall'anno scolastico 2012/2013 le dotazioni organiche del personale docente, educativo ed ATA della scuola non devono superare la consistenza delle relative dotazioni organiche dello stesso personale determinata nell'anno scolastico 2011/2012 in applicazione dell'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, assicurando in ogni caso, in ragione di anno, la quota delle economie lorde di spesa che devono derivare per il bilancio dello Stato, a decorrere dall'anno 2012, ai sensi del combinato disposto di cui ai commi 6 e 9 dell'articolo 64 citato»;
non fissando, il citato decreto-legge n. 98 del 2011, altre misure di contenimento le dotazioni organiche relativa all'anno scolastico 2013/2014 sono state determinate non superando, a livello nazionale, la consistenza delle dotazioni fissate per l'anno 2011/2012;
pertanto, fatta eccezione per la scuola dell'infanzia, la quantificazione e la ripartizione, tra le regioni, delle dotazioni dei diversi ordini e gradi di istruzione è stata effettuata tenendo conto del numero degli alunni risultanti dall'organico di fatto dell'anno scolastico 2012/2013, dell'entità previsionale della popolazione scolastica riferita all'anno 2013/14, dell'andamento delle serie storiche della scolarità degli ultimi anni, nonché delle situazioni di cui all'articolo 2, commi 2 e 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009;
i licei musicali potranno attivare classi prime in numero non superiore di quelle funzionanti nel corrente anno. Al fine poi di garantire un'offerta formativa più ampia, è opportuno salvaguardare comunque i corsi unici in ambito provinciale e quelli presenti nelle zone particolarmente disagiate;
dal combinato disposto delle disposizioni sopra richiamate, contenute nelle due circolari, non sarebbe consentito al liceo musicale di Nuoro la formazione per l'anno scolastico 2013-2014 di due classi prime;
in tal modo si negherebbe a giovani studenti che ancora devono assolvere all'obbligo scolastico e che dovrebbero esse supportati dalle istituzioni, nel rispetto delle loro potenzialità e dei loro talenti, il pieno diritto all'istruzione così come previsto dagli articoli 33 e 34 della Costituzione e dall'articolo 26 della Dichiarazione universale dei diritti umani dell'ONU –:
quali iniziative il Ministro interpellato abbia intenzione di assumere al fine di superare le limitazioni contenute nelle sopra citate circolari relativamente all'attivazione delle prime classi per consentire alla provincia di Nuoro un'offerta formativa adeguata alle esigenze del territorio che comprende anche le legittime aspettative delle zone del Goceano determinando un'utenza proveniente da un bacino molto ampio;
se il Ministro intenda promuovere un incontro tra il Ministero, la regione autonoma della Sardegna e la direzione dell'ufficio scolastico regionale, al fine garantire a tutti i richiedenti «il pieno diritto all'istruzione e al successo formativo cui hanno diritto tutti i sardi» così come si legge nell’incipit della delibera n. 12/9 della giunta regionale sarda del 5 marzo 2013.
(2-00084) «Capelli, Pisicchio».
Interrogazioni a risposta in Commissione:
D'OTTAVIO, BOSSA e FABBRI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
negli istituti scolastici di tutta Italia sono state avviate le prove INVALSI con l'impegno di migliaia di docenti –:
come mai la correzione delle prove preveda l'esclusivo uso del software proprietario di Microsoft e non, come era stato stabilito dal decreto-legge n. 83 del 2012 convertito dalla legge, n. 134 del 7 agosto 2012, di un software libero e senza spese per la pubblica amministrazione;
quali iniziative si intendano assumere per applicare quanto previsto dal citato decreto-legge. (5-00278)
BUONANNO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
l'Accademia nazionale di danza è un'istituzione di alta cultura per lo studio delle discipline coreutiche, inserita nel compartimento dell'AFAM – alta formazione artistica, musicale e coreutica dal 1999;
è l'unica istituzione pubblica in Italia a rilasciare i diplomi accademici di I e II livello equipollenti alla laurea universitaria;
purtroppo da molti anni sono troppe le problematiche che affliggono e condannano l'Accademia, sfociate lo scorso 3 dicembre 2012 in una protesta da parte di studenti ed insegnanti contro la mancanza di un regolamento didattico e di adeguata manutenzione della struttura, che ha comportato il verificarsi di piccoli infortuni come un taglio su un piede a causa di un chiodo che usciva dal pavimento, una slogatura al polso di un'allieva per via del dislivello di alcune travi di compensato o ancora l'episodio di una danzatrice che durante la lezione si è infortuna con una scheggia sulla spalla o infine il ripetersi di guasti all'impianto di riscaldamento che rendono gelide le aule;
dopo le manifestazioni performative che si sono svolte in molte piazza di Roma, lo scorso 19 febbraio 2013, nella sala stampa della Camera dei deputati, i docenti e gli studenti dell'Accademia hanno incontrato giornalisti e politici per far conoscere le motivazioni sottese allo stato di agitazione e chiedere il sostegno delle istituzioni per risolvere la crisi dell'unica istituzione italiana per l'Alta formazione coreutica;
tra le richieste, anche quella di un chiarimento in merito alla legittimità dei membri in carica all'interno degli organi accademici e dell'elezione di un nuovo direttore da parte degli stessi docenti, a garanzia di un nuovo corso rispettoso della trasparenza e della democrazia;
l'attuale direttrice, Margherita Parrilla, è accusata, infatti, di essere la responsabile del crollo totale – fisico e morale – dell'istituzione di riferimento nazionale per la danza;
la sua nomina, peraltro, è effettivamente anomala, considerato che è stata designata nel lontano 1996 per volere dell'allora Ministro Luigi Berlinguer, che ne impose la nomina «a vita» per «chiara fama»;
nel frattempo gli studenti sono venuti a conoscenza dell'esistenza di una bozza di regolamento didattico redatto nel 2008, mai pervenuto al MIUR-AFAM, nonostante la direzioni abbia affermato di averla regolarmente inviata; seguono una serie di richieste e rinvii tra la consulta degli studenti ed il direttore generale dell'AFAM su questa bozza che, a detta dello stesso Direttore generale dell'AFAM, è carta straccia e va riscritta;
con delibera del 22 marzo 2013 il Consiglio accademico ha approvato il regolamento didattico dell'AND, protocollo n. 721, del 2 febbraio 2013 nelle more dell'approvazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con votazione di tutti favorevoli eccetto la direttrice che ha espresso voto contrario;
la protesta ha anche portato l'intervento dell'ASL e la chiusura dell'Istituto per i lavori di rifacimento delle pavimentazioni delle aule di danza, ora sufficientemente idonee per un sicuro svolgimento dell'attività didattica;
ma la protesta ha anche causato la sospensione per un giorno di 10 insegnanti e la contestazione disciplinare per altri 47, rei secondo la direttrice di aver avanzato richiesta di un nuovo direttore «al solo fine di screditare la direzione, diffamandola e calunniandola» –:
se ed in che termini, il Ministro intenda intervenire per ristabilire le regole che possano uniformare in toto l'Accademia nazionale di danza alle altre istituzioni dell'alta formazione artistica e musicale, in modo da garantire all'elezione del nuovo direttore un percorso democratico e interno all'istituzione, preservare il valore formativo ed il prestigio della storica istituzione e la qualità didattica del corpo docente. (5-00286)
Interrogazioni a risposta scritta:
D'AGOSTINO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
con decreto n. 82 del 24 settembre 2012 il direttore generale per il personale scolastico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha bandito su base regionale, concorsi per titoli ed esami finalizzati alla copertura di 11.542 posti e cattedre di personale docente nelle scuole dell'infanzia, primaria, secondaria di I e II grado, nonché di posti di sostegno, risultanti vacanti e disponibili in ciascuna regione negli anni scolastici 2013/2014 e 2014/2015;
l'articolo 2 di detto bando rubricato «Requisiti di ammissione» stabilisce che «ai concorsi sono ammessi a partecipare i candidati in possesso del titolo di abilitazione all'insegnamento nella scuola dell'infanzia o primaria o secondaria di I e II grado, conseguito entro la data di scadenza del termine per la presentazione della domanda, ivi compresi i titoli di abilitazione conseguiti all'estero purché riconosciuti con apposito decreto del Ministero»;
il comma 2 del succitato articolo stabilisce, che sono altresì ammessi a partecipare, ai sensi dell'articolo 2, comma 1 del decreto interministeriale 10 marzo 1997: «a) per i posti della scuola primaria, i candidati in possesso del titolo di studio comunque conseguito entro l'anno scolastico 2001-2002, ovvero al termine dei corsi quadriennali e quinquennali sperimentali dell'istituto magistrale, iniziati entro l'anno scolastico 1997-1998»;
con sentenza numero 2172, nel 2002 il Consiglio di Stato, sezione VI giurisdizionale, si espresse contro l'amministrazione scolastica per aver escluso una persona dalla partecipazione al concorso per titoli ed esami, relativo ad abilitazione all'insegnamento e conseguente accesso ai ruoli provinciali degli insegnanti elementari, disposta sulla considerazione ostativa della mancanza del possesso del titolo di studio, in quanto il diploma presentato con la domanda di partecipazione sarebbe stato rilasciato dall'istituto magistrale «Guazzi» di Benevento al termine di un corso sperimentale ad indirizzo linguistico. Il Consiglio di Stato ritenne valido il titolo «maturità linguistica» per la partecipazione ai concorsi di scuola primaria precisando che «il diploma di maturità linguistica, non priva il titolo di studio conferito dall'Istituto maestrale della sua natura di diploma di maturità magistrale a pieno titolo, ma aggiunge qualcosa di più, senza modificarne la tipologia originaria»;
il Consiglio di Stato, con numerosi pronunciamenti successivi, ha confermato quanto disposto con la sentenza numero 2172 del 2002;
il 3 dicembre 2009, infatti, l'organo di giustizia amministrativa, attraverso un nuovo dispositivo (sentenza 7550/2009), ha confermato che: «l'elemento fondamentale della controversia riposa nella controversa interpretazione dell'articolo 279 del decreto legislativo n. 297 del 16 aprile 1994 con il quale si riconosce “piena validità agli studi compiuti dagli alunni delle classi o scuole interessate alla sperimentazione di cui all'articolo 278, secondo criteri di corrispondenza fissati nel decreto del Ministero della pubblica istruzione che autorizza la sperimentazione”». Il Consiglio di stato ha stabilito, inoltre, che, come già statuito con altra sentenza del 4 aprile 2004, numero 1769 della VI sezione, dalle cui conclusioni il Collegio non ha inteso discostarsi, «la sperimentazione scolastica, intesa come ricerca e realizzazione di innovazioni degli ordinamenti e delle strutture e stata autorizzata ed attuata dall'Istituto Magistrale in vista del nuovo assetto dell'istruzione elementare, nel cui ordinamento didattico è ora compreso l'insegnamento della lingua straniera, e della formazione (anche a livello universitario) degli insegnanti elementari, tanto che entrambi i corsi di sperimentazione (quello ad indirizzo linguistico e quello ad indirizzo pedagogico) tenuti in contemporanea dal medesimo istituto, sono stati articolati in cinque anni di studio, con possibilità di accesso, a conclusione del ciclo, a tutte le facoltà universitarie. In tale quadro, la piena validità riconosciuta secondo i criteri di corrispondenza fissati nel decreto del Ministro della Pubblica istruzione che autorizza la sperimentazione al diploma di maturità linguistica, non priva il titolo conferito dall'Istituto Maestrale sopra indicato della sua natura di diploma di maturità magistrale a pieno titolo [...] In conclusione, – a prescindere dall'interpretazione letterale del bando e dalla consideratone che le materie di insegnamento dei due indirizzi di studio dell'Istituto Magistrale suddetto (linguistico e pedagogico), volti entrambi al conseguimento del diploma di maturità maestrale, non erano, in parte, coincidenti – ritiene il Collegio che il diploma di maturità linguistica come sopra rilasciati al termine di corso quinquennale, appare conforme pure al nuovo assetto ordinamentale della scuola elementare, ove si consideri che l'insegnamento della lingua straniera è ricompreso negli ordinari programmi didattici»;
con nota protocollo 2870 del 26 ottobre 2012, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sollecitato da numerose richieste di chiarimento, si è espresso favorevolmente sulla validità del diploma sperimentale linguistico, conseguito presso gli istituti magistrali, quale titolo di accesso al concorso di scuola primaria di cui al suindicato DDG n. 82 del 24 settembre 2012. Nella suindicata nota, il Capo dipartimento per l'Istruzione, a sostegno della sua tesi, ha riportato la sentenza numero 2172/2002 del Consiglio di Stato, e le disposizioni del bando di cui al DDG n. 82 del 24 settembre 2012: «Tale assunto – si legge – trova altresì conferma dalla formulazione del Bando che prevede solamente di dichiarare il possesso del titolo di studio conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002, ovvero al termine dei corsi quadriennali e quinquennali sperimentali dell'Istituto Magistrale, senza ulteriore specificazione»;
in data 14 novembre 2012, successivamente alla data di scadenza per la partecipazione al concorso di cui al DDG n. 82 del 24 settembre 2012, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con nota numero protocollo 3123, si è espresso nuovamente sulla validità del diploma sperimentale linguistico conseguito presso gli istituti magistrali quale titolo di accesso al concorso di scuola primaria, ma questa volta in senso nettamente opposto alla sua precedente nota (2870 del 26 ottobre 2012). Il Ministero, infatti, ha precisato che «per essere valido tale diploma deve riportare la dicitura “maturità magistrale ad indirizzo linguistico”. Ciò in quanto solo i diplomi che riportano l'indicazione “maturità magi-strale” assicurano un idoneo percorso di studio e di preparandone all'insegnamento nelle scuole elementari, ora primarie»;
in applicazione della suindicata nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca trasmessa ai direttori generali degli uffici scolastici regionali, i competenti uffici hanno escluso dal concorso, di cui al DDG n. 82 del 24 settembre 2012, i candidati in possesso di maturità linguistica conseguita presso i corsi sperimentali avviati negli istituti magistrali entro l'anno scolastico 2001/2002; provvedimenti, questi, a giudizio dell'interrogante in netto contrasto con quanto stabilito dall'articolo 2 del bando di concorso, dalla sentenza numero 2172/2002 del Consiglio di Stato, e da quanto indicato dallo stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nella nota prot. 2870 del 26 ottobre 2012;
in virtù del pacifico riconoscimento della validità del titolo «maturità linguistica» rilasciato dagli istituti magistrali, ai fini del conseguimento dell'abilitazione all'insegnamento nella scuola primaria e dell'infanzia, centinaia di insegnanti sono stati inquadrati nelle graduatorie in 3a fascia, o, a seguito del concorso del 1999, sono passati di ruolo; insegnanti che, a seguito della nota numero 3123 del 14 novembre 2012, e dalla conseguente esclusione dal concorso di cui al DDG n. 82 del 24 settembre 2012, vedono ora messa in discussione la validità del titolo in virtù del quale attualmente insegnano nella scuola primaria. Numerosi, inoltre, sono coloro che, avendo conseguito il diploma di maturità linguistica, hanno visto leso il diritto a partecipare al concorso bandito dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il 24 settembre del 2012;
la posizione assunta dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sulla validità del titolo magistrale linguistico mette a rischio, dunque, lo status dei tantissimi insegnanti della scuola primaria e dell'infanzia, di ruolo e non, che sono inquadrati nell'organico del Ministero in virtù del possesso del titolo «magistrale linguistico»; centinaia di persone che da anni sono inseriti nell'organico della scuola, percepiscono regolarmente lo stipendio e che, alla luce della nota diramata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non sarebbero titolati all'insegnamento;
a giudizio dell'interrogante il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca avrebbe dovuto fate riferimento, invece, al suindicato pronunciamento del Consiglio di Stato del 2002, senza incorrere nella evidente contraddizione di due note, la 2870 del 26 ottobre 2012 e la 3123 del 14 novembre 2012, che riportano posizioni in netto contrasto tra loro. È chiaro, infatti, così come indicato nella sentenza 2172/2002 che «la sperimentazione scolastica, intesa come “ricerca e realizzazione di innovazioni degli ordinamenti e delle strutture” è stata autorizzata ed attuata in vista del nuovo assetto dell'istruzione elementare, nel cui ordinamento didattico è ora compreso l'insegnamento della lingua straniera, e della formazione 4 N.R.G. 2172/2002 (anche a livello universitario) degli insegnanti elementari, tanto è che entrambi i corsi di sperimentazione (quello ad indirizzo linguistico e quello ad indirizzo psicopedagogico) tenuti in contemporanea dal medesimo Istituto, sono stati articolati in cinque anni di studio, con possibilità di accesso, a conclusione del ciclo, a tutte le facoltà universitarie. In tale quadro, la “piena validità” riconosciuta secondo i “criteri di corrispondenza fissati nel decreto del Ministro della pubblica istruzione che autorizza la sperimentazione”, al diploma di maturità linguistica, non priva il titolo di studio conferito dall'Istituto magistrale della sua natura di diploma di maturità magistrale a pieno titolo, ma aggiunge qualche cosa di più, senza modificarne la tipologia originaria. È pertanto irrilevante la postuma precisazione dell'Autorità scolastica centrale (nota 28 settembre 2000), e ciò anche sulla consideratone che la clausola del bando di cui all'articolo 2 punto 5) trova ulteriore precisazione all'articolo 4 lettera f) nella quale espressamente si richiede ai fini della partecipazione al concorso, la dichiarazione, nella domanda di partecipazione, del possesso di diploma rilasciato “di Istituto magistrale”, senza ulteriore precisazione» –:
alla luce di quanto suesposto, quale sia la posizione ufficiale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sulla validità del titolo di studio «magistrale linguistico» ai fini della partecipazione ai concorsi nella scuola primaria; qualora confermasse la posizione espressa dal Ministero con la nota 3123 del 14 novembre 2012, quali provvedimenti il Ministro interrogato intenda adottare per affrontare il conseguente caso di centinaia di insegnanti di ruolo e inseriti nelle graduatorie provinciali in virtù del possesso del titolo di studio «magistrale linguistico». (4-00748)
D'INCECCO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
già nella passata legislatura e precisamente in data 6 ottobre 2011 la sottoscritta aveva depositato una interrogazione a risposta scritta (atto Camera 4-13488) indirizzata al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, più volte sollecitata che non ha avuto risposta benché in essa veniva descritto un tema di grande importanza;
il tema oggetto dell'interrogazione riguarda il disagio e l'attesa di una vasta comunità di insegnanti, che vivono una legittima apprensione rispetto al loro futuro; insegnanti a cui è necessario, quantomeno, dare risposte certe e chiare degli orientamenti del Governo;
gli insegnanti in questione sono quelli di matematica applicata della classe di concorso A048, che si sono riuniti in un comitato a cui aderiscono, ad oggi, circa 350 persone da tutta Italia;
essi denunciano una situazione insostenibile a seguito di numerosi provvedimenti che hanno stravolto l'insegnamento della loro disciplina;
la classe di concorso A048 – matematica applicata, con la riforma Gelmini (decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni dalla legge n. 133 del 2009 e successivi atti legislativi e amministrativi) e i tagli successivi, ha visto una contrazione del monte ore settimanale, la soppressione di alcuni indirizzi, la negazione dell'accesso alla stessa negli istituti tecnici industriali ad indirizzo informatico, la generale considerazione di «classe di concorso atipica» per gli istituti professionali a cui di fatto gli insegnanti di questa classe non sono mai riusciti ad accedere;
a questo va aggiunto che nella riorganizzazione del sistema di istruzione superiore mediante la razionalizzazione degli indirizzi, con la costituzione di nuovi istituti di istruzione superiore, l'insegnamento della matematica è affidato alla classe di concorso A047;
di recente, in ottemperanza ad una circolare ministeriale, molti dirigenti scolastici stanno assegnando le ore relative a matematica applicata a docenti appartenenti alla classe di concorso A047 con grave nocumento degli insegnanti di cui sopra;
nel giro di qualche anno i docenti di ruolo, abilitati solo nella classe A048, vedranno comprimere le possibilità di lavoro mentre i precari della stessa classe di concorso, dopo anni di studio e scelte di vita professionale, pur avendo acquisito abilitazioni ed altri titoli culturali, vantando anche diversi anni di servizio, non solo non entreranno mai di ruolo ma non riusciranno neanche ad ottenere un incarico a tempo determinato –:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra riportato e se non ritenga opportuno adottare iniziative volte a risolvere le questioni sopra segnalate. (4-00752)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
dagli organi di stampa locale e dalle rappresentanze sindacali dei lavoratori della Fiat di Termoli, si è appresa la notizia della decisione della dirigenza di detti impianti di sospendere il pagamento della anticipazioni della cassa integrazione ordinaria, dal mese di giugno 2013. Tale decisione è consequenziale alla sospensione dell'erogazione degli ammortizzatori sociali disposta dall'INPS, a seguito di segnalazioni aventi ad oggetto il contestuale ricorso alla cassa integrazione per taluni lavoratori e lo svolgimento di prestazioni straordinarie per altri lavoratori motivate, quest'ultimo, da esigenze di incrementi produttivi;
tale decisione dell'azienda sta determinando un'immediata e pesante ricaduta sulle legittime spettanze dei lavoratori e, consequenzialmente, un crescente clima di preoccupazione in tutta l'area del basso molisano e dell’hinterland;
in termini reali, la retribuzione dei lavoratori interessati, circa 2.500 unità, verrebbe decurtata di circa 400 euro al mese rispetto ad una retribuzione già integrata, così compromettendo la loro condizione economica, in una fase in cui prevalgono le preoccupazioni per i destini occupazionali e produttivi di tale realtà industriale;
nello stabilimento molisano le relazioni industriali già vivono un clima di altissima tensione, che rischia di essere ulteriormente alimentato dalla circostanza che la Fiat ha annunciato nuova cassa integrazione a partire dai primi di luglio e consequenziale riduzione delle risorse su cui possono contare le famiglie dei lavoratori, per la maggior parte mono reddito;
a tale preoccupazione si aggiunge quella sullo stesso futuro aziendale dello stabilimento, a fronte di strategie del gruppo che non appaiono sempre rassicuranti circa il ruolo futuro degli impianti italiani –:
quali urgenti iniziative si intendano assumere al fine di assicurare la più sollecita conclusione degli accertamenti avviati dall'Inps circa la regolarità del ricorso, da parte di Fiat, alla cassa integrazione ordinaria nello stabilimento di Termoli;
se non ritengano di dover attivare uno specifico tavolo di confronto con l'azienda e le organizzazioni sindacali per superare l'attuale fase di crisi delle relazioni aziendali, nonché per favorire un proficuo confronto che consenta un credibile rilancio dello stabilimento molisano.
(2-00082) «Speranza, Venittelli, Leva».
Interrogazioni a risposta in Commissione:
BURTONE. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
nell'ambito della vertenza Aligrup di Catania vi è una vicenda molto particolare e delicata che riguarda i lavoratori dell'Iperspar Centro Sicilia di Misterbianco;
si tratta di 100 lavoratori, i primi dismessi dall'Aligrup;
i suddetti lavoratori temono che, trascorsi i sei mesi dalla cessazione dell'attività, qualche imprenditore possa rilevare l'attività senza dare, come prevede l'accordo siglato, la priorità ai lavoratori ex Aligrup;
si tratterebbe di una vicenda grave che finirebbe per danneggiare lavoratori che hanno perso il lavoro scatenando una «guerra tra poveri» come nelle migliori tradizioni speculative;
infatti i nuovi acquirenti potrebbero assumere nuovi lavoratori beneficiando di sgravi fiscali e contributivi invece di riassorbire gli esuberi Aligrup;
le organizzazioni sindacali hanno rilanciato la vertenza dei lavoratori Centro Sicilia, su sollecitazione degli stessi licenziati, chiedendo un intervento immediato delle istituzioni –:
se e quali iniziative, nell'ambito della vertenza Aligrup, il Ministro intenda adottare per verificare quanto sta accadendo nei confronti dei lavoratori Iperspar Centro Sicilia di Misterbianco. (5-00280)
BARUFFI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
la nota catena tedesca di grande distribuzione OBI – B.B.C, srl è presente in provincia di Modena con diversi punti vendita, tra i quali lo stabilimento di Modena ovest;
a fronte della liberalizzazione delle aperture commerciali – introdotta da ultimo con l'articolo 31 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito con legge del 22 dicembre 2011 n. 214, che consente di organizzare il servizio di vendita al pubblico senza vincoli di orari e di giornate di apertura – OBI ha optato per un regime particolarmente intensivo di aperture, che comprende tutte le domeniche e le principali festività, dalle ore 8 alle ore 21;
il comune di Modena, in data 25 settembre 2011, ha raggiunto un accordo con le associazioni del commercio (piccola e grande distribuzione), pur ritenuto insufficiente dalle organizzazioni sindacali, che mira a salvaguardare i diritti dei lavoratori, dei piccoli esercenti e il rispetto delle ricorrenze civili e religiose, escludendo tra l'altro l'apertura nelle festività del 25 aprile, 1o maggio, lunedì dell'Angelo e 2 giugno;
OBI ha ritenuto, viceversa e unilateralmente, di non attenersi a questo codice a tutela dei cittadini-lavoratori, programmando (ed effettivamente praticando) l'apertura di alcuni punti vendita, tra cui lo stabilimento di Modena Ovest, nelle festività menzionate;
la scelta dell'azienda, non condivisa con i lavoratori, le rappresentanze aziendali e le organizzazioni sindacali, ha provocato la comprensibile resistenza degli stessi che, proprio in concomitanza di queste festività, hanno proclamato alcuni scioperi;
proprio in concomitanza con questi fatti, in data 6 maggio 2013, sono stati contestati al rappresentante sindacale aziendale signor Corrado Di Stefano – tramite formale «contestazione d'infrazione disciplinare», ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 300 del 1970 – presunti comportamenti scorretti verso i propri colleghi, tra cui, segnatamente, indebite pressioni sui colleghi a partecipare alle iniziative di lotta promosse dal sindacato e dalla RSA;
avverso a tale contestazione il signor Di Stefano ha presentato una propria memoria difensiva e a sua tutela si è attivato il sindacato;
a nulla valendo le ragioni esposte dal signor Di Stefano l'azienda, con propria comunicazione del 23 maggio 2013, ha provveduto alla risoluzione del rapporto di lavoro, ai sensi dell'articolo 2119 del codice civile;
conseguentemente si è ulteriormente inasprito lo scontro tra azienda e lavoratori, essendo opinione diffusa tra questi ultimi e del sindacato che il provvedimento assunto dall'azienda altro non sia che la conseguenza diretta dell'attività sindacale del signor Di Stefano e che quindi non solo si configuri un licenziamento senza giusta causa, ma che vi sia raggravante che questo rientri in un comportamento antisindacale teso a discriminare chi rappresenta i lavoratori;
saranno naturalmente le autorità preposte ad accertare i fatti e a dirimere la controversia legale che dal provvedimento è scaturita;
nei punti vendita Obi molti contratti sono part-time o di tipo precario: posta la crisi in cui versa il settore della distribuzione, stante il calo dei consumi registrato in questi anni da un lato; proprio la nuova organizzazione degli orari di lavoro sta rendendo molto più ricattabili i lavoratori – segnatamente le lavoratrici – che debbono concordare o subire turni di lavoro che contrastano con quelli della propria vita familiare, dall'altro;
il combinato disposto di questi due elementi rende il lavoro e la sua rappresentanza il fattore oggettivamente più debole nel settore della distribuzione, segnatamente di quella grande, dove sia il ricorso a forme contrattuali precarie, sia la presenza di mano d'opera femminile sono piuttosto significativi –:
se sia al corrente dei fatti riportati in premessa;
se il Governo, anche su iniziativa specifica del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, non ritenga necessario riconsiderare taluni contenuti del decreto-legge n. 201 del 2011, nel quale non trova alcuno spazio la tutela dei lavoratori, che pure sono insieme alle imprese e ai consumatori, una delle parti in causa della nuova disciplina;
se non ritenga utile monitorare con attenzione le ricadute che la nuova disciplina provoca sul lavoro, la sua organizzazione, i suoi diritti e la sua rappresentanza, essendo con ogni evidenza il lavoro e la condizione dei lavoratori e delle lavoratrici la posizione debole tra le parti in campo;
quali iniziative intenda assumere affinché la tutela dei lavoratori e della loro rappresentanza non sia unicamente affidata alle sedi giudiziali, ma trovi viceversa nell'iniziativa positiva del Governo un elemento di protezione e promozione.
(5-00287)
Interrogazioni a risposta scritta:
VARGIU. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
la situazione dei circa 1300 medici fiscali INPS presenta criticità composite ed eterogenee, alcune delle quali già affrontate dal sottoscritto nell'interrogazione n. 4-00472 del 16 maggio 2013;
dal 30 aprile 2013 l'INPS, in modo unilaterale ed improvviso, ha significativamente ridotto il numero delle visite fiscali d'ufficio, determinando una conseguente riduzione del novanta per cento del carico di lavoro dei medici fiscali;
i medici fiscali INPS prestano da anni la propria opera professionale per l'Istituto, spesso in modo esclusivo, con rapporti di lavoro atipico (collaborazione fiduciaria);
il compenso dei medici fiscali INPS è corrisposto «a prestazione», con la conseguenza che ad una riduzione del numero delle visite corrisponde una contrazione proporzionale della fonte di reddito dei medesimi;
molti dei sanitari INPS hanno un'età «critica», compresa tra i quaranta ed i cinquanta anni, sono difficilmente ricollocabili, lontani dall'età pensionabile, con famiglie a carico e con onerose contribuzioni ENPAM da versare;
risulta all'interrogante che, nel corso del 2012, l'INPS avrebbe effettuato importanti investimenti per dotare ciascuno dei 1300 medici fiscali di presidi informatici portatili e finanziato, per loro e per il personale amministrativo dell'Istituto, corsi di formazione e aggiornamento riconducibili al progetto di digitalizzazione ed informatizzazione dei certificati e delle visite di controllo;
le visite medico-legali perseguono la duplice finalità di far emergere eventuali comportamenti illeciti da parte dei lavoratori, ma soprattutto di agire come deterrente dell'assenteismo ingiustificato, fenomeno che lo Stato – specie nell'attuale sforzo di contenimento degli sprechi – è impegnato a contrastare con ogni mezzo;
la dirigenza INPS, in un recente incontro con i rappresentanti della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurgici e degli odontoiatri, avrebbe manifestato la propria determinazione di voler far decadere tutti gli incarichi dei medici fiscali attualmente in essere, venendo meno, in tal modo, agli impegni contenuti nel decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali 8 maggio 2008 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 7 luglio 2008, n. 157 che cristallizza la consistenza numerica dei sanitari iscritti nelle liste alla data del 31 dicembre 2007, in attesa di una generale rivisitazione del quadro normativo –:
se sia in grado di smentire le notizie circa la determinazione della dirigenza INPS di voler far decadere gli incarichi attualmente in essere dei medici fiscali INPS;
se non ritenga di dover esercitare ogni possibile iniziativa nei confronti dell'INPS affinché non si proceda al depotenziamento dell'attività di verifica fiscale cosa che determinerebbe pesanti ricadute sui livelli di occupazione dei medici incaricati, ma soprattutto sull'attività di prevenzione di fenomeni inappropriati di assenteismo. (4-00739)
COSCIA e MADIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 3, comma 3, della legge n. 68 del 1999 stabilisce che per i partiti politici, le organizzazioni sindacali e le organizzazioni che, senza scopo di lucro, operano nel campo della solidarietà sociale, dell'assistenza e della riabilitazione, la quota di riserva si computa esclusivamente con riferimento al personale tecnico-esecutivo e svolgente funzioni amministrative e l'obbligo di cui al comma 1 insorge solo in caso di nuova assunzione;
l'articolo 2, comma 5, del regolamento di esecuzione decreto del Presidente della Repubblica n. 333 del 2000 stabilisce che il personale tecnico-esecutivo e svolgente funzioni amministrative di cui all'articolo 3, comma 3, della legge n. 68 del 1999, è individuato in base alle norme contrattuali e regolamentari applicate dagli organismi stessi;
l'articolo 2, comma 6, del regolamento di esecuzione decreto del Presidente della Repubblica n. 333 del 2000 prevede che anche per gli enti e le associazioni di arte e cultura e per gli istituti scolastici religiosi, che operano senza scopo di lucro, soggetti ad obblighi di assunzione, la quota riservata si calcola sul personale tecnico-esecutivo e svolgente funzioni amministrative, successivamente alla verifica di possibilità di collocamento mirato di cui all'articolo 2 della legge n. 68 del 1999;
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con circolare n. 31 dell'8 agosto 2008 ha riconosciuto che «tali regole (per il calcolo della quota di riserva n.d.r.), invero, si discostano dal modello stabilito per la generalità dei datori di lavoro pubblici e privati, giacché un automatismo applicativo della disciplina del collocamento obbligatorio in questi peculiari ambiti potrebbe risultare penalizzante»;
con circolare ministeriale n. 31 del 18 marzo 2003 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – dipartimento dei servizi nel territorio – direzione generale per l'organizzazione dei servizi nel territorio – area della parità scolastica – ha riaffermato che «le scuole paritarie» sono assimilate alle istituzioni scolastiche statali e ha precisato che «per i soggetti gestori di scuole paritarie, che operano senza fini di lucro, la quota di riserva di cui alla legge 68/99 si computa esclusivamente con riferimento al personale tecnico esecutivo e svolgente funzioni amministrative con conseguente esclusione del corpo docente»;
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è l'organo che sovrintende a tutte le istituzioni scolastiche ed è competente ad emettere le direttive per le medesime istituzioni scolastiche;
nel nostro ordinamento vige il principio della parità scolastica –:
quale sia il criterio di computo della quota di riserva applicabile a un datore di lavoro quale una fondazione senza scopo di lucro che persegue finalità di promozione culturale ed educativa, scolastica e formativa con obiettivi di efficacia ed efficienza, riconosciuta scuola paritaria;
se il datore di lavoro, nel determinare la quota di riserva, sia tenuto ad applicare il criterio di computo generale oppure se tale datore di lavoro rientri nel campo di applicazione dell'articolo 3, comma 3, della legge n. 68 del 1999 per cui la quota di riserva per l'inserimento e l'integrazione dei soggetti di cui all'articolo 1 della legge n. 68 del 1999 si calcola, dopo la verifica della possibilità di collocamento mirato di cui all'articolo 2 della legge citata, esclusivamente sul personale tecnico-esecutivo e svolgente funzioni amministrative. (4-00745)
POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
BOBBA, FIORIO e BARGERO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
il riso costituisce una risorsa economica importante per molti Paesi, soprattutto a economia debole, e spinge spesso le istituzioni comunitarie a intraprendere negoziati che hanno come risultato finale l'ingresso nell'Unione europea di importanti quantitativi di riso a dazio agevolato o addirittura azzerato;
Roberto Magnaghi, Direttore Generale dell'Ente nazionale risi, attraverso un puntuale editoriale sul mensile Il risicoltore, numero di maggio 2013, esprime una forte denuncia relativamente ai negoziati internazionali che coinvolgono il riso;
in particolare nello stesso articolo si ripercorre la storia dei negoziati palesando le differenze tra quelli sino ad oggi posti in essere tra l'Unione europea, il Perù, la possibile estensione alla Colombia, così come con Costa Rica, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Panama e El Salvador, e i differenti accordi che la stessa Unione europea potrebbe stringere con i «Paesi del Mercosur», tra i quali figurano Brasile, Argentina e Uruguay, tre importanti Paesi produttori di riso, e soprattutto con Paesi come l'India, la Thailandia, il Vietnam, gli Usa e il Giappone;
nel caso dei Paesi sudamericani, secondo l'Ente nazionale risi «non si riscontrano minacce, considerato che siamo di fronte a piccoli Paesi produttori di riso i cui consumi sono superiori alle produzioni locali. Occorre però considerare che il mercato del Centro America non rappresenta nemmeno un'opportunità per la risicoltura comunitaria perché all'interno del negoziato non sono previsti contingenti di esportazione a favore della produzione dell'Unione europea»;
i negoziati che più danneggerebbero la filiera produttiva europea, compresa quella italiana, sarebbero da ricondursi a quelli che coinvolgono l'India, la Thailandia, il Vietnam, gli Usa e il Giappone, ovvero i più importanti esportatori di riso a livello mondiale che, messi insieme, esportano circa 27 milioni di tonnellate di riso, corrispondenti all'80 per cento del commercio globale;
il direttore Magnaghi scrive infatti: «le richieste indiane prevedono l'apertura di diversi contingenti di importazione nell'Unione europea per un totale di 250.000 tonnellate, mentre le controproposte dell'Unione europea prevedono concessioni per “sole” 100.000 tonnellate che, tuttavia, rappresentano più del 10 per cento del volume di prodotto importato nell'Unione europea in un anno»;
il Vietnam attualmente esporta verso l'Unione europea un quantitativo di riso poco importante e che si aggira sulle 20.000 tonnellate di prodotto base lavorato e i negoziati sono ancora in una fase preliminare essendo iniziati nell'autunno del 2012;
l'interrogante concorda con il direttore generale dell'Ente nazionale risi, il quale auspica che le importazioni dal Vietnam non vengano liberalizzate, atteso che lo stesso ha una capacità esportativa di 7 milioni di tonnellate in un anno e, a fortiori, sarebbe pregiudizievole accordare concessioni alla Thailandia, principale esportatore di riso verso l'Unione europea e con il quale sono state ufficialmente aperte le trattative dal marzo di quest'anno;
anche le trattative con gli Stati Uniti, che dovrebbero cominciare già nel corrente mese, potrebbero esporci alla concorrenza di un Paese che è in grado di esportare 3 milioni di tonnellate di riso all'anno e che per diverso tempo è stato il primo Paese esportatore di riso nell'Unione europea;
appare evidente come il passaggio da negoziati multilaterali, a negoziati bilaterali, così come a concessioni unilaterali effettuate dalla Commissione europea a Paesi bisognosi di alimentare il proprio sviluppo economico attraverso l'esportazione di propri prodotti agricoli, come per la Cambogia e il Myamar, rischiano di compromettere il commercio del riso comunitario con gravi conseguenze sulla filiera, in particolare quella italiana, che si ricorda, è concentrata nell'area piemontese di Vercelli, Novara e Pavia –:
quali iniziative si intendano porre in essere, in maniera urgente visti gli imminenti accordi di cui in premessa, nelle apposite sedi istituzionali comunitarie, al fine di tutelare la risicoltura europea ed italiana. (5-00273)
Interrogazione a risposta scritta:
CATANOSO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
in ossequio alle disposizioni internazionali e comunitarie in merito alla pesca del tonno rosso, è stato emanato il decreto ministeriale n. 10602 del 29 maggio 2013 che costituisce parte integrante del decreto ministeriale n. 8447 del 17 aprile 2013;
le previsioni regolamentari delle catture accessorie di tonno rosso, a giudizio dell'interrogante e delle principali associazioni di categoria, contengono passaggi di dubbia interpretazione e/o applicazione;
così recita il Punto 3.4 – «Catture Accessorie: Tutte le unità non espressamente autorizzate alla pesca del tonno rosso possono effettuare catture accessorie entro e non oltre un limite del 5 per cento del totale delle catture, calcolato: a. in base al peso e/o al numero, con riguardo a tutte le specie ittiche soggette alle disposizioni ICCAT (ALL. 2); b. in base al solo peso, con riguardo a tutte le altre specie ittiche. Resta, altresì, confermato, il limite massimo annuale di 750 chilogrammi, così come, a suo tempo, stabilito, dall'articolo 4 del decreto ministeriale 27 luglio 2000. Alle catture accessorie, anch'esse da imputarsi al contingente nazionale, si applicano integralmente le disposizioni in materia di porti designati, log-book, operazioni di sbarco e/o trasbordo, mentre non trovano applicazione le richiamate deroghe e/o eccezioni in materia di taglia minima. Al raggiungimento e/o esaurimento del contingente (indiviso) normalmente destinato alla copertura delle catture accessorie, questa Amministrazione si riserva la facoltà di disporne, con apposito provvedimento, l'interruzione immediata, consentendo il solo rigetto in mare di esemplari ancora vivi di tonno rosso. Gli esemplari morti, invece, dovranno essere obbligatoriamente sbarcati (secondo le regole previste), con conseguente azione sanzionatoria nei confronti del soggetto interessato. Ai sensi della vigente normativa comunitaria e nazionale, sono tassativamente vietate le catture accessorie di tonno rosso mediante l'impiego di «reti da posta fisse» e «reti ferrettare»;
il nostro, e tuttora vigente e superiore nella gerarchia delle fonti normative, codice penale all'articolo 42 recita testualmente: «Responsabilità per dolo o per colpa o per delitto preterintenzionale – Responsabilità obiettiva. Nessuno può essere punito per un'azione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non l'ha commessa con coscienza e volontà. Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l'ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge. La legge determina i casi nei quali l'evento è posto altrimenti a carico dell'agente come conseguenza della sua azione od omissione. Nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa.»;
la legge 24 novembre 1981 n. 689 capo I «Le Sanzioni Amministrative» sezione i «Princìpi Generali» recita testualmente: «Art. 3. Elemento soggettivo. Nelle violazioni cui è applicabile una sanzione amministrativa ciascuno è responsabile della propria azione od omissione, cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa. Nel caso in cui la violazione è commessa per errore sul fatto, l'agente non è responsabile quando l'errore non è determinato da sua colpa. Art. 4. Cause di esclusione della responsabilità. Non risponde delle violazioni amministrative chi ha commesso il fatto nell'adempimento di un dovere o nell'esercizio di una facoltà legittima ovvero in stato di necessità o di legittima difesa. Se la violazione è commessa per ordine dell'autorità, della stessa risponde il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine.»;
gli attrezzi da pesca reti da posta fisse, le reti ferretare e palangari fissi o derivanti sono attrezzi «passivi» per definizione che vengono lasciati in mare in una postazione fissa o in balia delle correnti e sono tali perché sono gli organismi marini che nei loro spostamenti vi incappano rimanendo intrappolati, o vi abboccano spontaneamente;
ciò comporta che, indipendentemente dalle specie bersaglio per cui è armato e calato l'attrezzo ed indipendentemente dalla volontà del pescatore, può avvenire che un tonno rosso rimanga imbroccato nelle reti e/o abbocchi agli ami innescati per le altre specie bersaglio;
sembrerebbe illogico ed irrealistico pensare di poter vietare le catture accidentali di tonno rosso negli attrezzi passivi, ancorché lo stesso tonno imbrocca e/o abbocca indipendentemente dalla volontà dell'incolpevole pescatore;
sembrerebbe altresì illogico ed irrealistico vietare un fatto accidentale, imprevedibile e/o casuale, indipendente dalla volontà del soggetto che cala l'attrezzo per una specie bersaglio ben definita;
i pescatori italiani e l'odierno interrogante vorrebbero conoscere, al di là di ogni ragionevole dubbio, la corretta gestione delle catture accidentali/accessorie di esemplari di tonno rosso morti durante la campagna del tonno rosso e, quindi, il comportamento da tenere per evitare le «tassativamente vietate» catture accessorie di tonno rosso mediante l'impiego di «reti da posta fisse» e «reti ferrettare», visto che gli stessi sistemi di pesca sono per definizione degli attrezzi passivi;
a giudizio dell'interrogante non sussistono i princìpi di diritto alla base del disposto normativo della direzione generale della pesca e dell'acquacoltura sulla cui presunta esistenza si baserebbe l’«azione sanzionatoria» di un comportamento rispettoso ed osservante delle «regole previste» senza che sia posta in essere nessuna «azione od omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa», se non un mero comportamento previsto dalla norma ancorché si sia verificato un fatto accidentale, imprevedibile e/o casuale, indipendente dalla volontà del soggetto che ha effettuato nello specifico una cattura accidentale/accessoria di tonno rosso;
il decreto ministeriale n. 10602 del 29 maggio 2013, a giudizio dell'odierno interrogante, è da rivedere, correggere ed integrare –:
quali iniziative di competenza abbia intenzione di adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-00740)
SALUTE
Interrogazioni a risposta scritta:
BRAMBILLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
secondo l'articolo 47 della direttiva europea 2010/63 sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, le autorità nazionali sono chiamate a contribuire allo sviluppo e alla convalida dei metodi alternativi. Gli Stati membri devono, infatti, fra l'altro, prendere misure che implementino i metodi alternativi, individuare laboratori specializzati e qualificati idonei alla realizzazione degli studi di convalida e promuovere gli approcci alternativi e la divulgazione delle relative informazioni;
a quanto ammonti il finanziamento per i metodi alternativi alla sperimentazione animale (sostituzione, riduzione e perfezionamento) negli anni 2010, 2011 e 2012 e come siano stati ripartiti tali fondi nelle tre rispettive aree;
quale sia la quota di fondi destinati allo sviluppo e validazione dei metodi alternativi per l'anno 2013 come richiesto dalla direttiva europea 2010/63 all'articolo 47, paragrafo 1 –:
in quali tempi intenda attuare la previsione dell'articolo 47, paragrafo 2 della direttiva citata, anche a prescindere dal recepimento di tale direttiva, i cui termini sono già scaduti, e quali laboratori nazionali siano candidati a ricoprire ruolo di punti di riferimento;
se siano stati presentati o approvati i piani di promozione per la diffusione dei metodi alternativi, come previsto dall'articolo 47, paragrafo 4, della direttiva e, in caso contrario, come e quando ritenga di renderli operativi a prescindere dal recepimento della direttiva che non potrà avvenire evidentemente entro la fine del 2013. (4-00738)
MOLTENI e MATTEO BRAGANTINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
dalla stampa si apprende che l'ex deputata Livia Turco dovrebbe essere il nuovo presidente dell’«Istituto Nazionale della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà», cosiddetto INMP;
tale istituto è stato istituito con decreto del Ministero della salute il 3 agosto 2007, in attuazione del comma 827 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, durante il Governo Prodi e con allora Ministro della salute la stessa Livia Turco, d'intesa con le sole regioni Lazio, Puglia e Sicilia;
dal sito di tale ente (www.inmp.it) nella sezione «chi siamo», non è dato apprendere chi siano i componenti di tale ente ma solo che: «Nato nel 2007 e stabilizzato nel 2012, l'Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti e per il contrasto delle malattie della Povertà (INMP) è un ente pubblico oggi centro di riferimento nazionale per l'assistenza sociosanitaria alle popolazioni migranti e alle fragilità sociali, nonché centro nazionale per la mediazione transculturale in campo sanitario»;
sempre sul sito delle possibile visionare alcune pubblicazioni di tale ente, tra cui «I Mondiali di Calcio in Sudafrica - Passioni sportive e salute» oppure «Lampedusa, porta d'Europa - Un sogno per non morire»;
sempre pubblicati sul sito sono riportati alcuni convegni dallo stesso organizzati o patrocinati, tra cui «La battaglia del Mediterraneo: scontro di uomini o di civiltà?» (mercoledì 18 maggio 2011 il Monastero delle Benedettine di Santa Cecilia a Roma) ed ancora un altro dal tema «diritti alla prova della crisi: riscattare il futuro e la felicità» (dal 24 al 26 febbraio 2011 a Napoli);
sempre tra i convegni patrocinati dall'INMP, ad esempio, risulta un «Incontro sulla proposta di legge “Disposizioni per la promozione e la tutela dell'esercizio dei diritti civili e sociali e la piena uguaglianza dei cittadini stranieri immigrati” (Sabato, 19 aprile 2008 a Roma, Cinema Reale), ed un altro a Lecce dal titolo «Il mare e il sogno – Oltre le dinamiche dei flussi migratori» (Lunedì 8 febbraio 2010) e sempre a Lecce «Un sogno per non morire», un incontro-dibattito con studenti e associazioni di immigrati;
ai sensi del comma 827 della legge n. 296 del 2006, le finalità dell'ente dovrebbero essere di «prevenzione, cura, formazione e ricerca sanitaria»;
con decreto 22 febbraio 2013, n. 256 è stato adottato dal Ministro della salute, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e il Ministro dell'economia e delle finanze, il nuovo regolamento dell'INMP –:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra e se ritenga che le attività e pubblicazioni, citate solo a titolo esemplificativo, rientrino tra gli obiettivi dell'INMP, quali siano stati i costi per le iniziative sopra citate, quali siano i protocolli di intesa e con quali regioni ad oggi siano stati avviati, se abbia intenzione di procedere alla proroga del progetto e ritenga utile provvedere al rifinanziamento dell'ente, considerato il forte momento di crisi, o invece di sospendere la funzionalità dell'ente, decretarne la chiusura e l'immediata cessazione dell'attività.
(4-00756)
D'UVA, GRILLO, RIZZO, VILLAROSA, CANCELLERI, PISANO e LOREFICE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
secondo l'articolo 32 dell'Accordo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici pediatri di libera scelta, ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 502 del 1992, «Fino alla stipula dei nuovi Accordi regionali, fatti salvi quelli già in essere, per ciascun ambito territoriale può essere iscritto un pediatra per ogni 600 residenti, o frazione superiore a 300, di età compresa tra 0 e 6 anni, risultante alla data del 31 dicembre dell'anno precedente tenendo anche conto dei cittadini residenti che hanno effettuato la scelta a favore di pediatri iscritti al di fuori dell'ambito»;
l'articolo 32 disciplina il cosiddetto «rapporto ottimale» che deve sussistere, secondo un calcolo proporzionale tra numero di residenti di età compresa tra 0 e 6 anni, che rappresenta la popolazione assistibile, e numero di pediatri necessari a soddisfare le esigenze mediche di questi, affinché si possa determinare il numero dei pediatri iscrivibili in un dato territorio affinché non si verifichi all'interno di questo né uno spreco di risorse né un contemporaneo esubero di pediatri di libera scelta, e di conseguenza, una inefficienza;
attualmente, a causa di modifiche degli ambiti territoriali, effettuate nel solo territorio della provincia di Messina e non su base regionale così come previsto dalla disciplina normativa, ovvero segnalazioni di inserimenti negli elenchi dei pediatri di libera scelta in palese e comprovato stato di quiescenza, nonostante la sussistenza di tale stato comporti una incompatibilità, così come disposto dall'accordo collettivo nazionale dei pediatri in base al previsto divieto di inserimento negli elenchi, il rapporto ottimale nella provincia di Messina è stato fortemente alterato, arrivando nella sola città di Milazzo a raggiungere il rapporto di un pediatra per ogni 300 residenti assistibili, e facendo nascere il legittimo sospetto che le evidenti forzature delle disposizioni normative e pattizie, si siano rese necessarie per l'inserimento, negli elenchi dei pediatri di libera scelta, di soggetti non titolari di tale diritto;
la recente giurisprudenza di merito ha affermato, in una sentenza emessa dal Consiglio di Stato, Sezione V, il 26 marzo 2009, come benché l'Accordo ha inteso riservare, secondo quanto disposto dal già citato articolo 32, comma 8, alla contrattazione nazionale la definizione generale del rapporto ottimale in tutte le regioni, riservando alle singole regioni di determinare caso per caso e successivamente alla negoziazione regionale (cui è demandato fornire il quadro d'insieme dell'assistenza massimalista) la definizione delle singole eccezioni, nella misura massima del 30 per cento di variazione del rapporto di base, le regioni non possono, rideterminare aprioristicamente il rapporto ottimale medico-assistito per ambiti generali, senza alcun quadro d'insieme, come prescritto dall'articolo 4 dell'accordo, e senza alcuna espressa motivazione che giustifichi l'aumento del rapporto ottimale –:
se quanto riportato in premessa possa compromettere i livelli essenziali di assistenza. (4-00761)
SVILUPPO ECONOMICO
Interpellanza:
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
in occasione dei controlli alla circolazione stradale effettuati, nell'ultimo biennio, dalle forze dell'ordine si è andato registrando, con sempre maggiore frequenza, che molti veicoli circolano senza la obbligatoria copertura assicurativa per la responsabilità civile;
è tuttora in corso il procedimento per l'istituzione dell'archivio telematico dei veicoli a motore sprovvisti di assicurazione per la responsabilità civile, di cui al combinato disposto degli articoli 31, secondo comma, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 e 7 del decreto ministeriale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
il dato ha suscitato allarme, tanto da aver indotto l'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA) e l'Automobili Club Italiano (ACI) ad effettuare un apposito studio, dal quale è risultato che, sul territorio nazionale, sarebbero circa 4,4 milioni i veicoli che si arrischiano a circolare senza una polizza assicurativa, e cioè circa il 10 per cento del totale delle automobili in movimento;
la più significativa, tra le ragioni che inducono gli automobilisti a sottrarsi all'obbligo di assicurarsi, pare essere rappresentata dal costante aumento del prezzo delle polizze assicurative, aumento che va a sommarsi agli ulteriori costi, anch'essi in costante lievitazione, connessi all'uso dei mezzi di trasporto privati (auto, moto, e altri), e si inserisce, per di più, in una fase di difficoltà economica la cui gravità è a tutti nota;
il dato oggettivo del progressivo incremento dei costi delle polizze assicurative e l'entità, davvero significativa, degli aumenti via via introdotti, oltre a rivelarsi sostanzialmente immotivato – se raffrontato quanto è accaduto in altri Paesi europei confrontabili al nostro, per numeri di sinistri, veicoli circolanti e quantità di frodi assicurative riscontrate – si coniuga a un ulteriore aspetto, non meno ingiustificato, rappresentato dalla radicale differenza dei costi di assicurazione praticati nelle diverse province italiane, con una grave penalizzazione delle aree del Sud Italia;
utile traccia, per la individuazione delle cause dell'andamento dei premi e dei costi relativi al mercato dell'assicurazione della responsabilità civile da circolazione dei veicoli, è rappresentata dall'indagine conoscitiva, realizzata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato nel maggio del 2010, che ha messo in luce le implicazioni concorrenziali della disciplina attuativa della procedura di risarcimento diretto, chiarendo come la dinamica dei premi e dei costi sia sostanzialmente imputabile a una «debole tensione competitiva tra le compagnie assicurative»;
lo studio appena citato conferma la indifferibilità della approvazione dei provvedimenti attuativi conseguenti alle misure di liberalizzazione di cui ai decreti-legge 24 gennaio 2012, n. 1 e 18 ottobre 2012, n. 179, con particolare riferimento alle riduzioni dei costi conseguenti alle installazioni delle «scatole nere» sui mezzi, e alla definizione del «contratto base» per la responsabilità civile auto;
deve porsi, inoltre, sollecito rimedio a questa sopraggiunta situazione di rischio per gli utenti della strada, arginando al tempo stesso gli effetti della non trasparente gestione dei rapporti con l'utenza –:
se intenda adottare ogni utile iniziativa, per quanto di competenza, volta a:
a) introdurre, nell'immediato, correttivi e integrazioni alla normativa vigente in materia assicurativa da circolazione stradale, a partire dalla introduzione di strumenti di verifica dei fattori statistici che vengono utilizzati dalla compagnie per la quantificazione dei costi assicurativi nelle diverse province italiane;
b) rideterminare la tempistica per la denuncia dei sinistri, fissando un termine perentorio per la denuncia perché la trattazione e definizione dei sinistri stessi sia attivata in tempi certi;
c) rideterminare le sanzioni penali per i reati di frode assicurativa, perché risultino più incisive le azioni di contrasto al fenomeno, inasprendo le pene di cui all'articolo 642 c.p. per il reato di frode assicurativa;
d) introdurre il divieto di cessione dei crediti assicurativi per contrastare possibili speculazioni in fase di risarcimento dei sinistri;
e) favorire la mobilità degli assicurati tra compagnie assicuratrici predisponendo strumenti adeguati, perché l'utenza possa confrontare tra loro i prezzi praticati dalle diverse compagnie;
f) garantire ai contraenti il più agevole passaggio da una compagnia a un'altra, nei limiti di durata contrattuale, senza che siano applicabili, in ragione del passaggio, peggioramenti delle classi di merito applicate;
g) definire con la massima sollecitudine i provvedimenti attuativi conseguenti alle misure di liberalizzazione di cui ai decreti-legge n. 1 e 179 del 2012 citati, con particolare riferimento alle riduzioni dei costi connessi alle installazioni delle «scatole nere» sui mezzi, e alla definizione del «contratto base» per la responsabilità civile veicoli.
(2-00080) «Valeria Valente, Impegno, Paolucci».
Interrogazioni a risposta in Commissione:
PICIERNO, LODOLINI, RICCIATTI, LAVAGNO, AMENDOLA, DEL BASSO DE CARO, LUCIANO AGOSTINI, MANZI, MARCHETTI, VALIANTE, CHAOUKI, SCOTTO, VACCARO, CARBONE, CARRESCIA, PETRINI, MANFREDI, COCCIA, TARTAGLIONE, SALVATORE PICCOLO e AIRAUDO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
Indesit Company ha annunciato 1.425 esuberi, dei quali 25 dirigenti, 150 impiegati e i restanti operai suddivisi tra le fabbriche di Caserta (540) in Campania, Fabriano (480) e Comunanza (230) nelle Marche;
la notizia è stata diffusa da fonti sindacali mentre a Roma era in corso una riunione tra le segreterie nazionali di Fiom, Fim e Uilm e i vertici dell'azienda;
il piano di «salvaguardia e razionalizzazione dell'assetto in Italia» sarebbe nato dalle difficoltà di mercato di Indesit e avrebbe l'obiettivo di concentrare nei tre poli italiani le produzioni ad alto contenuto di innovazione e tecnologia, mentre sarebbero destinate a Polonia e Turchia «le produzioni italiane non più sostenibili»;
il piano sarebbe volto a ridisegnare, tra il 2013 e il 2016, la missione strategica dei tre poli industriali italiani: Fabriano (Ancona) che dovrebbe diventare driver dell'innovazione per i forni da incasso; Comunanza (Ascoli Piceno) per le lavabiancheria a carica frontale e Caserta per frigoriferi e piani cottura a gas da incasso;
nonostante l'azienda preveda 70 milioni di euro di investimenti in Italia nel triennio 2014-2016, la prima concreta azione è l'individuazione di 1.425 esuberi, a seguito della quale i sindacati hanno annunciato quattro ore di sciopero in tutti gli stabilimenti –:
quali misure urgenti intenda assumere per individuare ogni soluzione possibile a sostegno dell'occupazione dei dipendenti coinvolti;
se, a tal fine, intenda convocare un incontro urgente per approfondire i contenuti del piano di riassetto di Indesit in Italia, con particolare riguardo al futuro produttivo degli stabilimenti italiani. (5-00274)
SENALDI, BENAMATI, RAMPI, MARANTELLI, GADDA e MAURI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per gli affari europei. — Per sapere – premesso che:
in seguito alla liberalizzazione del mercato dei servizi a terra, SEA spa ha costituito SEA Handling spa, operativa dal 1° giugno 2002 e attiva nella fornitura handling alle compagnie aeree che le affidano in tutto o in parte le attività di biglietteria, check-in, imbarco e sbarco dei passeggeri, lost & found, assistenza particolare ai passeggeri, carico e scarico di bagagli, merci e posta, assistenza degli aeromobili per la pulizia e altre attività da svolgere durante la sosta;
Sea Handling SpA è oggi a rischio fallimento per un pronunciamento della Commissione europea che ha imposto alla società di restituire 360 milioni di euro ricevuti dalla controllante SEA spa, nel decennio trascorso, per il ripiano delle perdite;
avverso la presa di posizione della Commissione europea che considera il ripiano delle perdite alla stregua di aiuti di stato e ne chiede la restituzione, sono stati presentati tre ricorsi: da Sea Handling il 15 marzo, da comune di Milano il 18 marzo, dallo Stato italiano il 4 marzo;
l'esito dei ricorsi richiede circa due anni, nel frattempo il consiglio di amministrazione di Sea Handling ha deciso di non inserire a bilancio la restituzione dei 360 milioni di euro di presunti aiuti di Stato decisa dall'Unione europea;
si tratta di un passaggio importante per la sopravvivenza della società e per tranquillizzare i circa 2450 dipendenti, nella prospettiva che, nel frattempo, possa essere trovata una soluzione definitiva;
le associazioni imprenditoriali e sindacali della provincia di Varese hanno di recente inviato al Presidente del consiglio e al Ministro dello sviluppo economico, una lettera in cui si chiede un intervento deciso da parte del Governo per ribadire, in sede europea, la necessità di risolvere positivamente la vertenza che vede coinvolta la società SEA Handling in modo da evitare le conseguenze che, un'eventuale chiusura, avrebbe sul piano occupazionale ed economico;
ciò in una provincia che sta già soffrendo pesantemente per la congiuntura economica e che presenta, per la prima volta, uno dei tassi di disoccupazione più elevati tra le province lombarde (8,5 per cento contro una media del 7,5 per cento) –:
quali misure il Governo, intenda assumere per opporsi alla sanzione della Commissione europea scongiurando la liquidazione di Sea Handling e una ulteriore crisi aziendale destinata a concludersi con la perdita di 2.450 posti di lavoro;
se intenda ribadire il riconoscimento del ruolo di Malpensa, come indicato nel Piano nazionale dei trasporti, anche in previsione dell'evento EXPO 2015 che rappresenterà una vetrina importante per il nostro Paese e per le attività produttive italiane in particolare. (5-00275)
RUBINATO, BENAMATI e ROTTA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, prevede, al fine di promuovere l'ampliamento della base produttiva e occupazionale, lo sviluppo di una nuova imprenditorialità nelle aree economicamente svantaggiate del Paese, nonché la diffusione di forme di autoimpiego, la concessione di una serie di incentivi in favore dell'auto imprenditorialità e dell'autoimpiego;
in attuazione del citato decreto legislativo sono stati erogati nell'arco temporale 2000-2012 incentivi per complessivi circa 4 miliardi di euro che hanno consentito l'avvio di nuove iniziative imprenditoriali con conseguente creazione di un significativo numero di posti di lavoro per un totale di circa 180 mila nuovi occupati, oltre all'occupazione aggiuntiva creata dall'indotto di tali attività; in particolare, una percentuale significativa degli aspiranti beneficiari sono stati donne e giovani (rispettivamente il 44 per cento e il 51 per cento del totale);
l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo dell'impresa (Invitalia), in qualità di soggetto gestore della selezione e dell'erogazione dei predetti incentivi, aveva già segnalato l'insufficienza dei fondi stanziati a tale scopo e dunque la necessità di prevedere ulteriori assegnazioni al fine, di garantire la continuità operativa delle attività oggetto dell'intervento normativo, circostanza quest'ultima riportata poi anche nella determinazione n. 15 del 2013 della sezione del controllo sugli enti della Corte dei conti recante il risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della suddetta Agenzia per l'esercizio 2011;
nella Gazzetta Ufficiale n. 96 del 24 aprile 2013 è stato pubblicato l'avviso con cui Invitalia ha reso noto l'avvenuto esaurimento delle risorse finanziarie disponibili in riferimento agli incentivi da erogare per gli interventi sopra indicati, con conseguente impossibilità di soddisfare ulteriori domande di agevolazione;
il Presidente del Consiglio dei ministri Enrico Letta, nel corso delle comunicazioni sulle linee programmatiche del Governo rese il 29 aprile 2013 alla Camera dei deputati, ha affermato in particolare che, al fine di rilanciare il futuro industriale del Paese, occorre «scommettere sullo spirito imprenditoriale» e realizzare «una politica industriale moderna che valorizzi i grandi attori, ma anche e soprattutto le piccole e medie imprese che sono e rimarranno il vero motore dello sviluppo del nostro Paese» e in particolare favorisca «l'intraprendenza dei giovani» e delle donne –:
se il Governo intenda adottare con urgenza iniziative, anche normative, volte a consentire il proseguimento degli interventi agevolativi previsti dal citato decreto legislativo n. 185 del 2000. (5-00283)
Apposizione di firme a mozioni.
La mozione Gregori e altri n. 1-00034, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 maggio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Ascani, Bonomo, Narduolo.
La mozione Marcon e altri n. 1-00051, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 maggio 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gasbarra.
Apposizione di una firma ad una interrogazione.
L'interrogazione a risposta scritti Nicola Bianchi e altri n. 4-00717, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 5 giugno 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Tofalo.
Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Catalano n. 5-00248 del 4 giugno 2013.
Ritiro di una firma da una interpellanza.
Interpellanza urgente Bobba e altri n. 2-00076, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 giugno 2013: è stata ritirata la firma del deputato Coppola.
ERRATA CORRIGE
Mozione Migliore e altri n. 1-00045 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 19 del 20 maggio 2013. Alla pagina 1170, seconda colonna, alla riga trentanovesima, deve leggersi: «tempore, in data 24 febbraio 2010, ha» e non «tempore, in data 24 novembre 2010, ha», come stampato.
Mozione Ascani e altri n. 1-00070 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 29 del 5 giugno 2013. Alla pagina 1723, seconda colonna, dalla riga quattordicesima alla riga diciassettesima, deve leggersi: «(1-00070) “Ascani, Calabria, Tinagli, Prataviera, Giorgia Meloni, Alfreider, Speranza, Bonomo, Boschi, Bosco, Braga, Capozzolo,”» e non «(1-00070) “Ascani, Calabria, Tinagli, Prataviera, Giorgia Meloni, Speranza, Bonomo, Boschi, Bosco, Braga, Capozzolo,”», come stampato.