XVII LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Risoluzione in Commissione:
Le Commissioni XII e XIII,
premesso che:
il regolamento 1169/11, adottato da Parlamento europeo e Consiglio il 25 ottobre 2011, ha introdotto una serie di nuove norme relative all'etichettatura degli alimenti, tra queste, in particolare l'obbligo di indicare in etichetta la tipologia di oli e grassi vegetali usati negli alimenti, senza ricorrere alla generica dicitura «oli e grassi vegetali»;
in Italia, tale obbligo in etichetta, entrerà in vigore dal 13 dicembre 2014 e pertanto, i consumatori italiani, saranno consapevoli del reale contenuto degli alimenti acquistati e consumati;
la novità introdotta da questo regolamento, risponde in maniera evidente alla richiesta di chiarezza e trasparenza da parte dei consumatori finali, ma anche di alcune aziende che distribuiscono e commercializzano i prodotti alimentari: «Da alcuni anni – Spiega Maurizio Sacilotto, direttore dello stabilimento Hosta Italia, un'azienda dolciaria con sede in Friuli – riceviamo la richiesta dai nostri clienti – come Migros in Svizzera, Auchan in Francia e in Italia, Carrefour – di precisare la tipologia di “oli vegetali” in etichetta, e quando usiamo l'olio di palma di indicare la provenienza e l'eventuale produzione ecosostenibile. I quantitativi di olio di palma ecosostenibile non sono però in grado di soddisfare la domanda, per questo molte industrie alimentari devono approvvigionarsi da paesi quali Malesia ed Indonesia dove l'olio è prodotto in coltivazioni di tipo intensivo»;
l'olio di palma è molto richiesto nell'ambito alimentare per la sua versatilità ed economicità, ha infatti un'elevata resa per ettaro, ha una buona stabilità, resistenza alla cottura e non irrancidisce con caratteristiche simili al burro, tanto da essere il grasso principale di quasi tutte le merendine, i biscotti, gli snack dolci e salati, le creme in vendita nei supermercati; tali cibi sono spesso consumati dalla fascia più giovane della popolazione, tanto che i nutrizionisti consigliano di limitarne l'assunzione, in particolare ai bambini;
i grassi vegetali, contenuti negli snack e nei dolci, insieme a zuccheri, sodio, coloranti e conservanti, possono essere considerati tra i principali responsabili dell'obesità infantile; in particolare una percentuale molto alta di questi prodotti è realizzata con olio di palma che contiene dal 45 al 55 per cento di grassi saturi a catena lunga come l'acido palmitico e favorisce l'aumento dei livelli di colesterolo;
in questi giorni il «Fatto Alimentare» ha promosso una petizione, che in soli sei giorni ha raccolto quasi 40 mila firme per sospendere l'utilizzo dell'olio di palma per motivi etici, ambientali e di salute;
oltre alla salute, l'olio di palma, infatti, incide anche sulla sostenibilità ambientale: diverse organizzazioni non governative hanno denunciato la deforestazione e il conseguente rischio di estinzione di alcune specie animali (come gli oran-gutan, in Indonesia) e vegetali. Secondo alcune fonti, la sostituzione delle foreste con i palmeti rappresenterebbe il 4 per cento delle emissioni globali di gas serra ponendo Indonesia e Malesia, dopo Usa e Cina, nell'elenco delle nazioni responsabili dell'inquinamento globale,
impegnano il Governo:
ad avviare tutte le iniziative di propria competenza di concerto con le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, per prevedere l'esclusione dagli appalti delle mense pubbliche di istituti scolastici, ospedali e aziende pubbliche, nonché dei distributori automatici in essi collocati, di ditte fornitrici di prodotti a base di olio di palma;
a valutare l'opportunità di promuovere iniziative, anche normative, di sensibilizzazione ed informazione, indirizzata oltre che ai cittadini anche ai grandi distributori di prodotti alimentari che operano sul territorio nazionale, al fine di indurre questi ultimi a non utilizzare l'olio di palma nei prodotti distribuiti con il loro marchio (private label);
ad aderire alle linee guida del CFS (Committee on World Food Security) – FAO, per una gestione responsabile delle terre, delle foreste e dei bacini idrici.
(7-00537) «Mantero, Gagnarli, Grillo, Lorefice, Silvia Giordano, Cecconi, Di Vita, Dall'Osso, Massimiliano Bernini, Parentela, L'Abbate».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazione a risposta orale:
CARELLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
Carpineto Romano è un comune in provincia di Roma di circa 5000 abitanti dove da anni il proprio territorio è invaso da centinaia di bovini inselvatichiti;
gli stessi animali invadono il paese e la strada principale di accesso ad esso, rappresentando specie di notte un pericolo constante per gli automobilisti, oltre che, vere e proprie aggressioni fatte al centro del paese nei confronti dei cittadini inermi;
il comune di Carpineto Romano in questi anni ha cercato ogni forma di collaborazione per risolvere il problema attraverso la cattura, rivolgendosi al prefetto di Roma, rivolgendosi alla provincia di Roma e rivolgendosi alla ASL del territorio, come dimostrano le numerose lettere di cui si citano alcuni dei protocolli in uscita del comune di Carpineto Romano:
a) protocollo 9315 dell'8 ottobre 2009;
b) protocollo 5987 del 28 novembre 2011;
la ASL sembrava disposta attraverso la cattura da parte di un allevatore che ha la sede della propria azienda in provincia di Frosinone, quindi una provincia contigua a Carpineto Romano e alla provincia di Roma, ma nel frattempo è arrivata la notizia che occorre da parte del Ministero della sanità un'autorizzazione che non arriva;
quindi tra burocrazia e altri problemi anche da parte delle forze dell'ordine è stata fatta la segnalazione alla procura della Repubblica di Velletri in data 29 agosto 2014 relativa all'articolo 727 C.P. abbandono di animali;
il sindaco di Carpineto Romano si è visto costretto ad emanare un'ordinanza per l'abbattimento dei bovini a tutela della salute e della incolumità dei cittadini, ordinanza rivolta a tutte le forze dell'ordine;
certo non sappiamo se il sindaco ha il potere di dare ordini alle forze dell'ordine, potere che ha certamente il prefetto di Roma e che fino ad oggi non a voluto esercitare;
inoltre nessuna autorità sanitaria si sta occupando di macellazione e di commercio di carni bovine clandestine non sottoposte ad alcun tipo di profilassi, rappresentando, dunque, un pericolo per la salute dei cittadini –:
se non sia opportuno attivare immediatamente tutti gli organi dello Stato per soccorrere una comunità, che è a rischio continuo per la propria incolumità e se non ritenga opportuno a livello operativo investire del problema la protezione civile, avendo la stessa, i mezzi e i poteri per far fronte a questa calamità;
se il Ministro della salute non ritenga opportuno intervenire perché problemi di regolamento, certamente importanti non diventino scudo per non operare;
se intenda porre in essere un intervento imminente per evitare azioni clamorose di cittadini che di fronte all'impotenza dello Stato si facciano giustizia da soli. (3-01189)
Interrogazione a risposta in Commissione:
PRODANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il 14 novembre 2014, il Presidente del Consiglio Matteo Renzi ha presentato a Palazzo Chigi l'Accordo di programma per l'attuazione del progetto integrato di messa in sicurezza, riconversione industriale e sviluppo economico-produttivo dell'area della Ferriera di Servola (Trieste);
il documento – previsto dall'articolo 7, comma 2, dell'Accordo di programma del 30 gennaio 2014 – è stato sottoscritto dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Gian Luca Galletti, dal Ministro dello sviluppo economico Federica Guidi, dalla presidente della regione Friuli Venezia Giulia Debora Serracchiani, dalla presidente dell'autorità portuale di Trieste Marina Monassi e da Giovanni Arvedi per conto della Siderurgica triestina srl, l'azienda che ha acquistato la Ferriera dopo il periodo di commissariamento;
fonti giornalistiche hanno riportato, su questa firma, il favore del Presidente del Consiglio secondo il quale «grazie a un investimento privato e in parte pubblico abbiamo salvato 410 posti di lavoro diretti e un migliaio nell'indotto». Della stessa opinione la presidente della regione Friuli Venezia Giulia per la quale l'accordo permetterebbe di salvare «tanti posti di lavoro»;
l'Accordo, infatti, prevederebbe il riassorbimento di più di 400 lavoratori, di cui 380 già reimpiegati e altri 30 lo saranno successivamente, entro la fine del 2014;
lo stabilimento della Ferriera di Servola necessita, come previsto dal primo accordo di programma del gennaio 2014, di una serie di interventi di messa in sicurezza non trascurabili, tra i quali spiccano quelli relativi alla rimozione e allo smaltimento di rifiuti, misure relative al suolo (come l'eliminazione di hot spot) e alla vicina falda acquifera;
ad oggi non è ancora disponibile il contenuto del testo del progetto integrato di messa in sicurezza, riconversione industriale e sviluppo economico-produttivo della Ferriera ma, come riportato da fonti giornalistiche, Siderurgica Triestina avrebbe confermato l'impiego di circa 170 milioni di euro – così come previsto dal piano industriale sottoposto al Ministero dello sviluppo economico, – di cui 10 per la messa in sicurezza dei suoli, 15 per il risanamento ambientale delle infrastrutture e i restanti 145 milioni per l'ammodernamento e l'efficientamento dell'attuale impianto, oltre all'eventuale realizzazione di nuove attività come la metallurgia a freddo;
Siderurgica Triestina si sarebbe impegnata a rispettare un preciso cronoprogramma, che prevede di avviare già entro i prossimi 30 giorni numerosi interventi di prevenzione, presentando contemporaneamente progetti per la messa in sicurezza dei suoli, delle acque di falda e per la rimozione dei rifiuti e comunicando periodicamente alle autorità competenti l'avanzamento dei lavori –:
se l'Esecutivo intenda vigilare sul regolare svolgimento del cronoprogramma stabilito da Siderurgia Triestina il cui puntuale rispetto è essenziale per la messa in sicurezza e il recupero dello stabilimento siderurgico triestino. (5-04162)
Interrogazioni a risposta scritta:
PESCO, VILLAROSA, RUOCCO, CANCELLERI, BARBANTI, ALBERTI, PISANO, CASTELLI, SORIAL, D'INCÀ, CASO, BRUGNEROTTO, CARIELLO, CURRÒ e COLONNESE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
in alcuni Stati, come gli Stati Uniti d'America, il Governo si astiene dallo stipulare contratti di derivati, soprattutto in seguito all'aver accertato i gravissimi rischi nei quali è possibile incorrere. L'Italia al contrario — come si apprende da fonti stampa — sembrerebbe essere il maggior utilizzatore di strumenti derivati;
nella seduta della Camera dei deputati n. 605 di giovedì 15 marzo 2012, il Sottosegretario Marco Rossi Doria, in risposta a interrogazione parlamentare, ha dichiarato che, alla data suddetta, il nozionale complessivo di strumenti derivati a copertura di debito emessi dalla Repubblica italiana ammontava a circa 160 miliardi di euro, a fronte di titoli in circolazione, al 31 gennaio 2012, per 1.624 miliardi di euro. All'epoca, quindi, il nozionale ammontava a circa il 10 per cento dei titoli in circolazione; «degli strumenti derivati in essere», affermava il Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, «circa 100 miliardi erano interest rate swap, 36 miliardi cross currency swap, 20 swaption e 3,5 miliardi degli swap ex ISPA»;
secondo fonti giornalistiche, nei primi otto anni di utilizzo degli strumenti derivati le finanze pubbliche hanno beneficiato di quasi 8 miliardi di euro di guadagni mentre a partire dal 2006 la tendenza si è invertita e le perdite sono state sempre più consistenti. Da elaborazioni di Repubblica e Financial Times (svolte sulla base di una relazione del Tesoro sul debito pubblico, inviata alla Corte dei Conti a inizio 2013) emerge che un rilevante numero di derivati (del valore di 31 miliardi), ristrutturati nel 2012, ha generato circa 8 miliardi di minusvalenze di mercato. Le perdite si sono concretizzate nell'ipotesi di scadenze o risoluzione anticipata;
l'intenzione del Governo sembra essere quella di permettere che, in futuro, vengano predisposte delle garanzie su «conti ad hoc», immunizzando dal rischio le banche. Infatti, nel caso in cui l'Italia andasse in default, le banche riceverebbero automaticamente le liquidità poste a garanzia, di fatto qualificandosi come creditori privilegiati rispetto ai detentori di titoli pubblici (BTP), che ormai in gran parte sono in possesso di investitori italiani;
è doveroso precisare che nell’«Eurozona» solo Portogallo ed Irlanda hanno posto in essere accordi di garanzia bilaterale sul «debito» e l'Italia potrebbe essere la terza in ordine cronologico di adesione al sistema prescritto;
dopo la rivalutazione delle quote azionarie di Banca d'Italia, che di fatto ha generato circa 7 miliardi di euro di plusvalenze per pochi istituti bancari, bilanciate solo da un miliardo di maggiori entrate fiscali; dopo la deducibilità ai fini IRAP delle «perdite» sui crediti in 5 anni (rispetto ai 18 originari) che ha consentito alle sei principali banche di ricevere ulteriori sgravi per 514 milioni di euro sembra eccessivo concedere alle banche un ulteriore privilegio visto che, contemporaneamente, agli italiani — in piena crisi economica — è stato chiesto l'ennesimo sacrificio pur consci che il livello di tassazione effettiva sfiora ormai il 55 per cento del PIL;
non si dispone di dati ufficiali dai quali sia possibile evincere il valore nozionale degli strumenti derivati sottoscritti fino ad oggi dallo Stato italiano, l'ammontare dei flussi di cassa in entrata e uscita, con quali banche siano stati sottoscritti, e quale sia il capitale di riferimento, quale tipologia tecnica e quale il valore complessivo delle garanzie che verranno eventualmente stipulate relativamente ad operazioni in strumenti derivati –:
se si reputi necessario ed urgente assumere iniziative al fine di evitare che lo Stato italiano sia gravato da ingiustificati ed eccessivi oneri economici connessi all'eccessiva mole di strumenti derivati sottoscritti ed alla concessione di garanzie connesse ad operazioni in strumenti derivati;
quale sia il valore nozionale degli strumenti derivati sottoscritti fino ad oggi dallo Stato italiano, l'ammontare dei flussi di cassa in entrata e uscita, con quali banche siano stati sottoscritti, e quale sia il capitale di riferimento e quale tipologia tecnica;
se intenda fornire e pubblicare i dati ufficiali del valore complessivo e della tipologia delle garanzie che verranno stipulate relativamente alle operazioni in strumenti derivati ed i dati ufficiali relativi al valore complessivo degli strumenti derivati sottoscritti, alla loro precisa composizione, all'identità delle banche ed intermediari finanziari con i quali sono stati sottoscritti, ai reali profili di rischio insito nei contratti e nell'assunzione delle suddette garanzie;
se possano essere suffragate le ipotesi già formulate dal Der Spiegel nel 2012 secondo cui a Helmut Kohl sarebbe stato segnalato da esperti che l'Italia abbia usato contratti derivati per raggiungere i criteri imposti dalla creazione della moneta unica;
quali iniziative si intendano adottare, anche a livello normativo, per aumentare al massimo la trasparenza in relazione agli strumenti finanziari derivati presenti nel portafoglio del Ministero;
se si preveda l'inserimento di una clausola che obblighi gli Istituti finanziari beneficiari delle eventuali garanzie finanziarie reali previste da Basilea III, recepite da BCE e Banca d'Italia, a utilizzare l'ingente iniezione di liquidità che ne deriverebbe a favore di investimenti nell'economia reale, con particolare riferimento alle piccole/medie imprese. (4-07057)
CIRACÌ, MARTI, FUCCI, CHIARELLI, ALTIERI e DISTASO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
la Corte Costituzionale, con sentenza depositata il 31 ottobre 2013, decidendo sulla base di un ricorso avanzato dalla regione Veneto, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 64, commi 1 e 2, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 (Misure urgenti per la crescita del Paese), convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, che era stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 98 del 27 aprile 2013 concernente la definizione dei criteri per l'erogazione delle risorse finanziarie di cui al Fondo per lo sviluppo e la capillare diffusione della pratica sportiva di cui all'articolo 64, comma 1;
tale articolo istituiva presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il «Fondo per lo sviluppo e la capillare diffusione della pratica sportiva» per cui era stato emesso il bando per la presentazione dei relativi progetti;
secondo la Corte la previsione di finanziamenti a destinazione vincolata può divenire strumento indiretto di ingerenza dello Stato nell'esercizio delle funzioni delle regioni e degli enti locali, nonché fonte di sovrapposizione fra politiche e indirizzi del Governo centrale e locale;
la Consulta ha pertanto stabilito l'illegittimità del fondo per la realizzazione di nuovi impianti sportivi o la ristrutturazione di quelli esistenti;
tale sentenza di fatto ha creato grave danno alla pratica sportiva impedendo ai comuni, e soprattutto ai più piccoli, di poter attingere ai necessari fondi extra comunali per la ristrutturazione dell'impiantistica sportiva –:
quali nuovi strumenti di agevolazione e supporto in materia di impiantistica sportiva e politiche attive per lo sport il Governo intenda utilizzare. (4-07059)
PRODANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica Italiana di sabato 16 gennaio 1954, è stato pubblicato il provvedimento del Ministero della difesa che assegna la medaglia di bronzo al valor militare alla memoria al vice commissario aggiunto dell'ispettorato speciale di pubblica sicurezza per la Venezia Giulia Gaetano Collotti;
la motivazione della ricompensa al valor militare risale a un'azione antipartigiana da lui condotta nell'aprile del 1943, quindi in pieno regime fascista, ed è la seguente: «in qualità di vice commissario di PS, incaricato di procedere ad alcuni arresti di partigiani di una località del goriziano, venuto a conoscenza del probabile passaggio di elementi partigiani nemici in località prossima, accompagnato da pochi agenti, predisponeva un appostamento. Successivamente, rimasto solo, ne affrontava coraggiosamente alcuni armati, riuscendo ad ucciderne uno, a catturarne un altro ed a ferirne un terzo che si dava alla fuga unitamente ad altro piccolo gruppo posto in agguato nelle vicinanze. Tolmino (Gorizia) 10 aprile 1943»;
il vice commissario aggiunto Collotti dopo l'armistizio dell'8 settembre ha aderito alla Repubblica Sociale Italiana, dando vita a un gruppo di agenti di polizia — noto come «banda Collotti» — che aveva come fine la lotta contro gli oppositori del regime fascista, principalmente a Trieste;
sono numerose le fonti storiche che testimoniano i metodi brutali operati dalla banda Collotti che spesso ricorreva alla tortura durante gli interrogatori, come riportato da documenti e testimonianze di cui è in possesso l'Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli-Venezia Giulia;
verso la fine della guerra Collotti ha tentato la fuga con un carico di beni sottratti alle sue vittime ma è stato catturato dai partigiani ad un posto di blocco organizzato a Olmi di San Biagio di Callalta (TV) e successivamente fucilato insieme ad altri;
il conferimento postumo di una medaglia al valor militare a un soggetto che si è macchiato di crimini e nefandezze nei confronti della comunità, in questo caso quella triestina, pone una seria ipoteca sulla validità di questo riconoscimento;
sull'opportunità di revocare la medaglia a Collotti sono state presentate anche interrogazioni parlamentari, come quella al Senato presentata nel 1956 da Ambrogio Donini (PCI), e la successiva depositata alla Camera dei deputati nel 1973 da Corrado Belci (DC);
in proposito, inoltre, sono stati compiuti in passato gesti eclatanti: il rifiuto della commenda al merito della Repubblica da parte del vice comandante militare del CLN (Comitato di liberazione nazionale) di Trieste, Ercole Miani, che fu torturato da Collotti; esposti al Presidente della Repubblica ed al Governo (25 novembre 1954 e 16 febbraio 1956) da parte degli esponenti della Resistenza triestina Ercole Miani, Carlo Schiffrer, Giovanni Tanasco, Giovanni Paladin e Raimondo Visintin; un esposto del consiglio comunale di Trieste del 1o dicembre 1954 al Presidente della Repubblica;
affinché l'onore e il significato del riconoscimento della medaglia d'oro non vengano meno, e il nome di coloro che giustamente la portano non vengano offesi, è bene che essa non sia affidata a quanti compirono crimini contro le Istituzioni e la collettività tutta –:
se s'intendano assumere tutti gli atti necessari per procedere al ritiro della medaglia al valor militare conferita a Collotti, in modo da adeguare i riconoscimenti dello Stato alla reale conoscenza storica degli eventi. (4-07061)
REALACCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102, recante attuazione della direttiva 2012/27/UE sull'efficienza energetica e che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE, abrogando le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE, prevede che sia istituita, al fine di garantire un coordinamento ottimale degli interventi e delle misure per l'efficienza energetica, una cabina di regia da parte del Ministero dello sviluppo economico, che la presiede, e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
tale cabina di regia fu chiesta con forza dal Parlamento nell'esprimere i pareri al suddetto decreto legislativo;
la sopracitata struttura deve assicurare il coordinamento delle politiche e degli interventi attivati attraverso il Fondo di cui all'articolo 1, comma 1110, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (cosiddetto «Fondo Kyoto»). Con decreto del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è poi stabilito il funzionamento della cabina di regia;
ad oggi, secondo quanto risulta all'interrogante, il decreto istitutivo della citata «cabina regia» di competenza del Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non è ancora stato emanato. Attualmente, spesso con una confusione di competenze, sono molteplici gli enti e i Ministeri che sono chiamati a confrontarsi con il tema dell'efficienza energetica come, ad esempio, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministero dell'economia e delle finanze, e altre strutture centrali e territoriali dello Stato;
il recente e strategico accordo europeo del 24 ottobre 2014, sugli obiettivi «pacchetto clima-energia» al 2030, prevede ulteriori traguardi specifici anche per le rinnovabili e l'efficienza energetica al fine di abbattere le emissioni di CO2, ovvero di altri gas clima alteranti;
è altresì importante ricordare che secondo la Consip la spesa energetica per uffici, scuole e ospedali è maggiore di 5 miliardi di euro annui ed investendo in efficienza energetica questo valore si può ridurre di almeno di un terzo. Da ultimo la misura anticiclica più efficace messa in campo nel 2013 è stato proprio il credito di imposta per le ristrutturazioni e l’«ecobonus» per l'efficienza energetica in edilizia: secondo i dati di Cresme tali misure hanno prodotto 28 miliardi di euro di investimenti e 340 mila posti di lavoro;
l'articolo 22 del «decreto sblocca Italia» 12 settembre 2014, n. 133, riguarda altresì l'incentivazione degli interventi di produzione di energia termica da fonti rinnovabili e di incremento dell'efficienza energetica in impianti di piccole dimensioni, realizzati in data successiva al 31 dicembre 2011, e mira a facilitare l'accesso a tali contributi per imprese, famiglie e soggetti pubblici. Detti fondi ammontano a 900 milioni di euro annui, di cui 700 milioni di euro per i privati e 200 milioni per il pubblico, e nell'attuale contingenza risultano essere importantissimi per l'economia nazionale, risultando al momento inutilizzati. La sopraddetta norma prevede che l'aggiornamento del sistema di incentivi, attualmente definiti dal cosiddetto conto termico, venga effettuato entro il 31 dicembre 2014, semplificando le procedure ed utilizzando strumenti per favorire l'accesso alle risorse stanziate, considerato anche il fallimento delle normative fin qui in vigore;
ad oggi, secondo quanto risulta all'interrogante, anche questo aggiornamento da parte del Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non è stato effettuato –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza del ritardo nell'emanare il decreto di istituzione della citata «cabina di regia» per le politiche nazionali in efficienza energetica, secondo quanto previsto del detto decreto legislativo 4 luglio 2014, n. 102; visto anche l'approssimarsi della scadenza nell'aggiornamento dei parametri del sopraccitato «conto termico» se intendano dare seguito sia all'istituzione della cabina di regia sia all'aggiornamento del conto termico;
se il Presidente del Consiglio dei ministri, anche sulla scorta dell'esperienza già fatta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri con la «Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche» e considerati il recente impegno comunitario e il valore economico-strategico delle politiche di efficientamento energetico, intenda valutare l'istituzione di una struttura di missione per l'efficienza energetica in seno alla Presidenza del Consiglio dei ministri. (4-07070)
REALACCI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
come si apprende dai maggiori quotidiani nazionali e locali, come Repubblica Roma, il Messaggero ed il Tempo da blog e social media, dal blog «Roma-underground» non si contano più i guasti e i disservizi sulle linee metropolitane A e B, specie nei giorni di pioggia anche lieve. In particolare, la linea B e la Roma-Ostia Lido, secondo quanto si apprende, soffrirebbero poi di gravi carenze dal punto di vista della qualità del materiale rotabile, della sicurezza dei passeggeri e delle stazioni, delle carenze di manutenzione delle carrozze, dello stato gravissimo di usura delle rotaie e dell'armamento della linea;
da numerose dichiarazioni anonime di alcuni dipendenti di Atac Spa e MetRO nel web si legge: «“Stiamo alla canna del gas, le manutenzioni ai rotabili si stanno facendo con il contagocce: i tecnici di Magliana Nuova, deposito officina della Linea B/Lido, ce la mettono tutta, gli utenti mi devono credere, ma mancano le materie prime, i pezzi di ricambio e il personale. Se la prendono con loro e con i macchinisti”, ripete, “ma questi non c'entrano nulla. Noi, mi ci metto pure io, siamo l'ultima ruota del carro, e questi sono i risultati”. “Ma avete visto in che condizioni si trova l'armamento? Proprio in questi giorni è stato prescritto un nuovo rallentamento alla fermata Bologna, in direzione Laurentina, mi sembra a velocità ‘passo d'uomo’”. E perché? “A me hanno raccontato che c’è stato un grave cedimento di una rotaia. Verificherò”. Come? “E dai che ha capito, vale lo stesso principio dei treni, se non si fanno le manutenzioni, i binari ti abbandonano. Guardi cos’è successo al deviatoio tra Castro Pretorio e Termini”. E cioè? “Anche lì c’è un rallentamento ‘passo d'uomo’”, da mesi, dovuto sempre all'usura delle rotaie. È intervenuto qualcuno, secondo lei?” No. “Appunto”»;
le difficoltà ad effettuare una corretta e puntuale manutenzione della flotta e delle linee, nonché delle stazioni, sarebbe dovuta alle persistenti condizioni di dissesto economico della società di gestione del trasporto pubblico locale di Roma Capitale;
è unanimemente riconosciuto che efficienti servizi di mobilità pubblica migliorano le città, preservano l'ambiente e la qualità dell'aria, creano sviluppo e lavoro. Garantirne efficienza e sicurezza è altresì obbligo di legge –:
se il Governo sia a conoscenza della questione della sicurezza delle linee metropolitane di Roma Capitale;
se fatte salve le competenze di Roma Capitale e delle regione Lazio, si intendano altresì mettere in campo misure urgenti, anche per tramite dell'Ufficio speciale trasporti a impianti fissi – USTIF del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per la verifica e la garanzia stessa della sicurezza del trasporto in metropolitana nella città di Roma, stante anche il fatto che, secondo l'Agenzia per il controllo e la qualità dei servi i pubblici locali di Roma Capitale nel 2013 hanno viaggiato nel trasporto pubblico locale della Capitale d'Italia 927 milioni di utenti e il 22 per cento ossia 273 milioni di passeggeri, ha utilizzato la metropolitana. (4-07072)
BONAFEDE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie. — Per sapere – premesso che:
nei mesi di febbraio e marzo del 2011 i comuni di Messina e di Motta Camastra sono stati colpiti da eccezionali avversità atmosferiche;
il giorno 22 novembre 2011 analoghe avversità atmosferiche colpirono i comuni di Antillo, Barcellona P.G., Merì, Messina, Milazzo, Monforte S.G., Rometta, S. Filippo del Mela, S. Lucia del Mela, Saponara, Villafranca Tirrena;
per far fronte alle conseguenze di tali eventi calamitosi, con apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il 25 novembre 2011, la Presidenza del Consiglio dei ministri dichiarò, fino al 31 dicembre 2012, lo stato di emergenza per il territorio della provincia di Messina;
con ordinanza capo dipartimento della protezione civile del 25 giugno 2012, furono determinate le risorse economiche necessarie a riparare i danni e, con disposizione del commissario delegato n. 4 del 17 dicembre 2012, venne impegnata, relativamente all'esercizio 2012, la somma di euro 2.902.356 sui fondi trasferiti in contabilità speciale 5706 – quietanza n. 1 del 18 ottobre 2012 da accreditarsi ai comuni;
per far fronte ai disagi dei territori interessati del messinese nonché al fine di garantire, a seguito della scadenza dello stato di emergenza, la necessaria assistenza alla popolazione, venne inoltre istituito, con legge regionale n. 9 del 2013, all'articolo 53, un «fondo per eventi calamitosi» che destinava la somma di euro 1.000.000, per l'anno 2013;
al contempo, con legge regionale n. 5 del 2014, all'articolo 6 comma 7, venne accantonata una somma di 700 migliaia di euro come contributo per l'autonoma sistemazione delle famiglie alluvionate per l'anno 2014;
interpellato in più occasioni dalla deputata all'ARS, Zafarana, circa la mancata erogazione del contributo per l'anno 2013, così come previsto dalla citata legge regionale n. 9 del 2013, il dirigente generale capo del dipartimento della protezione civile, con nota n. 34861 del 27 maggio 2014 – resa pubblica nell'interrogazione n. 2279 del 17 settembre 2014 «Chiarimenti in merito all'erogazione del Contributo di Autonoma Sistemazione di cui all'articolo 53 commi 6-7-8 della legge regionale n. 9 del 2013», affermò che «per quanto attiene all'erogazione del contributo ai sensi dell'articolo 53 comma 7 della legge regionale n. 9/2013, questo dipartimento della protezione civile con nota prot. n. 65892 del 9 ottobre 2013 ha invitato i comuni interessati a trasmettere un elenco dettagliato dei nuclei familiari la cui residenza abituale era ancora assoggettata ad ordinanze di sgombero per determinare la ripartizione dei fondi stanziati. In assenza di riscontro da parte dei comuni, con nota prot. n. 79971 del 3 dicembre 2013 si è proceduto a sollecitare il riscontro della nota n. 65892, assegnando il termine del 12 dicembre per la produzione degli elenchi dei soggetti ancora in affitto o in autonoma sistemazione ma, all'attualità, nessun comune ha fornito i dati richiesti. La mancata comunicazione dei dati richiesti ha impedito allo scrivente Dipartimento di risolvere le problematiche riscontrate circa i criteri applicati dagli stessi comuni per l'individuazione dei soggetti destinatari del contributo e l'assegnazione dello stesso. Questo Dipartimento, tuttavia, sta predisponendo una direttiva intesa a definire in maniera inequivocabile i predetti criteri per provvedere alla somministrazione del contributo sulla scorta delle risorse attribuite nell'anno corrente, nonché al sollecito della trasmissione degli elenchi da parte dei comuni». Affermando, di fatto, che i soldi previsti per l'anno 2013 non erano più utilizzabili in quanto non impegnati nei termini previsti;
entro suddetto termine ultimativo del 12 dicembre 2013, i comuni di Messina, Milazzo, Barcellona Pozzo di Gotto, Saponara e Monforte San Giorgio avevano, in realtà, ottemperato alla richiesta della protezione civile inviando i dati richiesti circa i soggetti interessati ai predetti contributi;
in data 25 giugno 2014, lo stesso dirigente generale del dipartimento della protezione civile, ha infine inviato una comunicazione avente ad oggetto «Attribuzione contributo ex articolo 3 commi 1 e 4 dell'OCDPC n. 11 del 25 giugno 2012»: comunicazione inviata a un numero di comuni, quarantacinque, di gran lunga superiore ai dodici individuati quali beneficiari delle risorse dalla predetta disposizione del commissario delegato – presidente della regione siciliana n. 4 del 17 dicembre 2012;
la succitata comunicazione, basata sulla premessa che l'interrogante giudica inesatta di una non avvenuta comunicazione tempestiva dei beneficiari dei contributi da parte di alcuno dei comuni interessati, invitava questi ultimi «a comunicare entro e non oltre la data del 11 luglio p.v. l'elenco dei soggetti che potevano beneficiare del contributo per l'autonoma sistemazione nell'anno 2013. Atteso che le somme in questione ammontano a euro 1.000.000,00 e considerato che i precedenti inviti a produrre il predetto elenco sono stati disattesi, si informa che l'attribuzione avverrà tenendo conto della data di presentazione della documentazione richiesta»;
la somma di euro 1.000.000, prevista e apposta in bilancio come contributo di autonoma sistemazione per l'anno 2013 (come stabilito dalla legge regionale 2013), mentre per l'annualità 2014 la somma prevista in bilancio risulta di euro 700.000 (come stabilito dalla legge regionale 5/2014), apparirebbe contraddire quanto affermato nella suddetta comunicazione;
ricordato che, nella recente intervista al Giornale di Sicilia pubblicata il 13 ottobre 2014, il prefetto Franco Gabrielli, capo del dipartimento della protezione civile nazionale ha sottolineato che «la Sicilia ha in generale un problema di dissesto idrogeologico concentrato nella provincia di Messina», ribadendo che «in Sicilia come in Italia i temi della protezione civile vengono vissuti come se si fosse davanti a qualcosa di incerto o futuro: purtroppo, invece, ogni volta si dimostra che non è così» e che «la gente dovrebbe avere una sensibilità maggiore sui rischi che si corrono, e dovrebbe essere da stimolo per le amministrazioni affinché diano le risposte che dovrebbero dare»;
a parere dell'interrogante, l'implementazione di specifiche, indispensabili politiche volte a mitigare l'impatto di eventi calamitosi nell'area a forte rischio idrogeologico di Messina risulta ostacolata – secondo lo stesso spirito delle citate parole del capo dipartimento della protezione civile – da amministrazioni che, come la stessa protezione civile nel caso in premessa, paiono non riuscire «a dare le risposte che dovrebbero dare» –:
se, nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto delle prerogative degli altri soggetti istituzionali coinvolti:
a) non ritengono di dover acquisire elementi in merito a quanto sopra esposto, assumendo le eventuali consequenziali iniziative di competenza al fine di salvaguardare gli interessi dei comuni del messinese interessati dall'alluvione del 2011 i quali, pur avendo risposto nei tempi e nei termini previsti al dipartimento della protezione civile, non hanno avuto accesso ai fondi indispensabili per prestare assistenza ai propri cittadini;
b) non ravvisano dover verificare altresì, anche per i profili di sostenibilità finanziaria degli impegni assunti con la cittadinanza, la fondatezza delle affermazioni del dipartimento della protezione civile regionale laddove sostiene di poter procedere all'erogazione del contributo per l'autonoma sistemazione di cui alla legge regionale n. 9 del 2013, quando i fondi apposti in bilancio cui fa riferimento non risulterebbero più disponibili dal 31 dicembre 2013. (4-07073)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazione a risposta in Commissione:
ZARATTI e PELLEGRINO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
la SOGESID spa, il cui capitale sociale è interamente del Ministero dell'economia e delle finanze, in origine costituita ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo 9 aprile 1993, n. 96, ha modificato la sua missione, divenendo un organismo strumentale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e successivamente del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM);
ai sensi dell'articolo 1, comma 503, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, essa è soggetto strumentale alle esigenze e finalità del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, e dunque si configura come società «in house providing» del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare è inquadrabile tra gli organismi di diritto pubblico secondo la normativa comunitaria, in quanto persegue un fine pubblico ed è interamente partecipata dallo Stato;
alla società inizialmente veniva affidata la gestione degli impianti idrici già detenuti dalla Cassa del Mezzogiorno, ma nel corso del tempo le sue competenze sono state ampliate tanto che oggi l'attività della SOGESID riguarda, tra le altre cose, il monitoraggio e vigilanza in materia di rifiuti, la programmazione ed attuazione degli interventi di bonifica finalizzati al risanamento ambientale e da ultimo il dissesto idrogeologico, nonché fornire alla pubblica amministrazione la progettazione e il coordinamento di azioni mirate a soddisfare la necessità di assistenza tecnica;
in base a quanto già rilevato dalla Corte dei conti, sezione centrale di controllo sulla legittimità degli atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato, nel testo della deliberazione 16 aprile 2014, n. 7 trasmessa al Parlamento, emerge nella gestione della società il fenomeno del largo impiego di personale della SOGESID, per una parte consistente dell'attività produttiva (che nell'esercizio 2012 è del 60 per cento del valore della produzione, mentre nel 2011 era del 57 per cento per prestazioni a supporto tecnico delle attività istituzionali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, secondo apposite convenzioni;
le convenzioni per tali attività di supporto, svolte mediante risorse umane direttamente impiegate presso diverse direzioni generali del Ministero, avrebbero comportato il trasferimento di 13,7 milioni di euro da parte del Ministero alla società SOGESID, per esigenze cui il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dovrebbe far fronte mediante il proprio organico;
l'impiego di personale della SOGESID direttamente presso le strutture del Ministero può prestarsi ad essere utilizzato come mezzo elusivo delle modalità di selezione e dei vincoli all'assunzione di personale nella pubblica amministrazione, come rilevato dalla relazione della Corte dei conti;
analogamente a quanto si è appena detto a proposito del personale dipendente, gran parte degli incarichi per consulenze e collaborazioni esterne cui la società ha fatto ricorso, con contratto di lavoro autonomo, è impegnato nelle attività di supporto tecnico alle direzioni generali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e gli oggetti di tali incarichi corrispondono a mansioni interne all'organizzazione o attinenti all'ordinario svolgimento dei compiti istituzionali del Ministero, circostanza che parrebbe determinare un mezzo improprio per non conformarsi alla limitazioni e alle condizioni per il conferimento di incarichi per prestazioni di servizi;
in fase di conversione del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, la legge 7 agosto n. 135 all'articolo 4, comma 3 (Riduzione di spese, messa in liquidazione e privatizzazione di società pubbliche) ha previsto che le norme sullo scioglimento delle società in house di cui al comma 1 non si applicano società come la SOGESID, in quanto produttrice di servizi di interesse generale, strumentali al perseguimento delle finalità istituzionali del Ministero;
il 26 agosto 2014 è stato nominato nuovo Presidente della Sogesid l'ingegner Marco Staderini, già amministratore delegato e Presidente di Lottomatica, presidente della Sogei, presidente dell'Inpdap, per due volte membro del consiglio di amministrazione della Rai e amministratore delegato dell'Acea spa; secondo quanto scritto in un articolo apparso sull’Espresso del 30 ottobre 2014, a firma Marco Damilano «...ancora nel 2014, mentre il Governo imponeva nuovi tagli agli uffici statali, SOGESID ha potuto spendere due milioni e 617 mila euro in consulenti»;
in risposta all'interrogazione n. 5-00526 in VIII Commissione, il rappresentante del Governo in merito ai quesiti posti dagli interroganti ha affermato: «Tali tematiche sono tra le priorità poste all'attenzione e allo studio del Ministero. Infatti è attribuito particolare rilievo, tra i diversi obiettivi: 1) alla necessità di rafforzare il «controllo analogo» e 2) alla opportunità di revisionare i rapporti convenzionali posti in essere con la predetta società –:
quali siano le azioni che il Ministero abbia intrapreso per rafforzare il controllo analogo sulla gestione della SOGESID e se siano stati revisionati i rapporti convenzionali posti in essere con la predetta società;
quante unità di personale esterno, dipendente dalla SOGESID, operino attualmente e con quali mansioni per prestazioni a supporto tecnico delle attività istituzionali del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
in base a quali criteri e competenze sia stato nominato il nuovo presidente della SOGESID spa ingegner Staderini;
quali siano, alla luce di quanto esposto in premessa, gli intendimenti del Ministro in merito al futuro della SOGESID ed in particolare come intenda garantire che le risorse trasferite alla società siano realmente investite per interventi risolutivi delle tante emergenze ambientali di cui il Paese è investito. (5-04166)
Interrogazioni a risposta scritta:
PES. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
sebbene l'uso dell'amianto, dichiarato cancerogeno dalla comunità scientifica internazionale già negli anni Sessanta, sia stato vietato nel nostro Paese con la legge n. 257 del 1992), la sua pericolosa eredità rimane tuttora, soprattutto a causa del lungo periodo di latenza delle malattie asbesto-correlate, in particolare del mesotelioma, uno dei tumori più aggressivi: passano perfino 40-45 anni tra l'inizio dell'esposizione all'amianto e il momento in cui si manifesta la malattia;
in Sardegna, la provincia di Oristano è stata la zona di maggior concentrazione di fabbriche per la lavorazione dell'amianto, la Sarda, gruppo Eternit in città e la Cèma sarda a Marrubiu, che producevano manufatti di cemento-amianto e derivati, sono state dismesse nei primi anni degli anni 90’, ma fino a tale data il minerale è stato largamente utilizzato non solo nelle strutture industriali, commerciali e zootecniche, ma anche nelle abitazioni e nelle strutture pubbliche quali asili, scuole, palestre, tribunali, ospedali e condutture idriche ad uso agricolo e potabile;
i cittadini di Oristano, tra cui alcuni ex lavoratori delle fabbriche citate, si sono costituiti in Associazione denunciando gli effetti nocivi causati all'esposizione diretta e indiretta del minerale e chiedendo finanziamenti finalizzati e adeguati alla bonifica dei siti inquinati, più controlli sanitari e riconoscimenti più ampi, estesi anche ai familiari dei lavoratori che sono stati a contatto con l'amianto e agli abitanti dei centri vicini alle fabbriche;
la consistenza fibrosa dell'amianto rilascia nell'aria fibre inalabili che possono causare gravi danni, principalmente all'apparato respiratorio, ma, come ricordato, l'incubazione della malattia può essere lunghissima, secondo l'Istituto superiore della sanità, il picco di mortalità per amianto potrebbe avvenire dal 2015 e 2020, o perfino nel 2040 e non colpisce solo gli ex lavoratori, ma anche i loro familiari, o i cittadini che vivono nelle vicinanze dei territori inquinati e quindi l'emergenza amianto non è finita con la chiusura delle fabbriche;
per portare a compimento la lotta contro l'amianto occorre urgentemente bonificare il territorio, dopo aver realizzato una puntuale mappatura della presenza del minerale e dei suoi derivati nel suolo e nell'ambiente e individuato le discariche specializzate in cui saranno trasferite le fibre tossiche, dopo averle «resinate», ossia fuse –:
se nel piano settennale di bonifica dei siti inquinati dall'Eternit, annunciato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, siano previsti fondi di bonifica per la Sardegna e in particolare per Oristano dove era presente la fabbrica Sardit, gruppo Eternit;
attraverso quali misure saranno individuati in modo inequivocabile i siti da bonificare;
se le misure adottate per Casale Monferrato potranno essere estese anche alla Sardegna, in particolare ad Oristano, in considerazione del fatto che, alla pari di altri territori nazionali, la città ancora piange le vittime dell'amianto il cui numero potrebbe aumentare. (4-07050)
SCOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
il 26 novembre 2014 un vasto invaso, nel quale erano stati abbandonati negli ultimi tempi rifiuti di ogni tipo, è stato sequestrato dalla polizia nella zona di via Ripuaria a Giugliano, in provincia di Napoli;
nella discarica i poliziotti sono stati ritrovati scarti di amianto, fusti contenenti liquidi la cui natura deve essere accertata e numerosi pneumatici di auto e camion;
le indagini sono partite a seguito di una serie di segnalazioni di roghi tossici nell'area, appiccati soprattutto nelle ore notturne;
tali roghi sprigionavano nell'aria fumi maleodoranti, come ripetutamente denunciato dalle associazioni ambientaliste della zona;
i rifiuti speciali in questione erano disseminati per oltre un chilometro;
i fatti narrati sono riportati nell'articolo pubblicato dall'edizione online del quotidiano «Il Mattino» del 26 novembre 2014 dal titolo «Giugliano. Discarica abusiva: la polizia sequestra un chilometro di strada» e nell'articolo pubblicato dall'edizione online del quotidiano «La Repubblica» del 26 novembre 2014 dal titolo «Giugliano, sequestrata discarica in via Ripuaria» –:
quali iniziative intenda assumere per contribuire a fare chiarezza sulla situazione;
se non ritenga doveroso aumentare i controlli per non permettere ulteriori sversamenti in quell'area;
se non ritenga urgente assumere iniziative al fine di agevolare tutte le azioni necessarie al recupero della grave situazione ambientale in essere. (4-07052)
PALAZZOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
nel territorio del comune di Comiso, precisamente in contrada Porrazzito, da tempo si registra l'emissione di fumi provenienti dalla combustione sotterranea di rifiuti;
l'area interessata risulterebbe di notevole estensione, circa 10.000 metri quadri, e sarebbe stata utilizzata come area di scavo ed estrazione;
il terreno in oggetto è già stato interessato da ordinanza di sequestro da parte della procura di Gela nel corso degli anni 2009 e 2010;
dai rilievi effettuati in data 2 ottobre 2014 dalla polizia provinciale di Ragusa, dall'ARPA, e corpo dei vigili del fuoco appare plausibile ipotizzare la presenza di rifiuti di origine plastica e materiale, di scarto di varie attività produttive che si sono svolte nel territorio del comune di Comiso. Ciò farebbe ritenere possibile la presenza di rifiuti altamente inquinanti;
in data 21 ottobre 2014 il comitato «No Terra dei fuochi – Comiso» ha inoltrato esposto alla procura di Ragusa in merito alla situazione rappresentata;
in data 24 novembre 2014 presso la prefettura di Ragusa si è svolto un tavolo tecnico sulla situazione di contrada Porrazzito alla presenza di rappresentanti dell'ARPA, vigili del fuoco, polizia provinciale di Ragusa, comune di Comiso, comitato «No Terra dei Fuochi-Comiso» nel corso del quale sono emerse notevoli preoccupazioni sulla situazione in essere;
il comune di Comiso ha, fino ad oggi, operato per quanto di propria competenza per arginare il fenomeno delle emissioni tramite l'allocazione di terreno vegetale, sabbia e altro materiale idoneo alle operazioni miranti a sarcire le fessurazioni prodottesi nei fronti più avanzati da dove fuoriescono i fumi di combustione;
tali misure, per quanto necessarie e preliminari, non possono essere intese come reale operazione di bonifica dell'area;
contrada Porrazzitto risulta massicciamente inurbata, con la presenza di numerose costruzioni ad uso abitativo e confinante con importanti aree agricole;
da fonti di stampa risulta confermata, a seguito delle rilevazioni effettuate dall'ARPA sulla natura dei fumi di combustione, la presenza di elevate dosi di diossina e altre sostanze dannose per l'uomo e le coltivazioni –:
se il Ministro interrogato intenda svolgere adeguato approfondimento sulla situazione di contrada Porrazzitto anche per il tramite del Comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente;
se e quali iniziative siano state messe in opera per verificare l'eventuale inquinamento delle produzioni agricole della zona;
se non ritenga urgente assumere iniziative al fine di agevolare tutte le azioni necessarie al recupero della grave situazione ambientale in essere. (4-07053)
CARFAGNA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
da recenti notizie di stampa si è appreso del rinvenimento di un vasto invaso, nel quale erano stati abbandonati negli ultimi tempi rifiuti di ogni tipo è stata sequestrata oggi dagli agenti della polizia a Giugliano (Napoli), nella zona di via Ripuaria;
nella discarica i poliziotti hanno trovato scarti di amianto, fusti contenenti liquidi (la cui natura deve essere accertata) e numerosi pneumatici di auto e camion. Le indagini, coordinate dal dirigente Pasquale Trocino, sono state avviate dopo la segnalazione di roghi tossici in zona;
ancora una volta, il territorio campano si trova coinvolti in eventi delittuosi riguardanti le ecomafie. Peraltro numerosi studi, tra questi quello commissariato dal dipartimento della protezione civile e predisposto dall'Organizzazione mondiale della sanità, dall'Istituto superiore di sanità, dal Consiglio nazionale delle ricerche e dall'Osservatorio epidemiologico della regione Campania, o alcuni più recenti svolti dall'università di Napoli Federico II, hanno chiaramente stabilito il nesso che ci sarebbe tra l'incremento dei tumori in alcune aree della Campania e la presenza di discariche illegali e di rifiuti tossici interrati e bruciati illegalmente nella regione –:
se i Ministri interrogati non intendano avviare con il coinvolgimento dell'Istituto superiore di sanità e del Consiglio nazionale delle ricerche, nonché dei competenti organi ed enti territoriali, un'indagine accurata sulla salubrità dei terreni, delle falde acquifere e dell'aria nelle aree più direttamente interessate dallo sversamento illegale di rifiuti tossici e attualmente note, anche al fine di prevenire allarmismi generalizzati che possono danneggiare il settore agroalimentare campano, che rappresenta uno dei pilastri dell'economia regionale. (4-07054)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interrogazioni a risposta in Commissione:
PILI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
l'11 dicembre 2014 a New York nella sede della nota casa d'aste Christie's verrà messa in vendita una statua di marmo dalle forme morbide e levigate che raffigura una Dea madre;
si tratta di un'opera d'arte straordinaria della civiltà prenuragica con una storia di 4.500 anni;
l'opera appartiene alla «Cultura di Ozieri» e risale a prima del 2500 avanti Cristo;
il valore stimato è tra gli 800 mila e il milione e 200 mila dollari;
la casa d'aste internazionale mette in vendita la preziosissima scultura prenuragica alta 34 centimetri;
la statua è l'oggetto più pregiato di un lotto composto da una decina di sculture e vasi espressione delle diverse culture mediterranee;
è indispensabile bloccare immediatamente la vendita della Dea Madre che peraltro non risulterebbe essere stata censita come prescritto dalla legge;
si tratta pertanto di beni sottratti, illegalmente al patrimonio nuragico della Sardegna;
per questo motivo va restituita alla Sardegna;
il Governo italiano deve secondo l'interrogante intervenire immediatamente sull'amministrazione americana per bloccare l'asta dell'11 dicembre prossimo a New York;
appare evidente che non si tratta di un pezzo pregiato da vendere, ma di beni sottratti illegalmente alla Sardegna e ai sardi;
un Governo autorevole e serio deve intervenire con tutti i poteri a sua disposizione per bloccare questa vergognosa vendita che offende la storia della Sardegna e dei Sardi;
si tratta di un cimelio unico nel suo genere dell'età prenuragica con 4.500 anni di vita;
nei mesi scorsi il sottoscritto interrogante aveva denunciato la vendita nei siti Internet di 5 straordinari reperti archeologici;
tra Londra e New York si svende la civiltà nuragica senza che nessuno intervenga per contrastare questa gravissima lesione;
tutto questo è semplicemente inaccettabile;
la restituzione della Dea Madre è un atto dovuto e l'amministrazione americana non può consentire questo sfregio alla cultura e alla storia della Sardegna;
i sardi si attendono una risposta urgente e risolutiva da parte del Governo italiano nei confronti degli Stati Uniti;
occorre attivare tutte le convenzioni internazionali che vietano questo tipo di compravendite di beni archeologici presumibilmente usciti illecitamente dall'Italia;
non si può consentire che tombaroli e ladri per eccellenza la facciano franca. È vietato vendere beni culturali illecitamente esportati e il Governo americano con quello italiano devono impedire che questo furto diventi oggetto di gallerie private;
occorre disporre con urgenza una più ampia ricognizione per far restituire alla Sardegna tutto il materiale detenuto da privati o da gallerie;
non è ammissibile che i beni culturali si occupino di proporre inaccettabili trasferimenti dei Giganti di Mont'e Prama al Quirinale e non facciano niente per impedire che pezzi pregiati della civiltà nuragica vengano svenduti in giro per il mondo –:
se non ritenga di dover immediatamente intervenire con tutti i propri poteri e attraverso le relazioni diplomatiche con il Governo americano per l'immediata restituzione della statuetta della Dea Madre;
se non ritenga di chiedere l'ausilio delle stesse unità investigative per risalire alla sottrazione della statua dal patrimonio archeologico della Sardegna;
se non ritenga di dover avviare una ricognizione puntuale su tutti i reperti archeologici posseduti a vario titolo da privati e collezioni pubbliche relativi alla civiltà nuragica e assumere le necessarie iniziative per l'immediata restituzione degli stessi al patrimonio della Sardegna.
(5-04158)
DI BENEDETTO, MANNINO, MARZANA, BATTELLI, BRESCIA, D'UVA, LUIGI GALLO, VACCA e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
l'abbazia di San Giusto al Pinone, sita nel comune di Carmignano, fu fondata nell'XI secolo dai monaci cluniacensi, come ospizio per i pellegrini che percorrevano la via che portava a Santiago di Compostela;
la chiesa rende testimonianza di quest'unione millenaria tra Italia ed Europa nella sua particolarissima forma architettonica, che ricorda lo stile romanico catalano, come dimostra il confronto tra le sue absidi e quelle della chiesa di Santa Maria de Gràcia alla Tossa de Montbui, che si trova a Barcellona;
la chiesa di San Giusto era stata donata dal proprietario al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il quale, per ragioni di ubicazione, e di convenienza locale, aveva lasciato la custodia della stessa all'autorità comunale, al fine di favorirne la cura, lo studio e diffonderne la fama;
dei citati nobili intenti e dell'antico splendore oggi non rimane traccia. Al contrario, la chiesa è stata abbandonata e lasciata al degrado. Continua a morire e a sgretolarsi, pioggia dopo pioggia;
per questi motivi, l'assessorato alla cultura del comune sul quale insiste il monumento si appella allo Stato, che ne è proprietario, per salvarlo dall'imminente sgretolamento. Nessuna risposta arriva dalle istituzioni: né la direzione generale (che a giorni sarà soppressa per via della riforma del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, né la soprintendenza architettonica di Firenze si sono fatte carico del restauro se non in misura insufficiente;
al contrario la chiesa dovrebbe riappropriarsi dell'antica destinazione, tornando ad essere meta dei pellegrini che percorrono le vie d'Europa. In tal modo anche la località di Carmignano potrebbe tornare ad avere lustro e decoro –:
se il Ministro intenda intervenire d'urgenza innanzitutto per evitare il crollo annunciato nelle vele del transetto destro della chiesa;
se intenda intervenire d'urgenza per fermare il declino della chiesa di San Giusto, facendo rivivere il suo antico splendore. (5-04160)
Interrogazione a risposta scritta:
MINNUCCI, TIDEI, MICCOLI, GREGORI, MARRONI, FERRO, META e BONACCORSI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
a partire dagli anni ‘80, la soprintendenza per i beni archeologici di Ostia ha avviato una complessa operazione di recupero e restauro dell'area archeologica dei porti di Claudio e Traiano e dell'antica città di Portus, unico esempio di città portuale imperiale dell'ampiezza presunta di circa 65 ettari, nella prospettiva di collegare tale area alle realtà archeologiche pubbliche di Isola Sacra, Ostia Antica e Ville Costiere;
tale operazione veniva attuata anche grazie alla possibilità di fare ricorso ai finanziamenti straordinari della legge 92 del 1981 «Provvedimenti urgenti per la protezione del patrimonio archeologico di Roma» ed a quelli del «Fondo Investimenti ed Occupazione (cosiddetti Fondi F.I.O)» del Ministero del bilancio;
in un primo momento il progetto riguardava un'area territoriale corrispondente al massimo sviluppo urbano della città antica, individuando «cinque comparti di intervento» per una programmazione e attuazione graduata dell'intero progetto di tutela e valorizzazione;
presupposto per la realizzazione di questa prima fase, era la demanializzazione per il pubblico godimento dell'intera area archeologica di Porto, mediante procedimento di esproprio, al fine della creazione di un «parco archeologico controllato» nei primi tre comparti del progetto;
attraverso i finanziamenti F.I.O. per l'anno 1988 – 1989, pertanto, la Soprintendenza archeologica di Ostia elaborava il progetto attuativo per la realizzazione del Parco di Porto, e nel dicembre 1989 veniva acquisite al demanio dello Stato circa 33 ettari del complesso portuale, per le aree rientranti nei primi due comparti del progetto, e con l'occasione venivano consolidati e restaurati i resti monumentali presenti nell'area, tra cui il grande portico di Claudio e i magazzini traianei;
nel 1991, invece, iniziava l'esproprio del terzo comparto, comprendente il bacino esagonale del Porto di Traiano, e nel 1994 la soprintendenza di Ostia provvedeva alla formale occupazione dell'area;
il progetto di completamento del parco del sistema portuale di Roma Imperiale, però, si interrompeva nel 1996 per un vizio di forma rilevato davanti al Consiglio di Stato che disponeva l'annullamento della procedura di esproprio di circa 61 ettari dell'area portuale della Roma Imperiale e della città di Portus;
attualmente l'area demanializzata degli scavi è gestita dalla soprintendenza di Roma ed è passata da 3500 visite (a fronte comunque delle 300.000 annue di Ostia Antica) a 7000 presenze nell'anno 2013 – 2014 grazie all'amministrazione del comune di Fiumicino che ha organizzato nelle predette aree diverse iniziative culturali nel periodo estivo;
restano però problemi logistici quali la mancanza di parcheggi e di mezzi pubblici che facilitino l'accesso agli scavi, nonché di personale addetto visto che l'intera zona archeologica è gestita al momento solo da volontari;
peraltro, a fronte di queste mancanze strutturali vi è comunque una cospicua attività di scavo nella zona, con campagne di ricerca attivate dalla stessa Soprintendenza, dalla British School of Rome, dalle università di Cambridge e Southampton, nonché da un gruppo di archeologi francesi;
in relazione a queste campagne sono presenti laboratori di servizio agli scavi visitabili dal pubblico, mentre la parte privata del bacino esagonale, di proprietà della famiglia Cesarini – Sforza, è visitata da scolaresche ed è fornita da centri ristoro, capanno per l'osservazione di uccelli, calessi per il giro turistico dello specchio d'acqua;
inoltre, da circa un anno è stato attivato, grazie alla collaborazione tra il, comune di Fiumicino e il Xo Municipio di Roma, un comitato promotore per il parco archeologico Fiumicino – Ostia Antica composto da rappresentanze di quasi tutti i partiti di ogni schieramento, sindacati, comitati di quartiere, pro loco, associazioni culturali e di categoria che, fra le sue prime iniziative, ha raccolto 10.000 firme rivolte alla regione Lazio per chiedere al Presidente Zingaretti di inserire l'intera area Archeologica fra Ostia e Fiumicino nei propri obiettivi relativamente alla richiesta di finanziamenti comunitari;
il comune di Fiumicino, inoltre, ha organizzato un servizio di navette denominato «Archeobus» dall'aerostazione dell'Aeroporto Leonardo Da Vinci verso i siti di Fiumicino e Ostia Antica, ma per quanto riguarda i primi il servizio trova delle difficoltà in quanto sono visitabili solo su appuntamento;
è opportuno sottolineare che in questo momento i territori di Fiumicino e dei Municipi limitrofi stanno attraversando un periodo di crisi economica legata alle difficoltà dei traffici aeroportuali della compagnia di bandiera;
pertanto, la presenza di una vasta area archeologica a ridosso dell'aeroporto, di importanti linee direttrici e di trasporto pubblico su ferro e di un'area che vedrà presto la costruzione di un importante porto commerciale che ospiterà l'attracco di navi da crociera, rappresenterebbe un importante fonte di lavoro grazie al suo utilizzo turistico e la sua valorizzazione –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della vicenda relativa alla mancata apertura definitiva e continuativa dei siti dei porti imperiali di Claudio e Traiano e della necropoli di Porto, e sia a conoscenza delle relative motivazioni, anche alla luce del decreto n. 179 del 2012;
se il Ministro interrogato intenda attuare delle procedure secondo legge al fine di affidare ad imprese, soprattutto quelle legate alla realtà produttiva del territorio vista la profonda crisi sopra descritta, la gestione e manutenzione delle aree archeologiche in oggetto. (4-07060)
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta in Commissione:
MAESTRI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il 29 ottobre 2014 presso l'aula Mossini del tribunale di Parma si è svolto un incontro dei vertici della magistratura cittadina in vista dell'assemblea generale dell'Associazione nazionale magistrati fissata a Roma per il 9 novembre. L'incontro è stata l'occasione per il presidente del tribunale, per il procuratore capo e per i magistrati per denunciare le gravi difficoltà in cui si trovano ad operare gli uffici giudiziari di Parma;
come riportato dalla stampa locale, il tribunale di Parma è ancora fortemente gravato dalle decine di processi civili e penali scaturiti dal crac Parmalat su cui sono ancora oggi impegnati 3 giudici su un organico di 5 che rischiano di diventare 4 nel 2015 per il pensionamento di un magistrato. La situazione è inoltre destinata ad aggravarsi per l'apertura di altri filoni scaturiti dal crac e l'avvio di alcuni altri importanti procedimenti;
l'organico dei magistrati, soprattutto nel settore penale, è scoperto per il 20 per cento ma per ben due volte il concorso indetto dal CSM per coprire i posti vacanti non ha avuto risposte tanto da indurre i magistrati in servizio a ritirare le proprie legittime richieste di trasferimento da Parma. Del 22 per cento sono scoperte le posizioni del personale amministrativo;
il settore civile è gravato da migliaia di procedimenti arretrati e di nuova presentazione e la sezione penale rischia di non trovarsi più nelle condizioni di celebrare adeguatamente i processi per direttissima o i procedimenti ai detenuti;
sulla base di quanto riportato dalla stampa locale, la procura sconta oltre 14 mila processi pendenti a fronte di un organico completo ma di soli 8 magistrati: insufficiente per far fronte e smaltire tale carico di lavoro –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta e di quali azioni intenda farsi promotore per quanto di competenza per rispondere al grido d'allarme lanciato congiuntamente dal presidente del tribunale, dal procuratore e dai magistrati di Parma che si trovano oggi in estrema difficoltà nel far fronte all'arretrato e ai nuovi procedimenti;
se non ritenga di riconsiderare la dotazione organica del tribunale di Parma che parrebbe essere strutturalmente inadeguata rispetto alle esigenze del territorio provinciale. (5-04164)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazioni a risposta in Commissione:
FIORIO, BARGERO e GRIBAUDO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
con il decreto del Presidente della Repubblica numero 151 del 30 luglio 2012, dal 15 settembre 2012, è in vigore in Italia il nuovo contrassegno di parcheggio per disabili «europeo» che consente anche ai cittadini italiani, dotati dei previsti requisiti, di ottenere il rilascio di un contrassegno che ne agevoli la mobilità stradale in tutti i Paesi dell'Unione europea;
il contrassegno europeo è stato introdotto dalla raccomandazione del Consiglio dell'Unione europea n. 98/376/CE del 4 giugno 1998, che prevede che i contrassegni auto per i disabili abbiano caratteristiche uniformi e vengano riconosciuti da tutti gli Stati membri per facilitare gli spostamenti in auto dei loro titolari. Resta comunque agli Stati membri il compito di rilasciare il contrassegno in base alla propria definizione di disabilità e secondo le modalità e procedure da loro scelte. Il nuovo contrassegno non è vincolato a uno specifico veicolo perché ha natura strettamente personale quindi non cedibile. Deve essere usato solo ed esclusivamente se l'intestatario del contrassegno è a bordo, alla guida o accompagnato da terzi;
in Italia, secondo quanto disposto dal codice della strada, il contrassegno per i disabili viene rilasciato da comune di residenza ed è valido ed utilizzabile su tutto il territorio nazionale;
tale contrassegno consente, nello specifico, alla persona disabile di circolare, pur nel rispetto di alcune limitazioni, nelle zone a traffico limitato (Ztl), nella zone a traffico controllato (Ztc), nelle aree pedonali urbane (Apu), nelle vie e corsie preferenziali di tutti i comuni d'Italia;
va però specificato che tale diritto di accesso è regolamentato in maniera differente da comune a comune. Infatti, in alcuni casi è sufficiente l'esposizione del contrassegno mentre in altri, soprattutto se sono presenti varchi elettronici, occorre preventivamente comunicare il numero della targa del veicolo. In caso contrario potrebbe infatti arrivare una impropria sanzione, per cui si dovrebbe successivamente fare ricorso al prefetto o giudice di pace del comune in questione;
risulta quindi evidente come la molteplice difformità dei regolamenti comunali crei un tangibile ostacolo alla piena e corretta fruizione, da parte dei cittadini disabili, del contrassegno degli autoveicoli e quindi una palese violazione del loro diritto alla mobilità, sancito sia dalla legislazione italiana che da quella comunitaria;
va specificato come nella «Delega al Governo per la riforma del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285» (approvata alla Camera dei Deputati ed attualmente in discussione al Senato) sono presenti norme, all'articolo 2, comma 1, lettera d), che prevedono la «revisione e rafforzamento delle misure finalizzate allo sviluppo della mobilità sostenibile e al miglioramento della sicurezza stradale in ambito urbano, con particolare riferimento all'utenza vulnerabile», tra cui anche i «disabili» –:
se il Governo non ritenga utile, in relazione a quanto espresso in premessa, promuovere per quanto di loro competenza ed in particolare attraverso la citata legge delega per la riforma del codice della strada, misure che promuovano un regolamento uniforme, su tutto il territorio nazionale, per l'utilizzo del contrassegno dei disabili per la mobilità stradale che sia realmente in grado di rispettare i diritti riconosciuti delle categorie deboli. (5-04163)
DE ROSA, BUSTO, DAGA, MANNINO, MICILLO, TERZONI, SEGONI e ZOLEZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
nella città di Monza è stato realizzato da comune, ANAS spa e Salini Impregilo spa un «controviale» nel tratto sud di viale Lombardia, là dove emerge il tunnel viabilistico di recente realizzazione da parte di ANAS;
all'altezza dell'attività commerciale «Mobil Money» è stata realizzata una 4a corsia di circa 250 metri, in direzione Milano, che garantisce l'immissione sulla strada statale 36 del traffico proveniente dalla rotonda di S. Fruttuoso, riducendo in modo importante e pericoloso l'agibilità del controviale sud di viale Lombardia;
tale pericolosità si è manifestata, purtroppo, nel mese di marzo 2014 a seguito di un grave incidente in cui sono state distrutte 7 auto (Il Cittadino, 20 marzo 2014, pagina 15);
tale modifica viaria preclude ai mezzi di soccorso (ambulanze, vigili del fuoco) la possibilità di accesso i condomini e agli altri immobili commerciali;
i TIR in uscita da Mobil Money sono costretti ad immettersi direttamente nella strada statale 36, scavalcando le barriere con alto rischio di provocare incidenti;
a seguito del restringimento dell'asse viario sono state, inoltre, abolite tutte le fermate della linea Z222, che collega Monza alla stazione ferroviaria e alla metropolitana di Sesto S. Giovanni, in quanto i bus non hanno spazio sufficiente al transito ed è stata preclusa la realizzazione di una pista ciclabile;
i cittadini hanno presentato due esposti al comune di Monza, il primo protocollato in data 7 maggio 2013 e il secondo in data 8 aprile 2014, corredati entrambi da più di mille firme, senza ottenere risposte –:
se il Governo non ritenga opportuno salvaguardare la sicurezza e la salute dei cittadini, disponendo con l'ANAS una attenta valutazione di fattibilità tecnica in merito all'allargamento del controviale tramite l'acquisizione della 4a corsia della strada statale 36, spostando quindi l'immissione dei veicoli provenienti dalla rotonda di San Fruttuoso in fondo a viale Lombardia, dopo via De Vizzi, dove vi è anche lo spazio per creare una piccola isola di separazione dei flussi, quelli in direzione Cinisello Balsamo e tangenziale nord, e quelli in direzione Milano e autostrada, considerato che tale variante consentirebbe di risolvere le problematiche sopraesposte rendendo possibile il parcheggio e la sosta delle auto, la creazione di una pista ciclabile, il transito dei mezzi di soccorso e di quelli pubblici di collegamento con l'interscambio di Sesto S. Giovanni, e infine la salvaguardia dell'incolumità dei pedoni, il tutto senza pregiudicare la viabilità in direzione sud e nord di viale Lombardia, garantendo il mantenimento delle attuali 3 corsie su ambo i lati. (5-04167)
Interrogazioni a risposta scritta:
LATRONICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'interrogante il 22 luglio 2014 ha presentato l'interrogazione n. 4-05618 relativa all'adeguamento e all'efficienza dei servizi sulla linea ferroviaria Taranto-Metaponto-Roma;
il trasporto pubblico in Basilicata, lungo la tratta Taranto-Metaponto-Roma registra notevoli disagi che si sono andati aggravando nei mesi determinando gravi disservizi, ritardi e pessime condizioni del servizio reso per i pendolari;
le condizioni del trasporto pubblico ferroviario sulla tratta sono state descritte più volte dalla stampa locale con titoli riguardanti le ore perdute dai pendolari nelle stazioni in attesa dei treni, nonché i disservizi dovuti al pessimo stato della manutenzione e della pulizia delle carrozze, alle condizioni igieniche precarie;
la settimana scorsa l’Intercity 707 partito da Metaponto alle 8.39 e diretto a Roma, si è fermato alla stazione di Calciano perché slittava sui binari, non riusciva a transitare e i passeggeri sono stati costretti a fermarsi nella piccola stazione senza servizi e il minimo ristoro;
non una frana o altro ostacolo imprevedibile ad arrestarne la marcia, ma il convoglio ha cominciato a slittare sui binari; il treno torna indietro, prende la rincorsa ma, nonostante l'abbrivio, deve definitivamente spegnere i motori; le persone sono state costrette ad attendere altri treni o bus sostitutivi stipati nella sale d'attesa di stazioni abbandonate, e che non riescono a raggiungere la destinazione nei tempi prefissati ma con ore di ritardo;
per i treni a lunga percorrenza, come l’Intercity, è del tutto evidente l'inadeguatezza dei mezzi che attraversano la Basilicata, spesso incapaci di superare le pendenze del territorio;
disservizi che si verificano sono solo la conferma del quadro di sistematiche inefficienze di Trenitalia in Basilicata e dello svantaggio infrastrutturale in cui si realizzano i servizi ferroviari nel territorio lucano; alla Basilicata deve essere garantito un trasporto ferroviario di qualità, efficiente che colleghi la regione verso le città che sono servite dall'alta velocità, Salerno, Napoli, Bari, Taranto, per accorciare i tempi di percorrenza –:
quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza, sulla vicenda descritta in premessa al fine di ripristinare la regolarità del funzionamento del servizio ferroviario in Basilicata. (4-07058)
CRIVELLARI e CARRA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la direttiva 2005/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005, contenente le norme per l'introduzione e l'uso, nella comunità, di servizi di informazione fluviale (RIS) armonizzati a sostegno del trasporto per vie navigabili interne, allo scopo di accrescerne la sicurezza, la protezione, l'efficacia e la compatibilità ambientale non è ancora stata introdotta nell'ordinamento italiano;
la legge italiana n. 16 del 2000 ha recepito l'accordo ONU-Comunità europea con la catalogazione della rete e dei porti della navigazione interna di rilevanza internazionale ed europea prevedendo l'adeguamento degli standard comunitari e mettendo in evidenza come la rete della navigazione interna sia composta anche dalla fascia costiera collegata con gli altri paesi europei adiacenti (Francia, Slovenia, Croazia, ecc.) senza dimenticare il caso dei laghi connessi con la Svizzera. Con ciò risulta evidente la connessione della rete della navigazione interna con altri porti stranieri;
i recenti documenti di riprogrammazione delle reti transeuropee hanno riconosciuto l'importanza strategica della rete della navigazione interna del nord Italia connessa ai corridoi plurimodali oggetto dei futuri finanziamenti;
nel medesimo ambito, vanno a comporre detto contesto normativo anche i seguenti articolati:
a) Regolamento (CE) n. 414/2007 della Commissione del 13 marzo 2007, contenente gli orientamenti tecnici per la programmazione, l'introduzione e l'uso operativo dei servizi d'informazione fluviale (RIS);
b) Regolamento (CE) n. 415/2007 della Commissione del 13 marzo 2007, contenente specifiche tecniche per i sistemi di localizzazione e monitoraggio dei natanti;
c) Regolamento (CE) n. 416/2007 della Commissione del 22 marzo 2007, contenente le specifiche tecniche relative agli avvisi ai naviganti;
d) Regolamento (UE) n. 164/2010 della Commissione 25 gennaio 2010, contenente le specifiche tecniche del sistema elettronico di segnalazione navale per la navigazione interna;
e) Regolamento di esecuzione (UE) n. 689/2012 della Commissione del 27 luglio 2012, recante modifica del regolamento (CE) n. 415/2007, relativo alle specifiche tecniche per i sistemi di localizzazione e monitoraggio dei natanti;
la normativa italiana risulta fortemente datata e segmentata tra diverse fonti normative e tra diversi soggetti attuatori. Di seguito si richiamano alcune principali fonti:
codice della navigazione, ed in particolare delle parti di esso volte a disciplinare l'esercizio e la disciplina della Navigazione interna; si tratta, più in dettaglio, delle norme riferite alla navigazione interna (articoli 21-26), alle zone portuali della navigazione interna (articoli 56-61), al pilotaggio della navigazione interna (articoli 97-100), al personale della navigazione interna (articoli 128-135), all'arrivo e partenza della navi della navigazione interna (articolo 184), all'esercizio della navigazione interna (articoli 225-231) molte delle quali trasferite alla competenza regionale come da decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, recante Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59 (cfr. in particolare l'articolo 105);
legge 29 novembre 1990, n. 380, recante Interventi per la realizzazione del sistema idroviario padano-veneto;
decreto ministeriale 25 giugno 1992 n. 729(50)380, recante l'individuazione della rete costituente sistema idroviario padano-veneto e l'approvazione del relativo piano pluriennale di attuazione;
decreto della direzione marittima Venezia n. 1 del 24 gennaio 2013 recante l'accordo tra MITT direzione marittima Venezia e Direzione Generale Territoriale del Nord Est, Regione del Veneto-Direzione Mobilità (rif: Decreto D.G. Territoriale del Nord Est D.D.N. 475/ V – Fasc.3.019 DGT Nord Est del 24/01/2013; Decreto Direzione Mobilità n. 15/62.01.02 del 24/01/2013) per la «Delimitazione delle zone di navigazione promiscua nella Regione Veneto»;
nel Workshop tenutosi a Roma, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il giorno 19 novembre 2013, sull'argomento «Il progetto R.I.S: risultati e prospettive» sono stati presentati i primi risultati del progetto cofinanziato dalla comunità europea che ha visto la partecipazione del Ministero, delle regioni interessate (Veneto, Emilia Romagna e Lombardia), oltre la sistemi territoriali spa, AIPO agenzia interregionale per il Po, Autorità portuale Venezia e provincia di Mantova; e che durante i lavori è emersa la proposta di recepimento della direttiva in oggetto oltre alla relativa progettazione del sistema;
il recepimento della direttiva RIS consentirà di introdurre nel nostro Paese, per la prima volta, una disciplina tecnicamente evoluta ed aggiornata dei collegamenti nave-terra e terra-nave, con specifico riguardo alla navigazione interna. Detta disciplina si avvale delle migliori tecnologie in materia di comunicazione mobile, di posizionamento/localizzazione satellitare e di rilevazioni radar. Dal momento che analoghe risorse tecnologiche sono disponibili a livello europeo, risulta necessario disciplinarne l'uso in maniera coordinata, al fine di garantire l'adozione di un sistema integrato omogeneo, funzionale a garantire lo sviluppo di un sistema transfrontaliero di trasporto per vie navigabili interne;
i servizi RIS consentiranno di allineare il settore del trasporto idroviario agli sviluppi recenti in materia di logistica e di gestione della catena di approvvigionamento, facilitando pertanto l'integrazione delle idrovie nella del trasporto intermodale, condizione necessaria per aumentare la quota modale di questo tipo di trasporto;
i servizi RIS consentono di sviluppare il trasporto per vie navigabili interne in maniera più trasparente, affidabile, flessibile e accessibile. Se abbinato a operazioni logistiche efficaci rispetto ai costi e rispettose dell'ambiente, lo sviluppo dei servizi RIS renderà il trasporto idroviario attraente dal punto di vista di una gestione moderna della rete di approvvigionamento;
i servizi RIS sono importanti per l'intero settore europeo della navigazione interna, ma il rilancio del trasporto per vie navigabili mediante l'attuazione dei servizi RIS presenta un interesse particolare alla luce dell'allargamento dell'Unione europea ai Paesi dell'Europa centrale e orientale;
la creazione di un sistema di servizi di informazione fluviale è inoltre suscettibile di garantire una migliore programmazione e una più efficiente gestione del traffico fluviale. Inoltre, determinerà effetti positivi sul piano della sicurezza e della conseguente efficienza dei trasporti, soprattutto ove riferiti a merci pericolose;
tanto le autorità pubbliche preposte alla disciplina del traffico, quanto i comandanti delle imbarcazioni godranno infatti di un ventaglio di informazioni assai più ampio e puntuale, con conseguente possibilità, per ambedue dette categorie di soggetti, di assumere le necessarie decisioni in maniera meditata e tempestiva;
tenuto conto che i documenti finali del R.I.S. hanno individuato la necessità di sviluppare approfondimenti per implementare la sicurezza delle merci pericolose, offrire servizio diportistico e altre evoluzioni dei servizi di sicurezza alla navigazione, i partner del progetto hanno ipotizzato la progettazione di un secondo modello progettuale denominato «R.I.S. 2» da cofinanziare attraverso i bandi europei per le reti transnazionali –:
quale sia lo stato del procedimento di recepimento della direttiva in questione e quali eventuali problemi ostino allo stesso;
quali iniziative intenda intraprendere ed in quali tempi al fine del recepimento della direttiva sopracitata, dato che il mancato recepimento potrebbe implicare la negazione del finanziamento al progetto menzionato «R.I.S. 2»;
se sia di interesse del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sulla base delle risultanze del lavoro svolto sino ad oggi, lo sviluppo del sistema RIS come strumento infrastrutturale per le reti idroviarie e le acque promiscue;
quali eventuali iniziative normative o decreti applicativi si rendano necessari per accompagnare adeguatamente il recepimento della direttiva con particolare riferimento alla legge n. 16 del 2000 relativa alla rete della navigazione interna, costiera e promiscua, alla luce della ridefinizione delle zone di navigazione promiscua adottata tra la direzione marittima di Venezia, direzione generale MITT Nord Est e regione Veneto in data 24 gennaio 2013.
(4-07067)
REALACCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
come lamentano alcune associazioni ambientaliste, tra cui Legambiente Veneto, e alcuni articoli di stampa locale e nazionale, ad esempio sul Sole 24 Ore, non sono bastati più di 50 anni per chiudere la pratica dell'idrovia Padova-Venezia;
i primi fondi per il collegamento fluviale tra le due città, 6,6 miliardi di lire, furono stanziati con la legge n. 92 del 1963; era previsto, poi, un ulteriore intervento di 1 miliardo di lire dai due comuni e dalle due province venete. Di soldi, nel tempo, ne sono stati spesi senza parsimonia. Ne furono stanziati da Stato, regione Veneto e ferrovie: dal 1976 sino al 1990, altri 47 miliardi e 143 milioni. Numeri presenti nello studio di fattibilità della regione Veneto in merito agli interventi per ultimare l'opera, che risale al luglio 2013, a mezzo secolo (1964) dal progetto generale del genio civile di Venezia;
in questi cinque decenni si è assistito alla costituzione del consorzio Idrovia Padova-Venezia tra i due comuni e le due province (1965; sciolto nel marzo 1988) e opere di vario genere ma non risulta allo scrivente che una chiatta commerciale abbia mai utilizzato il tracciato. Sono state realizzate conche di navigazione, ponti stradali e ferroviari, chiuse mobili, sottopassi, banchinaggi e sezioni di canale; ma l'asse idroviario risulta realizzato solo a tratti. Peraltro i lavori sono stati eseguiti prima della legge n. 16 del 2000 che ratifica un accordo europeo sulle vie navigabili: e che pone nuovi criteri relativi alle dimensioni dei canali e dei mezzi destinati ad attraversarli. Comunque sia, secondo lo studio, per completare il tracciato (oltre 27 chilometri, tra i Comuni di Padova, Saonara, Vigonovo, Strà, Fossò, Camponogara, Dolo, Mira e Venezia) in classe V (e cioè in regola con la normativa comunitaria) sono necessari 384 milioni di euro (nuovi tratti, ma anche espropri e altro), che diventano 461 milioni con opere aggiuntive per migliorare la necessaria e improrogabile messa in sicurezza idraulica del sistema Brenta-Bacchiglione;
l'idea iniziale era di un canale navigabile per il transito di merci tra laguna veneta e entroterra padano. Non sorprende che l'asse inizi dalle parti del terminal della società Interporto di Padova, centro logistico intermodale che si sviluppa su una superficie di oltre un milione di metri quadrati e oggi sottoutilizzato;
secondo quanto lamentato dalle associazioni ambientaliste non risultano nel bando per l'affidamento dell'incarico di redazione del progetto preliminare per il completamento dell'Idrovia Padova-Venezia pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea e anche su quella della Repubblica Italiana (5a Serie Speciale, n. 81 del 18 luglio) le seguenti caratteristiche progettuali:
a) il profilo della sicurezza idraulica, il canale deve essere progettato per una portata di almeno 400-450 metri cubi al secondo, in luogo dei 350 previsti che non garantiscono una sufficiente derivazione delle acque di piena del Brenta nel caso di coincidenti e frequenti fenomeni di piena del Bacchiglione ovvero per la messa in sicurezza del bacino idrografico del Veneto centrale;
b) sotto il profilo logistico è necessario che l'idrovia venga progettata non solo come semplice asse infrastrutturale di collegamento tra l'interporto di Padova e Venezia, ma come parte integrante dell'intero sistema idroviario padano che interessa Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna. Dal bando di gara non risulta, invece, tale finalità, né viene richiamata tra gli enti da consultare per la progettazione la spa sistemi territoriali, che è stata istituita nel 1983, con denominazione «Idrovie spa», proprio con lo scopo di realizzare un sistema integrato di navigazione interna a scala regionale. Tale sistema di navigazione integrato dovrebbe, a nostro avviso, funzionare in sinergia con il sistema portuale dell'alto e medio Adriatico, in un'ottica addirittura transfrontaliera, al fine di favorire il più possibile il trasporto acqueo delle merci, riducendo quello su gomma altamente inquinante, sul punto si richiamano le varie indagini sulle emissioni atmosferiche nella Valle Pedana, area geografica tra le più inquinate d'Europa;
la sopraddetta opera se collegata con l'esistente sottoutilizzato interporto di Padova contribuisce da un lato a ridurre l'elevato rischio idraulico che Interessa il territorio di pianura veneta attraversato dai fiumi Brenta e Bacchiglione e dall'altro a ridurre l'inquinamento atmosferico, sottraendo una significativa parte del traffico commerciale su gomma, già altamente inquinante e trasferendola, sulla modalità acquea. Questa seconda finalità, che comporterà anche sicuri vantaggi economici ed occupazionali, potrà essere conseguita se le politiche trasportistiche nazionali valorizzeranno il sistema idroviario padano mettendolo in sinergia con il sistema delle «autostrade del mare» e dei porti del medio e alto Adriatico;
il Ministro interrogato ha manifestato il proprio favore rispetto alla realizzazione dell'idrovia Padova-mare –:
di quali elementi disponga il Ministro interrogato e se non intenda subordinare ogni iniziativa di sostegno al citato progetto ad un'attenta verifica dell'adeguatezza del progetto in relazione alla migliore funzionalità e utilità dell'Idrovia Padova-Venezia alla luce della messa in sicurezza idraulica, dell'intermodalità con la rete stradale e logistica già esistente, ad esempio con l'Interporto di Padova e senza ulteriore piastre logistiche, e del minimo consumo di suolo. (4-07071)
BRANDOLIN e BLAZINA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
Italia Marittima Spa, è la più importante società italiana nel settore del trasporto contenitori (Gruppo Evergreen);
il Gruppo impiega in Italia circa 450 dipendenti tra personale marittimo e di terra, attualmente opera con una flotta di 13 navi armate (di proprietà, in leasing o a noleggio a scafo nudo), tutte iscritte al Registro internazionale e battenti bandiera italiana, oltre 26 navi in noleggio time charter: totale 39 navi;
le navi sono impiegate su tutte le principali rotte del traffico mondiale (Europa, Estremo Oriente, Nord e Sud America, Sud Africa Occidentale); la totalità del fatturato deriva dall'attività di trasporto internazionale di merci;
la società fa parte del gruppo Evergreen, con sede a Taiwan, il quarto operatore del settore a livello mondiale, l'Evergreen rilevò la società (allora Lloyd Triestino) dal gruppo Finmare nel 1998,
grazie agli investimenti effettuati dal gruppo Evergreen, Italia Marittima Spa ha visto il fatturato e gli utili crescere in modo regolare per un decennio fino alla crisi economica del 2009, che ha colpito in modo particolarmente severo il settore dello shopping e ha causato ingenti perdite a cui la Società ha potuto far fronte soltanto grazie all'azionista che è intervenuto con ripetuti apporti di capitale;
va notato che il Gruppo Evergreen, malgrado i risultati negativi degli ultimi, non ha proceduto ad alcun processo di ristrutturazione mantenendo inalterati i livelli occupazionali e è intenzionato ad investire nella società attribuendole un ruolo fondamentale per lo sviluppo dei traffici da/per il Mediterraneo; il risultato negativo del bilancio degli ultimi anni deriva dalle perdite che si registrano nel differenziale dei noleggi time charter) delle navi armate con equipaggi stranieri;
tutte le navi armate da Italia Marittima (5 di proprietà, 7 a noleggio a scafi nudo e 3 in leasing) sono iscritte al registro internazionale e navigano quindi con bandiera italiana;
in conseguenza di tale iscrizione la società accede ai numerosi benefici fiscali da anni introdotti dal legislatore italiano, coerenti alle politiche comunitarie relative ai trasporti internazionali via mare, che consentono di beneficiare di un trattamento fiscale competitivo rispetto a quello di Paesi esteri che storicamente hanno attratto il naviglio internazionale proprio in considerazione della competitività sul piano fiscale (fenomeno delle cosiddette bandiere di comodo);
l'iscrizione al registro internazionale comporta l'accesso al regime di tassazione forfettaria della tonnage tax ai fini IRES, la totale detassazione del reddito ai fini IRAP, la detassazione IRES ed IRAP anche delle plusvalenze relative alla cessione di navi di proprietà, lo sgravio integrale degli oneri contributivi relativi ai marittimi imbarcati a bordo delle navi e l'integrale detassazione dell'IRPEF dovuta dai marittimi imbarcati a bordo delle navi;
alcune settimane fa la Guardia di finanza ha fatto una ispezione presso Italia Marittima di Trieste e ha irrogato una sanzione di circa 60 milioni di euro, la compagnia marittima ha comunicato ai sindacati che nel caso in cui la sanzione sarà confermata trasferirà la sede legale e le, sue attività in altro Paese comunitario, è facile immaginare le gravi conseguenze per Trieste e per la regione Friuli;
la sanzione, se confermata, annullerebbe del tutto l'efficacia della tonnage tax, che fu introdotta circa dieci anni fa per consentire alla marineria di non subire una indebita concorrenza fiscale da parte del naviglio che batte bandiera di altri Stati comunitari nei quali 14 tonnage tax vige da molto tempo;
si ricorda che la presenza di un sistema di agevolazioni fiscali così fortemente strutturato è stato ritenuto dal legislatore indispensabile al fine di tutelare la competitività della bandiera italiana nei mercati internazionali in riferimento a un settore caratterizzato per sua natura dalla forte mobilità degli operatori –:
per quali ragioni la guardia di finanza abbia irrogato la sanzione indicata in premessa che, ad avviso degli interroganti, rischia di compromettere gli effetti di una legge dello Stato emanata dieci anni orsono proprio al fine di tutelare la competitività della bandiera italiana nei mercati internazionali. (4-07078)
INTERNO
Interrogazioni a risposta scritta:
BOCCADUTRI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
risulta da diverse testate giornalistiche, tra cui la testata online key4biz.it e gazzettadelmezzogiorno.it, che la prefettura di Lecce abbia lanciato «Digital Sinergy», un sistema completamente digitale di riscossione delle contravvenzioni effettuate sul territorio della provincia di Lecce;
tale sistema risulta aver portato a risultati molto proficui a costo zero per l'amministrazione, riducendo sensibilmente il tempo medio di lavorazione di ciascuna pratica, da 25 minuti a circa 3 minuti, contenendo costi e migliorando il rapporto cittadino-istituzioni;
il sistema ha consentito nei primi sei mesi di adozione l'immissione a ruolo per la riscossione di 27.101 pratiche relative a ordinanze e verbali per un importo di 10.442.215 euro, quando nei precedenti due anni con le tradizionali procedure le partire immesse erano state 9.843 per un importo pari a 6.957.007 euro;
tale sistema è stato adottato attuando i principi del Codice dell'amministrazione digitale (CAD) e garantendo una maggior trasparenza dell'istituzione e delle sue procedure –:
se, nell'ambito della valutazione di questa esperienza come best practice di digitalizzazione della Pubblica amministrazione, il Ministero dell'interno intenda valutare l'adozione di sistemi analoghi anche in altre prefetture. (4-07048)
MOLTENI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in seguito alla forte contrazione delle risorse assegnate al soddisfacimento dei cosiddetti consumi intermedi della pubblica amministrazione, i corpi dello Stato, come quello dei vigili del fuoco, stanno sperimentando un grave fenomeno di usura dei mezzi e decadimento del parco equipaggiamenti in dotazione;
tale realtà rischia di precludere a breve termine la funzionalità e l'efficacia del soccorso tecnico urgente in molte realtà locali;
il comando provinciale dei vigili del fuoco lamenta in particolare l'impossibilità, per carenza di risorse disponibili, di eseguire interventi essenziali di manutenzione sui propri City Fire 100 E 21, Iveco 190 S80 Stralis e sull'Autoscala ILK 37, necessitanti, rispettivamente, di lavori sulla meccanica, la carrozzeria e gli pneumatici; lavori meccanici e di carrozzeria; lavori sull'impianto di sicurezza elettronica;
il costo complessivo sarebbe pari poco più di 49.500 euro, dei quali 19 mila per il City Fire, 18 mila per l'Iveco 190 S80 Stralis e 1.500 per l'Autoscala –:
se il Governo intenda intervenire, quando e in che misura, per finanziare questi interventi essenziali senza i quali i vigili del fuoco della provincia di Como rischiano presto di essere condannati ad una ridotta operatività. (4-07055)
POLVERINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
la vigente normativa antimafia (decreto legislativo n. 159 del 2011) prevede che le pubbliche amministrazioni, gli enti e le aziende vigilate dallo Stato o da altro ente pubblico e le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico nonché i concessionari di opere pubbliche, prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti o e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici, ovvero prima di rilasciare o consentire i provvedimenti indicati nell'articolo 67, debbano acquisire dal soggetto interessato che la richiede alla prefettura competente, la documentazione antimafia di cui all'articolo 84 (comunicazioni e informazioni);
al fine di semplificare ed accelerare le procedure il dipartimento della funzione pubblica ha realizzato il SI.CE.ANT. (SItemaCErtificazioneANTimafia), affidandone al Formez l'attuazione;
il SI.CE.ANT., entrato in funzione nel marzo del 2008 presso le prefetture di Roma, Napoli e Catania e via via esteso a tutto il territorio nazionale, ha consentito, negli scorsi anni, alle amministrazioni ed alle stazioni appaltanti iscritte, di ottenere direttamente online le certificazioni saltando, quindi, una delle fasi più inutilmente prolissa del procedimento;
con il decreto legislativo n. 218 del 2012, sempre sulla base della legge n. 136 del 2012 che conferiva al Governo la delega in materia di normativa antimafia, il Governo ha introdotto modifiche al decreto legislativo n. 159 del 2011 la più importante delle quali, ai fini della problematica in esame, nella sostanza, anticipa l'entrata in vigore di alcune delle più importanti disposizioni fissandone la data al 13 febbraio 2013;
a tale data la Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia che è uno dei perni del sistema di rilascio delle documentazioni antimafia previste dal decreto legislativo n. 159 del 2011, non era stata ancora realizzata e non lo è ancora tuttora;
ciò ha indotto il capo di Gabinetto del Ministro dell'interno a emanare una circolare (11001/119/20(6) Uff. Il – Ord. Sic: Pub, del 08/02/2013 – allegata) nella quale, nel ribadire quanto statuito con il decreto legislativo n. 218 del 2012, si prescriveva che: «fino all'attivazione della nuova piattaforma informatica le Amministrazioni richiedenti dovranno richiedere la documentazione antimafia direttamente alle Prefetture competenti ai sensi degli artt. 87, commi 1 e 2, e 90, commi 1 e 2 del D.Lgs n. 159/2011» e che le prefetture «provvederanno a verificare – tramite i menzionati CED e, ove attivato SICEANT, nonché i propri atti di ufficio la sussistenza o meno delle situazioni controindicanti ...», ricordando, inoltre, che i tempi di rilascio della certificazione sono di massimo 45 giorni più altri 30 di eventuale comprovata necessità;
alla luce di quanto soprariassunto ed esposto viene meno il vantaggio offerto dal sistema SI.CE.ANT. in un periodo in cui le amministrazioni hanno necessità di assoluta rapidità delle procedure per la realizzazione dell'accelerazione della spesa (da più parti invocata e prescritta) per l'impegno dei fondi europei che altrimenti andrebbero persi –:
quali urgenti provvedimenti intendano adottare per rendere finalmente efficiente e rapido il sistema di certificazione antimafia. (4-07056)
CATALANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in data 31 ottobre 2014, a Bagheria, ignoti hanno incendiato l'autovettura dell'ispettore Alessandro Carollo;
il Nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Bagheria della legione Carabinieri Sicilia ha provveduto, alle ore 03.10 del giorno sopra indicato, al sequestro penale del mezzo;
in pari data, il danneggiato ha formalmente presentato denuncia contro ignoti, facendo mettere a verbale proprie dichiarazioni relative a danneggiamenti di minore entità che sarebbero avvenuti nel medesimo mese di ottobre 2014;
come si legge su La Repubblica del 2 novembre 2014, in un articolo a firma Emanuele Lauria, «Carollo è un ispettore delle Poste che ha denunciato alla polizia, già nel maggio scorso, il fenomeno delle assunzioni di figli e stretti congiunti di sindacalisti in azienda. La stessa parentopoli di cui Repubblica si è occupata nel giornale di martedì scorso. “Una pratica clientelare notoria a ogni livello”, ha ribadito Carollo ai carabinieri bagheresi venerdì mattina, rispondendo a una domanda sulle possibili cause dell'attentato subito. Ma non solo: lo stesso ispettore ha ricordato, nel verbale compilato dagli uomini dell'Arma, di aver collaborato con la procura di Palermo, nell'ambito dell'inchiesta Lost Pay che nel marzo del 2013 ha portato al sequestro di 72 agenzie di poste private»;
l'attività del predetto ispettore è già stata citata in svariati atti di sindacato ispettivo (v. ex pluribus, interrogazione n. 4-04991) –:
di quali notizie sia a conoscenza il Governo;
se, consultate anche le strutture periferiche dell'amministrazione di pubblica sicurezza, il Governo ritenga sussistere ulteriori rischi per l'incolumità del predetto Alessandro Carollo, a fronte di possibili illecite aggressioni alla sua persona e ai suoi beni;
in caso di risposta positiva, come il Governo intenda intervenire. (4-07062)
CAMPANA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nelle scorse settimane molte testate giornalistiche hanno dato notizia di un virus che avrebbe colpito le caselle mail istituzionali di molti comuni italiani;
il virus è stato diffuso attraverso delle mail contenenti delle estensioni .exe autoinstallanti nei pc. Bloccando di fatto ogni operazione dei software e rendendo i file, comprese le foto, inutilizzabili;
una situazione che ha impossibilitato per alcuni giorni le attività amministrative dei comuni come il rilascio dei certificati, bloccato i pagamenti ogni operazione online;
il virus di origine russa conteneva anche proposta di riscatto: 400 euro da pagare entro tre giorni, il doppio per chi pagava dopo tale termine;
i giornali hanno dato notizia che molti dipendenti pubblici hanno pagato di tasca propria questo riscatto in bitcoins perché non avrebbero saputo come giustificare nei bilanci comunali simile voce di spesa;
il sistema bitcoin prevede che le transazioni e gli indirizzi su cui vengono fatte, una sorta di Iban, siano pubblici, ma non c’è modo di attribuire un indirizzo a un nome;
in pochi giorni si sono registrate transazioni per 100 mila euro –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
se la polizia postale abbia aperto un'indagine su quanto accaduto;
se esista una lista dei comuni attaccati e di quelli che hanno pagato il riscatto;
se i dipendenti pubblici che hanno pagato di tasca propria il riscatto imposto dal virus informatico riceveranno ristoro.
(4-07063)
GADDA, SENALDI e ROSSI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la mattina di sabato 1o novembre 2014 di quest'anno, alle spalle del sacrario ai Caduti del San Martino in località Duno (Varese), è comparsa una distesa di duecento rune celtiche rovesciate in legno, posizionate dietro ad una runa celtica più grande con incisi una svastica e il numero «’43» alla base della quale è stata depositata una corona d'alloro riportante, lungo il fiocco tricolore, la frase «ai martiri dell'onore». Accanto alle rune è stato rinvenuto uno striscione con la scritta «Guerriero d'Europa risorgi» inserita tra due rune celtiche, di cui una rovesciata, accompagnate dalla firma «Do.Ra.» utilizzata dal gruppo di estrema destra «Dodici raggi», già conosciuto alle forze dell'ordine, e che già in passato si è reso protagonista di altri simili atti;
lo striscione non è la sola prova della ascrivibilità di questo gesto al gruppo neo nazifascista attivo nella provincia di Varese: sulla pagina Facebook «Il Manipolo d'avanguardia» sono state, infatti, pubblicate diverse fotografie scattate dagli aderenti stessi rivendicandone la paternità;
come correttamente rappresentato dall'associazione «Osservatorio democratico», che ha studiato la simbologia dei regimi nazista e fascista, la runa agliz significa «protezione» ed è stata adottata dalla società SS, al pari di quella rovesciata (denominata Toten-rune) che invece è simbolo di morte e infatti era utilizzata sulle tombe dei soldati SS tedeschi, insieme con le Agliz utilizzate per indicare la data di nascita e di scomparsa;
il gruppo «Dodici raggi» è lo stesso che il 20 aprile 2013 aveva organizzato nella località di Folla, nel comune di Malnate (Varese), un concerto di band musicali attive negli ambienti dell'estrema destra, in occasione dell'anniversario della nascita del dittatore Adolf Hitler, e che lo scorso novembre 2013 avevano già interessato il sacrario di San Martino con striscioni e corone d'alloro inneggianti ai combattenti nazisti e fascisti che si resero complici delle atrocità messe in atto dai due regimi in tutta Europa nel secolo scorso;
all'interrogante preme sottolineare che il santuario ai Caduti del San Martino ricorda il sacrificio compiuto da molti partigiani che hanno perso la loro vita per la libertà del popolo italiano: in quella terra, giacciono le spoglie dei membri della formazione partigiana «Gruppo cinque giornate» che presero parte alla battaglia avvenuta tra il 13 e il 15 novembre 1943, sotto la guida dell'allora colonnello Croce;
la stessa formazione partigiana è stata pioniera della lotta di liberazione, donando alla Resistenza un esempio di coraggio per quanti in quegli anni hanno combattuto contro gli oppressori;
la provincia di Varese, che vanta la città di Busto Arsizio premiata con la Medaglia di Bronzo al valor militare per la battaglia di liberazione, è recentemente interessata con sempre maggiore insistenza da iniziative di propaganda nazifascista, che, si tiene a precisare, è incompatibile con l'ordinamento costituzionale italiano;
ai fatti sopra descritti ed altri simili, qui non richiamati esplicitamente, l'interrogante segnala che negli ultimi mesi vi sono stati diversi atti intimidatori di vandalismo e aggressione ai danni di sedi dell'Associazione nazionale partigiani italiani (ad esempio, quella di Busto Arsizio) e di sedi del Partito Democratico (la sede del Partito provinciale a Varese e da ultimo la sede del circolo di Castellanza);
il deturpamento di monumenti dedicati ai Caduti della Resistenza, il vile attacco alle sedi dell'associazione e del Partito Democratico, il continuo richiamo al regime fascista, nazista e alla Repubblica Sociale Italiana costituiscono secondo l'interrogante una chiara violazione delle disposizioni di legge sancite dalla XII disposizione transitoria della Costituzione (che vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista) e previste nella legge 20 giugno 1952, n. 645;
il Ministro dell'interno, nella risposta alla precedente interrogazione 4-00400 concernente i fatti avvenuti nel 2013, ha assicurato la massima attenzione da parte delle forze dell'ordine per le attività dei gruppi politici estremisti e delle frange più radicali, tra cui la comunità militante «Dodici Raggi», al fine di accertare la presenza, nelle loro manifestazioni, di simboli fascisti o eventuali richiami al disciolto partito fascista o a ideologie inneggianti la discriminazione razziale, etnica o religiosa;
a parere dell'interrogante, il posizionamento di duecento rune celtiche – aventi chiaro riferimento a quelle utilizzate dalle SS tedesche – il posizionamento di una in particolare avente incisa una svastica, e lo striscione rinvenuto nei pressi del sacrario sono un esplicito richiamo all'ideologia nazista e ai combattenti della RSI oltre che essere un atto di oltraggio alla memoria della liberazione per il luogo scelto dal gruppo per questo gesto di ignobile e irrispettosa propaganda;
si segnala al Ministro interrogato che, peraltro, il gruppo «Dodici Raggi» ha utilizzato in diverse occasioni, ultima in ordine di tempo l'azione avvenuta al sacrario di Duno, lo stemma del comune di Varese sormontato da un'aquila anziché da San Vittore. L'utilizzo del simbolo della città può avvenire solo su autorizzazione dell'amministrazione che ne possiede la proprietà intellettuale e non può, certo, essere arbitrariamente modificato con l'inserimento di altri simboli (soprattutto se a contenuto ideologico) perché ciò costituisce un vilipendio ed un'offesa alla storia della comunità varesina –:
se il Ministro sia a conoscenza del grave fatto avvenuto il 1o novembre di quest'anno alle spalle del sacrario ai Caduti del San Martino, in località Duno (Varese);
se il Ministro condivida la preoccupazione per il grave susseguirsi di atti di violenza e di intimidazione di matrice politica di estrema destra che hanno interessato monumenti dedicati alla Resistenza, sedi dell'Associazione nazionale partigiani italiani e sedi del Partito Democratico in provincia di Varese così come nell'intero territorio nazionale;
se al Ministro risulti vi siano legami tra la propaganda avanzata dal gruppo «Dodici Raggi» e le recenti aggressioni avvenute ai danni della sede del Partito Democratico di Castellanza (Varese);
vista la crescente dimensione del fenomeno, se il Ministro intenda istituire un osservatorio per il monitoraggio di episodi di neofascismo;
se siano state avviate indagini in merito ai fatti descritti in premessa che, ad avviso degli interroganti, potrebbero integrare i presupposti di cui all'articolo 4 della legge 20 giugno 1952, n. 645. (4-07077)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione per sapere – premesso che:
il monitoraggio della funzione pubblica sui vincitori e gli idonei di concorso pubblico consegna dati allarmanti, registrando circa 3.000 vincitori e oltre 84.000 idonei in attesa di assunzione da anni;
trattasi il più delle volte di laureati che hanno sostenuto e superato lunghe ed impegnative procedure selettive per poter accedere al pubblico impiego e che si ritrovano, una volta terminate le procedure concorsuali, privati di quel diritto all'assunzione conquistato con merito ed abnegazione personale;
nella situazione sopra descritta si trova, in particolare, la maggior parte dei vincitori e la totalità degli idonei del concorso INAIL a 404 posti, i quali attendono ormai da 5 anni la legittima assunzione, l'Istituto, infatti, ha bandito, nel 2007, un concorso pubblico per 404 posti per l'area C, posizione economica C1, profilo delle attività amministrative, da assumere con contratto a tempo indeterminato, La procedura selettiva, che ha coinvolto 15.000 partecipanti, si è conclusa nel 2010, con la pubblicazione della graduatoria in Gazzetta Ufficiale (4a serie speciale – n. 11 del 9 febbraio 2010), comprendente 404 vincitori e 162 idonei;
a causa dei continui interventi legislativi di riduzione della dotazione organica e del turn over, che si sono succeduti in questi anni, soltanto una piccola parte dei vincitori è stata assunta dall'Istituto, mentre dal dettagliato monitoraggio effettuato dalla funzione pubblica risulta che residuano 305 vincitori da assumere e 111 idonei al netto dei vincitori;
l'alta percentuale di rinunciatari ha consentito lo scorrimento della graduatoria fino alla posizione 150 e proprio a causa delle rinunce, l'intero scorrimento della graduatoria non consentirebbe comunque di ricoprire tutti e 404 posti messi a concorso;
cinque anni di attesa, oltre a comportare la possibile dispersione di figure professionali valide e capaci, costituiscono anche un tempo inusitatamente lungo, causa di profonda delusione e di frustrazione delle aspettative di uomini e di donne, che nel programmare le loro vite, hanno comprensibilmente e legittimamente fatto affidamento sulla certezza di un'assunzione che da troppo tempo tarda ad arrivare –:
quali iniziative intendano assumere per consentire l'assunzione dei vincitori e idonei del concorso pubblico indetto dall'INAIL per 404 posti per l'area C, posizione economica C1, profilo delle attività amministrative, favorendo così il necessario «ricambio generazionale», nell'ente;
se in considerazione del lungo tempo di attesa in rapporto all'esiguo numero di assunzioni effettuate, non ritengano di adottare iniziative anche normative mirate, volte a sbloccare la paralisi assunzionale dell'INAIL nei confronti dell'anzidetta graduatoria, principalmente attraverso la possibilità di attingere alla stessa la parte di altre pubbliche amministrazioni che presentano gravi carenze di personale quali, ad esempio, Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Ministero della giustizia, in ossequio ai principi di efficienza, efficacia ed economicità dell'azione amministrativa.
(2-00762) «D'Alia, Dellai».
Interrogazioni a risposta scritta:
CIRACÌ, MARTI, FUCCI, CHIARELLI, ALTIERI e DISTASO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
con l'articolo 24, comma 27 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni dal legge 22 dicembre 2011, n. 214, è stato istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali il fondo per il finanziamento di interventi a favore dell'incremento in termini quantitativi e qualitativi dell'occupazione giovanile e delle donne;
con decreto 5 ottobre 2012, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 243 del 17 ottobre 2012, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, ha dato attuazione all'articolo 24, comma 27, del suddetto decreto-legge;
con il medesimo decreto il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha previsto due tipi di incentivi:
a) all'articolo 4, per le assunzioni a tempo determinato con orario normale di lavoro, un incentivo pari ad euro 3.000,00 per contratti di durata minima di 12 mesi, elevato ad euro 4.000 o 6.000 se la durata del contratto superi rispettivamente i 18 o 24 mesi;
b) all'articolo 3, per tutte le trasformazioni o stabilizzazioni di contratti di lavoro a termine, collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalità di progetto, o delle associazioni in partecipazione con apporto di lavoro, in essere o cessati da non più di sei mesi, mediante la stipula di contratti a tempo indeterminato, anche a tempo parziale, purché la durata non sia inferiore alla metà dell'orario normale di lavoro, un incentivo pari ad euro 12.000,00;
all'articolo 5 è previsto che tali incentivi vengano corrisposti dall'INPS in base all'ordine cronologico di presentazione delle domande ed erogati in un'unica soluzione;
l'INPS, con la circolare n. 122 del 17 ottobre 2012, nel fornire le indicazioni operative per invio della domanda di ammissione ai suddetti incentivi, ribadiva che per l'ottenimento del contributo di 12.000 euro per le trasformazioni o stabilizzazioni a tempo indeterminato, l'orario di lavoro dovesse essere pari o superiore alla metà dell'orario normale di lavoro, quindi anche part-time;
unitamente alla circolare n. 122 l'INPS allegava il fac-simile del modello di domanda «MOD.DONGIOV» in cui si evidenziava senza alcun dubbio che, al rispetto delle condizioni indicate nel decreto del 5 ottobre 2012, circa il riferimento all'eventuale orario di lavoro part-time, il contributo sarebbe stato sempre di euro 12.000,00;
i fondi resi disponibili per la copertura di tali incentivi erano pari a euro 232.108.953 e il sistema INPS, giornalmente, calcolava la cifra residua del monte fondi reso disponibile in base alle domande presentate ed al relativo contributo richiesto, che, si ribadisce per le assunzioni o trasformazioni, era sempre pari a euro 12.000, anche nel caso del part-time, e che veniva correlativamente ridotto in base alle domande presentate ed al relativo contributo richiesto;
l'INPS, con successivo messaggio n. 8820 del 30 maggio 2013, nel fornire le modalità operative di fruizione dei benefici da parte dei datori di lavoro autorizzati, ha di fatto modificato la portata normativa contenuta nel decreto del 5 ottobre 2012, disponendo che il relativo contributo di euro 12.000, sulle stabilizzazioni o trasformazioni a tempo indeterminato, fosse proporzionato, con conseguente riduzione del contributo, all'effettivo orario di lavoro, laddove ridotto rispetto al normale;
il suddetto messaggio ha introdotto quindi una nuova proporzione dell'incentivo concesso in base all'orario di lavoro part-time determinando, di fatto, due effetti rilevanti e insostenibili per le aziende:
a) uno relativo alla pianificazione finanziaria delle aziende stesse, che si sono viste ridurre il contributo già concesso con conseguente stravolgimento della portata degli incentivi legati alle assunzioni programmate;
b) l'altro relativo alla modalità di erogazione del contributo in unica soluzione (previsto nel decreto ministeriale del 5 ottobre 2012), divenuto contributo a conguaglio nei mesi di giugno, luglio e agosto 2013, pregiudicando, in tal modo, quelle aziende che non possono compensare interamente gli incentivi riconosciuti che, si ribadisce, erano già interamente previsti nella domanda di ammissione presentata all'INPS, assimilabile ad un contratto, a condizione che il rapporto di lavoro fosse costituito con orario di lavoro pari o superiore alla metà del normale orario di lavoro e, quindi, anche per i rapporti a tempo parziale –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa;
se corrispondano al vero le disposizioni contenute nel messaggio INPS n. 8820 del 30 maggio 2013;
se il Governo abbia comunicato all'INPS le direttive in materia e determinato la nuova proporzione degli incentivi, inizialmente previsti, rispetto all'orario di lavoro part-time;
quali misure urgenti si intendano adottare affinché venga posto rimedio a questa grave incongruenza che rischia di danneggiare ulteriormente le aziende, già penalizzate dalla crisi economica, che non potranno ricevere per intero gli incentivi previsti nel decreto ministeriale del 5 ottobre 2012;
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno restituire piena operatività alle disposizioni e alle condizioni previste dal decreto del 5 ottobre 2012. (4-07051)
RIZZETTO e BECHIS. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
per quanto è dato sapere, un affitto su due, in Italia, non è pagato regolarmente. In media, oltre il 50 per cento dei proprietari denuncia mensilità non pagate, con punte vicine al 60 per cento a Napoli e al 45 per cento a Roma, quota che scende al 35 per cento a Milano. In media, circa il 25 per cento del totale degli affitti registrati arriva a una situazione di insolvenza che giustificherebbe la richiesta di sfratto. Una soluzione che viene però rimandata il più possibile, per i tempi della giustizia e con la prospettiva di ottenere una transazione che salvi almeno parte dell'affitto pattuito, con una rinegoziazione. Si arriva alla richiesta di sfratto nel 10 per cento dei casi:
a certificare un trend che viene segnalato in continua crescita sono i dati sugli sfratti esecutivi nel 2013 pubblicati dal Ministero dell'interno, che confermano le indicazioni raccolte: i provvedimenti di sfratto emessi sono stati 73.385, in crescita su base annua del 4,4 per cento. Tra i motivi, la morosità per l'89 per cento dei casi;
di fronte a questo scenario, per fare fronte all'emergenza abitativa, il Governo ha istituito a luglio 2014, il fondo per la morosità incolpevole. Il Fondo di garanzia a copertura del rischio di morosità involontaria è stato dotato di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015. L'obiettivo è quello di «garantire il rischio di morosità da parte di quei locatari, generalmente affidabili, che a causa della sfavorevole situazione economica che attraversa il Paese, si trovano momentaneamente in difficoltà». È rivolto agli inquilini residenti in comuni ad alta tensione abitativa dove siano già stati attivati bandi per l'erogazione di contributi in favore di inquilini morosi incolpevoli». L'accesso al Fondo consente la sospensione temporanea del pagamento dei canoni di affitto;
secondo i dati pubblicati dal Ministero dell'interno, sul totale dei 73.385 provvedimenti di sfratto del 2013 sono diversi i motivi per cui si giunge all'insolvenza: la morosità per l'89 per cento, la finita locazione per il 7,4 per cento e la necessità del proprietario per il 3,6 per cento;
il 53,8 per cento degli sfratti riguardano i comuni capoluogo mentre il 46,2 per cento le province. Le richieste di esecuzione sono state 129.575 con una crescita del 2,15 per cento. L'aumento più importante, il 7,75 per cento, è rappresentato dagli sfratti eseguiti per morosità, 31.399. Negli ultimi 5 anni gli sfratti sono stati 332.169, di cui 288.934 per morosità. Su 332.169 sentenze sono 145.208 gli sfratti eseguiti con intervento dell'Ufficiale Giudiziario, mentre le richieste di esecuzione sono state 129.577. In sostanza, più di un inquilino su dieci in affitto da privati ha subito uno sfratto per morosità;
l'emergenza abitativa costituisce, nell'attuale crisi economica che colpisce il Paese, uno dei fattori di maggiore e crescente tensione sociale che interessa larghi strati della popolazione appartenenti, oltre le tradizionali categorie a rischio anche a fasce di ceto medio, professionisti e famiglie con doppio reddito;
una sospensione immediata dell'esecuzione di tutti gli sfratti, compresa la morosità incolpevole e uno stanziamento straordinario per ripristinare un fondo sociale per gli affitti adeguato alle esigenze delle famiglie in difficoltà appaiono necessarie;
senza tralasciare l'esigenza di un piano straordinario per gli alloggi popolari, utilizzando con priorità il patrimonio pubblico e le aree pubbliche;
la crisi economica ha ulteriormente amplificato il problema, anche considerando che le paghe e le pensioni sono le più basse d'Europa;
purtroppo, sussistono ancora le condizioni che hanno indotto a concedere la deroga dell'esecuzione degli sfratti riguardanti particolari categorie sociali disagiate con l'articolo 4, comma 8, della legge 27 febbraio 2014, n. 15, che ha convertito il decreto-legge 30 dicembre 2013 n. 150, la quale ha prorogato al 31 dicembre 2014 l'esecuzione degli sfratti per finita locazione di cui alla legge 8 febbraio 2007, n. 9;
la situazione economica stringente e la crisi economica che si riverbera, sulle fasce sociali più deboli, non possono essere ignorate da uno Stato sociale che ai sensi dell'articolo 2 della Costituzione riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo ... e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale e ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione prescrive quale compito della Repubblica «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana ... e ai sensi dell'articolo 42» ... La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti... –:
se i Ministri interrogati, per quanto di loro competenza, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intendano promuovere delle iniziative per far fronte alla situazione di difficoltà e di urgenza, ovvero se, stante la grave situazione di indigenza in cui versano centinaia di migliaia di famiglie italiane, si intenda assumere un'iniziativa diretta ad accordare la proroga dell'esecuzione degli sfratti fino al 31 dicembre 2015, rispetto al termine del 31 dicembre 2014 (previsto, da ultimo, dall'articolo 4, comma 8 della legge 27 febbraio 2014, n. 15, che all'articolo 4 comma 8, conversione del decreto-legge 30 dicembre 2013 n. 150) a beneficio delle seguenti categorie di soggetti: anziani ultrasessantacinquenni; portatori di handicap gravi o minori; malati gravi o terminali e a soggetti che non dispongono di altra abitazione adeguata al nucleo familiare nella regione di residenza, a condizione che i beneficiari non siano incorsi in morosità e posseggano un reddito annuale complessivo familiare inferiore a 27.000 euro. (4-07064)
MELILLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
i vertici dell'azienda LFoundry si sono impegnati nuovamente ad anticipare i fondi necessari a pagare tutti i lavoratori del sito della zona industriale della città. È stato scongiurato così anche questo mese il rischio che i 1.400 dipendenti della LFoundry rimanessero senza stipendio;
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nonostante le numerose sollecitazioni arrivate da più parti, non ha ancora firmato il decreto per permettere ai dipendenti di usufruire dei fondi dei contratti di solidarietà. Parte degli stipendi dovrebbe essere pagata dallo Stato e parte dall'azienda a seconda del numero delle ore lavorate. Dal momento che il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha riscontrato un vizio di forma nell'accordo siglato lo scorso anno per i contratti di solidarietà, LFoundry e le parti sociali hanno dovuto effettuare una modifica al documento e rimandare tutto a Roma;
questo ha ulteriormente ritardato l’iter mettendo a rischio l'approvazione da parte del Ministero dell'accordo che infatti non è arrivato. Per il mese di novembre 2014, quindi, l'azienda salderà il conto, ma per dicembre e tredicesime iniziano a esserci forti dubbi –:
se non intenda intervenire con urgenza per far partire la procedura di approvazione ed evitare che i dipendenti rimangano senza stipendio a dicembre.
(4-07075)
POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazione a risposta scritta:
LO MONTE. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
la provincia di Messina da diversi anni è interessata dall'azione dannosa operata dai ghiri sulle piantagioni corilicole di una vasta parte del comprensorio dei monti Nebrodi interessando un numero notevole di comuni;
si ricorda che tale roditore appartiene ad una specie protetta dalla legge n. 157 del 1992 e risulta tra quelle inserite nella Convenzione di Berna ma, negli ultimi anni, ha causato ingenti danni alle coltivazioni di nocciolo, compromettendo seriamente la produzione dei corileti proliferando nella provincia di cui sopra ed iniziando ad espandersi anche nella zona dei Monti Peloritani;
il ghiro è una specie vegetariana che si nutre di frutti ad alto contenuto calorico, per sopportare il periodo invernale in cui va in letargo, per cui si nutre principalmente di nocciole, castagne, noci e ghiande e, nei periodi di assenza dei frutti, può decorticare gli apici di piante arboree per nutrirsi di linfa, causando in tal modo gravi danni alle piante e al loro futuro sviluppo;
la corilicoltura della provincia di Messina si estende su una superficie di circa 12.000 ettari estendendosi sulla dorsale dei Monti Nebrodi ed in minor misura su quella dei Monti Peloritani. La forma di allevamento degli impianti arborei è a vaso cespugliato che assolve alla duplice funzione: produttiva e di tutela del territorio dal dissesto idrogeologico. Così l'apparato radicale attraverso la sua funzione di ancoraggio preserva il territorio da frane e smottamenti salvaguardando l'integrità e quindi la conservazione ambientale;
dai sopraluoghi effettuati dal personale tecnico della condotta agraria si evidenzia un aumento dei danni prodotti dall'attività dei ghiri denunciando la presenza del roditore non solo all'interno dei noccioleti ma anche all'interno delle produzione viticole, orticole e frutticole tanto da far emergere una serie di criticità che, se non correttamente gestite, rischiano di allargarsi ad altre superficie con forti ripercussioni negative sull'economia agricola della provincia di Messina;
si sottolinea infine che l'amministrazione regionale ha già attivato un percorso con l'ISPRA attraverso l'attivazione di un piano di monitoraggio che dovrà consentire, a partire dalla prossima primavera, di adottare una serie di interventi per il contenimento del problema –:
quali iniziative il Ministro interrogato abbia intenzione di adottare al fine di salvaguardare le aziende che operano nei territori di cui sopra e che hanno visto compromessa la produzione con forti ripercussioni sull'economia. (4-07069)
SALUTE
Interrogazione a risposta in Commissione:
GARAVINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il Comitato tecnico per i medicinali ad uso umano (Chmp) dell'Agenzia europea del farmaco è intervenuto di recente in materia di medicinali destinati alla contraccezione di emergenza, esprimendo parere favorevole alla somministrazione diretta in farmacia della cosiddetta «pillola dei cinque giorni» dopo, senza obbligo di prescrizione da parte del medico;
il parere del Comitato tecnico, normalmente recepito dalla Commissione europea che ha il compito di rilasciare l'autorizzazione definitiva, vincolante per gli Stati membri dell'Unione, è stato espresso in relazione alla richiesta di una casa farmaceutica — la Hra Pharma — produttrice di un farmaco la cui efficacia si estende alle 120 ore successive ad un rapporto sessuale a rischio di gravidanza non desiderata. Tale richiesta riguardava la modifica della classificazione per la fornitura del prodotto da «medicinale soggetto a prescrizione medica» a «medicinale non soggetto a prescrizione medica» nell'Unione europea;
il Comitato tecnico, nel suo parere, considera, sulla base della documentazione in suo possesso, sicuro ed efficace l'uso della pillola anche senza prescrizione medica, in linea con i contraccettivi di emergenza contenenti levonorgestrel, comunemente definiti «pillola del giorno dopo», disponibili da tempo nell'Unione europea senza prescrizione;
secondo esperti della materia, le donne devono essere poste nella condizione di poter accedere alla contraccezione d'emergenza il prima possibile «in modo da avere la migliore opportunità di evitare una gravidanza indesiderata; è una questione di salute pubblica» (http://www.ansa.it);
il TAR del Lazio con la sentenza del 2 luglio 2001 riconosce che la contraccezione di emergenza «non contrasta con la legge n. 194 del 1978, poiché il farmaco autorizzato agisce con effetti contraccettivi in un momento anteriore all'innesto dell'ovulo fecondato nell'utero materno». Due società scientifiche italiane, la Società italiana della contraccezione e la Società medica italiana per la contraccezione, inoltre, in una pubblicazione del 20 aprile 2013, affermano chiaramente che i contraccettivi d'emergenza disponibili per via orale non causano aborto e non sono in grado di danneggiare una gravidanza in atto (http://www.quotidianosanita.it);
lo scontato recepimento del parere del Chmp da parte della Commissione dovrebbe rendere applicabile fin dal 2015 in tutti gli Stati dell'Unione europea la decisione di consentire l'acquisto del farmaco in farmacia senza prescrizione medica;
i contraccettivi di emergenza a base di levonorgestrel (efficaci fino a 72 ore dopo il rapporto a rischio gravidanza) sono già considerati farmaci senza prescrizione medica in 23 paesi europei; essi agiscono infatti bloccando l'ovulazione e non provocando l'interruzione di una gravidanza. Solo in Croazia, Grecia, Ungheria, Italia, Liechtenstein e Polonia questi medicinali sono soggetti a prescrizione medica. In Germania, dove sussisteva l'obbligo di prescrizione medica, si è deciso il 25 novembre 2014 di superare l'obbligo di prescrizione medica e di rendere fruibile liberamente i farmaci di contraccezione d'emergenza (http://www.sueddeutsche.de);
l'Italia è l'unico Paese europeo nel quale per ottenere un contraccettivo del tipo indicato, oltre alla prescrizione medica, è richiesto un test di gravidanza di esito negativo –:
come intenda riconsiderare la regolamentazione italiana relativa alla fruizione di farmaci di contraccezione di emergenza alla luce dell'imminente pronunciamento della Commissione europea sulla esclusione dell'obbligo di prescrizione medica;
se non ritenga di dovere immediatamente assumere iniziative per disporre il superamento dell'anomalia esclusivamente italiana qual è l'obbligo di esibizione di un test negativo di gravidanza all'atto della richiesta di uno dei farmaci di contraccezione di emergenza consentiti dalle disposizioni in vigore. (5-04161)
Interrogazioni a risposta scritta:
FUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
un recente studio dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) sulla «variazione geografica nell'ambito dell'assistenza sanitaria» ha evidenziato che le prestazioni a disposizione dei cittadini variano notevolmente a seconda della Nazione in cui essi abitano e, all'interno del singolo Paese, a seconda della regione e della provincia di appartenenza;
l'Italia è uno dei Paesi in cui queste disomogeneità sono in alcuni settori tra le più evidenti nel panorama OCSE;
come affermato dal presidente della società italiana di neonatologia (SIN) in occasione della recente Giornata mondiale del neonato pretermine, in Italia ogni anno nascono poco più di 500 mila bambini, di cui circa il 7 per cento prematuri;
per i nati prematuri ancora oggi l'assistenza non garantisce gli stessi standard sull'intero territorio nazionale;
in particolare una criticità evidenziata dalla SIN è che in Italia ci sono circa 550 punti nascita dislocati tra ospedali e strutture private poco o per niente collegati tra di loro. Ciò fa sì che, allo stato attuale, i dati epidemiologici in ambito neonatale siano delegati a una molteplicità di soggetti (Ministero della salute e Istat su tutti) che forniscono informazioni certamente utili, ma non sufficienti alle esigenze degli operatori e soprattutto in modo non organico;
a parere dell'interrogante deve far riflettere, in merito all'importanza di migliorare la rete di raccolta e analisi dei dati, che il numero dei nati prematuri sia in aumento in termini percentuali a fronte di una diminuzione del numero delle nascite –:
quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere in merito a quanto esposto in premessa. (4-07046)
FUCCI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il Consiglio di stato, con il parere numero 03453/2014 del 6 novembre 2014, ha formulato numerosi rilievi sullo schema di decreto del Ministero della salute recante regolamento sulla «Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera»;
il parere evidenzia rilievi formali, in relazione a un testo poco chiaro e omogeneo (per esempio in un passaggio in cui si fa riferimento al triennio 2014-16 ormai già in corso), e soprattutto sostanziali in relazione alla mancanza di chiarezza, nel testo, sull'accoglimento o meno delle proposte fatte sullo schema stesso da parte della Conferenza Stato-regioni;
a parere dell'interrogante è opportuno chiarire i punti giudicati ambigui dal Consiglio di stato perché il decreto in questione è di grande importanza andando a definire, in un periodo segnato da riduzioni di spese e al tempo stesso dall'emergere di nuove esigenze di salute, la direzione che per i prossimi anni dovrà seguire l'organizzazione ospedaliera –:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere in merito a quanto esposto in premessa. (4-07047)
SPADONI, PETRAROLI, SIBILIA, PARENTELA, TOFALO, COZZOLINO, DE LORENZIS, DELL'ORCO, MANLIO DI STEFANO e NESCI. — Al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
Ebola è una malattia grave, spesso mortale, provocata dal virus Ebola;
si trasmette per contatto diretto con il sangue o altri liquidi corporei (ad esempio saliva, urina, vomito, sperma) provenienti da persone contagiate vive o morte;
i sintomi appaiono solitamente da due a ventuno giorni dopo l'esposizione al virus e la malattia può esordire bruscamente con febbre, stanchezza, inappetenza, vomito, diarrea, dolori addominali, mal di testa e indolenzimento muscolare o altri sintomi non specifici;
non esiste alcun vaccino autorizzato o trattamento convalidato per questa malattia;
esiste il rischio di trasmettere il virus Ebola mediante contatto con utensili o materiale contaminato nelle strutture sanitarie se non sono debitamente seguite le corrette procedure di prevenzione dell'infezione;
l'Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato l'attuale focolaio epidemico di Ebola in Guinea, Liberia e Sierra Leone «un evento sanitario di portata internazionale» e ha raccomandato ai paesi teatro di trasmissione del virus di effettuare screening in uscita per individuare malattie non identificate compatibili con una potenziale infezione da virus Ebola;
le persone affette da tale malattia, come anche coloro che sono stati a contatto con persone affette, dovrebbero viaggiare solo se lo spostamento avviene nel contesto di un'adeguata evacuazione sanitaria;
il Ministro della salute Lorenzin ha dichiarato che un numero maggiore di controlli alle frontiere e, soprattutto, negli scali aeroportuali e nei voli in partenza dai Paesi dell'Africa occidentale colpiti dall'epidemia di Ebola sia il «passaggio cruciale» per bloccare la diffusione del virus, ma non in arrivo;
il Ministro ha dichiarato che «dal dicembre 2013, quando l'epidemia è iniziata, alla data dell'8 ottobre, sono riportati dall'Oms 8.011 casi e 3.877 decessi, con un tasso di letalità del 46 per cento nei Paesi dell'Africa occidentale»;
non esistono eventuali note circolari dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) che individuano specifiche procedure alle quali il personale di volo si dovrebbe attenere per prevenire il rischio da contagio;
unico documento regolatorio elaborato da ENAC è la circolare ENAC EAL-10A, peraltro del settembre 2012 e non pienamente attinente, inerente a «Aeroporti agibili per voli provenienti da paesi extra europei o da zone sottoposte a misure sanitari in applicazione del regolamento sanitario internazionale»;
secondo la circolare ENAC EAL-10o, al punto 5.1, «nel caso in cui l'Organizzazione Mondiale della Sanità segnali un evento che possa rappresentare un'emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale, o in tutti i casi in cui la valutazione del rischio di diffusione di malattie trasmissibili da particolari aree geografiche indichi l'opportunità di ulteriori controlli e misure, il Ministero della salute – Direzione Generale della Prevenzione può chiedere l'implementazione di misure di sanità pubblica e il dirottamento del traffico aereo proveniente dalle zone interessate dall'evento, sugli aeroporti designati come sanitari (Roma Fiumicino e Milano Malpensa);
all'aeroporto John Fitzgerald Kennedy di New York, e prossimamente nei maggiori aeroporti degli Stati Uniti, sono iniziati i controlli della temperatura ai viaggiatori in arrivo dall'Africa occidentale, decisione che ha preso anche la Gran Bretagna negli aeroporti londinesi di Heathrow e Gatwick e al terminal Eurostar per i viaggiatori provenienti dai Paesi colpiti dall'epidemia di Ebola;
il Ministro della sanità francese, Marisol Touraine, ha precisato che nel principale aeroporto internazionale francese, quello di Roissy-Charles de Gaulle di Parigi, i medici registreranno la temperatura dei passeggeri dei voli giornalieri ancora operativi dalla capitale, Conakry. I controlli saranno effettuati prima che i passeggeri entrino nell'edificio dell'aeroporto dal personale medico con l'aiuto della Croce Rossa e dei servizi di emergenza francese. La Francia e la Croce Rossa aiuteranno anche le autorità della Guinea ad effettuare i controlli ai passeggeri che si imbarcano a Conakry;
in qualità di Presidenti di turno dell'Unione europea, il Governo italiano dovrebbe adoperarsi per favorire una risposta coordinata dell'Unione europea all'epidemia. Il Consiglio europeo straordinario dello scorso 30 agosto ha incoraggiato la definizione di una strategia coordinata a livello Unione europea;
in occasione della successiva riunione del Consiglio affari esteri del 20 ottobre 2014 è stata inoltre evidenziata l'importanza di rafforzare la cooperazione internazionale sotto l'egida delle Nazioni Unite e la necessità di reperire risorse addizionali. Gli Stati membri sono stati incoraggiati a predisporre protocolli e procedure comuni per quanto concerne i controlli agli aeroporti, per tutelare la salute dei cittadini dell'Unione europea;
il Consiglio ha nominato il Coordinatore dell'Unione europea per la lotta all'Ebola nella persona del Commissario per gli aiuti umanitari Christos Stylianides;
il coordinatore unico della Unione europea per Ebola ha spiegato che «dobbiamo fare ancora molto e in modo coordinato per fermare la diffusione del virus» e ha ammesso che «la comunità internazionale ha sottovalutato la crisi» –:
se i Ministri interrogati ritengano opportuno predispone protocolli e procedure comuni per quanto concerne i controlli agli aeroporti, per tutelare la salute dei cittadini italiani, seguendo alcune prassi già utilizzate in molti Paesi aderenti e non aderenti all'Unione europea, quali la misurazione della temperatura dei viaggiatori provenienti dall'Africa occidentale, in entrata negli aeroporti nazionali;
quale sia il motivo per il quale non è stato attuato il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, con specifico riferimento all'articolo 3, comma 2, e il decreto legislativo n. 185 del 2005, ai sensi dell'articolo 7, affinché ci siano specifiche iniziative di tutela per il personale di volo, che tengano conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato e ai rischi relativi ai loro mansionari, sia in contesti di emergenza sanitaria internazionale che non. (4-07065)
MANTERO, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, GRILLO, CECCONI, DALL'OSSO e DI VITA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
da diversi articoli di giornale si apprende l'ultimo atto di corruzione che vede coinvolti i medici – pediatri che influenzavano le donne a non allattare e dare, in sostituzione, ai bambini, il latte in polvere privandolo delle straordinarie proprietà contenute nel latte naturale;
a Pisa vi era la promozione della prima confezione in regalo;
tra le marche di latte artificiale più venduti il: «buono bebé» di Mellin, Dmf (Dietetic Metabolic food) e Humana Italia, diventati ormai una prassi;
solo qualche giorno fa, i Nas e i magistrati di Pisa hanno arrestato per corruzione ben diciotto persone, dodici medici pediatri, tra i quali due primari, e altre sei persone, informatori scientifici e un dirigente di un'azienda specializzata in alimenti per l'infanzia, tra i medici arrestati in particolare vi sono i primari Stefano Parmigiani, 57 anni, dirigente dell'ospedale Sant'Andrea della Spezia e Roberto Bernardini, 57 anni, residente a Calcinaia (Pisa), dirigente dell'ospedale San Giuseppe di Empoli (Firenze);
secondo il sostituto procuratore Giovanni Porpora e il Giudice per le indagini preliminari Guido Bufardeci, i medici ricevevano, in cambio della «sponsorizzazione», benefit di elevato volere economico, anche di migliaia di euro, e, di vario genere, da climatizzatori a viaggi in alberghi, tv, elettrodomestici, tablet e smartphone;
medici pediatri che vanno contro l'etica della professione, sono in prima classe tra coloro che condizionano il mercato, che alimentano le paure, i bisogni, sfruttano le nevrosi degli soggetti ipocondriaci che sentono la necessità di curarsi anche se stanno bene, oltre che somministrare farmaci noti e pubblicizzati a dispetto della semplice molecola, limitando i pazienti dalla libertà di acquistare il farmaco più opportuno e, soprattutto meno costoso;
un malcostume che non sarà un'esclusiva delle professioni sanitarie, ma sicuramente è un fenomeno diffuso che vede come premio «il turismo congressuale» tutto a spese delle case farmaceutiche;
a livello europeo si è cercato di limitare le sponsorizzazioni, di fermare un fenomeno che non coinvolge solo l'Italia, creando un consorzio che regolamenta il traffico prevedendo l'attribuzione di un bollino solo agli eventi scientificamente rilevanti;
esiste, infatti, una convenzione internazionale approvata nel 1981 dall'Assemblea mondiale della sanità, il Codice internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno, nata perché uno dei principali ostacoli all'allattamento al seno era, ed è rappresentato dalle assurde politiche di marketing avviate dalle ditte produttrici di alimenti per l'infanzia, che effettuano campagne pubblicitarie rivolte alle famiglie e soprattutto agli operatori sanitari (attraverso, appunto, donazioni di materiale e forniture di latte in polvere per i servizi ospedalieri);
dal 1996 l'Italia ha recepito una direttiva europea e ha aderito (allora con qualche riserva) al Codice internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno;
da allora si sono susseguiti decreti ministeriali nel 2005 (decreto ministeriale n. 46 del 2005) e nel 2009 (decreto ministeriale n. 82 del 2009), che hanno avvicinato la normativa italiana a quella degli altri Paesi aderenti al Codice, anche se fino a maggio 2011 non erano ancora previste sanzioni per le violazioni, ovvero, non erano state recepite;
mentre la normativa vigente vieta esplicitamente «la pubblicità di alimenti per bambini di età compresa tra 0 e 6 mesi, che possono essere reclamizzati, invece, su riviste dedicate agli operatori sanitari solo a patto che abbiano carattere scientifico e riportino notizie basate su informazioni chiaramente documentate. È in ogni caso vietato offrire campioni omaggio» –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della questione in premessa e intenda assumere iniziative normative urgenti per porre un ulteriore freno alle cosiddette «sponsorizzazioni», attraverso un controllo più serrato delle attività dei medici pediatri, e, dei rapporti tra questi e le case farmaceutiche;
se non ritenga opportuno il Ministro interrogato assumere un'iniziativa normativa affinché i medici siano obbligati ad indicare nelle ricette mediche il nome della molecola (qualora esista il generico) e non il farmaco pubblicizzato, onde evitare i suddetti fenomeni;
se il Ministro interrogato voglia avviare una campagna informativa per promuovere l'uso e i vantaggi del latte materno. (4-07076)
SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Interrogazione a risposta scritta:
CATALANO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
il diritto di accesso ai documenti amministrativi è stato espressamente introdotto e disciplinato nel nostro ordinamento al capo V, articoli 22 e seguenti, della legge 7 agosto 1990, n. 241, nonché dal regolamento di attuazione della disciplina, quale, da ultimo, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 2006, n. 184;
il diritto di accesso a documenti amministrativi, come sancito dall'articolo 22, terzo comma, legge n. 241 del 1990, «attese le sue rilevanti finalità di pubblico interesse, costituisce principio generale dell'attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza» e la sua estrinsecazione ha trovato ampio sostegno da parte dell'ormai sconfinata giurisprudenza consolidata in materia, nonché dagli interventi della Commissione per l'accesso a documenti amministrativi, costituita ex articolo 27, legge n. 241 del 1990, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri-dipartimento per il coordinamento amministrativo, onde deflazionare il relativo contenzioso giurisdizionale amministrativo e assicurare ai cittadini un riesame con valore di determinazione amministrativa in presenza di un diniego, tacito o espresso, all'accesso da parte di un'amministrazione pubblica, ritenuto illegittimo dall'accedente medesimo;
soggetti passivi dell'accesso sono individuati all'articolo 22, primo comma, lettera e), legge n. 241 del 1990, quali «tutti i soggetti di diritto pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario»;
l'Ispettorato per la funzione pubblica è una struttura del dipartimento per la semplificazione e la pubblica amministrazione costituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, espressamente deputata dall'articolo 60, sesto comma, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, a vigilare sulla conformità dell'azione amministrativa ai principi di imparzialità e buon andamento, in particolare su segnalazione di cittadini e imprese;
risulta all'interrogante che il ridetto ispettorato per la funzione pubblica ha espressamente rigettato con nota del 29 gennaio 2014, protocollo 5593, una motivata istanza di accesso agli atti detenuti dal medesimo ispettorato e relativa a una segnalazione attivata dall'accedente in relazione al denegato esercizio di altro accesso agli atti presso l'università telematica «Niccolò Cusano» di Roma, avente natura di ateneo libero riconosciuto al rilascio di titoli accademici aventi valore legale, adducendo che il medesimo ateneo «ha natura giuridica privata quindi con spese a totale carico del proprio bilancio finanziario, con la conseguenza che non può esser ricompresa tra le amministrazioni pubbliche» per cui «gli atti emanati dalla stessa non possano essere assoggettati alle disposizioni sull'accesso previste dalla legge 241 del 1990»;
in forza del successivo ricorso da parte dell'accedente avanti alla Commissione per l'accesso è derivato l'accoglimento del gravame al plenum dell'11 settembre 2014, n. 72, accertando la pacifica illegittimità del diniego opposto dall'ispettorato, per cui l'università in esame è «ricomprensibile, ai fini che qui interessano della passiva titolarità all'accesso nel novero delle pubbliche amministrazioni» e così acclarando la totale illegittimità del diniego opposto dall'ispettorato della funzione pubblica;
con successiva nota del 10 ottobre 2014, protocollo 56669, anziché provvedere all'ostensione degli atti richiesti, il medesimo ispettorato ha ribadito il diniego ancora genericamente insistendo sulla natura «privata» dell'ateneo, pacificamente smentita sia dalla decisione della Commissione per l'accesso, che dallo stesso riconoscimento ministeriale dell'ateneo indicato che lo qualifica quale università «libera» e non certo meramente «privata» come adduce a giudizio dell'interrogante del tutto pretestuosamente l'ispettorato;
la situazione pare all'interrogante configurare una violazione dei più elementari principi di trasparenza e pubblicità da parte dello stesso ufficio della Presidenza del Consiglio dei ministri preposto ad assicurare e verificare il buon andamento dell'azione amministrativa –:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra richiamati;
se intenda assumere ogni iniziativa di competenza al fine di assicurare l'adesione dell'ispettorato alla decisione della Commissione per l'accesso che smentisce la fondatezza dell'abnorme diniego all'accesso agli atti opposto. (4-07074)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazioni a risposta in Commissione:
FABBRI, MONTRONI, INCERTI, BARUFFI, LENZI, PAGANI, MAESTRI, CARLO GALLI, LATTUCA, DE MARIA e PETITTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
si apprende da notizie di stampa di questi giorni che l'azienda multinazionale Mondi Silicart, (facente parte del gruppo Mondi, con sede in Sud Africa e fabbriche in tutto il mondo, ha deciso di chiudere l'unico stabilimento in Europa che opera da oltre 48 anni e che si trova sul territorio di Anzola dell'Emilia, in Emilia Romagna;
l'azienda ha aperto le procedure di licenziamento per 59 lavoratrici e lavoratori, annunciando ai sindacati la chiusura entro il 2015 dello stabilimento;
l'azienda produce carta siliconata e secondo fonti sindacali la sede bolognese ha chiuso il 2013 con un utile di 521 mila euro e prevede di chiudere il 2014 con 1,2 milioni. La decisione secondo i sindacati non è quindi legata ad una situazione di crisi aziendale o di calo del lavoro ma di dismissione delle politiche industriali e degli investimenti in Italia e addirittura ad una «sovraccapacità produttiva» rispetto alle esigenze del mercato;
i vertici aziendali, in una nota, hanno citato «il difficile contesto economico e competitivo» e la «tendenza da parte di alcuni clienti nell'internalizzare le produzioni». La scelta è stata quella di centralizzare la capacità produttiva «in stabilimenti Mondi più grandi e competitivi, tra cui Mondi Inncoat, Mondi Jülich, Mondi Heerlen e Mondi Release Liner Austria»;
contro questa decisione i sindacati hanno dichiarato immediatamente 100 ore di sciopero –:
se sia a conoscenza della situazione citata in premessa e cosa intenda fare per scongiurare la chiusura di uno stabilimento altamente produttivo e salvaguardare i posti di lavoro, visto il momento di crisi economica e occupazionale che anche l'Emilia Romagna sta vivendo. (5-04159)
FABBRI, MONTRONI, INCERTI, BARUFFI, LENZI, PAGANI, MAESTRI, CARLO GALLI, LATTUCA, DE MARIA e PETITTI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
si apprende da notizie di stampa della settimana scorsa che Finmeccanica avrebbe firmato un accordo con il Gruppo King Long per il passaggio della BredaMenarinibus, di cui è attualmente proprietaria, alla neonata I.I.A. — Industria Italiana Autobus;
quest'ultima unirà il polo produttivo bolognese con la ex IrisBus di Avellino, per creare un unico soggetto per la progettazione e la costruzione di mezzi destinati al trasporto pubblico;
il 18 settembre 2013 il Governo accoglieva la mozione n. 1/00186 sulla crisi delle due aziende suddette garantendo l'attenzione dell'esecutivo sia nei confronti dell'occupazione che della difesa dell'industria nazionale;
l'interrogante con atto di sindacato ispettivo n. 5-01149 (ottobre 2013) chiedeva conto al Governo quali fossero le scelte strategiche di politica industriale nel settore del trasporto pubblico al fine di rivedere le ipotesi di cessione dell'azienda e di favorire il mantenimento della proprietà in Finmeccanica;
in data 22 aprile 2014 il Governo rispondeva all'atto di sindacato ispettivo suddetto dicendosi pronto «a favorire la nascita di un'impresa industriale in grado di raccogliere tutte le risorse professionali e impiantistiche ancora esistenti nel nostro Paese in un progetto industriale capace di garantire un'offerta qualificata ed economicamente sostenibile», era stata infatti riscontrata una disponibilità imprenditoriale che induceva il Governo a ben sperare;
ad oggi la situazione appare sempre più confusa e non è chiaro quale sarà il destino dei lavoratori delle due aziende che hanno comunque iniziato una serie di scioperi –:
se sia a conoscenza del piano industriale di Industria Italiana Autobus, con un riguardo particolare al futuro occupazionale e industriale della Breda e se è in grado di poter assicurare la permanenza del polo produttivo di Bologna scongiurando l'ennesima delocalizzazione a marchio italiano in Cina. (5-04165)
Interrogazioni a risposta scritta:
PAGLIA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
la Mondi Silicart è una multinazionale che produce carta siliconata, fa parte del Gruppo Mondi, ha sede in Sud Africa e fabbriche in tutto il mondo;
da fonti stampa si apprende che la multinazionale ha annunciato la chiusura, entro il 2015, dello stabilimento di Anzola Emilia in provincia di Bologna e il contemporaneo avvio delle procedure per il licenziamento di tutti i 62 lavoratori. Siamo di fronte all'ennesima multinazionale che decide di chiudere per spostare le produzioni fuori dal nostro Paese. Ancora una volta si procede verso la dismissione delle politiche industriali e degli investimenti che stanno portando sempre di più verso un inesorabile declino sia una regione come l'Emilia Romagna, già impegnata in difficili e importanti vertenze industriali, sia tutto il territorio nazionale;
in una nota l'azienda dichiara di voler chiudere per «il difficile contesto economico e competitivo» e per centralizzare la capacità produttiva «in stabilimenti Mondi più grandi e competitivi, tra cui Mondi Inncoat, Mondi Jülich, Mondi Heerlen e Mondi Release Liner Austria»;
secondo le organizzazioni sindacali, la sede bolognese ha chiuso il 2013 con un utile di 521 mila euro e prevede di chiudere il 2014 con 1,2 milioni. Se così fosse si tratterebbe di chiudere un'azienda storica che opera sul territorio da 48 anni, nonostante sia in utile –:
se il Ministro non intenda mettere in campo tutte le iniziative possibili per scongiurare la chiusura dello stabilimento Mondi Silicart di Anzola Emilia, individuando la miglior soluzione possibile per salvaguardare il futuro occupazionale dei 62 lavoratori coinvolti, valutando anche l'opportunità di convocare un tavolo nazionale con la proprietà, le istituzioni locali e le organizzazioni sindacali per impedire che uno storico stabilimento che opera da quasi mezzo secolo sul territorio e che produce utili possa chiudere scaricando gli interi costi dell'operazione sulla pelle delle lavoratrici e dei lavoratori.
(4-07049)
CATANOSO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
da tempo la Canon Italia, filiale italiana della multinazionale Canon, leader mondiale nel settore delle macchine multifunzionali digitali, fotocopiatrici, telefax e apparecchiature a marchio Canon, pratica una scientifica attività di vendita sottocosto, mirata a sviluppare azioni di concorrenza sleale, soprattutto nei confronti dei propri rivenditori ufficiali;
le attività di concorrenza sleale vengono praticate attraverso il ricorso a sconti esagerati che Canon Italia pratica soprattutto ai clienti dei propri rivenditori ufficiali, ai quali i prezzi di acquisto e noleggio dei macchinari Canon vengono ridotti fino a punte del 50 per cento in meno dei prezzi praticati dalla stessa Canon ai propri rivenditori ufficiali;
l'obiettivo appare evidente e cioè quello di esercitare, con una costante pratica di prezzi sottocosto e comunque enormemente più bassi di quelli concessi ai propri rivenditori ufficiali, la progressiva sostituzione di questi nei rapporti con la loro clientela;
le proteste dei rivenditori ufficiali rivolte sia alla Canon Italia, che alla casa madre in Giappone, sono state ignorate, mentre è continuata una pratica che distorce i più elementari principi di corretta concorrenza, atteso che i prodotti a marca Canon non possono certo essere reperiti presso altri fornitori;
l'attività di vendita sottocosto produce anche evidenti scompensi nella trasparenza della gestione di bilancio della società, poiché le fatturazioni vengono fatte a prezzo di listino, salvo poi l'emissione massiccia di note di credito, per giustificare gli sconti concessi, che dà luogo a una determinazione falsata del volume d'affari, con conseguente travisamento della realtà nei confronti di azionisti e mercato;
la vendita sottocosto non a caso è vietata dalla legge, specie se ad adottarla è un'impresa che, come la Canon, muove da una posizione di dominio e mira, come nel caso in esame, a porre barriere all'ingresso di altri concorrenti, e addirittura, all'eliminazione progressiva delle imprese concessionarie –:
quali iniziative intenda assumere per quanto di competenza con la massima urgenza per fare cessare tali pratiche di scorrettezza commerciale adottate dalla Canon Italia e consentite dalla casa madre, che hanno determinato una grave turbativa del mercato ancora più devastante in un periodo di crisi planetaria come quello che il Paese sta attraversando;
quali iniziative, ritenga di assumere per evitare la chiusura di attività commerciali antiche e consolidate e la conseguente perdita di posti di lavoro, derivanti dal perdurare di tali illegittimi comportamenti;
se non ritenga di richiedere informazioni anche ad altri Stati europei in relazione ai comportamenti adottati dalla Canon per accertare se si tratta di un disegno mondiale, o solo limitato al nostro Paese. (4-07066)
PILI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
la Società ALCOA TRASFORMAZIONE spa in data 27 marzo 2012 ha comunicato la decisione di cessare la produzione di alluminio primario presso lo smelter di Portovesme;
nei giorni scorsi sarebbe state inviate da Alcoa le prime lettere di licenziamento a conclusione di un biennio non ha segnato nessun risultato concreto nella ripresa produttiva dello Stabilimento;
ALCOA, secondo atti del Governo, avrebbe concordato la disponibilità a farsi carico dei costi necessari per il riavvio dell'impianto e alla razionalizzazione del personale nei termini convenuti nell'accordo sottoscritto il 27 marzo 2012 e confermati in formali comunicazioni al Governo italiano (secondo fonti ministeriali da ultimo con lettera dell'8 luglio 2014);
il Ministero dello sviluppo economico secondo l'interrogante sbagliando totalmente la strategia della vertenza non ha affrontato i nodi centrali della ripresa produttiva, a partire dalla partita energetica e ha messo in campo una attività disordinata, superficiale e inconcludente ricerca, di potenziali soggetti economici interessati alla acquisizione e messa in produzione dell'impianto;
nessuna delle Società nazionali ed internazionali che hanno millantato interesse ha formalmente sottoscritto il ben che minimo accordo;
per tutte queste società tale interesse non ha avuto seguito;
solo dopo il terzo approccio la società GLENCORE International AG ha precisato una sua possibile disponibilità ad una trattativa esclusivamente alle seguenti condizioni:
a) individuazione di una soluzione atta a ridurre sensibilmente il costo della fornitura di energia elettrica per l'Impianto, in modo da consentire che l'impianto stesso sia competitivo a livello mondiale nel settore della fusione dell'alluminio;
b) che nessun importo sarà corrisposto da GLENCORE per l'acquisizione dell'impianto;
c) che solamente i dipendenti che GLENCORE riterrà necessari per lo svolgimento dell'attività dell'impianto medesimo saranno assunti e che nessun onere deriverà a Glencore in relazione agli eventuali altri dipendenti;
d) che nessun indebitamento e/o responsabilità e/o passività (attuale o potenziale) di qualsivoglia natura in relazione all'impianto e alle attività svolte fino alla data del closing della presente operazione (ivi incluse, a titolo esemplificativo, responsabilità e/o passività di natura lavoristica, fiscale, ambientale ovvero in qualunque modo connessa alla violazione della normativa in materia di aiuti di stato) sarà assunto da, e/o sarà riconducibile a, GLENCORE;
e) il completamento di una esaustiva due diligence in relazione all'impianto e all'operazione in esame (che includa, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, i profili legali, finanziari, operativi, ambientali, lavoristici e regolamentari), nonché alle misure relative ai costi dell'energia, così da poter determinare la fattibilità e sostenibilità della gestione delle attività sul lungo termine;
a dimostrazione di quanto il sottoscritto interrogante ha reiteratamente sollecitato e proposto il tema dell'energia era di fondamentale importanza e decisivo al fine della definizione della vertenza stessa;
questione energetica che risulta totalmente ignorata e per la quale in oltre due anni niente è stato concretamente proposto e discusso;
nei giorni scorsi è stato dato annuncio di un accordo tra il Ministero dello sviluppo economico, la Glencore e la regione Sardegna;
secondo quanto sarebbe riportato nel testo sottoscritto il «contenuto dell'accordo non costituisce in alcun modo vincolo contrattuale per nessuna delle Parti. Nessun affidamento sull'esito positivo delle discussioni in corso con GLENCORE potrà essere legittimamente fatto dalle Istituzioni e/o da altri soggetti terzi né alcuna decisione finalizzata a coprire e/o sostenere costi di qualsivoglia natura (ivi inclusi, a titolo esemplificativo, i costi relativi all'Impianto e/o al personale) potrà essere assunta sulla base di tali discussioni dai medesimi soggetti sopra indicati»;
nello stesso accordo sarebbe previsto che: le istituzioni e GLENCORE riconoscono e convengono che sarà necessario, inter alia, stipulare con ALCOA accordi riguardanti il trasferimento della proprietà dell'Impianto (senza costi e oneri di qualsivoglia importo a carico di GLENCORE), nonché perfezionare l'assunzione da parte di ALCOA dell'impegno a sostenere i costi (a fondo perduto e non rimborsabili) relativi al riavvio produttivo dell'impianto;
secondo quanto sarebbe stato sottoscritto «le Istituzioni, faranno tutto quanto in loro potere per facilitare il negoziato tra GLENCORE e ALCOA, tenendo nella dovuta considerazione il principio fondamentale che GLENCORE non pagherà alcun corrispettivo per l'acquisizione dell'Impianto e che ALCOA si è impegnata a farsi carico dei costi necessari per il riavvio dell'impianto, mettendo a disposizione risorse finanziarie per un importo a fondo perduto (non rimborsabile o ripetibile) come indicato in formali comunicazioni al Governo (da ultimo con lettera dell'8 luglio 2014)»;
nello stesso accordo sarebbe contenuti impegni generici e inconcludenti del Governo italiano che a distanza di due anni ha il coraggio di affermare che «si impegna ad individuare possibili soluzioni che consentano di conseguire un positivo risultato economico di lungo periodo attraverso il raggiungimento della necessaria competitività dell'Impianto con modalità che siano compatibili con la normativa europea in materia di concorrenza. Il Governo italiano ritiene altresì che le misure esistenti per i grandi consumatori industriali e quelle specifiche che il Governo intende mettere in atto per l'acquisizione di servizi necessari per la sicurezza del sistema elettrico sardo avranno l'effetto di ridurre il costo dell'energia elettrica per l'Impianto, fino a livelli tali da rendere lo stesso competitivo a livello internazionale nel settore della produzione dell'alluminio»;
sempre nell'accordo sarebbe previsto che «il Governo italiano si impegna quindi a fare tutto quanto in proprio potere, nel rispetto della normativa europea in materia di concorrenza, al fine di confermare tali misure»;
il testo dell'accordo parla ancora, dopo due anni, di scenari e di ipotesi, e sarebbe così formulato: «A tal proposito, sono stati identificati due scenari che, a partire da un contratto bilaterale di fornitura stipulato alle migliori condizioni di mercato, possono ridurre il costo dell'energia elettrica:
1) proroga del sistema di superinterrompibilità;
2) ridefinizione del sistema di interrompibilità ordinaria»;
appare evidente ai più che per la prima volta si parla di contratto bilaterale, lo stesso che il sottoscritto interrogante aveva rivendicato e proposto oltre due anni fa e che era stato ritenuto improponibile sia da esponenti del Governo pro tempore;
è fin troppo evidente anche l'altra inconcludente affermazione con la quale si ritiene di fondare la soluzione o parte di essa sul sistema di «superinterrompibilità» che resterà in vigore fino al 31 dicembre 2015;
un arco temporale insufficiente anche solo a legiferare in regime di proroga;
in questo caso la formulazione del passaggio dell'accordo sarebbe ancora più generico oltre che reiteratamente indefinito nei tempi e nei modi;
nell'accordo si affermerebbe infatti che «il Governo italiano ritiene che tale sistema sia ancora utile alla realtà del sistema elettrico sardo e rappresenti peraltro la misura più adeguata per ottenere una riduzione del costo dell'energia elettrica per chi si dimostri disposto a fornire il servizio richiesto»;
nel capoverso successivo sarebbe contenuto l'ennesimo impegno generico e improbabile sul piano delle procedure, considerato che la Commissione europea non da pareri consultivi preventivi: «il Governo italiano, pertanto, conferma il proprio forte impegno per ottenere dalla Commissione europea una proroga la più lunga possibile del regime di superinterrompibilità (ossia per almeno altri dieci anni)»;
secondo quanto sarebbe previsto dall'accordo «i dieci anni decorrerebbero dal 2016, in coincidenza con il momento in cui lo smelter di allumino sarà riavviato, dopo avere effettuato tutti gli investimenti ordinari e straordinari necessari per assicurare la sostenibilità della gestione dell'Impianto a lungo termine»;
nell'accordo sarebbe previsto anche il «caso in cui la Commissione europea non accettasse la estensione temporale della superinterrompibilità per le isole maggiori almeno per il periodo minimo di 10 anni sopra indicato, resta comunque operativo il sistema di “interrompibilità”. Tale sistema dovrà continuare ad agire attraverso aste pubbliche con aggiudicazione d'asta su base pluriennale»;
nell'accordo è previsto che «il Governo Italiano si impegna inoltre a fare quanto di competenza affinché sia considerata come “unica area industriale” quella su cui insistono i due stabilimenti di Alcoa e Portovesme s.r.l. Tale assetto potrà consentire a Glencore di beneficiare di un risparmio derivante dall'unico “punto di consegna” (POD), stimabile in una ulteriore riduzione dei costi energetici pari a circa 0,5 euro/MWh relativi agli oneri di connessione»;
dopo anni di contrarietà e opposizione il Governo si dice «impegnato a favorire accordi bilaterali di lunga durata (almeno 10 (dieci) anni) con primari fornitori di energia elettrica a prezzi che potranno assicurare la competitività dell'Impianto a livello mondiale, tenendo conto delle misure che hanno l'effetto anche di ridurre i costi quali i sistemi di superinterrompibilità e di interrompibilità ordinaria»;
a distanza di oltre un anno da analoga proposta che il Governo aveva sempre rigettato si prevederebbe nell'accordo che «il Governo italiano nell'ambito della normativa recentemente aggiornata, prevede la possibilità di sostenere finanziariamente gli investimenti finalizzati allo sviluppo industriale e/o alla tutela ambientale di importo non inferiore a 20 (venti) milioni di euro» –:
se e quando ritenga di dover proporre iniziative normative anche urgenti per affrontare la questione energetica, considerato il fallimentare ritardo sin qui accumulato, per recuperare il ritardo e avviare subito l’iter legislativo sulla proroga degli strumenti in essere e ridefinirli così come preannunciato nell'accordo;
se ritenga di dover fornire ogni chiarimento circa le interlocuzioni avute con la Commissione europea e con quali atti è avvenuta tale interlocuzione;
se non ritenga di dover garantire la ripresa produttiva in tempi più rapidi e soprattutto garantendo pienamente il mantenimento delle forze lavoro senza esclusione alcuna;
se non ritenga di dover definire in modo puntuale il percorso energetico e i tempi che devono essere indicati preventivamente per la disponibilità del costo.
(4-07068)
Apposizione di una firma ad una risoluzione.
La risoluzione in Commissione Calabrò e altri n. 7-00524, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 novembre 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sbrollini.
Apposizione di una firma ad una interrogazione.
L'interrogazione a risposta scritta Ginato n. 4-05834, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 agosto 2014, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sbrollini.
Pubblicazione di un testo riformulato.
Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Caparini n. 4-05713, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 274 del 29 luglio 2014.
CAPARINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
in data 4 luglio 2014 è stata consegnata alle segreterie nazionali di CGIL e CISL e a quelle del settore elettrico l'ennesima proposta da parte di Enel distribuzione rete di riorganizzazione della direzione, la quale prevede l'accorpamento della sede di Breno con quella di Brescia;
con lo spostamento della direzione di Enel da Breno a Brescia verrebbe a mancare il rapporto diretto tra l'ente ed il territorio, a danno dei cittadini;
tutte le attività specialistiche verrebbero inevitabilmente spostate e sul territorio rimarrebbero soltanto le attività meramente operative, causando un declassamento a ruolo marginale del presidio della Valle Camonica, in quanto territorio montano;
la Valle Camonica abbraccia un territorio vasto e complesso e l'operazione di accorpamento, qualora avvenisse, avrebbe delle ripercussioni assolutamente negative sulla gestione delle attività nel territorio, comportando inefficienze negli interventi relativi a manutenzioni e a riparazioni di guasti alle linee;
con l'eliminazione della zona di Breno si andrebbe a colpire anche la realtà della squadra di Edolo; strutture, entrambe, assolutamente efficienti che hanno acquisito negli anni grande esperienza e professionalità;
a Breno, secondo i piani prospettati da Enel, rimarrebbe solo un'attività operativa composta da circa 30 lavoratori, i quali dovrebbero soddisfare le richieste di tutta la Valle Camonica; nel territorio sono presenti oltre 110 mila utenze, poco meno di 3.000 km di linee MT-BT e più di 1100 cabine di trasformazione. L'eventuale adozione di politiche di razionalizzazione delle risorse potrebbe mettere seriamente a rischio la gestione in sicurezza dei suddetti impianti;
l'adozione di politiche di privatizzazione prima, e quelle di esasperata razionalizzazione delle risorse dopo, rischiano di estromettere la Valle Camonica dal giusto riconoscimento del proprio ruolo, con chiare ripercussioni sull'occupazione, sugli investimenti nella sicurezza degli impianti, sulla gestione del territorio e, non da ultimo, sulla qualità del servizio offerto;
è necessario che vengano adottate tutte le misure opportune per gestire in sicurezza un complesso sistema, composto da una varietà di impianti di generazione idroelettrica, da numerose opere idrocivili e soprattutto da una rete di linee elettriche che presentano difficoltà di gestione, sia dal punto di vista tecnico sia orografico del territorio tipico delle vallate alpine;
il sistema elettrico della Valle Camonica si ritiene fondamentale per l'assetto energetico del Paese, ed in particolare, del territorio; esso necessita quindi della presenza continua e costante di personale qualificato per garantire ai cittadini un buon presidio territoriale che ricomprenda anche la direzione di Enel distribuzione rete di Breno;
sono imminenti le consultazioni regionali per affrontare i riflessi sul personale che, si auspica avvengano con la massima disponibilità dell'azienda all'ascolto ed al confronto e siano prioritariamente orientati alla verifica dell'organizzazione del lavoro, al monitoraggio delle competenze e delle consistenze in relazione sia alle uscite che all'implementazione della nuova struttura ed alla copertura di tutte le posizioni necessarie escludendo nuovi interim ad ogni livello;
un tema fondamentale, utile per definire il dimensionamento del personale operativo, in una logica di mantenimento delle principali attività inerenti il ciclo produttivo aziendale, è la conservazione del patrimonio di conoscenze professionali e di esperienze acquisite in azienda dagli operatori –:
se il Ministro intenda intervenire per quanto di competenza affinché Enel distribuzione rete riveda le proprie scelte strategiche mantenendo attivo il presidio della zona di Breno e tutte le attività ad esso connesse, compresi gli attuali livelli occupazionali, a garanzia della sicurezza del sistema elettrico di tutto il territorio della Valle Camonica e dell'offerta di un servizio qualificato ed efficiente ai cittadini. (4-05713)
Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta in Commissione Crivellari e Carra n. 5-03472 del 7 agosto 2014 in interrogazione a risposta scritta n. 4-07067.