XVII LEGISLATURA
COMUNICAZIONI
Missioni valevoli nella seduta del 14 ottobre 2015.
Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Fontanelli, Formisano, Fraccaro, Franceschini, Garofani, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, La Russa, Leva, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Marotta, Merlo, Meta, Migliore, Molea, Orlando, Pes, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Portas, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Schullian, Sereni, Sorial, Speranza, Tabacci, Tofalo, Turco, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Zanetti.
(Alla ripresa pomeridiana della seduta)
Angelino Alfano, Gioacchino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bellanova, Bernardo, Bindi, Biondelli, Bobba, Bocci, Boccia, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Brambilla, Bratti, Bressa, Brunetta, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Costa, D'Alia, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso de Caro, Dellai, Di Gioia, Di Lello, Luigi Di Maio, Epifani, Faraone, Ferranti, Ferrara, Fico, Fioroni, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garofani, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Guerra, La Russa, Leva, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Marotta, Mazziotti Di Celso, Merlo, Meta, Migliore, Molea, Orlando, Pes, Piccoli Nardelli, Pisicchio, Portas, Ravetto, Realacci, Rigoni, Rosato, Domenico Rossi, Rossomando, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Sorial, Speranza, Tabacci, Tofalo, Turco, Velo, Vignali, Villecco Calipari, Zanetti.
Annunzio di proposte di legge.
In data 13 ottobre 2015 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa del deputato:
FORMISANO: «Soppressione dei consorzi di bonifica» (3362).
Sarà stampata e distribuita.
Adesione di deputati a proposte di legge.
La proposta di legge RIZZETTO ed altri: «Divieto della propaganda pubblicitaria dei giochi con vincite in denaro e della partecipazione dei minori ai medesimi, nonché disposizioni in materia di autorizzazioni all'esercizio del gioco lecito» (1035) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Mucci, Segoni e Turco.
La proposta di legge GREGORI ed altri: «Istituzione della figura professionale di operatore socio-sanitario» (3263) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Pili.
Ritiro di una proposta di legge.
Il deputato Colletti ha comunicato di ritirare la seguente proposta di legge:
COLLETTI: «Modifica al codice di procedura civile in materia di consulenza tecnica preventiva» (3198).
La proposta di legge sarà pertanto cancellata dall'ordine del giorno.
Trasmissione dal Senato.
In data 14 ottobre 2015 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza il seguente disegno di legge:
S. 1429-B – DISEGNO DI LEGGE COSTITUZIONALE: «Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione» (approvato, in prima deliberazione, dal Senato, modificato, in prima deliberazione, dalla Camera e nuovamente modificato, in prima deliberazione, dal Senato) (2613-B).
Sarà stampato e distribuito.
Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.
A norma del comma 1 dell'articolo 72 del Regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
II Commissione (Giustizia):
GIORGIA MELONI: «Istituzione del Fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime di disastri ambientali» (3271) Parere delle Commissioni I, V, VIII e XI.
XI Commissione (Lavoro):
ALBANELLA ed altri: «Modifiche al decreto legislativo 21 aprile 2011, n. 67, concernenti l'accesso anticipato al pensionamento per i lavoratori che svolgono attività in altezza» (3204) Parere delle Commissioni I, V e XII.
Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali):
LA RUSSA: «Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di adottabilità del concepito» (3306) Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Annunzio di sentenze della Corte costituzionale.
La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria le seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:
Sentenza n. 196 del 22 settembre-9 ottobre 2015 (Doc. VII, n. 519), con la quale:
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli articoli 18, comma 9, e 19, comma 3, lettera a), del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91 (Disposizioni urgenti per il settore agricolo, la tutela ambientale e l'efficientamento energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle imprese, il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche, nonché per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa europea), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 11 agosto 2014, n. 116, promossa – in riferimento all'articolo 3, secondo comma, della Costituzione – dalla regione Campania;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 18, comma 9, e 19, comma 3, lettera a), del decreto-legge n. 91 del 2014, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge n. 116 del 2014, promossa – in riferimento agli articoli 119, quinto comma, e 120 della Costituzione e al principio di leale collaborazione – dalla regione Campania:
alla V Commissione (Bilancio);
Sentenza n. 197 del 22 settembre-9 ottobre 2015 (Doc. VII, n. 520), con la quale:
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, commi 1 e 2, della legge della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia 9 marzo 2012, n. 3 (Norme urgenti in materia di autonomie locali), promossa dal Presidente del Consiglio dei ministri, in riferimento all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione e in relazione all'articolo 23, commi da 16 a 20-bis, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214:
alla I Commissione (Affari costituzionali);
Sentenza n. 198 del 23 settembre-9 ottobre 2015 (Doc. VII, n. 521), con la quale:
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 186, comma 9-bis, quarto periodo, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevata, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del tribunale ordinario di Rovereto:
alle Commissioni riunite II (Giustizia) e IX (Trasporti).
La Corte costituzionale ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, copia della seguente sentenza che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del Regolamento, è inviata alla XII Commissione (Affari sociali), nonché alla I Commissione (Affari costituzionali):
con lettera in data 9 ottobre 2015, Sentenza n. 195 del 22 settembre-9 ottobre 2015 (Doc. VII, n. 518), con la quale:
dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della regione Calabria 16 ottobre 2014, n. 27 (Norme in tema di donazione degli organi e tessuti).
Trasmissione dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.
Il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale ha trasmesso decreti ministeriali recanti variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, autorizzate, nel periodo da luglio a settembre 2015, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, e dell'articolo 6, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.
Questi decreti sono trasmessi alla III Commissione (Affari esteri) e alla V Commissione (Bilancio).
Trasmissione dal Ministero dell'economia e delle finanze.
Il Ministero dell'economia e delle finanze ha trasmesso decreti ministeriali recanti variazioni di bilancio tra capitoli dello stato di previsione del medesimo Ministero, di pertinenza del centro di responsabilità «Dipartimento delle finanze», autorizzate, in data 2 e 8 ottobre 2015, ai sensi dell'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, e dell'articolo 6, comma 14, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.
Questi decreti sono trasmessi alla V Commissione (Bilancio) e alla VI Commissione (Finanze).
Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.
La Commissione europea, in data 13 ottobre 2015, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Proposta modificata di decisione del Consiglio concernente la conclusione dell'Accordo sui trasporti aerei tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e gli Stati Uniti d'America, dall'altra (COM(2015) 491 final), che è assegnata in sede primaria alla III Commissione (Affari esteri);
Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo sull'applicazione del regolamento (CE) n. 1896/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, che istituisce un procedimento europeo d'ingiunzione di pagamento (COM(2015) 495 final), che è assegnata in sede primaria alla II Commissione (Giustizia).
Il Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, in data 13 ottobre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6, commi 1 e 2, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
Questi atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Con la predetta comunicazione, il Governo ha altresì richiamato l'attenzione sui seguenti documenti, già trasmessi dalla Commissione europea e assegnati alle competenti Commissioni, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento:
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni – Piano di azione per la creazione dell'Unione dei mercati dei capitali (COM(2015) 468 final);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce norme comuni sulla cartolarizzazione, instaura un quadro europeo per cartolarizzazioni semplici, trasparenti e standardizzate e modifica le direttive 2009/65/CE, 2009/138/CE e 2011/61/UE e i regolamenti (CE) n. 1060/2009 e (UE) n. 648/2012 (COM(2015) 472 final);
Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (UE) n. 575/2013 relativo ai requisiti prudenziali per gli enti creditizi e le imprese di investimento (COM(2015) 473 final);
Documento di consultazione congiunto della Commissione europea e dell'Alto rappresentante dell'Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza – Verso un nuovo partenariato tra l'Unione europea e i paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico dopo il 2020 (JOIN(2015) 33 final).
Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.
Il Ministero dell'interno, con lettere in data 9 ottobre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, i decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento dei consigli comunali di Aversa (Caserta), Calvenzano (Bergamo), Castelforte (Latina), Fasano (Brindisi), Minturno (Latina) e Pesche (Isernia).
Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.
Richiesta di parere parlamentare su atti del Governo.
Il Ministro per le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 14 ottobre 2015, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 6 della legge 9 luglio 2015, n. 114, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/40/UE sul ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla lavorazione, alla presentazione e alla vendita dei prodotti del tabacco e dei prodotti correlati e che abroga la direttiva 2001/37/CE (212).
Questa richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del Regolamento, alla XII Commissione (Affari sociali) nonché, ai sensi del comma 2 dell'articolo 126 del Regolamento, alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), che dovranno esprimere i prescritti pareri entro il 23 novembre 2015. È altresì assegnata, ai sensi del comma 2 dell'articolo 96-ter del Regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario entro il 3 novembre 2015.
Atti di controllo e di indirizzo.
Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.
COMUNICAZIONI DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI IN VISTA DEL CONSIGLIO EUROPEO DEL 15 E 16 OTTOBRE 2015
Risoluzioni
La Camera,
premesso che:
il prossimo Consiglio europeo del 15-16 ottobre 2015 vedrà tra i punti all'ordine del giorno lo sviluppo di soluzioni condivise sulle pressioni migratorie, in vista del vertice de La Valletta (11-12 novembre) e a seguito della conferenza ad alto livello sulla rotta dei Balcani occidentali tenutasi l'8 ottobre 2015, in aderenza alle proposte della Commissione europea e delle conclusioni del Consiglio «Giustizia e affari interni» del 14 settembre e dell'8-9 ottobre 2015;
i massicci flussi migratori verso l'Europa, insieme all'aumento delle richieste di asilo di un numero crescente di rifugiati in fuga da guerre, conflitti e persecuzioni, aggravati dalle azioni terroristiche del Daesh, richiamano la necessità di approntare un complesso di misure operative, finanziarie e giuridiche sia d'emergenza che di lungo periodo;
su spinta del Governo italiano finalmente il tema della migrazione e della crisi dei rifugiati è diventato una delle priorità dell'azione dell'Unione; a partire, infatti, dalla convocazione del vertice straordinario del Consiglio europeo del 23 aprile scorso, fortemente sollecitato dall'esecutivo italiano, gli Stati membri hanno sancito l'impegno ad agire rapidamente per salvare vite umane e a intensificare l'azione dell'Unione europea sulle migrazioni;
l'Agenda europea sulla migrazione, una delle 10 priorità degli orientamenti politici della nuova Commissione Ue di Juncker, contiene un pacchetto di misure volte alla: ricollocazione e reinsediamento dei richiedenti asilo, predisposizione di un Piano d'azione dell'Unione europea contro il traffico di migranti, modifiche alla base giuridica di Frontex per potenziarne il ruolo in materia di rimpatrio, insieme a un aumento di risorse e a un ampliamento del suo raggio d'azione, non più limitato alle sole acque territoriali UE, proposta di regolamento per concordare un elenco dell'Unione europea di «Paese di origine sicuro», al fine di accelerare l’iter delle domande di asilo e predisporre l'eventuale rimpatrio, gestione comune delle frontiere esterne, previsione di un sistema europeo comune di asilo e revisione del regolamento Dublino nel 2016;
per l'attuazione di tale strategia, circa la ricollocazione e il reinsediamento di persone in evidente bisogno di protezione internazionale dall'Italia e dalla Grecia, i rimpatri e la cooperazione con i Paesi d'origine e di transito, rilevano le decisioni di recenti Consigli: a partire dal Consiglio del 25-26 giugno 2015, a quello del 20 luglio 2015 del Consiglio Giustizia e affari interni, al Consiglio Giustizia e affari interni del 14 settembre 2015, con il meccanismo di ricollocazione di 40 mila richiedenti asilo, fino al decisivo Consiglio Giustizia e affari interni straordinario del 22 settembre che ha adottato un ulteriore meccanismo di ricollocazione, prevedendo per ulteriori 120 mila la ricollocazione di persone in evidente stato di bisogno di protezione internazionale dall'Italia e Grecia agli altri Stati membri;
importanti obiettivi sono stati conseguiti anche in relazione al potenziamento della presenza in mare per il salvataggio di vite umane, moltiplicando risorse e mezzi disponibili per le operazioni congiunte di Poseidon, Triton e Frontex, con il rafforzamento dell'azione esterna comune dell'Unione europea nel Mediterraneo, tra cui rileva l'operazione navale militare EunavforMed, c.d. «Operazione Sophia», a guida italiana, avviata in prima fase per raccogliere informazioni sulle rotte e le imbarcazioni dei trafficanti di migranti e che sta proseguendo con la fase 2, per rendere più incisiva la lotta contro i trafficanti di esseri umani, nelle acque internazionali del Mediterraneo al largo della Libia. L'approvazione della risoluzione 2240 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu fortemente voluta dall'Italia e adottata con 14 voti favorevoli (fra cui tutti i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza) e la sola astensione del Venezuela, stabilisce infatti, per la prima volta, che il traffico di esseri umani costituisce, come altre minacce transnazionali di attori non statuali, quali il terrorismo, una «minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale»;
l'Unione europea e i suoi Stati membri sono fortemente impegnati sin dall'inizio del conflitto in Siria a promuovere la stabilità nella regione, a fornire assistenza umanitaria ai siriani nel proprio Paese e al di fuori di esso, e aiuti ai governi e alla società civile dei Paesi confinanti;
il recente Consiglio Giustizia affari interni del 7, 8 e 9 ottobre svoltosi a Lussemburgo dei Ministri dell'Interno, incentrato prevalentemente sulla politica dei ritorni, dei rapporti con i Paesi di origine e dei rimpatri dei c.d. «migranti economici», sulla base di una politica «more for more», cioè «più progressi, più aiuti», stabilisce un chiaro legame tra la collaborazione nei rimpatri e gli aiuti allo sviluppo;
tuttavia, nonostante questi importanti passi in avanti, l'opera di attuazione richiesta dall'Agenda europea per la migrazione deve ancora essere completata e, alla luce della gravità della crisi umanitaria a causa dell'acuirsi delle situazioni di crisi e di conflitti in Africa e Medio Oriente, richiama l'urgenza di ulteriori e più incisive misure, non solo di carattere temporaneo e straordinario, da mettere in campo nei prossimi mesi;
il Piano approvato dall'Unione europea, seppure con fatica e che ha preso l'avvio di recente con i primi ricollocamenti dall'Italia verso la Svezia, sono un primo passo importante ma non sufficiente. Occorre fare un salto di qualità per arrivare all'istituzione di un diritto d'asilo comune europeo;
occorre che l'Europa sui dossier importanti di politica estera diventi protagonista sullo scacchiere internazionale e in tale direzione rileva il percorso virtuoso avviato dall'Alto Rappresentante per la politica estera dell'Unione, Federica Mogherini; è necessario che l'Unione si presenti come unione di Paesi, superando le iniziative dei singoli Stati membri, a partire dalla crisi siriana, all'acuirsi del conflitto israelo-palestinese, all'accordo preliminare di un esecutivo di unità nazionale in Libia e che ha preso l'avvio di recente con l'inviato Onu Bernardino Leon, alle intese e al dialogo sulla cooperazione con la Turchia, appena iniziato con la Commissione Ue sulla gestione dell'emergenza rifugiati;
la necessità immediata è quella di sostenere gli Stati membri che gestiscono afflussi eccezionali di rifugiati nei loro territori e sostenere i paesi di vicinato diretto, nonché luoghi di transito della maggior parte dei profughi in arrivo. Di fronte all'imponenza dei flussi occorre, infine, predisporre canali umanitari legali con la collaborazione dell'UNHCR, per impedire il traffico e la tratta di persone disperate in fuga. Per questo è necessario agire sia all'interno che all'esterno dell'Unione europea;
in ragione della nostra peculiare posizione geostrategica nel Mediterraneo centrale, l'Italia nel corso del recente Semestre di presidenza del Consiglio Ue ha lanciato un'importante iniziativa ad hoc – il Processo di Khartoum, EU-Horn Africa Migration Route Initiative, PK – per aprire un dialogo istituzionalizzato fra Unione europea e paesi dell'Africa orientale, con i principali paesi di transito e provenienza dei flussi migratori e di profughi; in seguito a tale iniziativa attualmente sono in corso missioni di esperti dell'Unione europea in tutti i Paesi africani coinvolti nel processo di Khartoum per favorire interventi di cooperazione e combattere il traffico di migranti e la tratta di esseri umani;
il prossimo vertice sulla migrazione che si terrà a La Valletta l'11-12 novembre 2015 offrirà l'opportunità di presentare le nuove priorità della politica migratoria nel quadro delle relazioni dell'Unione europea con i partner africani;
il prossimo Consiglio europeo sarà altresì dedicato ad aggiornare la discussione sui contenuti del Rapporto dei cinque Presidenti sulla riforma del sistema di governo dell'Unione economica e monetaria europea, alla luce dei recenti sviluppi del dibattito sul coordinamento delle politiche di convergenza e solidarietà fra i paesi membri;
le proposte del Governo italiano, contenute nel contributo trasmesso ai Presidenti lo scorso maggio e ribadite in occasione della presentazione finale del Rapporto durante il Consiglio del 25 e 26 giugno, sono volte a promuovere una più efficace governance economica, anche attraverso il rafforzamento della cooperazione tra i parlamenti nell'implementazione coordinata delle riforme strutturali, lo sviluppo di interventi comuni di contrasto alla disoccupazione ciclica, l'implementazione di un Mercato Unico dotato di meccanismi di coordinamento fiscale e che possa essere il canale per la diffusione dell'innovazione, la creazione di un bilancio dell'Eurozona, il raggiungimento dell'Unione Bancaria e l'efficace utilizzo delle risorse del Piano Juncker;
portare avanti questa strategia comune fondata su un dialogo efficace fra tutti gli Stati membri e finalizzata ad un'evoluzione degli equilibri tra le istituzioni dell'Unione, nell'ambito del «triangolo virtuoso» formato da responsabilità di bilancio, riforme strutturali e investimenti, risulta essenziale per rafforzare i segnali della ripresa economica, confermati dai positivi andamenti di crescita e occupazione, osservati in particolare per l'economia italiana;
impegna il Governo
a proseguire l'azione di promozione, nelle opportune sedi europee ed internazionali, delle iniziative tese al consolidamento della nuova visione e gestione comune delle politiche migratorie in seno all'Unione europea, in linea con quanto proposto dalla Commissione europea con l'Agenda europea sulla migrazione COM(2015) 240 final del 13 maggio 2015 e nel quadro di un nuovo contesto europeo che vede i nostri partner avvicinarsi a posizioni da tempo avanzate dall'Italia in sede europea;
a perseguire, in questo contesto, soluzioni che prevedano una ripartizione dei costi e delle responsabilità adeguata fra gli Stati di primo approdo e gli altri, incentrata sull'inscindibilità degli elementi principali del nuovo approccio europeo: ricollocazione, controllo delle frontiere comuni, politica comune dei rimpatri;
ad attivarsi per realizzare una politica unica dell'asilo, con criteri, standard di protezione e di assistenza comuni, con una gestione europea del diritto d'asilo adottando ogni iniziativa utile, nelle opportune sedi europee ed internazionali, a condurre ad una revisione dei meccanismi previsti dal cosiddetto Regolamento di Dublino, nonché all'introduzione a livello comunitario di criteri comuni per la concessione del diritto di asilo e sulla gestione dei rimpatri e quindi del principio del mutuo riconoscimento delle decisioni di concessione dell'asilo;
alla luce della recente Risoluzione 2240 del Consiglio di Sicurezza, invitare i Paesi terzi ad intensificare la lotta ai trafficanti di esseri umani in quanto minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale;
ad adoperarsi, in collaborazione con le principali organizzazioni internazionali e ONG attive in materia, per favorire l'introduzione di misure, di reinsediamento che rendano possibile ai titolari di protezione internazionale nei Paesi terzi una via legale e protetta di accesso alla Unione europea, anche allo scopo di contenere i flussi migratori irregolari ed evitare che essi cadano nella rete dei trafficanti di uomini;
a intensificare gli sforzi per rafforzare l'azione comune europea in tema di politica estera Ue sui conflitti in atto nel Mediterraneo, in Africa e in Medio oriente, origine dei massicci flussi migratori e di profughi verso l'Europa;
a promuovere, anche in vista del prossimo vertice a La Valletta dell'11 e 12 novembre, le seguenti azioni europee per i prossimi mesi, volte a:
potenziare la collaborazione con i paesi dei Balcani Occidentali, la Turchia e i Paesi del Vicinato meridionale per far fronte ai milioni di rifugiati dalla Siria che aumentano la pressione su Turchia, Libano, Giordania, Serbia e l'ex Repubblica jugoslava di Macedonia. A tal fine occorre rafforzare lo strumento europeo di vicinato (ENI), consentire un aumento del Fondo fiduciario regionale in risposta alla crisi siriana (fondo Madad) e fornire assistenza ai paesi terzi che accolgono i rifugiati provenienti dalla zone di guerra, insieme a un ulteriore orientamento di fondi dallo strumento di assistenza preadesione, in favore di tale fondo fiduciario;
fornire maggiori aiuti europei all'Africa, sostenendo concretamente il processo di Khartoum ed il processo di Rabat, anche mediante l'incremento dell'istituendo «Fondo fiduciario di emergenza per la stabilità e la lotta contro le cause profonde dell'immigrazione irregolare e dei profughi in Africa», nonché promuovere, nel contesto degli stessi processi, un impegno congiunto a gestire il fenomeno migratorio nel rispetto dei principi dello stato di diritto e dei diritti fondamentali;
incrementare i finanziamenti per le tre agenzie dell'Unione europea competenti per la migrazione (Frontex, EASO ed Europol), in ragione dei maggiori compiti rispetto a quelli originariamente assegnati, al fine di aumentare gli esperti europei che lavorano su questo versante e prefigurare, a più lungo termine, la creazione di una guardia di frontiera europea;
sostenere gli Stati membri che gestiscono afflussi eccezionali di rifugiati nei loro territori, maggiormente impegnati sul fronte dei salvataggi e dell'accoglienza, mediante squadre di sostegno forniti dalle agenzie europee, attraverso un aumento delle risorse a carico del bilancio europeo 2015, volte a coprire anche le spese del sistema di rimpatri a livello europeo;
ribadire la ferma opposizione dell'Italia, in ogni fase dei lavori comunitari, alla messa in discussione dell’acquis comunitario, in particolare dei settori della libera circolazione delle persone nonché alla introduzione di meccanismi volti ad attribuire ai Governi e parlamenti nazionali poteri di blocco dei processi decisionali dell'Unione europea;
a sostenere in sede europea una riflessione approfondita sul futuro della governance economica europea, tesa a rafforzare il quadro istituzionale dell'Euro e la sua legittimità democratica, al fine di pervenire ad una governance più efficiente e più efficace, assicurando uno stretto raccordo di tale riflessione con le iniziative promosse dalle Camere e dal Parlamento europeo;
a orientare la discussione in merito al Rapporto dei presidenti sul futuro dell'Unione economica e monetaria, tenendone costantemente informate le Camere, proseguendo lungo le linee proposte nel contributo del Governo italiano del maggio scorso e finalizzate a dotare l'UEM di strumenti e meccanismi adeguati promuovendo una cooperazione più stretta, e a vocazione federale, fra gli Stati che ne fanno parte;
a proseguire nell'impegno profuso nella realizzazione di riforme strutturali, politiche per la crescita e lo sviluppo, nel nuovo quadro delle politiche economiche europee, allentamento monetario, interpretazione flessibile del patto di stabilità, piano europeo per gli investimenti, improntate alla crescita e agli investimenti dopo anni di approccio rigorista, nonché a intensificare l'impegno per la spesa dei fondi strutturali europei, in particolare di quelli relativi al ciclo di programmazione 2007/2013, da rendicontare alla Commissione europea entro il 31 dicembre;
a promuovere nel contesto del dibattito sui futuri assetti istituzionali dell'eurozona, dei meccanismi che rispondano all'obiettivo di condurre politiche economiche e di bilancio orientate alla crescita, all'occupazione e alla coesione economica e sociale approfondendo con gli altri stati membri la proposta, avanzata già nel corso del semestre di presidenza, di accorpare le composizioni del consiglio che si occupano di economia reale per razionalizzare i lavori del consiglio ed equilibrare l'enfasi preponderante acquisita negli ultimi anni dal tema della stabilità finanziaria;
a favorire una maggiore integrazione del mercato interno, in particolare per quello del lavoro, promuovendo la realizzazione di un sistema europeo di assicurazione contro la disoccupazione ciclica, complementare alla realizzazione delle riforme e tale da migliorare l'efficacia, l'impatto, e gli spillover positivi delle iniziative dei singoli Stati, attenuando quelli negativi in caso di crisi;
a rafforzare le misure finalizzate a promuovere la convergenza, nell'immediato con meccanismi di riequilibrio più efficaci e simmetrici e, in prospettiva, anche attraverso opportune modifiche dei vigenti Trattati, con l'approvazione di un bilancio comune della zona euro che porti ad un livello crescente di integrazione fiscale, anche al fine di superare forme di concorrenza fiscale dannosa, che finisce per concentrare il carico impositivo sui redditi da lavoro e da impresa, stante la volatilità dei mercati finanziari e la libertà di movimento di capitali;
a promuovere ogni opportuna iniziativa mirante ad ampliare i margini di apertura all'unione del mercato dei capitali e al completamento dell'Unione Bancaria, in linea con quanto affermato nel corso del Consiglio europeo del 25 e 26 giugno scorso, e a evitare eventuali ulteriori richieste di incremento dei requisiti finanziari di dotazione di capitale e liquidità, al fine di non condizionare negativamente la rinnovata propensione delle banche a erogare credito a famiglie e imprese.
(6-00166) «Rosato, Lupi, Monchiero, Dellai, Pisicchio, Alfreider, Di Lello».
La Camera,
ascoltate le comunicazioni del Governo in vista dell'imminente Consiglio europeo che avrà luogo il 15-16 ottobre 2015;
esprimendo soddisfazione per il fatto che la gestione dell'emergenza migratoria in atto nel Mediterraneo ne costituirà l'argomento principale;
rilevando come la bozza delle conclusioni attualmente allo studio degli Stati membri contempli il rafforzamento della protezione delle frontiere esterne dell'Unione europea insieme a significativi riferimenti all'organizzazione del rimpatrio dei migranti economici clandestini;
sottolineando come nell'ambito dell'Unione europea non si stia affatto prefigurando una politica di indiscriminata apertura delle frontiere, ma si stia invece consolidando una comune volontà di affrontare i flussi migratori senza cedimenti al permissivismo;
evidenziando tuttavia, come stia emergendo anche una propensione a considerare la Turchia come un possibile partner affidabile dell'Unione Europea nel contenimento dei flussi migratori proprio nel momento in cui si rafforzano le perplessità circa il ruolo svolto dal Governo di Ankara nella genesi della crisi migratoria che ha sconvolto negli ultimi mesi l'Europa, inondandola di profughi in fuga dalla Siria, dall'Afghanistan e dal Pakistan;
rilevando la circostanza che le autorità turche si siano apparentemente dichiarate disponibili a trattenere i profughi in transito sul proprio territorio in cambio di fondi europei, da destinare peraltro all'allestimento di campi sul suolo siriano, in un'area che dovrebbe essere militarmente protetta dalle conseguenze del conflitto in atto in quello sfortunato Paese;
manifestando il dubbio che la Turchia abbia usato la leva migratoria per condizionare le scelte politiche dell'Unione europea ed ottenere fondi dall'Europa con i quali perseguire i propri obiettivi nazionali in Siria,
impegna il Governo
ad agevolare in sede europea l'assunzione di ogni decisione che possa essere utile al rafforzamento della capacità comunitaria di difendere le frontiere europee dagli afflussi massicci di migranti irregolari;
ad esprimersi contro lo stabilimento sul territorio del nostro Paese di hotspot destinati alla raccolta dei migranti clandestini e all'identificazione dei possibili profughi;
in subordine, a pretendere garanzie ed adeguate contropartite finanziarie nel caso in cui il Consiglio decidesse a maggioranza, contro il parere dell'Italia, di stabilire uno o più hotspot nel territorio del nostro Paese;
ad accettare le proposte tese a facilitare il rimpatrio dei migranti che risultassero non titolati alla protezione internazionale da parte dell'Unione europea e dei suoi Stati membri;
ad assumere iniziative per respingere il tentativo della Turchia di accreditarsi come partner credibile dell'Unione europea fintanto che sussisteranno dubbi sul suo ruolo nella genesi del cosiddetto Stato Islamico e sui motivi che hanno indotto quest'anno il Governo di Ankara ad allentare la sorveglianza sulle proprie frontiere occidentali, permettendo a centinaia di migliaia di sedicenti profughi di riversarsi in Grecia e di qui procedere verso l'Europa centrale e settentrionale.
(6-00167) «Fedriga, Gianluca Pini, Allasia, Attaguile, Borghesi, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Rondini, Saltamartini, Simonetti».
La Camera,
sentite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione del Consiglio europeo del 15 e 16 ottobre 2015;
premesso che:
il Consiglio europeo si concentrerà sulle questioni migratorie, in tutti i suoi aspetti e farà il punto delle discussioni in merito alla relazione sull'Unione economica e monetaria, nonché sullo stato della situazione relativa al referendum sulla permanenza o l'uscita del Regno Unito dall'Unione europea;
dall'inizio del 2015 è aumentato in modo consistente il numero dei migranti che arrivano in quei Paesi che, per la loro posizione geografica, rappresentano le principali porte di ingresso nell'Unione europea;
secondo i recenti dati dell'UNHCR sono più di 530 mila i rifugiati e i migranti che hanno attraversato il Mediterraneo nel 2015. La Grecia è il paese di arrivo che ha accolto il numero maggiore di arrivi con quasi 400 mila persone, seguita dall'Italia con 131 mila arrivi nel 2015;
nonostante i forti venti autunnali, nel solo mese di settembre, 168.000 persone hanno intrapreso questa traversata, il dato mensile più alto di quest'anno, cinque volte superiore al totale registrato a settembre del 2014, mentre nella sola Grecia sono state più di 153.000 le persone arrivate nel mese di settembre;
provengono tutte dai primi 10 Paesi al mondo per numero di rifugiati, principalmente della Siria (70 per cento), dall'Afghanistan (18 per cento) e dall'Iraq (4 per cento);
alla luce di questa situazione e dei relativi numeri, le proposte dell'Unione europea e la relativa gestione sulla cosiddetta «crisi dei migranti» appaiono fortemente sbagliate e potenzialmente rischiano di mettere a serio repentaglio le fondamenta democratiche dell'Europa stessa;
è da quando è stata fondata l'Unione europea che si parla di flussi migratori in Europa e lo si è fatto applicando esclusivamente leggi restrittive che hanno alimentato la «clandestinità» delle persone;
il fenomeno delle migrazioni non può essere fermato. Non serve rinforzare le frontiere, aumentare i controlli, installare telecamere, erigere muri o attivare qualsiasi altro dispositivo di chiusura: l'unica soluzione da intraprendere adesso sarebbe quella di istituire dei corridoi umanitari per agevolare l'arrivo in sicurezza di chi decide di scappare dalla sua terra e di stabilire la possibilità di ottenere il diritto di asilo in luoghi attrezzati, vicini alle zone di fuga;
se può essere visto come un cambio di rotta l'annuncio sui reinsediamenti e i primi ricollocamenti all'interno dell'Unione europea, destano particolare preoccupazione il progetto europeo per un piano di rimpatri di persone che non riuscirebbero ad ottenere lo status di rifugiato, ossia i cosiddetti «rifugiati economici» e la proposta collaterale di istituire una lista vincolante di «paesi terzi sicuri», cioè sicuri in origine e transito, in cui dunque i richiedenti asilo possono essere rinviati, ignorando i gravi ostacoli all'accesso alla procedura d'asilo che troveranno in quel paese;
non è possibile accettare distinzioni tra migranti economici e rifugiati. Ogni migrante andrebbe valutato per la sua storia, come prevede la Convenzione di Ginevra e la nostra Costituzione;
preoccupano, a questo riguardo, anche le affermazioni del Ministro degli interni Alfano a margine della riunione dei Ministri degli interni in Lussemburgo dell'8 ottobre 2015: «bisogna essere molto chiari su un punto con i Paesi africani: se non ci aiutate non vi diamo i soldi della cooperazione internazionale». Di quali Paesi stiamo parlando ? Forse dell'Eritrea, del Sudan, della Somalia, del Niger? Gli stessi saranno considerati Paesi «sicuri» ? Sembrerebbe di si e sarebbe l'epilogo del «Processo di Khartoum»;
oltre agli accordi commerciali o di cooperazione con Paesi terzi dal Nord Africa ai confini con l'Asia, l'Europa dovrebbe stipulare accordi umanitari per la creazione di percorsi garantiti verso il continente stesso, e non di barattare risorse economiche comunitarie in cambio di un servizio poliziesco di controllo delle frontiere;
oltre al dialogo con alcune delle «peggiori dittature» del mondo come Sudan ed Eritrea, preoccupa il dialogo con Paesi come l'Egitto e soprattutto la Turchia, anche alla luce dei fatti tragici avvenuti ad Ankara il 10 ottobre 2015. È forte la preoccupazione che un accordo tra l'Unione europea e la Turchia, che preveda l'inserimento di quest'ultima nella lista dei «paesi sicuri» per dare una frenata al flusso dei rifugiati, faccia chiudere un occhio sul rispetto dei diritti umani, sulla repressione delle libertà fondamentali, nonché sulla forte repressione anti-curda che il Governo Turco sta mettendo in piedi negli ultimi mesi, addirittura dimenticando le gravi responsabilità di quest'ultimo nel supporto al Daesh;
in occasione del medesimo vertice il documento di Amnesty international ha reso noto che il Governo dell'Ungheria ha speso oltre 100 milioni di euro (il triplo di quanto destinato annualmente all'accoglienza dei richiedenti asilo) per costruire la barriera di filo spinato e applicare altre misure di controllo al!a frontiera con Croazia e Serbia, al fine di impedire a migranti e rifugiati di entrare nel Paese, in aperta violazione del diritto internazionale;
contemporaneamente il Parlamento ungherese ha, con legge, inserito la Serbia nella lista dei «paesi sicuri» di origine e transito, in cui dunque i richiedenti asilo possono essere rinviati, ignorando i gravi ostacoli all'accesso alla procedura d'asilo che troveranno in quel Paese. Contemporaneamente, un ulteriore provvedimento ha istituito il reato penale di ingresso irregolare di rifugiati e richiedenti asilo, in violazione del diritto internazionale;
le istituzioni dell'Unione europea, al fine di prevenire ulteriori violazioni dei diritti umani in Ungheria, dovrebbero attivare il meccanismo preventivo previsto dall'articolo 7.1 del Trattato dell'Unione europea, che consente al Consiglio europeo di ammonire uno Stato membro quando vi sia «un evidente rischio di gravi violazioni» dello stato di diritto e dei diritti umani;
nei giorni scorsi è partita la seconda fase della Missione EUNAVFOR MED, l'operazione militare che ha l'obiettivo di identificare, acquisire e rendere inoperative le imbarcazioni usate dai trafficanti di esseri umani;
la missione europea entra infatti in una fase operativa, dopo quella di studio del fenomeno. Ora si potranno mettere in atto delle vere azioni di deterrenza. Potranno essere fermate le barche usate dai trafficanti, potranno essere scortati i barconi carichi di migranti e, allo stesso tempo, potranno essere assicurati i trafficanti alla giustizia italiana. Potranno essere sequestrate le imbarcazioni utilizzate dai trafficanti così come il materiale tecnologico;
l'esperienza ci ha purtroppo insegnato che quando vengono messe in atto azioni di deterrenza, ma non si creano al contempo delle alternative possibili, i viaggi dei rifugiati diventano ancora più disperati. L'Unione europea sta mettendo in atto un programma di forte contrasto ai trafficanti, ma non sta agendo con altrettanta forza per aprire canali sicuri e legali per consentire alle persone che hanno bisogno di protezione di raggiungere l'Europa;
basterebbe fare un esempio: cosa successe nel 2009, quando l'Italia mise in atto la politica dei respingimenti nei confronti delle imbarcazioni partite dalla Libia? Si aprì una nuova via di fuga attraverso il Sinai e lì centinaia di persone furono rapite e torturate atrocemente. Non si fermò il flusso di rifugiati fuggiti, ma solo la loro possibilità di chiedere protezione;
la politica dei respingimenti ha già amplianiente dimostrato la sua inefficacia e mostrato i suoi nefandi aspetti sulla pelle di chi fugge da guerre, carestie, persecuzioni e dittature e rischia di far deflagrare, con effetti ancor più devastanti anche nel nostro Paese, le politiche ad esso correlate: la creazione degli hotspot e di conseguenza la riapertura su larga scala dei centri di detenzione amministrativa per l'identificazione e l'espulsione;
il tentativo, già fallito in partenza, di identificare attraverso le impronte digitali in tutti i migranti dopo l'ingresso in Italia e in Grecia, senza però garantire al contempo un tempestivo trasferimento legale verso i Paesi del Nordeuropa non è adeguato; gli hotspot proposti come centri che dovrebbero migliorare la condizione dei richiedenti asilo, stanno già diventando, di fatto, luoghi di riproduzione della clandestinità;
l'unica soluzione, al momento non applicabile anche per via delle scarsità di risorse anche umane, sarebbe quella del prelievo forzato delle impronte digitali, a meno di non estendere il trattenimento amministrativo a tempo indeterminato nei confronti di migliaia di persone appena sbarcate, cosa molto probabile al momento, anche a fronte del divieto di respingimenti o espulsioni collettive, sancito dall'articolo 4 del Quarto Protocollo allegato alla CEDU, oltre che dall'articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea;
nell'impossibilità di procedere ai rimpatri si avranno per cui decine di migliaia di persone internate a tempo indeterminato;
in definitiva gli interessi politici degli Stati stanno affossando di fatto il «diritto di asilo europeo» che non è mai esistito e si allontana sempre più, così come sembra allontanarsi l'idea di una Europa solidale. Non c’è altra soluzione: o si prende atto del fatto che il futuro di chi scappa da guerre e miseria è tutt'uno col futuro dell'Europa, oppure anche l'Unione europea si trasformerà in una terra di guerre e conflitti crudeli come accade alle nostre porte. Il destino dei migranti è in definitiva il nostro destino;
la Capital Markets Union o CMU, presentata nei giorni scorsi dalla Commissione europea prevede un insieme di iniziative mirate alla creazione di nuovi canali di finanziamento per le piccole e medie imprese, le infrastrutture e particolari settori economici. Alla base vi è l'idea che, se le banche non prestano abbastanza e gli investimenti pubblici non si possono fare, la soluzione passa da un'ulteriore espansione della sfera finanziaria;
si vorrebbero favorire canali alternativi a quello bancario, quali il sistema bancario ombra, o shadow banking system, che non deve sottostare alle regole che riguardano le banche e, questo, lo stesso sistema finito sotto accusa come uno dei principali responsabili della crisi del 2007-2008. Si tratta delle cartolarizzazioni che permettono alle banche di rivendere sui mercati i crediti erogati, moltiplicandoli all'infinito ed eludendo le normative prudenziali; esattamente le operazioni che, solo pochi anni fa, hanno consentito di erogare i mutui subprime:
inoltre, nella CMU si propone l'abbattimento degli ultimi controlli sui movimenti di capitale. Capitali sempre più fuori controllo in un'Unione europea dove leggi e fisco si fermano alle frontiere nazionali. Con la CMU si esaspera lo stesso principio che ha portato le banche tedesche e francesi a inondare di soldi la Grecia per anni, salvo lasciarla poi sull'orlo del baratro con lo scoppio della crisi. Si delega così alla finanza privata l'intero progetto di integrazione europea;
non è casuale che dirigenti di banche quali Goldman Sachs, JP Morgan, Citi, BBVA, Credit Suisse, BNP Paribas, HSBC e diverse altre, abbiano diffuso, nei giorni scorsi, un comunicato per segnalare che la Capital Markets Union è «un'iniziativa faro dell'Unione Europea» e che ne sono «pieni sostenitori». Mentre la regolamentazione della finanza non fa passi in avanti, le lobbies rialzano la testa;
rimangono in piedi le questioni, già affrontate nei precedenti dibattiti in questa Aula, in ultimo nella «sessione europea» dello scorso settembre: della revisione in profondità delle politiche economiche cosiddette «dell'austerità», portate avanti dagli organismi dirigenti dell'eurozona e da molti Governi dei Paesi che ne fanno parte, nonché della revisione in senso democratico del funzionamento degli organismi stessi della governance europea;
è necessario, oggi più che mai, riformare profondamente politiche, strumenti giuridici e procedimento legislativo, dando un chiaro bilanciamento tra i poteri e togliendo potere al sistema intergovernativo;
occorre con urgenza definire un piano europeo per l'occupazione per i giovani, i disoccupati e gli inoccupati, che definisca una politica industriale a livello europeo, dando priorità a interventi che rispettano il diritto ad un ambiente sano e integro, al contrario di quanto fanno molte grandi opere che devastano il territorio e che creano poca occupazione, agevolando la transizione verso consumi drasticamente ridotti di combustibili fossili, la creazione di un'agricoltura biologica e multifunzionale, il riassetto idrogeologico dei territori, la valorizzazione non speculativa del patrimonio artistico, il potenziamento dell'istruzione e della ricerca, la messa in sicurezza degli edifici scolastici, la riqualificazione delle città, l'efficienza energetica degli immobili, l'innovazione tecnologica, la riforma e il rinnovamento della PA e del welfare, l'innovazione e la sostenibilità delle reti (trasporti, energia, digitalizzazione del Paese, e altro),
impegna il Governo
in riferimento alle politiche delle migrazioni:
a promuovere l'apertura immediata di corridoi umanitari di accesso in Europa per garantire «canali di accesso protetto», attraverso i Paesi di transito ai rifugiati che scappano da persecuzioni, guerra e conflitti, per mettere fine alle stragi in mare e in terra quindi debellare il traffico di esseri umani e le prevedibili e evitabili tragedie in mare;
a proporre un reale «diritto di asilo europeo», capace di superare il regolamento Dublino che obbliga i migranti a richiedere asilo nel primo Paese comunitario che incontrano nel loro cammino. Un migrante dovrebbe avere il diritto di avere riconosciuto l'asilo in qualsiasi Paese, per poi essere libero di circolare all'interno dell'Europa;
a vigilare sul rispetto del divieto di espulsioni collettive previsto dai protocolli addizionali alla CEDU, attraverso l'adozione di opportuni atti regolamentari e l'introduzione di procedure di monitoraggio indipendenti;
a concedere, con effetto immediato, permessi di soggiorno per motivi umanitari che consentano la libera circolazione negli Stati dell'Unione europea e quindi avviare l'iter per la predisposizione di una normativa dell'Unione con la quale disciplinare il riconoscimento reciproco delle decisioni di riconoscimento della protezione internazionale tra gli Stati membri; a chiedere, in sede di Consiglio europeo, la regolarizzazione di tutti i migranti anche senza documenti presenti in Europa;
a promuovere il principio di un'accoglienza dignitosa, dunque la chiusura di tutti i centri di detenzione per migranti sparsi in Europa;
a superare, per quanto concerne l'Italia, definitivamente il sistema dei CIE, CARA e CDA e adottare il sistema SPRAR come modello unico di accoglienza per i richiedenti asilo;
a implementare rapidamente il programma di ricollocamento, affiancandolo alla creazione di adeguate strutture per l'accoglienza, l'assistenza, la registrazione e lo screening delle persone in arrivo via mare e ad affrontare, con gli altri partner europei, in ragione del massiccio afflusso di rifugiati in Grecia, il problema delle carenze nella capacità di accoglienza in Grecia che possono seriamente mettere a rischio il programma di ricollocamento concordato dal Consiglio europeo, dal momento che i rifugiati idonei non hanno un luogo dove andare in attesa del trasferimento;
a chiedere l'attivazione del meccanismo preventivo, previsto dall'articolo 7.1 del Trattato dell'Unione europea, nei confronti dell'Ungheria, che consente al Consiglio europeo di ammonire uno Stato membro quando vi sia «un evidente rischio di gravi violazioni» dello stato di diritto e dei diritti umani;
a proporre la revisione della missione EUNAVFOR MED che rischia danni maggiori, come esposto in premessa: l'unico modo per contrastare il traffico di esseri umani e allo stesso tempo permettere ai rifugiati di essere protetti sia quello di intervenire offrendo soluzioni possibili, attraverso programmi di reinsediamento, l'attivazione di procedure di ingresso protetto, visti e canali umanitari;
in riferimento all'Unione economica e monetaria:
ad opporsi all'approvazione delle misure contenute nel documento della Commissione europea denominato Capital Markets Union;
a sostenere, nelle sedi comunitarie, l'applicazione di una tassa europea sulle transazioni finanziarie, la separazione tra le banche commerciali e di investimento e un reale programma di investimenti europei che preveda anche l'emissione di eurobond;
ad adoperarsi per l'adozione di misure concrete per ampliare il processo decisionale europeo in senso democratico, attraverso un ruolo più incisivo del Parlamento europeo ed un migliore e più attivo coinvolgimento dei Parlamenti nazionali:
a) il PE deve avere poteri legislativi diretti e di indirizzo della politica economica;
b) la Commissione deve diventare un Governo eletto con politica fiscale, economica e sociale proprie;
c) della BCE devono essere rivisti in profondità lo statuto e le finalità, anche al fine di includere la disoccupazione come obiettivo da perseguire (come nello statuto della Federal Reserve);
a sostenere come priorità del sistema di governance economica europea, il raggiungimento reale degli obiettivi posti dalla strategia Europa 2020;
a promuovere il potenziamento della strumentazione e della dotazione finanziaria dell'Unione europea, finalizzato al sostegno dell'economia, attraverso l'adozione di misure e la sperimentazione di strumenti che svolgano una funzione anticiclica;
a farsi promotore di una Conferenza europea sul debito sovrano, prevedendo, tra le strade possibili, il coinvolgimento della Bce per la riduzione del costo del debito che eccede il 60 per cento del PIL;
a creare un fronte comune con i Governi disponibili, per porre con forza, negli organismi della governance europea, il tema della revisione dei trattati europei a partire dal fiscal compact, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, del tutto arbitrari ed assurdi, ottenendo la convocazione di una Conferenza europea per definire le necessarie modifiche;
a promuovere una discussione in sede europea per ridurre la soglia di saldo commerciale eccessivo e per introdurre penalizzazioni analoghe a quelle previste per lo sforamento dei saldi obiettivo di finanza pubblica;
ad adoperarsi negli organismi europei per sterilizzare le spese connesse all'accoglienza dei migranti e dei rifugiati dal calcolo dei saldi di finanza pubblica rilevanti ai fini delle regole europee, per consentire, per un triennio, spese per investimenti produttivi e co-finanziamento dei fondi strutturali anche oltre la soglia del 3 per cento nel rapporto deficit Pil e per ottenere una moratoria, per almeno un triennio, sull'applicazione delle misure obbligatorie di abbassamento del debito prevista dal fiscal compact, nonché la modifica delle modalità di calcolo dei saldi corretti per il ciclo, che penalizzano soprattutto Paesi come il nostro, che si trova in una situazione di prolungata recessione;
a promuovere iniziative volte a contrastare l'evasione e l'elusione fiscale a livello europeo, e ad ottenere un maggior coordinamento dei sistemi fiscali nell'Unione europea, al fine di ridurne la dannosa concorrenza fiscale;
a sostenere l'utilizzo di eurobond per far ripartire gli investimenti pubblici europei in infrastrutture e della green economy, nonché a sostenere la domanda aggregata in modo da rilanciare uno sviluppo sostenibile e l'occupazione;
a proporre un Green New Deal continentale (un Piano europeo per l'Occupazione), il quale stanzi almeno 1.000 miliardi di euro con risorse pubbliche nuove ed aggiuntive rispetto a quelle già stanziate (diversamente da quanto previsto dal cosiddetto «Piano Juncker»), per dare occupazione a 5-6 milioni di disoccupati o inoccupati (di cui un milione in Italia): tanti quanti sono quelli che hanno perso il lavoro dall'inizio della crisi; e definire una politica industriale a livello europeo e dare priorità a interventi che rispettino il diritto ad un ambiente sano e integro, al contrario di quanto fanno molte grandi opere che devastano il territorio e che creano poca occupazione; agevolare la transizione verso consumi drasticamente ridotti di combustibili fossili; a creare un quadro normativo europeo armonico adatto a favorire: un'agricoltura biologica e multifunzionale, e l'investimento in risorse per il riassetto idrogeologico dei territori, la valorizzazione non speculativa del patrimonio artistico, il potenziamento dell'istruzione e della ricerca, la messa in sicurezza degli edifici scolastici, la riqualificazione delle città, l'efficienza energetica degli immobili, l'innovazione tecnologica, la riforma e il rinnovamento della Pubblica amministrazione e del welfare, l'innovazione e la sostenibilità delle reti (trasporti, energia, digitalizzazione del Paese, e altro);
a sostenere, inoltre:
a) l'attuazione di una dimensione sociale dell'Unione europea, che includa anche un meccanismo di reddito minimo garantito e un regime di indennità minima di disoccupazione per l'area dell'euro;
b) l'inclusione del meccanismo europeo di stabilità (MES) nel diritto dell'Unione e un nuovo approccio nei confronti degli eurobond;
c) una capacità di bilancio dell'area dell'euro, in particolare per finanziare azioni anticicliche, riforme strutturali o parte della riduzione del debito sovrano.
(6-00168) «Scotto, Palazzotto, Kronbichler, Fratoianni, Marcon, Melilla, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, Duranti, Daniele Farina, Ferrara, Giancarlo Giordano, Paglia, Piras, Placido, Pellegrino, Zaratti, Pannarale, Nicchi, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaccagnini».
La Camera,
premesso che:
immigrazione, unione monetaria, referendum della Gran Bretagna: i tre punti all'ordine del giorno del Consiglio europeo che si terrà il 15 e 16 ottobre 2015 a Bruxelles sono tutte facce della stessa medaglia. Ci piace o non ci piace questa Europa ? È attrattiva o non è attrattiva questa Europa ? «Dobbiamo riformare l'Unione europea. Ce ne serve un'altra, molto più efficace ed efficiente di questa. E ci serve in fretta«: sono parole del sottosegretario Gozi. In un quadro internazionale confuso, l'attuale Unione europea è fattore di ulteriore confusione, e nega, con ciò, le ragioni per cui era nata, ovvero come garanzia di pace e di solidità democratica ed economica;
l'Italia ha il compito storico, dopo la caduta di credibilità morale della fallimentare egemonia tedesca, di rilanciare su basi nuove e concrete il sogno europeo dei padri fondatori. Il rischio di un disfacimento impone iniziative forti. Iniziative che l'attuale Esecutivo non sembra intenzionato ad intraprendere;
il Governo ha basato i suoi rapporti con i partner sulla subalternità, con il risultato che l'Italia non solo non conta niente nell'Unione, ma che, senza un cambiamento significativo, vale a dire quello che proprio un Governo italiano forte dovrebbe determinare, anche il vecchio continente è destinato all'irrilevanza nel mondo;
nell'Unione europea sono state lanciate due proposte, opposte, di cambiamento: quella francese, annunciata da Hollande, il 19 luglio 2015, in occasione delle celebrazioni per i 90 anni di Jacques Delors; e quella tedesca, fatta trapelare la settimana successiva dal settimanale Der Spiegel, nata da un'idea del Ministro delle finanze, Wolfgang Schäuble;
nel merito, la proposta francese punta a ridare una dimensione politica all'eurozona, con un Governo e un Parlamento comuni. La proposta tedesca, invece, prevede la creazione di un super Ministro delle finanze dell'eurozona, che gestisca un «bilancio separato», magari finanziato da un'eurotassa;
la proposta francese ha il pregio di cambiare le carte in tavola nell'Unione europea non più l'imbuto voluto dalla Germania, fatto di controlli sempre più stringenti; cessioni progressive di sovranità; «compiti a casa»; asfissia dei Paesi con alto debito pubblico e difficoltà di governance; ricatti politici e dei mercati finanziari. Ma una nuova unione in cui davanti a tutto c’è la politica e la responsabilità;
l'Italia, tuttavia, è rimasta immobile. Il Presidente del Consiglio non ha saputo decidere se fare asse con la Francia, e magari la Spagna, oppure sottostare, anche in questa occasione, alla linea di Angela Merkel, in cambio di un po’ di flessibilità e di possibilità di fare deficit, al fine di ottenere facile consenso;
una condotta non accettabile, che ha portato il nostro Paese a perdere progressivamente peso e rilevanza in Europa. Nonostante l'Italia sia uno dei maggiori contributori dell'Unione europea, il Governo Renzi è sempre tagliato fuori dalle decisioni importanti. Pensiamo al vertice sull'Ucraina, tenutosi a Minsk l'11 febbraio 2015, tra Putin, Poroshenko, Merkel e Hollande. Oppure alla lunga trattativa finalizzata a risolvere il problema Grecia. Ma anche alla lotta al terrorismo e al tema immigrazione;
su quest'ultimo tema, l'Unione europea, insieme agli Stati membri, dopo aver a lungo sottovalutato il fenomeno, si è attivata, almeno in parte, per adottare una serie di misure volte a rispondere alle sfide sollevate dai flussi migratori. È ora più che mai necessario intensificare gli sforzi per garantire una risposta sufficiente e adeguata all'attuale crisi in materia di migrazione e rifugiati, e definire una politica migratoria europea credibile;
è noto come la crescente instabilità del continente africano e del Medioriente abbia fatto aumentare in maniera esponenziale il numero di persone che cercano di raggiungere l'Europa: siamo di fronte ad una svolta epocale, in cui assistiamo a vere e proprie migrazioni di popoli. L'Unione europea ha il dovere di fornire una risposta alle pressioni migratorie nel Mediterraneo e nei Balcani occidentali, innanzitutto attraverso la protezione di coloro che ne hanno bisogno, anche per evitare ulteriori perdite di vite umane, soprattutto in mare. È fondamentale, allo stesso tempo, proseguire nella lotta contro le reti criminali dedite alla tratta e al traffico di persone, ed affrontare con sistematicità le cause profonde della migrazione irregolare, innanzitutto offrendo canali di migrazione legale;
già un anno fa, nella sessione del Consiglio europeo dell'ottobre 2014, i Ministri dell'interno adottavano conclusioni dal titolo «Adoperarsi per una migliore gestione dei flussi migratori», basate sui risultati della task force «Mediterraneo», con l'intenzione di definire un approccio sostenibile alla migrazione;
tuttavia, le azioni definite, a partire dall'operazione Triton, non sono state sufficienti per rispondere ai crescenti flussi migratori, anche perché scarsa attenzione è stata dedicata a quella che è la chiave di volta per offrire soluzioni ad una questione che oramai da troppo tempo non si muove più sulla linea dell'emergenza, ma che ha carattere strutturale: l'Unione europea non ha infatti ancora affrontato adeguatamente le cause profonde della migrazione (soprattutto di quella irregolare), e, di conseguenza, non ha finalizzato gli sforzi alla creazione di canali di migrazione legale, concentrandosi piuttosto sul rafforzamento della presenza in mare, sulla lotta ai trafficanti, e, solo in parte, sul rafforzamento della solidarietà e della responsabilità interne dei singoli Stati;
è necessario affrontare la situazione alle frontiere esterne dell'Unione europea, fornendo adeguato sostegno agli Stati membri in prima linea, assicurando la ricollocazione e il rimpatrio, e la costituzione di punti di crisi (hotspot) nei Paesi di provenienza; su questo punto, in particolare, l'Italia deve farsi promotrice di una grande azione di indirizzo nei confronti dell'Unione, soprattutto in relazione alla revisione del Regolamento di Dublino III, alla definizione di regole comuni per un «asilo europeo» e alla determinazione di parametri condivisi;
l'Europa cristiana non può voltare le spalle alla tragedia dei profughi, e di tutti coloro che fuggono da guerre e miserie: bisogna mettere in campo investimenti importanti, azioni mirate efficaci e, soprattutto, un'assunzione di responsabilità da parte di tutti i Paesi interessati, per dare la necessaria accoglienza a chi ne ha bisogno e diritto;
parallelamente, occorre investire di più nei Paesi limitrofi e in quelli di provenienza, per creare campi di accoglienza che possano ospitare in adeguate condizioni chi fugge da guerre e persecuzioni, ma anche intensificare la lotta contro l'Isis, sotto l'egida dell'Onu e con il coinvolgimento di Usa, Russia, Europa e Paesi arabi,
impegna il Governo:
ad aderire alla proposta annunciata dal presidente francese Hollande il 19 luglio 2015, in occasione delle celebrazioni per i 90 anni di Jacques Delors, che punta a ridare una dimensione politica all'eurozona, con un Governo e un Parlamento comuni;
ad integrare la proposta di Hollande con un grande piano di investimenti, un New deal europeo, da almeno mille miliardi (tre volte l'attuale piano Juncker), freschi, approfittando dei bassi tassi di interesse e utilizzando la garanzia della Banca europea degli investimenti (Bei);
a determinare l'implementazione simultanea, in tutti i Paesi dell'eurozona, dei cosiddetti «Contractual agreements», vale a dire accordi bilaterali tra i singoli Stati e la Commissione europea, per cui le risorse necessarie per l'avvio di riforme, volte a favorire la competitività del «sistema paese» non rientrano nel calcolo del rapporto deficit/Pil ai fini del rispetto del vincolo del 3 per cento, bensì rientrano nell'alveo dei cosiddetti «fattori rilevanti» per quanto riguarda i piani di rientro definiti dalla Commissione europea per gli Stati che superano la soglia del 60 per cento nel rapporto debito/Pil;
a indurre la Germania, attraverso lo strumento dei citati «Contractual agreements», a ridurre il suo surplus delle partite correnti della bilancia dei pagamenti, generato da un eccesso delle esportazioni sulle importazioni, nei confronti dei propri partner europei;
a rafforzare la posizione negoziale dell'Italia, in particolare attraverso iniziative tese ad aggregare gli interessi dell'area euro mediterranea dell'Unione, ad oggi soccombenti rispetto alle politiche europee a trazione dei Paesi del Nord Europa;
a farsi promotore della costituzione di una coalizione tra Stati Uniti, Federazione russa, Europa, Cina e Paesi arabi, per avviare azioni coordinate volte a contrastare l'Isis;
a proseguire con i lavori del tavolo di coesione nazionale per l'emergenza immigrazione e per le crisi internazionali in atto, con il coinvolgimento dei rappresentanti dei Governi che hanno maturato un'esperienza nel passato, e le forze politiche di buona volontà;
ad adottare ogni iniziativa volta a promuovere un'azione incisiva a livello europeo per fronteggiare il fenomeno migratorio, distinguendo coloro che scappano dai conflitti, dall'Isis, e vogliono rifugiarsi in Europa, da chi invece, in Europa, tenta di entrare clandestinamente in cerca di fortuna, attraverso operazioni in grado di controllare i flussi dei profughi in fuga dalla guerra e dalla repressione politica, e di contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina, offrendo canali di migrazione legale, e sollecitando con forza un fattivo impegno degli Stati dell'Unione europea volto a:
a) contribuire a migliorare le condizioni nei campi profughi, al fine di ridurre l'elevato numero di rifugiati che tentano di sbarcare in Europa alla ricerca di condizioni di vita migliori;
b) aumentare la ricezione da parte degli Stati membri delle minoranze religiose perseguitate, in particolare i cristiani e gli yazidi, e creare zone cuscinetto protette militarmente per difendere queste popolazioni nei paesi colpiti da conflitti;
c) predisporre un piano di accoglienza dei profughi in tutti i paesi europei in modo proporzionato in base alle loro dimensioni, popolazione e Pil;
d) rivedere le clausole del Regolamento di Dublino III per coinvolgere tutti gli Stati dell'Unione europea nella gestione dei richiedenti asilo e dei migranti che varcano i confini europei, in particolare nelle attività di accoglienza e di identificazione, superando l'attuale principio del «Paese di primo approdo»;
e) garantire un sistema che regoli la concessione del diritto di asilo secondo standard e procedure comuni in tutti i Paesi e il coordinamento nella raccolta delle domande dei richiedenti, per permettere agli aventi diritto di raggiungere i Paesi di accoglienza in modo sicuro, prevenendo ogni abuso del sistema, con la presentazione di domande di asilo multiple da parte di una sola persona;
f) valutare l'opportunità di un intervento militare nel Mediterraneo, attraverso l'impiego di azioni mirate, sotto l'egida delle Nazioni Unite, tra gli Stati Uniti, l'Europa, la Russia e i Paesi arabi, per bloccare le rotte migratorie;
g) neutralizzare i mezzi degli «scafisti», implementando le azioni volte alla distruzione e al sequestro di tutte le infrastrutture logistiche di trafficanti di esseri umani;
h) affrontare la situazione alle frontiere esterne dell'Unione europea, fornendo adeguato sostegno agli Stati membri in prima linea, assicurando la ricollocazione e il rimpatrio, e la costituzione di punti di crisi (hotspot) nei paesi di provenienza;
i) stipulare accordi economici bilaterali con i paesi di origine e di transito per interrompere i flussi migratori e per il rimpatrio dei clandestini, anche attraverso lo sviluppo di una politica di cooperazione volta a sostenere lo sviluppo economico e l'occupazione in questi territori;
l) fornire aiuti economici ai paesi di origine e di transito legati ad un'efficace lotta alla migrazione clandestina e alle organizzazioni criminali che la sostengono.
(6-00169) «Brunetta, Ravetto, Palese, Occhiuto».
La Camera,
sentite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in merito alla riunione ordinaria del Consiglio europeo del 15 e 16 ottobre 2015,
premesso che:
l'ordine del giorno della riunione del Consiglio europeo di ottobre prevede che i capi di Stato e di Governo discutano della politica migratoria dell'Unione europea, del Vertice sulla migrazione di La Valletta che si terrà a novembre, del rafforzamento delle frontiere esterne, nonché un approfondimento in merito alla rotta dei Balcani occidentali. Inoltre, per ciò che concerne i temi economici, si approfondiranno i temi della relazione sull'Unione economica. Infine, il presidente del Consiglio europeo informerà i leader dell'Unione europea circa lo stato della situazione relativa al referendum sulla permanenza o l'uscita del Regno Unito dall'Unione;
per ciò che concerne la politica migratoria è innegabile che l'Italia si trovi in prima linea nel fronteggiare una situazione drammatica, destinata a complicarsi ulteriormente. Si assiste a un costante flusso di migranti provenienti dall'Africa e dal Medio oriente, che fuggono da scenari di guerra o di rivolte popolari e soprattutto da reiterata violazione dei diritti umani, fame e povertà. Dati forniti dall'agenzia europea Frontex confermano che nei primi otto mesi del 2015 sono sbarcati sulle coste italiane quasi 130.000 migranti. Contemporaneamente, si continua ad assistere a un numero inaccettabile di tragedie in mare;
un fenomeno migratorio della portata di quello attuale non può più essere considerato transitorio o eccezionale e risulta pertanto indispensabile una chiara presa di posizione dell'Unione europea, che dovrebbe definire un piano di lungo periodo mirante in primo luogo a una reale condivisione della politica migratoria nell'Unione che riveda, su base solidaristica e unitaria, la politica del diritto di asilo;
nonostante l'apprezzamento per aver dato avvio a un importante dialogo in sede di Unione europea, le decisioni prese dal Consiglio GAI per istituire un meccanismo di ricollocazione temporanea ed eccezionale dall'Italia e dalla Grecia verso altri Stati membri che ha deciso in base al ricollocamento di circa 40.000 persone in evidente bisogno di protezione internazionale e altre 120.000, non risulta minimamente sufficiente ad affrontare l'attuale situazione. In primo luogo, appare evidente come i numeri non siano adeguati alla situazione reale dei paesi di primo approdo. Ancor più rilevante, però, risulta la definizione di «temporanea ed eccezionale» per queste misure che sottolinea l'assenza di un meccanismo di lungo periodo e la definizione di una politica condivisa sul tema, che invece risulta attualmente imprescindibile;
il vertice di La Valletta, che si terrà nella città maltese l'11 e 12 novembre, intende affrontare le sfide della migrazione e sottolinearne le opportunità. L'incontro prende le mosse dal riconoscimento che le migrazioni rappresentano una responsabilità condivisa tra i paesi di origine, di transito e di destinazione ed intende affrontare le cause profonde della questione adoperandosi per contribuire alla creazione di pace, stabilità e sviluppo economico; migliorare il lavoro di promozione e organizzazione di canali di migrazione legale; rafforzare la protezione dei migranti e dei richiedenti asilo, in particolare dei gruppi vulnerabili; affrontare più efficacemente lo sfruttamento e il traffico di migranti; collaborare più strettamente per migliorare la cooperazione in materia di rimpatrio e riammissione;
il 17 giugno 2015 alla Camera è stata approvata la risoluzione 6-00139 collegata alla relazione sulle azioni adottate per la gestione dei flussi migratori e sull'impiego di lavoratori immigrati in Italia, tra ottobre 2013 e aprile 2015, approvata dal Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione ove si impegna il Governo a «valorizzare a pieno, per quanto di sua competenza, in sede europea e nazionale, con particolare riguardo alla riunione del Consiglio europeo del 25 e 26 giugno 2015, quanto previsto dall'articolo 17 del Regolamento (UE) n. 604/2013, cosiddetto Regolamento Dublino III, promuovendo un sistema di asilo europeo che consenta un'equa ripartizione degli oneri tra gli Stati membri di primo ingresso e gli altri»;
per controllare i flussi migratori che dalle aree di crisi si riversano sull'Europa «non si può solo alzare un muro, né bastano solo le azioni di cooperazione: serve una strategia di lungo termine» che mescoli la cooperazione con i Paesi in difficoltà alla ricostruzione di Paesi vicini al collasso totale. Questa affermazione fu fatta proprio dal Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni, al termine della conferenza interministeriale sul nesso tra cooperazione economica e controllo dei flussi migratori che si è tenuta a Roma dove è stato firmato un accordo tra i Paesi dell'Unione europea e i paesi di origine e di passaggio dei migranti che, dal Corno d'Africa e dall'Africa dell'Est si riversano sulle coste della Libia per raggiungere l'Europa approdando nel nostro Paese, scappando da Somalia, Eritrea, Darfur/Sudan, Etiopia, ovvero da situazioni di conflitto decennali e da violazioni di diritti umani documentati in innumerevoli rapporti di organizzazioni della società civile. Il Processo di Khartoum venne siglato in attuazione del precedente Processo di Rabat, ovvero il foro di dialogo regionale tra l'Unione europea e i Paesi dell'Africa occidentale, centrale e mediterranea, nato per affrontare le sfide poste dalle migrazioni lungo la rotta migratoria Africa Sub-Sahariana-UE, secondo un approccio di responsabilità condivisa tra Paesi d'origine, transito e destinazione dei flussi migratori;
appare sempre più preoccupante la escalation bellica che rischia di degenerare in una nuova guerra fredda tra NATO e Federazione Russa. Già gli scontri in Ucraina orientale erano stati occasione per un potenziamento missilistico delle basi USA e NATO nei paesi dell'Europa orientale, nonché il continuo ripetersi di esercitazioni militari sia nel Mar Baltico che nel Mar Nero. La situazione appare complicarsi ulteriormente con la campagna aerea della Federazione Russa in Siria, volta sia a colpire l'Isis che a supportare il regine dell'attuale Presidente siriano Bashar Al-Assad, che non pare facilitare la riappacificazione interna in Siria, necessaria a convogliare le energie contro l'Isis;
complesso e delicato appare anche il ruolo della Turchia, membro della NATO con cui l'Unione europea ha intrapreso una stretta collaborazione mirante alla costruzione di una Europa solidale e democratica, culminata recentemente nell'annuncio del Presidente Juncker di un nuovo piano di azione per la sicurezza delle frontiere esterne dell'Unione che individua proprio la Turchia come partner primario, fornendo anche aiuti sostanziali per l'emergenza migranti. Al contempo però appare necessario ricordare l'ambiguità della Turchia, che fino a oggi ha fatto mancare il proprio sostegno alla lotta al terrorismo dell'Isis, bloccando le forniture anche umanitarie verso i curdi e avendo avuto un comportamento alquanto ambiguo nei confronti degli estremisti islamici. Inoltre la fine della centralità di Erdogan nello scenario politico turco all'indomani delle ultime elezioni politiche lo ha indotto a riaprire la guerra e la repressione contro i Kurdi, cancellando il processo di pace faticosamente avviato nella speranza di impedire l'agibilità politica e il successo elettorale del partito filo-curdo (HDP);
non può che inquietare l'attentato del 10 ottobre 2015 nella capitale Ankara contro una manifestazione pacifista con il suo inaccettabile tributo di sangue innocente, con una vera e propria «strategia della tensione» tesa a condizionare le elezioni politiche previste per il prossimo 1o novembre, che, alla luce della pesante repressione in corso, rischiano di tenersi in un clima di sospensione delle libertà fondamentali;
appare inopportuna quella che è stata definita «la più grande esercitazione militare della NATO dopo la caduta del muro di Berlino» denominata Trident Juncture 2015, attualmente in corso nel Mediterraneo tra Italia, Spagna e Portogallo e che comporta l'impiego di 36 mila uomini, oltre 60 navi e 200 aerei da guerra di 33 paesi (28 NATO più 5 alleati). Questa esercitazione, oltre che un inaccettabile spreco economico, appare anche del tutto intempestiva dato che molte delle unità coinvolte dovrebbero fronteggiare l'emergenza migratoria apportando il doveroso soccorso ai migranti e contrastando i trafficanti di esseri umani;
la spesa militare dell'Unione militare già nel 2010 ha raggiunto quota 194 miliardi di euro, approssimativamente la cifra del deficit annuale di Grecia, Italia e Spagna messe insieme. Proprio questi alti livelli di spesa militare hanno contribuito a provocare la crisi del debito nei Paesi nell'epicentro della crisi dell'euro, senza considerare che i debiti provocati dalla vendita di armi sono sovente il risultato di affari di corruzione tra funzionari dei governi, pagati con soldi dei cittadini, gli stessi che devono sopportare tagli pesantissimi nei servizi sociali;
sottolineato, altresì, l'opportuno inserimento tra gli strumenti della PESC delle capacità civili e militari dell'Unione europea nella gestione delle crisi e il riconoscimento dello scenario geopolitico della sponda sud del Mediterraneo e del Medio Oriente – anche alla luce della recrudescenza terroristica con gli attentati di Tunisi al museo Bardo e la mortifica iniziativa contro le popolazioni del cosiddetto Califfato (Isis) – quali priorità strategiche ai fini della sicurezza europea, sicurezza che non può che essere conseguita attraverso il moltiplicarsi dell'iniziativa diplomatica, il riconoscimento dei diritti umani e dei diritti dei popoli, dell'implementazione delle politiche di disarmo, della cooperazione e del ripudio della guerra;
nel preambolo alla carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che a partire dal Trattato di Lisbona è stata equiparata, come valenza, ai Trattati istitutivi dell'Unione europea, si legge: «l'Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà»;
l'Euro, nella sua struttura e organizzazione attuale ha generato insostenibili squilibri macroeconomici sia finanziari che commerciali tra il centro e la periferia dell'Eurozona, alimentati da politiche mercantiliste e dalla svalutazione interna generata dei Paesi in surplus comprovata dal fatto che, come si evince dalla Relazione 2015 sul meccanismo di allerta della Commissione europea, 18 dei 28 Paesi appartenenti all'Unione europea hanno squilibri macroeconomici ritenuti degni di attenzione;
la crisi della Grecia ha drammaticamente dimostrato che mancano strumenti efficaci e democratici per gestire le crisi dei debiti sovrani e per correggere gli squilibri macroeconomici tra Paesi, tradendo i valori di dignità umana, uguaglianza e soprattutto solidarietà su cui l'Unione doveva e deve basarsi;
urge la necessità di politiche «anticicliche» efficaci per uscire dalla crisi, per combattere la disoccupazione, nonché la povertà che oramai è a livelli record, e per rilanciare la crescita e gli investimenti. Questi ultimi però richiedono ingenti investimenti pubblici che mal si conciliano con le politiche di austerità;
le attuali regole del Patto di Stabilità e crescita impediscono agli Stati di realizzare i necessari investimenti pubblici a sostegno dell'economia reale e della domanda interna, che risultano impraticabili per via dei vincoli di bilancio;
il parametro «mantra» del 3 per cento trova le sue radici nel 1992 come parametro di Maastricht e viene poi ripreso nel 1997 attraverso il Patto di Stabilità e Crescita tra i paesi membri dell'Unione europea, rafforzandosi nel Fiscal Compact;
ab origine il suddetto parametro deriva da una mera espressione algebrica mirante a stabilizzare il rapporto debito/PIL al valore medio (60 per cento) dei primi paesi che negli anni ’90 sono entrati nell'Unione Monetaria, ed era collegato alla condizione che il PIL reale crescesse, in media, attorno al 3 per cento annuo. Tale obiettivo (60 per cento rapporto debito/PIL) e tale ipotesi (3 per cento crescita annua PIL) si sono rivelati negli ultimi anni palesemente irrealistici e irrealizzabili. Appare pertanto evidente come il 3 per cento non rispecchi considerazioni e necessità reali dell'Unione europea e dell'area euro in particolare;
le priorità imposte dal fiscal compact, quali ad esempio il pareggio di bilancio, contraddistinto da sciagurate politiche di austerità o riforme strutturali deleterie, nonché da privatizzazioni e dalla svendita del patrimonio pubblico, come ad esempio il fondo privatizzazioni in Grecia e la riforma delle banche popolari in Italia. A tutto ciò si aggiunge la volontà di attrarre investimenti privati – ad esempio attraversi il FEIS (cosiddetto Piano Juncker) – e l'ulteriore sviluppo dei mercati finanziari – come l'iniziativa CMU – che avranno quale unica conseguenza quella di ritardare la ripresa economica e, aumentando le ineguaglianze socio-economiche, non risolveranno i problemi di disoccupazione e di povertà;
una unione fiscale non è una ipotesi credibile nemmeno nel lungo periodo, per la resistenza dimostrata dagli Stati Membri a condividere i rischi o ad adottare misure efficaci contro elusione fiscale delle multinazionali;
l'unione fiscale non risolverebbe le asimmetrie macroeconomiche e gli squilibri generati dall'introduzione della moneta unica in Paesi con caratteristiche e dinamiche economiche molto diverse tra loro;
la creazione del Ministro delle Finanze «europeo» causerebbe un'ulteriore cessione di sovranità nazionale all'Europa e perdita del controllo democratico sulle decisioni economiche,
impegna il Governo:
a predisporre una seria strategia di politica estera dell'Unione più flessibile e adeguata nel rispondere alle minacce e alle sfide emergenti in settori quali la sanità, l'energia, i cambiamenti climatici, l'accesso all'acqua o il processo di desertificazione, fattori che spingono le popolazioni coinvolte verso altri Paesi e che si legano inevitabilmente all'aumento dei flussi migratori, attraverso l'adozione di misure e proposte per la riduzione dell'impatto ambientale e del consumo delle risorse, per una cooperazione allo sviluppo che non sia sinonimo di sostentamento, per la risoluzione di conflitti non basata sul solito interventismo militare;
a potenziare le strutture consolari di assistenza sociale in modo che esse possano farsi carico di un primo orientamento in loco dei nuovi migranti con la costituzione di appositi sportelli all'interno degli uffici consolari;
a far sì che l'approccio al dramma dei profughi e dei flussi migratori dall'Africa non sia affrontato dall'Unione europea esclusivamente attraverso la via del contenimento poliziesco e militare ma che sia avviata, anche nel solco dei processi di Rabat e di Khartoum, una nuova politica della Unione europea nei confronti del continente africano in grado di affrontare le cause remote (povertà, crisi e conflitti) anche tramite il miglioramento delle situazioni della sicurezza, umanitarie e dei diritti umani e delle condizioni socio-economiche nei Paesi di origine; di rafforzare la cooperazione con i Paesi di transito per il controllo dei flussi, per un contrasto efficace dei trafficanti e per rafforzarne le capacità in modo da consentire alle autorità locali di affrontare la questione in maniera più proficua;
a implementare con fatti concreti il cosiddetto «Processo di Khartoum» chiedendo che l'intera Unione europea non si caratterizzi esclusivamente con missioni militari come Eunavfor Med o Active Endeavour ma si decida a intervenire sui problemi strutturali dell'immigrazione dall'Africa attraverso piani di cooperazione che rafforzino le economie locali contribuendo all'abbattimento della povertà e dei conflitti in quell'area;
a rendere effettivi gli impegni assunti, nel quadro dei citati processi, attraverso un approccio di maggiore generosità in termini di stanziamenti nella cooperazione allo sviluppo con questi Paesi implementando contestualmente più serrati controlli sulla destinazione di tali fondi e sui fenomeni di corruzione inevitabilmente correlati;
a continuare a rafforzare la partnership tra Unione europea e l'Unione Africana e con le organizzazioni regionali africane, con i Paesi di origine e di transito dei flussi migratori, con l'Organizzazione internazionale per le Migrazioni e l'Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite;
a porre in essere ogni iniziativa affinché venga esclusa in questa fase l'adesione alla NATO di ulteriori Paesi della disciolta Unione Sovietica e a congelare, o in subordine a ridurre, le esercitazioni militari nel Baltico e nel Mar Nero con il fine di raffreddare la tensione con la Federazione Russa;
a riprendere nelle apposite sedi i negoziati per il disarmo convenzionale e nucleare del nostro continente evitando ulteriori processi di militarizzazione della frontiera tra l'Unione europea e Federazione Russa ed evitando esercitazioni nel Mediterraneo come la Trident Juncture 2015 che rischiano di snaturare il ruolo di ponte tra i popoli e di dialogo che deve avere l'Unione europea e l'Italia in particolare;
ad escludere azioni di guerra in Libia che finirebbero per rafforzare in tutto il Medio Oriente le pulsioni fondamentalistiche antioccidentali e terroristiche;
ad attivarsi nelle apposite sedi perché l'Unione europea chieda al governo di Ankara la riapertura del processo di pace e di inclusione con il popolo curdo, attraverso il cessate il fuoco immediato e assicurando la piena agibilità politica nel Kurdistan turco di tutte le forze democratiche affinché il voto sia effettivamente libero;
a rafforzare in tal senso l'invio di osservatori elettorali dell'Unione europea in Turchia per monitorare la regolarità del voto e la possibilità di poterlo esercitare liberamente in particolare nelle province del Kurdistan turco e a insistere al contempo perché la Turchia ponga termine a ogni ambiguità nei confronti dell'Isis collaborando con l'Unione europea al fine di bloccare l'afflusso di armi alle organizzazioni terroristiche e impedire il transito verso Siria e Iraq dei foreign fighters;
ad impegnarsi nelle opportune sedi istituzionali per promuovere un processo di pace in Siria che miri alla riunificazione del paese al fine di promuovere lo sviluppo della nazione e una situazione di sicurezza e protezione della popolazione;
ad intraprendere ogni iniziativa atta al perseguimento di una unione economica che concretizzi il principio imprescindibile di solidarietà tra popoli e pertanto incentri la gestione delle risorse disponibili perseguendo il benessere collettivo di tutti i cittadini europei;
ad attuare ogni iniziativa volta ad arrestare le attuali fallimentari politiche neoliberiste e di austerità, che si basano sulla svendita di asset strategici e di rilevante utilità sociale, ovvero le politiche di privatizzazione, e sull'assurdo assunto che politiche di austerità possano rilanciare l'economia di un Paese;
ad intraprendere ogni iniziativa atta al superamento di una moneta comune che non sia permeabile alle differenti specificità economiche dei Paesi facenti parte dell'Eurozona;
ad intraprendere ogni iniziativa volta a superare i vincoli posti dal Fiscal Compact e a rimpiazzare i target numerici con obiettivi macroeconomici e sociali basati su indicatori qualitativi che tengano conto del benessere sociale dei cittadini e che siano capaci di misurare lo sviluppo economico integrando nella analisi fattori ambientali e sociali, quali il Genuine Progress Indicator (GPI) o il Benessere Equo e Sostenibile (BES), così come già approvato nella risoluzione n. 1-00951 a prima firma Busto;
a promuovere una profonda ristrutturazione del debito e la cancellazioni dei debiti pubblici esteri insostenibili e «illegittimi»;
ad avviare l'apertura di un tavolo di lavoro tra i Paesi dell'Eurozona per lo smantellamento concordato e controllato della moneta unica o in alternativa, qualora non si trovi un accordo in tal senso, a prevedere nei trattati una procedura mirante ad introdurre il diritto di recedere unilateralmente dalla partecipazione alla moneta unica e pertanto a riacquisire la piena sovranità monetaria, l'autonomia fiscale e monetaria degli Stati membri.
(6-00170) «Sorial, Battelli, Manlio Di Stefano, Caso, Frusone, Nesci, Luigi Di Maio, Fraccaro, Petraroli, Vignaroli, Di Battista, Spadoni, Scagliusi, Brugnerotto, Castelli, Cariello, Colonnese, D'Incà».
La Camera,
premesso che:
in data 15 e 16 ottobre 2015 è stato convocato il Consiglio europeo per affrontare, tra gli altri argomenti, anche quello dei flussi migratori in tutti i loro aspetti;
nei mesi scorsi abbiamo assistito a sbarchi sempre più numerosi di profughi, soccorsi da diverse unità navali italiane ed europee. Per citare alcuni episodi avvenuti in estate: in data 22 giugno 2015 è arrivata al Porto di Salerno una nave tedesca con a bordo 522 profughi; a Taranto, nello stesso giorno, è giunta un'altra nave con 914 persone a bordo e a Reggio Calabria un'altra ancora con 223 profughi; il 16 giugno 2015 sono arrivati al porto di Catania 400 immigrati soccorsi da una nave irlandese; il 9 giugno sono sbarcati a Porto Empedocle 384 profughi, che si aggiungono ai 1.143 sbarcati in data 8 giugno presso il porto di Catania in seguito all'operazione di salvataggio condotta dalla Marina militare inglese, e ai 113 immigrati alla deriva soccorsi dalla nave «Dattilo» della Guardia costiera;
il numero complessivo degli sbarcati dal gennaio 2015 supera la cifra di 55000;
gli eventi degli ultimi giorni testimoniano l'esistenza nel Mar Mediterraneo di una situazione esplosiva caratterizzata da flussi migratori epocali la cui gestione diventa di giorno in giorno più difficile;
per quanto riguarda l'ospitalità sul territorio italiano, la Sicilia detiene la percentuale più alta di immigrati (22 per cento), seguita da Lazio, Lombardia, Puglia, Campania e Calabria;
i migranti percorrono diverse rotte e molti partono dalla Libia in un quadro geopolitico del Nord Africa sempre più instabile anche a causa dell'azione dell'Isis;
è facile prevedere che la pressione migratoria sarà destinata ad aumentare determinando un chiaro aggravamento di una situazione già al limite;
i centri di accoglienza dell'intero Paese sono ormai al collasso e registrano situazioni di sovraffollamento incompatibili con il rispetto e il senso della dignità dovuti ad ogni essere umano;
occorre mettere l'Europa di fronte a sé stessa, facendo comprendere in ogni modo che non è più tempo di un umanitarismo di facciata, ma occorrono azioni più forti che prevedano l'istituzione di un tavolo internazionale permanente che abbia il coraggio di dichiarare l'emergenza immigrazione e che verifichi anche l'opportunità di un potenziamento del sistema di intelligence internazionale volto a contrastare il pericolo di infiltrazioni terroristiche;
la risposta europea finora è stata blanda ed è cresciuto nei territori il senso di solitudine di fronte ad un problema di immani proporzioni, tanto da rendere necessario che il costo finanziario sopportato dall'Italia per fronteggiare un'emergenza che è europea, venga decurtato dal contributo annuale che il nostro Paese deve all'Unione;
i flussi migratori nel Mediterraneo sembra diano vita a un giro d'affari illecito di centinaia di milioni di euro l'anno. Il prezzo dei viaggi varia da frontiera a frontiera e il pagamento usualmente non è rimborsabile nel caso in cui la traversata non si compia;
sebbene esistano viaggi auto-organizzati dagli stessi migranti, la maggior parte delle partenze è controllata da alcune organizzazioni, ognuna delle quali si occupa del passaggio di una frontiera;
alla base del sistema si trovano i cosiddetti reclutatori, usualmente connazionali dei migranti, residenti nelle zone di origine dei clandestini, che si occupano di vendere i contatti, ad esempio in Libia o in Marocco, della rete di persone che li ospiterà e li trasborderà al luogo di imbarco;
il viaggio vero e proprio viene organizzato dai passeurs, parola traducibile con il termine «trafficanti», più spesso originari del luogo da cui parte la traversata del mare. Molte persone di alto livello di istruzione riescono comunque a raggiungere i paesi di partenza da sole, facendosi dare contatti dei passeurs dai propri parenti che sono già arrivati in Europa. Una volta pagati in contanti, i passeurs portano i candidati alla traversata al punto di partenza (nel caso della Libia solitamente verso Zuara, una città al confine con la Tunisia), dove alloggiano per qualche giorno prima di imbarcarsi;
una volta approntata la nave comprata al ribasso o rubata, i passeggeri vengono portati nella notte in riva al mare. Sconti particolari vengono fatti a chi si offre volontario per la guida delle imbarcazioni, spesso affidate per questo a capitani senza alcuna esperienza di mare, con conseguente aumento delle vittime;
apprendiamo dalla stampa che il lucroso giro di affari scaturente dal traffico dei profughi sarebbe in grado di superare perfino steccati di ordine ideologico o religioso se è vero che gli accordi riguarderebbero mafia turca, mafia siriana e gruppi combattenti dell'IS, sunniti e sciiti;
sembrerebbe che questi gruppi criminali che organizzano le migrazioni illegali si avvarrebbero di navi che piene di migranti salperebbero dalla Libia alla volta delle acque internazionali e che solo giunti qui calerebbero in mare i barconi, vi caricherebbero i migranti che lasciati in balìa di uno scafista di turno sarebbero pronti per essere poi soccorsi dalle unità navali europee ed essere sbarcati sulle coste italiane;
la Guardia costiera italiana e quella greca hanno individuato numerosi cargo pieni di esseri umani. Il business delle navi mercantili «fantasma» che cambiano proprietà all'ultimo momento rendendo pressoché impossibile risalire all'ultimo armatore, è in forte espansione. Le navi verrebbero acquistate nel Mar Nero o in Siria, dove la guerra ha bloccato i commerci, oppure in Turchia, nella zona costiera poco lontana da Smirne. Lì la concorrenza tra i demolitori è molto forte e per poco più di 200 mila dollari si può acquistare una portacontainer varata cinquant'anni prima e guadagnare venti volte tanto caricandola con 500 migranti, poiché ogni passeggero pagherebbe in media 6.000 dollari. Si tratterebbe di una vera e propria filiera che lavora in sincronia. Infatti la criminalità turca si occupa di acquistare i cargo in età da disarmo e fa in modo che la proprietà cambi rapidamente cosicché i nuovi armatori siano irreperibili cittadini siriani residenti in zone di guerra; intanto i combattenti dell'IS garantiscono ai profughi un passaggio sicuro fino a un luogo dove, con l'appoggio della mafia turca, vengono caricati su vaporetti e trasbordati sui mercantili ormeggiati fuori dal porto,
negli ultimi mesi si è assistito a scelte unilaterali e non concordate da parte dei singoli Paesi facenti parte dell'Unione che hanno provveduto finanche a rinforzare le proprie frontiere nel tentativo di ridimensionare il fenomeno e sottrarsi all'accoglimento dei migranti;
assume in questo senso un significato ancor più inquietante l'ipotesi dell'indizione del referendum sulla permanenza o l'uscita del Regno Unito dall'UE, stante la già conclamata mancanza di una politica europea univoca e la totale assenza di compattezza tra i vari stati dell'Unione;
tutto quanto fino ad oggi posto in essere dai Governo si è rivelato poco efficace al fine di fronteggiare il fenomeno migratorio;
gli episodi denunciati trovano la loro origine principale nella destabilizzazione politica determinata dalla presenza dell'Isis, la cui espansione militare rappresenta il principale elemento di preoccupazione;
si è di fronte ai prodromi di una vera e propria guerra totale che ha al momento una dimensione regionale, ma che, se non contrastata, rischia di determinare un effetto domino su gran parte dell'Africa, con propaggini che si estendono a tutto il mondo musulmano, fino a lambire le coste dei Paesi asiatici;
ormai il califfato nero è una forza di sovversione a livello planetario, con il susseguirsi di attentati e di richiami per i foreign fighters – oltre 30.000 sono giunti nelle zone di guerra dai diversi Paesi anche occidentali – e pratiche del terrore che sconvolgono la coscienza civile;
contro questo pericolo è necessario mobilitare le forze di tutti i Paesi, superando incomprensioni e divergenze tattiche, che rischiano di trasformarsi in una debolezza strategica dalle conseguenze drammatiche per la pace nel Mediterraneo e per gli assetti più complessivi di un'area estremamente più vasta,
impegna il Governo:
ad assumere in seno al Consiglio europeo un atteggiamento più energico perché passi la linea dell'obbligatorietà per tutti i Paesi dell'Unione europea a instaurare un'efficace ed egalitaria sinergia per affrontare il fenomeno in modo risolutivo;
a coinvolgere l'organizzazione delle Nazioni Unite in vista di una risoluzione che possa consentire interventi mirati in Libia a sostegno di un processo di rafforzamento della stabilità politica;
a proporre il rafforzamento di un sistema di intelligence europea per contrastare efficacemente i gruppi criminali che si occupano di organizzare i fenomeni migratori;
a manifestare, in seno al Consiglio europeo, la volontà di procedere alla decurtazione dei costi sostenuti dall'Italia, in termini di sforzi extra per fronteggiare gli sbarchi degli immigrati, dal contributo annuale che il nostro Paese deve all'Europa;
in sintesi, a proporre in seno al prossimo Consiglio europeo la creazione in Italia di un reale modello organizzativo, efficiente e adeguato al fenomeno, che intercetti il flusso migratorio e provveda contestualmente a smistarlo nei Paesi di destinazione finale di ciascun migrante, onerando detti Paesi della responsabilità dell'identificazione e di ogni altra incombenza legata al rilascio di visti e documenti;
a porre in essere ogni altro, opportuno intervento affinché il Paese venga tutelato dal rischio che i flussi della disperazione possano essere sfruttati sia come occasione per l'Isis di infiltrare propri affiliati in Occidente, sia come possibilità lucrativa per ogni altro racket del malaffare;
a fare tutto quanto possibile per evitare qualsiasi ipotesi di ulteriore allontanamento del Regno Unito dall'Unione Europea;
ad attivarsi, nell'ambito dell'Onu, affinché le divergenze tra Stati Uniti e Russia possano essere rapidamente ricomposte dando luogo ad un fronte comune contro il nemico principale, rappresentato dal Califfato nero;
a far si che l'Unione europea possa svolgere un'intensa opera diplomatica a favore dell'obiettivo delineato al punto precedente, dando il suo contributo non solo politico al superamento della crisi, in ciò sostenendo gli sforzi congiunti di Francia ed Inghilterra, riportando la loro presenza militare all'interno di una strategia che veda impegnata la Nato, come espressione di un'alleanza occidentale che sappia anche aprirsi al contributo di Paesi come la stessa Russia, l'Iran e l'Arabia Saudita.
(6-00171) «Abrignani, D'Alessandro, Faenzi, Galati, Mottola, Parisi, Francesco Saverio Romano».
La Camera,
impegna il Governo:
ad assumere in seno al Consiglio europeo le iniziative necessarie per attuare pienamente il recente accordo sull'asilo e l'immigrazione con un'efficace ed egalitaria sinergia per affrontare il fenomeno in modo risolutivo;
a proporre il rafforzamento di un sistema di intelligence europea per contrastare efficacemente i gruppi criminali che si occupano di organizzare i fenomeni migratori;
a ribadire la proposta di procedere alla decurtazione dei costi sostenuti dall'Italia, in termini di sforzi extra per fronteggiare gli sbarchi degli immigrati, dal contributo annuale che il nostro Paese deve all'Europa;
a porre in essere ogni altro, opportuno intervento affinché il Paese venga tutelato dal rischio che i flussi della disperazione possano essere sfruttati sia come occasione per l'Isis di infiltrare propri affiliati in Occidente, sia come possibilità lucrativa per ogni altro racket del malaffare;
a proseguire il lavoro volto ad evitare qualsiasi ipotesi di ulteriore allontanamento del Regno Unito dall'Unione Europea;
a proseguire, nell'ambito dell'Onu, il dialogo con Stati Uniti e Russia per dare luogo ad un fronte comune contro il nemico principale, rappresentato dal Califfato nero;
a far si che l'Unione europea possa svolgere un'intensa opera diplomatica a favore dell'obiettivo delineato al punto precedente, dando il suo contributo non solo politico al superamento della crisi, come espressione di un'alleanza occidentale che sappia anche aprirsi al contributo di Paesi come la stessa Russia, l'Iran e l'Arabia Saudita.
(6-00171)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Abrignani, D'Alessandro, Faenzi, Galati, Mottola, Parisi, Francesco Saverio Romano».
La Camera,
udite le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri sulla riunione del Consiglio europeo del 15 e 16 ottobre 2015,
premesso che:
l'eccezionale ondata migratoria che ha interessato l'Europa nella scorsa estate ha posto, finalmente questo tema davvero al centro del dibattito politico e strategico europeo;
le rotte del Mediterraneo orientale e quella del cosiddetto corridoio balcanico hanno creato una pressione senza precedenti per Paesi come Grecia e Ungheria, su cui preme l'intera rotta terrestre balcanica, confrontando con l'emergenza immigrazione anche Paesi dell'Unione che sin qui non si erano mai trovati direttamente interessati dalla questione;
lo straordinario afflusso di profughi cui abbiamo assistito la scorsa estate ha messo in luce la diversità di approccio da parte dei singoli membri dell'Unione europea nella gestione dell'immigrazione e ha determinato, da parte di alcuni di essi, la disapplicazione di regole e trattati;
il Consiglio europeo svoltosi il 25 e 26 giugno 2015 si è concluso con l'individuazione di tre aspetti chiave in materia di migrazione, vale a dire le procedure di ricollocazione e reinsediamento, quelle relative al rimpatrio, riammissione e reintegrazione, e le politiche relative alla cooperazione con i paesi di origine e di transito;
in merito alla tematica dei rimpatri il Consiglio europeo ha definito una politica per i migranti che non sono legittimati ad entrare nell'Unione; inoltre è stata sottolineata l'esigenza di accelerare i negoziati sulla riammissione con i paesi di origine e di transito, e si è concordato di rafforzare i poteri di Frontex per contribuire al rimpatrio dei migranti illegali;
ciononostante in Italia gli stranieri entrati illegalmente e rimpatriati ammontano a poche migliaia, a fronte di quasi centomila ingressi nei primi mesi di quest'anno;
nello scorso mese di settembre è finalmente diventato operativo il Piano per la ricollocazione provvisoria in due anni di 40.000 richiedenti asilo in provenienza da Italia e Grecia;
contestualmente, il costante aumento dei flussi migratori ha imposto alla Commissione europea l'elaborazione di una proposta volta a ricollocare altre centoventimila persone bisognose di protezione internazionale, attraverso un meccanismo di ricollocazione temporanea ed eccezionale, su un periodo di due anni, dagli Stati membri che sono in prima linea nell'afflusso migratorio;
nel giugno 2015 il Consiglio europeo ha approvato la creazione di strutture hotspot («punti di crisi») negli Stati membri maggiormente interessati dall'afflusso di migranti al fine di garantire la loro registrazione;
secondo quanto deciso dalla nuova Agenda europea sulle migrazioni in questi centri si dovrà procedere, entro tre giorni dall'arrivo dei migranti, a verificare se questi potranno presentare la domanda di protezione internazionale o se dovranno essere avviate procedure di espulsione e rimpatrio;
in Europa nel 2015 le prime tre nazionalità che hanno attraversato illegalmente il confine sono siriani, afgani e kosovari, che coprono circa i tre quarti degli ingressi nell'area Schengen, mentre i primi tre Paesi dai quali provengono gli immigrati che arrivano in Italia sono Gambia, Senegal e Nigeria, a dimostrazione della fortissima incidenza dei migranti economici sul nostro territorio nazionale;
le politiche di ricollocazione deliberate in ambito europeo prescindono completamente dalla questione dei migranti economici;
una efficace strategia di contrasto all'immigrazione incontrollata non può prescindere da un impegno concreto in sede di politica estera e in questo quadro, proprio l'Italia dovrebbe svolgere un ruolo da protagonista rispetto agli scenari geopolitici del Mediterraneo;
in Libia sono trascorsi oltre quattro anni dalla caduta del regime di Gheddafi ma il Paese continua ad essere lontano da una pacificazione e, anzi, l'escalation dei conflitti e la conquista da parte del sedicente Stato islamico di porzioni di territorio e insediamenti strategici sta mettendo a rischio la sicurezza dell'intera area nordafricana e mediterranea;
il caos istituzionale e l'impossibilità di controllare larga parte dei territori che ne deriva continuano, inoltre, ad agevolare l'attività dei trafficanti di esseri umani, posto che dalle coste libiche partono la stragrande maggioranza dei clandestini diretti nel nostro Paese;
dal 7 ottobre 2015 ha preso avvio la fase due dell'Operazione navale europea «Eunavfor Med», nata con l'ambizioso scopo di combattere il traffico di esseri umani via mare ma le cui regole d'ingaggio continuano ad essere limitate alle attività di abbordaggio, ispezione e sequestro delle imbarcazioni sempre e solo in acque internazionali;
l'Italia ha dimostrato sin qui di non avere una posizione strategica sulla Libia, e sta avendo un ruolo del tutto marginale nella gestione della crisi di quel Paese, esattamente come è stata lontana ed assente rispetto alla crisi siriana;
soprattutto con riferimento alla Libia la perdurante instabilità politica e la crescente penetrazione del terrorismo islamico nei suoi territori mettono in serio pericolo anche la nostra sicurezza nazionale,
impegna il Governo
a sostenere in sede del prossimo Consiglio europeo la richiesta di revisione del sistema di Dublino, al fine di garantire nelle politiche dell'Unione relative ai controlli alle frontiere, all'asilo e all'immigrazione una equa ripartizione della responsabilità tra gli Stati membri, anche sul piano finanziario, come previsto dall'articolo 80 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea;
a sollecitare la rapida conclusione degli accordi di riammissione con i Paesi di provenienza dei migranti al fine di rendere più agevoli le procedure di rimpatrio di coloro che non hanno diritto a misure di protezione, e ad applicare le stesse in ambito nazionale, a tal fine, ove necessario, anche rifinanziando l'apposito capitolo di spesa;
ad adoperarsi affinché le procedure di ricollocamento cessino di avere carattere eccezionale ma assumano una valenza strutturale che permetta l'equa ripartizione dei migranti tra i Paesi europei;
a porre con forza il tema dei migranti economici e delle politiche che devono essere realizzate per combattere le cause profonde della migrazione irregolare e degli sfollati in Africa;
a sostenere l'adozione di norme in materia di immigrazione che siano condivise e applicate da tutti gli Stati membri;
a proporre iniziative per rendere più incisiva l'azione della missione «Eunavfor Med», affinché si possa davvero realizzare un efficace contrasto al traffico di esseri umani;
ad attivarsi in ambito internazionale affinché il varo di ogni missione internazionale preveda il contestuale impegno in favore dei profughi in quei Paesi;
a sostenere ogni iniziativa in ambito europeo che sia volta al rafforzamento del controllo delle frontiere dell'Unione;
a sostenere ogni iniziativa adottata in ambito europeo volta alla risoluzione della crisi siriana e alla formazione di un governo di unità nazionale in Libia.
(6-00172) «Rampelli, Giorgia Meloni, Taglialatela, Cirielli, La Russa, Maietta, Nastri, Totaro».
INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA
Chiarimenti in merito al programma di acquisizione degli aerei F-35, anche alla luce delle recenti dichiarazioni del vice presidente dell'azienda americana Lockheed Martin – 3-01759
DURANTI, MARCON, SCOTTO, PIRAS, RICCIATTI, SANNICANDRO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, FRATOIANNI, GIANCARLO GIORDANO, MELILLA, PALAZZOTTO, PANNARALE, ZACCAGNINI e ZARATTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
a quanto si apprende da notizie di stampa, con particolare riferimento alla testata Il Sole 24 ore, in questi giorni a Roma è presente Patrick Dewar, executive vicepresident dell'azienda Lockheed Martin, azienda americana attiva nel settore aerospaziale e della difesa;
Dewar nello specifico parteciperà ad un dibattito «sulle sfide della sicurezza in Europa e nel Mediterraneo», in cui si discuterà, fra le altre, cose delle collaborazioni industriali fra l'Italia e la Lockheed Martin;
nel corso di un'intervista il dirigente dell'azienda americana ha riferito che l'Italia si è impegnata all'acquisto di 32 F-35, nonostante da fonti ufficiali il nostro Paese risulta aver firmato un contratto di acquisto di soli 8 velivoli;
il progetto di acquisto degli F-35 da parte dell'Italia prevedeva inizialmente 130 velivoli, successivamente ridotti a 91 con l'intervento dell'allora Ministro della difesa Giampaolo Di Paola. Inoltre con la mozione del 9 settembre 2014 (la n. 1-00586), a prima firma dell'onorevole Scanu, il Governo si è impegnato a riesaminare l'intero programma F-35 con il dimezzamento dei costi dello stesso;
in applicazione della mozione stessa, i costi del programma dovrebbero scendere quindi dai 13 ai 6,5 miliardi di euro, che consentirebbero al massimo l'acquisto di non oltre una ventina di velivoli oltre i nove già acquisiti;
nonostante l'approvazione della mozione sopra citata, il Ministero della difesa non ha mai reso noti i dettagli della riduzione dei costi della operazione F-35 e del conseguente ridimensionamento dei futuri ordini di acquisto –:
se non intenda rendere una relazione dettagliata ed aggiornata, anche alla luce di quanto dichiarato dal vice presidente della Lockheed Martin, circa il programma di acquisizione degli aerei F-35, mantenendo gli impegni presi con l'approvazione della mozione n. 1-00586. (3-01759)
Iniziative di competenza con riferimento a questioni relative alla normativa in materia di legittima difesa – 3-01760
BUSIN, FEDRIGA, ALLASIA, ATTAGUILE, BORGHESI, BOSSI, CAPARINI, GIANCARLO GIORGETTI, GRIMOLDI, GUIDESI, INVERNIZZI, MOLTENI, GIANLUCA PINI, RONDINI, SALTAMARTINI e SIMONETTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il 13 giugno 2006, a un cenciaiolo, un commerciante di robivecchi ad Arsiero, nella frazione di Scalini, in provincia di Vicenza, era scattato l'allarme del ditta e, precipitatosi nel vicino deposito, il medesimo commerciante si era trovato davanti due intrusi, due nomadi che si erano introdotti in piena notte per rubare; infatti, i malviventi avevano già riunito la refurtiva, che consisteva in cavi in rame, e mentre gli brandivano contro, con fare minaccioso, delle spranghe, Ermes Mattielli sparò, con la pistola legittimamente detenuta, diversi colpi di arma da fuoco. Ermes fu processato in primo grado ed è stato condannato per lesioni colpose per eccesso di legittima difesa ad un anno di reclusione, pena sospesa, condizionata al pagamento di una provvisionale di 120 mila euro ai nomadi. La sentenza è stata annullata dalla corte d'appello di Venezia, che ha ritenuto invece che il signor Ermes Mattielli sparò, non per un errore di valutazione nell'esercizio di legittima difesa, ma con l'intento di uccidere. Sono stati quindi restituiti gli atti a Vicenza, per elevare l'accusa a duplice tentato omicidio volontario di Blu Helt e Cris Caris (entrambi i rei sono stati condannati a quattro mesi di reclusione). A distanza di nove anni l'odissea giudiziaria del signor Ermes Mattielli, passata dall'accusa di eccesso di legittima difesa a duplice tentato omicidio volontario, non è finita; infatti, il signor Ermes Mattielli è stato condannato dal tribunale di Vicenza a cinque anni e quattro mesi di reclusione ed a risarcire Blu Helt e Cris Caris a 135 mila euro, somma anch'essa dichiarata provvisoriamente esecutiva;
tutta la famiglia Mattielli sta vivendo ore d'angoscia, stante secondo gli interroganti la palese ingiustizia che sta subendo, per aver difeso in piena notte, dai malviventi, dei beni di sua proprietà; fra i tanti ha avuto anche la solidarietà del benzinaio Graziano Stacchio, anch'esso imputato per eccesso colposo di legittima difesa, che non si capacita di una sentenza che ha condannato Ermes Mattielli ad una pena detentiva e al risarcimento ai malviventi per il danno che loro hanno subito;
Ermes Mattielli è una persona conosciuta e stimata all'interno della comunità di Arsiero, tanto che sia cittadini che esponenti politici, in una comunione di intenti, si stanno ora mobilitando a favore di una persona che non ha fatto altro che difendere la propria casa e la vita della propria famiglia da una banda di delinquenti che lo volevano rapinare;
già nell'aprile 2004 la Lega Nord aveva presentato una proposta di legge per modificare le norme in materia di legittima difesa, eccessivamente penalizzanti a fonte dell'aumento e dei sempre più efferati episodi di furti in abitazione e in esercizi commerciali, finché nel 2006, grazie all'impegno sempre del gruppo della Lega Nord, venne approvata la legge n. 59, «Modifica all'articolo 52 del codice penale in materia di diritto all'autotutela in un privato domicilio», che deve essere riconosciuto senza esitazione anche al caso di Ermes Mattielli;
anche recentemente, come si apprende dalle notizie di stampa, sono in crescita i casi di assoluzione per vicende simili, nei quali i magistrati hanno riconosciuto la legittima difesa e assolto con formula piena chi ha difeso la propria incolumità, quella della famiglia o la propria abitazione nel corso di furti o rapine; ad esempio, il 23 gennaio 2014 è stato, infatti, assolto il commerciante di Caravaggio, in provincia di Bergamo, che aveva sparato dalla finestra di casa per intimidire un ladro di nazionalità romena che aveva tentato di rubare nella sua ditta, uccidendolo;
a fronte dell’escalation di furti, dell'aumento esponenziale dei reati predatori in generale e del peggioramento della condizioni di sicurezza dei cittadini, anche a causa delle continue politiche di questo Governo che agli interroganti appaiono premiali nei confronti dei criminali, che vanno dai provvedimenti, di fatto, «salva-delinquenti» a provvedimenti di «mini-indulto», dove la persona offesa è stata, man mano, privata di ogni effettiva ed efficace tutela, in controtendenza, il 20 febbraio 2014 il gruppo consiliare della Lega Nord in regione Lombardia ha presentato, e poi all'unanimità è stata approvata, la legge regionale 24 giugno 2015, n. 17, che regola gli interventi per la prevenzione e il contrasto della criminalità organizzata e per la promozione della cultura della legalità, per tutelare i cittadini esasperati che difendono l'incolumità propria o dei familiari da ladri e delinquenti, e fra queste misure è stata prevista l'istituzione di un fondo volto a finanziare le spese per il patrocinio nei procedimenti penali per la difesa dei cittadini accusati di aver commesso un delitto per eccesso colposo in legittima difesa –:
quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto delle prerogative degli altri soggetti istituzionali coinvolti, con riferimento alle questioni relative alla normativa di cui all'articolo 52 del codice penale, come modificato dalla legge n. 59 del 2006. (3-01760)
Iniziative di competenza, anche di carattere ispettivo, in relazione ad alcune tragiche vicende di stalking – 3-01761
CARFAGNA e BRUNETTA. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il 14 settembre 2015 a Terzigno (Napoli), Vincenza Avino, 35 anni, è stata uccisa da un proiettile alla schiena da una macchina in corsa, mentre era ferma in auto a bordo strada; a sparare, l'ex compagno della vittima, Nunzio Annunziata, 36 anni, arrestato all'alba seguente, a Poggiomarino, dai carabinieri di Torre Annunziata. L'accusa è di omicidio volontario;
Nunzio Annunziata era stato arrestato il 10 luglio 2015 per stalking proprio contro la sua compagna, Vincenza. Nell'ordinanza di luglio 2015 si parla non solo di veri e propri «atti persecutori» (quasi tutti i giorni, il giovane seguiva la donna nell'istituto di San Giuseppe Vesuviano, dove lei frequentava un corso serale), ma anche di un lungo elenco di aggressioni e minacce che Vincenza Avino è stata costretta a subire per molto tempo;
tra gli episodi più gravi di cui si è reso protagonista l'uomo, si ricorda quello della notte del 1o maggio 2015, quando, ubriaco, si è arrampicato fino all'appartamento della donna, al terzo piano, per poi trascinarla sul balcone, cercando di gettarsi nel vuoto insieme a lei;
una decina di giorni dopo, la donna, ormai sfinita dagli atti persecutori e di violenza, si è recata nella caserma di Terzigno, ma anche lì è stata seguita da Annunziata. I carabinieri, nella relazione di servizio, hanno descritto il ragazzo «molto agitato, con una sudorazione accentuata, che si muoveva in maniera frenetica»;
l'uomo non è apparso affatto intimorito dalla denuncia, tanto che il 22 giugno 2015 e l'8 luglio 2015, Vincenza Avino si era recata ancora una volta dai carabinieri per segnalare di essere stata nuovamente avvicinata e molestata in vario modo dal suo persecutore, il quale, benché consapevole di essere stato denunciato, sembrava tutt'altro che rassegnato alla separazione, continuando a pedinare l'ex compagna, alternando minacce alle dichiarazioni d'amore e stazionando costantemente sotto la sua abitazione, dove talvolta vi trascorreva l'intera notte dentro l'auto;
il 9 luglio 2015 il giudice per le indagini preliminari di Nola Martino Aurigemma aveva descritto l'uomo, peraltro pregiudicato per tentata rapina, come una persona che «ha perso ormai qualunque forma di autocontrollo, dimostrando una completa, allarmante, mancanza di freni inibitori», «una personalità violenta e insofferente al rispetto delle regole del vivere civile». Inoltre, il giudice sottolineava che il suo era un comportamento che aveva assunto «i caratteri della vera e propria persecuzione, determinando nella persona offesa un perdurante stato di ansia e paura, inducendola a cambiare le proprie abitudini di vita ed ingenerando in lei un più che giustificato timore per la propria incolumità»;
il 23 luglio 2015, quando Nunzio Annunziata era agli arresti domiciliari per violenza privata, stalking e violazione di domicilio nei confronti della ex compagna, con un provvedimento di tre cartelle l'ottava sezione penale del tribunale del riesame sostituiva gli arresti con il divieto di avvicinamento a tutti i luoghi abitualmente frequentati dalla vittima, in attesa del processo fissato per il mese di novembre 2015. Secondo il collegio del tribunale del riesame «non si può ritenere che, dagli atti sin qui acquisiti, emerga una personalità così allarmante e incontrollabile dell'indagato da far ritenere del tutto inimmaginabile un suo comportamento collaborativo» e «non vi è ragione per non limitare al minimo i sacrifici imposti all'indagato», applicando una misura che, pur idonea ad evitare altri reati, «sia la meno deteriore per la sua sfera familiare e lavorativa»;
alla luce degli eventi, si può dedurre che l'unica misura in grado di contenere la violenza di Annunziata sarebbe stata la custodia in carcere, che, peraltro, per il reato di cui all'articolo 612-bis del codice penale («Atti persecutori») continua ad essere applicabile, anche dopo le modifiche introdotte all'articolo 280 del codice di procedura penale dal decreto-legge 1o luglio 2013, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 94;
quella di Vincenza Avino è, dunque, una tragedia che poteva essere evitata, semplicemente rispettando le norme in vigore;
tra le inefficienze giudiziarie sul drammatico caso riportato, va segnalato che, proprio in questi giorni, un difetto di notifica ha messo in libertà per pochi secondi Nunzio Annunziata. A bloccare la sua scarcerazione è arrivato un nuovo decreto di fermo emesso dalla procura di Nola, che ha di fatto congelato il ritorno in libertà dell'uomo. Per pochi istanti, quindi, un assassino che ha confessato il suo delitto è stato liberato per una banale, ma pericolosa, dimenticanza: in carcere, però, sono arrivati in contemporanea i due provvedimenti, che hanno lasciato in cella Annunziata. Nella mattinata di lunedì 12 ottobre 2015, infatti, dinnanzi al tribunale del riesame di Napoli era stata fissata l'udienza per discutere della richiesta di annullamento dell'ordinanza: un passaggio «normale», che quasi tutti i legali tentano per ottenere quantomeno il beneficio degli arresti domiciliari per il proprio assistito. Gli uffici giudiziari napoletani hanno, però, prima commesso un errore di notifica e poi sbagliato il calcolo dei giorni per la fissazione dell'udienza. La legge prevede un massimo di 10 giorni – domenica compresa – per fissare l'udienza. E in questo caso, il decimo giorno scadeva proprio di domenica, un giorno festivo in cui non si può celebrare alcun processo. L'errata fissazione al primo giorno feriale – il lunedì – ha di fatto portato all'annullamento «automatico» dell'ordinanza e alla conseguente scarcerazione dell'indagato, a cui si è potuto porre rimedio sono con il nuovo decreto di fermo della procura. Un episodio, quest'ultimo, che non va comunque trascurato e che non può che richiamare con forza la necessità di opportune verifiche sul caso da parte del Ministro interrogato;
la vicenda di Terzigno, purtroppo, non rappresenta un caso isolato, in particolare negli ultimi tempi. Il 7 ottobre 2015, a Catania, una ragazza di 20 anni è stata uccisa con numerose coltellate dal suo ex fidanzato di 24 anni. Il ragazzo, durante l'interrogatorio, ha insistito nel negare la premeditazione, ribadendo che il movente è da collegare ad un raptus dovuto alla volontà della giovane di non revocare la denuncia per stalking nei suoi confronti, che quel giorno sfociava nella prima udienza per la richiesta di rinvio a giudizio davanti al giudice per le indagini preliminari di Catania;
un altro dramma ha avuto luogo pochi giorni fa a Momigno, una frazione del comune di Marliana, piccolo centro in provincia di Pistoia, dove un uomo di 34 anni ha inferto una trentina di coltellate all'ex compagna di 25 anni. Anche lei aveva denunciato il giovane per stalking, al punto che questa estate gli era stato vietato di avvicinarsi. La giovane è ora ricoverata in prognosi riservata per un fendente che ha trafitto il polmone, dopo aver subito un lungo e delicato intervento chirurgico;
alla luce dei casi sopra riportati, risulta fondamentale che la magistratura applichi in maniera adeguata le misure cautelari previste dal codice di procedura penale per questo tipo di reati, come la carcerazione preventiva, con totale rigore e massima severità, al fine di garantire piena tutela per le vittime e di prevenire reati più gravi, come violenze fisiche, stupri e omicidi –:
se il Ministro interrogato intenda attivare i poteri ispettivi di cui dispone, con particolare riferimento alla vicenda della scarcerazione di Nunzio Annunziata, promuovendo le opportune azioni disciplinari del caso, e se, allo stesso modo, non intenda operare le dovute verifiche di competenza in merito agli ulteriori casi riportati in premessa. (3-01761)
Iniziative di competenza, anche di carattere ispettivo, in relazione ad un episodio di cronaca nera verificatosi recentemente nel comune di Ercolano (Napoli) – 3-01762
TAGLIALATELA, RAMPELLI, CIRIELLI, LA RUSSA, MAIETTA, GIORGIA MELONI, NASTRI e TOTARO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
il 7 ottobre 2015 nel comune di Ercolano, in provincia di Napoli, si è verificato un grave episodio di cronaca nera, quando un gioielliere, che aveva appena subito un tentativo di rapina, ha aperto il fuoco contro i due malviventi autori del tentato furto, uccidendoli;
stando alle prime ricostruzioni degli investigatori, l'uomo è stato seguito dalla banca, dove poco prima aveva prelevato la somma di circa cinquemila euro, fino ad un negozio di bibite e detersivi di proprietà di alcuni amici, dove si è poi consumata l'aggressione;
il gioielliere, un sessantottenne di Ercolano, è ora indagato per eccesso colposo di legittima difesa, ma ha sostenuto di aver sparato perché sentitosi in pericolo di vita;
come riportato dai mezzi d'informazione i due rapinatori, Bruno Petrone e Luigi Tedeschi, avevano precedenti penali specifici, e pertanto appare quanto meno anomalo che fossero a piede libero, piuttosto che essere sottoposti a misure restrittive;
nei giorni successivi al fatto sia il gioielliere che il proprietario del negozio dove si è verificato il tentativo di rapina hanno subito minacce da parte dei parenti dei due rapinatori uccisi, avvenute anche pubblicamente attraverso interviste televisive rilasciate a televisioni nazionali –:
quali iniziative di competenza intenda adottare con riferimento ai gravi fatti esposti in premessa, valutando anche la sussistenza dei presupposti per l'adozione di iniziative ispettive. (3-01762)
Iniziative per un intervento organico a favore dell'autotrasporto, con particolare riferimento all'operatività del relativo fondo di garanzia – 3-01763
CATALANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
come documentato anche dalla stampa di settore (ex pluribus, Trasporti-Italia del 23 settembre 2015), la Banca del Mezzogiorno-Mediocredito centrale, mandataria del gestore Rti, ha specificato, tramite apposita circolare n. 14 del 21 settembre 2015, che, a causa dell'esaurimento delle risorse disponibili, è sospesa l'operatività della sezione speciale per l'autotrasporto istituita con decreto del 27 luglio 2009 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e con il Ministero dello sviluppo economico, e successive modifiche e integrazioni;
il fondo di garanzia ha rappresentato un sostegno importante per le imprese di un settore, che, oltre a essere gravato da profondi problemi strutturali, sconta oggi il prezzo della crisi e la forte concorrenza proveniente dall'Europa orientale;
come denuncia Confartigianato trasporti, «nel primo semestre del 2015 l'autotrasporto merci ha usufruito di circa 10 milioni di euro di garanzia dallo Stato che hanno in pratica permesso di realizzare circa 180 milioni di euro di investimenti (...) Il venire meno di queste risorse significa ridurre la capacità di sfruttare appieno la ripresa economica»;
quanto ai citati problemi strutturali, gli attuali finanziamenti all'autotrasporto non risultano ancora vincolati in modo soddisfacente all'incentivazione, all'ammodernamento tecnologico e ambientale o all'efficientamento delle filiere logistiche, così favorendo una modalità di trasporto foriera di importanti esternalità negative a scapito dell'innovazione tecnologica e dell'ammodernamento;
con l'ordine del giorno n. 9/02679-bis-A/005 alla legge di stabilità per il 2015, il Governo ha accolto come raccomandazione la proposta di valutare l'opportunità, al fine di favorire la competitività e di razionalizzare il sistema del trasporto merci, di prevedere la ripartizione delle risorse destinate all'autotrasporto, e più in generale di tutte le risorse destinate al trasporto merci e alla logistica, tra le sole imprese che pongano in essere iniziative dirette a realizzare: l'aggregazione in rete delle aziende (...), la condivisione della flotta, l'utilizzo di sistemi informatici, telematici per la razionalizzazione del trasporto, l'acquisto di unità di carico, quali casse mobili, container e micro unità atte alla distribuzione urbana delle merci, la dotazione di sistemi integrati a bordo camion, la riduzione dei costi esterni ambientali –:
se il Governo non intenda assumere iniziative per porre in essere un intervento organico sull'autotrasporto, reperendo ulteriori risorse per garantire l'operatività del fondo nel settore, eventualmente elevando il plafond destinato all'autotrasporto con connessa diminuzione di quelli destinati ad altri settori con più ridotta domanda di accesso al fondo e prevedendo che la distribuzione delle risorse avvenga in forma di incentivi e non di sussidi, come da predetto ordine del giorno, e senza l'intermediazione delle associazioni di rappresentanza. (3-01763)
Chiarimenti ed iniziative in merito al pignoramento di conti correnti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con riferimento alle vicende giudiziarie riguardanti l'attuazione dei piani di ricostruzione post-bellica dei comuni di Ancona, Ariano Irpino e Macerata – 3-01764
SPESSOTTO, DELL'ORCO, LIUZZI, CARINELLI, PAOLO NICOLÒ ROMANO, NICOLA BIANCHI e DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
un rilevante articolo, apparso sulla stampa e intitolato «Pignorati i conti del Ministero di Lupi», riporta la preoccupante notizia per cui, a partire dal 14 gennaio 2015, sarebbe stato disposto il blocco giudiziario dei conti correnti appartenenti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
la procedura giudiziaria avviata nei confronti dei conti correnti del dicastero trae le sue origini dal piano di ricostruzione post-bellica della città di Ancona, affidato in concessione all’Adriatica costruzioni srl dell'imprenditore marchigiano Edoardo Longarini;
con decreto del Ministro dei lavori pubblici del 7 ottobre 1992 fu disposto l'annullamento nei confronti del gruppo di Longarini di tutti i rapporti concessori per i lavori relativi ai lotti di piani di ricostruzione della città di Ancona;
a seguito dell'impugnazione degli atti di annullamento da parte del gruppo Longarini, la corte di appello di Roma, con sentenza depositata l'8 luglio 2014, si è espressa nel procedimento promosso per la quantificazione dei danni a favore di Edoardo Longarini, il quale ha richiesto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti un indennizzo di 1,2 miliardi di euro per gli appalti revocategli e che egli stesso ha sempre rivendicato;
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, tramite l'Avvocatura generale dello Stato, ha quindi presentato un ricorso in Corte di cassazione contro l'esecuzione della sentenza della corte d'appello di Roma e del lodo arbitrale a favore di Longarini per chiedere «la sospensione dell'efficacia esecutiva e dell'esecuzione della sentenza della corte d'appello di Roma, nonché dei lodi arbitrali definitivo e non definitivo»;
nel ricorso si lamenta che «dall'esecuzione del lodo e della menzionata sentenza deriva un danno grave e irreparabile per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti in quanto l'enorme importo della pronuncia di condanna, da valutare anche alla luce dell'attuale contingenza economica, caratterizzata dalla drastica riduzione delle disponibilità finanziarie di pertinenza del Ministero, rischierebbe di paralizzare l'esecuzione di opere pubbliche di rilevante interesse strategico nazionale, come rappresentato dal Ministero, e determinerebbe la perdita di circa 40 mila posti di lavoro»;
per quanto di conoscenza degli interroganti, in base alle notizie di cronaca apparse sulla stampa, si apprende che, a seguito della notifica di un atto di pignoramento di rilevante importo, le disponibilità economiche esistenti sui conti correnti riferiti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sarebbero state bloccate, dalle piccole spese d'amministrazione ai finanziamenti ai trasporti o addirittura ai cantieri in tutta Italia;
tra i conti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sottoposti a pignoramento compare anche il conto di tesoreria centrale, sul quale erano disponibili le risorse anche per i lavori di completamento della variante alla strada provinciale n. 14 – circonvallazione al centro di Bojon, le cui procedure di affidamento dei lavori sono state conseguentemente interrotte;
il Parlamento ha di recente approvato il disegno di legge di assestamento dello Stato per il 2015, il cui stato di previsione per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di cui alla legge di bilancio, reca una previsione di spesa complessiva di competenza pari a 13.260,432 milioni di euro –:
se quanto riportato in premessa corrispondesse al vero, attraverso quali risorse intenda far fronte al pagamento del credito per il quale si è proceduto al pignoramento, evidenziando nel dettaglio le eventuali riduzioni di autorizzazioni di spesa con indicazione delle missioni, programmi e capitoli oggetto delle suddette riduzioni. (3-01764)
Iniziative per velocizzare l’iter di approvazione della convenzione di concessione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società di progetto «Autostrada Ragusa-Catania» con riferimento al raddoppio del collegamento stradale Catania-Ragusa – 3-01765
FAUTTILLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il 7 novembre 2014 è stata sottoscritta la convenzione di concessione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società di progetto «Autostrada Ragusa-Catania», costituita da un'associazione di imprese composta da Silec spa,
Mec spa, Egis projects sa, Tecnis spa, aggiudicataria della realizzazione del raddoppio del collegamento Catania-Ragusa compreso tra lo svincolo della strada statale n. 514 con la strada statale n. 115 e lo svincolo della strada statale n. 194 «Ragusana» con la strada statale n. 114;
la convenzione prevede trentanove anni di concessione, di cui quattro e mezzo per la realizzazione di un collegamento di 68 chilometri tra il territorio di Ragusa e la futura autostrada Catania-Siracusa nel comune di Augusta. L'autostrada include 19 viadotti, 8 gallerie e 11 svincoli a livelli sfalsati;
il raddoppio del collegamento stradale Catania-Ragusa (strada statale n. 514) costituisce un'opera importante e fortemente strategica per lo sviluppo del distretto sud-est della Sicilia e la sua mancata realizzazione avrebbe pesanti ricadute negative sull'economia della zona e della Sicilia tutta;
senza tener conto di ciò, quest'opera viaria, unitamente ad altre, fra le quali l'autostrada Roma-Latina, collegamento strategico per la realizzazione del corridoio tirrenico meridionale, oggetto di un precedente atto di sindacato ispettivo dell'interrogante (l'interrogazione a risposta orale n. 3-01272 del 5 febbraio 2015), non è rientrata fra quelle inserite nel piano infrastrutture strategiche, contenuto nell'allegato infrastrutture al documento di economia e finanza, presentato il 10 aprile 2015 dal Governo;
tali clamorose esclusioni sono il risultato di un deciso cambio di passo nel modello di realizzazione delle opere pubbliche, che ha visto l'archiviazione del primato della «legge obiettivo» e la drastica riduzione dell'elenco delle opere considerate strategiche;
in merito alla Catania-Ragusa, così come all'autostrada Roma-Latina, in relazione alla quale si era già espresso in senso positivo il Ministro pro tempore Lupi in risposta all'atto di sindacato ispettivo sopra citato, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha recentemente precisato che «la loro esclusione (dall'allegato infrastrutture) non significa rinunciare alla loro realizzazione» e non saranno, dunque, accantonate;
allo stato attuale la convenzione sopra citata non risulterebbe, tuttavia, ancora efficace a causa della mancata firma del decreto interministeriale di approvazione della medesima da parte del Ministero dell'economia e finanze e la sua successiva registrazione da parte della Corte dei conti;
come segnalato in più occasioni dal «Comitato ristretto per la realizzazione del raddoppio della Catania-Ragusa», associazione di amministratori locali, imprenditori e cittadini, che da più di un decennio sta monitorando il lungo iter che dal bando di gara ha portato alla stipula della convenzione, sono forti le preoccupazioni del territorio e delle popolazioni interessate per la lentezza con la quale si sta procedendo all'espletamento della procedura per la realizzazione del raddoppio della strada statale n. 514 –:
quali siano i motivi di tale ritardo e quali iniziative intenda adottare per velocizzare l’iter di approvazione della convenzione di concessione tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società di progetto «Autostrada Ragusa-Catania». (3-01765)
Iniziative per il potenziamento dell'asse ferroviario Salerno-Battipaglia-Paola-Reggio Calabria – 3-01766
TINO IANNUZZI, OLIVERIO, TARTAGLIONE, MAGORNO, COVELLO, CAPOZZOLO, BATTAGLIA, CUOMO, FAMIGLIETTI, IMPEGNO, PARIS, MARTELLA, CINZIA MARIA FONTANA, BINI e VALIANTE. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la modernizzazione dell'asse ferroviario Salerno-Battipaglia-Paola-Reggio Calabria e verso la Sicilia costituisce una priorità di assoluta valenza nazionale nella politica infrastrutturale e dei trasporti non solo del Mezzogiorno, ma di tutto il Paese;
è indubbia e ben risalente negli anni la situazione di forte ed inaccettabile arretratezza dell'attuale sistema ferroviario meridionale, con tempi di percorrenza lunghissimi e di obiettivo e pesante ostacolo alle attività economiche;
il potenziamento infrastrutturale e la velocizzazione di tale linea sono fondamentali e quanto mai urgenti per l'intero sistema dei collegamenti nazionali, per lo sviluppo delle attività economiche e produttive nel Meridione, per i processi di mobilità e per le stesse condizioni di vivibilità delle comunità meridionali;
sono da anni previsti lavori di adeguamento e potenziamento della linea ferroviaria esistente per accrescerne gli standard prestazionali e tecnologici; gli interventi progettati comprendono la dotazione tecnologica uniforme e di alta qualità sull'intera linea; l'adeguamento di alcune gallerie; la velocizzazione degli itinerari di stazione; la realizzazione di nuove «sottostazioni» elettriche ed il rafforzamento di quelle esistenti; la costruzione di nuovi impianti di stazione;
tali interventi consentiranno di eliminare alcune limitazioni di velocità in diversi punti della linea, rendendo così possibile un aumento consistente della velocità su queste tratte, sino a raggiungere i 200 chilometri orari; essi hanno un costo complessivo di circa 270 milioni di euro, già finanziati con il contratto di programma fra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e Rete ferroviaria italiana s.p.a.;
vi sono, tuttavia, tratte nelle quali l'andamento tortuoso del tracciato attuale e la situazione dei luoghi impongono non già solamente interventi di impiantistica e di adeguamento tecnologico, ma opere nuove e consistenti, al fine di rendere possibile un significativo ed indispensabile incremento della velocità della circolazione ferroviaria;
in particolare, nell'ambito delle opere di carattere strutturale lungo questo asse ferroviario, è necessaria la realizzazione una variante di tracciato fra Ogliastro e Sapri, con una spesa di circa 3,7 miliardi di euro, allo stato da finanziare integralmente;
tutti questi lavori, differenti ma strettamente collegati in un progetto più generale ed unitario, sono assolutamente necessari ed urgenti per velocizzare finalmente l'intera linea da Salerno a Reggio Calabria –:
quali iniziative e quali provvedimenti il Governo intenda con sollecitudine adottare per il potenziamento infrastrutturale e tecnologico dell'asse ferroviario Salerno-Battipaglia-Paola-Reggio Calabria, sia con la rapida esecuzione sulla linea esistente dei lavori già progettati e finanziati di adeguamento tecnico e come tali da concludere con massima rapidità, sia con il finanziamento e la costruzione di quella variante di tracciato verso Sapri e di quegli interventi strutturali necessari per la velocizzazione di tutta la linea, consentendo così la circolazione del cosiddetto treno veloce capace di raggiungere i 200 chilometri orari e di assicurare un collegamento ferroviario assolutamente prioritario ed urgente. (3-01766)
Orientamenti del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in merito all'ipotesi di riattivazione del progetto per il ponte sullo Stretto di Messina – 3-01767
CLAUDIO FAVA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore Enrico Letta, con decreto del 15 aprile 2013, ha posto in liquidazione la società per azioni Stretto di Messina spa;
il Ministro dell'interno Angelino Alfano ha recentemente e pubblicamente annunciato la volontà di riprendere in considerazione la progettazione del ponte sullo Stretto di Messina, chiedendo al Presidente del Consiglio dei ministri Matteo Renzi la definizione di un calendario preciso di realizzazione dell'opera entro il 2018;
in una mozione, a prima firma dell'onorevole Dorina Bianchi e approvata il 29 settembre 2015 con parere favorevole del Governo, si impegna il Governo «a valutare l'opportunità di una riconsiderazione del progetto del ponte sullo Stretto di Messina (...) quale possibile elemento di una strategia di riammagliatura del sistema infrastrutturale del Mezzogiorno»;
tutto ciò senza che le gravi carenze di fattibilità e di sostenibilità economica siano mai state riconsiderate in una sede tecnica o istituzionale;
il progetto definitivo del ponte sullo Stretto di Messina aveva già palesato significative carenze tecniche, al punto da essere sottoposto a ben 223 richieste di integrazioni da parte della commissione speciale di valutazione di impatto ambientale a cui la Stretto di Messina spa e il general contractor Eurolink, capeggiato da Impregilo, non avevano mai risposto conclusivamente;
non è mai stato individuato, nonostante i ripetuti annunci e road show in Italia e all'estero, alcun partner privato disponibile a finanziare con propria quota un'opera il cui costo previsto era lievitato (dati di due anni fa) a 8,5 miliardi di euro, più del doppio di quello con cui il general contractor Eurolink aveva vinto la gara;
sono stati già spesi 383 milioni di euro per il progetto e per il mantenimento della Stretto di Messina spa;
l'insostenibilità economica del progetto è stata definitivamente dimostrata dagli studi degli advisor internazionali, che hanno stimato, nelle condizioni ottimali, un traffico automobilistico a regime – entro 25 anni dalla conclusione dell'opera – non superiore all'11 per cento della capacità complessiva del ponte, ovvero 11,6 milioni di auto l'anno, a fronte, appunto, di una capacità complessiva teorica dell'opera di 105 milioni di auto l'anno nelle due direzioni;
l'insostenibilità dal punto di vista tecnico è stata sottolineata da molti recenti e accreditati studi che considerano un azzardo costruire un manufatto ad un'unica campata di 3.300 metri lunghezza a doppio impalcato stradale e ferroviario, sorretto da torri di circa 400 metri di altezza in una delle zone a più elevato rischio sismico del mondo;
l'inutilità dal punto di vista infrastrutturale è conseguenza dell'estrema fragilità della rete di trasporti su rotaia a sud di Salerno, con la realistica previsione di poter ridurre non più del 10 per cento i tempi di percorrenza ferroviaria da Roma alla Sicilia nel caso di costruzione del ponte –:
alla luce delle recenti affermazioni espresse e delle pubbliche posizioni assunte, quale sia l'orientamento del Ministro interrogato sull'ipotesi di riattivazione del progetto per il ponte sullo Stretto di Messina. (3-01767)
Orientamenti del Governo in merito a progetti di acquisizione di alcuni tratti autostradali da parte di regioni ed enti locali – 3-01768
GAROFALO, PISO e CAUSIN. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
da notizie apparse su vari organi di informazione risulta che regioni ed enti locali sarebbero interessati all'acquisizione di alcuni tratti autostradali, in particolare nel Nord Italia;
ci si riferisce, nello specifico alla A22-Autostrada del Brennero ed alle Autovie venete spa (Autostrada A4 nel tratto Venezia-Trieste; A23 Palmanova-Udine; A28 Portogruaro-Pordenone-Conegliano; A34 raccordo Villesse-Gorizia);
la notizia, se confermata, sarebbe in netta contraddizione con quanto sta avvenendo in molti settori del sistema economico e produttivo del Paese, come dimostrano anche operazioni di questi giorni;
dopo la deliberazione da parte del Consiglio dei ministri di cedere il 49 per cento di Enav, è in corso la cessione di un'importante partecipazione dello Stato in Poste italiane spa e analoghe cessioni sono previste per quote di Enel e di Eni;
in un quadro di compatibilità con la normativa comunitaria e con un'azione programmatica del Governo tesa a modernizzare e liberalizzare l'economia, notizie come quelle riportate in premessa creano sconcerto e preoccupazione nel Paese e tra gli operatori economici;
lo Stato (fatto salvo l'esercizio di poteri speciali nei settori strategici) intende, peraltro, operare sulla via delle liberalizzazioni di settori importanti dell'economia e dell'assetto industriale al fine di assicurare servizi più efficienti e vantaggi di carattere economico agli utenti ed al Paese, nel quadro di una trasparente e ordinata concorrenza –:
quali siano gli orientamenti del Governo su tali interventi che, qualora fossero confermate le notizie riportate in premessa, risultano in contraddizione con le linee programmatiche dell'Esecutivo in materia. (3-01768)
PROPOSTA DI LEGGE: S. 1209 – D'INIZIATIVA DEI SENATORI: PUGLISI ED ALTRI: MODIFICHE ALLA LEGGE 4 MAGGIO 1983, N. 184, SUL DIRITTO ALLA CONTINUITÀ AFFETTIVA DEI BAMBINI E DELLE BAMBINE IN AFFIDO FAMILIARE (APPROVATA DAL SENATO) (A.C. 2957) E ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: PES ED ALTRI; ELVIRA SAVINO; SANTERINI ED ALTRI; MARZANO E MARTELLI (A.C. 350-910-2040-3019)
A.C. 2957 – Articolo 1
ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 1.
1. All'articolo 4 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, dopo il comma 5 sono inseriti i seguenti:
«5-bis. Qualora, durante un prolungato periodo di affidamento, il minore sia dichiarato adottabile ai sensi delle disposizioni del capo II del titolo II e qualora, sussistendo i requisiti previsti dall'articolo 6, la famiglia affidataria chieda di poterlo adottare, il tribunale per i minorenni, nel decidere sull'adozione, tiene conto dei legami affettivi significativi e del rapporto stabile e duraturo consolidatosi tra il minore e la famiglia affidataria.
5-ter. Qualora, a seguito di un periodo di affidamento, il minore faccia ritorno nella famiglia di origine o sia dato in affidamento ad altra famiglia o sia adottato da altra famiglia, è comunque tutelata, se rispondente all'interesse del minore, la continuità delle positive relazioni socio-affettive consolidatesi durante l'affidamento.
5-quater. Il giudice, ai fini delle decisioni di cui ai commi 5-bis e 5-ter, tiene conto anche delle valutazioni documentate dei servizi sociali, ascoltato il minore che ha compiuto gli anni dodici o anche di età inferiore se capace di discernimento».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DELLA PROPOSTA DI LEGGE
ART. 1.
Al comma 1, premettere il seguente:
01. All'articolo 3, comma 3, della legge 4 maggio 1983, n. 184. e successive modificazioni, dopo la parola: «privati» sono aggiunte le seguenti: «in sinergia ed accordo col servizio socio-sanitario territorialmente competente con comprovate motivazioni,».
1. 1. Turco, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni.
Al comma 1, premettere il seguente:
01. All'articolo 3, comma 3, della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, dopo la parola: «esercizio» sono aggiunte le parole: «a tutela del minore».
1. 2. Turco, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni.
Al comma 1, premettere il seguente:
01. All'articolo 4, comma 3, della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo periodo la parola: «sociale» è sostituita dalle seguenti: «socio-sanitario».
b) al terzo periodo:
1) la parola: «sociale» è sostituita dalle seguenti: «socio-sanitario».
2) la parola: «semestrale» è sostituita dalla seguente: «trimestrale».
3) sono aggiunte in fine le parole: «o per la risoluzione del programma stesso».
1. 3. Turco, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni.
Al comma 1, premettere il seguente:
01. All'articolo 4, comma 4, della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, al secondo periodo, dopo la parola: «minorenni» sono aggiunte le seguenti: «sentiti la famiglia d'origine, il servizio socio-sanitario, la famiglia affidataria, nonché il minore stesso, che abbia compiuto gli anni dodici o anche di età inferiore se capace di discernimento,».
1. 7. Turco, Artini, Baldassarre, Barbanti, Bechis, Mucci, Prodani, Rizzetto, Segoni.
Al comma 1, sostituire il capoverso «5-bis» con il seguente:
«5-bis. Qualora, dopo un prolungato periodo di affidamento, il minore dichiarato adottabile risulti unito alla famiglia o alla persona single cui è stato affidato da un rapporto stabile e duraturo e da un legame affettivo significativo, la famiglia o la persona single cui il minore è stato affidato sono valutati preferenzialmente ai fini adottivi.»
1. 9. Marzano, Gasparini, Malisani.
Al comma 1, capoverso «5-bis», dopo la parola: affidamento, aggiungere le seguenti: nel quale sia stato esperito, con esito negativo, un idoneo e comprovato tentativo di reinserimento del minore nella propria famiglia di origine.
1. 11. Bonafede, Agostinelli.
Al comma 1, capoverso «5-bis», dopo la parola: affidamento, aggiungere le seguenti: o anche nel periodo antecedente alla proroga ultrabiennale dell'affido.
1. 50. Santerini.
Al comma 1, capoverso «5-bis», sostituire le parole: ai sensi delle disposizioni del capo II del Titolo II e qualora, sussistendo i requisiti previsti dall'articolo 6, la famiglia affidataria chieda con le seguenti: e qualora la famiglia o la persona single cui il minore è stato affidato chiedano.
Conseguentemente, al medesimo capoverso, sostituire le parole: tra il minore e la famiglia affidataria con le seguenti: tra il minore e la famiglia o la persona single cui il minore è stato affidato.
1. 12. Marzano, Gasparini, Malisani.
Al comma 1, capoverso «5-bis», sostituire le parole: ai sensi delle disposizioni del capo II del Titolo II e qualora, sussistendo i requisiti previsti dall'articolo 6 con le seguenti: e qualora.
1. 13. Marzano, Gasparini.
Al comma 1, capoverso «5-bis», sopprimere le parole: sussistendo i requisiti previsti dall'articolo 6.
* 1. 14. Marzano, Gasparini.
Al comma 1, capoverso «5-bis», sopprimere le parole: sussistendo i requisiti previsti dall'articolo 6.
* 1. 16. Nicchi, Sannicandro, Daniele Farina.
Al comma 1, capoverso «5-bis», dopo le parole: dall'articolo 6 aggiungere le seguenti: ad esclusione del comma 3.
1. 17. Prestigiacomo, D'Alessandro.
Al comma 1, sostituire il capoverso «5-ter» con il seguente:
«5-ter. Qualora il minore, dopo un prolungato periodo di affidamento, faccia ritorno nella famiglia d'origine o sia adottato da un'altra famiglia, è comunque tutelata, se corrispondente all'interesse del minore, la continuità delle relazioni affettive con la famiglia o le persone single affidatarie».
1. 19. Marzano, Gasparini.
Al comma 1, capoverso «5-ter», sostituire le parole: a seguito di con la seguente: durante.
1. 20. Daniele Farina, Sannicandro, Nicchi.
Al comma 1, sostituire il capoverso 5-quater, con il seguente:
5-quater. Il giudice, ai fini delle decisioni di cui ai commi 5-bis e 5-ter, tiene conto anche delle valutazioni documentate dei servizi sociali, ascoltato il minore, secondo quanto stabilito dall'articolo 12 della Convenzione sui diritti del fanciullo delle Nazioni Unite del 20 novembre 1989, ratificata con legge 27 maggio 1991, n. 176 del e dall'articolo 3 della Convenzione europea sull'esercizio dei diritti dei fanciulli, fatta a Strasburgo il 25 gennaio 1996, ratificata con legge del 20 marzo 2003, n. 77.
1. 22. Santerini.
Al comma 1, dopo il capoverso 5-quater, aggiungere il seguente:
«5-quinquies. Il giudice, ai fini della decisione di cui al comma 5-bis, può non tener conto del requisito di cui all'articolo 6, comma 3».
1. 51. Prestigiacomo, D'Alessandro.
A.C. 2957 – Articolo 2
ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 2.
1. All'articolo 5, comma 1, della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, l'ultimo periodo è sostituito dal seguente: «L'affidatario o l'eventuale famiglia collocataria devono essere convocati, a pena di nullità, nei procedimenti civili in materia di responsabilità genitoriale, di affidamento e di adottabilità relativi al minore affidato ed hanno facoltà di presentare memorie scritte nell'interesse del minore».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 2 DELLA PROPOSTA DI LEGGE
ART. 2.
Sostituirlo con il seguente:
Art. 2.
1. All'articolo 5, comma 1, della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, l'ultimo periodo è sostituito dal seguente: «Il minore e l'eventuale famiglia affidataria sono, a pena di nullità, parti nei procedimenti civili in materia di responsabilità genitoriale, di affidamento e di adottabilità relativi al minore affidato».
2. 1. Santerini.
Al comma 1, sostituire le parole: o l'eventuale famiglia collocataria devono con la parola: deve.
2. 2. Marzano, Gasparini.
Al comma 1, sostituire la parola: o con la seguente: e.
2. 3. Santerini.
Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente:
Art. 2-bis.
All'articolo 6, comma 3, della legge 4 maggio 1983, n. 184, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1:
1) primo periodo, le parole: «da almeno 3 anni» sono sostituite dalle seguenti: «, a coppie non sposate e persone single»;
2) il secondo periodo è soppresso;
b) al comma 2, le parole: «I coniugi» sono sostituite dalle seguenti: «Gli adottanti»;
c) il comma 4 è abrogato;
d) al comma 7, la parola: «coniugi» è sostituita dalle seguenti: «adottanti».
2. 050. Sannicandro, Nicchi, Daniele Farina.
Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente:
Art. 2-bis.
All'articolo 6, comma 3, della legge 4 maggio 1983, n. 184 la parola: «quarantacinque» è sostituita dalla seguente: «cinquanta».
2. 01. Sannicandro, Nicchi, Daniele Farina.
A.C. 2957 – Articolo 3
ARTICOLO 3 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 3.
1. All'articolo 25 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, dopo il comma 1 è inserito il seguente:
«1-bis. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche nell'ipotesi di prolungato periodo di affidamento ai sensi dell'articolo 4, comma 5-bis».
A.C. 2957 – Articolo 4
ARTICOLO 4 DELLA PROPOSTA DI LEGGE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO
Art. 4.
1. All'articolo 44, comma 1, lettera a), della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, dopo le parole: «stabile e duraturo,» sono inserite le seguenti: «anche maturato nell'ambito di un prolungato periodo di affidamento,».
PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 4 DELLA PROPOSTA DI LEGGE
ART. 4.
Sostituire il comma 1 con il seguente:
1. All'articolo 44 della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, dopo la lettera a) è aggiunta la seguente: a-bis) dalla famiglia o dalla persona single cui il minore è stato affidato e con cui si è creato un solido e duraturo rapporto effettivo maturato nel corso dell'affidamento;
b) al comma 3, dopo le parole: «lettera a)» è inserita la seguente: a-bis).
4. 1. Marzano, Gasparini.
Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
2. All'articolo 44, comma 1, lettera c), della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, le parole: «e sia orfano di padre e di madre» sono soppresse.
4. 50. Elvira Savino.
Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
2. All'articolo 44, comma 1, della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, dopo la lettera d) è aggiunta la seguente:
«e) se i genitori naturali sono decaduti dalla patria potestà. »
4. 51. Elvira Savino.
A.C. 2957 – Ordini del giorno
ORDINI DEL GIORNO
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame interviene in materia di affido, con misure finalizzate a valorizzare e tutelare i legami affettivi significativi determinatisi con le famiglie affidatarie;
l'istituto in oggetto è concepito per essere uno strumento fondamentale di sostegno alle situazioni familiari caratterizzate da particolare criticità, con l'obiettivo di un ritorno nella famiglia di origine;
l'istituto dell'affido, disciplinato dalla legge n. 184 del 1983, è dunque un istituto temporaneo; il periodo non può superare la durata di ventiquattro mesi ed è prorogabile dal tribunale per i minorenni, qualora la sospensione dell'affidamento rechi pregiudizio al minore;
nel corso degli anni, tuttavia, l'istituto ha perso il carattere di temporaneità e nella maggioranza dei casi il periodo di affido si protrae ben oltre il limite di due anni;
sovente si conclude con l'allontanamento definitivo dalla famiglia d'origine, con la dichiarazione di adottabilità del minore e con il trasferimento dello stesso ad altra famiglia;
il provvedimento in oggetto rispecchia l'effettiva opportunità di preservare quei legami affettivi significativi, determinatisi nel corso di affidi temporanei protrattisi nel tempo oltre ogni limite;
il tema centrale è garantire la continuità affettiva e preservare i legami instauratisi tra il minore affidato e la famiglia affidataria, dando a quest'ultima la possibilità di adottare il minore;
ciò sempre che ricorrano i requisiti stabiliti dall'articolo 6 della legge n. 184 del 1983;
essendo i requisiti per poter accogliere un minore in affidamento meno restrittivi rispetto a quelli richiesti per l'adozione, può accadere che il superamento di soli pochi mesi del limite di età fissato dalla legge, non consenta alla famiglia affidataria di presentare domanda di adozione legittimante;
in questi casi però si potrebbe far ricorso all'adozione in casi speciali disciplinata dall'articolo 44 della medesima legge, che è stata introdotta proprio per realizzare il diritto del minore ad una famiglia anche nei casi in cui non si può procedere ad adozione legittimante ma comunque è opportuno procedere all'adozione;
l'articolo 44 tuttavia pone un ulteriore elemento ostativo: precisa infatti, che i minori possono essere adottati anche quando non ricorra il presupposto dello stato di abbandono, da persone legate da vincolo di parentela entro il sesto grado o legate da preesistente stabile rapporto, solo però se orfano dì padre e di madre;
nello spirito di questa proposta di legge, che è quello di non spezzare i legami di affetto che si sono consolidati durante un prolungato periodo di affidamento, i genitori affidatari, che non hanno i requisiti per l'adozione legittimante solo ed unicamente per una questione anagrafica, dovrebbero poter ricorrere all'adozione ex articolo 44 della legge n. 184 del 1983, anche qualora il minore non sia orfano di padre e di madre,
impegna il Governo
ad intervenire per ampliare il campo di applicazione dell'articolo 44 della legge n. 184 del 1983, valutando se sia opportuno eliminare il riferimento alla condizione di orfano di padre e di madre del minore ovvero prevedere una ulteriore ipotesi di adozione speciale riferita ai genitori affidatari che dopo un prolungato periodo di affidamento, si trovino nell'impossibilità di adottare il minore per mancanza del requisito dell'età richiesto dall'articolo 6, comma 3, della legge n. 184 del 1983.
9/2957/1. Elvira Savino.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame interviene in materia di affido, con misure finalizzate a valorizzare e tutelare i legami affettivi significativi determinatisi con le famiglie affidatarie;
l'istituto in oggetto è concepito per essere uno strumento fondamentale di sostegno alle situazioni familiari caratterizzate da particolare criticità, con l'obiettivo di un ritorno nella famiglia di origine;
l'istituto dell'affido, disciplinato dalla legge n. 184 del 1983, è dunque un istituto temporaneo; il periodo non può superare la durata di ventiquattro mesi ed è prorogabile dal tribunale per i minorenni, qualora la sospensione dell'affidamento rechi pregiudizio al minore;
nel corso degli anni, tuttavia, l'istituto ha perso il carattere di temporaneità e nella maggioranza dei casi il periodo di affido si protrae ben oltre il limite di due anni;
sovente si conclude con l'allontanamento definitivo dalla famiglia d'origine, con la dichiarazione di adottabilità del minore e con il trasferimento dello stesso ad altra famiglia;
il provvedimento in oggetto rispecchia l'effettiva opportunità di preservare quei legami affettivi significativi, determinatisi nel corso di affidi temporanei protrattisi nel tempo oltre ogni limite;
il tema centrale è garantire la continuità affettiva e preservare i legami instauratisi tra il minore affidato e la famiglia affidataria, dando a quest'ultima la possibilità di adottare il minore;
ciò sempre che ricorrano i requisiti stabiliti dall'articolo 6 della legge n. 184 del 1983;
essendo i requisiti per poter accogliere un minore in affidamento meno restrittivi rispetto a quelli richiesti per l'adozione, può accadere che il superamento di soli pochi mesi del limite di età fissato dalla legge, non consenta alla famiglia affidataria di presentare domanda di adozione legittimante;
in questi casi però si potrebbe far ricorso all'adozione in casi speciali disciplinata dall'articolo 44 della medesima legge, che è stata introdotta proprio per realizzare il diritto del minore ad una famiglia anche nei casi in cui non si può procedere ad adozione legittimante ma comunque è opportuno procedere all'adozione;
l'articolo 44 tuttavia pone un ulteriore elemento ostativo: precisa infatti, che i minori possono essere adottati anche quando non ricorra il presupposto dello stato di abbandono, da persone legate da vincolo di parentela entro il sesto grado o legate da preesistente stabile rapporto, solo però se orfano di padre e di madre;
nello spirito di questa proposta di legge, che è quello di non spezzare i legami di affetto che si sono consolidati durante un prolungato periodo di affidamento, i genitori affidatari, che non hanno i requisiti per l'adozione legittimante solo ed unicamente per una questione anagrafica, dovrebbero poter ricorrere all'adozione ex articolo 44 della legge n. 184 del 1983, anche qualora il minore non sia orfano di padre e di madre,
impegna il Governo
ad intervenire per ampliare il campo di applicazione dell'articolo 6, comma 3, della legge n. 184 del 1983, valutando se sia opportuno modificare i limiti di età imposti dal predetto comma per l'adozione legittimante.
9/2957/1. (Testo modificato nel corso della seduta) Elvira Savino.
La Camera,
premesso che:
l'istituto dell'affido è concepito come un istituto temporaneo il cui periodo di presumibile durata non può superare la durata di 24 mesi ed è prorogabile dal tribunale per i minorenni, qualora la sospensione dell'affidamento rechi pregiudizio al minore;
l'istituto in oggetto è concepito anche per essere uno strumento fondamentale di sostegno alle situazioni familiari caratterizzate da particolare criticità, con l'obiettivo di un ritorno nella famiglia di origine del minore, laddove si riconosca il diritto dello stesso a crescere nella propria famiglia;
l'istituto dell'affido rappresenta un sostegno straordinario e generoso posto in essere dalla famiglia che accoglie il minore in difficoltà e presta tutte le proprie risorse ed energie per un tempo limitato, per fiancheggiare situazioni di criticità con strumenti che aiutino a circoscriverle nel tempo;
nel corso degli anni, tuttavia, in materia di affido familiare si è andata configurando una situazione per cui l'affido è troppo spesso protratto ben oltre il citato limite temporaneo di 24 mesi e spesso si conclude con l'allontanamento definitivo dalla famiglia d'origine e la dichiarazione di adattabilità del minore, con conseguenze di potenziale compromissione del benessere del minore e con potenziali contraccolpi negativi anche sulla famiglia che ha prestato la propria attività di sostegno;
tale problematica, spesso alla ribalta della cronaca, impone un intervento sollecito ed efficace dello Stato,
impegna il Governo
ad attivare tutte le misure rivolte a favorire la piena consapevolezza del ruolo delle famiglie affidatarie, potenziandone le linee di reclutamento e garantendo ogni necessario supporto psicologico ed economico, rivolto sulla valorizzazione del loro imprescindibile lavoro;
ad attivare tutte le misure legislative e amministrative finalizzate a garantire la continuità affettiva del minore in affidamento con la famiglia d'origine e a potenziare gli strumenti di sostegno e recupero delle famiglie interessate da situazioni di temporaneo allontanamento, affinché venga garantito alle stesse un adeguato sostegno economico e sociale con l'obiettivo di valorizzare e tutelare in ogni modo il rientro del minore nella famiglia di origine.
9/2957/2. Vargiu.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame si prefigge di valorizzare il rapporto instauratosi tra il minore dato in affidamento e a famiglia affidataria; in particolare, la novella normativa interviene su talune disposizioni vigenti in materia di adozione dei minori ponendo il principio secondo il quale, qualora un minore affidato sia dichiarato adottabile, la famiglia affidataria deve essere considerata in via preferenziale ai fini dell'adozione;
come è noto, già con la legge 31 dicembre 1998, n. 476 (ratifica della Convenzione dell'Aja del 1993 sulla protezione dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale), è stato modificato l'intero Capo I (articoli da 29 a 39) della legge 4 maggio 1983, n. 184 con il quale, oltre a aver coperto un vuoto nella nostra legislazione in materia di adozione internazionale, sono stati introdotti elementi innovativi di maggiore tutela del minore, i cui interessi devono essere al centro di tutto il procedimento;
tuttavia, sul tema delle adozioni internazionali effettuate all'estero, occorre rilevare un'evidente carenza della nostra legislazione che non disciplina un particolare caso, cioè quello di una coppia residente in un Paese islamico, dove l'adozione non è disciplinata semplicemente perché non è menzionata nel Corano, anche se questa chiara ed esplicita «disconoscenza» sociale, legislativa e religiosa non si traduce in buona sostanza con una contrarietà per le persone non aderenti a quella religione;
nei Paesi islamici, ad esempio gli Emirati Arabi Uniti, una coppia ivi residente non adotta nello stesso Paese in cui risiede ma adotta in un altro Paese, qualora il Paese dove risiede glielo permetta (la maggior parte delle coppie da Dubai adotta in Etiopia). Normalmente, le autorità competenti locali di Paesi esteri (ambasciate e consolati) operanti a Dubai, agevolano e adozioni rilasciando alle coppie che vogliono adottare il cosiddetto NOC (No Objection Certificate), un tipo di certificato legale di consenso rilasciato da qualsiasi agenzia, organizzazione, istituto o in alcuni casi, un singolo individuo. In questo caso non è altro che un nulla osta che l'ambasciatore o il console emette per confermare agli organi competenti che la coppia non ha impedimenti oggettivi all'adozione (pendenze legali, mancanza dei requisiti oggettivi eccetera). Purtroppo, accade che le citate autorità entrino nel merito con valutazioni non di loro competenza. Come è accaduto che nel 2014 quando, mentre tre tribunali italiani (quelli di Torino, Genova e Venezia) avevano riconosciuto ad alcune coppie italiane residenti a Dubai la validità della loro adozione in Etiopia, obbligando di fatto il console a emettere il passaporto italiano per i bimbi adottati, quello italiano ad Addis Abeba si è invece rifiutato di autenticare e tradurre la sentenza etiope rendendo ai tribunali italiani impossibile la legalizzazione in Italia delle nuove adozioni; viceversa, è accaduto che, invece, l'ambasciatore italiano in Oman ha rilasciato la citata NOC a una coppia italiana che risiede in Oman,
impegna il Governo
a prevedere una modifica della normativa vigente affinché, in un Paese straniero dove l'adozione non sia regolamentata, si possa adottare un minore previo rilascio di apposito nulla osta da parte delle autorità italiane competenti nel Paese in cui la coppia ha stabilito la propria residenza, per consentire che l'adozione pronunciata dalla competente autorità del Paese terzo possa venire riconosciuta a ogni effetto in Italia con provvedimento del tribunale per i minorenni.
9/2957/3. Scagliusi.
La Camera,
esaminato il Testo Base della proposta di legge C. 2957, recante «Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare», approvata dal Senato l'11 marzo 2015;
preso atto che l'articolo 1 della citata proposta di legge introduce il nuovo comma 5-bis all'articolo 4 della legge 4 maggio 1983 n. 184 a norma del quale il tribunale dei minorenni, nel decidere in ordine alla domanda di adozione presentata dalla famiglia affidataria, ha il dovere di tenere conto dei legami affettivi significativi e del rapporto stabile e duraturo consolidatosi tra il minore e la famiglia affidataria dopo un prolungato periodo di affidamento;
premesso che la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia, approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia con legge 27 maggio 1991 n. 176, statuisce all'articolo 3 come in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente,
impegna il Governo
con riferimento all'articolo 1, comma 1, capoverso comma 5-bis, a garantire che, nella procedura di adozione, gli eventuali legami affettivi significativi nonché il rapporto stabile e duraturo consolidatosi fra famiglia affidataria e minorenne, siano valutati nell'esclusivo interesse di quest'ultimo.
9/2957/4. Iori, Zampa.
La Camera,
premesso che:
esaminato il Testo Base della proposta di legge C. 2957, recante «Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare», approvata dal Senato l'11 marzo 2015;
preso atto che l'articolo 1 della citata proposta di legge introduce il comma 5-ter all'articolo 4 della legge 4 maggio 1983 n. 184, il quale tutela, nell'interesse del minore, la continuità delle positive relazioni socio-affettive consolidatesi con la famiglia affidataria qualora il minore faccia ritorno nella famiglia di origine o sia adottato da famiglia diversa o sia dato in affidamento ad altra famiglia;
premesso che la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia, approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989 e ratificata dall'Italia con legge 27 maggio 1991 n. 176, statuisce all'articolo 3 come in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente,
impegna il Governo
con riferimento all'articolo 1, comma 1, capoverso comma 1, capoverso comma 5-ter, a tutelare la continuità delle relazioni socio-affettive consolidatesi durante l'affidamento tramite contatti telefonici ed incontri personali fra la precedente famiglia affidataria ed il minore, nell'esclusivo interesse di quest'ultimo, nel rispetto dei suoi impegni educativi e delle esigenze organizzative della famiglia presso la quale si trova il minorenne, al fine di garantirne il miglior sviluppo e benessere psicofisico.
9/2957/5. Zampa, Iori.
La Camera,
premesso che:
in sede di esame dell'atto Camera n. 2957 recante «Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, sul diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare», interviene sulla disciplina dell'affido contenuta nella legge n. 184 del 1983, allo scopo di garantire la continuità affettiva con la famiglia affidataria del minore di cui sia dichiarata l'adottabilità;
l'istituto dell'affidamento del minore, il cosiddetto affido, si realizza con l'affidamento a un'altra famiglia, possibilmente con figli minori, o a una persona singola in grado di assistere il minore materialmente e affettivamente oppure all'affidamento presso una comunità di tipo familiare, e trova il suo presupposto nella temporanea situazione di inidoneità del nucleo familiare d'origine ad assicurare al minore il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le necessarie relazioni affettive;
ai sensi dell'articolo 4 della legge, l'affidamento familiare è disposto dal servizio sociale locale o previo assenso dei genitori esercenti la potestà ovvero del tutore, sentito il minore che abbia compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore, con provvedimento reso esecutivo con decreto dal giudice tutelare, ovvero senza l'assenso dei genitori, con provvedimento del tribunale per i minorenni, in applicazione dell'articolo 330 c.c., per effetto del quale il giudice può pronunciare la decadenza dalla potestà genitoriale quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio;
nell'ambito delle valutazioni attraverso le quali i servizi sociali locali assumono la decisione di segnalare o promuovere l'allontanamento del figlio minore dal nucleo familiare originario, tale legge non prevede, tuttavia, l'intervento dei servizi sanitari locali, capaci di offrire un altro punto di vista nella tutela del minore, dal punto di vista sanitario e del benessere psico-fisico che deve essere comunque assicurato anche in caso di allontanamento del minore stesso dalla famiglia d'origine;
l'intervento da parte dei servizi sanitari territorialmente competenti, in affiancamento ai servizi sociali locali, offrirebbe una più piena valutazione di ciascuna situazione di fatto nella quale versa il minore ed otterrebbe l'effetto di coinvolgere due entità, il servizio sociale ed il servizio sanitario, e non il solo servizio sociale, entità poi chiamate in ogni caso a riferire all'autorità giudiziaria;
il giudice, tutelare o dei minori, avrebbe così due distinte valutazioni che prendono in considerazione differenti punti di vista, che lo aiuterebbero nell'analisi di queste situazioni necessariamente complesse poiché rivolte alla tutela dei minori, e consentirebbero, quindi, che la decisione giudiziaria sia presa sulla scorta di due distinti pareri, sia sociale, sia sanitario, anziché sul solo parere dei servizi sociali,
impegna il Governo
a valutare l'opportunità d'intervenire, anche con idonee misure normative, al fine di prevedere la necessaria partecipazione dei servizi sociali nell'affidamento dei minori, e di conseguenza prevedere nella legge 4 maggio 1983, n. 184, il procedimento di allontanamento del minore dalla famiglia originaria sia sottoposto alla duplice valutazione socio-sanitaria.
9/2957/6. Turco.
La Camera,
premesso che:
sono circa 30 mila i bambini che in Italia vivono fuori dalla loro famiglia, quasi la metà vivono in comunità, un quarto è affidato a parenti e gli altri sono in affidamento extra-familiare;
il fenomeno è in crescita. Quasi il 34 per cento dei minori è in affidamento da oltre 4 anni, il 74 per cento sono affidamenti giudiziali, con punte che toccano il 90 per cento in Sicilia (dati Minori.it/istituto degli Innocenti);
la gran parte sono bambini di origine italiana ma, cresce il numero dei ragazzi stranieri. In tutto il Paese rappresentano il 22 per cento dei bambini in affidamento e uno su cinque è un «minore straniero non accompagnato», arrivato cioè in Italia da solo, senza genitori o familiari;
oltre ai minori stranieri non accompagnati, c’è la questione dei bambini malati o disabili che faticano a trovare una famiglia, diritto che in Italia è sancito dalla legge n. 184 del 1983;
purtroppo negli ultimi anni si registra un dato preoccupante: la diminuzione delle famiglie disponibili all'affidamento, un aspetto che sta spingendo le Istituzioni competenti e le associazioni ad un lavoro più sinergico e capillare sul territorio;
una delle cause è legata al fatto che il contributo che le famiglie ricevono come rimborso spese è soggetto a tassazione e cumula con il reddito imponibile;
vista la assoluta necessità di incrementare il numero delle famiglie affidatarie,
impegna il Governo
a valutare la possibilità di esentare o almeno ridurre di molto l'imposizione fiscale a carico delle famiglie affidatarie che attraverso il loro impegno e la loro disponibilità possono assicurare al bambino il sostegno e l'affetto di cui ha bisogno per crescere bene, in un momento difficile della sua esistenza, nel rispetto della sua storia e delle sue relazioni significative.
9/2957/7. D'Ottavio.
La Camera,
premesso che:
la proposta di legge all'esame dell'Aula prevede il diritto alla continuità affettiva dei bambini e delle bambine in affido familiare, ovvero si approverà un progetto di legge che fa della continuità affettiva dei bambini la linea guida che permette di passare dall'affido all'adozione;
proprio per questo motivo, la selezione delle famiglie affidatarie, che passano da una condizione di temporaneità ad una di stabilità, va effettuata con estrema attenzione;
quindi, la proposta di legge di cui oggi si discute, deve riproporre con chiarezza la centralità dei diritti dei bambini ad avere una famiglia, con una figura materna ed una figura paterna,
impegna il Governo
nei successivi provvedimenti legislativi, che potranno essere approvati, di tenere in considerazione la centralità dei diritti dei bambini ad avere una famiglia composta da una madre e da un padre.
9/2957/8. Binetti.
La Camera,
premesso che:
il provvedimento è teso ad introdurre misure che garantiscano la continuità affettiva dei bambini e le bambine in affido, dando rilievo ai legami costruiti in ragione dell'affidamento ai fini dell'adozione;
a tal fine si prevedono modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184 sull'adozione;
sarebbe auspicabile aprire l'istituto dell'adozione anche alle coppie di fatto e alle persone single, in tal modo garantendo ad una più amplia platea di soggetti la possibilità di offrire cure e amore ai bambini e bambine in una situazione particolarmente delicata a livello affettivo, nonché di garantire al contempo a più bambine e bambini relazioni affettive necessarie ad un equilibrio e crescita sani,
impegna il Governo
ad adottare ulteriori iniziative normative per modificare la disciplina in tema di affido e adozione al fine di consentire l'applicabilità di tali istituti anche in caso di coppie di fatto e persone single.
9/2957/9. Nicchi, Sannicandro, Daniele Farina.
La Camera,
premesso che:
la proposta di legge in esame ridefinisce il rapporto tra procedimento di adozione e istituto dell'affidamento familiare (cosiddetto affido) allo scopo di garantire il diritto alla continuità affettiva dei minori;
l'articolo 1, modificando l'articolo 4 della legge n. 184 del 1983, prevede quindi una «corsia preferenziale» per l'adozione a favore della famiglia affidataria, laddove – dichiarato lo stato di abbandono del minore – risulti impossibile ricostituire il rapporto del minore con la famiglia d'origine;
tale corsia preferenziale opera soltanto quando la famiglia affidataria soddisfi tutti i requisiti per l'adozione legittimante previsti dall'articolo 6 della legge n. 184 del 1983 (stabile rapporto di coppia, idoneità all'adozione e differenza d'età con l'adottato) nonché quando l'affidamento, contrariamente alla natura dell'istituto, si sia sostanziato di fatto in un rapporto stabile e prolungato sul piano anche affettivo tra la famiglia affidataria e il minore;
come noto, ai sensi dell'articolo 6, comma 3, della legge n. 184 del 1983, l'età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l'età dell'adottando; requisito, quest'ultimo, che non è richiesto in caso di affido e che, soprattutto, non sembrerebbe più attuale, dato l'innalzamento dell'età media in cui oggi si diventa genitori;
in ogni caso, proprio per tutelare al massimo i legami affettivi significativi e il rapporto stabile e duraturo consolidatosi tra il minore e la famiglia affidataria, sarebbe stato opportuno prevedere l'esclusione del requisito di età dagli elementi di cui il giudice deve tenere conto nell'ambito della decisione in merito all'adozione a favore della famiglia affidataria,
impegna il Governo
a valutare gli effetti applicativi delle nuove disposizioni, e a considerare di assumere le opportune iniziative volte ad escludere il requisito di età di cui all'articolo 6, comma 3, della legge n. 184 del 1983, dagli elementi di cui il giudice debba tenere conto nell'ambito della decisione in merito all'adozione a favore della famiglia affidataria.
9/2957/10. Prestigiacomo.