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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 18 dicembre 2014

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:


   La VI Commissione,
   premesso che:
    la Liguria e altre aree dell'Italia centro-settentrionale sono state colpite da una serie di alluvioni disastrose tra settembre e novembre;
    il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 20 ottobre 2014 e i seguenti decreti del 1o e 5 dicembre 2014 hanno, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, dello Statuto dei diritti del contribuente, disposto la sospensione fino al 20 dicembre dei termini per l'adempimento degli obblighi tributari a favore dei contribuenti colpiti dalle alluvioni in Liguria, Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Veneto e Friuli-Venezia Giulia;
    il decreto del 12 dicembre 2014 del Ministro dell'economia e delle finanze, annunciato sul sito Internet del Ministero con un comunicato del 15 dicembre 2014, non ha prorogato la sospensione e ha disposto che gli adempimenti e versamenti tributari arretrati siano effettuati dai cittadini e delle imprese colpite dalle alluvioni in un'unica soluzione entro il prossimo 22 dicembre;
    i territori e le popolazioni colpite dalle alluvioni di questo autunno hanno bisogno di un concreto aiuto, anche e soprattutto da parte dello Stato, per la ricostruzione, secondo un principio di solidarietà scritto nella Costituzione e criteri di buon senso e ragionevolezza nella pianificazione delle politiche sociali ed economiche;
    la sospensione degli adempimenti e versamenti tributari rappresenta il minimo intervento indispensabile da parte dello Stato a sostegno della ricostruzione nelle zone alluvionate, soprattutto in mancanza d'interventi più incisivi, su cui cittadini e imprese hanno riposto un legittimo affidamento;
    i comuni colpiti si sono prodigati, pur nelle ristrettezze di bilancio, in interventi a sostegno delle aree alluvionate, come il comune di Genova che ha disposto la sospensione delle scadenze tributarie di sua competenza fino al prossimo 28 febbraio 2014;
    dieci giorni soltanto decorrono tra la scadenza del 22 dicembre e la pubblicazione del decreto che l'ha disposta,

impegna il Governo

ad assumere un'iniziativa normativa urgente per prorogare almeno fino al 28 febbraio 2015 la sospensione degli adempimenti e versamenti tributari a favore dei contribuenti colpiti dalle alluvioni in Liguria, Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Veneto e Friuli-Venezia Giulia, che è stata disposta con i citati decreti del 20 ottobre 2014, 1o dicembre 2014 e 5 dicembre 2014.
(7-00548) «Pastorino, Quaranta, Oliaro, Tullo, Basso, Carocci, Giacobbe, Moretto, Marco Di Maio».


   L'VIII Commissione,
   premesso che:
    con decreto della Presidenza del Consiglio il Governo ha unilateralmente disposto il trasferimento della proprietà del termovalorizzatore di Acerra (Napoli) alla regione Campania;
    secondo quest'ultima, esso sarebbe stato operato in asserita applicazione dell'articolo 61 comma 3 del decreto-legge 9 febbraio 2012 n. 5, convertito con modificazioni dalla legge del 4 aprile 2012 n. 35, sul falso presupposto che la regione non avesse lealmente collaborato nella ricerca dell'intesa prevista dalla legge;
    l'articolo 7 comma 1 del decreto-legge del 30 dicembre 2009 n. 195, convertito con modificazioni dalla legge del 26 febbraio 2010 n. 26, aveva previsto che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri entro il 31 dicembre 2011 si dovesse provvedere al trasferimento della proprietà del termovalorizzatore di Acerra alla regione Campania, previa intesa con la regione stessa, o ad altro ente pubblico anche non territoriale, ovvero alla Presidenza del Consiglio dei ministri Dipartimento della protezione civile o a soggetto privato;
    il comma 2 stabiliva inoltre che le risorse finanziarie necessarie per l'acquisizione dell'impianto dovessero essere individuate e prelevate anche a valere sulle risorse del Fondo aree sottosviluppate, per la quota nazionale o regionale;
    il termine del 31 dicembre 2011, entro il quale sarebbe dovuto avvenire il trasferimento della proprietà dell'impianto, era stato poi prorogato al 31 gennaio 2012 dall'articolo 5, comma 1, del decreto-legge 29 dicembre 2011 n. 216, convertito con modificazioni dalla legge del 24 febbraio 2012 n. 14;
    l'articolo 7 comma 1 decreto-legge del 30 dicembre 2009 n. 195, convertito con modificazioni dalla legge del 26 febbraio 2010 n. 26, prevede, ad oggi, che il trasferimento della proprietà del termovalorizzatore di Acerra doveva avvenire entro il 30 giugno 2012;
   invocando una presunta invasione della sfera di competenza regionale disegnata dalla Costituzione, la regione Campania ha lamentato l'illegittimità del decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri, promuovendo conflitto di attribuzione innanzi alla Corte Costituzionale; con sentenza n. 258 del 20 novembre 2014 la Corte Costituzionale ha respinto il ricorso della regione Campania;
    il decreto in questione avrebbe imposto l'acquisto del termovalorizzatore esclusivamente a valere su risorse provenienti dal fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC), già fondo per le aree sottosviluppate (FAS) 2007/2013, risorse integralmente programmate fino all'esaurimento della provvista indicata dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), nella delibera n. 166/2007, come modificata dalla delibera n. 1/2009;
    perdendo, da contratto, i CIP/6 la Regione Campania sarà tenuta a coprire la differenza dei costi relativi all'energia, il che comporterà, con tutta probabilità, un ulteriore aumento delle tariffe;
    è, questo, l'ennesimo esito negativo delle iniziative dell'amministrazione regionale di centrodestra in materia ambientale, essenzialmente finalizzate al tentativo di mascherare l'immobilismo che ha caratterizzato i cinque anni di Governo Caldoro anche sul tema dei rifiuti, con una produzione legislativa inefficace ed una pianificazione caratterizzata da una pessima ideologia impiantistica in contrasto con le direttive europee di settore, una scelta errata e preconcetta a favore dell'incenerimento tale da caratterizzare sempre più la Campania come «Terra dei Fuochi»;
    i fatti ci dimostrano un'altra realtà: la crisi economica si è tradotta in un calo di quasi il 4 per cento nella produzione dei rifiuti regionali (dati 2013 su 2012);
    su 2.455.990 tonnellate di rifiuti urbani raccolti nei comuni della Regione, si è raggiunto il 44,42 per cento su scala regionale di raccolta differenziata;
    l'impianto acerrano brucia 600.000/650.000 tonnellate all'anno di rifiuti e che le discariche regionali di San Tammaro (Caserta) e Savignano (Avellino) hanno assorbito circa 100.000 tonnellate, la Campania è costretta ad esportare rifiuti per una spesa di circa 100.000.000 di euro l'anno, essenzialmente per mancanza di impianti di trattamento della frazione umida (con l'eccezione di Salerno), con esclusivo vantaggio delle ditte di trasporto e degli impianti extraregionali;
    in un sistema regionale «a norma europea», in Campania la capacità di incenerimento è già sovradimensionata, attestandosi oltre il 25 per cento; insistere sulla linea della necessità di altri inceneritori è velleitario ed ideologico, perché senza l'incentivazione tariffaria dell'energia prodotta tali impianti non possono stare in piedi economicamente, come dimostra il fallimento nettissimo degli ultimi, avventurosi, bandi di gara proposti dalla regione;
    la mancanza di impianti in regione di trattamento della frazione umida è il principale fattore limitante di ulteriore sviluppo della raccolta differenziata, anche per gli alti costi del trasporto extraregionale (circa 140 euro a tonnellata);
    nel frattempo le tariffe sono salite vertiginosamente, a danno, come sempre, della cittadinanza;
    fin dall'individuazione di Acerra come luogo nel quale realizzare il più grande impianto d'incenerimento dei rifiuti d'Europa. La cittadinanza locale, nelle sue diverse articolazioni, ha cercato in tutti i modi di contrastare tale scelta, attivando campagne di conoscenza e sensibilizzazione, azioni di protesta civile e democratica ed atti istituzionali per scongiurare tale ipotesi;
    l'opposizione unitaria della città di Acerra alla realizzazione dell'inceneritore, impianto in evidente contrasto con lo sviluppo pianificato del territorio e con la vocazione agricola dello stesso, non ha mai avuto caratteri meramente localistici;
    quello di Acerra e dei comuni limitrofi è un territorio già gravemente compromesso a causa di sversamenti illeciti di rifiuti tossici e pericolosi, come provato da numerose indagini giornalistiche e giudiziarie;
    vi è, inoltre, la presenza nella stessa area di altri impianti a forte impatto ambientale e a rischio di incidente rilevante come l'ex Montefibre (Direttiva Seveso);
    è nota la presenza sul territorio di discariche abusive, di roghi tossici e di siti dove in passato sono stati interrati scarti pericolosi di lavorazioni industriali;
    lo stato di inquinamento delle falde acquifere ha costretto in diversi punti dell'area all'imposizione di divieti di pascolo e di emungimento di acqua dai pozzi a fini di irrigazione;
    Sinistra Ecologia Libertà, i comitati, i movimenti e le istituzioni cittadine, ancor prima dei clamori suscitati dal fenomeno che i mass media hanno poi fatto conoscere al mondo intero come «Terra dei Fuochi», hanno ripetutamente chiesto la completa bonifica dell'area;
    negli ultimi anni l'oggetto delle critiche dei cittadini è stato soprattutto il Piano Regionale di smaltimento dei rifiuti (Caldoro — Romano);
    la richiesta avanzata da cittadinanza e movimenti è sempre stata quella di un nuovo e diverso piano di smaltimento, che si distacchi dalla logica di discariche ed inceneritori e che implementi la più moderna filosofia delle direttive europee basate su riduzione, riuso, raccolta differenziata e riciclo, insomma, la strategia conosciuta come «Rifiuti Zero»;
    a testimonianza di ciò vi sono le oltre 80.000 firme depositate presso la Presidenza della Camera dei deputati il 30 settembre 2013 a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare «Rifiuti Zero»;
    la mobilitazione contro l'inceneritore ha avuto momenti estremamente importanti, come il 29 agosto 2004, quando oltre trentamila persone manifestarono contro l'avvio dei lavori; a tale mobilitazione l'unica risposta data è stata una brusca repressione;
    la procedura autorizzativa dell'impianto inceneritore di Acerra prescriveva la previa messa in sicurezza del territorio nelle tre matrici di aria, acqua e suolo;
    il provvedimento ministeriale elencava ben 27 prescrizioni, tra cui quella, non secondaria e rimasta inosservata, che l'impianto potesse bruciare solo il CDR (combustibile derivato dai rifiuti);
    a cinque anni dalla messa in esercizio dell'inceneritore più grande d'Europa non vi è traccia di una seria ed effettiva bonifica del territorio, e né tantomeno nessuna attività di mitigazione dell'impatto dell'impianto sull'ambiente e sulla salute dei cittadini;
    l'impianto funziona senza alcuna attività di controllo da parte dei cittadini; vi è un'evidente assenza di trasparenza e garanzia, come denunciato dalla stessa Commissione Petizioni del Parlamento Europeo a seguito della visita in Campania effettuata dopo le numerose petizioni presentate dai cittadini campani;
    sul territorio acerrano l'ARPAC, l'agenzia regionale ambientale, ha installato 4 centraline di monitoraggio dell'aria, una delle quali a ridosso dell'inceneritore di Acerra;
    dopo la messa in funzione dell'impianto di località Pantano, la stessa ARPAC ha pubblicato sul proprio sito i dati di rilevamento delle centraline;
    da tali dati si evinceva uno sforamento del limite massimo di PM10 di oltre 50 g/m3 per un numero di giorni all'anno maggiore di 35, limite stabilito dal decreto legislativo n. 155 del 2010;
    tali sforamenti sono stati anche oggetto di interrogazioni consiliari e parlamentari, a seguito delle quali, tuttavia, nessuna risposta è mai stata formulata, e nessuna scelta è seguita se non quella di rimuovere per diverso tempo i dati dal sito istituzionale;
    le centraline in questione sono state disattivate per oltre 1 anno perché non funzionanti;
    per il solo anno 2014 i dati relativi al PM10 sono per il 41 per cento non pervenuti e classificati;
    ciò determina una inattendibilità scientifico-statistica delle informazioni a disposizione, tale da non garantire la trasparenza delle stesse;
    il «Rapporto Oms+Cnr – Campania, nelle zone di smaltimento illegale dei rifiuti tumori e malformazioni in aumento», commissionato dalla Protezione Civile e pubblicato nel 2007, mostrava con estrema chiarezza la maggiore esposizione della popolazione di Acerra al rischio di contrarre patologie tumorali, con percentuali nettamente maggiori della media nazionale;
    il rapporto in questione dimostrava il nesso di causalità tra lo smaltimento dei rifiuti e danni alla salute umana;
    l'ultimo studio dell'Istituto Superiore di Sanità del luglio 2014 stabilisce che nell'area denominata «Terra dei Fuochi» vi un tasso superiore del 13 per cento rispetto alla media nazionale di patologie tumorali;
    la quarta sezione della Corte di Giustizia europea, in una sentenza del 4 marzo 2010, ha affermato che l'Italia non ha mai adottato, per la regione Campania, tutte le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute umana e senza recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare, non ha creato una rete adeguata ed integrata di impianti di smaltimento, venendo perciò meno agli obblighi incombenti in forza degli articoli 4 e 5 della Direttiva 2006/12/CE del Parlamento e del Consiglio europeo (Direttiva rifiuti),

impegna il Governo:

   a valutare se, in riferimento al contributo CIP6, di cui tuttora beneficia l'inceneritore di Acerra, e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che ha imposto l'acquisto dell'impianto alla regione Campania con l'utilizzo dei fondi ex-FAS, si possano configurare violazioni delle normative europee in materia di aiuti di Stato;
    ad assumere ogni iniziativa di competenza del Governo alla luce della recente concessione dell'AIA relativa all'impianto da parte della ARPA Campania, nonché delle problematiche descritte nelle premesse al fine di evitare sanzioni da parte dell'Unione europea all'Italia;
    ad acquisire ogni elemento di competenza del Governo al fine di avere un quadro di informazioni circa il rispetto delle 27 prescrizioni poste a base della realizzazione dell'impianto acerrano;
    a mettere in campo una strategia nazionale di gestione dei rifiuti che possa condurci verso il risultato di «Rifiuti Zero»;
    a fornire al Parlamento i dati relativi alla «Terra dei Fuochi» in possesso degli organismi statali competenti in materia ambientale.
(7-00550) «Pellegrino, Scotto, Ricciatti, Ferrara, Giancarlo Giordano, Zaratti, Placido».


   La XII Commissione,
   premesso che:
    la professione odontotecnica è disciplinata dal regio decreto 31 maggio 1928, n. 1334, recante «Regolamento per l'esecuzione della legge 23 giugno 1927, n. 1264, sulla disciplina delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie» in base al quale (articoli 1, 11) l'attività veniva definita come arte ausiliaria delle professioni sanitarie;
    gli odontotecnici italiani alimentano un comparto produttivo, quello della fabbricazione dei dispositivi odontoiatrici, con un significativo impatto in termini di creazione di ricchezza nazionale, annoverando circa 13.000 laboratori ed impiega oltre 23.000 addetti. La risalente normativa, ancorata ad un'impostazione inadeguata e giuridicamente obsoleta, determina un'ingiustificata compressione del ruolo professionale. Ne deriva la necessità di riconsiderare il quadro di riferimento alla luce della considerevole evoluzione della professione, delle tecniche e dei materiali utilizzati, nonché della imprescindibile esigenza di tutela dei pazienti interessati dalle cure dell'apparato dentale;
    il riconoscimento dell'odontotecnico tra le professioni sanitarie trova un riferimento forte nell'articolo 1 della legge 26 febbraio 1999, n. 42, recante «Disposizioni in materia di professioni sanitarie», ove si prevede che la denominazione «professione sanitaria ausiliaria» contenuta in ogni provvedimento di legge sia sostituita dalla denominazione «professione sanitaria» Nel 2001 il Ministero della sanità predisponeva uno schema di decreto avente ad oggetto l'individuazione della figura professionale dell'odontotecnico rispetto al quale il Consiglio superiore di sanità esprimeva parere favorevole (parere del 30 ottobre – 14 novembre 2001 – Sez. II), ritenendo opportuno «che la figura dell'Odontotecnico sia inserita nella Classe delle lauree in professioni sanitarie tecniche – area tecnico-assistenziale – (classe 3), di cui al decreto del MURST del 2/4/2001»;
    il Consiglio di Stato, chiamato a rendere il parere sul citato schema di decreto, si soffermava sui profili istituzionali evidenziando la necessità di trattare il tema alla luce del nuovo riparto legislativo concorrente sancito dal Titolo V della Costituzione in materia di «professioni» e «salute» (parere Adunanza Generale dell'11 aprile 2002); dava anche atto che «Il Ministero ha riconosciuto tuttavia, che anche l'attività di odontotecnico – pur se qualificata “arte sanitaria ausiliaria” e non “professione sanitaria ausiliaria” – potesse essere ricondotta tra le professioni sanitarie»;
    in questa direzione la legge 1o febbraio 2006, n. 43, recante «Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l'istituzione dei relativi ordini professionali», sanciva (articolo 5, comma 2) che l'individuazione di nuove professioni sanitarie fosse effettuata mediante apposito accordo in sede di Conferenza Stato-regioni, recepito con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri;
    nel 2007 la direzione generale delle professioni sanitarie del Ministero della salute predisponeva uno schema di Accordo avente ad oggetto l'individuazione della professione sanitaria di odontotecnico, declinando il profilo, l'ambito di attività, il contesto operativo e di responsabilità, nonché il titolo di abilitazione per il suo esercizio. A seguito del parere favorevole reso da una Commissione costituita presso il Consiglio superiore di sanità, lo schema veniva trasmesso alla Conferenza Stato-regioni per il seguito di competenza;
    il processo di approvazione dell'Accordo in sede di Conferenza Stato-regioni non giungeva a conclusione a causa della fine anticipata della XV Legislatura ché non ne consentiva gli approfondimenti opportuni. Nella seguente XVI Legislatura, trasmesso lo schema di Accordo alla Conferenza Stato-regioni da parte del Ministro della salute, Renato Balduzzi, il procedimento di riconoscimento degli odontotecnici si interrompeva per la fine della Legislatura medesima;
    è bene evidenziare come negli atti e dalle attività menzionate emergano con sufficiente chiarezza sia i profili istituzionali che i principi di merito da portare a compimento nella direzione di giungere al riconoscimento della professione sanitaria odontotecnica il 13 marzo 2014 Confartigianato Odontotecnici, insieme ad altre associazioni di categoria, ha sollecitato la necessità di definire l'avviato percorso di riconoscimento della professione odontotecnica, inviando una nota congiunta ai presidenti delle giunte regionali ed ai relativi assessori alla sanità ed alle attività produttive;
    ai fini del riconoscimento giovano la significativa maturazione professionale e l'aggiornamento tecnologico già conseguiti della categoria, la quale contribuisce, per la propria parte di competenza, al benessere ed alla salute dei pazienti;
    l'autonomia e la specificità sanitaria della professione odontotecnica, nonché l'importanza che le produzioni odontotecniche spiegano nel campo delle cure dell'apparato dentale, sono elementi fondamentali nella direzione di conseguirne il riconoscimento, ponendo altresì le basi per l'ulteriore crescita della categoria e la sua partecipazione autorevole ai processi comunitari in corso che la investono;
    sul versante istituzionale la pendenza del procedimento di riconoscimento ha spinto alcune regioni a sollecitare l'intervento di Governo, Parlamento e Conferenza Stato-regioni. In particolare la regione Lazio (mozione n. 113 del 17 dicembre 2013), la regione Liguria (ordine del giorno del 25 marzo 2014), la regione Marche (mozione del 17 giugno 2014) la regione Piemonte (mozione n. 18 del 30 settembre 2014 e ordine del giorno n. 5 del 30 settembre 2014) hanno evidenziato come la peculiarità del settore, l'importanza della qualità delle lavorazioni eseguite e la tutela dei cittadini-pazienti siano elementi che militano in favore del riconoscimento della professione sanitaria odontotecnica; rilevando, altresì, come il riconoscimento darebbe una spinta ulteriore al percorso di crescita professionale della categoria e, quindi, dell'intero settore produttivo;
    sul versante comunitario, preme evidenziare come la considerazione della professione odontotecnica rientri nella missione della Fédération Européenne et Internationale des Patrons Prothésistes Dentaires (FEPPD). La FEPPD è attiva nel promuovere a livello europeo la libera circolazione delle professionalità e delle conoscenze odontotecniche, con evidenti ricadute positive in termini di crescita e di aggiornamento della categoria;
    al fine di assicurare una robusta ed autorevole partecipazione italiana ai processi di crescita professionale in corso in ambito comunitario, il riconoscimento nazionale della professione sanitaria odontotecnica gioca un ruolo di primaria importanza. Gli odontotecnici italiani, infatti, sono chiamati a partecipare, in forza del piano di azione per il biennio 2014-2016 della FEPPD, al processo di adozione di una Carta professionale europea da parte della Commissione europea,

impegna il Governo

a riprendere il lavoro già svolto sul riconoscimento della professione odontotecnica, trasmettendo alla Conferenza Stato-regioni lo schema di accordo del 2007.
(7-00549) «Sbrollini, Lenzi, Capone, Gelli, Carnevali, D'Incecco, Mariano, Piazzoni, Grassi, Patriarca».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
   l'adozione internazionale, il cui primario obiettivo è quello di garantire il diritto dei bambini stranieri a vivere in una famiglia, è un istituto di solidarietà e cooperazione sociale protetto e garantito dalla Costituzione, che può realizzarsi grazie alla disponibilità di accoglienza delle coppie e famiglie adottive ed al lavoro in Italia e all'estero degli enti autorizzati;
   infatti lo Stato italiano è tenuto a sostenere l'istituto dell'adozione anche come strumento attraverso cui si realizzano i diritti inviolabili dell'uomo, in quanto singolo e nelle formazioni sociali, oltre che per la sua valenza di solidarietà sociale (Costituzione, articoli 2 e 3);
   inoltre lo stesso Stato è tenuto sia ad agevolare la formazione della famiglia sia a proteggere maternità, infanzia e gioventù anche con misure economiche (Costituzione, articolo 31);
   l'Italia, da sempre fra i primissimi paesi per solidarietà e accoglienza attraverso l'adozione internazionale, vive attualmente un momento di crisi non solo per la registrata diminuzione del numero dei bambini stranieri adottati (dagli oltre 4.000 del 2011 ai circa 2.000 del 2014) ma anche per alcune vicende che di recente si sono verificate nella gestione della Commissione per le adozioni internazionali;
   in particolare l'interpellanza n. 2-00217, del 30 ottobre 2014, presentata dal senatore Maurizio Sacconi dà atto di una situazione di anomalia nella gestione della Commissione per le adozioni internazionali, con la coesistenza delle figure di presidente e vicepresidente contrariamente a quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2007 n. 108. L'atto è, al momento, ancora privo di risposta;
   a quanto consta all'interrogante la commissione non vedrebbe un ruolo adeguato della politica ma sarebbe gestita in sostanziale autonomia dalla dottoressa Silvia Della Monica;
   alla luce delle recentissime notizie di cronaca circa le indagini penali, per il coinvolgimento in attività illecite, consistenti in turbativa d'asta, abuso d'ufficio, falso in atto pubblico e truffa, di un funzionario della Presidenza del Consiglio del Ministero, dottoressa Patrizia Cologgi, che, sulla base del curriculum vitae pubblicato, ricopre il ruolo di coordinatore di servizio presso la Segreteria tecnica della Commissione adozioni internazionali: è urgentissima pertanto la valutazione e una presa di posizione del Governo sull'attuale composizione e modalità di lavoro della Commissione;
   risulta l'accadimento di fatti gravi consistenti nella prassi instaurata dall'attuale commissione di contattare telefonicamente le coppie dando loro indicazioni o effettuando valutazioni sull'operato degli enti autorizzati che le hanno in carico, senza informare gli enti medesimi e rifiutandosi poi di confermare alle coppie tali indicazioni o richieste per iscritto, in apparente contrasto con quanto legislativamente prescritto in ordine al ruolo di vigilanza attribuito alla commissione e di fatto svolgendo in prima persona un servizio «parallelo» di accompagnamento delle coppie che viceversa la legge riconosce agli enti autorizzati;
   almeno in un caso, la Commissione per le adozioni internazionali ha contattato alcune coppie di un ente autorizzato chiedendo loro per telefono l'invio di una email alla medesima Commissione contenente la revoca del mandato all'ente; ciò sarebbe avvenuto senza che ne sia stato contestualmente informato l'Ente interessato che per tale ragione ha presentato una diffida alla commissione;
   l'adozione internazionale è troppo importante per i tanti bambini abbandonati in attesa di una famiglia e per le tante coppie che non desiderano altro che amare e crescere un figlio: per questo bisogna fare tutto il possibile per mantenere vivo questo grande sentimento di accoglienza che il nostro Paese ha sempre espresso;
   la crisi dell'adozione internazionale risiede ancora oggi anche nell'aspetto dei costi e che, dunque, è necessario garantire alle coppie adottanti la trasparenza contabile degli enti autorizzati e la loro virtuosità, per restituire loro fiducia e incentivare l'adozione in un momento di così forte crisi economica;
   per realizzare il dovuto riordino della materia è necessario reimpostare una adozione internazionale perfettamente etica, sicura con meccanismi di gestione e di controllo sugli enti che siano collegiali e democratici;
   le linee guida della stessa commissione sono molto chiare sul fatto che nessun euro debba sfuggire dal sistema della tracciabilità bancaria e che al riguardo i «criteri per l'autorizzazione all'attività degli enti», emanati dalla stessa CAI, stabiliscono che l'intero importo della procedura adottiva debba essere versato direttamente in Italia all'ente, tramite conti correnti bancari o postali, sia per i servizi resi in Italia che per quelli resi all'estero e che in ogni caso la normativa italiana antiriciclaggio vieta trasferimenti in contanti pari o superiori a euro 1.000,00;
   il settore degli enti autorizzati per le adozioni internazionali deve essere gestito con il primario obiettivo di eliminare la piaga del pagamento all'estero di soldi in nero e in contanti da parte di coppie adottanti e/o di enti autorizzati trattandosi di prassi nota che alimenta il rischio di traffico di minori e di corruzione;
   molti enti autorizzati hanno avanzato richiesta e più volte sollecitato la commissione ai fini del rilascio di attestazioni relative alla loro già avvenuta autorizzazione in Italia, attestazioni queste ultime necessarie per ottenere ovvero anche solo mantenere l'autorizzazione innanzi all'Autorità straniera, e la Commissione non solo non le ha ancora rilasciate ma non ha mai risposto ufficialmente agli enti richiedenti, né ha mai dato motivazione alcuna della mancata risposta;
   la commissione, con provvedimento prot. N. 46450/2014 del 29 settembre 2014, in Gazzetta Ufficiale del 4 ottobre 2014, n. 231, ha disposto la riapertura dei termini per la presentazione delle istanze di autorizzazione degli enti, differendo il termine precedente – ormai scaduto da oltre 6 mesi – e, pertanto, azzerando di fatto le richieste già avanzate a cui la stessa Commissione avrebbe già dovuto dare risposta;
   durante il mese di agosto 2014 il portale che gestisce l'ordinaria comunicazione tra la Commissione e gli enti autorizzati ha smesso, in alcuni giorni, di funzionare, rallentando gravemente non soltanto le comunicazioni ente/commissione ma anche, inevitabilmente, le stesse procedure adottive seguite dagli enti autorizzati e, in ogni caso e anche al di fuori della problematica più prettamente tecnica evidenziata, i normali contatti Enti/Commissione risultano particolarmente difficoltosi e rallentati –:
   se il modus operandi di tutti gli enti sia sottoposto a verifiche, anche rivolte a garantire la tracciabilità finanziaria di tutte le somme richieste alle coppie anche in ossequio alla normativa italiana antiriciclaggio, che vieta trasferimenti in contanti pari o superiori a euro 1.000,00, a garanzia della dovuta trasparenza o se viceversa lo sia solo quello di alcuni enti autorizzati e se l'Italia possa dirsi ancora oggi un modello per tutti gli oltre 60 enti attualmente operanti nonostante il Comitato ONU per i diritti dell'Infanzia e dell'adolescenza abbia da anni raccomandato al nostro Paese di ridurre il numero degli stessi e di garantire un «monitoraggio efficace e sistematico di tutte le agenzie private di adozione»;
   se risponda a verità che la commissione per le adozioni internazionali abbia contattato telefonicamente alcune coppie di un ente autorizzato per chiedere loro di revocare il mandato all'ente già in carico, senza darne alcuna comunicazione allo stesso ente, e, se accertato, quali provvedimenti il Governo intenda assumere per evitare il ripetersi in futuro di una condotta di così palese gravità, tanto più grave in quanto posta in essere da una Autorità pubblica di vigilanza e controllo;
   se risponda a verità che più enti autorizzati hanno da mesi chiesto alla commissione le attestazioni necessarie ad operare nei vari Paesi e che tali attestazioni non vengono rilasciate, senza che la Commissione dia una spiegazione di tali mancati rilasci;
   se, inoltre, gli accordi bilaterali recentemente sottoscritti e di prossima sottoscrizione, atti eminentemente di natura politica, siano stati redatti in accordo con le linee nazionali di politica estera e coinvolgendo, come richiedono anche le linee guida, tutti gli stakeholder interessati, in primis gli enti autorizzati ad operare sul paese;
   se, inoltre, sia conforme alle disposizioni di legge la riapertura dei termini per la richiesta di autorizzazione degli enti ed il conseguente azzeramento delle precedenti domande già avanzate da parte degli enti, data la mancanza di risposta da parte della commissione sulle istanze presentate entro i termini precedenti e già scaduti;
   se l'attuale struttura tecnico-operativa della Commissione per le adozioni internazionali (strumenti tecnologici e personale), alla luce di quanto descritto nelle premesse, assicuri, a giudizio del Governo, una gestione tempestiva e regolare delle funzioni e del ruolo che la legge attribuisce alla stessa Autorità;
   se siano stati compiuti o si intendano porre in essere accertamenti in merito alla gestione della Commissione e se si sia o meno provveduto agli adempimenti necessari a modificare l'assetto organizzativo della Commissione medesima;
   se non ritenga necessario che la Cons. Silvia Della Monica debba rendere con urgenza i necessari chiarimenti in merito alle problematiche descritte in premessa e, qualora questi non fossero soddisfacenti, se non ritenga opportuno che la medesima dirigente sia destinata ad altro incarico;
   quale sia la visione politica del Governo rispetto al coinvolgimento diretto in un settore così importante per le famiglie italiane e quale, in particolare, sia la posizione circa la funzione ricoperta dalla dottoressa Patrizia Cologgi e il funzionamento della Commissione nelle attività e funzioni alla stessa delegate.
(2-00790) «Pagano».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PRODANI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 83 del 31 maggio 2014 noto come «decreto Cultura», convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2014 e relativo a disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo, all'articolo 16 ha disposto la trasformazione dell'ENIT – Agenzia nazionale del turismo in ente pubblico economico, sottoposto alla vigilanza del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo;
   il comma 5 del provvedimento fissa l'approvazione del nuovo statuto dell'ENIT – da parte del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo – entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del suddetto decreto;
   tale termine è scaduto il 28 novembre 2014 senza che l'approvazione dello statuto sia avvenuta;
   la guida dell'ente da parte di un commissario straordinario, nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 16 giugno, si protrarrà quindi fino all'approvazione dello statuto;
   l'allarmante situazione di stallo in cui versa l'ENIT è stata recentemente denunciata da svariati articoli di stampa, nonché dal Presidente di Federcongressi & Eventi, Mario Buscema (in un comunicato apparso sul sito web dell'associazione), che, oltre a sottolineare l'impasse delle istituzioni, riporta i gravi danni di immagine che avrebbe registrato alle ultime due importanti fiere mondiali la meeting industry italiana;
   tale situazione si presenta ancora più critica alla vigilia di un evento epocale come EXPO 2015 a Milano, in occasione del quale l'ente – secondo il comma 1 del provvedimento – ha come finalità di promuovere l'immagine unitaria «dell'offerta turistica nazionale e favorirne la commercializzazione»;
   fonti di stampa, tra cui la versione online della rivista Wired Italia, segnalano che la società di promozione turistica Promuovi Italia spa, messa in liquidazione dal decreto summenzionato, di cui ENIT è proprietaria, continua ad affidare incarichi di consulenza, nonostante non sia in grado di onorare le spese, tra cui gli stipendi dei dipendenti;
   l'edizione 2014–2015 dell'autorevole «Country Brand Index», stilata dall'agenzia di marketing FutureBrand e pubblicata l'11 novembre 2014 riporta una discesa dell'Italia dal primo al diciottesimo posto nell'arco degli ultimi 10 anni, per quanto riguarda il potere di attrazione turistica;
   il rapporto del World Travel & Tourism Council (WTTC) per il 2014 indica il pessimo stato dei ricavi legati al turismo in Italia nell'anno precedente messi a confronto con quelli di altri Paesi, come il Regno Unito;
   un importante patrimonio culturale ed economico italiano quale il turismo merita una governance di maggiore spessore –:
   se il Governo intenda adoperarsi per favorire in tempi rapidi l'approvazione dello statuto dell'ENIT, la cui assenza impedisce all'ente di funzionare adeguatamente, circostanza che rende impossibile coordinare a livello nazionale la promozione turistica e il supporto necessario all'imminente EXPO 2015;
   se il Governo non ritenga opportuno fornire delle indicazioni aggiornate sulla tempistica con cui si intende procedere nel dare seguito alle politiche in materia di rilancio del turismo;
   quale programmazione e quali iniziative intenda adottare per supportare in particolare l'importante settore della meeting industry. (5-04322)


   DE ROSA, PETRAROLI, DE LORENZIS e TOFALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la SIAE, Società italiana degli autori ed editori, ai sensi della legge 9 gennaio 2008, n. 2, recante «Disposizioni concernenti la Società italiana degli autori ed editori», è ente pubblico economico a base associativa;
   l'articolo 1, comma 3, della suddetta legge, prevede che «il Ministro per i beni e le attività culturali esercita, congiuntamente con il Presidente del Consiglio dei ministri, la vigilanza sulla SIAE. L'attività di vigilanza è svolta sentito il Ministro dell'economia e delle finanze, per le materie di sua specifica competenza»;
   il 26 ottobre 2009 il dottor Gaetano Blandini, direttore generale per il cinema presso il Ministero per i beni e le attività culturali, è stato nominato nuovo direttore generale della SIAE; il 9 marzo 2011, con decreto del Presidente della Repubblica, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 81 dell'8 aprile 2011, il dottor Gian Luigi Rondi è stato nominato commissario straordinario della SIAE;
   come emerge dalle considerazioni contenute nello stesso decreto il commissariamento dell'ente si è ritenuto necessario a causa della mancata approvazione del bilancio preventivo 2011, propedeutico all'attuazione del piano strategico 2010-2013, indispensabile per un adeguato risanamento economico-finanziario della società;
   nel 1951 si è costituito il Fondo pensioni per il personale di ruolo della SIAE con finalità di previdenza integrativa e con personalità giuridica autonoma riconosciuta dal 1955, avente un proprio statuto, un proprio consiglio di amministrazione (composto da 3 membri nominati dalla SIAE fra cui viene scelto il Presidente il cui voto in caso di parità vale doppio, e 3 eletti da pensionati ed iscritti al Fondo pensioni), un proprio collegio dei revisori (composto di 5 membri di cui 2 nominati dalla SIAE, 2 eletti da pensionati ed iscritti al fondo ed un presidente nominato direttamente dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali);
   il Fondo pensioni per il personale di ruolo della SIAE, previo accordo con la SIAE e con le conseguenti modifiche statutarie, è stato chiuso a nuove iscrizioni nel 1978 ed è quindi ad esaurimento. In quell'occasione la SIAE si è assunta l'obbligazione in solido del pagamento delle prestazioni, come espresso dallo statuto del Fondo pensioni che, all'articolo 60, prevede: «Il pagamento delle pensioni o indennità liquidate dal Fondo nei casi e nelle misure previste dal presente Statuto è garantita dalla SIAE, che resta solidalmente obbligata»;
   il Fondo pensioni per il personale di ruolo della SIAE possiede attualmente un patrimonio immobiliare del valore, stimato al 31 dicembre 2009, di circa 103 milioni di euro. I pensionati sono circa 600 e gli iscritti ancora in servizio circa 100;
   sulla base di quanto indicato nell'articolo 60 dello statuto, la SIAE fino al 2008 ha erogato gli importi versati a copertura del fabbisogno del Fondo pensioni per il personale di ruolo della SIAE a titolo definitivo, imputandoli nel conto economico del proprio bilancio consuntivo; nel 2009 si è constatato il sostanziale equilibrio economico-finanziario prospettico del Fondo pensioni per il personale di ruolo della SIAE, cioè che il valore del patrimonio immobiliare del Fondo era superiore al valore attualizzato delle prestazioni da erogare;
   in base a questa nuova situazione, nel novembre 2009 è stato sottoscritto un protocollo di intesa tra SIAE e Fondo pensioni che, tenendo conto del raggiunto risultato di equilibrio economico-finanziario prospettico del Fondo, a partire dal 1o gennaio 2009 prevedeva che le somme versate dalla SIAE al Fondo per il pagamento delle prestazioni pensionistiche fossero erogate a titolo di anticipazione e non più a titolo definitivo, come avvenuto fino a quel momento; detto protocollo è stato approvato dal collegio dei revisori e dal consiglio di amministrazione del Fondo pensioni, dal collegio dei revisori, dalla società di revisione del bilancio e dal consiglio di amministrazione della SIAE, e trasmesso alla COVIP (Commissione di vigilanza sui fondi pensione) che non ha avuto nulla da eccepire;
   contestualmente, il consiglio di amministrazione del Fondo pensioni per il personale di ruolo della SIAE ha deliberato la graduale dismissione del patrimonio immobiliare, iniziando le pratiche per la vendita ad inquilini ed a terzi che avevano accettato la proposta di vendita a prezzo di mercato, di una prima tranche di circa 20 appartamenti, nel rispetto dei criteri di equilibrio economico-finanziario prospettico;
   dal 1o gennaio 2009 al 31 dicembre 2010 la SIAE ha erogato a titolo di anticipazione la somma di 13.443.664 euro;
   in data 26 marzo 2011 è cessato dall'incarico per raggiunti limiti di età il direttore del Fondo pensioni per il personale di ruolo della SIAE, e l'incarico è stato assunto dal direttore generale della SIAE, dottor Gaetano Blandini; contestualmente i 3 membri del consiglio di amministrazione di nomina SIAE hanno rimesso il loro mandato e sono stati sostituiti da persone scelte dall'attuale gestione commissariale;
   nel mese di giugno 2011 il consiglio di amministrazione del Fondo pensioni per il personale di ruolo della SIAE ha approvato il bilancio consuntivo 2010, ribadendo l'equilibrio economico-finanziario prospettico del Fondo pensioni;
   successivamente a quella data, lo stesso consiglio di amministrazione del Fondo pensioni per il personale di ruolo della SIAE, a maggioranza, ha revocato il progetto di vendita graduale degli immobili;
   in data 14 luglio 2011 è stato approvato il bilancio consuntivo 2010 della SIAE, che presenta una perdita per l'esercizio 2010 di 18.696.871 euro, di fatto interamente ascrivibile alla costituzione di Fondi rischi per far fronte al disavanzo del bilancio tecnico attuariale al 31 dicembre 2010 del Fondo pensioni SIAE (4.169.000 euro) e svalutazione di anticipazioni per il 100 per cento delle somme anticipate negli anni 2009 e 2010 (13.443.664 euro), imputabili alla gestione del Fondo pensioni per il personale di ruolo della SIAE, giustificando tale decisione, tra l'altro, con il rischio che gli ulteriori esborsi futuri per la SIAE non risultino integralmente fronteggiati da adeguato patrimonio del Fondo;
   il bilancio consuntivo è stato approvato dal commissario straordinario nonostante le perplessità della società di revisione Ernst & Young e nonostante il collegio dei revisori della SIAE, nella sua relazione al bilancio consuntivo 2010, abbia espresso rilievi in relazione alla costituzione di tali fondi rischi, ritenendoli ingiustificati e dichiarando, tra l'altro, che l'ipotesi di rischio paventata dalla gestione commissariale appare ad oggi remota, poiché nel lungo periodo il credito della SIAE risulta ampiamente compensato dal valore degli immobili del Fondo e quindi il collegio dei revisori non può condividere la svalutazione degli anticipi erogati e l'accantonamento al fondo rischi effettuato dalla gestione commissariale;
   nel mese di settembre 2011 è stato rinnovato il contratto collettivo nazionale di lavoro del personale dirigente della SIAE, con un costo stimato a regime per la società di oltre 2 milioni di euro;
   l'articolo 6, comma 7, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, recante «Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica», a partire dal 2011, prevede una limitazione per la spesa annua per incarichi di consulenza che non può essere superiore al 20 per cento di quella sostenuta nell'anno 2009 –:
   quali misure ritenga necessario adottare, il Governo, per garantire la trasparenza e l'efficienza nella gestione economica della SIAE, quale ente pubblico economico, con particolare riferimento all'abnorme costituzione di fondi rischi e alla svalutazione di anticipi erogati, che ha determinato una perdita d'esercizio per circa 18 milioni di euro, ai rischi per i lavoratori, per gli oltre 90.000 associati e, in generale, ai rischi per le prospettive gestionali ed economiche dell'ente, all'abnorme ricorso alle consulenze esterne, pure in presenza della limitazione di legge indicata in premessa;
   quali misure ritenga opportuno adottare per assicurare la trasparenza e la pubblicità delle condizioni contrattuali e degli ulteriori emolumenti percepiti a vario titolo dal direttore generale, che comportano annualmente un costo a carico dell'ente stimabile in 500.000 euro, nonché delle condizioni in favore dei consulenti esterni che gravano sul bilancio dell'ente per un importo annuo stimabile in oltre 4 milioni di euro, che va ad aggiungersi al costo dei dirigenti. (5-04328)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 91 del 1992 indica il principio dello ius sanguinis come unico mezzo di acquisto della cittadinanza a seguito della nascita, mentre l'acquisto automatico della cittadinanza iure soli continua a rimanere limitato ai figli di ignoti, di apolidi, o ai figli che non seguono la cittadinanza dei genitori;
   lo ius soli fa riferimento alla nascita sul «suolo» e per i Paesi che lo applicano è cittadino originario chi nasce sul territorio dello Stato, indipendentemente dalla cittadinanza posseduta dai genitori;
   in Italia si diventa cittadini solo se si hanno genitori italiani. Altrimenti è possibile dopo due anni di matrimonio o per residenza (almeno 10 anni in Italia se cittadino extracomunitario, 4 anni di residenza per i cittadini appartenenti ad uno Stato dell'Unione europea; 5 anni per gli apolidi e i rifugiati);
   il figlio di stranieri nato nel territorio italiano ha la possibilità di chiedere la cittadinanza al compimento del diciottesimo anno d'età per poi riceverla negli anni successivi;
   ci sono due elementi che rendono la legislazione italiana estremamente rigida: in primis il ragazzo deve aver vissuto ininterrottamente per 18 anni in Italia (è ammesso solo un «buco» di 6 mesi). Basta andare via anche per un breve periodo e il diritto scompare. E poi al compimento del 18esimo anno ha solo 12 mesi per fare domanda;
   solo la Svizzera è più restrittiva dell'Italia. Si tratta di una situazione assurda per chi ormai da anni vive in Italia e ha fatto gli stessi percorsi formativi di coloro che sono nati in Italia da genitori italiani;
   i ventisette Stati europei non hanno comunque una legislazione univoca e applicano lo ius sanguinis e lo ius soli temperando un principio con l'altro;
   il Presidente del Consiglio dei ministri ha indicato il tema dei diritti civili come una priorità del Governo, in particolare per quanto riguarda la cittadinanza ai figli degli stranieri nati in Italia con un passaggio dall'attuale ius sanguinis a uno ius soli temperato;
   dall'inizio legislatura, il 21 marzo 2013, sono state depositate alla Camera numerose proposte sulle modalità di acquisto della cittadinanza, segno di un rinnovato interesse da parte delle forze politiche su un tema che ha importanti risvolti anche sotto il profilo sociale ed economico;
   la sintesi del dibattito politico al riguardo, in particolare fra le forze della maggioranza che sostengono il Governo, potrebbe essere quella di assegnare la cittadinanza ai bambini nati da cittadini stranieri in Italia, che abbiano concluso un ciclo di studi –:
   se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative, oltre che in materia di acquisto della cittadinanza per gli stranieri nati in Italia, anche in merito alle procedure per i residenti, portando per tutti i soggetti (cittadini europei, apolidi e rifugiati) il termine a 2 anni e accorciando ulteriormente la procedura attraverso la quale ottenere la concessione (oggi fissata in due anni), visto che nella realtà gli anni che trascorrono non sono meno di quattro;
   se il Governo ritenga opportuno adottare altre iniziative a favore dei cittadini stranieri in Italia, visto che tutti gli studi e le analisi fino ad oggi condotte sono unanimi nel ritenere la presenza degli immigrati una fonte di ricchezza e di crescita economica (oltre che sociale e culturale);
   se il Governo non ritenga opportuno rivedere, a completamento dell'introduzione dello ius soli in Italia, la legge «Bossi-Fini», che, ad avviso dell'interrogante, ha aggravato la condizione degli stranieri in Italia, ha prodotto il «ricatto» del lavoro, lo sfruttamento dei braccianti, la clandestinità come schiavitù per favorire l'abbattimento del costo del lavoro e la vergogna dei Cie. (4-07327)


   DE LORENZIS, PAOLO NICOLÒ ROMANO, LIUZZI e NICOLA BIANCHI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   il 17 dicembre 2014 l'organizzazione non governativa denominata «Associated Whistleblowing Press» ha pubblicato sul proprio sito web accessibile al seguente URL https://data.awpis/filtrala/2014/12/17/19.html dei documenti riservati provenienti dal governo statunitense afferenti all'accordo internazionale denominato TISA (Trade in services agreement) i cui negoziati, circondati dalla massima segretezza, sarebbero stati avviati nel marzo dello scorso anno tra 23 Stati (considerando l'Unione europea come un'unica entità) compreso il nostro Paese;
   secondo quanto si apprende dalla documentazione diffusa in rete tale accordo sarebbe finalizzato ad estendere l'ambito di applicazione e le norme degli accordi GATS negoziati in senso al WTO, prevedendo disposizioni specifiche sul flusso di informazioni e di dati coinvolti nella fornitura, in particolare, di servizi ICT;
    tra le previsioni contenute nella proposta statunitense vi sono norme potenzialmente in grado di incidere sensibilmente oltre che sull'esercizio di una qualsivoglia forma di sovranità degli Stati nazionali sullo svolgimento delle transazioni e dello scambio di dati in rete, anche e soprattutto sull'esercizio di diritti fondamentali dei cittadini europei ed italiani quali il diritto alla riservatezza e al controllo dei dati personali in rete e il diritto di accesso ad una rete internet libera e tecnologicamente neutrale;
   la proposta prevede infatti, che gli Stati aderenti si debbano astenere dall'adozione di discipline interne volte ad imporre la localizzazione fisica di dati personali dei propri cittadini veicolati in rete all'interno dei confini nazionali (si veda in proposito l'articolo 4 della proposta di accordo), nonché che gli stessi debbano consentire l'adozione di pratiche «ragionevoli» di network management da parte dei fornitori di servizi –:
   quale sia la posizione del Governo italiano in relazione ai contenuti dei negoziati del predetto accordo, nonché in riferimento all'adozione di forme adeguate di pubblicazione dei risultati dei negoziati descritti in premessa. (4-07342)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   GARAVINI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il Land tedesco della Saar, nell'ambito di una riorganizzazione del proprio sistema universitario, ha deliberato la progressiva eliminazione delle cattedre che rimarranno scoperte all'università del Saarland; per motivi biografici, le prime cattedre che resteranno senza un titolare saranno quelle di italianistica, che pertanto verranno cancellate;
   il progetto di riorganizzazione ha fra gli scopi previsti quello di favorire una maggiore europeizzazione dell'università del Saarland, non considerando tuttavia che la tutela e lo sviluppo delle lingue dei popoli dell'Unione rappresenta uno degli obiettivi primari della dell'Unione sul piano culturale; nei fatti, inoltre, la decisione colpisce uno dei presidi più riconosciuti dello scambio interculturale fra Italia e Germania, in un Land nel quale la comunità italiana è la prima per numero di residenti stranieri;
   l'università del Saarland è uno dei centri di eccellenza dell'italianistica a livello mondiale, in particolare per l'edizione del LEI (Lessico etimologico dell'italiano e dei suoi dialetti, un progetto realizzato in collaborazione con l'Accademia della Crusca), pubblicato dal 1979, il cui completamente è previsto per il 2032;
   i curatori di quest'opera monumentale e di altre in preparazione (oltre al LEI, il Deonomasticon Italicum e il Dictionnaire Étymologique Roman) dirigono un gruppo di ricerca formato da numerosi collaboratori, spesso italiani. Fra i curatori di queste opere vi sono inoltre membri dell'Accademia nazionale dei Lincei, corrispondenti stranieri dell'Accademia della Crusca, dottori honoris causa di università italiane e destinatari di un diploma di prima classe con medaglia d'oro ai benemeriti della cultura e dell'arte da parte del Presidente della Repubblica Ciampi;
   lo Stato italiano ha assecondato questa positiva esperienza finanziando durante gli anni alcuni lettorati di italiano presso l'università del Saarland –:
   se i Ministri interrogati non ritengano di avviare con l'urgenza che la situazione richiede un dialogo con le competenti autorità tedesche volto ad assicurare la sopravvivenza di uno dei centri di eccellenza dell'italianistica all'estero e a definire un programma di collaborazione che ne preveda lo sviluppo sia in un'ottica di rapporti interculturali tra i due Paesi che di più alta europeizzazione della formazione di livello universitario. (4-07334)

AFFARI REGIONALI E AUTONOMIE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCUVERA e ZAMPA. — Al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   secondo gli ultimi dati di Save the Children (dicembre 2014), il 23 per cento dei minori, che corrisponde a 2 milioni e 400 mila tra bambini e adolescenti, vive in condizioni di povertà relativa, in famiglie con un reddito molto basso e quindi costrette a rinunciare a spese anche per necessità essenziali come il cibo;
   la povertà minorile non è solo un fenomeno inaccettabile dal punto di vista etico e della violazione dei diritti, ma anche una pesante ipoteca sul destino di centinaia di migliaia di bambini e bambine, nonché sul futuro dell'intero Paese;
   la critica situazione economica che sta attraversando il Paese viene pagata duramente dalle nuove generazioni e rischia di creare nei prossimi anni drammatiche ripercussioni sociali;
   il 19 novembre 2013 la Camera dei deputati ha approvato la mozione n. 1-00108 che impegna il Governo, tra le altre cose, a «definire una strategia nazionale che preveda una pluralità di misure per contrastare le diverse manifestazioni della povertà» infantile, a «contrastare la povertà minorile e giovanile, nonché a combattere la dispersione scolastica», ad «evitare che finanziamenti e obiettivi concordati con le regioni e gli, enti locali vengano disattesi, al fine di garantire i diritti di cittadinanza, come, ad esempio, il diritto all'istruzione, alla fruizione delle mense, al trasporto scolastico e altri»;
   in data 22 ottobre 2013 in Commissione affari sociali il Governo ha risposto all'interrogazione n. 5-00854 relativa ai casi di esclusione di minori dalle mense scolastiche annunciando «forme di monitoraggio per verificare sistematicamente se siano garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale i diritti civili e sociali ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera m), della Costituzione con particolare riferimento ai minori in particolare su come gli enti locali garantiscano un servizio di refezione coerente con i principi sopra elencati»;
   è stato accolto come raccomandazione l'ordine del giorno 9/01574-A/063 del 31 ottobre 2013 per «promuovere al più presto iniziative in materia di livelli essenziali delle prestazioni e, nelle more, a svolgere una forte moral suasion, anche in Conferenza Stato, regioni, per trovare, rispetto alla questione degli insoluti nelle mense scolastiche, soluzioni diverse dall'esclusione dei minori da un fondamentale momento non solo di alimentazione, ma anche di educazione e socializzazione»;
   in occasione della Giornata internazionale dell'infanzia e dell'adolescenza, la Camera ha approvato la mozione n. 1-00671 sul tema della povertà infantile con cui, tra le altre cose, si impegna il Governo a «prevedere misure in grado di garantire ai bambini e agli adolescenti il diritto di accesso a tutti i servizi, in particolare a titolo gratuito alle famiglie e ai bambini in condizioni di povertà certificata, in primo luogo quelli collegati all'istruzione (nidi, scuola primaria a tempo pieno/prolungato), al servizio mensa scolastica e ad attività pedagogiche, sportive e ricreative»;
   in tema di povertà infantile legata alla negazione dei diritti civili e sociali dei minori, uno dei casi più eclatanti riguarda il comune di Vigevano in cui i bambini esclusi dalla mensa scolastica oggi sarebbero 164 (contro i 150 dell'anno scolastico precedente) tra i frequentanti nido, scuola primaria e secondaria di primo grado;
   l'esclusione dalla refezione scolastica è dovuta alla morosità delle famiglie, riferita sia a debiti pregressi relativi ad altri figli maggiori che abbiano frequentato la scuola in passato (sia a debiti ascrivibili all'anno in corso;
   i bambini esclusi devono accontentarsi di consumare un pasto freddo, di solito un panino, in locali diversi e separati da quelli adibiti a mensa, venendo così a trovarsi non solo sottoposti ad un regime alimentare non equilibrato e corretto secondo le «Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica» stabilite dal Ministero della salute, ma altresì soggetti a discriminazione, in violazione dell'articolo 3 della Costituzione italiana, nonché dell'articolo 3 della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza del 1989 e ratificata dall'Italia nel 1991, secondo cui «in ogni legge, provvedimento, iniziativa pubblica o privata e in ogni situazione problematica, l'interesse del bambino/adolescente deve avere la priorità»;
   come illustrato nella risposta all'interrogazione n. 5/00854 del 2013, «l'Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia — Ufficio XIX — Pavia, con circolare in data 15 ottobre 2012, in relazione a segnalazioni pervenute sul servizio di refezione scolastica nelle scuole della provincia di Pavia, ha posto in rilievo che il momento delle refezione, come ogni altro periodo della frequenza scolastica, è occasione di formazione, e di convivenza e come tale deve rispondere alle finalità generali dell'istruzione»;
   nella suddetta circolare si ricorda che il Documento d'indirizzo per la sperimentazione dell'insegnamento di «Cittadinanza e Costituzione» del 4 marzo 2009, ha richiamato la necessità di sviluppare «significati e azioni della pari dignità sociale, della libertà e dell'uguaglianza di tutti i cittadini» e di «riconoscere situazioni nelle quali non si sia Stati trattati o non si siano trattati gli altri da persone umane; riconoscere valori che rendono possibile la convivenza umana e testimoniarli nei comportamenti familiari e sociali» e infine di «conoscere e rispettare la funzione delle regole e delle norme; nonché il valore giuridico dei divieti; partecipare consapevolmente al processo di accoglienza e di integrazione tra studenti diversi all'interno della scuola»;
   la circolare recita inoltre che «nessun momento della vita scolastica può diventare occasione di discriminazione tra alunni anche per motivi riconducibili alle inadempienze delle loro famiglie, raccomandando quanto segue: gli alunni non dovrebbero essere separati nel momento della refezione; nei limiti del possibile tutti dovrebbero poter usufruire del medesimo servizio, sviluppando anche adeguate forme di solidarietà» –:
   se il Ministro sia a conoscenza del fatto che sul territorio nazionale l'esclusione di minori dalla mensa scolastica nell'anno in corso persista, se non addirittura che in alcuni territori sia aumentata nei numero rispetto all'anno scolastico 2012-13, e se sia stato già avviato, e in quali forme, il monitoraggio dei servizi scolastici, affinché gli stessi siano garantiti a tutti i minori in egual modo e su tutto il territorio nazionale, di cui alla risposta all'interrogazione n. 5/00854 del 22 ottobre 2013. (5-04334)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SEGONI, DAGA, BUSTO, TERZONI, TOFALO, ZOLEZZI, DE ROSA, DE LORENZIS, MANNINO, NICOLA BIANCHI, CRISTIAN IANNUZZI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, LIUZZI, DELL'ORCO, SCAGLIUSI, SIBILIA, ARTINI, GAGNARLI, BALDASSARRE e BONAFEDE. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 6 marzo 2008 i comuni delle Piana di Lucca, la provincia di Lucca, l'Associazione industriali della provincia di Lucca, la Camera di commercio della provincia di Lucca, sono i firmatari del «Documento d'Intesa sulle infrastrutture necessarie a migliorare il sistema di mobilità nella Piana di Lucca», nel cui atto si prefigura la necessità di un «nuovo ponte» sul fiume Serchio, che colleghi la strada statale 12 del Brennero e la città. In tale documento si stabilisce inoltre che la definizione del progetto e la localizzazione esatta del ponte dovrà essere definita in base a ulteriori studi sulla mobilità e sulla viabilità in accordo con le indicazioni del comune di Lucca;
   il 14 aprile 2011 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la regione Toscana, la provincia di Lucca, ANAS Spa, il comune di Capannori e il comune di Lucca sottoscrivono il protocollo d'intesa «per la realizzazione della viabilità est di Lucca comprendente i collegamenti tra Ponte a Moriano e i caselli dell'A11 del Frizzone e di Lucca est», che prevede «l'adeguamento progettuale e la realizzazione degli interventi relativi alla strada statale 12 dell'Abetone e del Brennero riguardanti la viabilità est di Lucca comprendente i collegamenti fra Ponte Moriano e i caselli dell'A11 del Frizzone e di Lucca est» (articolo 1). Quindi si prevede la creazione di un nuovo ponte oltre alla ridefinizione totale della viabilità della città di Lucca con la creazione di nuovi assi viari;
   tale atto viene recepito il 16 giugno 2011 dalla regione Toscana e dal Governo, entrambi sottoscrivono l'integrazione all'atto aggiuntivo alla intesa generale quadro Governo-regione Toscana, ai sensi della legge 21 dicembre 2001, n. 443 e del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190, «Per il congiunto coordinamento e la realizzazione delle infrastrutture strategiche con indicazione delle principali priorità». Nel contesto della legge obiettivo, si dà priorità strategica nazionale alle predette opere, che assumono dunque una rilevanza nazionale;
   per inciso, si rileva che il comune di Lucca nel piano triennale dei lavori pubblici 2011-2013 approvato con delibera del consiglio comunale n. 47 del 1o agosto 2011 non prevede la realizzazione del nuovo ponte;
   la provincia di Lucca con delibera di giunta n. 99/A del 13 dicembre 2011, senza che sia stato prodotto uno studio di fattibilità, in contrasto con le prescrizioni di cui all'articolo 128, comma 2, del decreto legislativo n. 163 del 2006, («Il programma triennale costituisce momento attuativo di studi di fattibilità e di identificazione e quantificazione dei propri bisogni che le amministrazioni aggiudicatrici predispongono nell'esercizio delle loro autonome competenze e, quando esplicitamente previsto, di concerto con altri soggetti, in conformità agli obiettivi assunti come prioritari. Gli studi individuano i lavori strumentali al soddisfacimento dei predetti bisogni, indicano le caratteristiche funzionali, tecniche, gestionali ed economico-finanziarie degli stessi e contengono l'analisi dello stato di fatto di ogni intervento nelle sue eventuali componenti storico-artistiche, architettoniche, paesaggistiche, e nelle sue componenti di sostenibilità ambientale, socio-economiche, amministrative e tecniche. In particolare le amministrazioni aggiudicatrici individuano con priorità i bisogni che possono essere soddisfatti tramite la realizzazione di lavori finanziabili con capitali privati, in quanto suscettibili di gestione economica ...omissis...») inserisce l'opera nel piano di programmazione triennale (Adozione del programma triennale dei lavori pubblici e dell'elenco annuale dei lavori pubblici di competenza dell'amministrazione provinciale di Lucca» il «Piano Fondazione Cassa di Risparmio – Realizzazione Nuovo Ponte sul Serchio») per un importo di euro 18.000.000. «Finanziamento: Regione Toscana, Fondazione Cassa di Risparmio, Provincia»;
   la giunta regionale della Toscana con delibera n. 52 dell'8 febbraio 2012, dà mandato al presidente della regione di siglare il protocollo d'intesa «... tenuto conto che la Regione Toscana, la Provincia di Lucca ed il Comune di Lucca ritengono che la disponibilità fornita dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca costituisca un'importante opportunità e si rendono disponibili ad intervenire anche con propri finanziamenti da individuarsi attraverso accordi operativi del presente Protocollo considerato come indispensabilmente propedeutico alla realizzazione di quanto sopra; ...» Per la realizzazione del nuovo ponte sul Serchio la disponibilità finanziaria ammontava a 7.000.000 di euro;
   il 3 marzo 2012, in piena spending review (con il «decreto Monti», convertito in legge, inerente al riordino delle province) viene dunque stipulato un secondo protocollo d'intesa siglato da regione Toscana, provincia di Lucca, comune di Lucca e Fondazione CRL, nella quale viene inserita la programmazione del nuovo ponte «propedeutico agli accordi operativi conseguenti alla disponibilità della Fondazione Cassa di Risparmio a compartecipare alla realizzazione di interventi prioritari per la provincia di Lucca». Con questo atto gli enti coinvolti assumono l'impegno di costruire un nuovo ponte al di fuori degli impegni assunti nel primo protocollo di intesa con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, in ciò contravvenendo all'articolo 2 (Impegni dei sottoscrittori) del protocollo d'intesa del 14 aprile 2011, stante il quale «Ciascun soggetto sottoscrittore si impegna a rispettare integralmente il contenuto del presente Protocollo, in tutte le sue parti, nello svolgimento delle attività di propria competenza per la realizzazione degli interventi previsti e a promuovere adeguate attività nei confronti di Enti e soggetti terzi finalizzate alla tempestiva risoluzioni di problematiche connesse all'avvio e realizzazione degli interventi stessi, previo preliminare confronto con gli altri soggetti e accordo fra le parti» compreso il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Da tale atto deve desumersi in virtù del nuovo protocollo deve inoltre desumersi che assi viari e nuovo ponte sono due opere completamente slegate e che «La Provincia di Lucca assume il ruolo di ente attuatore dell'intervento, per cui la progettazione e realizzazione di tale intervento, saranno escluse dalle competenze di Anas»;
   in data 12 aprile 2012, la deliberazione del consiglio provinciale di Lucca n. 47/2012, inserisce il nuovo ponte nel piano triennale per un costo pari a 11.000.000 di euro. La delibera di giunta n. 90 del 12 giugno 2012, nell'ambito delle variazioni in via di urgenza al bilancio di previsione 2012 e pluriennale 2013-2014, conferma tale importo di spesa;
   in una nota firmata dal direttore generale ingegner Gaddi, della Provincia di Lucca, protocollata n. 0055526/2012, del 19 marzo 2012, si legge che non è stato redatto lo studio di fattibilità. Si ricorda che la legge n. 144 del 1999, articolo 4, comma 1, prescrive che «lo studio di fattibilità per opere di costo complessivo superiore a lire 20 miliardi (di lire – 10.329.137,98 euro – N.d.R.) è lo strumento ordinario preliminare ai fini dell'assunzione delle decisioni di investimento da parte delle amministrazioni pubbliche»; all'articolo 4, comma 2, stabilisce che «gli studi di fattibilità approvati dalle amministrazioni costituiscono certificazione di utilità degli investimenti ai fini dell'accesso preferenziale ai fondi disponibili per la progettazione preliminare e costituiscono titolo preferenziale ai fini della valutazione dei finanziamenti in base alle disponibilità finanziarie degli esercizi futuri»; all'articolo 4, comma 3, prevede che «Gli studi relativi ad opere il cui costo complessivo è superiore a 100 miliardi di lire devono obbligatoriamente essere sottoposti a valutazione economica interna alle amministrazioni proponenti o, su richiesta, da parte di enti ed amministrazioni pubbliche esterne alle stesse». Ad oggi non si ha prova degli studi di fattibilità. Nel PEG, piano esecutivo di gestione, articolo 169 decreto legislativo n. 267 del 2000, di cui alla delibera della giunta provinciale n. 123 del 10 luglio 2012, il costo dell'opera è indicato in 12.700.000 euro. Con la delibera del Consiglio provinciale n. 135 del 4 ottobre 2012 si approva il bilancio di previsione 2012 e relativo pluriennale, inserendo il nuovo ponte, nel piano triennale per un costo pari a 11.000.000 euro. In data 16 ottobre 2012 con la delibera della giunta provinciale n. 182 l'ente aggiorna la propria programmazione confermando l'inserimento del nuovo ponte nel piano triennale 2013-2015, per un costo pari a 14.000.000 di euro. Nel quadro conoscitivo del piano integrato delle infrastrutture e della mobilità della regione – PRIIM, pubblicato sul BURT n. 46 parte II del 14 novembre 2012, il nuovo ponte sul Serchio risulta presente nell'elenco delle opere del sistema di assi viari di concorrenza statale-regionale, relativo all'integrazione, del 16 giugno 2011, all'atto aggiuntivo all'intesa generale quadro Governo-regione toscana del 18 aprile 2003;
   con nota della giunta regionale prot. AOOGRT/46364/A.80 del 15 febbraio 2013 il presidente della regione Toscana ha comunicato al presidente della provincia di Lucca, al sindaco di Lucca, al presidente della fondazione Cassa di Risparmio di Lucca che «Con l'intesa informale, raggiunta nell'incontro del 28 dicembre 2012 tra i soggetti sottoscrittori è stata prevista una diversa destinazione delle risorse della Fondazione che comportano una riduzione a 100 mila euro delle risorse per la realizzazione di un ponte sul Fiume Serchio»;
   la premessa della determinazione dirigenziale della provincia di Lucca n. 1603 del 15 aprile 2013 recita «che nel Programma Triennale dei lavori pubblici e nel Piano Annuale 2013, allegati al bilancio di previsione della Provincia di Lucca, è previsto l'intervento “Realizzazione di un nuovo ponte sul fiume Serchio in Comune di Lucca”»;
   nel mese di marzo 2013 ANAS ha depositato presso la regione Toscana il «progetto preliminare» che prevede la realizzazione di due collegamenti tangenziali della città di Lucca nord-sud ed est-ovest situati entrambi sui tracciati dei vecchi progetti risalenti agli anni novanta (tutti bocciati per il loro gravoso impatto ambientale);
   in data 5 marzo 2013 è stato avviato presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il procedimento di valutazione di impatto ambientale relativo alla rete infrastrutturale «Viabilità Est di Lucca comprendente i collegamenti tra Ponte a Moriano ed i caselli dell'autostrada A11 del Frizzone e di Lucca Est». In merito alla succitata valutazione di impatto ambientale si eccepisce lo stralcio irregolare del nuovo ponte e della rete infrastrutturale, ossia «nella documentazione messa a disposizione del pubblico dalla provincia di Lucca, ovvero nel Documento di Progettazione dell'Opera del 4 luglio 2012 e nella documentazione presente sul Sito del Ministero relativamente alla precedente valutazione di impatto ambientale, relativo al precedente progetto del 2005, non si ha alcuna evidenza di un eventuale Studio di Fattibilità con il quale si sia inteso programmare l'attuale progetto «Viabilità Est di Lucca comprendente i collegamenti tra Ponte a Mariano ed i caselli dell'autostrada A11 del Frizzone e di Lucca Est». Inoltre nella seconda eccezione procedurale si eccepisce che «l'eventuale assenza di uno studio di fattibilità a programmazione dell'intervento, oltre a costituire violazione di legge, altererebbe la priorità di finanziamento alternativi già disposti, quali quelli relativi allo sviluppo ferroviario toscano e lucchese di cui al punto 1 della tabella di cui all'articolo 4 dell'Atto Aggiuntivo all'intesa Quadro Governo Regione del 16 giugno 2011» –:
   se possa confermare che nell'accordo tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la regione Toscana e gli enti locali rientri il nuovo ponte sul fiume Serchio;
   in tale caso, visto l'accordo col Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di cui al protocollo d'intesa del 14 aprile 2011, e l'accordo quadro tra Governo e regione Toscana, stilato il 16 giugno 2011, nel quale il nuovo ponte viene inserito in un complessivo intervento infrastrutturale di rilevanza nazionale, se il Ministro sia informato dell'iniziativa assunta da regione ed enti locali che, secondo gli interroganti, si pone in contraddizione con l'accordo sottoscritto;
   se non ritenga necessario, considerata la complessità e contraddittorietà che caratterizza i procedimenti amministrativi aventi ad oggetto la realizzazione del nuovo ponte e degli assi viari, che le infrastrutture in questione vengano inserite in un nuovo programma di intervento da sottoporsi a preventiva Vas. (5-04318)


   SEGONI, DAGA, TERZONI, MICILLO, MANNINO, BUSTO, DE ROSA e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 199 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, stabilisce che le regioni nel rispetto dei principi e delle finalità di cui agli articoli 177, 178, 179, 180, 181 e 182 ed in conformità ai criteri generali stabiliti dall'articolo 195, comma 1, lettera m), ed a quelli previsti dallo stesso articolo 199, predispongono piani regionali di gestione dei rifiuti assicurando adeguata pubblicità e la massima partecipazione dei cittadini, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241;
   tali piani regionali prevedono misure tese alla riduzione delle quantità, dei volumi e della pericolosità dei rifiuti, e nello specifico contengono fra l'altro l'articolo 199, comma 3, lettere f) e h): le prescrizioni contro l'inquinamento del suolo ed il versamento nel terreno di discariche di rifiuti civili ed industriali che comunque possano incidere sulla qualità dei corpi idrici superficiali e sotterranei, nel rispetto delle prescrizioni dettate dal piano di bacino distrettuale ai sensi dell'articolo 65, comma 3, lettera f), e i criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti nonché per l'individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali di cui all'articolo 195, comma 1, lettera p);
   il piano regionale dei rifiuti toscano in via di approvazione prescrive nei criteri di localizzazione per le discariche che esse non siano realizzate in aree carsiche comprensive di grotte e doline, nonché in aree a pericolosità idraulica elevata e molto elevata (pagina 9 allegato di piano IV del PRB). In conseguenza a ciò il piano interprovinciale per i rifiuti (PIR) di Firenze, Prato e Pistoia riconosce espressamente (vol. 1, pag. 149) che le «aree carsiche» sono «non idonee» alla localizzazione di discariche di qualsiasi genere;
   nella ex cava di Paterno (Vaglia), confinante con un'area di pregio ambientale, ovvero il sito d'interesse comunitario SIC Monte Morello, è stata realizzata una discarica abusiva di terre e residui di lavorazioni industriali, contenente sostanze inquinanti per l'ambiente e pericolose per la salute umana, per la quale sono in corso indagini presso la procura della Repubblica di Firenze ed indagini epidemiologiche dell'Asl;
   la roccia su cui è stata abusivamente realizzata la discarica, che si trova in prossimità della frazione di Paterno e dei torrenti Carzola e Cerretana, è di natura calcarea, caratterizzata da profonda fratturazione e da fenomeni carsici, altamente permeabile, collegata alla falda idrica sotterranea da inghiottitoi quali doline, in zona sismica di categoria 2, la più alta della Toscana, in presenza di faglie attive insistenti proprio sul fronte di cava;
   le polveri contenute nella discarica si diffondono nell'ambiente e nell'aria; in caso di piogge s'infiltrano nel sottosuolo nella galleria dell'alta velocità e si riversano nel torrente Carzola, afferente nella Carza e affluente di destra della Sieve, inquinando le fonti sotterranee di approvvigionamento dell'acqua potabile dei comuni di Sesto, del Mugello a valle del comune di Vaglia e di Firenze, nonché le acque superficiali;
   il piano interprovinciale per i rifiuti di Firenze, Prato e Pistoia, recependo la disponibilità espressa dall'ex sindaco di Vaglia Fabio Pieri con nota dell'11 ottobre 2010, prot. n. 11239, ha deliberato che «È prevista la realizzazione nel comune di Vaglia, loc. ex cava Calce Paterno, di una discarica destinata a rifiuti contenenti amianto» (vol. 1, pag. 165);
   il consiglio comunale di Vaglia, all'unanimità, nella seduta del 26 febbraio 2014, ha revocato la disponibilità manifesta dall'ex sindaco Pieri, non essendone mai stato informato, e nella seduta del 29 settembre 2014, ha approvato una mozione con cui ha chiesto alla regione Toscana la «cancellazione di qualsiasi riferimento al sito ex cava di Paterno dal Piano Interprovinciale dei rifiuti e suoi allegati –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione quanto esposto in premessa e se intenda assumere iniziative volte a promuovere una verifica del comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente in ordine allo stato dei luoghi e al livello d'inquinamento dell'area in cui sorge la discarica. (5-04320)


   SEGONI, DAGA, BUSTO, MANNINO, ZOLEZZI e TERZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'acqua è un bene essenziale ed insostituibile per la vita e, pertanto, la disponibilità e l'accesso all'acqua potabile e all'acqua necessaria per il soddisfacimento dei bisogni collettivi costituiscono un diritto inviolabile dell'uomo, un diritto universale, indivisibile, che si può annoverare fra quelli di cui all'articolo 2 della Costituzione;
   la direttiva 98/83/CE del Consiglio, del 3 novembre 1998 prevede che in caso di inosservanza dei valori di parametro, lo Stato membro interessato provvede affinché vengano tempestivamente adottati i provvedimenti correttivi necessari per ripristinare la qualità delle acque. Indipendentemente dal rispetto o meno dei valori di parametro, gli Stati membri provvedono affinché la fornitura di acque destinate al consumo umano, che rappresentano un potenziale pericolo per la salute umana, sia vietata o ne sia limitato l'uso e prendono qualsiasi altro provvedimento necessario. I consumatori vengono informati di tali misure;
   da metà anni ’80 nell'area della pianura di Scarlino sono presenti materiali contaminati in un'area di proprietà prima ENI, poi, a seguito della privatizzazione, della Nuova Solmine (ceneri di Pirite) oggetto di bonifica, prodotti dalla trasformazione dei minerali metallici derivati dalle attività minerarie, come riportato nel report ARPAT «Definizione dei Valori di Fondo per alcuni parametri nelle Acque Sotterranee dei Siti in Bonifica della Pianura di Scarlino, Grosseto (2003 –2012)» del gennaio 2014;
   la Relazione Conclusiva Aprile 2011 di A. Donati e A. Biondi commissionata dal comune di Scarlino e dalla provincia di Grosseto, evidenzia che le falde idriche (prima falda tra 2 e 18 metri e seconda falda 20 e 50 metri) della Pianura di Scarlino presentano un vasto inquinamento da arsenico e di altri inquinanti come manganese, ferro e solfati;
   tale responso risulta confermato successivamente anche dallo stesso documento ARPAT citato in precedenza, specificando che le concentrazioni di arsenico raggiungono valori fino a 680 volte superiori al limite di legge, con l'aggiunta che anche a monte dell'area interessata dalla bonifica se ne riscontrano valori fino a 156 volte superiori;
   i lavori di bonifica dei suddetti siti, consistenti nella cinturazione e messa in sicurezza dei luoghi in cui sono state collocate le ceneri di pirite, effettuati da Nuova Solmine, oggi proprietaria dei siti, hanno avuto inizio nel luglio 2003 e sono finiti nell'ottobre 2006 (All. al Protocollo ARPAT N.33923 – GR 72 relazione fine monitoraggio 2013), mentre ad oggi non sono stati previsti o prescritti altri lavori di bonifica sui suddetti siti;
   dopo 5 anni dal completamento della messa in sicurezza, l'ARPAT ha eseguito il controllo previsto dalla legge e ha certificato l'esito negativo dei lavori eseguiti, indicando la necessità di ulteriori interventi, che tuttavia non sono stati ancora prescritti o ordinati;
   nell'ottobre 2013, nel proporre un piano di bonifica ulteriore, la ditta AMBIENTE s.c. Ingegneria Ambientale certifica il persistere di elevate anomalie di arsenico in falda e le riporta nella relazione al comune di Scarlino –:
   quali azioni intenda intraprendere il Ministero per quanto di competenza una efficace tutela delle risorse idriche e della filiera alimentare della piana di Scarlino;
   se risulti al Ministero se le analisi siano state pubblicate secondo quanto previsto da decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, di attuazione della direttiva 2003/4/CE, per l'accesso alle informazioni ambientali che non richiede l'obbligo della motivazione, come confermato dall'articolo 3-sexies del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e secondo quanto previsto dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, «Riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni» che ha introdotto l'istituto dell'accesso civico che consente a tutti i cittadini senza limiti di legittimazione e senza obbligo di motivazione di accedere a documenti, informazioni e dati per i quali sia previsto l'obbligo di pubblicazione;
   se ritenga il Ministro di acquisire elementi in relazione all'informazione resa ai cittadini, rispetto a questi dati;
   se la task force istituita dal Ministero con il decreto ministeriale n. 358 del 13 dicembre 2013 dovrà occuparsi anche del monitoraggio dell'effettiva realizzazione degli investimenti necessari sia sul fronte della depurazione sia sul fronte delle infrastrutture per la distribuzione della risorsa. (5-04321)


   BUSTO, DAGA, DE ROSA, MICILLO, SEGONI, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la discarica di Chivasso, la più grande del Piemonte, è una vasta estensione di terreno fra Chivasso e Montanaro, fatta di 4 discariche e contenente 4 milioni di metri cubi di rifiuti, a pochi metri dalle case della frazione Pogliani, Montegiove, Mosche e a 350 metri da 5 cascine;
   le 4 discariche sono la Chivasso 0 per rifiuti urbani e le Chivasso 1, 2 e 3 per rifiuti industriali, di queste la 0 e la 3 sono attive, mentre la 1 e la 2 non lo sono più;
   la proprietà della discarica è di «Smaltimenti Controllati S.M.C. Spa», controllata da WASTE Italia, a sua volta controllata da Kinexia e Sostenya, le holding che fanno capo a Pietro Colucci, fratello di Francesco, arrestato a gennaio per presunto traffico illecito di rifiuti nel milanese;
   il 31 ottobre 2014 la SMC deposita, presso la provincia di Torino, il progetto «Centro integrato per il recupero di materiali di origine urbana ed industriale e valorizzazione di rifiuti non pericolosi denominato “WastEnd — L'officina del futuro”», per il quale si è in attesa della valutazione d'impatto ambientale;
   il progetto prevede l'installazione, nei pressi della discarica di Chivasso, di un impianto di recupero e riciclo dei rifiuti – opera tecnologicamente avanzata, che ha riscosso l'entusiasmo del sindaco del comune –, a condizione, però, di portare altri 1,06 milioni di metri cubi di rifiuti fra la Chivasso 2 e la Chivasso 3, arrivando, dunque, a 5 milioni di metri cubi di rifiuti. La nuova discarica si chiamerebbe Chivasso 2.1;
   il territorio circostante subisce, da anni, la pressione e gli effetti ambientali negativi delle discariche, motivo per cui gli abitanti, il comitato cittadino «Terra Sana» e il MoVimento 5 Stelle del Piemonte sono contrari a quella che gli interroganti appare una ennesima operazione speculativa della SMC con la realizzazione della Chivasso 2.1; 
   nel 2005, nell'ambito dei monitoraggi per il rilascio dei provvedimenti autorizzativi provinciali, viene rilevata la presenza di nichel, manganese e ammoniaca, oltre la quantità consentita, nelle falde acquifere superficiali, tanto che viene impostata SMC l'effettuazione di una bonifica. Nel 2012, il comune deve emanare dieci ordinanze comunali per imporre, ad altrettanti proprietari di immobili circostanti, di astenersi dall'uso idropotabile dell'acqua della falda;
   la SMC, nel tempo e a più riprese, ha chiesto autorizzazioni per la realizzazione e gestione di discariche di rifiuti speciali ed urbani, ha integrato le documentazioni a seguito delle tante diffide su segnalazione dell'Arpa, nonché nel 2010, ha richiesto e ottenuto anche una variante all'autorizzazione integrata ambientale rilasciata nel 2008 — per la quale viene coinvolta nelle indagini legate alla bonifica dell'ex area Sisas;
   la delibera di giunta della provincia di Torino n. 31 del 29 luglio 2008, nel concedere parere positivo di compatibilità ambientale al progetto della SMC «Discarica controllata per rifiuti non pericolosi ampliamento Chivasso 3 lotti 5 e 6», poneva una serie di condizioni, la più importante delle quali è che «considerata l'elevata pressione delle discariche di regione Pozzo sul territorio circostante, l'ampliamento della discarica di Chivasso 3 dovrà considerarsi conclusivo e finalizzato al recupero della discarica stessa»;
   la stessa delibera sottolineava, altresì, una serie di problematiche ambientali, ritenendo «opportuna l'istituzione di un Tavolo Tecnico con funzioni di osservatorio ambientale, di controllo delle attività della discarica e di realizzazione delle opere di mitigazione e di compensazione ambientale», organo che si è di fatto costituito, ma che, al momento, risulta non riunirsi da oltre 1 anno;
   nel 2011 si scopre che 69.200 tonnellate di rifiuti speciali, provenienti dal polo chimico di Pioltello-Rodano (Milano), a seguito della bonifica dell'ex Sisas, vengono scaricati a Chivasso. Sono rifiuti classificati con il codice CER 191212 («altri rifiuti compresi materiali misti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti diversi da quelli di cui alla voce 191211»), ma, in realtà, a Chivasso 3 conferivano rifiuti pericolosi, attraverso una serie di richieste di nuove autorizzazioni e, soprattutto, allo scambio di tipologia delle etichette sui rifiuti — vicenda che ha aperto un'indagine pendente, anche, sull'amministratore delegato della SMC e Waste Italia –. Ne consegue l'ordinanza comunale n. 98/11 del 4 marzo 2011 per la sospensione immediata del conferimento di rifiuti provenienti dall'ex area Sisas, a cui SMC risponde con una relazione ad hoc che non permette di risalire all'entità dei rifiuti;
   sempre nel 2011, a seguito della segnalazione da parte dell'ARPA, la SMC viene diffidata «in merito alla gestione delle acque meteoriche (presenza di liquame di colore scuro in un fossato... e liquido nella canaletta di raccolta delle acque meteoriche») — determinazione del dirigente del SGReB n. 56-11563 del 29 marzo 2011;
   nel 2012 il comitato Terra Sana denuncia odori malsani, probabilmente da biogas, e si scopre che la SMC ha scollegato i pozzi di estrazione del gas senza darne comunicazione. Due sono le segnalazioni dell'ARPA in merito, del 2009 e del 2012, con conseguenti diffide comunali alla società;
   infine, il 14 ottobre 2014 scoppia un incendio — il terzo dopo quelli del 2002 e del 2008 – nel capannone di lavorazione di pneumatici e, nonostante le relazioni rassicuranti di Arpa e Asl, il sindaco, il 24 ottobre, invita i cittadini e le attività delle zone circostanti a seguire una serie di raccomandazioni per il trattamento degli ortaggi coltivati negli orti, degli animali da cortile e delle altre specie per produzione zootecnica;
   quanto sopra riportato – in merito ai problemi dei rifiuti provenienti da Pioltello, allo scollegamento dei pozzi di estrazione del gas, alla gestione delle acque meteoriche – è citato e documentato nel verbale della conferenza di servizi, che si è svolta l'8 ottobre 2014, presso la provincia di Torino, relativa al procedimento di riesame con valenza di rinnovo dell'autorizzazione integrata ambientale 2008 della vasca 3 –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e se intenda avviare una verifica da parte del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente sullo stato dei luoghi;
   se si ritenga opportuno, alla luce di quanto esposto in premessa, promuovere una indagine epidemiologica, anche per il tramite dell'Istituto superiore di sanità per conoscere la reale condizione di salute dei cittadini e valutare l'incidenza, nel tempo, dell'impatto delle discariche. (5-04332)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PRODANI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge n. 83 del 31 maggio 2014 noto come «decreto Cultura», convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2014 e relativo a disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo, all'articolo 10 ha previsto delle disposizioni urgenti per riqualificare e migliorare le strutture ricettive turistico-alberghiere e per favorire l'imprenditorialità nel settore turistico;
   il comma 5 del sopracitato articolo 10 impegna il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo di emanare, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, un decreto che aggiorni gli standard minimi – uniformi in tutto il territorio nazionale – dei servizi e delle dotazioni per la classificazione delle strutture ricettive e delle imprese turistiche, tenendo conto anche dei sistemi di classificazione alberghiera adottati a livello europeo e internazionale;
   solo poche regioni italiane definiscono la classificazione delle strutture ricettive tenendo in considerazione gli standard internazionali, inoltre sussistono sistemi di valutazione delle strutture molto diversificati tra le regioni;
   più di tre mesi sono trascorso dalla data di entrata in vigore della legge n. 106 del 29 luglio 2014, senza che l'annunciato decreto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo sia stato emanato;
   in sede di conversione del decreto-legge n. 133 del 12 settembre 2014, noto come «sblocca Italia» è stato introdotto il principio della rilevanza urbanistica del passaggio di un immobile dalla destinazione d'uso residenziale a quella turistico-ricettiva;
   il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, in un comunicato pubblicato il 26 novembre 2014 – sul sito internet dell'associazione, denuncia il dilagare in Italia di esercizi ricettivi abusivi e semi-abusivi con grandi perdite economiche per gli esercizi ricettivi regolari, oltre a danni evidenti per l'intero Paese in materia di fisco, previdenza, lavoro, igiene e sicurezza;
   una inchiesta recente – effettuata da Federalberghi e pubblicata sulla edizione online del Sole 24 Ore il 12 dicembre 2014 – avendo messo a confronto la quantità delle strutture ricettive censite dall'Istat e quelle presenti sul portale web Tripadvisor – relativo alle quattro principali città italiane – è arrivata al risultato che quest'ultime – molto spesso dei sedicenti bed & breakfast – risultano essere quasi il doppio di quelle regolarmente censite;
   la sostanziale assenza di controlli nel settore non è accettabile in quanto la concorrenza sleale da parte delle strutture abusive reca un danno significativo all'economia italiana, alla qualità dei servizi erogati e in primo luogo a coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza –:
   se il Governo intenda adottare delle misure immediate per regolarizzare e regolamentare il settore delle nuove strutture ricettive in modo di tutelare gli utenti, oltre agli operatori in regola. (5-04325)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GRILLO, CECCONI, DALL'OSSO, DI VITA, SILVIA GIORDANO, LOREFICE e MANTERO. — Al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   l'inchiesta «Mafia Capitale» sta facendo emergere una vasta rete di corruzione con ramificazioni in tutta Italia, evidenziando i legami tra criminalità organizzata e settori delle diverse pubbliche amministrazioni dello Stato;
   il Corriere della Sera del 16 dicembre 2014 riporta la notizia che Massimo Perazza, detto «Massimo il Romanista» (conoscente di Massimo Carminati, presunto boss della presunta organizzazione criminale) sarebbe stato sottoposto ad un ordine di arresto con cinque sospetti complici, fra cui tre appartenenti alla Marina militare per associazione delinquere finalizzata a truffa ai danni dello Stato. L'accusa si riferirebbe a forniture per nove tonnellate di gasolio, pagate e mai consegnate, che avrebbero dovuto servire alle navi militari; la truffa avrebbe fruttato cinque milioni di guadagni illeciti, grazie a false forniture di carburante alla Marina militare italiana;
   il Corriere della Sera del 16 dicembre 2014 continua scrivendo che risulterebbero dieci consegne al porto di Augusta, in provincia di Siracusa, avvenute tramite la nave petroliera Victory «che stando alle notizie pubblicate sui, siti web sarebbe addirittura naufragata il 22 settembre 2013, ossia in epoca antecedente ad alcune delle sospette forniture». Un controllo nel porto siciliano – fatto dai finanzieri del nucleo di polizia tributaria di Roma, su ordine dei pubblici ministeri Mario Palazzi e Giuseppe Cascini ha permesso di verificare che non sono mai avvenute;
   l'indagine è nata, continua la descrizione dell'articolo del Corriere della Sera del 16 dicembre 2014 dalle intercettazioni dei Ros sui telefoni e negli ambienti dove parlava Carminati, indagato per associazione mafiosa –:
   se siano a conoscenza di possibili di legami tra la vicenda che avrebbe fruttato cinque milioni di guadagni illeciti, grazie a false forniture di carburante alla Marina militare italiana e l'inchiesta su «Mafia Capitale»;
   se non ritengano di assumere tutte le iniziative di competenza per far chiarezza su tutte le commesse affidate dalla Marina militare ad aziende terze. (5-04324)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS, LIUZZI e PETRAROLI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   Poste italiane, società capogruppo dell'omonimo gruppo Poste italiane, è stata trasformata da ente pubblico economico in società per azioni dal 28 febbraio 1998;
   il capitale sociale di Poste italiane spa è attualmente posseduto completamente dal Ministero dell'economia e delle finanze, ed in base al «contratto di programma» stipulato con lo Stato italiano, è tenuta a garantire il servizio universale fino al 2026 attraverso la sua rete di uffici distribuiti su tutto il territorio nazionale;
   da diversi organi di stampa si apprende che la ristrutturazione aziendale di Poste italiane prevede il taglio di 17-20 mila unità di personale considerati in esubero;
   in seguito alla diffusione della notizia pubblicata dall'agenzia di stampa Radiocor, l'azienda ha replicato sulle notizie che si stavano diffondendo, relative al piano industriale di Poste italiane affermando che le notizie in questione riportassero «numeri immaginari che creano solo inutili incertezze e allarmismi all'interno dell'azienda» e che quando il piano sarà definito nei dettagli verrà presentato ai sindacati per un confronto sereno e costruttivo;
   da quanto riportato da ilfattoquotidiano.it fonti interne all'azienda riferiscono che nel piano industriale, del gruppo, ancora in fase di elaborazione, c’è una riduzione importante del numero di dipendenti non precisamente quantificata ed anche un'ondata di demansionamenti finalizzati a contenere i costi in vista della quotazione in borsa del gruppo pubblico;
   nel luglio 2012 Poste italiane annunciava la chiusura di 1.156 uffici postali in tutta Italia, di cui 27 in Puglia, 35 nel Lazio, 43 in Liguria, 70 in Sicilia e 73 in Veneto;
   la chiusura di tanti sportelli di Poste italiane sul territorio nazionale ha recato grave pregiudizio per i servizi alla popolazione, soprattutto per le fasce della popolazione più deboli come anziani e disabili;
   attualmente dal sito di Poste italiane spa si apprende che la società in questione ricerca figure di front end multilingue assumendo con contratti a tempo determinato part time 50 per cento, a decorrere da dicembre 2014/gennaio 2015, della durata di 3 mesi in particolare: a Lecce dove sono ricercate due posizioni, una a Bari, due posizione a Roma, una posizione a Milano due a Trapani, una posizione a Padova e una a Genova –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, in considerazione del ruolo di azionista, non ritenga di acquisire ogni elemento diretto a chiarire le ragioni tecnico-organizzative che spiegano la stipula di questi contratti in maniera apparentemente incoerente con le misure rientranti finora nella strategia industriale del gruppo e nelle iniziative normative del Governo degli ultimi mesi.
(5-04330)

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:


   MURA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   a novembre 2014, in Sardegna, sono aumentati i detenuti in attesa di giudizio, anche se si è complessivamente ridotto il numero dei ristretti nelle carceri isolane, anche al seguito dei trasferimenti nella penisola predisposti anche per alleggerire la casa circondariale di Cagliari con l'apertura del penitenziario di Uta;
   in base ai dati diffusi del Ministero della giustizia e aggiornati al 30 novembre 2014, i reclusi in attesa di processo sono 165, dei quali 61 stranieri, pari all'8,6 per cento della popolazione carceraria nell'isola. Per altri 108 la condanna non è definitiva;
   in totale sono 273 coloro che non hanno ancora terminato l’iter giudiziario, mentre al 31 ottobre erano 266, dei quali 58 stranieri;
   i dati rivelano il permanere del sovraffollamento in quattro istituti della Sardegna: il carcere di Tempio Nuchis (con 191 detenuti su 167 posti regolamentari), la casa circondariale di Oristano-Massama (281 reclusi per 266 posti), il carcere di Iglesias «Sa Stoia» (80 a fronte di 62 posti), e il San Daniele di Lanusei, con 55 detenuti, per 34 posti regolamentari;
   negli altri istituti, in particolare nelle colonie penali, gli spazi sono, invece, eccedenti;
   la situazione è destinata a cambiare con l'imminente chiusura della casa circondariale di Iglesias e il trasferimento di ristretti suddivisi tra Cagliari-Uta e Sassari-Bancali;
   è previsto, inoltre, il rientro, nella nuova struttura penitenziaria di Cagliari-Uta di molti dei cittadini privati della libertà che erano stati trasferiti a Sassari per le esigenze del dipartimento;
   prossimamente il villaggio penitenziario di Uta sarà al limite della capienza –:
   quali provvedimenti intenda adottare per evitare, a poche settimane dalla sua apertura, un'allarmante e inaspettata situazione di sovraffollamento nel nuovo carcere di Uta, nella provincia di Cagliari;
   quali azioni intenda assumere per evitare che in Sardegna la popolazione carceraria in attesa di giudizio possa aumentare ulteriormente, viste anche le condizioni di sovraffollamento delle strutture isolane e le difficili condizioni in cui sono costretti a vivere sia detenuti che il personale che opera all'interno delle strutture sarde. (4-07328)


   FRACCARO e BUSINAROLO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   gli interroganti, il 21 novembre 2014, hanno presentato l'interrogazione a risposta scritta 4-06976 relativa alla necessità dell'installazione di un apparecchio radiografico all'interno dell'area sanitaria della casa circondariale di Trento, con il fine di garantire le esigenze di tutela della salute dei detenuti e del personale operante all'interno dell'istituto con riferimento alle traduzioni verso i luoghi di cura;
   successivamente, con nota del 4 dicembre 2014, l'assessore alla salute e solidarietà sociale della provincia autonoma di Trento, ha comunicato che presso la nuova casa circondariale di Spini di Gardolo non è stato previsto un apparecchio per la radiologia convenzione in quanto si è puntato sul potenziamento di servizi di maggior utilizzo come un riunito odontoiatrico e un riunito oculistico con l'accesso in loco degli specialisti. Per quanto concerne la parte di radiologia convenzionale come rx torace e segmenti scheletrici, si preferisce inviare i pazienti presso la radiologia dell'Ospedale Santa Chiara, situato nello stesso comune della casa circondariale e distante circa 12 chilometri. Inoltre, per ridurre i tempi di attesa con la radiologia del nosocomio cittadino sono stati stilati protocolli per un accesso diretto: due posti sono disponibili il sabato mattina ad accesso diretto per radiografie del torace mentre l'accesso in urgenza è sempre garantito in tempo reale accedendo al pronto soccorso e inviando subito il paziente all'esecuzione dell'esame senza rispettare la lista di attesa. Si è appreso infine che spesso dopo l'esecuzione di una radiografia in urgenza sono necessarie visite specialistiche oppure il ricovero del paziente;
   in provincia di Trento le funzioni in materia di sanità penitenziaria sono in capo all'amministrazione della provincia autonoma di Trento, ma permane un'attività di coordinamento da parte dell'amministrazione penitenziaria. Il trasferimento delle funzioni è avvenuto a seguito dell'approvazione delle nuove disposizioni attuative dello Statuto di autonomia, con decreto legislativo 19 novembre 2010, n. 252 recante «Norme di attuazione dello Statuto speciale regione autonoma Trentino-Alto Adige concernenti disposizioni in materia di assistenza sanitaria ai detenuti e agli internati negli istituti penitenziari –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti indicati in premessa;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per stimare le risorse economiche derivanti dall'usura dei veicoli, dal consumo di carburante e dalle prestazioni di lavoro straordinario e impiegate dall'amministrazione penitenziaria per garantire i servizi di traduzione nelle sedi sanitarie, differenziando le traduzioni in strutture pubbliche da quelle private e specificando le sole traduzioni per esami radiografici;
   quali iniziative per quanto di competenza il Governo intenda assumere per garantire la tutela della salute mediante l'allestimento urgente di un apparecchio radiografico all'interno dell'area sanitaria al fine di incrementare la capacità di effettuare esami diagnostici all'interno della casa circondariale e di aumentare il livello di prevenzione sanitaria;
   se sia previsto un adeguamento della pianta organica degli agenti impiegati nel nucleo traduzioni e piantonamenti della casa circondariale di Trento al fine di rimediare al sottodimensionamento delle scorte e di assicurare un adeguato livello di sicurezza. (4-07333)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MORETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sulla direttrice Trieste – Roma Termini è previsto un solo collegamento ad alta velocità, attraverso una coppia di Frecciargento;
   la Frecciargento Trieste-Roma non fa alcuna fermata nel Veneto Orientale e, di conseguenza, ai viaggiatori di questo territorio non resta che affidarsi a soluzioni con cambio alla stazione di Venezia-Mestre;
   la linea Venezia – Portogruaro è però stata inserita tra le dieci peggiori d'Italia nel rapporto Pendolaria di Legambiente. La tratta di 62 chilometri ha visto un calo notevole dell'offerta di servizio per i pendolari. In particolare negli orari serali, con l'ultimo treno da Venezia verso il Veneto orientale alle 22,41, mentre prima delle 7,20 nei giorni festivi non si può giungere a Venezia e persistono fasce di diverse ore sprovviste di treni regionali. Nel dossier, che prende in considerazione situazione oggettive e proteste da parte dei pendolari italiani, si evidenzia anche come il Veneto, dal 2010 al 2014, abbia tagliato il 3,35 per cento dei servizi aumentando però del 15 per cento le tariffe;
   gli unici collegamenti diretti nella direttrice Trieste – Roma Termini che fermano nel Veneto Orientale sono gli Intercity delle 7,21 e 13,01 che però impiegano rispettivamente 7 ore 59 e 7 ore 41 minuti per raggiungere la destinazione, a fronte delle 5 ore 25 impiegate dal Frecciargento;
   una soluzione diversa è stata invece adottata per la Frecciargento in partenza da Udine e diretta a Roma Termini delle 6,55, treno che prima di arrivare a Venezia Mestre si ferma nel territorio e precisamente a Pordenone, Conegliano e Treviso;
   una fermata del Veneto Orientale e più precisamente a Portogruaro, stazione intermedia tra Trieste e Venezia-Mestre, consentirebbe di dare al territorio un servizio di trasporto ferroviario all'avanguardia –:
   quali iniziative intenda intraprendere al riguardo, per quanto di competenza, verificando la sussistenza dei presupposti per avviare un confronto con Trenitalia e con la regione Veneto al fine di approfondire, dal punto di vista tecnico, le possibili ipotesi di ottimizzazione dei servizi, valutando altresì, come azionista di Trenitalia, di sottoporre al management l'opportunità di assicurare che il percorso del Frecciargento abbia una fermata a Portogruaro, in modo tale da garantire l'analogo servizio offerto dal Frecciargento da Udine, che raccoglie utenti in diverse città prima di arrivare allo snodo di Mestre. (5-04329)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI GIOIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'aeroporto «Gino Lisa» di Foggia, è incluso nella rete TEN-T Comprehensive Network approvata da Parlamento europeo, Commissione europea e Consiglio dei ministri europeo in via definitiva nel dicembre del 2013 (Regolamento 11 dicembre 2013, n. 1315/2013/Ue – GuU.E. 20 dicembre 2013 n. L 348);
   la provincia di Foggia è la seconda più estesa d'Italia e comprende nel proprio territorio aree interne, remote, periferiche, geograficamente ed economicamente svantaggiate, (es. Gargano e Monti Dauni), che distano oltre 220 chilometri e circa tre ore dall'aeroporto di Bari Palese;
   la provincia di Foggia non è dotata di collegamenti con treni ad alta velocità;
   con decreto ministeriale n. 414 del 20 novembre 2013, pubblicato su GURI n. 294 del 16 dicembre 2013, riguardante i collegamenti aerei da e per Crotone con Roma – Fiumicino e Milano – Linate, è stato individuato l'aeroporto di Crotone come scalo nazionale, prevedendo per esso che i servizi aerei di linea sulle rotte Crotone-Milano Linate e Crotone-Roma Fiumicino e viceversa costituiscano servizi di interesse economico generale;
   tali servizi aerei di linea sulle rotte predette sono stati sottoposti ad oneri di servizio pubblico che sono diventati obbligatori dal 30 giugno 2014;
   pur non mettendo in discussione quanto previsto per la provincia di Crotone, non si comprende perché tale opportunità non si voglia concedere alla provincia di Foggia che, oltre agli elementi sopra esposti e che sono un elemento distintivo e particolare, ha anche le seguenti caratteristiche particolari:
    a) la provincia di Foggia, rispetto alla provincia di Crotone, ha un numero maggiore di abitanti (circa 650.000), e la popolazione residente nella catchment area dello scalo di Foggia (abitanti che risiedono in aree più vicine al «Gino Lisa» rispetto agli aeroporti alternativi di Bari, Napoli e Pescara) è di 1.333.325 abitanti, inclusi residenti in porzioni di province limitrofe (Campobasso, Potenza, Avellino, Benevento, BAT) da poter beneficiare di un bacino d'utenza specifico e non sovrapposto ad altri scali, così come previsto in merito dalla Comunicazione 2014C Orientamenti sugli aiuti di Stato agli aeroporti e alle compagnie aeree pubblicato in GuUe n. 99/03 del 4 aprile 2014;
    b) garantisce la continuità territoriale verso le Isole Tremiti;
    c) dista oltre cento chilometri dall'aeroporto più vicino ed incluso, come abbiamo già, ricordato, nella rete TEN-T dell'Unione europea;
   sul riconoscimento dell'aeroporto «Gino Lisa» come scalo nazionale, come è noto, il sottoscritto ha presentato numerosi atti di sindacato ispettivo affinché attraverso la valorizzazione di questa infrastruttura si avviasse un progetto di ripresa economica di un'intera provincia che vive una profonda crisi economica e, come giusto che sia, i sindaci dell'intero territorio hanno presentato un'istanza collettiva affinché di arrivi a tale riconoscimento –:
   se si intenda, finalmente, riconoscere all'aeroporto «Gino Lisa» di Foggia la qualifica di scalo nazionale tenuto conto che le caratteristiche della provincia di Foggia sono maggiormente corrispondenti a quelle richieste per accedere a tale prerogativa di quelle presenti in altri aeroporti a cui è stata riconosciuta tale qualifica;
   se non si ritenga necessario assumere iniziative per l'istituzione di almeno due collegamenti per garantire la continuità territoriale dall'aeroporto «Gino Lisa» e le città di Milano e Torino. (4-07336)


   RAMPELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   dal 2010 nella zona portuale di Genova che è compresa tra la fascia di rispetto di Prà e il muro di cinta del Terminal VTE PSA Voltri Prà, in corrispondenza del campo di regata, è stato istituito un deposito di container in concessione a Nuovo Borgo TerminalContainers Srl;
   nonostante da anni l'autorità portuale e il sindaco di Genova forniscano rassicurazioni sull'imminente spostamento dei containers questo non è ancora avvenuto;
   il perdurare di questa situazione ha un impatto ambientale notevole sulla pista ciclabile e sul campo da gara, mettendo in ombra per buona parte della giornata la zona e, di fatto, limitando la fruibilità della stessa;
   in occasione degli eventi atmosferici dei 10 e del 15 novembre 2014, l'accumulo eccessivo dei containers ha fatto si che alcuni siano caduti sulla pista ciclabile, abbattendo alcuni alberi e arrivando fino alla sede stradale della pista, mettendo a rischio l'incolumità fisica degli utenti della stessa –:
   se sia informato dei fatti di cui in premessa e come intenda intervenire in merito. (4-07338)


   SEGONI, TERZONI, BUSTO, DE ROSA, ARTINI, GAGNARLI, ZOLEZZI, MICILLO, DAGA, MANNINO e BALDASSARRE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   è attualmente in fase di valutazione d'impatto ambientale il progetto per la realizzazione del sistema viario tangenziale di Lucca – tratto Lucca est / 1o stralcio: a titolo di ricostruzione storica, si informa che la medesima opera fu inserita già tra quelle necessarie allo svolgimento dei campionati mondiali di calcio del 1990 e successivamente tra quelle funzionali allo svolgimento delle celebrazioni che si svolsero a Genova nel 1992;
   quasi duecento cittadini attivarono diversi ricorsi presso il TAR del Lazio sezione I, che con la decisione n. 883 depositata il 12 giugno 1992 ritenne fondate le motivazioni dei ricorrenti e dispose l'annullamento della deliberazione adottata;
   tale intervento di presunta razionalizzazione della viabilità locale si trova ad oggi inserito tra gli interventi strategici a livello nazionale previsti dalla «legge obiettivo» n. 443 del 2001;
   gli interventi previsti hanno subìto, nel corso degli anni, notevoli modifiche passando da varianti di una viabilità statale (SS12) ad una viabilità secondaria di esclusivo rilievo locale. All'inizio era previsto un sistema di attraversamento dei valichi appenninici con ammodernamento della SS12 del Brennero e con la previsione della nuova tratta Lucca-Modena. Tale progetto preliminare di «sistema tangenziale di Lucca» redatto già a quel tempo dall'ANAS venne respinto dagli enti locali e dalla regione Toscana per quanto riguarda la tangenziale ovest (lotto zero), mentre per quanto riguarda la tangenziale est fu approvato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con prescrizioni in sede di valutazione di impatto ambientale;
   con la perdita del «lotto zero» e della tratta Lucca-Modena, il progetto ha cambiato completamente natura (tanto che l'intera procedura di valutazione di impatto ambientale è stata eseguita ex novo) essendo rivisto dall'ANAS sotto la forma di un «semplice» nuovo sistema tangenziale di collegamento tra l'autostrada A11 e la SS12 del Brennero che non ha, evidentemente, più alcun possibile riferimento ad «interessi strategici» nazionali tali da poter giustificare l'inserimento, del progetto all'interno delle procedure semplificate e «centralizzate» della cosiddetta «legge obiettivo». Tutto ciò è confermato dalla stessa tipologia d'intervento prevista, «strada di collegamento extraurbano cat. C1», che ha portato ad uno spostamento delle competenze per il parere sulla valutazione di impatto ambientale dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare agli uffici della provincia di Lucca, che a sua volta, ha espresso molte perplessità sull'adeguatezza degli studi e degli interventi previsti nel progetto preliminare. Il rilievo in merito allo spostamento delle competenze è stato mosso anche dai garanti dell'inchiesta pubblica predisposta dalla provincia di Lucca conclusasi nel mese di ottobre 2014;
   nella delibera del C.I.P.E. n. 4/2014 si legge che «la legge di stabilità 2014 ha autorizzato la spesa di 485 milioni di euro per la realizzazione di nuove opere». Il criterio per la selezione delle nuove opere è espresso a pagina 34 ed è individuato con l'attuazione del piano investimenti 2007-2011 allegato al contratto di programma ANAS 2007 (DPEF 2008-2012, Allegato G);
   in tale piano di investimenti però la realizzazione della «tangenziale di Lucca» non appare affatto menzionata, minando, quindi, alla base i presupposti che permetterebbero un legittimo stanziamento di fondi da parte del CIPE per il finanziamento del primo stralcio di tale opera –:
   se il Governo ritenga giustificata, alla luce dei fatti, la qualifica di «opera strategica» attribuita al progetto in esame e se non intenda revocarla;
   se, e in quali tempi, il Governo intenda verificare se esistono i presupposti per il finanziamento da parte del CIPE dell'opera in questione ed eventualmente revocare lo stanziamento. (4-07341)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DA VILLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   dalla stampa locale si è appreso che, nella giornata di mercoledì 3 dicembre 2014, è accaduto un grave episodio di violenza nel centro storico di Venezia. Al palazzetto dello sport «Leo Perziano» dell'isola di Murano era prevista una partita di basket tra due squadre del campionato amatoriale C.S.I., la Polisportiva Stella Rossa e i Crabs-Venezia, che però è terminata amaramente dopo il secondo quarto, con una violenta rissa che ha provocato una mezza dozzina di feriti (di cui uno grave, con ferite alla spalla e prognosi superiore a 40 giorni);
   vittime della «furiosa aggressione a freddo con pugni, sberle e spinte» sono stati alcuni giovani tifosi della Stella Rossa, aggrediti da «un gruppetto di presunti supporter» della squadra avversaria (La Nuova di Venezia, 7 dicembre 2014), i quali risulterebbero «simpatizzanti dei centri sociale» (Il Gazzettino, 09 dicembre 2014);
   gli articoli di stampa lasciano supporre tuttavia che non si tratterebbe di una banale lite tra tifoserie, ma di una «spedizione punitiva premeditata» per un episodio precedente, che sarebbe accaduto a Piazzale Roma e che avrebbe coinvolto alcuni clochard;
   quanto accaduto non sembra avere quindi alcuna attinenza con l'evento sportivo che si è svolto correttamente fino a quel momento, e che è stato sospeso dall'arbitro solo a causa degli scontri sugli spalti. Il direttore di gara ha richiesto l'intervento delle forze di polizia che, a quanto si riporta, sembrano, a quanto consta all'interrogante, essere giunte ben un'ora e mezza dopo la chiamata, quando ormai il gruppo violento era fuggito e le vittime si erano parimenti allontanate per ricevere cure mediche o raggiungere il pronto soccorso;
   l'episodio descritto potrebbe, a prima vista, apparire insignificante rispetto alla quantità e qualità dei reati commessi nella città lagunare (sistema Mo.S.E. docet) ma se esso dovesse essere collegato al mondo cosiddetto antagonista presente in città, allora il fatto, comunque deprecabilissimo, perderebbe un carattere di episodicità per acquistare una fisionomia e organicità tali da meritare attenzione specifica da parte del complesso dei soggetti preposti al presidio della legalità, anche viste le condizioni di generalizzata impunità in cui sembrano agire certi gruppi organizzati. A conferma di quest'ultima considerazione, a quanto risulta allo scrivente finora nessuna delle vittime ha presentato denunce/querele, forse per timore di ulteriori rappresaglie –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa e possa spiegare i motivi per cui le forze di polizia sarebbero arrivate a Murano un'ora e mezza dopo la segnalazione di un così grave episodio di violenza urbana;
   se e quali misure urgenti, come sollecitato già con l'atto di sindacato ispettivo n. 5/03983 del 6 novembre scorso, intenda assumere il Ministro interrogato, alla luce delle premesse fatte, per ripristinare minime condizioni di sicurezza nella città capoluogo di regione del Veneto e meta apprezzata dai turisti di tutto il mondo,
   in particolare se non ritenga utile un rafforzamento delle forze di sicurezza impiegate sul territorio, nonché se non possa essere avviato in tempi brevi lo sviluppo di una centrale operativa unificata, con numero di emergenza unico, che potrebbe fungere da esperienza pilota per l'Italia. (5-04331)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARFAGNA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nella città di Casoria si è assistito alla nascita di interi quartieri residenziali al posto di attività produttive e commerciali grazie al silenzio ed alla complicità dei pubblici amministratori e funzionari;
   l'uso indiscriminato del territorio e molte convenzioni lottizzatorie rilasciate negli anni 2002-2003 determinarono lo scioglimento del consiglio comunale per condizionamento ed ingerenza della criminalità organizzata;
   lo scioglimento avvenne con decreto del Presidente della Repubblica del 25 ottobre 2005 quando era in essere un'amministrazione di centro-sinistra;
   dopo le delibere consiliari n. 40 e n. 41 del 2009, relative alla destinazione ai fini pubblici degli immobili realizzati abusivamente negli anni 2000-2003, non risultano nuovi interventi consiliari, nonostante il perpetrarsi di numerosi abusi anche dopo l'anno 2003, che, con grave omissione dei competenti organi, non sono mai stati portati all'attenzione del consiglio comunale;
   le procedure di demolizione non hanno scontato, da parte del comune, l'ordine deciso dal consiglio comunale con gli indicati atti deliberativi, con il risultato che le ruspe vengono impiegate secondo la dettatura degli organi giudiziari;
   l'attuale amministrazione ha varato nella seduta consiliare del 31 maggio 2013 il nuovo piano urbanistico comunale, costato alle casse comunali 500 mila euro, di cui tuttavia ne è stata sospesa l'efficacia dalla giunta municipale con atto deliberativo n. 111 del 19 settembre 2013 che ne ha invece adottato un altro il cui iter non si è ancora concluso e che non ha prodotto alcuna azione concreta;
   la giunta in carica ed il dirigente del settore «assetto del territorio» del comune di Casoria non risulta abbiano attivato azioni dirette a verificare il rispetto delle convenzioni rilasciate negli anni 2002/2005, limitandosi l'esecutivo, con atto giuntuale 29/2014, ad emettere un atto di indirizzo per approfondimenti progettuali;
   il 16 luglio 2014 il consigliere comunale di Casoria Pasquale Pugliese, capogruppo del gruppo consiliare di FI, chiedeva al prefetto di Napoli di valutare l'opportunità, di convocare un apposito Comitato Provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica al fine di esaminare congiuntamente la situazione della città di Casoria e dell'area Napoli-nord confinante ad essa, con l'evidente obiettivo di evitare il rischio di un’escalation criminale che metta in serio pericolo la sicurezza e la libertà di cittadini;
   i servizi ispettivi dell'ispettorato di finanza pubblica, in data 10 luglio 2014, inviavano ai competenti uffici, tra cui anche il sindaco di Casoria, l'esito della verifica amministrativo-contabile del comune eseguita dal 26 marzo al 29 maggio 2014 dal quale emergono gravissime irregolarità e criticità, invitando il comune a rimuoverle o comunque a porvi rimedio quanto più celermente. Ad oggi risulta che sia stato fatto nulla di quanto richiesto dai servizi ispettivi –:
   quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati per quanto di rispettiva competenza in relazione alla situazione descritta in premessa. (4-07329)


   OCCHIUTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come riportato dagli organi di stampa, nel progetto di rimodulazione, delle specialità e delle unità speciali della, polizia di Stato, formulato dalla direzione centrale per gli affari generali della polizia di Stato del dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, sarebbe prevista la razionalizzazione degli uffici e presidi della polizia di Stato;
   la riorganizzazione della polizia ferroviaria prevederebbe, per i posti di polizia ferroviaria di Locri, Gioia Tauro, Cosenza il declassamento a semplici «punti d'appoggio ad organico zero, a disposizione del personale degli uffici limitrofi in servizio di scorta a bordo treno o ivi inviato per attività di controllo e vigilanza saltuaria dello scalo»;
   il «punto d'appoggio», come risulterebbe dal progetto di rimodulazione su citato, comporterebbe di fatto il venir meno della presenza costante degli agenti di polizia di Stato negli scali ferroviari;
   la riorganizzazione della polizia ferroviaria prevederebbe, per la sezione di polizia ferroviaria di Villa San Giovanni, il declassamento a «posto di polizia ferroviaria»;
   i tagli paventati ricadrebbero su una regione la cui densità criminale si attesta, da ultime rilevazioni, al 27 per cento;
   l'infrastruttura ferroviaria in Calabria si estende per circa 852 chilometri di linee e ben 133 stazioni;
   gli attuali presidi presenti sul territorio e le relative dotazioni organiche sarebbero insufficienti per assicurare gli standard minimi di tutela dei passeggeri –:
   quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, il Governo intenda attivare per evitare la soppressione ed il declassamento dei posti e sezioni della polizia ferroviaria, in un'area ad alta densità criminale, in cui i presidi dello Stato andrebbero rafforzati al fine di garantire la sicurezza dei cittadini e l'affermazione della legalità. (4-07330)


   SCOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in occasione dello sciopero generale indetto per il 12 dicembre 2014 da CGIL e UIL, a Napoli si è tenuto un corteo regionale organizzato dagli stessi sindacati;
   il concentramento è avvenuto alle ore 09:30 del 12 ed il corteo è arrivato sino a piazza Matteotti, dove si è tenuta la manifestazione finale;
   il corteo e la manifestazione finale si sono svolti in un clima assolutamente pacifico e costruttivo, senza che si creasse alcuna tensione;
   nella stessa mattinata, collettivi studenteschi hanno organizzato un secondo corteo, con diverso luogo di partenza e diverso percorso;
   nel corso della manifestazione, proprio questi studenti, che protestavano contro le proposte del Governo sulla scuola e sul tema del lavoro, hanno valutato come più opportuno raggiungere piazza Matteotti per concludere il loro corteo unendosi a quello dei sindacati e portando solidarietà ai lavoratori;
   arrivati a via Sanfelice, a pochi metri da piazza Matteotti, essi sono stati fermati da un cordone di polizia in tenuta antisommossa, e, nonostante le motivazioni per le quali si voleva deviare dal percorso annunciato fossero pacifiche, comprensibili ed espresse ripetutamente con estrema chiarezza, il rifiuto è stato secco e reiterato;
   paradossalmente, è stato l'atteggiamento delle forze dell'ordine a creare tensione, e non la richiesta degli studenti o il modo con cui essa è stata formulata;
   era chiaro come la confluenza del corteo studentesco in piazza Matteotti non avrebbe creato alcuna conflittualità, anzi, esso sarebbe stato motivo di confronto tra due realtà storicamente profondamente legate come quelle degli studenti e dei lavoratori;
   c’è anche da dire che, quando gli studenti sono stati bloccati in via Sanfelice, la manifestazione stava terminando, e la piazza si stava rapidamente sfollando, il che implica il fatto che l'ingresso di alcune centinaia di persone nell'area non avrebbe creato alcuna difficoltà all'organizzazione dell'evento;
   i fatti narrati sono riportati, tra l'altro, negli articoli pubblicati dall'edizione online del quotidiano «La Repubblica» rispettivamente l'11 e 12 dicembre dai titoli «Sciopero generale, sfilano anche gli studenti, domani maxicorteo da piazza Mancini, a rischio il trasporto pubblico» e «Sciopero generale, adesione massiccia a Napoli, i sindacati: siamo in 50 mila» –:
   perché non sia stata autorizzata al corteo studentesco una variazione al percorso annunciato, considerato che tale modifica non avrebbe comportato alcun rischio ed avrebbe, anzi, rappresentato un momento costruttivo e certamente positivo. (4-07331)


   SCOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l’«Asharam» è un bene confiscato ad affiliati al clan di camorra D'Alessandro che si trova a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli;
   esso è riutilizzato a scopo sociale da «La Casa della Pace e della Nonviolenza» ed è, inoltre, presidio di «Libera — Associazioni, Nomi e Numeri contro le Mafie»;
   in particolare, l’«Asharam» è un centro di accoglienza per migranti che si trova nel rione Santa Caterina, in pieno centro antico di Castellammare di Stabia;
   dal 2008, anno dell'avvio delle attività, sono state accolte centinaia di persone provenienti da ogni parte del mondo, ed attualmente esso ospita venti ragazzi africani, tra i 18 ed i 28 anni, richiedenti asilo;
   la sera del 15 dicembre 2014, verso le ore 22:00, qualcuno ha dato fuoco ai sacchi dei rifiuti differenziati depositati nell'androne del palazzo in attesa del ritiro da parte degli operatori ecologici;
   a dare l'allarme sono stati proprio i giovani africani, perché l'aria era diventata irrespirabile;
   essi hanno tentato la fuga arrampicandosi sulla tettoia della struttura, ed hanno trovato rifugio in casa di una donna che li ha aiutati a scendere;
   uno di loro, tuttavia, è caduto, subendo una frattura ad un braccio, una lussazione all'anca e varie escoriazioni;
   il rapido intervento dei vigili del fuoco e dei carabinieri ha, per fortuna, impedito che la vicenda avesse esiti più ancora più gravi;
   è attualmente ventilata l'ipotesi di una matrice xenofoba o camorristica per quest'incendio;
   i fatti narrati sono riportati, tra l'altro, nell'articolo pubblicato il 16 dicembre 2014 dall'edizione locale online del quotidiano «La Repubblica» con il titolo «Castellammare, in fiamme il centro per migranti Asharam, un ferito» –:
   se non ritenga urgente e doveroso fare immediata chiarezza per quanto di propria competenza su quanto accaduto ed agire affinché un simbolo di pace, solidarietà e legalità come l’«Asharam» non venga più colpito da atti vergognosi come quello del 15 dicembre. (4-07332)


   NACCARATO, CAMANI, MIOTTO e NARDUOLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il settore alberghiero della zona termale della provincia di Padova è stato oggetto delle attenzioni della criminalità organizzata di stampo mafioso nel recente passato. In particolare, la Commissione parlamentare antimafia nel 1994 ha così descritto la situazione: «Altro settore di particolare interesse per la criminalità organizzata è quello alberghiero nel quale le forze dell'ordine locali registrano in preoccupante aumento il "turn over" delle proprietà con acquisti, che avvengono per contanti, a prezzi giudicati molto elevati. Oltre Venezia è interessata al fenomeno, che è da ascrivere all'esigenza di investire le grandi masse di denaro che provengono dalla commissione di reati, anche Abano Terme, particolarmente appetibile per la sua catena di alberghi, al momento in crisi. (...) Le forze dell'ordine e la magistratura inquirente si dichiarano certe della presenza di complesse attività di riciclaggio, di operazioni economiche sospette, di negoziazioni di decine di miliardi non compatibili con le dimensioni delle aziende che vi sono interessate, di ricchezze improvvise e sospette» (Commissione parlamentare antimafia, Relazione sulle risultanze dell'attività del gruppo di lavoro incaricato di svolgere accertamenti su insediamenti e infiltrazioni di soggetti ed organizzazioni di tipo mafioso in aree non tradizionali, relatore senatore Carlo Smuraglia, approvata il 13 gennaio 1994, pag. 232);
   in tempi più recenti la prefettura di Venezia, in occasione della missione nel capoluogo del Veneto della Commissione parlamentare antimafia del 19 e 20 aprile 2012, ha presentato una relazione sulla presenza della criminalità organizzata nella regione. Per la prefettura «si segnalano le operazioni di polizia condotte da reparti siciliani che hanno permesso di evidenziare il tentativo di riciclaggio operato da soggetti riconducibili al clan mafioso Lo Piccolo nell'ambito dell'indagine denominata «Adria Docks», coordinata dalla procura della Repubblica di Palermo. L'ipotesi accusatoria indica nel legale dei Lo Piccolo, avvocato Marcello Trapani – tratto in arresto a Palermo per concorso in associazione mafiosa – il tramite attraverso il quale attuare un tentativo di riciclaggio di denaro dei propri assistiti mediante investimenti immobiliari realizzarsi a Chioggia, località Sottomarina e ad Abano Terme, località Monteortone» (prefettura di Venezia, Relazione sulla criminalità organizzata nella provincia di Venezia e nel resto della regione Veneto, 19-20 aprile 21012, pagina 26);
   a questi elementi, che indicano la presenza della criminalità organizzata nell'area termale euganea, si devono aggiungere due fenomeni determinati dalla grave crisi economica in corso da quattro anni: la chiusura di numerosi esercizi commerciali e attività alberghiere e il contestuale aumento delle compravendite dei medesimi esercizi e attività. Il fatto desta negli interroganti notevoli preoccupazioni perché appare molto simile alla fase descritta dalla Commissione antimafia nel 1994 –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti;
   se il Ministro abbia notizia da parte degli organi di polizia e controllo del territorio dipendenti dal Ministero circa l'attività di verifica e approfondimento degli allarmi e delle segnalazioni della Commissione antimafia del 1994;
   il Ministro, attraverso gli uffici territoriali di governo, sia in possesso, e, in tale caso, sia in grado di fornire agli interroganti i dati relativi agli esercizi commerciali e alle strutture alberghiere vendute e acquistate tra il 1992 e il 2012;
   quali misure di competenza intenda adottare per prevenire e contrastare i tentativi di infiltrazione nella zona termale della provincia di Padova. (4-07337)


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Agropoli (Salerno), ai fini del rilevamento dei limiti di velocità, installava un dispositivo prodotto dalla società KRIA Srl tra gli svincoli Agropoli Nord e Agropoli Sud della strada provinciale 430 variante, della strada statale 18;
   come si legge nella determina del responsabile area dei servizi di vigilanza n. 16 del 1o aprile 2014 tale sistema, e le collegate attività di gestione dei verbali di contravvenzione al Codice della strada, quali il relativo recupero dei crediti e finanche il servizio di rilevazione della velocità, veniva fornito dal raggruppamento temporaneo d'imprese tra Consorzio GIVES e AREARISCOSSIONI spa sulla scorta di un rinnovo per cinque anni del contratto di Rep. 892 del 20 maggio 2009;
   suddetto rinnovo veniva motivato, da un lato, con la necessità che, non essendo stato mai attivato il servizio di rilevazione della velocità ed avendo la RTI aggiudicataria fatturato meno del 50 per cento di quanto preventivato a causa di detto inconveniente, l'amministrazione comunale preferiva «evitare il protrarsi di un defatigante e costoso contenzioso che potrebbe concludersi con un notevole danno per l'erario», dall'altro lato, che «il bando di gara prescriveva all'articolo 3 che il servizio avrebbe avuto durata di 5 (cinque) anni e poteva essere rinnovato, d'intesa tra le parti, per successivi anni cinque massimi, previa verifica, da parte dell'ente, dell'esistenza delle ragioni di convenienza e di pubblico interesse»;
   in particolare, il contratto disciplinava le attività a svolgersi in capo al RTI aggiudicatario e stabiliva, quale corrispettivo dei servizi erogati, la percentuale «del 30,10 per cento delle somme incassate dalla stazione appaltante a titolo di pagamento delle sanzioni per violazioni elevate per infrazioni al C.d.S.»;
   nella forma e nella sostanza, pertanto, le condizioni di gara prevedevano un ricavo corrispettivo «per i servizi resi dall'aggiudicatario» percentualizzato in base alle somme effettivamente incassate come conseguenza delle attività sanzionatorie espletate;
   il rinnovato rapporto contrattuale modificava le modalità di quantificazione dei corrispettivi dovuti per l'erogazione dei servizi perché il parametro previsto per il corrispettivo in sede di gara, ossia la percentualizzazione sugli incassi effettivamente conseguiti, non rispondeva alle prescrizioni indicate dalla circolare del Ministro dell'interno prot. 300/A/10307/09/144/5/20/3 del 14 agosto 2009;
   l'attività, così come disciplinata, alla data odierna, avrebbe prodotto circa 48.000 verbali di contestazioni con un incasso preventivato per il comune di Agropoli pari a circa 7.000.000,00 di euro e un corrispettivo per la RTI aggiudicataria pari ad euro 1.600.000,00 circa;
   sia la normativa di riferimento (articolo 23, legge 62 del 2005) sia la consolidata giurisprudenza in materia (AVCP, Consiglio di Stato) vietano il rinnovo dei contratti;
   il contratto di cui trattasi, inoltre, veniva rinnovato senza una preliminare ricognizione consiliare delle ragioni di convenienza e di pubblico interesse e senza una preventiva valutazione dell'impatto e dell'efficacia dell'uso dell’autovelox sulla circolazione stradale, con atto monocratico del dirigente, in violazione anche dell'articolo 42 comma 2°, lettera i), decreto legislativo 267 del 2000 e successive modificazioni integrazioni che demanda al consiglio comunale la competenza «per l'impegno delle spese che si riferiscono agli esercizi successivi»;
   il rinnovo contrattuale veniva disposto addirittura con rinegoziazione delle condizioni economiche, a favore del consorzio GIVES già coinvolto in procedimenti penali avviati, e in corso di svolgimento, dalla procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere;
   come se ciò non bastasse, nel 2013 terminava in maniera burrascosa il rapporto tra il medesimo consorzio e il comune di Bisceglie, che sceglieva di risolvere in maniera unilaterale un analogo contratto di appalto per «gravi inadempienze contrattuali»;
   non è chiaro se, effettivamente, la prefettura di Salerno e la provincia di Salerno, quale ente proprietario della strada provinciale 430, abbiano mai autorizzato l'installazione del sistema di rilevazione della velocità di cui trattasi;
   l'apparecchiatura utilizzata non è opportunamente segnalata (manca l'illuminazione notturna), è posta ad una distanza di oltre due chilometri dal punto di presenza del sistema di rilevazione e ha una taratura di regolare funzionalità fino a 32o C massimi in una zona, come quella dell'installazione, che nel periodo estivo presenta una temperatura media pari a 35o C –:
   se risulti che la prefettura di Salerno abbia autorizzato, per quanto di sua competenza, l'installazione del sistema di rilevazione della velocità di cui si tratta nella premessa. (4-07343)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SEGONI, MARZANA, D'UVA e VACCA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 22, comma 3, della legge n. 240 del 2010 (cosiddetta legge Gelmini), in tema di assegni di ricerca, impone che «la durata complessiva dei rapporti instaurati ai sensi del presente articolo, compresi gli eventuali rinnovi, non può comunque essere superiore a quattro anni»;
   l'impianto della sopracitata legge n. 240 del 2010 prevede, come naturale sbocco per gli assegnisti, i contratti da ricercatore a tempo determinato (RTD);
   appare tuttavia evidente che non tutti gli assegnisti in scadenza possono essere assorbiti come ricercatori a tempo determinato (verosimilmente tra i 500 e i 1.000 l'anno), né, in virtù del curriculum formativo maturato in soli 4 anni dal conseguimento del titolo di dottorato, pare verosimilmente possibile ottenere un SIR (a cui concorrono ricercatori con attività fino a 6 anni dal dottorato) o uno starting grant dell'ERC (a cui concorrono ricercatori con attività tra i 2 e gli 8 anni dal dottorato);
   in questi giorni si stanno verificando i primi casi (qualche centinaio) di assegnisti in scadenza estromessi di fatto dal mondo della ricerca universitaria, che nell'arco di un biennio diverranno verosimilmente migliaia;
   nel 2012, le rilevazioni del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca davano circa 14.000 assegnisti, quindi con assegni attivati nel biennio 2011-2012. Conseguentemente, nel biennio 2015-2016 tutti questi contratti andranno in scadenza e, se si considera l'attuale capacità degli atenei di assorbire tali figure professionali con contratti da ricercatore a tempo determinato, è possibile stimare prudenzialmente che circa il 70 per cento degli assegnisti ogni anno sarà di fatto escluso dal mondo della ricerca, con ridotte possibilità di assorbimento da parte di aziende o enti di ricerca, favorendo di fatto una massiccia fuga all'estero;
   quella degli assegnisti è una categoria priva di rappresentanze sindacali, assente in molti atenei dalle sedi dell'amministrazione accademica, priva di garanzie assistenziali (come il diritto all'indennità di disoccupazione), caratterizzata dalla pressoché totale impossibilità di gestire autonomamente i fondi di ricerca;
   nonostante gli assegnisti siano personale non strutturato esterno all'organico delle università, svolgono ruoli fondamentali nella ricerca, nella produzione scientifica e nell'attività didattica;
   gli assegnisti di ricerca post-dottorati sono figure altamente specializzate su cui lo Stato ha investito ingenti risorse per garantire una formazione superiore, un titolo di laurea, un titolo post-laurea come il dottorato di ricerca, senza contare l'esperienza maturata nei 4 anni di post-dottorato;
   professori e gruppi di ricerca basati in università italiane, anche quando vincitori di finanziamenti esterni, possono vedersi costretti a dovere ignorare giovani ricercatori italiani, anche se in possesso di titoli idonei, perché impossibilitati ad assumerli a causa del blocco dei quattro anni, senza contare che gli assegni di ricerca gravano completamente sul budget dei progetti di ricerca, senza oneri aggiuntivi per lo Stato –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti;
   se vi sia una precisa volontà politica nel meccanismo citato in premessa che di fatto priva la ricerca italiana degli assegnisti «post-doc» con maggiore esperienza e incoraggia la fuga all'estero di figure altamente specializzate sulla cui formazione sono state investite ingenti risorse pubbliche;
   se non intenda finanziare adeguatamente il reclutamento di ricercatori con contratto di ricerca a tempo determinato per assorbire almeno parte degli assegnisti in scadenza;
   quali iniziative intenda adottare per incrementare le garanzie assistenziali degli assegnisti di ricerca, con particolare riguardo all'ammortizzazione dell'impatto dell'attuale normativa sulla vita di migliaia di giovani ricercatori;
   se non intenda assumere iniziative per abrogare o quanto meno sospendere l'efficacia della norma che prevede il limite dei quattro anni agli assegni di ricerca di cui all'articolo 22, comma 3, della legge n. 240 del 2010. (5-04319)


   DA VILLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Venezia è in regime di commissariamento prefettizio, ai sensi dell'articolo 141 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (testo unico enti locali), con attribuzione dei poteri al dottor Zappalorto a partire dal 2 luglio di quest'anno;
   tale amministrazione di carattere straordinario è stata provocata dalla decadenza del consiglio comunale, in data 23 giugno, evento causato a sua volta dalle dimissioni dell'allora sindaco Giorgio Orsoni, seguite al suo arresto in data 4 giugno per «finanziamento illecito» nell'ambito della campagna elettorale del 2010. Tale reato, secondo quanto filtrato dalla procura, costituirebbe una propaggine del più ampio sistema di tangenti, orchestrato da alcune imprese appartenenti al Consorzio Venezia Nuova, legate alla realizzazione del sistema di dighe mobili Mo.S.E.;
   la notizia dell'arresto del sindaco della città lagunare ha avuto risonanza mondiale, rimbalzando tra telegiornali e quotidiani internazionali, con enorme danno d'immagine per quella che, in base al numero di visitatori, è la terza città turistica d'Italia;
   l'avvocato Orsoni, ad appena otto giorni dall'arresto, ha concordato un patteggiamento della pena con il p.m. per 4 mesi di reclusione e 15 mila euro di multa. Tale accordo è stato tuttavia respinto dal giudice per l'udienza preliminare, in quanto la sanzione è stata ritenuta «incongrua rispetto alla gravità dei fatti» e quindi il processo è ancora in corso;
   l'avvocato Giorgio Orsoni, prima dell'incarico pubblico, svolgeva la professione forense ed era impegnato anche nell'ambito universitario, quale professore ordinario presso il dipartimento di economia di Ca’ Foscari. Le materie di insegnamento, trattate nei vari anni, sono prevalentemente riconducibili all'alveo del diritto amministrativo;
   con l'avvio del nuovo anno accademico 2014/15, cessata l'aspettativa per incarico elettivo ex articolo 81 del ricordato TUEL, l'università ha deciso di assegnare una nuova cattedra all'avvocato Orsoni, sempre nell'ambito del dipartimento di economia: quella di «diritto commerciale del turismo»;
   l'università di Ca’ Foscari nasce nel 1868 come prima Business School d'Italia e seconda d'Europa. Nel 2013 è stata inclusa tra le top 200 università al mondo dal QS World University Rankings by subject. Si tratta di un ateneo che, anche per l'attrazione che provoca la città di Venezia, richiama più di 20 mila studenti all'anno;
   gli studenti universitari, a quanto riporta la stampa locale e nazionale, hanno espresso forti critiche verso questa scelta, argomentando che l’ex sindaco non avrebbe più i requisiti previsti dal codice etico per insegnare e che è «fondamentale che chi esercita l'attività dell'insegnamento sia un esempio e non solo a livello accademico»;
   il codice etico, al secondo capoverso del preambolo, elenca in particolare «i valori cardine delle istituzioni universitarie» che i professori hanno l'obbligo di «rispettare, proteggere e promuovere con coraggio...» e tra questi vi sono: «...(e) responsabilità e riconoscimento–adempimento dei doveri nei confronti della comunità; (f) onestà, integrità e professionalità; (g) incentivazione degli studi e delle ricerche scientifiche; (h) equità, imparzialità, leale collaborazione e trasparenza»;
   il combinato disposto degli articoli 10 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, e 87 del regio decreto 31 agosto 1933, n. 1592 (testo unico delle leggi sull'istruzione superiore), stabilisce che possono essere inflitte «secondo la gravità delle mancanze, le seguenti punizioni disciplinari: n. 1, la censura; n. 2, la sospensione dall'ufficio e dallo stipendio fino ad un anno; n. 3, la revocazione; n. 4, la destituzione senza perdita del diritto a pensione o assegni»; l'impulso al procedimento spetta al rettore, entro 30 giorni dalla notizia dei fatti, mentre il giudizio è devoluto ad apposito collegio di disciplina. Il successivo articolo 89 del regio decreto citato chiarisce che «le punizioni di cui ai numeri 2, 3, 4 e 5 dell'articolo 87 si applicano secondo i casi e le circostanze per le seguenti mancanze: grave insubordinazione; abituale mancanza ai doveri d'ufficio; abituale irregolarità di condotta; atti, in genere, che comunque ledano la dignità o l'onore del professore»;
   da quel che è dato sapere al sottoscritto, il rettore di Ca’ Foscari, professor Michele Bugliesi, ad oggi non avrebbe avviato, né espresso intenzione di avviare, alcun procedimento disciplinare nei confronti del professor avvocato Orsoni –:
   se il Ministro fosse a conoscenza dei fatti in premessa e se sussistono i presupposti di fatto e di diritto per promuovere un'iniziativa di carattere disciplinare nei confronti del Rettore pro tempore dell'università «Ca’ Foscari» di Venezia, in considerazione dell'inattività rispetto al caso, sopra descritto, dell'avvocato Giorgio Orsoni, quale docente universitario, al fine di tutelare al meglio, conformemente al suo stesso Codice Etico, la reputazione, i valori cardine e il livello d'insegnamento di una delle più rinomate e antiche università italiane;
   se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative, anche normative, idonee a rendere più stringenti le regole preposte a tutelare la dignità e l'onorabilità dell'istituzione al cospetto di fattispecie del genere descritto in premessa.
(5-04333)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRUNO BOSSIO e BRUNO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il liceo scientifico «E. Fermi» di Cosenza è uno degli istituti più importanti della Calabria: conta circa 1500 alunni, 130 tra personale docente e ATA e tre plessi;
   l'istituto, diretto dalla dottoressa Michelina Bilotta, ha accresciuto ed ampliato l'offerta formativa consolidando la tradizione che qualifica il «Fermi» come una istituzione culturale di rilevante prestigio;
   il liceo scientifico «Fermi», infatti, offre corsi per le certificazioni IC3 (competenze informatiche) per le certificazioni linguistiche, per la certificazione Internazionale IGCSE rilasciata dall'università di Cambridge (il «Fermi» è tra le 22 istituzioni scolastiche italiane accreditate);
   si attuano progetti di autovalutazione CAF e Vales, PON e POR, finalizzati all'ampliamento della già avanzata dotazione tecnologica, al partenariato scolastico Comenius, Erasmus Plus, agli stage linguistici all'estero (Gran Bretagna, Scozia, Irlanda e Malta), alla partecipazione alle Olimpiadi di Matematica, Filosofia, Fisica, Statistica e al Certamen Ars et ingenium, il Book in progress, all'attività orientamento in ingresso e in uscita, al rapporto con i corsi di Lauree Scientifiche dell'università della Calabria, a protocolli d'intesa stilati con le istituzioni pubbliche locali e con l'azienda sanitaria provinciale;
   si registra di anno in anno un numero crescente di iscrizioni ed al tempo stesso si accrescono i livelli di qualità degli studi e delle attività didattiche, che in alcuni casi raggiungono standard di eccellenza;
   nonostante ciò, la dirigente scolastica dottoressa Michelina Bilotta, è fatta oggetto di una vera e propria campagna di delegittimazione, condotta sotto forma di iniziativa a cura di una minoritaria rappresentanza sindacale;
   in seguito a questa campagna sono state disposte negli ultimi 11 mesi, diverse visite ispettive ministeriali;
   dalle ispezioni compiute è possibile accertare, ad avviso degli interroganti, il carattere pretestuoso e strumentale delle iniziative di protesta che fa capo ad isolate espressioni «sindacali»;
   diverse ispezioni, infatti, si sono concluse per improcedibilità o sono pervenute all'accertamento della perfetta legittimità delle attività e delle procedure eseguite dalla direzione scolastica;
   appare poi decisamente curioso che una ispezione sia addirittura scaturita, a quanto consta agli interroganti, da un esposto anonimo in relazione all'uso dell'impianto di video sorveglianza, regolarmente autorizzato e posizionato a copertura delle aree esterne alla scuola per soli scopi di sicurezza e a tutela dei minori in coerenza con quanto previsto dalla legge. Non è ininfluente che l'anonima denuncia di presunte violazioni della privacy sia avvenuta oltre un anno e mezzo dopo la attivazione del servizio di video sorveglianza;
   da quanto fin qui esposto appare agli interroganti fin troppo evidente il carattere pretestuoso degli addebiti che di volta in volta si tenta di indirizzare verso la dirigente scolastica. L'intento di delegittimazione rivolto con pervicace costanza nei confronti della dottoressa Bilotta configura a giudizio dell'interrogante quasi il profilarsi di un fumus persecutionis –:
   quali iniziative il Ministro intenda assumere affinché possa essere garantito lo svolgimento delle attività scolastiche in condizioni di serenità al fine di isolare e depotenziare quello che agli interroganti appare un grave tentativo di turbamento di un contesto ambientale caratterizzato da un forte spirito di collaborazione tra le diverse componenti scolastiche (corpo docente e non, studenti, genitori) e tra i livelli di direzione e gli organismi di rappresentanza dell'istituto. (4-07325)


   MOSCATT. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il diritto allo studio rappresenta un caposaldo della nostra società e deve essere garantito in ogni modo;
   in taluni casi le nostre scuole non sono in grado di garantire il diritto all'accesso ed al successo al mondo della scuola per problemi strutturali o di carenza di personale qualificato;
   tale situazione si verifica e si accentua in particolar modo quando gli utenti-studenti sono soggetti disabili;
   gli studenti affetti da disabilità necessitano di straordinaria attenzione e particolare sostegno;
   come è accaduto, purtroppo, per molte scuole d'Italia anche l'istituto COMPRENSIVO «MONS. ARRIGO» di MONTEMAGGIORE BELSITO (PA) si è visto rifiutata la richiesta di due posti sostegno in deroga;
   alla scuola citata sono stati assegnati 2 Docenti per 5 Alunni di cui 2 gravi che necessitano rapporto 1/1;
   tale rapporto non consente di attuare in maniera piena ed efficace il progetto di integrazione approntato per ogni alunno;
   è volontà di questo Governo investire pienamente sulla buona scuola e quindi intervenire per garantire la piena attuazione del diritto allo studio –:
   al fine di garantire il diritto allo studio degli alunni, se non ritenga opportuno intervenire con urgenza per sanare una situazione che comporta gravi.
(4-07340)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   ROSTELLATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   attualmente il servizio di pagamento con carta di credito per il sistema voucher sul sito Inps risulta inattivo;
   tale mancata possibilità sta creando non pochi disagi agli utenti, trovandosi all'improvviso non solo impossibilitati al pagamento dei voucher ma anche impossibilitati a far eseguire la prestazione lavorativa al prestatore, in quanto non vi è la possibilità di inserire nemmeno il periodo della prestazione;
   vi sono, in alternativa, attualmente disponibili, due altre procedure di pagamento: una tramite modello f24, e l'altro tramite bollettino postale;
   entrambe le suddette procedure prevedono da un lato l'attesa di almeno dieci giorni prima che il sistema acquisisca il pagamento, e quindi resta tutto bloccato, dall'altro viene richiesta la presentazione fisica presso l'ente per avere l'accredito della somma sul sistema voucher;
   dal momento che a parere dell'interrogante tale procedura deve essere agevole e di facile utilizzo, onde soprattutto evitare scoraggiamenti da parte degli utenti nelle registrazioni delle prestazioni –:
   quali siano le problematiche che non permettono il pagamento tramite carta di credito, finora possibile;
   quali sia la tempistica entro la quale l'Inps ritiene di poter sbloccare tale problema espresso in premessa. (5-04323)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI VITA, MANTERO, SILVIA GIORDANO, LOREFICE, GRILLO, CECCONI e DALL'OSSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il Programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità, frutto di un lungo percorso di lavoro condotto in seno all'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità e messo a punto dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è stato adottato formalmente con il decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 2013;
   il Programma dovrebbe rappresentare un contributo primario alla definizione di una strategia italiana sulla disabilità, in accordo con il primo Rapporto all'ONU sulla implementazione della CRPD (Convention on the Rights of Persons with Disabilities), consegnato dall'Italia già nella seconda metà del 2012, per promuovere la progressiva e piena inclusione delle persone con disabilità in tutti gli ambiti della vita sociale, economica e culturale;
   il capitolo 2 del Programma, intitolato «Quadro generale e articolazione del Programma d'azione biennale», ribadisce la fondamentale funzione di coordinamento dell'Osservatorio, rilanciandone l'importanza e l'utilità anche per la futura gestione ed analisi degli avanzamenti, di carattere amministrativo, legislativo ed attuativo, che lo stesso programma d'azione prevede;
   a tal fine, l'illustrazione del programma d'azione biennale introduce, a seconda della tipologia di azioni previste per ogni tematica presa in considerazione, l'opportunità di individuare specifici indicatori di processo e risultato che consentano di definire la linea operativa e di concretizzare il contenuto di quanto espresso a livello programmatico. Per ogni intervento, a partire dall'imprescindibile definizione dei concetti rilevanti, nonché dal richiamo degli articoli della Convenzione ONU connessi al tema, individua l'obiettivo prefigurato e il tipo di azione necessaria a conseguirlo;
   sulla base di quanto definito, gli indicatori di processo devono indicare i passi necessari e tutto ciò che nella pratica è congruo fare per costruire le operazioni utili al conseguimento del risultato previsto. Gli indicatori di risultato, in ultima analisi, rappresentano la controparte empirica di quanto raggiunto attraverso l'intero processo e, quindi, di quanto auspicato a livello di programmazione teorica –:
   a che stadio sia l’iter di individuazione ed elaborazione degli indicatori di processo e di risultato introdotti dal Programma e citati in premessa;
   se possa confermare che l'organismo preposto alla verifica del processo di elaborazione e controllo di tali indicatori sia l'Osservatorio o se invece, sia stata eventualmente costituita a tale scopo una nuova commissione ad hoc;
   se l'organismo preposto all'attività di controllo e di impulso del processo di individuazione di detti indicatori risulti effettivamente attivo;
   quali siano le iniziative concrete eventualmente elaborate dai tavoli tecnici ministeriali che siano state già adottate, o che siano in procinto di essere adottate, dallo stesso Ministero in relazione alle linee di intervento previste dal Programma. (4-07335)


   RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   nel 2007 è stato bandito il concorso pubblico per 404 posti per l'area C, posizione economica C1, profilo delle attività amministrative, da assumere presso l'Inail con contratto a tempo indeterminato. La procedura selettiva si è conclusa nel 2010, con la pubblicazione della graduatoria in Gazzetta Ufficiale (4a serie speciale — n. 11 del 9 febbraio 2010);
   dalla suddetta graduatoria, comprendente 566 persone, di cui 404 vincitori e 162 idonei, sono state autorizzate, fino al marzo 2012, assunzioni di 99 vincitori di concorso che, in seguito a 51 rinunce, hanno consentito lo scorrimento della graduatoria fino al posto n. 150;
   da quasi tre anni le assunzioni sono bloccate, pertanto, ad oggi, attendono ancora l'assunzione ben 254 vincitori e 162 idonei. Deve, tuttavia, evidenziarsi che la percentuale di rinunciatari è molto alta, superando il 50 per cento, dunque, occorrerebbero circa 200 autorizzazioni per far scorrere l'intera graduatoria fino all'assunzione di tutti i vincitori e gli idonei;
   oltre allo stato di incertezza in cui vivono i vincitori e idonei del concorso in questione, dovuto dall'attesa per lo scorrimento della graduatoria, la posizione degli stessi è aggravata dalla condotta di scarsa trasparenza e pubblicità dell'Inail, relativamente allo scorrimento della graduatoria;
   dopo ripetuti solleciti, nel tempo, le uniche informazioni fornite dall'ufficio del personale denunciano un persistente esubero nell'area interessata, che osta alla ripresa delle assunzioni;
   orbene, sembra che tale esubero, ad oggi, sia stato assorbito, le suddette assunzioni potrebbero riprendere nella seconda metà del 2015, ma non è dato sapere né quando e né quanti ne sarebbero coinvolti;
   anche in conformità ai principi di efficienza, efficacia ed economicità dell'azione amministrativa, si ritiene necessario adottare in tempi brevi l'attuazione delle opportune misure per lo scorrimento della graduatoria dei 404 amministrativi C1 Inail anche attraverso la condivisione della stessa con le pubbliche amministrazioni che hanno carenze di personale, come già avvenuto per altre graduatorie (ad esempio la graduatoria dei 293 ispettori Inps, dalla quale hanno attinto personale l'Agenzia del territorio ed in questi ultimi giorni anche il Ministero del lavoro e delle politiche sociali);
   sul punto, si ricorda altresì che il Ministero della giustizia ha manifestato l'urgenza di far fronte alle consistenti carenze in organico e sta pertanto assumendo personale attingendo da graduatorie vigenti. Lo stesso dicasi per il Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
   a quanto è dato sapere, sembra sia intenzione del Governo ricollocare una parte del personale delle province, trasformate dalla recente riforma legislativa, nelle diverse pubbliche amministrazioni «con precedenza rispetto alle loro graduatorie». Se ciò fosse concretamente disposto, verrebbero ancora una volta postergati — e visto il trascorrere degli anni, di fatto cancellati — i diritti dei vincitori dei concorsi pubblici che da anni attendono la meritata assunzione, a causa della stringente limitazione del turn over e delle quattro riduzioni delle dotazioni organiche che sono state disposte nella precedente legislatura;
   si ritiene dunque necessario tutelare il diritto costituzionale dei vincitori dei concorsi pubblici all'assunzione nelle pubbliche amministrazioni, al fine di ottenere quanto prima una giusta conclusione della vicenda con l'esaurimento dell'intera graduatoria –:
   quali siano gli orientamenti dei Ministri interrogati sui fatti esposti in premessa;
   se e quali provvedimenti intendano adottare i Ministri interrogati, per quanto di loro competenza, per lo scorrimento della graduatoria del concorso in questione anche attraverso la condivisione della stessa con le pubbliche amministrazioni che hanno carenze di personale, come già avvenuto per altre graduatorie.
(4-07339)

SALUTE

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, per sapere – premesso che:
   il Patto per la sanità digitale dovrebbe essere «caratterizzato come – piano strategico – teso a favorire lo sviluppo delle soluzioni e delle applicazioni di e-Health nell'ambito del SSN», è quanto ha affermato la senatrice Mariapia Garavaglia, presidente dell'Istituto superiore di studi sanitari «Giuseppe Cannarella» al Convegno organizzato al Senato;
   il Patto è contenuto nell'articolo 14 del più ampio progetto del patto per la salute, accordo finanziario e programmatico stipulato tra il Governo e le regioni, con durata triennale, che ha il compito di regolare la spesa e la programmazione del servizio sanitario nazionale;
   lo scopo del Patto per la salute è quello di migliorare la qualità dei servizi sanitari erogati e di garantire l'unitarietà del sistema sanitario, obiettivo che potrà essere raggiunto con la digitalizzazione dei sistemi, nonché permetterà un risparmio quantificabile in sette miliardi di euro, secondo le dichiarazioni del Ministro della salute;
   l'idea di un Patto per la sanità digitale nasce precisamente con l'obiettivo di disegnare un master plan quinquennale (2015-19) per la sanità elettronica, identificando i possibili ambiti di attivazione di iniziative di partenariato pubblico-privato che possano attivare un circuito virtuoso di risorse economiche destinate a finanziare gli investimenti necessari;
   un incontro, dunque, tra domanda e offerta, ovvero, rispettivamente tra i vari stakeholder: regioni, ASL/AO, Ministero della salute, IRCCS, Case di cura, centri di riabilitazione e RSA, medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, farmacisti, produttori, distributori e grossisti di farmaci, fornitori di soluzioni e servizi ICT in ambito sanità, fornitori di dispositivi elettromedicali e di apparati e soluzioni per la telemedicina, da un lato, e, dall'altro soggetti aderenti al patto che si impegneranno a rispettare il principio pre-competitivo dell'iniziativa e a collaborare con tutti gli stakeholder per fornire le competenze e gli elementi utili a sviluppare modelli economici applicabili alle iniziative;
   da quanto risulta nel documento programmatico, il comitato di coordinamento, nominato in estate, ha il ruolo di pianificare gli incontri tra domanda e offerta, mentre, il Ministero della salute dovrà impegnarsi a favorire le condizioni per avviare un tavolo di studio con AVCP e Corte dei Conti al fine di divulgare modelli di applicazione delle norme accessibili alle stazioni appaltanti;
   fatto sta che ad oggi risulta un ritardo da parte del Ministero competente nel ciclo di lavori sul patto per la sanità digitale –:
   entro la fine del 2014, il suddetto Ministero si impegnava ad avviare e concludere una ricognizione dei fondi disponibili e/o attivabili, utilizzando parte dei fondi strutturali destinati all'asse «Agenda Digitale» e ad eventuali fondi pubblici o privati;
   altresì, era previsto che il Comitato predisponesse, sulla base di quanto innanzi, e sempre entro la fine del 2014, un primo master plan di proposte relative a iniziative di Partenariato pubblico-privato, da avviare secondo le norme vigenti attraverso procedure a evidenza pubblica, con il compito di monitorare costantemente le singole iniziative avviate all'interno del medesimo master plan, per misurarne i ritorni in termini di efficientamento e di risparmi conseguiti;
   ed ancora, dovevano essere avviate già nel corso del 2014, in base alla disponibilità delle amministrazioni coinvolte, iniziative sperimentali, quali il proof of concept, volte a verificare la validità dei modelli teorici sviluppati, iniziative cofinanziate dal Ministero della salute, in collaborazione col Ministero dello sviluppo economico;
   un ciclo di lavori, dunque, che sarebbe dovuto terminare entro la fine 2014, con la produzione di un rapporto conclusivo da presentare ufficialmente al Ministro della salute e a tutte le istituzioni coinvolte, contenente il master plan per le iniziative di sanità digitale, comprese le indicazioni prioritarie, i cronoprogrammi attuativi e i modelli di copertura finanziaria previsti, nonché i risultati delle iniziative sperimentali avviate, il tutto disponibile in rete attraverso uno strumento che dovrebbe essere costantemente aggiornato: il «Cruscotto del Patto»;
   uno strumento, che attualmente non è reperibile, pertanto da parte dei cittadini o soggetti interessati non è possibile effettuare alcun aggiornamento sul lavoro svolto, non è possibile verificare se vi sia stata coerenza e tempestività delle attività descritte nel patto per la sanità digitale –:
   se non ritenga necessario il Ministero interpellato pubblicare il master plan più volte richiamato in premessa, per il quale era prevista la presentazione entro fine 2014;
   se non sia opportuno allegare il resoconto generale delle attività elencate nel suddetto patto, indicando quali siano quelle concretamente realizzate;
   quale sia il percorso da seguire, sul sito del Ministero della salute, al fine di verificare e reperire l'aggiornamento del «Cruscotto del Patto» che dovrebbe essere disponibile in rete, come indicato nel documento programmato;
   quali siano i motivi ovvero le cause dei ritardi, se le date non saranno rispettate, ovvero, se le attività promesse saranno svolte come stabilito entro il 31 dicembre; in mancanza quale sarà la nuova scadenza da rispettare e a chi saranno addebitate le dovute responsabilità di tale mancanza;
   se il Ministro interrogato intenda pubblicare tutte le informazioni indicando quali e quanti siano gli enti, sia pubblici sia privati partecipanti al patto, nonché quali siano i componenti del Comitato di coordinamento nominato e la modalità con la quale questi siano stati scelti.
(2-00791) «Di Vita, Lorefice, Grillo, Cecconi, Silvia Giordano, Mantero, Dall'Osso».

Interrogazione a risposta orale:


   SISTO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   al 1o ottobre 2014 l'Italia ha ospitato più di 130 mila migranti provenienti da diversi Paesi;
   nelle strutture nazionali come centri di accoglienza per richiedenti asilo, centri di identificazione ed espulsione, centri di prima accoglienza, strutture temporanee, posti SPRAR, sono stati accolti ben 61.536 soggetti;
   la sola Sicilia ne ha accolti 14.719, il Lazio 7.822, la Puglia 6.004, la Lombardia 5.653, la Calabria 4.558, la Campania 4.104 e così via in percentuali inferiori, ma sempre significative;
   in data 25 ottobre 2014 attraverso i mezzi di stampa si è appreso che le autorità regionali pugliesi hanno predisposto il protocollo sanitario, da attivarsi in caso di ipotesi di contagio del virus «ebola»;
   dai controlli effettuati è emerso che un'eventuale emergenza si potrebbe scontrare con una mancanza di posti letto in isolamento o alto isolamento;
   si è stabilito che si procederà alla formazione ad hoc degli operatori del 118 e di coloro che operano nei punti di primo intervento, non solo per velocizzare i tempi, ma anche per alzare gli standard di sicurezza degli operatori sanitari;
   in data 3 ottobre 2014, l'agenzia di informazione ANSA ha reso noto che «circa 600 migranti ospiti del CARA e del CIE di Bari» meno della metà dei presenti, perché volontari «sono stati sottoposti a screening ematico delle malattie infettive (Ebola, HIV, Epatite, tifo, tubercolosi» se pur quest'ultima non leggibile dal prelievo), solo grazie al progetto dell'Associazione Help di Bari, in collaborazione con l'Avis di Avellino;
   la tubercolosi necessita di radiografia al torace per essere diagnosticata;
   la scabbia necessita di visita specialistica –:
   se e quali iniziative il Ministro interrogato intenda intraprendere per intervenire sul territorio nazionale, nelle strutture deputate all'accoglienza degli stranieri, dei migranti, dei viaggiatori in generale e quindi nei centri di accoglienza per i richiedenti asilo, centri di identificazione ed espulsione, centri SPAR, porti ed aeroporti;
   se e quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda adottare per monitorare ed operare all'unisono con il «centro regionale per la sorveglianza virologica». (3-01235)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PARENTELA, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, L'ABBATE, GALLINELLA, BENEDETTI e ROSTELLATO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il viceministro delle politiche agricole, alimentari e forestali rispondendo all'atto di sindacato ispettivo n. 5-04188 presentato dall'interrogante e discusso il 3 dicembre 2014 in merito all’«Aethina tumida» – un coleottero parassita degli alveari sconosciuto fino a qualche tempo fa alle nostre latitudini ora approdato in Sicilia dopo aver causato danni agli apicoltori calabresi per oltre un milione e mezzo di euro – ha illustrato gli interventi messi in atto dal Ministro della salute che ha competenza specifica in materia;
   emerge che sarebbe stata attivata pedissequamente la procedura imposta dall'Europa che prevede «all'inizio di questi fenomeni, e fintantoché essi non diventino endemici, una strategia molto drastica, volta all'eradicazione»;
   il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ha affermato:
    «sono stati esaminati i dati più recenti sulla diffusione dell’Aethina tumida e si è prospettata la necessità di studiare eventuali linee di intervento non più volte alla eradicazione, bensì solo al contenimento. A tal riguardo il Ministero della salute si è dichiarato disponibile a esaminare le condizioni normative europee per un adattamento della strategia, ferme restando le garanzie sul controllo della movimentazione da assicurare all'Unione europea»;
    «siamo consapevoli, come Governo, che le misure di eradicazione, con la distruzione totale degli alveari, hanno comportato danni rilevanti agli operatori economici»;
    «per poter attivare un regime di aiuto a favore degli apicoltori danneggiati da infestazioni di Aethina tumida e vespa velutina è necessaria una nuova base giuridica, possibilmente con adeguate dotazioni finanziarie (tenuto conto della scarsità di risorse a disposizione per gli interventi compensativi del Fondo) che dovrà preventivamente essere notificata alla Commissione come aiuto di Stato»;
    «ritengo inoltre indispensabile lanciare un piano di tutela dell'apicoltura a più lungo termine»;
   il suddetto piano di eradicazione è stato attuato con lo stesso protocollo con il quale si trattano le altre specie zootecniche da reddito (bovini, ovini, suini) senza tenere conto che sia il parassita che l'ospite sono degli insetti;
   l'articolo 3, comma 1, lettera a), della decisione di esecuzione della commissione del 12 dicembre 2014 relativo ad alcune misure di protezione a seguito della presenza confermata del piccolo scarabeo dell'alveare in Italia [notificata con il numero C(2014) 9415] dispone che:
    «1. L'Italia garantisce l'attuazione delle seguenti misure di protezione nelle zone elencate nell'allegato:
   a) un divieto di spedizione di partite dei seguenti prodotti dalle zone elencate nell'allegato verso altre zone dell'Unione:
    i) api mellifere;
    ii) calabroni;
    iii) sottoprodotti apicoli non trasformati;
    iv) attrezzature apistiche;
    v) miele in favo per il consumo umano»;
   tra le sopracitate «zone elencate nell'allegato» soggette a misure di prevenzione di cui al GUL359 del 16 dicembre 2014 vengono inserite la regione Calabria e la regione Sicilia per l'intero territorio; le aziende calabresi e siciliane specializzate nell'allevamento e nell'esportazione di api, oltre a vedere svanire anni di lavoro, ricerche, sperimentazioni ed investimenti, non potranno più nemmeno alienare le attrezzature apistiche utilizzate come ultimo disperato tentativo per recuperare un po’ di liquidità provando una riconversione verso altre produzioni –:
   se non ritenga, in linea con quanto già affermato dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, che non sussistano più i requisiti probabilistici e di convenienza economica per continuare a perseverare nel tentativo di eradicazione d’Aethina Tumida, a fronte di danni oramai oltre la soglia di accettabilità ad apicoltura, agricoltura e ambiente;
   se il Ministro non ritenga più opportuno elaborare una strategia che preveda un intervento diretto sul coleottero, la limitazione del proliferare delle popolazioni tramite le trappole per il controllo degli adulti, i trattamenti larvicidi nonché l'utilizzo della lotta integrata;
   quali interventi siano stati messi in atto allo stato attuale al fine di attivare un regime di aiuto a favore degli apicoltori danneggiati da infestazioni di Aethina tumida;
   se non ritenga opportuno, al fine di agevolare la riconversione delle aziende agricole apistiche, in deroga a quanto stabilito dalla decisione della Commissione del 12 dicembre 2014, assumere iniziative per permettere il commercio delle attrezzature apistiche, sottoprodotti apicoli non trasformati, attrezzature apistiche, miele in favo per il consumo umano, esclusivamente a seguito di controllo ed eventuale rilascio della certificazione fitosanitaria dal parte degli ispettorati fitosanitari competenti per territorio, nelle regioni comprese nell'allegato alla decisione europea. (5-04327)

Interrogazione a risposta scritta:


   MURA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il consiglio regionale della Sardegna ha approvato una risoluzione sul riconoscimento del profilo professionale di odontotecnico;
   il documento invita il presidente e la giunta regionale ad attivarsi tempestivamente, nei confronti del Governo, del Parlamento e nella Conferenza Stato-regioni, perché sia ripreso l'esame degli accordi sul riconoscimento di questa professione;
   la figura dell'odontotecnico è ancora disciplinata da un regio decreto del 1928, nonostante le disposizioni previste nella legge n. 43 del 2006 che prevedono uno schema di accordo per l'individuazione del nuovo profilo dell'odontotecnico nell'ambito delle professioni sanitarie;
   l'accordo, che ha ottenuto il parere favorevole dal consiglio superiore di sanità, attende ancora l'approvazione finale da parte della Conferenza Stato-regioni;
   queste lacune normative hanno portato all'affermazione sul mercato di numerosi competitori non sempre in possesso di idonei requisiti professionali e delle competenze previste dalla legge per la fabbricazione delle protesi dentarie;
   questa situazione ha portato, tra le altre, alla chiusura di molti laboratori e la perdita di posti di lavoro –:
   se non ritenga necessario assumere iniziative per addivenire presto al riconoscimento dell'odontotecnico nell'ambito delle professioni sanitarie;
   quali iniziative di competenza intenda adottare per far approvare in via definitiva da parte della Conferenza Stato-regioni l'accordo per l'individuazione del nuovo profilo dell'odontotecnico nell'ambito delle professioni sanitarie, che ha ottenuto il parere favorevole dal Consiglio superiore di sanità;
   quali iniziative intenda adottare per impedire che la fabbricazione delle protesi dentarie sia effettuata da soggetti privi di idonei requisiti professionali e delle competenze previste dalla legge. (4-07326)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   SCAGLIUSI, MANLIO DI STEFANO, FRUSONE, DI BATTISTA, GRANDE, SIBILIA, SPADONI e DEL GROSSO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende da un articolo di Repubblica online del 14 dicembre 2014, il più importante porto-terminale di carico del petrolio in Libia, quello di Es Sider, al confine fra Tripolitania e Cirenaica, è chiuso dal 13 dicembre 2014;
   in quelle aree infuria la battaglia fra i miliziani della petroleum protection guard del capo-milizia Ibrahim Jadran e quelli della coalizione Misurata-Islamisti che da agosto controlla Tripoli e che da settimane è sottoposta agli attacchi aerei del Governo che si è rifugiato a Tobruk;
   il governo del premier libico Al Thinni, sostenuto dall'Egitto, da settimane ha lanciato un'offensiva contro il governo di Tripoli del premier Omar Al Hassi, sostenuto dalla città di Misurata e dalle milizie islamiste;
   dal 13 dicembre 2014 alcuni attacchi aerei messi a segno dall'aviazione del generale Haftar hanno rallentato l'avanzata delle forze di Misurata che stavano marciando verso Es Sider e, conseguentemente, i capi della Al Waha Oil Company hanno preferito chiudere il terminal e fare allontanare le petroliere che erano pronte a caricare il greggio;
   i capi militari e tribali di Zwara, comunità che sorge ad Ovest, lungo il percorso del gasdotto che alimenta l'Italia, stanno valutando l'opportunità di bloccare o meno il gasdotto per ritorsione contro gli attacchi aerei del governo di Tobruk;
   il gas che arriva dal Sud della Libia, estratto al confine con l'Algeria, viene compresso e «lavorato» nella stazione di Mellita e di lì viene introdotto nel gasdotto che attraversa il canale di Sicilia. Di conseguenza, se Mellita venisse bloccata dalle tribù di Zwara automaticamente il flusso di gas verso l'Europa verrebbe interrotto, eventualità che danneggerebbe innanzitutto l'Italia;
   in questo quadro di guerra civile generalizzata e confusa, l'inviato dell'Onu, Bernardino Leon, sta lavorando per provare a tenere un incontro politico fra tutte le fazioni e le milizie convocato per il 17 dicembre 2014;
   l'importanza relativa del consumo di gas naturale in Italia rispetto alle altre fonti di energia, anche per colpa della miopia del Governo italiano evidenziata dall'assoluta assenza di una pianificazione energetica che viri verso le energie rinnovabili, è ancora più rilevante perché ammonta al 34 per cento del totale, ovvero a circa 70 miliardi di metri cubi;
   il Nord Africa teoricamente rappresenta un'alternativa anche per gli approvvigionamenti dell'Italia, ma è difficile comprendere fino a che punto paesi come Libia e Algeria possono essere considerati paesi stabili e affidabili con cui impostare una collaborazione di lungo periodo;
   qualora gli equilibri tra Europa, Russia e Ucraina degenerassero, Gazprom potrebbe decidere di ridurre, se non addirittura bloccare, le esportazioni di risorse energetiche verso il Vecchio Continente –:
   quali siano le intenzioni del Governo circa il rischio che la stazione di Mellita venga bloccata con la conseguente interruzione del flusso di gas verso l'Europa e degli approvvigionamenti di gas da parte dell'Italia e quali eventuali azioni intenda intraprendere in merito;
   quali misure alternative intenda adottare per assicurare l'approvvigionamento di gas necessario a soddisfare il fabbisogno dei cittadini italiani, qualora dovesse riscontrarsi un'interruzione.
(5-04326)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interpellanza urgente Oliverio n. 2-00776 del 4 dicembre 2014.
   interpellanza urgente Bratti n. 2-00789 del 16 dicembre 2014.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2 del Regolamento).

  I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Segoni e altri n. 4-01130 del 3 luglio 2013 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04318;
   interrogazione a risposta scritta Segoni e altri n. 4-06675 del 30 ottobre 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04319;
   interrogazione a risposta scritta Segoni e altri n. 4-06735 del 4 novembre 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04320;
   interrogazione a risposta scritta Segoni e altri n. 4-06843 del 12 novembre 2014 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-04321.