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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 30 settembre 2015

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    la IARC (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) classifica le radiofrequenze come «possibilmente cancerogene» (categoria 2B) sulla base dello studio Interphone (2000-2004) sovvenzionato per il 30 per cento dalla telefonia. Lo studio è stato condotto solo su adulti (30-59 anni) e considera come «fortemente esposti» coloro che utilizzano il cellulare per mezz'ora al giorno. Prende in considerazione solo gli effetti termici e non quelli biologici che si verificano per esposizioni di gran lunga inferiori. I risultati sono stati pubblicati dopo 6 anni (2011) anche per le controversie legate ai conflitti d'interessi non dichiarati di 16 dei 34 membri della commissione. Uno studio successivo di Interphone pubblicato sul British Medical Journal sottolinea un aumentato rischio di glioma per esposizione alle radiofrequenze (cellulare), (2012);
    la legge francese n. 136 del 9 febbraio 2015 vieta l'uso del wifi negli asili nido e nelle scuole materne e ne limita fortemente l'accensione nelle scuole primarie. Prevede il consenso informato preventivo dei cittadini per l'installazione di antenne, il divieto di pubblicità dei cellulari ai minori, la segnalazione dei luoghi dove è in funzione il wifi e indicazioni chiare sui dispositivi per disattivare la funzione wireless;
    secondo il Parlamento europeo: la tecnologia wireless emette CEM (Campi elettromagnetici) che possono avere effetti nocivi sulla salute umana. È necessario che la Commissione europea riveda i limiti di esposizione alle RF stabiliti nel 1999 (Racc. 1999/519/EC). È opportuno redigere linee guida per l'uso di tecnologie alternative al fine di ridurre l'esposizione ai CEM, (2009);
    l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa afferma: «Gli Stati europei sono sollecitati ad intervenire urgentemente per diminuire l'esposizione umana all'inquinamento elettromagnetico, con riferimento particolarmente ai bambini e ai ragazzi. Per tale ragione va evitato l'uso di reti wireless nelle scuole come pure l'uso di telefoni cellulari da parte di bambini e ragazzi. Frequenze come quelle utilizzate dalla telecomunicazione o dalla telefonia mobile sembrano avere effetti potenzialmente nocivi, non termici ma biologici su piante, insetti animali e sul corpo umano anche quando esposti a livelli che sono al di sotto dei valori di limite ufficiali». Raccomanda che sia applicato il principio ALARA «tanto basso quanto ragionevolmente possibile» sia per gli effetti termici che per gli effetti a-termici o biologici delle emissioni o radiazioni elettromagnetiche. Raccomanda di «applicare il Principio di Precauzione quando la valutazione scientifica non permette di valutare con sufficiente certezza il rischio, specialmente dato il contesto di aumento dell'esposizione della popolazione, incluso gruppi particolarmente vulnerabili come bambini e giovani», (maggio 2011);
    in Italia nel maggio 2011 è partito espressamente il progetto «scuole in WIFI» con l'obiettivo – tramite dotazione di un «kit wifi» – di consentire ad un numero crescente di istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado di realizzare reti di connettività senza fili interne agli edifici;
    il successivo 27 maggio 2011 una risoluzione del Consiglio d'Europa (1815) invita i Paesi membri a limitare l'esposizione ai campi elettromagnetici in particolare per «i bambini e i giovani che sembrano essere i più suscettibili ai tumori alla testa»;
    con il decreto-legge n. 179 del 18 ottobre 2012 in particolare all'articolo 14, «interventi per la diffusione delle tecnologie», vengono fissati i valori e i limiti intesi a minimizzare il grado di esposizione, tenuto conto dell'utilità di reti di connessione per lo sviluppo tecnologico degli istituti scolastici ma nello stesso tempo della necessità di applicare il principio di precauzione;
    l'articolo 11 della legge 12 settembre 2013, n. 128, ha inoltre autorizzato la spesa per gli anni 2013 e 2014, rispettivamente di 5 milioni di euro e di 10 milioni di euro, per assicurare alle istituzioni scolastiche la realizzazione e la fruizione della connettività wireless, in modo da consentire agli studenti l'accesso ai materiali didattici ed ai contenuti digitali,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative per sostituire, per quanto possibile, in scuole, asili, case di cura e di riposo e in altre strutture pubbliche, gli impianti WLAN già esistenti con impianti a più bassa emissione di radiazioni, che richiedano l'attivazione manuale da parte dell'utente, e per utilizzarli solo quando sia certo che l'uso è limitato nel tempo e nello spazio e che l'attivazione avvenga, nei limiti del possibile, manualmente da parte dell'utente;
   a costituire un gruppo di lavoro che studi le nuove tecnologie e ne valuti il carico di radiazioni, in modo da chiarire quali tecnologie a basse emissioni possano essere usate per la telefonia mobile, l’internet mobile e la protezione civile;
   a verificare gli effetti degli strumenti telematici su alunne e alunni e a stabilire le giuste modalità di servirsene ai fini di un buon apprendimento, in modo da definire, sulla base dei relativi risultati le misure necessarie ai fini della tutela della salute e di un apprendimento sano;
   a promuovere una campagna d'informazione e sensibilizzazione sui possibili rischi per la salute soprattutto di nascituri, bambini e giovani, e su un uso selettivo e consapevole di telefoni cellulari, smartphone e WLAN, tenendo conto che un ruolo importante è svolto dai mezzi di trasporto pubblico, dove l'uso contemporaneo di molti telefoni cellulari può portare a un drastico aumento delle radiazioni e dunque a rischi per la salute.
(1-01006) «Kronbichler, Scotto».

Risoluzioni in Commissione:


   La IX Commissione,
   premesso che:
    secondo il codice della navigazione l'assistenza a natanti in mare è obbligatoria oltre che in caso di pericolo, anche in termini generali, sussistendo un generico pericolo per le persone anche in caso di semplice avaria;
    nel caso di avaria una comunicazione con le autorità marittime è sempre opportuna, ma la guardia costiera, le capitanerie e le altre autorità marittime, non hanno tra i loro compiti quello di recuperare le unità in avaria, ma solo le persone che si trovano a bordo, salvo nel caso in cui, a causa in particolare delle pessime condizioni atmosferiche o del natante, l'armatore si rifiuti di abbandonare l'imbarcazione;
    si è creata pertanto una «zona grigia» nella quale operatori privati si avvalgono delle norme del codice della navigazione, che al tempo stesso impongono un obbligo di navigazione, assistenza, ma anche un diritto (articolo 491 del codice della navigazione) secondo il quale a chi presta soccorso spetta un'indennità proporzionata al valore dei beni recuperati, e quindi essenzialmente al valore commerciale dell'unità e degli oggetti che si trovano a bordo. Altre indicazioni aggiungono che tale compenso «sarà stabilito in ragione del successo ottenuto, dei rischi corsi dall'unità soccorritrice, degli sforzi compiuti e del tempo impiegato»;
    si tratta di un vuoto normativo segnalato ormai da molti anni, i cui effetti sono sempre più rilevanti a causa della rilevante crescita del diporto nautico e che genera abusivismo, insicurezza e molti contenziosi. Sussistono formule assicurative che consentono di limitare il costo di un eventuale salvataggio in mare, ma sono relativamente poco diffuse;
    i vertici delle capitanerie di porto, gli addetti al settore, le associazioni di nautica e le riviste specializzate chiedono e attendono la definizione di questa problematica da molto tempo;
    la Camera ha approvato il 23 settembre 2015 in via definitiva la delega al Governo per la riforma del codice della nautica da diporto, nel testo pervenuto al Senato tenuto conto dei motivi di urgenza,

impegna il Governo

ad assumere iniziative normative, nel quadro della salvaguardia della vita umana in mare e della mediazione nel settore del diporto nautico, per introdurre disposizioni che regolamentino gli interventi di messa in sicurezza e rimorchio in mare effettuati dai privati, anche mediante opportuna integrazione delle vigenti norme del codice della navigazione, o che, eventualmente, stabiliscano che le autorità competenti possano, in determinate condizioni, trainare le imbarcazioni in difficoltà sulla base di un preciso tariffario.
(7-00790) «Garofalo, Causin».


   La X Commissione,
   premesso che:
    la professione degli agenti di commercio è estremamente diffusa e rappresenta la cerniera di collegamento fra le aziende ed i clienti. Di conseguenza, è evidente l'importanza e il ruolo che gli agenti di commercio rivestono nel mondo delle aziende e nel commercio;
    gli agenti di commercio movimentano una percentuale consistente del prodotto interno lordo; in Italia il 35 per cento delle richieste di lavoro riguarda agenti e rappresentanti di commercio che, assieme ad esperti contabili e tecnici informatici, rimangono ai vertici delle professioni più richieste. Il loro numero rimane stabile, sono circa 240 mila, nonostante la crisi abbia colpito anche questa categoria. Alle cessazioni di attività ha fatto fronte l'entrata di giovani in cerca di prima occupazione e di soggetti in età matura (dai 45 ai 50 anni) espulsi dal mondo del lavoro, rispettivamente +4,6 per cento e +7,2 per cento, da settembre 2009 a settembre 2013 (dati del Centro Studi di «Network Agenti»); oltre a ciò si aggiunge il fenomeno diffuso di aziende che trasformano parte della propria forza vendita da occupata in autonoma, per risparmiare sui costi del lavoro;
    la professione dell'agente di commercio è notevolmente cambiata; la riduzione del business pesa doppiamente sugli agenti, che si trovano con provvigioni più magre e riduzioni significative del volume d'affari: al calo delle vendite si sommano costi sempre più elevati e maggiori oneri di gestione;
    il lavoro dell'agente non si esaurisce più con visite, ordini e contratti, ma dopo una giornata di porta in porta inizia il lavoro di ufficio, a casa o in agenzia, davanti al computer. Gli scenari oggi mutano rapidamente e l'affidabilità nei pagamenti è un bene raro e prezioso. La crescita delle insolvenze porta inoltre a sbrogliare inghippi e ritardi nei pagamenti fino al recupero crediti;
    la vendita ormai è diventata un'operazione finanziaria. Bisogna considerare l'andamento del mercato, l'affidabilità dei clienti e la reale capacità finanziaria. Le situazioni d'impresa oggi possono cambiare da un momento all'altro, tra acquisizioni e cambi di assetti societari. La chiusura di imprese storiche, che per la loro tradizione infondevano una sicurezza in più, mostra in modo preoccupante ed emblematico come si stiano perdendo pezzi di storia e punti di riferimento;
    la Federazione, Fnaarc, ha avanzato alle case madri la richiesta di maggior informazione, chiarezza e trasparenza nella formulazione dei contratti. La crisi sta portando le aziende a stipulare contratti sempre più personalizzati che non fanno che complicare la vita degli agenti, chiamati a destreggiarsi tra clausole e cavilli, a partire dal patto di non concorrenza, che rendono ancora più difficile affrontare questo momento di crisi, senza contare l'avversità del regime fiscale che penalizza questa figura professionale sia sul sistema di contribuzione che sulle forme di tassazione. Spesso gli agenti firmano veri e propri contratti-capestro. Infatti, la Federazione suddetta si sta battendo per semplificare le forme contrattuali che le aziende impongono, dalle provvigioni – con margini sempre più risicati – a clausole studiate a tavolino a tutto sfavore di chi ogni giorno propone servizi e prodotti in un contesto economico di grande difficoltà;
    il patto di non concorrenza rende all'agente impossibile continuare ad operare per conto di altri nello stesso settore merceologico. La clausola può essere accettata, ma non è applicabile se non prevede l'indennità a copertura del patto di non concorrenza. In assenza di una contropartita, la clausola è quindi da considerare, ad avviso dei firmatari del presente atto, del tutto illegittima. Cresce il numero di aziende che riconoscono il pagamento delle incombenze di segreteria ma senza il giusto inquadramento contributivo;
    la globalizzazione e i cali di mercato hanno portato le aziende ad estendere le gamme dei prodotti a catalogo. Ora è sempre più facile che un agente si trovi a gestire prodotti in concorrenza tra loro, se non addirittura a promuovere il medesimo prodotto per diverse aziende,

impegna il Governo:

   ad assumere ogni iniziativa, anche normativa, affinché gli agenti di commercio possano essere soggetti a patto di non concorrenza qualora venga richiesto e sottoscritto dalle parti e sia loro riconosciuta una indennità minima;
   a favorire la costituzione di tavolo di confronto tra i soggetti e i Ministeri interessati, al fine di individuare misure utili per il sostegno dell'attività dell'agente di commercio, risolvendo le criticità segnalate in premessa.
(7-00789) «Della Valle, Da Villa, Cancelleri, Vallascas, Fantinati, Crippa».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS e PETRAROLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Fondazione Ugo Bordoni (Fub) è ente morale, senza fine di lucro, riconosciuto dalla legge 16 gennaio 2003, n. 3, modificata dall'articolo 31 della legge del 18 giugno 2009, n. 69, come «istituzione di alta cultura e ricerca, avente lo scopo di effettuare e sostenere ricerche e studi scientifici e applicativi nelle materie delle comunicazioni elettroniche, dell'informatica, dell'elettronica, dei servizi pubblici a rete, della radiotelevisione e dei servizi multimediali in genere, al fine di promuovere il progresso scientifico e l'innovazione tecnologica»;
   fino all'anno 2000, quando, secondo fonti di stampa, sarebbe entrata in un declino, ha formato ricercatori e accademici di valore internazionale nelle telecomunicazioni. Ha prodotto risultati scientifici pregevoli, dagli studi sui fenomeni della propagazione necessari alle comunicazioni via satellite, a quelli sulle fibre e sui dispositivi ottici, agli studi sulle tecniche di elaborazione dei segnali vocali, solo per citarne alcuni. Era, sia pure in un settore di nicchia, un fiore all'occhiello del Paese che formava tanti giovani laureati e studiosi;
   secondo lo statuto la Fondazione Bordoni elabora e propone, in autonomia scientifica, strategie di sviluppo del settore delle comunicazioni da potere sostenere nelle sedi nazionali e internazionali competenti e coadiuva operativamente il Ministero dello sviluppo economico e le altre amministrazioni pubbliche sia nazionali che locali nella soluzione organica e interdisciplinare delle problematiche di carattere tecnico, economico, gestionale, normativo e regolatorio;
   nell'esercizio delle proprie attività la Fondazione è sottoposta alla vigilanza del Ministero dello sviluppo economico ed è tenuta, a mente dell'articolo 4 dello Statuto, al rispetto del «principio dell'equilibrio economico tra i costi di gestione e le risorse disponibili»;
   la Fondazione può assumere anche altri specifici incarichi di studio, ricerca e di formazione del personale purché compatibili con le finalità statutarie, purché non comportanti conflitti di interesse con le finalità di interesse generale perseguite dalla Fondazione e nel rispetto della finalità prevalente e dedicata di ricerca e assistenza al Ministero dello sviluppo economico e alle altre autorità amministrative ed alle autorità amministrative indipendenti;
   da fonti di stampa, tuttavia, emergono talune problematiche connesse allo sforamento dei tetti stipendiali dei vertici istituzionali della stessa Fondazione: il presidente e il vicedirettore generale della Fondazione riceverebbero 400.000 euro l'anno a testa. Infatti, il numero uno della Fub, insieme al vice direttore generale, si spartirebbe con quote in percentuali diverse il compenso della figura di «direttore generale», ruolo previsto dallo statuto, ma di nomina a discrezione del presidente. Ovviamente, esiste il ruolo, esiste la relativa spesa, ma non la figura. Il risultato è che, sommando i due compensi, il presidente percepisce circa 400.000 euro e il vicedirettore generale, fra annessi e connessi, altrettanto;
   oltre a questi profili, la stampa riferisce altresì che nella storia della Fondazione si sarebbe passati da centro di ricerca nel settore delle telecomunicazioni, apprezzato in Italia e all'estero, a centro di affari del «sottobosco politico». Sempre secondo la stampa, la Fondazione verrebbe utilizzata come partita di scambio tra favori al Ministero, come l'assunzione di 21 persone dell'ufficio brevetti fino alla gestione di gare per l'assegnazione delle frequenze, con conflitto di interessi sia dell'ente, ancora legato agli operatori, sia di dirigenti e dipendenti della Fondazione, che svolgono attività private nel settore pianificazione delle stesse radiofrequenze (a tale fine verrebbero utilizzate società come Wireless Future srl ed altre collegate, operanti a Bologna presso la sede di Pontecchio Marconi, in stretta collaborazione con il sistema di società che ruota intorno a Lepida e Fondazione Marconi);
   la problematica del conflitto di interessi emergerebbe, secondo fonti di stampa, anche con riferimento all'attività di gestione del registro pubblico delle opposizioni, che accoglie tutti gli abbonati telefonici che non desiderano essere contattati telefonicamente per fini commerciali o promozionali La presenza fra i fondatori – rappresentati in un apposito «Comitato» – di primari operatori di telecomunicazioni (Fastweb, Poste Italiane, Telecom Italia, Telespazio, Tre Italia, Vodafone e Wind) potrebbe configurare un vero e proprio conflitto di interesse, potenzialmente a danno del consumatore;
   inoltre, la stessa gestione del registro pubblico delle opposizioni avrebbe ricevuto polemiche sul funzionamento che, secondo fonti di stampa, sarebbe incorso in talune falle nel sistema come lamentato dalle associazioni dei consumatori;
   infatti, come si apprende dal corrierecomunicazione.it, «Continuano, inoltre, a imperversare le polemiche sul funzionamento del Registro delle opposizioni istituito per consentire ai consumatori di dire no al telemarketing e gestito dalla Fub. Le associazioni dei consumatori, a partire dall'Adinconsum, hanno più volte denunciato “falle” nel sistema, che non garantirebbe a fondo il consumatore dal non essere disturbato da telefonate non gradita. La Bordoni da parte sua continua a replicare gridando alla “campagna denigratoria”, ma di fatto le problematiche con la gestione efficace del Registro esistono»;
   i compiti attribuiti alla Fondazione Bordoni ed il suo carattere di «organismo di diritto pubblico» impongono particolare attenzione nella composizione dei suoi vertici, di cui due scelti dal Ministero dello sviluppo economico, su indicazione di Agcom, ed uno indicato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, sollecitando una procedura di selezione pubblica preceduta da un bando che stabilisca in tutta trasparenza i criteri di nomina e le competenze richieste ai candidati, in modo da favorire un programma di rilancio e valorizzazione delle competenze tecniche del personale di ricerca, senza incorrere in situazione di conflitto di interessi. Ad oggi, a seguito di periodi in cui il consiglio di amministrazione ha proseguito la propria attività in regime di prorogatio, risulta riconfermato il vertice già operante nel Consiglio di amministrazione –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti espressi in premessa e possa riferire compiutamente sull'attività di vigilanza cui è tenuto nei termini di legge indicati, specificamente con riguardo all'attività svolta dalla Fondazione Bordoni nel rispetto del principio dell'equilibrio economico tra costi di gestione e le risorse disponibili, chiarendo la questione dei tetti stipendiali e assicurando la trasparenza dei bilanci della stessa Fondazione;
   quali iniziative il Governo intenda assumere con riferimento alle problematiche connesse alle ipotesi di conflitto di interesse nell'ambito della gestione del registro delle opposizioni, chiarendo eventuali, criticità connesse al suo funzionamento;
   se il Governo possa fornire informazioni in ordine alle modalità con cui si sia proceduto alle nomine del consiglio di amministrazione. (5-06538)


   TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI, CHIMIENTI, LOMBARDI, DALL'OSSO, LOREFICE, ALBERTI, GRILLO e CANCELLERI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 settembre 2015, sul quotidiano «Avvenire», veniva pubblicata la notizia riguardante il lavoro minorile in Italia;
   allo stato attuale, le stime indicano che 280 mila minori sotto i 16 anni, invece che proseguire i regolari studi, lavorano. Di questi, 260 mila risultano essere italiani e circa il 24 per cento del totale, risiede nel nord Italia;
   tra le più comuni attività da loro svolte, vi è la ristorazione (18,7 per cento del totale), il commercio (14,7 per cento), l'agricoltura (13,6 per cento) è l'edilizia (1,5 per cento). La maggior parte di detti minori, non riceve alcun compenso, dato che il 33 per cento del totale svolge lavori nel domicilio di appartenenza e comunque nell'attività di famiglia per il 40 per cento;
   secondo i dati I.N.A.I.L. del 2013, escludendo gli infortuni di ragazzi costretti a lavorare non in regola, circa 6.200 minori sono rimasti vittime di incidenti sul lavoro;
   l'osservatorio nazionale sulla salute dell'infanzia e dell'adolescenza (Paidoss), ha intervistato mille tra madri e padri riguardo la loro percezione del lavoro minorile. Il 54 per cento dei genitori ritiene che la crisi giustifichi la precoce interruzione degli studi, mentre un altro 46 per cento pensa che nel lavoro minorile non vi sia nulla di male. Solo il 34 per cento degli intervistati si opporrebbe alla precoce uscita da scuola dei propri figli;
   Giuseppe Mele, presidente di Paidoss, nell'articolo in questione fa notare che è sbagliato pensare che entrare nel mondo del lavoro così giovani sia un vantaggio per i giovani stessi in prospettiva futura, ma che, anzi, un bambino costretto a lavorare precocemente incontrerà il doppio delle difficoltà nel trovare un dignitoso impiego da adulto;
   il presidente Anmil, Franco Bettoni, ricorda che il rischio di incidenti sul lavoro, per i ragazzi, è considerevole, con conseguenze che possono compromettere il resto della vita;
   il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, sottolinea l'importante ruolo dei pediatri che possono ricoprire una funzione significativa, occupandosi della salute in senso ampio;
   numerose risultano essere le norme della Costituzione italiana, dell'ordinamento italiano e quelle internazionali riconosciute nel nostro Paese, volte alla tutela dei minori in ambito lavorativo. Tra le tante, nella Costituzione italiana vanno menzionati: l'articolo 3, secondo comma, che attribuisce allo Stato il compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e, quindi, anche del minore; l'articolo 10 che impone di conformare l'ordinamento alle norme internazionalmente riconosciute, comprese, quindi, quelle a tutela dei diritti dei minori come, ad esempio, la Convenzione sui diritti dell'infanzia del 1989 (necessario, a tal proposito, ricordare che le più importanti innovazioni in materia di tutela dell'infanzia e dell'adolescenza, si sono avute proprio attraverso l'adozione di convenzioni internazionali); l'articolo 30 che stabilisce che il compito di mantenere, istruire ed educare i figli incombe prioritariamente sui genitori e sullo Stato in caso di incapacità dei primi; l'articolo 31 che attribuisce allo Stato il compito specifico di tutelare l'infanzia e la gioventù favorendo la nascita delle istituzioni necessarie a questo fine; l'articolo 37 che stabilisce, in particolare, che le condizioni di lavoro devono assicurare ai minori una adeguata protezione e che ciò deve essere garantito per mezzo di norme di legge;
   a giudizio degli interroganti, la cifra provata di 280 mila lavoratori sotto i 16 anni dimostra, a tutti gli effetti, una palese incapacità del Governo nel fronteggiare il problema del lavoro minorile e rappresenta, altresì, il frutto di una inefficace politica rivolta alla tutela dei minori stessi e del loro diritto ad una vita migliore –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto sopraindicato e quali iniziative, anche di tipo normativo, intenda attuare al fine di contrastare in maniera concreta l'annoso problema del lavoro minorile nel nostro Paese. (5-06539)

Interrogazioni a risposta scritta:


   D'AGOSTINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   il Formez PA – centro servizi, assistenza, studi e formazione per l'ammodernamento delle pubbliche amministrazioni – (già Formez – Centro di formazione e studi per il Mezzogiorno), è un'associazione riconosciuta con personalità giuridica di diritto privato, sottoposta al controllo, alla vigilanza, ai poteri ispettivi della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica;
   l'obiettivo dell'Associazione è quello di sostenere lo sviluppo delle amministrazioni pubbliche del Mezzogiorno, con particolare attenzione alle amministrazioni regionali e locali;
   di tale associazione fanno parte le amministrazioni dello Stato, le regioni, le province, i comuni, le unioni di comuni e le comunità montane;
   attualmente partecipano al Formez: la regione Abruzzo, la regione Basilicata, la regione Calabria, la regione Campania, la regione Lombardia, la regione Molise, la regione Puglia, la regione autonoma della Sardegna, la regione siciliana, il comune di Bari, il comune di Marano, il comune di Pescara, il comune di Ragusa, il comune di Roma, la provincia di Pescara;
   il Formez PA in cinquanta anni di vita è stato un importante strumento di sostegno tecnico alle politiche di sviluppo della pubblica amministrazione centrale, regionale e locale;
   in ragione delle competenze indicate nel decreto legislativo n. 6 del 2010, l'assemblea dei soci ha individuato una nuova missione specifica per il Formez PA, che ha assunto una funzione di supporto delle riforme e di diffusione dell'innovazione amministrativa dei soggetti associati;
   attualmente il Formez PA continua a svolgere tale funzione che, a giudizio dell'interrogante, ha assunto maggiore rilievo data la particolare fase di transizione che il Paese sta attraversando;
   a giudizio dell'interrogante, la costante attenzione alle problematiche ha consentito all'Istituto di svolgere, sino ai nostri giorni, un ruolo di significativo riferimento attraverso le leve della ricerca e dell'editoria specialistica, della formazione e della riqualificazione del personale, dell'assistenza tecnica alla progettazione, sperimentazione e implementazione di modelli organizzativi/gestionali innovativi e del reclutamento delle risorse umane;
   la mission del Formez e la sua struttura organizzativa nel tempo si sono evolute e adattate ai mutamenti istituzionali: oggi Formez PA svolge un ruolo di supporto alle politiche di riforma ed innovazione amministrativa della Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento della funzione pubblica;
   ciò è stato ulteriormente confermato anche nell'attuale contesto di riforma della pubblica amministrazione territoriale in itinere dalla circolare n. 1/2015 del 29 gennaio 2015, a firma congiunta del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie: Formez PA viene espressamente individuato quale struttura tecnica titolata a supportare il processo di riassetto organizzativo, economico finanziario e patrimoniale delle province e degli altri enti di area vasta in atto;
   in applicazione dell'articolo 20 del decreto-legge n. 90 del 2014, dal mese di luglio del 2014 l'Istituto è stato commissariato;
   entro il mese di ottobre 2014 si sarebbe dovuto predisporre un piano di rilancio dell'istituto coerente con le politiche di sviluppo delle amministrazioni dello Stato e degli enti territoriali;
   il 14 novembre 2014 l'assemblea dei soci, ed in particolare le regioni (tra cui la regione Campania), si è espressa contro la chiusura dell'Istituto e a favore del riordino in applicazione dei princìpi di semplificazione, efficienza, contenimento della spesa e riduzione degli organi;
   nella stessa assemblea il commissario ha presentato un piano che prevedeva la soppressione delle «sedi periferiche» in particolare di Pozzuoli, già sede di Napoli;
   a giudizio dell'interrogante, tale ipotesi è in evidente controtendenza con quanto emerge dai rapporti Censis e Svimez sui fenomeni politici economici e sociali che attengono alla terza area metropolitana e seconda regione d'Italia, con interessi crescenti nel panorama delle regioni «obiettivo convergenza» e dell'intero bacino del Mediterraneo (di cui si candida ad esserne la «capitale morale»);
   la ipotesi della chiusura è in netta contraddizione con l'intento espresso dall'Esecutivo di porre in essere un programma di interventi che sollecitino l'economia meridionale e riparino all'alto tasso di disoccupazione, specie giovanile che si registra al Sud;
   la sede campana di Formez PA ha consolidato nel tempo una capacità di intervento basata soprattutto sulle risorse tecniche interne;
   ciò ha consentito un riconosciuto, efficace e costante affiancamento alle amministrazioni destinatarie, nonché la gestione diretta di molte tra le più rilevanti attività di questi anni;
   in particolare, con la regione Campania negli ultimi anni il supporto di Formez PA è stato rivolto al rafforzamento della capacità istituzionale attraverso interventi relativi a: programmazione dei fondi europei (supporto alla predisposizione di documenti programmatici tra cui il PRA – piano di rafforzamento amministrativo per l'attuazione dei programmi operativi FSE e FESR; l'accompagnamento all'implementazione di politiche pubbliche come la strategia per le aree interne, e altro); organizzazione (personale, performance, autovalutazione, anche attraverso l'attuazione dell'innovativo «programma integrato di interventi per favorire lo sviluppo della capacità istituzionale delle amministrazioni della regione Campania» previsto dall'accordo tra regione Campania e dipartimento della funzione pubblica del 5 giugno 2013); politiche settoriali (accompagnamento all'attuazione delle politiche di sviluppo rurale, delle politiche per la pesca e gli affari marini, delle politiche di tutela ambiente, e altro);
   in definitiva, a giudizio dell'interrogante, privare il territorio metropolitano di Napoli e dell'intera Campania di un'istituzione tecnica come Formez PA significherebbe dichiarare, una volta di più – dal punto di vista culturale e produttivo – l'abbandono di una leva strategica per il rilancio dell'intero Mezzogiorno d'Italia, motore potenziale di un'incisiva politica economica di sviluppo dell'intero Paese –:
   quali iniziative il Governo intenda adottare per evitare che si giunga alla chiusura della sede campana del Formez PA e, conseguentemente, alla penalizzazione delle pubbliche amministrazioni che si avvalgono del suo supporto, data la delicata fase di transizione come quella che l'Italia sta attraversando che vede le istituzioni e il Governo impegnati a rilanciare l'economia del Mezzogiorno. (4-10545)


   CRISTIAN IANNUZZI e MASSIMILIANO BERNINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 25 ottobre del 2007, dopo un violento temporale, una valanga di fango aveva invaso Messina e i centri della Sicilia nord-orientale, zona a elevato rischio idrogeologico; i danni materiali furono elevati ma non vi furono vittime. La circolazione ferroviaria sulla linea Messina-Catania rimase interrotta fino al 10 novembre con gravissimi disordini della circolazione dei treni costretti ad un lunghissimo percorso via Termini Imerese. In quell'occasione furono molti gli abitanti a denunciare il pericolo di nuovi crolli e smottamenti, allarme ripreso anche dalla trasmissione televisiva Striscia la Notizia;
   l'11 dicembre 2008, ancora un nuovo allarme maltempo interessò la zona;
   il 1o ottobre 2009, su Messina si è abbattuto un violento nubifragio che ha provocato lo straripamento dei corsi d'acqua e diversi eventi franosi, a cui è seguito lo scivolamento a valle di colate di fango e detriti. Già tre ore dopo l'inizio del nubifragio si segnalavano danni alle strade e alla ferrovia, fino a quando, vicino alla mezzanotte, avveniva il crollo di alcune palazzine tra Scaletta Zanclea e Giampilieri Superiore. In seguito all'evento franoso, che ha investito anche la strada statale 114 orientale sicula, l'autostrada A18 e la ferrovia Messina-Catania, numerosi paesi e frazioni sono rimasti totalmente isolati mentre si interrompevano anche le comunicazioni d'ogni tipo, con Messina e il resto del Paese, di tutta l'area orientale e ionica della Sicilia. Per qualche giorno si sono potuti utilizzare solo i collegamenti marittimi, il che ha ostacolato pesantemente il raggiungimento delle località colpite. I centri più danneggiati sono stati Scaletta Marina, nel comune di Scaletta Zanclea e diverse località del comune di Messina (Giampilieri Superiore, Giampilieri Marina, Altolia, Molino, Santo Stefano di Briga, Briga Superiore e Pezzolo). Si è trattato di una vera e propria calamità naturale abbattutasi in una zona già colpita in precedenza da eventi franosi e alluvionali. La portata dei danni, fin da subito, si è rivelata seria e preoccupante: 31 le vittime accertate sepolte sotto il fango, incerto il numero dei dispersi, molte le persone rifugiate sopra i tetti e alcune delle frazioni raggiungibili soltanto a piedi o per via aerea, 1054 il numero degli sfollati. Il Consiglio dei ministri, successivamente, dichiarava lo stato di emergenza nelle zone colpite. Il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso nella sua relazione alla Camera dei deputati il 7 ottobre affermava tra l'altro: «... L'impegno è stato massiccio, con l'impiego di 2.386 uomini anche dell'esercito e delle Forze dell'ordine, 567 mezzi, 100 ore di volo con 150 “sortite” degli elicotteri... Al momento... tutte le frazioni sono state raggiunte dai soccorritori e tutte le strade sono state riaperte e riattivate. Sono in corso accertamenti sull'agibilità degli edifici...»;
   tra le concause del disastro del 2009 si annoverano l'abbandono del territorio in termini di coltivazione agricola e gestione forestale, specie dopo i ripetuti incendi degli ultimi decenni che hanno depauperato le difese naturali del territorio, l'intensificarsi degli eventi di piogge torrenziali, l'estrema lentezza burocratica nella definizione e messa a punto dei piani di protezione ambientale e di messa in sicurezza del territorio, l'errata o carente valutazione delle aree a rischio, la riduzione delle dotazioni finanziarie;
   il 9 settembre 2015, a Capo Alì, per l'ennesima frana, causata dal maltempo, la strada statale 114 all'altezza di contrada D'Avì, è stata invasa da pietre e terriccio, creando enormi disagi al territorio;
   a causa dell'estremo pericolo creato dalle continue frane che puntualmente vanno a crearsi nel tratto stradale che unisce il paese di Scaletta Zanclea, Itala ed Alì Terme, la viabilità è stata interrotta in entrambi i sensi di marcia – di fatto separando la riviera jonica e spezzando l'unica via di collegamento tra Messina e i centri a sud – al fine di scongiurare pericoli e danni a quei cittadini che quotidianamente percorrono tale tratto stradale per raggiungere il posto di lavoro;
   a causa dei ritardi di interventi risolutori e definitivi, per i cittadini si sono ripresentati gravi disagi e reali difficoltà, causati dalla caduta di massi e dalla successiva chiusura dell'arteria, in considerazione dell'assenza di percorsi alternativi alla statale, visto che l'unica possibilità per aggirare Capo Alì è rappresentata dagli svincoli di Tremestieri e Roccalumera dell'autostrada A18, tra cui anche l'interruzione del servizio dei pullman di linea;
   sembra che l'Anas abbia provveduto alla riapertura del tratto compreso tra i chilometri 22,400 e 23,000, in corrispondenza di Capo Alì, nella giornata di mercoledì 23 settembre, per consentire il ripristino della circolazione a senso unico alternato sulla corsia lato mare: una soluzione adottata per venire incontro alle esigenze del territorio – tagliato in due dopo la chiusura dell'unica via di collegamento della riviera jonica;
   da fonti di stampa si apprende che sono al lavoro i rocciatori specializzati, intervenuti all'altezza del chilometro 22,600 per la perlustrazione del costone e per procedere alle operazioni di disgaggio e disgregazione dei massi rimasti in bilico sulla collina di Capo Alì. Successivamente si passerà alla posa delle nuove reti metalliche di contenimento: gli interventi, secondo le dichiarazioni dell'Anas dovrebbero essere concluse nel giro di una settimana, così da consentire la riapertura totale al transito della statale 114 –:
   se il Governo intenda intervenire, nell'ambito delle proprie competenze, affinché la messa in sicurezza di questo tratto di strada assuma priorità nell'ambito del programma di interventi sulla viabilità in Sicilia;
   quali iniziative il Governo abbia intenzione di adottare al fine di ripristinare la sicurezza stradale e di accertare l'esistenza obiettiva di pericolo o di insidie della strada;
   se il Governo abbia intenzione di adottare iniziative per approntare misure definitive e strutturali di protezione ambientale e di messa in sicurezza del territorio che prevedano, tra l'altro, una corretta valutazione delle aree a rischio e un aumento delle dotazioni finanziarie.
   (4-10553)


   SCAGLIUSI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   la convenzione dell'Aja del 29 maggio 1993 ratificata in Italia con legge 31 dicembre 1998, n. 476, stabilisce che le adozioni internazionali vanno svolte nell'interesse superiore dei minori e che il diritto fondamentale dei minori ad una famiglia deve essere una considerazione preminente, riconoscendo che l'adozione internazionale può offrire l'opportunità di dare una famiglia permanente a quei minori per i quali non può essere trovata una famiglia idonea nel loro Stato di origine;
   nel periodo fra 2011 e 2013, in seguito alle indagini da parte dei servizi territoriali, la valutazione positiva da parte dei tribunali per i minorenni e il conseguente rilascio del decreto di idoneità all'adozione internazionale, diverse coppie italiane si sono rivolte all'ente autorizzato Enzo B Onlus, con sede legale a Torino, in modo da realizzare il progetto adottivo. Nel detto periodo, e in base ai dati ufficiali pubblicati sul sito dell'ente, Enzo B Onlus ha instradato 104 coppie nel Paese Etiopia, ovvero avrebbe avviato le pratiche e «depositato i dossier nel Paese» con l'obiettivo di attivare delle procedure di adozione in Etiopia;
   dopo un iniziale pagamento di 3.750 euro corrispondente alla «copertura dei costi generali dell'associazione», queste coppie hanno versato un secondo pagamento di 3.750 euro, fatturato dall'ente per lo «svolgimento dell'attività di formazione». Tali attività, svoltesi in sole due mezze giornate di incontri di gruppo sono considerate dall'interrogante e dalle coppie stesse del tutto insufficienti alla preparazione e all'assistenza alle coppie adottive, perché inadeguate alle prestazioni garantite dall'articolo 8, al comma 1, della delibera della CAI n. 13 del 28 ottobre 2008, obbligatorie per tutto l’iter adottivo. Successivamente, in seguito all'instradamento delle loro pratiche in Etiopia, le coppie hanno versato un ulteriore e terzo pagamento di 4.500 euro corrispondente al 50 per cento del costo dei servizi resi all'estero;
   il 18 ottobre 2013 alcune coppie nella lista d'attesa dell'ente Enzo B Onlus per adottare in Etiopia sono state convocate alla sede di Torino per un incontro di aggiornamento durante il quale è stato spiegato che le modifiche normative e le nuovi prassi operative intraprese dal Governo etiope hanno provocato il rallentamento delle procedure adottive, una situazione confermata ulteriormente dalla comunicazione della Commissione per le adozioni internazionali del 30 gennaio 2015;
   nonostante queste difficoltà operative già comunicate dall'ente alle coppie il 18 ottobre 2013, l'ente ha continuato ad instradare coppie in Etiopia fino a luglio 2014. Durante novembre 2014 alcune coppie in attesa di un abbinamento in Etiopia sono state convocate di nuovo alle sedi di Roma (21 novembre 2014) e di Torino (28 novembre 2014) per un incontro di aggiornamento sulla situazione in Etiopia. In occasione dei detti incontri, è stata ribadita la questione delle problematiche riguardanti il rallentamento delle procedure adottive dovute alle nuove disposizioni del Governo etiope ed alle quali l'ente Enzo B Onlus ha aggiunto che le loro difficoltà sono state ulteriormente aggravate da problemi operativi in altri Paesi, con il risultato di dover necessariamente trasferire quelle pratiche, presenti su quei Paesi, nella fila d'attesa per l'Etiopia, causando un ulteriore intasamento delle procedure;
   l'ente ha anche proposto alle coppie presenti ai sopra citati incontri di avviare le loro pratiche di adozione in altri Paesi per evitare tempi di attesa ormai difficilmente prevedibili in Etiopia. Tuttavia, l'avvio di una pratica nuova avrebbe previsto la perdita totale del denaro investito relativamente ai servizi resi in Etiopia, nonostante la referente dell'ente Enzo B Onlus abbia confermato che i documenti forniti dalle coppie per i dossier non sono mai stati depositati presso le autorità etiopi, non sono mai stati tradotti e che alcuni dossier non hanno mai lasciato l'Italia. Malgrado tutto ciò, l'ente Enzo B aveva incassato 4.500 euro corrispondenti ai servizi resi all'estero’ per ognuna delle 66 coppie instradate in Etiopia in quel momento;
   «avendo a disposizione delle risorse economiche, alcune coppie hanno scelto di avviare la loro pratica in un altro paese come suggerito dall'ente. In questa maniera, per concludere un'adozione in tempi ragionevoli, le famiglie vengono indotte a cambiare paese e a pagare l'intera nuova quota estero nonostante la Carta dei Servizi dichiara: “Nulla sarà dovuto ad ENZO B qualora sia l'Associazione che, per motivi operativi o di condizioni manifestatesi nel Paese originariamente identificato, proponga alla coppia di rivolgere il proprio dossier ad un altro paese”. Tutto ciò crea una situazione in cui le possibilità di abbinamento con un minore in stato di abbandono aumentano in base al potere economico delle coppie aspiranti, mentre ad altre, meno abbienti, viene ostacolata la volontà di rispettare il diritto fondamentale dei minori, ovvero di offrire loro l'opportunità di avere una famiglia permanente»;
   in seguito a questi incontri, con una lettera del 9 dicembre 2014, sedici coppie hanno contattato la Commissione per le adozioni internazionali (CAI) richiedendo un appuntamento collettivo in considerazione delle loro gravi preoccupazioni riguardanti le eventuali concrete possibilità di concludere un'adozione con l'ente Enzo B Onlus e, rispetto alla loro insoddisfazione per quanto riguardava il servizio offerto. Purtroppo non è mai arrivato nessun riscontro a questa lettera. Il risultato è che numerose coppie, avendo sborsato fino ad oggi in media circa 12.000 euro, si trovano ad affrontare la reale possibilità di non poter mai offrire una famiglia permanente ad un bambino a causa del modus operandi dell'ente Enzo B Onlus, che all'interrogante appare non rispettare la Convenzione dell'Aja nella quale si legge, fra l'altro, che «possono essere richiesti e pagati soltanto gli oneri e le spese in misura ragionevole» in relazione alle prestazioni per una adozione internazionale. Tale situazione appare altresì in netto contrasto con le linee guida della CAI che, indicando gli obblighi degli enti, raccomanda che «il numero di conferimenti incarico accettabili non deve superare la capacità di gestione» –:
   perché la Commissione per le adozioni internazionali abbia permesso all'ente Enzo B Onlus di accettare un numero di procedure superiori a quelle che riesce a gestire in modo adeguato, costringendo in tal modo le coppie a versare ulteriori somme di denaro per avere una concreta possibilità di realizzare il loro progetto adottivo e riducendo così le adozioni internazionali a quella che appare all'interrogante un'attività di contrattazione rivolta al maggior offerente;
   quali iniziative siano state attivate nei confronti dell'ente Enzo B Onlus dalla Commissione per le adozioni internazionali in modo da verificare la correttezza e l'efficienza della metodologia operativa dello stesso e di accertare che sia in grado di portare a conclusione le pratiche per le 236 coppie attualmente senza abbinamento, anche in considerazione del fatto che dal 3 agosto 2015 al 7 settembre 2015, in tutti i Paesi in cui è operativo, l'ente è riuscito a portare a termine soltanto tre adozioni in totale. (4-10560)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   FEDI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il visto di studio consente l'ingresso in Italia, ai fini di un soggiorno di breve durata (fino a 90 giorni) o di lunga durata ma a tempo determinato (fino a un massimo di 365 giorni), allo straniero che intenda seguire corsi di studio o svolgere ricerche od altre attività culturali a carattere temporaneo o continuativo;
   il visto di studio è legato ad adeguate e documentate garanzie che il richiedente deve fornire, quali:
    a) il corso di studio o l'attività culturale da seguire;
    b) i mezzi di sostentamento: borse di studio conferite dal Governo italiano o da enti italiani riconosciuti, da enti italiani di diritto pubblico, da organizzazioni internazionali o da altri enti internazionali riconosciuti, dal governo o da enti pubblici del Paese di origine, da istituti religiosi, da università e licei stranieri o da altri enti e associazioni italiani anche privati ma di sicura affidabilità, o accertate garanzie economiche personali o della propria famiglia (non dichiarazioni di garanzia rilasciate da terze persone);
    c) dichiarazione consolare attestante il diritto all'assistenza sanitaria in Italia, che derivi da accordi o convenzioni in vigore con il suo Paese di origine o, in alternativa, adeguata copertura assicurativa per spese sanitarie, cure mediche e ricoveri ospedalieri urgenti per tutta la loro durata, con polizza di ente o società italiani o con polizza straniera accompagnata da dichiarazione consolare sulla sua validità in Italia, che specifichino le forme di assistenza previste, che non dovranno comportare limitazioni od eccezioni alle tariffe stabilite;
   l'Italia ha un grande interesse ad assecondare l'internazionalizzazione delle sue istituzioni scolastiche e di ricerca e a stabilire rapporti formativi con persone per il percorso di studi seguito e le esperienze internazionali realizzate rappresentano la potenziale classe dirigente di Paesi verso i quali sussistono interessi strategici;
   presso il consolato di Tunisi, a quanto consta l'interrogante, sarebbero state presentate decine di richieste di visti di studio da parte di giovani che intendono optare per le strutture universitarie e di ricerca italiane come luoghi di studio, formazione e ricerca, non accolte dagli uffici competenti –:
   quali motivazioni sussistano per la mancata concessione, da parte del consolato di Tunisi, di 48 visti di studio per l'Italia e, in particolare, se siano intervenute modifiche, nel corso della valutazione delle pratiche di richiesta visto, relativamente ai requisiti, individuali e famigliari, e specificatamente quelli legati al reddito ritenuto sufficiente, che richiedano un nuovo esame delle domande di visto;
   se non si ritenga opportuno, alla luce di un più attento esame delle richieste pervenute, informare gli interessati su quali parti della documentazione presentata siano eventualmente necessari un completamento e/o un'integrazione;
   se non si ritenga necessario, infine, in linea con quanto si sta facendo in. Italia, esaminare la possibilità di semplificare le procedure amministrative richieste e rafforzare il personale addetto al rilascio dei visti in realtà, come la Tunisia, nelle quali i rapporti politici, culturali, sociali ed economici, rendono opportuno un maggiore investimento di risorse da parte del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale. (4-10541)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TERZONI, CECCONI, AGOSTINELLI, DAGA, MANNINO, MICILLO, BUSTO, ZOLEZZI, DE ROSA e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nei mesi di maggio e giugno del 2015 l'associazione Greenpeace mediante il lavoro di otto squadre di attivisti ha raggiunto aree montuose remote del pianeta dove ha raccolto campioni di neve e acqua;
   l'analisi di laboratorio di questi campioni ha evidenziato la presenza di PFC, composti polifluorati e perfluorati;
   queste sostanze sono composti organici di sintesi che non esistono in natura e sono scarsamente biodegradabili e quindi caratterizzati da una forte persistenza. Sono fortemente volatili e la dispersione nell'ambiente può avvenire sia durante le fasi di produzione, di stoccaggio e di trasporto sia quando il prodotto è finito. Anche la loro presenza nelle discariche possono provocare inquinamento delle falde acquifere e delle acque di superficie;
   il passo successivo è l'introduzione dei PFC nella catena alimentare e quindi nei tessuti degli esseri viventi compreso l'uomo. Sono infatti in grado di bioaccumularsi negli organismi viventi, e la loro concentrazione viene biomagnificata all'interno della catena alimentare. Oltre all'allarme destato dalle proprietà di persistenza dei PFC, questa loro capacità di bioaccumulo suscita preoccupazione in quanto, questi composti sono sospettati di esplicare tossicità su piante ed animali. PFOS e PFOA, infatti si sono dimostrati in grado di causare un'ampia gamma di effetti avversi, sia in studi di laboratorio, in vitro e in vivo, che in studi epidemiologici, e dunque il loro potenziale di bioaccumulo aumenterebbe la loro efficacia;
   alcuni di questi provocano nell'uomo disturbi sul sistema riproduttivo e su quello ormonale e favoriscono lo sviluppo di cellule tumorali;
   vengono molto usati nei processi industriali e uno degli impieghi più diffusi è quello per la produzione dei capi di abbigliamento e attrezzature outdoor ed in particolare, il PFOA è utilizzato per produrre politetrafluoroetilene (PTFE), o Teflon®, del quale sono note le proprietà antiaderenti e l'inerzia chimica, e il Gore-Tex®, materiale resistente, impermeabile traspirante e biocompatibile;
   dei diciassette composti chimici riscontrati in tutti i campioni di neve analizzati, ben quattro hanno mostrato le concentrazioni maggiori nei prelievi al lago di Pilato in provincia di Ascoli Piceno. Tra questi c’è il Pfos (perfluorottano sulfonato) già soggetto a restrizioni nell'ambito della convenzione di Stoccolma che prevede un insieme di regole, basate sul principio di precauzione, per porre fine alla produzione, all'uso, all'importazione e all'esportazione di gruppo di inquinanti organici persistenti considerati prioritari, per garantire la gestione e lo smaltimento di tali sostanze in condizioni di sicurezza e per eliminare o ridurre le emissioni derivanti dalla produzione non intenzionale di alcuni inquinanti organici persistenti;
   alcune ditte di abbigliamento sportivo hanno avviato delle politiche che rispettano gli impegni Detox lanciando intere collezioni prive di PFC e dimostrando che ci sono valide alternative, mentre altre continuano a utilizzare grandi quantità di questi prodotti –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover aderire alla campagna di Greenpeace volta a informare i cittadini riguardo ai rischi sull'ambiente e sulla salute derivanti dalla contaminazione delle matrici ambientali a causa dell'uso di materiali contenenti PFC;
   se non ritenga di dover assumere iniziative anche in sede europea per rafforzare i principi e i contenuti della convenzione di Stoccolma con lo scopo di ridurre ed eliminare progressivamente la presenza di PFC nei prodotti commercializzati all'interno dell'Unione europea e per introdurre nelle etichette dei capi di abbigliamento l'informazione riguardo alla presenza di PFC;
   se non ritenga opportuno avviare una campagna di monitoraggio ed analisi di campioni di neve ed acqua in zone remote, come in premessa, così da poter avviare una seria analisi del grado di inquinamento da PFC. (5-06524)


   DORINA BIANCHI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nel 2010 sono stati stanziati 220 milioni di euro che avrebbero dovuto finanziare oltre 180 interventi urgenti di difesa del suolo e mitigazione del rischio idrogeologico nella regione Calabria;
   di questi progetti, come riportato da organi di stampa, sembra che solo due siano stati effettivamente avviati, a dimostrazione che in Calabria il problema non è di risorse disponibili, ma di come utilizzarle;
   al fine di utilizzare al meglio le risorse finanziarie, occorrono tempi certi con un sistema di regole chiare e trasparenti, oltre ad una attenta valutazione sull'efficacia ambientale degli interventi;
   in Calabria è stato da poco nominato il commissario per la mitigazione del rischio idrogeologico –:
   cosa intenda fare il Governo affinché, insieme al commissario da poco nominato, si rendano immediatamente utilizzabili le risorse già stanziate a favore della messa in sicurezza e della prevenzione del rischio idrogeologico del territorio calabrese. (5-06528)


   RIZZETTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   si è appreso che la ditta pugliese Mapia srl, è arrivata prima in tutti e tre i lotti del bando indetto dall'assessorato all'ambiente del comune di Roma per la gestione dei canili romani (Vitigna ex Poverello, Muratella, Ponte Marconi ex Cinodromovincendo). Il bando di gara è stato vinto con un ribasso del 10 per cento, su un importo già ridotto del 60 per cento rispetto a quanto stanziato dal comune di Roma nei precedenti dieci anni;
   tale gara di appalto ha sollevato seri dubbi sulla sua legittimità sono più profili: sono anomali gli importi economici poiché non si ritengono assolutamente adeguati per garantire il benessere degli animali, come da normativa vigente; i termini disposti per la presentazione delle offerte sono considerati inconciliabili con la presentazione di offerte individuate con adeguati criteri; è assente un'analisi sugli oneri di spesa. Inoltre, sotto il profilo della tutela dei lavoratori, nel bando non è stata inserita un'adeguata clausola di salvaguardia dei posti di lavoro, pertanto, dei tre canili romani, 100 lavoratori su 126 saranno licenziati;
   si tratta, dunque, di una situazione che va urgentemente accertata poiché vede a rischio la salute degli animali nonché i livelli occupazionali dei canili in questione;
   gli importi economici previsti nel bando di gara, al netto del guadagno della società Mapia, non consentiranno di curare adeguatamente gli animali, di prevedere servizi al pubblico e la tutela dei lavoratori;
   si mette in rilievo che le offerte presentate in gara dalla onlus che attualmente gestisce i tre canili erano più alte proprio perché ragionate in base ad adeguati criteri, prevedendo il benessere degli animali e la tutela di tutti i lavoratori. Secondo l'interrogante non è equiparabile una onlus ad una società, che fa del randagismo una mera fonte di reddito non considerando, attraverso un congruo stanziamento di risorse, la gestione dei canili nel rispetto del benessere degli animali e della salvaguardia dei lavoratori;
   i dubbi sulla legittimità della gara aggiudicata da Mapia sorgono anche dal fatto che la stessa, pubblicata sul sito del comune di Roma il 31 luglio 2015 (con scadenza della presentazione delle domande il 12 agosto 2015), è in realtà una «fotocopia» di quella sospesa in «autotutela» dal comune di Roma nel dicembre del 2014 per l'arresto del direttore del dipartimento ambiente capitolino Gaetano Altamura, coinvolto nella scandalo di Mafia Capitale. Quella gara venne infatti sospesa perché inquinata dalla presenza della Cooperativa 29 Giugno di Salvatore Buzzi, ammessa dal dipartimento ambiente senza che avesse i requisiti richiesti dalla gara stessa, ossia 3 anni di esperienza nella gestione dei canili e attività di gestione di canili prevista nello statuto sociale. Tra l'altro, il dirigente Bruno Cignini – che fu anche direttore dell'ufficio benessere degli Animali – risulta nell'elenco dei 21 dirigenti attenzionati dal prefetto Gabrielli come collusi con il sistema di Mafia Capitale;
   oltre, ai dubbi sulla legittimità del bando, si è appreso che la Mapia in Puglia – società di multiservizi che si occupa di smaltimento di ogni tipo di rifiuto, servizi di derattizzazione e disinfestazione, manutenzione del verde, servizi di pulizie, gestione di canili, e gestione di stabulari per animali da laboratorio per l'Università di Bari – è già nota per la mala gestione dei canili, considerando che detiene centinaia di animali in strutture fatiscenti e nella totale incuria, in assenza di servizi di volontariato e di adozioni. In pratica, sembra si tratti di un cosiddetto canile lager che detiene animali abbandonati a loro stessi, senza alcun servizio volto ad effettuare adozioni, affinché, di volta in volta, gli animali possano lasciare il canile. Si tratta dunque di una società che fa del randagismo soltanto un business. Ma vi è di più, poiché le associazioni animaliste si sono dichiarate preoccupate rispetto alla possibilità che la Mapia srl possa cedere gli animali del canile a fini sperimentali all'università di Bari considerando che tra i servizi che offre vi è proprio la gestione di stabulari per animali da laboratorio –:
   quali siano gli orientamenti dei ministri interrogati, per quanto di loro competenza, in ordine ai fatti esposti in premessa e se quali iniziative intendano adottare per salvaguardare i livelli occupazionali dei canili affinché vengano esclusi gli annunciati licenziamenti dei lavoratori e per assicurare il benessere degli animali secondo la normativa vigente. (5-06536)


   TERZONI, AGOSTINELLI, CECCONI, DAGA, MANNINO, BUSTO, ZOLEZZI, DE ROSA, MICILLO e VIGNAROLI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   è stato emanato il provvedimento di valutazioni di impatto ambientale n. DVA-DEC-2010-0000375 del 22 luglio 2010, con il quale è stata decretata la compatibilità ambientale del progetto proposto dalla Società Api Nova Energia S.r.l., con sede in Roma, concernente la realizzazione di un terminale offshore di rigassificazione di GNL con capacità pari a 4 miliardi di mc/anno, localizzato al largo della costa di Falconara Marittima (Ancona), che è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana il 12 agosto 2010;
   la data di inizio dei lavori, fissata per il 9 gennaio 2013, è stata prorogata al 9 gennaio 2015, con decreto ministeriale del 20 marzo 2013 e decreto ministeriale del 18 febbraio 2014, del Ministro dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
   il 24 novembre 2014 la API Nova Energia S.r.l. ha avanzato richiesta di proroga dei termini di validità del provvedimento di valutazione di impatto ambientale (con nota prot. GEN 782, acquisita con prot. DVA-2014-0039079 del 26 novembre 2014) per un periodo pari a quattro anni, a decorrere dalla data di emissione del medesimo provvedimento (DVA-DEC-2010-0000375 del 22 luglio 2015), ossia fino al 12 agosto 2019;
   il 15 settembre 2014, la stessa API Nova Energia S.r.l. ha avanzato richiesta di ulteriore proroga di inizio lavori al Ministro dello sviluppo economico, proroga accordata con decreto ministeriale del 2 aprile 2015 (acquisito con prot. DVA-2015-0011643 del 4 maggio 2015) adottato di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Il nuovo termine per l'inizio dei lavori è stato fissato al 9 gennaio 2016;
   l'articolo 26, comma 6, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 prevede che i progetti sottoposti alla valutazione di impatto ambientale, i cui procedimenti sono stati avviati successivamente all'entrata in vigore del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4, devono essere realizzati entro cinque anni dalla pubblicazione del provvedimento di valutazione dell'impatto ambientale, salvo proroga concessa dalla medesima autorità che ha emanato il provvedimento;
   nel decreto con cui il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, concede la proroga dei termini di validità del provvedimento di valutazione di impatto ambientale (0000181 del 11 agosto 2015) si legge che «il periodo di proroga richiesto non comporta una modifica dello scenario ambientale di riferimento»;
   in realtà dai dati riportati al sito del Ministero dello sviluppo economico emerge come dall'anno di approvazione della valutazione di impatto ambientale, il 2010, al 2013, ultimo anno di cui si hanno dati disponibili, il consumo di gas naturale in Italia sia passato da 83.097 milioni di metri cubi a 70.069 milioni di metri cubi, con un calo di circa il 16 per cento;
   nel 2014 i dati ancora non ufficiali parlano di un consumo di circa 61 miliardi di metri cubi di gas, un dato che, se confermato, segnerebbe un minimo storico con una diminuzione pari ad oltre l'11 per cento in un solo anno;
   inoltre nel 2011 la pubblicazione dello Studio SENTIERI, curato dall'Istituto Superiore di Sanità ha evidenziato la criticità dello stato di salute degli abitanti del comune di Falconara già sede di un sito di interesse naturale –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se non ritengano necessario intervenire a livello normativo per far sì che la decorrenza della validità di 5 anni del provvedimento di valutazione di impatto ambientale venga calcolata a partire dalla data di emanazione del decreto ministeriale anziché da quella della sua pubblicazione, anche per evitare che tale durata non risulti artificiosamente prolungata nel caso di ritardo nella sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale;
   se non ritengano necessario, per quanto di competenza, verificare che le procedure amministrative messe in atto per la proroga della validità del procedimento di VIA rispondano a quanto dettato dalla normativa vigente, soprattutto in ordine all'analisi delle nuove e modificate condizioni socio-economiche ed ambientali nell'area in cui incide il progetto;
   se non ritengano necessario valutare la possibilità di avviare una nuova procedura di valutazione di impatto ambientale che tenga conto delle nuove condizioni socio-economiche ed ambientali dell'area nel caso in cui la API Nova Energia S.r.l. dovesse avanzare un'ulteriore richiesta di proroga del termine di inizio lavori. (5-06545)

Interrogazione a risposta scritta:


   RIZZO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   sono da segnalare con carattere di urgenza gli ennesimi casi di mala gestione degli spiaggiamenti di cetacei, derivati dalla mancata applicazione dei necessari protocolli — per altro ben noti a livello internazionale sia per gli spiaggiamenti dei cetacei vivi che morti — a tutela della specie stessa, per la relativa indagine necroscopica necessaria per scoprirne le cause del decesso, ma anche per la tutela della salute e dell'incolumità pubblica;
   in località Mollarella nel territorio del comune di Licata (AG) l'8 agosto 2015 il primo firmatario del presente atto ha personalmente assistito allo spiaggiamento di un delfino adoperandosi nella ricerca del protocollo da applicare in questi casi;
   come riportato sul sito internet www.licatanotizie.it nella sezione attualità del 9 agosto 2015, viene riportato il racconto sulla vicenda avvenuta il giorno precedente;
   il tutto è stato ampiamente documentato da altri lungimiranti cittadini che descrivono e dimostrano, tramite le immagini, come si siano susseguiti, di fatto, una serie di comportamenti gravemente omissivi e, ad avviso dell'interrogante anche di dubbia legittimità;
   i cetacei appartengono a specie particolarmente protette e sono patrimonio indisponibile dello Stato;
   è necessaria specifica formazione e comprovata professionalità ed esperienza dei veterinari coinvolti e degli operatori tutti –:
   se e quali interventi siano garantiti e per tramite di quale atto formale (non risulta agli interroganti vi siano circolari e altri atti) per il funzionamento della rete di pronto intervento per i cetacei spiaggiati — pubblicizzata anche a mezzo stampa —, quali siano gli enti di riferimento e a che titolo siano stati coinvolti e da qual data, quali siano i provvedimenti, le determinazioni e gli atti ufficiali emanati dai Ministeri competenti tesi a garantire il corretto servizio di intervento sui cetacei spiaggiati e con quali economie, strumenti, mezzi e coordinamento. (4-10552)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel comune di Reggello, in provincia di Firenze, nei pressi di Leccio, si trova il castello di Sammezzano, un bene architettonico di estremo valore risalente al 1605 circondato da un ampio parco, tra i più vasti della Toscana, in cui a metà dell'Ottocento, Ferdinando Panciatichi, vi fece piantare una grande quantità di specie arboree esotiche, come sequoie e altre resinose americane;
   nel parco si trova il più numeroso gruppo di sequoie giganti in Italia, con ben 57 esemplari adulti, tutti oltre i 35 metri oltre a esemplari di araucaria, sequoia, tuja, tasso, cipresso, pino, abete, palma, yucca, querce, aceri, cedro dell'Atlante, cedro del Libano, bagolaro, frassino, ginepro, acacia, tiglio e numerose piante di interesse floriculturale, grazie ad un recente progetto di restauro che ha valorizzato la ricchezza botanica originale;
   il castello e tutte le proprietà ad esso annesse, nonostante appartengano alla società italo-inglese, Sammezzano Castle Srl, che lo acquistò nel 1999, è chiuso da 20 anni circa ed è in stato di abbandono, ma è ancora molto noto per il suo valore culturale e ambientale grazie al Comitato FPXA 1813-2013 (FPXA è l'acronimo di Ferdinando Panciatichi Ximenes d'Aragona, erede che riprogettò l'edificio principale), costituitosi nell'aprile 2012, che ha tra le proprie finalità quella di promuovere e valorizzare il castello di Sammezzano attraverso, tra l'altro, l'organizzazione di aperture straordinarie alle quali accorrono turisti italiani e stranieri;
   il castello e il parco sono attualmente in vendita: il 20 ottobre 2015 si terrà l'asta giudiziaria su base di 20 milioni di euro, nella quale il complesso sarà posto all'incanto a causa del fallimento della Sammezzano Castle srl, con notevoli danni sia per la memoria storica e culturale della zona che per il valore ambientale e turistico che il parco riveste per l'intera nazione;
   dalle ultime notizie sembra che verrà acquisita da imprenditori cinesi che ne faranno un albergo di lusso con la conseguenza che i cittadini italiani e stranieri non potranno più godere, se non clienti, di questo importante sito storico, monumentale, ambientale e turistico –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto sopra riportato;
   se il Governo non ritenga di intervenire immediatamente, nell'ambito delle proprie competenze, adottando iniziative volte a tutelare il patrimonio del castello di Sammezzano, in particolare verificando e accertando l'interesse culturale del bene ed elaborando un progetto di recupero di tutta l'area che coinvolga soggetti pubblici, privati e il mondo associativo impegnato per la conservazione dei beni culturali e per l'ambiente, anche attraverso operazioni di crowdfunding. (5-06531)


   BECATTINI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il castello di Sammezzano che si trova nel comune di Reggello in provincia di Firenze, più precisamente nella frazione di Leccio, è oggi uno dei luoghi più desiderati d'Italia dai visitatori;
   si tratta di un complesso unico, magico, che lascia un segno indimenticabile in coloro che hanno la possibilità di vederlo. Come fare un viaggio nel tempo, quando nasce l'Italia e Firenze ne diventa capitale, e nello spazio, con gli ambienti spagnoli, arabi, indiani che lì si trovano;
   la sua attuale conformazione si deve a un personaggio singolare, colto, vissuto nel 1800: il marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes d'Aragona, fine orientalista, collezionista di libri antichi, architetto, poliglotta e anche politico. Fu infatti per due volte deputato nella Firenze capitale del nuovo Regno d'Italia, eletto prima nel collegio di Montevarchi e la seconda volta a Maglie al posto di Francesco Crispi;
   il castello si trova sulla sommità di una collina circondato da un parco di 190 ettari, progettato dal marchese che insieme alla figlia Marianna, insigne botanica, creò l'impianto più importante del centro Italia impiegando anche numerose sequoie americane, che tuttora si possono ammirare;
   è sempre stato di proprietà privata e per circa venti anni, dal 1970 al 1990, ha avuto una funzione ricettiva come albergo e ristorante; tuttora la destinazione urbanistica è turistico-alberghiera;
   di recente è stato impiegato come set cinematografico per importanti realizzazioni come «Il racconto dei racconti» di Garrone e per girare immagini del film sulla vita di Oriana Fallaci. Molto desiderato inoltre dagli stilisti per presentare le loro collezioni;
   oggi la proprietà fa capo ad una società inglese che lo rilevò da un fallimento, tuttavia il prossimo 20 ottobre si terrà un'asta giudiziaria per la vendita di questo castello;
   da alcuni anni un gruppo sempre più numeroso di volontari locali ha costituito una associazione che ha avuto il merito di richiamare l'attenzione della comunità nazionale e internazionale su Sammezzano, riscoprendo la figura del Marchese, organizzando visite guidate grazie alla disponibilità della proprietà, e anche cercando di fare quelle piccole manutenzioni per evitare il degrado –:
   se il Ministro sia a conoscenza di questa realtà e se il Governo intenda promuovere tutte le iniziative, in concorso con le autorità del territorio, per salvare questo bene unico, favorendo, ove non fosse possibile acquisirlo alla proprietà pubblica, quegli interventi di privati che potrebbero impegnarsi con generosità anzitutto per la messa in sicurezza e poi per dare a Sammezzano una nuova prospettiva, auspicando di mantenere quella sensibilità, previa apposita regolamentazione, per la fruibilità pubblica. (5-06532)

DIFESA

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   il dottor Hans Kristensen, direttore del «Nuclear Information Project» e della organizzazione «Federation of American Scientist» con sede a Washington Dc risulta essere uno dei massimi esperti di armi nucleari USA in Europa;
   secondo studi indipendenti, mai confermati né smentiti dal Governo italiano, le basi militari di Ghedi (Brescia) e di Aviano (Pordenone) ospiterebbero decine di bombe atomiche a gravità «B61»;
   tale presenza è già stata oggetto di diversi atti di sindacato ispettivo in questa legislatura, fra cui l'interrogazione a risposta immediata in Assemblea 3-01154 a prima firma Duranti;
   in particolare, sempre in base agli studi condotti dal Dottor Kristensen, sino al 2000 presso la base di Aviano erano presenti 50 ordigni atomici stoccati in 18 caveau;
   a quanto si apprende da diversi organi di stampa, fra cui una inchiesta de L'Espresso che riprende un articolo del dottor Kristensen, da diverse foto satellitari si evincono lavori di aggiornamento della sicurezza nelle basi europee Us Air Force. In particolare, si individuano due importanti «cantieri» in corso per la messa in sicurezza delle atomiche e cioè quello di Incirlik in Turchia (100 ordigni stoccati) e quello appunto di Aviano. A quanto dichiarato da Kristensen tali aggiornamenti di protezione confermerebbero in maniera indiretta l'inadeguatezza della sicurezza, prolungatasi per venti anni, delle armi nucleari americane presenti nei due sopra citati siti;
   in particolare, il lavoro di indagine di Kristensen sottolinea come nella base di Aviano sia stata costruita una nuova recinzione contenente però solo 12 dei 18 caveau sotterranei adibiti allo stoccaggio nucleare;
   tali lavori di aggiornamento degli standard di sicurezza dovrebbero essere avviati anche nella base militare di Ghedi (Brescia);
   sempre a quanto si apprende da organi di stampa, nel luglio 2015 una inchiesta della procura di Milano ha portato all'arresto di due presunti jihadisti che avrebbero avuto come obiettivo di un attentato la base militare di Ghedi;
   come denunciato da «Rete Italiana per il Disarmo» e dal dottor Kristensen, l'Italia dovrebbe essere investita direttamente dall'ammodernamento delle bombe atomiche B-61 dislocate nelle basi di Ghedi e Aviano, in modo da trasformare gli ordigni da «bombe a gravità» a «bombe con sistema autonomo di guida direzionale». Il tutto per garantire il loro utilizzo sui nuovi caccia F-35 Joint Strike Fighter, che dovrebbero essere acquisiti a breve dal nostro Paese, dalle caratteristiche «stealth» e quindi invisibili ai radar;
   il 26 settembre 2015 ricorre la «Giornata mondiale per la totale eliminazione delle armi nucleari» indetta dalla Assemblea generale delle Nazioni Unite, che solennizza la ricorrenza dell'atto di intelligenza e coraggio del colonnello sovietico Petrov che nel 1983 scelse di non procedere con il lancio di testate atomiche contro gli USA;
   l'Assemblea generale delle Nazioni Unite assume come obiettivo di tale ricorrenza quello di rafforzare «la consapevolezza pubblica ed informare sulla minaccia per l'umanità rappresentata dalla armi nucleari e la necessità che vengano totalmente eliminate; e inoltre mobilitare e sostenere gli sforzi internazionali verso la realizzazione dell'obietto comune di un mondo libero da armi»;
   il segretario dell'Onu Ban Ki-moon, nel suo messaggio per la Giornata internazionale ha inoltre ricordato come l'eliminazione delle armi nucleari renderebbe disponibili enormi risorse che potrebbero essere utilizzate per realizzare pienamente l'Agenda 2030 per uno sviluppo sostenibile;
   in seguito al documento finale della «Conferenza di riesame del trattato di non proliferazione nucleare (TNP) del 2010, con cui gli Stati esprimevano «la profonda preoccupazione per le catastrofiche conseguenze umanitarie di qualsiasi uso di un'arma nucleare», nel 2013 si è tenuta la prima Conferenza dell'iniziativa umanitaria a Oslo, seguita nel 2014 da una seconda ospitata dal Messico a Nayarit e nel dicembre di quell'anno da una terza a Vienna;
   in particolare, dopo la conferenza di Vienna del dicembre 2014 il Governo austriaco ha reso pubblico un documento con cui si impegna solennemente («Solenne Promessa» — «The Pledge»), fra le altre cose «... a perseguire l'imperativo della sicurezza umana per tutti...»; «...a colmare il vuoto giuridico per realizzare la proibizione e l'eliminazione delle armi nucleari..."; "...a cooperare con tutte le parti ... in ogni azione che miri a stigmatizzare, proibire ed eliminare le armi nucleari...»;
   al 18 settembre 2015 sono 117 gli Stati che hanno sottoscritto la «Solenne Promessa» dell'Austria, ma fra questi non risulta l'Italia –:
   se il Ministro interpellato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
   se il Ministro interpellato non intenda fornire aggiornamenti dettagliati sulla reale presenza di ordigni nucleari sul territorio italiano e sul loro numero, oltre che sulla loro eventuale trasformazione;
   se il Ministro interpellato non intenda riferire circa l'acquisizione di aerei F-35 con capacità nucleare, ad avviso degli interpellanti in evidente contrasto con il «Trattato di non proliferazione»;
   se il Ministro interpellato non intenda attivarsi affinché anche l'Italia firmi la «Solenne Promessa» del Governo austriaco, anche in vista della «Settimana internazionale per il Disarmo» che si terra a fine ottobre 2015.
(2-01096) «Duranti, Marcon, Pellegrino, Scotto, Piras, Franco Bordo, Costantino, Melilla, Palazzotto, Pannarale, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FRUSONE, RIZZO, CORDA, BASILIO e CECCONI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il Corpo militare della Croce rossa italiana (CRI) svolge attività in tempo di guerra provvedendo all'assistenza, allo sgombero e alla cura dei feriti e delle vittime, militari e civili, organizza ed esegue misure di difesa sanitaria antiaerea, disimpegna il servizio di ricerca e assistenza dei prigionieri di guerra, degli internati, dei dispersi, dei profughi, dei deportati e dei rifugiati, svolge attività di assistenza sanitaria in relazione alla difesa civile. In tempo di pace provvede al mantenimento e alla gestione dei centri di mobilitazione e delle basi operative, cura la custodia e il mantenimento delle dotazioni sanitarie, provvede all'addestramento e all'aggiornamento del proprio personale ed organizza corsi qualificativi di primo soccorso e di auto protezione sanitaria a favore del personale delle Forze armate, concorre al servizio di assistenza sanitaria nel caso di grandi manifestazioni ed eventi e per esercitazioni militari, fornisce assistenza e supporto sanitario alle Forze armate e alle forze di polizia nei poligoni di tiro, è impiegato nel corso di calamità naturali o disastri per operazioni di protezione civile e si occupa anche della diffusione del diritto internazionale umanitario;
   in attuazione della delega contenuta nella legge 4 novembre 2010, n. 183, per la riorganizzazione della Croce rossa, è stato adottato il decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178, che, tuttavia, invece di limitarsi al mero riassetto dell'ente, ne ha sancito la completa privatizzazione, mettendo a rischio sia la funzionalità delle sue strutture sul territorio, sia i servizi sinora resi allo Stato ed ai cittadini;
   a fronte di un risparmio di spesa a suo tempo stimato in 42 milioni di euro in un quinquennio, oggi la Croce rossa è passata ad un disavanzo di circa 54 milioni di euro, dovuto anche agli aiuti elargiti dalla parte ancora pubblica della Croce rossa italiana (comitato centrale) in favore dei comitati privatizzati (provinciali e locali) per evitarne la paralisi funzionale o la chiusura;
   in questo complesso ambito si inserisce anche la previsione di cui al decreto legislativo 28 settembre 2012, n. 178, relativa alla smilitarizzazione del contingente di personale militare della Croce rossa italiana in servizio permanente, composto da circa 900 persone, che dovrebbe compiersi entro il 31 dicembre 2017;
   il corpo militare della Croce rossa italiana, ausiliario delle Forze armate ha svolto negli anni, oltre a delle funzioni necessarie al corpo stesso, delle attività addestrative ed operative in supporto a soggetti diversi dal corpo stesso e a titolo esemplificativo si citano:
    a) formazione a favore del personale delle Forze armate o di altri Corpi armati dello Stato, in ambito sanitario e di diritto internazionale umanitario;
    b) supporto alle attività delle Forze armate in Italia e all'estero, mediante la fornitura di assetti sanitari e di difesa nucleare, batteriologica, chimica e radiogena vari;
    c) attività operative a favore dell'Associazione CRI;
    d) la gestione ordinaria di un gran numero di militari in congedo iscritti nei vari ruoli (circa 17.000);
   il numero delle attività svolte nel 2014 è impressionante: si parla di 1.105 impieghi operativi e attività di concorso delle Forze armate, 19 concorsi per altri enti, 47 impieghi non operativi in ambito CRI, 163 corsi a favore di enti militari e altri 11 a favore di altri enti;
   il Corpo ha inoltre operato fuori area nell'ambito della missione ISAF, ha concorso con la Marina militare nell'ambito dell'Operazione «Mare Nostrum» con medici, infermieri e tecnici per la difesa nucleare, batteriologica, chimica e radiologica e concorre in Patria per assicurare il regolare svolgimento delle attività operative, addestrative e per l'effettuazione di visite sanitarie specialistiche;
   l'impiego di militari della CRI per attività a favore di enti militari e la richiesta di attività di concorso è aumentata in maniera esponenziale dal 2003 al 2014, passando da sole 20 attività a 1.104 nel 2014 con un impiego di militari balzato da 1.140 del 2007 a 3.201 nel 2014;
   a seguito di una visita dell'interrogante presso il campo di addestramento del Corpo militare della CRI di Castel Nuovo di Porto, in data 6 luglio 2015, si è venuti a conoscenza anche del nuovo compito del Corpo militare della CRI in materia di gestione dei corpi senza vita, emergenza nata per i tragici naufragi nel Mediterraneo, e del fatto che, ultimamente, persino il servizio di scorta ai vaccini ricade tra i compiti del personale militare della CRI;
   attraverso l'utilizzo sempre più massiccio del corpo militare della CRI, che avviene anche mediante l'internazionalizzazione di alcuni servizi da essa erogati come corsi ad enti o il supporto in attività particolari, come il disinnesco di ordigni bellici, lo Stato ha potuto risparmiare in termini economici e guadagnare in termini di professionalità dei suoi operatori;
   dal 2013 al 2014 si può notare un leggero calo dell'impiego di militari della CRI, dovuto al fatto che non vengono più richiamati militari in congedo per svolgere determinate attività emergenziali come calamità o disastri naturali, di fatto riducendo la possibilità di intervento di un corpo sui cui gravano invece numerosi compiti –:
   se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero;
   se e quali iniziative anche normative il Ministro interrogato intenda promuovere per supplire a tutti quei servizi che il Corpo militare della CRI ha svolto e svolge ancora oggi una volta che questo non ci sarà più;
   se sia nell'intenzione del Governo far sì che molti di tali servizi vengano presi in carico dalla sanità militare e come questa potrà adempiere in modo funzionale all'eventuale nuova mole di lavoro, senza dover incrementare le risorse presenti oggi;
   in base a quali studi il Governo ritenga di poter conseguire un effettivo risparmio affidando ai privati corsi e servizi finora gestiti dal Corpo militare della CRI. (5-06527)


   RIZZO, LOREFICE, FRUSONE, CORDA, BASILIO, TOFALO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo Medici Senza Frontiere la vita di decine di migliaia di persone sarebbe a rischio in quanto si esauriranno in tutto il mondo entro il prossimo anno le scorte di Fav-Afrique, un siero contro il veleno di almeno 10 specie di serpenti che oggi salva la vita a moltissime persone, soprattutto nei paesi in via di sviluppo;
   la Sanofi Pasteur, l'azienda che produce il farmaco, ha interrotto la produzione lo scorso anno e le scorte dureranno al massimo fino al prossimo giugno 2016;
   sempre secondo Msf, ogni anno 5 milioni di persone nel mondo sono vittime di un morso di serpente, un problema che causa anche 100 mila morti e centinaia di migliaia di persone con disabilità e amputazioni. Polly Markandya di Msf spiegando l'allarme lanciato dalla sua organizzazione ha affermato: «la maggior parte delle persone che vengono morse da un serpente non conoscono la sua specie, per questo avere un antidoto che funziona contro più specie è veramente importante»;
   «stiamo per affrontare una vera crisi — ha dichiarato un'altra esponente di Msf la dottoressa Gabriel Alcoba —, non ci saranno alternative per almeno altri due anni. L'Oms dovrebbe coordinare gli sforzi per risolvere il problema»;
   l'azienda da parte sua ha affermato che la chiusura della produzione era già stata annunciata nel 2010: «Ci meraviglia che ci si accorga solo ora del problema — ha spiegato un portavoce della compagnia alla Cbs —. Noi abbiamo offerto la tecnologia per produrre il siero a chiunque fosse interessato, ma nessuno si è fatto avanti»;
   «Il trattamento antiveleno può costare fino a 250-500 dollari a persona, l'equivalente di 4 anni di salario nei Paesi interessati», sottolinea Msf che solo l'anno scorso ha curato «circa 400 persone a Paoua, in Repubblica Centrafricana, e oltre 300 ad Agok nel Sud Sudan». L'organizzazione umanitaria chiede alla comunità scientifica globale «azioni serie e rapide per garantire la disponibilità di antidoto e trattamento»;
   gli interroganti ricordano come uno dei Paesi più colpiti sia la Repubblica Centroafricana dove sono presenti militari italiani nella missione dell'Unione europea EUMAM RCA –:
   se il Governo non ritenga, anche alla luce dell'impegno militare e dei progetti di cooperazione allo sviluppo dell'Italia in diversi Paesi colpiti dal flagello dei morsi di serpenti velenosi, di dover verificare la sussistenza dei presupposti per rilevare l'antidoto Fav-Afrique dalla Sanofi Pasteur e continuarne la produzione in proprio utilizzando le capacità tecnologiche e scientifiche dell'Istituto farmaceutico militare di Firenze. (5-06530)

Interrogazione a risposta scritta:


   MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   una nota dell'agenzia di stampa Ansa del 17 novembre 2012 ha diffuso la notizia: «incidente Monte Lupone: cassazione, condannato pilota Pozzoli per disastro aereo e morte capitano Maurizio Poggiali (Ansa) – Roma, 17 novembre – A quindici anni dallo schianto contro il Monte Lupone (Latina), dopo una lunga odissea giudiziaria, la Cassazione ha condannato a un anno, e sei mesi di reclusione, per omicidio colposo e disastro aereo il pilota dell'Aeronautica militare Matteo Pozzoli che era alla guida del velivolo Siai 208 e che con la sua “condotta spericolata” provocò la morte del capitano Maurizio Poggiali l'8 agosto 1997 a seguito dell'incidente. La famiglia Poggiali – che rende noto il verdetto emesso ieri dai supremi giudici – spera “che la sentenza sia di monito alle coscienza dei piloti che commettono gravissime indiscipline, mettendo a repentaglio la vita altrui, e soprattutto dei superiori dell'Aeronautica Militare che omettono di sanzionare, e anzi promuovono e difendono, chi si comporta senza senso di responsabilità”. Durante il processo ricorda Fabio Poggiali, fratello dell'ufficiale morto che si preparava per diventare astronauta e aveva un curriculum brillante – “l'Aeronautica ha promosso ben due volte, da capitano a maggiore, e poi a tenente colonnello, l'imputato Pozzoli, riammesso al volo dopo pochi mesi dalla tragedia, come se niente fosse accaduto. Promozioni arrivate con un reato di omicidio commesso da capitano ! ”»;
   nella stessa nota dell'agenzia di stampa si può leggere che «Fabio Poggiali non nasconde il dolore per aver visto durante tutti questi anni di vicenda processuale “l'Avvocatura dello Stato difendere Pozzoli, mentre non avrebbe mai dovuto dimenticare che è mio fratello la vittima e che indossava una divisa: senz'altro in questo modo si è fatto un torto alla memoria di Maurizio che ha avuto funerali di Stato (...) ”. Pozzoli, sottolinea la famiglia Poggiali, “ è stato anche condannato dalla Cassazione, nel 2007, per aver ingiuriato il padre di Maurizio ”. “ In primo grado il Tribunale di Como, inoltre – prosegue la famiglia del capitano scomparso – lo ha riconosciuto colpevole di aver diffamato tutti noi, e la Corte dei Conti lo ha condannato per danno erariale per aver negligentemente omesso di seguire non solo le regole di volo, ma anche le regole di comune prudenza e diligenza ”. Per i ritardi nei soccorsi; che vennero sospesi a causa dell'oscurità e dell'impervietà dei luoghi – tesi contestata dalla famiglia Poggiali dal momento che il ritrovamento del velivolo avvenne ad opera di una famiglia in gita – è in corso al Tribunale di Roma, il processo a carico dei responsabili del Soccorso Aereo di Ciampino per interruzione di pubblico servizio, nei confronti di quattro ufficiali e sottufficiali dell'Aeronautica Militare. Sono imputati perché, “ in qualità di ufficiali in servizio a Ciampino, in concorso tra loro decidevano di interrompere al crepuscolo le ricerche del volo oggetto della missione 933 dell'AMI di Pratica di Mare, disperso fin dalla tarda mattinata ”. L'aereo fu ritrovato, 24 ore dopo la caduta, “ dalla famiglia Paolucci ”, ricorda Fabio Poggiali, “ e in gita c'era anche una bambina di undici anni, a riprova del fatto che l'aereo era caduto in un posto accessibile a tutti e che le ricerche avrebbero potuto continuare ”» –:
   se il militare condannato per «omicidio colposo e disastro aereo» sia ancora in servizio e con quali mansioni e, in tale caso, quali siano state le iniziative disciplinari promosse nei suoi confronti;
   quali siano stati i provvedimenti disciplinari adottati nei confronti di Pozzoli a seguito della condanna inflittagli dalla Corte di cassazione «per aver ingiuriato il padre di Maurizio»;
   quanti siano gli ufficiali delle forze armate attualmente in servizio che abbiano riportato condanne definitive e quali siano stati i provvedimenti disciplinari adottati nei loro confronti. (4-10557)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:


   VILLAROSA e PESCO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la Banca d'Italia è un istituto di diritto pubblico nel cui azionariato figurano anche enti previdenziali, tra cui l'INPS e svolge funzioni di interesse pubblico in quanto esercita poteri di natura amministrativa attribuiti ex lege –:
   quale sia il valore complessivo in euro su base annua dal 1989 a oggi dei dividendi distribuiti dalla Banca d'Italia ai partecipanti al capitale sociale e il relativo dato disaggregato per singolo partecipante al capitale sociale. (5-06533)


   SANDRA SAVINO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   malgrado gli impegni del Governo il livello della pressione fiscale resta assolutamente eccessivo il che rappresenta un peso pressoché insostenibile per i cittadini e per le imprese e ostacola fortemente l'avvio di una ripresa produttiva e occupazionale realmente significativa;
   dalla nota di aggiornamento del DEF 2015 non si evince chiaramente una consistente riduzione della pressione fiscale che sarebbe possibile solo se la spending review fosse portata avanti con reale determinazione, come sarebbe assolutamente necessario dato che l'Italia è afflitta da anni da un eccesso di spesa pubblica a livello centrale, regionale e locale;
   la riduzione della spesa è il modo più corretto e virtuoso per ridurre non solo la pressione fiscale ma anche il rapporto deficit-PIL, intervento necessario, per un Paese come il nostro, gravato da un enorme debito pubblico –:
   se non ritenga assolutamente necessario assumere iniziative per utilizzare una quota consistente dei risparmi derivanti dalla spending review per ridurre la pressione fiscale e quali siano i risultati, in termini assoluti, che il Governo intende conseguire attraverso la predetta spending review, sia nel 2015 sia nel 2016. (5-06534)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il 23 settembre 2015 le pagine del settimanale L'Espresso dedicavano ampio spazio ad un'inchiesta avviata dalla Guardia di finanza su mandato della procura della Repubblica di Forlì che avrebbe portato alla scoperta di circa 27 mila connazionali che tra il 2006 ed il 2014 hanno intrecciato rapporti di qualsiasi tipo con enti creditizi della Repubblica di San Marino, all'evidente scopo di sottrarre, occultandoli, i loro capitali al fisco italiano;
   grazie alla suddetta inchiesta l'archivio informatico della guardia di finanza di Forlì ha acquisito un patrimonio di segreti bancari che supera di tre volte le dimensioni della «lista Falciani», che finora aveva costituito il precedente più famoso, utile per accertare quanto di questo tesoro, che ammonterebbe a 22 miliardi di euro, sia stato accumulato grazie all'evasione fiscale o, in alcuni casi, attraverso condotte peggiori, come la bancarotta fraudolenta o il riciclaggio di denaro di illecita provenienza;
   tra i 26.953 soggetti interessati compaiono persone fisiche e circa 2.500 società intestate ad italiani; l'inchiesta, che è diretta dal procuratore capo Sergio Sottani, continua ad allargarsi e che è destinata a proseguire per molti mesi, ha fino ad oggi concluso un primissimo gruppo di verifiche fiscali che coinvolgono industriali, commercianti, professionisti, qualche banchiere, ma anche protagonisti di rovinosi fallimenti, ora sospettati di aver svuotato le aziende, licenziato il personale e occultato i loro capitali all'estero, almeno in parte a San Marino; qualche indagato ha già ammesso gli addebiti e risarcito il fisco. Altri invece contestano le accuse e avranno tre gradi di giudizio per proclamare la propria innocenza;
   l'inchiesta è stata avviata grazie ad un sistema che ha dimostrato di funzionare: i computer degli istituti di credito hanno registrano tutte le movimentazioni di denaro, per un ammontare di circa 33 miliardi di euro lordi, che sono state passate silenziosamente al setaccio una dopo l'altra grazie ad un software, nato per le indagini patrimoniali antimafia, che permette di incrociare l'intera massa dei bonifici, assegni e altri movimenti di denaro con i grandi archivi già a disposizione del fisco;
   per quasi tutti gli indagati l'ultima possibilità di chiudere i conti con l'erario è quella aderire alla cosiddetta voluntary disclosure, la procedura di collaborazione volontaria che consente di far rientrare i propri capitali detenuti all'estero prevista dalla legge n. 186 del 2014, entro un determinato termine originariamente stabilito al 30 settembre 2015 ma recentemente prorogato al 30 novembre per la presentazione delle relative domande ed al 31 dicembre per l'integrazione della documentazione;
   la norma sul raddoppio dei termini di accertamento in presenza di violazioni rilevanti penalmente, contenuta nel decreto legislativo n. 128 del 2015, ha importanti riflessi sulla voluntary disclosure, poiché prevede che il raddoppio dei termini opera solo quando la notizia del reato sia stata inviata alla procura della Repubblica entro i termini ordinari di accertamento, pari a 4 anni quando la dichiarazione è regolarmente presentata e 5 anni quando invece è omessa. Le dirette conseguenze sono che i reati consumati in anni per i quali è intervenuta la prescrizione non possono più essere sanzionati ed il raddoppio dei termini di accertamento non può essere applicato, rappresentando un salvacondotto per tutti coloro che presentano domanda di adesione –:
   se sia a conoscenza di quanti dei suddetti contribuenti indagati potrà beneficiare della nuova previsione di cui al decreto legislativo n. 128 del 2015 in materia di raddoppio dei termini, anche grazie alla proroga dei termini per la presentazione della domanda di adesione alla cosiddetta voluntary disclosure al 30 novembre 2015 recentemente deliberata dal Governo. (5-06535)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RICCIATTI, SCOTTO, FERRARA, FRATOIANNI, MARCON, MELILLA, PAGLIA, QUARANTA, PIRAS, KRONBICHLER, COSTANTINO e DURANTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il settimanale L'Espresso, nel numero pubblicato il 25 settembre 2015, riporta la notizia di una vasta inchiesta della guardia di finanza e della procura di Forlì, denominata «Torre d'avorio», condotta con un nuovo metodo d'indagine che ha consentito di schedare circa 27 mila cittadini italiani che avrebbero esportato a San Marino, nel periodo dal 2006 al 2014, più di 22 miliardi di euro;
   attualmente – secondo quanto riporta l'articolo citato («San Marino, inchiesta record sugli evasori», del giornalista Paolo Biondani) – l'indagine ancora in corso ha portato ad un primo gruppo di verifiche fiscali che coinvolgerebbe industriali, professionisti, commercianti e banchieri, accusati di evasione fiscale. Tra gli indagati anche imprenditori sospettati di aver «svuotato» le proprie aziende, portandole al fallimento e causando la perdita di numerosi posti di lavoro, occultando capitali all'estero;
   alcuni indagati hanno già ammesso gli addebiti contestatigli, provvedendo a versare le imposte arretrate con le relative sanzioni;
   la gran parte degli italiani coinvolti sono concentrati nelle aree limitrofe, in particolar modo in provincia di Rimini (10.128), di Forlì e di Cesena (1.879), a Bologna (1.242) e a Pesaro e Urbino con 2.867 persone;
   i dati citati sono rappresentativi di un modello di evasione di massa, costituito da piccoli imprenditori, professionisti e commercianti;
   secondo i primi rilievi, oltre a denaro proveniente da pratiche volte ad evadere il fisco, nelle banche sammarinesi potrebbe essere occultato denaro riconducibile ad organizzazioni criminali e di stampo mafioso;
   la legge 23 ottobre 2014, n. 160 ha ratificato e dato esecuzione all'Accordo tra il Governo italiano e il Governo della Repubblica di San Marino in materia di collaborazione finanziaria, sottoscritto a San Marino il 26 novembre 2009 (Gazzetta Ufficiale n. 256 del 4 novembre 2014);
   dal 1o gennaio 2015 è entrata in vigore la legge n. 186 del 2014 recante «Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all'estero nonché per il potenziamento della lotta all'evasione fiscale» (cosiddetta Voluntary disclosure), prorogata al 30 novembre 2015 da un decreto approvato nel Consiglio dei ministri n. 84 del 29 settembre 2015 –:
   se il Ministro interrogato sia in grado di fornire una stima dell'ammontare dei capitali rientrati sino ad oggi in Italia dalla Repubblica di San Marino;
   quali iniziative intenda adottare per intensificare il contrasto all'esportazione di valuta all'estero. (4-10543)


   GRIMOLDI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in Italia il caro carburante è sempre un tema di primo piano; infatti, nonostante il costo del greggio, per la prima volta dal 2009, sia sceso sotto quota 40 dollari al barile, il prezzo della benzina è ancora alto, ripercuotendosi su tutte le altre voci di spesa correlate, a cominciare dai prezzi dei biglietti aerei;
   sembra esistere un fenomeno definibile a «doppia velocità» in funzione del quale l'andamento dei prezzi alla pompa non rispecchia mai quello del prezzo al barile, in particolar modo in quei periodi dell'anno in cui l'utenza tende ad intensificare i propri spostamenti;
   l'automobile è da sempre il mezzo privilegiato negli spostamenti ed è anche quello maggiormente colpito dalla tassazione, che ha via via acquisito un peso importante nei bilanci di molte famiglie italiane;
   sulla benzina esiste un'eccessiva tassazione che in poco tempo è passata dal 60 per cento al 65 per cento, equivalendo ad un aumento di circa sei centesimi;
   si rende necessaria una riforma del settore che favorisca da un lato, le verifiche e i controlli sulla formazione del prezzo del carburante e dall'altro, la drastica riduzione delle accise, a garanzia di un sistema maggiormente trasparente e rispondente agli interessi dei consumatori finali –:
   quali iniziative il Governo ritenga di adottare nell'immediato per tutelare i consumatori dall'aumento della tassazione sui costi dei carburanti, e per garantire una maggiore trasparenza ed informazione sui prezzi praticati dalle compagnie petrolifere;
   se il Governo intenda rendere noto l'importo in euro delle maggiori entrate per lo Stato derivanti dal mancato adeguamento del prezzo del carburante al costo ribassato del greggio e specificare altresì a quali capitoli di bilancio vengano destinate le suddette entrate. (4-10546)


   VILLAROSA, D'UVA, CANCELLERI, LOREFICE e GRILLO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   il servizio della trasmissione televisiva «le iene», andato in onda il 27 settembre 2015, riprende la vicenda già trattata alcuni anni fa, riguardante la Air Panarea, una compagnia aerea «abusiva» che offre a caro prezzo escursioni spericolate in volo sul vulcano Stromboli e in altre zone interdette ai voli privati turistici in quanto patrimonio dell'Unesco, zona protezione speciale e sito di interesse comunitario;
   sempre dal servizio andato in onda il 27 settembre si apprende la notizia che la tariffa applicata dalla Air Panarea è di 1.200 euro per un divertente volo di 20 minuti in aree protette e interdette al volo se non per motivi di emergenza. Non si può non notare il pagamento in contanti relativo a una cifra superiore ai 1.000 euro e, molto probabilmente, anche alla luce di ciò, sarebbe utile chiarire se alla sopra menzionata transazione sia seguita l'emissione di ricevuta di vendita regolare e conseguente pagamento di tutte le somme di natura fiscale;
   sempre nel servizio andato in onda il 27 settembre si apprende che l'elicottero della Air Panarea, per accontentare i desideri ludici dei turisti e del pilota a giudizio degli interroganti incosciente e spericolato, talvolta abbia utilizzato la pista riservata all'elisoccorso, occupandone totalmente la superficie e non consentendo l'eventuale tempestivo utilizzo per i fini per i quali tale eliporto esiste –:
   se, nell'ambito delle sue competenze, non intenda disporre un controllo accurato riguardante la situazione fiscale della Air Panarea, nel caso anche incrociando i dati tra consumo di carburante ed emissione di fatture o ricevute fiscali, in modo da avere certezza sulla congruità delle attività della Air Panarea ed eventualmente intervenire tempestivamente in caso di irregolarità fiscali. (4-10548)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:


   BARBANTI, ARTINI, BALDASSARRE, BECHIS, MUCCI, PRODANI, RIZZETTO, SEGONI e TURCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la nota situazione di disagio situazione relativa al Porto di Gioia Tauro potrebbe complicarsi ulteriormente per le circostanze di seguito esposte;
   il gruppo Maersk tramite APM Terminals ha raggiunto un accordo con Perez y Cia per l'acquisizione della loro quota di maggioranza nel gruppo marittimo di Barcellona TCB, con le rispettive attività di servizi container in Europa e America Latina. Grup Maritim TCB controlla 11 terminal per container con una capacità annuale di 4,3 milioni di TEU. TCB ha concessioni a Barcellona, Valencia, Castellon, Isole Canarie, Izmir (Turchia), Yucatan (Messico), Quetzal (Guatemala), Buenaventura (Colombia) e Paranagua (Brasile);
   la MSC del gruppo Aponte ha manifestato un vivo interesse verso il terminal di Taranto, ormai fallito per l'addio dei coreani di Evergreen. Fonti di stampa hanno pubblicato la notizia dell'acquisto del 45 per cento del Trieste Marine Terminal, società del gruppo «To Delta» che gestisce il terminal sul molo VII;
   gli interessi dei maggiori operatori del porto di Gioia Tauro potrebbero deviare il proprio asse dall'importante porto calabrese ed, in effetti, la cessione delle quote azionarie del terminal Medcenter di Gioia Tauro da parte del gruppo Maersk che ne deteneva il 33 per cento, confermano l'ipotesi;
   l'alleanza tra i due colossi dello shipping Maersk ed MSC, denominata 2M, al momento non ha prodotto alcun incremento di volumi su Gioia Tauro, anzi, gli stessi sono in netta discesa (il terminal rispetto allo scorso anno ha avuto una contrazione del 15 per cento in termini di contenitori movimentati ed il mese di agosto appena trascorso si attesta come uno dei più drammatici dall'inizio della crisi con appena 120.645 container movimentati, livelli così bassi non si toccavano ormai dall'inizio del 2012);
   i volumi di traffico su rotaia non hanno avuto l'incremento sperato, nonostante sia stato dimostrato proprio nei mesi scorsi, in occasione degli scioperi a Napoli, come l'infrastruttura ferroviaria sia in perfetta efficienza. Il traffico di contenitori da Napoli è stato dirottato, infatti, su Gioia Tauro che nel 2008 giusto per ricordarlo lavorava 200 treni ogni mese;
   è chiaramente solo una scelta commerciale quella di non utilizzare lo snodo ferroviario già esistente nello scalo gioiese. Una scelta ad avviso degli interroganti dettata puramente da interessi economici e privati dell'unico cliente-proprietario-concessionario che ormai è MSC del gruppo Aponte (che detiene al momento il 50 per cento delle azioni del terminal di Gioia Tauro avendo acquisito anche quota parte delle azioni di Maersk);
   sul tema concessioni occorre, comunque, effettuare una riflessione specifica. Ad avviso degli interroganti è necessario verificare quale sia il reale livello di utilizzo delle banchine e degli spazi concessi a Medcenter Container Terminal spa la quale, a fronte di una concessione cinquantennale che scadrà il 2043, attualmente ne sfrutta poco più del 60 per cento ed ha attivato, di conseguenza, la cassa integrazione straordinaria per oltre 350 unità lavorative;
   l'attività di verifica dovrebbe essere svolta dal presidente dell'autorità portuale di Gioia Tauro secondo quanto previsto dall'articolo 8, lettera h), della legge n. 84 del 1994 e dagli articoli da 36 a 55 e 68 del codice della navigazione il quale, sentito il comitato portuale di cui all'articolo 9 della legge n. 84 del 1994, potrà esercitare tutte le verifiche previste dalle norme sopra citate; gli spazi non adeguatamente utilizzati potrebbero essere dunque revocati per essere messi a gara internazionale ed in questo modo attrarre eventuali nuovi terminalisti nel porto di Gioia Tauro. Tutto ciò però non è possibile realizzare perché l'autorità portuale è stata – ad avviso degli interroganti – inspiegabilmente commissariata da oltre un anno e mezzo;
   inoltre, lo stato di protratto commissariamento impedisce l'applicazione all'autorità portuale di Gioia Tauro delle norme in materia di risanamento dei conti e di competitività previste dalle più recenti norme; ad esempio all'avvio della XVII legislatura è intervenuto, in materia di autonomia finanziaria delle autorità portuali, l'articolo 22 del decreto-legge n. 69 del 2013;
   in materia, l'articolo 14 del decreto-legge n. 83 del 2012 ha previsto la destinazione su base annua, nel limite di 70 milioni di euro annui, dell'uno per cento del gettito dell'IVA relativa all'importazione di merci introdotte nel territorio nazionale per il tramite di ciascun porto rientrante nelle circoscrizioni delle autorità portuali;
   l'articolo 14 del decreto-legge n. 83 del 2012 è stato successivamente modificato dall'articolo 22 del decreto-legge n. 69 del 2013, prevedendo: a) l'innalzamento da 70 milioni di euro annui a 90 milioni di euro annui del limite entro il quale le autorità portuali possono trattenere la percentuale dell'uno per cento dell'IVA riscossa nei porti; b) la destinazione delle risorse anche agli investimenti necessari alla messa in sicurezza, alla manutenzione e alla riqualificazione strutturale degli ambiti portuali;
   l'articolo 22 ha inoltre consentito, stabilizzando e sviluppando la disciplina sperimentale introdotta per gli anni 2010, 2011 e 2012 dall'articolo 5, comma 7-duodecies, del decreto-legge n. 194 del 2009, alle autorità portuali di diminuire, fino all'azzeramento, ovvero di aumentare, fino a un tetto massimo pari al doppio, le tasse di ancoraggio;
   successivamente, l'articolo 13 del decreto-legge n. 145 del 2013 (cosiddetto «decreto-legge destinazione Italia») ha consentito la destinazione della quota di IVA riscossa nei porti e trattenuta dalle autorità portuali anche a interventi cantierabili per la competitività dei porti italiani, interventi finanziati anche con risorse revocate dalla realizzazione di altre infrastrutture nonché erogate per interventi nelle aree portuali per i quali non si sia proceduto, entro due anni dall'erogazione del finanziamento, all'approvazione del bando di gara –:
   se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative intenda assumere il Governo, alla luce di quanto sopra descritto, affinché si determinino le condizioni per il superamento della situazione di commissariamento in cui versa l'autorità portuale di Gioia Tauro in quanto appare vitale l'istituzione di una «cabina di regia» non-emergenziale per rilanciare nel complesso l'area del porto di Gioia Tauro. (4-10550)


   VERINI, SERENI, ASCANI e GIULIETTI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel periodo tra il 2010 e 2014 per i lavori di manutenzione della E45 nel tratto stradale tra Collestrada e Cesena sarebbero stati usati materiali giudicati inadatti per sopportare il transito consistente di auto e mezzi pesanti, ma anche tecniche di costruzioni inadatte;
   si apprende dalla stampa che l'ipotesi investigativa che ha portato all'iscrizione sul registro degli indagati di 22 persone, tra legali rappresentanti, dirigenti e direttori dei lavori di diverse società che, nei 5 anni presi in esame, hanno eseguito lavori di manutenzione lungo la superstrada che attraversa il territorio umbro, toscano e romagnolo, ha trovato conferma in una perizia, ora nella disponibilità della procura di Forlì;
   l'ipotesi aveva portato a iscrivere sul registro degli indagati 22 persone, tra cui si leggono nomi di dirigenti, direttori dei lavori, legali rappresentanti: l'indagine è stata aperta per truffa per «non aver adempiuto agli obblighi indicati nei contratti di fornitura stipulati con Anas»;
   l'E45 rappresenta un'arteria fondamentale per la comunicazione Nord-Sud dell'Umbria e dell'Italia centrale, ma purtroppo vanta una storia interminabile di disagi, interruzioni, lentezze nei lavori, gravi deterioramenti del manto stradale e in certi casi perfino strutturali, come nel tratto appenninico di Verghereto: si tratta di una strada percorsa non solo da traffico leggero, ma anche da quello legato al trasporto pesante, camion, autoarticolati che percorrono una strada che da troppi anni (in pratica da sempre) non garantisce condizioni di sicurezza;
   appare dunque fondamentale, dopo il forse inevitabile abbandono del progetto di trasformazione della E45 in autostrada, l'impegno concreto di Governo e regioni perché si proceda rapidamente, con i necessari finanziamenti, ad un piano serio di messa in sicurezza, manutenzione straordinaria, nell'ambito del positivo cambiamento messo in atto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per privilegiare le opere cantierabili, combattere drasticamente gli affidamenti opachi e poco trasparenti che nel tempo hanno causato gravi episodi di cattiva gestione e perfino di corruzione –:
   quali iniziative urgenti di competenza il Ministro intenda adottare al fine di fare al più presto chiarezza su ogni aspetto legato a questa vicenda, e se non intenda fornire notizie certe in merito alle date in cui si prevede di chiudere i cantieri allestiti sul Verghereto (quelli precedenti durarono decenni) eliminando ogni ombra su ipotesi di malaffare;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda mettere in campo, sul piano tecnico e amministrativo, per verificare se davvero le opere di manutenzione e di ripristino e i lavori effettuati sulla superstrada siano stati condotti con materiale scadente, non conforme alle condizioni dei contratti e dei capitolati, cosa che configurerebbe, nel caso fosse confermata, gravi violazioni. (4-10554)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   BURTONE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la SSD città di Scordia è una squadra di calcio che attualmente milita nel campionato nazionale dilettanti, comunemente nota come serie D, girone I;
   il campo di calcio comunale «Aldo Binanti» di Scordia aveva licenza per una capienza massima di 1.150 persone come da licenza concessa dal sindaco;
   a seguito della promozione sono stati effettuati una serie di interventi ulteriori in ottemperanza alle normative previste in termini di sicurezza;
   altri interventi sono in corso proprio per adeguare ulteriormente l'impianto;
   in base alle comunicazioni avvenute tra FIGC, società sportiva e comune di Scordia non vi sono problemi per l'utilizzo dell'impianto salvo la previsione di disputare alcuni incontri senza la presenza di pubblico ospite;
   nonostante questa disponibilità la prefettura ha disposto invece di giocare a porte chiuse fino a quando lo stadio non sarà adeguato alle prescrizioni previste dalla categoria;
   sono comprensibili le preoccupazioni poste dalla Prefettura nella emanazione della propria ordinanza;
   nel contempo si fa presente che per la comunità e anche per il comprensorio più ampio la partecipazione a un campionato nazionale rappresenta un evento di straordinaria rilevanza non solo sportiva ma sociale;
   partecipare a un campionato quale quello di serie D costituisce un enorme sforzo anche di natura economica per la società sportiva;
   il giocare a porte chiuse costituisce sicuramente una penalizzazione per gli sportivi e per la società che per la prima volta partecipa a un campionato nazionale –:
   se il Ministro sia a conoscenza del suddetto caso e se non intenda valutare, nel pieno rispetto della normativa vigente se sussistano i presupposti per assicurare comunque l'apertura dell'impianto sulla base della licenza finora concessa solo per il pubblico di casa, mantenendo il divieto per le tifoserie ospiti. (5-06521)


   TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI, CHIMIENTI, LOMBARDI, DALL'OSSO e ALBERTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 24 settembre 2015, sul sito online «contropiano.org», veniva pubblicata la notizia riguardante le minacce di morte ricevute da Saverio Ferrari, da parte di ambienti dell'estrema destra milanese;
   Saverio Ferrari, storico e ricercatore di Milano, studioso dei gruppi neofascisti e fondatore dell'Osservatorio sulle nuove destre, è persona nota per la sua attività di documentazione su quanto avviene nel mondo dell'estremismo neofascista, attività preziosa che lo ha portato alla pubblicazione di diversi libri. Le sue informazioni raccolte, sono spesso citate anche dagli organi di informazione;
   Saverio Ferrari, che ha dichiarato di aver ricevuto le minacce di morte, tramite un messaggio reso pubblico, ha spiegato di essere stato informato, per la seconda volta in poco tempo, che negli ambienti dell'estrema destra milanese si stia preparando un'aggressione nei suoi confronti. La fonte è stata ritenuta attendibile dallo stesso Ferrari perché ha più volte avuto modo di verificarla. La stessa fonte ha anche fatto presente le modalità e il nome dell'organizzatore dell'aggressione. L'intenzione, secondo quanto citato, sarebbe quella di utilizzare stranieri prezzolati nel tentativo di far passare il fatto come una vicenda dai contorni poco chiari. Ferrari chiude il suo messaggio, chiarendo che lo stesso si vede costretto a denunciare il tutto con il genere di modalità appena indicate, non potendo ovviamente disporre di riscontri oggettivi per una denuncia penale, e rende noto che il nome dell'organizzatore e dei mandanti verranno da lui consegnati a più persone di sua fiducia, oltre che al suo avvocato che, nel qual caso dovesse essere aggredito, sapranno come utilizzarli –:
   se il Governo intenda, a seguito di un'attenta analisi delle minacce di morte ricevute dal sopracitato Saverio Ferrari, verificare il livello di adeguatezza di protezione dello stesso e, se questo si rivelasse inesistente o insufficiente, quali misure si intendano adottare. (5-06526)

Interrogazioni a risposta scritta:


   BRESCIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel novembre 2014, a seguito dell'incendio di natura dolosa che ha danneggiato gravemente l'ex convento di Santa Chiara – conosciuto anche come Casa del Rifugiato – sul lungomare di Bari, circa 150 rifugiati sono stati trasferiti nella tendopoli allestita dal comune nel capannone dell'ex Set in via Brigata Regina, quartiere Libertà;
   il capannone dell'ex Set rappresentava una sistemazione temporanea per i rifugiati accolti dalla città di Bari, che avrebbero dovuto abitare in quella tendopoli per soli due mesi, in attesa di una nuova e più idonea collocazione;
   a distanza di quasi un anno dall'incendio dell'ex convento di Santa Chiara, circa 200 rifugiati vivono ancora nel capannone dell'ex Set in condizioni pietose;
   da notizia di stampa del 7 gennaio 2015 pubblicata sul quotidiano online Bari Today si evince che già da mesi i rifugiati chiedono al comune di Bari una nuova e più decorosa sistemazione;
   il succitato articolo riporta la testimonianza di un rifugiato, il quale racconta: «La nostra situazione di vita, rispetto a quella presente nella Casa del Rifugiato, è peggiorata. All'interno della stessa tenda dormiamo in otto persone tra cui donne, alcune incinta, e nuclei familiari. Il capannone e umido, quando piove gocciola, molti di noi si ammalano senza mai guarire del tutto, mettendo a rischio tutti gli altri compagni di tenda»;
   ad oggi, le condizioni dei rifugiati ospitati nel capannone dell'ex Set nella città di Bari non sarebbero cambiate nonostante le loro continue richieste al comune per una migliore sistemazione;
   a riportare l'attenzione sulla situazione di estremo disagio vissuta dai rifugiati dell'ex Set è stata Cecilia Strada, figlia del fondatore di Emergency Gino Strada, la quale in data 26 settembre 2015 ha rilasciato un'intervista al quotidiano online La Repubblica – Bari in occasione della sua visita alla tendopoli;
   in tale intervista si definiscono insostenibili le condizioni di vita dei rifugiati dell'ex Set, lasciati vivere in una struttura in cui le condizioni igieniche sono tutt'altro che dignitose, vista la presenza di topi, di guano sulle tende e di muffa sulle pareti;
   la presidente di Emergency afferma: «Qui mancano i requisiti minimi per una vita dignitosa. Ci sono anche bambini: è davvero un miracolo che la situazione non sia diventata esplosiva e che anzi si viva in pace anche con il quartiere»;
   stando a quanto riportato nell'articolo che accompagna la succitata intervista, entro dicembre 2015 i rifugiati dovrebbero essere spostati e trasferiti in container –:
   se intenda verificare i fatti esposti in premessa;
   se intenda intervenire tempestivamente, le iniziative di competenza, al fine di ovviare allo stato di emergenza che i rifugiati dell'ex Set della città di Bari sono costretti a vivere quotidianamente, prima che la situazione possa degenerare e dar luogo a episodi di violenza. (4-10544)


   CIPRINI, TRIPIEDI, CHIMIENTI, COMINARDI, DALL'OSSO e LOMBARDI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in data 17 luglio 2012 è stata sottoscritta dal Capo della polizia – direttore generale della pubblica sicurezza e dall'amministratore delegato «Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A» una convenzione tra il Ministero dell'interno ed il gruppo Ferrovie dello Stato Italiane;
   la convenzione prevede, tra l'altro, il pagamento di varie indennità per i servizi prestati dalla polizia di Stato al fine di garantire la sicurezza e l'ordine pubblico all'interno delle stazioni e dei treni;
   in particolare, l'articolo 4, comma 5, della suddetta convenzione ha stabilito che: «Le somme per il pagamento delle predette indennità verranno corrisposte dal Gruppo FS al Ministero dell'interno»; l'articolo 2 dell'Allegato alla convezione, prevede che: «I prospetti di tutti i compartimenti, con il totale delle indennità, saranno inviati entro il 10 del mese successivo a quello di effettuazione dei servizi, unitamente alle copie della contabilità, tabelle e format; per vigilanza scalo e per scorta treno, in originale firmati dai responsabili entro il mese successivo a quello di riferimento» e che: «Le somme per il pagamento delle predette indennità verranno corrisposte dal Gruppo FS al Ministero dell'interno tramite il versamento sul capitolo di spesa dedicato della Tesoreria della Ragioneria di Stato con cadenza trimestrale»;
   con nota prot. n. 555/RS/01.20.13.4051 del 16 settembre 2015 avente ad oggetto «Situazione relativa al pagamento delle indennità specialistiche per i servizi resi in convenzione» il Ministero dell'interno ha comunicato lo stato dei pagamenti dei citati emolumenti alla data dell'8 settembre 2015 comunicando che «presumibilmente» entro il mese di settembre o al massimo entro il prossimo mese di ottobre verranno pagati tutti i compartimenti fino al mese di agosto 2014 così lasciando «inevasi» i pagamenti delle indennità già maturate dal personale della Polfer da luglio 2014 fino a settembre 2015;
   si tratta di oltre un anno di ritardo nei pagamenti dovuti delle indennità;
   gli operatori della Polfer svolgono una funzione altamente qualificata spesso rischiando la propria vita per garantire la sicurezza dei cittadini a bordo treno e nelle stazioni ferroviarie come hanno dimostrato i recenti fatti di cronaca e gli effetti della cosiddetta «emergenza immigrazione»;
   la circolare ministeriale n. 557/R5/01/20/13/1694 del 12 febbraio 2013 indica ed elenca i passaggi procedurali e burocratici finalizzati all'assegnazione delle somme agli aventi diritto da cui discendono i ritardi per il pagamento delle indennità dovute;
   tale situazione si verificava fino all'atto del transito nel nuovo sistema «NoiPa»; ora con il passaggio e l'introduzione del sistema NoiPa, non si spiega il protrarsi di questi ritardi –:
   se il Ministro, per quanto di competenza, sia a conoscenza dei fatti esposti;
   quali iniziative intenda adottare il Ministro per semplificare e velocizzare le procedure e i passaggi amministrativi al fine di assicurare una rapida liquidazione degli emolumenti spettanti agli operatori Polfer e garantire maggiore trasparenza ed efficienza delle procedure di assegnazione;
   quali siano i motivi e le cause che hanno determinato i ritardi del pagamento delle indennità di cui premessa nonostante l'entrata in vigore del nuovo sistema «NoiPa». (4-10547)


   NUTI, DI BENEDETTO, DI VITA, LIUZZI, LUPO e MANNINO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Porto di Palermo, sia per flusso di merci che di passeggeri, è uno tra i principali porti italiani e dell'intero mar Mediterraneo: infatti, nel 2014, sono transitate merci per oltre 6,2 milioni di tonnellate, mentre il numero dei passeggeri è arrivato a circa 1,8 milioni;
   la posizione di Palermo all'interno del bacino mediterraneo rende questo porto di particolare rilevanza nei collegamenti tra Europa e Africa, offrendo frequenti collegamenti settimanali con porti nordafricani;
   in virtù di ciò e dell'innalzamento del livello delle esigenze di sicurezza dovuto alla recente attività del terrorismo internazionale, in particolare di matrice islamica, secondo gli interroganti, il porto di Palermo dovrebbe essere oggetto di un rinnovato impegno sul fronte della sicurezza e dei controlli, sia dei passeggeri sia delle merci;
   tuttavia, secondo quanto emerge da recenti denunce pubbliche, fatte da svariate sigle sindacali operanti all'interno del porto medesimo, non vengono garantiti nemmeno i livelli minimi di sicurezza, in riferimento al servizio traghetti che collega stabilmente il porto di Palermo con la Tunisia, in special modo a causa del numero ridotto del personale preposto ai controlli, che dunque vengono effettuati sommariamente o a campione, e dall'assenza di strumentazione idonea, quale metal detector, scanner e di aree dedicate ai controlli;
   alcuni anni fa i funzionari dell'ufficio doganale per l'intera provincia di Palermo risultavano essere circa 150, una cifra che secondo i sindacati di categoria era in linea con gli standard di altri uffici di analoga portata e dimensione nel resto del Paese: a causa del blocco delle assunzioni e di svariati pensionamenti, tale numero è sceso vertiginosamente a meno di 70 unità, raggiungendo il record negativo in assoluto di un funzionario doganale ogni 18.222 abitanti, proporzione che continua a peggiorare per il susseguirsi dei pensionamenti;
   tuttavia l'attuale dotazione organica, elaborata alcuni mesi fa, semplicemente limitandosi a fotografare lo stato dell'arte del personale di allora, aveva fissato le unità in organico a 80; dunque, anche se il numero di funzionari necessario per garantire un servizio efficiente potrebbe essere sensibilmente maggiore rispetto alle 80 unità dichiarate, ad oggi la dotazione reale del personale appare addirittura sensibilmente inferiore;
   la criticità della situazione è ancor più grave se si pensa che attualmente pochi funzionari doganali rimasti in servizio in provincia di Palermo, oltre a controllare il già affollatissimo porto di Palermo, devono suddividersi anche tra il porto di Termini Imerese, l'aeroporto internazionale Falcone Borsellino, gli uffici centrali, nonché vari attracchi marittimi minori, per un totale di oltre 6,5 tonnellate di flusso merci e circa 6,2 milioni di flusso passeggeri;
   in altre realtà italiane ove si registrano flussi passeggeri e merci nettamente inferiori a quelli registrati in provincia di Palermo, invece, la dotazione organica risulta essere uguale o persino maggiore: nel complesso ben 38 uffici delle dogane hanno più personale dell'ufficio delle dogane di Palermo, oltre agli uffici centrali di Roma, i quali, nonostante il già abbondante numero di funzionari presenti, hanno usufruito di una procedura di interpello per ricerca di ulteriore personale interno all'amministrazione;
   inoltre, quantunque vi sia un numero sufficiente di addetti, l'assenza di strumentazione adeguata, come nel caso del porto di Palermo, renderebbe particolarmente difficoltosa l'attività di controllo;
   già attualmente, come più volte denunciato, i funzionari dell'ufficio doganale di Palermo hanno non poche difficoltà nello svolgere le proprie funzioni essenziali ed ulteriori imminenti pensionamenti rischierebbero di bloccare letteralmente le dogane palermitane;
   infine nel territorio palermitano è storicamente ben radicata la principale organizzazione criminale mafiosa italiana, «Cosa Nostra», la quale è ben infiltrata all'interno del porto, come dimostrano recenti sequestri, la progressiva paralisi incontro alla quale sta andando questo ufficio doganale non farebbe altro che facilitare ulteriormente, a giudizio degli interroganti l'attività criminale all'interno del porto;
   secondo gli interroganti, un aumento del personale, ancorché costituisca per le finanze pubbliche un maggior costo, garantirebbe innanzitutto livelli minimi di sicurezza e legalità e, inoltre, potrebbe assicurare ulteriori entrate derivanti da un rafforzato controllo sul flusso delle merci e dalla contestazione delle relative irregolarità;
   la situazione sopra descritta risulta essere talmente esasperata che tutte le sigle sindacali di settore e le rappresentanze sindacali unitarie hanno recentemente proclamato lo stato di agitazione in provincia di Palermo e affermato l'intenzione di proclamare eventualmente uno sciopero nelle giornate di venerdì 16 ottobre e venerdì 30 ottobre 2015 –:
   se il Governo non intenda, per le parti di competenza, intraprendere azioni volte a risolvere l'attuale situazione di crisi in cui versa l'ufficio doganale di Palermo, aumentando il personale del suddetto ufficio, almeno sino al raggiungimento delle unità stabilite nella dotazione organica anche tramite lo strumento della procedura per interpello riservata ai dipendenti della stessa Agenzia delle dogane;
   se il Governo non intenda attivarsi, per le parti di competenza, al fine di finanziare l'acquisto della strumentazione necessaria per garantire un'adeguata attività di controllo del flusso dei passeggeri;
   quali ulteriori iniziative intenda intraprendere, per le parti di competenza per ridurre i rischi connessi ad eventuali sbarchi all'interno del porto di Palermo di soggetti appartenenti a organizzazioni terroristiche internazionali nonché al fine di prevenire e contrastare infiltrazioni mafiose. (4-10556)


   LOMBARDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il giorno 11 settembre 2015, si è svolta presso il dipartimento della P.S. una riunione durante la quale l'amministrazione ha portato in esame una proposta di decreto del Presidente della Repubblica che prevede la riorganizzazione del Ministero dell'interno e dei suoi dipartimenti, a cominciare proprio da quello della pubblica sicurezza;
   la riunione era presieduta dal vice capo della polizia prefetto Matteo Piantedosi ed ha visto la partecipazione del direttore centrale per le risorse umane prefetto Mazza, del direttore centrale per gli affari generali prefetto Truzzi, del direttore dell'ufficio per l'amministrazione generale prefetto Valentini e del direttore dell'ufficio per le relazioni sindacali vice prefetto Ricciardi;
   il progetto del decreto del Presidente della Repubblica – così come evidenziato dal vice capo della polizia – nasce dall'attuazione della legge 144 del 2014 inerente a misure di semplificazione amministrativa e della legge 147 del 2014 riguardante disposizioni sulle città metropolitane e sulle province;
   il provvedimento – ha continuato il prefetto Piantedosi – riguarderà la chiusura di prefetture e questure ed in luogo di queste ultime nasceranno comunque dei presidi territoriali di cui il vice capo non è stato ancora in grado di indicare la tipologia, né l'inquadramento ordinamentale, né la consistenza organica;
   il COISP, nel suo intervento, ha criticato fortemente il provvedimento proposto, specificando che «la malsana idea di chiudere 23 questure su tutto il territorio Italiano, accorpando le loro competenza presso le questure limitrofe è un disegno scellerato e pericoloso per il Sistema Sicurezza del Paese, e che mai nella storia della Repubblica Italiana, nessuno aveva pensato di incidere in modo così negativo e pesante sulla sicurezza dei cittadini»;
   proprio per la portata del provvedimento, inoltre, ha chiesto che il confronto avvenga con il Ministro dell'interno in quanto «è quest'ultimo che, prima dinanzi ai Cittadini e poi ai Poliziotti, si deve assumere la responsabilità di smantellare importanti articolazioni della Polizia di Stato, incidendo in modo profondo e inopportuno sulla sicurezza dei cittadini che risiedono in ventitré province Italiane, alcune delle quali anche fortemente aggredite dalla criminalità mafiosa»;
   l'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica proposto, magari con provvedimenti ovviamente conseguenti, comporterebbe – secondo il COISP – la inevitabile riduzione degli organici e conseguentemente dei posti di funzione, generando serie e concrete problematiche alla mobilità del personale, soprattutto presso le città che non saranno più sede di questura, dove diventerà praticamente impossibile essere senza sottovalutare anche un ulteriore blocco alla progressione di carriera per gli attuali appartenenti ai ruoli direttivo e dirigente;
   il COISP, durante la riunione, ha richiamato la necessita di procedere al più presto con quello che doveva essere l'oggetto della riunione, ovvero i decreti attuativi della cosìddetta legge Madia ed in modo particolare con una serrata discussione sul riordino delle carriere del personale della polizia di Stato, che purtroppo durante l'incontro è stato solo lambito dalla discussione –:
   se analoghe iniziative normative siano in corso per le altre forze di polizia, al fine di conoscere la reale portata di quello che l'interrogante reputa l'arretramento territoriale che si vuole far compiere al sistema sicurezza del paese oppure se si tratti di una strisciante militarizzazione dell'ordine e della sicurezza pubblica che comincerà con la Militarizzazione delle competenze e del personale del Corpo forestale dello Stato. (4-10558)


   PETRAROLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il comune di Massafra, comune di circa 33 mila abitanti in provincia di Taranto, stipulava, in data 15 giugno 2012 e registrato presso l'ufficio territoriale di Taranto in data 92 luglio 2012, un contratto di gestione del servizio di raccolta di rifiuti solidi urbani con la Società Avvenire per un valore iniziale dichiarato di euro 13.891.476,00;
   il prefetto di Bari, con atto del 31 luglio 2015 prot.29584/AREA I TER OP/Ant. ha emesso interdittiva antimafia nei confronti della suddetta società, nella quale si rileva la presenza, tra i dipendenti di 37 cittadini di Massafra, alcuni di questi già condannati per il reato di associazione mafiosa. Viene, inoltre, rilevata nella predetta informativa la presenza, tra i responsabili del servizio di raccolta RSU della società Avvenire così come evidenziato sul sito web istituzionale del civico ente, di un personaggio già condannato per associazione per delinquere di stampo mafioso;
   tali elementi presenti nell'informativa emanata dalla prefettura di Bari, piuttosto chiari, sono a giudizio dell'interrogante sufficientemente e oggettivamente sintomatici del concreto pericolo d'ingerenza e/o infiltrazione della criminalità organizzata con «la pubblica amministrazione»;
   già in data 28 febbraio 2015 La Legione Carabinieri Puglia Stazione di Massafra trasmetteva alla procura della Repubblica di Taranto, per i procedimenti penali n. 36/4335 /2012 mod. 21 integrante il procedimento e 36/3736/13 mod. 21, informativa di reato, con quadro indiziano a carico dei massimi rappresentanti del comune di Massafra, di associazione per delinquere finalizzata alla truffa, abuso d'ufficio, falso ideologico e materiale commesso da pubblico ufficiale, richiedendo all'autorità giudiziaria di avanzare, nei confronti dei soggetti individuati, emissione di misura cautelare di «sospensione dell'esercizio di un pubblico Ufficio o servizio»;
   tale procedura è stata attivata in modo tale da evitare ulteriori gravi conseguenze in considerazione delle molteplici attività gestionali del civico ente, considerata la stabilità del vincolo associativo attuato dai soggetti individuati nell'informativa prefettizia, «gerarchicamente» delineato, composto e organizzato, volto alla commissione di una pluralità indeterminata di delitti contro la pubblica amministrazione e il patrimonio, avendo così ampie possibilità di controllare e gestire appalti, servizi e assunzioni di personale;
   il pubblico ministero titolare dell'indagine, formulava richiesta di archiviazione al Gip che, in data 11 maggio, accoglieva la richiesta emettendo relativo decreto di archiviazione, ritenendo comunque, a quanto risulta all'interrogante, di non notificare al denunciante avviso di archiviazione ex articolo 408 del codice di procedura penale –:
   se il Ministro interrogato intenda attivare le iniziative di competenza ai sensi dell'articolo 143 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. (4-10559)


   PRODANI, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, MUCCI, RIZZETTO, SEGONI e TURCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la segreteria provinciale SILP-CGIL 41 Trieste (Sindacato italiano dei lavoratori della polizia), in un comunicato stampa del 16 settembre 2015, ha reso noto che il giorno precedente, il questore di Trieste Antonio Maiorano, nel corso di un incontro presso la sala stampa della questura, ha annunciato il trasferimento, da effettuarsi entro la settimana successiva, del commissariato di PS di San Sabba nella nuova palazzina realizzata nel comprensorio di via Mascagni dove sono già stati trasferiti recentemente gli uffici della polizia stradale e dell'ufficio sanitario provinciale;
   la nuova caserma è stata costruita dal comune di Trieste a seguito di un accordo siglato con il Ministero dell'interno e con l'Agenzia del demanio che prevedeva l'edificazione della palazzina all'interno del comprensorio di S. Sabba in cambio dell'acquisizione, da parte del municipio, dell'ampia area (circa 8.000 mq) occupata dalla Caserma di P.S. «Emanuele Filiberto» nel rione di Roiano;
   nel comunicato citato si evidenzia come la nuova struttura non sia fornita degli obbligatori accessi per le persone con disabilità e che, a fronte delle grave carenze strutturali, il sindacato abbia già presentato un esposto alla procura della Repubblica, alla Corte dei Conti e all'Autorità nazionale anticorruzione;
   la segreteria SILP-CGIL rimarca per l'ennesima volta la grave situazione della vigilanza del sito di S. Sabba, dove il controllo dell'accesso e dell'intero comprensorio (per un totale di 27.000 metri quadrati) sia affidata a pochi operatori, che prestano servizio all'interno di un container privo di qualsiasi misura di protezione ed inadatto allo scopo; si menziona, ad ulteriore conferma di tale segnalazione, come proprio nella notte tra il 15 e 16 settembre si sia verificato un black-out elettrico che ha lasciato gli addetti a lavorare al buio;
   il sindacato sostiene che il trasferimento del commissariato nella nuova sede renda necessario del personale aggiuntivo da destinare al corpo di guardia della palazzina, sottraendo ulteriori risorse umane dal servizio ordinario; esprime, quindi, una forte preoccupazione per la cronica carenza di personale che non risponde alla diffusa richiesta di maggior controllo del territorio –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle condizioni di carenza strutturale della nuova sede del commissariato;
   quali iniziative urgenti intenda adottare sia per adeguare le strutture come previsto dalla normativa vigente, sia per individuare eventuali responsabilità connesse alla mancata previsione degli accessi per disabili;
   in che modo intenda intervenire per fronteggiare la mancanza di personale in servizio presso la questura di Trieste, al fine di garantire più sicurezza ai cittadini ed un maggior controllo del territorio. (4-10561)


   CHIARELLI e PALESE. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   il 31 luglio 2015 la prefettura di Bari ha proceduto al commissariamento della cooperativa Avvenire che gestiva la raccolta di rifiuti in alcuni enti locali pugliesi a causa di un complessivo quadro di pericolosità circa l'esistenza del rischio di infiltrazioni mafiose e della sussistenza di un collegamento dell'impresa con organizzazioni mafiose;
   dalle indagini condotte dalla procura è emerso che dal 2010 è intercorso un forte rapporto di dipendenza tra la ditta Avvenire s.r.l. e il pluripregiudicato di Massafra (TA) Giuseppe Coronese, condannato per associazione a delinquere di stampo mafioso e assunto nella ditta subito dopo essere stato scarcerato;
   la ditta Avvenire s.r.l., negli ultimi anni, ha conseguito appalti in diversi comuni della regione Puglia, in particolare nella provincia di Taranto; tra le varie commesse, a Massafra, l'Avvenire S.r.l. gestiva il servizio di Raccolta solidi urbani (Rsu) a seguito di un contratto da 14 milioni di euro dal 15 giugno 2012;
   le indagini della procura hanno rilevato forti turbative di stampo mafiose anche nelle assunzioni all'interno della ditta Avvenire, tanto che oltre al pluripregiudicato Coronese, 36 dipendenti risultano provenire dalla località di Massafra e anche essi sono pregiudicati mafiosi con precedenti per gravi reati;
   oltre alla grave situazione di Massafra, è stato rilevato che a Noci, l'appalto per la raccolta dei rifiuti affidato alla società Avvenire srl, aveva addirittura una durata di quindici anni poiché, stando alle parole dell'ex sindaco, il costo della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti era di gran lunga inferiore a quanto pagavano altri comuni limitrofi come Putignano e Alberobello;
   alcune intercettazioni riferivano di un incontro tra i rappresentanti dell'Avvenire, che ne gestivano la raccolta a Scalea, per l'aggiudicazione di una gara da 11 milioni e 200 mila euro dove i boss, secondo gli investigatori, avrebbero fatto da tramite fra i rappresentanti dell'Avvenire ed i vertici dell'amministrazione di Scalea per pilotare la gara, in cambio di una tangente da 500 mila euro;
   la regione Puglia, a seguito dell'inderdittiva antimafia, ha disposto una ricognizione del servizio di raccolta rifiuti nei comuni interessati per procedere ad una nuova gara e fare in modo che i nuovi appalti siano gestiti in maniera aggregata dagli ambiti di raccolta ottimale e non più dai singoli comuni;
   i provvedimenti prefettizi, basati su due relazioni di aprile e giugno 2015, di cui non si conosce l'esito, redatte della direzione investigativa antimafia di Bari, hanno portato alla luce un sistema radicato e strutturato di infiltrazioni mafiose, in particolar modo, sul territorio pugliese senza però fornire un registro ben preciso degli indagati nonché informazioni specifiche su come siano stati concessi tali appalti;
   la provincia di Taranto, già afflitta da una situazione di grave difficoltà del sistema economico e imprenditoriale, che vede nella crisi dell'Ilva il suo perno, e che porta con sé un carico di ripercussioni negative in termini occupazionali e sociali, e contraccolpi in tutta la filiera dell'indotto, si ritrova suo malgrado al centro di vicende oscure, e il territorio è costretto a subire le pesanti conseguenze dovute al paventato rischio di infiltrazioni mafiose nelle imprese e nella gestione degli appalti;
   nella totale confusione e imprecisione sullo stato delle indagini e degli indagati stessi, il presidente della regione Puglia, che dovrebbe essere informato sui fatti, sta mostrando grave preoccupazione circa il caso, tanto che, da alcune testate giornalistiche, si apprende che è sua intenzione contattare il Viminale o comunque il prefetto di Taranto per avere maggiori ragguagli su quanto esposto –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti riportati in premessa;
   se i Ministri interrogati intendano adottare opportune iniziative al fine di contribuire, per quanto di competenza, a chiarire gli aspetti non ancora noti delle vicende riportate in premessa, con particolare riferimento alle ditte coinvolte negli appalti per la gestione dei rifiuti della provincia di Taranto, e quali azioni intendano intraprendere al fine di contrastare ogni collegamento tra imprese, enti e organizzazioni mafiose locali nel territorio pugliese. (4-10564)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   CHIMIENTI, MARZANA, D'UVA, BRESCIA, LUIGI GALLO, VACCA, DI BENEDETTO e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   visti i limiti fissati dal complesso quadro normativo di riferimento, il comune di Torino non ha potuto sviluppare, negli anni, politiche assunzionali a tempo indeterminato coerenti con il mantenimento dei livelli quantitativi dei servizi educativi e scolastici erogati;
   ne è pertanto conseguito che anche il comune di Torino ha reiterato, negli anni, contratti a tempo determinato a personale che in molti casi ha superato il limite dei 36 mesi, già previsto dal decreto legislativo n. 368 del 2001 e confermato dal decreto legislativo n. 81 del 2015;
   il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione in data 2 settembre 2015 ha diramato la circolare numero 3/2015, avente per oggetto «Disciplina applicabile ai rapporti di lavoro a tempo determinato del personale delle scuole comunali, con particolare riferimento ai limiti di durata»;
   la circolare evidenzia le problematiche in merito all'imposizione del limite dei 36 mesi come massimo periodo di durata di rinnovi contrattuali del personale legato ai servizi educativi;
   la circolare, pertanto, concede ai comuni la facoltà di derogare ai limiti dei 36 mesi purché vi sia un piano assunzionale che abbia come obiettivo il superamento del precariato;
   il comune di Torino procederà nei prossimi mesi all'assunzione di personale a tempo determinato e indeterminato nel settore educativo;
   il comune di Torino ha creato, circa due anni fa, due graduatorie aperte per nidi e materne, riservate esclusivamente a personale con più di 36 mesi di servizio, con lo scopo di stabilizzare il precariato storico, e dalle quali il comune attingerà per i soli contratti a tempo indeterminato;
   il comune di Torino, per quanto concerne le chiamate a tempo determinato (supplenze) ha deciso, con determina dirigenziale n. 201543500 del 26 agosto 2015, di applicare in senso stretto il tetto massimo di 1080 giorni ai contratti individuali di lavoro a tempo determinato e di conferire gli incarichi al personale presente nelle graduatorie statali, nonostante la presenza in graduatoria del personale con più di 36 mesi di servizio;
   nei comuni di Roma e Milano si sta, invece, applicando la circolare sopracitata come elemento per superare temporaneamente i limiti imposti rispetto alla prosecuzione dei tempi determinati oltre ai 36 mesi –:
   se il Governo sia a conoscenza della questione che concerne la città di Torino e quale delle diverse interpretazioni date dai comuni alla circolare di cui in premessa sia corretta;
   se non si ritenga opportuno emanare una nuova circolare a chiarimento della possibilità di superare il limite dei 36 mesi in ambito educativo. (5-06523)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ALBANELLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da accreditati organi di stampa locali, si apprende la storia di una bambina disabile che a causa delle carenze architettoniche dell'istituto Pennisi-Alessi di Acireale è costretta a vivere quotidianamente la difficoltà e il disagio di raggiungere la propria classe;
   l'istituto risulta, infatti, senza ascensore, senza un posto per disabili dove posteggiare e un cancello sbarrato che non permette ai familiari di accedere direttamente con un mezzo privato;
   la legge 30 marzo 1971, n. 118 impone all'articolo 27 di rendere accessibili gli edifici delle istituzioni prescolastiche, scolastiche, compresi gli atenei universitari e le altre istituzioni di interesse sociale nella scuola, adeguando le strutture interne ed esterne ribadendo il principio dell'articolo 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 384 del 1978 che stabilisce che gli edifici pubblici e privati degli istituti scolastici d'ogni grado per essere accessibili devono prevedere almeno un percorso esterno che colleghi la viabilità pubblica all'accesso dell'edificio, dei posti auto riservati, la piena utilizzazione di ogni spazio anche da parte degli studenti con ridotte o impedite capacita motorie, e almeno un servizio igienico accessibile. Nello specifico, per quanto riguarda gli edifici pubblici, gli arredi e le attrezzature didattiche (banchi, sedie, macchine da scrivere, spogliatoi, materiale Braille, e altro) devono avere caratteristiche particolari per ogni caso di invalidità. Nel caso l'edificio scolastico sia disposto su più piani, e non ci sia l'ascensore, è consigliabile collocare la classe frequentata dagli alunni con impedite capacità motorie al piano terra –:
   se il ministro interrogato non ritenga opportuno — al fine di garantire il diritto allo studio alla giovane studente — assumere iniziative, per quanto di competenza, volte a effettuare le necessarie verifiche, anche nel rispetto della legge 30 marzo 1971, n. 118. (4-10549)


   RIGONI, CIMBRO, DALLAI, ALBINI, TENTORI, LATTUCA, CIRACÌ, CARRA, CASTRICONE, CENSORE, CENNI, CAROCCI, VENTRICELLI, CARNEVALI, CARELLA, D'OTTAVIO, STUMPO, FIORIO, COMINELLI, COVA, PIRAS, TARICCO, PELLEGRINO, FERRARA, AIRAUDO, MANFREDI, LAFORGIA, OLIVERIO, TINO IANNUZZI, IORI, MOGNATO, PASTORINO e CAPODICASA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la sentenza della terza sezione della Cotte di giustizia dell'Unione europea del 26 novembre 2014, relativa alla reiterazione dei contratti a tempo determinato oltre i 36 mesi, specifica che l'indirizzo internazionale deve andare verso l'utilizzo di contratti a tempo indeterminato;
   il tribunale di Napoli si è recentemente espresso a favore di un docente precario in possesso dei 36 mesi di servizio, il quale si è visto riconosciuto il diritto ad avere un contratto a tempo indeterminato, condannando inoltre il Ministero al pagamento delle retribuzioni contrattualmente dovute per i periodi di interruzione di lavoro fino all'immissione in ruolo e di tutte le spese processuali;
   il precariato formatosi nel settore AFAM è stato generato da un'assenza di procedure concorsuali aperte per ben venticinque anni (legge n. 417 del 1990), e riservate per sedici anni (ordinanza ministeriale n. 247 del 1999), nonché per una sovrapposizione normo-giuridica senza precedenti;
   i dati attuali del precariato del settore AFAM censiti dalle recenti graduatorie nazionali prima menzionate indicano 1.201 docenti idonei; numero che sommato alle gemelle graduatorie di cui al decreto-legge n. 97 del 2004 non riesce a soddisfare i posti attualmente vacanti e disponibili, cosicché accademie e conservatori sono ugualmente costretti a ricorrere a graduatorie di istituto per far fronte al servizio didattico;
   l'età media dei docenti menzionati è superiore ai quarant'anni, con picchi limite all'età pensionabile; tutti sono abilitati e selezionati attraverso bandi pubblici d'istituto triennali, con un'esperienza d'insegnamento pluriennale e soprattutto con una media di servizio di molto superiore al limite imposto affinché il rapporto di lavoro si trasformi a tempo indeterminato;
   i docenti afferenti alle citate graduatorie nazionali hanno maturato tre anni accademici e oltre, allo stesso modo di tutti i docenti ancora non immessi a tempo indeterminato e facenti parte della graduatoria del 2004;
   l'applicazione delle graduatorie nazionali non è riuscita a coprire tutti i posti necessari al funzionamento degli istituti AFAM per il corrente anno accademico 2014/15;
   per molti posti vacanti si è dovuto ricorrere di nuovo all'indizione di bandi pubblici per la costituzione di nuove graduatorie d'istituto. I docenti delle graduatorie nazionali sono inoltre tutti occupati su posti liberi e vacanti con contratto a tempo determinato reiterato negli anni, per svolgere le medesime mansioni lavorative;
   quasi tutti i contratti sono senza soluzione di continuità, ponendosi così in contrasto con l'articolo 5 del decreto legislativo n. 368 del 2008, compreso il comma 4, il quale dispone che con «due assunzioni successive a termine senza alcuna soluzione di continuità, il rapporto di lavoro si considera a tempo indeterminato dalla data di stipulazione del primo contratto»;
   il 16 agosto del 2014, con apposito decreto del Presidente della Repubblica, sono state autorizzate le immissioni in ruolo di una percentuale dei docenti delle citate graduatorie nazionali gemelle ex lege n. 143 del 2004 (gemelle per modalità di reclutamento anche se bastavano due soli anni di servizio, mentre per le ultime graduatorie nazionali ne occorrevano almeno tre) trasformatesi ad esaurimento per effetto del citato decreto-legge n. 104 del 2013, il quale ha disciplinato a giudizio degli interpellanti in modo ingiustificatamente e incostituzionalmente diverso docenti appartenenti allo stesso compatto e con i medesimi requisiti;
   oltre ad essere necessario terminare il processo di stabilizzazione dei pochi docenti ancora ricadenti nell'ambito di applicazione della citata legge n. 143 del 2004 (dei quali non più di trenta di pertinenza delle Accademie di belle arti; si può oggettivamente parlare di graduatoria ormai esaurita), è al contempo fondamentale trasformare immediatamente la graduatoria nazionale ex lege n. 128 del 2013 (di cui al decreto ministeriale n. 526 del 2014) in graduatoria nazionale ad esaurimento, utile per l'attribuzione degli incarichi di insegnamento con contratto a tempo indeterminato e determinato; ciò anche in virtù del fatto chi è oggettivamente l'unica graduatoria nazionale, creata tramite procedura concorsuale, pienamente rappresentativa dell'attuale precariato storico nel compatto AFAM. Al riguardo, si ricorda come in questi anni i docenti inclusi nella graduatoria ex lege 128, oltre ad aver garantito il regolare inizio dei corsi, abbiano formato ed abilitato all'insegnamento i docenti ora immessi in ruolo nei licei ad indirizzo musicale;
   circa il 50 per cento del corpo docente precario, in possesso dei 36 mesi di servizio necessari, ha intrapreso azione legale nei confronti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, a fronte dei principi di legge esposti e a tutela della stabilità lavorativa;
   al fine di non veder condannato il Ministero all'obbligo della stabilizzazione di questi poco più di mille docenti, al pagamento delle retribuzioni relative ai periodi di interruzione del rapporto di lavoro e delle relative spese processuali gli interpellanti ritengono sia indispensabile, opportuno e giusto sanare quest'incredibile anomalia tutta italiana –:
   quali iniziative intenda mettere in atto il Ministro per tutelare le professionalità didattiche incluse nelle citate graduatorie nazionali, nel rispetto dell'esperienza didattica maturata in anni di servizio e della continuità d'insegnamento, affinché si possa assorbire tutto il precariato del settore dell'alta formazione artistica e musicale in possesso del requisito nazionale ed europeo (trentasei mesi) sulla base dei posti attualmente vacanti e disponibili, e così chiudere il meccanismo delle supplenze legate al settore scuola;
   se il Ministro sia intenzionato ad aprire a breve un tavolo di confronto sul tema, con docenti e rappresentanze sindacali, prima di ogni riordino del comparto. (4-10563)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CRIVELLARI e ROSTELLATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con l'articolo 76 della legge 388 del 2000, il legislatore ha stabilito che i giornalisti (professionisti, pubblicisti e praticanti), assunti come redattori o come collaboratori fissi o come corrispondenti devono essere assicurati esclusivamente con l'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (INPGI);
   una circolare, la cosiddetta «circolare Maroni» del 2003, fissa questo obbligo anche per le pubbliche amministrazioni e di conseguenza definisce il lavoro svolto presso gli uffici stampa degli enti pubblici come lavoro giornalistico, impegnandoli a versare i propri contributi previdenziali ed assicurativi all'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (INPGI);
   il sindacato dei giornalisti ha, da tempo, segnalato la necessità di trovare una soluzione che salvaguardi quanto maturato senza mettere in discussione il principio generale affermato con l'unificazione nell'INPGI delle contribuzioni di tutti i giornalisti;
   la norma e la sua applicazione sono da considerarsi scelta di principio corretta, ma si debbono evitare conseguenze dannose per gli assicurati al momento del calcolo della pensione –:
   con quale metodo sarà conteggiata l'anzianità ai fini pensionistici, se vi sarà erogazione di un'unica pensione o se sarà nella facoltà dell'iscritto eventualmente optare, senza spese, per una delle due.
(5-06520)


   PARENTELA, COMINARDI, LOMBARDI, DALL'OSSO, MASSIMILIANO BERNINI e BENEDETTI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la FAAC è una multinazionale bolognese leader nei cancelli automatici con 18 sedi, 32 filiali nel mondo e 1910 dipendenti. Il suo proprietario, Michelangelo Manini, morì nel 2012 lasciando tutto all'Arcidiocesi di Bologna;
   nell'esprimere la propria gratitudine, la Diocesi spiegò in una nota che avrebbe utilizzato quei beni «così provvidenzialmente pervenutile [...] alla prassi plurisecolare della sollecitudine verso le necessità della comunità umana, secondo il comandamento evangelico della carità»;
   i dipendenti furono rassicurati dal nuovo proprietario, l'arcivescovo di Bologna Carlo Caffarra che si affrettò a dire: «Non vendo [...] Sono io la garanzia del vostro futuro, finisse in mano ai francesi l'azienda verrebbe immediatamente trasferita e ci troveremmo altri disoccupati. E io non creo disoccupati»;
   dal maggio 2015 la proprietaria del 100 per cento di FAAC è la Curia di Bologna che, subito dopo, precisamente il 27 maggio 2015, ha creato un trust composto dagli avvocati Andrea Moschetti e Bruno Gattai e da Giuseppe Berti, manager proveniente da Luxottica;
   il 10 marzo 2015 è stata divulgata la comunicazione ufficiale di chiusura dello stabilimento di Grassobbio (Bergamo) per delocalizzare la produzione in Bulgaria;
   la FAAC con un fatturato 2014 di 336 milioni di euro ed utili per 38 milioni e 700 mila euro lascia di fatto 50 persone senza lavoro e senza mezzi –:
   se non ritenga opportuno convocare le rappresentanze dei lavoratori, l'azienda e le istituzioni così da aprire un tavolo di confronto a livello nazionale finalizzato alla individuazione delle linee guida di un piano industriale che trovi le condizioni per dare una prospettiva produttiva e occupazionale al sito di Grassobbio.
(5-06522)


   CIPRINI, TRIPIEDI, CHIMIENTI, COMINARDI, DALL'OSSO e LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la società I.Ver.Plast srl con sede in Marsciano (Perugia) operava nel campo della realizzazione di componentistica per la produzione di moto e scooter;
   nel 2013 la società occupava 108 dipendenti con contratto a tempo indeterminato e 25 dipendenti come stagionali;
   per effetto di crescenti difficoltà economico/finanziarie nel corso del 2013 la Iverplast è costretta a fare ricorso alla procedura di cassa integrazione guadagni e circa 80 dipendenti vengono collocati in cassa integrazione; contemporaneamente, nel marzo del 2013, per effetto di una operazione societaria la società PolPlastic Perugia srl rileva l'attività della Iverplast;
   a fine 2013, in vista della scadenza della cassa integrazione guadagni straordinaria, la direzione aziendale della nuova PolPlastic srl e della Iverplast srl, insieme alle organizzazioni aziendali e alle rappresentanze sindacali unitarie aziendali, sottoscrivono verbale di accordo del 14 novembre 2013 con il quale «relativamente al personale Iverplast srl attualmente in cassa integrazione guadagni straordinaria in scadenza al 31 dicembre 2013 PolPlastic Perugia srl si impegna ad assumere a tempo indeterminato un numero di persone corrispondente ad un totale di pianta organica pari a 80 unità a far data dal 1o gennaio 2014 con condizioni economiche previste dal contratto nazionale di riferimento;
   nel medesimo accordo viene stabilita l'apertura della procedura di mobilità per il restante personale con un incentivo all'esodo ovvero la possibilità di una assunzione a tempo indeterminato presso uno degli stabilimenti del gruppo;
   come si legge nell'accordo «Delle persone eccedenti, da una recente stima effettuata risulta ad oggi, che un numero di 6/7 persone abbia già manifestato l'accettazione al trasferimento presso Metalplastic spa» e viene pattuito che «per le persone che non dovessero accettare il trasferimento in altri stabilimenti del gruppo e che quindi usufruirebbero della mobilità incentivata, la stessa PolPlastic Perugia srl si impegna alla riassunzione degli stessi, fermo restando la relativa necessità»;
   l'ufficio sindacale della Cgil di Marsciano, su sollecitazione di alcuni lavoratori, con una nota di Rossano Rubicondi ha denunciato il mancato rispetto di quest'ultima parte dell'accordo poiché «attualmente in azienda si contano 125 unità lavorative» e chiede «perché 24 lavoratrici e lavoratori con anni di esperienza nella medesima attività produttiva non siano stati richiamati in servizio, nonostante l'impegno preso e al loro posto siano stati chiamati altri 41 «nuovi» lavoratori. Abbiamo appurato che sono state avviate assunzioni tramite agenzie di lavoro interinale ma questo non giustifica l'azienda che pensava così di aggirare l'ostacolo: ipotizziamo che i 24 lavoratori in oggetto siano stati discriminati dall'ufficio personale della Polplastic Perugia srl che tra l'altro è lo stesso di Iverplast» (da www.marsciano7.it notizie del 15 dicembre 2014);
   il sospetto è che i 24 lavoratori non riassorbiti dalla nuova società PolPlastic perugia srl siano stati discriminati, poiché aventi condizioni personali particolari perché alcuni beneficiari dei diritti di cui alla legge n. 104 del 1992 per assistenza ai familiari o impegnati sindacalmente –:
   di quali elementi disponga in ordine ai fatti descritti in premessa e quali iniziative intenda assumere il Ministro, per quanto di competenza, a tutela dei lavoratori non riassorbiti dall'azienda Polplastic Perugia srl;
   se il Ministro non ritenga opportuno e necessario convocare al più presto un tavolo di confronto con le parti interessate per risolvere il problema e per favorire il pieno rispetto dell'accordo sindacale del 14 novembre 2013 all'epoca sottoscritto dalle parti. (5-06525)

Interrogazione a risposta scritta:


   PASTORELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   i giornali locali e i quotidiani on line riportano in questi giorni la notizia di una multa di quasi 20 mila euro inflitta ad un pensionato di Cuneo per aver utilizzato manodopera in nero;
   la vicenda ha a dir poco dell'assurdo. Il pensionato, la scorsa settimana, ha invitato alcuni amici nella sua casa, in località Granera, nel cuore del Roero, località tra le vigne di Castellinaldo d'Alba. Doveva essere una bella giornata di vendemmia, come avviene spesso in queste giornate di settembre, tra i filari d'uva di quel piccolo podere, un ettaro di terreno in collina. Sarebbero state vendemmiate le uve che il pensionato utilizza per produrre il vino per sé, quello che consuma in casa e con qualche amico. Il tutto si dovrebbe concludere con una cena in allegria;
   la giornata invece si conclude malissimo per il povero pensionato: multato per lavoro nero poiché secondo l'ispettorato del lavoro stava impiegando manodopera non dichiarata, e cioè la sua compagna e tre suoi amici di vecchia data;
   infatti, mentre tra scherzi e canzonate raccoglievano l'uva, racconta la compagna del pensionato: «Ad un certo punto siamo stati letteralmente circondati da carabinieri e funzionari dell'ispettorato del lavoro. Ci hanno chiesto i documenti e hanno redatto un verbale di denuncia di lavoro nero». 19.500 euro, 3.900 euro per ognuno dei 4 amici del pensionato;
   come hanno dichiarato gli amici e anche il sindaco del piccolo comune non si tratta certamente di caporalato. In campagna tra amici e conoscenti ci si aiuta ed il periodo della vendemmia è un momento di riunione, di festa e di ritrovo che, come in questo caso, riunisce pochi amici;
   in questi giorni il povero pensionato e i suoi amici saranno convocati dall'ispettorato del lavoro per spiegare nuovamente le loro posizioni; nel frattempo sembra, come si apprende da fonti di stampa, che il sindaco del comune Castellinaldo d'Alba sia stato chiamato dal Viceministro delle politiche agricole alimentari e forestali «che avrebbe deciso di ridurre la multa a 1.500 euro» –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative urgenti abbiano intenzione di adottare, per le parti di competenza, affinché si faccia chiarezza sulla vicenda e la sanzione irrogata al pensionato di Cuneo venga non ridotta ma completamente revocata. (4-10542)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   MIOTTO, LENZI, PIAZZONI, GRASSI, D'INCECCO, BURTONE, MURER, CASATI, FASSINA e PATRIARCA. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con decreto legislativo, n. 178 del 2012 è stata riordinata la Croce rossa italiana prevedendo un graduale processo di privatizzazione, la trasformazione in associazione di diritto privato ai sensi della legge n. 383 del 2000 e, all'articolo 6 il graduale processo di mobilità del personale in soprannumero;
   con decreto legge n. 192 del 2014 è stata introdotta una modifica alla legge n. 190 del 2014 per estendere le disposizioni sulla mobilità del personale delle ex province anche al personale della Croce rossa italiana, allo scopo di rendere più agevole il processo di riordino dell'ente;
   il 14 settembre 2015, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione ha emanato un decreto che individua i criteri per la mobilità del personale delle ex province nonché dei dipendenti della Croce rossa italiana, ma, all'articolo 6, comma 2, si prevede che i dipendenti della Croce rossa italiana possano indicare come «preferenze di assegnazione» soltanto i posti disponibili presso le amministrazioni di cui al comma 425 dell'articolo 1 della legge n. 190 del 2014 e all'articolo 10, comma 3, si prevede che ai dipendenti della Croce rossa italiana trasferiti, si applichi il trattamento giuridico ed economico, compreso quello accessorio, diversamente da quanto si prevede per i dipendenti ex province ai quali vengono garantiti anche il compenso di produttività e la retribuzione di risultato;
   le predette norme del decreto 14 settembre 2015 comportano una penalizzazione economica per i dipendenti della Croce rossa italiana e una limitata possibilità di trasferimento ad altre amministrazioni pubbliche penalizzando i dipendenti della Croce rossa italiana sul versante della loro professionalità, in quanto la mobilità sarebbe consentita solo verso le amministrazioni centrali e non verso le regioni e il servizio sanitario nazionale, di fatto prevedendo un ricollocamento solo in posti di carattere amministrativo;
   tali norme penalizzano i dipendenti della Croce rossa senza motivazione alcuna e quindi appare necessario integrare le disposizioni del decreto citato con norme che dispongano uguali opportunità sia per i dipendenti ex province, che per i dipendenti della Croce rossa italiana –:
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative per correggere l'articolo 6 comma 2, del decreto 14 settembre 2015 sui criteri per la mobilità del personale delle ex province e dei dipendenti della Croce rossa italiana prevedendo che siano valorizzate le professionalità maturate in Croce rossa italiana ampliando l'ambito delle amministrazioni pubbliche verso le quali si possa esercitare la mobilità del personale, anche a regioni e aziende sanitarie locali;
   se non si ritenga opportuno assumere iniziative per correggere l'articolo 10 comma 3 del decreto 14 settembre 2015 al fine di equiparare il trattamento economico dei dipendenti trasferiti, indipendentemente se provenienti dalle ex province o dalla Croce rossa italiana. (4-10551)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

X Commissione:


   RICCIATTI e FRATOIANNI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 28 agosto 2015 la testata Il Giornale dell'Umbria ha pubblicato una indagine che ha messo a confronto i dati del ministero dell'economia e delle finanze relativi alle dichiarazioni dei redditi ai fini Irpef del 2014, con quelli delle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2008;
   dalla comparazione è emersa una dettagliata fotografia sull'impoverimento che hanno subito i redditi dei cittadini nei 92 comuni dell'Umbria a partire dalla crisi economica. I dati riportano una perdita di redditi Irpef (relativi a persone fisiche), negli ultimi sei anni, di 5,349 miliardi di euro;
   in particolare, sono risultati maggiormente penalizzati i comuni della fascia appenninica, da Nocera Umbra a Gubbio, interessati da importanti crisi industriali, che hanno perso redditi nell'ordine di decine di milioni di euro, con il picco di Nocera Umbra che segna un –11,4 per cento sui redditi prodotti rispetto al 2008;
   la crisi della fascia appenninica riguarda anche il versante marchigiano con numerose crisi aziendali ed esuberi di lavoratori, in più occasioni segnalate dagli interroganti;
   Nocera Umbra, così come l'area del fabrianese, è stata particolarmente colpita dalla crisi della società Antonio Merloni, spa, una delle aziende leader del settore della produzione di elettrodomestici contoterzi, ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria ex decreto-legge n. 347 del 2003 (cosiddetta «legge Marzano») proprio nel 2008;
   il 18 marzo 2015 è stato prorogato l'accordo di programma, sottoscritto presso il Ministero dello sviluppo economico, dal Ministero dello sviluppo economico dalla regione Umbria e dalla regione Marche, che prevede lo stanziamento di 35 milioni di euro da destinarsi agli incentivi per la reindustrializzazione dell'area, duramente colpita dalla crisi della ex Antonio Merloni. Tuttavia tale misura, in vigore dal 2010, non ha prodotto sino ad ora risultati significativi;
   il 12 ottobre 2015 scadrà la mobilità per i lavoratori di età compresa tra i 30 e 40 anni, circa 500 complessivamente tra Umbria e Marche;
   la situazione desumibile dai dati illustrati segnala una vera e propria "questione della fascia appenninica", determinata dalla crisi economica e dal crollo dei livelli occupazionali, ma anche da una risalente carenza di infrastrutture adeguate, necessaria al rilancio dell'economia del territorio;
   la situazione di stallo determinatasi sulla vicenda J.P. Industries (già segnalata dall'interrogante con le interrogazioni a risposta in Commissione n. 5-05614 del 14 maggio 2015, seduta n. 427 e n. 5-05985 del 6 luglio 2015, seduta n. 455, alle quali integralmente ci si riporta), sta pregiudicando la possibilità di una piena ripresa dell'attività produttiva per i lavoratori reimpiegati a seguito dell'acquisizione del ramo d'azienda –:
   quali iniziative intenda intraprendere il Ministro interrogato considerata l'inefficacia delle misure sin qui adottate ed il protrarsi della situazione di incertezza sulle prospettive occupazionali per molti dei lavoratori della ex Antonio Merloni spa, al fine di sostenere la ripresa economica dell'area della fascia appenninica umbro-marchigiana. (5-06540)


   POLIDORI e FABRIZIO DI STEFANO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 28 della legge 11 agosto 2014, n. 114, recante misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa nonché l'articolo 10 della legge 7 agosto 2015, n. 124, recante deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche, hanno disposto una serie di misure volte a riformare il sistema delle camere di commercio;
   l'articolo 10 della legge 7 agosto 2015, n. 124, attraverso una delega conferita al Governo, prevede una riforma dell'organizzazione, delle funzioni, e del finanziamento delle camere di commercio. Nello specifico è stabilita una ridefinizione delle circoscrizioni territoriali con una riduzione del numero delle attuali camere di commercio da 105 a non più di 60 mediante un accorpamento di due o più enti. L'articolo 10 precisa, altresì, che la singola camera non dovrà subire alcun tipo di accorpamento qualora registri una soglia dimensionale minima di 75.000 imprese;
   alla luce della normativa sopra esposta, la Camera di commercio di Chieti ha intrapreso volontariamente un procedimento di accorpamento con la Camera di commercio di Pescara, considerato che la Camera di commercio di Chieti registra attualmente 53.544 imprese e, dunque, ha l'obbligo di procedere all'accorpamento con un'altra Camera di commercio;
   il procedimento di accorpamento in questione si è aperto con la delibera della giunta della mera di commercio di Chieti n. 127 del 4 novembre 2014;
   il 14 luglio 2015 alcuni consiglieri della Camera di commercio di Chieti hanno richiesto al Corte dei conti della regione Abruzzo di prendere visione di alcuni documenti contabili della Camera di commercio di Pescara;
   l'istanza è stata però rigettata il 22 luglio, in quanto la Corte ha stabilito che l'accesso della documentazione in questione «non è ricompreso nella sfera di applicazione della legge n. 241 del 1990», rimandando la competenza alla sua sede appropriata da rinvenirsi nel Ministero dell'economia e delle finanze — dipartimento della ragioneria dello Stato — IFG — servizio ispettivo di finanza pubblica — Settore II;
   il 29 luglio 2015 dieci consiglieri della Camera di commercio di Chieti hanno inviato al Ministero dello sviluppo economico una richiesta di sospensione in autotutela del procedimento di fusione, «avendo appreso nei giorni scorsi alcuni elementi che potrebbero inficiare le decisioni prese dagli organi della Camera di commercio I.A.A di Chieti in ordine al procedimento in atto di accorpamento in atto con la Camera di commercio I.A.A. di Pescara» fino a quando non vi sarà chiarezza e trasparenza a seguito dell'esame dei bilanci delle due camere di commercio;
   in data 10 agosto 2015, la giunta della Camera di commercio di Chieti ha affidato l'incarico di verificare i bilanci della Camera di commercio di Pescara e delle sue partecipate al segretario generale di Chieti, il quale, pur manifestando perplessità per le difficoltà di effettuare un'analisi completa basandola solo su dati pubblici e limitate informazioni e documenti, ha adempiuto al compito, rimettendo una relazione da cui si evincono una serie di aspetti e criticità che andrebbero certamente approfonditi prima di procedere alla fusione;
   in data 16 settembre 2015 il consiglio della Camera di commercio di Chieti ha rigettato la mozione che chiedeva la sospensione della delibera di fusione tra le Camere di commercio di Chieti e di Pescara, avanzata da alcuni consiglieri camerali: il voto ha spaccato esattamente a metà il consiglio camerale, con 13 voti a favore e 13 contrari;
   chi chiede la sospensione del procedimento di fusione evidenzia, in particolare, gravi criticità nella società partecipata Marina di Pescara S.r.l., il cui socio unico è la Camera di commercio di Pescara, per cui la fusione ad avviso degli interroganti rischierebbe di contraddire lo scopo stesso dell'accorpamento che, tra l'altro, è finalizzato alla razionalizzazione e alla riduzione dei costi;
   nel corso della medesima riunione del 16 settembre si è inoltre portato a conoscenza del consiglio camerale lo schema del decreto di fusione tra le due Camere di commercio, comunicato all'Ente alla vigilia della riunione del predetto consiglio, che il Ministero dello sviluppo economico ha predisposto dopo aver acquisito i pareri favorevoli delle istituzioni coinvolte –:
   se il Ministero dello sviluppo economico abbia proceduto, nell'ambito della predisposizione dello schema di decreto di fusione, ad accertare l'effettiva situazione economica e finanziaria della Camera di commercio di Pescara, date le criticità sollevate e riportate in premessa, e se come intenda intraprendere ogni utile iniziativa volta a salvaguardare i profili economici e patrimoniali nell'accorpamento delle Camere di commercio di Chieti e Pescara, in una logica di efficienza ed economicità, al fine di evitare ripercussioni negative in futuro. (5-06541)


   BENAMATI, BARGERO e DONATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il 18 settembre 2015 l'Ente federale di controllo ambientale statunitense EPA, Environmental Protection Agency, ha comunicato che la casa automobilistica globale Volkswagen ha illegalmente installato un software di manipolazione del motore, progettato per aggirare le stringenti normative ambientali sulle emissioni di NO, e di inquinamento da gasolio;
   la notizia ha creato sconcerto in tutto il mondo trattandosi, la Volkswagen, del primo produttore al mondo di autoveicoli (fonte OICA) e il gruppo industriale uno dei pilastri più importanti dell’asset manifatturiero tedesco;
   il software messo a punto dalla casa automobilistica tedesca rileverebbe quando le vetture vengono sottoposte ai test di emissioni modificandone le prestazioni e consentendo quindi di bypassare e superare pienamente le prove;
   Volkswagen, per tramite del suo amministratore delegato Martin Winterkom, ha pubblicamente ammesso di aver violato le norme antismog in Usa;
   il 25 settembre 2015 il consiglio di amministrazione di Volkswagen ha nominato l'ex numero uno di Porsche, Matthias Mueller, nuovo Ceo;
   il 29 settembre il vice direttore generale di Bankitalia Luigi Federico Signorini ha dichiarato durante l'audizione al Senato sul DEF che «all'incertezza presente sui mercati globali si è aggiunta negli ultimi giorni quella connessa con le possibili ripercussioni, difficili da quantificare, del grave scandalo Volkswagen sul settore dell'auto e sulle aspettative degli investitori e dei consumatori»;
   la vicenda Volkswagen sembra aprire la strada a un'analisi critica molto più approfondita di tutto il settore automobilistico (e molti Paesi, dal Giappone alla Svezia, hanno annunciato verifiche anche sui costruttori nazionali) con ripercussioni su ampi settori economici che rischiano di essere molto profonde;
   dallo scandalo delle centraline Volkswagen può essere partita un'ondata che rischia di travolgere anche la stessa fragile ripresa in atto: stime effettuate da addetti del settore indicano che il sistema fiscale italiano rischia un buco di oltre 700 milioni di euro per le possibili ripercussioni sul mercato dello «scandalo Volkswagen» legate ad un eventuale calo di oltre il 30 per cento nelle immatricolazioni degli ultimi mesi del 2015;
   per quanto riguarda la produzione italiana di autovetture e la filiera nazionale dell’automotive, sono possibili pesanti ripercussioni in quanto fanno parte del gruppo Volkswagen Ducati e Lamborghini, due storici marchi del made in Italy e, in media, dentro una vettura tedesca l'8 per cento del valore è costituito da componenti made in Italy;
   la paventata sospensione delle vendite in Italia con coinvolgimento anche di Seat e Audi, con Seat che si è appena aggiudicata un bando di gara per la fornitura di migliaia di autovetture alle forze dell'ordine, potrebbe comportare una ulteriore crisi del settore, stante il fatto che saranno coinvolte anche le aziende italiane responsabili della trasformazione delle vetture e dei servizi di post vendita;
   Volkswagen ha annunciato un piano d'azione che prevede che «la Volkswagen e gli altri brand del Gruppo i cui veicoli sono interessati presenteranno le soluzioni tecniche e le misure alle autorità competenti nel mese di ottobre. I clienti con questi veicoli, poi, saranno informati nelle prossime settimane e mesi. Tutti i marchi del Gruppo interessati istituiranno dei siti web nazionali per aggiornare i clienti sugli sviluppi» –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per verificare le dimensioni del fenomeno in Italia e quali possibili ripercussioni siano attese rispetto alla produzione automobilistica nazionale e all'importante filiera della componentistica dell’automotive. (5-06542)


   VALLASCAS, DA VILLA, CRIPPA, FANTINATI, CANCELLERI e DELLA VALLE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'Italia finora ha proceduto troppo lentamente a riqualificare il suo patrimonio immobiliare, in buona parte perché gli interventi sono rimasti confinati ai singoli appartamenti (grazie alle detrazioni fiscali), interessando solo marginalmente le ristrutturazioni condominiali, per non parlare di quelle di interi quartieri o palazzi pubblici di vaste dimensioni;
   l'articolo 15 del decreto legislativo n. 102 del 2014 ha istituito il fondo per l'efficientamento energetico, fondo di natura rotativa che mira a sostenere gli investimenti per l'efficienza energetica attraverso concessione di garanzie ed erogazione di finanziamenti (direttamente o attraverso banche e intermediari finanziari);
   attualmente la sua dotazione è di 70 milioni di euro l'anno fino al 2020. Una parte del fondo potrà essere utilizzata anche per finanziamenti a tasso agevolato, anche se l'obiettivo principale dello strumento è fornire delle garanzie sugli investimenti in efficienza energetica. Garanzie che potranno coprire fino all'80 per cento dei prestiti erogati dalle banche, abbassando il rischio delle operazioni. Poi c’è da considerare l'effetto-leva: secondo le stime, il fondo smobiliterà almeno 400 milioni di euro l'anno di risorse private, destinate a interventi di efficienza in uno spettro molto ampio di settori, dalla pubblica amministrazione al residenziale, compresa l'edilizia popolare, passando per le reti di teleriscaldamento e l'illuminazione pubblica;
   i criteri, le condizioni e le modalità di funzionamento, di gestione e di intervento del fondo saranno stabilite mediante uno o più decreti attuativi che ad oggi ancora devono essere adottati –:
   quale sia lo stato di avanzamento del procedimento di adozione dei decreti attuativi del fondo per l'efficientamento energetico, dal momento che il termine di legge dei novanta giorni per l'emanazione è stato ampiamente superato, e se possa fornire indicazioni precise circa le ragioni del ritardo e, soprattutto, i tempi di emanazione. (5-06543)


   ALFREIDER, GEBHARD, PLANGGER, SCHULLIAN e OTTOBRE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, cosiddetto «Destinazione Italia», convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, all'articolo 6, comma 10, ha istituito un credito d'imposta fino al 2016 per le piccole e medie imprese o consorzi e reti di piccole e medie imprese, per l'attivazione di servizi di connettività digitale nell'ambito di un apposito programma operativo nazionale relativo alla programmazione dei fondi strutturali comunitari 2014-2020 e collegato alla pianificazione degli interventi nazionali finanziati dal fondo sviluppo e coesione 2014-2020 e dal fondo di rotazione;
   si tratta di un credito d'imposta che prevede il recupero del 65 per cento delle spese documentate e sostenute fino al 2016 da piccole e medie imprese, ovvero da consorzi e da reti di piccole e medie imprese, per gli interventi di rete fissa e mobile che consentano l'attivazione dei servizi di connettività digitale con capacità uguale o superiore a 30 mbps, fino ad una spesa massima di 20.000 euro, nella misura massima complessiva stanziata dal Governo di 50 milioni di euro, finanziato con il PON 2014-2020;
   per rendere operativo tale credito d'imposta è necessario, però, un decreto attuativo del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro per la coesione territoriale e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, volto a stabilire le modalità per usufruire del credito d'imposta e per consentire il monitoraggio dell'agevolazione ed il rispetto del limite massimo di risorse stanziate, che ancora non è stato emanato, poiché bisognava attendere l'approvazione del PON 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari e del fondo di sviluppo e coesione, al fine di consentire alla ragioneria generale dello Stato di verificare l'effettiva disponibilità delle risorse stesse;
   ad agosto la Commissione europea ha finalmente dato il via libera al programma presentato dall'Italia ed è ragionevole immaginare che tali risorse siano ora disponibili per dare definitivamente attuazione agli incentivi fiscali previsti per le imprese dal decreto «destinazione Italia»;
   nella fase di perdurante crisi economica è indispensabile sostenere le piccole e medie imprese attraverso misure che ne favoriscano lo sviluppo in modo da garantire la competitività nel mercato nazionale ed internazionale e le agevolazioni previste nel decreto-legge «destinazione Italia» vanno certamente in questa direzione sarebbe pertanto auspicabile anche la proroga delle stesse visto il ritardo con cui tali incentivi sa anno realmente operativi per le imprese –:
   se sia possibile dare ora rapidamente attuazione all'articolo 6, comma 10, del decreto-legge n. 145 del 2013 e se sia possibile prorogare tali incentivi che scadranno nel 2016, ma che ancora non sono partiti, nella prossima iniziativa normativa utile, al fine di favorire la competitività delle piccole e medie imprese. (5-06544)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TERROSI, PELILLO, ALBINI, ALBANELLA, AMATO, ARLOTTI, BERGONZI, CARELLA, CARLONI, CENNI, CUPERLO, GIACOBBE, INCERTI, LAFORGIA, LAVAGNO, MELILLI, MISIANI, PETRINI, GIACHETTI, FABBRI e COVA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   la legge 2 aprile 2015, n. 44, recante “Modifica all'articolo 11-quaterdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, in materia di disciplina del prestito vitalizio ipotecario”, entrata in vigore il 6 maggio 2015, al comma 1, sostituisce il comma 12 dell'articolo 11-quaterdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248;
   il nuovo comma 12 prevede che «Il prestito vitalizio ipotecario ha per oggetto la concessione da parte di banche nonché di intermediari finanziari, di cui all'articolo 106 del testo unico di cui al decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, di finanziamenti a medio e lungo termine, con capitalizzazione annuale di interessi e di spese, riservati a persone fisiche con età superiore a sessanta anni compiuti, il cui rimborso integrale in un'unica soluzione può essere richiesto al momento della morte del soggetto finanziato ovvero qualora vengano trasferiti, in tutto o in parte, la proprietà o altri diritti reali o di godimento sull'immobile dato in garanzia o si compiano atti che ne riducano significativamente il valore, inclusa la costituzione di diritti reali di garanzia in favore di terzi che vadano a gravare sull'immobile»;
   il comma 12-quinquies recita: «Il Ministro dello sviluppo economico, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sentite l'Associazione bancaria italiana e le associazioni dei consumatori, con proprio decreto, adotta un regolamento nel quale sono stabilite le regole per l'offerta dei prestiti vitalizi ipotecari e sono individuati i casi e le formalità che comportino una riduzione significativa del valore di mercato dell'immobile, tale da giustificare la richiesta di rimborso integrale del finanziamento, e con il quale garantire trasparenza e certezza dell'importo oggetto del finanziamento, dei termini di pagamento, degli interessi e di ogni altra spesa dovuta»;
   la legge nasceva dalla necessità di facilitare l'accesso al credito delle famiglie e del settore immobiliare, in un momento storico in cui si era verificata una consistente contrazione del numero di compravendite di immobili e una crescente difficoltà di famiglie e imprese di poter disporre di liquidità;
   la legge consente al proprietario dell'immobile, di età superiore a 65 anni, di convertire parte del valore dell'immobile in contanti, smobilizzando il valore della proprietà fondiaria, fornendo al contempo liquidità per le diverse necessità delle famiglie;
   rispetto alla cosiddetta «nuda proprietà» il prestito ipotecario vitalizio offre al mutuatario il vantaggio di non perdere la proprietà dell'immobile, permettendo agli eredi di recuperare l'immobile dato in garanzia;
   la legge, voluta anche dalle associazioni dei consumatori, si configura pertanto come uno strumento potenzialmente molto utile per famiglie e imprese;
   il ritardo degli Istituti bancari nel proporre ai propri clienti i prodotti finanziari specifici per poter usufruire dei benefici previsti nella legge 2 aprile 2015, n. 44, potrebbe in parte vanificare i benefici attesi, soprattutto in termini di tempestività degli interventi –:
   se il suddetto regolamento sia stato adottato;
   nel caso in cui lo stesso regolamento non sia stato adottato, quali tempi siano previsti per la sua adozione;
   conseguentemente, quali tempi siano previsti perché la legge diventi effettivamente operativa. (5-06529)


   GIULIETTI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in data 5 dicembre 2013 è stato approvato il decreto «Biometano» che definisce le modalità di incentivazione del biometano immesso nella rete del gas naturale e che è entrato in vigore il 18 dicembre 2013;
   affinché il «decreto Biometano» sia davvero operativo e i soggetti economici possano comprendere quanto sia sostenibile l'investimento, occorrono ancora provvedimenti normativi;
   di recente è stato completato l'iter normativo per l'utilizzo del biometano extra rete, cioè come carburante nei trasporti e nella cogenerazione ad alto rendimento;
   per quanto riguarda invece il suo uso nella rete del gas, restano ancora alcune criticità come la necessità di definire le condizioni tecnico-economiche da parte dei gestori di rete e i parametri di qualità del prodotto;
   questi provvedimenti avrebbero dovuto essere emanati da istituzioni ed enti e un ruolo di primo piano è stato affidato all'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI)che approva le direttive per la connessione degli impianti di biometano alle reti del gas naturale; non sono tuttavia state rispettate le scadenze temporali previste;
   a causa dei suddetti ritardi ancora non è possibile allacciare gli impianti alla rete;
   tutto ciò provoca un ritardo che sta peggiorando la crisi di aziende del settore con inevitabili ripercussioni negative sull'occupazione;
   i progetti imprenditoriali rivolti alla produzione di biometano sono orientati verso l'efficienza e la sostenibilità non solo economico-ambientale, ma anche sociale –:
   di quali elementi disponga in ordine a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza il Governo intenda mettere in atto per giungere al più presto al completamento dell’iter normativo sul «Biometano»; in particolare rispetto all'immissione in rete;
   se non sia il caso di recuperare il tempo perso in questi anni, assumendo iniziative per estendere l'incentivo previsto almeno fino al 2020, riscattando almeno una parte degli investimenti effettuati in questo periodo dalle imprese, rientrando nei parametri europei. (5-06537)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FEDRIGA. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con diversi atti di sindacato ispettivo l'interrogante ha sottoposto all'attenzione del Governo l'operato di Fincantieri nel processo di riorganizzazione degli stabilimenti italiani che ha portato all'utilizzo della cassa integrazione per un consistente numero di lavoratori;
   il cantiere di Riva Trigoso, in particolare, risulta essere tra i più colpiti dai piani di riorganizzazione del lavoro messi in atto dal gruppo;
   la vicenda legata al trasferimento «coatto» di due progettisti dal cantiere di Riva Trigoso a quelli di Ancona e Monfalcone ha suscitato nuove tensioni per i lavoratori, già coinvolti nella complicata trattativa per il rinnovo del contratto integrativo;
   ad oggi è ancora alta la preoccupazione dei lavoratori del cantiere rivano in merito alle future scelte strategiche dell'azienda;
   il cantiere di Riva Trigoso, si ricorda, occupa 650 dipendenti e circa 300 ditte appaltatrici provenienti da tutta l'Italia e dall'estero ed ha, insieme agli altri stabilimenti liguri, una forte valenza strategica e occupazionale per il territorio –:
   quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano intraprendere al fine di assicurare le migliori condizioni di lavoro all'interno dell'azienda citata in premessa nell'ottica di sfruttare appieno le promettenti prospettive produttive a vantaggio dell'occupazione di tutto il territorio genovese. (4-10540)


   DELLA VALLE. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il fondo per l'autoimpiego di cui al Titolo II del decreto legislativo n. 185 del 2000 costituisce il principale strumento di sostegno alla realizzazione e all'avvio di piccole attività imprenditoriali da parte di disoccupati o persone in cerca di prima occupazione;
   il Fondo per l'autoimpiego viene gestito da Invitalia;
   con pubblicazione su Gazzetta Ufficiale n. 183 del 8 agosto 2015, Invitalia comunicava l'esaurimento della disponibilità economica per il fondo per l'autoimpiego;
   a seguito della comunicazione di cui sopra, non è più stato possibile presentare domanda per accedere al fondo;
   nel mese di settembre 2015 Invitalia ha comunicato il blocco delle attività a chi già aveva presentato una domanda di accesso al fondo senza che la stessa fosse ancora stata valutata, proponendo inoltre la restituzione della relativa pratica;
   nella comunicazione di Invitalia si fa riferimento a ulteriori «misure di agevolazione per l'avvio di attività imprenditoriali» che saranno attivate entro la fine del 2015;
   lo studio Eurofinance S.R.L. ha ricevuto in pochi giorni centinaia di segnalazioni sul tema e avvisa che dal 1o ottobre 2015 sarà aperta la sottoscrizione a una class action contro Invitalia –:
   se il Governo abbia intenzione di assumere iniziative per rifinanziare il fondo per l'autoimpiego;
   quali siano le ulteriori misure di agevolazione per l'avvio di attività imprenditoriali comunicate da Invitalia;
   se il Governo abbia intenzione di intervenire al fine di risolvere una situazione che potrebbe vedere Invitalia condannata a seguito di una class action. (4-10555)


   MURA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   da circa quarant'anni in Italia esiste una camera di commercio italo araba (con sede a Roma e un ufficio anche a Milano), che è istituita ed opera nel rispetto della legge ed è iscritta al n. 1 dell'Albo di natura pubblica istituito e gestito dall'Unioncamere italiana ai sensi dell'articolo 22 della legge n. 580 del 1993, e dovrebbe quindi godere della tutela (oltre che del controllo) dei Ministeri degli affari esteri e dello sviluppo economico;
   la camera di commercio italo-araba da sempre è composta quasi esclusivamente da italiani, da grandi imprese, del settore pubblico e privato, da medie e piccole aziende, da banche, da camere di commercio, enti e associazioni, ed è un'associazione privata, la cui libertà è garantita anche ai sensi degli articoli 2, 3, 18, 35 e 42 della Costituzione, imprenditori «servizio», prima ancora che dei singoli suoi iscritti, del sistema imprenditoriale italiano e degli imprenditori italiani e arabi;
   ai sensi della legge n. 580 del 1993 e del decreto 15 febbraio 2000, n. 96, del Ministero del commercio con l'estero (che prevede espressamente che le camere italo estere siano strumento delle attività di internazionalizzazione per mantenere l'iscrizione all'albo, la camera rispetta, e deve rispettare, «la partecipazione paritaria dei soci nell'elezione degli organi amministrativi, il principio del voto singolo di cui all'articolo 2532, secondo comma, del codice civile, la sovranità dell'assemblea dei soci», i principi di democrazia e trasparenza;
   la camera collabora con i Ministeri degli affari esteri e dello sviluppo economico, con l'ICE, la Simest; l'Invitalia la Confindustria (e le altre associazioni di categoria) e con il sistema delle camere di commercio, e per la sua attività e regolamentazione giuridica è ente privato avente rilevanza ed interesse pubblico;
   la camera, grazie a un'oculata gestione, gode del patrimonio maggiore rispetto alle analoghe camere d'Europa, e da sempre svolge numerose attività e missioni a favore della internazionalizzazione dei suoi associati e del sistema italiano;
   il 31 agosto 2015 si è tenuta l'assemblea degli associati della Camera, verbalizzata da notaio, che ha deliberato, all'unanimità di tutti i soci presenti, l'aggiornamento dello statuto e la nomina degli organi;
   a quanto risulta all'interrogante nel settembre 2015, alcuni ex consiglieri arabi, non rinnovati, si sarebbero riuniti per creare una Camera alternativa, chiamando la nuova associazione «Camera mista Italo-Araba per il Commercio e l'Industria», lo stesso nome della più che quarantennale camera esistente;
   tutto ciò sarebbe avvenuto, a giudizio dell'interrogante, ignorando le norme italiane che vietano a chi non ne ha i requisiti la denominazione di camera di commercio, riservata (legge 29 dicembre 1993, n. 580, articolo 22) a chi, avendo da almeno due anni i requisiti previsti per legge, è iscritto nell'albo delle camere di commercio italo-estere o estere in Italia (regolamento della sezione delle camere miste iscritte nell'Albo, il decreto 15 febbraio 2000, n. 96) tenuto dal Ministero dello sviluppo economico –:
   se siano a conoscenza di questa situazione;
   ove i fatti di cui in premessa trovino conferma, quali iniziative intendano assumere rispetto alla nascita di una seconda camera di commercio che, ad avviso dell'interrogante, è in contrasto con quanto stabilito dalla legge n. 580 del 1993, articolo 22;
   se siano a conoscenza del fatto che questa seconda camera di commercio italo araba, potrebbe avere sede presso gli uffici di Roma dell'Istituto nazionale per commercio estero (Agenzia ICE), ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, sottoposto ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministero dello sviluppo economico.
   (4-10562)

Apposizione di firme ad interrogazioni.

  L'interrogazione a risposta scritta Martella e altri n. 4-10363, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 16 settembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rubinato.

  L'interrogazione a risposta scritta Lavagno n. 4-10437, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 22 settembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Piazzoni.

  L'interrogazione a risposta in Commissione Carrescia e altri n. 5-06449, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 23 settembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stella Bianchi.

  L'interrogazione a risposta immediata in Assemblea Marazziti n. 3-01731, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 29 settembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Dellai.

  La risoluzione in Commissione Carrescia e altri n. 7-00780, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 24 settembre 2015, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stella Bianchi.

Pubblicazione di un testo ulteriormente riformulato.

  Si pubblica il testo ulteriormente riformulato della interpellanza urgente Brunetta n. 2-00820, già pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 366 del 20 gennaio 2015:

   Il sottoscritto chiede di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, per sapere – premesso che:
   la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008), all'articolo 3, comma 44, stabilisce un limite massimo alle retribuzioni e ai compensi percepibili a carico delle finanze pubbliche, prevedendo espressamente che la disposizione si applica non solo alle pubbliche amministrazioni, ma anche alle società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica, tra le quali certamente figura la Rai; la norma impone altresì alle pubbliche amministrazioni e alle società, non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica, di pubblicare sul proprio sito istituzionale il nome dei destinatari degli incarichi e l'importo dei compensi;
   in esecuzione della predetta disposizione è stato emanato il decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 195, che precisa i contenuti del predetto obbligo di pubblicità, ricomprendendo esplicitamente ogni rapporto di lavoro subordinato o autonomo che implichi la corresponsione di retribuzioni o emolumenti direttamente o indirettamente a carico delle pubbliche finanze, includendo anche i compensi percepiti da società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica, secondo quanto previsto dall'articolo 2 del citato decreto del Presidente della Repubblica;
   l'articolo 2, comma 11, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, recante «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni» ha integralmente sostituito, a decorrere dal 1o gennaio 2014, l'articolo 60, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 che nella precedente formulazione, prevedeva che gli enti pubblici economici e le aziende che producono servizi di pubblica utilità, nonché gli enti e le aziende di cui all'articolo 70, comma 4 sono tenuti a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica – e al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, il costo annuo del personale comunque utilizzato, in conformità alle procedure definite dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   il decreto-legge n. 101 del 2013 amplia, in primo luogo, l'ambito soggettivo di riferimento del suddetto articolo 60, estendendo la platea dei soggetti tenuti al rispetto dell'obbligo di comunicazione anche alle società non quotate, partecipate direttamente o indirettamente, a qualunque titolo, dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, diverse da quelle emittenti strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e dalle società dalle stesse controllate, e dalla società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo;
   detto intervento opera, inoltre, sul contenuto informativo dell'obbligo stesso, in particolare per la Rai, società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, andando a specificare che il costo annuo del personale comunque utilizzato ed oggetto della comunicazione deve ritenersi riferito ai singoli rapporti di lavoro dipendente o autonomo; in virtù di tale disposizione, pertanto, anche la Rai è tenuta a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento della funzione pubblica – e al Ministero dell'economia e delle finanze il costo annuo del personale comunque utilizzato, con riferimento ai singoli rapporti di lavoro dipendente o autonomo, in conformità a specifiche procedure definite d'intesa con i predetti dicasteri;
   l'obbligo di pubblicità previsto per la Rai dal richiamato articolo 3, comma 44 della legge finanziaria per il 2008, non risulta messo in discussione dall'articolo 60, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), così come modificato dal citato decreto-legge n. 101 del 2013, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 125 del 2013, che non solo non esclude l'obbligo di pubblicità, ma ne conferma la vigenza, non regolando diversamente i relativi obblighi di trasparenza;
   l'articolo 17, comma 4 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114 stabilisce che: A decorrere dal 1o gennaio 2015, il Ministero dell'economia e delle finanze acquisisce le informazioni relative alle partecipazioni in società ed enti di diritto pubblico e di diritto privato detenute direttamente o indirettamente dalle amministrazioni pubbliche individuate dall'istituto nazionale di statistica ai sensi dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, e da quelle di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. L'acquisizione delle predette informazioni può avvenire attraverso banche dati esistenti ovvero con la richiesta di invio da parte delle citate amministrazioni pubbliche ovvero da parte delle società da esse partecipate. Tali informazioni sono rese disponibili alla banca dati delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 della legge 31 dicembre 2009, n. 196. Il decreto del Ministero dell'economia e finanze del 25 gennaio 2015, all'articolo 3 ha stabilito che sono altresì comunicate le informazioni sul costo del personale, comunque utilizzato, di cui all'articolo 60, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
   in tema di trasparenza, il contratto di servizio 2010-2013 siglato tra la Rai e il Ministero dello sviluppo economico e ancora in vigore, seppur in regime di prorogatio, dispone, all'articolo 27, comma 7, che «la Rai pubblica sul proprio sito web gli stipendi lordi percepiti dai dipendenti e collaboratori nonché informazioni, anche tramite il mezzo televisivo, eventualmente con un rinvio allo stesso sito web nei titoli di coda, e radiofonico, sui costi della programmazione di servizio pubblico»;
   si ritiene utile ricordare che il 7 maggio 2014 la Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi ha approvato il parere di propria competenza previsto in relazione allo schema di contratto di servizio 2013-2015 tra la Rai e il Ministero dello sviluppo economico, ad oggi, ancora in via di definizione. Nel parere approvato dalla Commissione bicamerale, si pone la condizione che il comma 7 dell'articolo 18 dello schema di contratto di servizio preveda che: «La Rai pubblica nel rispetto delle disposizioni dell'articolo 60, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 2001, n. 165, come modificato dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, di conversione con modificazioni del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, le informazioni sui curricula e i compensi lordi percepiti dai dirigenti, dai collaboratori e dai consulenti, così come definite e richieste dal Ministero dell'economia e delle finanze d'intesa con il Dipartimento della funzione pubblica, nonché informazioni, anche tramite il mezzo televisivo e radiofonico, sui costi della programmazione di servizio pubblico». Analoga disposizione è contenuta nel vigente contratto di servizio, ma ad oggi risulta completamente disattesa, come si può evincere anche dalla consultazione del sito internet www.rai.it, nella sezione dedicata al «Personale», che risulta da tempo in «via di aggiornamento»:
   nel corso della seduta della Camera dei deputati dell'8 settembre 2014, il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, pro tempore, Giovanni Legnini, in risposta ad una interpellanza urgente presentata dal sottoscritto, riferendosi agli obblighi introdotti con la norma di cui all'articolo 2, comma 11, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, ha dichiarato che «la Rai, in adempimento dei citati obblighi di legge, ha provveduto a trasmettere nel termine previsto e secondo i criteri delineati dal dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, tutti i dati richiesti dal Ministero dell'economia e delle finanze d'intesa con il Dipartimento della funzione pubblica»;
   nella seduta della Camera dei deputati del 31 ottobre 2014, nel rispondere alla precedente interpellanza, la sesta in ordine di tempo, sul tema dell'attuazione della normativa in materia di trasparenza della Rai presentata dal sottoscritto, il sottosegretario di Stato al ministero dello sviluppo economico, con delega per le telecomunicazioni Antonello Giacomelli dichiarava quanto segue: ...abbiamo nuovamente sollecitato il MEF, il Ministero dell'economia e delle finanze, per avere una informazione esatta circa le modalità e i tempi con cui si intendeva procedere e il MEF, nuovamente sollecitato, ha comunicato che provvederà a pubblicare, a breve, i dati sui compensi del personale della Rai, in conformità al parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e nell'ambito delle informazioni relative al costo del lavoro pubblico. Nuovamente sollecitato a dare una definizione temporalmente più precisa del concetto a breve, il MEF ha precisato che questa diffusione avverrà, in modo anticipato, rispetto alla presentazione dei dati del conto annuale 2013, che prevista entro la fine di quest'anno;
   sul sito internet www.contoannuale.tesoro.it, riconducibile al Ministero dell'economia e delle Finanze risulta pubblicato il costo annuale del personale Rai per l'anno 2013, limitatamente a dati aggregati e comunque non aggiornati, che ad avviso dell'interpellante non rispettano il dettato normativo;
   l'articolo 13 (Limite al trattamento economico del personale pubblico e delle società partecipate) del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, «Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale», convertito dalla legge n. 89 del 23 giugno 2014 (cosiddetto decreto Irpef) ha stabilito in 240 mila euro annui, il limite massimo ai compensi degli amministratori con deleghe e alle retribuzioni dei dipendenti delle società controllate dalle pubbliche amministrazioni a partire dal 1o maggio 2014; tale previsione non si applica alle società pubbliche autorizzate all'emissione di titoli obbligazionari su mercati regolamentati;
   gli amministratori e i manager della Rai, in quanto società concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, sarebbero stati, in base al dettato normativo, soggetti al tetto massimo per i compensi, previsto dal richiamato decreto Irpef;
   in realtà, i precedenti vertici dell'azienda del servizio pubblico radiotelevisivo hanno però disposto, alcuni mesi fa, l'emissione di un bond obbligazionario pari a 350 milioni di euro, facendo così rientrare la Rai, nell'ipotesi di esclusione dal «tetto massimo dei compensi», richiamata in precedenza;
   a parere dell'interpellante, la tempistica scelta dall'azienda concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo per l'emissione dei titoli obbligazionari, risulta quanto meno sospetta, dal momento che la decisione arriva solo in seguito all'emanazione del suddetto decreto che disciplina il «tetto ai compensi dei manager», avendo come effetto finale quello di escludere la Rai proprio da tali obblighi relativi agli stipendi;
   da fonti giornalistiche si apprende quindi che, come i precedenti vertici Rai hanno goduto di compensi ben superiori alla cifra limite stabilita in 240 mila euro, anche i nuovi vertici, recentemente insediatisi, potranno godere di compensi molto onerosi; il neo direttore generale Antonio Campo Dall'Orto si vedrebbe corrispondere, secondo notizie di stampa, un compenso pari a 650 mila euro annui, mentre la presidente Monica Maggioni avrebbe confermato lo stipendio precedentemente corrisposto in quanto direttrice di Rainews, pari a 300 mila euro –:
   per quale ragione il Governo non abbia sinora provveduto alla pubblicazione dei dati trasmessi dalla Rai e relativi al costo del personale, con riferimento ai singoli rapporti di lavoro dipendente o autonomo, così come letteralmente previsto dal dettato dell'articolo 2, comma 11, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, recante «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni»;
   quali misure intendano adottare, secondo le proprie competenze, per garantire, senza ulteriori ritardi, l'attuazione puntuale della normativa richiamata in premessa e rendere così pubblici i dati relativi al costo del personale, per quanto riguarda, in maniera specifica, i singoli rapporti di lavoro dipendente o autonomo, a norma delle disposizioni di cui all'articolo 2, comma 11, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, «Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni», in considerazione di quanto previsto dal contratto di servizio vigente, e, anche alla luce di quanto disposto dallo schema di contratto di servizio 2013-2015, che prevede esplicitamente per la Rai l'obbligo di pubblicazione dei curricula e dei compensi lordi dei singoli dirigenti, collaboratori e consulenti;
   per quale ragione, il Governo e segnatamente il Ministero dell'economia e delle finanze in quanto azionista, abbia autorizzato la Rai all'emissione dei titoli obbligazionari, consentendo di fatto alla concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo di derogare alle disposizioni in materia di «tetto ai compensi per i manager pubblici» contenute nel cosiddetto decreto Irpef.
(2-00820)
«Brunetta».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   Interpellanza urgente Rigoni n. 2-01020 del 1o luglio 2015;
   Interrogazione a risposta immediata in Commissione Dorina Bianchi n. 5-03903 del 29 ottobre 2014.

ERRATA CORRIGE

  Interpellanza urgente Palazzotto ed altri n. 2-01095 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 492 del 29 settembre 2015. Alla pagina 29073, seconda colonna, dopo la riga quarantaduesima si, deve inserire il seguente testo:

  «mentre si intensifica il conflitto e aumentano gli scontri in Turchia, le autorità utilizzano tutti mezzi possibili, anche legislativi, al fine di reprimere tutte le forme di opposizione politica, di protesta pubblica e i media indipendenti;

  addirittura la sede di un giornale, l’Hürriyet, è stata assaltata nelle scorse settimane ed a capo della folla che assaltava il giornale c'era un parlamentare del partito di maggioranza, l'AKP;

  il Governo della Turchia ha violato, ad avviso degli interpellanti, quasi tutte le convenzioni sui diritti umani di cui è firmatario, oltre a essersi reso responsabile di quelli che gli interpellanti ritengono crimini di guerra;

  la Turchia sta scivolando sempre più in una guerra civile ed il Governo turco ha pesanti responsabilità nell'aver fermato il processo di pace tra Stato turco e PKK, che era ad un buon punto, soltanto per fini elettorali allo scopo di reprimere le opposizioni e far riconquistare la maggioranza assoluta all'AKP persa durante le elezioni del 7 giugno scorso;

  pubblicamente il Governo turco ha dichiarato guerra all'ISIS, in realtà e come sostengono numerose fonti indipendenti, continua a supportarlo e invece ha iniziato una guerra contro le opposizioni democratiche e le minoranze presenti nel Paese, conducendo attacchi aerei anche in altri Stati, come in Iraq, al fine di combattere i “terroristi” del PKK, producendo centinaia di vittime tra la popolazione civile e mettendo a rischio l'intero Medio Oriente;

  al fine di assicurarsi una nuova maggioranza assoluta alle elezioni del prossimo 1o novembre ben 150 aree del Paese sono state dichiarate dai governatori delle 15 province a maggioranza curda “aree di protezione speciale”. In queste aree ben 400.000 cittadini dovrebbero recarsi, secondo quanto previsto dalle commissioni elettorali periferiche, a decine di chilometri di distanza dai luoghi di residenza per poter esprimere la preferenza alle elezioni. Per cui i residenti di molti villaggi e quartieri in province come Diyarbakir, Mus, Sirnak, Bitlis, Batman, Mardin e Tunceli sarebbero costretti a dare il loro voto in un altro quartiere o in un altro villaggio;

  la comunità internazionale ha la responsabilità di utilizzare ogni mezzo appropriato, inclusi i mezzi diplomatici, umanitari ed altri per invitare il Governo turco al rispetto dei propri obblighi internazionali per il rispetto dei diritti umani e dei diritti civili e politici delle popolazioni che vivono in Turchia, anche intraprendendo le azioni opportune per proteggere la popolazione da questi crimini, in accordo con la Carta dell'ONU –:

  quale sia la posizione del Governo italiano rispetto a quanto esposto in premessa e a quelle che appaiono agli interpellanti gravissime violazioni dei diritti umani perpetrate dalle forze di sicurezza turche nei confronti della popolazione civile e quali iniziative intenda adottare affinché il Governo turco rispetti i diritti umani, civili e politici;

  quali iniziative intenda assumere, anche a livello diplomatico, affinché le elezioni del prossimo 1o novembre 2015 si svolgano regolarmente e democraticamente;

  quali iniziative intenda assumere per favorire un immediato cessate il fuoco tra le parti in conflitto e per la ripresa dei negoziati di pace tra Stato turco e PKK;».