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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 30 gennaio 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


  La III Commissione,
   premesso che:
    la presenza italiana nel sub-continente latino-americano ha alimentato nel tempo un prezioso flusso di idee, di contatti e di cultura che ha ulteriormente arricchito una relazione privilegiata, fondata su vincoli di amicizia e valori condivisi;
    le relazioni che il nostro Paese intrattiene vanno al di là dei rapporti istituzionali, includendo gli organismi della società civile, le università, i centri di ricerca, gli enti territoriali, i nostri oriundi e le comunità di immigrati latinoamericani. L'Italia è un partner naturale della regione per tradizioni storiche, radicata presenza dell'emigrazione italiana, vicinanza di valori e affinità culturali;
    oggi per il Governo italiano tutta la regione latinoamericana ritorna a essere una priorità. L'Italia deve essere un «ponte» per avvicinare Europa e America Latina. Con l'entrata in vigore nel 2013 degli accordi di libero scambio tra Unione europea e alcuni Paesi latinoamericani garantirà un'intensificazione delle nostre relazioni;
    il nostro Paese, per il raggiungimento dei tale fini si è dotata di un importante strumento rappresentato dalla Conferenza Italia-America Latina e Caraibi, occasione d'incontro e cooperazione del sistema Paese Italia (Governo, Parlamento, regioni ed enti locali, imprese, sindacati, forze politiche, società civile, università) con i Paesi dell'America Latina, al fine di intensificare i rapporti politici ed economici con una delle aree più dinamiche del mondo;
    a partire dalla prossima edizione gli ambiti tematici sui quali i rispettivi Ministeri degli affari esteri costruiranno l'agenda delle future Conferenze Italia-America Latina e Caraibi, allo scopo di promuovere l'individuazione di progetti congiunti di mutuo interesse, investiranno tra i settori prioritari quelli dell'evoluzione degli assetti dell'economia globale, nelle sue dimensioni economiche, finanziarie e commerciali in ambito multilaterale e regionale oltre al tema del sostegno alle piccole e medie imprese e politica territoriale, argomenti all'interno dei quali si ritiene necessario un approfondimento ed un confronto sui temi del microcredito e della microfinanza, materie largamente condivise da entrambi i continenti seppur con profili di approccio completamente diversi;
    secondo il primo rapporto del segretario generale delle Nazioni Unite sul microcredito (A/53/223), programmi che prevedono piccoli prestiti di poche centinaia di dollari, o anche meno, alle famiglie più disagiate hanno la reale capacità di creare occupazione ed opportunità economiche, di inserire le donne che sono state economicamente e socialmente emarginate nelle attività produttive e di instaurare nei più poveri un sentimento di fiducia in sé stesse;
    il nostro Paese ha sviluppato un centro d'eccellenza in tema di microcredito e microfinanza unico esempio nel panorama europeo ed internazionale, l'Ente nazionale per il microcredito, con il compito di coagulare tutte le possibili sinergie, sia a livello di politiche di cooperazione allo sviluppo che a livello di crescita interna, utili alla lotta della povertà estrema e dell'esclusione finanziaria in Italia e nel mondo, in collaborazione con il Ministero degli affari esteri ed in accordo con le politiche di cooperazione internazionale adottate dall'Italia;
    l'Ente nazionale per il microcredito ha sviluppato modelli di ingegneria finanziaria e di architettura operativa, identificando quella che è stata definita la «via italiana al microcredito». Una prospettiva che offre la possibilità di un confronto costruttivo proteso al superamento di alcune criticità riscontrate proprio nel sopracitato rapporto dell'ONU e confermate dal consesso dello European microfinance Platform – autorevole rete internazionale di operatori di microfinanza di cui l'Ente è full member – quali ad esempio i tassi d'interesse nel complesso relativamente alti e con un oneroso premio di rischio nei Paesi in via di sviluppo o la concessione dei prestiti a chiunque sia in condizione di rimborsarlo, indipendentemente dalla presentazione di un piano relativo ad una piccola attività imprenditoriale nel commercio o nel settore informale con il rischio che i beneficiari consumino anziché investano i loro capitali, o piuttosto la mancanza di reale sostegno a numerosi progetti di microcredito;
    nel febbraio del 2012 è stato siglato un protocollo d'intesa che sancisce un'importante collaborazione tra l'Ente nazionale per il microcredito, l'Osservatorio giuridico latino americano (OEGLA) – centro studi economico-giuridici che favorisce il confronto tra imprese, banche, istituzioni pubbliche e private e gli Stati aderenti –, la Federazione bancaria latino americana (FELABAN), che rappresenta gli interessi delle associazioni bancarie e di 19 Paesi latini americani e raggruppa più di 500 banche regionali e l'agenzia americana per lo sviluppo Accion Internacional, che attraverso la sua rete di 19 affiliate nell'America Latina e Nord America fornisce 300 milioni di dollari all'anno in prestiti agli imprenditori più poveri (il 56 per cento dei quali sono donne). L'accordo prevede attività di promozione, formazione e realizzazione di interventi relativi al microcredito ed alla microfinanza, finalizzate al reciproco sviluppo sociale ed economico,

impegna il Governo:

   ad inserire il microcredito e la microfinanza come ambito tematico all'interno della VI Conferenza Italia-America Latina e Caraibi al fine di intensificare i rapporti politici ed economici attraverso lo scambio di buone pratiche e la realizzazione di progetti comuni rivolti alla lotta all'emarginazione socio-economica;
   a favorire il reperimento, nel primo provvedimento utile, di risorse economiche nazionali, comunitarie ed internazionali, necessarie alla realizzazione di progetti di microcredito e microfinanza condivisi come opportunità d'incontro e cooperazione con i Paesi dell'America Latina.
(7-00243) «Tidei, Amendola».


   La IV Commissione,
   premesso che:
    in data 23 giugno 2000 è stato siglato fra il Ministero della difesa, il Ministero dell'economia e delle finanze, la regione Calabria, la provincia di Crotone e il comune di Cutro un accordo di programma per la realizzazione di un insediamento militare a livello di reggimento con area addestrativa viciniore, in una località appositamente individuata nel comune di Cutro;
    a seguito di tale accordo, il suddetto comune, sostenendo una spesa iniziale per complessivi 4 milioni di euro, tra urbanizzazione delle aree circostanti e spese accessorie ha provveduto a compiere tutto ciò che era di propria competenza per l'avvio della realizzazione dell'opera, acquistando, proprio a ridosso del centro abitato, un'area in località Mascino di oltre 20 ettari, che avrebbe dovuto ospitare circa 1.000 militari (800 soldati e 200 ufficiali);
    un primo lotto funzionale relativo alla realizzazione dell'area destinata agli alloggi è stata appaltata per un importo di circa 14.000.000 di euro a favore dell'impresa consorzio artigiani romagnoli di Rimini, i cui lavori, consegnati in data 5 febbraio 2003, sono stati ultimati e collaudati il 18 dicembre 2009;
    in data 9 giugno 2009 il Sottosegretario pro tempore Giuseppe Cossiga, rispondendo ad un'interrogazione parlamentare (n. 5-02931) presentata dall'onorevole Di Stanislao (primo firmatario), ha messo a conoscenza che per effetto dei provvedimenti discendenti dal combinato disposto di cui al decreto legislativo n. 215 del 2001 ed alla legge n. 226 del 2004, che ha determinato la sospensione del servizio di leva obbligatorio, con conseguente adozione del servizio di leva su base esclusivamente volontaria, è venuta meno la motivazione posta alla base dell'originario progetto nascente dalla necessità di dare concreta attuazione all'articolo 1 della legge 23 dicembre 1996 n. 662, accantonando perciò la possibilità di dar seguito al completamento della struttura militare, e confermando quanto comunicato precedentemente dallo stesso sottosegretario al comune di Cutro con nota del 6 maggio 2009;
    l'Accordo di programma sottoscritto il 23 giugno 2000 dal Ministero della difesa, dal Ministero dell'economia e delle finanze, dalla regione Calabria, dalla provincia di Crotone e dal comune di Cutro prevede all'articolo 10, che eventuali modifiche all'Accordo di programma potranno essere apportate soltanto se c’è il consenso unanime delle amministrazioni che lo hanno sottoscritto e, all'articolo 7 l'istituzione di un collegio di vigilanza con il compito di verificare il puntuale adempimento dell'accordo e la possibilità deliberare in merito all'esercizio dei poteri sostitutivi in caso di inadempimento delle obbligazioni assunte con l'accordo e con la eventuale nomina di un commissario ad acta. È evidente dunque che questi due articoli vincolino il Ministero della difesa a completare i lavori di costruzione della caserma militare in assenza di volontà contraria di tutte le parti che lo hanno sottoscritto;
    le istituzioni locali e regionali in più occasioni hanno infatti manifestato anche con diversi incontri pubblici, la volontà di completare l'opera militare, fortemente voluta anche dalla popolazione dell'intera provincia;
    al momento permane una situazione di grave disagio visto che l'accantonamento del progetto ha determinato un enorme danno per l'intera comunità locale, dato che molti cittadini hanno effettuato investimenti per creare servizi che avrebbero dovuto sostenere il funzionamento della caserma. Il completamento dell'investimento militare, rivestirebbe anche un impegno strategico rispetto alle condizioni di avanzamento economico che vi potrebbero essere per la centralità che assumerebbe questa struttura non solo nel territorio del comune di Cutro, ma per l'intera provincia di Crotone,

impegna il Governo:

   ad assumere le iniziative di competenza dirette a dare concreta attuazione all'accordo di programma sottoscritto in data 23 giugno 2000 in modo da consentire finalmente il completamento dell'opera militare e la destinazione di un reggimento militare;
   a provvedere, senza ulteriori indugi, al recupero degli alloggi già completati che, a seguito dell'accantonamento dei lavori, stanno innanzitutto andando incontro ad un progressivo degrado, e a scongiurare il rischio, soprattutto in un periodo di grave crisi economica nazionale, di un ulteriore cattivo uso di risorse pubbliche visto che per gli interventi finora realizzati sono stati già spesi oltre 20 milioni di euro;
   a valutare l'opportunità di rafforzare in modo permanente la presenza militare in un territorio dove risulta piuttosto radicata e diffusa la presenza di pericolose organizzazioni criminali, e dove a pochi chilometri di distanza, nel comune di Isola di Capo Rizzuto, è ubicato uno tra i centri di accoglienza per immigrati più grandi d'Europa, ciò anche con l'obiettivo di risollevare un comprensorio già martoriato da vecchie e nuove problematiche, prima fra tutte quella dell'occupazione.
(7-00244) «Scanu, Oliverio, Stumpo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:


   LOCATELLI e QUARTAPELLE PROCOPIO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la colonia montana «Sciesopoli», inaugurata a Selvino (BG) nel 1933, ha ospitato dal 1945 al 1948 circa 800 bambini e ragazzi ebrei, orfani, provenienti da tutta Europa e sopravvissuti ai campi di concentramento e di sterminio, in attesa di raggiungere la Palestina, allora sotto amministrazione mandataria britannica;
   la colonia rappresenta uno dei più importanti insediamenti di profughi ebrei in Italia dopo la feconda guerra mondiale, al cui sostentamento ha contribuito la cittadinanza offrendo ospitalità e sostegno concreto; il comune di Selvino ha realizzato il gemellaggio con il kibbutz Tzeelim (Israele), dove buona parte dei bambini di Selvino confluì;
   dopo aver ospitato, fino al 1984, un centro di accoglienza per minori disagiati, la struttura, ormai proprietà privata, versa oggi in uno stato di completo abbandono, nonostante rappresenti una testimonianza diretta della Shoah che andrebbe valorizzata sia a livello museale che di conoscenza diffusa;
   un vasto complesso di associazioni sta lavorando per il recupero della memoria di «Sciesopoli» attraverso iniziative di studio, ricerca e divulgazione;
   una petizione internazionale ha già, in meno di un mese, raccolto circa 3.000 adesioni «Perché duri la Memoria di Sciesopoli» e si realizzi a Selvino un Memoriale del «Bambini di Selvino»;
   il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, direzione generale per il paesaggio, le belle arti, l'architettura e l'arte contemporanee, servizio II, ha espresso un parere favorevole alla petizione «di cui si condividono gli assunti» –:
   se il Governo intenda promuovere attività significative che diano risposte positive alla petizione;
   se intenda fare da raccordo, per quanto di competenza, tra i diversi soggetti interessati (comitato promotore della petizione, enti locali, associazioni locali e dei sopravvissuti, comunità ebraiche, istituti di ricerca, centri di documentazione e fondazioni, organismi per la tutela e la progettazione del territorio) per valutare la nascita di un organismo che progetti i modi opportuni per la conservazione di quella memoria e che sappia attrarre investimenti necessari al recupero di «Sciesopoli»;
   se si intenda promuovere la conoscenza di «Sciesopoli», anche all'interno degli istituti scolastici, come luogo simbolo della Shoah;
   se si intenda aderire all'invito alla collaborazione che viene espresso dalla petizione internazionale per un memoriale dei «Bambini di Selvino», che ricordi anche l'abnegazione delle popolazioni di quelle contrade. (4-03381)


   NESCI, PARENTELA e DIENI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   Sorical spa, acronimo di «Società Risorse Idriche Calabresi», gestisce, con capitale misto pubblico-privato, l'approvvigionamento e la fornitura all'ingrosso dell'acqua ad uso potabile sul territorio della regione Calabria;
   la stessa spa, di cui l'ente regione detiene il 53,5 per cento delle quote, rifornisce 391 comuni calabresi di 260.000.000 metri cubi/anno di acqua, risultando beneficiario dei contributi pubblici finalizzati all'attuazione degli interventi previsti nella misura 1.1 del POR Calabria, nonché soggetto attuatore degli interventi previsti dal cosiddetto «Accordo di programma quadro ciclo integrale delle acque»;
   gli impegni della suddetta società consistono, per la sintesi pubblica che la medesima ha fornito sul proprio sito Internet, nell’«eseguire tutti i lavori, fornire tutte le prestazioni e tutti i materiali e mezzi d'opera occorrenti per la custodia, la conservazione, la manutenzione ordinaria e straordinaria ed il corretto esercizio delle opere affidate in gestione», nonché nello «svolgere i previsti controlli chimico-fisici e biologici sulle acque potabili prodotte ed erogate alle utenze, da effettuarsi secondo le modalità previste dalla normativa vigente», anche assicurando «la guardiania, il controllo dei manufatti nonché la reperibilità dei responsabili delle diverse funzioni operative nei giorni non lavorativi e festivi, in modo da garantire, un valido servizio continuativo»;
   gli adeguamenti tariffari applicati ai comuni calabresi dalla Sorical spa sono stati determinati dalla regione Calabria sin dal 2005 ed applicati addirittura sulle tariffe a partire dall'anno 2002;
   la sezione regionale di controllo per la Calabria della Corte dei conti, nell'adunanza pubblica del 5 dicembre 2011 circa la gestione delle risorse idriche e dei relativi impianti in Calabria anche con riferimento alla costituzione ed alle attività delle società miste, ha mosso alcuni rilievi riguardanti il metodo tariffario, i valori di tariffa del prezzo iniziale dell'acqua e l'errore di conversione lire/euro, stabilendo che «la esatta conversione del primo valore di tariffa stabilito in lire 286,04 risulta pari a euro 0,147727 e non pari a euro 0,15, la conversione del secondo valore di tariffa stabilito in lire 468,75 risulta pari a euro 0,242089 e non pari a euro 0,25»;
   la stessa sezione della Corte dei conti ha altresì rilevato che la tariffa ha registrato, pertanto, un aumento immediato per l'acqua fornita a gravità dell'1,5386 per cento e per quella fornita per sollevamento del 3,2678 per cento;
   la Corte Costituzionale con diverse sentenze (n. 246 del 24 luglio 2009, n. 29 del 4 febbraio 2010, n. 142 del 23 aprile 2010, n. 67 del 12 aprile 2013) ha ribadito che la competenza dello Stato nella determinazione delle tariffe idriche è esclusiva e che tale attività è preclusa alle regioni (sentenza n. 142 del 2010);
   il Consiglio di Stato (sentenza n. 4301 del 9 settembre 2008) ha ribadito il principio della illegittimità degli atti amministrativi che, nello stabilire nuove tariffe per la fornitura dell'acqua, ne prevedono l'applicazione in via retroattiva;
   la regione Calabria, con proprio decreto (n. 9614 del 1o giugno 2009), aveva stabilito un nuovo adeguamento tariffario che, in ottemperanza a quanto sentenziato dalla Corte Costituzionale, avrebbe dovuto essere ritirato per chiaro vizio di costituzionalità;
   la regione Calabria, con decreto n. 6348 del 24 aprile 2013, ha determinato nuovi adeguamenti alle tariffe per l'erogazione del servizio idrico all'ingrosso per i comuni circa gli anni 2010 e 2011 e dalla tariffa dell'anno 2011 sarebbero stati calcolati i nuovi adeguamenti tariffari del 2012 e del 2013, richiesti di recente ai comuni con una lettera di Sorical spa;
   tali aumenti, che avrebbero decorrenza dal 1o gennaio 2013, sarebbero stati determinati in base alle delibere dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas;
   i suddetti adeguamenti (anno 2012 e 2013) devono ancora essere autorizzati dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas;
   il comune di Borgia (Catanzaro) ha impugnato il decreto regionale (n. 6348 del 24 aprile 2013) al TAR della Calabria;
   il coordinamento calabrese per l'acqua pubblica «Bruno Arcuri» ha promosso un sit-in presso la sede del consiglio regionale della Calabria mercoledì 8 gennaio 2014 in cui ha invitato Sorical ad adeguarsi alle decisione della Corte Costituzionale, manifestando contro l'illegittimità dell'adeguamento delle tariffe;
   il consigliere regionale della Calabria Giuseppe Giordano ha presentato un'interrogazione a risposta scritta con cui ha chiesto di sapere se «la regione Calabria nella determinazione delle tariffe per le annualità 2010 e 2011 abbia tenuto conto della normativa di settore e delle decisioni dei diversi organi giurisdizionali intervenuti negli anni, se per quanto concerne le tariffe 2012 e 2013 sia intervenuta la formale approvazione da parte dell'AEEG e se debba ritenersi legittima l'applicazione retroattiva delle stesse»;
   il suddetto consigliere regionale ha chiesto, nell'atto succitato, una revoca in autotutela del decreto n. 6348 del 24 aprile 2013 e la rideterminazione, nel rispetto della normativa di settore, delle tariffe applicate, che hanno provocato difficoltà di bilancio ai vari comuni calabresi;
   sempre il consigliere Giordano, ha aggiunto, nella menzionata interrogazione, l'opportunità di avviare un tavolo di confronto fra i vari soggetti istituzionali (regione, Sorical, comuni, province, Comitati per l'acqua pubblica), per una risoluzione definitiva ed equa che ponga fine a contenziosi e disservizi, garantisca alla comunità calabrese un servizio efficiente ed economicamente sostenibile, anche alla luce dei risultati referendari del 2011 con i quali i cittadini italiani si sono espressi per una gestione pubblica dell'acqua fuori dalle logiche di mercato;
   Sorical spa, in una nota stampa del 16 gennaio 2014 apparsa sulla testata elettronica Crotone24news ha dichiarato che «nessun organo giurisdizionale competente ha mai dichiarato l'illegittimità delle tariffe idriche applicate dalla Sorical e della connessa procedura di adeguamento tariffario, dunque i corrispettivi addebitati negli anni dalla Società sono sempre stati calcolati con l'applicazione di tariffe contenute in atti amministrativi regionali definitivi, perché mai impugnati, validi ed efficaci»;
   la riferita spa ha contestualmente asserito che il rilievo «della Corte dei Conti è invece un parere consultivo che guarda al più generale assetto del sistema idrico calabrese», aggiungendo che «per quel che concerne, poi, le tariffe idriche anni 2012/2013 e successive, competerà all'Autorità per l'Energia Elettrica ed il Gas (AEEG) approvare i relativi incrementi», che, «per legge, decorreranno dall'1.01.2013»;
   il procuratore aggiunto di Reggio Calabria Ottavio Sferlazza, nell'ambito dell'operazione «Ceralacca 2» ha disposto la misura cautelare nei confronti di 16 persone tra imprenditori, funzionari e pubblici dipendenti in Calabria, Veneto, Marche e Toscana ed eseguito il sequestro di beni e società per un valore di circa 40 milioni di euro, ipotizzando una vera e propria organizzazione che prevedeva il pagamento di tangenti per truccare gli appalti della Sorical spa;
   con atto ispettivo n. 4-15546 del 29 marzo 2012, la deputata Angela Napoli, richiamando la relazione della magistratura contabile calabrese, ha evidenziato il problema della tariffa del servizio idrico integrato che ha gravato per circa 1,8 milioni di euro all'anno sui comuni e, quindi, sui cittadini, calabresi, nonché il fatto che Sorical non sia mai stata posta sotto il controllo della stazione unica appaltante regionale (SUAR);
   nell'interrogazione parlamentare n. 4-16711, la deputata Napoli considerò che nel marzo del 2012 l'inchiesta giudiziaria «Ceralacca», condotta dalla direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, determinò arresti anche di funzionari Sorical, con l'ipotesi di reati particolarmente gravi;
   nel suddetto atto, la deputata Napoli ha riportato anche risultanze dell'inchiesta «Acqua sporca», della procura di Vibo Valentia, riguardanti pregiudizi per la salute pubblica in relazione all'invaso artificiale «Alaco», su cui gli interroganti hanno presentato l'interrogazione a risposta scritta n. 4-00244 nella seduta n. 9 della corrente legislatura rivolta al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della giustizia, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione;
   nell'anzidetta interrogazione, finora senza risposta, è stato chiesto ai destinatari «se non ritengano necessari interventi per la chiusura dell'invaso, in attesa delle verifiche circa i sedimenti e previa predisposizione, secondo competenze, di un piano per un diverso approvvigionamento idrico dei comuni finora serviti» e «se non intendano acquisire, ogni ulteriore elemento in relazione alla gestione del servizio idrico integrato in Calabria da parte di Sorical e ai protocolli di comunicazione tra questi, le aziende sanitarie provinciali e l'Arpacal»;
   il comune di San Giovanni in Fiore (Cosenza), governato dalla medesima parte politica che sovrintende all'assessorato ai lavori pubblici della regione Calabria, di recente ha corrisposto oltre un milione di euro per le tariffe del servizio idrico di Sorical, indipendentemente dai rilievi generali della Corte dei conti più sopra esposti;
   occorrerebbe avviare una verifica, da parte degli organi di competenza, circa la congruità dell'importo corrisposto a Sorical – qui rammentato – dal comune di San Giovanni in Fiore –:
   se siano a conoscenza dei fatti qui esposti, di quali elementi dispongano in ordine ai richiamati problemi delle tariffe del servizio idrico, e quali iniziative di competenza intendano assumere anche sulla scorta di tutte le sentenze e indicazioni fornite sul punto dalle Corti citate nel presente atto;
   quali iniziative, per le proprie competenze, intendano adottare a garanzia della salute pubblica dei cittadini dei comuni che ricevono acqua potabilizzata dall'invaso dell’«Alaco», anche in considerazione del quadro giudiziario, riportato in premessa, riguardante Sorical. (4-03388)


   DANIELE FARINA, NICCHI, AIELLO e PIAZZONI. —Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   sul sito di Repubblica.it, cronaca di Bologna, in data 29 gennaio 2014, è apparso un articolo dal titolo « “Ausl non mi fornisce farmaco con cannabis”, denuncia ai Carabinieri»;
   l'articolo riguarda la vicenda di una donna di 58 anni, anoressica, che per curarsi avrebbe bisogno di un medicinale stimolatore della fame – come da sua scelta, non testato sugli animali – il Bedrocan, derivato dalla cannabis;
   a fronte della sua richiesta, nonostante la relativa prescrizione medica, l'azienda sanitaria le avrebbe negato il farmaco. La signora, a seguito del diniego, ha presentato una denuncia ai carabinieri per omissione di soccorso nei confronti dell'Ausl di Bologna;
   il Bedrocan è l'unico medicinale che la signora intende usare in quanto si rifiuta, come già illustrato, per scelta, di assumere farmaci testati su animali;
   tale medicinale è reperibile in Olanda, ma consentito per uso terapeutico in Italia, con ricetta medica;
   la donna, P.N., come riportato nell'articolo, spiega di aver utilizzato in passato anche altri farmaci, che però non hanno sortito alcun effetto su di lei: «Sono peggiorata, continuo a dimagrire e solo la marijuana mi fa venire appetito», afferma;
   la donna ha presentato la richiesta del medicinale sin dal giugno 2012, anche sollecitata con successivi telegrammi, senza tuttavia aver mai ottenuto risposte formali. Informalmente, invece, le avrebbero risposto che è la regione a non concedere l'autorizzazione. Anche il successivo contatto con l'urp della regione non ha portato ad alcun risultato. A quel punto la donna si è presentata ai carabinieri e la sua denuncia è attualmente al vaglio della procura;
   la vicenda «kafkiana» riportata nell'articolo di Repubblica.it non descrive un episodio isolato, ma assolutamente diffuso sul territorio nazionale, tanto che diverse regioni, nell'ultimo periodo, hanno approvato leggi per disciplinare l'uso di farmaci a base di cannabinoidi al fine di garantire cure adeguate ed efficaci ai tanti malati che soffrono, e rispetto ai quali la cannabis è riconosciuta come benefica, quali ad esempio, da ultimo, la Puglia;
   disciplinare l'uso dei farmaci cannabinoidi, a partire dal piano terapeutico predisposto dal medico specialista del servizio sanitario regionale, non può che rappresentare un passo avanti nell'attuazione concreta del diritto alla salute, riconosciuto e garantito dall'articolo 32 della Costituzione, che porterebbe beneficio a tutti quei malati che attendono, nelle regioni dove tale utilizzo non è ancora disciplinato, da anni la possibilità di avere sollievo rispetto alle proprie sofferenze –:
   quali siano le informazioni e gli orientamenti del Ministro interrogato, per quanto di competenza, circa la vicenda illustrata in premessa che, anche in relazione a diverse patologie, vede coinvolti nel nostro Paese numerosi malati, rispetto ai quali non trova attuazione quanto previsto dall'articolo 32 della Costituzione, in tema di diritto alla salute;
   quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, siano intenzionati ad intraprendere per tentare di dare soluzione alle problematiche delicate ed urgenti sollevate in premessa. (4-03391)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:


   MERLO e BORGHESE. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel 1921, in occasione dei festeggiamenti del primo centenario dell'indipendenza argentina, la comunità italiana come segno di gratitudine per la generosità di questa terra nell'averli accolti fece, dono alla città di Buenos Aires, di un monumento raffigurante Cristoforo Colombo;
   il monumento, di pregiatissimo marmo di Carrara realizzato dall'artista Arnaldo Zocchi, rappresenta, da circa un secolo, il simbolo di amicizia tra i due Paesi;
   il Parlamento della città autonoma di Buenos Aires ha solennemente dichiarato che il monumento a Cristoforo Colombo fa parte del patrimonio storico ed artistico della città;
   recentemente il Governo argentino ha deciso di spostare il monumento, collocato da sempre alle spalle della Casa Rosada, sede della presidenza argentina, nella città di Mar del Plata. Ciò per far posto, in questo posto simbolo, ad una statua della leader della guerriglia anti spagnola Juana Azurrduy, donata dal Governo boliviano;
   nonostante le vibrate proteste dell'intera comunità italiana il Governo argentino, con il preteso di dover procedere ad un restauro del monumento a Cristoforo Colombo, 29 giugno del 2013, lo fece rimuovere;
   tutto ciò, oltre ad essere stato oggetto di numerose manifestazioni e interventi sui mass-media locali, nazionali ed internazionali, ha interessato anche i competenti organi giurisdizionali;
   il tribunale federale, aveva già accolto il ricorso contro lo spostamento concedendo una sospensione di 90 giorni;
   a seguito di tanto giustificato clamore, della decisa opposizione della Federazione delle Associazioni italiane del distretto di Buenos Aires (Fediba) e dei Comites locali è stato deciso di accantonare il progetto di trasferire il monumento a Cristoforo Colombo a Mar del Plata;
   secondo le informazioni date dalla stampa Argentina, la temporanea rimozione avvenuta il 29 giugno  2013 avrebbe prodotto ulteriori danni e questo ora necessiterebbe di un vero e proprio intervento di restauro;
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti espressi in premessa e quali siano i suoi orientamenti al riguardo;
   se non si ritenga di dover intraprendere, in considerazione del valore artistico, culturale e simbolico del monumento a Cristoforo Colombo, tutte le iniziative atte a conservare nel miglior stato possibile tale opera, concordando, ove fosse possibile, con le autorità locali e nazionali un sollecito piano di restauro conservativo. (4-03385)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   ASCANI e PICCOLI NARDELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   i settori culturali e creativi (SCC), oltre ad avere una dimensione economica, rappresentando il 4,5 per cento del prodotto interno lordo dell'Unione europea e dando lavoro a più di 8 milioni di persone, sono anche patrimonio culturale tangibile è intangibile;
   la diversità culturale europea rappresenta la peculiarità di ogni Paese. Il programma denominato «Creative Europe», avviato dalla Commissione europea il 5 novembre 2013, è un programma che mira a salvaguardare le diversità e a potenziare le competitività del settore culturale sostenendo tutti gli operatori e le organizzazioni attive nell'ambito degli SCC, dalla cultura al cinema, dalla televisione alla musica, dalla letteratura alle arti dello spettacolo, dal patrimonio culturale ai settori affini, apportando benefici in tutti i campi;
   il nuovo programma dispone di un bilancio di 1,46 miliardi di euro per i prossimi sette anni (2014-2020) – il 9 per cento in più rispetto ai livelli attuali. Esso andrà a coprire gli attuali programmi MEDIA e Cultura, ogni progetto che verrà sviluppato avrà i propri obiettivi ed i propri criteri di valutazione;
   Creative Europe, inoltre, lancerà un nuovo strumento di garanzia finanziaria, che consentirà anche alle piccole imprese nei settori creativi e culturali di avere un più facile accesso a prestiti bancari. In totale il programma contribuirà a finanziare almeno 250mila artisti e operatori culturali, 2000 cinema, 800 film e 4500 traduzioni di libri;
   il decreto-legge n. 91 del 2013 (convertito dalla legge n. 112 del 2013) reca disposizioni per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale italiano, nonché disposizioni per il rilancio del cinema, delle attività musicali e dello spettacolo dal vivo;
   nell'articolo 8, comma 9, del decreto-legge n. 91 del 2013 di cui sopra è deliberato che in riferimento al programma promosso dalla Commissione europea per il periodo 2014-2020 denominato «Europa Creativa», finalizzato a sostenere l'industria culturale e creativa, a migliorare l'accesso al credito degli operatori e a proteggere e promuovere la diversità culturale e linguistica europea, è istituito presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo un tavolo tecnico operativo, con il coinvolgimento diretto dei soggetti potenziali destinatari del programma. La composizione del suddetto tavolo è definita con decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto;
   il periodo di sessanta giorni a decorrere dall'entrata in vigore della legge (8 ottobre 2013), indicato nel sopracitato articolo 8, comma 9, come termine ultimo per l'emissione del decreto ministeriale per la composizione di un tavolo tecnico operativo, risulta trascorso –:
   quali azioni il Ministro intenda adottare al fine di sostenere il programma denominato «Europa Creativa» migliorando di conseguenza l'accesso al credito degli operatori e proteggendo e promuovendo la diversità culturale e linguistica europea ovvero in quali tempi intenda istituire il tavolo tecnico di cui all'articolo 9, comma 8, del decreto-legge n. 91 del 2013. (5-02026)


   BOSSA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'Antro della Sibilla è una straordinaria testimonianza archeologica dei Campi flegrei: una galleria artificiale di epoca greco-romana, rinvenuta a seguito degli scavi dell'antica città di Cuma; secondo l'archeologo Amedeo Maiuri l'Antro della Sibilla venne realizzato tra il VII ed il VI secolo a.C., mentre altri indicano il periodo della sua costruzione tra il X ed il IV secolo a.C.;
   l'Antro della Sibilla, secondo la mitologia, era il luogo nel quale risiedeva la Sibilla Cumana, che da lì dispensava i suoi oracoli e viene citato così nell'Eneide di Virgilio; alcuni studiosi hanno ipotizzato che si trattasse semplicemente di una struttura militare con scopo difensivo;
   l'antro è interamente scavato nel tufo e richiama l'attenzione di migliaia di appassionati e turisti che accorrono da tutto il mondo per visitare uno dei luoghi più noti e suggestivi del patrimonio archeologico italiano;
   secondo quanto riportato dal quotidiano Il Mattino nei giorni scorsi, l'antro presenta crepe e vistose fenditure in molti tratti della galleria di tufo; una situazione preoccupante che ha indotto la soprintendenza a puntellare con speciali armature di legno alcune parti;
   da alcune pareti si sarebbero staccati anche frammenti di tufo, e la circostanza ha indotto a procedere ad indagini statiche più approfondite;
   in realtà già nel gennaio del 2012 ci fu un primo allarme sulla tenuta statica dell'Antro della Sibilla; in quella occasione, infatti, la parte iniziale dell'antro fu interdetta alle visite e delimitata da nastri segnaletici; dal soffitto, infatti, si staccarono pezzi di tufo; furono avanzate preoccupazioni per eventuali nuovi crolli e fu realizzato un progetto di consolidamento che però non sarebbe mai partito del tutto a causa della mancanza di fondi;
   le crepe e le piccole frane di questi giorni hanno rilanciato l'allarme e ne hanno amplificato la portata, dal momento che i nuovi eventi riguardano altre zone rispetto a quelle di due anni fa;
   grande è la preoccupazione per il destino di un'area archeologica di pregio e di valore unico per il nostro Paese;
   una situazione simile di abbandono riguarda anche la Grotta della Sibilla, che si trova sulle sponde del lago d'Averno; secondo quanto riportato sempre dal quotidiano Il Mattino, l'antico anfratto scavato nel tufo per volontà del generale Agrippa, versa in condizioni di totale degrado; è di proprietà privata ma viene resa visitabile solo quando l'anziano custode ha la possibilità di farlo; il risultato è che a volte i turisti si ritrovano la strada sbarrata e non vi possono accedere –:
   se sia a conoscenza di quanto sopra esposto, e se il Governo intenda promuovere, e quali, iniziative a tutela dell'Antro della Sibilla di Cuma (Napoli), per difenderlo dal rischio di nuovi crolli e frane e, nell'insieme, a tutela di tutto lo straordinario patrimonio archeologico dei Campi flegrei. (5-02033)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   BATTAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   sembrerebbe molto probabile la decisione di sopprimere l'attuale tenenza della Guardia di finanza avente sede a Roccella Jonica comune importante della provincia di Reggio Calabria con il conseguente trasferimento del personale in servizio presso Locri;
   le ragioni non ancora ufficializzate sarebbero, a quanto risulta all'interrogante, da addebitare alla inadeguatezza e pericolosità dei locali che attualmente ospiterebbero i militari della Guardia di finanza;
   appare però quanto mai sorprendente che circa la presunta pericolosità dell'immobile l'agenzia del demanio proprietaria dell'immobile presso il quale sono dislocati gli uffici della tenenza della Guardia di finanza non fosse a conoscenza di tale situazione di instabilità dell'immobile;
   tra l'altro l'amministrazione comunale ha sempre manifestato grande attenzione alla questione ed è sempre stata collaborativa al fine di non perdere un importante presidio di legalità come appunto la tenenza della Guardia di finanza;
   il comprensorio in questione è molto complesso e articolato e Roccella Jonica presenta parametri socio economici che la rendono comunità leader; è ad esempio il primo comune della provincia per presenze turistiche, e non è un caso che anche gli interessi criminali abbiano attenzionato questo territorio;
   in virtù di queste ragioni diventa fondamentale mantenere un presidio per la sicurezza come appunto la tenenza della Guardia di finanza;
   il comando regionale della Guardia di finanza sarà chiamato a decidere presto sulla riorganizzazione della presenza sul territorio provinciale –:
   se e quali iniziative il Governo intenda attivare per scongiurare la soppressione della tenenza della Guardia di finanza di Roccella Jonica. (5-02025)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIPRINI, GALLINELLA e TRIPIEDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   da informazioni giornalistiche (Il Tempo mobile in Cronache del 11 gennaio 2014 a firma di Vincenzo Imperitura) il dottor Lucio Pascale, funzionario e, fino al maggio del 2013, dirigente dell'ufficio centrale audit interno dell'Agenzia delle dogane, ha presentato alla procura generale della Corte dei conti di Roma un esposto lamentando e censurando il comportamento dell'Agenzia delle dogane per alcune assunzioni di posizioni dirigenziali «assegnate» senza tener conto dei requisiti minimi individuati dalla legge, che prevede che possa accedere ai posti da dirigente negli enti pubblici solo chi ha «svolto attività in organismi ed enti pubblici e privati con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali» o che abbia «conseguito una particolare specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e post universitaria» (articolo 19, comma 6, decreto legislativo n. 165 del 2001);
   da quanto segnalato, in molti dei curriculum dei dirigenti nominati non v’è traccia del requisito di laurea normativamente previsto e di altri requisiti previsti dalla legge (articoli 19 e seguenti del decreto legislativo n. 165 del 2001);
   è noto il principio in forza del quale l'accesso ai pubblici impieghi — e segnatamente il reclutamento dei dirigenti delle amministrazioni dello Stato — è soggetto al principio della stretta legalità, con la conseguenza che è solo nella legge che la relativa disciplina deve trovare fondamento ed attuazione, di modo tale da avvenire in condizioni di effettiva e sostanziale uguaglianza, in stretta osservanza degli indefettibili principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità dell'amministrazione;
   i dirigenti ricoprono l'incarico per tre anni e percepiscono retribuzioni medio alte, cosicché il danno per l'Agenzia delle dogane sarebbe notevole: di qui l'esposto alla Corte dei conti;
   l'interrogante con interrogazione a risposta scritta (n. 4/00493) e interrogazione a risposta orale (n. 3/00525), rimaste tuttora prive di riscontro, chiedeva al Ministro l'attivazione di misure di verifica e controllo delle procedure di assegnazione di incarichi dirigenziali ai funzionari dell'amministrazione doganale e la trasparenza dell'assegnazione degli incarichi dirigenziali –:
   se rispondano a verità i fatti esposti e denunciati e quali misure anche di carattere ispettivo/amministrativo intenda adottare il Ministro interrogato per verificare la regolarità delle nomine, le responsabilità connesse e l'eventuale danno all'erario. (4-03383)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'ARIENZO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'UNEP, l'ufficio che si occupa di notifiche, esecuzioni e protesti, presso il tribunale di Verona sarebbe a rischio paralisi a causa dell'eccessivo carico di lavoro e della forte carenza di personale in servizio. A causa di tale situazione pare che il dirigente abbia rassegnato le dimissioni dall'incarico, che non sarebbero state accettate;
   nel dettaglio dalla stampa locale si legge che:
    «servono ore, a volte giorni, per depositare una notifica e le pratiche di sfratto vengono spesso eseguite all'ultimo giorno. La situazione è al limite dell'accettabile, sia per gli utenti, ovvero gli avvocati che depositano gli atti, sia per i dipendenti, costretti a turni massacranti e ad una mole di lavoro sempre più pressante. Il tutto in un clima ad altissimo stress»;
    «il problema riguarda la pianta organica, che già rispetto alla media nazionale è sottostimata. Verona, per numero di abitanti e per attività gestisce una mole di pratiche che è tre volte superiore alla media nazionale, ma a questo non corrisponde un maggior numero di personale»;
    «la situazione è già stata segnalata al Ministero e ad oggi non vi sono segnali a favore della soluzione»;
   il disagio è evidente e la situazione è peggiorata notevolmente perché, a causa delle recenti modifiche normative, che hanno coinvolto il Ministero della giustizia, mentre in precedenza gli UNEP di Soave e di Legnago avevano in carico molti paesi ed a Verona era riservato circa il 50 per cento del territorio provinciale, ora, dopo l'accorpamento dei tribunali di Soave e Legnago a quello di Verona, sul NEP sono ricaduti tutti i paesi della provincia, senza però il relativo personale ivi precedentemente impegnato;
   l'UNEP in questione dovrebbe avere in pianta organica 40 dipendenti ma, al momento attuale, ve ne sono solo 27; di questi unicamente 12 unità espletano servizio all'esterno, con un carico di 99 comuni, 268 frazioni, per un totale di 908.492 abitanti su un territorio vasto kmq 3.097,19 (fonte Istat 2009);
   l'emergenza, che dura da anni ed è diventata ormai endemica ed epidemica, si è aggravata per il trasferimento di due ufficiali giudiziari al NEP di Roma e di un altro, proveniente da Legnago, a Venezia;
   in questa situazione emergenziale la corte d'appello di Venezia, con un provvedimento del 24 gennaio 2014 ha anche applicato il dirigente del NEP di Verona al NEP di Padova per due giorni alla settimana;
   ad aprile un ulteriore funzionario giudiziario andrà in pensione ed altri due, in possesso dei requisiti per il pensionamento, ma che avrebbero manifestato la volontà di continuare a lavorare, saranno costretti a pensionarsi, perché impiegati in condizioni proibitive;
   tenendo conto che da anni non vengono indetti concorsi ed il turn over è bloccato da oltre un decennio, è chiaro che l'UNEP di Verona sarà presto al completo collasso;
   i lavoratori in servizio, che non hanno orario d'ufficio (ormai neppure una vita privata), pur operando con sacrifici ed orari disumani, non riescono più a sopperire alla storica inadeguatezza dell'organico a causa dell'enorme mole di lavoro, ad erogare servizi efficienti ed a soddisfare i bisogni dell'utenza, per cui all'UNEP di Verona non vi è più da molto tempo il necessario clima di distensione tra i lavoratori presenti e tra questi e i professionisti, che si rivolgono all'ufficio;
   il clima generale di malessere è aggravato anche dai forti ritardi nel pagamento degli stipendi, se si pensa che a gennaio gli ufficiali giudiziari hanno percepito lo stipendio di novembre 2013 –:
   se non sia urgentissimo risolvere la grave questione segnalata sia in passato sia con questa interrogazione;
   quali progetti siano in essere per favorire la velocità degli adempimenti da svolgere e che caricano quell'ufficio in maniera rilevante;
   se risultano possibili e a breve, pur nella consapevolezza che le soluzioni tampone non siano la soluzione ottimale, spostamenti di personale almeno per risolvere temporaneamente la condizione emergenziale di quell'ufficio;
   quale altra iniziativa possa essere posta in essere al fine di scongiurare la grave eventualità di uno sciopero del personale, magari prolungato nel tempo, che bloccherebbe definitivamente il servizio, già oggi non corrispondente alle esigenze del territorio veronese. (4-03376)


   CATANOSO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo n. 156 del 7 settembre 2012, si è stabilito che gli enti locali fossero le strutture amministrative competenti a manifestare la volontà al mantenimento degli uffici locali del giudice di pace rientranti nella tabella allegata al suddetto decreto;
   il comma 2 dell'articolo 3 del suddetto decreto stabilisce che gli enti locali interessati, anche consorziati tra loro, possono chiedere il mantenimento degli uffici di che trattasi nonostante la prevista soppressione, anche tramite eventuale accorpamento, facendosi integralmente carico delle spese di funzionamento e di erogazione del servizio giustizia nelle relative sedi, ivi incluso il fabbisogno di personale amministrativo che sarà messo a disposizione dagli enti medesimi;
   i consigli comunali di Giarre, Calatabiano, Fiumefreddo di Sicilia, Mascali, Milo, Piedimonte Etneo, Riposto e Sant'Alfio hanno deliberato il mantenimento a proprie spese degli uffici del giudice di pace a Giarre;
   le deliberazioni consiliari dei comuni citati contengono anche il riferimento agli oneri economici da assumere pro quota come specificato dal comma 2 dell'articolo 3;
   entro il 29 aprile 2014 il Ministro interrogato, in base alla circolare n. 72 del 12 settembre 2013, deve procedere all'emanazione del relativo decreto che individui le sedi degli uffici del giudice di pace mantenuti con oneri a carico degli enti locali;
   secondo quanto dispone la circolare appena citata, «laddove il decreto intervenga in tempo utile, l'efficacia delle disposizioni decorre dalla emanazione del medesimo provvedimento; in caso di mancata emanazione vale il termine ultimo...» del 29 aprile;
   le deliberazioni dei vari enti locali sulla volontà o meno di farsi carico degli oneri di mantenimento sono state tutte trasmesse al Ministero della giustizia –:
   quali siano i tempi di definizione della vicenda espressa in premessa e se il Ministro abbia intenzione di emanare il decreto di individuazione degli uffici a carico degli enti locali. (4-03380)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   NICCHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nell'ottobre del 2013 alcune frane hanno danneggiato pesantemente la linea ferroviaria Siena-Grosseto;
   RFI ha sostenuto che entro la fine di novembre 2013 sarebbero stati conclusi i lavori di ripristino delle linee interrotte;
   la linea Siena-Buonconvento è stata riattivata con la messa in sicurezza di circa 500 metri di binario e il consolidamento di alcuni ponti sui torrenti Sonna e Arbia;
   per la riattivazione della successiva tratta fra Bonconvento e Montepescali-Grosseto RFI ha dichiarato che era necessario aspettare ancora due mesi a causa dei forti danni all'infrastruttura;
   ne sono passati tre e dell'avvio di quei lavori non si sa più niente;
   preoccupazioni sono state espresse per le lentezze e la scarsa attenzione di Rfi sulle cosiddette tratte minori dalla Fit-Cisl, che ritiene «non accettabile quanto affermato da Rfi, ovvero che trattandosi di attività straordinaria per rifacimento infrastruttura non dispone dei 3 milioni di euro necessari» perché afferma «per le stesse considerazioni tutte le tratte secondarie soggette a frane, sono a rischio chiusura (vedi anche la Porrettana nel territorio Pistoiese)» e che «c’è anche un rischio occupazione: prima dell'interruzione circolavano 16 treni complessivamente, che se non riattivati possono creare eccedenze di personale»;
   è inaccettabile perdere la linea ferroviaria Grosseto-Siena visto che l'estensione, la distanza dai grandi centri e la rete viaria di grande percorrenza ancora debole della provincia di Grosseto abbisogna di ogni tipo di collegamento collettivo –:
   se non ritenga necessario attivare subito un tavolo fra il Ministero delle infrastrutture dei trasporti e l'azienda Ferrovie per incentivare la fine dei lavori e chiedere garanzie sui tempi della riattivazione della linea anche perché occorre evitare che questa lentezza logistica sia il preludio di una dismissione della linea, nella ottica di sviluppare l'alta velocità tra le grandi città a danno dei piccoli comuni come Siena e Grosseto. (3-00599)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SANI e DALLAI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 14 decreto legislativo n. 188 del 2003 dispone che i rapporti tra il gestore dell'infrastruttura ferroviaria e lo Stato siano disciplinati da un atto di concessione e da un contratto di programma;
   l'attuale contratto di programma, stipulato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e da Rete ferroviaria italiana ha una durata di tre anni: dal 1o gennaio 2012 al 31 dicembre 2014;
   Rfi ha tra le sue competenze quella di «assicurare la piena fruibilità ed il costante mantenimento in efficienza delle linee e delle infrastrutture ferroviarie»;
   la ferrovia Grosseto-Siena è una infrastruttura «complementare» a binario unico, gestita da Rfi, che collega i due capoluoghi di provincia della Toscana;
   tale tratto riveste una particolare importanza perché collega, tramite la stazione di Siena, Grosseto con Firenze e quindi con la direttrice Napoli-Milano;
   il tratto in oggetto serve numerosi e diversificati centri abitati minori delle province di Siena e di Grosseto che, per logistica e morfologia territoriale, non sono spesso raggiunti con efficacia da altri mezzi di trasporto pubblici;
   la tratta ha inoltre una valenza strategica in quanto collega la Toscana del Sud con la Maremma grossetana, un territorio a vocazione turistico-ricettiva (balenare, culturale e ambientale) di notevole interesse;
   in questo contesto è utile inoltre ricordare che il raddoppio dell'asse autostradale Siena-Grosseto non è stato ancora completato; conseguentemente, il trasporto ferroviario assume ancora una fondamentale rilevanza per assicurare il diritto di mobilità a numerosi centri abitati e cittadini;
   da quanto appena esposto risulta quindi come la ferrovia Grosseto-Siena rappresenti ancora oggi una infrastruttura necessaria per i pendolari ed i residenti di un vasto territorio ed un volano rilevante di sviluppo sociale, economico ed occupazionale;
   dal 21 ottobre 2013, a seguito di una alluvione che ha colpito la zona, gran parte la ferrovia in oggetto è stato chiusa; attualmente è ancora interrotto il tratto centrale che va da Buonconvento a Montepescali;
   i lavori per il ripristino dell'intera tratta, dopo oltre tre mesi, non sono ancora cominciati. Occorrono infatti circa 3 milioni di euro per il ripristino: attività straordinaria per la quale Rete ferroviaria italiana sembra aver dichiarato, secondo quanto riportano gli organi di informazione, di «non avere ad oggi risorse finanziarie disponibili»;
   gli enti locali territoriali si sono subito attivati per promuovere un ripristino della linea ferroviaria completo ed efficace. Il rischio ventilato è infatti quello che tale tratto non venga riparato in tempi brevi;
   questa prolungata interruzione, dovuta ai danni ai binari, sta infatti causando gravissimi disagi soprattutto alla popolazione residente, anche perché non esiste una linea ferroviaria alternativa;
   gli utenti sono quindi costretti ad utilizzare autobus sostitutivi ed alcuni centri abitati non risultano comunque essere serviti da tale mezzo alternativo;
   il 22 gennaio 2014 sui luoghi dei danni alla infrastruttura (nel comune di Murlo, in provincia di Siena) si è svolto un sopralluogo al quale hanno preso parte gli assessori provinciali ai trasporti di Grosseto, Fernando Pianigiani, e di Siena, Marco Macchietti, il vice sindaco di Grosseto Paolo Borghi, l'assessore ai trasporti del comune di Siena Stefano Maggi, i sindaci di Murlo Antonio Loia, di San Giovanni d'Asso Michele Boscagli e di Civitella Paganico Paolo Fratini, e gli assessori di Buonconvento, Alessandro Poggialini, e di Roccastrada, Mario Straccali; erano presenti anche i rappresentanti di Rete ferroviaria italiana della Toscana;
   va inoltre ricordato che su questa ferrovia era stato avviato da tempo (prima dell'alluvione) un progetto di rilancio e valorizzazione, con ipotesi di riorganizzazione dei servizi, sia dei collegamenti a media percorrenza tra Grosseto e Firenze, sia del servizio locale che ha forti valenze turistiche, finalizzato ad acquisire nuovi utenti e quote di traffico con un servizio più efficiente e raccordato ai bus;
   gli amministratori intervenuti al sopralluogo hanno annunciato iniziative per sollecitare la riapertura del tratto, a partire da una lettera ai Ministeri competenti con la richiesta dei finanziamenti necessari per l'intervento di ripristino;
   il 27 gennaio 2014, da quanto emerge dalla stampa, l'assessore della regione Toscana alle infrastrutture Vincenzo Ceccarelli ha scritto una lettera al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Maurizio Lupi. Nel testo viene sottolineato come la linea ferroviaria Grosseto-Siena sia ancora interrotta nel tratto Buonconvento-Montepescali a causa delle calamità naturali; nella missiva vengono quindi richieste risorse straordinarie per la riattivazione in tempi rapidi del servizio –:
   se sia a conoscenza dei gravi disagi causati dalla interruzione prolungata del tratto ferroviario Grosseto-Siena, a quanto ammonti realmente il danno, se le informazioni circa l'impossibilità da parte di Rfi di riattivare la linea a causa di mancate risorse economiche corrispondano al vero e quali iniziative, per quanto di competenza, urgenti intenda conseguentemente assumere ai fini del ripristino del collegamento in questione assicurando il diritto alla mobilità delle popolazioni residenti ed attivando strumenti di prevenzione affinché tali episodi di interruzione del servizio pubblico vengano in futuro scongiurati. (5-02027)


   MARANTELLI, MAURI e BORGHI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Ministro Lupi ha recentemente presentato al Consiglio dei ministri il Piano Nazionale degli Aeroporti in cui Malpensa è stato considerato aeroporto di «interesse strategico»;
   sono in corso trattative per rilanciare la compagnia Alitalia anche attraverso accordi internazionali;
   in vista di Expo 2015 va rafforzato il ruolo internazionale dell'aeroporto lombardo;
   Easyjet dopo aver ottenuto gli slot a Linate ha ridotto drasticamente i voli da Malpensa a Fiumicino;
   anche Alitalia ha ridotto le coppie di volo con l'aeroporto della capitale;
   tale decisione sta causando gravi danni ad una delle aree più produttive del Paese mentre è impegnata ad uscire da una crisi economica durissima;
   l'articolo 117 della Costituzione prevede che glia aeroporti rientrino tra le materie oggetto di legislazione concorrente Stato-regioni –:
   quali iniziative intenda assumere affinché sia ripristinato con urgenza da parte di Alitalia un adeguato servizio tra Malpensa e Fiumicino;
   quale strategia ritenga di adottare affinché il futuro piano industriale di Alitalia tenga conto della vocazione internazionale del più importante aeroporto di passeggeri e merci del Nord. (5-02029)


   TULLO, VAZIO, GIACOBBE, BASSO, CAROCCI, MARIANI, MARCO MELONI e PASTORINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti — Per sapere – premesso che:
   il 17 gennaio 2014 uno smottamento sulla tratta ferroviaria San Lorenzo a Mare-Andora, ha provocato il deragliamento di un treno Intercity, su un tratto a binario unico, posto su un terrazzamento che corre ai piedi della montagna da un lato ed è a precipizio sul mare dall'altro;
   già in mattinata, Rete ferroviaria italiana visti i movimenti franosi tra Alassio e Andora, aveva indicato di moderare la velocità dei treni a 30 chilometri orari. L'Intercity Milano-Ventimiglia numero 660 è deragliato alle 12,40 presso Andora con il concreto rischio di precipitare in mare. L'incidente ha provocato il ferimento lieve dei due macchinisti, del capotreno e di cinque passeggeri;
   l'incidente è avvenuto in un punto che prevede la realizzazione del raddoppio della tratta ferroviaria che inizia dal comune di Andora sino al comune di Finale Ligure, corrisponde a circa 31,4 chilometri di cui 25 in galleria, ed è stata quasi completamente realizzata come variante rispetto al tracciato attualmente in esercizio, la cui data di fine dei lavori è prevista per il 2016;
   ad oggi i lavori per il raddoppio ferroviario della tratta San Lorenzo al Mare - Andora sono fermi da molti mesi a causa di un contenzioso di circa 40 di milioni di euro tra Ferrovial-Agroman, ditta che ha vinto l'appalto per la realizzazione dei lavori, e Rfi/Italfer e Ferrovie dello Stato per la realizzazione della galleria «Poggi», ultimo tratto mancante per la messa in funzione dell'intera tratta e completare il collegamento a Ponente;
   nell'ambito del medesimo progetto è compresa anche la realizzazione della nuova stazione di Albenga e delle fermate di Alassio (in galleria), Borghetto, Ceriale, Loano e Pietra Ligure;
   attualmente la linea Genova-Ventimiglia, lunga circa 147 chilometri presenta tratte a doppio binario, quelle che vanno da Genova a Finale Ligure, da Loano ad Albenga e in fine da S. Lorenzo a Ventimiglia, pari a 103 chilometri e un tratto a binario unico, quello che corrisponde alla tratta da Finale Ligure a San Lorenzo a mare ed impegna le fermate corrispondenti ai comuni di Finale Ligure, Borgio Verezzi, Tovo San Giacomo, Giustenice, Pietra Ligure, Loano, Borghetto, Santo Spirito, Ceriale, Albenga, Villanova d'Albenga, Alassio, Laigueglia ed Andora, complessivamente per 44 chilometri circa;
   la realizzazione del raddoppio di questa tratta ferroviaria contribuirà all'aumento della capacità di traffico, alla riduzione dei tempi di percorrenza, all'ammodernamento degli standard prestazionali, all'incremento dei livelli di sicurezza con l'eliminazione dei passaggi a livello, all'eliminazione delle tratte esposte a erosione marina e a rischi idrogeologici conseguenti, all'adeguamento degli standard idraulici dell'intera tratta ferroviaria con la conseguente messa in sicurezza delle gallerie;
   a distanza di 15 giorni dall'evento, che sta determinando fortissimi disagi per i lavoratori pendolari e in generale per la mobilità delle persone, con ricadute su tutta la linea del ponente Ligure e nei collegamenti da e verso la Francia, non sono ancora chiare le modalità e i tempi di rimozione del convoglio ed il ripristino della circolazione –:
   quali iniziative intenda adottare per assicurare, in tempi rapidi e certi, la rimozione del treno coinvolto nell'incidente e il ripristino del tratto ferroviario coinvolto in modo di evitare disagi all'utenza e salvaguardare la vocazione turistica ed economica del territorio;
   quali siano le motivazioni per cui il contenzioso che vede la Ferrovial-Agroman, con Rfi/Italfer e Ferrovie dello Stato non sia stato ancora risolto dopo due anni, visto che gli stanziamenti per la realizzazione del raddoppio di questa tratta ferroviaria sono già avviati;
   quali siano i tempi per la conclusione dei lavori della tratta tra San Lorenzo a mare ed Andora con la realizzazione della galleria «Poggi». (5-02031)


   OLIARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sono passati dodici giorni da quando l'Intercity Milano-Ventimiglia è stato investito da una colonna di fango e pietre staccatosi dal versante adiacente la ferrovia e si è ritrovato sospeso tra l'unica linea ferroviaria e la costa rocciosa;
   la procura ha sequestrato l'area e nominato i periti per capire di chi è la colpa, anche perché nell'incidente sono stati feriti due macchinisti e per fortuna duecento passeggeri ne sono usciti incolumi;
   il cantiere aperto dieci anni fa per il raddoppio della linea ferroviaria è fermo dal 2008 per un contenzioso che pare nessuno riesca a risolvere;
   così come affermato anche dal sindaco di Andora sul quotidiano La Repubblica del 29 gennaio 2014 «...se venisse risolto il contenzioso basterebbe un miliardo e mezzo di euro per completare il secondo tratto ed avere un doppio binario su cui trasportare le merci, alleggerendo finalmente il traffico autostradale»;
   per i pendolari e i viaggiatori che ogni giorno transitavano sulla linea ferroviaria oggi interrotta dal treno in bilico è diventata un'impresa ardua perché chi arriva da Levante è costretto a fermarsi ad Albenga e salire su un autobus fino a Diano Marina;
   con gli autobus sostitutivi da Diano Marina ad Albenga e viceversa via autostrada, senza fermate intermedie, i pendolari che usavano il treno hanno tempi di percorrenza che variano dai 40 ai 50 minuti;
   da Albenga a Laigueglia e Andora e viceversa con fermata Alassio i minuti variano dai 30 ai 40, creando ai pendolari o viaggiatori non pochi disagi;
   i capistazione sono ormai diventati degli “ausiliari del traffico”, impegnati a smistare persone e bagagli sugli autobus;
   le cittadine in questione vivono di turismo e, tenendo conto che a breve inizierà anche il festival di Sanremo, evento di rilevanza nazionale, ci saranno non pochi disagi;
   secondo una stima di Fuorimuro, l'azienda ferroviaria genovese che si occupa di portare le merci fuori dai varchi portuali, la frana ha causato un danno giornaliero superiore ai 30.000 euro per l'impossibilità di effettuare collegamenti regolari con le merci bloccate al porto di Genova, oltre ovviamente alle possibili mancate commesse;
   inoltre, il GPL distribuito dalla società Lampogas che di solito viaggia su rotaia ha difficoltà ad essere trasferito su camion, creando non pochi problemi di riscaldamento agli oltre 4000 utenti, nonché parecchie ripercussioni per il trasporto merci su strada, alimentato in gran parte proprio da questo tipo di carburante –:
   se il Governo non intenda intervenire presso Ferrovie dello Stato per rimuovere quanto prima l'Intercity, nonché se non intenda mettere fine al contenzioso che si trascina da ormai diversi anni per il raddoppio della linea ferroviaria e stanziare ulteriori fondi per il potenziamento dei servizi ferroviari. (5-02034)


   BATTAGLIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con delibera 8 marzo 2013, il CIPE, nell'ambito del «Programma delle infrastrutture strategiche (legge n. 443 del 2001)», ha preso atto e deliberato la «realizzazione a Reggio Calabria del dirigente centrale operativo (DCO) intero compartimento con fabbricato DCO-dirigente operativo trazione elettrica “DOTE”», per un importo pari a 11 milioni di euro, in locali che, già sono stati attrezzati per la installazione delle apparecchiature e delle postazioni di lavoro;
   Rete ferroviaria italiana (RFI) del gruppo FS sembrerebbe non intenzionata a dare seguito alla delibera CIPE e quindi a porre in essere gli interventi per la realizzazione del DCO e DOTE a Reggio Calabria;
   questo atteggiamento di RFI lascerebbe supporre che Ferrovie dello Stato abbia deciso di delocalizzare tali infrastrutture trasferendole in altra regione, facendo perdere a Reggio Calabria e alla Calabria un investimento già deliberato dal CIPE per un importo di 11 milioni di euro –:
   se il Governo sia a conoscenza di tali intendimenti di RFI/FS di non procedere alla attuazione della delibera CIPE e se intenda intervenire per consentire invece che venga realizzato l'investimento per la realizzazione a Reggio Calabria del DCO e DOTE assicurando un importante ammodernamento al servizio del territorio con ricadute positive anche dal punto di vista occupazionale. (5-02037)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TOFALO, PARENTELA, SEGONI, DAGA, BUSTO, DE ROSA, ZOLEZZI, SILVIA GIORDANO, LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, DELL'ORCO, CRISTIAN IANNUZZI, NICOLA BIANCHI, DE LORENZIS, CATALANO, DI BENEDETTO e SIBILIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dopo le recenti piogge in data sabato 25 gennaio 2014 a causa delle continue frane è stata chiusa provvisoriamente al traffico, in entrambe le direzioni, la strada statale 18 tirrena inferiore, tra i chilometri 109,300 e 109,400, nel comune di Ogliastro Cilento, la via d’ accesso più importante da e per il sud provincia di Salerno;
   nella stessa tratta, già nell'anno precedente, è franata una corsia della suddetta strada statale obbligando l'Anas a lasciare aperto solo un senso di marcia;
   la strada statale 18 Tirrena Inferiore (SS 18) in parallelo del tratto Salerno-Reggio Calabria è sicuramente la più importante arteria di collegamento di tutta la provincia di Salerno ed è anche una delle più importanti ed estese dell'Italia meridionale;
   il completo ammodernamento della Strada Statale 18, costituiva, nella zona sud della provincia di Salerno, con realizzazione di nuovi tratti di varianti, un opera strategica, quale viabilità integrativa della A3 Salerno-Reggio Calabria per il sinergico e più sicuro collegamento fra Campania, Calabria e tutto il Cilento, specie al cospetto della generale rivalutazione dell'asse viario tirrenico in atto anche in altre regioni;
   la necessità di una tratta stradale completamente sicura e funzionante è avvertita anche in conseguenza del flusso di traffico superiore, in sede locale, a quello interessante il parallelo tratto A3, soprattutto nei pressi di centri con rilevanti interessi economici e turistici, nello specifico la zona industriale di Agropoli, e soprattutto la costiera Cilentana da Paestum a Palinuro, fino ad arrivare a Sapri –:
   quali azioni urgenti intenda adottare il Ministro per ristabilire una viabilità sicura per la strada più frequentata, e dunque, importante del Cilento;
   quali siano le effettive cause dei continui crolli e se sussistono eventuali responsabilità in merito. (4-03375)


   D'INCECCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella città di Pescara, da oltre tre anni, un buon numero di associazioni e comitati si batte contro un appalto per un sistema di trasporto pubblico locale elettrificato, denominato TPL Pescara-Montesilvano, consistente in una filovia di soli 5,750 chilometri di percorso dal costo stimato di oltre 25 milioni di euro, a fronte di un costo standard pari in Italia a un milione di euro per chilometro, compresa la fornitura del materiale rotabile;
   il sistema, definito «a tecnologia innovativa», utilizza i veicoli (Phileas), similari al cosiddetto sistema «Civis» della città di Bologna, che appartiene alla medesima categoria dei «tram su gomma», il cui clamoroso fallimento è stato diffusamente riportato dalla stampa nazionale e ha formato oggetto di numerose interrogazioni parlamentari;
   l'appalto in corso d'opera, secondo quanto riferito dai comitati che non condividono la soluzione tecnico-economica prescelta, è caratterizzato da diverse criticità:
    il finanziamento, disposto ai sensi della legge n. 211 del 26 febbraio 1992, è stato confermato dal CIPE alla stazione appaltante il 19 dicembre 2002, in assenza del prescritto «parere favorevole» della Commissione di alta vigilanza (CAV), come meglio precisato di seguito;
    sussiste l'accertata inadeguatezza strutturale del tracciato riservato, dal momento che il sottofondo della cosiddetta «Strada parco» (ex tracciato della dismessa Ferrovia Adriatica) è privo del necessario basamento in calcestruzzo armato cui ancorare stabilmente i marker magnetici della guida automatica vincolata in dotazione al rotabile; i risultati dei carotaggi eseguiti nell'aprile 2012 sul fondo stradale dalla «STS Mobile S.r.l.» di Ancona, su incarico conferitole dalla Balfour Beatty Rail, capofila dell'ATI aggiudicataria delle opere non sono stati d'intesa con la stazione appaltante GTM, mai divulgati;
   il progetto non è stato assoggettato all'origine alla procedura di Valutazione di impatto ambientale (VIA), ancorché dovuta, anche ai sensi della vigente normativa ambientale comunitaria. A settembre 2013 si è conclusa una procedura (tardiva) di «Screening di VIA a sanatoria» con prescrizioni, tra cui il superamento e l'eliminazione delle diffuse barriere architettoniche presenti sul tracciato dedicato (Giudizio CCR-VIA n. 2275 dell'11 settembre 2013). Benché il Comitato VIA non abbia disposto, nella circostanza, alcunché circa la ripresa dei lavori, ufficialmente sospesi dal 23 ottobre 2012, la stazione appaltante GTM ha riavviato le opere dal 16 settembre 2013, fin qui disattendendo le prescrizioni impartite;
    le valutazioni trasportistiche espresse dal Ministero competente a suffragio della concessione dei benefici finanziari, sono fondate sul presupposto che il percorso filoviario, ancorché fortemente ridotto rispetto agli originari 26 chilometri del progetto iniziale «Silvi Francavilla al Mare» agli attuali 8,170 — di cui soltanto 5,750 elettrificati — potesse in ogni modo assorbire il 70 per cento della domanda di mobilità riferita al progetto originario, corrispondente a oltre otto milioni di passeggeri/anno, a fronte delle 356 mila unità registrate per la linea di autobus 2/ che copre lo stesso percorso della filovia sull'adiacente lungomare, secondo i dati ufficiali della gestione dei trasporti metropolitani (GTM) di Pescara al 31 dicembre 2009;
    nelle condizioni date, in analogia a quanto rilevato nella città di Bologna, si va delineando la beffa per un'opera che, nata col vincolo di utilizzare una tecnologia altamente innovativa nel sistema di guida automatica vincolata (boe magnetiche annegate nell'asfalto), nei fatti non funzionante nei test di sperimentazione finora eseguiti, si ridurrebbe a un tradizionale impianto filoviario, con l'aggravante dell'utilizzo di un mezzo sovradimensionato nella struttura che, essendo in grado di marciare in modo autonomo con l'originaria trazione ibrida-elettrica in dotazione, rende superflua la linea elettrificata in costruzione. Infatti, nelle poche città dove è impiegato, il Phileas (dal costo di 1,8 milioni di euro per ciascuno dei sei esemplari previsti) circola dappertutto senza pali e fili elettrici, su corsie dedicate interamente costruite in cemento armato; a Pescara invece è previsto l'impiego della costosissima elettrificazione aerea superflua e neppure un euro per l'indispensabile consolidamento strutturale del tracciato;
   le criticità sopra esposte sono state segnalate dall'ottobre 2010 a tutti gli enti coinvolti nella procedura e persino alle autorità di controllo (procura della Repubblica e Corte dei Conti), ciascuna per i rispettivi profili di competenza;
   da quanto risulta la procura di Pescara ha conferito incarico a due consulenti tecnici di ufficio (CTU) che a marzo 2012 hanno consegnato la relazione conclusiva agli atti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dove sono confermati tutti i significativi elementi di anomalia da tempo denunciati dai cittadini, tali da pregiudicare il buon esito dell'appalto a rischio tangibile di annullamento;
   a Pescara sussisterebbe l'opportunità di prevenire i danni, giacché la tesatura dei cavi elettrici aerei non è ancora iniziata. Nel merito, su sollecitazione della procura di Pescara, il Comitato VIA — con giudizio n. 2019 del 3 luglio 2012 — aveva messo in mora la stazione appaltante GTM dall'eseguire qualunque tipo d'intervento (installazione delle boe magnetiche della guida vincolata immateriale in dotazione al Phileas) che farebbe configurare il sistema TPL in esame tra quelli da sottoporre alla procedura VIA, comunque richiesta anche per una filovia tradizionale, secondo l'autorevole interpretazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ripresa dai consulenti della procura e confermata dalla Commissione europea con parere del 16 ottobre 2012, nell'ambito del procedimento di pre-contenzioso Eu PILOT 2590/11/ENVI, in avanzata fase istruttoria. Col rischio conseguente della possibile apertura a breve di una procedura d'infrazione alla normativa comunitaria in materia ambientale;
   le opere sono state sospese integralmente a decorrere dal 23 ottobre 2012 a seguito del nuovo giudizio CCR-VIA n. 2099 del 23 ottobre 2012, che ha dovuto prendere atto del predetto parere della Commissione europea e avviare la citata procedura di «Screening di VIA a sanatoria». Sulla questione sono pendenti due ricorsi al TAR di Pescara, presentati da alcuni cittadini residenti nelle immediate vicinanze del tracciato dedicato, per questo motivo a ciò legittimati, e dalle Associazioni «WWF Abruzzo» e «CarrozzineDeterminate» del comune di Montesilvano;
   peraltro, benché il mezzo prescelto (Phileas) sia dotato all'origine della costosa trazione ibrida-elettrica, innovativa per l'Italia e come tale finanziabile dalla legge n. 211 del 26 febbraio 1992, a Pescara — come sopra ricordato — è stato previsto l'impiego dell'improbabile versione filobus del rotabile, al solo scopo di utilizzare l'intero finanziamento disponibile, a beneficio esclusivo del primo lotto (l'elettrificazione del tracciato incide per circa il 65 per cento sul corrispettivo dell'appalto);
   il rotabile Phileas non avendo mai circolato in Italia è privo della prescritta «omologazione ferroviaria» tipica della guida magnetica vincolata, che ha peraltro costituito la ragione prevalente, se non l'unica, per l'aggiudicazione dell'appalto all'ATI vincitrice e per conseguire l'ingente finanziamento deliberato dal CIPE il 19 dicembre 2002; mancherebbe altresì l'omologazione sul numero effettivo di passeggeri da trasportare (114, in luogo dei 134 previsti nel capitolato prestazionale d'appalto);
   ulteriori criticità dell'appalto attengono alle difformità tecniche che sarebbero state riscontrate tra il veicolo offerto in gara, sulla carta a guida magnetica vincolata e a tecnologia altamente innovativa in grado di surclassare i rotabili proposti dalle altre due ditte concorrenti, e il Phileas effettivamente consegnato in deposito alla stazione appaltante GTM il 19 novembre 2011 e di recente restituito alla ditta costruttrice APTS di Eindhoven dopo due anni di inutile giacenza;
   in particolare, in contrasto col «Capitolato speciale prestazionale», il veicolo Phileas, nell'inedita versione filobus configurata alla stregua di un vero e proprio «prototipo», è «privo di accumulatori di bordo», di talché in marcia autonoma (fuori dalla strada parco) sarebbe destinato a viaggiare come un normale autobus a gasolio dotato di motore Diesel Euro 5, con un'autonomia di 400 chilometri garantita da un serbatoio di carburante di 400 litri (1 Km/litro), col conseguente pregiudizio dei tanto decantati benefici sulla qualità dell'aria procurati dall'avvento della filovia;
   è previsto poi che il passaggio da marcia autonoma ad alimentazione da linea di contatto avvenga senza necessità di arresto del veicolo, né previa ricerca di punti prestabiliti sulla linea di contatto medesima: mentre, nei documenti del progetto esecutivo, i consulenti tecnici della Procura hanno rilevato che «non è contenuta alcuna indicazione su come sia previsto il passaggio da marcia autonoma ad alimentazione da linea da contatto»; invero, nelle filovie convenzionali, l'aggancio è regolarmente garantito — solo a inizio corsa — dall'intervento manuale dell'uomo con l'ausilio di bastoni d'indirizzamento. A Pescara invece per ciascun viaggio dovrebbe disporsi l'aggancio manuale alle linee aeree a corsa avviata, in due punti diversi del tracciato, a clamorosa beffa della costosissima tecnologia innovativa impiegata e con grave danno per l'erario dello Stato;
   dopo il tanto declamato impiego di alta tecnologia — con un investimento che supera di tre volte quello di una filovia tradizionale (la Commissione di alta vigilanza aveva valutato in 10 milioni di euro il costo di una filovia convenzionale di appena 8 chilometri, in luogo dei 31 milioni erogati dal CIPE il 19 dicembre 2002), viene nei fatti fornito un obsoleto filobus sulla tratta riservata dal devastante impatto ambientale sul pregevole stato dei luoghi, che si trasforma poi in un normale autobus a gasolio nel centro cittadino, per di più dall'altissimo inquinamento atmosferico procurato dall'abnorme consumo di carburante (1 chilometro/litro). Ciò, in evidente contrasto con le prescrizioni del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di cui alla relazione n. R.U. 59885 (TIF5)/211 PE del 6 dicembre 2006, pagina 14, e con quanto risultante in sede di gara, laddove l'appalto era stato indetto e vinto con l'aggiudicazione di una commessa di 25 milioni di euro, volta alla creazione di un sistema innovativo a tecnologia avanzata per il trasporto pubblico locale di massa a bassissimo inquinamento atmosferico;
   a Pescara, qualora si trovassero i fondi per ricostruire daccapo la Strada parco, onde dotarla dell'indispensabile fondazione in malta cementizia, si andrebbe incontro ai sicuri danni ai manufatti già realizzati (banchine di sosta, pozzetti ed elettrodotto interrato), paradossalmente sistemati su un fondo stradale inadeguato e totalmente usurato, privo per lunghi tratti di marciapiedi conformi alla normativa vigente, densi di barriere architettoniche insuperabili, persino interessato nel comune di Pescara dal passaggio, per circa due chilometri, dei «tubi Camuzzi» ad alta pressione per l'erogazione del metano;
   risulta che per il sistema TPL Pescara-Montesilvano sia stata spesa la complessiva somma di circa 10 milioni di euro, impiegata in gran parte per investimenti destinati alla realizzazione di opere socialmente utili ad alto valore aggiunto per la qualità della vita della popolazione, quali la demolizione del muraglione della Ferrovia che ostruiva il prolungamento della cosiddetta «Strada parco» e il completamento del tracciato riservato, per l'estensione di circa un chilometro, fino al collegamento con Viale Europa nel comune di Montesilvano. Pertanto i danni patrimoniali di modesta entità sarebbero circoscritti al costo dei pali del sistema di elettrificazione e delle due sottostazioni elettriche. Cosicché la parte disponibile del finanziamento ministeriale di circa 21 milioni di euro potrebbe essere meglio utilizzata, ad esempio, per l'acquisto di autobus moderni a trazione innovativa ibrida-elettrica da impiegare subito in esercizio e rinnovare sostanzialmente, con sicuri benefici sulla qualità dell'aria e sui servizi offerti all'utenza, il parco autobus della GTM, in piena analogia con quanto consentito di recente alla città di L'Aquila. Né sussisterebbe l'onere di dover riconoscere penali alla ditta appaltatrice per effetto dell'eventuale risoluzione del contratto d'appalto, considerate le gravi inadempienze rilevate a carico della medesima, con riguardo sia all'accertata inadeguatezza strutturale del tracciato riservato, giudicato viceversa idoneo allo scopo dalla Balfour Beatty Rail capofila, sia alle oggettive difficoltà di accesso alle banchine di sosta, per la presenza diffusa di barriere architettoniche insuperabili –:
   se i Ministri interrogato siano a conoscenza di quanto sopra esposto e se ritengano, nell'ambito delle rispettive prerogative e competenze, di attivarsi per valutare l'opportunità di proseguire, con i conseguenti danni patrimoniali rilevanti, la realizzazione di un'opera fortemente controversa, invisa ai cittadini che gravitano sul tracciato riservato e che sono i principali potenziali fruitori del servizio, tanto più che il progetto appaltato, ancorché destinatario di un cospicuo finanziamento pubblico, appare privo dei fondamenti tecnico-economici a presidio di un equilibrato rapporto costi/benefici per la comunità, in netto contrasto col dettato della legge n. 211 del 26 febbraio 1992, posto che a fronte di oneri di gestione e manutenzione stimati — in sede di gara (luglio 2006) dalla ditta appaltatrice — in 2,7 milioni di euro per esercizio, sono previsti ricavi rivenienti dalla vendita dei titoli di viaggio all'utenza, pari a 500 mila euro/annui, secondo le previsioni più rosee della stessa stazione appaltante GTM, con una conseguente gravosa perdita certa di esercizio mal sopportabile dalla gestione aziendale. (4-03382)


   BRUNETTA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   le strade provinciali Laurentina e Ardeatina sono arterie stradali di notevole importanza per la comunicazione viaria del quadrante sud di Roma;
   le citate vie di comunicazione rappresentano le connessioni principali tra la provincia di Roma e la città stessa e sono utilizzate, giornalmente, da migliaia di autovetture e da un notevole carico di traffico pesante per il collegamento con la zona industriale di Pomezia-Santa Palomba;
   all'interno del loro perimetro sono ricompresi numerosi centri abitati in continuo sviluppo, visti anche i vari strumenti urbanistici in attuazione, per un totale di oltre 50.000 residenti;
   sulla provinciale Laurentina sono in corso, da alcuni anni, i lavori di adeguamento dell'asse viario;
   negli ultimi 12 mesi i lavori si sono bloccati, in particolare nel tratto dal chilometro 14 al chilometro 20, lasciando la strada in condizioni di grave pericolo e insicurezza per l'incolumità degli stessi numerosi automobilisti, anche a causa di una segnaletica stradale di cantiere assolutamente insufficiente;
   tale condizione ha provocato numerosi incidenti stradali alcuni dei quali purtroppo anche mortali, oltre al susseguirsi di blocchi completi della viabilità dovuti a frane;
   più volte le amministrazioni locali competenti hanno annunciato il riavvio dei lavori fornendo anche un crono-programma degli interventi da realizzare che puntualmente è stato smentito dai ritardi accumulati;
   l'amministrazione provinciale di Roma, competente per territorio, ha inoltre notevolmente ritardato i pagamenti previsti, come da capitolato d'appalto, aggravando in tal modo lo stato di incertezza delle ditte appaltatrici impegnate nei lavori;
   anche sulla Via Ardeatina sono in corso interventi di adeguamento della strada da parte dell'amministrazione provinciale con le medesime criticità sopraelencate e, in particolare, l'adeguamento dell'incrocio con la via di Porta Medaglia, la realizzazione delle rotatorie nelle intersezioni con via del Divino Amore con via di Santa Fumia e via della Stazione di Pavona;
   le situazioni di pericolo elencate stanno generando sempre più, forti e motivate preoccupazioni sia tra gli automobilisti che tra i numerosi residenti –:
   se i Ministri interrogati intendano vigilare sulla puntuale applicazione della normativa vigente e relativa al decreto-legge n. 285 del 1992 «Nuovo Codice della strada» che individua la sicurezza stradale come elemento primario da salvaguardare per i cittadini;
   se la polizia stradale abbia inviato segnalazioni alla provincia circa le situazioni di pericolo di cui in premessa e se disponga di elementi circa i tempi con cui i lavori verranno realmente completati sia sulla via Laurentina che sulla via Ardeatina e la tipologia di lavori che verranno eseguiti realmente sulle due importanti arterie sopramenzionate;
   se i Ministri interrogati, per quanto di competenza, non intendano pubblicizzare tutte le informazioni di cui dispongono al fine di darne completa informazione alla cittadinanza interessata.
(4-03393)

INTEGRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro per l'integrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   più di 20.000 ogni anno sono i giovani di religione sikh della regione del Punjab indiano che migrano verso l'Europa, e l'Italia è una delle mete principali;
   si tratta di un flusso migratorio in costante crescita, caratterizzato in larghissima parte da ingressi regolari, con un tasso medio di crescita annuale del 66 per cento;
   in molte regioni italiane, come ad esempio Campania, Emilia Romagna e Lazio, sono i principali protagonisti delle attività di zootecnia, così da consentire la produzione di prodotti caseari di eccellenza quali il parmigiano e la mozzarella di bufala;
   la seconda comunità sikh in Italia per dimensioni si trova in provincia di Latina, dove l'afflusso di migranti provenienti dal Punjab è stata particolarmente forte data la forte vocazione agricola dell'area, passando nel giro di una decina d'anni da poche singole unità a circa 7.000 individui, con una particolare concentrazione nel sud-pontino e nell'area limitrofa al Parco nazionale del Circeo;
   la richiesta di forza-lavoro non qualificata e facilmente reperibile da impiegare come braccianti nella coltivazione delle campagne ha incentivato la migrazione e convinto molti sikh a stabilizzarsi nelle provincia di Latina;
   la comunità sikh è ad oggi stimata dalla CGIL 12.000 persone, che potrebbero aumentare considerevolmente se considerassimo anche i soggetti privi di regolare permesso di soggiorno;
   un'indagine della In Migrazione Onlus, dal titolo «Punjab – Fotografia delle quotidiane difficoltà di una comunità migrante invisibile», segnala l'isolamento, la carenza di servizi dedicati, i fenomeni di razzismo, la mancata inclusione e il pesantissimo sfruttamento sul lavoro in cui si trovano costretti a vivere i membri della comunità sikh della zona pontina;
   in particolare, la comunità sikh nella provincia di Latina è per lo più impegnata in agricoltura e subisce uno sfruttamento particolarmente duro sul lavoro, ricevendo in cambio salari miseri;
   recenti studi sottolineano come la vita professionale di questi cittadini sia tendenzialmente caratterizzata da occupazioni pesanti, precarie, pericolose, poco pagate e penalizzate socialmente;
   il dossier preparato da In Migrazione Onlus segnala casi di contratti non rispettati dai datori di lavoro, orari massacranti e paghe dimezzate rispetto a quelle previste dai regolari contratti stipulati, tali da non permettere ai membri della comunità sikh ed alle loro famiglie una vita stabile e serena;
   si tratta di una situazione ancora più preoccupante se consideriamo come l'agro pontino sia attualmente un'area del Paese in cui la criminalità organizzata è particolarmente attiva, ecomafie incluse;
   senza il contributo della comunità sikh il settore agricolo, strategico per l'economia laziale, sarebbe inesorabilmente in crisi, con conseguenze economiche, lavorative e sociali gravissime per il territorio, dato che i sikh contribuiscono alla crescita e allo sviluppo economico e sociale del territorio, tanto da innescare processi virtuosi i cui vantaggi sono evidenti;
   a tale concreta potenzialità ancora non corrisponde invece un positivo percorso di integrazione: vi è carenza di servizi dedicati (primi fra tutti l'insegnamento della lingua italiana L2 e la mediazione culturale), le aggressioni razziste sono piuttosto frequenti, l'isolamento rurale e sociale pesa come un macigno sulla comunità sikh della provincia di Latina;
   la mancanza di comunicazione e comprensione tra cittadini indiani e italiani amplifica ancora di più l'isolamento sociale e l'esposizione dei primi a truffe e sfruttamento sul lavoro;
   la comunità sikh nella provincia di Latina è particolarmente organizzata e garantisce ai suoi membri indirizzo, sostegno e solidarietà, ma la carenza di servizi dedicati ai sikh rischia di rendere la solidarietà della comunità l'unico aiuto per la persona, rendendola univoca e assoluta e trasformando così la sua positività in un limite, che accresce l'isolamento e la non comunicazione con la popolazione del luogo, creando ghetti sociali ed etnici, terreno fertile per fenomeni di sfruttamento interno alla comunità;
   non è questa l'unica situazione in cui la comunità sikh viene discriminata, né l'agro pontino l'unica zona del nostro Paese in cui avvengono episodi di evidente discriminazione: basti pensare a come a Luzzara, in provincia di Reggio Emilia, nel 2009 fosse stata istituita in una scuola materna statale una sezione appositamente per i bambini di origine indiana, come riporta l'articolo pubblicato dall'edizione online de «Il Resto del Carlino» del 25 settembre 2009 dal titolo «Alla materna una “sezione indiana”, sindacati e genitori sul piede di guerra»;
   episodi del genere sono palesemente discriminatori, e sottostanno alla spinta separazionista e xenofoba che si aggira, purtroppo, in molti territori italiani;
   anche la libertà di culto, sancita dalla Costituzione, è spesso per i sikh messa in discussione, data l'assenza, in molte zone pur caratterizzate da una forte presenza della loro comunità, di luoghi idonei alla celebrazione del loro culto;
   esempio di tale situazione è quanto avvenuto a Vescovato, in provincia di Cremona, dove i fedeli indiani si sono dovuti riunire per anni in un edificio comunale considerato non a norma;
   era stato concesso alla comunità sikh del luogo il via libera alla costruzione di un nuovo tempio su un'area di 7.000 metri quadrati, ma il 31 marzo del 2005 il sindaco dell'epoca Giuseppe Superti, tuttora in carica, decise di fare marcia indietro e negò il terreno, nonostante la comunità sikh della provincia di Cremona fosse molto numerosa e costituisse una quota importante della forza lavoro nelle tante aziende agricole del territorio, senza considerare inoltre che nell'edificio di Vescovato arrivavano sikh da città vicine come Brescia e Mantova, e qualcuno anche da più lontano;
   l'episodio è narrato nell'articolo «La protesta dei sikh “Un tempio anche a noi”», pubblicato dall'edizione online del «Corriere della Sera» del 25 settembre 2005 –:
   se non ritenga opportuno attivare sul territorio italiano servizi per dare ai sikh gli strumenti necessari a sviluppare una maggiore autonomia, per stimolare l'integrazione nel tessuto sociale, mantenendo nello stesso tempo il giusto legame con le proprie tradizioni e origini;
   se non ritenga di dover aumentare l'efficacia dei controlli sulle condizioni dei lavoratori di origine indiana nell'agro pontino, così da fronteggiare il crescente sfruttamento subito dalla comunità sikh;
   se non ritenga di dover eliminare gli ostacoli alla piena realizzazione della libertà di culto della comunità sikh in Italia.
(4-03377)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:


   MATTIELLO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   il 30 ottobre del 2013 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale la nuova normativa (articolo 7 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125) che prevede l'assunzione obbligatoria dei testimoni di giustizia nella pubblica amministrazione;
   tale norma prevede in particolare, all'articolo 7, comma 1, che «(...), si applica ai testimoni di giustizia il diritto al collocamento obbligatorio con precedenza previsto dall'articolo 1, comma 2, della legge 23 novembre 1998 n. 407, in materia di vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. Con decreto del Ministro dell'interno, emanato ai sensi dell'articolo 17-bis, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione, sentita la commissione centrale di cui all'articolo 10, comma 2, sono stabilite le relative modalità di attuazione, anche al fine di garantire la sicurezza delle persone interessate»;
   si tratta di una novità tanto attesa per dare corpo alla responsabilità che lo Stato assume nei confronti di chi, con le proprie denunce e mettendo a rischio la vita propria e della propria famiglia, contribuisce a fare giustizia;
   i testimoni di giustizia, che non vanno mai confusi con i collaboratori di giustizia (i cosiddetti pentiti), quasi sempre, a seguito della denuncia, devono ricominciare da capo, scontando immense difficoltà;
   l'assunzione obbligatoria nella pubblica amministrazione, prevista dal decreto n. 101 del 2013, va puntualmente regolata per evitare abusi, ma soprattutto per evitare di alimentare illusorie aspettative in chi ha già sofferto tanto;
   ad oggi non risulta emanato il decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, che dovrebbe disciplinare le modalità di attuazione della norma, anche al fine di garantire la sicurezza delle persone interessate –:
   quando prevedano l'emanazione del decreto attuativo e se non ritengano che lo stesso debba essere emanato comunque entro brevissimo tempo affinché chi ha scelto di denunciare possa contare sulle istituzioni per la tutela della propria incolumità e per il reinserimento lavorativo.
(4-03378)


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi, il Vicepresidente del Consiglio dei ministri Angelino Alfano ha dichiarato che, per far fronte alle esigenze di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica in vista di Expo 2015, il blocco del turn over nella polizia di Stato avrebbe subito una deroga del 55 per cento;
   è opportuno far presente che, per le esigenze citate dal Ministro, le unità da assumere dovrebbero iniziare il corso di allievi agenti entro e non oltre aprile 2014;
   ciò significa che non sussistono i normali tempi tecnici per avviare una nuova procedura concorsuale (che terminerebbe a fine 2014 e renderebbe operativi i nuovi agenti verso il mese di dicembre 2015);
   a giudizio dell'interrogante, pertanto, bisognerebbe effettuare una rettifica della graduatoria finale ed ampliamento, in prima aliquota, di 674 posti, dei candidati risultati idonei alle prove di efficienza fisica ed agli accertamenti dell'idoneità fisica, psichica ed attitudinale, con la relativa posizione in graduatoria ed il voto finale risultante dalla somma dei voti della prova scritta e della valutazione titoli del concorso per 964 allievi agenti della polizia di Stato;
   l'ampliamento andrebbe così predisposto: prima aliquota dal n. 1 al n. 1437, seconda aliquota dal n. 1438 al n. 1597. Questa soluzione garantirebbe la copertura della quota di vincitori in seconda aliquota (incorporazione prevista per giugno 2014);
   è di pochi giorni fa la notizia che l'Arma dei carabinieri, mediante decreto dirigenziale ha avviato una nuova procedura di arruolamento mediante scorrimento degli idonei della graduatoria 2012 per 1886 allievi carabinieri. Nella fattispecie, non solo sono stati assunti i vincitori, ma anche 48 idonei non vincitori, ovvero tutti i restanti idonei presenti in graduatoria e pertanto la stessa è stata esaurita. La quota dei vincitori in seconda aliquota (VFP4 interforze) per questo concorso è stata eliminata a dimostrazione che la presenza delle due aliquote nelle graduatorie è un problema superabile;
   il decreto dirigenziale dell'Arma riporta: «Ravvisata l'esigenza di disporre, con immediatezza, di XXX Allievi Carabinieri, senza dover attendere i tempi tecnici richiesti per portare a termine una nuova procedura di reclutamento mediante il bando di un concorso pubblico. Tenuto conto dei principi di economicità e speditezza dell'azione amministrativa e della necessità di contenere i costi gravanti sull'amministrazione per la gestione delle procedure di reclutamento»;
   in conclusione, affinché si possano ridurre i costi gravanti sull'amministrazione (Ministero dell'interno) ed allo stesso tempo garantire le esigenze di quest'ultima, l'operazione più logica, a giudizio dell'interrogante, rimane quella suggerita ovvero di assumere immediatamente le restanti 674 unità (160 vincitori in seconda aliquota più 512 idonei non vincitori) dichiarate idonee all'ultima procedura concorsuale per il concorso di allievi agenti della polizia di Stato, ricordando per l'ennesima volta che, la recentissima idoneità conseguita, permetterebbe l'immediata assunzione degli interessati evitando la necessità di effettuare anche le visite mediche di controllo per il mantenimento dell'idoneità psico-fisica, come invece è stato fatto per il concorso dell'Arma dei carabinieri sopra citato;
   in subordine, occorre rinnovare la validità della graduatoria per almeno i prossimi tre anni e provvedere allo scorrimento della stessa a copertura dei fabbisogni di personale –:
   quali provvedimenti intenda adottare il Governo per risolvere le problematiche esposte in premessa. (4-03379)


   VILLAROSA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la storia infinita della cosiddetta «sicurezza sussidiaria» che dovrebbe integrarsi con il forte bisogno di sicurezza del nostro «sistema Paese», non si armonizza, né si concretizza ancora, con l'attuale contesto socio-economico-politico che la nazione affronta;
   lo spirito iniziale del decreto sulla sicurezza sussidiaria era ispirato al principio di sussidiarietà, che le forze dell'ordine sul territorio, dovrebbero avvalersi anche dell'ausilio e del supporto delle reti di sicurezza privata, purché adeguatamente normate, organizzate, formate e controllate;
   il Ministero dell'interno con proprio decreto del 1o dicembre 2010, n. 269, introduce obbligatoriamente la figura del «security manager» in seno agli istituti di vigilanza privata, istituti questi ultimi previsti nell'impianto del decreto sulla sicurezza sussidiaria;
   il decreto ministeriale citato introduce numerosi e vincolanti adempimenti, con riferimento all'attività degli istituti di vigilanza, degli investigatori privati e delle agenzie di informazione, individuando i requisiti minimi, sia con riferimento agli assetti organizzativi, sia alla professionalità delle persone impegnate, dai quali emerge la grande rilevanza attribuita dal Ministero ai parametri, oggettivi e soggettivi, riguardanti l'etica, la qualità e la professionalità delle aziende, in particolare dei security manager;
   in Italia tale figura «professionale» è emersa agli inizi degli anni 70, periodo storico di grosso fermento sociale, caratterizzato dal terrorismo e dai sequestri di persona, in un contesto socio-politico di crisi e pericolo, di gravità per le istituzioni e l'economia;
   tale figura, continua tuttora ad avere un carattere prettamente eccezionale, avvertendone la necessità solo in circostanze particolari, di rischio e minaccia per le aziende, mentre fuori dai confini nazionali questa risorsa, di estrema importanza, è quasi sempre insita alla struttura aziendale stessa, come anche prevista in ambito delle relative pubbliche amministrazioni e/o enti dello Stato;
   il security manager è un esperto nel settore della sicurezza, sia in ambito privato che pubblico, in grado di sviluppare strategie, politiche e piani operativi volti a prevenire, fronteggiare e superare eventi di natura dolosa e/o colposa che possono danneggiare le risorse materiali e immateriali, tangibili e intangibili, organizzative e umane di cui l'azienda o l'ente, dispone, rappresentando la «Busines Continuity» aziendale, una situazione di «Recovery» di estrema e vitale importanza;
   nei moderni modelli di società strutturata, i macrosistemi aziendali, privati e pubblici, si configurano con un patrimonio intangibile di informazioni, dati, conoscenze, processi e sistemi, che è obbligatorio presidiare attentamente con nuove sensibilità e dinamiche operative;
   questi nuovi scenari tecnici, economici e di mercato, configurano un mondo in crescita esponenziale, condizionato dagli incessanti sviluppi tecnologici e dalla globalizzazione, sempre più interconnesso e interdipendente, influenzano fortemente la professione del security manager e richiedono un modo nuovo di analizzare rischi e minacce a 360 gradi;
   ai rischi tradizionali di sicurezza fisica e logica si intrecciano nuove e forti esigenze di sicurezza, privacy e governance che modificano, aumentandolo, il perimetro delle attività della «Security», ampliando, marcatamente, le responsabilità del security manager;
   sotto il profilo giuridico la figura del security manager pur essendo stata esaustivamente delineata dalla norma UNI 10459-5.2/1995 (in corso di aggiornamento e modifica alle nuove direttive europee del settore, tramite tavolo di lavoro di settore e interministeriale), è caratterizzata da totale assenza normativa, condizione che ne penalizza pesantemente l'attività, impedendone di fatto, lo sviluppo organico e le conseguenti sinergie possibili con i diversi organi dello Stato (FF.AA, FF.OO, servizi di intelligence) nel delicato momento in cui la permanente minaccia terroristica, interna/esterna, richiede la massima circolarità informativa e procedurale;
   è necessaria, e non più rimandabile, l'esigenza di un'attività pienamente riconosciuta e adeguatamente inquadrata in norme organiche ed efficaci, presso i Ministeri competenti;
   la strategicità della prevenzione dei rischi di «security Aziendale», come punto di incontro tra interesse privato delle aziende e interesse pubblico della Repubblica complessivamente considerata, emerge in modo «chiaro e inequivocabile» all'interno della relazione annuale dell'anno 2012, redatta dal comitato parlamentare di controllo COPASIR, qui menzionata;
   al punto 6.2, pag. 48 Attività delle strutture preposte alla sicurezza delle aziende, «Nel corso della legislatura, il Comitato ha affrontato sotto diverse prospettive il tema della cosiddetta “intelligence economica”, che come si è detto in premessa, rappresenta un ambito di attività relativamente nuovo per i servizi di sicurezza italiani»;
   al punto 6.2, pag. 49, «sul finire della legislatura – anche a seguito dell'approvazione della norma sulle infrastrutture critiche contenuta nella legge 133 – il Comitato ha deciso di compiere un approfondimento specifico sul ruolo esercitato dagli apparati di sicurezza (Security Manager) presenti nelle grandi imprese italiane. L'esigenza di acquisire informazioni sul funzionamento delle strutture interne delle aziende adibite alla tutela della loro sicurezza è derivata anche dalla consapevolezza del ruolo che i Servizi devono svolgere nel campo della tutela delle infrastrutture strategiche e, più in generale, del patrimonio conoscitivo, tecnico e scientifico delle imprese italiane. È sembrato quindi opportuno comprendere più da vicino quale sviluppo sia possibile nella collaborazione tra apparati pubblici e privati almeno in parte convergenti verso analoghi obiettivi... dal complesso delle audizioni e dalla documentazione acquisita, è emerso in linea generale che la globalizzazione e l'insorgere di nuovi rischi per le aziende ha determinato un incremento dei compiti delle security interne, pur in una situazione di risorse finanziarie limitate. Da ciò è conseguita anche una evoluzione di queste strutture che sono divenute fondamentali per la stessa competitività delle imprese»;
   al punto 6.2 pag. 50, «La tutela non solo fisica degli impianti cui sono preposte, interessando sempre più le acquisizioni tecnologiche, il settore finanziario, quello del marketing e, in un senso più vasto, la credibilità e la reputazione stessa dei soggetti economici ha finito per mutare e ampliare la fisionomia delle strutture di sicurezza. È in corso un processo di apertura a nuove professionalità – provenienti da settori accademici ed economici – diverse da quelle tradizionali (forze armate e forze di polizia).... si è venuto a instaurare un nesso tra le funzioni dell’intelligence privata e quelle proprie della sicurezza pubblica di cui occorre valorizzare le potenzialità ed evitare, al tempo stesso, che si producano confusione di ruoli e sovrapposizioni di competenze. Alla netta distinzione dei compiti deve accompagnarsi la previsione di canali e sedi strutturate di scambio delle informazioni. La sicurezza delle imprese può presentare indubbiamente aspetti suscettibili di rilievo per la sicurezza nazionale. Di converso, i settori imprenditoriali più presenti all'estero specie in ambito strategico, costituiscono un canale informativo essenziale per aspetti rilevanti di interesse della stessa sicurezza nazionale»;
   al punto 6.2 pag. 51, «È evidente, pertanto, l'esigenza di un costante dialogo tra il Sistema di informazione per la sicurezza e il mondo della sicurezza aziendale, anche in una logica di partecipazione e di divisione di compiti per gli obiettivi comuni o in funzione sussidiaria per determinate finalità specifiche. Perché ciò possa realizzarsi è indispensabile che la security aziendale sia dotata di adeguati requisiti di qualificazione ed affidabilità. È auspicabile un approfondimento nelle sedi idonee delle possibili linee di intervento, anche sotto il profilo normativo, per definire i confini propri della sicurezza aziendale e le modalità più efficaci e corrette di funzionamento e di interazione con gli organismi pubblici»;
   la legge n. 4 del 14 gennaio 2013 ha posto l'accento sulle «professioni non regolamentate» e di fatto ha sanato, in parte, un vulnus normativo tentando di restituire alla figura del security manager la dovuta qualificazione, e che nell'immediato futuro si debba meglio definire in maniera univoca;
   ad oggi, in assenza di precisi requisiti della legge per esercitare la funzione di security manager, si deve constatare che aziende private, pubbliche, ed anche enti pubblici di primaria importanza, talvolta si affidino ad improbabili personaggi con conseguenze rovinose, come spesso emerge dai fatti di cronaca giudiziaria –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della realtà nazionale dei professionisti della security aziendale, ovvero dei security manager;
   quali siano le iniziative in materia, per stabilizzare il fumoso quadro normativo dei professionisti della security in considerazione delle criticità evidenziate nella relazione annuale dei servizi di intelligence e sottolineate in audizione;
   se i Ministri, oltre a quanto previsto dal decreto ministeriale n. 269 del 2010 che prevede la figura del security manager conforme al punto 5.2 della norma UNI 10459/1995 obbligatoria per la sicurezza privata (istituti di vigilanza), siano a conoscenza che ad oggi, nella realtà produttiva nazionale, tale professionalità è il pilastro fondamentale dei processi di sicurezza, di supporto nella difesa e della integrità delle persone, della produttività e della business continuity delle più grandi strutture societarie italiane, anche operanti fuori dal perimetro nazionale e talune anche classificate come «infrastrutture critiche»;
   se intenda valutare l'opportunità di adottare tale figura della security in seno alle società di interesse pubblico, a quelle di carattere economico-strategico di rilevanza nazionale, presso le grandi infrastrutture, presso le infrastrutture classificate «critiche», presso enti pubblici di primaria importanza, come suggerito dalla relazione annuale dell'anno 2012, redatta dal comitato parlamentare di controllo COPASIR. (4-03389)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:


   MOLEA, CAPUA, VEZZALI e ANTIMO CESARO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la situazione dell'edilizia scolastica italiana continua ad essere in uno stato di permanente emergenza sul fronte degli interventi e della messa in sicurezza;
   oltre il 60 per cento degli edifici scolastici sono stati costruiti prima del 1974, data dell'entrata in vigore della normativa antisismica;
   il 37,6 per cento delle scuole necessita di interventi di manutenzione urgente, il 40 per cento sono prive del certificato di agibilità, il 38,4 per cento si trova in aree a rischio sismico e il 60 per cento non ha il certificato di prevenzione incendi;
   è quanto emerge da Ecosistema scuola 2013, il rapporto annuale di Legambiente sulla qualità delle strutture e dei servizi della scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado di 94 capoluoghi di provincia;
   anche quest'anno i dati confermano lo stallo in cui si trova la qualità del patrimonio dell'edilizia scolastica italiana, che fatica a migliorare nonostante gli investimenti siano ripartiti e sembrino essere per la prima volta più consistenti;
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha pubblicato soltanto una volta una parte dei dati a sua disposizione, nell'autunno del 2012;
   le cifre raccontano quello che vivono ogni giorno gli studenti sulla loro pelle;
   il 4 per cento degli edifici è stato costruito prima del 1900. E la maggior parte, il 44 per cento delle scuole, in un periodo che va dal 1961 al 1980. Solo il 17,7 per cento degli edifici è in possesso del certificato di prevenzione incendi. Il 33 per cento non possiede un impianto idrico antincendio; un edificio su due non ha una scala interna di sicurezza; quattro su dieci non hanno la dichiarazione di conformità dell'impianto elettrico. Ancora più serio è l'allarme sismico, quasi 4 edifici su 10 sono in zone ad alto rischio;
   secondo il rapporto 2013 di CittadinanzAttiva in una scuola su sette ci sono lesioni strutturali evidenti, presenti in gran parte sulla facciata esterna dell'edificio, il 20 per cento delle aule presenta distacchi di intonaco: muffe, infiltrazioni e umidità sono stati rilevati in quasi un terzo dei bagni (31 per cento) e in un'aula e palestra su quattro;
   il 39 per cento delle scuole presenta uno stato di manutenzione del tutto inadeguato molto in aumento rispetto al 2012 quando erano il 21 per cento. Più della metà delle scuole non possiede il certificato di agibilità statica, oltre 6 su 10 non hanno quello di agibilità igienico sanitaria, altrettante non hanno quello di prevenzione incendi. Solo un quarto delle scuole è in regola con tutte le certificazioni;
   temperature ed aerazione non sono adeguate nella gran parte delle aule, visto che il 51 per cento di esse è senza tapparelle o persiane e il 28 per cento ha le finestre rotte. Il 10 per cento delle sedie e dei banchi è rotto e in oltre un terzo dei casi (39 per cento) gli arredi non sono a norma, adeguati ad esempio all'altezza degli alunni;
   tale emergenza nazionale non può essere affrontata con finanziamenti altalenanti e non commisurati alle effettive realtà e necessità;
   ci sono infatti ancora più di 600 milioni di euro da assegnare per programmi attivati da anni che consentirebbero di intervenire laddove necessario, mentre il fondo unico nel quale avrebbero
dovuto confluire tutte le risorse destinate a finanziare l'edilizia scolastica previsto dalla legge n. 221 del 2012 non è ancora stato attivato –:
   se il Governo sia al corrente dei dati suesposti, piuttosto allarmanti, e quali iniziative ritenga opportuno assumere al fine di intervenire urgentemente attraverso finanziamenti adeguati e mirati esclusivamente per la sicurezza degli alunni italiani. (3-00597)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PES. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con l'interrogazione n. 5-03803 sottoscritta nella XVI legislatura, era stato già trattato il tema della normativa riguardante i dottorati di ricerca;
   l'interrogante infatti, aveva rilevato che la circolare ministeriale n. 15 del 22 febbraio 2011 emanata in seguito all'interrogazione n. 5-03803 con lo scopo di fare chiarezza in merito ai congedi di cui possono usufruire i titolari di assegni di ricerca e sul diritto ad un'aspettativa senza assegni utile ai fini della progressione di carriera, del trattamento di quiescenza e di previdenza, si esprimeva solo sul dottorato di ricerca, non fornendo quindi ai titolari di assegni di ricerca alcuna risposta;
   la nota del 12 maggio 2011 prot. n. AOODGPER 4058 della direzione generale per il personale scolastico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, esprimendosi sulle caratteristiche dell'aspettativa per assegno di ricerca, di cui possono usufruire i docenti della scuola, con riferimento alla questione della progressione di carriera, del trattamento di quiescenza e di previdenza, stabilisce che «i periodi di servizio prestati in qualità di titolare di assegno universitario devono ritenersi equiparabili a tutti gli effetti a quelli discendenti dalla frequenza di corsi di dottorato di ricerca»;
   risulta che diverse ragionerie territoriali dello Stato (Verona, Bari, Campobasso), in assenza di una norma esplicita, continuino a negare il riconoscimento del periodo di aspettativa per assegno di ricerca ai fini del servizio, della progressione di carriera, del trattamento di previdenza e quiescenza, non riconoscendo quindi la nota del 12 maggio 2011 della direzione generale per il personale scolastico di cui sopra;
   risulta altresì che altre ragionerie provinciali (Mantova, Milano, Cuneo, Perugia) riconoscono la nota in questione –:
   se non ritenga improcrastinabile assumere iniziative, anche mediante l'emanazione di una apposita circolare, al fine di garantire chiarezza in merito alla validità del periodo di aspettativa per assegno di ricerca ai fini del servizio, della progressione di carriera, del trattamento di previdenza e quiescenza ed evitare quindi che tale materia si presti a interpretazioni da parte delle ragionerie territoriali dello Stato. (5-02035)

Interrogazione a risposta scritta:


   SCOTTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha attivato i PAS (percorsi abilitanti speciali) su tutto il territorio nazionale, e quindi anche in Campania;
   risultano essere stati assegnati, proprio in Campania, gli elenchi dei partecipanti, divisi per classi di concorso, alle università statali insistenti sul territorio regionale nella seduta del 18 novembre 2013, prima cioè che decorressero i termini per la presentazione delle istanze da parte delle università, anche telematiche, fissati al 9 dicembre 2013;
   tale assegnazione è, a giudizio dell'interrogante, in contrasto con la normativa vigente, anche per la riapertura dei termini operata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca fino a tutto il 24 gennaio 2014;
   preoccupa non tanto e non solo l'esclusione delle università telematiche, quanto invece gli interventi di dubbia legittimità posti in essere, che hanno ritardato e stanno ritardando tuttora notevolmente il passaggio alla fase operativa dei percorsi abilitanti speciali stessi, con seria compromissione del diritto dei docenti a concludere in tempo utile il percorso abilitante;
   con il decreto del direttore generale n. 7 del 16 aprile 2012 sono stati indetti i corsi di riconversione per docenti in esubero, tesi al conseguimento della specializzazione per attività di sostegno;
   diverse note del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca hanno impartito ai direttori generali regionali precise disposizioni operative, finalizzate anche a tutelare il personale che vedeva la propria classe di concorso in esubero nella provincia di titolarità;
   è stato invece pubblicato un elenco di ammessi ai corsi di riconversione in cui sono stati inseriti fra gli ammessi docenti titolari in provincia senza situazione di esubero, e tra i non ammessi docenti titolari in provincia con codificata situazione di esubero;
   non è questo il primo caso di irregolarità amministrative e violazioni di norme e direttive ministeriali avvenuto in Campania nel corso degli anni, come ad esempio per la mobilità dei dirigenti scolastici e la situazione ambientale di disagio lavorativo per i dipendenti di alcune scuole –:
   quali iniziative il Ministro abbia già adottato al riguardo e come intenda affrontare e risolvere in via definitiva con opportuni provvedimenti la situazione, al fine di ripristinare una corretta attività amministrativa nella scuola campana.
(4-03392)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   BALDASSARRE, FICO, BECHIS, COMINARDI, ALBERTI, TRIPIEDI, CIPRINI, RIZZETTO, ROSTELLATO, CHIMIENTI, GRILLO e SILVIA GIORDANO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) è il principale ente previdenziale italiano, presso cui debbono essere obbligatoriamente iscritti tutti i lavoratori dipendenti pubblici o privati e la maggior parte dei lavoratori autonomi che non abbiano una propria cassa previdenziale;
   il presidente dell'INPS, Antonio Mastrapasqua, esercita tra le altre, unitamente alle cariche di consigliere di Equitalia centro Spa, vice-presidente di Equitalia centro Spa, vice-presidente del consiglio di amministrazione di Equitalia nord Spa, presidente del collegio sindacale di Groma srl, presidente del collegio sindacale di Mediterranean Nautilus Italy spa, sindaco effettivo di Mediterranean Nautilus Italy spa; sindaco effettivo di Coni servizi spa, presidente del collegio sindacale di Telenergia srl, sindaco effettivo di Autostrade per l'Italia spa, presidente del consiglio d'amministrazione di Equitalia sud Spa, consigliere di Equitalia sud spa, sindaco effettivo di Loquendo spa, Direttore dell'Ospedale israelitico di Roma, presidente di Idea Fimit sgr, direttore della casa di riposo Ebraica, presidente del collegio sindacale di Eur Tel srl;
   come emerge nelle ultime ore dagli organi di stampa, la procura della Repubblica di Roma sta indagando su Antonio Mastrapasqua – presidente INPS – per presunte cartelle cliniche «truccate» al fine di gonfiare rimborsi in favore dell'ospedale Israelitico di Roma diretto dallo stesso signor Antonio Mastrapasqua;
   il quotidiano La Repubblica quantifica in 12.164 le schede di dismissione «taroccate» alla regione Lazio finalizzate all'ottenimento di «13,8 milioni di euro di rimborsi non dovuti» cui si sommano «71,3 milioni di euro» di presunto «vantaggio patrimoniale»;
   il quotidiano La Repubblica inoltre, rivela come lo stesso Mastrapasqua sia indagato per truffa, abuso di ufficio e falso ideologico e come da settembre 2013 sia stato interrogato più volte dal pubblico ministero Cristina Palaia;
   l'esercizio della carica di presidente INPS assume ipso facto una rilevanza tale da non ammettere situazioni come quella attuale ove la carica di presidente dell'Inps viene esercitata unitamente e contemporaneamente a numerose altre cariche;
   a parere dell'interrogante, la compensazione crediti/debiti effettuata all'Ospedale Israelitico, apparirebbe irrituale e molto probabilmente non accordata ad altri contribuenti nelle normali procedure di attività riscossiva;
   a quanto risulta da informazioni in possesso dell'interrogante e da quanto pubblicato su Repubblica, la moglie del Presidente dell'INPS, Maria Giovanna Basile, ricoprirebbe svariati incarichi in numerose società;
   in particolare attualmente incarichi nel collegio dei sindaci della Rai, nei collegi di due importanti società controllate da Viale Mazzini: Rai Way (installazione impianti) e Rai Cinema, incarichi nelle controllate dell'Aci, l'Automobile club d'Italia: Aci Global (servizi di sostegno all'impresa), Aci Infomobility, Ventura (agenzie di viaggio e tour operator), Aci Vallelunga (gestione impianti sportivi), Targasys –:
   se il Ministro interrogato intenda assumere ogni opportuna iniziativa al fine di pervenire ad una ottimizzazione del modello di governance che permetta di garantire la «buona condotta» dell'istituto nazionale di previdenza sociale (INPS), capace di promuovere l'interesse pubblico e quello delle principali categorie di stakeholder, rispettosa delle normative e procedure, responsabile ed efficiente nell'uso delle risorse, efficace nella qualità, trasparenza e nella correttezza dei processi decisionali;
   se il Ministro interrogato intenda adottare iniziative, anche di natura normativa, che prevedano l'incompatibilità del ruolo di presidente INPS contemporaneamente all'esercizio di qualsiasi altro incarico o funzione e altresì l'incompatibilità dell'esercizio della carica di presidente INPS per soggetti che ricoprano o abbiano ricoperto negli ultimi tre anni incarichi pubblici elettivi sancendo così il vincolo di esclusività di tale carica;
   se al Ministro interrogato risulti che si possa configurare un conflitto di interessi tra i molteplici incarichi del Presidente Antonio Mastrapasqua e i numerosi incarichi ricoperti della signora Maria Giovanna Basile, anche in relazione ad eventuali consulenze e forniture o altra interferenza tra le società in cui costoro svolgono rispettivamente funzioni, al fine di verificare la trasparenza, la legittimità e la correttezza degli atti posti in essere;
   se l'interrogato Ministro, intenda fare luce in merito alla presunta compensazione crediti/debiti effettuata all'Ospedale Israelitico. (4-03390)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ANZALDI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi, pubblicato dal New York Times, è apparso un articolo in cui, mediante la rappresentazione di un fumetto, si denunciava una presunta sofisticazione dell'olio di oliva italiano;
   appare quanto mai paradossale che un tale attacco, circa la qualità del cibo italiano, giunga da un Paese nel quale le sofisticazioni e le alterazioni della filiera alimentare sono all'ordine del giorno con inevitabili, gravi, conseguenze sulla salute dei propri cittadini;
   tanto per fare un esempio, sul sito http://www.prevention.com/ è addirittura possibile leggere una sorta di hit parade dei cibi più taroccati, presenti ogni giorno sulla tavola degli americani, con un'impressionante lista di componenti, spesso anche tossici;
   la smentita fatta da Tom Mueller, autore del volume Extraverginità, di essere la fonte di quanto riportato dal giornale statunitense, dichiarandosi, invece, dispiaciuto per l'Italia, rende evidente una strategia finalizzata ad ostacolare l'affermazione del made in Italy di qualità;
   a livello mondiale l'olio extravergine d'oliva italiano resta una vera eccellenza;
   in Italia vi sono un milione di ettari di territorio in cui risiedono 225 milioni di alberi di ulivi;
   l'olivicoltura italiana conta su circa 800 mila imprese, 5 mila frantoi e più di 200 imprese industriali, con una produzione media di circa 500 mila tonnellate che ha generato nello scorso anno un fatturato di oltre 3,3 miliardi di euro (il 2,6 per cento del fatturato industriale agroalimentare totale), senza contare il valore alla pianta del prodotto che sfiora mediamente ogni anno due miliardi di euro con un milione di addetti;
   con questi numeri la qualità è un obbligo per vincere la competitività proveniente anche da paesi emergenti;
   è ovvio che come in tutti i mercati ci sono produttori senza scrupoli che danneggiano l'onestà e il gran lavoro dei tanti ed è per questo che il nostro Paese deve battersi soprattutto in sede comunitaria per una più adeguata tutela del valore di tale settore –:
   in relazione a quanto apparso sul New York Times, se e quali iniziative il Governo intenda promuovere per difendere uno dei settori chiave dell'economia agroindustriale italiana di fronte ad un gratuito ed infondato attacco sulla qualità dell'olio di oliva extravergine, e quali misure intenda assumere per valorizzare e tutelare al meglio uno dei simboli della qualità dell'agroindustria italiana.
(5-02030)

SALUTE

Interrogazione a risposta orale:


   BAZOLI, COMINELLI, BERLINGHIERI e GALPERTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   come è noto il cromo VI è un metallo classificato come «cancerogeno certo» per l'uomo dalla IARC (International Agency for Reserach on Cancer);
   oltre all'esposizione per via inalatoria, soprattutto dei lavoratori addetti ad alcune lavorazioni, desta preoccupazione anche l'esposizione per via alimentare a causa della contaminazione delle falde acquifere ad opera dell'attività antropica, industriale o per versamenti di rifiuti industriali;
   gli studi sull'uomo della contaminazione dell'acqua potabile da cromo esavalente sono molto limitati data le difficoltà intrinseche per studi di popolazione. Tuttavia in uno studio condotto in Cina ove i livelli d'inquinamento erano particolarmente elevati, tanto da far considerare quest'area come la più inquinata al mondo e tra le poche che sono state oggetto di studi epidemiologici, è emerso un aumento statisticamente significativo dei tumori dello stomaco nella popolazione, che offre evidenza di una correlazione tra la presenza di cromo VI nelle acque e l'aumento del rischio di cancro;
   a maggio 2007 il NTP (US – National Toxicology Program) ha comunicato la conclusione di uno studio su ratti che indicano un netto aumento, statisticamente significativo e dose-risposta, di neoplasie dell'epitelio di rivestimento della mucosa orale e della lingua nei ratti maschi e femmine e di tumori del piccolo intestino nei topi maschi e femmine;
   sulla base di queste e altre evidenze scientifiche l'EPA della California ha adottato un limite per l'acqua potabile (Maximum Contaminant Level – MCL) di 10 microgrammi/litro di cromo VI nell'agosto 2013;
   i livelli ad oggi ammessi come concentrazione massima nelle acque potabili in Italia sono pari a 50 microgrammi/litro, e derivano dallo standard della Organizzazione mondiale della sanità del 1958, in origine assunto per il solo cromo IV, non tossico come il cromo VI, e poi assunto come riferimento per il cromo totale;
   nonostante ciò, il decreto legislativo n. 152 del 2006 fissa per il cromo VI un valore soglia di contaminazione delle acque sotterranee di 5 microgrammi/litro, che contrasta all'evidenza con il limite ammesso per le acque potabili;
   i dati pubblicati negli ultimi anni dalle autorità preposte circa la concentrazione di inquinanti nei pozzi dell'acquedotto di Brescia da cui viene prelevata l'acqua potabile per la città e l’hinterland hanno spesso indicato presenza significativa di cromo VI, per quanto entro i limiti di legge oggi in vigore di 50 mg/litro;
   in particolare, e da ultimo, il Corriere della sera del 25 settembre 2013 ha pubblicato i seguenti dati relativi ai livelli di cromo esavalente rilevati ad agosto 2013 (concentrazione in alcuni pozzi di Brescia e hinterland – dati ASL Brescia):
    nella località Lamarmora 1 il valore è 9;
    nella località Lamarmora 2 il valore è 7;
    nella località Lamarmora 3 il valore è 10;
    nella località Frao il valore è 8;
    nella località Chiesanuova 2 il valore è 7;
    nella località Folzano 1 il valore è 69;
    nella località Folzano 2 il valore è 52;
    nella località Sereno 1 il valore è 52;
    nella località Sereno 2 il valore è 30;
    nella località S. Anna il valore è 8;
    nella località Via del monte il valore è 14;
    nella località Campo Fiera il valore è 8;
    nella località Ospedale civile il valore è 13;
    nella località Via Triumplina il valore è 8;
    nella località Porta Venezia il valore è 11;
    nella località Villa Carcina il valore è 10;
    nella località Bovezzo il valore è 9;
    nella località Cellatica il valore è 12;
    nella località Concesio il valore è 21;
   questo fatto ha destato preoccupazione nell'opinione pubblica tanto che in alcune scuole della città è stato chiesto dai genitori di non dare più acqua del rubinetto ai bambini –:
   se vi siano evidenze scientifiche, o in alternativa siano in corso studi finalizzati ad accertare gli effetti sulla salute umana della presenza in concentrazioni significative di cromo VI nell'acqua potabile;
   se, tenuto conto della obiettiva vetustà dei limiti oggi in vigore, dell'accertata e conclamata tossicità del cromo VI, della scelta di altri Paesi di abbassare notevolmente la soglia di tolleranza di presenza di tale composto nelle acque potabili, il Ministero e per esso gli organi competenti non ritengano opportuno rivedere il valore limite fissato per il cromo nelle acque potabili;
   se non si ritenga opportuno, in via precauzionale, dare indicazioni ministeriali che raccomandino il rispetto di valori limite più cautelativi di quelli attualmente fissati per le acque per il consumo umano;
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative, anche normative, affinché gli enti preposti al controllo, in stretta collaborazione con l'ente gestore della rete di distribuzione idrica effettuino un sistemico rilevamento dei valori ed un sistematico incrocio «sia a rubinetto» che a «pozzo» nel tempo e per territorio significativo.
(3-00598)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   VALIANTE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la classifica dei sistemi sanitari sull'attività del 2012, stilata all'inizio del 2014 sulla base di numerosi indicatori relativi al rispetto dei livelli essenziali di assistenza assicurati ai cittadini, rivela ancora una volta i tanti problemi della sanità campana. La regione, che non registra alcun miglioramento di posizione rispetto al 2011, occupa l'ultima posizione, risultando inadempiente nei settori assistenza ospedaliera, liste di attesa, prevenzione, sperimentazione e innovazioni gestionali, assistenza protesica, sanità penitenziaria, attività trasfusionale, percorso nascita, emergenza-urgenza;
   in merito alla rete ospedaliera, già nell'estate 2013, gli organismi di monitoraggio del Ministero della salute avrebbero richiesto che eventuali interventi di modifica o integrazione, così come delineato dal decreto del commissario ad acta per la prosecuzione del piano di rientro del settore sanitario n. 49 del 2010, venissero definiti con un nuovo atto organico, essendo tale decreto un atto regionale espressione di un superiore livello pianificatorio regionale in materia sanitaria, come sancito dal Tar Campania con sentenza n. 882 del 2013;
   nel citato decreto la riorganizzazione della rete ospedaliera si fonda – si legge – sulla specificità di ciascuna delle province campane, per le caratteristiche del territorio e per le preesistenze strutturali ed organizzative, tenendo conto altresì del principio dell'autosufficienza dell'ambito provinciale. La stessa si fonda anche su una serie di fattori legati ad aspetti strutturali, dimensionali, al rapporto pubblico-privato, nonché ai modelli organizzativi e funzionali;
   con specifico riferimento al criterio dimensionale, il citato decreto sottolinea che la congruità dimensionale di una struttura di ricovero pubblica per acuti è valutata in almeno 100 posti letto, mentre quella di una struttura di ricovero pubblica di tipo riabilitativo e/o lungodegenziale è valutata in un numero di posti letto non inferiore a 80 e non superiore a 200, con un numero di posti letto per acuti non superiore a 25. Una scelta – come riportato – finalizzata a contenere i costi di gestione, a contrastare i comportamenti opportunistici e a garantire prestazioni più appropriate;
   la programmazione della rete ospedaliera di Salerno che emerge dal decreto menzionato prevede che i presidi ospedalieri di Oliveto Citra, Roccadaspide, Eboli e Battipaglia confluirebbero in una unica struttura ospedaliera – presidio ospedaliero unico della Valle del Sele – la cui realizzazione è da prevedersi nel programma di interventi per l'edilizia sanitaria (ai sensi dell'articolo 20 della legge n. 67 del 1988) come nuovo modello organizzativo-gestionale, in quanto presidio di ASL dotato di un budget autonomo e di una specifica autonomia gestionale;
   una riorganizzazione dei posti letto degli ospedali di Eboli, Battipaglia, Roccadaspide e Oliveto Citra con chiusura dell'ospedale di Roccadaspide, lascerebbe un intero territorio come la Valle del Calore, degli Alburni e dell'Alento, nel pieno del Parco nazionale del Cilento, completamente privo di assistenza sanitaria privando lo stesso di un presidio ospedaliero che rappresenta un punto di riferimento e di eccellenza, sia per la qualità delle prestazioni che per le condizioni di economicità, che serve un territorio di circa 800 chilometri quadrati, privo di infrastrutture e rete viaria, con una densità abitativa di 41 abitanti per chilometro quadrato e una popolazione prevalentemente anziana, sprovvisto di strutture e cliniche private e interessato da un incremento di utenza di oltre il 30 per cento delle prestazioni di pronto soccorso a seguito della chiusura dell'ospedale di Agropoli e in una condizione oggettiva di impossibilità di rapidi collegamenti con altri ospedali, distanti dai 45 agli oltre 70 chilometri;
   il territorio della provincia ha già subito la chiusura dell'ospedale di Agropoli, riconvertita in centro ambulatoriale ad indirizzo oncologico ed in struttura residenziale per cure palliative, hospice;
   inoltre, l'ipotesi di chiusura dell'ospedale dell'Immacolata di Sapri, configurato, dal menzionato decreto n. 49 del 2010, quale presidio di II livello della rete dell'emergenza e spoke per l'emergenza cardiologica e per l’ictus cerebrale, sarebbe oltremodo ingiustificata e inspiegabile;
   la razionalizzazione della rete ospedaliera salernitana, in particolare, dovrebbe tenere in debito conto le specificità del territorio, senza penalizzare gli abitanti –:
   se, sulla scorta degli elementi premessi, non ritenga opportuno, anche in vista del nuovo patto per la salute, lungi da interventi illogici e incoerenti, assumere iniziative per verificare l'omogenea distribuzione territoriale delle prestazioni sanitarie sul territorio provinciale che tenga conto del dato demografico e di quello territoriale, al fine di garantire l'effettiva erogazione di livelli essenziali di assistenza sul territorio a beneficio dei cittadini interessati. (5-02036)


   CRIPPA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 6 gennaio 2014 è mancata presso l'ospedale di Alessandria la piccola Aurora;
   la piccola è deceduta, poche ore dopo la nascita, all'ospedale di Alessandria, presso il reparto di patologia neonatale, struttura ospedaliera sede di destinazione della madre partoriente, dopo un viaggio di 170 chilometri da Domodossola (Verbania);
   la madre, al sesto mese di gravidanza, era arrivata sabato mattina verso le 6 al dipartimento di emergenza e accettazione di Domodossola, a bordo di un'ambulanza del 118. L'ambulanza, allertata dai familiari della donna, in seguito a febbre e malesseri diffusi, dopo un'anamnesi telefonica con il medico del 118, come da prassi, manifestando i sintomi di un parto prematuro, si era recata presso il dipartimento di emergenza e accettazione più vicino;
   essendo il punto nascita di Domodossola di primo livello, la donna non poteva essere gestita dal dipartimento di emergenza e accettazione della struttura domese, né da quello di Verbania, sede del reparto provinciale di ostetricia, anch'esso di primo livello. Sede indicata dai protocolli regionali era quindi la vicina (90 chilometri) Novara che, però rispondeva negativamente alla richiesta dei medici di Domodossola. Dopo le medesime risposte negative di Cuneo e Torino, veniva trovata soluzione nella struttura ospedaliera di Alessandria;
   il tempo intercorso tra l'arrivo all'ospedale di Domodossola e il ricevimento ad Alessandria è stato di circa sette ore;
   occorre sottolineare come tale situazione sia figlia delle decisioni del consiglio regionale piemontese che, conseguentemente alle conclusioni della seduta della Conferenza unificata Stato-regioni del 16 dicembre 2010, con la deliberazione n. 167-14087 del 3 aprile 2012 (Approvazione del Piano socio-sanitario regionale 2012-2015) ha di fatto sancito la chiusura dei punti nascita con meno di 1.000 parti all'anno;
   per quanto riguarda l'ospedale di Domodossola, per la speciale morfologia del territorio e distanza dai grossi centri della provincia del Verbano Cusio Ossola, è stata indicata in 500 parti annui la misura da considerare;
   analoga scelta non veniva ottemperata per gli ospedali di Susa e Borgosesia, evidenziando la difficoltà nel posizionare il servizio trasporto assistito materno (STAM) H24;
   il territorio ossolano è completamente montano, diviso in valli di difficile raggiungimento;
   lo stesso 118, inteso come sede operativa e ricevente delle chiamate, è stato spostato da circa 18 mesi a Novara registrando notevoli problematiche logistiche e organizzative ogni qualvolta si debba organizzare interventi sul territorio ossolano;
   la suddetta STAM H24 veniva ridisegnata dall'assessorato alla sanità piemontese non più in un mezzo espressamente dedicato, come inizialmente dichiarato, ma in un protocollo di operatività che prevede in 30 minuti l'equipaggiamento di un mezzo con culla termica e personale dedicato;
   infatti, all'interno della deliberazione sopra citata è chiaramente specificato che «La possibilità di punti nascita con numerosità inferiore [a 1000 nascite l'anno] potrà essere prevista solo sulla base di motivate valutazioni per aree geografiche particolarmente disagiate con rilevanti difficoltà di attivazione del Servizio di Trasporto Assistito Materno (STAM)»;
   nella scelta pare quindi lampante che non siano stati presi in considerazione diversi fattori, tra cui la particolarità del territorio (poche persone ma territorio molto esteso e impervio) e soprattutto il fatto che la singola sede dell'ospedale di Domodossola in effetti non ha mai raggiunto il numero di nascite richiesto, ma la struttura è strettamente collegata a quella di Verbania tanto da condividere con essa anche in parte il personale medico e i numeri di nascite delle due strutture superino abbondantemente la cifra richiesta di 500 parti annui;
   come specificato nella deliberazione, nel caso in cui non fosse stato possibile mantenere il punto nascita, avrebbe dovuto essere attivato un servizio di ambulanza per i parti pericolosi (detta STAM) che però non risulta essere attivo a Domodossola nonostante le opposte dichiarazioni dei vertici regionali;
   amaramente tocca constatare che la STAM non ha funzionato ne può funzionare in detto territorio; occorre registrare, inoltre, che l'ambulanza inizialmente predisposta ad attivarsi come STAM fosse già impegnata in quelle ore nel trasporto di un paziente infartuato;
   si nota il disinteresse sul tema da parte di coloro che si sono susseguiti alla guida del Ministero della salute, considerando che tale misura non è stata presa da diverse regioni in tutta Italia. Non sembra infatti all'interrogante che vi sia stato un particolare interesse da parte dei Ministri Fazio, Balduzzi e Lorenzin, che nel tempo si sono alternati;
   in particolare, il Ministro Balduzzi era stato personalmente messo al corrente della problematica già in data 28 gennaio 2013. Come si può infatti leggere sull'articolo della versione online del quotidiano «La Stampa», in tale data il Ministro della sanità in carica, invitato dai gruppi di attivisti locali del Movimento Cinque Stelle, salì a bordo di un'ambulanza ascoltando tutte le problematiche sul tema e prendendosi l'impegno di «aprire un'interlocuzione tra Ministero, regione e territorio»;
   si ricorda che l'articolo 32 della Costituzione Italiana prevede che «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività» –:
   di quali elementi disponga il Governo in merito ai fatti descritti in premessa e quali eventuali iniziative intenda assumere a riguardo;
   data la confusione generale sul tema, cosa il Ministero intenda con STAM H24 e se tale servizio debba essere utilizzato come sostitutivo di servizi essenziali o come pronto intervento;
   se non ritenga opportuno fare tutto ciò che è in suo potere per indirizzare l'operato della Conferenza Stato-regioni in modo da rivalutare la decisione di razionalizzare i punti nascita sotto i 1.000 nati all'anno e in particolare per quelli situati in zone montane ad alto rischio.
(5-02038)

Interrogazione a risposta scritta:


   CRIMÌ. — Al Ministro della salute, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. — Per sapere – premesso che:
   il Corpo militare della Croce rossa italiana sin dalla sua nascita opera, in tempo di guerra e in tempo di pace, in soccorso delle popolazioni, colpite da pubbliche calamità o eventi bellici, collaborando attivamente con le Forze armate italiane e gli organi di protezione civile;
   attualmente il Corpo militare della CRI conta di 1200 unità in servizio attivo che coordinano e supportano le attività dei volontari in congedo e la loro continua formazione, svolgono attività di carattere sanitario in ausilio delle forze armate e provvedono alla manutenzione di macchinari e mezzi in dotazione al Corpo;
   il decreto legislativo del 28 settembre 2012, n. 178, prevede la riorganizzazione dell'Associazione italiana della Croce Rossa (CRI) e la sua completa privatizzazione. Il decreto-legge del 31 agosto 2013, n. 101, convertito dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, proroga di un anno tutti i termini originariamente previsti dal decreto legislativo n. 178 del 2012;
   il testo di riordino comporta, di fatto, una completa smobilitazione del Corpo militare CRI, il suo personale in servizio attivo transiterebbe, a partire dalla data di emanazione del decreto di cui all'articolo 6, comma 1, del citato decreto di riorganizzazione della CRI, in un ruolo ad esaurimento nell'ambito del personale civile della CRI. Per la prosecuzione dei servizi ausiliari delle Forze armate è prevista, con decreto del Ministero della difesa di concerto con il Ministro della salute e con il Ministro della pubblica amministrazione e la semplificazione, l'istituzione di un contingente di 300 uomini in servizio attivo che confluirà nel ruolo civile della CRI entro e non oltre il 31 dicembre 2016. Entro tale termine il personale potrà optare per la risoluzione del contratto con l'Ente pubblico CRI e la successiva assunzione dall'associazione CRI, di carattere privato, se in possesso dei requisiti e nei limiti dell'organico di personale che la CRI definirà. Al personale che non dovesse essere assunto dall'Associazione si applicherebbero gli strumenti per le eccedenze nelle pubbliche amministrazioni e la mobilità potrebbe aver luogo anche presso enti fuori provincia o regione di residenza;
   la situazione economica degli enti pubblici italiani, l'età media del militare in servizio attivo e le attuali disponibilità economiche della CRI, sono tali da far ritenere di difficile compimento l'assunzione presso l'associazione o la mobilità del personale presso altri enti pubblici. Vi è forte preoccupazione per il personale militare della CRI che risulta essere troppo giovane per accedere al pensionamento, la cui età però, in media sopra i 50 anni, non consente un facile reinserimento nel mondo lavorativo;
   attualmente per i militari della C.R.I. ai fini della cessazione dal servizio si applicano le norme del «Salva Italia» decreto-legge dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, che prevedono il recesso dell'Amministrazione a 42 anni e 6 mesi; a domanda con 42 anni e 6 mesi; a domanda a 66 anni e 3 mesi;
   attualmente le pensioni del personale appartenente alle forze armate sono:
    a) di vecchiaia, con il collocamento in congedo d'ufficio per raggiunti limiti di età che vanno da 60 anni per quasi la totalità del personale ai 65 anni dei gradi di vertice;
    b) di anzianità, che si matura per tutti con 57 anni di anzianità e 35 anni di contributi o 40 anni di servizio utili;
   il personale del Corpo militare della Croce rossa italiana seppur operando nel soccorso pubblico non rientra nel comparto sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico –:
   se non ritengano di adottare misure atte a far rientrare il personale del Corpo militare della Croce rossa italiana nel comparto sicurezza, difesa, vigili del fuoco e soccorso pubblico in modo da estendervi il trattamento previdenziale riservato al comparto e garantire una graduale messa a riposo del personale;
   se non ritengano di istituire un ruolo speciale unico ad esaurimento del personale del Corpo militare della Croce rossa italiana, in deroga a quanto previsto dall'articolo 5 del decreto legislativo 178 del 28 settembre 2012, per assicurare il funzionamento dei servizi della Croce rossa italiana in tempo di pace, guerra, o di grave crisi internazionale, provvedimento che consentirebbe al personale di mantenere lo status di militare e non apporterebbe nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica atteso che si tratta di personale in servizio attivo a tempo indeterminato già retribuito con i fondi erogati dallo Stato. (4-03384)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   Almaviva Contact è leader di mercato in Italia per aziende private ed enti pubblici nell’outsourcing di servizi. Propone una gamma estesa e innovativa di soluzioni ad alto valore aggiunto come consulting and process reengineering, inbound and outbound services, back office & document management, market analysis, adaptive front-end, multichannel customer solutions e case management & quality monitoring per aiutare i propri clienti a sviluppare una strategia di customer experience di successo;
   Almaviva Contact fa parte del gruppo Almaviva, leader italiano nell’information & communication technology e opera a livello globale con 35 sedi e 27.000 persone. È presente anche in Brasile, Tunisia e Cina. In Italia è presente nelle seguenti città: Trento, Milano, Padova, Torino, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli, Cosenza, Palermo, Catania;
   l'elemento distintivo dell'offerta di Almaviva Contact è l'utilizzo di innovative tecnologie semantiche Almawave, che consentono il riconoscimento del linguaggio naturale per ottimizzare i processi operativi;
   gli operatori di contact center diventano esperti nella gestione della singola problematica attraverso la valorizzazione dell'informazione destrutturata e grazie al presidio integrato di tutti i canali di contatto;
   i principali clienti di Almaviva Contact sono: Alitalia, Poste Italiane, American Express, Comune di Milano, Comune di Roma, Enel, ENI, Fastweb, Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, INPDAP, INPS, Leasys, Mediaset, Tim, Equitalia, Sky, Vodafone e Wind;
   Almaviva Contact è presente da oltre 12 anni nella città di Palermo con due sedi operative e occupa stabilmente oltre 4.500 persone;
   l'attuale situazione di crisi economica generale e le problematiche che affliggono il mercato specifico come la crisi dei principali settori di riferimento, la contrazione dei volumi, l'abbattimento delle tariffe con riduzione dei margini, la delocalizzazione delle attività al di fuori del territorio italiano, hanno comportato da parte dell'azienda e delle organizzazioni sindacali una continua ricerca di maggiore efficienza e produttività sia attraverso specifici accordi, sia tramite l'identificazione di più adeguate soluzioni logistiche;
   in questo senso sono stati sottoscritti da azienda e sindacati importanti accordi sindacali sia a livello nazionale che locale che hanno consentito sino ad ora di affrontare le criticità senza ricorrere a misure traumatiche nei confronti dell'organico e della salvaguardia dei livelli occupazionali;
   la tenuta degli accordi sindacali, in particolare per il tessuto produttivo di Palermo, si fonda su tre principi fondamentali:
    sostanziale stabilità dei volumi di attività, benché ridotti rispetto al passato;
    tenuta dei principali clienti ed in particolare di Alitalia;
    risoluzione delle problematiche logistiche;
   rispetto ai volumi delle attività svolte a Palermo si riscontra una diminuzione del 30 per cento negli ultimi due anni su alcuni importanti clienti, solo parzialmente compensate dall'avvio di nuove attività portate dal gruppo. Tale tendenza al calo di volumi è in ulteriore accelerazione e le prospettive complessive evidenziano una situazione difficile da gestire;
   per quanto riguarda il cliente Alitalia, per il quale lavorano circa 1.000 persone assunte a tempo indeterminato, Almaviva Contact continua ad operare in un clima di incertezza per le note vicende legate alle sorti della compagnia di bandiera e per le possibili evoluzioni future. Almaviva ha già assorbito perdite per milioni di euro a seguito del fallimento della vecchia Alitalia e ha un credito di 4,4 milioni di euro residui;
   infine, per quanto riguarda la situazione logistica, nell'accordo sindacale di maggio 2013 è stata evidenziata la necessità di identificare un unico centro produttivo a Palermo al fine di migliorare l'organizzazione del lavoro e garantire un beneficio economico di circa 2 milioni di euro all'anno;
   ad oggi non è stata ancora identificata una soluzione sostenibile. Nessuna ipotesi percorribile è pervenuta dalle istituzioni locali e gli immobili potenzialmente identificati dall'azienda necessitano, fra opere di ristrutturazione e di trasferimento, di ingenti e insostenibili investimenti. Infatti, l'apertura di una nuova sede, tra gli immobili identificati, comportano un investimento di oltre 7 milioni di euro, che l'azienda sostiene di non poter effettuare;
   in tre anni di relazioni tra l'azienda e le istituzioni locali, sia regione che comune, non è ancora emersa una soluzione realmente praticabile e confacente alle esigenze aziendali e dei lavoratori;
   da un articolo apparso sul quotidiano online Si24.it si apprende come l'azienda Almaviva abbia chiesto l'assegnazione, da utilizzare come propria sede operativa, di un bene confiscato alla mafia, idoneo ad ospitare il call center Almaviva Contact e in cambio si era detta disponibile a mantenere gli attuali livelli occupazionali, trasferendo la propria sede legale in Sicilia;
   sul bene in questione, un ex edificio Telecom nella zona industriale ad ovest della città di Palermo, da più di un anno si assiste ad un rimpallo di responsabilità tra l'azienda e le istituzioni locali, comune di Palermo e regione siciliana;
   nell'articolo di stampa citato a prendere la parola è l'Agenzia nazionale per i beni confiscati che dichiara come il dialogo con la regione siciliana era stato avviato nel 2011 e come «senza alcuna giustificazione» gli incontri per discutere dell'assegnazione del bene ad Almaviva siano andati deserti dai rappresentanti della regione stessa;
   nel frattempo, proprio in conseguenza dell'assenza della regione, la stessa Almaviva avrebbe dichiarato di non essere più interessata ai locali. Da qui la decisione dell'Agenzia di assegnare il bene al comune di Palermo per destinarlo ad altre finalità;
   nei giorni successivi alla pubblicazione dell'articolo sul quotidiano online Si24.it già richiamato il sindaco di Palermo Leoluca Orlando si è detto disponibile ad assegnare la sede ad Almaviva qualora da questa scelta dipendesse la tenuta occupazionale dei 4.500 lavoratori del sito palermitano;
   da un comunicato sindacale del 24 gennaio 2014 e da uno successivo diramato dall'azienda il 27 gennaio si apprende invece che l'amministratore delegato Andrea Antonelli ha dichiarato che anche qualora le istituzioni mettessero a disposizione di Almaviva una sede unica, i reali problemi dell'azienda rimarrebbero comunque, lasciando intendere che possibili interventi sull'organico non sono affatto esclusi;
   tale dichiarazione oltre a dimostrare ancora una volta le incongruenze con cui Almaviva affronta quelle questioni che per i lavoratori sono di vitale importanza, sono da giudicare ancora più gravi visto che per quasi 3 anni l'azienda ha sempre identificato il problema della sede unica come fondamentale per la sopravvivenza del sito di Palermo;
   proprio adesso che si potrebbe aprire uno spiraglio per la risoluzione della vertenza sulla sede, l'azienda sposta il tiro su questioni non di competenza delle istituzioni locali ma nazionali, quali il calo dei volumi che scaturisce dalla delocalizzazione e dal costo del lavoro;
   la causa della drastica diminuzione dei volumi di lavoro, denunciata da Almaviva, è dovuta all'elevato costo degli operatori italiani di Almaviva, rispetto a quello di altri competitor che hanno delocalizzato all'estero ed anche rispetto ad altri call center italiani che inquadrano i lavoratori al primo e secondo livello non rispettando il contratto collettivo nazionale delle telecomunicazioni;
   su questi temi, si ritiene che il Governo nazionale debba adoperarsi per trovare una soluzione legislativa per contrastare il fenomeno delle delocalizzazioni e del mancato rispetto dei contratti nazionali di lavoro in materia di inquadramento che costringerà a breve alla chiusura di buona parte dei siti produttivi italiani o ad una gara al ribasso in tema di diritti, salario e occupazione;
   gli interroganti, considerando strumentali e provocatorie le motivazioni che esulano dal contesto territoriale addotte dall'azienda, ritiene invece che i tempi siano maturi per provare a dare una soluzione definitiva ai problemi logistici della sede Almaviva di Palermo;
   purtroppo, è sotto gli occhi di tutti che alla fine di questo «scarica barile» sulle responsabilità e tenuto conto della poca chiarezza dell'azienda rispetto alle sue reali volontà di mantenere il sito produttivo di Palermo salvaguardando gli attuali livelli occupazionali, a rimetterci saranno i lavoratori, le loro famiglie e la città intera se non si trova una soluzione positiva alla vicenda. È assurdo che la politica industriale di questo Paese venga di fatto portata avanti con i salari e i diritti dei lavoratori che attraverso le loro fatiche dovrebbero garantire gli investimenti necessari e pagare di tasca propria il prezzo del loro lavoro –:
   se i Ministri interpellati, acquisiti gli elementi necessari, intendano interessarsi della vicenda descritta in premessa e convocare un tavolo nazionale con i vertici del gruppo Almaviva, la regione siciliana, il comune di Palermo e le organizzazioni sindacali interessate, al fine di trovare una soluzione positiva sia alla situazione logistica del call center Almaviva Contact di Palermo sia a quella produttiva, considerati gli effetti particolarmente pregiudizievoli che si potrebbero determinare in termini occupazionali per circa 4.500 dipendenti effettivi.
(2-00390) «Palazzotto, Lacquaniti, Airaudo, Di Salvo, Ferrara, Matarrelli, Placido».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BOCCUZZI e IMPEGNO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   le regioni del Sud Italia registrano le tariffe Rc auto più alte d'Europa: recenti studi pubblicati dall'Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici (ANIA), hanno evidenziato una distorsione del mercato che produce tariffe sproporzionate nei confronti dei residenti del Mezzogiorno;
   tale fenomeno nel corso degli anni è andato intensificandosi e ha assunto proporzioni discriminatorie per questi cittadini, penalizzati — per il solo fatto di essere residenti in una regione del Sud — in tema di premi assicurativi, pagati il doppio o il triplo rispetto ai residenti di altre regioni d'Italia, anche in presenza di uniformità di caratteristiche di guida, anzianità di assicurazione ed attestazione di rischio bonus/malus, e indipendentemente dalla compagnia assicuratrice prescelta;
   la motivazione addotta per giustificare tale disparità di trattamento è legata alla incidenza delle frodi assicurative, ritenuta nel Mezzogiorno talmente incisiva e rilevante da rendere ineludibile l'applicazione di premi assicurativi più alti;
   a suffragare tale diffusa convinzione, però, mancano dati e statistiche; le compagnie assicuratrici non hanno finora pubblicato studi relativi all'incidenza delle frodi sul costo dei risarcimenti nonostante ognuna di esse abbia al proprio interno un ufficio antifrode particolarmente strutturato e con personale preposto esclusivamente alla rilevazione e repressione del fenomeno;
   l'interrogante reputa necessario avviare un approfondimento per comprendere l'esatto stato della situazione e valutare se l'ampio divario esistente tra i premi assicurativi Rc auto nelle varie regioni sia realmente motivato;
   la conoscenza specifica dei dati sulle condanne per frodi assicurative e sulle relative sentenze passate in giudicato, potrebbe rappresentare un primo passo per rendere più chiaro il quadro e, nel caso, per evitare di continuare a penalizzare gli automobilisti virtuosi –:
   quali siano i dati a disposizione, relativi agli anni 2008-2013 e suddivisi per regione (Nord, Centro e Sud Italia), in merito alle denunce presentate in materia di reato di frode assicurativa e quanti siano i soggetti denunciati e condannati nello stesso periodo (con particolare riferimento alla professione esercitata, medici, periti, liquidatori, legali, carrozzieri).
(5-02024)


   CAPARINI, BUSIN, MOLTENI e ALLASIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   a seguito del passaggio dalla trasmissione analogica al digitale terrestre sono innumerevoli le difficoltà di ricezione del segnale, in particolare dei canali RAI, riscontrate in ampie aree del Paese; nella provincia di Biella, non è ancora possibile godere della visione dei programmi televisivi RAI nonostante paghino regolarmente il canone. Il 1o agosto 2013 è stato siglato un accordo fra AGCOM, Ministero e RAI che, modificando alcune assegnazioni delle frequenze, avrebbe dovuto risolvere nei prossimi mesi le problematiche interferenziali ai danni del Multiplex 1, Piemonte incluso, e che le graduatorie stilate dallo stesso Ministero per l'assegnazione delle frequenze alle emittenti locali in Piemonte e Lombardia pubblicate avrebbero potuto, inoltre, modificare a breve il quadro pianificatorio risolvendo parte delle interferenze evidenziate;
   a Crespadoro (Vicenza) sono numerosi i problemi riferiti alla ricezione del segnale Rai, che in molti casi si limita ai 3 canali principali, anziché ai 15 pubblicizzati. La concessionaria, nel rispondere alle denunce dei cittadini ha semplicemente spiegato che la mancata visione dei vari canali è dovuta ad una mancanza di copertura del territorio per la quale non è responsabile la concessionaria pubblica;
   nei comuni facenti parte del la comunità montana della Valsassina, Val D'Esino e della Valvarrone in provincia di Lecco, comprendente 28 comuni per un totale di circa 20 mila abitanti che nel periodo turistico raggiungono le 100 mila presenze, perdurano le difficoltà di ricezione che rimangono gli stessi già fruibili con la vecchia tecnologia di trasmissione. Nel contempo gli operatori concorrenti il sistema radiotelevisivo nazionale (su tutti Mediaset e La 7) hanno provveduto ad ottimizzare l'emissione del segnale permettendo così la perfetta ricezione e visione dei relativi canali televisivi;
   in provincia di Rimini disfunzioni di diversa natura, spesso legate a specifiche condizioni meteorologiche. In alcune zone del territorio ulteriori segnali arrivano e interferiscono anche da altre regioni, come nel caso delle interferenze provocate dal ripetitore di Udine in Friuli Venezia Giulia, mentre recentemente sono stati segnalati un problema di abbassamento di potenza del ripetitore localizzato a San Marino e problemi al ripetitore di Monte Nerone;
   rispondendo a numerose interrogazioni in materia relative alla scarsa o assente copertura del segnale presentate presso la Commissione di vigilanza RAI, l'azienda concessionaria per l'area oggetto dell'interrogazione ha confermato l'esistenza delle problematiche interferenziali precisando di aver ripetutamente informato il Ministero dello sviluppo economico della questione;
   qualunque sia la causa alla base del problema della mancata ricezione del segnale RAI i cittadini convengono che non siano state attivate azioni mirate al fine di garantire una reale situazione di accesso al nuovo sistema che doveva offrire, nelle dichiarazioni iniziali, maggiori servizi, portando ad un miglioramento della situazione preesistente (tanto che a questo scopo sono state destinate alla RAI, negli ultimi anni, ingenti risorse ad esempio, nel decreto-legge n. 225 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 10 del 2011, circa 60 milioni di euro);
   la Rai, in qualità di concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, così come previsto dall'articolo 45 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, dovrebbe svolgere un servizio pubblico sul territorio italiano, sulla base di un contratto nazionale stipulato con il Ministero delle comunicazioni, assicurando a tutti i cittadini la possibilità di usufruirne;
   la discordanza fra quanto espresso nel contratto di servizio e la realtà dei fatti mina la credibilità e la trasparenza del sistema radiotelevisivo pubblico, e ne mette in dubbio l'affidabilità;
   in Commissione Trasporti della Camera dei deputati giace una risoluzione che impegna il Governo a consentire alle emittenti locali la trasmissione di marchi, programmi o palinsesti di emittenti nazionali, misura che consentirebbe di risolvere l'annosa questione della carenza frequenziale della concessionaria pubblica radiotelevisiva nelle aree marginali del Paese –:
   quali azioni di competenza il Ministro interrogato intenda intraprendere per far sì che il diritto di accesso alle reti del servizio pubblico radiotelevisivo sia garantito, attraverso la trasmissione in tecnica digitale terrestre, a tutti i cittadini italiani con copertura integrale sul territorio, così come previsto dall'articolo 45 del decreto legislativo n. 177 del 2005 e dal contratto di servizio stipulato tra l'azienda e il Ministero. (5-02028)


   PRODANI e RIZZETTO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Wartsila Italia, già Grandi motori Trieste rilevata dall'azienda finlandese specializzata nella fabbricazione di sistemi di propulsione e generazione d'energia per uso marino e centrali elettriche, il 29 gennaio 2014 ha comunicato alle rappresentanze sindacali degli stabilimenti di Trieste, Genova e Napoli l'intenzione di procedere ad una riorganizzazione complessiva della forza lavoro impiegata;
   l'obiettivo della dirigenza è quello di ridurre i costi produttivi mettendo in esubero un totale di 1.000 dipendenti negli impianti attivi presenti in vari Paesi;
   questa riorganizzazione riguarderà anche le maestranze italiane nella misura del 10 per cento della forza lavoro complessiva del gruppo;
   i dirigenti hanno dichiarato ai sindacati che questa scelta non ha nulla a che vedere con la recente richiesta di cassa integrazione ordinaria, ma è legata a una decisione di politica industriale assunta per migliorare la competitività mondiale del gruppo, eliminando costi che potrebbero ostacolare la produzione di ulteriori utili;
   dalle dichiarazioni dei vertici di Wartsila Italia ai rappresentanti dei lavoratori si evince l'assenza di criticità evidenti tali da giustificare la mobilità per i dipendenti italiani impiegati negli stabilimenti di Trieste, Genova e Napoli;
   secondo i sindacati gli esuberi risponderebbero all'esigenza di rendere Wartsila appetibile sul mercato, in vista di una possibile cessione al gruppo Rolls-Royce;
   la filiera della nautica, di cui Wartsila è tra le aziende leader mondiali, sta vivendo una situazione difficile come già ricordato nell'interrogazione a risposta scritta 4-02963 sugli impianti Fincantieri di Trieste, presentata dal sottoscritto il 17 dicembre 2013, con la quale si è chiesto al Governo un intervento immediato con la convocazione di uno specifico tavolo di confronto –:
   se il Ministro interrogato intenda intervenire immediatamente, prima che Wartsila Italia dia seguito al preannunciato piano di esuberi, attivando un tavolo di confronto presso il Ministero dello sviluppo economico tra dirigenza italiana del gruppo, regioni ed enti locali competenti, rappresentanti sindacali per preservare il livello occupazionale e favorire una politica industriale di sviluppo per il rilancio del comparto. (5-02032)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   ad inizio anno è stata annunciata per il mese di giugno 2014 la chiusura dello stabilimento di Villasanta (MB) della Carrier spa, ex Delchi, che fa parte della multinazionale Utc;
   la chiusura coinvolge circa duecento persone, oggi in mobilità, in maggioranza over 40 e quindi con possibilità ancora minori di altri di trovare un nuovo lavoro;
   è necessario individuare una o più attività che subentrino a Carrier e mantenere produttiva quell'area che è passata in pochi anni da 1000 a 200 dipendenti, mentre al contrario decollavano impianti esteri come quello indiano di Carrier Midea India o di Kuala Lumpur;
   occorre un intervento che non verta solo sugli ammortizzatori sociali, ma provi a rilanciare il sito produttivo, di cui il comune ha rimarcato la vocazione industriale nel piano di governo del territorio;
   Carrier spa è stata sollecitata ad una momentanea sospensione della procedura di chiusura degli stabilimenti e cessazione dell'attività, anche in considerazione dei possibili strumenti a sostegno della competitività e per contrastare le delocalizzazioni che sono in discussione in regione Lombardia, attraverso il recupero di aree dismesse, forme premiali come il credito d'imposta, nuclei operativi ad hoc per la gestione di crisi aziendali –:
   se il Ministro sia a conoscenza della situazione e quali iniziative intenda assumere a sostegno dell'impegno degli enti locali e a tutela dell'occupazione dell'area. (4-03386)


   NARDI, DI SALVO, LACQUANITI, AIRAUDO, FERRARA, PLACIDO e MATARRELLI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   RetItalia internazionale è una società a partecipazione pubblica, il cui capitale è interamente posseduto dall'ex Istituto nazionale per il commercio estero (ICE), attualmente Agenzia ICE (ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane);
   gli impiegati di RetItalia internazionale hanno svolto da più di trentacinque anni funzioni a supporto del ruolo istituzionale dell'ICE: analisi di fabbisogni, progettazione, realizzazione e gestione di infrastrutture, servizi e sistemi informativi a supporto dell'internazionalizzazione e dei processi gestionali interni all'ICE, consentendo la loro integrazione e interconnessione con sistemi esterni, fornitura di assistenza qualificata al personale dell'ICE e alle piccole e medie imprese (PMI) italiane;
   il carattere strategico delle funzioni e del coinvolgimento operativo di RetItalia nel comparto estero, sono stati ulteriormente confermati dall'assegnazione da parte del Ministero dello sviluppo economico, nel giugno 2011, del progetto del portale «Made in Italy», un sistema di commercio elettronico dei prodotti italiani sul mercato internazionale, nell'aprile 2012, del progetto «International trade hub-Italia», un portale sponsorizzato dal «Tavolo strategico nazionale per la trade facilitation» che consente alle imprese italiane di accedere da un unico punto a tutti i processi relativi all'internazionalizzazione. Tale progetto è stato oggetto di ulteriori convenzioni a dicembre 2012 e a luglio 2013;
   a seguito della soppressione dell'ICE la proprietà di RetItalia internazionale è stata trasferita alla ex-ICE/costituenda Agenzia e al Ministero dello sviluppo economico che tuttavia ha ignorato la proprietà e si è disinteressato in un anno e mezzo dell'indirizzo strategico della società;
   da maggio 2012 il Ministero dello sviluppo economico ha dimezzato il contratto in essere tra l'ex ICE e RetItalia internazionale (da 6 a 3 milioni di euro) portando con sé una Cassa integrazione ordinaria estremamente penalizzante;
   a ottobre 2012, basandosi sull'articolo 4 della «Spending review» il Ministero dello sviluppo economico, ha dato indicazione di provvedere all'alienazione di RetItalia internazionale e ha posto come prerequisito una severa ristrutturazione della società, attualmente costituita da 65 lavoratori, un dirigente e un direttore generale, al fine di renderla appetibile al mercato;
   l'agenzia ICE è attiva a tutti gli effetti da gennaio 2013 e gli obiettivi ambiziosi di crescita dell’export che si pone la stessa ICE, ed esposti dal Presidente Mario Monti e Ministro Passera nel Piano promozionale 2013-2015 (16 gennaio 2013), non possono che basarsi e accompagnarsi ad uno sviluppo dell'ICT;
   al contrario, il 22 gennaio 2013 il consiglio di amministrazione dell'Agenzia ICE delibera l'alienazione di RetItalia internazionale con un contratto pari a quello decurtato a maggio 2012, evidenziando che l'opzione, di cui al comma 3 dell'articolo 4 della Spending review, «si ritiene non percorribile poiché la società RetItalia internazionale SpA risulta essere una società strumentale dell'ex Ice con il compito di gestire e manutenere il sistema informativo dell'Istituto e curare la realizzazione dei software utilizzati dallo stesso per la propria operatività», sminuendo così le attività, le funzioni e la strategia operativa di RetItalia stessa e ponendo a rischio elevatissimo i posti di lavoro degli impiegati di RetItalia internazionale;
   la Cassa integrazione straordinaria, avviata il 6 maggio 2013, è stata richiesta a zero ore per la totalità del personale, con la clausola di richiamare il personale in relazione alla necessità del momento, formula che fornisce un vantaggio al possibile acquirente;
   in data 30 aprile 2013, non si è giunti ad alcun accordo con le parti sociali, in merito all'attuazione della Cassa integrazione straordinaria, questo ha portato l'amministrazione di RetItalia internazionale a non anticipare al personale il contributo INPS relativo, con gravissime conseguenze sugli emolumenti percepiti dai lavoratori;
   a luglio 2013, a seguito di uno sciopero di tutti i lavoratori, sono stati sbloccati dei fondi dal Ministero dello sviluppo economico per i progetti «Made in Italy» e «International Trade Hub-Italia» e in generale per sviluppi ad altre piattaforme in gestione a RetItalia internazionale; ciò ha consentito l'erogazione dell'anticipo del contributo INPS e l'alleggerimento della cassa integrazione straordinaria dal 60 per cento al 20 per cento da settembre a dicembre 2013;
   a dicembre 2013 la legge di stabilità 2014 (articolo 1, comma 562 lettera a), legge 27 dicembre 2013 n. 147) ha previsto l'abrogazione dei commi dell'articolo 4 della legge del 7 agosto 2012 n. 135, ossia l'obbligo di vendita delle società in house consentendo nel contempo la mobilità tra le società partecipate dalla pubblica amministrazione;
   l'Agenzia ICE ha continuato con la procedura di alienazione di RetItalia internazionale, avviata il 13 novembre 2013 e il termine delle offerte il 9 gennaio 2014;
   il bando di gara per la vendita di RetItalia internazionale e il contratto di servizi è in perdita, consente la sopravvivenza di meno di 30 lavoratori sui 65 totali, è a ribasso e non contiene garanzie sui livelli occupazionali, ovvero secondo gli interroganti un massacro sociale;
   ciò nonostante il Ministero dello sviluppo economico e l'Agenzia ICE non procedono all'individuazione di soluzioni alternative previste dalla stessa legge di stabilità circa la mobilitazione nell'ambito delle società partecipate e non aumentano il valore economico del contratto nonostante l'Agenzia il 13 dicembre 2013 abbia percepito 22 milioni di euro con un provvedimento del Consiglio dei ministri;
   nel bando di gara non sono stati annoverati come asset della società i due progetti strategici sopra menzionati. Il Ministero dello sviluppo economico dopo aver finanziato i due progetti per circa 2,8 circa milioni di euro (IVA inclusa) non procede alla messa in linea dei due portali, che avrebbero portato dei ritorni economici per i lavoratori di RetItalia internazionale. A luglio vengono sponsorizzati, a gennaio vengono dismessi. Il portale ITH-Italia è nella fase finale della realizzazione, a breve sarà consegnato e probabilmente buttato via;
   intanto a febbraio 2014 la situazione della Cassa integrazione straordinaria precipiterà tornando a più di un 60 per cento delle ore non lavorate mentre i primi di maggio terminerà del tutto;
   l'Agenzia ICE non curante di quanto dichiarato dai lavoratori e dalle loro rappresentanze sindacali, indifferente a quanto legiferato in merito alle società partecipate, continua a procedere con la vendita di RetItalia internazionale;
   l'accanimento nella vendita, la compressione del mercato e il contratto di servizi in perdita che garantisce molto meno della metà dei 65 posti di lavoro, non possono che far temere che si stia delegando all'acquirente la ristrutturazione e la riorganizzazione della società, con conseguente parziale o totale dismissione delle forze lavoro attualmente occupate;
   una situazione surreale, ma un futuro nefasto, che si risolverebbe in positivo con un intervento del Ministero e dell'Agenzia ICE che potrebbero avvalersi di leggi e valori economici appena erogati per trovare soluzioni alternative solo a 65 persone;
   si segnala, inoltre, che in data 20 dicembre 2013, in occasione della discussione della legge di stabilità 2014 è stato accolto dal Governo un ordine del giorno a firma Nardi, Di Salvo e altri 9/1865-A/60 ove il Governo si impegnava a 1) valutare l'opportunità di sospendere definitivamente la procedura di alienazione in essere di cui all'articolo 4 comma 1, lettera b), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni nella legge 7 agosto 2012 n. 135, relativa alla società RetItalia Internazionale SpA al fine di individuare una soluzione di garanzia occupazionale verso i dipendenti; 2) oppure, in alternativa, a disporre in termini chiari e inconfutabili che nel bando di gara per la vendita di RetItalia internazionale spa l'Ice-Agenzia individui il mantenimento dei livelli occupazionali come precondizione imprescindibile; 3) ovvero ancora, a porre in esser ogni atto di competenza finalizzato all'integrazione del personale di RetItalia internazionale spa nelle strutture della pubblica amministrazione, salvaguardando in tal modo le conoscenze professionali specializzate maturate e la tenuta dei progetti avviati, nonché la continuità operativa segnatamente sul versante dell'integrazione ed interconnessione dei servizi e dei sistemi informativi con i sistemi esterni –:
   quali iniziative intenda assumere il Governo al fine di dare seguito agli impegni assunti con il citato ordine del giorno 9/1865-A/60 presentato dai deputati del Gruppo SEL (Sinistra Ecologia e Libertà);
   se e quali provvedimenti urgenti si intendano adottare per procedere alla revoca del bando di gara affinché il Ministero dello sviluppo economico e l'Agenzia ICE individuino, prima della aggiudicazione della gara, soluzioni volte alla salvaguardia dei posti di lavoro di RetItalia internazionale spa utilizzando tutti gli strumenti previsti dalla legislazione vigente;
   quali elementi il Governo intenda fornire circa summenzionati progetti strategici siano stati prima finanziati e poi, senza alcuna motivazione, bloccati.
(4-03387)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Dallai e altri n. 7-00242, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Terrosi.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Pes n. 5-01086, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 settembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Carocci.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Caparini n. 5-01341, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fedriga.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Nardella n. 5-01518, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 20 novembre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Simoni, Incerti.

  L'interrogazione a risposta orale Molea n. 3-00592, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 gennaio 2014, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Galan, Zampa, Coscia, Di Lello, Lainati, Zoggia, Capua, Malisani, Palmieri, Ghizzoni, Blazina, Rocchi, D'Ottavio, Ascani, Pes, Fratoianni, Malpezzi, Coccia, Rampi, Narduolo.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Corda n. 5-00140 del 16 maggio 2013.