XVII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 123 di giovedì 21 novembre 2013
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI
La seduta comincia alle 9,40.
EDMONDO CIRIELLI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Gioacchino Alfano, Alfreider, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Caparini, Carbone, Costa, Luigi Di Maio, Fico, Gebhard, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Leone, Leva, Antonio Martino, Merlo, Meta, Pisicchio, Portas, Ravetto, Speranza, Tabacci e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,43).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Sull'ordine dei lavori (ore 9,44).
ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Signor Presidente, abbiamo ritenuto di non intervenire sul processo verbale, però volevamo richiamare alla sua attenzione un fatto che è accaduto ieri. Nel corso della seduta di ieri il deputato Buonanno è intervenuto classificando, richiamandosi e riferendosi a un nostro collega deputato come «omosessuale». Allora, noi non possiamo accettare che ci sia una classificazione, un'identificazione e un richiamo ai colleghi in base al loro orientamento sessuale, al loro orientamento religioso, al loro orientamento di qualsiasi tipo. È assolutamente inaccettabile.
Poi, il collega Scalfarotto è anche incorso nella provocazione e si è fatto prendere da una provocazione evidente. Però, mentre lui è stato richiamato – e io credo che sia stato corretto farlo –, questo non è accaduto per il collega Buonanno e io penso assolutamente non per una scelta della Presidenza, ma per il clima che c'era nell'Aula, per cui è sfuggita l'affermazione del collega.
Però, penso che sia corretto che questo venga lasciato agli atti e che sia chiaro che noi non possiamo più accettarlo, perché non è la prima volta che avviene una Pag. 2provocazione di tal tipo, ma è una prassi ormai consolidata, in particolare da parte del collega Buonanno, che noi riteniamo debba essere stigmatizzata con energia e con forza dalla Presidenza, con i provvedimenti che la Presidenza stessa riterrà necessari.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Rosato. Prendo atto della sua precisazione.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 10.
La seduta, sospesa alle 9,45, è ripresa alle 10,05.
Seguito della discussione del disegno di legge: Conversione in legge del decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, recante misure urgenti di riequilibrio della finanza pubblica nonché in materia di immigrazione (A.C. 1690-A).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge n. 1690-A: Conversione in legge del decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, recante misure urgenti di riequilibrio della finanza pubblica nonché in materia di immigrazione.
Ricordo che nella seduta di ieri la Presidenza si era riservata di valutare l'ammissibilità dell'articolo aggiuntivo 2.0500 della Commissione. L'articolo aggiuntivo, che riprende in larga parte i contenuti dell'emendamento Fraccaro 2.145, dichiarato inammissibile, riguarda la facoltà di recesso da parte delle pubbliche amministrazioni dai contratti di locazione di immobili. In proposito ricordo che tale proposta emendativa, come già confermato dal presidente della V Commissione (Bilancio) Francesco Boccia, è stata adottata dal Comitato dei nove all'unanimità dei rappresentanti dei gruppi. Successivamente sulla stessa hanno manifestato il proprio consenso anche le presidenze di tutti i gruppi in Assemblea. In via eccezionale e solo in considerazione di tale ultima circostanza, la Presidenza ritiene di ammetterlo al voto. Su tale articolo aggiuntivo la I Commissione (Affari costituzionali) ha espresso il prescritto parere, che è in distribuzione.
Avverto che, su richiesta dei gruppi, è stata disposta la ripresa diretta televisiva delle dichiarazioni di voto finale, a partire dalle ore 13.
(Ripresa esame dell'articolo unico – A.C. 1690-A)
PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A della seduta del 20 novembre 2013 – A.C. 1690-A).
Ricordo che le proposte emendative presentate sono riferite agli articoli del decreto-legge nel testo recante le modificazioni apportate dalla Commissione (Vedi l'allegato A – A.C. 1690-A).
Ricordo che nella seduta di ieri è stato da ultimo approvato l'emendamento 1.501 della Commissione.
Passiamo, dunque, alla votazione dell'emendamento Guidesi 1.17.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guidesi. Ne ha facoltà.
GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, l'emendamento in questione fa un po’ riferimento alle tante discussioni e dibattiti che abbiamo avuto in sede di Commissione bilancio rispetto alla finanza locale. Questo provvedimento contiene un articolo intero sulla finanza locale, inasprendo i coefficienti del Patto di stabilità e i limiti di rispetto del Patto di stabilità per il 2013 e cancellando i premi ai comuni virtuosi.
Con questo emendamento noi chiediamo l'esclusione del Patto di stabilità per quei comuni fino ai 5 mila abitanti per l'anno 2013.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pag. 3Guidesi 1.17, con il parere contrario di Commissione e Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Colleghi, se prendete posto, perché poi, aperta la votazione, stiamo un'ora e mezza... Colleghi, se liberiamo l'emiciclo qui davanti e prendiamo posto, sennò stiamo un'ora e mezza ad aspettare che tutti vadano al proprio posto...
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Ricordo che l'inizio della seduta era alle ore 9,30. Aspettiamo gli ultimi colleghi che stanno uscendo da casa... Sblocchiamo la postazione dell'onorevole Madia. Su colleghi, che il sole è già alto ! Onorevole Cicu ? Non con il bancomat, onorevole Cicu, provi a rivotare. Aiutate l'onorevole Cicu. Presidente Cicu, posso domandarle di votare, per questa occasione, dal banco del Comitato dei nove ? Abbiamo votato tutti ? C’è qualcun altro che sta parcheggiando... Aspettiamo, senza fretta. Ricordo che alle ore 13 inizierà la diretta televisiva. Al Senato chiudono le porte quando si inizia la votazione, proprio per questa ragione. Onorevole Bianconi... Ci mancherebbe: che non si dica che si è votato senza l'onorevole Bianconi. Latronico ha votato ? Perfetto, anche in difformità dal gruppo, perfetto. Onorevole Romano ? È rientrato il dissenso... Collega Villarosa, buongiorno, ben arrivato, siamo in votazione. A questo punto dovremmo veramente essere tutti. Onorevole Giacomoni, ci mancherebbe... Anche Famiglietti, certo. Abbiamo veramente votato tutti ? Famiglietti, gliela sblocchiamo: se preme il tasto anziché «smucinare» la postazione ... È sbloccata con la chiama del suo nome.
A questo punto veramente, incredibilmente, dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 369
Votanti 366
Astenuti 3
Maggioranza 184
Hanno votato sì 16
Hanno votato no 350).
(I deputati Carlo Galli, Capodicasa e Genovese hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e il deputato Pagani ha segnalato che non è riuscito a votare).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Guidesi 1.9.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guidesi. Ne ha facoltà. Intanto invito i tecnici a risolvere il problema della postazione dell'onorevole Cicu.
GUIDO GUIDESI. Devo parlare finché i tecnici hanno finito ? Ho il tempo dei tecnici ? Con questo emendamento, Presidente...
PRESIDENTE. Colleghi, lasciamo parlare l'onorevole Guidesi, per cortesia ! Prego.
GUIDO GUIDESI. ... noi vorremmo chiarire un aspetto che non ci è stato chiarito né in Commissione né nella relazione tecnica di questo decreto, cioè come viene utilizzato questo nuovo fondo che risponde all'eccezionale afflusso di immigrati nel Paese. Per questo noi chiediamo che siano le Commissioni a comporre un atto di indirizzo da mandare al Ministero dell'interno, il quale provvederà all'utilizzo del fondo, perché così com’è l'articolo e così com’è il decreto nessuno sa in che modo verranno utilizzati questi fondi e a chi andranno.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Guidesi 1.9, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Ventricelli... Cariello... Giacomelli... Marazziti... Vella... senza mettere a repentaglio... Romano... Villecco Calipari...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 374
Votanti 373
Astenuti 1
Maggioranza 187
Hanno votato sì 17
Hanno votato no 356).
(I deputati Capodicasa e Genovese hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e il deputato Pagani ha segnalato che non è riuscito a votare).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boccadutri 1.1, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Misuraca, Cariello, Ventricelli, Nardi, Gigli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 379
Votanti 378
Astenuti 1
Maggioranza 190
Hanno votato sì 107
Hanno votato no 271).
(I deputati Capodicasa e Genovese hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e il deputato Pagani ha segnalato che non è riuscito a votare).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boccadutri 1.2, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Ventricelli, Bolognesi, Abrignani, D'Arienzo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 386
Votanti 315
Astenuti 71
Maggioranza 158
Hanno votato sì 43
Hanno votato no 272).
(Il deputato Zan ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole, il deputato Genovese ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e il deputato Pagani ha segnalato che non è riuscito a votare).
Passiamo all'emendamento Lenzi 1.123, su cui vi è un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario.
Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Lenzi 1.123 accedono all'invito al ritiro.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.500 della Commissione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.500 della Commissione, con il parere favorevole del Governo e con il parere contrario del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Cicu, Pizzolante...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 394
Votanti 391
Astenuti 3
Maggioranza 196
Hanno votato sì 368
Hanno votato no 23).
(La deputata Di Salvo ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole; il deputato Genovese ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e il deputato Pagani ha segnalato che non è riuscito a votare).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.500 della Commissione, con il parere favorevole del Governo e del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Piepoli, Totaro, Cicu...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 400
Votanti 399
Astenuti 1
Maggioranza 200
Hanno votato sì 398
Hanno votato no 1).
(Il deputato Genovese ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e il deputato Pagani ha segnalato che non è riuscito a votare).
Ricordo che l'emendamento Guerra 2.31 è stato precluso dall'approvazione dell'emendamento 2.500 della Commissione.
Adesso dovremmo passare alla votazione dell'emendamento Guidesi 2.14 – e mi rivolgo in particolare al relatore di minoranza, onorevole Guidesi, che è presentatore dell'emendamento –, che in parte è precluso: sopravvive soltanto il primo capoverso, recante «sopprimere il comma 2», che è identico all'emendamento successivo Currò 2.100; di conseguenza, li porremo in votazione congiuntamente, entrambi con il parere contrario della Commissione e del Governo e, ovviamente, con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guidesi. Ne ha facoltà. Intanto prego i colleghi di prendere posto.
GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, noi chiediamo di sopprimere il comma 2 per questo motivo: per quanto riguarda la destinazione del Fondo di solidarietà, se le entrate non vanno a far parte del Patto di stabilità – per cui noi abbiamo presentato un emendamento chiedendo che anche le spese di questo Fondo non facessero parte del Patto di stabilità, per cui non gravassero sui limiti e i coefficienti dei comuni – questi comuni ricevono i soldi, ma non possono spenderli. Pertanto, o togliamo anche il fatto che le entrate non vadano a farne parte, o meglio che vadano a far parte dei vincoli del Patto di stabilità in maniera tale che i comuni li possano spendere, o questi fondi, tanti o pochi che siano, i comuni saranno impossibilitati a spenderli.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Guidesi 2.14 nella parte non preclusa e Currò 2.100, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Burtone, Ventricelli, Tartaglione, Carrescia, Pagano...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 408
Votanti 405
Astenuti 3
Maggioranza 203
Hanno votato sì 115
Hanno votato no 209).
(Il deputato Genovese ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boccadutri 2.8, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Ventricelli, Capua, Rostan...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 400
Maggioranza 201
Hanno votato sì 118
Hanno votato no 282).
(I deputati Piccione, Picierno, Giorgetti e Genovese hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Guidesi 2.19.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guidesi. Ne ha facoltà.
GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, questa è la conseguenza dell'emendamento che la maggioranza ha deciso di bocciare precedentemente. Noi con questo emendamento chiediamo che anche le spese del contributo che arriva ai comuni non siano considerate nel Patto di stabilità interno, altrimenti, realisticamente, questi fondi non potranno essere spesi dai comuni, ed è solo ed esclusivamente una questione strumentale, con cui si fa vedere che il Governo dà qualcosa ai comuni – ben poco ! – ma purtroppo i comuni non potranno spenderli.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Guidesi 2.19, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Ventricelli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 408
Votanti 403
Astenuti 5
Maggioranza 202
Hanno votato sì 92
Hanno votato no 311).
(I deputati Marcon e Genovese hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e il deputato Piccione ha segnalato che non è riuscito a votare).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Currò 2.140, con il parere contrario della Commissione e del Governo e sul quale il relatore di minoranza si è rimesso all'Assemblea.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Marcon...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 397
Votanti 352
Astenuti 45
Maggioranza 177
Hanno votato sì 68
Hanno votato no 284).
(Il deputato Genovese ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario, i deputati Nicchi, Marcon, Molteni hanno segnalato che avrebbero voluto astenersi e la deputata Ciprini ha segnalato di aver espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole).
Pag. 7 Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Castelli 2.141, con il parere contrario della Commissione e del Governo e sul quale il relatore di minoranza si è rimesso all'Assemblea.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Ricciatti, Lavagno, Marcon, Frusone...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 420
Votanti 374
Astenuti 46
Maggioranza 188
Hanno votato sì 77
Hanno votato no 297).
(Il deputato Genovese ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.501 della Commissione, con il parere favorevole del Governo e del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Ventricelli, Tartaglione, Manciulli, Grillo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 419
Maggioranza 210
Hanno votato sì 409
Hanno votato no 10).
(I deputati Genovese e Pini hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Castelli 2.33, con il parere contrario della Commissione e del Governo e sul quale il relatore di minoranza ha espresso parere favorevole.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Castelli. Ne ha facoltà.
Prego i colleghi dietro l'onorevole Castelli di permetterle di parlare.
LAURA CASTELLI. Signor Presidente, questo emendamento merita di essere discusso perché per noi è molto importante...
PRESIDENTE. Un po’ tutti.
LAURA CASTELLI. Perché segue un lavoro che è stato fatto o almeno noi ci abbiamo provato. È giusto che i cittadini sappiano che cosa accadrà nei propri comuni nei prossimi mesi e, sicuramente, nel prossimo anno.
La questione è la seguente: il Governo decide di comunicare all'Europa il dato del 3 per cento, mentre il Parlamento italiano, il Paese produce il 3,1 per cento. Dunque, ci fermiamo tutti quanti per fare questa manovrina, cosiddetta manovrina, per recuperare il famoso miliardo e 600 milioni di euro. Forse, è l'ora che i cittadini sappiano dove questo Governo ha deciso di prendere questo miliardo e 600 milioni di euro; lo prende esattamente dai Patti di stabilità dei comuni, inasprendoli dello 0,8 per cento.
L'inasprimento del Patto di stabilità per un comune, comunicato a novembre per il 2013, genera un danno che per alcuni può sembrare nullo, ma, vi assicuro, chiedetelo ai comuni stessi, chiedetelo ai cittadini, produrrà degli effetti a catena di cui si vedranno le conseguenze.
Ora, ci è stato detto che questo emendamento non può essere accolto perché ormai questo decreto-legge, scritto il 15 ottobre, ha già attivato delle procedure da parte dei comuni. Benissimo, io non riesco a capire: un decreto-legge per mettere a posto un errore del Governo – perché potevamo tranquillamente dire all'Europa la verità e, quindi, dire che siamo al 3,1 per cento e non al 3 per cento – che noi in Parlamento non possiamo modificare; Pag. 8non possiamo modificare non perché non se ne abbia la facoltà, ma perché, di fatto, emettere un atto il 15 di ottobre significa che i comuni si sono già adeguati; e, allora, noi che cosa ci stiamo a fare in quest'Aula ? Questo lo chiedo, lo voglio chiedere a lei, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Oltretutto, questo emendamento aveva le coperture, poi il Governo può dire che non gli piacciono, ma queste sono le stesse coperture che il Governo ha usato sullo stesso decreto-legge per altre cose.
Ma di cosa si parla effettivamente ? Perché così i cittadini possono capire fino a dove si spinge il Governo per far pesare i propri errori sui comuni.
Allora, questa nostra copertura fa semplicemente altri assorbimenti di impegni non spesi all'interno dei ministeri. Bene, noi vogliamo sapere, a novembre, che cos’è che ogni ministero spenderà ancora e che cosa no, perché allora noi qui non riusciamo a capire: ci sono dei costi che possono essere prelevati in qualunque momento e ce ne sono altri che – Dio solo sa per quale ragione – non si possono toccare.
Ma il punto fondamentale è la scelta di non ascoltare i comuni, di non ascoltare neanche l'ANCI che addirittura ha fatto un comunicato stampa un mese fa. Dopodiché, ha smesso di fare questa battaglia; ha smesso perché ci è stato detto «la politica ha deciso così». Quindi, qui io metterei in dubbio anche il potere che l'ANCI ha rispetto a questo Parlamento, rispetto a questo Governo, dal momento che sono esponenti politici che voi conoscete bene.
In ogni caso il dato è inquietante, ve ne state fregando del Patto di stabilità dei comuni e abbiamo anche sentito dire che non è un problema, perché tanto che cosa succederà contabilmente ? Che quelle liquidità che sono state generate, create per pagare degli investimenti da qua a fine anno saranno semplicemente spostate per coprire il Patto di stabilità. Io non so se a voi sembra normale ! In una azienda privata certo questo sarebbe pazzesco.
Vedo che il tema non interessa, il brusio è tantissimo, mi chiedo chi è oggi in Parlamento cosa dirà ai propri cittadini nei propri comuni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Marchi. Ne ha facoltà.
MAINO MARCHI. Signor Presidente, la questione che è stata posta è certamente una questione di grande rilievo, e la sensibilità sulla questione del Patto di stabilità interno noi ce l'abbiamo pienamente e, tra l'altro, la dimostrazione sta nel fatto che nel disegno di legge di stabilità c’è un'inversione di tendenza rispetto a quello che è successo in questi anni e si cambia direzione, si allenta il Patto per un miliardo.
Detto questo, è evidente che non è poca cosa il fatto di intervenire alla fine dell'anno e ancora di inasprirlo. E quindi comprendiamo che ci siano emendamenti, che ci siano anche non condivisioni, crediamo però che debbano essere anche considerati questi elementi. Da una parte, il 3 per cento non è un optional. Certo, si può sfondare, però sappiamo che vorrebbe dire rientrare in una procedura per deficit eccessivo dalla quale siamo appena usciti e l'uscita ci può produrre degli effetti positivi in termini di possibilità di investimento dal 2014 in avanti; questione, tra l'altro, controversa perché comunque noi ci trasciniamo un debito pubblico rilevante; possiamo vantare di aver uno dei migliori risultati dal punto di vista, invece, del rapporto tra indebitamento e PIL in Europa, e dobbiamo cercare di mantenerlo questo elemento positivo che ci caratterizza.
Ne abbiamo già discusso nella nota di aggiornamento al DEF, che il Governo doveva fare una manovra per riportare il rapporto al 3 per cento. Quindi, il Governo sta facendo, con questo decreto, ciò che il Parlamento gli ha detto di fare e, dunque, questa è un'operazione che noi riteniamo sia doveroso compiere.
Ricordo anche che siamo arrivati a superare il 3 per cento perché, da una Pag. 9parte, il PIL è andato peggio delle previsioni, dall'altra, anche perché uno 0,5 l'abbiamo utilizzato per i pagamenti dei debiti verso le imprese delle pubbliche amministrazioni in conto capitale, che ha un'incidenza direttamente sull'indebitamento annuale e di cui hanno usufruito anche i comuni e gli enti locali. Anche su loro richiesta c’è stata un'accelerazione di questi provvedimenti relativamente ai pagamenti dei debiti verso le imprese.
Detto questo, nel momento in cui c'era da fare una manovra da 1 miliardo e 600 milioni, in altri momenti si è fatta la scelta di farla pesare soprattutto sulle regioni e gli enti locali; questa volta no.
Questa volta questa manovra è abbastanza equa, nel senso che pesa per due terzi sullo Stato centrale, e per un terzo sugli enti locali. Non è certamente la cosa che avremmo preferito: avremmo preferito essere già dentro il 3 per cento e non dover fare questa manovra; ma nel momento in cui la si deve fare, credo che ci sia stato un elemento di equità nella distribuzione dei pesi, anche considerandolo quello che è del disegno di legge di stabilità per quanto riguarda il Patto di stabilità interno.
Inoltre, un tema che abbiamo sollevato è quello dell'unione dei comuni, su cui si è intervenuti con un emendamento: fino alla fine abbiamo lavorato perché comunque ci fosse qualcosa in più per gli interventi a favore dell'unione dei comuni. Non è tutto ciò che serviva, però i 5 milioni in più che sono stati messi sono stati una prima risposta positiva da parte del Governo.
Consideriamo quindi ovviamente che ci sono tutte le motivazioni per dire: non si dovrebbe fare un intervento ulteriore sul Patto di stabilità interno. Però al punto in cui siamo dell'anno crediamo ci sia stato un equilibrio nella manovra, che complessivamente il Governo ha proposto e ha operato con questo decreto-legge.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Melilla. Ne ha facoltà.
GIANNI MELILLA. Signor Presidente, condividiamo questo emendamento della collega Castelli. Non è un destino cinico e baro quello che costringe ad intervenire a fine anno sui comuni, sul Patto di stabilità interno, perché dobbiamo sapere tutti che attraverso questa scelta andiamo a tagliare fondi che incidono su interventi di manutenzione, di piccola manutenzione a volte nel territorio, di edilizia scolastica, di welfare sociale.
Era possibile fare anche altre scelte, sempre per restare entro quel vincolo del 3 per cento, se proprio quel vincolo è un tabù contro il quale non possiamo fare niente. Invece noi riteniamo che bisogna prima o poi uscire da questa logica delle colonne d'Ercole di una politica, quella dell'austerità, che ha prodotto un impoverimento generale della società e dell'economia italiana. Si poteva intervenire per esempio riducendo le spese militari, oppure introducendo ulteriori riduzioni agli sprechi nella pubblica amministrazione: noi abbiamo presentato anche degli emendamenti per quanto riguarda l'utilizzo e il noleggio delle autovetture di servizio, ad esclusione di quelle utilizzate dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, o per i servizi di tutela dell'ordine pubblico. Per questo voteremo l'emendamento Castelli 2.33.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole D'Incà. Ne ha facoltà.
FEDERICO D'INCÀ. Signor Presidente, questo è sicuramente un emendamento che fa riferimento ad una profonda sofferenza dei nostri comuni: una sofferenza per l'inasprimento ancora una volta di quello che è il Patto di stabilità.
Mi collego a quanto detto dalla mia collega Castelli. È un inasprimento dello 0,8 per cento che avviene nel fine anno: un fine anno veramente difficile e importante per tutti i comuni. È una sofferenza che si rispecchia in quello che per d'Italia è passare da un 3,1, e quindi un rientro dello 0,1, rispetto a Stati come la Francia, che invece possono superare comodamente Pag. 10il 4 per cento: per cui domando come mai Letta, il nostro Presidente del Consiglio, quando va in Europa non è capace di affrontare queste problematiche, e dire che loro possono superare di un 1 per cento addirittura, mentre noi non possiamo portarci ad un 3,1 per cento. E mi domando come mai il l'ex presidente dell'ANCI Delrio non interviene con forza in queste questioni per difendere i nostri comuni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Colletti. Ne ha facoltà, per un minuto.
ANDREA COLLETTI. Signor Presidente, abbiamo sentito l'onorevole Marchi, del Partito Democratico, dirci il vero problema qual è, ovvero quello di non poter superare la soglia del 3 per cento. Abbiamo sentito anche dal collega D'Incà che Francia e Germania in realtà possono fare quello che vogliono con questa soglia del 3 per cento, mentre noi siamo sempre succubi delle politiche anti-italiane perpetrate dalla Merkel.
Allora, noi vogliamo che venga la Merkel lì, tra i banchi del Governo, a spiegarci perché non possiamo superare il 3 per cento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Non dobbiamo andare a Berlino in ginocchio dalla Merkel, come fa Letta, come fa Alfano, come è emerso oggi, a essere succubi della Germania. La Germania e la Francia possono fare le politiche che vogliono per rinfocolare la domanda interna, mentre noi andiamo a deprimere la domanda interna e continuiamo a essere in recessione – perché siamo in recessione e continueremo ad esserlo anche nel futuro – grazie a voi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sibilia. Ne ha facoltà.
CARLO SIBILIA. Signor Presidente, dal momento che siamo commissariati, per questo scandaloso meccanismo dell'Unione europea, neanche da Bruxelles, ma addirittura dalla Merkel, allora chiedo che, quanto meno Letta, che è in realtà l'emissario della Merkel qui in Italia, venga a riferire su questo. Per quale motivo, invece di andarci a stendere supini, quando diventiamo Presidenti del Consiglio, e di andare in Germania ad assicurare che noi venderemmo i nostri asset, il nostro Paese, non può venire qui a spiegarci cosa si fa per uscire da queste politiche, che stanno letteralmente distruggendo l'economia interna ? Venga Letta quindi a riferire su questo in Aula (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.
ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, purtroppo non posso far sognare nessuno, mi sembra però che non ci sia bisogno né della Merkel, né di Letta. Basta guardare le cifre: la Francia ha un debito pubblico pari al 90 per cento del prodotto interno lordo, l'Italia ha un debito pubblico pari al 130 per cento del prodotto interno lordo; c’è una differenza di sei, settecento miliardi di lire. Il problema non è la Merkel, non è Letta, non è l'Europa, ma è il debito (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Corsaro. Ne ha facoltà.
MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, mi verrebbe da chiedere all'amico e collega Buttiglione, che è un fervente sostenitore dell'azione di questo Governo, come mai, in dieci mesi, non sia stato ancora progettato alcunché, che possa essere destinato a manovre di riduzione del debito, ma essendo amico di Buttiglione, non voglio metterlo in imbarazzo e non lo chiedo.
Voglio dire, invece, agli amici del MoVimento 5 Stelle, ricordandolo a loro, per ricordarlo a me stesso, che purtroppo non Pag. 11dobbiamo stupirci di questa sorta di incondizionata resa alla Germania e ai potentati economico-finanziari e massonici dell'Europa da parte di questo Governo, perché non è solo il fatto che, mentre noi non possiamo andare nemmeno al 3,01 per cento, Francia e Spagna veleggiano attorno al 5 per cento senza che nessuno gli chieda conto di alcunché, a rappresentare la differenza. La differenza sta nel fatto che questo Governo ha marcato la propria sudditanza nemmeno dalla prima ora della sua vita, ma prima ancora di avere formalmente la vita, perché vorrei ricordare a tutti che, mentre il Presidente del Consiglio, Letta, che aveva appena acquisito il voto favorevole del Senato nel momento in cui insediò il suo Governo, era in attesa di conoscere il risultato del voto di fiducia della Camera, cioè ancora formalmente non era nella piena potestà del proprio esercizio, abbandonò Roma e se ne andò a Berlino a dare conto alla Merkel di come e perché avrebbe provato a gestire i conti economici nazionali.
Questa sudditanza si è poi perpetrata, di atto in atto, tanto che – lo voglio ricordare a me stesso e, in questo esercizio, lo ricordo all'Aula – in questo momento è in corso di lavorazione nell'altro ramo del Parlamento una legge di stabilità che, non noi umili parlamentari dell'opposizione, ma addirittura i senatori della maggioranza, cioè quelli che, per primi, dovevano darne conto e accreditarne la fiducia, non hanno conosciuto nemmeno nelle sue linee generali.
Ciò perché prima che venisse presentata all'attenzione della Commissione e del Parlamento quella bozza di disegno di legge di stabilità era stata mandata in Germania e in Europa, per ottenerne una preventiva, ancorché informale – giacché di forma non si può per fortuna trattare –, approvazione. Il tema è che quel disegno di legge di stabilità – lo abbiamo appreso negli ultimi giorni – è stato dai veri padroni di questo Governo respinto con perdite e ancora non sappiamo in quale modo e in quale forma questo Governo vorrà dare vita, nel disegno di legge di stabilità che è in questo momento all'attenzione dell'altro ramo del Parlamento, alle modifiche che sono state ritenute necessarie non dal Parlamento italiano, non dal Governo italiano, non da un'istituzione formalmente riconosciuta per validare, per bollinare, per leggere e per approvare un documento, rispetto al quale il Parlamento italiano dovrebbe essere sovrano, ma da qualche stanza e da qualche mano che non conosciamo.
Allora, purtroppo, non c’è da stupirci della sudditanza di questo Governo, ma c’è da stupirci dell'assordante silenzio di molte componenti di questa eterogenea maggioranza che non avevano, nel corso della recente campagna elettorale, raccontato ai propri sostenitori e ai propri potenziali elettori che intendevano dare vita ad un «Governo arlecchino», che fosse presente sui banchi solo sotto il profilo formale ma che nella realtà avrebbe fatto scrivere tutte le norme e tutti i regolamenti a qualche migliaio di chilometri dalla capitale dello Stato italiano.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palese. Ne ha facoltà.
ROCCO PALESE. Signor Presidente, il Patto di stabilità è un tema e un problema troppo serio per essere oggetto di polemiche, né può essere individuato come un tema di parte. Noi riteniamo che nel nostro Paese sul Patto di stabilità, soprattutto per quello che riguarda gli enti territoriali, cioè regioni, comuni e province, ci sia stata, per quasi un decennio, una vera e propria elusione di questo problema, perché nel nostro ordinamento il Patto di stabilità, sia dal punto di vista normativo ma poi anche, chiaramente, dal punto di vista contabile, entra in vigore con l'articolo 28 della legge n. 448 del 1999. Ma, ahimè, fino al 2008, anno in cui sono iniziate le sanzioni, nessuno ...
PRESIDENTE. Colleghi ! Chiedo scusa, onorevole Palese. Colleghi, abbassiamo la voce per favore ! Colleghi ! Onorevole Polverini, onorevole Fucci, onorevole Pagano, onorevole Vignali. Colleghi, permettiamo Pag. 12all'onorevole Palese di svolgere il suo intervento. Onorevole Pagano, onorevole Pagano ! Prego, onorevole Palese.
ROCCO PALESE. Ecco, questo è lo specchio di quanto sia banalizzata una questione seria e fondamentale per il nostro Paese.
Dicevo, che per dieci anni tutti gli enti territoriali, da quanto è entrato in vigore il Patto di stabilità e fino al 2008, anno in cui sono comparse le sanzioni, ognuno ha cercato di fare esattamente il contrario di quello che doveva essere fatto, cioè di non rispettarlo. Solo a partire dal 2008, con l'introduzione delle sanzioni, tutti gli enti territoriali e un po’ tutti gli amministratori hanno scoperto che cosa è il Patto di stabilità rispetto all'Europa. Si era iniziato anche bene, perché all'epoca i Governi di entrambi gli schieramenti politici e anche il Parlamento bene avevano fatto per individuare ciò che rientrava da calcolare con il Patto di stabilità, cioè la spesa corrente che doveva essere ridotta e rimanere entro i limiti, mentre invece dovevano rimanere fuori gli investimenti. Ma qui c’è stata un'altra «furbata» degli enti locali, che inserivano tutto come spesa per gli investimenti, compresa anche la spesa corrente, e alla fine è crollata anche questa possibilità.
Ora, io penso che il problema sia attuale. Faccio solo due considerazioni e mi avvio alla conclusione. In primo luogo, non c’è dubbio che il Presidente del Consiglio, quando c’è stata la conclusione della procedura di infrazione e anche con la discussione che abbiamo svolto qui, con le mozioni che dovevano essere poi portate al seguito del Consiglio d'Europa, non c’è dubbio, dicevo, che uno dei punti cardine era questo, cioè quello relativo alla flessibilità in ordine al Patto di stabilità interno.
Gli altri Paesi hanno avuto, con le varie differenze, certamente qualche flessibilità, ma anche delle prescrizioni. Io penso invece – da qui il monito al rappresentante del Governo e al Governo – che in Europa noi abbiamo una partita decisiva non solo per la flessibilità del Patto di stabilità, ma addirittura ancora più decisivo di questo è riuscire ad ottenere dall'Europa l'autorizzazione per nettizzare le quote del Patto rispetto ai fondi strutturali, che sono le uniche risorse che noi veramente abbiamo a disposizione, come Paese, per gli investimenti e per la crescita, cosa che tutti vogliamo e cerchiamo, tra il 2014 e il 2020.
Questa è la vera partita, questa è veramente l'idea che noi dobbiamo portare all'interno dell'Europa. Se riusciamo sicuramente noi riteniamo di dover determinare un fatto positivo. Nello specifico – mi rivolgo ai colleghi del MoVimento 5 Stelle – in Commissione abbiamo avuto modo sostanzialmente di discutere su questo emendamento. Nella discussione è emerso in maniera molto chiara che, in via del tutto straordinaria, gli enti locali, i comuni in particolare – perché è riferito ai comuni – quest'anno hanno la possibilità di fare – scelta straordinaria – il bilancio di previsione entro il 30 novembre, cioè ove fosse anche convertito in legge questo provvedimento con questo emendamento così come è, ferme restando le critiche che onestamente ci sono e sono anche giuste che è alla fine dell'esercizio, i comuni non sarebbero nelle condizioni, dal punto di vista temporale, di attuare questo provvedimento, perché bisognerebbe fare una variazione e successivamente l'esercizio finanziario si chiuderebbe e non ci sarebbero i tempi necessari.
Ecco perché ritengo che vada portato invece all'attenzione del Governo il problema vero, che riguarda quello di individuare nella Commissione europea le possibilità non solo di flessibilità rispetto al Patto, così come per gli altri Paesi, ma soprattutto di nettizzare i fondi strutturali, che sono l'unica risorsa per il nostro Paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale, l'onorevole Mucci. Ne ha facoltà.
MARA MUCCI. Signor Presidente, io vorrei capire bene. Siamo in una situazione in cui al 30 novembre i comuni Pag. 13devono chiudere il proprio bilancio e non possono fare variazioni di bilancio. Abbiamo comunicato all'Unione europea un tetto del 3 per cento di rapporto deficit/PIL che non siamo in grado di rispettare; siamo oltre il 3,1 per cento. Questo significa quindi un inasprimento del Patto di stabilità che si ripercuote ancora una volta sulle amministrazioni locali, comuni e regioni. E su chi si ripercuote alla fine ? Sempre sulle imprese, perché le liquidità che hanno i comuni sono bloccate e non possono essere spostate per coprire gli investimenti fatti per conto della pubblica amministrazione da parte delle imprese. Ancora una volta alimentiamo quel circolo vizioso che fa pagare sempre in ritardo le imprese da parte della pubblica amministrazione. Quindi, non si tratta soltanto di rispettare dei patti, si tratta del fatto che noi in Europa dobbiamo far valere la nostra voce, perché siamo una nazione importante che deve farsi sentire per quello che è (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Di Battista. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO DI BATTISTA. Signor Presidente, ma le sembra accettabile che un uomo che è stato deputato e senatore in cinque legislature, due volte Ministro e parlamentare europeo venga da noi a parlarci di debito pubblico arrivato al 133 per cento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ? Ma chi l'ha fatto questo debito pubblico ? I cittadini e le istituzioni o lo avete fatto voi ? Poi adesso partirà il consueto attacco a noi che siamo contro l'Europa. Noi non siamo contro l'Europa; è questa Europa, un'Europa dei tecnocrati, che è contro i cittadini italiani e del Sud Europa. Ricordo anche a chi cavalcherà la nuova Forza Italia e questa battaglia nuova contro l'euro per una nuova Europa, che il MES e il fiscal compact voi lo avete votato (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Marcon. Ne ha facoltà.
GIULIO MARCON. Signor Presidente, colleghe e colleghi, noi voteremo l'emendamento proposto dalla deputata Castelli e voteremo contro questo decreto-legge, perché il punto centrale di questo decreto-legge è proprio quello di destinare un miliardo 600 milioni per rientrare nel rapporto del 3 per cento tra indebitamento e PIL. Noi pensiamo che questa scelta sia pericolosamente sbagliata.
Destinare un miliardo 600 milioni per rispettare una regola europea che altri Paesi non rispettano, mentre questi soldi potrebbero essere destinati al lavoro e alle misure contro la crisi, ci sembra assolutamente folle. Le politiche di austerity hanno dimostrato tutta la loro fallacia e noi dobbiamo ribaltarle.
Ecco perché votare questo emendamento è per noi fondamentale per cambiare rotta alla politica economica e per destinare questi soldi al lavoro e alle misure contro la crisi (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Cariello. Ne ha facoltà.
FRANCESCO CARIELLO. Signor Presidente, volevo far notare a lei quanto questa discussione si stia prolungando, vista l'importanza del tema e vista anche la mancanza del perimetro normativo in cui ci stiamo muovendo. È questa la motivazione che cercavo di sollevare ieri con il mio appello al Regolamento, perché, ancora una volta, questo Parlamento sta dimostrando, e lo sta dimostrando di fronte al Governo, che non è ancora chiaro il perimetro normativo entro cui ci stiamo muovendo.
Qual è la regola che ci ha imposto di rientrare in questo 3 per cento ? Il Governo la vuole indicare ? Io chiamerei Saccomanni direttamente in Aula a chiarirci questo, perché stiamo chiedendo agli italiani di andare oltre l'ultimo buco della Pag. 14cinghia. Abbiamo stretto un po’ troppo e, addirittura, oggi, non siamo nemmeno in grado di chiarire in base a quale criterio, regolamento o norma stiamo facendo ciò. Stiamo chiedendo dei sacrifici agli italiani, ma non siamo nemmeno in grado di chiarire perché (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Cariello. È il «richiamo» al Regolamento.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Tinagli. Ne ha facoltà.
IRENE TINAGLI. Signor Presidente, intervengo solo due minuti per ricordare alla collega del Movimento 5 Stelle...
PRESIDENTE. Ha un minuto.
IRENE TINAGLI. ... che, giustamente, si preoccupava dei pagamenti nei confronti delle imprese che potrebbero soffrire, che, proprio su questo fronte, noi siamo stati in grado di sbloccare 40 miliardi di pagamenti arretrati nei confronti delle pubbliche amministrazioni, in due anni, grazie all'autorevolezza che ci siamo costruiti rispettando le regole, andando in Europa a far valere le nostre ragioni sulla base delle cose che facciamo; non solo, demagogicamente, battendo i pugni o cercando di derogare alle regole, ma facendo vedere che siamo in un percorso virtuoso, che ci porta a rientrare in determinati parametri.
È così che, secondo noi, si costruisce un percorso che ci aiuti a ritornare a pagare le imprese, a ritornare in un percorso virtuoso di deficit e di debito. Infatti, non ci dimentichiamo che il deficit di oggi è il debito di domani. Se non cominciamo a lavorare su questo... Non è una cosa che si fa per l'Europa, è una cosa che si fa per noi.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Barbanti. Ne ha facoltà.
SEBASTIANO BARBANTI. Signor Presidente, non penso si tratti solo di numeri, di debito e di trattati; si tratta, forse, anche di comportamento. Noi vorremmo un Governo, qualunque esso sia, che, un secondo dopo avere incassato la fiducia, non vada in Europa a prendere ordini dalla Germania, piuttosto che dall'Unione europea, ma rimanga vicino al proprio Parlamento e vicino ai propri cittadini.
Noi vorremmo un Governo che non continui a ripetere: «l'Europa ce lo chiede», ma che, una volta ogni tanto, dica: «l'Italia lo vuole». Vorremmo un Governo, qualunque esso sia, che faccia sentire forte in Europa la voce, l'orgoglio e la volontà del popolo italiano. Questo è quello che chiediamo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Gallinella. Ne ha facoltà.
FILIPPO GALLINELLA. Signor Presidente, relativamente alla stabilità e alle condizionalità macroeconomiche, invito anche il collega Palese a sentire il nostro question-time di ieri al Ministro Trigilia, dove si diceva proprio che la frittata è fatta, perché non si è accorto nessuno, parlamentari europei e italiani, che, per avere i fondi strutturali, bisogna rispettare le condizionalità macroeconomiche.
È come dire: io vi do i soldi, se ce li avete. Infatti, purtroppo, per i fondi strutturali, per chi non lo sa, noi paghiamo un sacco di soldi all'Europa – noi siamo contribuenti netti – e, per riaverli, bisogna rispettare dei patti. Ma essendo noi poveretti, purtroppo – i fondi strutturali servono anche per la coesione sociale –, non li potremo mai avere, proprio perché nessuno si accorge che le condizionalità macroeconomiche ci vincolano a non prenderli. Quindi, purtroppo, la frittata è fatta e la colpa è la vostra (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Crippa. Ne ha facoltà.
Pag. 15 DAVIDE CRIPPA. Signor Presidente, volevo intervenire in merito all'intervento che ha preceduto il collega Gallinella, quello della collega di Scelta Civica.
Se dobbiamo parlare in quest'Aula come di un miracolo del fatto di avere pagato le imprese che sono creditrici verso lo Stato di soli 40 miliardi, vuol dire che siamo nel Paese dei balocchi (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle): non riusciamo a capire che questo è un atto dovuto ! Gli atti dovuti non bisognerebbe neanche raccontarli. Non bisogna cercare di darsi una moralità perché paghiamo quello che le imprese devono avere. Noi abbiamo presentato un ordine del giorno – ed il Parlamento lo ha votato – per abolire le cartelle esattoriali delle aziende creditrici. Da allora non avete fatto assolutamente niente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Airaudo. Ne ha facoltà.
GIORGIO AIRAUDO. Signor Presidente, intervengo per ricordare a quest'Aula ed all'onorevole Buttiglione in particolare che, da quando è arrivato il Governo Monti, il debito pubblico di questo Paese è passato dal 119 al 134 per cento. Quindi, con le politiche di austerità, non abbiamo né ridotto il debito, né portato sollievo alle imprese, né creato occupazione: abbiamo reso più poveri gli italiani più deboli.
È per questo che in Europa bisogna far sentire la voce dell'Italia, bisogna recuperare risorse per redistribuirle e creare occupazione, quello che questo Governo, in continuità con Monti, non sta facendo (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Castelli 2.33, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Ricordo il parere contrario di Commissione e Governo e favorevole del relatore di minoranza. Abbiamo votato tutti ? Onorevole Venittelli, voti... recuperi la tessera...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 459
Votanti 458
Astenuti 1
Maggioranza 230
Hanno votato sì 136
Hanno votato no 322).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Guidesi 2.13, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Gasbarra, Palma, Giorgis, D'Attorre...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 459
Votanti 457
Astenuti 2
Maggioranza 229
Hanno votato sì 134
Hanno votato no 323).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Guidesi 2.20 (versione corretta).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guidesi. Ne ha facoltà.
GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, non voglio scendere nella discussione generale del rapporto con l'Europa, magari lo faremo in sede di dichiarazione di voto. La nostra domanda è: c'era un'alternativa, piuttosto che inasprire ancora il Patto di Pag. 16stabilità degli enti locali e togliere i premi ai comuni virtuosi, per cui a quei sindaci ed a quegli amministratori responsabili ?
Per noi c'era un'alternativa, per noi c'era una possibilità, per noi è stata ancora una volta una soluzione di comodo e lo dico soprattutto in riferimento a tante discussioni che abbiamo fatto all'interno della Commissione dove, anche con parlamentari di altri gruppi, anche di maggioranza, abbiamo condiviso questa preoccupazione.
Conosciamo le situazioni gravi e lo stato grave in cui versano gli enti locali e oggi noi stiamo approvando un'ulteriore mazzata agli enti locali, un'ulteriore mazzata che cade soprattutto su quei sindaci responsabili, che si sono comportati bene, perché a loro togliamo anche il premio della virtuosità. Lo dico perché non ci siano giustificazioni oggi, perché questa è una scelta di comodo, una scelta a cui la maggioranza, soprattutto il Partito Democratico, si mette a disposizione del Governo in questo caso, ma tutti conosciamo le reali situazioni.
Non c’è una giustificazione reale a questa scelta, c'erano delle alternative e noi con questo emendamento chiediamo che le alternative ci siano e chiediamo di salvaguardare quegli amministratori che rispondono direttamente ai cittadini e che lo fanno in maniera responsabile (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Guidesi 2.20 (versione corretta), con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Gribaudo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 461
Votanti 346
Astenuti 115
Maggioranza 174
Hanno votato sì 21
Hanno votato no 325).
(Il deputato Magorno ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e la deputata Nicchi ha segnalato che avrebbe voluto astenersi).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Currò 2.132 (versione corretta).
Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Currò 2.132 (versione corretta), nel testo riformulato, con il parere favorevole della Commissione e del Governo e con il parere contrario del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Duranti, Galperti...
Ricordo, che il parere è favorevole da parte di Commissione e Governo e contrario del relatore di minoranza. Colleghi, stiamo attenti anche su questo !
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 463
Votanti 460
Astenuti 3
Maggioranza 231
Hanno votato sì 436
Hanno votato no 24).
(Il deputato Prodani ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Zanetti 2.16.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zanetti. Ne ha facoltà.
ENRICO ZANETTI. Signor Presidente, due parole per spiegare questo emendamento. Con la finanziaria per il 2005 fu data possibilità alle regioni con disavanzo sanitario di aumentare, in modo quindi temporaneo e destinato, l'addizionale regionale nonché l'aliquota IRAP. Ora, in questa misura si prevede che quelle regioni – che nel frattempo sono diventate otto ad essersi avvalse di questa possibilità – che sono in fase di rientro dal disavanzo sanitario possono – possono – andare a ridurre quelle maggiorazioni che avevano applicato e, quindi, a ridurre la pressione fiscale sui cittadini di pari passo con il rientro del disavanzo finanziario.
Il punto, però, è che questa norma così come è stata inserita nel decreto dà una facoltà, non dice: «Dovete ridurle», ma: «Potete ridurle» e – tra l'altro – potreste anche decidere di destinare, invece, quel gettito che mantenete ad altra finalità. La Commissione ha già lavorato su questo punto restringendo da un generico «finalità extra sanitarie» a finalità più specifiche connesse alla copertura di costi di servizi essenziali. Però, la sostanza cambia poco, tant’è vero che giustamente alcuni giornali, anche qui a Roma, hanno titolato: «I soldi della sanità vanno all'ATAC», perché poi alla fine è questo che si verificherebbe.
Noi, quindi, con questo emendamento chiediamo di cambiare da facoltà in obbligo questo riassorbimento della pressione fiscale di pari passo con il riassorbimento del disavanzo sanitario, anche perché se non si procede come noi chiediamo, si trasforma un aumento di pressione fiscale, che era nato come transitorio e dedicato, in un aumento di pressione fiscale definitivo e destinato sostanzialmente a finanziare la fiscalità generale degli enti.
Quindi un aumento di pressione fiscale, introdotto peraltro in un modo surrettizio. Sono convinto che, soprattutto coloro i quali ritengono inopportuno aumentare la pressione fiscale ai cittadini tanto da piccarsi di essere sentinelle antitasse – cosa che riteniamo di essere molto più noi, senza bisogno di sbandierarlo con slogan, ma appunto agendo con emendamenti concreti tipo questo –, convergeranno insieme a noi su questo emendamento.
In sostanza la questione è semplice: se votiamo «no» lasciamo i presupposti per cui questo aumento di pressione fiscale diventi definitivo, prendendo di fatto in giro i cittadini, perché lo facciamo in un modo surrettizio; se votiamo «sì» all'emendamento, invece, restiamo fedeli ad una logica finalizzata ad una riduzione della pressione fiscale ogni qual volta si creano, un po’ con fatica, ma con costanza di impegno sul fronte della spesa, i presupposti per farlo. Ovviamente noi voteremo a favore, perché siamo coerenti in fatti e parole (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zanetti 2.16, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Ricordo, il parere contrario di Commissione e Governo e il parere favorevole del relatore di minoranza.
Spadoni, provi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 460
Votanti 459
Astenuti 1
Maggioranza 230
Hanno votato sì 144
Hanno votato no 315).
Avverto che l'emendamento Causi 2.144 è stato ritirato dal presentatore.
Pongo pertanto in votazione solo l'emendamento Boccadutri 2.131, limitatamente alla parte ammissibile.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Pag. 18Boccadutri 2.131, limitatamente alla parte ammissibile, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Rizzetto... Provi a votare onorevole Rizzetto. Lavagno... Abrignani...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 462
Maggioranza 232
Hanno votato sì 135
Hanno votato no 327).
(Il deputato Fanucci ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Castelli 2.101, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Biancofiore... Cesaro... Carrescia... Gribaudo... Tabacci... Duranti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 466
Votanti 464
Astenuti 2
Maggioranza 233
Hanno votato sì 120
Hanno votato no 344).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Guidesi 2.12, su cui vi è il parere contrario della Commissione e del Governo ed il parere favorevole del relatore di minoranza.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guidesi. Ne ha facoltà.
GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, noi crediamo che in questo provvedimento, oltre a togliere le premialità ai comuni virtuosi, il fatto che possano far parte dei pagamenti della pubblica amministrazione anche quei debiti fuori bilancio è un ulteriore aggravio rispetto agli amministratori che invece fino ad oggi si sono comportati bene. Noi crediamo che anche attraverso questa soluzione si crei un'equità di comportamento, non mettendo a confronto coloro i quali sono stati responsabili e coloro i quali non lo sono stati.
Con questa norma e questo provvedimento si crea un principio di ingiustizia tra enti locali, tra amministrazioni responsabili e no. Per questo chiediamo di escludere e di cancellare il comma 7.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Guidesi 2.12, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Madia, Folino, Carnevali, Capodicasa...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 469
Votanti 468
Astenuti 1
Maggioranza 235
Hanno votato sì 137
Hanno votato no 331).
(Il deputato Verini ha segnalato di aver espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Boccadutri 2.5, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza.Pag. 19
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 464
Maggioranza 233
Hanno votato sì 113
Hanno votato no 351).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Castelli 2.35 e Melilla 2.4, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 466
Maggioranza 234
Hanno votato sì 117
Hanno votato no 349).
(Il deputato Fossati ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario).
Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo 2.0500 della Commissione, sul quale, sottosegretario Giorgetti, manca il parere del Governo e anche del relatore di minoranza. Il Governo ?
ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole.
PRESIDENTE. Relatore di minoranza ?
GUIDO GUIDESI, Relatore di minoranza. Signor Presidente, è un emendamento presentato dall'opposizione, come abbiamo verificato, e il parere è favorevole.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 2.0500 della Commissione, con il parere favorevole del Governo e del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Tancredi, Fregolent, Zoggia...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 471
Maggioranza 236
Hanno votato sì 466
Hanno votato no 5).
(Il deputato Fregolent ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole).
Ricordo che l'emendamento Marcon 3.2 è precluso.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Castelli 3.6, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
MAURIZIO BIANCONI. Quando dava lei indicazioni di voto...
PRESIDENTE. Onorevole Bianconi ! La sua vena nostalgica è nota, onorevole Bianconi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 473
Votanti 472
Astenuti 1
Maggioranza 237
Hanno votato sì 149
Hanno votato no 323).
(Il deputato Melilli ha segnalato di aver espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mannino 3.102, con il parere contrario della Commissione, del Governo e del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Ferrari, Segoni.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 473
Votanti 472
Astenuti 1
Maggioranza 237
Hanno votato sì 119
Hanno votato no 353).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mannino 3.101, con il parere contrario della Commissione e del Governo e con il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Baruffi, Carrescia.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 465
Maggioranza 233
Hanno votato sì 118
Hanno votato no 347).
(Il deputato Oliverio ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e il deputato Cassano ha segnalato di aver espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimere voto contrario).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Caso 3.5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caso. Ne ha facoltà.
VINCENZO CASO. Signor Presidente, sappiamo benissimo che questo emendamento ha pochissime possibilità di essere approvato, in quanto tratta il tema dell'Expo, su cui sappiamo avere delle idee estremamente differenti rispetto a voi, però è sempre un'utile occasione per spiegare le motivazioni per cui noi siamo contrari a questo grande evento e per quale motivo riteniamo che esso sarà, come sempre, un affare per pochi – i soliti – e costituirà, invece, dei costi per la moltitudine dei cittadini.
Quindi, proviamo a dare qualche ragione per cui riteniamo questo, partendo da quello che è stato definito il peccato originale dell'Expo, ossia l'acquisizione dei terreni sui quali verrà realizzato l'evento e perché, anziché utilizzare delle strutture già presenti sul territorio milanese o magari riqualificare zone ed edifici che sono abbandonati, si è preferito invece acquisire quasi 750 mila metri quadri di terreni al costo di 120 milioni di euro, con un prezzo di 164 euro al metro quadro, che è un valore di quasi dieci volte superiore al prezzo che aveva al momento e che era intorno ai 15 euro, essendo quella zona per la maggior parte ad uso agricolo.
Vediamo che, quando il sindaco Pisapia chiede ai periti del tribunale di Milano di capire se questo prezzo fosse congruo, i periti del tribunale rispondono che questo prezzo era congruo solo se e a condizione che sui terreni dell'Expo, una volta concluso l'evento, si costruisse un complesso residenziale: ecco, quindi, chiaro qual era il disegno che c'era dietro tutta questa grande operazione.
Vediamo, inoltre, chi è che guadagna, in realtà, a stare dentro l'Expo.
Sicuramente ci guadagnano l'amministratore delegato dell'Expo, il dottor Sala, e il direttore generale, con degli stipendi da 405 mila euro e 349 mila euro, alla faccia del «salva Italia» e dei tetti ai manager pubblici (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle); inoltre nell'esercizio del 2012 decidono di distribuire Pag. 21a dirigenti e quadri anche un bonus, nonostante le perdite, che va fino al 25 per cento dello stipendio lordo.
Chi è che invece ci perde ? Ci perdono sicuramente i cittadini milanesi. Grazie a un'interrogazione del nostro consigliere comunale di Milano, Mattia Calise, scopriamo che, tra le altre costruzioni secondarie, collegate a quelle dell'Expo, ad esempio, per la linea Metro 5, il comune di Milano, e quindi i cittadini milanesi, affinché la metropolitana venga completata entro l'inizio dell'Expo, pagheranno 79 milioni di euro in più per terminare l'opera in cinque mesi, rispetto al cronoprogramma originario.
Ci guadagnerà sicuramente anche l'ingegnere Cesare Vaciago che, ricordiamo, è l'ex city manager della città di Torino e che, indagato nel maggio del 2013, viene rinviato a giudizio per abuso d'ufficio per lo scandalo dei concorsi per dirigenti del comune di Torino e il mese dopo viene, invece, premiato e diventa direttore del Padiglione Italia per l'Expo. Vediamo che, giustamente, nel rappresentare il made in Italy mandiamo una persona che è indagata per abuso d'ufficio, d'altronde anche l'abuso dell'ufficio rappresenta alla grande il made in Italy.
Tutto questo per non parlare, inoltre, delle diverse aziende che in questo momento stanno lavorando nei cantieri dell'Expo; potremmo ricordare la Testa Battista Spa, potremmo ricordare la Mantovani Spa, coinvolta in Veneto nell'indagine «doppio colpo» per i collegamenti con il clan Madonia; insomma, tutto questo che, ovviamente, per motivi di tempo riesco solo ad accennare, è per dirvi che, alla fine, questa Expo, più che nutrire il pianeta, sarà un nutrire le caste che voi oggi ben rappresentate (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Guidesi. Ne ha facoltà.
GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, noi voteremo contro questo emendamento; noi possiamo fare una discussione, un'analisi rispetto a come sono stati comprati i terreni, a come viene gestita la società e quant'altro, avendo, evidentemente, idee diverse.
Io credo che, però, una riflessione su un aspetto la si debba assolutamente fare. Questa è sicuramente una scommessa per questo Paese, per Milano e per la regione Lombardia. È una scommessa su cui noi crediamo e crediamo fortemente, e in questo ringraziamo anche il Governo dell'appoggio alla nostra regione, perché crediamo possa essere finalmente un evento che può portare indotto e sviluppo economico all'interno della città e dei nostri territori.
Questa è la scommessa che facciamo, noi siamo convinti di poterla vincere e vi sfidiamo comunque in una discussione dal punto di vista della trasparenza, perché credo che, anche in questo, il governatore Maroni stia lavorando tanto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Castelli. Ne ha facoltà.
LAURA CASTELLI. Signor Presidente, ovviamente il mio collega ha cercato di raccontarvi quanto fa schifo questa storia dell'Expo, ma qua nessuno vuole porre attenzione su questi fatti.
Presidente, fossi in lei, mi preoccuperei, perché le cose che il mio collega vi ha raccontato hanno sconvolto i cittadini, soprattutto con un decreto-legge che mette le mani nelle tasche dei cittadini. Per cui, finalmente, a nome di tutti i cittadini che stanno fuori da questo palazzo, possiamo dire che voi queste tasche ve le riempite a danno di tutti i cittadini che stanno fuori.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole D'Incà. Ne ha facoltà.
FEDERICO D'INCÀ. Signor Presidente, intervengo solo per condividere il discorso fatto dal mio collega Caso, perché veramente l'Expo è un'occasione per pochi. Se noi facciamo una riflessione su questi terreni, la cui valutazione per l'acquisto è Pag. 22di 120 milioni di euro e se pensiamo a un valore al metro quadro di 164 euro rispetto a un valore vero di 11, queste cifre fanno veramente emozionare, se non travolgere dall'esasperazione.
Il mio pensiero è che veramente siano solo i soliti noti che ci possono guadagnare. E se questa è una scommessa per il nostro Paese, io chiedo invece che diventi una scommessa di trasparenza nei confronti dei cittadini e nei confronti della pubblica amministrazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Caso 3.5, con il parere contrario della Commissione, del Governo e delle relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Cova, Giuliani, Amendola, Mottola, Vacca, Montroni...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 453
Maggioranza 227
Hanno votato sì 88
Hanno votato no 365).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Marcon 3.1, con il parere contrario della Commissione e del Governo e il parere favorevole del relatore di minoranza.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Montroni, Misiani, Cesaro, Carnevali, Agostini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 457
Maggioranza 229
Hanno votato sì 131
Hanno votato no 326).
Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, non si procederà alla votazione dell'articolo unico, ma, dopo l'esame degli ordini del giorno, si procederà direttamente alla votazione finale, a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.
(Esame degli ordini del giorno – A.C. 1690-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A – A.C. 1690-A).
Avverto che l'ordine del giorno Guerra n. 9/1690-A/5 deve intendersi a prima firma Lorenzo Guerini.
Avverto, altresì, che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi l'articolo 89, comma 1, del Regolamento, gli ordini del giorno Lorenzo Guerini n. 9/1690-A/5 e Corsaro n. 9/1690-A/7, in materia di esclusione dai vincoli del Patto di stabilità interno di alcune spese a carico del comune di Campione d'Italia, in quanto riproducono il contenuto di proposte emendative già dichiarate inammissibili in sede referente in Assemblea.
Se nessuno chiede di intervenire per illustrare gli ordini del giorno, invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere. Prego, onorevole Giorgetti.
ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente...
PRESIDENTE. Un istante. Colleghi, per cortesia. Permettiamo al Governo di esprimere il parere. Soprattutto, invito i colleghi che hanno presentato gli ordini del giorno ad ascoltare il parere, per evitare dopo di doverlo far ripetere. Prego, onorevole Giorgetti.
Pag. 23 ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, l'ordine del giorno Milanato n. 9/1690-A/1 viene accolto, parere favorevole. Sull'ordine del giorno Melilla n. 9/1690-A/2 il Governo proporrebbe una riformulazione nel dispositivo: «impegna il Governo a valutare l'opportunità di porre con forza all'ordine del giorno dei prossimi vertici europei (...)» e i punti che seguono. Quindi, se riformulato così, il parere è favorevole.
Sull'ordine del giorno Boccadutri n. 9/1690-A/3 il parere è favorevole. Sull'ordine del giorno Marcon n. 9/1690-A/4 proporrei la seguente riformulazione: «impegna il Governo, compatibilmente con le disponibilità finanziarie a legislazione vigente, a non utilizzare le risorse del fondo di cui al comma 2 (...)», e così via; così riformulato, il parere è favorevole.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 11,30)
ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. L'ordine del giorno Lorenzo Guerini n. 9/1690-A/5 è inammissibile, vero ?
PRESIDENTE. Sì, è inammissibile. Passiamo all'ordine del giorno Moscatt n. 9/1690-A/6.
ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Sull'ordine del giorno Moscatt n. 9/1690-A/6 il parere è favorevole. L'ordine del giorno Corsaro n. 9/1690-A/7 è inammissibile, mentre sull'ordine del giorno Gasbarra n. 9/1690-A/8 il parere è favorevole.
Con riferimento all'ordine del giorno Petrini n. 9/1690-A/9 proporrei la seguente riformulazione del dispositivo: «impegna il Governo, compatibilmente con le disponibilità di bilancio, a prevedere che le risorse nette derivanti dalla alienazione dell'originario patrimonio immobiliare disponibile degli enti territoriali siano destinate alla riduzione del debito dell'ente medesimo». Se così riformulato, il parere è favorevole.
Sull'ordine del giorno Causi n. 9/1690-A/10 il parere è favorevole mentre sull'ordine del giorno Crivellari n. 9/1690-A/11 proporrei la seguente riformulazione del dispositivo: «impegna il Governo a tener conto della specificità dei piccoli comuni e a valutare l'opportunità di prevedere, nell'ambito delle risorse aggiuntive stanziate, specifiche misure che possano venire incontro alle esigenze dei piccoli comuni, in special modo dei comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti». Se così riformulato, il parere è favorevole.
Il parere è favorevole sui seguenti ordini del giorno: Brugnerotto n. 9/1690-A/12, Cariello n. 9/1690-A/13 e Nastri n. 9/1690-A/14.
Sull'ordine del giorno Castelli n. 9/1690-A/15 proporrei la seguente riformulazione del dispositivo: «impegna il Governo a verificare la disciplina del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura, al fine di adottare eventualmente modalità di attuazione che consentano il pieno utilizzo da parte degli interessati del sostegno ivi previsto». Se così riformulato, il parere è favorevole.
Sull'ordine del giorno Mauro Guerra n. 9/1690-A/16 proporrei la seguente riformulazione del dispositivo: «impegna il Governo a incrementare ulteriormente il contributo spettante alle unioni e fusioni ai sensi dell'articolo 53, comma 10, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, con i provvedimenti all'esame del Parlamento da licenziare entro il 31.12.2013». Se così riformulato, il parere è favorevole.
PRESIDENTE. Il Governo ha espresso dei pareri favorevoli, in alcuni casi con una proposta di riformulazione. Chiedo, uno ad uno, se le riformulazioni vengano accolte.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Milanato n. 9/1690-A/1, accettato dal Governo.
Onorevole Melilla, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. n. 9/1690-A/2 ?
GIANNI MELILLA. Signor Presidente, accolgo la riformulazione proposta dal Governo.
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Boccadutri n. 9/1690-A/3, accettato dal Governo.
Onorevole Marcon, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/1690-A/4 ?
GIULIO MARCON. Signor Presidente, non accetto la riformulazione proposta dal Governo.
PRESIDENTE. Devo dedurre che il parere del Governo, in questo caso, è contrario.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Fratoianni. Ne ha facoltà.
NICOLA FRATOIANNI. Signor Presidente, questo ordine del giorno pone per noi una questione molto importante e, cioè, che le risorse del Fondo immigrazione, di cui peraltro si è molto discusso in questi due giorni, non vengano utilizzate, diciamo, sotto l'apparente voce «accoglienza» per usi completamente diversi e distorti (in particolare, per la costruzione e la gestione dei CIE, dei Centri di identificazione ed espulsione che – vorrei ricordarlo ai deputati di Fratelli d'Italia che ieri ne parlavano come di luoghi che vengono frequentati dagli immigrati – non sono luoghi che si frequentano, ma sono luoghi di reclusione) e non vengano altresì utilizzate per la missione Mare Nostrum le cui caratteristiche parlano molto poco di accoglienza.
Ora, la riformulazione che il Governo ci propone è una riformulazione molto ambigua, dice «a legislazione vigente, sulla base delle risorse finanziarie...»; dice sostanzialmente che in questo quadro verranno utilizzate anche per questo. Noi siamo in assoluto disaccordo e per questo chiediamo all'Aula di votare a favore di questo ordine del giorno.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Marcon n. 9/1690-A/4, con il parere contrario del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Piepoli, Cariello, Cova, Nardella, Rughetti, Montroni, Albanella, Tinagli, Rizzetto, Moretti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti e votanti 438
Maggioranza 220
Hanno votato sì 108
Hanno votato no 330).
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Moscatt n. 9/1690-A/6, accettato dal Governo.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Gasbarra n. 9/1690-A/8, accettato dal Governo.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Petrini n. 9/1690-A/9, accettato dal Governo, purché riformulato.
PAOLO PETRINI. Signor Presidente, le chiedo perdono, ma il rumore non mi ha permesso di comprendere la riformulazione rappresentata dal Governo. Se fosse possibile...
PRESIDENTE. Bene. Se l'onorevole Corsaro consente... Chiederei al sottosegretario di rileggere la riformulazione. Prego.
ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, «impegna il Governo, compatibilmente con le disponibilità di bilancio...»
Pag. 25PRESIDENTE. Scusi, onorevole Giorgetti: bisogna anche che l'Aula sia un po’ più silente, perché altrimenti non si sente proprio nulla. Prego.
ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. «Impegna il Governo, compatibilmente con le disponibilità di bilancio, a prevedere che le risorse derivanti dall'alienazione dell'originario patrimonio immobiliare disponibile degli enti territoriali siano destinate prioritariamente alla riduzione del debito dell'ente medesimo».
PRESIDENTE. Prendo atto che il proponente accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno, quindi andiamo avanti.
Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Causi n. 9/1690-A/10, accettato dal Governo.
Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Crivellari n. n. 9/1690-A/11, accettato dal Governo, purché riformulato.
Prendo atto altresì che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Brugnerotto n. 9/1690-A/12, Cariello n. 9/1690-A/13 e Nastri n. 9/1690-A/14, accettati dal Governo.
Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Castelli n. 9/1690-A/15, accettato dal Governo, purché riformulato.
LAURA CASTELLI. Signor Presidente, primo, intervengo per dire che non accettiamo la riformulazione; secondo, per chiedere all'Aula com’è possibile che, dopo un giorno intero passato a parlare di mafia, antimafia, Fondo per le vittime della mafia, si voglia ancora alleggerire questo ordine del giorno: «valutare», «eventualmente adottare». Ma che termini sono (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
Vorrei che quest'oggi il Partito Democratico, che sappiamo essere in larga parte rappresentato da ragazzi giovani della mia età che stanno dentro associazioni come Libera, alzasse la testa, e dicesse: questa cosa si deve fare (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Non si può mettere verbi con ipotetici «eventualmente»: non è possibile ! Allora, spieghiamo al Governo che quando le cose si vogliono fare si possono fare, per cortesia (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) !
ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, onorevole Castelli, probabilmente il Governo non è stato sufficientemente chiaro nelle proprie intenzioni, a giudicare dalla sua reazione.
Vorrei, allora, rappresentare che la proposta di riformulazione non era una proposta evasiva, tutt'altro; anche perché nel dispositivo di impegno si dà per scontato un presupposto: che attualmente la disciplina del Fondo di rotazione non funzioni, in termini di funzionamento. Il Governo afferma esattamente il contrario: ad oggi, la disciplina del Fondo funziona. Proprio per venire incontro alle esigenze di natura politica in merito al fatto che sia stata «definanziata» una parte del Fondo inutilizzata, il Governo propone una verifica: non, quindi, un'attività elusiva rispetto alla questione politica. E la riformulazione proposta è: «a verificare la disciplina del Fondo di rotazione», e in funzione della verifica eventualmente modificare.
Se lei ritiene questo un impegno evasivo, credo che probabilmente, in termini anche di comprensione, non ci sia la voglia di affrontare per davvero una questione che è prettamente operativa.
PRESIDENTE. Allora, mi pare di capire che rimane la richiesta di porre in votazione l'ordine del giorno nella sua formulazione originaria.Pag. 26
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bonafede. Ne ha facoltà.
ALFONSO BONAFEDE. Signor Presidente, l'italiano, a casa nostra, è italiano, per cui se c’è scritto che eventualmente si modificherà qualcosa che ieri è stato accertato da tutti come qualcosa che non funziona, a noi sembra quasi, quasi, ma siamo certi di questo, l'ennesima perdita di tempo perché in Italia è così: quando si trova la magagna, e quella magagna è reale ed è accertata da tutti, si dice: «sì, verificheremo e poi, eventualmente, modificheremo». Sappiamo tutti che quel Fondo non funziona così come è stato concepito, e quindi basta semplicemente impegnarsi a modificarlo. In primo luogo, non ci sono incertezze per cui c’é un intervento eventuale. In secondo luogo, io ribadisco che, visto che si parla di fondi che vengono sottratti alla lotta alla mafia, sarebbe stata gradita la presenza del presidente della Commissione antimafia, Rosy Bindi, che ancora oggi non è presente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Sappiamo che non ha bisogno di imparare nulla nella lotta alla mafia e che è stata scelta per le sue competenze note a tutti nella lotta alla mafia, però – ripeto – la sua presenza sarebbe gradita (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Marchi. Ne ha facoltà.
MAINO MARCHI. Signor Presidente, io credo che ci sia un presupposto sul quale non è che abbia concordato tutto il Parlamento ieri nella discussione e cioè il fatto che il fondo non funzioni e, per questo motivo, non sia stato utilizzato tutto. Abbiamo detto che abbiamo avuto un riscontro da parte del Governo nel lavoro preparatorio in Commissione di esame del provvedimento, per cui c’è stato detto che il fondo che rimane disponibile è sufficiente per far fronte alle esigenze della legislazione su questa materia.
C’è una richiesta di verifica e io credo sia opportuno farla. Proporrei di valutare se, eventualmente, questa verifica, invece di lasciarla fare solo al Governo, visto che è un impegno del Governo, si possa fare anche con il coinvolgimento della Commissione parlamentare antimafia, che è appena stata insediata, in modo da fare una verifica che coinvolga anche un organismo parlamentare. Dopodiché, eventualmente, se da quella verifica risulta che ci sono problemi di funzionamento, si deve trarre la conclusione che le modalità con cui funziona questo fondo vanno cambiate. Quindi, proporrei questo perché non mi sembra che partiamo dallo stesso presupposto di chi dice che le cose non funzionano, però è opportuno fare questa verifica anche perché, magari, dalla verifica può venire fuori che servono più risorse, oppure che si potrebbero utilizzare meglio quelle che ci sono se ci fossero alcuni cambiamenti normativi o di modalità di funzionamento.
PRESIDENTE. Vedo che c’è un dialogo in corso tra il gruppo del MoVimento 5 Stelle ed il Governo. Non so se il Governo ha ascoltato: nell'intervento del deputato Marchi, vi è stata una irrituale, ma forse utile, proposta di aggiungere un ulteriore elemento alla riformulazione proposta dal Governo, però non ho capito se il Governo ha colto o meno la proposta nell'intervento di Marchi.
ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Sì, Presidente, ho colto la proposta di Marchi e peraltro credo che questa sia un'iniziativa che può assumere tranquillamente il Parlamento senza chiedere l'opinione del Governo e l'impegno del Governo. Se la Commissione decide di fare delle verifiche, è nella sua piena facoltà. Se si vuole comunque aggiungere questo aspetto, per Pag. 27il Governo non ci sono problemi, non essendo ovviamente protagonista di questa operazione...
PRESIDENTE. Tuttavia tecnicamente solo il Governo può proporre una riformulazione dell'ordine del giorno.
ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Allora, la riformulazione è la seguente: impegna il Governo a verificare la disciplina del Fondo di rotazione per la solidarietà (...) in accordo con la Commissione... Potrebbe essere riformulato così: «in accordo con la Commissione antimafia» (Commenti del deputato Giachetti)...
PRESIDENTE. Presidente Giachetti, lo so. Ho detto già che è una cosa irrituale. Siccome, però, è un tema sul quale il Governo dice che può accogliere un suggerimento venuto dal collega Marchi, non so se questo accoglie l'intenzione dei presentatori.
Ha chiesto di parlare il deputato Currò. Ne ha facoltà.
TOMMASO CURRÒ. Grazie, Presidente, intanto noi accettiamo questa riformulazione. Tuttavia, faccio rilevare quanto segue. Ormai è assodato ed è chiaro a tutti – e penso che nel dispiegare questa discussione anche chi non conosceva il tema ha avuto tutto il tempo e i modi per poterlo chiarire effettivamente – che questo Fondo di fatto non funziona.
Allora, il Governo farà le sue verifiche senz'altro e appurerà, in tempi brevissimi, i seguenti numeri. Esiste una domanda di sostegno da parte del Fondo per l'usura, per le vittime della mafia e del racket che, solo nel settore del commercio, raggiunge le centinaia di migliaia di soggetti. La Commissione competente per valutare le domande di accesso quest'anno ha evaso mille domande. Allora, qui c’è una disparità di numeri, altro che verifiche ! Qui bisogna immediatamente mettere mano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Ogni anno, a fine esercizio, questo Fondo restituisce delle risorse che, poi, vengono ridistribuite. Noi vogliamo che, anche a fronte della crisi che si sta verificando drammaticamente nel Paese e che sta investendo anche i consumatori, crisi del credito per cui l'usura ne sta approfittando, il Governo si impegni seriamente a portare in Parlamento un provvedimento che modifichi questo strumento (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il deputato Fava. Ne ha facoltà.
CLAUDIO FAVA. Signor Presidente, intervengo per dichiarare il sostegno del nostro gruppo a questo ordine del giorno e alla sua riformulazione, ma anche per dire al Governo che questa riformulazione non deve essere considerata dilatoria, nel senso che il pieno consenso, accordo e disponibilità alla collaborazione della Commissione antimafia su una revisione in positivo del Fondo di rotazione è un'intenzione che mi sento di potere confermare, senza alcuna difficoltà, a nome di tutto l'ufficio di presidenza.
La Commissione antimafia si impegna affinché questa revisione sia fatta in tempi opportunamente rapidi e ringrazio anche il MoVimento 5 Stelle per avere segnalato questa urgenza al Parlamento.
PRESIDENTE. Adesso do la parola al sottosegretario Alberto Giorgetti per rileggere, onde evitare che scriviamo cose che impediscono... Prego, sottosegretario, rilegga la riformulazione.
ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, proverei a formulare questa proposta: «impegna il Governo a verificare, secondo gli indirizzi che potranno essere espressi dalla Commissione antimafia, la disciplina del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso, delle richieste estorsive e dell'usura, al fine di adottare modalità di Pag. 28attuazione che consentano il pieno utilizzo da parte degli interessati del sostegno ivi previsto».
PRESIDENTE. Sta bene. Mi pare che con questa riformulazione ci siamo ed è accolta da tutta l'Aula, con soddisfazione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Passiamo ora all'ordine del giorno Mauro Guerra n. 9/1690-A/16. Onorevole Mauro Guerra, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/1690-A/16, accettato dal Governo, purché riformulato ?
MAURO GUERRA. Signor Presidente, accetto la proposta di riformulazione se al termine: «ulteriormente» si aggiungono le parole: «per il 2013». Per cui la riformulazione sarebbe la seguente: «A incrementare ulteriormente per il 2013 il contributo (...)».
PRESIDENTE. È sempre il Governo che deve fare una proposta di riformulazione. Prego, sottosegretario Giorgetti.
ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, in effetti va bene, anche perché consideravo...
PRESIDENTE. Lo dava per scontato.
ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. ... i provvedimenti all'esame del Parlamento entro il 31 dicembre e davo per scontata l'annualità. Va bene.
LUCA SQUERI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCA SQUERI. Signor Presidente, io chiedo di aggiungere la mia firma a questo ordine del giorno. Tra l'altro, avendo fatto parte del comitato istituito presso il Ministero dell'interno, penso che sia davvero una buona occasione per metterci mano e cercare di renderlo ancora più efficace.
PRESIDENTE. Abbiamo così esaurito l'esame degli ordini del giorno. Dovremmo ora passare alle dichiarazioni di voto finale, tuttavia, poiché è stato convenuto che tali dichiarazioni di voto abbiano inizio alle ore 13 con ripresa televisiva diretta, sospendiamo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 13. La seduta è sospesa.
La seduta, sospesa alle 11,55, è ripresa alle 13.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE LAURA BOLDRINI
(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 1690-A)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ricordo che è stata disposta la ripresa televisiva diretta delle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Lello Di Gioia. Ne ha facoltà.
LELLO DI GIOIA. Signora Presidente, il gruppo socialista voterà a favore della «manovrina», perché siamo profondamente convinti che vi era la necessità e vi era bisogno, dopo gli interventi che abbiamo effettuato nelle scorse settimane e negli scorsi mesi, di rientrare dello 0,1 per cento nel rapporto deficit/PIL, e credo che l'intervento che è stato fatto, realizzato, di un miliardo e 600 milioni di euro, per rientrare dello 0,1 per cento, sia un intervento equilibrato.
Un intervento che ci fa rientrare e mantenere i parametri di Maastricht, un intervento che determina una condizione perché si possa, nella legge di stabilità, costruire quelle prospettive per la crescita e per lo sviluppo. Riteniamo anche che, per la prima volta, si sia verificato che la riduzione per il rapporto deficit/PIL non incida semplicemente ed esclusivamente sui tagli agli enti locali.Pag. 29
Certo, vi è stata una restrizione del Patto di stabilità, ma credo che questo, in un momento come quello attuale e, soprattutto, alla fine dell'anno, non inciderà notevolmente sugli aspetti della finanza locale. Crediamo, invece, che, nella manovra di bilancio che si sta realizzando al Senato, vi siano tutte quelle condizioni perché si possa alleggerire il Patto di stabilità...
PRESIDENTE. Deputato, concluda.
LELLO DI GIOIA. ... e quindi dare la possibilità agli enti locali di potere intervenire. Infine, signora Presidente, noi crediamo che dobbiamo costruire, in prospettiva, un'operazione che ci consenta di poter agganciare la ripresa, e che quindi crei quelle condizioni di crescita e, soprattutto, allevii quelle che sono le condizioni di occupabilità all'interno di questo Paese. Un Paese che oggi ha molti disoccupati...
PRESIDENTE. Deve concludere.
LELLO DI GIOIA. ... molti giovani – concludo –, affinché si possa realmente costruire un'Italia nuova, una realtà nuova, una possibilità e un'opportunità per i giovani all'interno del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI)-Liberali per l'Italia (PLI)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Bruno Tabacci. Ne ha facoltà.
BRUNO TABACCI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, annuncio il voto favorevole del Centro Democratico al decreto-legge con quattro osservazioni. Primo, un apprezzamento per l'incremento del Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati e l'istituzione di un nuovo Fondo immigrazione.
L'emergenza del Nord e del Centro Africa pone il problema del contributo ai comuni che ne sostengono l'emergenza, vedi il caso di Lampedusa. L'immigrazione è una questione europea: su 100 cittadini che sbarcano sulle coste italiane, solo 15 si fermano in Italia. Quindi, il problema diventa necessariamente di natura continentale.
Secondo, una perplessità: l'aggiustamento a novembre del Patto di stabilità per gli enti locali appare come una mera operazione contabile e contiene orientamenti discutibili sui comuni virtuosi. È una materia, quella del Patto di stabilità, da ripensare strutturalmente.
Terzo, un invito: sono ben 8 le regioni impegnate nel piano di rientro sanitario. L'allargamento delle regioni interessate pone il problema di ripensare strategicamente il rapporto Stato-regioni in materia sanitaria. Quarto, una sollecitazione: poiché il decreto-legge contiene disposizioni finanziarie per il rientro dello scostamento dall'obiettivo del 3 per cento con una rimodulazione della spesa, vi è un richiamo, con forza, al lavoro del dottor Cottarelli sulla spending review: è quella la strada maestra.
Ovviamente si guarda alla legge di stabilità con grande preoccupazione. Quel che sta avvenendo al Senato non è incoraggiante: l'esorbitante numero degli emendamenti porta a spezzare i problemi ed a perdere la visione d'insieme. Non credo che il Parlamento sia oggi in condizioni di migliorare la manovra, come si suol dire; forse di accrescerne l'incertezza. Il preannuncio assai bellicoso di Forza Italia conferma quest'impressione.
Il Governo prenda in mano la situazione anche per evitare altri richiami dall'Europa, dare il senso di un'impostazione complessiva e, se inevitabile, ponga anche la questione di fiducia senza ambiguità. Mi pare che l'asse con Parigi sulla crescita sia la strada giusta per sostenere un nuovo corso in Europa oltre l'austerità, una linea che va allargata agli altri Paesi dell'area mediterranea.
Va recuperato uno spazio adeguato per gli investimenti da un lato e dall'altro incoraggiata la politica di Draghi di fare pieno uso dello strumento del cambio, in particolare nel rapporto con il dollaro. E, qui, l'opposizione nella BCE data dai due Pag. 30esponenti tedeschi è totalmente sbagliata. La Germania va messa di fronte alla realtà delle cose: attorno non può avere il deserto, sarebbe miope una politica di questo tipo.
Anche per questo abbiamo fiducia nel lavoro del Presidente Letta, che deve puntare sulle riforme strutturali, perché quella italiana rischia di essere nel 2014 l'unica economia che in Europa non cresce (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Centro Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Corsaro. Ne ha facoltà.
MASSIMO ENRICO CORSARO. Grazie Presidente, un provvedimento vigliacco, proposto da un Governo vigliacco, sostenuto da una maggioranza vigliacca (Commenti). Questa è la realtà, perché dietro a un falso nome, «manovrina», un vezzeggiativo per darne la dimensione di scarso impatto e per renderlo quasi simpatico, si finge di parlare di un intervento riduttivo per rientrare nel Patto di stabilità, senza contare che, in queste ore, l'altro ramo del Parlamento, il Senato della Repubblica, è impegnato nella lettura e probabilmente nell'approvazione della legge di stabilità.
Quindi, se per davvero l'obiettivo fosse stato quello di fare quel minimo di «manovrina», sarebbe bastato che il Governo presentasse un microemendamento alla legge di stabilità e non avremmo avuto bisogno di impegnarci in un altro decreto.
Perché il vero motivo – e qui sta la vigliaccheria – è che si cerca di nascondere il vero argomento che è contenuto in questo provvedimento ed il vero argomento sta tutto nell'articolo 1 dei quattro che costituiscono questo decreto, ovvero la costituzione di un fondo, un fondo finanziario per l'accoglienza – si legge nel testo – di fronte all'emergenza dei flussi migratori non controllati.
E come si costituisce questo fondo, onorevole Presidente ? Si costituisce questo fondo andando ad attingere – ed estinguendone la dimensione – al fondo già esistente, che dovrebbe finanziare i rimpatri degli immigrati clandestini che albergano nel nostro territorio, e azzerando il fondo di solidarietà per gli interventi a favore delle vittime della mafia, dell'estorsione e dell'usura.
Cioè si dà esattamente il messaggio contrario a quello che servirebbe: di fronte a flussi di immigrazione clandestina incontrollata, invece di dire che noi ci organizziamo ad intensificare il governo del territorio, cancelliamo tutte le risorse che sono destinate per rimandare a casa chi viene a casa nostra in barba alla legge che ci siamo voluti dare e si creano delle risorse surrettizie, che espungono anche tutti quei pochi ridotti quattrini che erano destinati a soddisfare le esigenze delle vittime della mafia, nella totale ignavia, nel completo assordante silenzio dei tanti e delle tante professionisti e professioniste dell'antimafia, che in questo ramo del Parlamento non mancano mai di dispensarci le loro verità ogni volta che si parla di criminalità organizzata, ma che improvvisamente non hanno aperto bocca nel vedersi espunte tutte le risorse finanziarie che dovevano dare sollievo alle vittime.
Un silenzio sospetto per inserire quello che è di fatto il vero motivo che vigliaccamente nascondete in questo provvedimento, che è quello di ricorrere alla surrettizia abolizione del reato di immigrazione clandestina senza avere il fegato, senza avere la faccia di dire agli italiani che è questo l'obiettivo che volete perseguire; senza dire che quello che state facendo è l'esatto contrario di ciò che dovrebbe essere fatto; senza dire che il problema dell'immigrazione clandestina è, sì, fatto in qualche caso di persone che fuggono per motivi di persecuzione politica dai propri territori, ma che, purtroppo, – le statistiche dimostrano – nella stragrande maggioranza dei casi è, invece, costituito da gente che viene volontariamente a casa nostra non volendosi far riconoscere, rinunciando a declinare le proprie generalità, senza dire dove va a vivere, senza dimostrare come si mantiene nel nostro Paese, senza voler certificare il loro livello di accettazione delle regole di una società nella quale vogliono entrare.Pag. 31
Si dimentica di dire che dare al volgo e all'inclita il messaggio di un Paese che rinuncia a governare il proprio territorio costituisce nient'altro che l'interesse degli scafisti, degli schiavisti, dei mercanti di morte. Aprire indiscriminatamente le frontiere, cancellando le risorse – le poche risorse – che erano destinate per il rimpatrio degli immigrati clandestini, è come dire che consegniamo le nostre campagne alla mafia del cartello di Medellin per venire a fare le loro coltivazioni di droga nelle nostre praterie. È esattamente lo stesso discorso quello sul quale vi state muovendo.
Se davvero aveste a cuore il tema degli immigrati vi interesserebbe sapere chi sono, vi interesserebbe sapere da dove vengono, dove vogliono andare, come intendono mantenersi. Voi cercate solo bassa speculazione. Cercate forse – questo è il sospetto ancora più odioso – la possibilità di costituire e di utilizzare con questo fondo delle ulteriori risorse per poterle sviare a qualche solita associazione che, dietro il velo di pauperistica e compassionevole carità, in realtà è l'ulteriore utilizzo delle vostre mani lunghe sulla gestione delle risorse pubbliche.
Non vi curate di aprire indiscriminatamente le frontiere italiane all'ingresso di disperati, che fanno l'interesse degli scafisti, che fanno l'interesse degli speculatori di morte e che, una volta a casa nostra, non potranno – come è dimostrato tristemente dai numeri – che andare ad intensificare la manovalanza della malavita organizzata.
Questo fa parte culturalmente della storia della sinistra, che cerca una nuova platea elettorale, perché poi il prossimo passaggio sarà quello di cercare di dare il voto a quelli che entrano indiscriminatamente a casa nostra. Non ci stupisce fare il raccordo tra quello che state scrivendo in questo provvedimento e quello che ha dichiarato pochi giorni fa il Presidente Letta riguardo il proprio Ministro «dell'immigrazione». Leggo testualmente: «Quando ho fatto il Governo la mia priorità era avere un Ministro di colore». Ora a noi non interessa il colore del Ministro «dell'immigrazione», però, Presidente Letta, dopo le dimenticanze fiscali del Ministro Josefa Idem, dopo la leggerezza telefonica del suo Ministro della giustizia, dopo l'intransigente polso di ferro del suo Ministro dell'interno, che ha, in quel caso sì, cacciato a malo modo una pericolosissima bambina kazaka di sei anni, invece che andare a cercare come priorità il colore della pelle di un suo Ministro sarebbe il caso che lei ne cercasse almeno uno capace di fare il Ministro.
E allora, a noi interessa dire che se è scontato che la sinistra faccia un percorso di questo genere, è meno scontato che siano silenti gli altri, che siano silenti gli amici del MoVimento 5 Stelle, cui pure il loro leader, il signor Giuseppe Grillo, in arte Beppe, ha dato una segnalazione pochi giorni fa riguardo al tema dell'immigrazione, dicendo: «Attenzione ! Se voi continuate a dire che noi siamo indiscriminatamente a favore dell'immigrazione clandestina finisce che non ci vota più nessuno». Ma anche qui, non fa parte del mio interesse.
Il mio vero interesse, onorevole Presidente, è un altro. Al di là di Fratelli d'Italia e al di là della Lega, che sole si sono battute contro la vigliaccheria contenuta in questo provvedimento, mi interessa rilevare e chiedermi e chiedervi come fanno i tanti colleghi e le tante colleghe eletti nelle file del centrodestra, che hanno insieme a noi compiuto una forte campagna elettorale all'insegna della tutela della sicurezza dei cittadini, all'insegna del governo del territorio, all'insegna del «prima gli italiani», ad adempiere a questo passaggio.
Siano essi oggi iscritti al gruppo di Forza Italia, siano essi oggi iscritti al gruppo del Nuovo Centrodestra: come fate a continuare a sommare i vostri voti ad un Governo che, mentre voi discutete del nulla, sta permeando come nessuno prima di questo la società italiana del peggior sinistrismo ?
Con il vostro colpevole e silente voto avete fatto aumentare la pressione fiscale, non avete impedito che questo Governo aumentasse di un punto percentuale l'IVA, Pag. 32che mettesse la tassa sulla prima casa pur dicendo che la toglieva, che si ponesse all'attenzione della pubblica opinione una prolusione di un vostro Ministro, che addirittura ha provato a spiegarci che chi ci mette al mondo non deve essere più chiamato «mamma» e «papà», ma «genitore 1» e «genitore 2», che sta immaginando una famiglia composta in modo – come dire – poco naturale, che sui temi della giustizia antepone la necessità di ricorrere all'indulto ed all'amnistia per mandare fuori quelli che certamente sono colpevoli, senza porsi il problema della carcerazione preventiva, per capire se magari in galera c’è qualcuno che di colpe non ne ha, che difende in un modo assolutamente parossistico un indifendibile Ministro della giustizia e che sull'immigrazione dice delle cose che sono invero totalmente contrarie non solo al buonsenso, ma anche a quello che voi, amici di Forza Italia e del Nuovo Centrodestra, avete dichiarato.
Perché, vede Presidente – e concludo –, mi sono divertito ad andare a recuperare il programma elettorale del Popolo della Libertà di pochi mesi fa, del febbraio scorso. Questo programma elettorale, che si chiama «patto del parlamentare» – nella cui prima pagina, curiosamente, questa è una nozione assolutamente ironica, c’è scritto: «patto del parlamentare: nel candidarmi alle prossime elezioni prometto solennemente di non tradire il mandato degli elettori passando ad altro gruppo parlamentare»; questo, letto oggi, mi rendo conto che fa un po’ sorridere; nella realtà alla pagina 31, all'impegno numero 20...
PRESIDENTE. Concluda.
MASSIMO ENRICO CORSARO. Concludo: sulla sicurezza dice testualmente: «impegno per l'incremento della lotta per la legalità, per il contrasto ai fenomeni dell'immigrazione clandestina...
PRESIDENTE. Non ce lo legga tutto, concluda !
MASSIMO ENRICO CORSARO. ... e della criminalità predatoria». Concludo, signor Presidente.
PRESIDENTE. Grazie.
MASSIMO ENRICO CORSARO. C’è qualcuno che ha detto delle cose e ne ha fatte delle altre. Nell'ambito del centrodestra c’è Fratelli d'Italia che mantiene il suo impegno a favore degli italiani e mantiene la parola data ai propri elettori (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia).
PRESIDENTE. Bene, la ringrazio. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Guidesi. Ne ha facoltà.
GUIDO GUIDESI. Signor Presidente, oggi ci troviamo qua a discutere il decreto cosiddetto «manovrina». È giusto anche dire per quale motivo è stato creato questo decreto, un decreto creato – qualche collega precedentemente l'ha detto – per rispettare il limite del rapporto deficit-PIL imposto dall'Unione europea, quello del 3 per cento. Oggi se il Governo, dal punto di vista della politica economica, avesse rispettato gli impegni presi, non ci troveremmo qui a discutere questo decreto e questo è il primo dato: questo decreto certifica il fallimento della politica economica di questo Governo, politica economica fatta di tasse dal primo all'ultimo giorno da quando si è insediato questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
Ma non solo: vorrei chiedere – oggi non c’è, è presente il sottosegretario Giorgetti e magari se ne farà carico – al Presidente del Consiglio, definitosi Presidente del Consiglio «palle d'acciaio» in Unione europea, cosa ha portato a casa dall'Unione europea in questi sei mesi di Governo, cosa è riuscito a portare a casa per il suo Paese, visto che oggi ci troviamo qua a rispettare ancora una volta le imposizioni dell'Unione europea.
Però faccio mia la dichiarazione di ieri del segretario nazionale del Partito Democratico, Guglielmo Epifani, il quale ha detto: «Basta parole, parliamo di fatti». Benissimo, allora iniziamo ad analizzare questo provvedimento nei fatti. Grazie a questo provvedimento, di cui, ripeto, l'obiettivo è quello di rispettare il rapporto Pag. 33deficit-PIL, invece ci troviamo di fronte ad una situazione dove voi determinate un collegamento astratto ed incredibile tra la finanza locale e l'immigrazione.
Create un fondo ad hoc per l'eccezionale afflusso di immigrati nell'ultimo periodo. Create questo fondo ad hoc determinando ancora una volta il fallimento della difesa del territorio. Lo dico perché l'unico modo per fermare questo afflusso e per fermare le vittime sono i respingimenti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie), i respingimenti che l'allora Ministro Maroni aveva fatto e che hanno determinato sicuramente una situazione favorevole e di salvaguardia anche delle vite umane.
Non sappiamo a chi vanno i soldi di questo fondo. Non c’è stato detto e specificato. Sappiamo, però, dove trovate le coperture e qui mi appello all'etica della sinistra e del Partito Democratico. È etico trovare i soldi svuotando il fondo per le vittime dei reati dell'usura e della mafia ? È etico trovare i soldi vietando praticamente le espulsioni ? Infatti, voi cancellate il fondo per il rimpatrio (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Oggi questo Parlamento decide di fermare le espulsioni !
Non solo fate questo, ma in coerenza con quello che anche ieri avete dimostrato sulla mozione di sfiducia al Ministro Cancellieri, dove fuori dite una cosa e qua dentro ne fate un'altra, la stessa cosa fate in aiuto e in sostegno dei sindaci e del Patto di stabilità che volevate cancellare a parole e che, invece, oggi inasprite. Non solo inasprite il Patto di stabilità, ma cancellate i premi ai comuni virtuosi e responsabili schiaffeggiando gli amministratori, anche i vostri, che si sono comportati responsabilmente in tutti questi anni e che amministrano per senso civico e non certo per una questione economica.
È stato detto che la contrarietà della Lega Nord a questo provvedimento è dovuta all'istituzione del fondo per gli immigrati. Non solo questo è il motivo, ma sicuramente questo è il principale, perché noi siamo contrari all'istituzione di questo fondo e lo ribadisco con fermezza (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Lo ribadisco con fermezza perché avete trovato i soldi dando priorità agli immigrati, dimenticandovi delle situazioni di disagio sociale che vive questo Paese, che vivono i cittadini, i nostri cittadini. Parlo degli esodati, parlo dei cassaintegrati, parlo dei disoccupati, tutte parole che erano nel programma di questo Governo, parole ancora una volta andate a vuoto e concretizzate nei fatti in maniera diversa. Prendo spunto, per esempio, dalla situazione di paura quotidiana che c’è dal punto di vista della sicurezza urbana. Lo sappiamo solo noi o lo sapete anche voi che tutti i giorni ci sono furti nelle abitazioni e che la gente ha paura ? Non era opportuno, sottosegretario, che quel fondo andasse ai comuni per opere di vigilanza urbana, a sostegno magari della pubblica sicurezza, dando sostegno alla gente che oggi nelle case ha veramente paura ?
Voi non vi rendete assolutamente conto della realtà. L'invito che vi faccio è di prendere, un giorno, e stare su un treno di pendolari ed ascoltare; di andare alle poste, negli uffici postali il 1o di ogni mese a guardare in faccia il disagio di chi ritira la propria pensione e di quegli anziani; a parlare con quei giovani responsabili che non riescono neanche ad andare in un locale la sera perché non hanno, né la possibilità di avere un lavoro, né la copertura dalla loro famiglia visto il disagio occupazionale ed economico che vige (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie). Parlate con i disoccupati, non con gli immigrati. Parlate con loro e rendetevi conto della situazione che stiamo vivendo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
Vede, Presidente, noi veniamo dal Nord dove la dignità è un valore inestimabile, dove la dignità a volte copre anche situazioni di disagio non paventate. Ma le assicuro che le famiglie oggi sono impossibilitate anche alla quotidianità. Voi avete delle priorità e l'avete dimostrato in tutti questi mesi di Governo. Avete approvato due provvedimenti «svuotacarceri» e avete depenalizzato i reati. Qui dentro si parla di amnistia e oggi ancora una volta Pag. 34date priorità agli immigrati e non alla nostra gente. Non è una questione economica, non è una questione di bilancio, non è solo ed esclusivamente una questione di contabilità, questa è una questione di giustizia sociale.
Le vostre priorità sono ingiuste nei confronti dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie) e noi all'ingiustizia, sottosegretario, Presidente, non ci stiamo ! Voteremo contro questo provvedimento, perché questo provvedimento è ingiusto nei confronti di tutti i cittadini onesti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie – Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Alessandro Pagano. Ne ha facoltà.
ALESSANDRO PAGANO. Signor Presidente, il decreto-legge oggi all'esame dell'Aula individua le risorse, quantificate in circa 1,6 miliardi di euro, per consentire nel 2013 il rientro entro il limite del 3 per cento, definito in sede europea, del rapporto tra indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni e prodotto interno lordo, correggendo in tal modo lo scostamento dello 0,1 per cento dovuto al calo delle entrate in seguito alla congiuntura economica negativa.
L'importo di 1,6 miliardi di euro viene reperito in primo luogo tramite la riduzione delle spese dei Ministeri per 590 milioni di euro, con un programma di dismissioni per circa 525 milioni di euro e tramite l'inasprimento del Patto di stabilità interno per gli enti locali per 450 milioni di euro.
Ho voluto ricordare queste cifre per rimarcare il fatto che il Governo interviene senza introdurre nuove tasse, bensì con tagli di spesa statale e, in misura minore, agli enti locali con l'inasprimento del Patto di stabilità. È ovvio che il rispetto del limite del 3 per cento ci consentirà di sfruttare quegli spazi di manovra concessi dalla normativa comunitaria ai Paesi che rispettano tali impegni e così le risorse liberate saranno impegnate per gli investimenti necessari al rilancio della crescita di questo Paese.
È cosa buona pure avere previsto ulteriori interventi in materia di finanza locale e di pagamento dei debiti pregressi delle amministrazioni territoriali, nonché norme volte a fronteggiare le esigenze indotte dal fenomeno dell'immigrazione.
Un altro aspetto positivo è dato dalla possibilità alle regioni sottoposte al piano di rientro del disavanzo sanitario, in caso di riduzione del disavanzo, di evitare l'incremento delle imposte fino al massimo dell'aliquota dell'IRAP e dell'addizionale regionale dell'IRPEF. In questo modo le regioni virtuose potranno disporre della riduzione delle aliquote delle imposte oppure della destinazione ad altre specifiche finalità extrasanitarie.
Nel corso dell'esame in Commissione, è stato precisato che le finalità extrasanitarie possono concernere esclusivamente lo svolgimento di servizi pubblici essenziali o il pagamento di debiti pregressi. In alternativa, si dovrà provvedere alla riduzione della pressione fiscale.
Tutto quello che ho detto e descritto appartiene senz'altro alla sfera di un giudizio positivo, ma ciò non ci deve far dimenticare quanto, invece, poteva essere meglio realizzato e che è giusto che in quest'Aula venga evidenziato. La prima cosa che salta agli occhi è, infatti, una continua modifica della normativa della finanza locale, che non permette certo agli enti locali di svolgere una adeguata programmazione di bilancio. Questo decreto-legge rappresenta l'esempio lampante del modo frettoloso di legiferare a cui ci ha costretto l'Unione europea. Le decisioni di finanza pubblica, troppo spesso, in questi ultimi anni sono state prese sotto scacco dell'emergenza e senza una sintesi di ragionamento ordinato e razionale. Ritengo che questo aspetto abbia, per forza di cose, un altissimo grado di imputazione di responsabilità in capo all'Unione europea.
In un solo decreto-legge, infatti, troviamo, tutte assieme, norme che modificano altre norme recentemente emanate, in primis quella sul Fondo di solidarietà comunale istituito a seguito della ridefinizione Pag. 35della disciplina dell'IMU, operata con la legge di stabilità 2013 e, quindi, già modificata. Nemmeno il Patto di stabilità ha avuto tregua: il comma 5 dell'articolo 2, con alcune modifiche alla legge di stabilità 2012 e relative alla disciplina del Patto di stabilità interno degli enti locali, inasprisce per l'anno 2013 i vincoli del Patto di stabilità interno, aumentando il contributo finanziario richiesto a ciascun ente e sospendendo l'applicazione del sistema di virtuosità ai fini della ripartizione degli obiettivi finanziari del Patto con gli enti medesimi.
Certamente – ed è giusto riconoscerlo – gli enti locali sono tra i maggiori responsabili della spesa pubblica – e questa denuncia va fatta – e quindi automaticamente anche della pressione fiscale che hanno generato, tuttavia siamo tutti d'accordo – penso – che bisogna punire i comuni spendaccioni e aiutare quelli virtuosi.
Orbene, dobbiamo convenire che, invece, con questa norma vengono puniti entrambi e siamo tutti d'accordo che gli amministratori hanno ragione quando dicono che le sanzioni devono riguardare la violazione di norme stabili e non continuamente cambiate.
La disposizione è controproducente anche perché, se l'inasprimento del Patto di stabilità è disposto a meno di tre mesi dalla chiusura dell'esercizio finanziario, questo Patto genera difficoltà agli enti locali, signor sottosegretario, che, per forza di cose, devono individuare ulteriori misure di risparmio.
L'osservazione del reale ci dice che, nove volte su dieci, in casistiche del genere, gli amministratori per risolvere i loro problemi rinviano il pagamento dei debiti alle imprese fornitrici all'esercizio successivo. In particolare questo accade, è ovvio, con le spese di investimento.
Quindi si comprenderà che abbiamo fatto la norma con cui la pubblica amministrazione ha pagato i suoi mostruosi debiti ai fornitori – noi sappiamo che il debito della pubblica amministrazione è una delle cause di questa crisi economica – e lo abbiamo fatto con il decreto-legge n. 35 del 2013, abbiamo incrementato la posta con il decreto-legge n. 69 del 2013, l'abbiamo ulteriormente incrementata oggi. Però, i tecnici del MEF si sono dimenticati di far notare al Governo che l'approvazione della norma odierna contraddice la buona volontà politica. In conclusione, riteniamo che il Governo debba evidenziare e ben comunicare in tutte le sedi che i lievi inasprimenti che, eventualmente, dovessero sorgere a livello di enti locali, a seguito di queste disfunzioni normative a cui ho accennato, hanno un carattere transitorio eccezionale; uno strumento, insomma, di rientro di disavanzo che, certamente, non può essere visto come strumento di natura strutturale.
Poco fa abbiamo fatto cenno all'Unione europea e al fatto che certamente ci tratta da cittadini di serie «B». Questa cosiddetta manovrina ne è la prova concreta, abbiamo sforato dello 0,1 per cento e ci hanno costretti a rientrare; e dire che ci sono almeno altri dieci Paesi dell'Unione europea, alcuni anche prestigiosi, che hanno problemi ben più grossi dei nostri, ma tant’è, lo sappiamo. Allora noi, oggi, dobbiamo ragionare per evitare che casi del genere si abbiano a ripetere e ci costringano a commettere errori, perché gli errori tecnico-politici che abbiamo sottolineato con onestà intellettuale vanno addebitati a questa fretta e a questa costrizione a cui ci ha indotto l'Unione europea; dobbiamo fare tutto questo all'interno di un profilo che, ritengo, debba essere la dimensione futura. Dobbiamo recuperare credibilità, questo lo sappiamo, sul fronte del debito pubblico che certamente è consistente, ma la nostra squadra di Governo ha competenze e riconoscimenti internazionali straordinari per fare passare alcuni principi fondamentali di buonsenso, che invece vengono negati, dall'Unione europea. A mio modesto parere, debbono rappresentare l'agenda prossima futura, per evitare che poi magari con un altro 0,00001 per cento ci costringano, forse anche umiliandoci, a fare delle manovre di rettifica.
Quali sono queste tre macro aree su cui certamente dobbiamo intervenire ? Investimenti: Pag. 36non possono essere imputati gli investimenti a spese correnti, abbiamo soluzioni tecniche del tipo di quelle adottate dalla Spagna nel 2012 quando ha diminuito l'indebitamento in conto capitale perché ha imputato tale voce in competenza e non per cassa. La posta basta inserirla tra le uscite di cassa e sterilizzarla dall'altra parte, ponendo soltanto come elemento di uscita la quota di ammortamento dell'anno in questione. Questa è una soluzione tecnica che non penso debba essere un problema per il futuro, ma senz'altro c’è anche quella politica e cioè che gli investimenti producono ricchezza e PIL e questo l'Unione europea ce lo deve riconoscere, consentendo che la posta debba essere messa fuori dal Patto di stabilità, esattamente come fece la Germania all'inizio degli anni Duemila.
Così come anche altro fattore importante, che pongo all'attenzione di questa autorevole Aula, sono le calamità naturali. Non è possibile che vengano imputate a spese correnti e poi farci pagare l'eventuale sforamento. Ci sono i diritti di un popolo che devono essere assolutamente salvaguardati e salvaguardare il proprio territorio e la propria gente è, non un diritto, è molto di più. Io ritengo che o l'Unione europea compartecipa alle spese straordinarie oppure deve consentirci di contabilizzare tali spese al di fuori del Patto di stabilità.
Così come anche le spese di immigrazione e accoglienza. Noi siamo il Checkpoint Charlie tra il nord e il sud del mondo, diceva giustamente il Ministro Alfano, e la terra di nessuno non è di poche centinaia di metri come era nella Berlino ante 1989, è la terra di nessuno con l'intero mare Mediterraneo e le nostre coste sono di migliaia e migliaia di chilometri e il confine teorico di approdo va dal Marocco alla Siria compresa. Ciò significa che le grandi ondate migratorie provenienti da Africa, Medio Oriente, ed Estremo Oriente, finiscono per confluire nell'imbuto del canale di Sicilia. Le spese di accoglienza degli immigrati devono vedere la compartecipazione dell'Europa. Questo è poco ma sicuro oppure perlomeno ce le mettano fuori dal Patto di stabilità. D'altronde al Fondo salva-Stati abbiamo partecipato dissanguandoci ed è inaccettabile che queste problematiche l'Europa non le debba affrontare.
PRESIDENTE. Onorevole Pagano, concluda.
ALESSANDRO PAGANO. E visto che parliamo di futuro, di futuro prossimo – e mi avvio alla conclusione, Presidente –, non possiamo che mostrarci preoccupati per notizie che giungono dalla stampa su un piano di dismissione che vorrebbe vedere i nostri asset strategici ceduti, asset fra l'altro, che producono utili. ENI, solo per fare un esempio, «stacca» al Tesoro 170 milioni di euro ogni anno e alla Cassa depositi e prestiti 1 miliardo ogni anno. Che senso ha cedere queste partecipazioni, mi chiedo, e a chi. Penso che la riflessione debba essere ampia e profonda, perché è certo che un conto è cedere, per esempio, ai nostri fondi pensioni italiani, che fra l'altro hanno liquidità a iosa, e un conto è cedere a fondi stranieri.
Senza contare che le riserve energetiche di un Paese, le tecnologie militari e le grandi reti sono le uniche cose che non si possono vendere mai anche se in perdita, figurarsi poi se producono utili. Se decidessimo oggi questi asset, è matematico che pagheremmo di più domani ai signori della speculazione.
PRESIDENTE. Concluda.
ALESSANDRO PAGANO. Allora – e concludo –, ritengo che questa amplissima discussione debba formare oggetto dell'agenda del Governo nei prossimi anni, e questo aspetto, sommato al passo positivo cui avevamo accennato poc'anzi, ci deve far guardare, tutto sommato, all'interno di questa progettualità e a questo risultato conseguito con positività a questa «manovrina».
PRESIDENTE. Grazie.
Pag. 37ALESSANDRO PAGANO. Quindi, a parte questi consigli, mi avvio a concludere per la dichiarazione di voto...
PRESIDENTE. Concluda.
ALESSANDRO PAGANO. ... annunciando il voto favorevole del mio gruppo, il Nuovo Centrodestra, alla conversione in legge di questo decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo Nuovo Centrodestra).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Melilla. Ne ha facoltà.
GIANNI MELILLA. Signora Presidente, questo decreto-legge propone norme diverse su due materie disomogenee tra loro: alcune scelte sono ragionevoli, altre decisamente negative. L'aspetto prevalente è però la scelta di riportare il rapporto deficit-PIL sotto il 3 per cento. A parole, il Governo dice di voler allentare il Patto di stabilità, ma con questo decreto lo inasprisce, creando seri problemi alle autonomie locali, tagliando cioè fondi che incidono su interventi di manutenzione del territorio, di edilizia scolastica e di welfare locale.
Lo sforamento del 3 per cento è dovuto alla politica di austerità e di rigore, che ha impoverito il Paese e aggravato il debito pubblico dell'Italia. Critichiamo l'Europa che impone vincoli così irrazionali, ma non abbiamo poi il coraggio, come Governo, di andare oltre questa impostazione fallimentare.
Ma anche applicando questa tagliola del 3 per cento, il Governo fa un altro errore: prende i soldi dai comuni e non invece dalle spese militari o dalle grandi opere pubbliche o dalla riduzione degli sprechi della pubblica amministrazione. Prenda esempio dalla Camera dei deputati, che nel bilancio del prossimo anno ha ridotto di 50 milioni di euro le spese. Tra l'altro, al proposito, noi abbiamo presentato un emendamento – che è stato respinto – che voleva prendere questi fondi dal taglio delle auto blu, ad eccezione di quelle del Corpo nazionale dei vigili del fuoco o dei servizi istituzionali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica.
Il bello è che da più parti si chiede allo Stato un ruolo più incisivo nell'economia, ma poi si adottano scelte che deprimono la capacità di intervenire dello Stato. Bisogna capire che la caduta del PIL non significa solo più disoccupazione e meno consumi, ma anche riduzione consistente delle entrate dello Stato, con l'aggravante paradossale di un contemporaneo aumento della pressione fiscale.
Vorrei citare le parole illuminate di un economista, Marcello De Cecco, che ha così sintetizzato, in modo magistrale, questa schizofrenia tra chi chiedeva meno Stato ieri e oggi invece chiede più Stato: «La crisi finanziaria ha rimescolato le carte, sconvolto le nuove certezze. Gli economisti liberisti, fino a ieri legione, ora si contano in poche centinaia: la maggioranza ha girato rapidamente insieme al vento. Gli imprenditori, che furono più radicali degli economisti nel loro liberismo globalizzato, ora invocano a voce altissima e senza ritegno veloci ed efficaci interventi statali a proteggerli dagli effetti della crisi. Ma lo Stato è come la mamma: ce n’è una sola, e quando la si riduce a sopravvivere decrepita per le troppe angherie subite, non ci si può più rifugiare nel suo grembo, fuggendo la cattiveria del mondo».
Con questo decreto si continua a deprimere la crescita. Occorre avere il coraggio, invece, di andare oltre le colonne d'Ercole dell'austerità. Purtroppo, anche la legge di stabilità, che presto discuteremo, non segna una svolta significativa in questo senso.
L'articolo 1 di questo decreto affronta il tema dell'immigrazione e stanzia risorse per fronteggiare l'afflusso straordinario degli immigrati nel nostro Paese. Ci sembra positivo lo stanziamento di fondi in questo senso, anche per affrontare emergenze come quelle dei minori non accompagnati e delle donne straniere in stato di gravidanza.
Il fondo di 190 milioni di euro va utilizzato, però, con criteri certi e nella massima trasparenza; non vorremmo che Pag. 38una parte troppo grande di questi fondi fosse destinata al personale o al rafforzamento dei CIE (cioè i centri di identificazione e di espulsione), che noi invece vogliamo smantellare. Su questo vorremmo maggiore chiarezza.
Sulla copertura di questo stanziamento, ci sembra sbagliato avere sottratto 50 milioni al Fondo di solidarietà per le vittime dei reati di tipo mafioso e di usura; è la stessa filosofia predatoria che in precedenti leggi ha sottratto ben 70 milioni ai 150 destinati all'8 per mille di competenza statale. Si fa il gioco delle tre carte: tagliamo i fondi agli immigrati e ai rifugiati e poi glieli ridiamo togliendoli dal Fondo di solidarietà per le vittime della mafia.
Alcune forze politiche, in quest'Aula, hanno strumentalizzato queste misure, alimentando pulsioni primitive di paura e di rifiuto dell'immigrazione, quasi che la causa dell'impoverimento dell'Italia dipendesse dalla concorrenza degli immigrati con i nostri disoccupati. Le misure adottate invece sono del tutto ragionevoli, anche se secondo noi insufficienti. Non si possono lasciare soli i comuni come Lampedusa, che devono affrontare le emergenze derivanti dall'afflusso straordinario di immigrati. Abbiamo ancora dinanzi a noi le immagini terribili della strage di Lampedusa del 3 ottobre e le tante altre che, purtroppo, ci sono state in questi anni.
Due mari: il primo di sabbia, il Sahara, e il secondo, il Mediterraneo, custodiscono i poveri corpi di decine di migliaia di persone che scappavano dalle guerre e dalle violenze alla ricerca di un rifugio provvisorio, rifugio – si badi bene – garantito dalle convenzioni internazionali e dalla legge italiana. Intorno a loro prospera il traffico criminale di esseri umani e noi dobbiamo essere capaci, invece, di accogliere chi ha diritto ad aver riconosciuta la propria condizione di rifugiato. Non possiamo commuoverci dinanzi a quelle tragedie, emozionarci per le parole di Papa Francesco a Lampedusa e poi non governare questi processi, evitando che si trasformino in una odissea tragica.
Ciò non vuol dire, cari colleghi della Lega, avere indulgenza nei confronti di chi viene in Italia per delinquere; sbaglia chi recita la falsa litania di una sinistra indulgente verso chi si fa protagonista di attività criminali anche odiose, quali lo sfruttamento dei minori, delle donne o il traffico di droga. Ma non dobbiamo mai dimenticare che in Italia vi sono milioni e milioni di immigrati che lavorano onestamente, pagano le loro tasse e concorrono al benessere dell'Italia. Per questo condividiamo la costituzione di un fondo in materia di immigrazione.
L'insufficienza delle misure adottate in materia di immigrazione e soprattutto il persistere nella politica economica del Governo della logica dell'austerità e del «bilancino» del 3 per cento nel rapporto tra deficit e PIL, ci spingono a votare contro questo decreto-legge.
Noi chiediamo da tempo un cambiamento, nel solco di quanto vogliono tante forze sociali, movimenti e organizzazioni sindacali; in particolare, voglio riferirmi alle manifestazioni di questi giorni degli studenti, dei lavoratori, di CGIL, CISL e UIL.
Vogliamo una svolta, che rimetta al centro dell'agenda politica del Paese le grandi questioni sociali: il lavoro, gli esodati, la lotta alla povertà, il sostegno alle imprese artigianali, commerciali e industriali, piegate da una crisi economica che dura dal 2008 e che ha impoverito l'Italia, che è tornata indietro di vent'anni. E su questo saremo impegnati anche nella prossima legge di stabilità (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Andrea Romano. Ne ha facoltà.
ANDREA ROMANO. Signor Presidente, colleghi, il provvedimento che oggi abbiamo discusso e che ci accingiamo a votare è certamente necessario e, come tale, avrà il pieno sostegno dei parlamentari di Scelta Civica. È necessario innanzitutto perché era e rimane indispensabile rientrare sotto il parametro del 3 per Pag. 39cento del rapporto deficit e PIL, anche allo scopo di avere quello spazio di manovra che dovrà e potrà essere utilizzato dalla legge di stabilità.
È un provvedimento necessario, dunque, che tuttavia può essere oggetto di uno sguardo critico per le modalità attraverso le quali si è arrivati a recuperare quel miliardo e 600 milioni di euro che sono stati necessari a rientrare sotto il parametro del 3 per cento. Non entro qui nella parte relativa alle risorse stanziate per la gestione dei flussi di emergenza in fatto di immigrazione, anche perché c’è il dubbio che quelle risorse siano state già utilizzate nel corso delle ultime settimane. Invece, vorrei soffermarmi sulle modalità con cui sono state recuperate le risorse per il rientro del deficit, perché queste modalità, a nostro parere, si configurano fondamentalmente come tagli lineari agli enti locali e come il varo di un programma di dismissioni immobiliari che sono state, come sappiamo, affidate agli strumenti della Cassa depositi e prestiti.
La scelta di sottrarre quasi 500 milioni ai comuni virtuosi, con un aggravamento del Patto di stabilità, non sarà ricordata come la più luminosa delle scelte politiche. Infatti, si colpiscono gli enti locali che hanno gestito meglio le finanze locali, si colpisce il merito degli amministratori, si tolgono risorse a meno di un mese dalla chiusura delle ragionerie comunali; e saranno inevitabili le ripercussioni negative sulla qualità dei servizi locali e dunque anche sulla vita dei cittadini. Ed è dunque evidente il rischio, o forse la certezza, che le amministrazioni a cui si sottraggono risorse così all'improvviso abbiano la tentazione immediata di rivalersi sui cittadini con aumenti di tariffe e con l'aumento della pressione fiscale.
Anche per questo voglio ricordare, Presidente, che Scelta Civica ha insistito e ottenuto in Commissione che l'extragettito IRPEF utilizzato fino ad oggi dalle amministrazioni locali per coprire il disavanzo sanitario non fosse lasciato libero di sopravvivere a se stesso senza vincoli precisi di utilizzo. Per carità, lo abbiamo detto e vale la pena ripeterlo: il tempo stringe, è indispensabile rosicchiare qua e là poche decine di milioni per rientrare nei parametri; però, pur in condizioni di emergenza, dobbiamo dirci la verità.
Si tratta in questo caso – e mi riferisco per l'appunto all'aggravamento del Patto di stabilità – di un taglio lineare, che non fa distinzioni qualitative, ma che al contrario colpisce chi ha gestito meglio i conti locali. Si tratta, in fondo, del ricorso all'antico metodo per cui i soldi si trovano là dove è più facile trovarli: oggi sono gli amministratori locali, domani sono gli acconti, dopodomani potrebbero essere le accise sui carburanti. Al di là dell'emergenza, voglio sottolineare che da questo Governo è lecito attendersi di più e meglio: è lecito chiedere che si faccia di più e meglio sul fronte della crescita, piuttosto che ripetere l'antica consuetudine per cui si prende per l'appunto là dove si è sicuri di trovare.
L'altro elemento critico che vorrei sottolineare è la decisione di varare un piano di privatizzazioni immobiliari di circa 500 milioni di euro, da realizzare entro la fine dell'anno attraverso la Cassa depositi e prestiti. Anche qui, il titolo è ottimo, perché anche noi insistiamo da tempo affinché venga adottato un piano di privatizzazioni importante e coraggioso per ridurre il debito pubblico, ma, pur in presenza di un bel titolo, c’è qualche elemento di perplessità: innanzitutto sui tempi, perché si tratta di 500 milioni di dismissioni da realizzare entro un mese da oggi. Noi lo speriamo, anche se non ne siamo davvero convinti.
L'altro elemento su cui vorrei svolgere qualche riflessione critica è il veicolo che si sceglie per realizzare questo piano di dismissioni.
Il veicolo – come sappiamo – è la Cassa depositi e prestiti, che è una società – vale ricordarlo – che è detenuta all'80 per cento dallo Stato e, per un altro 18 per cento, dalle fondazioni bancarie.
Ora, solo con un grande sforzo di fantasia si può definire «privatizzazione» il trasferimento di una proprietà dallo Stato alla Cassa depositi e prestiti. Un conto è, come riteniamo che poi dovrà Pag. 40essere, se la Cassa depositi e prestiti funziona da veicolo, per l'appunto, da strumento temporaneo, da società che permette tecnicamente la messa sul mercato di beni pubblici inutilizzati o sottoutilizzati, che possono essere meglio gestiti e meglio utilizzati anche dalla collettività, oltre a ridurre il debito pubblico; un altro conto, invece, è se il passaggio alla Cassa depositi e prestiti è solo uno strumento per mantenere la proprietà dello Stato su quei beni e dunque – lo ricordiamo – una modalità attraverso cui una società priva di debiti, come è la Cassa depositi e prestiti, entra in possesso di beni che non dovrebbe avere alcun interesse a vendere, proprio perché è priva di debiti. Quindi, può essere questa, piuttosto che una trasparente azione di dismissione, lo specchio in fondo di una partita contabile di giro.
Per questi motivi, sarà importante che questo Parlamento vigili sulla realizzazione di questa e di altre privatizzazioni, perché il Parlamento deve essere informato sulla realizzazione concreta delle dismissioni del patrimonio immobiliare o mobiliare dello Stato.
A questo proposito, se la Presidenza mi autorizza a procedere in presenza di un brusio che forse potrebbe essere ridotto...
PRESIDENTE. Ha ragione. Colleghi, per favore, lasciate che il collega possa concludere il suo intervento.
Prego, onorevole Romano.
ANDREA ROMANO. La ringrazio, Presidente. Dicevo che, a proposito di dismissioni, voglio sottolineare un punto politico forse di qualche importanza. Le dismissioni del patrimonio pubblico inutilizzato o sottoutilizzato devono essere utilizzate – scusate il bisticcio di parole – per due, e solo per due obiettivi, o meglio dovrebbero essere utilizzati per due e solo due obiettivi. Il primo è la riduzione dello stock del debito, il secondo dovrebbe essere la realizzazione di spese di investimento destinate alla crescita. Solo queste possono essere le ragioni per dismettere il patrimonio pubblico: ridurre il debito per ridurre la pressione fiscale o investire per la crescita.
Al contrario, ogni volta che si ricorre alle dismissioni per mettere una toppa di emergenza alla spesa corrente, si fa un danno alla credibilità dello Stato e un danno alla stessa credibilità delle politiche di privatizzazione. Purtroppo – questo va detto con molta franchezza –, oggi noi facciamo un altro piccolo passo in questa direzione sbagliata perché, sotto la pressione legittima del rientro entro i parametri del deficit, si usano però le dismissioni per dare ossigeno alla spesa corrente e per mettere una toppa sull'emergenza. Che almeno questa – questo è il nostro auspicio – sia l'ultima volta che si procede con scelte necessarie emergenziali, ma anche criticabili; che almeno da domani questo Governo scommetta su un disegno coraggioso di riforma, di crescita e di riduzione della spesa pubblica.
A proposito della riduzione della spesa pubblica, Presidente, vorrei chiudere con un auspicio e un augurio relativo all'importantissima missione che si accinge a svolgere il dottor Cottarelli. Abbiamo letto i suoi intendimenti sulla spending review, abbiamo letto molti articoli di stampa sui suoi obiettivi, abbiamo anche letto – lo dico tra parentesi – che sono già in corso polemiche tra alcuni ministri e, per l'appunto, il commissario alla spending review.
Sarebbe stato bello se questo Parlamento fosse stato messo in condizione di ascoltare direttamente dal dottor Cottarelli i suoi intendimenti sul progetto di spending review; è comunque una buona notizia che la Commissione bilancio, la prossima settimana, incontri – come incontrerà – il dottor Cottarelli, per ascoltare da lui direttamente qual è il suo piano di riduzione della spesa pubblica.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Palese. Ne ha facoltà.
ROCCO PALESE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, giovedì scorso, intervenendo sulle linee generali del disegno di legge di conversione del presente decreto, il cui iter parlamentare si avvia oggi alla conclusione con il voto dell'Assemblea, Pag. 41avevo evidenziato come, a mio avviso, le linee d'intervento di politica economica e fiscale e le misure di compatibilità finanziaria dei bilanci del Paese nell'Eurozona, adottate dal Governo negli ultimi mesi, siano state caratterizzate un po’ da continui e ripetuti tentennamenti e da evidenti incertezze, il cui protrarsi di ripetuti rinvii hanno generato, prima a livello nazionale, sulle famiglie e sulle imprese, e, successivamente, nell'ambito delle istituzioni europee, un generale stato di pessimismo e di insoddisfazione.
Le osservazioni espresse la scorsa settimana da parte dell'Esecutivo comunitario nei confronti dei provvedimenti economici e di finanza pubblica, attualmente all'esame del Parlamento italiano e, in particolare, sul disegno di legge di stabilità per il 2014, all'interno dei quali sono stabiliti i parametri per il raggiungimento degli obiettivi di medio termine, hanno infatti confermato una direzione del Governo a mio avviso abbastanza incerta.
Il presente decreto-legge, emanato in ragione della necessità e dell'urgenza di adottare, considerata la particolare congiuntura economica, misure finalizzate al riequilibrio della finanza pubblica, in conformità ai parametri fissati dall'Unione europea, unitamente a interventi correttivi in materia di finanza locale e per la gestione di emergenze legate all'immigrazione, rileva, a mio avviso, una serie di scelte economiche e di finanza pubblica, prima fra tutte quella riguardante la dismissione del patrimonio pubblico, impiegate per ridurre il disavanzo anziché abbassare il debito pubblico che testimoniano, infatti, una visione a corto raggio e ribadiscono la convinzione, sulle reazioni da parte del Governo nei riguardi delle regole europee, di vivere alla giornata.
I rilievi della Commissione europea sul disegno di legge di stabilità, il cui giudizio è tuttora in progress, essendo il provvedimento all'esame del Senato, secondo cui gli interventi in esso contenuti mettono a rischio il rispetto del 3 per cento del rapporto tra deficit e PIL e che, inoltre, non avviano una costante riduzione del debito, contribuiscono ad avere ancora, nonostante l'uscita dalla procedura di infrazione, una situazione di allarme sui conti pubblici del Paese. Ma certamente le raccomandazioni sostenute dal commissario europeo Olli Rehn venerdì scorso confermano, anche se in parte, le anticipazioni già espresse la scorsa settimana sul quadro attuale generale dei conti pubblici e, in maniera più ampia, delle scelte di politica economica che il Governo Letta, per opera del Ministro dell'economia e delle finanze, ha sin qui adoperato a partire dallo scorso settembre.
In tale scenario macroeconomico, onorevoli colleghi, le disposizioni contenute all'interno del decreto-legge sebbene prevedono, da un lato, misure di contenimento del deficit di bilancio 2013, che consentiranno il miglioramento dei saldi per un ammontare pari a 1,6 miliardi di euro, producendo pertanto una correzione di 0,1 per cento di PIL e il posizionamento al 3 per cento del PIL medesimo, ottemperando in questo modo alle sollecitazioni richieste da Bruxelles e ai giudizi dubbiosi sulla politica economica del nostro Paese, rappresentano, dall'altro, una sorta di provvedimento tampone, circoscritto all'esigenza di compensare un modesto 0,1 per cento degli obiettivi di contenimento dell'indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni nel 2013, rispetto, appunto, al limite del 3 per cento del PIL, dimostrando ciononostante una visione di brevissimo periodo.
Aggiungo, a tal fine, come oramai siamo rimasti soltanto noi e la Germania a rispettare il suddetto parametro, centrato grazie alle tre manovre correttive varate dal Governo Berlusconi, a cui si è aggiunta quella del Governo Monti, che ha contribuito negativamente a peggiorare ogni tentativo di ripresa e di consumi dell'economia domestica. A livello europeo, infatti, i dati Eurostat sono lì a testimoniare come situazioni economiche peggiori, che hanno coinvolto altri Paesi dell'Eurozona, il cui sforamento deficit/PIL risulta essere stato nettamente peggiore dello 0,1 per cento, abbiano ricevuto un trattamento diverso e più accomodante rispetto al nostro.Pag. 42
In tale ambito, a mio avviso, l'evidente mancanza di un'azione determinata da parte del Governo, che, come evidenziavo in precedenza, sta generando incertezza nelle famiglie e nel tessuto produttivo nazionale, a cui si associa una cronologica mancanza delle decisioni di rimando delle scelte all'interno dello scenario macroeconomico nazionale e comunitario di politiche economiche e fiscali in grado di coniugare, soprattutto, la crescita e l'occupazione con il taglio della spesa pubblica improduttiva, hanno isolato l'Esecutivo, dirigendolo verso un sentiero molto stretto in cui, entro la fine dell'anno, dovrà cercare di uscire incolume, se vuole evitare il rischio di un cartellino rosso e una bocciatura definitiva da parte della Commissione europea o una probabile nuova manovra aggiuntiva.
Nelle stanze dell'Esecutivo non piace il marchio del «Governo dei rinvii», ma sono costretto a rilevare, in questa sede, come stiamo pagando la scelta di rimandare la definizione di interventi che sarebbero dovuti essere intrapresi anche nel corso dell'estate e che avrebbero consentito di arrivare a fine anno in una situazione di maggiore chiarezza e lucidità.
Non avere compiuto ogni sforzo per evitare l'aumento dell'IVA, una riforma complessiva della tassazione immobiliare, cui lo scorso giugno il Governo si era preso l'impegno con i contribuenti di effettuarla entro il 31 agosto, l'adozione di misure frammentate e disorganiche, troppo spesso meramente descrittive, nei decreti-legge di rilancio dell'economia, la sostituzione della Tares con la Trise che è destinata ad aumentare la pressione fiscale, costituiscono, a mio avviso, evidenti segnali, anche sul versante della politica tributaria, che destano scetticismo e perplessità sul fronte esterno ed interno.
Certamente il calo delle entrate tributarie e contributive attestato nei primi nove mesi del 2013, indicate dal Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia, erano del tutto prevedibili. Frenano infatti i consumi e diminuisce il gettito dell'IVA e in tale contesto comunque un punto sembra restare fermo: la pressione fiscale difficilmente potrà ridursi e per effetto della clausola di salvaguardia, anche quel minimo spostamento previsto nel peso della tassazione a favore del lavoro rischia di essere vanificato.
Pertanto, onorevoli colleghi, l'attenzione collettiva degli analisti internazionali, delle istituzioni comunitarie e delle forze politiche e sociali del Paese è rivolta non tanto al decreto-legge che ci apprestiamo a votare, a cui oggi non mancherà il sostegno del gruppo di Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente, come del resto avevo già anticipato nel corso della discussione sulle linee generali, sebbene con evidenti e profonde perplessità, quanto al quadro di incertezza che caratterizza la legge di stabilità italiana i cui nuovi strumenti di controllo della finanza pubblica, vale a dire il fiscal compact e la nuova disciplina del Patto di stabilità, hanno peraltro rafforzato i meccanismi di sorveglianza multilaterale.
Se infatti, alle profonde correzioni cui necessita, a mio parere, l'impianto della vecchia legge finanziaria, saranno introdotti interventi rivolti in maniera convinta e decisa alla crescita e allo sviluppo, nonché alla riduzione del carico fiscale, ritengo potranno determinarsi i presupposti per assicurare un 2014 rispettoso del Patto di stabilità e di crescita, in grado di consentire una timida inversione dei sentimenti negativi, che ogni giorno provengono dalle categorie di lavoratori, dalle associazioni, dalle imprese e dalle famiglie.
A tali correzioni, aggiungo, come sia altresì indispensabile affiancare misure coraggiose e più ambiziose, che il nostro gruppo da tempo ha proposto. Si tratta infatti di interventi che a nostro giudizio sono in grado di determinare un'inversione di tendenza, attraverso una decisa spending review, unitamente ad effettive azioni mirate per accelerare la riduzione del rapporto tra debito e PIL tramite un incisivo processo di valorizzazione e dismissione del patrimonio pubblico, a cui abbinare misure per il rientro dei capitali esteri e la questione relativa alla rivalutazione Pag. 43delle quote della Banca d'Italia, la cui istruttoria è già in stato di perfezionamento.
L'obiettivo massimo fissato dal Comitato interministeriale sulla spending review sul cosiddetto Piano Cottarelli, presentato lunedì scorso, che indica un risparmio di spesa pubblica pari a 32 miliardi di euro a regime in 3 anni (dal 2014 al 2016), che rappresentano circa due punti del PIL, se da un lato rappresenta un progetto ambizioso, dall'altro auspico vivamente non si tratti soltanto di buone intenzioni o di misure valutabili con ragionevole certezza.
Diversamente – e mi avvio alla conclusione –, oltre ai severi richiami della settimana scorsa di Bruxelles, che ci impediscono di usufruire della clausola di flessibilità, che consente ai Paesi fuori dalla procedura di deficit eccessivo di fare investimenti, ricordo i 3 miliardi di euro già previsti nella manovra non computati nel deficit strutturale, come ha ammesso lo stesso Ministro dell'economia e delle finanze Saccomanni, i rischi più che reali a mio avviso, giungeranno dagli effetti fortemente negativi che a partire dal prossimo anno rischiano di schiantarsi sul Paese.
Qualora infatti il gettito di alcune delle risorse previste dovesse risultare inferiore alle attese, scatterebbe un automatismo su acconti IRES e IRAP, accise e detrazioni IRPEF, destinato a compensare i minori introiti. Un aggravio fiscale che rischierebbe di compromettere buona parte di quei pochi euro al mese in busta paga che la manovra, almeno nella versione varata dal Governo, assegna ai lavoratori dipendenti.
PRESIDENTE. La prego di concludere.
ROCCO PALESE. In definitiva, signor Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo di Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente ribadisce il voto favorevole al provvedimento, come già precedentemente evidenziato, per senso di responsabilità e serietà, ma non senza aver ribadito nuovamente come le misure contenute nel decreto-legge, per quanto assecondino le richieste della Commissione europea, non sembrano presupporre una base solida di un trampolino di lancio, che urge nell'attuale fase così delicata per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Currò. Ne ha facoltà.
TOMMASO CURRÒ. Grazie Presidente, gentili colleghi, è stato già più volte sottolineato che il decreto in esame affronta due questioni che negli ultimi mesi hanno, a diverso titolo, costituito argomento di discussione pubblica per la loro rispettiva rilevanza ed importanza e contestualmente indirizzato l'azione di Governo verso l'adozione di misure urgenti tese a contenere da un lato il disavanzo di bilancio entro i limiti imposti dal Patto di stabilità e crescita, dall'altro mirate a contrastare, con appositi stanziamenti di risorse, gli effetti della crisi migratoria connessa all'instabilità politica del Nord Africa, acuitisi negli ultimi mesi con le tragedie nel mare di Lampedusa.
Cari colleghi, ritengo doveroso, nonostante sia già stato evidenziato dal nostro gruppo parlamentare, ma non solo, rimarcare, ancora una volta, come sia difficile elaborare un giudizio di sintesi che possa esprimersi compiutamente attraverso il voto su un provvedimento che, ormai quasi da prassi governativa, vede diversi aspetti della vita pubblica intrecciarsi in un unico decreto, accomunando insieme oggetti in forza dell'esclusivo presupposto dell'urgenza, ma che di fatto dovrebbero essere esaminati, approfonditi e valutati in sedi procedimentali differenti per consentire al Parlamento e alle opposizioni in particolare di formulare un proprio specifico giudizio di merito orientato alla problematica singola e non già teso a far dipendere il voto da una sorta di principio di mutualità politica.
Noi non vogliamo pensare che ciò sia fatto dal Governo nello specifico intento di mettere in continua difficoltà le opposizioni Pag. 44– si dice, ma a pensar male... –, ma ancora una volta richiamiamo questo Esecutivo al rispetto della sentenza n. 22/2012 della Corte Costituzionale che ritiene illegittimo il decreto-legge qualora il suo contenuto non rispetti il vincolo della omogeneità.
Entriamo nel merito del provvedimento. Le disposizioni in materia di immigrazione stanziano un ammontare complessivo di risorse pari a 210 milioni di euro, 20 di questi sono destinati al Fondo nazionale per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati. Sappiamo che queste risorse saranno impiegate per rimborsare quei comuni che hanno concesso la propria disponibilità ad assolvere a questo importante compito assistenziale ed umanitario. Non possiamo, per questo, non esprimere un giudizio positivo in relazione all'incremento della dotazione del fondo. Sappiamo che le risorse saranno gestite direttamente dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Nei vari stanziamenti di risorse operati a tale fine nel corso della gestione dell'emergenza in Nord Africa era stato previsto un costo medio di circa 80 euro per persona, e considerato che il numero dei minori stranieri ammonta a circa 7 mila individui accolti su tutto il territorio nazionale, non possiamo che guardare con speranza affinché questi giovani possano trovare nel nostro territorio piena cittadinanza ed appartenenza nel loro percorso di integrazione futuro.
Per quanto riguarda invece la somma dei 190 milioni destinata alla gestione posta in capo al Ministero dell'interno, facciamo rilevare come già ad agosto era stata destinata, per le stesse finalità, all'entrata dello stato di previsione del Ministero medesimo, la somma di 231 milioni di euro. Complessivamente è dunque posta nella disponibilità del Ministero dell'interno una quantità ingente di risorse, 422 milioni di euro, quando sappiamo che nel periodo dal luglio 2012 fino a chiusura di esercizio dell'anno medesimo erano state impiegate e spese già risorse per altri 246 milioni di euro. Come si può facilmente evincere da questo quadro sintetico, colleghi, la gestione del fenomeno migratorio, per come è previsto dalla normativa vigente, evidentemente richiede un forte impegno finanziario che a nostro avviso deve essere quantomeno giustificato, documentato e rendicontato dal Governo, onde evitare il rischio che qualcuno possa approfittare delle tragedie dei popoli migranti che chiedono soccorso ed aiuto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Per questo motivo esprimiamo soddisfazione nel vedere approvato da questa Assemblea un nostro emendamento che obbligherà il Ministro competente a relazionare in Aula sulle spese affrontate nel dettaglio entro il marzo 2014. Nondimeno, cari colleghi, non siamo per nulla contenti del reperimento delle risorse finanziarie che vedranno in particolar modo attingere dal Fondo per le vittime della mafia, dell'usura e del racket. Su questo punto, cari colleghi, ho avuto già modo di evidenziare nella discussione sulle linee generali come vi fosse una forte discrasia tra i numeri delle vittime del racket e dell'usura, in particolar modo tra la categoria dei commercianti, e soprattutto in un periodo di crisi del credito, che raggiungono tetti intorno alle centinaia di migliaia di unità, e i numeri delle pratiche accettate per l'accesso ai benefici del Fondo che, secondo i dati messi a disposizione direttamente dalla commissione di valutazione delle istanze per l'accesso, risultano sfiorare il migliaio su tutto il territorio nazionale.
È una grave inadeguatezza dello strumento posto a disposizione delle vittime, che non consente il pieno utilizzo delle risorse, tanto che quest'ultimo è ormai trattato come una sorta di bancomat di fine esercizio per l'amministrazione centrale. Ci chiediamo quanta superficialità ci sia nella gestione del tema. Dobbiamo metterci mano. Bene allora l'ordine del giorno accolto dal Governo oggi, in merito appunto all'impegno a risolvere la questione e soprattutto a coinvolgere la Commissione antimafia attraverso degli atti di indirizzo.Pag. 45
Le mafie, colleghi, fanno i migliori affari sul credito e – novità delle novità – l'usura sta cominciando a colpire anche le categorie di consumatori, quindi, non solo più le categorie produttive.
Passiamo ora alla valutazione della parte di provvedimento che riguarda la manovra di finanza pubblica. Abbiamo già detto che si tratta di una correzione del rapporto deficit/PIL pari allo 0,1 per cento, corrispondente a 1,6 miliardi di euro entro fine anno. Tali risorse, colleghi, saranno grosso modo reperite per un terzo con dismissioni immobiliari, per un altro terzo con l'accantonamento delle disponibilità residue dei Ministeri e, per un altro terzo, con l'inasprimento del Patto di stabilità interno.
Non possiamo esprimere alcun apprezzamento per questa misura di contenimento di fine esercizio, in ordine ad una molteplicità di ragioni che sarebbe impossibile enucleare in pochi secondi. Sinteticamente, possiamo dire che, innanzitutto, non condividiamo i modi in cui si procede alle dismissioni del patrimonio demaniale. Il Governo ha, infatti, chiarito che le alienazioni saranno operate attraverso la Cassa depositi e prestiti, secondo procedure analoghe svolte in passato. Esprimiamo, a questo proposito, la nostra preoccupazione in merito alle modalità di scelta dei criteri con cui verranno selezionati i beni da alienare, nonché in merito al coinvolgimento della stessa Cassa depositi e prestiti, che, già in passato, era stata chiamata in causa in modo sistematico nei vari processi di privatizzazione, e in più di un'occasione, è stato possibile osservare l'insuccesso di simili operazioni.
La nostra preoccupazione è riferita anche ai 260 miliardi di euro di risparmio postale di piccoli e piccolissimi risparmiatori, che viene messo forse a rischio da questa decisione. I dati storici in nostro possesso parlano chiaro: le dismissioni di patrimonio pubblico per far cassa non hanno mai funzionato. Cosa vi fa pensare che questa volta andrà diversamente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
Sulle misure volte ad inasprire il Patto di stabilità esprimiamo parole di sconforto. È ormai nota la disastrosa condizione in cui versano i comuni, i quali, per ottemperare ad una regola imposta secondo i canoni del vincolo europeo del Patto – e qui il nostro collega Cariello aveva fatto una nota che rilevava, sul piano della legittimità giuridica, tutto l'impianto di questo decreto –, non sono in grado di impiegare le risorse, pur esistenti, laddove disponibili, per effettuare spese in conto investimenti, provocando forti disagi alle comunità ed impedendo, di fatto, lo sviluppo dei territori. Il vincolo impone una gestione di bilancio che incentiva l'applicazione di maggiori tasse e tributi vari, nonché l'erogazione di minori servizi a danno dei cittadini e delle categorie produttive. È uno strumento di matrice neoliberista, che non consente ad uno Stato di adottare politiche economiche per uscire dalla crisi che non siano di quello specifico indirizzo. Obbliga, infatti, all'adozione di quelle politiche di rigore e di austerity che da ogni parte si denuncia come inadeguate a risolvere la crisi, perché conducono al disimpegno dello Stato quale agente di ripresa economica, proprio nel momento in cui questo dovrebbe, invece, essere presente per arginare gli effetti della crisi. Il Patto interno può e deve essere modificato, perché limita la nostra sovranità nazionale (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Come faranno i comuni a rientrare nei vincoli di spesa a due mesi dalla chiusura di esercizio ? Probabilmente, una quota di impegni già assunti per investimenti dovrà essere bloccata, visto che vige il criterio di cassa sui saldi. Ciò comporterà nuovi debiti per la pubblica amministrazione, un fenomeno che già si verifica ordinariamente e di cui ne faranno le spese anche le imprese private che lavorano con la pubblica amministrazione. Anche i trasferimenti a titolo perequativo per il saldo IMU sono esclusi dal computo del Patto.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
TOMMASO CURRÒ. Allora, colleghi, in un momento di crisi come questo, dovrebbe Pag. 46essere, a nostro avviso, lo Stato centrale a fare maggiori sforzi per la riduzione della spesa, salvaguardando gli enti territoriali che si trovano a maggior contatto con le problematiche della vita quotidiana delle persone e delle famiglie.
Colleghi, mi avvio alla conclusione. Noi abbiamo, colleghi, ben poco altro da aggiungere per motivare il nostro parere contrario a questa parte almeno del provvedimento; lasciamo perdere il tema dell'immigrazione, sul quale andava fatto, come dicevamo all'inizio, un ragionamento completamente diverso. Noi speriamo, intanto, che presto finiremo di reagire alle crisi con le ricette dell’austerity. Questa manovra non basterà per soddisfare i rigidi vincoli europei di finanza pubblica. Bisogna invertire la tendenza, ridisegnare nuove strategie.
Concludo veramente, colleghi, con parole che sostiene l'economista francese Jean Paul Fitoussi: «Il rigore imposto dai tedeschi e l’austerity difesa da tutti i leader europei non sono serviti ad arginare la crisi, anzi, sembra abbiano peggiorato la situazione. Occorre, dunque, rivedere dalle fondamenta la costruzione dell'euro, modificandone le basi ideologiche e dando una scossa alla macchina europea». In altre parole, colleghi, dobbiamo subordinare l'economia ai cittadini e non viceversa (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle – Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Paola De Micheli. Ne ha facoltà.
PAOLA DE MICHELI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il decreto che ci apprestiamo a votare, con il voto favorevole e convinto del Partito Democratico, si occupa soprattutto dello sforamento temporaneo del rapporto deficit/PIL al 3,1 per cento. Per questa ragione, siamo di fronte ad un opportuno e tempestivo intervento del Governo. Le ragioni di questo sforamento, a differenza delle sciagurate gestioni di Tremonti, sono determinate non da aumenti di spesa, ma da un peggioramento della crescita. I numeri ci confermano che, per crescita e disoccupazione, il 2013 è l'anno più tragico per l'Italia.
I nodi delle politiche economiche sbagliate degli anni passati stanno venendo tutti drammaticamente al pettine. E noi come rispondiamo ? In questo decreto diamo un segnale inequivocabile all'Europa: noi rispettiamo i patti. Stiamo lavorando – lo dico ai colleghi di SEL, che con noi hanno condiviso il patto elettorale sull'Europa – per cambiare le regole, per trasformare l'austerità in sobrietà e sviluppo.
Ma quando queste regole ci sono, ed è il caso del 3 per cento, noi le rispettiamo, e per questo siamo e saremo più rispettati. Nel 2011 l'obiettivo era il pareggio nominale. Noi lo abbiamo portato al 3 per cento e ci muoviamo sul filo per i provvedimenti che abbiamo assunto sullo sblocco dei pagamenti della pubblica amministrazione.
In questo decreto, il peso del riequilibrio sul deficit è corretto: 2/3 sullo Stato centrale e 1/3, 450 milioni, sugli enti locali. Proprio sugli enti locali, questa manovra recepisce anche la richiesta del Fondo di solidarietà, finanziato per 120 milioni, e dà anche un piccolo, ancora piccolo, ma nuovo, segnale di incentivazione alle unioni dei comuni.
E la riduzione di questi 450 milioni sul Patto del 2013 viene già compensata, per la prima volta da molti anni, dall'allargamento del Patto di stabilità per un miliardo, previsto nella legge di stabilità per il 2014. Chiediamo con forza, comunque, al Governo di intervenire su un eccesso di segmentazione delle norme ordinamentali per gli enti locali. Questo stato di incertezza, dallo scioglimento delle società comunali alla scadenza delle province, rischia di determinare conseguenze negative anche sulla stabilità finanziaria degli enti locali.
Occorrono, quindi, certezze da subito, soprattutto per i comuni, e occorre rendere omogeneo, per questo motivo, l'eccesso di segmentazione ordinamentale. Queste attese risposte aiuteranno a rendere più efficaci le misure espansive adottate per realizzare infrastrutture ed opere Pag. 47pubbliche. Il decreto affronta anche, e finalmente, l'emergenza immigrazione. Una prima risposta concreta, con soldi veri, ad un dramma umanamente e politicamente inaccettabile, a tragedie, alle quali abbiamo assistito in questi anni, che non hanno avuto risposta.
Il Governo Letta, il Partito Democratico e la sua maggioranza, per la prima volta, non si sono fermati all'emozione, al dolore, al lutto: hanno messo risorse, dal Fondo rotativo ai 20 milioni aggiuntivi, e hanno attuato l'operazione Mare Nostrum, che ha già dato i primi importanti risultati.
Lo dico ai colleghi della Lega e di Fratelli d'Italia: i vigliacchi non siamo noi, che abbiamo il coraggio della responsabilità, ma quelli che, come voi, chiudono gli occhi e le orecchie davanti all'immane tragedia dei flussi migratori (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico); quelli, come voi, che hanno miserabilmente fallito al Governo e ora si devono nascondere dietro al facile populismo sull'immigrazione (Proteste dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie).
La solidarietà, il riconoscimento dei diritti di tutti, i diritti di tutti (Proteste dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie)...
PRESIDENTE. Colleghi, per favore, fate finire l'intervento ! Fate finire l'intervento ! Prego.
PAOLA DE MICHELI. La solidarietà, il riconoscimento dei diritti di tutti si realizza con i fatti che sono in questo decreto, ai quali dobbiamo affiancare una rapida approvazione della nostra proposta di legge sul diritto d'asilo.
Torno sulla questione del 3 per cento. Ragioniamo insieme oltre la quotidianità: ai tassi di crescita prevista per i prossimi anni, nessuno dei quattro Paesi europei che oggi stanno nel G8 nel 2030 potrà sedere in quel consesso. La sfida vera che abbiamo di fronte è quella di essere talmente autorevoli e credibili da trasformare l'austerità in sobrietà istituzionale ed amministrativa e di rilanciare politiche vere di sviluppo e di lavoro. Noi abbiamo cominciato con il decreto «pagamenti PA», con il decreto «del fare», che, sottosegretario, ha bisogno subito dei decreti attuativi, con la legge di stabilità, con il collegato «ambiente», con il collegato «sviluppo». Nella legge di stabilità per la prima volta, dopo molti anni, noi abbassiamo le tasse.
E di più dobbiamo e vogliamo fare e non drammatizziamo nemmeno i consigli che ci dà l'Europa. Ci riconoscono ovunque e comunque i risultati ottenuti grazie ai gravosi sacrifici di tutti gli italiani, anzi (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie)...
PRESIDENTE. Colleghi ! E basta, forza ! Allora ! Per favore ! Prego, onorevole De Micheli.
PAOLA DE MICHELI. La verità spaventa sempre ! Dicevo, anzi, facciamo di più e meglio: uno sforzo collettivo di progettualità di politiche di sviluppo europeo.
Nessuno corre in Germania in ginocchio ad elemosinare: questo è un Paese, un Parlamento e un Governo con la schiena dritta, che fa dell'autorevolezza e delle politiche concrete la sua vera arma per rilanciare un vero europeismo, non burocratico ed austero, ma fatto di un'unione politica ed economica per il lavoro. In ginocchio in Germania ci va chi ha qualcosa da nascondere: noi siamo profondamente feriti da questa lunga crisi, ma, a testa alta e fieri dei nostri sacrifici, possiamo non chiedere ma contrattare alla pari sviluppo e lavoro.
Noi siamo impegnati per costruire l'Europa dei popoli e, come ha detto ieri il Presidente Letta, il vero pericolo, il pericolo assoluto è l'Europa dei populismi che ucciderebbe il futuro delle prossime generazioni. Questa è la sfida: l'Europa dei popoli. Il cammino del risanamento è stato lungo, accidentato, ma lo abbiamo percorso, stiamo per completarlo, altrimenti non saremmo nelle condizioni di imboccare la via della crescita, né noi ma nemmeno l'Europa.Pag. 48
Sappiamo che il rigore senza sviluppo non ci porta lontano. È l'Europa che ha costruito la sua identità, ha fondato la sua identità sulla coesione e sulla giustizia sociale. La grande giornalista Barbara Spinelli, figlia di Altiero, ha scritto: «Con il disegno dell'Europa unita si volle mettere fine alle guerre, ma anche e soprattutto alla povertà, all'ingiustizia, che avevano spinto i popoli nelle braccia delle dittature». Non solo numeri, dunque. Li rispettiamo e abbiamo dimostrato che con l'azione del nostro Governo l'Italia è capace di uscire dall'umiliante condizione di sorvegliata speciale.
Riappropriamoci dell'autorevolezza che ci meritiamo. Alcide De Gasperi scriveva: «Strumenti tecnici e amministrativi sono necessari, ma rappresentano lo scheletro del corpo europeo. L'Europa ha bisogno dell'anima, del soffio vitale».
Colleghi, guardiamo avanti, leggiamo ed interpretiamo la novità del nostro tempo, rispondiamo stabilmente alle domande che salgono dalle nostre comunità, domande figlie della paura del futuro. Ciascuno per la sua parte, e noi democratici di più, lavoriamo un fatto dopo l'altro, un passo dopo l'altro, per dare un'anima all'Europa che vogliamo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico – Congratulazioni).
PRESIDENTE. Sono così conclusi gli interventi per dichiarazione di voto finale. Adesso c’è un intervento a titolo personale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Bianconi. Ne ha facoltà.
MAURIZIO BIANCONI. Signora Presidente, in dissenso dal gruppo voterò contro questo provvedimento (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Lega Nord e Autonomie), né potrei fare altrimenti senza tradire le mie convinzioni e quanto dico da sempre a chi chiedo il voto.
Non posso votare a favore di un provvedimento che, fra le altre cose, toglie risorse alle vittime della mafia ed ai respingimenti dei clandestini per darli alle cosiddette politiche dell'accoglienza.
Non posso votare un provvedimento che, come se non bastasse, finirà anche per consegnare questi milioni di euro alle solite associazioni dei soliti noti che, nel dedicarsi alla cosiddetta accoglienza, altro non fanno che tenere in piedi un circuito poco virtuoso (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie), portatore anche di interessi, clientele e consenso elettorale, sistema che anche questo combatto da tutta una vita. Confermo pertanto il mio voto contrario (Applausi dei deputati dei gruppi MoVimento 5 Stelle e Lega Nord e Autonomie).
(Coordinamento formale – A.C. 1690-A)
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
(Così rimane stabilito).
(Votazione finale ed approvazione – A.C. 1690-A)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 1690-A, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Grande, non riesce a votare... Nardella...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni – Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
«Conversione in legge del decreto-legge 15 ottobre 2013, n. 120, recante misure Pag. 49urgenti di riequilibrio della finanza pubblica nonché in materia di immigrazione» (1690-A):
(Presenti 418
Votanti 410
Astenuti 8
Maggioranza 206
Hanno, votato sì 270
Hanno votato no 140).
(La deputata Gadda ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole).
Sull'ordine dei lavori e per un richiamo al Regolamento (ore 14,30).
LUIGI FAMIGLIETTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUIGI FAMIGLIETTI. Grazie per la disponibilità, signora Presidente. Intervengo per ricordare il terremoto del 1980. Sabato 23 novembre sarà il trentatreesimo anniversario del terremoto dell'Irpinia. Sono trascorsi 33 anni da quel 23 novembre del 1980 che devastò l'Irpinia e la Basilicata con un evento sismico di inaudita violenza, che costò la vita a 3 mila persone, segnando profondamente il Paese ed il Sud Italia. Il Paese conobbe Sant'Angelo dei Lombardi, Teora, Lioni, Laviano, Santomenna, Balvano.
Entrarono nella storia le durissime parole pronunciate dal Presidente della Repubblica Pertini che, essendosi recato di persona nelle nostre terre, constatò come, a distanza di 48 ore, non erano ancora giunti in quei paesi gli aiuti necessari.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 14,32)
LUIGI FAMIGLIETTI. Il tragico terremoto irpino travolse le comunità e lasciò tanta disperazione, ma anche una preziosa eredità, la nascita della moderna Protezione civile, l'istituzione dell'autorità unica nella figura del commissario per velocizzare i primi interventi e i finanziamenti, ruolo ricoperto egregiamente dal dottor Giuseppe Zamberletti. Si registrò una grande solidarietà, non solo nazionale, ma anche all'estero. Tanti aiuti e anche tanti errori con l'ampliamento smisurato dei comuni interessati...
PRESIDENTE. Colleghi, scusatemi. Capisco che state uscendo dall'Aula, però dovreste uscire silenziosamente e far parlare il collega Famiglietti con una certa tranquillità. Lei ha due minuti e ne ha già utilizzato uno e mezzo. Deve concludere.
LUIGI FAMIGLIETTI. Dicevo che si registrò una grande solidarietà anche dall'estero. Tante aiuti, ma anche tanti errori, come l'ampliamento smisurato dei comuni interessati dai finanziamenti e come il fatto che si è pensato di più a ricostruire le case, ma meno a ricostruire l'identità di questi territori. Per cui oggi, a 33 anni di distanza, credo che sia passato il giusto tempo per fare una riflessione seria su quello che è successo, per evitare gli errori che sono stati commessi e per avere una seria programmazione per le aree interne del Mezzogiorno (Applausi).
VINCENZO FOLINO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
VINCENZO FOLINO. Signora Presidente, onorevoli colleghi, tra due giorni ricorre il trentatreesimo anniversario di quel tragico terremoto del 23 novembre 1980. Ancora oggi ricordiamo con commozione tutti quei morti ed in particolare quelli periti sotto il crollo della chiesa di Balvano, 77 persone tra cui 66 bambini ed adolescenti. Ancora oggi dobbiamo ringraziare tutti coloro che soccorsero quelle popolazioni, da tutte le parti del mondo – cito gli Stati Uniti e l'Iran – e da tutte le parti d'Italia, e tra essi Pierluigi Bersani allora giovane assessore dell'Emilia-Romagna. Come non ricordare le difficoltà dello Stato in quel momento e non ricordare ancora oggi la visita di Pertini accolto dal Ministro dell'epoca Emilio Colombo. Come non ricordare con gratitudine la visita di Pag. 50Giovanni Paolo II che fu di grande conforto alle nostre popolazioni. Come non ricordare l'impegno di tanti amministratori locali, dei comuni, poi successivamente insigniti con la medaglia d'oro al valor civile. E come non ricordare anche che se la ricostruzione civile ha avuto un esito positivo, il rilancio economico fu totalmente fallimentare, per lo più ad opera di faccendieri rivenienti dal Nord del Paese, cose ben rilevate dalla Commissione Scalfaro negli anni 1989-1991.
Eventi e catastrofi di questi trent'anni ci dicono che molto bisogna fare per mettere in sicurezza gli edifici privati e pubblici dal punto di vista sismico e servono azioni di tutela e di riassetto idrogeologico del territorio italiano, nonché investimenti per prevenire ed intervenire sui rischi e sulla sicurezza ambientale, naturale e artificiale. Penso alle estrazioni petrolifere e alle dighe presenti in Basilicata, tra l'altro. Il ricordo del 23 novembre 1980 nel Paese e nelle istituzioni deve vivere ancora, deve essere un monito affinché tutti operino per limitare, se non per evitare, gli esiti tragici...
PRESIDENTE. Deve concludere.
VINCENZO FOLINO. ... conseguenti agli avversi eventi naturali.
MARIO TULLO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARIO TULLO. Signor Presidente, da tre giorni la città di Genova sta subendo seri problemi a causa di uno sciopero dei lavoratori del trasporto pubblico locale e di altre aziende pubbliche. Vi era in corso una trattativa, poi si è deciso con una delibera di procedere a quello che per il comune di Genova e il sindaco Doria è anche il salvataggio dell'azienda del trasporto pubblico locale. Alcune forme di lotta sono inaccettabili, compromettono la convivenza di una città, sono fuori da ogni logica di trattativa sindacale. Vi è una forte tensione. È chiaro che i lavoratori hanno anche ragioni.
C’è un'indagine conoscitiva della Commissione trasporti della Camera sul trasporto pubblico locale. Sappiamo quali tempi stiamo vivendo, sulla legge di stabilità c’è qualcosa, ma sul trasporto pubblico locale c’è un problema di tutto il Paese e di tutte le aziende municipalizzate che va affrontato. Però tutto questo non toglie la necessità di tornare, non solo ad avere il trasporto pubblico locale a Genova, ma soprattutto garantire al consiglio comunale – questo, Presidente, è importante che sia trasferito al Governo – agibilità politica e amministrativa per poter decidere sulle sorti di quelle aziende. È convocato un consiglio comunale, martedì il consiglio comunale non si è potuto svolgere, sono metodi inaccettabili che rasentano l'eversione. Le chiederei di farsi carico verso il Governo perché il prefetto e i questori consentano al sindaco Doria di poter convocare e far svolgere il consiglio comunale (Applausi).
PRESIDENTE. Onorevole Tullo, lei sa che come parlamentare ha a disposizione strumenti di sindacato ispettivo attraverso i quali rivolgersi al Governo, comunque resta agli atti la sua richiesta.
ERASMO PALAZZOTTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ERASMO PALAZZOTTO. Signor Presidente, trovo increscioso e doloroso dover intervenire ancora una volta in Aula per richiamare non solo al decoro, ma anche alla decenza il nostro dibattito politico. Mi riferisco alle parole che ieri ha utilizzato, durante il dibattito, l'onorevole Buonanno. Noi, purtroppo, non avevamo acquisito subito, ma oggi rileggendo il resoconto stenografico le troviamo particolarmente gravi.
Mi riferisco, appunto, ancora una volta, alle ennesime volgari e immorali parole che sono state utilizzate ieri nel dibattito dall'onorevole Buonanno, mentre discutevamo delle misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica. È stato utilizzato un emendamento per offendere un Pag. 51nostro collega deputato, l'onorevole Fava, e queste sono le parole che il deputato Buonanno ha utilizzato: «(...) i cari seguaci di don Ciotti, il caro collega Fava, che ha fatto dell'antimafia il suo cavallo di battaglia» e ha aggiunto «ovviamente morto».
Queste parole, che sono parole assolutamente impronunziabili in quest'Aula, lo sono a maggior ragione se riferite al mio collega Claudio Fava, che non solo ha fatto della sua vita un impegno di lotta civile contro la mafia, ma che, essendo figlio di una vittima della mafia, ha pagato un prezzo ancora più caro, e oggi vederlo offeso in questo modo e vedere offesa la memoria di suo padre dentro quest'Aula è un oltraggio che io penso non si possa accettare.
Per questo, Presidente, io chiedo a lei di prendere le dovute accortezze e soprattutto i dovuti provvedimenti, acquisiti gli atti del resoconto stenografico, ma chiedo anche al gruppo della Lega Nord di poter limitare il modo oltraggioso con cui più volte il deputato Buonanno si è permesso di offendere diversi parlamentari dentro quest'Aula e, soprattutto, di non permettere che in quest'Aula venga offesa la memoria di chi ha pagato con la vita la lotta contro la mafia e soprattutto la dignità politica di chi, ancora ogni giorno, lotta contro la mafia, rischiando la propria (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. Onorevole Palazzotto, la Presidenza prende atto delle sue parole.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Fedriga, non ha la parola, poi si iscrive, se vuole...
MASSIMILIANO FEDRIGA. Allora chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento e intervengo dopo.
GIANLUCA BUONANNO. Anch'io dopo intervengo ! Così vediamo chi dice cazzate !
PRESIDENTE. Onorevole Buonanno, lei non parla, perché ha già detto una parola di troppo. Darò la parola all'onorevole Fedriga per richiamo al Regolamento (Proteste del deputato Buonanno). Ha già detto una parola di troppo, onorevole Buonanno. No, non chiede la parola, la Presidenza non le darà la parola oggi (Proteste del deputato Buonanno).
Onorevole Fedriga, prego.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Signor Presidente, io faccio un richiamo al Regolamento e chiedo un'interpretazione anche a lei in qualità di Presidente di quest'Aula, perché mi sembra veramente che ormai stiamo degenerando con strane richieste di richiami da parte di colleghi. Forse non potranno condividere le parole che ha espresso Buonanno, ma voglio sottolineare che non ha offeso assolutamente la memoria di alcuno, ha detto semplicemente che in relazione a un voto espresso da un gruppo parlamentare di cui fa parte l'onorevole Fava, secondo l'onorevole Buonanno, si andavano a dimenticare tutte quelle battaglie contro la mafia.
Se adesso noi incominciamo che non c’è più libertà di espressione di un parlamentare, che non ha offeso, ha semplicemente detto una posizione politica che ha voluto esprimere...
PRESIDENTE. Onorevole Fedriga, il richiamo al Regolamento...
MASSIMILIANO FEDRIGA. È questo, perché le hanno chiesto di richiamarlo. Se un gruppo politico può chiedere di richiamare il mio collega Buonanno perché esprime una posizione politica rispetto a un voto espresso dal gruppo di SEL, io credo che stiamo veramente andando oltre ogni tipo di possibilità di intervento libero all'interno di quest'Aula. Se non esistono offese, è giusto che Buonanno possa esprimersi ed è giusto che il gruppo SEL possa difendersi e dire la propria opinione.
PRESIDENTE. Allora, a questo proposito i colleghi capigruppo e anche colleghi Vicepresidenti sanno che sulla materia Pag. 52l'Ufficio di Presidenza e la Giunta per il Regolamento si sono riuniti più volte sulla valutazione del linguaggio da tenersi in quest'Aula. In proposito, però, io mi sono limitata a dire – e lo ripeto adesso – che l'intervento del collega Palazzotto resta agli atti. La Presidenza prende atto delle parole del collega Palazzotto. Se riterrà, l'Ufficio di Presidenza tornerà a riflettere sull'argomento più in generale –, e cioè su come noi diamo attuazione a quegli articoli del Regolamento che invitano e impongono – invitano e impongono – ad ogni deputato e ad ogni deputata di avere qui dentro un linguaggio consono. Il linguaggio consono all'Aula ovviamente non deve impedire l'espressione del libero pensiero di ogni singolo parlamentare. È cura della Presidenza far sì che ciò avvenga sempre, purché nel rispetto dell'Aula e della possibilità che l'Aula possa lavorare serenamente e tranquillamente.
EMANUELE FIANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO. Signor Presidente, sono purtroppo oggi a dover replicare in parte cose che ho detto qui ieri a proposito dell'attacco al circolo del PD di via dei Giubbonari a Roma, perché sono a esprimere, a nome mio e del gruppo Partito Democratico, la solidarietà ai democratici del circolo di via Archimede a Milano, oggetto questa notte di un attacco di stampo squadrista che ha provato a entrare dentro la sede, danneggiando l'esterno della sede e siglando questa impresa con il marchio e la scritta «NO TAV». Questo grave episodio, che giunge a poche ore di distanza da quello di ieri, dal violentissimo attacco di ieri a Roma, conferma per noi l'evidenza di un disegno eversivo delle frange violente del movimento «NO TAV» contro il Partito Democratico, che hanno scelto come obiettivo politico delle loro azioni inaccettabili. Noi non ci faremo intimorire e continueremo a vigilare affinché la democrazia italiana possa garantire il libero confronto delle idee in ogni sede. È per questo necessario che le autorità preposte continuino a isolare, prevenire e reprimere ogni forma di violenza politica, ma è altrettanto necessario che tutte le forze politiche contribuiscano a isolare e respingere ogni forma di violenza, separando il diritto al dissenso dal respingimento di ogni traccia di eversione. Per noi, come è stato già detto ieri, chi attacca la sede di un partito è come se attaccasse le sedi di tutti i partiti e dunque dell'intera democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
ALFONSO BONAFEDE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ALFONSO BONAFEDE. Signor Presidente, questa è stata una settimana abbastanza intensa, soprattutto sotto un profilo e per un tema, quello del sovraffollamento delle carceri. Spesso questo tema viene sicuramente preso a sproposito in dibattiti che nulla hanno a che fare con una problematica così drammatica; per questo cercherò di farmi portavoce dei detenuti del carcere di Sollicciano a Firenze, dove sono stato. É una voce che è certamente consapevole della condizione in cui si trovano i detenuti, delle esigenze della società e di quello che forse dovrebbe essere il dibattito. Constatiamo purtroppo che ogni incontro, discussione, articolo, che hanno per tema carcere e giustizia, per quanto possano essere interessanti e propositivi, tutto alla fine sistematicamente si riduce a qualcosa di sterile e incompiuto. È triste realizzarlo, è triste vedere come tutti, politici di destra e sinistra, giornalisti, sgomitino per dare il loro apporto alla discussione per poi, quando si tratta di passare ai fatti concreti, a informazioni serie, non demagogiche, dimenticarsi del dramma in corso e rimandare la questione a data da definirsi, che non si definirà mai, nemmeno con le peggiori valutazioni della Comunità europea, nemmeno di fronte a degli imbarazzanti ed eloquenti ultimatum.Pag. 53
La soluzione ideale sarebbe che scomparissimo tutti ma, ahimè, non scompariamo, non scompare la vergogna e non scompare la Costituzione italiana.
Se una volta tanto per cambiare, spiazzando il mondo intero, i governanti italiani fossero più attenti a trovare soluzioni che alle logiche elettorali, se la politica non si limitasse a sterili proclami televisivi e inutili provvedimenti tampone, forse si potrebbe almeno iniziare una riforma necessaria e seria. Il sistema carcere...
PRESIDENTE. Deve concludere.
ALFONSO BONAFEDE. Le chiedo Presidente di farmi concludere, tanto è breve. Il sistema carcere è collassato da tempo e non servono assolutamente a niente piccoli decreti che puntualmente vengono definiti «svuota carceri» che svuotano solo il significato della parola «pazienza», oltreché «intelligenza» e soprattutto «giustizia»; si parla di costruire nuovi istituti e della funzione di questi. Ebbene forse non è chiaro che non c’è un centesimo, che negli ultimi anni sono stati ridotti all'osso gli agenti di polizia penitenziaria, gli operatori che ci dovrebbero seguire (educatori, medici, assistenti sociali), i prodotti per garantire un minimo di igiene, materiali per la manutenzione, cosicché non funzionano docce, cucine, tutto. Manca l'acqua calda e in alcuni istituti il riscaldamento, il tutto nell'indifferenza o nell'impotenza generale.
Il progetto del Ministro Cancellieri di basare i programmi trattamentali sul lavoro sarebbe obiettivamente perfetto, sennonché le attività lavorative interne sono state tagliate di più del 50 per cento mentre quelle rivolte all'esterno richiedono tempo e impegno. Ma qui non c’è più tempo, non c’è più margine di discussione. Ci sentiamo trattati come e peggio di animali, continuamente presi in giro. Ed è un po’ difficile da trovare la funzione rieducativa in queste condizioni. Ma mettiamo da parte concetti astratti come giustizia, dignità, Costituzione, diritto. Prendiamo in considerazione i cittadini italiani come se noi non fossimo cittadini dando delle informazioni corrette, dal momento che le carceri vengono pagati da loro e dovrebbe essere nel loro interesse pretendere un servizio adeguato, utile; dovrebbero interessarsi delle condizioni in cui i detenuti verranno reinseriti nella società, perché prima o poi, indulto meno, succederà. Dovrebbero sapere che il sistema carceri è un business per molti e che negli istituti per detenuti comuni ci sono persone con problemi psichiatrici e di tossicodipendenza che il carcere può solo peggiorare e che nascondendo il problema non si risolve. Nemmeno più speranzosi, solo delusi e arrabbiati: i detenuti di Sollicciano (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Onorevole Bonafede, io l'ho fatta concludere per rispetto al contenuto della lettera e per ragioni evidenti, perché il contenuto della lettera meritava di essere ascoltato, anche se forse non era questa propriamente la sede per farlo. Però anche in questo caso l'Ufficio di Presidenza dovrà tornare a riflettere sul significato di questi interventi di fine seduta.
MARIA EDERA SPADONI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MARIA EDERA SPADONI. Signor Presidente, intervengo per segnalare un possibile problema tecnico del sito della Camera. Ieri ho avuto un'audizione riguardante l'episodio che ha coinvolto la sottoscritta e il deputato Lattuca il 24 ottobre e ho fatto richiesta di pubblicazione dei video della seduta appunto del 24 e il Questore Dambruoso, visto che la richiesta era stata avanzata da molti cittadini, ha sollecitato direttamente le richieste dei cittadini. Ora sembra che i cittadini non riescono a mandare messaggi al sito della Camera e in questo caso alla Presidente. Quindi io non vorrei che i cittadini pensassero che questa cosa sta succedendo perché non si vogliono recepire queste richieste; chiaramente non lo pensa la Pag. 54deputata Spadoni, non vorrei che lo pensassero neanche i cittadini. Quindi richiedo, sollecito l'Ufficio di Presidenza a risolvere la questione il prima possibile, di modo che i cittadini possano inoltrare le loro richieste.
PRESIDENTE. Confesso che con tutti questi «cittadini» non ho capito di che trattasi, ma spero che il Questore Dambruoso, che è presente, abbia capito. Io ho registrato ma non ho capito la richiesta.
SILVIA GIORDANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
SILVIA GIORDANO. Signor Presidente, anch'io purtroppo sarò costretta ad intervenire ogni volta a fine seduta, perché ogni volta vorrei far presente chi il Governo si porta dietro come politico: perché, nonostante il fatto che sia incompatibile, perché già è sindaco di un comune, e precisamente il comune della mia città, ossia Salerno, si è deciso anche di portarlo al Governo come Viceministro delle infrastrutture e dei trasporti. Parlo proprio di De Luca.
Voglio sottolineare chi è. Per vedere chi è, vado su Wikipedia, ed è già strano il fatto che su Wikipedia ci sia proprio una voce apposita dove si parla di procedimenti giudiziari. Vado a leggere. Reati estinti per prescrizione, non per assoluzione, ma – ripeto – per prescrizione: a Ostaglio sversamento di rifiuti tossici, prescritto nel 2010. Condanne in primo grado: «Stipendi d'oro», condannato in primo grado dalla Corte dei conti di Napoli nel 2010 a pagare 23.000 euro, diffamazione aggravata. MCM (Manifatture cotoniere meridionali), truffa e falso, reati prescritti nel 2013. Sea Park, corruzione, truffa aggravata, truffa, falso, associazione a delinquere e concussione.
Questo personaggio il Governo Letta decide di portarselo con sé, nonostante sia già sindaco di una città, e quindi incompatibile. Ma al di là del fatto che è incompatibile, e quindi già del tutto illegale questo procedimento, continua anche a fare danni nella società, e di conseguenza noi ce lo teniamo come premio qui al Governo. Può il PD per favore prendere coscienza di questa cosa, e cominciare a fare veramente un atto di cambiamento, mandandolo a casa, possibilmente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ?
ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Signor Presidente, sono andato su Wikipedia e ho trovato le condanne di Beppe Grillo: non vorrei leggerle (Proteste di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Penso che noi dobbiamo trovare una regolamentazione diversa di questo tempo di fine seduta.
PRESIDENTE. Anche io.
ETTORE ROSATO. Lo ribadisco, che l'esigenza del nostro gruppo è di trovare una regolamentazione diversa, perché sennò Wikipedia è amplissimo e abbiamo tanto tempo, che sarebbe tutto tempo perso (Proteste di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. No, non apriamo il dibattito perché non è questo il momento di aprire questo dibattito. C’è stata una prima discussione nell'Ufficio di Presidenza in merito agli interventi di fine seduta, che evidentemente non è stata esaustiva, considerato che gli interventi di fine seduta debbono essere nuovamente regolamentati nella Conferenza dei presidenti di gruppo.
Avevamo individuato alcune tipologie: sollecitare atti ispettivi; prospettare esigenze di intervento del Governo o di altri organi; commemorare personalità; commentare situazioni politiche di particolare rilevanza; segnalare eventi di particolare rilevanza che si siano verificati, e così via. Come è evidente, questa tipizzazione degli interventi di fine seduta non è sufficiente a governare in maniera condivisa questa fase dei nostri lavori, che peraltro oggi Pag. 55eccezionalmente abbiamo tenuto a quest'ora del giorno, perché ribadisco che per quanto riguarda la giornata di oggi la fine seduta sarà nel pomeriggio, al termine delle interpellanze urgenti.
MASSIMO ENRICO BARONI. Il feticismo dell'ultima parola appartiene al PD !
PRESIDENTE. No, non appartiene...
MASSIMO ENRICO BARONI. Non mi ha dato la parola !
PRESIDENTE. Deputato Baroni, non le ho dato la parola perché ritengo, come è scritto... No, no, no, no ! Guardate, questi interventi non sono fatti per aprire un dibattito. C’è scritto in una nota...
MASSIMO ENRICO BARONI. Lo dica al deputato Rosato, che ha provocato !
PRESIDENTE. Ho capito, ho capito... Deputato Baroni ! Deputato Baroni, non sapevo quale fosse l'argomento che sarebbe stato toccato dal deputato Rosato, il quale in ogni caso ha chiesto di tornare a riflettere nella Conferenza dei presidenti di gruppo sul modo in cui utilizziamo questa parte delle sedute, e cioè gli interventi di fine seduta; che in ogni caso, come si è condiviso nella Conferenza dei presidenti di gruppo, non possono dare luogo a dibattiti per evitare che si possano surrettiziamente discutere argomenti non all'ordine del giorno, e quindi senza la possibilità di partecipazione di tutti i deputati.
Credo che, anche alla luce di quest'ultima parte della nostra discussione piuttosto disordinata, sia giusto che la Conferenza dei presidenti di gruppo torni a riflettere su come delimitare e rendere più regolare questa parte dei nostri lavori.
Sospendiamo, a questo punto, la seduta, che riprenderà alle ore 16 (Proteste del deputato Buonanno e di deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Buonanno, mi sono dimenticata, mi sono dimenticata perché siamo entrati in un'altra fase della discussione.
Sospendiamo, a questo punto, la seduta, che riprenderà alle ore 16 con lo svolgimento delle interpellanze urgenti.
La seduta, sospesa alle 14,55, è ripresa alle 16.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Boccia, Caparini, Dambruoso, Fontanelli, Gebhard, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, La Russa, Giorgia Meloni, Merlo, Meta, Pannarale, Pisicchio, Ravetto, Sani, Speranza, Tabacci, Villarosa e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente ottantatrè, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 16,05).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.
(Elementi ed iniziative in merito alle finalità della visita del rappresentante diplomatico del Governo eritreo presso l'isola di Lampedusa – n. 2-00311)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Migliore ed altri n. 2-00311, concernente elementi ed iniziative in merito alle finalità della visita del rappresentante diplomatico del Governo eritreo presso l'isola di Lampedusa (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).Pag. 56
Chiedo alla deputata Celeste Costantino se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.
CELESTE COSTANTINO. Signor Presidente, signora Ministra, la nostra interpellanza nasce dalla denuncia di don Mussie Zerai, il sacerdote eritreo presidente e fondatore dell'Agenzia umanitaria Habeshia per la cooperazione allo sviluppo, una denuncia che ha richiamato l'attenzione su un fatto avvenuto pochi giorni dopo la tragedia, ormai dimenticata dai media, e non vorremmo dire anche dalla politica, di Lampedusa, in cui hanno perso la vita 366 migranti. Non appena i riflettori si sono spenti, infatti, il diplomatico Zemede Tekle, che a Roma rappresenta il Governo eritreo, ovvero il regime dittatoriale di Isaias Afewerki, si sarebbe recato a Lampedusa per portare, in via ufficiale, il sostegno e la solidarietà ai sopravvissuti. In realtà l'offerta solidale nascondeva ben altri intenti.
Insieme a lui si sono presentati a Lampedusa Aster Tesfamariam, come responsabile della comunità eritrea in Europa, ma nota invece per essere una collaboratrice dell'ambasciatore, e Tedros Goytom, responsabile giovanile del partito al potere in Eritrea. Questi ultimi si sono offerti come traduttori volontari. Il sistema degli interpreti, come sappiamo, è fondamentale nel processo di accoglienza dei richiedenti asilo, ma solo se dimostrano neutralità e competenza, elementi che evidentemente queste persone non avrebbero posseduto. Come riportato anche dal giornalista Corrado Giustiniani su Il Secolo XIX e l'Espresso, l'ambasciatore e i suoi collaboratori hanno cercato di raccogliere e schedare i nomi dei sopravvissuti, cercando di venire a conoscenza anche dei nomi dei defunti per creare un dossier da inviare tempestivamente al regime.
In Eritrea, come sappiamo tutti, vige il regime politico di Isaias Afewerki, presidente da vent'anni, che limita ogni libertà, un regime totalitario, sanguinario, che ha fatto guadagnare al Paese il non raccomandabile titolo di «Nord Corea africana». I migranti eritrei sopravvissuti e morti nel drammatico trasbordo del 3 ottobre sono proprio scappati da quel regime. Per questo motivo, tutti i superstiti hanno comprensibilmente rifiutato qualsiasi incontro con il diplomatico Tekle, che a suo modo fingeva di dimostrare solidarietà.
Cosa ancora più dolorosa, mentre l'ambasciatore girava indisturbato con il suo gruppo a Lampedusa per schedare i migranti sopravvissuti, lei, Ministra Kyenge, avrebbe ricevuto, forse per un errore – questo fa parte dell'interpellanza – i rappresentanti della comunità eritrea capeggiati da Deres Araya, residente da molti anni in Italia, che proprio don Mussie Zerai, che ho citato all'inizio di questa illustrazione, descrive quale «il vero sostenitore e finanziatore del regime eritreo».
Sono passati quarantotto giorni da Lampedusa, dall'ennesima tragedia del Mediterraneo, e solo adesso lei, Ministra Kyenge, risponde ad una domanda che le abbiamo posto settimane fa. Il tutto è aggravato dal cosiddetto funerale che questo Governo ha organizzato per i migranti morti durante quella traversata di speranza. Il Presidente del Consiglio Letta si era inginocchiato davanti a quelle 366 bare, promettendo solennemente funerali di Stato, funerali che, come sappiamo, non sono avvenuti in quella forma. Sono stati invece celebrati quelli normali, quasi di nascosto, ad Agrigento, città che nulla ha a che vedere con il dramma, ma che invece è la terra di origine del Vicepremier Alfano. A lui e ad altri politici è stato permesso di organizzare una passerella istituzionale, un funerale vergognoso, l'unico in cui le bare non erano nemmeno presenti, perché, già numerate, erano in giro per tutte le città in cui dovevano essere tumulate.
Faccio questa parentesi perché alla funzione era presente anche l'ambasciatore eritreo Zemede Tekle, poco fa citato, in una pausa dei suoi lunghi tentativi di schedatura dei migranti. «Se riconosciamo protezione ai giovani eritrei che scappano Pag. 57per non fare a vita i militari» – ha detto la sindaca di Lampedusa, Giusi Nicolini – «non capiamo perché lo Stato abbia invitato il Governo eritreo a piangerli». Ce lo chiediamo anche noi, signora Ministro. Quello vero, di funerale, è stato celebrato qui davanti, nella piazza di Montecitorio, da tantissimi eritrei, ma voi eravate troppo presi da decadenze, intercettazioni, fibrillazioni, per ascoltare la veglia funebre che attraversava le strade attorno al Palazzo.
Vogliamo sapere se ha verificato che l'ambasciatore Tekle e la sua squadra abbiano schedato i fuggitivi eritrei. In quanto richiedenti asilo politico in Europa, questi ultimi non possono che essere visti dal regime di Afewerki come ribelli, con tutte le intuibili conseguenze circa l'incolumità loro e dei familiari rimasti in Africa.
PRESIDENTE. Il Ministro per l'integrazione, Cécile Kyenge, ha facoltà di rispondere.
CÉCILE KYENGE, Ministro per l'integrazione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'interpellanza urgente appena illustrata ci riporta alla grande tragedia dello scorso mese a Lampedusa, con la contemporanea morte di 365 migranti, un evento che ha commosso l'intero Paese e la comunità internazionale.
A loro e agli altri circa 20 mila morti degli ultimi 15 anni nelle stesse acque va, anche in questa occasione, il mio pensiero, perché hanno perso la vita bambine e bambini, donne e uomini, in fuga da guerre, sfruttamento, fame, miseria e carestie, per cercare un nuovo luogo dove poter vivere con serenità e laboriosità. In merito al contenuto dell'interpellanza, ho fatto svolgere i necessari approfondimenti al Ministero dell'interno, che qui voglio ringraziare per la collaborazione.
È emerso che il rappresentante diplomatico del Governo eritreo, Zemede Tekle, e la signora Aster Tesfamariam, qualificatasi quale esponente della comunità eritrea in Italia, non hanno mai avuto accesso al centro di soccorso e di prima accoglienza di Lampedusa. La signora Aster Tesfamariam ha presentato una richiesta formale per entrare al centro il 9 ottobre 2013. La prefettura di Agrigento, tuttavia, non ha accolto la richiesta per motivi di incompatibilità con il principio di riservatezza e di tutela della sicurezza personale dei richiedenti protezione internazionale e dei loro familiari, sancito dalla normativa interna e internazionale in materia di asilo.
Analogo divieto è stato opposto all'ambasciatore del Governo eritreo, dopo aver sentito l'avviso del nostro Ministero degli affari esteri. Risulta, altresì, che, nelle giornate immediatamente successive al naufragio del 3 ottobre, la signora Tesfamariam si era presentata all'ingresso del centro di Lampedusa, chiedendo di poter entrare. Anche in quell'occasione, il funzionario di turno della questura di Agrigento presente sull'isola non consentiva l'accesso, mancando l'espressa autorizzazione ministeriale in tal senso.
Alle forze di polizia non risultano schedature di migranti eritrei e, comunque, nessuna eventuale schedatura da parte dell'ambasciata dell'Eritrea ha ottenuto la collaborazione da parte delle autorità italiane. È assolutamente certo che il Governo italiano è vicino alla popolazione eritrea e non potrà condividere alcuna azione diretta alla violazione dei diritti umani. Per parte mia, a seguito di esplicita richiesta, ho ricevuto il signor Derres Araia il giorno 15 ottobre e, successivamente, il 25 ottobre, don Mussie Zerai. Ambedue erano accompagnati da gruppi di cittadini eritrei con posizioni in netta contrapposizione.
A tale riguardo, voglio precisare che, fin dall'inizio del mio mandato ministeriale, la mia linea di condotta è stata quella di ascoltare tutti. È chiaro che le richieste di incontro vengono valutate, ma ritengo che un'istituzione debba saper ascoltare ed essere al servizio del Paese, della società civile e della comunità. Non si può non ricevere chi avanza richiesta con motivi ragionevoli, indifferentemente da quale sia la sua posizione od orientamento. In quei giorni convulsi, gli incontri sono stati utili per comprendere meglio la Pag. 58situazione eritrea dai differenti punti di vista e per trarre indicazioni per l'azione di Governo.
Di ciò ho riferito ai Ministeri direttamente competenti. Non ho contravvenuto in alcun modo alle linee di indirizzo di politica estera del nostro Paese, né agevolato azioni dirette a violazioni di diritti umani e politici.
Le tragiche vicende dei migranti, ad iniziare da quelli eritrei, evidenziano i limiti dell'impegno italiano nell'ampio settore dell'immigrazione, caratterizzato sempre da una condizione di emergenza, ormai ventennale. Per anni norme inadeguate quanto propagandistiche hanno generato misure e strumenti inutili, inefficaci ed onerosi.
La normativa nazionale dovrebbe meglio adeguarsi a quella europea e ne trarrebbe giovamento il funzionamento dell'accoglienza e dell'integrazione. Molti dei problemi sollevati dalle comunità straniere, ad iniziare da quella eritrea, sarebbero già risolti.
Deve essere chiaro che l'arrivo costante di persone provenienti da diversi contesti geografici e culturali, con storie di vita spesso travagliate ed esposte a situazioni di marginalità, determina una serie di difficoltà di non semplice soluzione. I fatti di Lampedusa risentono di tutto ciò.
Dobbiamo migliorare e perfezionare i nostri strumenti e i circuiti informativi tra i vari apparati dello Stato. Le conclusioni dell'ultima riunione del Consiglio europeo del 24 e 25 ottobre devono costituire un chiaro e inequivocabile punto di riferimento sulle politiche attinenti ai flussi migratori. A tal riguardo, il Governo seguirà con grande interesse la riforma del diritto di asilo, il cui esame inizia proprio oggi in questo ramo del Parlamento. Peraltro, faccio presente che tra pochi giorni le Camere dovranno esprimersi sugli schemi di decreti legislativi riguardanti la tratta degli esseri umani e lo status di rifugiati. Si tratta di un insieme di provvedimenti che, una volta entrati in vigore, potranno migliorare la nostra azione su queste problematiche.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, voglio rassicurare questa Assemblea che io e l'intero Governo abbiamo piena consapevolezza delle condizioni della popolazione eritrea. Da parte italiana nessun atto è stato compiuto contro di essa e, anche per il futuro, nessun atto contro di essa potrà trovare la nostra collaborazione. Grazie per l'attenzione.
PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Costantino per la replica, salutiamo gli alunni e gli insegnanti dell'Istituto comprensivo statale di Colmurano, in provincia di Macerata, che assistono ai nostri lavori.
L'onorevole Costantino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Migliore ed altri n. 2-00231.
CELESTE COSTANTINO. Signor Presidente, non sono assolutamente soddisfatta della sua risposta, Ministra Kyenge; tra l'altro, lo dico anche con dispiacere, perché sono stata tra le sue più grandi sostenitrici. Ma oggi le chiedo veramente di fare il Ministro, perché su molte delle cose che ci ha detto, anche queste ultime battute, quando fa un richiamo a un sistema di legislazione da dover programmare in maniera completamente diversa, mi verrebbe da risponderle con una battuta: lo dice a noi ? Perché non state in questo Governo intervenendo su quelle norme che possono determinare, non solo un miglioramento delle condizioni di vita qui, nel nostro Paese, ma, come il richiamo che ha fatto lei, che l'Europa non ci metta nelle condizioni di dover piangere altre morti ?
Ma voglio ritornare all'interpellanza, all'oggetto della discussione, e il primo motivo di grande insoddisfazione è perché nel momento stesso in cui si riconosce – e lei ha detto appunto di conoscere bene – che cosa si determina dentro il regime eritreo – e io è proprio questo che sottolineo, è proprio questo che recrimino a questo Governo e al suo Ministero – si aprono le porte e si incontrano e, quindi, si intrattengono rapporti diplomatici con Pag. 59dei regimi dittatoriali come quello di Afewerki.
In undici anni, dal 2001 al 2012, sono state presentate 14.386 richieste di asilo da cittadini eritrei, secondo dati del Viminale. Nell'anno in corso quasi un migrante su quattro proviene dall'Eritrea; la maggior parte sono donne e uomini sbarcati sulle coste italiane.
Bisogna rimettere totalmente in discussione per noi, dal nostro punto di vista – è questo in parte che mi aspettavo che si potesse discutere e su cui si potesse aprire una riflessione con lei – vent'anni di politiche che hanno visto anche accordi con dittatori del passato – vediamo i trattati con la Libia di Gheddafi – o mediazioni con regimi presenti, come quello appunto con il Governo eritreo. Lo dico a partire anche da dati che ci provengono da associazioni come Amnesty International, in cui stimano che 10 mila sono i prigionieri politici detenuti dal Governo del Presidente dell'Eritrea fin dalla sua ascesa al potere, nel 1993. Chi si ribella, anche solo cercando di fuggire, deve affrontare il carcere, la tortura, i lavori forzati, picchiati ogni notte con barre di metallo, legati ed abbandonati al sole per 55 giorni o rinchiusi in isolamento: sono solo alcune delle testimonianze raccolte appunto da Amnesty International. Quando il regime non è in grado di colpire direttamente, punta ai parenti rimasti in patria, multati o incarcerati. Gli esperti del gruppo di monitoraggio dell'ONU sull'embargo alle armi imposto su Somalia ed Eritrea riferivano fin dal 2011 la presenza di un'efficiente rete di intelligence che si occupava di reperire risorse finanziarie per il regime e tenere sotto controllo la diaspora e i rischi potenziali di un'opposizione al Governo.
Quindi, è di questo che stiamo parlando. Non si tratta di opinioni o della possibilità di far esprimere posizioni diverse: stiamo parlando di un regime dittatoriale che fa questo, che mette in campo questo e che l'Italia decide di ascoltare e di intraprendere delle forme di rapporti.
Voglio andare avanti proprio perché nell'ultima fase lei mi parlava di Lampedusa ed abbiamo ricordato i morti di Lampedusa. L'operazione Mare nostrum, che è lì a demolire tutte le speranze di fare di questa Italia un Paese di integrazione, accoglienza e speranza, il Governo dice che si tratta di una missione umanitaria. Ma dal 18 ottobre il nostro Mediterraneo è militarizzato: 16 mila miglia quadrate sono pattugliate dalla San Marco e dalle motovedette della capitaneria di porto e della Guardia di finanza, dalle fregate, dagli aerei Predator senza pilota. Il Governo ha deciso di creare barriere, frontiere, barricate, il tutto coinvolgendoci in questo «nostrum» dal sapore veramente ipocrita e soprattutto colonialista.
Si dirà però che questo sistema riesce a salvare 200 migranti al giorno. D'accordo, ma quanto deve durare questa ipocrisia ? Perché facciamo finta di non sapere quante migliaia di migranti muoiono nel deserto, per esempio, quante donne muoiono dopo abusi e violenze nelle carceri libiche, quanti uomini torturati nei viaggi della speranza (e li abbiamo letti anche sul caso di Lampedusa), quante ricchezze accumulano le mafie, organizzando i barconi che solcano il Mediterraneo, quanto stanno scoppiando i CARA, quanto non ci siano parole per descrivere i CIE del nostro Paese !
Anche rispetto a questo, Ministro, io approfitto del fatto che oggi ho la possibilità di incontrarla e di parlarle, perché rispetto ai CIE ho presentato un'interrogazione parlamentare, alla quale non ho avuto risposta, sul CIE di Crotone, dove è morto Moustapha Anaki lo scorso 10 agosto. Le abbiamo chiesto maggiori chiarimenti anche in quel caso, ma né lei né il Governo ci ha risposto. Continuiamo a chiedere i motivi per i quali Moustapha è morto e vorremmo capire perché la notizia della sua morte e della successiva protesta dei migranti, che ha portato alla chiusura di quel centro di identificazione e di espulsione, sia stata comunicata solo dopo una settimana dai fatti. Vogliamo trasparenza da questo Governo, che trasparente non lo è affatto. È inutile citare Pag. 60quello che è già successo con il Ministro Alfano. Intanto anche oggi, con la sua risposta insoddisfacente, registriamo un ulteriore passo indietro nelle politiche di integrazione e di accoglienza.
(Iniziative per garantire il mantenimento dei livelli produttivi e occupazionali della società Franco Tosi meccanica Spa – n. 2-00289)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cimbro n. 2-00289, concernente iniziative per garantire il mantenimento dei livelli produttivi e occupazionali della società Franco Tosi meccanica Spa (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo all'onorevole Cimbro se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
ELEONORA CIMBRO. Sì, grazie, signor Presidente. Signor sottosegretario De Vincenti, l'interpellanza ha appunto per oggetto la situazione estremamente difficile, per usare un eufemismo, della Franco Tosi di Legnano.
È un'azienda fondata appunto nel 1881, leader a livello internazionale per l'ingegnerizzazione, produzione e vendita di turbine a vapore e turbine idrauliche, inserita in un mercato che prevede per il futuro una forte e continua crescita, soprattutto nei Paesi emergenti. Il Ministero dello sviluppo economico ha organizzato nell'ultimo anno diversi incontri con i rappresentati della Gammon India limited, società indiana che detiene il controllo della maggioranza dell'azionariato dal 2008, al fine di trovare una soluzione alla critica situazione aziendale, anche attraverso l'ingresso di nuovi partner aziendali nel capitale. Numerosi sono stati gli incontri presso le istituzioni locali, quali regione Lombardia e comune di Legnano, numerose le manifestazioni e gli scioperi organizzati dalle rappresentanze sindacali dell'impresa e numerosi gli articoli di diverse testate giornalistiche, quali, appunto, Il Sole 24 Ore, Il Giorno, La Prealpina, che hanno puntualmente riportato l'evolversi della situazione aziendale. Da quasi due anni è in atto un continuo e sempre più rapido deteriorarsi del patrimonio industriale, tecnologico e commerciale di uno storico marchio di rilievo internazionale.
In relazione alle vicende della stessa azienda, è già stata presentata un'interrogazione parlamentare, il 29 aprile 2013, che riporta che «(...) il 16 aprile, presso il Ministero dello sviluppo economico, si è svolto un incontro tra la Gammon India limited, la regione Lombardia, la provincia di Milano, i sindacati e l'amministrazione comunale di Legnano e la società Termomeccanica, altra storica azienda italiana, che ha presentato una proposta di acquisto della Franco Tosi meccanica Spa». Cito appunto testualmente il testo di questa interrogazione, presentata il 29 aprile 2013.
Nei mesi successivi la proprietà della Franco Tosi meccanica Spa, vista negata la richiesta di concordato presentata presso il tribunale di Milano, ha rischiato il fallimento, di fatto scongiurato dal commissariamento. Il dottor Filippo d'Aquino, giudice delegato del tribunale di Milano, ha autorizzato il commissario giudiziario, l'avvocato Gian Paolo Barazzoni, a ricercare un affittuario del ramo d'azienda produttivo di Franco Tosi meccanica Spa in data 31 luglio 2013. Nel mese di settembre sono state aperte le offerte presentate per il bando di gara per l'affitto della storica azienda di Legnano. L'interesse è stato manifestato da quattro realtà industriali di carattere internazionale. Il tribunale di Milano ha poi fissato per il 23 ottobre 2013 la data entro la quale si sarebbe dovuta prendere una decisione sulla delicata vicenda.
Tale decisione veniva superata dalla nomina, da parte del Ministero dello sviluppo economico, di un commissario straordinario, il dottor Lolli, nel mese di ottobre 2013. Nelle successive settimane, si evinceva dalla stampa che, sentito il parere del Ministero dello sviluppo economico e del Ministero dell'economia e delle finanze ed ottenute le finanze necessarie, il commissario straordinario avrebbe potuto decidere Pag. 61di traghettare l'azienda fino all'estate del 2014 e prevedere un nuovo bando internazionale, questa volta non destinato all'affitto, ma all'acquisto della Franco Tosi meccanica Spa.
Questa, appunto, la situazione di due settimane fa. Ad oggi pare – e aggiungo questo elemento ulteriore rispetto al testo dell'interpellanza che è stato depositato – siamo di fronte ad uno scenario diverso. Si legge, infatti, cito testualmente da un comunicato stampa della FIOM-CGIL di ieri a seguito dell'incontro tra le rappresentanze sindacali e il commissario straordinario, che: «l'intendimento sarebbe quello di procedere ad una gara d'affitto della Franco Tosi meccanica Spa, operazione che lo stesso commissario penserebbe di poter ultimare entro il 31 dicembre 2013. I piani di affitto dovrebbero avere una durata di 12 mesi e dentro questo schema l'intenzione sarebbe quella di predisporre il bando di vendita e le necessarie approvazioni ministeriali entro marzo-aprile 2014 per giungere così alla vendita il 1o gennaio 2015». Quindi, rispetto alle informazioni che noi abbiamo avuto precedentemente, questo nuovo scenario prevede che si proceda in questa fase con il bando per l'affitto e, successivamente, passare alla vendita a partire appunto dal 2015.
È evidente, sottosegretario De Vincenti, che il continuo procrastinarsi di una scelta definitiva da quasi due anni per la storica azienda di Legnano potrebbe risultare catastrofico, dato che i livelli produttivi ed occupazionali dell'azienda sono ridotti al minimo storico, con un fatturato ormai inferiore ai 70 milioni di euro e con circa 400 dipendenti, di cui gran parte in cassa integrazione straordinaria. E su questo punto, inoltre, sarebbe assolutamente auspicabile che si intervenisse immediatamente con il decreto sulla cassa integrazione, perché ad oggi ci sono circa 170 dipendenti che non percepiscono nulla da qualche mese.
Se, dunque, non si interviene subito, il know-how tecnologico e produttivo rappresentato da giovani menti potrebbe definitivamente essere disperso, e difficilmente poi recuperato, con l'esodo di ingegneri e tecnici di produzione dall'azienda stessa, che di fatto, sottosegretario, è già in atto.
Il valore e la stima del marchio «Franco Tosi meccanica» nei confronti di clienti di spicco internazionale potrebbe perdere sensibilmente di valore di mese in mese. Gli interessi di creditori privati ed istituzionali – Equitalia Spa sembra sia esposta per oltre 40 milioni di euro, mentre il totale dei debiti dell'azienda sembra raggiungere cifre ben più importanti – potrebbero essere ulteriormente lesi nei prossimi mesi. Potrebbe nel tempo venire meno l'interesse di possibili acquirenti, che già hanno manifestato le loro intenzioni attraverso le procedure previste dal tribunale di Milano per l'affitto ed il successivo acquisto dell'azienda.
Per tutte queste ragioni, appunto, chiediamo quali ulteriori iniziative i Ministri interpellati, per quanto di competenza, intendano intraprendere al fine di garantire il mantenimento dei livelli occupazionali e di quelli produttivi della società Franco Tosi meccanica Spa ed entro quale data tali iniziative verranno intraprese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ha facoltà di rispondere.
CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, la situazione della Franco Tosi meccanica Spa è all'attenzione del Ministero da diverso tempo: ne abbiamo seguito la situazione di crisi e abbiamo anche sollecitato, a suo tempo, iniziative che consentissero, appunto, di sbloccarla.
In data 18 giugno 2013 è stato depositato, infine, ricorso per il fallimento della società in oggetto. Il tribunale di Milano ha convocato per il 17 luglio il Ministero dello sviluppo economico per l'udienza per la dichiarazione d'insolvenza; poi, l'udienza è stata spostata al 24 luglio. Taglio un pochino su questa ricostruzione che, comunque, gli interpellanti potranno trovare depositata.Pag. 62
In data 25 luglio 2013 – come già ricordava l'onorevole Cimbro –, il tribunale di Milano ha dichiarato lo stato d'insolvenza della società Franco Tosi meccanica, nominando giudice delegato il dottor Filippo d'Aquino e commissario giudiziale l'avvocato Gian Paolo Barazzoni. Il 13 settembre, a seguito di richiesta di proroga, è pervenuta al Ministero la relazione del commissario giudiziale, che è stata, poi, integrata ulteriormente in seguito a rilevanti eventi verificatisi nel frattempo. In effetti – come ricordava l'interpellante –, sono pervenute nelle more le offerte per l'affitto dell'azienda da parte dei soggetti che avevano manifestato interesse; le stesse offerte sono state successivamente «omogeneizzate» in data 23 settembre in modo da poterle comparare.
Secondo il termine imposto dall'articolo 29 del decreto legislativo n. 270 del 1999 (cioè dieci giorni), il Ministero dello sviluppo economico ha depositato in data 23 settembre il proprio parere sulla relazione predisposta dall'avvocato Barazzoni.
Il 28 settembre, il tribunale ha disposto l'apertura della procedura di amministrazione straordinaria. Qui si è determinata una novità importante, come ricordava l'interpellante, in quanto il tribunale rilevava i presupposti per il riequilibrio dell'azienda, pur in pendenza dell'esito della procedura di affitto avviata.
Il Ministro dello sviluppo economico ha nominato, in data 16 ottobre, il dottor Andrea Lolli quale commissario straordinario della procedura Franco Tosi Meccanica. Come sappiamo, a termini di legge, il commissario è chiamato a depositare, entro sessanta giorni dalla data di apertura della procedura di amministrazione straordinaria, un programma che preveda uno dei due indirizzi alternativi previsti dalla normativa, ossia o la cessione o la sua ristrutturazione.
Risulta al Ministero che il commissario, dopo aver incontrato il commissario giudiziale e il giudice delegato, ha incontrato le organizzazioni sindacali, al fine di aggiornarle sullo stato evolutivo della procedura.
Dopo aver analizzato il percorso delineato dal bando, finalizzato all'affitto dell'azienda, il commissario straordinario ha incontrato tutti coloro che hanno manifestato interesse in detta procedura. Parallelamente, il dottor Lolli si è attivato per richiedere la concessione della garanzia del Tesoro ed ha affidato incarico per stimare il valore dell'azienda.
È stato, inoltre, dato incarico di individuare e predisporre le attività necessarie alla messa in sicurezza degli immobili e degli impianti, per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori.
Il Commissario sta predisponendo un programma di cessione del complesso aziendale, in contatto con il Ministero, avuto, in particolare, riguardo alle iniziative da assumere anche in via di urgenza, ove indispensabili.
Da questo punto di vista le ultime notizie citate dall'onorevole Cimbro, sono oggetto in questo momento di verifica, potrebbero rientrare appunto nelle iniziative da assumere in via d'urgenza, dove però l'obiettivo comunque rimane quello del programma di cessione del complesso aziendale. Infine, per quanto riguarda l'occupazione, è stata richiesta la CIGS, in data 25 luglio, per la totalità dei dipendenti. Attualmente i dipendenti in cassa integrazione oscillano tra 240 e 250 unità.
È impegno del Governo garantire la cassa integrazione ai dipendenti della Franco Tosi, quindi mettere in sicurezza i lavoratori, e contemporaneamente, procedere con il commissario alle verifiche necessarie per accelerare al massimo le operazioni di cessione dell'azienda.
PRESIDENTE. L'onorevole Peluffo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Cimbro n. 2-00289, di cui è cofirmatario.
VINICIO GIUSEPPE GUIDO PELUFFO. Signor Presidente, colleghi deputati, rappresentanti del Governo, credo innanzitutto che l'interpellanza a prima firma Eleonora Cimbro dimostri, ancora una volta, l'attenzione di quest'Aula e del Parlamento italiano per la crisi che riguarda la Franco Tosi.Pag. 63
Peraltro, nel corso di questi mesi ci sono stati anche altri colleghi che se sono occupati con atti di sindacato ispettivo, come il collega Daniele Farina con un'interrogazione – come ha ricordato prima Eleonora Cimbro – e altri colleghi, come Franco Monaco, che appartiene al gruppo del Partito Democratico, e anche il collega Paolo Alli, del gruppo del Popolo della Libertà.
Io voglio innanzitutto ringraziare per la risposta il sottosegretario De Vincenti e voglio dare atto al Governo, al Ministero dello sviluppo economico per l'attenzione con cui ha seguito costantemente l'evolversi della crisi della Franco Tosi, e per il lavoro che è stato fatto in maniera preziosa anche dai funzionari che hanno seguito il tavolo.
La vicenda è oggetto di iniziative nel territorio di Legnano, e non solo, da parte delle organizzazioni sindacali, rispetto alla crisi dell'azienda, e di impegno dell'amministrazione comunale, a partire dal sindaco di Legnano, Centinaio, e devo dire, da questo punto di vista, anche dal complesso del consiglio comunale che mesi fa ha tenuto un consiglio comunale aperto con i vertici anche della Gammon rispetto al futuro della Franco Tosi.
L'attenzione che è dedicata a questa crisi aziendale riguarda innanzitutto il rilievo che ha questa azienda nel territorio; è legata alla storia di questa azienda che, come ha ricordato prima l'onorevole Cimbro, è stata fondata nel 1881.
Da questo punto di vista quella della Franco Tosi è davvero una vicenda che ha molto a che fare con il tessuto produttivo del nostro Paese, a quello che è accaduto a questo nostro Paese: negli anni Settanta, che era il periodo di maggiore sviluppo, la Franco Tosi impiegava circa seimila lavoratori e nel corso degli anni successivi stringeva collaborazioni con aziende americane come la Westinghouse Electric Corporation e la Combustion Engineering Company per allargare il proprio ambito di lavoro e allargare la propria rete commerciale. Negli anni Novanta, in un periodo di ristrutturazione dell'industria, il gruppo era stato acquistato dalla Ansaldo, gruppo Finmeccanica, e nell'estate del 2000 il gruppo Casti aveva acquistato l'azienda da Finmeccanica prendendo quindi il nome di Franco Tosi meccanica.
Ad oggi la potenza installata – lo ricordo per dire di cosa stiamo parlando – nel mondo grazie ai componenti e alle macchine prodotti dalla Franco Tosi ammonta a circa 75 gigawatt. Nel giugno 2009 la Franco Tosi veniva acquistata dalla società indiana Gammon, specializzata in opere civili. Il 25 luglio, come è stato ricordato da Eleonora Cimbro e dal sottosegretario, il tribunale fallimentare di Milano ha dichiarato lo stato di insolvenza dell'azienda.
Questa è la storia e la vicenda della Franco Tosi, che è una storia che ha molto a che fare con quello che è lo stato del nostro sistema produttivo. Ma è così importante la vicenda della Franco Tosi in merito al passato di così rilievo o è importante per il futuro industriale ? Il nostro convincimento è che sia di tale rilievo per il futuro che l'azienda ha davanti a sé, e da questo punto di vista basterebbe anche solo leggere le dichiarazioni delle società che hanno partecipato al bando internazionale, come per esempio la Patel Engineering e Tecnomeccanica. Cito soltanto queste due perché sono le due aziende che nel territorio hanno incontrato l'amministrazione comunale, hanno incontrato le organizzazioni sindacali, si sono confrontate con la stampa e hanno parlato del tipo di investimento che intendono fare e hanno parlato della possibilità di sviluppo che ha di fronte a sé Franco Tosi, proprio per il valore del marchio Franco Tosi, che continua ad essere riconosciuto a livello internazionale, per il capitale umano dell'azienda Franco Tosi con i 396 dipendenti, sapendo che questa azienda ha sul percorso per ricostruirsi un futuro alcuni macigni imponenti.
Il primo è quello del debito, che è stato accertato il 25 luglio in 192 milioni di euro, che riguardano esposizioni nei confronti del fisco, delle banche e dei fornitori; e soprattutto l'altro macigno è quello della riduzione delle commesse in questi Pag. 64due anni di incertezza. Da questo punto di vista, allora, è fondamentale in questa vicenda il fattore tempo, perché è una crisi che si trascina da anni e perché questa crisi sta comportando una perdita di quote di mercato al di sotto delle quali non c’è possibilità di recupero e di capacità competitiva. Peraltro, erano le stesse organizzazioni sindacali che, in una nota, usavano termini, da questo punto di vista, molto netti. Dicevano che non c’è più altro tempo da perdere e che a questo punto diventa fondamentale procedere in tempi rapidissimi per garantire un futuro all'azienda.
Voglio aggiungere, perché è stato oggetto anche nelle pagine dei quotidiani locali, di alcune polemiche che hanno riguardato alcuni dei soggetti coinvolti nel bando di gara internazionale, che hanno fatto riferimento, a loro giudizio, su una trasparenza delle procedure di gara che non è stata garantita fino in fondo: hanno parlato in qualche modo di un esito scontato ed hanno adombrato il rischio di un tentativo di favorire l'italianità. Ecco, io credo che sia importante ribadire, come hanno fatto le organizzazioni sindacali, come hanno fatto tutti i soggetti e come vogliamo fare anche noi, che l'obiettivo è quello di favorire l'offerta più congrua. Il punto non è cercare una fantomatica italianità, il punto è guardare l'offerta che sia industrialmente più robusta, che sia fatta da un'azienda finanziariamente sana e che garantisca un futuro industriale alla Franco Tosi.
Da questo punto di vista, allora, è giusto ricordare, come è stato fatto, che a settembre il bando di gara faceva riferimento all'affitto del ramo d'azienda produttivo, pensando quindi poi ad un ruolo di traghettamento fino all'estate 2014 del commissario e a un nuovo bando di gara, non d'affitto, ma d'acquisto. Ieri, nel comunicato cui ha fatto riferimento l'onorevole Cimbro, in relazione all'incontro che la FIOM ha avuto con il commissario straordinario, si parla – è un'ipotesi – di una gara d'affitto perfezionata entro il 31 dicembre di quest'anno della durata di un anno, con un bando per la cessione, entro marzo-aprile 2014, e la vendita a partire dal 1o gennaio 2015. Credo che da questo punto di vista questa sia l'ipotesi migliore proprio per affrontare il fattore tempo di cui parlavamo prima, sapendo che il fattore tempo in questo momento è centrale.
Per questo e per il fatto che nella risposta del Governo il sottosegretario De Vincenti abbia dato garanzie rispetto alla cassa integrazione e abbia detto che questa ipotesi è oggetto di verifica da parte del Governo, ci fa ritenere e dichiarare soddisfatti per la risposta ottenuta.
(Misure a favore del settore dell'elettrodomestico, con particolare riferimento alla situazione degli stabilimenti della multinazionale Electrolux – n. 2-00302)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Rubinato ed altri n. 2-00302, concernente misure a favore del settore dell'elettrodomestico, con particolare riferimento alla situazione degli stabilimenti della multinazionale Electrolux (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo alla deputata Rubinato se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
SIMONETTA RUBINATO. Signor Presidente, lo stato del comparto nazionale dell'elettrodomestico è noto purtroppo: il settore soffre da tempo di una crisi di competitività, e la situazione si è aggravata negli ultimi quattro anni a causa della rilevante contrazione della domanda e della concorrenza di produzione dei Paesi a basso costo del lavoro, ormai di qualità comparabile, al punto che è minacciata la sostenibilità del comparto nel nostro Paese anche nel breve periodo.
Il settore definito «linea del bianco», di cui l'Electrolux fa parte, è considerato maturo. L'azienda multinazionale, con sede a Stoccolma, che ha quattro siti oggi in Italia, uno in Lombardia, uno in Veneto, uno in Friuli Venezia Giulia, uno in Emilia-Romagna, naviga in piena globalizzazione, investe le sue risorse laddove si prospetta un maggior profitto; il suo Pag. 65campo d'azione è quindi enorme, mentre per i lavoratori la prospettiva è molto diversa, anche per tutto il nostro tessuto economico e produttivo ovviamente.
Storicamente è una vicenda che si ripete: interi settori del manifatturiero nel nostro Paese, e in particolare mi riferisco al Nord-Est dove l'Electrolux è paragonabile a quello che la Fiat è per il Nord-Ovest del Paese, si sono sviluppati con una fase di forte espansione seguita da un lento ma inesorabile declino. Prima il tessile con le filande, il settore calze-maglie, l'abbigliamento poi il calzaturiero, quindi il settore del mobile, infine il settore metalmeccanico.
I numeri sono presto detti. Il 28 ottobre scorso, dopo una serie di accordi che erano stati siglati nel 2011 e 2012 al Ministero tra le parti sindacali e l'azienda, l'Electrolux ha annunciato alle organizzazioni sindacali ulteriori 461 esuberi, conseguenti alla decisione di delocalizzare in altri siti la produzione, arrivando così il numero complessivo di esuberi del gruppo nei quattro siti italiani a 1.550 addetti, a fronte di 6.185 dipendenti complessivi Electrolux, senza considerare ovviamente i numeri dell'indotto, perché qui stiamo parlando solo degli addetti diretti, ma l'indotto è molto più ampio.
Il contrasto a questo declino passa necessariamente attraverso un piano ampio di politica industriale che comprenda iniziative sul fronte della ricerca e innovazione, delle relazioni industriali e dell'incentivazione ai consumi capace di dare sostegno e rilancio ad un settore che riveste da sempre in Italia un ruolo strategico e di primaria importanza.
Esso, infatti, è il secondo, come ben sa il sottosegretario De Vincenti, comparto manifatturiero dopo quello dell'automobile con 130 mila lavoratori addetti tenuto conto dell'indotto e una leadership che risulta al primo posto per investimenti, ricerca e sviluppo, per qualità del prodotto – insieme alla Germania – leader mondiale in oltre un terzo dei prodotti e primo settore italiano per competitività nei grandi volumi.
Tutto questo è stato possibile grazie a una grande capacità di ricerca; il settore obsoleto veniva rimpiazzato da nuove attività cui venivano indirizzate: intuizioni, investimenti, formazione professionale e tutte le infrastrutture necessarie.
Tutto questo si è però inceppato, salvo rare eccezioni, e va riavviato. Se la «linea del bianco» è obsoleta va inventata una nuova e diversa filiera produttiva. L'esigenza si allarga a diversi settori (metalmeccanico, del mobile, eccetera) per creare realtà capaci di navigare nel vasto mare della globalizzazione con rinnovata capacità competitiva.
Non possiamo rassegnarci alla perdita di una realtà come questa. Nel 2011 era già stata rilevata dai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dello sviluppo economico l'opportunità, oggi direi la necessità, di costituire un tavolo nazionale del settore dell'elettrodomestico, ribadita nel 2012 dal Governo Monti, ma a quanto ci è dato sapere questo tavolo nazionale del settore dell'elettrodomestico per disegnare appunto una politica industriale ad hoc non ha preso avvio.
Di recente abbiamo saputo che la Ceced ha avviato autonomamente un'indagine di mercato, uno studio per favorire la costituzione finalmente di questo tavolo, ma nel frattempo è passato tempo prezioso.
Sempre il Governo Monti, accogliendo un nostro ordine del giorno nel luglio 2012, si era impegnato a valutare l'opportunità di tutta una serie di misure atte a sostenere la competitività del comparto: in realtà di tutte queste abbiamo visto soltanto l'avvio, in uno degli ultimi provvedimenti dell'attuale Governo, dell'allargamento dell'incentivo fiscale per la ristrutturazione ed anche la sostituzione di elettrodomestici, che nella legge di stabilità viene prorogato anche per il prossimo anno; ma è un po’ poco come ricetta di politica industriale.
Nel frattempo Electrolux ha avviato un'investigazione negli stabilimenti del gruppo, di cui senz'altro il Governo è a conoscenza; e questo sta assai preoccupando parti sindacali, territorio, istituzioni Pag. 66locali, perché all'esito di questa investigazione, che terminerà nel prossimo mese di aprile, saranno prese le decisioni definitive da parte della multinazionale per profittare degli scenari di opportunità che si potranno cogliere a livello internazionale – dice la multinazionale – nel 2015. La scorsa settimana la tensione è salita alle stelle, dopo che in un incontro a Berlino con l'azienda i sindacati hanno lanciato l'allarme affermando che era arrivata la conferma che la storia in Italia per la multinazionale svedese era finita.
Successivamente è giunta una lettera «rassicurante» del presidente ed amministratore delegato di Electrolux, ai senatori Maurizio Sacconi e Lodovico Sonego, in cui appunto l'amministratore delegato della multinazionale ribadisce invece – questo lascia aperto ad una speranza di possibile profittevole lavoro – di avere un approccio collaborativo con il nostro Paese, e che è negli obiettivi della multinazionale contattare e dialogare con le parti sociali italiane, le autorità locali e il Governo. Questo fa presagire che ci siano degli spazi ulteriori per lavorare e per trovare delle soluzioni.
Il tema è particolarmente scottante per il Nord-Est del Paese. Riguarda ovviamente – come ho detto prima – anche la Lombardia e l'Emilia-Romagna; ma in particolare il presidente del Veneto insieme con le rappresentanze sindacali, ha rivolto con una sua lettera un appello al Premier Enrico Letta per chiedere la convocazione a Palazzo Chigi del tavolo nazionale sulla crisi dell'Electrolux, ricordando che tra costi diretti e indiretti si tratta di una partita che vale non solo i 1.550 esuberi poc'anzi citati, ma circa 20 mila posti di lavoro, e per il nostro territorio, per il Nord-Est del Paese, che è una parte fondamentale dell’asset produttivo del Paese, è una questione drammatica e assolutamente strategica.
A fronte di tutto questo è impegnativo, ovviamente, il ruolo che deve assumere il Governo per tentare di portare la vicenda ad un esito positivo. Tutte le parti in causa devono ovviamente essere impegnate, i sindacati, l'azienda in primis, le autorità locali. Le regioni possono molto: ricordo il recente accordo che ha siglato con la Whirlpool la regione Lombardia, quindi è possibile fare qualcosa. Ma credo che il regista fondamentale, di una risposta strutturale in termini di politica industriale a un comparto fondamentale come questo non possa che essere il Governo, e i massimi vertici dell'attuale Governo che sono quelli che possono in modo più profittevole ed incisivo interloquire con la proprietà, oltre che con il management di Electrolux.
Pertanto, con la mia interpellanza chiedo al Governo alcuni impegni e alcune risposte. Il primo è la necessità e l'urgenza di aprire e di lavorare al tavolo nazionale per il settore dell'elettrodomestico e il relativo indotto, definendo una strategia di politica industriale di breve e medio periodo, implementando con urgenza le azioni necessarie per il rilancio del settore, che deve poter continuare a dare il suo importante contributo alla crescita del Paese e alla salvaguardia dei livelli occupazionali. Poniamo anche un'ulteriore questione. Si avvicina il semestre di Presidenza europea, ed è da porre finalmente a tema la questione in Europa del declino del mercato europeo occidentale dell'elettrodomestico.
C’è il deserto industriale in questo settore a ovest dell'Italia e invece la crescita di questo mercato nell'Europa orientale insieme con la delocalizzazione del bianco nei Paesi dell'Europa dell'est, a causa del basso costo del lavoro. Su questo aspetto va aperta una riflessione in sede europea per lavorare sull'insostenibile disparità tra i Paesi membri in tema di costo del lavoro e dei servizi.
Ancora, chiediamo al Presidente Enrico Letta di intervenire direttamente, ovviamente in collaborazione con il Ministero dello sviluppo economico e con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nei confronti della proprietà di Electrolux per rendere esplicita la volontà del Paese di mantenere una forte presenza del gruppo in Italia, costruendo le condizioni Pag. 67di un patto che veda tutti al tavolo per costruire le condizioni di un rilancio della competitività nel nostro Paese.
Su questo ieri ho velocemente interloquito anche con il Premier Letta, che ho incontrato qui in Aula, il quale mi ha assicurato che è da lei, sottosegretario, costantemente aggiornato su questo tema e anche il suo impegno in questo senso, quindi ci contiamo davvero.
Infine chiediamo al Governo di valutare l'attivazione finalmente anche in Italia di normative fiscali sulle riorganizzazioni transfrontaliere e sulle delocalizzazioni che, sull'esempio di quanto già avvenuto in altri Paesi come la Germania, hanno dimostrato che è possibile salvaguardare l'interesse economico e sociale nazionale pur nel rispetto della normativa comunitaria e senza contraddire i principi della libera concorrenza e della libertà di stabilimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Prima di dare la parola al sottosegretario Claudio De Vincenti, salutiamo l'Istituto comprensivo statale di Carapelle, in provincia di Foggia, gli studenti giovanissimi e le loro insegnanti (Applausi).
Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ha facoltà di rispondere.
CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, l'interpellanza dell'onorevole Rubinato e degli altri deputati firmatari affronta due temi molto importanti, quello specifico della Electrolux e più in generale il problema dell'elettrodomestico nel nostro Paese.
Parto dalla vicenda Electrolux e poi vengo ai temi più generali. Non ho bisogno di ripercorrere l'analisi che assai bene viene effettuata dagli onorevoli interpellanti e in particolare la decisione della Electrolux, comunicata lo scorso 28 ottobre, di annunciare ulteriori 461 esuberi che si aggiungono ai 600 già ereditati da una precedente fase di ristrutturazione e poi di annunciare la cosiddetta «investigation» che dovrebbe aver luogo nei prossimi mesi e terminare nell'aprile del 2014 circa gli stabilimenti italiani del gruppo.
Queste notizie naturalmente hanno preoccupato notevolmente il Governo e il primo passo che abbiamo fatto è stato intanto un incontro con i presidenti delle regioni interessate dagli stabilimenti Electrolux, che si è svolto il 5 novembre scorso; le regioni in questione sono Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna e Lombardia. Abbiamo concordato con i presidenti alcuni passi, il primo e più importante dei quali è sicuramente la presa di contatto diretta – qui rispondo alla terza indicazione fornita dagli interpellanti – e quindi abbiamo avviato i contatti con la proprietà e con il management di Electrolux, non solo il management italiano ma il management della multinazionale, e stiamo concordando un incontro a Roma che intendiamo ottenere presso la Presidenza del Consiglio, un incontro tra Governo, i presidenti delle quattro regioni e il management della multinazionale.
L'obiettivo dell'incontro naturalmente è esattamente quello indicato nell'interpellanza: rendere esplicita la volontà del Paese di mantenere una forte presenza del gruppo in Italia ed individuare sia le ragioni che hanno spinto Electrolux alle comunicazioni del 28 ottobre, sia le modalità per mantenere e rafforzare una presenza del gruppo nel nostro Paese e, quindi, per far sì che le decisioni dell'azienda cambino, quelle a breve, e soprattutto che l’investigation porti a confermare la presenza in Italia.
Da questo punto di vista, vorrei tranquillizzare gli interpellanti: i tavoli di crisi che si tengono al Ministero dello sviluppo economico sono gestiti dal Ministero che ha la competenza in materia, come è ovvio, in costante rapporto e accordo con la Presidenza del Consiglio, e anche questo sarà gestito allo stesso modo.
Vengo alla situazione più generale del settore dell'elettrodomestico, attraversato anche dalla fase di riorganizzazione della Whirlpool, ricordata dall'onorevole Rubinato nel suo intervento, che stiamo seguendo Pag. 68con attenzione, ed è interessante come la Whirlpool abbia puntato molto a rafforzare le produzioni di alta gamma nel nostro Paese. Qualcosa del genere stiamo discutendo in un'altra vertenza difficile, che è in questi giorni all'attenzione di tutti, quella della Indesit, dove il problema chiave è come rafforzare il radicamento italiano della Indesit e le prospettive di sviluppo degli stabilimenti in Italia attraverso produzioni a maggior valore aggiunto, che quindi possano più naturalmente trovare collocazione nel nostro Paese.
Qui vengo al processo generale di ristrutturazione del settore dell'elettrodomestico, dove le produzioni a minor valore aggiunto vanno via, via – come ricordano gli interpellanti – ridislocandosi verso Paesi a costo di lavoro molto più basso di quello dei Paesi dell'Europa occidentale. Noi crediamo che – come il caso della Whirlpool mostra e come ci auguriamo possa mostrare anche il caso della Indesit, se riusciremo a costruire l'accordo per il quale il Governo si sta impegnando e come è nostro obiettivo discutere anche con l'Electrolux – il futuro del settore nel nostro Paese passa per lo spostamento verso produzioni di alta gamma e di maggior valore aggiunto, in sintesi di qualità e anche di connessione con filiere produttive italiane, come quella del mobile, che possono dare un prodotto particolare, come si usa dire di italian style, che sicuramente può avere sui mercati internazionali un posizionamento adeguato. Quindi, crediamo che la competitività del settore vada individuata nel rafforzamento della ricerca e dello sviluppo; a questo proposito, in accordo con la regione Marche e altre regioni, stiamo costituendo un centro di ricerca e sviluppo nel fabrianese, che servirà il settore dell'elettrodomestico, e convocheremo – riconosco le ragioni degli interpellanti nel sottolineare che questo andava fatto prima, ma lo faremo – il tavolo di settore dell'elettrodomestico, dove vorremmo però che – è ciò che ho appena detto – le linee portanti della competitività di questo settore in un Paese come l'Italia siano quelle della qualità, della ricerca e dello sviluppo.
Auspico che la qualità delle produzioni di alta gamma e di maggiore valore aggiunto siano al centro, perché certamente il costo del lavoro è un problema. Però, noi crediamo che se tutto l'accento viene posto sul costo del lavoro rischieremmo – e crediamo non sia il caso di farlo – di puntare su fattori di competitività che non sono conseguibili sui livelli di Paesi verso i quali, come dicevo prima, stanno ridislocandosi le produzioni di più bassa gamma.
Teniamo conto che il differenziale del costo del lavoro nel nostro Paese, come negli altri Paesi dell'Europa occidentale, rispetto a quello dei Paesi dell'est europeo o di altre zone esterne all'Unione europea è di tale portata che solo misure difficilmente giustificabili in Paesi avanzati, come sono l'Italia e gli altri Paesi dell'Europa occidentale, sarebbero in grado di raggiungere. Quindi, sconsiglio vivamente dal puntare unicamente sul costo del lavoro. Un Paese avanzato come l'Italia deve puntare sulla qualità, sul suo fattore umano e non mortificare il fattore umano agendo sul costo del lavoro. Ricordo che nel fattore umano, oltre al salario netto, c’è il sistema di welfare, che è alimentato dalle entrate pubbliche. Quindi, alla seconda richiesta degli interpellanti rispondo riconoscendo il ritardo e garantendo che il tavolo di settore sarà convocato e l'obiettivo chiave sarà individuare i fattori di competitività propri di un Paese avanzato come l'Italia.
Vi è, poi, la terza richiesta, nell'ordine in cui io la sto ponendo, ma la seconda richiesta, che è quella di attivarsi nel semestre italiano – certamente – per un coordinamento delle politiche europee nel settore dell'elettrodomestico e, più in generale, della politica industriale. Vogliamo fare del semestre italiano, come ha detto il Presidente del Consiglio, e della presidenza italiana come quella presidenza che cambia le parole d'ordine in Europa. La crescita deve essere la nostra parola d'ordine e la politica industriale è un elemento essenziale per andare in questa direzione.Pag. 69
Vi è, infine, l'ultima richiesta avanzata dagli interpellanti. La considereremo attentamente all'interno del discorso che dobbiamo aprire in Europa sul modo in cui l'Europa è in grado di coordinare la propria politica industriale e le politiche fiscali dei Paesi membri. È in quel quadro che il tema sollevato, per quanto riguarda i trattamenti fiscali sulle riorganizzazioni transfrontaliere e le delocalizzazioni, andrà posto e affrontato in modo forte.
PRESIDENTE. L'onorevole Rubinato ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
SIMONETTA RUBINATO. Grazie Presidente e grazie anche al sottosegretario De Vincenti, che ha risposto puntualmente, accogliendo le nostre richieste, per cui non possiamo che dichiararci soddisfatti.
Mi permetto solo di fare alcune sottolineature. Siamo perfettamente d'accordo di prendere esempio da quello che si sta facendo con altre aziende, la Whirpool, piuttosto che il tavolo di lavoro che è aperto con la Indesit. Siamo perfettamente d'accordo che dobbiamo competere verso l'alto e non verso il basso. Da questo punto di vista è molto importante quello che il Governo può mettere in campo per agevolare la ristrutturazione del settore verso l'alto di gamma. Per questo è molto importante il tavolo di lavoro sul settore dell'elettrodomestico nazionale, per concertare anche con le aziende e con le parti sociali misure di rilancio della competitività di questo comparto.
Io vorrei ricordarne alcune che erano già state oggetto del nostro ordine del giorno accolto dal Governo il 25 luglio del 2012, pur sapendo che il Governo e il Parlamento si misurano con un contesto finanziario particolarmente difficile. Tuttavia, questo non ci esime dal fatto che occorra fare il massimo per trovare alcune, almeno, delle risposte necessarie.
Vi è ad esempio il tema del contenimento del costo dell'energia. Mi pare che sia stato annunciato qualche intervento da parte del Mise: lo attendiamo, perché questo è un tema fondamentale. Abbiamo presente, sul territorio, il caso di un accordo che ha fatto di recente il Veneto con Ideal Standard, in cui il comune di Trichiana si mette in gioco per la compartecipazione e la costruzione di un impianto di cogenerazione a gas metano.
Possono, cioè, essere varie le forme, non soltanto a livello tariffario, ma anche di cooperazione sui territori, però sul tema del costo dell'energia dobbiamo battere un colpo. Vi è il tema, secondo me, di semplificare l'applicazione dell'estensione della detrazione per la ristrutturazione edilizia all'acquisto di elettrodomestici da incasso di classe energetica non inferiore ad A+, perché, così com’è congegnata, è un po’ complessa dal punto di vista burocratico, e comunque è legata alla ristrutturazione straordinaria dell'immobile.
Sarebbe opportuno prorogare la detrazione per la sostituzione di frigoriferi, congelatori e loro combinazioni già prevista dal comma 353 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2007. È necessario sostenere, secondo noi, anche mediante incentivi fiscali per aziende e consumatori – penso, ad esempio, all'ipotesi di un ecoprestito decennale – l'innovazione, la ricerca e lo sviluppo nelle imprese del settore.
Va favorita l'internazionalizzazione delle piccole e medie imprese del settore e, infine, vorrei anche ricordare un tema che viene posto spesso dalle aziende del settore, che è quello del contrasto alla concorrenza sleale e all'intensificazione dei controlli sui prodotti importati, per garantire qualità e sicurezza ai consumatori.
Da questo punto di vista, il Mise ha la possibilità di operare una sorveglianza del mercato per il sostegno e la difesa del valore aggiunto del prodotto italiano, che, secondo noi, può essere messa in campo da subito, è necessario che venga messa in campo da subito, e può dare un contributo importante.
Questo per quanto riguarda le misure. In ordine alla questione, ben posta dal sottosegretario, del non ridurre al tema del costo del lavoro la possibilità di una nostra competitività con i Paesi dove il Pag. 70costo del lavoro è così basso, 4 euro all'ora – sono le notizie che ci sono pervenute – in Polonia, piuttosto che i 24 euro all'ora del costo del lavoro del lavoratore italiano, il problema – sono d'accordo con il sottosegretario, non possiamo fare entrare meno nelle tasche dei lavoratori –. Ma il tema è il carico fiscale sul lavoro in Italia, non tanto nel confronto con la Polonia, ma nel confronto con altri Paesi, dell'Europa occidentale.
Su questo va fatto uno sforzo e, purtroppo, invece, anche nella legge di stabilità per il 2014, non mi pare che riusciamo a intervenire in modo incisivo su questo. Infine, un'ultima cosa, veramente l'ultima: la questione di adottare una normativa fiscale nel nostro Paese che sia tale da costituire un contesto normativo più rigoroso per tutelare il know-how delle aziende italiane è un tema che è giusto, sì, affrontare in Europa, ma che non ci esime dall'adottare una normativa nazionale che ci aiuti in questo senso, come ha già fatto, con i provvedimenti in tema di exit tax, la Germania.
Ci sono delle proposte di legge depositate in Parlamento su questo punto e, secondo me, sarebbe utile, quanto prima, che fossero esaminate dai ministeri di competenza, per valutarne la bontà ed implementarle quanto prima nel nostro Paese. Contiamo, e concludo davvero, sul mantenimento degli impegni che sono stati enunciati con forza dal sottosegretario e anche sull'impegno diretto e in prima persona del Presidente del Consiglio dei ministri, perché questa, come ben sa il sottosegretario, è una partita che non possiamo permetterci di perdere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
(Problematiche riguardanti l'obbligo di iscrizione delle società di mutuo soccorso presso il registro delle imprese – n. 2-00309)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Giancarlo Giorgetti ed altri n. 2-00309, concernente problematiche riguardanti l'obbligo di iscrizione delle società di mutuo soccorso presso il registro delle imprese (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo all'onorevole Rondini se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.
MARCO RONDINI. Signor Presidente, premettiamo che poter finanziare istruzione e salute attraverso la fiscalità generale, coinvolgendo i datori di lavoro, oltre che i lavoratori, nel finanziare un sistema previdenziale a vocazione universalistica, è stata una grande conquista, che di fatto decreta il superamento dell'opera delle società di mutuo soccorso, ma di cui anche il movimento delle società di mutuo soccorso, progenitore delle moderne forme di organizzazione sindacale e politica, può andare fiero.
Nei vent'anni passati, a misura che la crisi avanzava, ritornavano in auge ideologie liberiste, che invitavano a sottrarre alla regolazione pubblica, per riaffidarle al mercato, numerose prestazioni di welfare: previdenza integrativa, affidata alle compagnie di assicurazioni e alle alterne fortune dei mercati finanziari; sanità integrativa, gestita con analoghi meccanismi di tipo assicurativo; servizi alle famiglie affidati al mercato.
La recente crisi internazionale, che ha avuto come principale protagonista proprio il mercato finanziario, e gli scandali che hanno bruciato il risparmio previdenziale di milioni di persone, hanno gettato una luce sinistra su questa strategia di uscita dalla crisi del welfare e hanno indotto a volgere lo sguardo verso un settore della società che ha più di un punto di contatto con la tradizione della mutualità, il terzo settore, o altrimenti detto l'economia sociale: tutto quell'insieme di organizzazioni e associazioni che hanno visto aumentare le loro dimensioni e la loro fortuna proprio all'ombra del declino del fordismo e del welfare che è cresciuto con esso. Hanno in comune la produzione di beni e di servizi utili, il non perseguire prioritariamente scopi di profitto, Pag. 71il coniugare l'attività professionale con il volontariato, il darsi modelli organizzativi di tipo partecipativo.
È la legge del 1886 a porre in capo alle società di mutuo soccorso prioritariamente l'aiuto ai soci in caso di malattia, invalidità o morte, quei rischi che le famiglie operaie e contadine non erano in grado di affrontare con proprie risorse e che erano dunque causa certa di povertà. Un aiuto diventato superfluo via via che, a partire dagli anni del fascismo, è stato edificato un sistema sanitario nazionale, prima gestito dalle mutue e poi, dal 1978, gestito direttamente dallo Stato attraverso la fiscalità generale.
A suscitare oggi un rinnovato interesse, come dicevo prima, verso questo tipo di organizzazioni è la crisi finanziaria di questi anni, che ha messo a nudo gravi disfunzioni nella gestione delle imprese, in primo luogo nel rapporto tra azionisti amministratori e dirigenti con i consigli di amministrazione e con i portatori di interessi interni ed esterni alle imprese. Nelle organizzazioni di tipo mutualistico, invece, i soci sono contemporaneamente azionisti e clienti e agiscono secondo logiche solidaristiche. Per quanto complessi possano essere i rapporti tra la tecnostruttura che gestisce l'impresa e i soci che hanno il diritto di governarla, in queste organizzazioni sono all'opera meccanismi che mettono al riparo da comportamenti gravemente lesivi degli interessi degli azionisti. Da questo punto di vista, l'obbligo di reinvestire gli utili, che non possono essere utilizzati che per la crescita delle imprese e per rendere un servizio migliore ai soci che ne assicurano il controllo, come recita l'articolo 5 della Carta dell'economia sociale, costituisce un evidente punto di forza.
Tutto ciò premesso, noi oggi sappiamo che l'articolo 23 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese, incide pesantemente sulla disciplina relativa alle società di mutuo soccorso, di cui alla legge del 15 aprile 1886, prevedendo, tra l'altro, l'obbligo di iscrizione presso il registro delle imprese secondo criteri e modalità stabilite con un decreto del Ministro dello sviluppo economico.
Il citato articolo 23 prevede, a carico delle società di mutuo soccorso, obblighi che risultavano essere in contrasto con la loro autonomia privata sancita dalla legge, nonché la soppressione di segni distintivi importanti e dell'identità delle stesse società di mutuo soccorso, alle quali è fatto obbligo di iscriversi al registro delle imprese, laddove imprese non sono. Infatti, la normativa appare alquanto incongruente, perché, da una parte, costituiva l'obbligo per le società di mutuo soccorso di iscriversi al registro delle imprese e, dall'altra, vietava espressamente alle stesse società di svolgere attività d'impresa.
Più in particolare, imponete alle società di mutuo soccorso, entro e non oltre il 19 novembre 2013, di adottare esclusivamente nel proprio statuto, quale oggetto sociale, una o più attività previste dal nuovo articolo 1 della legge n. 3818 del 1886, così come modificato dal decreto-legge n. 179 del 2012.
E in più prevedete l'obbligo di iscriversi presso apposita sezione del registro delle imprese mediante il deposito del proprio statuto ed atto costitutivo conformi ai nuovi dettami; ed ancora: il divieto di svolgere qualunque attività d'impresa e l'obbligo di devolvere il proprio patrimonio in caso di liquidazione o di perdita della natura di società di mutuo soccorso.
Sono numerose le società di mutuo soccorso i cui statuti non rispondono ai dettami delle nuove disposizioni di legge, che hanno difficoltà ad adeguare in tempi brevi i propri statuti, a causa del gran numero di soci e degli elevati quorum deliberativi necessari a recepire le suddette disposizioni.
A seguito dell'approvazione del decreto-legge n. 179 del 2012, in tutto il Paese si è determinato un clima di sfiducia e d'incertezza e una grave situazione di disagio per le oltre 1.100 società di mutuo soccorso ancora operanti nel nostro Paese, le quali il 17 novembre 2012 hanno dato vita all'Associazione italiana delle società di mutuo soccorso.Pag. 72
Il nuovo soggetto giuridico di rappresentanza, dopo essersi attivato per portare a conoscenza di tutti gli organismi istituzionali interessati i motivi di doglianza delle oltre 100 società a essa aderenti (numero che è in continua crescita) e dopo aver inviato al Consiglio dei ministri una richiesta di rinvio di 24 mesi della data prevista per l'iscrizione delle società al registro delle imprese, si è visto costretto a rivolgersi all'autorità giudiziaria per richiedere che siano dichiarate non applicabili le disposizioni di cui all'articolo 2 della legge n. 3818 del 1886 riformata, per illegittimità costituzionale.
Le società di mutuo soccorso non intendono sottrarsi ad una regolamentazione normativa, purché sia adeguata alla loro specifica realtà, nella convinzione che le stesse società, se adeguatamente disciplinate e supportate, possano diventare parte integrante del welfare nazionale.
Gli interpellanti, cioè noi, chiediamo in sostanza di sapere se il Ministro non ritenga necessario valutare, al fine di tutelare i diritti inviolabili sanciti dalla nostra Costituzione, la concessione di una proroga biennale alle società di mutuo soccorso per l'adozione delle nuove disposizioni previste dall'articolo 23 del decreto-legge n. 179 del 2012, e chiediamo se il Ministro non ritenga necessario chiarire, anche a mezzo di iniziativa normativa, le conseguenze derivanti dalla mancata adozione nei termini di legge delle disposizioni previste dalla nuova formulazione degli articoli 1 e 2 della legge 15 aprile 1886, n. 3818; in più, se il Ministro non ritenga necessario chiarire, anche a mezzo di iniziativa normativa, quale sia l'ambito di applicazione del divieto di svolgimento di qualunque attività d'impresa di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 15 aprile 1886, n. 3818, precisando se, così come previsto per gli enti associativi senza fini di lucro, sia consentito lo svolgimento, in via del tutto sussidiaria ed accessoria rispetto alle finalità istituzionali, di attività diverse da quelle previste dall'articolo 2195 del codice civile effettuate nei confronti dei soci ed in conformità alle finalità istituzionali dell'ente, senza specifica organizzazione e verso il pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione; ed infine, se non ritenga necessario chiarire, in questa fase transitoria, quale sia l'organo competente ad effettuare il controllo di legalità degli statuti eventualmente depositati senza l'intervento notarile, in quanto ritenuti conformi ai dettami di legge da parte degli organi direttivi delle stesse società, e cioè il registro delle imprese all'atto della ricezione della documentazione e i revisori ministeriali o delle associazioni maggiormente rappresentative in sede di primo controllo.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ha facoltà di rispondere.
CLAUDIO DE VINCENTI, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, le modifiche apportate dall'articolo 23 del decreto-legge n. 179 del 2012 alla disciplina delle società di mutuo soccorso, contenuta nella legge n. 3818 del 1886, hanno avuto lo scopo di adeguare (dopo 126 anni) la normativa originaria alle evoluzioni storiche dell'istituto, così come si sono delineate nel tempo anche per effetto delle indicazioni pervenute dalla giurisprudenza e dalla dottrina. La norma è volta, tra l'altro, a recepire il dettato del Regolamento 2003/1435/CE del 22 luglio 2003, relativo allo statuto della Società cooperativa europea.
Da un punto di vista formale, si è provveduto, con le modifiche apportate dall'articolo 23 del decreto-legge n. 179 del 2012, ad aggiornare alcuni adempimenti amministrativi già previsti in origine dalla legge n. 3818 del 1886 (costituzione e acquisizione della personalità giuridica, registrazione, vigilanza). In tale ambito è stata stabilita l'iscrizione delle società di mutuo soccorso al registro delle imprese, nella sezione «imprese sociali», secondo criteri e modalità stabiliti con decreto 6 marzo 2013 del Ministro dello sviluppo economico, al fine di superare i dubbi interpretativi circa l'obbligo di iscrizione Pag. 73al repertorio economico amministrativo delle stesse società, stante la loro particolare natura. È stata, altresì, prevista l'automatica iscrizione presso l'albo delle società cooperative, sezione «società di mutuo soccorso», analogamente a quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 10 della legge n. 99 del 2009 per le imprese cooperative.
Ciò premesso, nello specifico dei quesiti posti dagli onorevoli interpellanti, si fa presente che in data 18 ottobre 2013 è stato redatto il decreto ministeriale contenente le nuove specifiche tecniche per la creazione di programmi informatici finalizzati alla compilazione delle domande e delle denunce da presentare all'ufficio del registro delle imprese per via telematica, che entreranno in vigore dal 1o febbraio 2014, e dal successivo 1o aprile 2014 saranno abbandonate definitivamente le specifiche tecniche attualmente in vigore. Ne consegue che risulterebbe superato il termine del 18 novembre previsto per l'iscrizione delle società di mutuo soccorso al registro delle imprese, con una proroga de facto di circa 6 mesi. Il Ministero, infatti, anche sulla base di intese raggiunte con le associazioni nazionali riconosciute per la rappresentanza, assistenza e tutela del movimento cooperativo, attraverso la recente decretazione ministeriale ha già previsto che essa non potrà che essere operativa a partire dal biennio 2015-2016. Peraltro, è in corso di redazione da parte degli uffici competenti del Ministro una nota operativa volta ad evidenziare come non debba considerarsi perentorio il termine del 18 novembre 2013, ma debba consentirsi l'iscrizione entro il termine del 1o aprile 2014. Pertanto, la proroga di 24 mesi, richiesta dagli onorevoli interpellanti, appare oggettivamente eccessiva rispetto alle scelte che le società di mutuo soccorso devono compiere e alla natura degli adempimenti.
Quanto alle altre attività esercitabili, la nuova disciplina, emanata con l'articolo 23 del decreto-legge n. 179 del 2012, non fa altro che chiarire quanto già la giurisprudenza e la dottrina avevano avuto modo di individuare nel corso degli anni. Ciò in particolare, sia per il necessario equilibrio tra attività principali ed accessorie dell'ente, che non deve causarne lo snaturamento del tipo sociale, sia per quanto riguarda la sussistenza di un rapporto di strumentalità delle attività accessorie rispetto alle principali, nel senso che le prime servano in sostanza al conseguimento delle seconde, sia, infine, per il divieto di svolgere attività di impresa.
Le nuove disposizioni sembrano essere in linea con quanto già stabiliva la normativa originaria. Se una società di mutuo soccorso non svolgerà le attività di cui all'articolo 1 e non rispetterà gli adempimenti previsti dalla legge, non potrà qualificarsi società di mutuo soccorso ai sensi della legge n. 3818 del 1886, non acquisirà o manterrà la personalità giuridica, né potrà godere dei benefici fiscali tipici delle medesime. Ciò, però, non significa che tali enti dovranno sciogliersi, né tantomeno dovranno devolvere il loro patrimonio. Come autorevole dottrina e giurisprudenza hanno affermato, esse potrebbero essere inquadrabili quali associazioni non riconosciute, in quanto enti che possiedono i relativi requisiti: perseguono uno scopo economico di carattere mutualistico; i soci non hanno diritto alla percezione di dividendi; hanno una struttura aperta; rispettano il principio del voto capitario, eccetera.
A fronte di queste caratteristiche, le associazioni mutualistiche non avranno limiti relativi all'oggetto sociale, non saranno obbligate ad iscriversi al registro delle imprese, salvo che non svolgano attività economiche che impongano tale adempimento, all'albo delle cooperative, a sottoporsi alla vigilanza e così via. Tutto ciò non può essere considerata una novità perché alle stesse conclusioni si giungeva anche in vigenza della precedente versione della legge n. 3818 del 1886.
Con riferimento all'ultima parte dell'interpellanza, dove si chiede chi svolga l'attività di verifica in assenza di atto notarile, è opportuno richiamare il testo del DM attuativo del 6 marzo scorso che prevede, Pag. 74all'articolo 4, comma 1, che «Le società di mutuo soccorso già esistenti alla data di acquisizione di efficacia del presente decreto, che risultano iscritte nel registro delle imprese, in sezioni diverse dalla apposita sezione di cui all'articolo 1, oppure nel repertorio delle notizie economiche ed amministrative – eccetera, poi magari il testo aiuterà una lettura migliore – sono iscritte d'ufficio».
In tal caso non è necessario il passaggio attraverso l'atto notarile, si ha un automatismo, per cui non vi è altro controllo dell'ufficio se non di corrispondenza della dichiarazione, allo stato degli atti registrati.
Il comma 2 dello stesso articolo 4, sempre del decreto ministeriale, prevede che: «Le società di mutuo soccorso già esistenti alla data di acquisizione di efficacia del presente decreto, che risultano iscritte nel registro delle imprese, in sezioni diverse (...)» – e continuo – «presentano all'ufficio del registro delle imprese territorialmente competente, entro sei mesi dalla predetta data, una domanda di iscrizione nella apposita sezione di cui all'articolo 1, accompagnata dall'atto costitutivo e statuto riformato in conformità agli articoli 1, 2 e 3 della citata legge n. 3818».
Pertanto, le società di mutuo soccorso che non siano in regola con le mutate condizioni normative debbono adeguare lo statuto alle modifiche normative stesse, mediante atto notarile, secondo quanto prescrive la norma. A questo riguardo, è opportuno ricordare che l'atto notarile era già richiesto anche dalla originaria normativa del 1886.
Il terzo comma, infine, contempla società di mutuo soccorso preesistenti che non avessero iscritto lo statuto nel registro delle imprese o nel REA; in tal caso l'iscrizione implica l'allegazione dello statuto che sarà, comunque, redatto secondo le modalità previste dalla norma (atto pubblico). Per cui, negli ultimi due casi che ho citato, il controllo di legalità sostanziale risulterà assolto dal rogante, mentre all'ufficio del registro delle imprese spetterà l'ordinaria verifica di carattere formale.
In ogni caso, il controllo sostanziale, e per taluni aspetti di merito, è rimesso al Ministero dello sviluppo economico e alle associazioni del mondo cooperativo, stante quanto prevede la norma, in analogia col sistema cooperativo.
PRESIDENTE. L'onorevole Rondini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Giancarlo Giorgetti n. 2-00309, di cui è cofirmatario.
MARCO RONDINI. Signor Presidente, non possiamo dirci soddisfatti, anche perché voi ci dite che avete, in sostanza, concordato una proroga – che, poi, avete affidato ad un provvedimento – di sei mesi rispetto al novembre del 2013. Quindi, gli adempimenti vanno rispettati da parte delle società di mutuo soccorso entro il 1o aprile del 2014.
Se fosse vero che le società di mutuo soccorso hanno concordato una proroga di solo sei mesi in luogo dei ventiquattro che sono oggetto anche della nostra interpellanza, se fosse vero che l'avete concordato con loro – dunque, con le associazioni di mutuo soccorso e, cioè, con l'associazione che raccoglie la maggior parte delle società di mutuo soccorso –, loro in qualche modo non si sarebbero rivolte all'autorità giudiziaria per chiedere che venissero rispettati i loro diritti. Tant’è vero che – lo abbiamo messo anche in premessa – questo nuovo soggetto giuridico e, cioè, l'Associazione italiana della società di mutuo soccorso, si è visto costretto a rivolgersi all'autorità giudiziaria per richiedere che siano dichiarate non applicabili le disposizioni di cui alla legge del 1886, e successive modifiche che avete introdotto voi.
Voi, alla fine, con questo modo di faticare a comprendere qual è la realtà, andate a penalizzare l'associazionismo, perché sono sempre loro a ricordarci che fanno fatica in quei tempi, nei tempi previsti – per quello chiedevano ventiquattro mesi – a modificare gli statuti delle società di mutuo soccorso.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 17,30)
MARCO RONDINI. Voi andate a penalizzare l'associazionismo, che trova nelle società di mutuo soccorso il migliore esempio e, forse, la risposta sana alla crisi del welfare; anche perché – forse, vale la pena ricordarvelo, perché forse non lo sapete –, accanto ad un'attività di tipo mutualistico di assistenza sanitaria integrativa rivolta ai soci e realizzata attraverso accordi locali con cliniche, ambulatori, laboratori di analisi, le società che più si sono adoperate nell'interpretare l'antica vocazione mutualistica, il rapporto con il territorio e con i bisogni di una platea più ampia di interlocutori lo fanno secondo le modalità tipiche delle associazioni di volontariato.
E, a questo scopo, operano anche attraverso associazioni fondate ad hoc. Svolgono attività di trasporto per anziani, malati, erogano borse di studio, fanno attività di volontariato presso le scuole, utilizzano una parte dei locali per ospitare attività culturali, svolgono attività di prevenzione sanitaria: sono solo alcuni degli esempi di una evoluzione che vede le società di mutuo soccorso, con le loro risorse di energie personali e di capacità organizzative, con il patrimonio immobiliare accumulato dalle generazioni precedenti, alimentare la grande famiglia del volontariato, fonte preziosa di servizi erogati gratuitamente e di socialità di piccolo raggio; estensione di relazioni familiari e amicali, che soprattutto nei piccoli comuni, nei piccoli centri, garantisce una buona qualità della vita a persone che sarebbero altrimenti condannate alla solitudine e alla marginalità sociale.
È innegabile che la crescente attenzione verso un ruolo più significativo della mutualità nel campo dell'assistenza integrativa nasce dall'interno e dall'esterno del mondo mutualistico. Per chi si interroga sul futuro del welfare e sulle sue mancate promesse, l'interesse scaturisce dalla ricerca di fondi alternativi di finanziamento della sanità, e dalla constatazione che il ricorso al mercato, attraverso le compagnie di assicurazione, ha dato finora risultati modesti. Non vorremmo che questo tentativo fosse di fermare l'attività, in qualche modo, con provvedimenti che non tengono conto delle necessità delle società di mutuo soccorso che, torno a dire, vogliono adeguarsi alla normativa ma chiedono semplicemente un tempo, che il tempo sia più ampio per potervi aderire, e chiedono che magari alcune delle norme previste nella nuova normativa siano concordate con loro e non scritte a tavolino.
Ebbene, non vorremmo che magari si nascondesse il tentativo di fermare questa attività per, magari, fare un favore alle assicurazioni. Ecco, voi con questo tipo di atteggiamento condannate una delle soluzioni, come dicevo prima, forse l'unica soluzione esistente nel Paese, alla crisi del sistema del welfare. E noi riteniamo che questo sia grave, grave perché va a penalizzare e a punire un'attività come l'associazionismo di volontariato che, come dicevo prima, si estrinseca nel miglior modo nelle società di mutuo soccorso, e questo è veramente grave.
(Iniziative di competenza in ordine alla prospettata riduzione dei treni intercity da parte di Trenitalia – n. 2-00276)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Luigi Dallai ed altri n. 2-00276, concernente iniziative di competenza in ordine alla prospettata riduzione dei treni intercity da parte di Trenitalia (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo al deputato Luigi Dallai se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
LUIGI DALLAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentante del Governo, sottosegretario Girlanda, l'interpellanza che ho presentato, e sottoscritta da numerosi colleghi del mio partito, domanda al Governo se abbia ricevuto comunicazioni da Trenitalia, oppure sia a conoscenza delle intenzioni di tale società, relativa alla soppressione dei collegamenti Intercity.Pag. 76
Da quanto emerso nelle settimane scorse da organi di informazione, Trenitalia avrebbe avanzato l'ipotesi di sopprimere 12 treni interregionali Intercity che riguardano l'utenza di nove regioni.
I Presidenti delle regioni potenzialmente interessate – Toscana, Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Liguria, Umbria e Campania – hanno inviato, il 24 ottobre scorso, una lettera al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e all'amministratore delegato di Trenitalia, Vincenzo Soprano, per esprimere la totale contrarietà all'ipotesi avanzata da Trenitalia di sopprimere 12 treni interregionali Intercity, tra i quali quelli sulla linea dorsale che collega capoluoghi di importanti centri di Lombardia, Friuli e delle regioni sopra menzionate.
Domandiamo dunque al Governo se è a conoscenza di quali tratte, quali bacini di utenza coinvolgano tali ipotesi di riduzione del servizio ferroviario.
Il servizio dei treni Intercity rappresenta, infatti, per un'ampia e diversificata fascia di utenza su tutto il territorio nazionale, un mezzo di trasporto pubblico fondamentale per accedere ai servizi di mobilità legata a motivi di lavoro, studio o salute.
L'offerta di servizi per i pendolari è basata essenzialmente sul trasporto pubblico regionale su ferro, finanziato dalle regioni, e sull'interazione con i treni intercity, che sulle lunghe percorrenze di carattere interregionale rappresentano, peraltro, l'unico mezzo disponibile presso molte stazioni capoluogo di provincia o con un bacino di area vasta anch'esso interregionale. Sono 2 milioni 900 mila circa i pendolari che utilizzano quotidianamente in Italia i servizi su rotaia, a dirlo è un rapporto di Legambiente, che dal 2007 a oggi ha registrato un incremento del 20 per cento del numero dei viaggiatori giornalieri italiani.
Il contratto di servizio pubblico – si legge sul sito Internet di Trenitalia – è un atto stipulato tra l'autorità pubblica, cioè il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Ministero dell'economia e finanze e Trenitalia, allo scopo di garantire il diritto alla mobilità tramite servizi di trasporto effettuati per soddisfare esigenze sociali, ambientali e di assetto del territorio, e per far fronte all'esigenza di garantire particolari condizioni e tariffe a specifiche categorie di passeggeri. Nella misura in cui tali servizi siano in contrasto con l'interesse commerciale dell'impresa, l'autorità pubblica, a fronte dell'obbligo di produzione di detti servizi, è tenuta a corrispondere a Trenitalia un'adeguata compensazione economica. Con il contratto di servizio pubblico l'azienda è impegnata a garantire, tra l'altro, l'adozione di una politica di prezzi legata al raggiungimento degli obiettivi fissati nel contratto e la manutenzione ordinaria e straordinaria del materiale rotabile, che deve rispondere a caratteristiche di sicurezza, pulizia ed efficienza. Il contratto di servizio segnala, inoltre, che Trenitalia monitora costantemente la performance erogata per questi servizi, comunicando trimestralmente all'autorità competente i risultati di questa analisi. Sono oggetto del contratto di servizio pubblico tutti i treni notte e la maggior parte dei treni intercity.
Nonostante ciò, si è verificato negli ultimi anni un progressivo ed inequivocabile ridimensionamento dei servizi ferroviari interregionali e nazionali (soprattutto, appunto, dei treni intercity), non rientranti nell'Alta velocità, che ha penalizzato, soprattutto, gli utenti pendolari italiani che devono quotidianamente raggiungere le regioni limitrofe. Tali riduzioni si sommano ai già molti disservizi a cui sono sottoposti giornalmente i passeggeri che viaggiano sui treni intercity tra cui: lunghi tempi di percorrenza, mancanza di puntualità, soppressione senza preavviso delle corse, carenza di informazione, poca garanzia di partenza delle coincidenze, guasti tecnici, carrozze non adeguate e poco pulite, sovraffollamento dei convogli e condizioni precarie delle infrastrutture ferroviarie, oltre ovviamente agli aumenti delle tariffe non giustificati dalla bassa qualità e dalla riduzione dei servizi offerti.Pag. 77
Tali disfunzioni e inefficienze inducono quindi spesso i passeggeri a ricorrere al trasporto regionale, che risulta però scadente per ciò che concerne la qualità del materiale rotabile, decoro di viaggio, disponibilità di convogli.
Va inoltre sottolineato che, a causa dell'inadeguatezza infrastrutturale delle ferrovie italiane, la frequenza dei treni ad alta capacità che viaggiano sulle linee ad Alta velocità ha creato ulteriori problemi al trasporto locale, dal momento che, in molte tratte, il transito degli intercity, soprattutto nelle fasce orarie di maggiore affluenza, è stato spostato sulle linee lente, già sature per la presenza dei treni regionali. Risulta quindi evidente che, qualora fosse attuata un'ulteriore riduzione dei treni intercity da parte di Trenitalia, verrebbero a mancare non solo il principio stesso del diritto alla mobilità, ma anche parte dei contenuti del contratto di servizio. Auspichiamo dunque una revisione ed un aggiornamento del contratto nazionale di servizio con Trenitalia, per vincolare la società al rispetto di standard qualitativi effettivamente adeguati e promuovere un effettivo ottenimento di miglioramenti nel trasporto ferroviario pubblico.
È sotto gli occhi di tutti che i treni intercity, schiacciati tra le Frecce, di mercato, e i regionali, sono via via divenuti i treni più scadenti della rete nazionale, a fronte di un'utenza costante o in crescita.
Sulla base di quanto esposto, domandiamo dunque al Governo se non ritenga necessario assumere iniziative urgenti per evitare tali riduzioni di servizio e garantire il mantenimento quantitativo ed il miglioramento qualitativo di tale servizio, auspicando nel frattempo l'elaborazione di uno scenario che tenga presente l'avvicendamento delle motrici per le lunghe tratte, anche in funzione dell'entrata in servizio dei Frecciarossa 1000 nel prossimo futuro.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Rocco Girlanda, ha facoltà di rispondere.
ROCCO GIRLANDA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, gli onorevoli interpellanti pongono all'attenzione la delicata questione del trasporto ferroviario interregionale e nazionale, evidenziando, oltre alla scarsa qualità dei servizi resi, il timore di una soppressione di dodici treni interregionali intercity.
Come è noto, i servizi ferroviari passeggeri di media-lunga percorrenza si dividono in servizi «a mercato» e servizio universale.
I servizi «a mercato» – di media/lunga percorrenza – non essendo oggetto di alcun corrispettivo pubblico, sono effettuati a rischio di impresa e si sostengono esclusivamente con i ricavi da traffico: le dimensioni e le caratteristiche dell'offerta, quindi, sono determinate da valutazioni commerciali; rientrano tra i servizi a mercato le cosiddette Frecce di Trenitalia, Frecciarossa, Frecciargento e Frecciabianca, nonché i treni internazionali e una quota di treni Intercity. La relativa programmazione, pertanto, è effettuata direttamente da Trenitalia che per i servizi in questione ha evidenziato uno squilibrio economico pari a circa 29 milioni di euro.
In particolare, Ferrovie dello Stato ha riferito che nella quota di Intercity effettuati a mercato che percorrono la linea dorsale tra Roma e Firenze e servono varie destinazioni (da Milano, Trieste-Venezia sino a Roma-Napoli-Salerno), rientrano 6 coppie di collegamenti: si tratta di collegamenti che svolgono spesso, per buona parte, un servizio di cabotaggio, servendo flussi pendolari che li utilizzano per tratte limitate, sostanzialmente paragonabile a quello del trasporto ferroviario locale gestito dalle regioni. Questi treni presentano, come appena detto, ormai da tempo un rapporto costi/ricavi fortemente negativo, con perdite rilevanti.
Il servizio universale comprende, invece, quei treni di media-lunga percorrenza che per poter essere effettuati, necessitano di un corrispettivo, definito nell'ambito di un contratto di servizio, in quanto rappresentano un conto economico negativo. Devo precisare che detto Pag. 78contratto prevede un'offerta di servizi finanziati per assicurare il diritto alla mobilità sul territorio nazionale e, in modo particolare, i collegamenti necessari alla continuità territoriale di aree collocate nel sud Italia, caratterizzate da una domanda particolarmente debole e quindi da un elevato differenziale tra costi e ricavi.
Pertanto, anche se i collegamenti di media e lunga percorrenza nazionali, quali gli Intercity compresi nel contratto di servizio, possono essere utilizzati dai pendolari quando gli orari di transito lo consentono, rivestendo una rilevante funzione anche per il trasporto pubblico locale, la cui gestione e programmazione, come è noto, è attribuita alle singole regioni, gli stessi sono orientati a tutelare il diritto alla mobilità sulle tratte nazionali.
Orbene, tenuto conto che la caratteristica dei treni oggetto del Contratto è quella di non essere economicamente sostenibili da parte di Trenitalia, i Ministeri contraenti (MIT e MEF), nell'ambito delle risorse di cui dispongono, erogano corrispettivi in coerenza con quanto stabilito nel Piano economico-finanziario, anch'esso inserito nel contratto; in tale ambito, pertanto, vengono gestiti sia la programmazione dei servizi contrattualizzati, che comprende, fra l'altro, numero e tipologia dei collegamenti, itinerari e fermate, sia la determinazione delle tariffe applicabili.
Allo stato, pertanto, la difficoltà ad inserire nel perimetro dei servizi contribuiti relazioni quali quelle a rischio soppressione prima citate è dovuta alla necessità di mantenere le condizioni di equilibrio economico-finanziario del contratto di servizio, anche in assenza di risorse ulteriori rispetto a quelle del 2012.
In merito poi alla qualità dei servizi dei collegamenti inseriti in detto contratto, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti può incidere, in primo luogo, in termini tariffari sulla base di quanto indicato dal citato atto negoziale: l'articolo 5, infatti, pone a carico della società erogatrice la rilevazione dei valori degli indicatori di qualità, i quali concorrono, unitamente ad altri elementi, alla determinazione dell'incremento tariffario dei servizi che compongono l'offerta sovvenzionata dallo Stato, secondo quanto previsto dall'articolo 10, commi 3 e 5.
Inoltre, la puntualità dei collegamenti compresi nel contratto di servizio, qualora non assicurata secondo quanto contrattualmente previsto, contribuisce, unitamente agli altri fattori di qualità, alla determinazione di penali che vanno poi a ridurre l'ammontare delle risorse da versare all'impresa ferroviaria.
In ogni caso, assicuro che le problematiche evidenziate dagli interpellanti sono ben note al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; infatti le competenti strutture del Dicastero si sono già attivate con l'avvio di un tavolo di confronto con le singole regioni interessate e Trenitalia, nell'ambito del quale approfondire, dal punto di vista tecnico, le possibili ipotesi di mantenimento dei servizi, ovvero di ottimizzazione degli stessi, in relazione alle possibili integrazioni con i servizi a committenza regionale già esistenti, come anche con quelli in autonomia commerciale svolti da Trenitalia.
Assicuro che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti continuerà a vigilare con rinnovato impegno affinché vengano garantiti collegamenti adeguati ed efficienti.
PRESIDENTE. Il deputato Donati ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Dallai n. 2-00276, di cui è cofirmatario.
MARCO DONATI. Signor Presidente, Governo, gentili colleghi, una valutazione in merito alla risposta del sottosegretario mi spinge a dichiarare una parziale soddisfazione. L'impegno sicuramente del Governo c’è, però il problema degli Intercity, dei treni interregionali si ripete ogni anno: è un po’ una stanca ripetizione, che vede ogni anno tagliare delle corse, fare annunci nella stampa che allarmano tanti cittadini, pendolari che oggi affrontano queste tratte e tentano di affrontare gli spostamenti utilizzando questi treni.Pag. 79
Proponendo questa interpellanza urgente, noi chiaramente ci siamo posti anche delle domande: nell'interpellanza che ha illustrato l'onorevole Dallai c’è un richiamo anche alla Costituzione, anche al diritto dei cittadini di muoversi e di spostarsi nel territorio dello Stato. Questo è un diritto, credo vada garantito. Mi faccio anche una domanda: ci sono oggi due linee di indirizzo molto chiare, l'alta velocità e le tratte regionali. Spesso questi due elementi rischiano di essere delle rette parallele che non si incontrano mai, se non in presenza di treni interregionali che consentono una parte di spostamenti e di collegare questi due importanti servizi. È fondamentale quindi per alcune regioni – nove sono interessate o potrebbero essere interessate da questi tagli – il ruolo appunto di questi treni interregionali.
Quindi, noi riteniamo per ora di ritenerci parzialmente soddisfatti, perché l'augurio e la speranza è che il Governo possa in qualche modo intervenire e garantire quello che oggi è un servizio così importante, e che riguarda non solo tratte di carattere pendolaristico legate a esigenze di lavoro, ma in parte anche, in alcuni casi, per alcuni centri minori che hanno però valenza turistica, imprenditoriale e commerciale, un'importanza di particolare rilievo.
C’è anche chiaramente il tema che poneva nell'interpellanza il collega Dallai riguardo all'aumento del numero dei pendolari, che sicuramente, visto anche il caro-benzina e l'aumento del prezzo dei carburanti, oggi è importante. Ci è sembrato dalla risposta del sottosegretario Girlanda che questo sia stato preso in considerazione, e quindi riteniamo su questo che sicuramente l'impegno del Governo verrà nei prossimi giorni, e ci sentiamo rassicurati anche da dichiarazioni pubbliche come quelle per esempio del sottosegretario stesso o del sottosegretario D'Angelis nei giorni precedenti.
È chiaro comunque, è comprensibile, che queste tratte sono antieconomiche, che in questo caso sia difficile pensare che gli Intercity siano oggi strumenti che possano andare sul mercato, o che possano raggiungere il break-even nel pareggio rispetto al costo dei biglietti. Però è vero anche che l'intervento del Governo è fondamentale per garantire servizi che altrimenti non potrebbero essere, credo, sostituiti da altre forme di trasporto o di mobilità.
Sono tanti i pronunciamenti, tra l'altro, dei consigli regionali, dei consigli comunali, dei consigli provinciali rispetto a questo tema, che sicuramente sono pervenuti al sottosegretario e che dobbiamo tenere in considerazione. Importante è la rassicurazione rispetto alla qualità del servizio: purtroppo questi treni oggi non solo sono a rischio, ma sono appunto tratte, come ha sottolineato l'onorevole Dallai, spesso caratterizzate da treni, da mezzi e veicoli in scarse condizioni igieniche, e spesso in ritardo. Rispetto a questo, il sottosegretario è stato abbastanza chiaro, quindi ci auguriamo e speriamo che l'azione del Governo possa essere in tal senso significativa, perché non c’è chiaramente solamente il diritto alla mobilità, ma anche a poterlo esercitare in condizioni adeguate. Spesso i ritardi sono causa anche di problematiche rispetto ai pendolari che utilizzano questo trasporto per motivi di lavoro, e che condizionano anche l'attività lavorativa degli stessi, oltre che chiaramente il diritto ad avere un servizio efficiente in termini di tempistiche.
Dichiarando quindi una parziale soddisfazione, ci auguriamo che il Governo possa nei prossimi giorni continuare ad attivarsi, e fare in modo che Trenitalia prenda in considerazione l'idea che oggi il trasporto non è solo alta velocità, in alcuni casi neppure quella, purtroppo, perché alcune tratte continuano a non essere coperte perché ritenute antieconomiche, con un bacino non rappresentato, ma oggi il trasporto è anche interregionale e copre una fascia di soggetti che non sono in grado chiaramente, anche per motivi economici, di utilizzare l'alta velocità, e anche per il fatto che in alcuni casi non è neppure utilizzabile.
(Iniziative di competenza per garantire un adeguato servizio di trasporto ferroviario in Umbria nonché il pieno rispetto degli standard qualitativi europei sul territorio nazionale – n. 2-00298)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Galgano n. 2-00298, concernente iniziative di competenza per garantire un adeguato servizio di trasporto ferroviario in Umbria nonché il pieno rispetto degli standard qualitativi europei sul territorio nazionale (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo alla deputata Galgano se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
ADRIANA GALGANO. Signor Presidente, assolutamente sì e in maniera molto dettagliata. Onorevole sottosegretario, Governo, la mia interpellanza parte da molte premesse, innanzitutto dal fatto che negli ultimi anni si è registrato un forte degrado del trasporto pubblico su rotaia nella regione Umbria, in particolare per quanto riguarda la linea che collega le stazioni umbre alle città di Roma e Firenze e Perugia-Ancona, via Foligno. Sono migliaia le persone che ogni giorno si muovono dall'Umbria per dirigersi, per motivi di lavoro o di studio, verso la capitale. La tratta è frequentata costantemente anche da un numero rilevante di turisti, nazionali e internazionali, essendo le zone interessate fortemente attrattive dal punto di vista paesaggistico, artistico e religioso.
Sono molte le sollecitazioni pervenute in ordine ai vari disservizi del trasporto ferroviario su tale linea, alla bassa qualità dei treni utilizzati, vetusti e fatiscenti, e alle cattive condizioni igieniche delle vetture, proprio in un momento in cui, anche per la crisi economica esistente, bisogna garantire servizi efficienti e continuativi ai tanti utenti che preferiscono viaggiare in treno piuttosto che in auto.
Negli ultimi anni si sono moltiplicate le denunce di associazioni di consumatori, comitati di pendolari e singoli utenti sull'insostenibilità del servizio ferroviario della linea Firenze-Roma e Ancona-Perugia, via Foligno. Sono molti i disservizi a cui sono sottoposti giornalmente i passeggeri che viaggiano sui treni intercity della linea direttissima, a contratto di servizio del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti: lunghi tempi di percorrenza, mancanza di puntualità, soppressione senza preavviso delle corse, carenza di informazione, non garanzia di partenza delle coincidenze, guasti tecnici all'ormai obsoleto materiale rotabile dotato di motrici vecchie e carrozze non adeguate e poco pulite, sovraffollamento dei convogli, condizioni precarie delle infrastrutture ferroviarie, aumenti delle tariffe non giustificati dalla bassa qualità e riduzione dei servizi offerti.
Tali disfunzioni e inefficienze inducono spesso gli utenti a ricorrere al trasporto regionale, parimenti scadente per qualità del materiale rotabile, decoro di viaggio, disponibilità di convogli, affollamento, riduzione delle corse, aumento dei tempi di percorrenza, ritardi molto pesanti e sistematici, guasti alle locomotrici e alle vetture.
A causa dell'inadeguatezza infrastrutturale delle ferrovie italiane, la frequenza dei treni ad alta capacità che viaggiano sulle linee ad alta velocità ha creato ulteriori problemi al trasporto locale, dal momento che, in molte tratte, il transito degli intercity e degli interregionali, soprattutto nelle fasce orarie di maggiore affluenza, è stato spostato sulle linee lente già sature per la presenza dei treni regionali. I treni intercity e interregionali subiscono spesso soppressioni di corse, variazioni di orario o notevoli ritardi, tali da rendere estremamente disagevoli i collegamenti tra le città umbre e le regioni limitrofe. Le carrozze di questi treni sono sovraffollate e spesso vetuste e fatiscenti, con bagni poco igienici e impianti di condizionamento e riscaldamento malfunzionanti e non dimensionati decentemente per resistere a condizioni normali di temperatura invernale ed estiva; in alcuni casi le carrozze di prima classe, revampizzate, non diverse fisicamente da quelle di seconda classe, vengono declassate per un Pag. 81viaggio di andata, grazie ad un foglietto applicato sulla porta di interconnessione della carrozza con scritto «IIa», mentre al viaggio di ritorno diventano nuovamente di Ia classe: ciò causa confusione tra i passeggeri ed imbarazzo nei controllori che non riescono a spiegare come la medesima carrozza sia di Ia o di IIa classe a seconda del foglietto di carta applicato sulla porta, piuttosto che ai servizi che dovrebbero essere diversi.
Una quota parte non trascurabile del materiale rotabile dei treni del trasporto regionale, non oggetto di interventi di revisione, è ancora dotata di finestrini tradizionali, senza doppi vetri, e con la possibilità di apertura da parte dei viaggiatori; pertanto, in caso di guasto o malfunzionamento degli impianti di climatizzazione, diventa consuetudine che i viaggiatori aprano i finestrini per ottenere un minimo di refrigerio, causando forti correnti d'aria che possono risultare disagevoli per altri viaggiatori.
Il grave problema che, tuttavia, scaturisce da tale situazione è il forte livello di pressione, anche acustico, che si produce nelle gallerie della linea direttissima, in speciale modo durante gli incroci con i treni di alta velocità: un impatto teorico a circa 400 chilometri orari, visto che i treni regionali viaggiano a 160 chilometri orari ed i treni ad alta velocità a 250 chilometri orari, per cui la pressione che si produce in tali circostanze, anche a livello acustico, può essere pericolosa per i viaggiatori e per l'apparato uditivo.
Inoltre, persistono con frequenza e diffusione, su tutti i treni intercity e interregionali transitanti per l'Umbria, problemi riguardanti il funzionamento e il bloccaggio delle porte esterne ed interne delle vetture, che spesso sono causa della soppressione di corse ferroviarie o dei ritardi dei treni e sono motivo di disagio e anche di pregiudizio per la sicurezza attiva e passiva.
L'inadeguatezza funzionale della rete ferroviaria nella regione Umbria e il peggioramento del servizio, sia dal punto di vista quantitativo, per disponibilità di convogli e infrastrutture, sia dal punto di vista qualitativo, in termini di affidabilità e pulizia, crea incertezza e precarietà nei collegamenti tra le diverse aree della regione, con gravi conseguenze sui flussi legati all'economia del territorio, al lavoro e al turismo.
Per quanto concerne l'attività ispettiva della regione Umbria sui servizi di Trenitalia, da un comunicato pubblicato sul portale regionale, relativo alle sanzioni applicate a Trenitalia per inadempienze riguardanti il contratto di servizio, si evince che «la regione è costantemente impegnata a verificare il rispetto degli accordi sottoscritti da Trenitalia per la fornitura dei servizi ferroviari, attraverso un'attenta attività ispettiva e di monitoraggio su puntualità e regolarità dei treni, pulizia, comfort di viaggio e affidabilità». Tuttavia, nessuna autorità regionale ha finora specificato come e da chi sia svolta tale attività e come sia possibile agli utenti chiedere l'intervento di tali ispettori. Di fatto, a quanto consta all'interpellante, è pressoché inesistente un'attività ispettiva sulle inadempienze di Trenitalia, nonché il servizio segnalazione dei disservizi, in Umbria come in molte altre regioni italiane.
Ciò premesso, le chiedo se sia a conoscenza della situazione di emergenza del servizio ferroviario nelle tratte in regione Umbria (sia sulla linea Firenze-Roma, che sulla linea Ancona-Perugia, via Foligno) e dei gravi disagi a cui sono sottoposti giornalmente migliaia di passeggeri, in particolare lavoratori, studenti e turisti, che viaggiano sulla linea che collega le stazioni umbre a tali città; quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza e nei confronti di Trenitalia, per evitare che continuino a verificarsi quei disservizi e malfunzionamenti dei treni denunciati in premessa, accertando lo stato di manutenzione delle vetture impiegate e di conformità delle stesse, adottando ogni utile provvedimento a tutela degli utenti, della loro sicurezza di viaggio e della regolarità del servizio ferroviario; se non ritenga opportuno intervenire presso Trenitalia affinché provveda a garantire alla regione Umbria una sufficiente copertura del territorio in termini di trasporto Pag. 82pubblico, nonché un servizio ferroviario continuativo e non disagevole, con treni adeguati e senza ripetuti e frequenti ritardi, che i passeggeri sono costretti a subire ormai da troppo tempo; quali iniziative di competenza intenda adottare per il potenziamento infrastrutturale delle linee ferroviarie utilizzate dai pendolari, e in particolare delle linee umbre verso la capitale, per l'adeguamento dell'offerta di trasporto pubblico locale, per l'ammodernamento del parco rotabile su gomma, destinando risorse per un serio piano di ristrutturazione delle carrozze e dei servizi ai passeggeri, che metta in condizione i viaggiatori di usufruire di un servizio di trasporto dignitoso ed efficiente; quali iniziative intenda assumere nei confronti di Trenitalia al fine di assicurare, su tutto il territorio nazionale, il pieno rispetto degli standard qualitativi europei in merito a puntualità, affidabilità, affollamento, pulizia, comfort, decoro e informazione e se non ritenga opportuno rivedere e aggiornare il contratto nazionale di servizio con Trenitalia per vincolare la società al rispetto di tali standard qualitativi, condizionando l'assegnazione di ulteriori risorse a Trenitalia all'effettivo ottenimento di miglioramenti nel trasporto ferroviario pubblico.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti, Rocco Girlanda, ha facoltà di rispondere.
ROCCO GIRLANDA, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, gli interpellanti pongono all'attenzione la delicata questione del trasporto ferroviario regionale ed interregionale, evidenziando, con particolare riferimento alle linee che collegano le stazioni umbre alla città di Roma, la scarsa quantità e qualità dei servizi resi.
Come è noto, i servizi ferroviari passeggeri si dividono in servizi a mercato, servizio universale, servizi regionali. Devo opportunamente premettere che buona parte dei treni a cui si riferisce l'onorevole interpellante, in circolazione tra Roma, Umbria, Marche e Toscana, rientrano nel servizio universale, per quanto riguarda i collegamenti di media-lunga percorrenza, e nel trasporto regionale, per quanto attiene al servizio a carattere locale.
I servizi a mercato di media-lunga percorrenza, non essendo oggetto di alcun corrispettivo pubblico, sono effettuati a rischio di impresa e si sostengono esclusivamente con i ricavi da traffico. Le dimensioni e le caratteristiche dell'offerta, quindi, sono determinate da valutazioni commerciali. Rientrano tra i servizi a mercato le Frecce di Trenitalia, Frecciarossa, Frecciargento e Frecciabianca, nonché i treni internazionali e una quota di treni intercity.
Gli intercity di cui si paventa la soppressione, che riguarda, in realtà, molte regioni e non solo la Toscana, fanno parte dell'offerta a mercato. La relativa programmazione, pertanto, è effettuata direttamente da Trenitalia, che per i servizi in questione ha evidenziato uno squilibrio economico pari a circa 29 milioni di euro. Il servizio universale comprende, poi, quei treni di media e lunga percorrenza che per poter essere effettuati necessitano di un corrispettivo, definito nell'ambito di un contratto di servizio, in quanto presentano un conto economico negativo.
Come è noto, infatti, la caratteristica dei treni oggetto del contratto è quella di non essere economicamente sostenibili da parte di Trenitalia e, quindi, i Ministeri contraenti, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministero dell'economia e delle finanze nell'ambito delle risorse di cui dispongono, erogano corrispettivi in coerenza con quanto stabilito nel piano economico-finanziario, anch'esso inserito nel contratto. In tale ambito, pertanto, vengono gestiti sia la programmazione dei servizi contrattualizzati, che comprende, fra l'altro, numero e tipologia dei collegamenti, itinerari e fermate, sia la determinazione delle tariffe applicabili.
Allo stato, la difficoltà di inserire nel perimetro dei servizi contribuiti nuove relazioni è dovuta alla necessità di mantenere le condizioni di equilibrio economico-finanziario Pag. 83del contratto di servizio, anche in assenza di risorse ulteriori rispetto a quelle riservate nel 2012.
Attualmente, la mancata previsione di risorse aggiuntive a quelle sottese al contratto in questione pone difficoltà ad inserire nuove relazioni nel perimetro dei servizi, come anche ad incidere più efficacemente sulla qualità degli stessi.
In ogni caso, considerata la delicatezza delle problematiche poste, tendo ad evidenziare che le competenti strutture del MIT si sono già attivate con l'avvio di un tavolo di confronto con le singole regioni interessate, nell'ambito del quale approfondire, dal punto di vista tecnico, le possibili ipotesi di mantenimento dei servizi ovvero di ottimizzazione degli stessi in relazione alle possibili integrazioni con i servizi a committenza regionale, che sono già esistenti, come anche con quelli in autonomia commerciale svolti da Trenitalia.
Con particolare riferimento agli standard della qualità dei servizi dei collegamenti inseriti in detto contratto, evidenzio che il MIT può incidere, in primo luogo, in termini tariffari sulla base di quanto indicato dal citato atto negoziale. L'articolo 5, infatti, pone a carico della società erogatrice la rilevazione dei valori degli indicatori di qualità, i quali concorrono, unitamente ad altri elementi, alla determinazione dell'incremento tariffario dei servizi che compongono l'offerta sovvenzionata dallo Stato, secondo quanto previsto dall'articolo 10, ai commi 3 e 5.
Inoltre, la puntualità dei collegamenti compresi nel contratto di servizio, qualora non assicurata secondo quanto contrattualmente previsto, contribuisce, unitamente agli altri fattori di qualità, alla determinazione di penali che vanno poi a ridurre l'ammontare delle risorse da versare all'impresa ferroviaria.
Dal canto suo, Ferrovie dello Stato ha evidenziato che tutto il materiale rotabile impiegato da Trenitalia nei servizi di trasporto sull'intera rete nazionale, quindi anche sulle direttrici tra Roma, l'Umbria e la Toscana, è conforme ai requisiti di qualità e sicurezza previsti dalla normativa vigente.
Detto materiale viene regolarmente sottoposto ad operazioni di manutenzione programmata secondo piani manutentivi che ciclicamente si ripetono, in base alla percorrenza chilometrica e/o alla scadenza temporale prevista, con varie fasi di controllo, verifiche e interventi effettuati a livelli differenti, che ne determinano il ciclo di utilizzo.
Il servizio intercity sulla relazione Roma-Perugia-Ancona viene svolto da convogli allestiti con le nuove carrozze della serie 270. Si tratta, nell'ambito del parco intercity, del materiale rotabile di più recente immissione in esercizio dopo un processo di riqualificazione degli impianti e degli arredi, affidato all'industria nazionale del settore.
Tuttavia, Ferrovie dello Stato ha fatto presente che per dette carrozze intercity serie 270 si sono verificati alcuni episodi di malfunzionamento, riconducibili, essenzialmente, alla prima fase della messa in esercizio del materiale rotabile dopo il processo di riqualificazione. Si è reso necessario, pertanto, il ricorso alla pianificazione di interventi di natura tecnica dedicati al superamento di tali problematiche, che consentiranno, progressivamente, il ripristino della piena efficienza dei rotabili di cui trattasi, con conseguente miglioramento della regolarità di marcia dei convogli.
In particolare, per alcuni treni intercity di maggiore criticità che percorrono la linea Roma-Firenze, allestiti con materiale rotabile tradizionale, è stata programmata, a breve, una riorganizzazione del turno manutentivo, che potrà consentire, fra l'altro, un miglioramento netto della qualità del servizio. In ordine agli aspetti della sicurezza, l'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria ha evidenziato che la problematica connessa alla manutenzione dei veicoli ferroviari, e in particolare delle porte dei treni viaggiatori, è stata affrontata dalla medesima anche a fronte del Pag. 84verificarsi di numerosi eventi che hanno visto coinvolti passeggeri in fase di salita e discesa dai treni.
L'Agenzia ha segnalato che, già dal 2008, si è completata l'installazione del dispositivo di «blocco porte», che non consente l'apertura delle porte con il treno in movimento, sull'intera flotta dei treni regionali. L'anno successivo si è, invece, provveduto all'installazione del cosiddetto «blocco temporizzato» sulle carrozze adibite alla media e lunga percorrenza (intercity ed Eurostar city). Nel 2012 è stata, infine, completata la cosiddetta «lateralizzazione» delle porte anche sulle carrozze che erano dotate del solo «blocco temporizzato».
La lateralizzazione realizza una doppia funzione di sicurezza: centralizza il comando di blocco delle porte in cabina di guida e consente al macchinista, in fase di fermata, di sbloccare solo le porte disposte sul lato del treno dal quale si deve svolgere il servizio viaggiatori, consentendo così ai passeggeri di scendere o salire solo dal lato servito dal marciapiede.
La medesima Agenzia, inoltre, con il decreto 5 del 2009 e, successivamente, con il decreto 4 del 2012, ha imposto alle imprese ferroviarie più stringenti e tempestivi obblighi manutentivi e norme per la gestione del degrado in esercizio delle porte, obbligando gli operatori ad un'accelerazione per la messa in sicurezza del sistema «porte» e per il recepimento dei principi sui regolamenti di esercizio.
L'insieme di tali provvedimenti ha portato ad una riduzione degli incidenti legati alle porte nel 2012 del 73 per cento rispetto al 2009. Rimane, però, ancora un margine di incidentalità residua, a cui far fronte attraverso una manutenzione più accurata, il miglioramento della sensibilità dei bordi delle porte, che devono meglio avvertire la presenza di un corpo estraneo in fase di chiusura, e la sensibilizzazione degli utenti, affinché non adottino comportamenti incauti nel tentativo di salire o scendere dai treni, quando questi sono in movimento o si accingono a farlo.
A tal fine, l'Agenzia ha condotto attività di approfondimento degli eventi e attività ispettive e di audit mirate, sul campo, cioè direttamente su treni in esercizio, ma anche all'interno delle officine di manutenzione, finalizzata al controllo dell'efficacia della manutenzione alle porte e alla verifica del completamento degli adeguamenti richiesti. In particolare, sono stati effettuati controlli a campione specifici per la verifica della funzionalità in esercizio del sistema porte dei veicoli dell'impresa ferroviaria Trenitalia. In quest'ultimo caso, attività mirate sono state effettuate sulle tratte Roma-Ancona e Roma-Perugia.
In merito alla questione del livello di pressione che si produce durante gli incroci ai treni alta velocità nelle gallerie della linea direttissima, i limiti di variazione massima della pressione in galleria sono fissati dalla specifica tecnica di interoperabilità per il sottosistema infrastruttura emanata dalla Commissione Europea con decisione 2008/217/CE per le linee alta velocità o 2011/275/UE per le linee convenzionali.
In ordine, poi, agli aspetti infrastrutturali, Ferrovie dello Stato ha precisato che è prevista una serie di interventi lungo la direttrice ferroviaria Orte-Falconara, che costituisce l'asse portante del sistema ferroviario umbro-marchigiano ed assicura il collegamento tra la dorsale Milano-Roma e la linea Adriatica. La linea, interamente elettrificata ed originariamente a semplice binario, è stata oggetto di interventi di potenziamento.
Ad oggi sono stati attivati i seguenti tratti a doppio binario: Orte-Terni (29 chilometri), Campello-Foligno (15,4 chilometri), Fabriano-Posto di Movimento al km 228 e Montecarotto-Jesi-Falconara (26 chilometri), per un totale di 70,4 chilometri, pari a circa il 35 per cento dell'intera linea. Gli interventi per il completamento del raddoppio, articolati in diversi progetti, in relazione al loro stato di attuazione sono previsti nel vigente contratto di programma sottoscritto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete Ferroviaria Italiana.
In merito, infine, ai servizi regionali, che assicurano principalmente la mobilità Pag. 85pendolare, ricordo che questi vengono programmati e gestiti direttamente dalle singole regioni. I rapporti con Trenitalia sono disciplinati da contratti di servizio, nell'ambito dei quali vengono definiti, tra l'altro, il volume e le caratteristiche dei servizi da effettuare, sulla base delle risorse economiche rese disponibili direttamente dalle stesse regioni. Detti contratti fissano, tra l'altro, i relativi standard qualitativi e i meccanismi di penalità da applicare nei casi di eventuali difformità dai parametri contrattualmente stabiliti.
In ogni caso, ferma restante la competenza regionale nell'ambito della programmazione dei servizi di trasporto pubblico locale e dei servizi ferroviari regionali è, tuttavia, evidente la necessità di un coordinamento tra le regioni e lo Stato. In tale ottica, l'articolo 1, comma 301, della legge n. 228 del 2012, nel sostituire l'articolo 16-bis del decreto-legge n. 95 del 2012, ha previsto, a decorrere dal 2013, l'istituzione del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle regioni a statuto ordinario. Tale norma ha, infatti, lo scopo di incentivare le regioni a riprogrammare i servizi secondo criteri oggettivi ed uniformi a livello nazionale, di efficientamento e razionalizzazione, criteri questi definiti con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 marzo 2013, emanato ai sensi del comma 3 del citato articolo 16-bis.
L'applicazione di tali criteri, superando la cristallizzazione dei servizi storici e della spesa storica, consentirà la progressiva rispondenza tra offerta e domanda di trasporto. Tale programmazione sarà diretta ad individuare e ridurre i servizi scarsamente utili e sovrapposti o prodotti con modalità eccessivamente onerosa in relazione alla domanda esistente, secondo i criteri di efficientamento e razionalizzazione di cui all'articolo 16-bis del decreto-legge n. 95 del 2012.
Il MIT, dal canto suo, avrà cura di verificare, anche per il tramite dell'Osservatorio istituito ai sensi dell'articolo 1, comma 300, della legge n. 244 del 2007, che la regione stia procedendo, secondo i criteri indicati dal citato articolo 16-bis, alla riprogrammazione dei servizi per ovviare alle criticità riscontrate dall'utenza. La verifica è diretta a ripartire tra le regioni a statuto ordinario le somme stanziate sul fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale con la previsione, qualora la regione non esegua tale efficientamento e razionalizzazione, di una penalizzazione corrispondente ad una riduzione, nel limite massimo del 10 per cento, delle risorse ad essa destinate.
Ricordo, da ultimo, che il disegno di legge di stabilità 2014 (Atto Senato n. 1120), all'esame del Parlamento, oltre alle risorse di cui al predetto Fondo nazionale, dispone l'incremento del Fondo per il miglioramento della mobilità dei pendolari, pari a 100 milioni di euro, per ciascuno degli anni del triennio 2014-2016, da destinare all'acquisto di materiale rotabile su gomma, e a 200 milioni di euro, per l'anno 2014, da destinare all'acquisto di materiale rotabile ferroviario.
Assicuro che il Mit continuerà a vigilare, con rinnovato impegno, affinché vengano garantiti collegamenti adeguati ed efficienti. Sono stati a tal fine già istituiti appositi tavoli tecnici con i soggetti interessati e ricordo, inoltre, che è stata indetta per oggi una riunione in seduta straordinaria della Conferenza unificata per le ulteriori iniziative da assumere nel settore del trasporto pubblico locale.
PRESIDENTE. La deputata Galgano ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
ADRIANA GALGANO. Signor Presidente, io mi dichiaro soddisfatta dell'approfondimento con cui il sottosegretario mi ha risposto; ovviamente non sono soddisfatta delle risposte. Il Paese ha obiettivamente un grossissimo problema, perché è chiaro che, dove il servizio è così scadente, i servizi di mercato non andranno mai in attivo, per il semplice fatto che le persone non sono spinte ad utilizzarli.
Quindi, è un cane che si morde la coda ed è chiaro che occorre ripensare la modalità Pag. 86con cui funziona il servizio a mercato. Ora, questa interpellanza rappresenta un primo passo verso un impegno, che io assicuro alla mia regione, di vigilanza e di continuo stimolo al Governo perché questa situazione migliori. Prendo atto delle maggiori risorse che sono state messe a disposizione del trasporto ed anche dell'attività di vigilanza che intendete fare e da parte mia assicuro tutto l'impegno per continuare a monitorare e a stimolare.
(Chiarimenti in merito alla compensazione a favore dei comuni della prevista soppressione della seconda rata IMU sull'abitazione principale e ai criteri di ripartizione del fondo di solidarietà comunale 2013 – n. 2-00310)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Giancarlo Giorgetti n. 2-00310, concernente chiarimenti in merito alla compensazione a favore dei comuni della prevista soppressione della seconda rata IMU sull'abitazione principale e ai criteri di ripartizione del fondo di solidarietà comunale 2013 (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo al deputato Busin se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario o se si riservi di intervenire in sede di replica.
FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, sì, grazie. Mi lasci in questa occasione stigmatizzare l'atteggiamento del Governo nei confronti degli enti locali periferici, in particolar modo dei comuni, che è non solo in totale spregio dei principi a noi cari di federalismo ed autonomia fiscale, ma anche più in generale dello Stato di diritto. I comuni infatti sono lasciati soli e nella totale incertezza normativa fiscale, al punto che sono stati autorizzati – non per loro mancanze, ma per l'inerzia di questo Governo – a redigere il bilancio preventivo del 2013 entro la data del 30 novembre di quest'anno, in molti casi presumo in contemporanea con l'approvazione del bilancio di assestamento.
Questo è grave in quanto questo atteggiamento umilia gli amministratori locali e aumenta le distanze tra lo Stato centrale e gli enti di Governo periferici e la distanza tra il cittadino stesso e lo Stato.
Bisogna ricordare infatti che viene data la possibilità, con il bilancio preventivo e quindi entro il 30 novembre, di approvare le nuove tariffe e le nuove aliquote dei tributi locali e dopo la pubblicazione viene lasciato il tempo di appena cinque giorni lavorativi ai contribuenti per adempiere ai pagamenti. Ma non solo questo: con questa decisione è stata completamente disattesa la promessa fatta con il decreto-legge n. 54, quello approvato a giugno, che sospendeva la prima rata dell'IMU, di rivedere in modo più preciso l'articolazione e la definizione della potestà impositiva dei vari enti, rendendo certi i tributi per singolo livello di governo dello Stato, rendendo certo l'ammontare e definendo in modo preciso i tempi in cui avrebbero acquisito questo gettito. Questo avrebbe assicurato la responsabilizzazione degli amministratori locali secondo il principio federalista del vedo, pago e voto, proprio in considerazione del fatto che – e lo abbiamo saputo da pochi giorni – una quota considerevole dell'IMU, del 30,7 per cento dell'IMU e la parte di IMU di spettanza dei comuni, non di quella quindi (impropriamente chiamata imposta municipale) destinata direttamente allo Stato, quindi una quota del 30,7 per cento di questa IMU va ad alimentare il fondo di solidarietà comunale, che poi viene ripartito secondo i criteri decisi dallo Stato in modo oserei dire quasi arbitrario.
Tale quota infatti è stata definita solo in questi ultimi giorni sulla base di determinati criteri e comunicata ai comuni stessi dal Dipartimento delle finanze del Ministero dell'interno, appunto da pochi giorni, secondo criteri totalmente oscuri e non trasparenti, che non consentono ai comuni di fare un calcolo in autonomia di questa cifra e quindi di programmare meglio la loro attività amministrativa.
Molti enti locali, in conseguenza di questo, anche in Veneto hanno scoperto con disappunto ed anche con molta preoccupazione, Pag. 87ad appena tre settimane dall'ultima data di approvazione dei bilanci preventivi, che tale quota è pari o maggiore al complesso delle risorse loro spettanti sul fondo di solidarietà, così da vedersi azzerare o addirittura – e questo è paradossale – chiedere la restituzione di parte delle risorse del medesimo fondo.
Vi comunico che molti comuni, in conseguenza di questo, non saranno in grado di chiudere i loro bilanci e questo li preoccupa molto e secondo me dovrebbe preoccupare molto anche il Governo; a fronte anche del fatto che, in soli sette anni, il contributo finanziario dei comuni al risanamento della finanza pubblica ammonta a ben 16 miliardi di euro, più di 8 miliardi e mezzo in termini di inasprimento del Patto di stabilità, a valere, quindi, sugli investimenti da parte di capitale, e circa 7 miliardi e mezzo in termini di riduzione dei trasferimenti. Si chiede, in considerazione di questo, di sapere se e a quanto ammonterà la compensazione IMU a favore dei comuni per le prime abitazioni di cui si sente parlare proprio in questi giorni, ma di cui non si ha ancora certezza, e con quali criteri sono state definite le risorse a favore dei comuni a valere sul Fondo di solidarietà comunale del 2013, in particolar modo per i comuni del Veneto che si sono visti tagliare o azzerare tali trasferimenti. E, a tal riguardo, chiediamo, ovviamente, che siano rivisti questi criteri e siano riviste queste quote per i motivi che ho esposto prima.
Da ultimo, a seguito dell'approvazione del decreto-legge n. 102 del 2013, si chiede anche di sapere quando verrà emanato e su quali criteri verrà effettuato il riparto per quei comuni che hanno assimilato le abitazioni concesse in comodato d'uso gratuito ai figli o ai genitori a prima abitazione, in ragione anche dell'elevato numero di enti che in questi mesi stanno aderendo, senza però avere le quantificazioni precise, a tale possibilità normativa.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Gianpiero Bocci, ha facoltà di rispondere.
GIANPIERO BOCCI, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, nel rispondere all'interpellanza dell'onorevole Giorgetti, voglio innanzitutto ricordare che, per le specificità dei quesiti posti, sono stati richiesti elementi di riscontro anche al Ministero dell'economia e delle finanze che, com’è noto, assume mirate iniziative per conseguire la riduzione dell'indebitamento, il miglioramento dei saldi di finanza pubblica e il raggiungimento degli obiettivi del Patto di stabilità interno, nel quadro del programma di risanamento finanziario. In tale contesto, il Governo è intervenuto più volte per consentire, da un lato, il mantenimento di efficaci limiti alla spesa complessiva degli enti locali e, dall'altro lato, per attenuare alcuni effetti limitativi dell'operatività dei servizi resi dagli stessi enti, spesso costretti ad affrontare una prolungata situazione straordinaria di contenimento della disponibilità di cassa.
Per corrispondere a tali esigenze, il Ministero dell'interno ha adottato due decreti con i quali è stato ripartito un contributo di 330 milioni di euro per l'anno 2013 e di 270 milioni di euro per l'anno 2014 a favore dei comuni, in proporzione alle stime di minor gettito di imposta municipale propria relativa a immobili posseduti dagli stessi enti, e un contributo di 2 miliardi 302 milioni di euro a titolo di rimborso per minor gettito IMU della prima rata dell'anno 2013. Entrambi hanno trovato immediata applicazione, avendo il Ministero dell'interno provveduto ad effettuare i pagamenti delle singole quote spettanti a ciascun comune lo scorso mese di ottobre.
Inoltre, con la Conferenza Stato-città e autonomie locali, che aveva pure espresso il parere favorevole in merito ai testi dei due predetti decreti, è stato raggiunto un accordo in merito al contenuto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che stabilisce i criteri di formazione e di riparto del nuovo Fondo di solidarietà comunale, a decorrere dall'anno 2013, quantificato in circa 7 miliardi di euro.
Vengo ora ai singoli quesiti posti dagli onorevoli interpellanti. Sulla questione relativa Pag. 88alla seconda rata IMU, il Ministero dell'economia e delle finanze ha comunicato che vengono valutate alcune proposte emendative che prevedono la cancellazione del versamento per le sole abitazioni principali, pertinenze e assimilabili. La norma dovrà contenere l'indicazione di un nuovo equivalente contributo a ristoro del minor gettito IMU. Pur trattandosi di modifiche normative ancora in fase di definizione, si può ritenere che tutti i successivi adempimenti non dovrebbero comportare perdite significative di gettito tributario per i comuni.
Per quanto riguarda, invece, il Fondo di solidarietà comunale 2013, risulta che soltanto una percentuale assai limitata di comuni si trova nella situazione particolare di dover restituire una parte di somme allo Stato, avendo comunque precedentemente percepito acconti superiori rispetto a quanto effettivamente spettante per l'intero anno. Si tratta di poco più di 150 comuni, tenuti a restituire complessivamente un importo totale di circa 45 milioni di euro (corrispondente allo 0,65 per cento dell'intero Fondo di solidarietà).
Sono stati registrati, invece, alcuni casi per i quali il gettito IMU ad aliquota standard è risultato superiore al livello di trasferimenti erariali soppressi. Si tratta di 309 comuni obbligati a corrispondere 169 milioni di euro, pari al 3,59 per cento della quota IMU di alimentazione del Fondo di solidarietà, in applicazione della clausola di salvaguardia prevista dalla legge di stabilità 2013.
Relativamente al gettito IMU, il Ministero dell'economia e delle finanze ha evidenziato che la stima è stata effettuata sulla base delle risultanze della verifica del gettito IMU 2012, tenendo conto anche delle modifiche normative previste per il 2013, quali le variazioni dei moltiplicatori per gli immobili di categoria «D» e le modifiche delle riserve erariali.
Al riguardo, sono state presentate alcune proposte emendative al disegno di legge di stabilità che prevedono la necessità di procedere, entro il mese di marzo 2014, a una verifica del gettito IMU 2013, in particolare per ciò che riguarda i fabbricati di categoria «D». Tale verifica – secondo il predetto Dicastero – potrebbe rappresentare la sede idonea per eventuali modifiche alle stime di gettito dell'IMU 2013.
Ricordo ancora che è già stato avviato l’iter per il decreto del Ministro dell'interno con il quale si dovrà provvedere al ristoro dell'ulteriore minor gettito IMU, derivante ai comuni che provvederanno ad equiparare all'abitazione principale le unità immobiliari e relative pertinenze concesse in comodato a parenti in linea retta entro il primo grado ed utilizzate come abitazione principale.
Peraltro, il termine per decidere di avvalersi di tale opzione, attraverso la modifica dei regolamenti comunali, non è ancora scaduto, essendo coincidente con quello dell'approvazione del bilancio di previsione, prorogato, come noto, al 30 novembre 2013. Solo dopo tale scadenza, pertanto, si potrà procedere alla completa ricognizione degli enti che avranno esteso il trattamento fiscale assai più favorevole, derivante dalla predetta equiparazione, e dunque sarà anche possibile stimare l'importo da attribuire ai singoli comuni a titolo di ristoro.
Per quanto riguarda, infine, la necessità, segnalata dagli onorevoli interpellanti, che vengano resi noti tempestivamente i dati riferiti alle singole quote delle risorse del Fondo messe a disposizione di ciascun comune, si osserva che tali notizie sono consultabili sia sul sito della Conferenza Stato-città che, in particolare, sul sito della Direzione centrale per la finanza locale del Ministero dell'interno.
PRESIDENTE. Il deputato Busin ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Giancarlo Giorgetti n. 2-00310, di cui è cofirmatario.
FILIPPO BUSIN. Signor Presidente, io apprezzo il dettaglio e l'esaustività con cui mi sono stati forniti questi dati, che non conoscevo nel dettaglio, però, sono assolutamente insoddisfatto e rimango ancora della mia posizione, e, cioè, di grande preoccupazione per i comuni che devono Pag. 89restituire somme anche ingenti. Infatti, le somme dette nel totale fanno un certo effetto, però, sappiate che certi comuni di non grandissime dimensioni devono restituire anche cifre superiori al milione di euro, e queste somme non sono nelle loro disponibilità. Quindi, ribadisco la mia insoddisfazione. Vorrei portare anche la rabbia e la preoccupazione degli enti locali, che si vedono completamente trascurati e lasciati nell'incertezza più totale, che, fra l'altro, è stata ribadita in modo indiretto anche dalla risposta del sottosegretario.
(Intendimenti del Governo in ordine all'adozione di decreti legislativi in materia di reclutamento, organi collegiali, stato giuridico e trattamento economico del personale della scuola – n. 2-00312)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Luigi Gallo n. 2-00312, concernente intendimenti del Governo in ordine all'adozione di decreti legislativi in materia di reclutamento, organi collegiali, stato giuridico e trattamento economico del personale della scuola (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo alla deputata Chimienti se intenda illustrare l'interpellanza di cui è cofirmataria o se si riservi di intervenire in sede di replica.
SILVIA CHIMIENTI. Signor Presidente, gentile sottosegretario, durante il lungo e approfondito esame del cosiddetto decreto istruzione in Commissione cultura, così come in Aula, ci è stato più volte ripetuto da esponenti del Governo e dei partiti di maggioranza, che il tema del reclutamento dei docenti non poteva essere oggetto degli interventi emergenziali e circoscritti propri di un decreto-legge ma che, data la sua portata e l'enorme complessità della questione, avrebbe dovuto necessariamente essere oggetto di accurata analisi e di un proficuo dialogo tra le varie forze parlamentari. Molti esponenti dei vari gruppi hanno votato negativamente i nostri emendamenti in tema di graduatorie e reclutamento docenti, trincerandosi dietro alla giustificazione che un tema così delicato meritasse uno studio complesso e articolato, un confronto ampio e una condivisione tale da consentire di tenere conto di tutte le criticità del sistema, per evitare interventi spot e gli errori delle politiche delle toppe del passato.
Ebbene, questa auspicata dialettica diventerebbe lettera morta se, come sembra, il Ministro sta lavorando in silenzio a un disegno di legge collegato alla legge di stabilità che delegherebbe il Governo ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per il riassetto e la codificazione delle disposizioni vigenti in materia di istruzione, università e ricerca. Su quali temi, ci siamo chiesti ?
Scorrendo i punti che il collegato dovrebbe affrontare siamo rimasti basiti. Al primo posto ci sarebbe proprio una riforma organica del sistema di reclutamento del personale docente, esattamente il tema di cui avremmo dovuto occuparci tutti insieme, confrontandoci alla luce del sole, scambiandoci le idee e le nostre visioni del mondo della scuola, ascoltando la voce dei docenti, delle associazioni, delle varie parti sociali, cioè di chi, nel mondo della scuola, lavora e vive ogni giorno. Ebbene, tutti questi propositi, a quanto sembra, restano solo un meraviglioso libro dei sogni, visto che lo strumento del disegno di legge collegato prevederebbe, nella migliore tradizione di questo Governo, un'incursione, sotto forma di delega al potere esecutivo, che sarebbe dunque sottratta a qualsiasi consultazione, a qualsiasi dibattito parlamentare, su temi quali la democrazia scolastica, lo status giuridico dei docenti, il reclutamento e il trattamento economico del personale scolastico.
Prassi parlamentare vuole che la discussione sui collegati passi necessariamente in subordine e venga normalmente sottratta al dibattito dell'Aula e delle Commissioni competenti. Attraverso lo strumento della delega, infatti, il Governo chiede sostanzialmente di legiferare al posto del Parlamento, ma ciò dovrebbe accadere, Pag. 90se strettamente necessario, quando si è già costruita una visione condivisa, e la maggioranza è coesa; mentre anche dalla discussione in Commissione del cosiddetto decreto scuola, ci siamo resi conto del fatto che non esiste affatto una visione condivisa e consapevole della direzione da imprimere ad una eventuale riforma globale del settore scolastico.
Quanto al secondo punto, che dovrebbe essere trattato dal collegato, la riduzione delle attuali funzioni degli organi collegiali della scuola a meramente consultive significherebbe, in poche parole, esautorarli da qualsivoglia potere e trasferire ogni facoltà decisionale nelle mani del dirigente scolastico. Questo intervento, oltre a configurare una palese deriva personalistica e accentratrice, sconfesserebbe del tutto l'attuale normativa, approdando a una definitiva rinuncia al principio democratico della collegialità che, fin dai decreti delegati n. 416 e n. 417 del 1974, tuttora vigenti, è sottoposto a fondamento irrinunciabile per il corretto e regolare funzionamento delle nostre scuole. Come ha giustamente denunciato, tra gli altri, anche Marina Boscaino sul Fatto Quotidiano, con questa misura si eliminerebbe qualsiasi spazio di democrazia e di partecipazione all'interno della scuola, privandola per sempre di pensiero divergente, pluralismo, laicità; destituendo di qualsiasi credibilità il senso dell'autonomia scolastica, che dovrebbe coincidere con la libertà di insegnamento.
Per quanto attiene al reclutamento del personale scolastico, il collegato prevederebbe, poi, il ricorso al corso-concorso per l'accesso all'insegnamento presso le istituzioni scolastiche. Cosa sottende, sottosegretario, l'utilizzo di termini così generici ? Una procedura identica a quella già messa in atto con i tirocini formativi attivi, e dunque tanto dispendiosa quanto inutile ? Oppure, come ventilato da alcuni sindacati in questi giorni, addirittura una possibile virata verso la cosiddetta chiamata diretta degli insegnanti da parte del dirigente scolastico, strada che l'ex deputata Valentina Aprea aveva tentato di imboccare in veste di assessore all'istruzione della regione Lombardia e che aveva visto la ferma e unanime opposizione di tutte le categorie del mondo della scuola.
E ancora, la previsione di una precisa definizione dei rapporti tra le diverse fonti di disciplina pubblicistica e negoziale permetterà poi al Governo di intervenire, senza alcuna mediazione, sul contratto di lavoro di docenti e ATA. Si tratterebbe della definitiva privatizzazione del rapporto di lavoro, con l'eliminazione di ogni autonomia professionale e la totale subordinazione disciplinare, ancora una volta, alla discrezionalità dei dirigenti scolastici.
Passando alle misure per la ricerca, leggiamo poi con sgomento di una non meglio precisata incentivazione di finanziamenti privati per le università e di una riduzione del numero di figure di ricercatori e assegnisti. Per un attimo abbiamo pensato di essere stati catapultati indietro nel tempo e di essere stati trasportati ai tempi delle sciagurate riforme Gelmini. Ricorderete bene quei giorni, in cui i movimenti studenteschi sono scesi in tutte le piazze d'Italia per gridare a gran voce il loro dissenso e per lottare con tutte le loro forze contro la privatizzazione delle università e contro i tagli lineari. Ebbene, perché quasi cinque anni dopo il Ministro Carrozza, che ha parlato sin dall'inizio di un'inversione di marcia, ci tiene così tanto a ricalcare le orme di chi, nell'intera storia repubblicana, si è rivelato essere il suo peggior predecessore ?
Il Ministro in questi giorni ha parlato di una bozza del tutto superata, ma noi manifestiamo viva preoccupazione per il fatto che sia stato anche solo possibile avviare una riflessione sulla riforma del mondo della scuola partendo da questi discutibilissimi presupposti. Ed è per questo che chiediamo urgentemente chiarimenti e contestualmente rivolgiamo un appello accorato: il Governo non ricada negli errori del passato continuando a legiferare in totale discrasia con le istanze fortissime di cambiamento di rotta dei cittadini e del Parlamento. Il Ministro renda partecipi le Camere, i cittadini e tutti i gruppi parlamentari delle decisioni che riguardano il futuro della scuola pubblica. Pag. 91Il MoVimento 5 Stelle vuole offrire il suo contributo su questo tema fondamentale: consentiteci di farlo.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Gianluca Galletti, ha facoltà di rispondere.
GIAN LUCA GALLETTI, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, il tema del riordino della disciplina in materia di istruzione, università e ricerca è da tempo allo studio del Governo, che lo ha già sottoposto all'attenzione del Parlamento. Nelle dichiarazioni programmatiche rese alle Commissioni riunite Cultura e Istruzione di Camera e Senato, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha segnalato l'opportunità di delegare il Governo a semplificare la relativa disciplina attraverso lo strumento della codificazione, con testi unici.
Coerentemente con questa proposizione, il disegno di legge recante misure di semplificazione degli adempimenti per i cittadini e le imprese e di riordino normativo, attualmente all'esame del Senato, prevede all'articolo 33 una delega legislativa per l'emanazione di norme di semplificazione e sviluppo nelle suddette materie. L'esigenza di riordino deriva sia da una preoccupazione inerente alla manutenzione del tessuto normativo, che nelle materie indicate è caratterizzato da frammentarietà e dispersione delle disposizioni tra diversi atti normativi, sia da obiettivi di semplificazione e rilancio, che suggeriscono la correzione di alcune disposizioni sostanziali vigenti.
Come ulteriore segnale di attenzione al tema, il Governo ha intenzione di proporre al Parlamento un ulteriore disegno di legge in materia, anche sulla base delle indicazioni emergenti dalla discussione parlamentare fin qui svolta con riferimento al disegno di legge citato, nonché sulla base degli atti di indirizzo ricevuti dal Parlamento, in particolare, in occasione della conversione del decreto-legge n. 104 del 2013.
Un primo testo al quale fa riferimento l'interpellanza è stato oggetto di confronto nelle sedi tecniche, ma non è stato discusso dal Consiglio dei Ministri. Uno schema di disegno di legge sarà invece esaminato in una delle prossime riunioni del Consiglio dei Ministri. Esso riguarderà soltanto la materia universitaria e prevederà una delega legislativa solo per l'elaborazione di un testo unico in materia. Non si tratterà di un disegno di legge collegato alla legge di stabilità, ma di una normale iniziativa legislativa, che è lo strumento con il quale il Governo deve normalmente sottoporre le sue proposte al Parlamento per un esame approfondito.
Posso quindi rassicurare l'onorevole interpellante sul fatto che il Governo non ha alcuna intenzione di ledere le prerogative del Parlamento. Posso rassicurarlo anche sul fatto che, ferma restando la necessità di un intervento legislativo, è intenzione del Ministero coinvolgere tutte le categorie interessate nel processo di formazione delle future decisioni. Nel settore della scuola, si procederà con un'ampia consultazione prima di presentare un disegno di legge di riforma.
Il riordino della disciplina può essere operato senza costi, ma, come osservato dall'interpellante, per un rilancio dell'istruzione e dell'università servono risorse. Al riguardo, vorrei ricordare che, in una difficilissima congiuntura economica come quella attuale, il Governo ha mostrato una grande attenzione per questo settore, al quale ha dedicato anche rilevanti risorse economiche. Mi limito a segnalare quelle previste dal decreto-legge n. 69 del 2013 (cosiddetto «decreto del fare»), che ha stanziato 450 milioni di euro per l'edilizia scolastica; quelle previste dal decreto-legge n. 104 del 2013, che a regime ammontano a 450 milioni di euro; e quelle previste dal disegno di legge di stabilità, che sarà all'esame di questa Camera nelle prossime settimane e che prevede, tra l'altro, lo stanziamento di 150 milioni di euro aggiuntivi per il Fondo di finanziamento ordinario delle università e 80 milioni di euro per i policlinici universitari, Pag. 92oltre al consueto stanziamento per le scuole paritarie, pari a 220 milioni di euro.
PRESIDENTE. Il deputato Luigi Gallo ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza n. 2-00312.
LUIGI GALLO. Signor Presidente, signor sottosegretario, siamo parzialmente soddisfatti per il motivo che il sottosegretario Galletti dimostra che non si è più nella volontà di creare un collegato alla legge di stabilità, che era una legge delega. Resta comunque la volontà di intervenire con un disegno di legge che, diciamo, ha una più ampia possibilità di dibattito parlamentare e un confronto anche quindi con i cittadini, con le parti. Quindi apprezziamo, ma restiamo preoccupati, diciamo, naturalmente sugli indirizzi che possono avere questi disegni di legge che attualmente sembrano interessati solo all'università. Allora in questa fase forse è opportuno sollevare delle prime criticità, dei primi dubbi, così il confronto può iniziare.
Credo che, almeno dalle indiscrezioni, si voglia intervenire sullo stato giuridico dei docenti e quindi dei professori delle università, sui salari, una riforma degli organi collegiali anche delle università e sul reclutamento e le carriere dell'università, sui finanziamenti, le tasse, l'autonomia e i regolamenti degli atenei.
Allora, allo stesso tempo noi osserviamo che nelle università in questi mesi si decide di non stanziare adeguate risorse, di smantellare un sistema universitario che dovrebbe offrire un servizio il più possibile omogeneo sul territorio italiano e infatti si decide, attraverso i criteri di premialità, di accentuare la competizione non per garantire un sistema virtuoso che migliori le università che funzionano male, ma che spinge alcune università a chiudere penalizzando i territori e gli studenti che quest'anno ricevono i più bassi fondi della storia della Repubblica italiana per il diritto allo studio e quindi non garantendo loro di rivolgersi agli atenei che vogliono.
Allora queste criticità sull'università restano perché noi abbiamo letto che nella bozza di questa legge delega c'era l'incentivazione di finanziamenti privati per l'università anche con maggiore libertà di spesa, così come la semplificazione del finanziamento privato di posti di docente.
Allora, cari professori, cari ricercatori, cari studenti, il vero motivo per cui questo Governo non investe adeguatamente risorse nel Fondo di finanziamento ordinario degli atenei, il vero motivo per cui la nostra legge di iniziativa parlamentare che vuole ridurre mediamente i contributi universitari a carico degli studenti è insabbiata e osteggiata in Commissione cultura, è uno solo: il Ministro dell'istruzione vuole rendere ineluttabile la contribuzione privata alle università, così gli atenei si troveranno davanti a un bivio, o chiuderanno i battenti o accetteranno le ingerenze dei privati nell'università pubblica.
E noi cittadini, ad un disegno così meschino, ci opporremo senza risparmiare risorse: di questo avvertiamo.
Alcuni atenei del Sud, che iniziano a scontare queste misure, l'hanno capito, e non ci stanno, sottosegretario. Non si attenda accorati appelli strappalacrime: qui il Sud ha smesso di chiedere l'elemosina. Ci sono stati, o ci sono carrozzoni; ci sono degli sprechi, delle inefficienze. Bene: perseguiamo i responsabili, facciamo nomi e cognomi; è finita l'epoca dove devono pagare le colpe di pochi, tutti. Perché quando si prosciuga l'acqua, restano feroci caimani, o baroni, capaci di fare piazza pulita di carne fresca negli atenei.
Non vogliamo ripercorrere una strada già vista. Ci sono degli elementi nuovi anche forniti dal Commissario Carlo Cottarelli, che è ex uomo del Fondo monetario internazionale, a cui il signor Letta ha dato le chiavi del Governo direttamente in mano, senza aver bisogno della troika che dall'alto ci monitora: gli diamo direttamente le chiavi. Perché nella redazione del programma di lavoro del Commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica, si prevedono per l'università i seguenti interventi di riduzione di spesa pubblica: si parla di finanziamento universitario Pag. 93e si parla di fondi per la ricerca. Quindi anche qui sarebbe necessario – sicuramente non in questa sede, in un'altra sede – chiarire quali sono le strade che si vogliono intraprendere.
Noi ricordiamo semplicemente che nel 2009 è nata spontaneamente l'Onda anomala, una mobilitazione studentesca contro l'attacco all'università. Successivamente, da quella esperienza, la democrazia diretta ha portato nel programma del MoVimento 5 Stelle un punto fondante: l'abrogazione della legge Gelmini. Nel 2012 lo tsunami ha condotto i cittadini in Parlamento: e adesso non resteranno sicuramente a guardare, se ci sarà un'aggressione all'università.
(Chiarimenti e iniziative in merito alle misure di razionalizzazione e di revisione della spesa, anche con riferimento ai fabbisogni e ai costi standard – n. 2-00286)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Gelmini n. 2-00286, concernente chiarimenti e iniziative in merito alle misure di razionalizzazione e di revisione della spesa, anche con riferimento ai fabbisogni e ai costi standard (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo all'onorevole Gelmini se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
MARIASTELLA GELMINI. Signor Presidente, da tempo si discute della necessità e dell'urgenza di una forte riqualificazione della spesa pubblica, ma dalla precedente legislatura il Governo ha cercato di mettere in atto finalmente una serie di misure che andasse nella direzione di un taglio di qualità della spesa pubblica improduttiva. È entrato nel nostro vocabolario il termine spending review, e soprattutto si è cercato di contemperare la necessità da un lato di ridurre, di razionalizzare, di riqualificare la spesa pubblica, e dall'altro quello di superare il criterio della spesa storica.
I risultati conseguiti dai nuclei di analisi e valutazione della spesa sono stati utilizzati ai fini dell'elaborazione del rapporto triennale sulla spesa delle amministrazioni dello Stato presentato alle Camere per la prima volta nell'agosto 2012. Questo rapporto triennale individua una spesa cosiddetta aggredibile, e quantificata in circa 295 miliardi di euro. Contemporaneamente è stata prevista la nomina del Commissario straordinario per la spending review: se ne sono successivamente occupati da Piero Giarda a Enrico Bondi, all'ex Ragioniere generale dello Stato Mario Canzio, e poi oggi fino ad arrivare a Carlo Cottarelli.
Ma nonostante i molti studi, gli approfondimenti, i dossier, le nomine dei responsabili, le misure messe in atto fino ad ora hanno raramente inciso in termini significativi sulla spesa pubblica improduttiva. Il gruppo di lavoro di Bondi aveva comunque censito circa 60 miliardi dei 136 destinati all'acquisto di beni e servizi intermedi, e aveva riscontrato eccessi di spesa nell'ordine del 25-40 per cento.
D'altra parte, la spesa pubblica italiana è un unicum mondiale dove, su 807 miliardi di euro totali, oltre 330 sono destinati a oneri sul debito e a pensioni; la manovrabilità è limitata, ma sulla carta in tempi brevi sono ritenuti aggredibili almeno 100 miliardi, e la sanità è il principale comparto nel quale si possono individuare, attraverso l'applicazione di costi standard e fabbisogni standard, migliori impieghi della spesa pubblica e probabilmente anche risparmi, possibili addirittura migliorando la qualità.
Venendo al tema appunto dell'applicazione dei costi e dei fabbisogni standard, si parla oggi del federalismo fiscale come di una riforma fallita, in realtà a me pare che abbiamo accumulato ritardi importanti nell'attuazione di questa riforma e c’è sempre poca convinzione, poca determinazione nel fare in modo che il costo e il fabbisogno standard orienti la spesa in moltissimi comparti dello Stato. Allora, la domanda è: quali sono le misure, gli interventi che il Governo intende porre in atto o ha già posto in atto per fare in modo che si passi dalla teoria alla pratica, dalla illustrazione dei benefici derivanti Pag. 94dall'applicazione appunto dei fabbisogni e costi standard anche in termini di trasparenza e di minor corruzione e di maggiore possibilità di verifica da parte dei cittadini dell'operato delle pubbliche amministrazioni a tutti i livelli, appunto il passaggio alla concretizzazione di questo percorso che ha visto anche recentemente, nella Conferenza Stato-regioni, una presa di posizione precisa da parte del presidente della regione Lombardia, Roberto Maroni, che ha lamentato una non convinzione, mancati passi avanti appunto nella volontà di creare maggiore trasparenza, ma anche un utilizzo del denaro più corretto e più verificabile da parte dei cittadini.
Il contraltare di questo ritardo che stiamo accumulando nel taglio alla spesa pubblica e nella sua riqualificazione lo vediamo poi dal punto di vista delle tasse, non a caso anche recentemente l'Italia si è confermata praticamente ultima in Europa per il carico fiscale: siamo al centotrentottesimo posto su 189 Paesi interessati, secondo il rapporto Paying Taxes del 2014. Allora è chiaro che si fatica successivamente se non si fa un accordo nel rivedere la spesa pubblica e ridurre in maniera significativa il cuneo fiscale piuttosto che addebitare nuove tasse ai cittadini, in particolare sulla prima casa. Certamente i risultati della spending review in buona parte dipenderanno anche dal piano di lavoro consegnato la settimana scorsa a palazzo Chigi e in discussione in questi giorni. È stato annunciato che verranno tagliati 32 miliardi, cioè due punti di PIL, ma in tre anni, l'importo dunque cala a un più modesto 0,7 per cento annuo di PIL e si è scoperto che nel 2014 la riduzione è di 1 miliardo e mezzo. Allora, su circa 800 miliardi di spesa pubblica, 1 miliardo e mezzo di taglio sono veramente poca cosa, un'inezia di fronte agli aumenti fiscali che nel frattempo si stanno verificando.
Allora, la domanda che rivolgo al Governo è quali siano stati ad oggi i risultati dell'attività di monitoraggio e di revisione dei fabbisogni dei costi standard delle funzioni e dei servizi resi dalle regioni e dagli enti locali, quali siano le misure che il Governo intende mettere in campo per addivenire ad una precisa individuazione delle spese improduttive e degli sprechi che purtroppo determinano poi aumenti di tasse e quindi quali possano essere invece gli effetti in termini di riduzione della pressione fiscale, alla luce dei risparmi di spesa previsti per il prossimo triennio.
Favorire, quindi, una maggiore qualità della spesa pubblica e un'allocazione più efficiente delle risorse deve necessariamente procedere di pari passo con quello che deve essere l'obiettivo della politica e delle istituzioni, ovvero quello, attraverso una riduzione della pressione fiscale grazie alla spending review, di favorire finalmente una crescita dell'economia e, quindi, la possibilità di agganciare lo sviluppo e non una fase di recessione, o l'accompagnare semplicemente politiche che sono di declino per il nostro Paese.
Crediamo che il tema della spending review e anche tutti gli studi e gli approfondimenti fatti oggi abbiano la possibilità di individuare scelte e misure precise che possono aiutare l'Italia ad abbassare la pressione fiscale.
Quindi, chiediamo al Governo ragione del suo operato e quali possano essere gli ulteriori passi in avanti in questa direzione.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Alberto Giorgetti. ha facoltà di rispondere.
ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, con riferimento alla riduzione della pressione fiscale conseguente alla realizzazione dei risparmi di spesa, si fa presente che, oltre a quelli già definiti dal disegno di legge di stabilità, circa 3 miliardi nel 2015 e 7 miliardi nel 2016, altri risparmi dovrebbero derivare dal processo di revisione della spesa.
A decorrere dal 2017, tale processo dovrà determinare risparmi pari ad almeno 10 miliardi, secondo quanto indicato all'articolo 10, comma 35, del medesimo provvedimento. Nell'eventualità che si realizzassero risparmi di spesa di ammontare Pag. 95inferiore, il mancato risparmio verrebbe compensato da variazioni di aliquote d'imposta e dalla riduzione di agevolazioni e detrazioni fiscali. Ai sensi della citata disposizione, tali risorse sono state attualmente contabilizzate tra le maggiori entrate.
Qualora detti obiettivi di risparmio di spesa fossero pienamente conseguiti, si potrebbe ottenere un ulteriore calo della pressione fiscale – già attualmente prevista in riduzione dal 44,3 per cento del 2013 al 43,7 per cento del 2016 – dello 0,2 per cento di PIL nel 2015 e di mezzo punto percentuale nel 2016.
Con riferimento all'evoluzione della spesa pubblica in Italia, si fa presente che la spesa primaria delle amministrazioni pubbliche ha registrato nel corso degli ultimi anni un progressivo rallentamento del tasso di crescita. Questa tendenza si è accentuata nella parte finale del periodo di osservazione, fino a sperimentare, nel corso dell'ultimo triennio, tassi di variazione negativa su base annua, anche in termini nominali.
La progressiva devoluzione di funzioni di spesa e delle corrispondenti risorse verso i livelli decentrati di Governo ha spostato la decisione finale sulla spesa a livello locale, rendendo maggiormente complesso il governo della spesa e indipendenti le decisioni dei diversi soggetti coinvolti nella sua gestione.
La spesa totale al netto degli interessi si è ridotta dell'1,7 per cento dal 2009. Ciò ha determinato una diminuzione del 28,6 per cento della spesa in conto capitale e un aumento delle spese correnti primarie dell'1 per cento. Queste ultime tuttavia, se considerate al netto delle prestazioni sociali in denaro, si sono ridotte del 3,6 per cento. All'interno di tali prestazioni, si trovano le componenti maggiormente legate all'andamento congiunturale dell'economia, che hanno assorbito notevoli risorse negli ultimi anni, risultando fortemente in aumento dal 2009: indennità di disoccupazione (+22,3 per cento), assegni di integrazione salariale (+29,7 per cento), pensioni e assegni sociali (+7,6 per cento).
Per la spesa relativa alle pensioni sono attesi notevoli risparmi legati all'attuazione della riforma previdenziale disposta con il decreto-legge n. 201 del 2011 e, al netto delle prestazioni sociali in denaro, tutte le principali componenti della spesa primaria corrente hanno registrato riduzioni negli ultimi tre anni. In particolare, si sono ridotti i redditi da lavoro dipendente (-3 per cento), le prestazioni sociali in natura (-3,3 per cento), i consumi intermedi in senso stretto (-1,2 per cento), i contributi alla produzione (-5,5 per cento) e il complesso dei trasferimenti correnti alle istituzioni sociali private, alle famiglie e alle imprese (ben -25,5 per cento).
Tra le spese in conto capitale, sempre rispetto al 2009, gli investimenti sono calati del 24,1 per cento e in misura più consistente i contributi agli investimenti, del 27,7. L'evoluzione della spesa, quindi, risente delle manovre di finanza pubblica disposte nel corso degli esercizi che in particolare, a partire dagli interventi adottati nel 2008, si sono concentrate, anche in linea con le indicazioni dei principali organismi internazionali, sulla correzione della spesa.
Nel triennio 2010-2012 si sono complessivamente ridotte la spesa per i redditi da lavoro dipendente e le unità di lavoro. A fronte di una sostanziale stabilità delle retribuzioni pro capite nominali, si è registrata una loro diminuzione in termini reali. La contenuta evoluzione delle retribuzioni in Italia ha riflesso, in particolare, il venire meno delle risorse aggiuntive e di quelle derivanti dalla contrattazione integrativa. Su tali andamenti hanno influito le misure correttive sui redditi da lavoro dipendente che, tra le altre, hanno riguardato il blocco della contrattazione, il congelamento dei trattamenti economici individuali, il blocco per il triennio 2011-2013 degli avanzamenti e delle progressioni di carriera, il rafforzamento dei limiti del turnover e il limite, al 50 per cento, della spesa sostenuta per il lavoro flessibile.Pag. 96
A queste misure vanno aggiunte l'attuazione delle misure relative alla riduzione degli organici e, per gli anni a venire, quelle del disegno di legge di stabilità 2014, che dispongono il definanziamento dell'indennità di vacanza contrattuale per il periodo 2015-2017, che equivale a 0,7 miliardi nel biennio 2015-2016. Inoltre, sempre nel disegno di legge di stabilità si dispone la proroga al 2014 della limitazione delle risorse destinate al trattamento accessorio del personale, con il contestuale consolidamento dei relativi risparmi di spesa per gli anni successivi e la limitazione del turnover, con esclusione dei corpi di polizia, vigili del fuoco, università ed enti di ricerca.
Con riferimento ai consumi intermedi, la riduzione registrata nell'ultimo triennio ammonta all'1,2 per cento, come risultato di andamenti divergenti tra i sottosettori. Alla forte contrazione delle amministrazioni centrali si sono contrapposti incrementi per gli altri settori, che riguardano le amministrazioni locali e gli enti di previdenza. Si tratta, comunque, di un risultato interessante e rilevante, in quanto segna una inversione netta rispetto alla tendenza registrata negli anni precedenti. Per il complesso delle amministrazioni pubbliche, al tasso di crescita medio annuo del più 4,8 per cento, nel periodo 2000-2009, ha fatto seguito un tasso negativo e pari a meno 0,4 per cento nel triennio 2010-2012.
Sebbene le spese per consumi intermedi siano diminuite dal 2009, anche in considerazione delle modalità con cui si è intervenuti, le amministrazioni centrali dello Stato hanno cumulato un ammontare non trascurabile di debiti fuori bilancio: 2,1 miliardi nel 2009; 1,5 miliardi nel 2010; 1 miliardo nel 2011 e 500 milioni nel 2012. Un'ulteriore possibilità di riconoscimento di debiti fuori bilancio per il 2013 è stata recentemente disposta con il decreto legge n. 35 del 2013. Qualora tali debiti fossero risultati superiori a tale importo, le amministrazioni interessate avrebbero dovuto predisporre uno specifico piano di rientro per la parte eccedente. Tali debiti sono concentrati nelle spese di funzionamento per il 50 per cento e per il 60 per cento, soprattutto nell'ultimo triennio.
Per quanto concerne il settore sanitario, si fa presente che la spesa sanitaria ha osservato, nel corso degli ultimi anni, una significativa riduzione della propria dinamica, passando da un tasso medio annuo di crescita del 7 per cento, nel periodo 2000-2006, al 2,5 per cento, nel periodo 2006-2010, registrando, infine, un tasso di variazione negativo dello 0,8 per cento nel periodo 2010-2012. Tali risultati sono ascrivibili sia al sistema di governance, già operativo da anni nel settore sanitario, sia alla manovre di contenimento della spesa, i cui effetti sono stati conseguiti con esiti anche superiori a quelli programmati, e a legislazione vigente sono altresì programmate ulteriori manovre di contenimento della spesa, pari a circa 5 miliardi per l'anno 2013 e a 6 miliardi a decorrere dal 2014, che interessano principalmente i settori dei beni e dei servizi (3 miliardi di euro per il 2013 e 4 miliardi a decorrere dall'anno 2014).
Sulla base dell'attività di monitoraggio trimestrale, anche per l'anno in corso la dinamica della spesa risulta in linea con gli andamenti programmati, che scontano le predette rilevanti manovre di contenimento della spesa. Con il disegno di legge di stabilità, pur non prevedendosi misure specifiche per il settore sanitario, allo stesso si applicano dal 2015 le disposizioni in materia di personale dipendente della pubblica amministrazione.
Per effetto di tali misure, il livello tendenziale della spesa sanitaria è stato ridotto per un importo di 540 milioni di euro per il 2015 e di 610 milioni di euro a decorrere dal 2016. Gli interventi di contenimento della spesa interessano tutti i livelli di governo e operano prevalentemente attraverso il ricorso a tecniche di valutazione comparata o tramite l'assegnazione di obiettivi di risparmio per amministrazione. Pag. 97
In particolare, per i ministeri sono fissati gli obiettivi di risparmio da attuare, su proposta delle stesse amministrazioni interessate, con le norme della legge di stabilità 2013; per le amministrazioni decentrate sono rivisti gli obiettivi di risparmio loro assegnati con il Patto di stabilità interno e la riduzione di risorse erariali loro spettanti; per la sanità sono stati adottati provvedimenti volti a contenere la spesa farmaceutica, ridurre le uscite per prestazioni relative a contratti di appalto e forniture di beni e servizi e rimodulazione dei tetti di spesa per l'acquisto dei dispositivi medici.
Il contenimento della spesa per l'acquisto di beni e servizi ha riguardato misure di riduzione della spesa nei bilanci di enti locali e amministrazioni centrali, rafforzamento del sistema centralizzato degli acquisti e introduzione di alcuni obblighi. Con il recente disegno di legge di stabilità, per la prima volta è stato esplicitamente previsto che una quota non inferiore al 10 per cento del Fondo di solidarietà comunale sia ripartito sulla base dei fabbisogni standard.
Tale previsione normativa avvia l'attuazione della legge delega n. 42 del 2009 in merito alla sostituzione del criterio della spesa storica con quello più efficiente dei costi e dei fabbisogni standard. Primi risultati ed eventuali elementi di valutazione sulla spending review operata dal Ministero al 31 dicembre 2012 dai nuclei di valutazione della spesa previsti dal decreto legislativo n. 123 del 2011. La riforma della legge di contabilità ha attribuito un ruolo centrale all'attività di analisi e valutazione della spesa al fine di garantire un supporto al raggiungimento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica e di consentire il monitoraggio delle misure poste in essere, nonché promuovere un più efficiente impiego delle risorse.
Il riferimento a esperienze maturate in ambito nazionale e internazionale ha fatto sì che la legge di riforma disponesse l'affiancamento di una valutazione dei risultati effettivamente raggiunti, volta a individuare aree di inefficienza della spesa stessa e di inefficacia delle politiche perseguite, al tradizionale controllo giuridico-contabile, basato su vincoli ex-ante sulle autorizzazioni di spesa e sulla verifica ex-post della correttezza procedurale.
Il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 22 marzo 2010 specifica ulteriormente le attività che i nuclei svolgono tramite la condivisione di informazioni finanziarie, economiche e concernenti altre variabili di interesse. Il programma di lavoro dei nuclei comprende attività trasversali volte al supporto del completamento della delega all'articolo 40 della legge n. 196 del 2009, all'individuazione di indicatori di risultato, all'analisi dei consumi intermedi e debiti pregressi e all'individuazione dei fabbisogni delle strutture periferiche dell'amministrazione.
L'attività dell'anno 2012 è stata in gran parte indirizzata alla preparazione di contributi al Rapporto sulla spesa per le amministrazioni centrali redatto nel luglio 2012. In particolare, il Rapporto ha recepito i contributi dei nuclei per le tematiche legate all'analisi dei consumi intermedi e dei debiti pregressi, le analisi sulla struttura periferica delle amministrazioni centrali dello Stato e gli indicatori. Come disposto dal decreto del MEF del 22 marzo 2010, entro il mese di gennaio 2013 i nuclei predispongono il lavoro svolto tramite una relazione inviata al Ministro dell'economia e delle finanze e ai rispettivi Ministri.
La legge n. 196 del 2009, nell'ambito dell'articolo 41 relativo al Rapporto sulla spesa delle amministrazioni centrali dello Stato, dispone che, per i principali settori e programmi di spesa, siano proposti indicatori di risultato e prevede, inoltre, che venga fornita la base analitica per la definizione e il monitoraggio degli stessi.
In particolare, si è voluta effettuare una prima applicazione, non esaustiva, con riferimento ai principali settori e programmi di spesa. Il campo di osservazione riguarda buona parte dei programmi dei Ministeri, con esclusione a priori di quelli relativi alle missioni organi costituzionali, a rilevanza costituzionale e Presidenza del Consiglio dei ministri, servizi istituzionali Pag. 98e generali delle amministrazioni pubbliche, fondi da ripartire e debito pubblico.
L'obiettivo dell'attività è stato quello di predisporre, tramite indicatori significativi, un quadro di lettura strutturato e sintetico dell'attività dell'amministrazione, della domanda di servizi e della quantità e qualità di offerta realizzata e dei fenomeni che si intende influenzare attraverso gli interventi sottostanti le missioni e i programmi del bilancio dello Stato, ciò che dovrebbe indicare esattamente la politica di revisione della spesa con degli obiettivi.
Il prodotto dell'attività è confluito nell'appendice del rapporto sulla spesa, che propone una raccolta di indicatori per Ministero, preceduta da un capitolo di introduzione metodologica. È stata fornita una visione congiunta di informazioni di varia natura, che aiutano a comprendere l'attività dell'amministrazione, l'ambito in cui opera e i fenomeni che intende influenzare attraverso la propria azione. A tal fine, è evidente che i dati considerati sono sia di natura statistica, reperibili prevalentemente nell'ambito della statistica ufficiale, sia di natura amministrativa, generalmente in possesso delle amministrazioni stesse.
Sono state costruite, per ciascun Ministero e in relazione ai diversi programmi selezionati, schede di informazione. La prima scheda contiene una descrizione più o meno articolata delle attività rientranti nel programma di spesa. La seconda riporta gli indicatori di risultato, cioè di realizzazione fisica, che possono individuare vari fenomeni, quali il grado di attuazione degli interventi programmati, il volume dei prodotti offerti, le quantità e qualità dei servizi erogati, e che aiutano a valutare il grado di raggiungimento dell'obiettivo fisico che l'azione dell'amministrazione si propone di conseguire. Un'ulteriore scheda contiene indicatori di contesto, che si riferiscono a fenomeni su cui intendono influire le politiche del programma di spesa o che risultino quali determinanti del fabbisogno e della domanda effettiva o potenziale.
La definizione e l'identificazione di indicatori significativi è prevista nell'ambito della collaborazione tra il Ministero dell'economia e delle finanze e le amministrazioni centrali dello Stato, anche al fine di fornire una base analitica per il monitoraggio dei programmi di spesa e per dare ovviamente al decisore politico la facoltà di poter indicare obiettivi da perseguire. Gli indicatori proposti possono, altresì, promuovere un miglioramento dei contenuti delle note integrative allegate al bilancio di previsione e al rendiconto generale dello Stato e indirizzare iniziative di valutazione delle politiche sottostanti i programmi di spesa.
Le schede pubblicate costituiscono un aggiornamento degli indicatori di risultato. L'aggiornamento ha comportato in alcuni casi, la revisione di serie storiche o la modifica di alcuni indicatori, nonché l'individuazione di indicatori per programmi precedentemente non esaminati.
Le analisi effettuate hanno, quindi, adottato un punto di vista teso a individuare il processo produttivo che trasforma le risorse a disposizione in attività prodotte, servizi o interventi. A seconda della disponibilità di dati per singola struttura, sono state effettuate analisi e questi risultati derivano dall'applicazione di metodi statistico-econometrici fondati su assunzioni e su modelli teorici, che permettono di estrarre indicazioni importanti, ma devono poi conciliarsi con la traduzione in pratica affinché possano costituire un efficace strumento di guida per scelte organizzative delle amministrazioni.
Sulla base di questi dati, riteniamo di poter adottare nei prossimi anni un intervento di revisione progressiva della spesa che determinerà risultati efficaci in termini di risparmi e, quindi, di obiettivi che il Governo vorrà dare a questi risparmi che la politica di revisione della spesa, con questa strumentazione così articolata, riuscirà – noi riteniamo – a determinare.
PRESIDENTE. La deputata Gelmini ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.
Pag. 99 MARIASTELLA GELMINI. Signor Presidente, mi ritengo parzialmente soddisfatta, nel senso che, se trovo condivisibili le parole del sottosegretario quando fa riferimento alla riforma delle pensioni, che, pur con errori importanti – penso al tema degli esodati –, ha comunque determinato il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, quindi, valorizzando un risparmio e certamente rendendo più efficiente il sistema pensionistico, credo che sia difficile condividere, invece, l'affermazione del sottosegretario quando dice che la legge di stabilità si accompagna ad un risparmio, a una riduzione della spesa pubblica. Anche l'Europa, in realtà, mi pare che abbia espresso un giudizio molto chiaro, cioè di una sostanziale debolezza nell'aggredire la spesa improduttiva.
E credo anche che non sia incoraggiante il segnale del calo degli investimenti, al quale non si accompagna un'adeguata diminuzione, invece, della spesa corrente. Penso anche che sia indispensabile un'analisi della spesa locale che porti davvero ad un maggior tasso di trasparenza e, quindi, di verificabilità da parte dei cittadini dell'operato delle amministrazioni pubbliche.
Insomma, la spending review deve rimanere un dossier aperto, un cantiere da costruire a tutti i livelli di governo, e credo che l'occasione delle «larghe intese» debba essere colta, questa «strana maggioranza» si deve misurare con la capacità, con il coraggio di fare scelte forti, scelte comprensibili da parte dei cittadini, avendo anche la determinazione di superare ostacoli burocratici e di rendere sempre più precisa e più puntuale la funzione del commissario, che ha l'incarico appunto di indicare la strada per ridurre la spesa pubblica.
Insomma, bisogna insistere sull'attuazione ed evitare complicazioni burocratiche o un percorso che non sia comprensibile e non sia chiaro e verificabile da parte dei cittadini. È questo il momento di operare scelte precise, perché solo da una forte riduzione della spesa pubblica è possibile finalmente non mettere le mani nelle tasche dei cittadini e procedere ad un'adeguata riduzione delle tasse.
(Iniziative in relazione alla composizione del consiglio di amministrazione della Cassa depositi e prestiti – n. 2-00303)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza Rughetti n. 2-00303, concernente iniziative in relazione alla composizione del consiglio di amministrazione della Cassa depositi e prestiti (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo al deputato Rughetti se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
ANGELO RUGHETTI. Sì, Presidente, molto velocemente: con la nostra interpellanza chiediamo al Governo di informarci come mai non sia stata data applicazione alla norma che prevede che il consiglio della Cassa depositi e prestiti venga integrato da rappresentanti di comuni, province e regioni, perché questa mancanza ci preoccupa rispetto ad una serie di conseguenze che sono connesse.
La prima concerne proprio la possibilità, che in questo modo viene negata alle amministrazioni locali, di poter dare il loro contributo all'interno del consiglio di amministrazione della Cassa che, come sappiamo, per una parte importante delle attività che svolge vede la necessaria presenza di rappresentanti degli enti territoriali, enti territoriali che in passato hanno fatto molto affidamento sulla Cassa depositi e prestiti e che invece, in questa fase, proprio per l'assenza di loro rappresentanti rischiano di restare marginali rispetto alla missione stessa della Cassa, in una fase nella quale la spesa per investimenti, come diceva prima il sottosegretario, sta molto rallentando e quindi è sempre più necessario avere uno stimolo da parte di un ente come la Cassa depositi e prestiti, per mettere a disposizione delle risorse importanti. In molti settori, non soltanto attraverso i mutui: sappiamo che la Cassa svolge una funzione importante Pag. 100attraverso l’housing sociale, attraverso la valorizzazione del patrimonio immobiliare con i fondi che vengono gestiti dall'SGR di proprietà della Cassa, nel tema relativo ai pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione, dove un ruolo importante di anticipazione finanziaria è stato riconosciuto a questo ente e sappiamo e speriamo che la Cassa possa fare ancora di più in futuro, come ad esempio attraverso un ingresso nel capitale di tutte quelle aziende di proprietà comunale che dovranno essere dismesse per quanto previsto dalla normativa attuale e che, senza un piano industriale e senza un accompagnamento da parte di un ente che la Cassa potrebbe interpretare, rischiano di essere lasciate morire o svendute al privato.
Quindi, vorremmo conoscere come mai il Governo non ha inteso adempiere e quindi nominare nel consiglio di amministrazione i tre rappresentanti di comuni, province e regioni, quei nomi che sono stati indicati dai rispettivi rappresentanti e per appunto fare in modo che quei criteri siano rappresentati all'interno di questo consiglio.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Alberto Giorgetti, ha facoltà di rispondere.
ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, al riguardo l'onorevole interpellante sa che, ai sensi dell'articolo 15 dello statuto, il consiglio è composto da nove membri, di cui tre membri designati dalle fondazioni bancarie, azioniste di minoranza, e sei designati dal Ministero dell'economia e delle finanze, in qualità di azionista di maggioranza.
L'assemblea dei soci del 17 aprile 2013, in occasione del rinnovo del consiglio di amministrazione di Cassa depositi e prestiti, procedeva, tra l'altro, sulla base delle liste presentate di comune accordo tra i soci, alla nomina di rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze in possesso, a pena di decadenza, dei requisiti di professionalità e onorabilità previsti dalla vigente normativa e, tra l'altro, dal testo unico bancario e dallo statuto sociale e, in particolare, di chi aveva le caratteristiche di: onorabilità (quindi non l'interdetto, l'inabilitato, il fallito, o chi è stato condannato ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l'incapacità ad esercitare uffici direttivi; chi sia stato sottoposto a misure di prevenzione ovvero sia stato condannato in relazione a una serie di reati indicati nel DM n. 161 del 1998, delitti contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica, eccetera); professionalità, cioè che avesse esperienza di almeno un triennio in attività di amministrazione o di controllo ovvero compiti direttivi presso imprese, attività professionali in materia attinente al settore creditizio, finanziario, mobiliare, eccetera, ovvero attività di insegnamento universitario in materie giuridiche o economiche, oppure funzioni amministrative o dirigenziali presso enti pubblici. Inoltre, chi avesse la caratteristica di avere l'assenza di cumulo di cariche (gli amministratori non possono assumere o esercitare cariche analoghe in imprese o gruppi di imprese operanti nei mercati concorrenti a quello in cui opera Cassa depositi e prestiti; gli amministratori non possono rivestire alcuna carica nell'organo amministrativo o di controllo, né funzioni dirigenziali in ENI Spa e sue controllate; l'amministratore delegato non può rivestire la carica di amministratore in più di due ulteriori consigli di società per azioni).
Gli amministratori di Cassa depositi e prestiti sono, altresì, in possesso dei requisiti di eleggibilità e di decadenza previsti dalle direttive del 24 aprile e 24 giugno 2013 del Ministro dell'economia e delle finanze, che hanno definito disposizioni statutarie finalizzate a rendere più stringenti i requisiti per lo svolgimento della carica di amministratore della società.
Occorre da ultimo rilevare che la definizione dei componenti del nuovo consiglio di amministrazione designati dal Governo (dei sei consiglieri di competenza, cinque sono dirigenti del Ministero dell'economia e delle finanze) è tale da assicurare Pag. 101all'attuale Governo la possibilità, ove lo ritenga opportuno, di modulare e articolare diversamente la composizione del consiglio, eventualmente definendo l'ingresso nello stesso di personalità con profili professionali e manageriali ritenuti più adeguati nel perseguimento delle finalità strategiche che gli azionisti intenderanno perseguire con Cassa depositi e prestiti.
Al riguardo, si fa presente che, in conformità alla direttiva del Ministro dell'economia e delle finanze, sono state avviate le procedure per la selezione di nuovi profili da inserire nel consiglio di amministrazione della società in sostituzione di alcuni dirigenti del Ministero. Relativamente all'integrazione del consiglio di amministrazione per la gestione separata dei rappresentanti delle autonomie locali, ad esito delle recenti designazioni pervenute da parte delle stesse autonomie locali, da ultimo il 29 ottobre scorso, ai sensi dall'articolo 7, comma 1, lettera f) della legge n. 197 del 1983, è attualmente in fase di emanazione il relativo decreto di nomina del Ministro dell'economia e delle finanze.
Per ciò che attiene, infine, ad un'eventuale riclassificazione della società da parte di Eurostat, all'interno del perimetro delle PA, si fa presente che oggi Cassa depositi e prestiti è un soggetto market unit svolgendo attività di mercato secondo i criteri utilizzati dall'organismo europeo, improntati a metodologie statistico-economiche applicate all'operatività gestionale. In particolare, nel rispetto delle disposizioni del SEC95, il Ministero dell'economia e delle finanze, in qualità di azionista, non svolge alcuna attività di direzione e coordinamento su Cassa depositi e prestiti, non intervenendo nelle politiche gestionali e finanziarie della società. Infatti, il management agisce in piena autonomia, sia nella gestione ordinaria, che nella pianificazione strategica delle sue attività, limitandosi l'azionista ad esercitare le prerogative assembleari unitamente ai soci di minoranza.
PRESIDENTE. Il deputato Rughetti ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
ANGELO RUGHETTI. Signor Presidente, vista l'ora mi ritengo molto soddisfatto della risposta del sottosegretario per due ordini di motivi. In primo luogo, per quello che riguarda la gestione ordinaria, perché mi sembra che si siano avviate le procedure per poter integrare il consiglio con rappresentanti che non siano soltanto dirigenti del MEF. Il riferimento nella nostra interpellanza rispetto ad un'ipotesi di riclassificazione era proprio legato a questo tema, perché è vero che il MEF non svolge nessuna funzione di indirizzo e controllo, ma è pur vero che, essendo cinque su sei nominati dal Governo, dirigenti del MEF, vi era un sostanziale potere di fatto.
La stessa soddisfazione la esprimiamo per quanto riguarda la gestione separata, perché appunto il Governo ci ha detto che è in fase di emanazione il decreto di nomina e, quindi, i territori saranno rappresentati così come è previsto dalla legge.
(Chiarimenti in merito alle ipotesi di rivalutazione delle quote di capitale della Banca d'Italia – n. 2-00308)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Brunetta n. 2-00308, concernente chiarimenti in merito alle ipotesi di rivalutazione delle quote di capitale della Banca d'Italia (Vedi l'allegato A – Interpellanze urgenti).
Chiedo al deputato Brunetta se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, signor sottosegretario, è slittata a martedì prossimo l'approvazione in Consiglio dei Ministri del decreto-legge recante disposizioni urgenti riguardanti la Banca d'Italia. Evidentemente, il Governo e, in particolar modo, il Ministero delle economie e delle finanze non erano ancora pronti. Peccato che se ne stia discutendo Pag. 102da almeno sei mesi. Già prima dell'estate, infatti, il mio partito aveva fornito al Ministro Saccomanni la propria proposta di calcolo del valore del capitale con le relative procedure di legge. Evidentemente, il Ministero dell'economia e delle finanze continua ad accumulare ritardi. Di cosa ha bisogno ancora ? Di condurre ulteriori istruttorie ? Oppure i dubbi che abbiamo espresso circa il metodo adottato dal comitato di esperti nominato da Banca d'Italia per valutare se stessa hanno fatto tremare qualche penna scrivente ? Troppe incertezze, troppi tempi persi.
Rappresentando Banca d'Italia un bene pubblico, l'argomento assume carattere di interesse generale e strategico. Lo stesso dicasi per i riflessi che l'operazione può avere sull'economia italiana e per il significato che assume nei nostri rapporti con l'Europa e con il meccanismo unico di vigilanza che verrà affidato alla Banca centrale europea. Dalle operazioni derivano, infatti, deriverebbero o deriveranno, benefici per tutti: per le banche, che si ricapitalizzano e affrontano con meno pathos i parametri di Basilea 3 e gli stress test della Banca centrale europea; per le imprese e le famiglie, che vedono riaprire nei loro confronti i rubinetti del credito; per lo Stato, che trae vantaggio in termini di gettito.
Pertanto, in nome della trasparenza, l'approfondimento della materia non deve limitarsi all'autoreferenzialità della tecnocrazia di Banca d'Italia, ma deve essere posto all'attenzione del Parlamento e dell'opinione pubblica. Fino ad oggi non è stato così; questa è la prima occasione, infatti, in cui se ne parla, in questa legislatura, in una sede parlamentare. Ed è questo motivo della mia interpellanza urgente.
Da qualche giorno, è on-line sul sito del Ministero dell'economia e delle finanze il documento, un aggiornamento del valore delle quote del capitale di Banca d'Italia, redatto da un comitato di tre esperti nominati dalla stessa Banca d'Italia: i professori Franco Gallo, Lucas Papademos e Andrea Sironi. Il valore che viene fuori dal dossier del gruppo di lavoro – cioè, 5-7,5 miliardi – è quello giusto ? Diversi calcoli sarebbero possibili e porterebbero una valutazione del capitale della nostra Banca centrale – attualmente, ricordiamolo, vale la risibile cifra di 156 mila euro – fino a 30 miliardi di euro. Da cosa derivano differenze così ampie ?
Nel documento del comitato degli esperti, il calcolo del valore del capitale di Banca d'Italia è frutto di un ragionamento che a dir poco sembra circolare e, come tale, è viziato da contraddizioni profonde. Nel procedere alla determinazione del capitale si parte dai dividendi distribuiti da Banca d'Italia nel 2012 in percentuale sul capitale a bilancio, cioè 156 mila euro – cioè, i dividendi su 156 mila euro –, valore che risale, ricordiamolo, al 1936. Se solo si fosse applicata la rivalutazione monetaria degli indici ISTAT, oggi quel capitale varrebbe circa 320 milioni e, quindi, l'ammontare dei dividendi da attualizzare sarebbe ben maggiore.
A questo primo addendo si somma la cosiddetta partecipazione al fruttato – il rendimento – delle riserve ordinarie e straordinarie dello 0,5 per cento, quando lo statuto della Banca d'Italia prevede un limite del 4 per cento. Se si fosse partiti da questo secondo valore, la valutazione finale avrebbe portato ad un importo ben più alto, passando dai 5-7,5 miliardi calcolati dal gruppo di lavoro fino ad un massimo di quasi 30 miliardi. Naturalmente, abbassando la percentuale al 4 per cento il risultato sarebbe stato più contenuto. Sta, però, il fatto che il valore vero del capitale di Banca d'Italia, senza le manipolazioni contabili cui si è accennato, è più vicino alle cifre da noi indicate – 25 miliardi –, che non a quelle proposte dal comitato di esperti, ripetiamo, 5-7,5 miliardi.
Questi sono solo due esempi delle incongruenze riscontrate nel dossier pubblicato sul sito del Ministero dell'economia e su cui abbiamo più volte denunciato la mancanza di un dibattito parlamentare.
Non ci vuole grande fantasia, infatti, per stabilire quanto vale Banca d'Italia. Tutti i numeri sono, infatti, iscritti a bilancio.Pag. 103
Al 31 dicembre 2012, gli utili netti di Banca d'Italia erano pari a 2,5 miliardi; per cui, ipotizzando un price earning - moltiplicatore degli utili per ottenere il valore dell’asset – di dieci, ma si potrebbe avere, altre banche hanno dei price earning del 20, quindi il dieci è un valore di moltiplicatore abbastanza contenuto, si raggiunge la cifra di 25 miliardi; 2,5 miliardi di utile netto moltiplicato per il moltiplicatore 10, che è intermedio rispetto i moltiplicatori massimi, si ha la cifra di 25 miliardi.
Per avere un'idea del carattere conservativo di questa valutazione si consideri che il price earning di Unicredit è addirittura pari a 30; non 10, non 20, ma 30. Se questi parametri sono ritenuti insufficienti, si guardi al capitale complessivo, comprensivo delle riserve accumulate di Banca d'Italia che, sempre il 31 dicembre 2012, era pari a 21 miliardi 774 milioni. Oppure, si consideri l'attivo iscritto a bilancio. Si tratta di circa 610 miliardi. Non tutto può essere considerato patrimonio netto, naturalmente, ma tra oltre 610 miliardi e 25 miliardi esiste una bella differenza, che non dovrebbe alimentare dubbio alcuno. Considerata l'estrema variabilità dei possibili risultati, la scelta non può che essere di natura politica, pur fondandosi su parametri oggettivi.
Per giungere a una migliore soluzione è necessario uscire dal circolo vizioso dell'approccio meramente contabile e valutare gli effetti indotti della possibile decisione: più alta è la valutazione cui si giunge per Banca d'Italia, maggiore è la patrimonializzazione degli share holders, e più elevate le entrate dell'erario a seguito del pagamento inerente le plusvalenze; e quindi un'operazione più che virtuosa, se solo si considera che all'aumento del valore del capitale di Banca d'Italia può corrispondere, da un lato, una minor richiesta di capitale fresco per le necessarie opere di ricapitalizzazione da parte del sistema bancario – Dio solo sa di quanto ce ne è bisogno –, dall'altro, un'attenuazione del credit crunch frutto di un rapporto fin troppo problematico tra l'ammontare del patrimonio proprio del singolo istituto di credito e l'attivo, fatto di prestiti alla clientela.
Non nascondo, naturalmente, le controindicazioni: aumentare il valore del capitale della Banca d'Italia significa scontare, per il futuro, il riconoscimento di possibili maggiori rendimenti da devolvere agli share holders – dobbiamo dare più quote ai proprietari di azioni – ma qui abbiamo dei margini che derivano dallo statuto della Banca d'Italia. L'unico obbligo che esiste è quello previsto dall'articolo 39 dello statuto: ai partecipanti sono distribuiti dividendi per un importo fino al 6 per cento del capitale. Si badi bene: non del 6 per cento, ma fino al 6 per cento. Per eventuali ulteriori integrazioni, la decisione è rimessa alla valutazione del Consiglio superiore poi sottoposta all'Assemblea generale, sempre di Banca d'Italia.
Grazie alla diversa combinazione di questi elementi si può, quindi, modulare il dividendo, senza alcuna relazione meccanica con i valori delle quote possedute da ciascun partecipante al capitale. Si può, ad esempio, distribuire un dividendo corrispondente ad un capitale compreso nella forchetta 5-7,5 miliardi indicata dal gruppo di lavoro, anche se il capitale fosse maggiore. Con quale vantaggio ? Quello della maggior capitalizzazione degli istituti di credito e conseguenti effetti positivi che abbiamo esposto. Che ne pensa il Ministro Saccomanni ? Ha qualcosa da dire al riguardo ? Ha studiato i diversi metodi di calcolo possibili o accetta ad occhi chiusi quello sottoposto dal comitato degli esperti nominato da Banca d'Italia per valutare se stessa ? Sarebbe bene che anche il Ministro argomentasse le sue scelte, e ci spiegasse qual è il metodo secondo lui più realistico, e perché. Chiediamo troppo ?
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Alberto Giorgetti, ha facoltà di rispondere.
ALBERTO GIORGETTI, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, relativamente all'interpellanza dell'onorevole Brunetta, si fa presente che, Pag. 104in relazione all'esigenza di rivedere il quadro normativo concernente i partecipanti al capitale della Banca d'Italia, il Ministero dell'economia e delle finanze, nel rispetto dei principi di autonomia organizzativa e di indipendenza, riconosciuti alla Banca stessa dai Trattati europei, ha richiesto all'Autorità di vigilanza di dare avvio al processo di valutazione del valore corrente delle quote di partecipazione al capitale.
La Banca d'Italia ha, pertanto, trasmesso il documento «Un aggiornamento del valore delle quote di capitale della Banca d'Italia», redatto con l'ausilio di un comitato di esperti ricordati anche dall'interpellante.
Nel documento, pubblicato sul sito web del Ministero dell'economia e delle finanze, viene indicato che in base al complesso delle analisi svolte il valore complessivo delle quote si collocherebbe in un intervallo compreso tra i 5 e 7,5 miliardi di euro. La valutazione è stata effettuata utilizzando un dividend discount model al fine di stimare il valore attuale netto del flusso dei dividendi futuri che saranno percepiti dai partecipanti in base all'attuale disciplina.
L'impostazione del documento è condivisibile, dato che è coerente con i principi generali della finanza, tiene conto dell'esigenza di non modificare i diritti economici dei partecipanti e ribadisce che i partecipanti non hanno diritti economici sulla parte delle riserve della Banca d'Italia rivenienti dal signoraggio, dall'esercizio, cioè, di una funzione pubblica. Le finalità di patrimonializzazione delle banche, così come quelle – peraltro dimostrate – di incremento del gettito fiscale, sono state correttamente ritenute estranee al processo di rivalutazione delle quote: la considerazione di queste finalità avrebbe, infatti, condotto ad aumentare la consistenza delle quote mediante l'ingiustificata attribuzione ai partecipanti delle risorse pubbliche rivenienti dal signoraggio.
Sulla questione, la segreteria del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio ha comunicato che l'attuale modello di governance della Banca d'Italia, caratterizzato dalla proprietà sostanzialmente privata dell'azionariato, va preservato, in quanto alla base della piena indipendenza della Banca d'Italia. Vi sono, tuttavia, diversi elementi che ne rendono opportuna una rivisitazione, secondo l'opinione del Comitato interministeriale. In primo luogo, la concentrazione del sistema bancario italiano ha determinato un'accresciuta percentuale del capitale della Banca d'Italia in mano ai maggiori gruppi bancari. Ciò non ha comportato sostanziali conseguenze in relazione ai limitati diritti dei partecipanti, ma occorrerebbe evitare la percezione di una possibile influenza da parte dei detentori delle quote di maggior rilievo. Il documento citato contiene proposte per ampliare la base azionaria e assicurare un regime di circolazione delle quote di facile trasferibilità e attrattività. Tali obiettivi, però, richiedono di calcolare il valore corrente delle quote della Banca d'Italia; aumentare conseguentemente il valore del suo capitale (che oggi è puramente simbolico); garantire ai partecipanti un flusso futuro di dividendi; riconoscere diritti economici che tengano debitamente conto delle peculiari funzioni pubbliche attribuite a una banca centrale.
Dovrebbe essere altresì previsto un limite massimo alla partecipazione detenibile da una singola istituzione, stabilendo un intervallo temporale entro il quale cedere le quote in eccesso. E con riferimento alla questione della valutazione delle quote di cui è cenno nell'interpellanza, la segreteria del Comitato interministeriale del credito e del risparmio ha precisato in via generale che è stato considerato esclusivamente il futuro flusso di dividendi di spettanza dei partecipanti al capitale. Tale metodologia è stata integrata da riferimenti di tipo patrimoniale, opportunamente adattati alle specificità istituzionali della Banca d'Italia. Coerentemente non si è fatto ricorso a metodi di valutazione multipli di mercato o patrimoniali delle quote dei partecipanti e basati sul riferimento agli utili complessivi o al patrimonio accumulato nel tempo anche grazie all'accantonamento dei profitti da signoraggio.Pag. 105
In particolare, sono state formulate due diverse stime ottenute sulla base delle disposizioni statutarie e sulle prassi seguite in materia di distribuzione dei dividendi, calcolate attraverso un modello a due stadi. Il tasso di crescita atteso dei dividendi nel primo stadio, con durata pari a 20 o a 30 anni, è fissato al 5 per cento, che rappresenta il tasso di crescita medio registrato negli ultimi 10 anni. Nel secondo stadio si è ipotizzata una crescita dei dividendi pari al tasso di crescita del PIL nominale, stimato al 3 per cento. Il coefficiente beta è stato fissato a 0,4, considerando che i dividendi della Banca presentano una rischiosità inferiore a quelli delle società private, in quanto scarsamente correlati con il portafoglio di mercato. Un beta di 0,5 fu applicato dalla BRI quando furono riacquistate le azioni detenute dai privati; il coefficiente beta delle azioni della Banca nazionale svizzera è stato invece stimato all'incirca a circa 0,3. Il premio per il rischio è stato fissato al 7 per cento, pari all'incirca all'extra-rendimento annuo rispetto a un tasso risk-free attualmente richiesto dagli investitori nei mercati azionari dell'area dell'euro. Dall'applicazione di questo premio e di un coefficiente beta dello 0,4 risulta un premio totale del 2,8 per cento, che, sommato al rendimento sui bund decennali, comporta un tasso di attualizzazione dei dividendi pari al 4,6 per cento.
Il valore delle quote ottenuto in base a queste ipotesi si attesta tra i 6,4 e i 7,4 miliardi; applicando un liquidity discount del 20 per cento esso si colloca tra 5,1 e 5,9 miliardi di euro. Sono stati eseguiti numerosi controlli per verificare la robustezza di questi risultati a fronte di ipotesi alternative circa i valori dei parametri. In primo luogo, sono stati cambiati il tasso risk free e l’equity risk premium alzando il primo di 50 punti base e abbassando il secondo di 100 punti base; così facendo, il valore delle quote si ridurrebbe a un importo compreso tra i 4,8 e 5,5 miliardi di euro. Un secondo controllo è stato operato modificando il coefficiente Beta: un Beta pari a 0,35 genererebbe un valore compreso tra i 6,6 e 7,7 miliardi. Infine, utilizzando un liquidity discount del 10 per cento, il valore salirebbe a 5,8-6,6 miliardi. Nel complesso, in base alle nostre analisi il valore delle quote di capitale della Banca d'Italia si collocherebbe all'interno di un intervallo compreso tra i 5 e 7,5 miliardi. L'ampiezza dell'intervallo è dovuta all'incertezza delle stime e alla loro sensibilità a variazioni dei parametri del modello.
Un ulteriore vaglio della robustezza dei risultati è stato effettuato calcolando la quota massima delle riserve che avrebbe potuto essere trasferita ai partecipanti nel corso degli anni, derivante dall'accumulo del reddito generato dal loro investimento (entro un limite massimo del 4 per cento stabilito dallo Statuto per l'eventuale distribuzione). Questo metodo può essere considerato come un sostituto dell'approccio patrimoniale, utilizzato spesso in chiave di validazione dei risultati ottenuti. La stima è stata eseguita calcolando il reddito riveniente dall'investimento delle riserve che avrebbe potuto essere distribuito ai partecipanti e che, viceversa, è stato trattenuto dalla Banca e accantonato a riserva, in linea con le decisioni assunte dall'assemblea dei partecipanti. Il valore, nel 2012, di tale ammontare è stato stimato usando diversi deflattori. I risultati di due di essi sono indicati in una tavola, che ovviamente lascio agli atti, che riguarda l'indice di rendimento azionario, con un valore di 7,1 e l'indice dei prezzi al consumo con un valore pari a 7 miliardi euro.
Per essere equa, la riforma non deve incidere sul valore delle quote dei partecipanti. Questo risultato dipende dal valore del capitale della Banca e dal tasso di dividendo (vale a dire, la percentuale di capitale distribuibile ogni anno ai partecipanti) adottato nel nuovo regime (ossia dopo la riforma). Le analisi mostrano che nelle attuali condizioni di mercato, qualora il capitale della Banca fosse aumentato a 6-7 miliardi di euro e il tasso di dividendo fosse stabilito al 6 per cento, il valore delle quote dopo la riforma si collocherebbe all'interno dell'intervallo di 5-7,5 miliardi sopra indicato. In altri termini, Pag. 106la riforma risarcirebbe appieno i partecipanti, garantendo loro un flusso futuro di dividendi il cui valore attuale netto è pari al valore corrente stimato delle quote della Banca. La stima è contenuta in una ulteriore tavola, con un dividendo annuale di 360 milioni, con cui si determinerebbe un valore del capitale di 6,3 miliardi, il valore si attesterebbe a 7,3 miliardi con un dividendo di 420 milioni all'anno. Questo sui modelli di stima.
Quindi concludendo, onorevole Brunetta, signor Presidente, i suddetti elementi dimostrano, dal nostro punto di vista, i caratteri del tutto peculiari dei diritti economici e di governance dei partecipanti, non rendendoli assimilabili a quelli dei detentori del capitale di una società per azioni. Sulla base di questi elementi riteniamo che le valutazioni poste possano avere un qualche elemento di attendibilità.
PRESIDENTE. Il deputato Brunetta ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.
RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, l'onorevole sottosegretario Giorgetti ha di fatto, nella sua replica, ribadito, riletto la relazione dei tre saggi che erano stati incaricati da Banca d'Italia per la valutazione del valore delle quote dei partecipanti. Di questo lo ringrazio; le avevo già lette, naturalmente, e analizzate, e devo dire che questo primo dibattito in sede parlamentare e già comunque un fatto positivo, perché questa vicenda, che io considero sostanziale, essenziale, fondamentale per la sua rilevanza economica, stiamo parlando di 5-7-10-20-25 miliardi di euro, per la sua rilevanza, ma anche per il suo significato, credo sia un fatto assolutamente positivo. Quindi, per questa ragione, mi dichiaro soddisfatto, nel senso che abbiamo fatto un po’ di luce, di trasparenza, e abbiamo aperto una discussione su un fatto che era stato considerato esoterico per le Aule della politica, per le Aule del Parlamento.
La parte per la quale invece mi dichiaro insoddisfatto è quella delle valutazioni alternative: nel senso che mi chiedo se attraverso anche la discussione parlamentare, o la discussione del provvedimento che verrà preso penso la prossima settimana, si riuscirà, in sede di conversione del decreto-legge oppure di discussione parallela in sede di conversione del decreto-legge, ad aprire una discussione, anche tecnico-scientifica, alternativa a quella dei tre saggi. Perché io certamente accetto l'autonomia statutaria e di legge della Banca d'Italia; però in questi casi occorre fare una riflessione più ampia possibile su un passaggio che è assolutamente straordinario nella nostra vita economica e nella nostra politica economica. Ripeto, non tanto e non solo per il gettito possibile per questa operazione, ma per la ricapitalizzazione del sistema bancario nel nostro Paese che ne deriverebbe, e anche per un effetto legalità e trasparenza legato alla Banca d'Italia, che – ricordo – dal 1936 di fatto ha assegnato al proprio capitale un valore non aggiornato con i tempi, e quindi di fatto condizionato – non dico altro, non uso altri verbi – il proprio bilancio in maniera del tutto parziale.
Ricordo che la Banca d'Italia controlla i bilanci delle altre banche; e avendo il proprio bilancio assolutamente fuori linea con la realtà (pensiamo ancora una volta che i partecipanti hanno un valore capitale con 156 mila e euro, il valore di una liquidazione di un funzionario neanche di Banca d'Italia, perché funzionari di Banca d'Italia hanno liquidazioni molto più alte: di un funzionario pubblico, chiamiamolo così). Questo la dice lunga sullo stato di «irregolarità», per non dire altro, da cui i bilanci di Banca d'Italia sono stati affetti da troppi anni.
Quindi bene che si sia aperto questo spiraglio di luce, bene la commissione dei tre saggi, bene la relazione pubblica; bene anche – e di questo lo ringrazio – la risposta del sottosegretario Giorgetti. Chiedo però che si possa e si debba fare Pag. 107molto di più, anche con valutazioni alternative: ne va della credibilità della nostra Banca centrale, della nostra Banca l'Italia, ne va del nostro sistema bancario.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Brunetta. La tabella a cui ha fatto riferimento il sottosegretario Giorgetti rimarrà depositata presso la Presidenza, a disposizione di tutti i deputati che ne facciano richiesta.
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Lunedì 25 novembre 2013, alle 16:
Discussione della mozione Sorial ed altri n. 1-00194 concernente iniziative volte all'introduzione di un prelievo straordinario sui redditi da pensione superiori ad un determinato importo.
La seduta termina alle 19,50.
VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nom. | Ddl 1690-A - em. 1.17 | 369 | 366 | 3 | 184 | 16 | 350 | 71 | Resp. |
2 | Nom. | em. 1.9 | 374 | 373 | 1 | 187 | 17 | 356 | 71 | Resp. |
3 | Nom. | em. 1.1 | 379 | 378 | 1 | 190 | 107 | 271 | 71 | Resp. |
4 | Nom. | em. 1.2 | 386 | 315 | 71 | 158 | 43 | 272 | 70 | Resp. |
5 | Nom. | em. 1.500 | 394 | 391 | 3 | 196 | 368 | 23 | 70 | Appr. |
6 | Nom. | em. 2.500 | 400 | 399 | 1 | 200 | 398 | 1 | 70 | Appr. |
7 | Nom. | em. 2.14, 2.100 | 408 | 405 | 3 | 203 | 115 | 290 | 70 | Resp. |
8 | Nom. | em. 2.8 | 400 | 400 | 201 | 118 | 282 | 69 | Resp. | |
9 | Nom. | em. 2.19 | 408 | 403 | 5 | 202 | 92 | 311 | 69 | Resp. |
10 | Nom. | em. 2.140 | 397 | 352 | 45 | 177 | 68 | 284 | 68 | Resp. |
11 | Nom. | em. 2.141 | 420 | 374 | 46 | 188 | 77 | 297 | 68 | Resp. |
12 | Nom. | em. 2.501 | 419 | 419 | 210 | 409 | 10 | 68 | Appr. | |
13 | Nom. | em. 2.33 | 459 | 458 | 1 | 230 | 136 | 322 | 68 | Resp. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.
INDICE ELENCO N. 2 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
14 | Nom. | em. 2.13 | 459 | 457 | 2 | 229 | 134 | 323 | 68 | Resp. |
15 | Nom. | em. 2.20 | 461 | 346 | 115 | 174 | 21 | 325 | 68 | Resp. |
16 | Nom. | em. 2.132 rif. | 463 | 460 | 3 | 231 | 436 | 24 | 68 | Appr. |
17 | Nom. | em. 2.16 | 460 | 459 | 1 | 230 | 144 | 315 | 68 | Resp. |
18 | Nom. | em. 2.131 | 462 | 462 | 232 | 135 | 327 | 68 | Resp. | |
19 | Nom. | em. 2.101 | 466 | 464 | 2 | 233 | 120 | 344 | 68 | Resp. |
20 | Nom. | em. 2.12 | 469 | 468 | 1 | 235 | 137 | 331 | 68 | Resp. |
21 | Nom. | em. 2.5 | 464 | 464 | 233 | 113 | 351 | 68 | Resp. | |
22 | Nom. | em. 2.35, 2.4 | 466 | 466 | 234 | 117 | 349 | 68 | Resp. | |
23 | Nom. | em. 2.0500 | 471 | 471 | 236 | 466 | 5 | 68 | Appr. | |
24 | Nom. | em. 3.6 | 473 | 472 | 1 | 237 | 149 | 323 | 68 | Resp. |
25 | Nom. | em. 3.102 | 473 | 472 | 1 | 237 | 119 | 353 | 68 | Resp. |
26 | Nom. | em. 3.101 | 465 | 465 | 233 | 118 | 347 | 68 | Resp. |
INDICE ELENCO N. 3 DI 3 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 30) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
27 | Nom. | em. 3.5 | 453 | 453 | 227 | 88 | 365 | 68 | Resp. | |
28 | Nom. | em. 3.1 | 457 | 457 | 229 | 131 | 326 | 68 | Resp. | |
29 | Nom. | odg 9/1690-A/4 | 438 | 438 | 220 | 108 | 330 | 68 | Resp. | |
30 | Nom. | Ddl 1690-A - voto finale | 418 | 410 | 8 | 206 | 270 | 140 | 61 | Appr. |