XVII LEGISLATURA
COMUNICAZIONI
Missioni valevoli nella seduta del 2 luglio 2014.
Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Bossa, Brescia, Bressa, Brunetta, Camani, Caparini, Capezzone, Casero, Castiglione, Cicchitto, Costa, D'Uva, Dambruoso, Damiano, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Fava, Ferranti, Ferrara, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Fratoianni, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Legnini, Leone, Locatelli, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manfredi, Mattiello, Merlo, Meta, Mogherini, Monaco, Orlando, Pes, Picchi, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sani, Scagliusi, Scalfarotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Tidei, Tofalo, Valeria Valente, Vargiu, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Vitelli, Vito, Zanetti.
(Alla ripresa pomeridiana della seduta).
Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amendola, Amici, Baldelli, Balduzzi, Baretta, Bellanova, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Bossa, Brescia, Bressa, Brunetta, Camani, Caparini, Capezzone, Casero, Castiglione, Cicchitto, Costa, D'Uva, Dambruoso, De Girolamo, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Fava, Ferranti, Fico, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Fratoianni, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Legnini, Leone, Locatelli, Lorenzin, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Manfredi, Mattiello, Merlo, Meta, Mogherini, Monaco, Orlando, Pes, Picchi, Gianluca Pini, Pisicchio, Pistelli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Domenico Rossi, Rughetti, Sani, Scagliusi, Scalfarotto, Sereni, Sisto, Speranza, Tabacci, Taglialatela, Tidei, Tofalo, Vargiu, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Vitelli, Vito, Zanetti.
Annunzio di proposte di legge.
In data 1o luglio 2014 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
BUTTIGLIONE ed altri: «Istituzione di sezioni specializzate del tribunale e della corte d'appello per la tutela dei diritti dei minori e della famiglia» (2502);
GIGLI e SBERNA: «Introduzione dell'articolo 602-quinquies del codice penale, concernente il divieto di acquisto di servizi sessuali, e altre norme in materia di prostituzione» (2503);
MARZANA ed altri: «Disposizioni per il potenziamento dell'insegnamento della storia dell'arte nelle scuole secondarie di secondo grado» (2504);
MINARDO: «Modifiche al codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, in materia di assicurazione obbligatoria per la responsabilità civile verso i terzi derivante dalla circolazione di veicoli e natanti» (2505);
BINETTI: «Nuove norme in materia di punibilità dei giovani ultradiciottenni» (2506);
SBERNA: «Disciplina della professione di mediatore familiare nonché modifiche al codice civile, al codice di procedura civile e alle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile in materia di affidamento condiviso dei figli» (2507).
Saranno stampate e distribuite.
Modifica del titolo di una proposta di legge.
La proposta di legge n. 1935, d'iniziativa del deputato SANDRA SAVINO, ha assunto il seguente titolo: «Disposizioni per il coordinamento in materia di politiche integrate per la sicurezza e la polizia locale nonché delega al Governo per la disciplina dello stato giuridico e del trattamento economico del relativo personale».
Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.
A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
I Commissione (Affari costituzionali):
SANDRA SAVINO: «Disposizioni per il coordinamento in materia di politiche integrate per la sicurezza e la polizia locale nonché delega al Governo per la disciplina dello stato giuridico e del trattamento economico del relativo personale» (1935) Parere delle Commissioni II, IV, V, VI, VIII, IX, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XIII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
DADONE ed altri: «Disposizioni in materia di conflitti di interessi, ineleggibilità e incompatibilità parlamentari» (2339) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
III Commissione (Affari esteri):
«Ratifica ed esecuzione dell'Accordo commerciale tra l'Unione europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Colombia e la Repubblica di Perù, dall'altra, fatto a Bruxelles il 26 giugno 2012» (2425) Parere delle Commissioni I, II, V, VI, VII, VIII, IX, X, XII, XIII e XIV.
VII Commissione (Cultura):
ALFREIDER ed altri: «Modifiche alla legge 24 dicembre 2003, n. 363, in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo» (2380) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI, VIII, IX, X, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
XII Commissione (Affari sociali):
NASTRI: «Disposizioni concernenti l'estensione del beneficio della carta acquisti in favore dei soggetti incapienti» (2429) Parere delle Commissioni I, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), X e XI.
Trasmissione dal Ministro della salute.
Il Ministro della salute, con lettera del 20 giugno 2014, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data alla mozione BINETTI ed altri n. 1/00382, accolta dal Governo ed approvata dall'Assemblea nella seduta del 18 marzo 2014, concernente iniziative in materia di malattie rare.
La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali) competente per materia.
Trasmissione dal Ministro dell'interno.
Il Ministro dell'interno, con lettere del 23 giugno 2014, ha trasmesso due note relative all'attuazione data all'ordine del giorno FEDRIGA n. 9/1540-A/22, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 9 ottobre 2013, concernente la possibilità di accesso degli ufficiali e agenti della polizia municipale al Centro elaborazione dati del Ministero dell'interno e, per la parte di propria competenza, all'ordine del giorno CERA ed altri n. 9/1865-A/242, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 20 dicembre 2013, riguardante iniziative volte ad una razionalizzazione del trattamento economico accessorio del comparto Difesa, Sicurezza e Soccorso.
Le suddette note sono a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare e sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali) competente per materia.
Trasmissione dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettera in data 25 giugno 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1, comma 5, del decreto-legge 3 dicembre 2012, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 dicembre 2012, n. 231, e dell'articolo 1, comma 13-bis, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 61, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2013, n. 89, la relazione sull'ottemperanza delle prescrizioni contenute nel provvedimento di riesame dell'autorizzazione integrata ambientale in caso di crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale, concernente lo stabilimento ILVA di Taranto, nonché sullo stato e sull'adeguatezza dei controlli ambientali concernenti il medesimo stabilimento, aggiornata al 4 giugno 2014 (Doc. CCIV, n. 3).
Questa relazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente) e alla X Commissione (Attività produttive).
Trasmissione dal Ministro dell'economia e delle finanze.
Il Ministro dell'economia e delle finanze, con lettera del 27 giugno 2014, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data, per la parte di propria competenza, alle mozioni Giancarlo GIORGETTI ed altri n. 1/00340, ZAN ed altri n. 1/00354, GIGLI ed altri n. 1/00364, BRUNETTA ed altri n. 1/00365, FERRARESI ed altri n. 1/00367, PIZZOLANTE ed altri n. 1/00370 e MORETTO ed altri n. 1/00385, accolte dal Governo ed approvate dall'Assemblea nella seduta del 25 marzo 2014, concernenti iniziative in merito agli eccezionali eventi meteorologici che hanno colpito di recente il Veneto e l'Emilia Romagna.
La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla VI Commissione (Finanze) competente per materia.
Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.
Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, con comunicazioni del 24 e 26 giugno 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Con le medesime comunicazioni, il Governo ha richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio – Strategia europea di sicurezza energetica (COM(2014) 330 final);
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Ricerca e innovazione come fattori di rilancio della crescita (COM(2014) 339 final);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE, Euratom) n. 883/2013 per quanto riguarda l'istituzione di un controllore delle garanzie procedurali (COM(2014) 340 final);
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni relativa alla strategia dell'Unione europea per la regione adriatica e ionica (COM(2014) 357 final);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE, Euratom) n. 966/2012 che stabilisce le regole finanziarie applicabili al bilancio generale dell'Unione (COM(2014) 358 final);
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Programma di controllo dell'adeguatezza e dell'efficacia della regolamentazione (REFIT): situazione attuale e prospettive (COM(2014) 368 final).
Trasmissione dalla regione Lombardia.
La regione Lombardia, in data 1o luglio 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19-bis, comma 6, della legge 11 febbraio 1992, n. 157, la relazione sullo stato di attuazione delle deroghe in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio, previste dell'articolo 9 della direttiva 79/409/CEE, riferita all'anno 2013.
Questa relazione è trasmessa alla XIII Commissione (Agricoltura).
Trasmissione dal Commissario straordinario del Governo per il piano di rientro del debito pregresso di Roma Capitale.
Il Commissario straordinario del Governo per il piano di rientro del debito pregresso di Roma Capitale, con lettera in data 26 giugno 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 14, comma 13-quater, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, introdotto dall'articolo 13, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61, la relazione concernente la rendicontazione delle attività svolte dalla gestione commissariale, riferita all'anno 2013 (Doc. CC, n. 2).
Questa relazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).
Comunicazioni di nomine ministeriali.
La Corte dei conti, con lettera in data 26 giugno 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la comunicazione relativa al conferimento dei seguenti incarichi di livello dirigenziale generale che sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali):
al dottor Umberto Piccinin, l'incarico di preposizione alla Direzione generale gestione risorse umane e formazione;
alla dottoressa Matilde Farina, l'incarico di preposizione alla Direzione generale gestione programmazione e bilancio.
La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 27 giugno 2014, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, la comunicazione concernente il conferimento al dottor Ernesto Pellecchia, ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 19, dell'incarico di livello dirigenziale generale di direttore dell'Ufficio scolastico regionale per l'Abruzzo, nell'ambito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
Tale comunicazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla VII Commissione (Cultura).
Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.
Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 1o luglio 2014, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 1 e 7 della legge 11 marzo 2014, n. 23, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante disposizioni in materia di semplificazioni fiscali (99).
Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla VI Commissione (Finanze) nonché, per le conseguenze di carattere finanziario, alla V Commissione (Bilancio), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 1o agosto 2014.
Atti di controllo e di indirizzo.
Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.
MOZIONI GIANCARLO GIORGETTI ED ALTRI N. 1-00489, BINETTI, PATRIARCA, FUCCI, ROCCELLA, BALDUZZI ED ALTRI N. 1-00423, FRATOIANNI ED ALTRI N. 1-00518 E RAMPELLI ED ALTRI N. 1-00519 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE ALLA TUTELA DELLA LIBERTÀ RELIGIOSA, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AI CRISTIANI E ALLE MINORANZE PERSEGUITATE
Mozioni
La Camera,
premesso che:
in molte parti del mondo professare il cristianesimo significa rischiare emarginazione, violazione dei diritti, subire violenza e rischiare la vita, anche per mano del potere politico e statuale; questa situazione non sta registrando alcun significativo miglioramento negli ultimi anni e si assiste anzi ad una recrudescenza delle persecuzioni anticristiane, in particolare nei paesi a maggioranza musulmana, senza alcuna distinzione tra un islam più o meno fondamentalista posto che non si registrano prese di posizione chiare da parte di esponenti politici o religiosi di fede islamica contro questi fenomeni;
è notizia del mese di maggio 2014, che ha provocato numerosi appelli in tutto il mondo, la condanna all'impiccagione, dopo avere ricevuto 100 frustate, di una donna sudanese di 27 anni madre di un bambino di 20 mesi e incinta di sette mesi. La condanna a morte è per apostasia, le frustate per adulterio, essendo il matrimonio con il marito cristiano non riconosciuto dalla religione islamica. La condanna a morte sarebbe eseguita dopo la nascita del figlio;
all'inizio di giugno 2014, alcune autorità sudanesi, di fronte alla mobilitazione internazionale, avrebbero lasciato intendere l'intenzione di liberare la giovane Meriam, ma le affermazioni sono state smentite dal Governo, posto sotto pressione da gruppi islamisti radicali; se anche sfuggisse alla condanna, sarebbe probabilmente costretta a fuggire dal Sudan per evitare le vendette degli integralisti. La sua tragedia riecheggia quella delle centinaia di giovani nigeriane rapite recentemente dai terroristi fanatici di Boko Haram, ridotte in schiavitù e forzate alla conversione;
dal 1983 a Khartoum vige la sharia ed è un tribunale islamico che ha pronunciato la condanna a morte di Meriam; una vicenda abominevole che calpesta qualunque principio di diritto e di umanità;
la vita della giovane donna, Meriam Yehia Ibrahim Ishag, è paradigmatica delle ipocrisie dell'islamismo sudanese: Meriam è nata da padre musulmano, che ha abbandonato la famiglia alla sua nascita. Meriam è stata educata dalla madre, etiope ortodossa, alla religione cristiana;
per la legge islamica, il padre musulmano determina che i figli siano musulmani, indipendentemente da qualunque libertà di scelta dei figli stessi; se il padre cristiano diviene musulmano, tutti i figli automaticamente cambiano religione. Ciò non vale solo per il Sudan ma per tutto il mondo islamico, contro qualunque principio di libertà religiosa;
una donna musulmana non ha diritto di sposare un non musulmano, ma deve scegliere sempre un marito musulmano o che deve diventare musulmano prima del matrimonio;
come spiegato dall'islamologo Samir Khalil Samir, ciò avviene quotidianamente anche in Europa, benché sia ufficialmente taciuto: le donne straniere provenienti da Paesi musulmani che vivono in Europa costringono l'uomo che desidera sposarle a diventare musulmano. In caso contrario, non riceverebbero dalle rispettive ambasciate il nulla osta al matrimonio; ciò significa che quotidianamente viene violato in Europa il diritto alla libertà religiosa costituzionalmente tutelato da tutti gli Stati europei;
l'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'umano riconosce il diritto a cambiare religione, o a rinunciare alla religione. Per la legge islamica l'apostasia è punita con la morte; il divieto di cambiare religione è tuttora in vigore in 39 Paesi, dalla Giordania all'Egitto;
nel 2011 Benedetto XVI aveva espressamente parlato di «cristianofobia», termine che descrive ormai un fenomeno di portata universale e che, come tale, è stato adottato dall'Onu dal 2003 e dal Parlamento europeo nel 2007;
secondo il rapporto 2013 sulla situazione della libertà di religione o fede nel mondo, presentato a febbraio dal gruppo di lavoro sul tema del Parlamento europeo, negli ultimi anni vi è stato un continuo aumento delle violazioni commesse sia da attori governativi che non governativi contro individui e gruppi sociali, attuati sulla base della loro appartenenza religiosa o della loro fede;
secondo il rapporto sono 25 i Paesi di «particolare preoccupazione», 15 dei quali sono segnalati come «gravi violatori» della libertà di religione e fede (Cina, Egitto, Eritrea, India, Iran, Iraq, Corea del Nord, Libia, Mali, Nigeria, Pakistan, Arabia Saudita, Siria, Tunisia e Uzbekistan). Per i cristiani, in particolare, «la Corea del Nord rimane il Paese più difficile al mondo»: tra 50 mila e 70 mila cristiani sono detenuti in «spaventosi campi di prigionia». Anche in Eritrea, che pure riconosce cattolicesimo e ortodossia come fedi ufficiali, risultano detenuti tra i 2 mila e i 3 mila cristiani. È drammatica la situazione in Nigeria, dove tra il novembre 2011 e l'ottobre 2012 si sono avuti ben 791 dei 1.201 assassinii di cristiani registrati in tutto il mondo; in Egitto è costante il rifiuto di concedere l'autorizzazione alla costruzione di nuove chiese ai cristiani copti, mentre in Iran dal 2010 si contano ben 300 arresti tra musulmani convertitisi al cristianesimo;
un caso estremo per le persecuzioni religiose è l'Arabia Saudita, che presenta delle pesanti discriminazioni per i cittadini o i residenti non-musulmani. Sulla scorta di queste informazioni il gruppo di lavoro ha fortemente raccomandato all'Unione europea di dare alla questione della libertà religiosa un ruolo cruciale nel stabilire rapporti e nello stringere negoziati con i Paesi terzi,
impegna il Governo:
ad esercitare una chiara e dichiarata forma di pressione diplomatica ed economica verso quei Paesi che non garantiscono o non tutelano il diritto alla libertà religiosa, in particolare dei cristiani e di altre minoranze perseguitate, dove essa risulti minacciata o compressa, per legge o per prassi, sia direttamente dalle autorità di governo sia attraverso un tacito assenso e l'impunità degli autori di violenze, arrivando, laddove necessario, all'interruzione delle relazioni diplomatiche e commerciali;
a stabilire come principio imprescindibile alla negoziazione e conclusione di qualsiasi accordo internazionale la garanzia della controparte che al proprio interno sia garantita la libertà di professare qualunque religione e la libertà di cambiare religione o credo;
a farsi promotore, nelle sedi comunitarie ed internazionali, della sospensione di ogni accordo multilaterale verso i Paesi nei quali è applicata, anche parzialmente o su porzioni di territorio, la legge islamica, fino alla reale rimozione da parte di questi Paesi di ogni impedimento alla libera professione religiosa e alla cessazione di episodi di violenza contro comunità o singoli non islamici presenti sul territorio.
(1-00489) «Giancarlo Giorgetti, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Matteo Bragantini, Buonanno, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini, Marguerettaz».
La Camera,
premesso che:
la libertà religiosa è uno dei diritti fondamentali della persona che ogni Stato dovrebbe tutelare e rispettare;
la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, che all'articolo 18 recita: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione. Tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, in pubblico e in privato, la propria religione o il proprio credo, nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti». Queste dichiarazioni esigono reciprocità, esigono il diritto di aprire luoghi di culto, anche luoghi di culto cristiani, in quelle aree dove vige la sharia, esige il diritto-dovere degli Stati di garantire questi diritti e della comunità internazionale di pretenderlo dagli Stati che non lo assicurassero;
la Costituzione italiana, all'articolo 19, riconosce in modo ampio la libertà di religione, intesa come libertà di fede religiosa per evidenziare il diritto di ogni individuo di professare la propria fede e farne propaganda e contempla il diritto di esercitare in privato e in pubblico il culto, cioè di svolgere o prendere parte a preghiere o riti religiosi. La disciplina della libertà religiosa è collegata anche ad altri principi costituzionali: il primo comma dell'articolo 8 afferma che tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge;
fenomeni di intolleranza religiosa si stanno pericolosamente moltiplicando in diverse aree del mondo e i terribili attentati di queste settimane nei confronti delle comunità cristiane in Nigeria, in Egitto ed in Iraq rappresentano un'ulteriore pericolosa sfida del terrorismo fondamentalista;
Giovanni Paolo II, che sarà canonizzato in questi giorni, fece lo storico tentativo di dare al dialogo tra le tre grandi religioni monoteiste il compito di promuovere la pace e lo sviluppo e la stessa promozione della dignità umana attraverso la solidarietà tra i popoli. Voleva aiutare tutti i credenti, anche se diversamente credenti, a superare quei drammi che si sono succeduti per 2.000 anni. Purtroppo, oggi si stanno creando nuove situazioni di tensione difficili da governare e tocca alla politica occuparsene. Se è vero che il Corano dice che la parola di Dio è pace e il saluto di un musulmano è salam aleikum, la pace sia con voi, se un ebreo si saluta con un suo correligionario con la parola shalom, se i cristiani abbiamo la meravigliosa espressione «Dio sia con te» o il più comune addio: «A Dio», se cioè il concetto di pace è all'origine delle religioni, tocca alla responsabilità delle istituzioni e dei Governi e anche alla responsabilità della politica garantire che questo avvenga;
Benedetto XVI, nel messaggio per la Giornata mondiale della pace del 2011, metteva in luce che la persecuzione non viene solo dal fondamentalismo, ma anche dal laicismo delle società secolarizzate che soffoca la dimensione religiosa, eliminando un elemento importante per la vita dell'uomo e la convivenza tra i popoli: il fondamentalismo religioso e il laicismo sono forme speculari ed estreme di rifiuto del legittimo pluralismo e del principio di laicità;
recentemente Papa Francesco ha più volte sottolineato – sia nella predicazione rivolta a tutti che negli incontri con i Capi di Stato, come ha fatto pochi giorni fa con Obama – il valore fondamentale della libertà religiosa. L'ha definita via indispensabile per la pace ed ha denunciato coraggiosamente la grave mancanza di libertà religiosa di cui soffrono gli uomini e, in particolare, proprio i cristiani in molti Paesi del vicino Oriente, ancora una volta vittime innocenti di una persecuzione che, in modi e in luoghi diversi, li costringe ad una sempre più massiccia diaspora dalle terre in cui vivono;
gli attentati alle chiese cristiane, che si sono intensificati negli ultimi tempi, dimostrano chiaramente come l'obiettivo degli integralisti sia una vera e propria «pulizia etnica» dei cristiani dal Medio Oriente, ovvero un'espulsione dalle terre mediorientali delle comunità cristiane che da oltre 2.000 anni le abitano. Violenza materiale e relativismo culturale sono diverse modalità con cui oggi si colpisce la libertà religiosa, uno dei primi e più importanti diritti dell'uomo, inviolabile per sua stessa natura. Mortificarla e calpestarla offende tutti i diritti umani e ferisce la persona nella sua concretezza e nella sua universalità;
sono aumentati in modo significativo delle vere e proprie aggressioni nei confronti delle comunità cristiane in Africa, Medio Oriente e Asia, in particolare in Pakistan, in Indonesia e nella Repubblica popolare cinese, dove il Governo ha intensificato proprio in questi mesi la propria ingerenza negli affari religiosi, incrementando la repressione nei confronti della Chiesa cattolica, ordinando nuovi vescovi della cosiddetta Chiesa cattolica patriottica; in Paesi come Iran e Corea del Nord la religione è sotto stretto controllo, nell'ambito del più ampio tentativo di dominare la vita politica e sociale in generale. Altri Stati come l'Eritrea opprimono la gente al punto tale che i credenti sono costretti a rinunciare alla propria fede o a lasciare il Paese. Talvolta la situazione è aggravata da gruppi estremisti come Al-Qaeda, che nel 2013 ha invocato attacchi violenti contro le minoranze religiose in Medio Oriente. Nel 2013 vi sono stati attentati contro luoghi sacri e fedeli sunniti, sciiti, ahmadiyya e cristiani;
in questo crescente clima di odio e di intolleranza colpisce il silenzio delle organizzazioni internazionali, a cominciare dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, e la flebile risposta dell'Unione europea. Si nota in modo stridente la mancanza di un'iniziativa forte e decisa da parte della diplomazia internazionale. L'Onu si dice costernata, ma non risulta aver preso iniziative di qualsiasi tipo. L'Occidente democratico assiste, pressoché muto, distratto, tra l'indifferenza e la rassegnazione, al massacro dei cristiani in Oriente, come se non ci si trovasse davanti ad un'intollerabile aggressione ai diritti umani. La cultura dei diritti umani stenta a trovare una voce forte ed autorevole che si schieri dalla parte della libertà religiosa, con energia e determinazione;
la laicità positiva di uno Stato si esprime anche nella tutela di tale valore essenziale nella vita di tutti i cittadini, perché uno Stato che tacesse davanti alla violazione di un diritto inviolabile se ne renderebbe immediatamente complice e perderebbe credibilità e autorevolezza. La pace è necessaria per lo sviluppo umano ed economico, ma proprio per questo occorre fondarla su un rinnovato rispetto per la libertà religiosa delle minoranze del mondo intero;
un fatto recente induce a riprendere la riflessione sulla libertà di religione, sollecitando la responsabilità di tutti gli uomini nel difendere e tutelare la libertà di religione come il primo e principale dei diritti civili dell'uomo: è l'ennesima storia di cristianofobia, quella che proviene dal Pakistan. Nella città di Lahore, nella parte nordorientale del Paese, Sawan Masih, cristiano, è stato condannato a morte con l'accusa di blasfemia per aver insultato il profeta Maometto durante una discussione;
il verdetto del tribunale di primo grado di Lahore nei confronti del cristiano Sawan è arrivato giovedì 27 marzo 2014. L'episodio ha scatenato l'ira di oltre tremila musulmani che si sono scagliati contro il quartiere cristiano dove l'uomo viveva, incendiando 178 abitazioni, una ventina di negozi e due chiese. Oltre 400 famiglie hanno perso la casa, eppure gli 83 uomini ritenuti colpevoli dell'attacco sono stati tutti rilasciati su cauzione;
il 2 aprile 2014, nella sala stampa della Camera dei deputati, nel corso di una conferenza stampa promossa dall'associazione Pakistani Cristiani in Italia, in collaborazione con alcuni parlamentari italiani, è stata presentata la campagna di raccolta-firme «Salviamo Sawan Masih». Le firme saranno presentate al presidente del Pakistan per chiedergli di intervenire in difesa delle minoranze, sempre più deboli davanti all'abuso della legge. Bisogna chiedere con insistenza che venga fatta giustizia e per far vedere che la comunità internazionale non sta in silenzio mentre vengono violati i diritti dei cristiani;
la situazione dei cristiani in Pakistan sta cambiando negli ultimi anni e c’è un'azione organizzata contro i cristiani pakistani per costringerli ad abbandonare il Paese. È in atto un vero e proprio genocidio: basta ricordare i sette cristiani morti bruciati vivi a Gojra. E la stessa legge sulla blasfemia in un prossimo futuro potrebbe anche peggiorare, dal momento che la Corte federale della sharia ha proposto di modificare la legge, eliminando la possibilità di essere condannati all'ergastolo e lasciando solo la pena di morte;
il Governo pakistano oggi però non vuole aiutare le minoranze. Le vittime cristiane di Joseph Colony, il quartiere incendiato e distrutto, non hanno ancora ricevuto il risarcimento promesso per ricostruire le loro case, mentre gli aggressori, le 82 persone musulmane, arrestate per la demolizione del quartiere, sono state tutte liberate su cauzione, e Sawan, innocente, è stato condannato a morte. I suoi familiari si trovano in un luogo nascosto e segreto, perché rischiano la vita;
la comunità internazionale per aiutare i cristiani del Pakistan, oltre a firmare la petizione, deve opporsi al tentativo del Pakistan di internazionalizzare la legge sulla blasfemia. Il Pakistan, in qualità di rappresentante dell'Organizzazione della conferenza islamica, che riunisce 56 Paesi islamici, ha presentato all'Onu una risoluzione contro la diffamazione della religione. Sotto l'apparenza positiva, si nasconde il desiderio di estendere in tutto il mondo la legge sulla blasfemia. L'Occidente deve opporsi a questo tentativo. Urge invece promuovere l'abrogazione della legge sulla blasfemia;
oltre ai casi citati al momento sono due le aree geografiche ritenute ad altissimo rischio per le comunità cristiane: la piana di Ninive dove vive circa la metà dei cristiani che sono rimasti in Iraq e dove la situazione potrebbe precipitare per l'avanzata delle milizie dell'Isis (il cosiddetto Stato Islamico dell'Iraq e del Levante), appoggiate da altri gruppi, che dopo la presa di Mosul hanno bombardato la città di Karakosh; lo Stato del Borno in Nigeria, dove domenica gli estremisti di Boko Haram hanno ucciso 54 cristiani durante un attacco contro alcune chiese,
impegna il Governo:
ad attivarsi con determinazione per la tutela della libertà religiosa, come uno dei diritti inviolabili dell'uomo, fondamento di tutte le altre libertà, denunciando ogni forma di cristianofobia nei Paesi in cui i cristiani sono perseguitati;
a promuovere misure di prevenzione dell'intolleranza, attraverso la messa al bando di ogni forma di incoraggiamento del fanatismo e dell'odio religioso, sia in ambito educativo e culturale, sia attraverso i mezzi di comunicazione di massa;
a promuovere, specie in occasione del semestre italiano di Presidenza del Consiglio dell'Unione europea, l'istituzione di una giornata europea dei martiri cristiani per ricordare i tanti cristiani del nostro tempo uccisi in odio alla fede;
a promuovere un'iniziativa in sede di Unione europea e in sede di Unione per il Mediterraneo, con l'obiettivo di compiere passi formali nei confronti di quei Paesi nei quali le minoranze religiose vengono minacciate o perseguitate sino ad impedire l'esercizio del diritto fondamentale della libertà di culto;
a promuovere in sede di Unione europea e di Unione per il Mediterraneo un'iniziativa finalizzata all'adozione di un Libro bianco sulla libertà religiosa nel mondo per analizzare e far conoscere all'opinione pubblica il dramma delle persecuzioni religiose e per monitorare periodicamente lo stato della libertà religiosa nella comunità internazionale;
a rafforzare le politiche per la cooperazione internazionale, specialmente nei Paesi in cui le minoranze cristiane sono pesantemente discriminate, mantenendo gli impegni multilaterali già assunti dall'Italia, promuovendo in sede di Unione europea e di Unione per il Mediterraneo la definizione di linee guida sulla libertà religiosa alle quali condizionare le scelte di cooperazione allo sviluppo, favorendo in questo modo i Paesi che mostrano progressi nel campo della libertà religiosa e segnalando i Paesi nei quali vengono alimentati o non contrastati l'odio e l'intolleranza;
ad affermare nelle relazioni internazionali il principio di piena reciprocità in materia di libertà religiosa, in particolare per quanto concerne l'edificazione dei luoghi di culto delle minoranze religiose;
a promuovere in sede Onu una conferenza internazionale sulla libertà religiosa, che consenta di avere un monitoraggio permanente delle persecuzioni religiose e per impegnare i diversi Stati ad intervenire tempestivamente nel contrasto e nella prevenzione dell'intolleranza e del fanatismo religiosi, posto che le numerose sfide, anche drammatiche, di questo 2014 vanno affrontate insieme: cristiani, musulmani, ebrei, credenti in altre fedi e non credenti nei Paesi sviluppati, nei Paesi emergenti e nei Paesi poveri, in modo anche di dare speranza alle nuove generazioni in ogni Paese;
ad assumere iniziative presso il Governo del Pakistan o presso gli organismi internazionali al fine di richiamare il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e, in particolare, del diritto di libertà religiosa, nella speranza che non ci si limiti solo ad una formale convergenza di interventi a tutela dei cristiani minacciati, ma che queste iniziative diventino uno strumento politico concretizzandosi in un'azione politica, concreta e coraggiosa;
ad assumere iniziative affinché parte degli aiuti destinati ad altri Paesi siano devoluti a progetti per la promozione delle minoranze religiose, con particolare attenzione all'educazione (ad esempio, borse di studio per appartenenti alle minoranze religiose);
a richiedere che nei Paesi partner una quota dei posti nel pubblico impiego sia riservata alle minoranze religiose e che venga introdotto, nei diversi livelli dell'istruzione, lo studio storico ed introduttivo delle religioni cui appartengono le minoranze religiose.
(1-00423)
(Ulteriore nuova formulazione) «Binetti, Patriarca, Fucci, Roccella, Balduzzi, Gigli, Buttiglione, Dorina Bianchi, Preziosi, Calabrò, Pagano, Sberna, Fitzgerald Nissoli, Piccione, Cicu, Causin, Minardo, Garofalo, Bernardo, Faenzi, Santerini, Gitti, Venittelli, Valentini, Milanato, Laffranco, De Mita, D'Alia, Molea, D'Agostino, Vezzali, Petrini, Schirò, Terrosi, Cera, Kyenge, Fabrizio Di Stefano, Vignali».
La Camera,
premesso che:
la libertà religiosa è uno dei diritti fondamentali della persona che ogni Stato dovrebbe tutelare e rispettare;
la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, che all'articolo 18 recita: «Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, coscienza e religione. Tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, in pubblico e in privato, la propria religione o il proprio credo, nell'insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell'osservanza dei riti». Queste dichiarazioni esigono reciprocità, esigono il diritto di aprire luoghi di culto, anche luoghi di culto cristiani, in quelle aree dove vige la sharia, esige il diritto-dovere degli Stati di garantire questi diritti e della comunità internazionale di pretenderlo dagli Stati che non lo assicurassero;
la Costituzione italiana, all'articolo 19, riconosce in modo ampio la libertà di religione, intesa come libertà di fede religiosa per evidenziare il diritto di ogni individuo di professare la propria fede e farne propaganda e contempla il diritto di esercitare in privato e in pubblico il culto, cioè di svolgere o prendere parte a preghiere o riti religiosi. La disciplina della libertà religiosa è collegata anche ad altri principi costituzionali: il primo comma dell'articolo 8 afferma che tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge;
fenomeni di intolleranza religiosa si stanno pericolosamente moltiplicando in diverse aree del mondo e i terribili attentati di queste settimane nei confronti delle comunità cristiane in Nigeria, in Egitto ed in Iraq rappresentano un'ulteriore pericolosa sfida del terrorismo fondamentalista;
Giovanni Paolo II, che sarà canonizzato in questi giorni, fece lo storico tentativo di dare al dialogo tra le tre grandi religioni monoteiste il compito di promuovere la pace e lo sviluppo e la stessa promozione della dignità umana attraverso la solidarietà tra i popoli. Voleva aiutare tutti i credenti, anche se diversamente credenti, a superare quei drammi che si sono succeduti per 2.000 anni. Purtroppo, oggi si stanno creando nuove situazioni di tensione difficili da governare e tocca alla politica occuparsene. Se è vero che il Corano dice che la parola di Dio è pace e il saluto di un musulmano è salam aleikum, la pace sia con voi, se un ebreo si saluta con un suo correligionario con la parola shalom, se i cristiani abbiamo la meravigliosa espressione «Dio sia con te» o il più comune addio: «A Dio», se cioè il concetto di pace è all'origine delle religioni, tocca alla responsabilità delle istituzioni e dei Governi e anche alla responsabilità della politica garantire che questo avvenga;
Benedetto XVI, nel messaggio per la Giornata mondiale della pace del 2011, metteva in luce che la persecuzione non viene solo dal fondamentalismo, ma anche dal laicismo delle società secolarizzate che soffoca la dimensione religiosa, eliminando un elemento importante per la vita dell'uomo e la convivenza tra i popoli: il fondamentalismo religioso e il laicismo sono forme speculari ed estreme di rifiuto del legittimo pluralismo e del principio di laicità;
recentemente Papa Francesco ha più volte sottolineato – sia nella predicazione rivolta a tutti che negli incontri con i Capi di Stato, come ha fatto pochi giorni fa con Obama – il valore fondamentale della libertà religiosa. L'ha definita via indispensabile per la pace ed ha denunciato coraggiosamente la grave mancanza di libertà religiosa di cui soffrono gli uomini e, in particolare, proprio i cristiani in molti Paesi del vicino Oriente, ancora una volta vittime innocenti di una persecuzione che, in modi e in luoghi diversi, li costringe ad una sempre più massiccia diaspora dalle terre in cui vivono;
gli attentati alle chiese cristiane, che si sono intensificati negli ultimi tempi, dimostrano chiaramente come l'obiettivo degli integralisti sia una vera e propria «pulizia etnica» dei cristiani dal Medio Oriente, ovvero un'espulsione dalle terre mediorientali delle comunità cristiane che da oltre 2.000 anni le abitano. Violenza materiale e relativismo culturale sono diverse modalità con cui oggi si colpisce la libertà religiosa, uno dei primi e più importanti diritti dell'uomo, inviolabile per sua stessa natura. Mortificarla e calpestarla offende tutti i diritti umani e ferisce la persona nella sua concretezza e nella sua universalità;
sono aumentati in modo significativo delle vere e proprie aggressioni nei confronti delle comunità cristiane in Africa, Medio Oriente e Asia, in particolare in Pakistan, in Indonesia e nella Repubblica popolare cinese, dove il Governo ha intensificato proprio in questi mesi la propria ingerenza negli affari religiosi, incrementando la repressione nei confronti della Chiesa cattolica, ordinando nuovi vescovi della cosiddetta Chiesa cattolica patriottica; in Paesi come Iran e Corea del Nord la religione è sotto stretto controllo, nell'ambito del più ampio tentativo di dominare la vita politica e sociale in generale. Altri Stati come l'Eritrea opprimono la gente al punto tale che i credenti sono costretti a rinunciare alla propria fede o a lasciare il Paese. Talvolta la situazione è aggravata da gruppi estremisti come Al-Qaeda, che nel 2013 ha invocato attacchi violenti contro le minoranze religiose in Medio Oriente. Nel 2013 vi sono stati attentati contro luoghi sacri e fedeli sunniti, sciiti, ahmadiyya e cristiani;
in questo crescente clima di odio e di intolleranza colpisce il silenzio delle organizzazioni internazionali, a cominciare dall'Organizzazione delle Nazioni Unite, e la flebile risposta dell'Unione europea. Si nota in modo stridente la mancanza di un'iniziativa forte e decisa da parte della diplomazia internazionale. L'Onu si dice costernata, ma non risulta aver preso iniziative di qualsiasi tipo. L'Occidente democratico assiste, pressoché muto, distratto, tra l'indifferenza e la rassegnazione, al massacro dei cristiani in Oriente, come se non ci si trovasse davanti ad un'intollerabile aggressione ai diritti umani. La cultura dei diritti umani stenta a trovare una voce forte ed autorevole che si schieri dalla parte della libertà religiosa, con energia e determinazione;
la laicità positiva di uno Stato si esprime anche nella tutela di tale valore essenziale nella vita di tutti i cittadini, perché uno Stato che tacesse davanti alla violazione di un diritto inviolabile se ne renderebbe immediatamente complice e perderebbe credibilità e autorevolezza. La pace è necessaria per lo sviluppo umano ed economico, ma proprio per questo occorre fondarla su un rinnovato rispetto per la libertà religiosa delle minoranze del mondo intero;
un fatto recente induce a riprendere la riflessione sulla necessità di garantire l'efficacia delle misure adottate a favore del dialogo nazionale e della tutela delle minoranze. Nella città di Lahore, nella parte nordorientale del Paese, Sawan Masih, cristiano, è stato condannato a morte con l'accusa di blasfemia per aver insultato il profeta Maometto durante una discussione;
il verdetto del tribunale di primo grado di Lahore nei confronti del cristiano Sawan è arrivato giovedì 27 marzo 2014. L'episodio ha scatenato l'ira di oltre tremila musulmani che si sono scagliati contro il quartiere cristiano dove l'uomo viveva, incendiando 178 abitazioni, una ventina di negozi e due chiese. Oltre 400 famiglie hanno perso la casa, eppure gli 83 uomini ritenuti colpevoli dell'attacco sono stati tutti rilasciati su cauzione;
il 2 aprile 2014, nella sala stampa della Camera dei deputati, nel corso di una conferenza stampa promossa dall'associazione Pakistani Cristiani in Italia, in collaborazione con alcuni parlamentari italiani, è stata presentata la campagna di raccolta-firme «Salviamo Sawan Masih». Le firme saranno presentate al presidente del Pakistan per chiedergli di intervenire in difesa delle minoranze, sempre più deboli davanti all'abuso della legge. Bisogna chiedere con insistenza che venga fatta giustizia e per far vedere che la comunità internazionale non sta in silenzio mentre vengono violati i diritti dei cristiani;
si ricordano poi i sette cristiani morti bruciati vivi a Gojra. E la stessa legge sulla blasfemia in un prossimo futuro potrebbe anche peggiorare, dal momento che la Corte federale della sharia ha proposto di modificare la legge, eliminando la possibilità di essere condannati all'ergastolo e lasciando solo la pena di morte;
il Governo pakistano deve essere incoraggiato a rendere più effettive le misure adottate a tutela delle minoranze. Le vittime cristiane di Joseph Colony, il quartiere incendiato e distrutto, non hanno ancora ricevuto il risarcimento promesso per ricostruire le loro case, mentre gli aggressori, le 82 persone musulmane, arrestate per la demolizione del quartiere, sono state tutte liberate su cauzione, e Sawan, innocente, è stato condannato a morte. I suoi familiari si trovano in un luogo nascosto e segreto, perché rischiano la vita;
la comunità internazionale per aiutare i cristiani del Pakistan, oltre a firmare la petizione, deve opporsi al tentativo del Pakistan di internazionalizzare la legge sulla blasfemia;
oltre ai casi citati al momento sono due le aree geografiche ritenute ad altissimo rischio per le comunità cristiane: la piana di Ninive dove vive circa la metà dei cristiani che sono rimasti in Iraq e dove la situazione potrebbe precipitare per l'avanzata delle milizie dell'Isis (il cosiddetto Stato Islamico dell'Iraq e del Levante), appoggiate da altri gruppi, che dopo la presa di Mosul hanno bombardato la città di Karakosh; lo Stato del Borno in Nigeria, dove domenica gli estremisti di Boko Haram hanno ucciso 54 cristiani durante un attacco contro alcune chiese,
impegna il Governo:
ad attivarsi con determinazione per la tutela della libertà religiosa, come uno dei diritti inviolabili dell'uomo, fondamento di altre libertà, denunciando ogni forma di persecuzione nei confronti delle minoranze religiose, in particolare quelle cristiane, in quei contesti in cui esse sono maggiormente vulnerabili;
a promuovere misure di prevenzione dell'intolleranza e di sostegno alle iniziative di promozione del dialogo interreligioso;
a considerare nelle pertinenti sedi europee ed internazionali, l'adozione di passi formali nei confronti di quei Paesi nei quali le minoranze religiose vengono minacciate o perseguitate sino ad impedire l'esercizio del diritto fondamentale della libertà di culto;
a considerare, nelle pertinenti sedi europee e internazionali, l'adozione di iniziative in materia di libertà religiosa nel mondo, per analizzare e far conoscere all'opinione pubblica il dramma delle persecuzioni religiose e per monitorare periodicamente lo stato della libertà religiosa nella comunità internazionale;
a considerare le possibilità di rafforzamento delle politiche per la cooperazione internazionale, specialmente nei Paesi in cui le minoranze religiose e, in particolare, quelle cristiane sono pesantemente discriminate, onde sostenere i progressi nel campo della libertà religiosa e favorire un cambiamento di attitudine nei Paesi nei quali vengono alimentati o non contrastati l'odio e l'intolleranza;
a valutare l'opportunità e la possibilità, alla luce della libertà religiosa garantita dalla Costituzione e dalla legislazione italiana nei confronti delle confessioni religiose, di evocare nelle relazioni internazionali il principio di reciprocità per quanto concerne l'edificazione dei luoghi di culto delle minoranze religiose;
ad adottare le opportune iniziative, anche in sede ONU, in materia di libertà religiosa, al fine di continuare a monitorare gli episodi di persecuzione religiosa e impegnare i diversi Stati ad intervenire tempestivamente nel contrasto e nella prevenzione dell'intolleranza e del fanatismo religioso, posto che le numerose sfide, anche drammatiche, di questo 2014 vanno affrontate insieme: cristiani, musulmani, ebrei, credenti in altre fedi e non credenti nei Paesi sviluppati, nei Paesi emergenti e nei Paesi poveri, in modo anche di dare speranza alle nuove generazioni in ogni Paese;
ad assumere iniziative presso il Governo del Pakistan nel quadro dell'Unione europea o presso gli organismi internazionali al fine di incoraggiare la sua azione per il rafforzamento del rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e, in particolare, del diritto di libertà religiosa, attraverso una più efficace attuazione delle misure adottate, mettendo in atto una convergenza di intenti;
ad assumere iniziative a sostegno delle minoranze religiose con particolare attenzione all'educazione.
(1-00423)
(Ulteriore nuova formulazione – Testo modificato nel corso della seduta) «Binetti, Patriarca, Fucci, Roccella, Balduzzi, Gigli, Buttiglione, Dorina Bianchi, Preziosi, Calabrò, Pagano, Sberna, Fitzgerald Nissoli, Piccione, Cicu, Causin, Minardo, Garofalo, Bernardo, Faenzi, Santerini, Gitti, Venittelli, Valentini, Milanato, Laffranco, De Mita, D'Alia, Molea, D'Agostino, Vezzali, Petrini, Schirò, Terrosi, Cera, Kyenge, Fabrizio Di Stefano, Vignali».
La Camera,
premesso che:
la libertà religiosa è uno dei diritti fondamentali della persona che ogni Stato dovrebbe tutelare, oltre che riconoscere;
la Costituzione, all'articolo 19, riconosce in modo ampio la libertà di religione, intesa quale diritto di ogni individuo di professare liberamente la propria fede e farne propaganda, nonché di esercitare in privato e in pubblico il culto e, all'articolo 8, riconosce che tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge;
nella Dichiarazione Onu del 1948 tutti gli Stati che ne fanno parte si impegnano a garantire non tanto e non solo una mera tolleranza religiosa verso le minoranze, bensì una piena libertà religiosa per tutte e per tutti;
dati recenti testimoniano che il 70 per cento della popolazione mondiale vive in Paesi caratterizzati da restrizioni o persecuzioni a causa della religione professata;
in Europa, e non solo, oltre alla cristianofobia, sono crescenti i fenomeni di antisemitismo e islamofobia, che vanno assolutamente contrastati con politiche di inclusione sociale;
le persecuzioni sono raramente coperte dall'attenzione dei media, che in ogni caso si concentrano sulle situazioni più note all'opinione pubblica, come quelle caratterizzanti la Cina, il Sudan e l'Afghanistan;
dal punto di vista geografico, la situazione più grave si registra nel Medio Oriente, nell'Africa settentrionale e nell'Asia meridionale, dove persecuzioni religiose violente sono in atto in tutti i Paesi e, di fatto, sono divenute la norma. In particolare, tutti Paesi dell'Asia meridionale (Afghanistan, Bangladesh, Nepal, Pakistan, India e Sri Lanka) hanno registrato elevati livelli di persecuzione. La situazione è, invece, migliore nell'Africa subsahariana, nell'Europa e nell'emisfero occidentale, dove la libertà religiosa appare meglio tutelata;
il Parlamento italiano è impegnato a porre ogni attenzione affinché i propri atti siano esplicitamente orientati al massimo rispetto di tutte le fedi e di tutte le opinioni, oltre che a contrastare ogni forma di violenza;
al fine di scongiurare la prospettiva di uno scontro tra le civiltà e tra le identità culturali e religiose, quale possibile e drammatico esito delle crisi culturali e spirituali del nostro tempo, il Parlamento è prioritariamente impegnato a contrastare attivamente ogni forma di intolleranza e fanatismo,
impegna il Governo:
ad attivarsi, tramite i canali diplomatici, nei confronti dei Governi che impediscono la libertà religiosa, affinché si adoperino per far cessare le persecuzioni religiose;
a rendersi promotore, nell'ambito dell'Unione europea e presso gli organismi internazionali cui l'Italia partecipa, di iniziative volte a riaffermare i principi di libertà religiosa e di rispetto dei diritti civili e a favorire il dialogo tra i popoli e il dialogo interreligioso;
ad adoperarsi presso gli Stati europei, e nell'ambito dell'Unione europea, al fine di ampliare il fronte di solidarietà contro le esortazioni alla violenza di esponenti del radicalismo di qualsiasi natura;
a dare continuità e a rafforzare la politica estera italiana, con particolare riferimento alla cooperazione, per l'affermazione del diritto alla libertà religiosa e di parola, contro ogni persecuzione, in un'ottica di reciprocità, intendendosi quale libertà religiosa la libertà di praticare la propria fede, di cambiarla o di non averne alcuna.
(1-00518) «Fratoianni, Scotto, Kronbichler, Duranti».
La Camera,
premesso che:
la libertà religiosa è uno dei diritti fondamentali della persona che ogni Stato dovrebbe tutelare, oltre che riconoscere;
la Costituzione, all'articolo 19, riconosce in modo ampio la libertà di religione, intesa quale diritto di ogni individuo di professare liberamente la propria fede e farne propaganda, nonché di esercitare in privato e in pubblico il culto e, all'articolo 8, riconosce che tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge;
nella Dichiarazione Onu del 1948 tutti gli Stati che ne fanno parte si impegnano a garantire non tanto e non solo una mera tolleranza religiosa verso le minoranze, bensì una piena libertà religiosa per tutte e per tutti;
dati recenti testimoniano che il 70 per cento della popolazione mondiale vive in Paesi caratterizzati da restrizioni o persecuzioni a causa della religione professata;
in Europa, e non solo, oltre alla cristianofobia, sono crescenti i fenomeni di antisemitismo e islamofobia, che vanno assolutamente contrastati con politiche di inclusione sociale;
le persecuzioni sono raramente coperte dall'attenzione dei media, che in ogni caso si concentrano sulle situazioni più note all'opinione pubblica, come quelle caratterizzanti la Cina, il Sudan e l'Afghanistan;
dal punto di vista geografico, la situazione più grave si registra nel Medio Oriente, in Africa e nell'Asia meridionale, dove persecuzioni religiose violente sono in atto in numerosi Paesi e, di fatto, sono divenute la norma. In particolare, tutti Paesi dell'Asia meridionale (Afghanistan, Bangladesh, Nepal, Pakistan, India e Sri Lanka) hanno registrato elevati livelli di persecuzione. La situazione è, invece, migliore in Europa e nell'emisfero occidentale, dove la libertà religiosa appare meglio tutelata;
il Parlamento italiano è impegnato a porre ogni attenzione affinché i propri atti siano esplicitamente orientati al massimo rispetto di tutte le fedi e di tutte le opinioni, oltre che a contrastare ogni forma di violenza;
al fine di scongiurare la prospettiva di uno scontro tra le civiltà e tra le identità culturali e religiose, quale possibile e drammatico esito delle crisi culturali e spirituali del nostro tempo, il Parlamento è prioritariamente impegnato a contrastare attivamente ogni forma di intolleranza e fanatismo,
impegna il Governo:
ad attivarsi, tramite i canali diplomatici, nei confronti dei Governi che impediscono la libertà religiosa, affinché si adoperino per far cessare le persecuzioni religiose;
a rendersi promotore, nell'ambito dell'Unione europea e presso gli organismi internazionali cui l'Italia partecipa, di iniziative volte a riaffermare i principi di libertà religiosa e di rispetto dei diritti civili e a favorire il dialogo tra i popoli e il dialogo interreligioso;
ad adoperarsi presso gli Stati europei, e nell'ambito dell'Unione europea, al fine di ampliare il fronte di solidarietà contro le esortazioni alla violenza di esponenti del radicalismo di qualsiasi natura;
a continuare a porre tra le priorità della politica estera italiana, l'impegno per l'affermazione della libertà di religione e di espressione, in particolare in quei contesti dove la libertà di praticare la propria fede, di cambiarla o di non averne alcuna è negata o limitata e dove le minoranze religiose sono sottoposte a persecuzioni.
(1-00518)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Fratoianni, Scotto, Kronbichler, Duranti».
La Camera,
premesso che:
il 64 per cento dell'umanità vive in Paesi che limitano fortemente o addirittura impediscono la libertà religiosa e di coscienza;
il fenomeno della «cristianofobia» – secondo la definizione di Papa Benedetto XVI – sta assumendo dimensioni devastanti, nel quasi totale silenzio della comunità internazionale;
i cristiani, infatti, subiscono persecuzioni nel maggior numero di Paesi del mondo e contano il più alto numero di vittime dell'intolleranza religiosa rispetto a qualunque altra confessione;
le uccisioni perpetrate ai danni dei cristiani a causa di fanatismo e intolleranza religiosa si accompagnano alla sistematica distruzione dei loro luoghi di culto, alla compressione dei loro diritti civili, alle incarcerazioni, a fenomeni di violenza di ogni genere, nonché al rapimento dei loro leader;
nel periodo compreso tra il 2006 ed il 2012 i cristiani sono stati perseguitati in ben 151 Paesi, che equivalgono ai quattro quinti del mondo;
la drammaticità della situazione è testimoniata anche dal fatto che migliaia di cristiani sono in fuga dalle loro terre d'origine e, mentre alcuni per sfuggire alla morte sono costretti a convertirsi, altri rimangono subendo maltrattamenti di ogni genere, torture e morte;
in base ai dati contenuti nella World Watch List 2014, pubblicata nel mese di gennaio 2014 dall'associazione «Open Doors International», attiva da oltre 55 anni nel campo del sostegno ai cristiani perseguitati, i dieci luoghi più pericolosi del mondo per chi crede in Cristo sono la Corea del Nord, dove il regime impone con la forza l'ateismo di Stato, la Somalia, la Siria, l'Iraq, l'Afghanistan, l'Arabia Saudita, le Maldive, il Pakistan, l'Iran e lo Yemen, nove dei quali sono a maggioranza islamica;
nella Corea del Nord coloro che vengono trovati in possesso di una Bibbia affrontano lunghe detenzioni o addirittura la morte, e si stima che il numero dei cristiani trattenuti nei campi di prigionia sia compreso tra cinquantamila e settantamila persone;
i Paesi con il più elevato numero di violenze contro i cristiani (assassini, rapimenti e stupri, distruzioni di chiese) sono la Repubblica Centrafricana, nella quale orribili violenze sono state dirette contro i cristiani da parte dei ribelli Seleka, la Siria, il Pakistan, l'Egitto, l'Iraq, il Myanmar, la Nigeria, la Colombia, l'Eritrea e il Sudan;
la Siria, che accoglieva i cristiani profughi dall'Iraq ed era considerato un rifugio sicuro, da quando è scoppiata la guerra civile, a causa della proliferazione dei gruppi radicali islamici, è diventata una trappola mortale e lo stesso discorso vale per l'Iraq, in seguito alla caduta di Saddam Hussein;
anche il Pakistan per i cristiani diventa sempre più un posto dove è difficile vivere, a causa dell'incapacità del Governo di garantire la sicurezza della minoranza cristiana, incapacità che permette un ampio margine di manovra e d'impunità per gli islamici radicali che discriminano e commettono veri e propri crimini a danno dei cristiani;
la Somalia, dove vari clan integralisti islamici si contendono il potere, è un luogo invivibile per chiunque non sia musulmano, a maggior ragione per la minoranza cristiana, e anche in Afghanistan la persecuzione è continuata nonostante la caduta del regime talebano, mentre Arabia Saudita, Maldive, Pakistan, Iran e Yemen sono tutti regimi islamici ostili ad ogni minoranza che professi una religione diversa;
addirittura in Egitto, in cui i cristiani costituiscono il dieci per cento della popolazione e che una volta era un modello di pacifica convivenza interreligiosa, dopo la rivoluzione del 2011 la situazione per la minoranza cristiana è drammaticamente peggiorata, con il susseguirsi di attacchi a persone e luoghi di culto;
in Pakistan un cittadino britannico è stato condannato a morte per un'accusa non dimostrabile di blasfemia e molti cristiani sono in carcere per lo stesso motivo, mentre in Sudan è recentissimo il caso della giovane condannata a morte perché sposata con un cristiano;
in alcuni casi, come l'ultimo citato, la mobilitazione della comunità internazionale permette di evitare il peggio ma è infinitamente superiore il numero dei crimini che si compie senza che se ne abbia notizia;
secondo i dati contenuti nella World Watch List, in ben trentaquattro nazioni la persecuzione dei cristiani è aumentata rispetto all'anno precedente, mentre solo in cinque è diminuita;
dal rapporto emerge, inoltre, chiaramente che l'estremismo è il motore della persecuzione in trentasei dei cinquanta Stati della lista, confermando un'intensificazione del trend che, negli ultimi quindici anni, ha reso l'estremismo islamico la fonte principale dei fenomeni di cristianofobia;
l'aumento costante dell'intolleranza religiosa è confermato anche dal rapporto sui conflitti interreligiosi pubblicato dall'americano Pew Research Center;
il fatto che la lista comprenda anche Stati come le Maldive, popolare meta turistica dell'Occidente cristiano, o come la Cina e l'India, che costituiscono punti di riferimento economici mondiali, impone alcune severe riflessioni in tema di rapporti tra Paesi e di condizioni di reciprocità nei temi afferenti le libertà individuali e, in particolare, di quella religiosa, riconoscendo a ciascun individuo il diritto alla propria integrità intellettuale e morale;
Papa Francesco ha recentemente dichiarato: «Per trovare i martiri non è necessario andare alle catacombe o al Colosseo: i martiri sono vivi adesso, in tanti Paesi. I cristiani sono perseguitati per la fede. In alcuni Paesi non possono portare la croce: sono puniti se lo fanno. Oggi, nel secolo XXI, la nostra Chiesa è una Chiesa dei martiri»,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative in sede internazionale affinché sia riconosciuta la giusta importanza al tema delle persecuzioni ai danni dei cristiani, esercitando, al contempo, forme di pressione diplomatica ed economica verso quei Paesi che non garantiscono o non tutelano il diritto alla libertà religiosa, arrivando, laddove necessario, all'interruzione delle relazioni diplomatiche e commerciali;
a stabilire come principio imprescindibile alla negoziazione e conclusione di qualsiasi accordo internazionale la garanzia della controparte che, al proprio interno, sia garantita la libertà di professare qualunque religione;
ad adottare ogni iniziativa utile a garantire la tutela delle minoranze cristiane nel mondo, sia attraverso la stipula di accordi bilaterali sia attraverso azioni dirette, da realizzare in collaborazione con le rappresentanze diplomatiche italiane e consolari in loco.
(1-00519) «Rampelli, Corsaro, Maietta, Nastri, Totaro, Cirielli, La Russa, Giorgia Meloni, Taglialatela».
PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALLA MOZIONE BINETTI, PATRIARCA, FUCCI, ROCCELLA, BALDUZZI ED ALTRI N. 1-00423
Nel dispositivo, al primo capoverso, sostituire le parole: cristianofobia nei Paesi in cui i cristiani sono perseguitati con le seguenti: intolleranza e persecuzione religiosa nei Paesi in cui le minoranze religiose sono perseguitate.
Conseguentemente, al medesimo dispositivo:
al terzo capoverso, sostituire le parole: giornata europea dei martiri cristiani per ricordare i tanti cristiani del nostro tempo uccisi in odio alla fede con le seguenti: giornata europea dei martiri dell'odio religioso per ricordare i tanti credenti del nostro tempo uccisi in odio alla loro fede;
al sesto capoverso, sostituire la parola: cristiane con la seguente: religiose.
1-00423/1. Dadone, Cozzolino.
DISEGNO DI LEGGE: RATIFICA ED ESECUZIONE DELL'ACCORDO TRA LA REPUBBLICA ITALIANA E GIBILTERRA PER LO SCAMBIO DI INFORMAZIONI IN MATERIA FISCALE, FATTO A LONDRA IL 2 OTTOBRE 2012 (A.C. 2089)
A.C. 2089 – Articolo 1
ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO
Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).
1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo tra la Repubblica italiana e Gibilterra per lo scambio di informazioni in materia fiscale, fatto a Londra il 2 ottobre 2012.
A.C. 2089 – Articolo 2
ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO
Art. 2.
(Ordine di esecuzione).
1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 12 dell'Accordo stesso.
A.C. 2089 – Articolo 3
ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO
Art. 3.
(Entrata in vigore).
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
DISEGNO DI LEGGE: S. 1218 – RATIFICA ED ESECUZIONE DELL'ACCORDO TRA IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA ED IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA DI COREA IN MATERIA DI VACANZE-LAVORO, FATTO A SEOUL IL 3 APRILE 2012 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 2275)
A.C. 2275 – Articolo 1
ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).
1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare l'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Corea in materia di Vacanze-Lavoro, fatto a Seoul il 3 aprile 2012.
A.C. 2275 – Articolo 2
ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 2.
(Ordine di esecuzione).
1. Piena ed intera esecuzione è data all'Accordo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dall'articolo 6 dell'Accordo stesso.
A.C. 2275 – Articolo 3
ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 3.
(Entrata in vigore).
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 24 GIUGNO 2014, N. 90, RECANTE MISURE URGENTI PER LA SEMPLIFICAZIONE E LA TRASPARENZA AMMINISTRATIVA E PER L'EFFICIENZA DEGLI UFFICI GIUDIZIARI (A.C. 2486)
A.C. 2486 – Questioni pregiudiziali
QUESTIONI PREGIUDIZIALI
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame reca misure per la semplificazione, la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari;
le disposizioni inserite nel decreto-legge in esame, non presentano caratteristiche tali da poter motivare il ricorso allo strumento della decretazione d'urgenza;
al di là delle accademiche considerazioni riportate nella relazione introduttiva al decreto a giustificazione dei presupposti ex articolo 77 della Costituzione, l'unica reale motivazione, riconducibile ad elementi di necessità ed urgenza, è assunta de facto dalla necessità politica di trattare in tempi rapidi argomenti ritenuti rilevanti sotto il profilo generale di una riforma del sistema Paese in un'ottica di efficienza ed efficacia, attraverso provvedimenti di semplificazione e trasparenza amministrativa. È necessario ricordare come tali aspetti di degenerazione dell'utilizzo della decretazione d'urgenza furono censurati dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 29 del 27 gennaio 1995. La Consulta esplicitò nella citata sentenza la propria competenza a sindacare la sussistenza dei presupposti di necessità ed urgenza da un punto di vista strettamente giuridico, salvaguardando il controllo iniziale del Governo e quello successivo del Parlamento in sede di conversione, dove le valutazioni politiche potrebbero essere prevalenti. La Corte costituzionale stabilì che, a norma dell'appena citato articolo 77, la pre-esistenza di una situazione di fatto comportante la necessità e l'urgenza di provvedere tramite l'utilizzazione di uno strumento eccezionale, quale il decreto-legge, costituisce un requisito di validità costituzionale dell'adozione del predetto atto, di modo che l'eventuale evidente mancanza di quel presupposto configura tanto un vizio di legittimità costituzionale del decreto-legge, in ipotesi adottato al di fuori dell'ambito delle possibilità applicative costituzionalmente previste, quanto un vizio in procedendo della stessa legge di conversione, avendo quest'ultima, nel caso ipotizzato, valutato erroneamente l'esistenza di presupposti di validità in realtà insussistenti e, quindi, convertito in legge un atto che non poteva essere legittimo oggetto di conversione. Pertanto, non esiste alcuna preclusione affinché la Corte costituzionale proceda all'esame del decreto-legge e/o della legge di conversione sotto il profilo del rispetto dei requisiti di validità costituzionale relativi alla pre-esistenza dei presupposti di necessità e urgenza, dal momento che il correlativo esame delle Camere in sede di conversione comporta una valutazione del tutto diversa e, precisamente, di tipo prettamente politico sia con riguardo al contenuto della decisione, sia con riguardo agli effetti della stessa;
pur se da un lato si ritiene l'operato del Governo, nel caso specifico, opportuno sotto il profilo del merito, dall'altro lato, è inaccettabile, al fine della garanzia dello Stato di diritto, non evidenziare come tale articolato sia manifestamente incostituzionale. Proprio ai fini, quindi, della necessità di operare nella direzione che si intende perseguire con il provvedimento in esame, sarebbe grave convertire il presente decreto-legge, così viziato rispetto ai profili di costituzionalità, rischiando che la Consulta, chiamata ad esprimersi, possa dichiararlo incostituzionale, facendone conseguentemente venire meno gli effetti, violando, nei fatti, nuovamente la buona fede dei cittadini;
la mancanza dei requisiti della necessità ed urgenza sanciti ex articolo 77 della Costituzione si manifesta in tutta la sua gravità nelle numerose norme transitorie presenti nel decreto;
l'articolato del presente decreto introduce disposizioni in violazione dei presupposti di costituzionalità dell'omogeneità delle norme contenute e del divieto di prevedere norme ordinamentali;
l'eterogeneità dei contenuti del presente decreto-legge contrasta apertamente con l'articolo 15 della legge 23 agosto 1988, n. 400, di diretta attuazione costituzionale dell'articolo 77 della Costituzione. In base alla citata disposizione, infatti, i decreti-legge devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo;
per l'ennesima volta il Governo utilizza lo strumento della normativa d'urgenza in modo improprio svuotando il Parlamento delle proprie prerogative;
il ricorso alla decretazione d'urgenza si configura ormai da anni come una forma di sbilanciamento e di forzatura degli equilibri dei poteri previsti dal dettato costituzionale vigente, che ha spostato di fatto in capo al Governo ogni potere regolatorio ed imposto una compressione dei poteri legislativi delle Camere. Il continuo e reiterato uso della decretazione d'urgenza, come normale prassi legislativa, utilizzato dall'attuale Governo e che riprende una modalità introdotta dai precedenti, e più volte censurata dai richiami del Capo dello Stato e da numerose sentenze della Corte costituzionale, che hanno sollecitato il ripristino di un corretto percorso costituzionale, produce da un lato un vulnus all'articolo 70 della Carta costituzionale, che affida la funzione legislativa collettivamente alle due Camere, e, dall'altro lato, uno svuotamento e una mortificazione del ruolo del Parlamento e dei parlamentari;
entrando nel merito delle disposizioni introdotte dal decreto, si ravvisano profili di incostituzionalità in violazione del principio della libertà di iniziativa economica privata, riconosciuto dall'articolo 41 della Costituzione, per quanto concerne le disposizioni che prevedono l'accorpamento dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici all'Anac e la conseguente soppressione immediata della prima amministrazione, indipendente, rendendo di fatto il presidente della seconda, una sorta di «commissario straordinario» o rispetto alla volontà, contenuta nel decreto, di assegnare al prefetto la gestione di un'impresa appaltatrice sospettata di corruzione, al fine di garantire il completamento dell'opera;
come già ampiamente descritto, diverse sono le disposizione previste dal decreto in esame che hanno natura ordinamentale; a titolo esemplificativo si ricorda la prevista destituzione di alcune sezioni distaccate del TAR (Tribunale Amministrativo Regionale);
il provvedimento in esame importa questioni rientranti nell'ambito dell'economia e del lavoro, per le quali è competente ad esprimere un parere il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), così come previsto dall'articolo 99 della Costituzione, che lo definisce organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge. Procedere all'esame del presente disegno di legge senza aver recepito il parere del CNEL presenta aspetti che possono far ravvisare profili di incostituzionalità manifesti;
in conclusione, è necessario rammentare come siano stati necessari ben undici giorni prima che il Presidente della Repubblica apponesse la firma sul decreto-legge in esame e quindi autorizzasse la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e la trasmissione del disegno di legge di conversione al Parlamento. Stando alle informazioni pubblicate dagli organi di stampa, il Presidente della Repubblica avrebbe sollevato diversi profili di incostituzionalità in merito alla forma e alle disposizioni contenute nel decreto-legge,
delibera
di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2486.
N. 1. Matteo Bragantini, Invernizzi, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caon, Caparini, Fedriga, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Marcolin, Molteni, Gianluca Pini, Prataviera, Rondini, Simonetti.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento di conversione in legge del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, recante «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari», presenta profili di incompatibilità con diverse norme costituzionali e con la giurisprudenza costituzionale che è intervenuta ripetutamente in merito alle circostanze che rendono ammissibile o meno l'utilizzo dello strumento del decreto-legge;
il decreto-legge n. 90 del 2014 presenta contenuti non omogenei, in quanto accosta le materie più disparate alla efficienza degli uffici giudiziari. Tuttavia lo stesso titolo non è in alcun modo esaustivo né chiarificatore rispetto alla eterogeneità di temi che il decreto in realtà abbraccia;
come indicato dal Presidente della Repubblica, con lettera del 15 luglio 2009, «provvedimenti eterogenei nei contenuti (...) sfuggono alla comprensione della opinione pubblica e rendono sempre più difficile il rapporto tra il cittadino e la legge. (...) è indispensabile porre termine a simili “prassi” [...]»;
la Corte costituzionale, con la sentenza n. 22 del 2012, ritiene essenziale che il decreto-legge debba essere inteso «nella sua interezza, come insieme di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo». Anche secondo l'articolo 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, i decreti-legge «devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo»;
per la giurisprudenza costituzionale occorre che il corpo di un decreto-legge sia «oggettivamente o teleologicamente unitario», cioè un «insieme di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo» (sentenza n. 22 del 2012). È sufficiente scorrere le rubriche degli articoli del decreto in esame per rendersi conto che non è così;
in ordine ai contenuti di diritto amministrativo:
per quanto riguarda le norme in materia di rapporti di lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione, la possibilità di demansionamenti previsti dall'articolo 4 del decreto-legge in esame appare chiaramente in violazione dell'articolo 3 della Costituzione in quanto differenzia inammissibilmente la categoria dei dipendenti pubblici da quelli privati, per i quali, invece, è proibito il demansionamento ai sensi dell'articolo 2105 c.c.;
l'articolo 11, d'altro canto, non prevede forme concorsuali chiare e definite, come potrebbe essere il ricorso alle norme di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 70 del 2013, ma, genericamente, forme di selezione pubblica senza alcuna altra garanzia di trasparenza, in violazione dell'articolo 97 della Costituzione, con ciò avvalorando un pericoloso trend involutivo che tende a privilegiare la dirigenza fiduciaria rispetto a quella di ruolo;
stupisce, in tale contesto, qualsiasi mancanza di parere da parte del CNEL competente in materia ex articolo 99 della Costituzione, confermando, altresì, l'avvenuto esautoramento di tale organo di rilevanza costituzionale;
comunque, la genericità della norma in questione e la sua possibile estensione retroattiva, potrebbe comportare anche effetti di sanatoria con riferimento a pregresse assunzioni irregolari di personale con funzioni dirigenziali;
in ordine ai contenuti in materia di giustizia:
il contributo unificato previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 è una tassa sulla giustizia civile ed amministrativa che ogni cittadino o impresa deve pagare prima dell'inizio del procedimento per far valere un proprio diritto o interesse;
in materia vige un quadro assai frastagliato, non sempre logico né coerente nella determinazione e nella diversificazione degli importi del contributo stesso, dal quale, comunque, spicca l'evidente, sproporzionata penalizzazione nella tassazione dei ricorsi davanti al giudice amministrativo soprattutto in materia di contratti pubblici;
esso, in questi anni, non solo non ha assicurato una giustizia più efficiente, ma non ha neanche comportato la totale eliminazione delle anacronistiche «marche da bollo» in uso negli uffici giudiziari;
è stato progressivamente aumentato da Governi e Parlamenti di ogni appartenenza politica che lo hanno visto come strumento per «fare cassa», senza comprendere che l'aumento dello stesso avrebbe dovuto essere accompagnato da un miglioramento della qualità del servizio giustizia. Di conseguenza, cittadini e imprese sono stati costretti a pagare sempre di più un servizio scadente, mai ripensato con disegni riformatori seri ed organici;
il decreto-legge n. 98 del 2011 (c. d. «Manovra economica correttiva»), con l'articolo 37 ha introdotto delle previsioni particolarmente gravi in materia di contributo unificato: l'introduzione del contributo nelle cause di lavoro, nei giudizi per separazione personale dei coniugi e nelle liti tributarie (fin qui esenti), oltre al sistematico aumento degli importi dovuti nelle controversie civili ed amministrative (fino a 4.000 euro per il ricorso al Giudice Amministrativo in materia di appalti);
le recenti norme della legge 24 dicembre 2012, n. 228, c.d. «legge di stabilità», pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre 2012, hanno introdotto significative modifiche al Testo Unico in materia di spese di giustizia quantomeno sotto tre, importanti, aspetti. In primo luogo è stato notevolmente accresciuto il contributo unificato, ossia la tassa che il cittadino deve pagare solo per poter accedere al «servizio giustizia», in un particolare settore dell'ordinamento giuridico, quello degli appalti pubblici. È stato, inoltre, previsto un aumento generalizzato del contributo unificato per i giudizi di impugnazione. Da ultimo, è stata introdotta una norma punitiva che, in caso di rigetto dell'impugnazione (anche incidentale), costringe la parte ricorrente al pagamento di un'ulteriore somma di denaro pari a quella già corrisposta per la proposizione dell'impugnazione;
la ratio di un simile complessivo innalzamento dei costi di tutte le tipologie di contributo unificato sembra essere, da un lato, rinvenibile nell'introduzione di un originale tributo, per così dire, «orizzontale», al cui pagamento sono tenuti tutti coloro che intendono instaurare una controversia dinanzi all'Autorità giurisdizionale e, dall'altro, nel tentativo di scoraggiare la proposizione di nuovi contenziosi che – nell'ottica del legislatore – non farebbero che aggravare il consistente arretrato a tutt'oggi esistente; peraltro, l'aumento del contributo unificato non è percepito come giusto dagli utenti del «servizio-giustizia», per essere quest'ultimo comunque assolto con gravissime inefficienze (sia strutturali, che di organico e di tempi di definizione) e nonostante il versamento anticipato da parte dell'utente stesso del tributo (alias, il contributo unificato) che dovrebbe essere sufficiente a garantire una corretta erogazione del medesimo;
si constata, inoltre, la volontà deterrente da parte dello Stato che di fatto, aumentando in modo abnorme il contributo unificato e introducendo penali per i ricorsi al Giudice amministrativo, impedisce non solo la proposizione dei ricorsi in funzione di prezioso e ormai unico controllo successivo di legittimità degli atti amministrativi, ma anche la proposizione dei ricorsi da parte delle associazioni o.n.l.u.s. di protezione ambientale riconosciute ai sensi dell'articolo 13 della legge n. 349 del 1986, a tutela di interessi diffusi quali il diritto al paesaggio e all'ambiente, di cui all'articolo 9, secondo comma, della Costituzione;
in una necessaria comparazione con gli standard comunitari, da una sommaria ricerca condotta in relazione agli importi del contributo unificato negli altri Paesi europei, si è sorprendentemente potuto appurare che: in Svezia e Finlandia vige l'esenzione; in Irlanda, il contributo va dalla esenzione ad un massimo di 125 euro; in Estonia, è pari a 16 euro; in Bulgaria il contributo unificato è compreso tra 5 e 25 euro; sia in Slovacchia che in Ungheria, il contributo è di 66 euro; nella Repubblica Ceca, è pari ad 76 euro; in Belgio, il contributo unificato è di 82 euro per il giudizio di primo grado e di 175 euro per il giudizio di appello; in Austria, il contributo è di 180 euro; in Gran Bretagna, il contributo è di 180 sterline; nei Paesi Bassi è previsto un contributo di 150 euro per le persone fisiche e di 300 euro per le persone giuridiche; in Germania, infine, è previsto un contributo unificato rapportato progressivamente al valore del contratto, quest'ultimo calcolato in relazione all'utile presunto, pari al 5 per cento del valore effettivo del contratto;
è sentito il dovere di sottolineare l'esistenza, in Italia, di una violazione di fatto del diritto di accesso agli organi di giustizia, combinata con la surrettizia (ma incontrovertibile) violazione del diritto a un ricorso effettivo (si tratta degli articoli 6 e 13 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo). A quest'ultimo proposito risulta evidente che i pesantissimi oneri economici che il ricorrente deve assumersi solo per domandare tutela giudiziaria, specie nella materia degli appalti, sono potenzialmente lesivi del diritto all'effettività del mezzo di impugnativa che deve poter essere in grado di far valere le ragioni di chi sia leso, per fare un esempio di immediata comprensione, dallo svolgimento di gare pubbliche caratterizzate da poca trasparenza e/o da scarsa parità di trattamento tra i concorrenti;
diritti, questi ultimi, fondamentali dell'individuo, che stanno alla base di ogni democrazia occidentale che, come si sa, si fonda su poteri dello Stato che devono armonizzarsi in una prospettiva di reciproco bilanciamento. Prospettiva ben attenuata allorquando si scoraggi l'intervento del potere giurisdizionale;
si deve constatare che anche il decreto-legge in esame contiene, tra le norme che riguardano l'introduzione del processo civile telematico, l'articolo 53 (norma di copertura finanziaria) che stabilisce una serie di aumenti «a pioggia» per il contributo unificato che si attestano intorno al 15 per cento;
si tratta di un aumento generalizzato del 15 per cento sulla tabella generale del processo civile, prevista dall'articolo 13 del Testo Unico delle spese di giustizia. Una nuova stangata che incide significativamente sul costo dell'accesso alla giustizia;
tutta la tabella dello scaglione generale viene aumentata, aumenta il contributo unificato anche per il processo esecutivo e per le procedure fallimentari e, inoltre, si attribuisce delega al Ministro dell'economia e delle finanze di apportare ulteriori aumenti nel caso in cui la copertura finanziaria prevista non venga rispettata in sede attuativa;
questo aumento è l'ultimo, almeno per ora, di una lunga serie di rincari che si sono susseguiti negli ultimi tre anni con motivazioni sempre diverse;
nel decreto in esame il nesso e lo scopo tra aumento del contributo unificato e processo civile telematico, come si legge al comma 1 dell'articolo 53 è quello di compensare le minori entrate derivanti dall'attuazione del Processo Civile Telematico e in particolare di alcune modifiche al Testo unico sulle spese di giustizia che riguardano i diritti di copia;
l'esclusione dei diritti di copia con e senza certificazione di conformità per i documenti estratti dal fascicolo informatico da parte dei soggetti abilitati porterà un minor introito per le casse dello Stato, e pertanto occorreva trovare subito «la copertura finanziaria»;
l'aumento del contributo unificato non determinerà alcun miglioramento del «sistema giustizia», né garantirà il gettito atteso: si tratta di una misura che avrà l'unico effetto di rendere più oneroso il ricorso ai Tribunali da parte di chi ne ha bisogno ed è già è stato penalizzato dalla lunga crisi economica;
l'aumento del contributo unificato sicuramente diminuirà il contenzioso, discriminando i cittadini e le imprese in base alle disponibilità economiche e colpendo in modo grave ed ingiustificato – nel silenzio generale – tutto il settore dell'avvocatura, già da molto tempo in crisi. Si tratta di una misura incivile, antidemocratica ed ingiusta che rende più oneroso l'esercizio del diritto – costituzionalmente garantito – di difesa, più difficoltoso il controllo sull'operato degli uffici pubblici e dell'erario;
gli importi elevati, a parere degli scriventi, vanno ad incidere sul diritto di difesa, attraverso la lesione dello, strumentalmente connesso, fondamentale principio di libertà di scelta di strategie processuali ad opera del difensore. Si pensi ad esempio all'entità dell'esborso per atti processuali (motivi aggiunti, ricorsi incidentali) successivi a quello originario, che possono generare atteggiamenti di autorinuncia, da parte del difensore, a tutti gli strumenti processuali che potrebbero essere fatti valere in giudizio;
contestualmente si deve rilevare che l'imposizione di un'elevata tassazione, come condizione per poter tutelare le proprie ragioni in giudizio, significa discriminare coloro che non hanno adeguati mezzi economici per far valere i propri diritti nonché scoraggiare o impedire la tutela di interessi economici non sufficientemente robusti rispetto all'entità della somma da sborsare a titolo di contributo unificato;
inoltre sotto ulteriore profilo, la normativa interna sul contributo unificato comporta la violazione del principio di proporzionalità che costituisce parte integrante dei principi generali del diritto comunitario ed esige che la normativa nazionale non ecceda i limiti di ciò che è idoneo e necessario per il conseguimento degli scopi pur legittimamente perseguiti da ciascuno Stato. Alla stregua di tale principio, infatti, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere a quella meno restrittiva e penalizzante, in modo che gli inconvenienti causati dalle stesse misure non siano sproporzionati rispetto ai fini da raggiungere;
per tali motivi si ritiene che l'imposizione del pagamento di uno specifico contributo unificato per l'accesso alla giustizia amministrativa, in misura generalmente elevata ma, addirittura, spropositata nella particolare materia degli appalti pubblici, appare confliggente con i ricordati principi di livello comunitario;
si sottolinea, inoltre, che per quanto riguarda il contenzioso amministrativo e solo con riferimento alla materia degli appalti pubblici il contributo unificato è stato via via aumentato fino a rendere inaccessibile la proposizione di un ricorso amministrativo in tema di appalti pubblici;
già con legge finanziaria per l'anno 2007 il legislatore dispose un ingiustificato aumento del contributo unificato portandolo a euro 2.000; successivamente nel 2011 lo stesso rincarò la dose portando la misura del contributo unificato a euro 4.000 (articolo 37 del decreto legislativo 6 luglio 2011, n. 98);
da ultimo, l'articolo 1, comma 25, della legge finanziaria per l'anno 2013 (c.d. legge di stabilità), ha nuovamente disposto un ulteriore aumento del contributo unificato anche questa volta solo con riferimento alla materia degli appalti pubblici;
secondo la disposizione da ultimo citata, pertanto, chi intenda promuovere un ricorso in materia di appalti deve pagare un contributo unificato pari a:
2.000 euro quando il valore della controversia è pari o inferiore a 200 mila euro;
4.000 euro per le cause di importo compreso tra 200 mila e 1.000.000 euro;
6.000 euro per quelle di valore superiore a 1.000.000 euro;
il comma 1-quater all'articolo 13 del Testo unico sulle spese di giustizia ha previsto a carico della parte soccombete (e quindi l'impresa privata) un'ulteriore «sanzione» per importo pari al contributo unificato già dovuto (e quindi 4.000 o 6.000 euro) qualora il ricorso sia dichiarato infondato, inammissibile o improcedibile (legge 24 dicembre 2012, n. 228, il cui articolo 1, comma 17 ha modificato il decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, inserendo all'articolo 13, dopo il comma 1-ter, il seguente comma 1-quater);
l'intento è chiaro e facilmente intuibile: rendere il processo amministrativo antieconomico e, specie con riguardo alla materia degli appalti pubblici, inaccessibile anche alle organizzazioni non lucrative di utilità sociale che, nonostante dispongano di mezzi economici limitatissimi, si battono per la tutela degli interessi diffusi, quali il paesaggio e l'ambiente, spesso ingiustamente compressi mediante opere pubbliche di dubbia utilità e trasparenza, come confermato dalle recenti cronache;
la nostra Carta costituzionale e i Trattati istitutivi dell'Unione europea vietano di imporre filtri economici gravosi all'accesso alla giustizia. Il processo in materia di appalti, in particolare, è gravosissimo per le imprese che chiedono legalità e trasparenza alle pubbliche amministrazioni;
in particolare per le controversie in materia di appalti pubblici gli elevati importi del contributo unificato incidono in modo decisivo ed intollerabile:
a) sul diritto di agire in giudizio, cioè sulla libertà di scelta di ricorrere al giudice amministrativo, da parte di tutti gli operatori economici interessati al mercato dei contratti pubblici, che intendano chiedere l'annullamento di un provvedimento illegittimo;
b) sulle strategie processuali dei difensori, che saranno oltretutto condizionate anche dalla discriminazione tra operatori economici «ricchi», per i quali resta comunque conveniente accettare l'alea della tassazione elevata a fronte della prospettiva di ottenere un rilevante beneficio economico, all'esito eventualmente favorevole del giudizio, rispetto ad operatori economici modesti, per appalti non particolarmente lucrativi, per i quali potrebbe rivelarsi non affatto conveniente anticipare le anzidette somme così sproporzionate al valore (effettivo) dell'appalto;
c) sulla pienezza ed effettività del controllo giurisdizionale sugli atti della pubblica amministrazione e sull'osservanza dello stesso principio costituzionale di buon andamento, al quale si ricollega strumentalmente il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva (ex articoli 24 e 113 della Costituzione; articolo 1 del Codice del processo amministrativo; articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea; articoli 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo) e non solo apparente;
d) l'imposizione del pagamento di uno specifico contributo unificato per l'accesso alla giustizia amministrativa, in misura generalmente elevata ma, addirittura, spropositata nella particolare materia degli appalti pubblici, appare confliggente con i principi di livello comunitario;
i motivi di doglianza riguardano essenzialmente i molteplici profili di illegittimità costituzionale degli articoli 41 e 53 del presente decreto-legge nelle parti in cui modificano rispettivamente l'articolo 26 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 e l'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, che, come è noto, fissa gli importi del contributo unificato.
Questi i principali motivi di incostituzionalità del decreto legge in esame:
risulta violato il diritto alla difesa sancito dall'articolo 24 della Costituzione, perché si subordina l'utilizzo di uno strumento essenziale di difesa in giudizio, alla capacità economica del controinteressato, il cui volume di affari diviene pertanto il limite alla sua difesa in giudizio;
è violato l'articolo 3 della Costituzione, il quale sancisce il principio di eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, in quanto le norme in questione precludono ai meno abbienti di poter proporre validamente le proprie ragioni in sede giudiziaria, dando luogo ad una grave disparità di trattamento tra i cittadini;
inoltre, ancora con riferimento all'articolo 3 della Costituzione, si condizionano impropriamente anche le strategie processuali – specie per i ricorsi incidentali – dei difensori, i quali si ritrovano costretti a limitare l'uso degli strumenti difensivi previsti dal Codice del processo amministrativo, stante l'incapacità dei propri assistiti di sopportare così rilevanti sacrifici economici;
risulta violato anche l'articolo 53 della Costituzione, ai sensi del quale «tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività»: l'articolo 53 del decreto in oggetto, tuttavia, non prevede un meccanismo di tassazione progressivo, che preveda l'aumento o la diminuzione dell'importo del contributo unificato a seconda della consistenza del reddito tassabile;
risulta violato l'articolo 113 della Costituzione, che, stabilendo che la tutela giurisdizionale «contro gli atti della Pubblica Amministrazione è sempre ammessa», sancisce un principio teso ad assicurare la pienezza della tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione: va da sé, evidentemente, che l'imposizione del versamento del contributo unificato limita fortemente l'utilizzo delle azioni processuali previste dal Codice del processo amministrativo;
la previsione dell'articolo 11 rischia di violare gli articoli 81 e 97 della Costituzione, atteso che alcuni enti locali, a seguito delle verifiche ordinarie svolte dalla Corte dei conti, avrebbero superato il vincolo generale relativo all'incidenza delle spese di personale su quelle correnti. Ciò potrebbe celare il tentativo di stabilizzare personale dirigenziale assunto in violazione dei predetti limiti;
infine, risultano violati, ex articolo 117, primo comma, della Costituzione, i vincoli derivanti dagli articoli 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, i quali sanciscono rispettivamente il diritto ad un processo equo e ad un ricorso effettivo: un contributo così gravoso, infatti, impedisce l'esercizio di tali diritti,
delibera
di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2486.
N. 2. Colletti, Nuti, Bonafede, Sarti, Businarolo, Agostinelli, Ferraresi, Turco, Tripiedi, Baldassarre, Cominardi, Rizzetto, Ciprini, Rostellato, Bechis, Chimienti.
La Camera,
premesso che:
il decreto-legge 24 giugno n. 90, recante «Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l'efficienza degli uffici giudiziari», si compone di 54 articoli, divisi in quattro diversi Titoli: misure urgenti per l'efficienza della P.A. e per il sostegno dell'occupazione, interventi urgenti di semplificazione; misure urgenti per l'incentivazione della trasparenza e correttezza delle procedure nei lavori pubblici; misure per lo snellimento del processo amministrativo e l'attuazione del processo civile telematico;
il testo presenta quindi un contenuto estremamente vasto e articolato, recando un insieme di misure che incidono su materie diverse, tra cui: pubblico impiego, organizzazione della pubblica amministrazione, autorità indipendenti, appalti pubblici, attività delle imprese appaltanti oggetto di indagine, poteri dell'Autorità nazionale anticorruzione, organizzazione degli uffici giudiziari, processo amministrativo digitale, Expo 2015;
da quanto sopra richiamato si evince la totale disorganicità ed eterogeneità del contenuto del decreto, nonché l'assenza dei presupposti di necessità ed urgenza chiaramente sanciti dall'articolo 77 della Costituzione: pertanto il testo in esame si pone in contrasto con quanto stabilito dalla Costituzione in materia di decretazione d'urgenza;
il rilievo del criterio di omogeneità nel contenuto costituisce uno dei perni fondamentali sui quali la Corte costituzionale ha da ultimo fondato i percorsi argomentativi legati alla verifica del rispetto degli indispensabili requisiti di straordinaria necessità e urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione per la legittima adozione dei decreti-legge;
in particolare con la sentenza n. 22 del 2012, la Corte costituzionale ritiene tout court illegittimo il decreto-legge qualora il suo contenuto non rispetti, il vincolo della omogeneità. Vincolo che la Corte ritiene implicitamente previsto dall'articolo 77 della Costituzione, ed esplicitato dall’ articolo 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Quest'ultima disposizione, infatti, «là dove prescrive che il contenuto del decreto-legge «deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo», pur non avendo, in sé e per sé, rango costituzionale, e non potendo quindi assurgere a parametro di legittimità in un giudizio davanti a questa Corte, costituisce esplicitazione della ratio implicita nel secondo comma dell'articolo 77 della Costituzione, il quale impone il collegamento dell'intero decreto-legge al caso straordinario di necessità e urgenza, che ha indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del Parlamento»;
a ulteriore supporto di tale tesi, anche nella sentenza n. 220 del 2013, la Corte torna ad evocare la previsione generale di cui all’ articolo 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, per la quale il decreto-legge deve contenere «misure di immediata applicazione», che, pur non avendo, sul piano formale, rango costituzionale, esprime ed esplicita ciò che deve ritenersi intrinseco alla natura stessa del decreto-legge, che pertanto, come evidenziato, presenterebbe un vizio causale non superabile nemmeno alla luce delle addotte esigenze di generare risparmi di spesa, perché il decreto-legge come strumento non è adeguato «a realizzare una riforma organica e di sistema, che non solo trova le sue motivazioni in esigenze manifestatesi da non breve periodo, ma richiede processi attuativi necessariamente protratti nel tempo, tali da poter rendere indispensabili sospensioni di efficacia, rinvii e sistematizzazioni progressive, che mal si conciliano con l'immediatezza di effetti connaturata al decreto-legge, secondo il disegno costituzionale»;
è evidente quindi come il Governo abbia erroneamente utilizzato lo strumento del decreto-legge, anche se in nome dell’«obiettivo di risparmio e di perequazione perseguito con l'intera riforma», obiettivo che sicuramente non può costituire il presupposto di necessità ed urgenza di cui all'articolo 77 della Costituzione;
entrando nel merito delle disposizioni, vale la pena in questa sede citare la norma introdotta all'articolo 11, in merito al personale delle regioni e degli enti locali; tale disposizione, che aumenta fino ad un terzo la possibilità per regioni ed enti locali di assumere dirigenti dall'esterno, con una «selezione pubblica» non meglio specificata, crea i presupposti per una futura stabilizzazione in violazione palese e discriminatoria nei confronti dell'amministrazione centrale, e di quanto disposto dall'articolo 97 della Costituzione in materia di concorso pubblico. Inoltre, viene confermata la possibilità di incarichi nelle dirette collaborazioni dei sindaci a prescindere dal titolo di studio, contraddicendo ogni regola di buon senso e di meritocrazia (e sicuramente lontana da quel principio di imparzialità di cui all'articolo 97 della Costituzione);
la disposizione di cui all'articolo 9, che riduce gli onorari degli avvocati dello Stato, introduce un'odiosa disparità di trattamento tra le varie categorie di avvocati dipendenti nell'ambito della pubblica amministrazione poiché ne vieta espressamente l'applicazione agli avvocati degli altri enti pubblici e degli enti territoriali in palese violazione del principio di eguaglianza dell'articolo 3 della Costituzione (ancora un vantaggio ingiustificato ai comuni);
inoltre, l'articolo 18, che sopprime (con decreto-legge, quindi) le sezioni staccate dei Tribunali amministrativi regionali, è una vera barbarie giuridica in quanto adottata senza alcuna preventiva istruttoria in ordine al carico di lavoro delle sezioni ed al costo di funzionamento. I dati ufficiali avrebbero potuto, ove consultati, portare ad un risultato di reale razionalizzazione a beneficio dell'organizzazione della giustizia e quindi, in ultima analisi, dei cittadini che ne sono gli utenti. Di seguito i numeri più significativi: la sezione staccata di Salerno, ad esempio, ha introitato ben 2431 ricorsi nel 2013 ed è al sesto posto (su 29 TAR) per volume di contenzioso; il numero di ricorsi decisi nello stesso anno è di 4554. Le spese di gestione sono irrilevanti, atteso che l'edificio è demaniale mentre lo spostamento al TAR di Napoli verrebbe a costare all'erario una cifra importante (peraltro né prevista né quantificata in violazione dell'articolo 81 della Costituzione) in termini di affitto di locali (non essendo sufficiente la sede di Napoli), di informatizzazione, di trasloco. Questo identico discorso vale per tutte le altre sedi staccate, come quella di Lecce, che ha un'utenza che copre ben tre province (Brindisi, Lecce e Taranto); nel 2013 sono stati depositati 2.286 ricorsi, a fronte dei 1.727 di Bari; nel 2014, i ricorsi sono già 1.403, contro i 770 di Bari (praticamente il doppio). Inoltre, quanto a smaltimento dell'arretrato, la sezione di Lecce è molto più veloce del TAR di Bari, e i costi di funzionamento sono molto più bassi: per Bari si parla di un milione di euro per il costo della sede; Lecce paga solo 25.000 euro all'anno di locazione alla Provincia, affitto riferito ad una piccola parte dell'immobile (ufficio accettazione e archivio), perché tutto il resto è un bene demaniale;
il decreto-legge in esame contiene quindi norme di natura ordinamentale (estranee quindi al contenuto proprio del decreto-legge), e del tutto irrazionali, persino dannose per l'efficienza della pubblica amministrazione, dettate da spinte demagogiche e corporative come quelle che ridistribuiscono il potere dal centro alla periferia creando nei comuni delle ingiustificate zone d'ombra in cui è possibile eludere norme costituzionali, come per esempio il citato obbligo di assunzione tramite concorso dei dipendenti pubblici (articolo 97 della Costituzione). È evidente infatti come il decreto preveda un doppio binario: restrizione per le amministrazioni statali e maggiori possibilità per regioni ed enti locali. Per questi ultimi la possibilità di assumere sale, negli anni 2014 e 2015, al 60 per cento delle cessazioni, contro un 20 per cento delle amministrazioni statali: una differenza che non si spiega con motivazioni oggettive;
il «ricambio generazionale» di cui all'articolo 1 si concretizza nell'abrogazione del trattenimento in servizio, peraltro corretta per alcune categorie, senza attivare altri istituti e senza dare risposte ai tanti che attendono le assunzioni. Se si considera che i trattenimenti in servizio sono circa 1200 l'anno, e che di questi la metà sono per i magistrati (per i quali l'abolizione varrà dal 1o gennaio 2016), è facile dedurre che non ci sarà nessuna staffetta generazionale,
delibera
di non procedere all'esame del disegno di legge n. 2486.
N. 3. Brunetta, Palese.
INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
Intendimenti in ordine dell'aggiornamento delle linee guida in materia di procreazione medicalmente assistita, alla luce della recente sentenza n. 162 del 2014 della Corte costituzionale – 3-00911
NICCHI, FRATOIANNI, PALAZZOTTO, COSTANTINO, DURANTI, PANNARALE, PELLEGRINO e RICCIATTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la Corte costituzionale, con sentenza del 9 aprile 2014, n. 162, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge n. 40 del 2004 in materia di «procreazione medicalmente assistita», relativamente alla parte della medesima legge nella quale si vieta di ricorrere alla donazione di gameti (ovociti o spermatozoi) esterni alla coppia per concepire un figlio;
con detta sentenza, della legge n. 40 del 2004 rimane sempre meno, dal momento che i progressivi interventi hanno in parte smontato l'impianto della legge e dichiarato illegittimi i punti più «ideologici»;
a seguito della sentenza, sia i centri pubblici che quelli privati possono eseguire tecniche di fecondazione con donazione di ovociti e spermatozoi esterni alla coppia. Diventa, quindi, lecita sia l'ovodonazione che la donazione di seme;
attualmente si stimano in 9 mila le coppie infertili disponibili ad avere un figlio con la fecondazione eterologa;
la legislazione italiana dà, quindi, una possibilità per tutte quelle coppie che ora non saranno più discriminate e potranno ricevere tutte le cure e l'assistenza, senza doversi affidare, come spesso è avvenuto finora, a costosi «viaggi della speranza» all'estero;
subito dopo la sentenza della Corte costituzionale, il Ministro interrogato dichiarava: «L'introduzione della fecondazione eterologa nel nostro ordinamento è un evento complesso che difficilmente potrà essere attuato solo mediante decreti». E ancora: «Ci sono alcuni aspetti estremamente delicati che non coinvolgono solamente la procedura medica ma anche problematiche più ampie, come, ad esempio, l'anonimato o meno di chi cede i propri gameti alla coppia e il diritto a conoscere le proprie origini e la rete parentale più prossima (fratelli e sorelle) da parte dei nati con queste procedure. Sono questioni che non si può pensare di regolare con un atto di tipo amministrativo, ma necessitano una condivisione più ampia, di tipo parlamentare»;
è, quindi, indispensabile che il Governo si attivi per l'aggiornamento delle linee guida e per l'immediata operatività della sentenza, così da consentire alle tante coppie in attesa di poter realizzare un legittimo diritto;
la Corte costituzionale ha ribadito più volte, nella suddetta sentenza n. 162 del 2014, l'assenza di un vuoto normativo determinato dalla cancellazione del divieto di fecondazione eterologa e che le norme per regolamentare la donazione dei gameti sussistono sia nella legge n. 40 del 2004 che nella disciplina su tessuti e cellule già in vigore;
il nostro Paese è, quindi, ora nella condizione di poter rendere pienamente operativa anche questa pratica medica e i centri potranno, di fatto, predisporre tutte le iniziative necessarie per applicare le tecniche eterologhe con donatore esterno in attesa del recepimento dell'allegato III della direttiva n. 17 del 2006 riguardante la donazione di cellule riproduttive da soggetto diverso dal partner;
molte regioni comunque, in attesa delle decisioni del Ministero della salute, si stanno attivando per capire come regolare la materia e dare disposizioni ai centri pubblici –:
se non ritenga urgente provvedere, anche in conseguenza della sentenza della Corte costituzionale 9 aprile 2014, n. 162, all'aggiornamento delle linee guida di cui al decreto del Ministero della salute dell'11 aprile 2008 secondo le indicazioni della medesima sentenza n. 162 del 2014. (3-00911)
Iniziative per il ricorso alla fecondazione di tipo eterologo a seguito della recente sentenza n. 162 del 2014 della Corte costituzionale – 3-00912
LENZI, POLLASTRINI, ROBERTA AGOSTINI, ALBINI, AMATO, ARGENTIN, BENI, BIFFONI, PAOLA BRAGANTINI, BURTONE, CAPONE, CARNEVALI, CASATI, D'INCECCO, FOSSATI, GELLI, GRASSI, MARZANO, MIOTTO, MURER, PATRIARCA, PICCIONE, SBROLLINI, SCUVERA, MARTELLA, ROSATO e DE MARIA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la Corte costituzionale chiarisce, nella sentenza n. 162 depositata martedì 10 giugno 2014, le ragioni che l'hanno portata nel mese di aprile 2014 a dichiarare incostituzionale il divieto italiano di avere figli effettuando la fecondazione utilizzando ovuli o spermatozoi di una persona esterna alla coppia;
il divieto di fecondazione eterologa contenuto nella legge n. 40 del 2004 è discriminante e illegittimo e il potere della Corte costituzionale «di dichiarare l'illegittimità costituzionale delle leggi non può trovare ostacolo nella carenza legislativa che, in ordine a dati rapporti, possa derivarne». Del resto, «nella specie sono identificabili più norme che già disciplinano molti dei profili di più pregnante rilievo, anche perché il legislatore, avendo consapevolezza della legittimità della procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo in molti Paesi d'Europa, li ha opportunamente regolamentati, dato che i cittadini italiani potevano (e possono) recarsi in questi ultimi per fare ad essa ricorso, come in effetti è accaduto in un non irrilevante numero di casi»;
le ragioni che hanno spinto la Corte costituzionale a schierarsi dalla parte dell'eterologa risiedono nel fatto che la formazione di una famiglia, che include la scelta di avere figli, costituisce un diritto fondamentale della coppia, rispondente ad un interesse pubblico riconosciuto e tutelato dalla Costituzione. Del resto, si ricorda nella sentenza, obiettivo della legge n. 40 del 2004 è favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dall'infertilità della coppia e, quindi, il divieto stabilito dall'articolo 4, comma 3, della legge sarebbe discriminatorio ed irragionevole, in quanto tratterebbe in modo opposto coppie con limiti di procreazione, risultando differenziate solo in virtù del tipo di patologia che affligge l'uno o l'altro dei componenti della coppia;
sarebbe, inoltre, violato l'articolo 32 della Costituzione perché il divieto in esame lederebbe l'integrità «psichica e fisica» delle coppie con più gravi problemi di sterilità o infertilità e, ricorda la Corte costituzionale, il benessere psichico, al pari di quello fisico, rientra nella nozione di «salute» sancita dall'Organizzazione mondiale della sanità;
tuttavia, precisa la Corte costituzionale, «l'accoglimento delle questioni, in coerenza con il petitum formulato dai rimettenti, comporta l'illegittimità del divieto in esame, esclusivamente in riferimento al caso in cui sia stata accertata l'esistenza di una patologia che sia causa irreversibile di sterilità o infertilità assolute»;
in relazione al numero delle donazioni, poi, la Corte costituzionale sollecita «un aggiornamento delle linee guida, eventualmente anche alla luce delle discipline stabilite in altri Paesi europei (quali, ad esempio, la Francia e il Regno Unito), ma tenendo conto dell'esigenza di consentirle entro un limite ragionevolmente ridotto» –:
alla luce delle motivazioni sopra esposte, quali misure urgenti il Ministro interrogato intenda assumere affinché il diritto alla fecondazione di tipo eterologo, riconosciuto legittimo dalla Corte costituzionale, possa essere concretamente esercitato dalle coppie che ne facciano richiesta. (3-00912)
Chiarimenti in merito ai costi sostenuti per le cure sanitarie degli immigrati entrati in Italia dall'inizio dell'operazione Mare Nostrum e alla dotazione di strumenti idonei per la tutela sanitaria degli operatori – 3-00913
RONDINI, GIANCARLO GIORGETTI, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, MATTEO BRAGANTINI, BUSIN, CAON, CAPARINI, FEDRIGA, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MARCOLIN, MOLTENI, GIANLUCA PINI, PRATAVIERA e SIMONETTI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
da notizie di stampa si apprende come dieci poliziotti siano risultati positivi alla tubercolosi, di cui uno ha contratto l'infezione;
le cronache riportano che gli stessi erano equipaggiati con mascherine senza filtri di carbonio, inadatte a proteggere l'operatore se ci si trova davanti ad un immigrato con la tubercolosi tra i 60 mila, il numero di quelli salvati dai barconi della speranza, nei primi 6 mesi dell'anno, 10 volte di più rispetto allo stesso periodo nel 2013;
inoltre, da settimane con l'accrescere degli arrivi di immigrati nei centri di accoglienza del Paese si susseguono gli allarmi sanitari in seguito alla scoperte di ulteriori diverse patologie infettive cui sono portatori;
gli allarmi più pressanti riguardano casi di scabbia;
inoltre, come noto, nelle zone di provenienza dei nuovi immigrati vi è una presenza elevata dei ceppi del bacillo della tubercolosi multiresistente alla terapia antibiotica, oltre che di casi di infezione di hiv e di altre temibili malattie infettive;
lo stesso sindaco di Roma Marino ha scritto al Ministro Angelino Alfano e al Ministro interrogato, esprimendo la sua preoccupazione per le condizioni «igienico-sanitarie» e per la mancanza di controlli e assistenza agli immigrati che stanno giungendo in Italia e nella capitale;
secondo quanto riferito dal Ministro dell'interno e dal Ministro interrogato, buona parte degli immigrati sbarcati sono sottoposti a visite e cure sanitarie –:
se il Ministro sia a conoscenza dei costi sostenuti per le visite e la cura degli immigrati entrati nel nostro Paese dall'inizio dell'operazione Mare Nostrum, riferendo se negli stessi capitoli di spesa siano previsti tutti gli strumenti idonei per la tutela sanitaria degli agenti che devono fronteggiare l'emergenza al fine di evitare che si ripetano altri casi di contagio. (3-00913)
Chiarimenti in merito ai contenuti ed ai tempi per l'adozione e l'attuazione del patto per la salute 2014-2016 – 3-00914
CALABRÒ. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
è notizia di questi giorni che, a seguito di programmati confronti, sia di natura tecnica che politica, tra il Ministero della salute e le regioni, è stato messo a punto il nuovo patto per la salute per il triennio 2014-2016;
nella giornata di giovedì scorso 26 giugno 2014 il nuovo patto per la salute 2014-2016 è stato presentato agli assessori alla sanità di tutte le regioni, presso il Ministero della salute;
dagli articoli di stampa, riferiti anche ad anticipazioni che il Ministro interrogato ha reso presso le competenti commissioni parlamentari nel corso di specifiche audizioni, è emerso che gli obiettivi fondamentali perseguiti dal nuovo patto per la salute sono la certezza dei budget delle regioni e l'individuazione di misure di spending review, che consentono l'individuazione di risparmi certi da reinvestire all'interno del servizio sanitario nazionale;
si apprende che nell'ambito del nuovo patto per la salute, dopo un lungo e imbarazzante intervallo di tempo a scapito degli assistiti, saranno finalmente aggiornati i livelli essenziali di assistenza, nonché il nomenclatore tariffario per le protesi e gli ausili, fermo dal 1999;
si apprende, inoltre, che sempre nell'ambito del nuovo patto per la salute, sarebbe stato trovato l'accordo per il provvedimento che razionalizza i posti letto ospedalieri, già previsto dall'articolo 15, comma 13, lettera c), del decreto-legge n. 95 del 2012, cosiddetto spending review, e non ancora emanato –:
se il Ministro interrogato intenda confermare l'attendibilità delle anticipazioni emerse dagli articoli di stampa, sopra sintetizzate, con particolare riferimento alla certezza delle risorse finanziarie, nell'arco del triennio considerato, da destinare all'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza e del nomenclatore tariffario per le protesi e gli ausili, nonché fornire notizie sullo stato di avanzamento del provvedimento che riorganizza gli standard per l'assistenza ospedaliera e territoriale e, da ultimo, se intenda dare assicurazioni circa i tempi dell'adozione e dell'attuazione del nuovo patto per la salute valido per l'arco temporale 2014-2016. (3-00914)
Tempi di adozione del decreto interministeriale di riparto del fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli – 3-00915
PIAZZONI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
con il decreto-legge n. 102 del 2013 è stato introdotto nella legislazione italiana il concetto di morosità incolpevole con riferimento agli affittuari di immobili che non riescono a pagare il canone di locazione a causa di intervenute difficoltà economiche e familiari. L'articolo 6, comma 5, del decreto citato ha, infatti, istituito, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli, con una dotazione pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015;
il successivo decreto-legge n. 47 del 2014 ha stabilizzato la dotazione del fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli per gli anni a seguire fino al 2020, incrementando, inoltre, le risorse e prevedendo, nello specifico, per il 2014, 15,73 milioni di euro aggiuntivi;
questi stanziamenti, necessari a dare una prima risposta alla perdurante situazione di emergenza abitativa che opprime il Paese – di cui un aspetto centrale è rappresentato dalle difficoltà delle famiglie nel pagamento dei canoni di locazione – rischiano di non trovare applicazione immediata a causa della mancata emanazione del decreto interministeriale di riparto. All'articolo 6, comma 5, del decreto-legge n. 102 del 2013 stabilisce, infatti, che le risorse citate in premessa sarebbero state ripartite tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e successivamente trasferite ai comuni, a seguito dell'emanazione di apposito decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano;
come denunciato dalle organizzazioni sindacali degli inquilini, il ritardo nella predisposizione del decreto di cui sopra potrebbe portare al mancato utilizzo delle risorse stanziate per l'anno 2014 pari a circa 35,73 milioni di euro;
considerando come i dati recenti sugli sfratti in Italia segnalino un numero di circa 70 mila sentenze per l'anno 2013 – di cui ben il 90 per cento dovute alla morosità – e che se il trend di questi ultimi anni non fosse bruscamente invertito si potrebbe giungere nel 2015 alla probabile cifra di 200 mila sentenze di sfratto per morosità, appare assolutamente necessario dare immediata attuazione a provvedimenti già approvati dal Parlamento, che a causa di tempi burocratici inspiegabilmente lunghi rischiano di perdere efficacia –:
quali iniziative urgenti il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere al fine di adottare il regolamento interministeriale citato in premessa, così che possano essere impegnate al più presto le risorse, stanziate per l'anno 2014, del fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli. (3-00915)
Iniziative per l'ammodernamento e la messa in sicurezza delle strade statali 96 e 172 in Puglia – 3-00916
MATARRESE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la regione Puglia ha impegnato 15 milioni di euro per l'allargamento della strada statale 172 in Puglia, nella provincia di Brindisi, nel tratto tra Fasano e Laureto per la progettazione ed i lavori di allargamento e messa in sicurezza di un tratto di strada di 6 chilometri;
sono a rischio circa 100 milioni di euro di finanziamento, che rientrano nel programma operativo nazionale reti e mobilità 2007-2013 dell'Anas coperti da finanziamenti comunitari, per il raddoppio della strada statale 96 in Puglia, nella provincia di Bari, opera per la quale sono stati già ultimati da un anno gli iter di gara e sono state effettuate le consegne dei lavori alle imprese aggiudicatarie. In dettaglio sono bloccate le opere relative all'ammodernamento di due tratti della strada statale 96 tra Bari ed Altamura: il tronco Gravina-Bari, compresa la variante di Palo del Colle, ed il tratto tra la fine della variante di Altamura e l'inizio della variante di Toritto (2o stralcio);
la strada statale 172 dei Trulli è interessata da un rilevante traffico viario perché collega nel suo tracciato importanti città della provincia di Bari, di particolare interesse storico, turistico e produttivo, quali Casamassima, Turi, Putignano, Alberobello, Locorotondo, Martina Franca, ed arriva fino a Taranto attraversando la Valle d'Itria;
ancora oggi la strada statale 172 dei Trulli ha dei tratti che costituiscono un rischio per l'incolumità degli automobilisti, come riprovato dal susseguirsi di incidenti stradali anche verificatisi di recente, che hanno spesso registrato vittime, come successo alcuni anni fa nel tratto sopra indicato tra Fasano e Laureto;
tale circostanza ha motivato lo stanziamento dei fondi e la programmazione della progettazione dei lavori di messa in sicurezza della strada che continuano a non avere inizio a causa del ripetuto rinvio della propedeutica conferenza di servizi;
da quanto si evince dagli articoli di stampa ed in ultimo dall'articolo de La Gazzetta del Mezzogiorno del 27 giugno 2014, sembrerebbe che la strada statale 172 sia in più punti in stato di degrado e, quindi, in condizioni di maggiore pericolosità, in quanto, ormai, non viene interessata da interventi di manutenzione periodica probabilmente a causa dei lavori programmati e non ancora iniziati;
secondo quanto denunciato dagli organi di stampa, sembrerebbe che il 17 giugno 2014 sia stata rinviata, ancora una volta, la conferenza di servizi specificatamente convocata per la strada statale 172, che ha registrato la sola presenza dei rappresentanti di Anas e Snam e l'assenza di tutti i rappresentanti degli enti convocati, quali la regione Puglia con i sette uffici preposti (pianificazione paesaggistica, urbanistica, lavori pubblici, ecologia, foreste ed agricoltura), la provincia di Brindisi, il comune di Fasano, la soprintendenza di Brindisi, Lecce e Taranto, l'autorità di bacino, l’Enel, la Telecom. Quanto sopra si evincerebbe dal verbale di conferenza di servizi sottoscritto dal provveditorato generale delle opere pubbliche;
il raddoppio della strada statale 96 sembrerebbe, in base a quanto riportato dagli organi di stampa, ancora non avere inizio, nonostante i lavori siano stati già appaltati, a causa della non avvenuta emissione dei pareri da parte dell'Arpa al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (sui nidi dei chiricotteri) e della soprintendenza in merito allo spostamento del tracciato in corrispondenza del Casino Nitti e la Torre di San Vincenzo, oggetto di vincoli e di richieste di documentazione integrativa già consegnata da tempo dall'Anas alla stessa soprintendenza;
sono molti gli articoli di stampa che raccolgono le proteste legittime dei cittadini dei comuni interessati dalle viabilità in questione, che pare abbiano denunciato più volte agli organi competenti, senza avere alcun significativo riscontro, le problematiche correlate sia allo stato di dissesto delle strade e alle situazioni di pericolo derivanti, che alla necessità di dare inizio con urgenza ai lavori programmati per il miglioramento della funzionalità e sicurezza dei collegamenti stradali in questione;
lo stato attuale dei tratti della strada statale 96 e della strada statale 172, interessati dai lavori e dai finanziamenti programmati cui si è fatto innanzi riferimento, continua a determinare una situazione di rischio e, quindi, di possibilità di incidenti e vittime;
in un momento di crisi quale l'attuale non è consentito di porre a grave rischio di revoca sia decine di milioni di finanziamenti comunitari che rilevanti investimenti statali per opere infrastrutturali che creano lavoro e occupazione e mettono in sicurezza la viabilità nell'interesse dei cittadini;
non è accettabile che il grave danno cui viene assoggettata la collettività dallo stato di fatto innanzi rappresentato sia determinato dall'inadempimento e dall'operato, senza alcun rispetto dei tempi, da parte delle pubbliche amministrazioni interessate, alle quali si chiede, soprattutto in tema di investimenti pubblici, solerzia nell'azione, efficacia ed efficienza –:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative intenda adottare affinché siano eliminati tutti gli impedimenti procedurali e burocratici all'utilizzo delle risorse stanziate per la strada statale 96 nei tratti innanzi indicati e per la strada statale 172 nel tratto Fasano-Laureto, per dare quindi effettivo inizio, in tempi brevi, ai lavori già appaltati ed alle attività allo scopo necessarie e affinché siano garantite le condizioni di funzionalità e di sicurezza dei suddetti tratti stradali, tramite il ripristino della manutenzione ordinaria programmata. (3-00916)
Intendimenti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in relazione alla permanenza dell'ingegner Ercole Incalza a capo della struttura tecnica di missione – 3-00917
DELL'ORCO, DI BATTISTA, NICOLA BIANCHI, LIUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, CRISTIAN IANNUZZI, SPESSOTTO e DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
dalle recenti inchieste della procura di Venezia sui fenomeni corruttivi legati agli appalti per la realizzazione della costruzione del Mose sono emersi come coinvolti alcuni funzionari del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
tra costoro vi è l'ingegner Ercole Incalza, il quale, seppur non indagato, sembra essersi attivato tra il 2011 ed il 2013 per ottenere la nomina di Paolo Emilio Signorini alla guida del magistrato delle acque (istituto periferico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che svolge un ruolo rilevante sia di controllo e vigilanza sulla realizzazione delle opere, nonché di rilascio di tutta una serie di autorizzazioni);
da alcune intercettazioni riportate dagli organi di stampa, emerge che il 24 maggio 2013 l'ingegner Incalza avrebbe contattato il presidente del Consorzio Venezia Nuova, dottor Mazzacurati, per discutere della nomina del magistrato alle acque e proporre la candidatura a presidente di Signorini;
sempre dagli organi di stampa si apprende che il 12 giugno 2014 la segretaria dell'ingegner Incalza, Ornella Malusa, avrebbe contattato Mazzacurati per avvisarlo del tentativo dell'ingegner Incalza di mettersi in contatto con lui ed informarlo che, nonostante Incalza fosse sempre con il Ministro, la proposta di nomina di Signorini sembrava essere decaduta e che al suo posto sarebbe stato nominato Fabio Riva, il quale, sempre da intercettazioni riportate, sembrerebbe persona non gradita da Mazzacurati;
l'ingegner Ercole Incalza lavora da oltre 30 anni in veste di consulente presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e anche presso altri Ministeri e dal 2008 riveste il ruolo di capo della struttura tecnica di missione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
la struttura tecnica di missione – istituita ai sensi dell'articolo 163 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 – operando alle dirette dipendenze del Ministro, rappresenta uno degli organismi chiave all'interno del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e si articola in tre servizi, ovvero nel settore tecnico, nel settore giuridico e nel servizio per l'alta sorveglianza delle grandi opere;
tale struttura si occupa dell'istruttoria e della funzione di supporto alle attività del Cipe, Comitato interministeriale per la programmazione economica, le cui delibere danno il via all'erogazione dei finanziamenti delle grandi opere;
di recente il conferimento dell'incarico all'ingegner Incalza alla guida della struttura tecnica, ai sensi dell'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, è stato riconfermato dal Ministro interrogato fino al 31 dicembre 2014, con un compenso annuo pari ad euro 136.000;
in particolare, l'avviso pubblico di selezione del 28 ottobre 2013, recante la firma di Paolo Emilio Signorini, capo del dipartimento per le infrastrutture, gli affari generali ed il personale, richiedeva esperienze lavorative decennali in posizioni simili, delle quali solo il candidato, nonché già capo del dipartimento, ingegner Incalza risultava essere in possesso;
l'ammissibilità delle domande e la valutazione dei curricula è stata effettuata da una commissione nominata sempre dal dottor Paolo Emilio Signorini, che, seppur non indagato, risulta aver avuto relazioni con gli indagati e, in particolare, con Mazzacurati;
dall'ordinanza del giudice per le indagini preliminari di Venezia, Alberto Scaramuzza, emerge che «la persona di cui il Mazzacurati aveva caldeggiato la nomina (Signorini) aveva ricevuto in precedenza dei benefit (Mazzacurati, attraverso il Consorzio Venezia Nuova, ha offerto al Signorini un “presente” costituito dal pagamento integrale di una vacanza del Signorini e del suo intero gruppo familiare in Toscana) dal Consorzio Venezia Nuova mentre l'altra persona (Riva) era considerata ostile»;
l'ingegner Incalza, seppur mai condannato, risulta essere stato indagato in ben 14 procedimenti penali, per alcuni dei quali la sentenza di assoluzione è stata determinata dal decorso del termine di prescrizione;
l'ingegner Incalza risulta essere stato anche rinviato a giudizio con l'accusa di corruzione in atti giudiziari per aver corrotto il sostituto procuratore di Roma, Giorgio Castellucci, responsabile dell'iscrizione al registro degli indagati dell'ingegner Incalza per abuso d'ufficio, nel tentativo di ottenere l'archiviazione;
i magistrati del tribunale di Perugia, il 7 febbraio 1998, hanno autorizzato l'arresto, da un lato, del pubblico ministero Castellucci, accusandolo di essersi fatto corrompere insieme all'altro magistrato romano Renato Squillante, e, dall'altro lato, dei presunti corruttori, ovvero dell'ingegner Incalza, del presidente di Enichem, poi di Enimont e amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato fino al 1996, dottor Lorenzo Necci, e del dottor Chicchi Pacini Battaglia, faccendiere già condannato a sei anni di reclusione per appropriazione indebita nell'inchiesta sui fondi neri dell’Eni. Secondo le accuse, questi ultimi avrebbero conferito degli incarichi di consulenza a tre avvocati vicini ai due magistrati romani (Astolfo Di Amato, Fiorenzo Grollino e Marcello Petrelli, anche loro arrestati);
in merito a questo procedimento Incalza ha ottenuto una sentenza di assoluzione per intervenuta prescrizione nel gennaio 2007;
l'attuale capo della struttura tecnica di missione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha subito un procedimento penale per truffa aggravata sull'alta velocità, che tra gli imputati annoverava anche l’ex senatore di Forza Italia Luigi Grillo, gli imprenditori Marcellino Gavio e Bruno Binasco (già protagonista di Mani pulite – condannato insieme a Primo Greganti per finanziamento illecito ai partiti – e poi lo sarà anche nel caso Penati): l'inchiesta della magistratura aveva ad oggetto le procedure con le quali per quattro anni e mezzo sono stati erogati finanziamenti pubblici (per un ammontare di circa cento miliardi di lire), destinati al completamento dell’iter progettuale della linea ferroviaria ad alta velocità Tortona/Novi Ligure-Genova, conosciuta anche come Terzo valico dei Giovi, o più semplicemente come Terzo valico;
il 6 febbraio 2006 il giudice per l'udienza preliminare genovese Roberto Fucigna ha definito il giudizio con un provvedimento di «non luogo a procedere per intervenuta prescrizione» (solo due mesi dopo l'entrata in vigore della «ex Cirielli» che è intervenuta abbassando i termini prescrizionali);
l'ingegner Incalza, come riportato da organi di stampa, risulta indagato per «associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e abuso di ufficio» in merito agli appalti per la costruzione del Tav di Firenze;
in particolare, secondo la procura di Firenze, «Mele (Giuseppe, funzionario del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) e Incalza (Ercole) quali associati che portavano un rilevante contributo agli obiettivi della associazione, in quanto dirigenti dell'unità di missione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti a cui faceva riferimento l'appalto Tav di Firenze, si attivavano per attestare falsamente che l'autorizzazione paesaggistica non era scaduta e che i lavori erano iniziati entro i cinque anni e che successivamente attestavano che le varianti al progetto non erano essenziali anche con riferimento al monumento storico della Fortezza da Basso»;
nella stessa inchiesta, tra le altre cose, si sta cercando di fare chiarezza non solo sui materiali utilizzati per la costruzione della galleria – in quanto i magistrati ritengono che siano stati usati materiali scadenti ed addirittura prodotti pericolosi e non conformi alle specifiche contrattuali – ma anche sulla ditta responsabile per lo smaltimento dei fanghi e dei rifiuti, che sembrerebbe soggetta a infiltrazioni mafiose poiché incredibilmente legata al clan dei Casalesi;
nell'indagine condotta dai magistrati fiorentini risultano essere coinvolte anche le cosiddette cooperative rosse, oltre che Maria Rita Lorenzetti, ex presidente della Regione Umbria (Partito democratico) e presidente dell’Italferr (società di progettazione del gruppo Ferrovie dello Stato), alla quale vengono contestati l'abuso di ufficio, l'associazione a delinquere e la corruzione, poiché avrebbe svolto la sua attività «nell'interesse e a vantaggio della controparte Nodavia e Coopsette (soggetti appaltanti) mettendo a disposizione dell'associazione le proprie conoscenze personali i propri contatti politici e una vasta rete di contatti, grazie ai quali era in grado di promettere utilità ai pubblici ufficiali avvicinati, e conseguendo, altresì, incarichi professionali nella ricostruzione del terremoto in Emilia in favore del coniuge»;
nonostante siano pubblici gli atti della magistratura che testimoniano un coinvolgimento dell'ingegner Incalza nelle vicende giudiziarie relative alla Tav di Firenze, in data 10 giugno 2014 il Ministro interrogato, in un'intervista rilasciata a Il Fatto Quotidiano, ha messo in dubbio il coinvolgimento dell'ingegner Incalza di cui in parola, ritenendo necessario fare ulteriori verifiche;
l'ingegner Incalza risulterebbe, inoltre, coinvolto, anche se non direttamente, in un affare immobiliare che ricorda molto quello della casa dell'ex Ministro Scajola;
come riportato da organi di stampa, l'architetto Zampolini, lo stesso che portò 80 assegni per acquistare la casa dell'ex Ministro Scajola nel 2004, avrebbe corrisposto 820 mila euro, di cui 520 mila euro in assegni circolari e 300 mila euro in assegni bancari, per pagare una casa vicino a Piazza del Popolo a Roma, intestata al genero dell'ingegner Incalza e per la quale quest'ultimo avrebbe corrisposto solo 390 mila euro –:
se il Ministro interrogato, stante quanto in premessa, consideri opportuna la permanenza dell'ingegner Ercole Incalza a capo della struttura tecnica di missione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e se non ritenga, dunque, appropriato procedere alla revoca dell'incarico conferito all'ingegner Incalza e, vista l'importanza della carica, al conferimento dello stesso ad un soggetto non coinvolto in procedimenti giudiziari per reati contro la pubblica amministrazione e che non sia mai stato assolto per intervenuta prescrizione. (3-00917)
Iniziative per la conclusione della trattativa tra Alitalia e Etihad – 3-00918
LAFFRANCO e PALESE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
nella saga interminabile della trattativa e degli annunci di accordi tra Alitalia e Etihad, le due compagnie hanno dichiarato di aver trovato un accordo per l'ingresso degli arabi con il 49 per cento dell’Alitalia;
mancano, tuttavia, ancora due pilastri fondamentali: l'intesa tra Alitalia e sindacati sugli esuberi (sono 2.251 quelli richiesti da Alitalia e Etihad) e il consenso delle banche a cancellare 560 milioni di euro di debiti finanziari di Alitalia;
queste due condizioni sono state poste da tempo proprio dalla compagnia degli Emirati Arabi Uniti come premessa indispensabile al suo ingresso con il 49 per cento nell’Alitalia, conducendo all'inevitabile domanda su quale sia il significato dell'annuncio congiunto delle due compagnie, se cioè si tratti di un passaggio legale, una sorta di scambio di lettere per dire che vengono accettate le condizioni della trattativa, ma che il contratto finale è tutto ancora da scrivere;
l'impressione, quindi, è che nella sostanza questo annuncio sia un'offensiva mediatica per rassicurare le parti, compresi i passeggeri che comprano biglietti di una compagnia, Alitalia, che tra pochi mesi potrebbe fallire se non riceverà una nuova iniezione di capitali;
in questa partita finora c’è stata sempre poca trasparenza e la compagnia araba guidata da James Hogan non ha quasi mai fatto dichiarazioni, salvo lasciar trapelare una sorta di insofferenza per l'attesa di decisioni che dovevano (e devono ancora) essere prese nello schieramento italiano;
gli accordi imminenti tra i due vettori (fin da quando diceva «entro il mese di marzo»), che svariate volte il Ministro interrogato ha annunciato aver portato ad un punto di condivisione, dando seguito ad un (leggero) aumento dei voli intercontinentali di Alitalia da Fiumicino e da Malpensa, tuttavia non hanno ancora dato vita ad un piano industriale pubblico, neppure nel confronto con i sindacati sui tagli del personale;
è tuttavia trapelato, senza smentite, che nell'immediato l'intesa con Etihad prevede, oltre al taglio dei posti di lavoro, anche quello dei voli e della flotta, con la messa a terra di 11 aerei di Alitalia a medio raggio della famiglia Airbus 320;
l'ipotizzato incremento dei voli intercontinentali avverrà con gradualità a partire dal nuovo collegamento intercontinentale da Malpensa a Shanghai durante l'Expo 2015;
il Ministro interrogato ha perfino sostenuto che Etihad si impegnerà con 1,25 miliardi di euro, cioè 560 milioni per entrare nel capitale di Alitalia più altri 692 milioni per investimenti nella flotta nel 2014-2018, mentre in realtà Etihad impegnerà soltanto 560 milioni, perché il resto dei soldi, come hanno riferito i sindacati dopo i chiarimenti ottenuti dall'amministratore delegato di Alitalia, Gabriele Del Torchio, sono gli investimenti previsti da Alitalia (di cui Etihad diverrebbe socio al 49 per cento); pertanto, è sbagliato sommare le due voci perché sarebbe come contare due volte gli stessi soldi;
il Governo, che punta a chiudere la partita con i sindacati prima del 15 luglio 2014 per quanto riguarda gli esuberi, deve tuttavia sciogliere un nodo con le banche finanziatrici che potrebbe richiedere settimane;
Alitalia e Etihad affermano che «procederanno già dai prossimi giorni alla finalizzazione della documentazione contrattuale, che includerà le condizioni concordate», ma che, prima di concludere l'accordo definitivo, bisognerà definire l'intesa sugli esuberi;
l'ultimo incontro con i sindacati è stato un muro contro muro in cui la Filt-Cgil ha dichiarato che «sono inaccettabili 2.251 licenziamenti», mentre Etihad vorrebbe che gli esuberi lasciassero definitivamente la compagnia, non accettando i contratti di solidarietà o la cassa integrazione guadagni straordinaria a rotazione, ammortizzatori che al termine del periodo di crisi prevedono il riassorbimento dei lavoratori nell'azienda;
il Ministro interrogato ha incontrato il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti, riferendo la conferma da parte di Alitalia dell'esistenza di 2.251 esuberi e affermando che per questi il Governo sta valutando «l'esternalizzazione» di alcuni servizi e la «ricollocazione» di parte del personale nel territorio;
il Ministro interrogato aveva preannunciato un nuovo incontro con i sindacati che dovrebbe svolgersi oggi per fare il punto sulla vertenza Alitalia, aggiungendo che la deadline è il 15 luglio 2014, ma che si augura di raggiungere un accordo sugli esuberi di Alitalia prima di quella data, allo scopo di individuare le modalità con cui gestire i lavoratori licenziati –:
come il Governo intenda attivarsi per portare a conclusione la trattativa con la compagnia araba, garantendo la ricollocazione degli esuberi della compagnia di bandiera italiana sul territorio.
(3-00918)
Iniziative per garantire la continuità territoriale con riguardo allo Stretto di Messina – 3-00919
D'ALIA e SCHIRÒ. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la continuità territoriale tra Sicilia e Calabria è garantita dal servizio diretto di collegamento svolto dal consorzio Metromare dello Stretto, costituito nel 2008 da Rete ferroviaria italiana spa del gruppo Ferrovie dello Stato e Ustica lines spa e risultato vincitore della gara pubblica indetta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
come previsto dal bando di gara, che ha regolato il servizio con una durata triennale a fine giugno 2014 è scaduto sia il contratto che garantiva il collegamento attraverso il vettore controllato da Ferrovie dello Stato, sia quello diretto fra Messina e Reggio Calabria del quale si occupava la Ustica lines spa;
risulterebbe che una gara indetta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per assegnare il servizio di collegamento sia andata deserta per la mancata partecipazione di Ustica lines spa e di qualunque altro operatore, oltre che per errori nella presentazione dei documenti da parte di Blueferries;
conseguentemente, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti avrebbe avviato una proroga del servizio agli attuali gestori, che, però, alle condizioni economiche imposte dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, non garantirebbero il collegamento fra i due capoluoghi dello Stretto con le medesime corse, cancellando, di fatto, le sei doppie corse, quattro di mattina e due di pomeriggio, che finora venivano effettuate di sabato e domenica;
pur tamponando un'emergenza, questo accordo non garantisce la continuità territoriale nel week end come negli altri giorni della settimana, producendo un danno economico nel periodo di alta stagione turistica;
è necessario procedere in tempi brevi allo stanziamento di risorse adeguate e all'emissione del bando di gara per dare continuità a questo servizio oggi svolto da Metromare dello Stretto;
non risultano di pubblico dominio, inoltre, gli importi attualmente impiegati a sostegno della mobilità sullo Stretto di Messina, relativamente a merci, passeggeri e trasporto ferroviario, al fine di valutare la possibilità di una loro più efficiente gestione derivante da una virtuosa messa a sistema di tali risorse –:
se tali notizie corrispondano al vero e se non ritenga di affrontare in maniera strutturale e definitiva – con iniziative anche di tipo normativo, favorendo una più ampia partecipazione di operatori del settore e definendo anche condizioni tecniche che non riducano di fatto la platea dei vettori potenzialmente interessati – la problematica della continuità territoriale sullo Stretto che non può essere risolta con soluzioni temporanee e risorse inadeguate, atteso che è necessario garantire il diritto alla libera circolazione e mobilità delle migliaia di pendolari che quotidianamente, per motivi di studio o di lavoro, sono costretti a utilizzare il collegamento tra le due sponde senza dimenticare gli ingenti flussi stagionali legati al turismo dell'area. (3-00919)
Misure per garantire trasparenza e sostenibilità dei costi nel settore delle grandi opere – 3-00920
RAMPELLI e CORSARO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il settore delle grandi opere continua a tornare alle luci della ribalta per fenomeni di corruzione e spreco di denaro pubblico, come dimostrato da ultimo dalle inchieste legate alla realizzazione del sistema Mose a Venezia o alle irregolarità nella gestione degli appalti per l'Expo 2015;
in Italia, al contrario di quel che avviene negli organismi internazionali o in altri Paesi, non è richiesta alcuna valutazione terza delle analisi economiche e finanziarie effettuate sulle opere messe in preventivo al fine di determinarne la fattibilità;
secondo la Corte dei conti le grandi opere sono caratterizzate da straordinari livelli di penetrazione della malavita organizzata e da scarsa innovazione tecnologica, elementi ai quali va aggiunto il fatto che il settore ha ricadute occupazionali scarse in proporzione al denaro pubblico speso;
tutti questi fattori, uniti anche ai bassi livelli di utilizzazione di molte delle opere realizzate, hanno fatto sì che il settore dell'adeguamento infrastrutturale imperniato sulle grandi opere – che dovrebbe ridare slancio alla competitività tecnologica ed industriale del nostro Paese – si risolve, di fatto, in un notevole contributo alla crisi del bilancio pubblico italiano;
il presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione durante la sua recente audizione in Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici alla Camera dei deputati, parlando del rischio malaffare negli appalti delle grandi opere, ha stigmatizzato il sistema di aggiudicazione dei lavori secondo il metodo del massimo ribasso, dichiarando che se anche esso «appare il criterio più oggettivo», attraverso di esso e il meccanismo della concessione delle successive varianti d'opera con perizie specifiche, si fa salire il conto e si facilita il malaffare, consentendo «alle aziende che vincono di chiedere di più e fare lievitare i costi dell'opera, anche oltre il valore della base d'asta iniziale»;
altro grande problema nella realizzazione delle grandi opere è costituito dalle deroghe alle normative che regolano la concessione degli appalti, che, seppur concesse a fini di speditezza nella realtà, hanno meccanismi farraginosi e diminuiscono la trasparenza, aumentando i rischi di irregolarità –:
quali urgenti iniziative intenda assumere al fine di evitare lo spreco di denaro pubblico nel settore delle grandi opere, se del caso introducendo un meccanismo di valutazioni terze sulla fattibilità dell'opera e la sostenibilità dei costi, nonché implementando le procedure, semplificando le norme e aumentando i controlli e la trasparenza. (3-00920)
TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE: FEDRIGA E CAPARINI; MURER ED ALTRI; DAMIANO ED ALTRI; POLVERINI; FEDRIGA ED ALTRI; DI SALVO ED ALTRI; AIRAUDO ED ALTRI: MODIFICA ALLA DISCIPLINA DEI REQUISITI PER LA FRUIZIONE DELLE DEROGHE RIGUARDANTI L'ACCESSO AL TRATTAMENTO PENSIONISTICO (A.C. 224-387-727-946-1014-1045-1336-A)
A.C. 224-A – Parere della I Commissione
PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE
NULLA OSTA
sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1.
A.C. 224-A – Parere della V Commissione
PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE
Sul testo del provvedimento:
PARERE FAVOREVOLE
Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:
PARERE CONTRARIO
sugli emendamenti 1.1, 1.2, 1.3, 1.4, 1.5, 1.6, 1.8, 1.9, 1.10, 1.11, 1.100, 1.101, 1.102, 1.104, 1.105, 1.106, 2.12, 2.13, 2.14, 2.15, 2.17, 2.18, 2.19, 2.20, 2.21, 2.22, 2.23, 2.24, 2.25, 2.26, 2.27, 2.28, 2.29, 2.30, 2.31, 2.32, 2.33, 2.34, 2.35, 2.36, 2.37, 2.38, 2.39, 2.40, 2.41, 2.42, 2.43, 2.44, 2.45, 2.46, 2.47, 2.48, 2.49, 2.50, 2.51, 2.52, 2.53, 2.54, 2.56, 2.70, 2.100, 2.101, 2.102, 2.103, 2.104, 2.105, 2. 106, 2.107, 2.108, 3.59, 4.68, 4.69 e sugli articoli aggiuntivi 2.060, 2.061, 2.062, 2.063, 2.064, 2.065, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;
NULLA OSTA
sulle restanti proposte emendative.
A.C. 224-A – Articolo 1
ARTICOLO 1 DEL TESTO UNIFICATO DELLA COMMISSIONE
Art. 1.
(Modifiche all'articolo 22, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e all'articolo 11, comma 2, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124).
1. In considerazione del limitato utilizzo, ai fini dell'accesso al pensionamento secondo i requisiti e le decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, della salvaguardia di cui all'articolo 22, comma 1, lettera a), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, al medesimo articolo 22, comma 1, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'alinea, le parole: «ulteriori 55.000 soggetti» sono sostituite dalle seguenti: «ulteriori 35.000 soggetti»;
b) alla lettera a), le parole: «alla data del 4 dicembre 2011 gli stessi lavoratori ancora non risultino cessati dall'attività lavorativa e collocati in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni» sono sostituite dalle seguenti: «siano percettori, entro i quindici giorni successivi alla data di entrata in vigore della presente disposizione, del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria ai sensi dell'articolo 1 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, e il cui rapporto di lavoro cessi entro il 30 dicembre 2016 per il collocamento in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, ovvero siano cessati dall'attività lavorativa entro il 31 dicembre 2014 e collocati in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, i cui nominativi siano stati comunicati entro il 31 dicembre 2014 al Ministero del lavoro e delle politiche sociali secondo le modalità di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 8 ottobre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 17 del 21 gennaio 2012»;
2. All'articolo 1, comma 235, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e successive modificazioni, gli importi indicati al quarto periodo sono ridotti di 198 milioni di euro per l'anno 2016, 380 milioni di euro per l'anno 2017, 495 milioni di euro per l'anno 2018, 240 milioni di euro per l'anno 2019 e 35 milioni di euro per l'anno 2020.
3. Per effetto di quanto disposto al comma 1, lettera a), del presente articolo, è operata una corrispondente diminuzione nel contingente numerico indicato nella prima voce della tabella di cui all'articolo 6, comma 1, del decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 8 ottobre 2012, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 17 del 21 gennaio 2012.
4. In considerazione del limitato utilizzo, ai fini dell'accesso al pensionamento secondo i requisiti e le decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, della salvaguardia di cui all'articolo 11 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, al medesimo articolo 11, comma 2, le parole: «nel limite di 6.500 soggetti e nel limite massimo di 151 milioni di euro per l'anno 2014, di 164 milioni di euro per l'anno 2015, di 124 milioni di euro per l'anno 2016, di 85 milioni di euro per l'anno 2017, di 47 milioni di euro per l'anno 2018 e di 12 milioni di euro per l'anno 2019» sono sostituite dalle seguenti: «nel limite di 2.500 soggetti e nel limite massimo di 77 milioni di euro per l'anno 2014, di 83 milioni di euro per l'anno 2015, di 63 milioni di euro per l'anno 2016, di 43 milioni di euro per l'anno 2017, di 24 milioni di euro per l'anno 2018 e di 6 milioni di euro per l'anno 2019». Conseguentemente, all'articolo 1, comma 235, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e successive modificazioni, gli importi indicati al quarto periodo sono ridotti di 74 milioni di euro per l'anno 2014, 81 milioni di euro per l'anno 2015, 61 milioni di euro per l'anno 2016, 42 milioni di euro per l'anno 2017, 23 milioni di euro per l'anno 2018 e 6 milioni di euro per l'anno 2019.
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DEL TESTO UNIFICATO
ART. 1.
(Modifiche all'articolo 22, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e all'articolo 11, comma 2, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124).
Sostituirlo con il seguente:
Art. 1. – 1. L'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è abrogato.
Conseguentemente,
sopprimere gli articoli 2 e 3;
sostituire l'articolo 4 con il seguente:
Art. 4. – 1. Agli oneri derivanti dall'articolo 1, valutati in 3 miliardi di euro per il 2014, in 6,551 miliardi di euro per l'anno 2015, in 9 miliardi di euro per l'anno 2016, in 12,3 miliardi di euro per l'anno 2017 e in 14,4 miliardi di euro per l'anno 2018, si provvede mediante ulteriori misure di razionalizzazione e revisione della spesa da adottare ai sensi dell'articolo 49-bis, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98.
1. 1. Tripiedi, Rizzetto, Bechis, Ciprini, Rostellato, Baldassarre, Chimienti, Cominardi.
Sostituirlo con il seguente:
Art. 1. – 1. L'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è abrogato.
Conseguentemente,
sopprimere gli articoli 2 e 3;
sostituire l'articolo 4 con il seguente:
Art. 4. – 1. Agli oneri derivanti dall'articolo 1, valutati in 3 miliardi di euro per il 2014, in 6,551 miliardi di euro per l'anno 2015, in 9 miliardi di euro per l'anno 2016, in 12,3 miliardi di euro per l'anno 2017 e in 14,4 miliardi di euro per l'anno 2018, si provvede:
a) All'articolo 1, comma 427, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, come modificato dall'articolo 2, comma 1, lettera b) del decreto-legge del 28 gennaio 2014 n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2014, n. 50, come modificato dal decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, le parole: «a 1.448 milioni di euro per l'anno 2015, a 1.988,1 milioni di euro per l'anno 2016, a 1.997,9 milioni di euro per l'anno 2017 e a 1.339,6 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018» sono sostituite dalle seguenti: «a 2.448 milioni di euro per l'anno 2015, a 2.988,1 milioni di euro per l'anno 2016, a 2.997,9 milioni di euro per l'anno 2017 e a 2.339,6 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018».
b) quanto a 500 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016, 2017 e 2018, mediante riduzione dei regimi di esenzione fiscale, esclusione e favore fiscale, di cui all'allegato C-bis del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, con l'esclusione delle disposizioni a tutela dei redditi da lavoro dipendente e autonomo, dei redditi da pensione, della famiglia, della salute, delle persone economicamente e socialmente svantaggiate, del patrimonio artistico e culturale, della ricerca e dell'ambiente;
ai restanti oneri mediante ulteriori misure di razionalizzazione e revisione della spesa, da adottare ai sensi dell'articolo 49-bis, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98.
1. 100. Fedriga.
Sostituirlo con il seguente:
Art. 1. – (Modifiche all'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214). – 1. Dopo il comma 10 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è inserito il seguente:
«10-bis. Ai fini del godimento del diritto di cui all'articolo 1, comma 9, della legge 23 agosto 2004, n. 243, non si applicano le disposizioni in materia di decorrenza del trattamento pensionistico e di adeguamento dei requisiti di accesso al sistema pensionistico agli incrementi della speranza di vita ai sensi dell'articolo 12 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122».
2. All'articolo 24, comma 14, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all'alinea,
1) dopo le parole: «e successive modificazioni e integrazioni», sono inserite le seguenti: «, ai soggetti rientranti nelle deroghe dall'articolo 2, comma 3, lettera a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503,»;
2) dopo le parole: «che maturano i requisiti entro il 31 dicembre 2011» sono inserite le seguenti: «ai soggetti di cui all'articolo 1, comma 8, della legge 23 agosto 2004, n. 243, e successive modificazioni, e»;
b) la lettera a) è sostituita dalla seguente:
«a) ai lavoratori collocati in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni, sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 31 dicembre 2011 o, in caso di fallimento dell'impresa, in mancanza dei predetti accordi, e che maturano i requisiti per il pensionamento entro trentasei mesi dalla fine del periodo di fruizione dell'indennità di mobilità di cui all'articolo 7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, a prescindere dalla data di conclusione della procedura di mobilità e dalla data di effettivo collocamento in mobilità, eventualmente preceduto da un periodo di fruizione di cassa integrazione guadagni o seguito da un periodo di sostegno al reddito o di prolungamento della mobilità in deroga; i versamenti volontari eventualmente necessari al raggiungimento dei requisiti pensionistici di cui alla presente lettera, anche in deroga alle disposizioni di cui all'articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n.184, possono riguardare anche periodi precedenti la domanda di autorizzazione alla contribuzione volontaria. Ai fini della concessione dei benefici di cui alla presente lettera non rileva l'eventuale prestazione di un'altra attività lavorativa di natura temporanea dopo la sottoscrizione degli accordi individuali o la stipulazione degli accordi collettivi di incentivo all'esodo ai sensi del periodo precedente.»;
c) alle lettere b), c) ed e) le parole: «4 dicembre 2011», ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2011»;
d) alla lettera b) sono aggiunte, in fine, le parole: «, a prescindere dall'effettivo collocamento in mobilità entro tale data»;
e) la lettera d) è sostituita dalla seguente:
«d) ai lavoratori che siano stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione e che abbiano presentato la relativa domanda alla data del 31 gennaio 2012, a condizione che perfezionino i requisiti utili alla decorrenza del trattamento pensionistico entro il 31 dicembre 2018. Ai fini della fruizione dei benefici di cui alla presente lettera non rilevano l'eventuale prestazione lavorativa successiva all'autorizzazione alla prosecuzione volontaria della contribuzione né l'eventuale mancato versamento, alla data di entrata in vigore del presente decreto, di almeno un contributo volontario accreditato o accreditabile;».
3. L'alinea del comma 15-bis dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è sostituito dal seguente: «In via eccezionale, per tutti i lavoratori le cui pensioni sono liquidate a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, ancorché non titolari di un rapporto di lavoro alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto:».
4. Al comma 2-ter dell'articolo 6 del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole: «il cui rapporto di lavoro si sia risolto entro il 31 dicembre 2011, in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati» sono sostituite dalle seguenti: «il cui rapporto di lavoro si risolva unilateralmente o in conseguenza di fallimento dell'impresa o in ragione di accordi individuali sottoscritti entro il 31 dicembre 2011 o in applicazione di accordi collettivi di incentivo all'esodo stipulati entro la medesima data del 31 dicembre 2011»;
b) le parole: «la decorrenza del trattamento medesimo entro un periodo di ventiquattro mesi» sono sostituite dalle seguenti: «la maturazione del diritto al trattamento pensionistico entro un periodo di trentasei mesi».
5. Il comma 2-quater dell'articolo 6 del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, è sostituito dal seguente:
«2-quater. All'articolo 24, comma 14, lettera c), del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, le parole: “di almeno 59 anni di età” sono sostituite dalle seguenti: “di almeno 60 anni di età”. Le disposizioni dell'articolo 24, comma 10, terzo e quarto periodo, del citato decreto-legge n. 201 del 2011, in materia di riduzione percentuale dei trattamenti pensionistici, non trovano applicazione, limitatamente ai soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017».
6. All'articolo 24, comma 18, ultimo periodo, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, le parole: «al presente articolo» sono sostituite dalle seguenti: «al presente comma» e le parole «ai lavoratori iscritti al Fondo speciale istituito presso l'INPS ai sensi dell'articolo 43 della legge 23 dicembre 1999, n. 488.» sono sostituite dalle seguenti: «ai lavoratori operanti nelle imprese ferroviarie e nelle imprese dei gestori delle infrastrutture ferroviarie con mansioni di addetto alla condotta dei treni, addetto alla scorta treni, addetto alla manovra, traghettamento, formazione treni, ai lavoratori del settore di macchina e agli addetti del settore di coperta della categoria dei marittimi».
7. Ai fini dell'accesso al regime previdenziale vigente prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, è riconosciuta, anche in deroga alla normativa vigente, piena validità a tutti gli accordi, stipulati dalle imprese anche in sede non governativa, entro il 31 dicembre 2011, per la gestione delle eccedenze occupazionali con utilizzo di ammortizzatori sociali, compresi gli ammortizzatori sociali in deroga.
8. All'articolo 1, comma 194, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, dopo la lettera d), è inserita la seguente:
«d-bis) i lavoratori a tempo determinato il cui rapporto di lavoro sia cessato nel periodo compreso tra il 1o gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, anche se hanno svolto, successivamente alla data di cessazione, qualsiasi attività non riconducibile a rapporto di lavoro a tempo indeterminato;».
9. Ai fini di una puntuale verifica degli effetti previdenziali determinatisi a seguito delle modifiche della disciplina del sistema pensionistico di cui all'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sulla base dei dati elaborati obbligatoriamente dall'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), presenta alle Camere una relazione trimestrale relativa al numero complessivo dei lavoratori che periodicamente hanno avuto accesso al trattamento pensionistico, al numero di lavoratori che hanno usufruito delle deroghe previste dall'ordinamento, nonché di quelli che avrebbero potuto accedere al trattamento pensionistico secondo la previgente normativa e ai relativi effetti finanziari.
10. All'articolo 1, comma 235, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Al fine di finanziare interventi in favore delle categorie di lavoratori di cui all'articolo 24, comma 14, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, all'articolo 6, comma 2-ter, del decreto-legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, all'articolo 22 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, all'articolo 1, commi da 231 a 234, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, agli articoli 11 e 11-bis del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, all'articolo 2, commi 5-bis e 5-ter, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, e all'articolo 1, commi 191 e 194, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e ai relativi provvedimenti attuativi, nonché per finanziare ulteriori interventi di salvaguardia in favore di lavoratori che maturino i requisiti per l'accesso al pensionamento secondo i requisiti vigenti prima dell'entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, entro il 31 dicembre 2020.
Conseguentemente, sostituire l'articolo 4 con il seguente:
Art. 4. – (Disposizioni di copertura finanziaria). – 1. Agli oneri derivanti dall'attuazione delle disposizioni di cui alla presente legge si provvede mediante:
a) ulteriori misure di razionalizzazione e revisione della spesa da adottare ai sensi dell'articolo 49-bis, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n.69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013;
b) riduzione dei regimi di esenzione fiscale, esclusione e favore fiscale, di cui all'allegato C-bis del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n.111, con l'esclusione delle disposizioni a tutela dei redditi da lavoro dipendente e autonomo, dei redditi da pensione, della famiglia, della salute, delle persone economicamente o socialmente svantaggiate, del patrimonio artistico e culturale, della ricerca e dell'ambiente;
c) riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, relativa al Fondo per lo sviluppo e la coesione, così rinominato dall'articolo 4 del decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 88.
2. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministro dell'economia e delle finanze adotta i provvedimenti utili al fine di assicurare il reperimento delle maggiori entrate di cui al comma 1.»
1. 101. Fedriga.
Al comma 1, premettere il seguente:
01. Nelle more della definizione di un intervento strutturale in materia previdenziale, da attuare entro il 31 dicembre 2014, secondo i princìpi e criteri direttivi di cui al periodo seguente, nonché dell'adozione di disposizioni relative all'accesso al pensionamento del personale della scuola che ha maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011/2012, ai sensi dell'articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, trovano applicazione i commi da 1 a 4. L'intervento strutturale in materia previdenziale è volto a recuperare la flessibilità nell'età pensionabile, attraverso un meccanismo di incentivi e disincentivi, e il sistema delle quote di cui alla legge 24 dicembre 2007, n. 247, nonché a riconoscere la centralità della cura dell'infanzia e della non autosufficienza, in particolare da parte delle donne, e ad estendere la disciplina di legge prevista in caso di lavorazione in attività particolarmente faticosa e pesante ai lavoratori iscritti al Fondo speciale dei dipendenti delle Ferrovie dello Stato istituito presso l'INPS, ai lavoratori del settore di macchina, agli addetti del settore di coperta della categoria dei marittimi e ai lavoratori esposti all'amianto e che hanno contratto o che potranno contrarre malattie asbesto correlate.
1. 2. Polverini.
Al comma 1, premettere il seguente:
01. Nelle more della definizione di un intervento strutturale in materia previdenziale, da attuare entro il 31 dicembre 2014, secondo i principi e criteri direttivi di cui al periodo seguente, trovano applicazione i commi da 1 a 4. L'intervento strutturale in materia previdenziale è volto a recuperare la flessibilità nell'età pensionabile, attraverso un meccanismo di incentivi e disincentivi, e il sistema delle quote di cui alla legge 24 dicembre 2007, n. 247, nonché a riconoscere la centralità della cura dell'infanzia e della non autosufficienza, in particolare da parte delle donne, e ad estendere la disciplina di legge prevista in caso di lavorazione in attività particolarmente faticosa e pesante ai lavoratori iscritti al Fondo speciale dei dipendenti delle Ferrovie dello Stato istituito presso l'INPS, ai lavoratori del settore di macchina, agli addetti del settore di coperta della categoria dei marittimi e ai lavoratori esposti all'amianto e che hanno contratto o che potranno contrarre malattie asbesto correlate.
1. 3. Polverini.
Al comma 1, sopprimere la lettera a).
*1. 4. Fedriga.
Al comma 1, sopprimere la lettera a).
*1. 5. Di Lello, Di Gioia, Locatelli, Pastorelli.
Al comma 1, sopprimere la lettera b).
1. 102. Fedriga.
Al comma 1, lettera b), sostituire le parole: entro i quindici giorni con le seguenti: entro i sessanta giorni.
1. 6. Fedriga.
Al comma 1, lettera b), sostituire le parole: 30 dicembre 2016 con le seguenti: 31 dicembre 2018.
1. 8. Fedriga.
Al comma 1, lettera b), dopo le parole: collocamento in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni aggiungere le seguenti: ovvero abbiano maturato i requisiti entro trentasei mesi dalla fine del periodo di mobilità.
1. 104. Fedriga.
Al comma 1, lettera b), dopo le parole: collocamento in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni aggiungere le seguenti: ovvero abbiano maturato i requisiti entro ventiquattro mesi dalla fine del periodo di mobilità.
1. 105. Fedriga.
Al comma 1, lettera b), dopo le parole: collocamento in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni aggiungere le seguenti: ovvero abbiano maturato i requisiti entro sei mesi dalla fine del periodo di mobilità.
1. 9. Fedriga.
Al comma 1, lettera b), sostituire le parole: 31 dicembre 2014 con le seguenti: 31 dicembre 2015.
1. 10. Fedriga.
Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
1-bis. Sono fatti salvi i soggetti che presentano i requisiti di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 22 del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, ma non ancora censiti dall'INPS alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
1. 106. Fedriga.
Sopprimere il comma 4.
1. 11. Fedriga.