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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Sabato 19 dicembre 2015

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 19 dicembre 2015.

  Angelino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bernardo, Bindi, Biondelli, Bonifazi, Michele Bordo, Brambilla, Bressa, Brunetta, Bueno, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Crippa, D'Alia, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Menech, Dellai, Di Gioia, Epifani, Fedriga, Ferranti, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Garofani, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Gozi, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Manciulli, Mazziotti Di Celso, Merlo, Migliore, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Schullian, Scotto, Sereni, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali, Zanetti.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

  Adornato, Angelino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bernardo, Bindi, Biondelli, Bobba, Bonifazi, Michele Bordo, Brambilla, Bressa, Brunetta, Bueno, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Crippa, D'Alia, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Menech, Dellai, Di Gioia, Epifani, Fedriga, Ferranti, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Garofani, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Gozi, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Manciulli, Mazziotti Di Celso, Merlo, Migliore, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali, Zanetti.

(Alla ripresa notturna della seduta).

  Adornato, Angelino Alfano, Alfreider, Amici, Artini, Baldelli, Baretta, Bernardo, Bindi, Biondelli, Bobba, Bonifazi, Michele Bordo, Borletti Dell'Acqua, Brambilla, Bressa, Brunetta, Bueno, Caparini, Capelli, Casero, Castiglione, Catania, Cicchitto, Cimbro, Cirielli, Crippa, D'Alia, Dadone, Dambruoso, Damiano, De Menech, De Micheli, Del Basso De Caro, Dellai, Di Gioia, Epifani, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Fraccaro, Franceschini, Garofani, Gentiloni Silveri, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Mazziotti Di Celso, Merlo, Migliore, Orlando, Pes, Gianluca Pini, Pisicchio, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Sani, Scalfarotto, Schullian, Scotto, Sereni, Tabacci, Valeria Valente, Velo, Vignali, Zanetti.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 18 dicembre 2015 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   CATANIA e GALLINELLA: «Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all'articolo 145 del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e altre disposizioni per il contrasto della contraffazione» (3502);
   CRIVELLARI: «Modifiche al codice della navigazione e altre disposizioni per lo sviluppo della rete delle vie navigabili interne e l'istituzione del sistema dei servizi di informazione fluviale» (3503).

  Saranno stampate e distribuite.

Trasmissioni dal Senato.

  In data 18 dicembre 2015 il Presidente del Senato ha trasmesso alla Presidenza la seguente proposta di legge:
   S. 998. – Senatori TAVERNA ed altri: «Disposizioni in materia di accertamenti diagnostici neonatali obbligatori per la prevenzione e la cura delle malattie metaboliche ereditarie» (approvata dalla 12a Commissione permanente del Senato) (3504).

  Sarà stampata e distribuita.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B  al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

  Sono pervenute alla Presidenza dai competenti Ministeri risposte scritte ad interrogazioni. Sono pubblicate nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: S. 2111 – DISPOSIZIONI PER LA FORMAZIONE DEL BILANCIO ANNUALE E PLURIENNALE DELLO STATO (LEGGE DI STABILITÀ 2016) (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 3444-A)

A.C. 3444-A – Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

  sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 2, nonché sugli emendamenti 1.4500 e 1.5000 della Commissione e sul subemendamento 0.1.53.100.

A.C. 3444-A – Proposte emendative

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO UNICO DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 1.

  Al comma 52-quaterdecies, primo periodo, sostituire le parole: 31 marzo 2016 con le seguenti: 30 aprile 2016.
1. 4000. Governo.
(Approvato)

  Al comma 52-quaterdecies aggiungere, in fine, i seguenti periodi:
  Per l'anno 2016, per le assunzioni di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia lo sgravio di cui al comma 83 è elevato fino a concorrenza dell'esonero completo di contributi e nel limite massimo di 8.060 euro su base annua, per un periodo massimo di 12 mesi. L'INPS, con propria circolare, da emanarsi entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, definisce le modalità operative di applicazione della misura di cui al periodo precedente. L'agevolazione rispetta i requisiti previsti dal Regolamento (UE) 651/2014 che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune in applicazione degli articoli 107 del TFUE.

  Conseguentemente, dopo il comma 52-quaterdecies aggiungere il seguente:
  52-quaterdecies. 1. All'integrazione dell'esonero di cui al comma 83, disposta dal comma 52-quaterdecies, secondo periodo, pari a 300 milioni di euro per il 2016, 610 milioni di euro per il 2017, 840 milioni di euro per il 2018 e 1.200 milioni a decorrere dal 2019, si provvede a valere delle maggiori risorse derivanti da interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica. Entro la data del 15 luglio 2016, mediante interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica, sono approvati provvedimenti regolamentari e amministrativi normativi che assicurano minori spese pari a 300 milioni di euro per l'anno 2016. Entro la data del 15 gennaio 2017, sempre mediante interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica, sono approvati provvedimenti normativi che assicurano 610 milioni di euro per l'anno 2017, 840 milioni di euro per l'anno 2018 e 1.200 milioni a decorrere dall'anno 2019. Qualora le misure previste dal comma precedente non siano adottate o siano adottate per importi inferiori a quelli indicati, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare entro il 15 luglio 2016 per la previsione relativa a quell'anno ed entro il 15 gennaio 2017 per la seconda, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, sono disposte variazioni delle aliquote di imposta e riduzioni della misura delle agevolazioni e delle detrazioni vigenti tali da assicurare maggiori entrate pari agli importi di cui al periodo precedente.
1. 25. (ex 0. 1. 7. 39. 58.) Prestigiacomo, Occhiuto, Russo, Carfagna, Brunetta, Alberto Giorgetti, Milanato, De Girolamo, Nizzi, Sandra Savino, Giacomoni.

  Dopo il comma 55 aggiungere il seguente:
  55. 1. Qualora risulti che nell'anno precedente il contribuente che applica il regime forfetario abbia conseguito ricavi o compensi non superiori a 10.000 euro rispetto al valore soglia dei ricavi/compensi stabilito per ciascun gruppo di settore nell'allegato 4, annesso alla legge 23 dicembre 2014, n. 190, il contribuente può avvalersi, per una sola annualità, in alternativa all'uscita dal regime, della possibilità che sull'ammontare superiore al valore soglia suddetto sia applicata l'aliquota del 27 per cento. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze i regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale di cui all'allegato A della nota integrativa al bilancio di previsione relativa alla Tabella 1 dello Stato di previsione delle entrate prevista ai sensi dell'articolo 21, comma 11, lettera a), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, che appaiono, in tutto o in parte, ingiustificati o superati alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche ovvero che costituiscono una duplicazione, sono modificati, soppressi o ridotti, a decorrere dall'anno 2016 al fine di assicurare maggiori entrate pari a 10 milioni di euro, a copertura degli oneri derivanti dal comma 55-bis. Nei casi in cui la disposizione del primo periodo del presente comma non sia suscettibile di diretta e immediata applicazione, con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità tecniche per l'attuazione del presente comma con riferimento ai singoli regimi interessati.
1. 114. (ex 1. 8. 8.) Mucci, Barbanti, Prodani, Rizzetto.

  Al comma 59, sostituire le parole: all'articolo 47 con le seguenti: ai commi 1, secondo periodo e da 5 a 8 dell'articolo 47.
1. 4001. Governo.
(Approvato)

  Dopo il comma 68-sexies aggiungere il seguente:
  68-septies. All'articolo 63 della legge 21 novembre 2000, n. 342 sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. I veicoli ed i motoveicoli, esclusi quelli adibiti ad uso professionale, a decorrere dall'anno in cui si compie il trentesimo anno dalla loro costruzione, sono assoggettati ad una tassa di proprietà annua di euro 25,82 per gli autoveicoli e di euro 10,32 per i motoveicoli. Salvo prova contraria, i veicoli di cui al primo periodo si considerano costruiti nell'anno di prima immatricolazione in Italia o in altro Stato. Ai fini di quanto previsto dal presente comma l'Automobilclub Storico (ASI) per gli autoveicoli e la Federazione Motociclistica Italiano Italiana (FMI) per i motoveicoli, redigono un apposito elenco indicante i periodi di produzione dei veicoli.»;
   b) dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti:
  1-bis. I autoveicoli e i motoveicoli, esclusi quelli adibiti ad uso professionale, di particolare interesse storico e collezionistico, a decorrere dall'anno in cui si compire il ventesimo anno dalla costruzione e fino al compimento del trentesimo anno sono assoggettati ad una tassa di proprietà annua di euro 41,00 per gli autoveicoli e di euro 20,00 per i motoveicoli. Si considerano veicoli di particolare interesse storico e collezionistico:
   a) i veicoli costruiti specificamente per le competizioni;
   b) i veicoli costruiti a scopo di ricerca tecnica o estetica, anche in vista di partecipazione ad esposizioni o mostre;
   c) i veicoli per i quali, pur non appartenendo alle categorie di cui alle lettere a) e b), rivestano un particolare interesse storico o collezionistico in ragione del loro rilievo industriale, sportivo, estetico o di costume.
  1-ter. I veicoli di cui al comma 1-bis sono individuati, con propria determinazione, dall'ASI per gli autoveicoli e dalla FMI per i motoveicoli. Tale determinazione è aggiornata annualmente.
   c) il comma 4 è sostituito dal seguente: 4. Per la liquidazione, la riscossione e l'accertamento della tasse di cui al presente articolo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni che disciplinano la tassa automobilistica, di cui al testo unico delle leggi sulle tasse automobilistiche, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 5 febbraio 1953, n. 39, e successive modificazioni. Per i predetti veicoli di cui al comma 1 e 1-bis l'imposta provinciale di trascrizione è fissata in euro 60 per gli autoveicoli ed in euro 30 per i motoveicoli.

  Conseguentemente, al comma 551, aggiungere, in fine, le parole: ivi comprese le variazioni di cui al periodo successivo. Le dotazioni relative alle autorizzazioni di spesa di parte corrente di cui alla predetta Tabella C sono ridotte proporzionalmente in maniera lineare per un importo pari a 50 milioni di euro annui a decorrere dal 2016.
1. 28. Marco Di Stefano.

Subemendamenti all'emendamento 1. 4002 del Governo

  All'emendamento 1. 4002 del Governo, sostituire le parole: alle condizioni ivi indicate con le seguenti: alle premesse ivi rigorosamente prescritte.
0. 1. 4002. 1. Scotto, Franco Bordo, Fassina, Airaudo, Fava, Placido, Gregori, Ricciatti, D'Attorre, Ferrara, Marcon, Carlo Galli, Duranti, Piras, Folino, Fratoianni, Melilla, Quaranta, Zaccagnini, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Sannicandro, Zaratti.

  All'emendamento 1. 4002 del Governo, sostituire le parole: anche le società controllate con le seguenti: anche le società controllate e partecipate e in ogni caso le società quotate in borsa.
0. 1. 4002. 2. Scotto, Franco Bordo, Fassina, Airaudo, Fava, Placido, Gregori, Ricciatti, D'Attorre, Ferrara, Marcon, Carlo Galli, Duranti, Piras, Folino, Fratoianni, Melilla, Quaranta, Zaccagnini, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Sannicandro, Zaratti.

  Al comma 70-septies, sostituire le parole: sono tenute anche le società con le seguenti: alle condizioni ivi indicate, sono tenute anche le società controllate.
1. 4002. Governo.
(Approvato)

  Al comma 79, primo periodo, sostituire le parole da: all'Erario fino alla fine del periodo con le seguenti: alla riduzione proporzionale del canone stesso.
1. 111. (ex 1. 10. 70.) Matteo Bragantini, Caon, Marcolin, Prataviera.

  Dopo il comma 95, aggiungere i seguenti:
  95-bis. Al Testo Unico dell'imposta sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, dopo l'articolo 11 è inserito il seguente:
  «Art. 11-bis. – (Determinazione dell'imposta attraverso il sistema quoziente familiare).
  1. I contribuenti, appartenenti ad un nucleo familiare, possono determinare l'imposta sul reddito delle persone fisiche applicando, in alternativa, a quanto stabilito dall'articolo 11, comma 1, le disposizioni fissate al comma 3 del presente articolo nei limiti massimi, di cui al comma 2. Ai fini dell'esercizio di tale facoltà, il nucleo familiare è costituito:
   a) dal contribuente;
   b) dal coniuge non legalmente ed effettivamente separato;
   c) dai figli, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati minori di età o permanentemente inabili al lavoro;
   d) dai figli, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati di età non superiore ai ventisei anni e dediti agli studi o a tirocinio gratuito;
   e) dagli ascendenti in linea retta di entrambi i coniugi, a condizione che convivano con il contribuente e non possiedano un reddito complessivo, al lordo degli oneri deducibili, di ammontare superiore all'importo della pensione minima vigente alla data dell'anno di riferimento.

  2. Per le finalità del comma 1 è costituito, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, un Fondo di 4 miliardi di euro a decorrere dal 1o gennaio 2016.
  3. L'imposizione in capo al nucleo familiare si determina dividendo il reddito imponibile complessivo, al netto degli oneri deducibili, per la somma degli coefficienti attribuiti ai componenti della famiglia, stabiliti, con apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze da emanarsi entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente norma, nell'ambito delle risorse di cui al comma 2. A decorrere dall'anno 2016, entro il 31 dicembre di ciascun anno, il Ministro può, con proprio decreto, rideterminare i coefficienti applicabili per l'anno successivo.
  4. L'applicazione delle disposizioni del presente articolo non può dar luogo, con riferimento a tutti i componenti del nucleo familiare, ad un risparmio di imposta, rispetto alla eventuale applicazione del metodo di determinazione dell'imposta di cui all'articolo 11, superiore all'ammontare di 2.000 euro annui moltiplicato per il numero dei componenti ridotto di uno.
  5. Ciascun componente del nucleo familiare che intende avvalersi della facoltà stabilita dal presente articolo deve dame comunicazione nella dichiarazione dei redditi, alla quale va allegato un apposito prospetto redatto su stampato conforme al modello approvato con decreto dirigenziale ai sensi dell'articolo 1 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e sottoscritto da tutti i componenti del nucleo familiare che hanno raggiunto la maggiore età. Il prospetto deve contenere l'indicazione degli elementi necessari per il calcolo di cui al comma 2 del presente articolo, dei dati identificativi degli altri componenti del nucleo familiare e del rapporto intercorrente tra gli stessi e il dichiarante. I contribuenti diversi dal coniuge, indicati al comma 1, devono attestare nella dichiarazione dei redditi o in apposito allegato, l'esistenza dei requisiti ivi previsti.
  6. I possessori di redditi di lavoro dipendente e assimilati indicati negli articoli 49 e 50, comma 1, del presente testo unico, che adempiono agli obblighi della dichiarazione dei redditi in conformità alle disposizioni di cui al decreto legislativo 28 dicembre 1998, n. 490, in materia di disciplina dei centri di assistenza fiscale, possono esercitare la facoltà di cui al comma 1 del presente articolo dandone comunicazione nell'apposita dichiarazione dei redditi, nella quale devono essere indicati i dati identificativi degli altri componenti del nucleo familiare.
  7. Le disposizioni del presente articolo hanno un effetto a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello di entrata in vigore della presente disposizione».
  95-ter. Per far fronte agli oneri derivanti dalle disposizioni introdotte dal comma 95-bis, pari a 4.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016, si provvede a valere sulle maggiori risorse derivanti da interventi di razionalizzazione e revisione della spesa pubblica. Entro la data del 15 luglio 2016, mediante interventi di razionalizzazione, e di revisione della spesa pubblica, sono approvati, provvedimenti regolamentari e amministrativi che assicurano minori spese pari a 4,000 milioni di euro per l'anno 2016. Entro la data del 15 gennaio 2017, sempre mediante interventi di razionalizzazione e revisione della spesa pubblica, sono approvati provvedimenti normativi che assicurano 5.000 milioni di euro per l'anno 2017 e 4.000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018. Qualora le misure previste dal precedente periodo non siano adottate o siano adottate per importi inferiori a quelli indicati, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare entro il 15 luglio 2016, per la previsione relativa a quell'anno e entro il 15 gennaio 2017 per la seconda, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, sono disposte variazioni delle aliquote di imposta e riduzione della misura delle agevolazioni e delle detrazioni vigenti, tali da assicurare maggiori entrate, pari agli importi di cui al precedente periodo.
1. 30. (ex 1. 12. 31.) Sandra Savino, Brunetta, Alberto Giorgetti, Milanato, Prestigiacomo, Gelmini, Giacomoni.

  Al comma 99, sopprimere il secondo periodo.
1. 4003. Governo.
(Approvato)

  Dopo il comma 107 aggiungere il seguente:
  107-bis. Al comma 35 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, capoverso Art. 3 apportare le seguenti modificazioni:
   a) al comma 1 le parole: «nella misura del 25 per cento» sono sostituite con le seguenti: «nella misura del 50 per cento»;
   b) al comma 3 le parole: «5 milioni di euro» sono sostituite dalle seguenti: «10 milioni di euro».

  Conseguentemente le dotazioni di parte corrente relative alle autorizzazioni di spesa di cui alla Tabella C, allegata alla presente legge, ad eccezione di quelle relative al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al Ministero della salute e al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sono ridotte in maniera lineare per un importo pari a 300 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016.
1. 116. (ex 1. 14. 2.) Vaccaro.

  Al comma 109-bis, secondo periodo, sostituire le parole: di ciascun anno con la seguente: 2016.
1. 4004. Governo.
(Approvato)

  Al comma 112, lettera a), aggiungere, in fine, le parole: e per i ricercatori e professori appartenenti alle università italiane, anche il possesso dell'abilitazione scientifica nazionale.
1. 31. (ex 1. 15. 29.) Vacca, D'Uva, Sibilia, Brescia, Simone Valente, Luigi Gallo, Marzana, Di Benedetto, Caso, Castelli, Cariello, Brugnerotto, D'Incà, Sorial.

  Al comma 112, lettera d), sostituire le parole: da studiosi italiani e stranieri con le seguenti:, almeno per il cinquanta per cento, da studiosi internazionali.
1. 32. Capua, Vargiu, Librandi, Palladino, Monchiero, Marzano, Locatelli, Quintarelli, Nesi, Brunetta.

  Al comma 116, aggiungere, in fine, i seguenti periodi: Fermo il rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 1, commi 557, 557-quater e 562, primo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, la proroga può essere disposta in deroga ai limiti o divieti prescritti dalle vigenti disposizioni di legge. Per l'anno 2016 agli enti territoriali di cui al primo periodo del presente comma, che si trovino nelle condizioni di cui all'articolo 259 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, non si applicano le disposizioni di cui ai commi 6, 7 e 8 dell'articolo medesimo. Per gli stessi enti la proroga dei rapporti di lavoro a tempo determinato è subordinata all'assunzione integrale degli oneri a carico della Regione ai sensi dall'articolo 259, comma 10, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
1. 33. Capodicasa, Berretta, Boccadutri, Schirò, Iacono, Albanella, Burtone, Amoddio, Zappulla, Piccione, Culotta, Ribaudo, Lauricella, Moscatt, Cardinale, Raciti, Causi, Greco, Taranto, Gullo, Bosco, Garofalo, D'Alia, Minardo, Misuraca, Pagano.
(Approvato)

  Al comma 117-ter, lettera b), capoverso comma 3, sostituire le parole da: sono trasferite fino alla fine del capoverso, con le seguenti: sono versate all'entrata del bilancio dello Stato per la successiva riassegnazione ai pertinenti capitoli dello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e costituiscono limite di spesa per l'organizzazione dei corsi-concorsi di cui all'articolo 29 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e successive modificazioni. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato a apportare le occorrenti variazioni di bilancio.
1. 4005. Governo.
(Approvato)

  Al comma 125, primo periodo, aggiungere, in fine, le parole:, utilizzando in via prioritaria le graduatorie concorsuali per l'accesso dall'esterno vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge. A tal fine la validità delle predette graduatorie è prorogata al 31 dicembre 2018.
1. 34. (ex 1. 16. 152.) Rizzetto, Mucci, Prodani, Barbanti, Polverini.

  Sostituire il comma 126 con il seguente:
  126. In relazione al riordino delle funzioni di cui alla legge 7 aprile 2014, n. 56, le regioni e gli enti locali destinano le risorse assunzionali relative agli anni 2016 e 2017, nelle percentuali stabilite dall'articolo 3, comma 5, del decreto legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, al prioritario ricollocamento del personale soprannumerario degli enti di area vasta addetto a funzioni non fondamentali, al netto di quelle finalizzate all'assunzione dei vincitori di concorso pubblico collocati nelle proprie graduatorie vigenti o approvate alla data di entrata in vigore della presente legge. Sono fatte salve le procedure di reclutamento di personale a tempo indeterminato per cui sia richiesta una specifica professionalità attestata da titoli di studio o abilitazioni professionali non posseduti dal personale soprannumerario di cui al precedente periodo. Il comma 424 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, è abrogato. Le regioni che abbiano completato il riordino delle funzioni di cui alla legge 7 aprile 2014, n. 56 e portato a termine i processi di mobilità del personale interessato ne danno tempestiva comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica al fine del ripristino delle ordinarie facoltà di assunzione per le amministrazioni situate nel rispettivo ambito regionale.
1. 117. (ex 1. 16. 19.) Pisicchio.

  Dopo il comma 129, aggiungere i seguenti:
  129.1. Al fine di garantire la sostenibilità economico-finanziaria e prevenire situazioni di dissesto finanziario dei comuni, è istituito presso il Ministero dell'Interno un fondo denominato «Fondo per i contenziosi connessi a sentenze esecutive relative a calamità o cedimenti» con una dotazione di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016-2018. Le risorse sono attribuite ai comuni che, a seguito di sentenze esecutive di risarcimento conseguenti a calamità naturali o cedimenti strutturali, o ad accordi transattivi ad esse collegate, sono obbligati a sostenere spese di ammontare complessivo superiore al 50 per cento della spesa corrente sostenuta come risultante dalla media degli ultimi tre rendiconti approvati.
  129. 2. I comuni di cui al comma 129.1 comunicano al Ministero dell'interno, entro il termine perentorio del 15 gennaio 2016, con riferimento all'anno 2015, ed entro il termine perentorio del 30 giugno con riferimento agli anni 2016, 2017 e 2018 la sussistenza della fattispecie di cui al comma 129.1, con modalità telematiche individuate dal Ministero dell'interno. La ripartizione del Fondo avviene con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. Nel caso in cui le richieste superino l'ammontare annuo complessivamente assegnato, le risorse sono attribuite proporzionalmente alle richieste e tenendo conto della priorità temporale degli eventi che hanno determinato il risarcimento.

  Conseguentemente, al comma 551, aggiungere, in fine, le parole:, ivi comprese le variazioni di cui al periodo successivo. Le dotazioni relative alle autorizzazioni di spesa di cui alla predetta Tabella C sono ridotte in maniera lineare per un importo pari a 20 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016.
1. 35. (ex 1. 16. 76.), Palese, Abrignani, Chiarelli.

  Al comma 129-ter, capoverso, secondo periodo, sopprimere le parole: per la durata di vita utile del giacimento.

  Conseguentemente:
     al medesimo comma, aggiungere, in fine, il seguente periodo
: I procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, finalizzati al rilascio dei titoli minerari, sono interrotti.
    al comma 129-quater:
      sopprimere la lettera
b);
     alla lettera c), capoverso, sostituire le parole: o a seguito del rilascio con le seguenti: a seguito del rilascio.
1. 36. Folino, Melilla, Zaratti, Marcon, Pellegrino, Ricciatti, Ferrara, Paglia, Placido, Pili, Gianluca Pini.

  Al comma 129-ter, capoverso, dopo il secondo periodo, aggiungere il seguente: Il divieto di cui al primo periodo si applica ai procedimenti finalizzati al rilascio dei titoli minerari in corso all'entrata in vigore della presente legge. L'amministrazione competente applica tale divieto con il rigetto delle relative istanze entro due mesi dall'entrata in vigore della presente legge.

  Conseguentemente, al comma 129-quater, sostituire la lettera b) con la seguente:
   b)
il comma 1-bis, è sostituito dal seguente: «1-bis. La Conferenza Stato Regioni, su proposta del Ministero dello Sviluppo Economico sentito il Ministero dell'Ambiente, predispone un piano delle aree in cui sono consentite le attività di cui al comma 1. Il piano di cui al primo periodo è adottato con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.»
1. 37. Baldassarre, Pastorino, Artini, Bechis, Matarrelli, Segoni, Turco, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Melilla, Pellegrino.

  Al comma 131, sopprimere la lettera a).
1. 38. (ex 1. 16. 193.) Manlio Di Stefano, Caso, Brugnerotto, Cariello, Castelli, D'Incà, Sorial.

  Al comma 139 sostituire le parole: 54.750.000 di euro per l'anno 2016 con le seguenti: 345.000.000 di euro per l'anno 2016.

  Conseguentemente, alla lettera b), sopprimere i commi 548-terdecies e 548-quaterdecies.
1. 39. (ex 0. 1. 1. 1. 67.) Marcon, Melilla, Pannarale, Giancarlo Giordano, Carlo Galli, Scotto, Fassina, Paglia.

  Dopo il comma 141, aggiungere il seguente:
  141-bis. All'articolo 16 del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, dopo il comma 2, è aggiunto il seguente: «2-bis. Per i soggetti di cui ai commi 1 che hanno, al momento dell'accesso al regime fiscale di cui al presente articolo, un'età anagrafica non superiore a quaranta anni, il reddito prodotto in Italia concorre alla determinazione del reddito complessivo nella misura del 20 per cento del suo ammontare per le lavoratrici e nella misura del 30 per cento del suo ammontare per i lavoratori. Si applicano le previsioni di cui all'articolo 3, commi da 2 a 5, della legge 31 dicembre 2010, n. 238.»;
1. 40. (ex 1. 17. 60.) Pagano.

  Al comma 146, lettera d), sostituire le parole da: in congedo fino alla fine della lettera, con le seguenti: che assistono da almeno 20 anni familiari conviventi entro il secondo grado e non ultra sessantacinquenni, che a causa di malattia, infermità o disabilità, sono riconosciuti invalidi civili al 100 per cento e inabili al lavoro, e necessitano di assistenza globale e continua ai sensi dell'articolo 3, comma 3, legge n. 104 del 1992, con priorità per coloro che assistono da un maggiore numero di anni, per coloro che assistono più di un disabile senza il sostegno di altri familiari conviventi e per coloro che assistono senza il sostegno di altri familiari conviventi, i quali perfezionano i requisiti utili a comportare la decorrenza del trattamento pensionistico, secondo la disciplina vigente prima della data di entrata in vigore del citato decreto-legge n. 201 del 2011, entro il sessantesimo mese successivo alla data di entrata in vigore del medesimo decreto-legge.

  Conseguentemente:
   al comma 551, aggiungere, in fine, le parole:, ivi comprese le variazioni di cui al periodo successivo. Le dotazioni di parte corrente, relative alle autorizzazioni di spesa di cui alla predetta Tabella C, ad eccezione di quelle relative al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, al Ministero della salute e al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sono corrispondentemente ridotte in maniera lineare per un importo pari a 250 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016.
   dopo il comma 555, aggiungere il seguente:
  555-bis. 1. A decorrere dal 1o gennaio 2016 è istituita un'imposta di bollo sui trasferimenti di denaro all'estero effettuati attraverso gli istituti bancari, le agenzie «money transfer», o altri agenti in attività finanziaria, pari al 10 per cento, sul denaro trasferito da persone fisiche non munite di matricola Inps e codice fiscale. Le maggiori entrate di cui al presente articolo confluiscono nel fondo previsto dall'articolo 1, comma 235, della legge n. 228 del 2012 per essere riassegnate agli scopi di cui all'articolo 19, comma 1.
1. 41. (ex 1. 18. 102.) Matteo Bragantini, Caon, Marcolin, Prataviera.

  Al comma 155, ultimo periodo, sostituire le parole da: con successivo provvedimento fino alla fine del comma con le seguenti: si effettua l'accertamento delle somme non impegnate, utilizzabili per ulteriori interventi con finalità analoghe, annualmente con il procedimento di cui all'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

  Conseguentemente, dopo il comma 155, aggiungere il seguente:
  155-bis. Ai fini della compensazione dei maggiori effetti finanziari derivanti dalle disposizioni di cui al comma 155, il Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente conseguenti all'attualizzazione di contributi pluriennali, di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189, e successive modificazioni, è ridotto di 16 milioni di euro nell'anno 2017, di 40,5 milioni di euro nell'anno 2018, di 70,2 milioni di euro nell'anno 2019, di 59,3 milioni di euro l'anno 2020, di 44,6 milioni di euro nell'anno 2021 e di 14,4 milioni di euro nell'anno 2022.
1. 43. Simonetti, Guidesi, Saltamartini, Busin, Fedriga, Melilla, Ciprini, Cominardi, Polverini, Rizzetto, Gelmini, Giorgia Meloni, Lombardi, Tripiedi, Nicchi.

  Dopo il comma 158-ter, aggiungere i seguenti:
  158-quater. Al fine di dare attuazione ai principi enunciati nella sentenza della Corte costituzionale n. 70 del 2015, all'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, i commi 25, 25-bis e 25-ter sono abrogati.
  158-quinquies. Con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, da adottare il entro il 30 marzo 2016, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, sono disposte variazioni delle aliquote di imposta e riduzioni della misura delle agevolazioni e delle detrazioni vigenti tali da assicurare la copertura degli oneri delle disposizioni di cui al comma 158-quater, pari a 16.500 milioni di euro per l'anno 2016, e di 4.500 milioni a decorrere dall'anno 2017, ferma restando la necessaria tutela, costituzionalmente garantita, dei contribuenti più deboli, della famiglia e della salute, prevedendo un limite di reddito sotto il quale non si applica la riduzione delle spese fiscali.

  Conseguentemente, al comma 551, aggiungere, in fine, le parole:, ivi comprese le variazioni di cui al periodo successivo. Le dotazioni relative alle autorizzazioni di spesa di cui alla predetta Tabella C sono ridotte proporzionalmente in maniera lineare per un importo pari al 35 per cento.
1. 44. (ex 0. 1. 19. 141. 4.) Polverini, Brunetta, Alberto Giorgetti, Milanato, Prestigiacomo, Sandra Savino, Giacomoni.

  Dopo il comma 161, aggiungere i seguenti:
  161.1. L'articolo 38, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, è sostituito dal seguente:
  «1. A decorrere dal 10 gennaio 2016 è incrementata, a favore dei soggetti di età pari o superiore a settanta anni e fino a garantire un reddito proprio pari a 800 euro al mese per tredici mensilità, la misura delle maggiorazioni sociali dei trattamenti pensionistici di cui:
   a) all'articolo 1 della legge 29 dicembre 1988, n. 544, e successive modificazioni;
   b) all'articolo 70, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, con riferimento ai titolari dell'assegno sociale di cui all'articolo 3, comma 6, della legge 8 agosto 1995, n. 335;
   c) all'articolo 2 della legge 29 dicembre 1988, n. 544, con riferimento ai titolari della pensione sociale di cui all'articolo 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153.

  2. I medesimi benefici di cui al comma i in presenza dei requisiti anagrafici di cui al medesimo comma, sono corrisposti ai titolari dei trattamenti trasferiti all'INPS ai sensi dell'articolo 10 della legge 26 maggio 1970, n. 381, e dell'articolo 19 della legge 30 marzo 1971, n. 118, nonché ai ciechi civili titolari di pensione, tenendo conto dei medesimi criteri economici adottati per l'accesso e per il calcolo dei predetti benefici.
  3. L'età anagrafica relativa ai soggetti di cui al comma i è ridotta, fino ad un massimo di cinque anni, di un anno ogni cinque anni di contribuzione fatta valere dal soggetto. Il requisito del quinquennio di contribuzione risulta soddisfatto in presenza di periodi contributivi complessivamente pari o superiori alla metà del quinquennio.
  4. I benefici incrementativi di cui al comma 1 sono altresì concessi ai soggetti con età pari o superiore a sessanta anni, che risultino invalidi civili totali o sordomuti o ciechi civili assoluti titolari di pensione o che siano titolari di pensione di inabilità di cui all'articolo 2 della legge 12 giugno 1984, n. 222.
  5. L'incremento di cui al comma i è concesso in base alle seguenti condizioni:
   a) il beneficiario non possieda redditi propri su base annua pari o superiori alla somma dell'ammontare del trattamento minimo delle pensioni a carico del Fondo pensioni lavoratori dipendenti e dell'ammontare dell'incremento rispetto all'anno precedente;
   b) il beneficiario non possieda, se coniugato e non effettivamente e legalmente separato, redditi propri per un importo annuo pari o superiore a quello previsto per il singolo pensionato, né redditi cumulati con quello del coniuge, per un importo totale pari o superiore alla somma dell'ammontare annuo del limite personale e dell'ammontare annuo dell'assegno sociale;
   c) qualora i redditi posseduti risultino inferiori ai limiti di cui alle lettere a) e b), l'incremento è corrisposto in misura tale da non comportare il superamento dei limiti stessi.

  6. Ai fini della concessione delle maggiorazioni di cui al presente articolo non si tiene conto del reddito della casa di abitazione».

  161.2. Per far fronte agli oneri derivanti dalle disposizioni introdotte dal comma 161.1, pari a 2.500 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016, si provvede a valere sulle maggiori risorse derivanti da interventi di razionalizzazione e revisione della spesa pubblica. Entro la data del 15 luglio 2016, mediante interventi di razionalizzazione, e di revisione della spesa pubblica, sono approvati, provvedimenti regolamentari e amministrativi che assicurano minori spese pari a 2.500 milioni di euro per l'anno 2016. Entro la data del 15 gennaio 2017, sempre mediante interventi di razionalizzazione e revisione della spesa pubblica, sono approvati provvedimenti normativi che assicurano 2.500 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017. Qualora le misure previste dal precedente periodo non siano adottate o siano adottate per importi inferiori a quelli indicati, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare entro il 15 luglio 2016, per la previsione relativa a quell'anno e entro il 15 gennaio 2017 per la seconda, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, sono disposte variazioni delle aliquote di imposta e riduzione della misura delle agevolazioni e delle detrazioni vigenti, tali da assicurare maggiori entrate, pari agli importi di cui al precedente periodo.
1. 45. (ex 0. 1. 19. 141. 2.) Brunetta, Alberto Giorgetti, Milanato, Prestigiacomo, Gelmini, Sandra Savino, Giacomoni.

  Dopo il comma 161, aggiungere il seguente:
  161. 1. Il comma 5 dell'articolo 3 della legge 27 maggio 1977, n. 284, si interpreta nel senso che le disposizioni concernenti il computo del Servizio comunque prestato, con percezione dell'indennità di servizio d'istituto o di quelle indennità da essa assorbite per effetto della legge 22 dicembre 1969 n. 967, si applicano anche nel caso in cui venga costituita posizione assicurativa previdenziale a seguito di instaurazione di rapporto di lavoro dipendente regolato dal diritto privato.

  Conseguentemente, al comma 551, aggiungere, infine, le parole:, ivi comprese le variazioni di cui al periodo successivo. Le dotazioni di parte corrente, relative alle autorizzazioni di spesa di cui alla predetta Tabella C sono ridotte in maniera lineare per un importo pari a 10 milioni di euro a decorrere dal 2016.
1. 46. (ex 1. 19. 59.) Abrignani.

  Al comma 187-bis, primo periodo, la parola:, anche è soppressa e le parole: previste dalla legislazione vigente a carico dei soggetti inclusi nell'elenco delle amministrazioni pubbliche formato dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni sono sostituite dalle seguenti: di cui all'articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e successive modificazioni, nei limiti di quanto strettamente necessario allo svolgimento dell'evento. Le spese di cui al presente comma non concorrono alla definizione dell'ammontare della riduzione della spesa di personale ai sensi dell'articolo 1, comma 557, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni.
1. 4006.(versione corretta) Il Governo.
(Approvato)

  Sopprimere il comma 192-septies.

  Conseguentemente:
    al comma 207, sopprimere la lettera
g-bis);
    sopprimere il comma 253;
    sopprimere il comma 254-
bis;
    sopprimere il comma 548-quaterdecies.1
1. 48. Sorial, Caso, Castelli, Cariello, D'Incà, Brugnerotto.

  Sopprimere il comma 194-bis.
1. 49. Fratoianni, Marcon, Melilla, Paglia.

Subemendamento all'emendamento 1. 4008 del Governo

  All'emendamento 1. 4008 del Governo, dopo le parole: il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti aggiungere le seguenti: sentita la Conferenza Stato-Regioni.
0. 1. 4008. 1. Scotto, Franco Bordo, Fassina, Airaudo, Fava, Placido, Gregori, Ricciatti, D'Attorre, Ferrara, Marcon, Carlo Galli, Duranti, Piras, Folino, Fratoianni, Melilla, Quaranta, Zaccagnini, Costantino, Daniele Farina, Giancarlo Giordano, Kronbichler, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Sannicandro, Zaratti.
(Approvato)

  Al comma 194-ter, capoverso comma 2-ter, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare entro il 15 marzo 2016, sono disciplinate le modalità di attuazione delle disposizioni recate dal presente comma.
1. 4008. Governo.
(Approvato)

  Dopo il comma 196, aggiungere i seguenti:
  196-bis. Al fine di potenziare l'internazionalizzazione del sistema delle imprese italiane e l'attività di attrazione degli investimenti in Italia, in considerazione delle competenze assegnate all'Agenzia ICE dall'articolo 30 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito in legge 11 novembre 2014, n. 164, l'Agenzia ICE è autorizzata all'assunzione a tempo indeterminato di un contingente di personale amministrativo di area III, livello F1, attraverso lo scorrimento delle graduatorie del relativo concorso in corso di validità presso la medesima Agenzia, anche in deroga ai limiti per le assunzioni previsti dalla legislazione vigente e comunque entro il limite dello stanziamento previsto dal successivo periodo. A tal fine, le risorse finanziarie iscritte nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per effetto della previsione dell'articolo 12, comma 18-bis, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e destinate all'Agenzia ICE, sono corrispondentemente ridotte. La pianta organica dell'Agenzia ICE è rideterminata di conseguenza in 479 unità.
  196-ter. Per le medesime finalità di cui al comma 196-bis, i posti vacanti nella dotazione organica dell'Agenzia ICE, sono coperti mediante il reclutamento, previa valutazione del relativo curriculum e delle esperienze professionali acquisite, del personale a tempo indeterminato, di qualifica non dirigenziale, in servizio presso l'ENIT – Agenzia nazionale del turismo che ha optato per la mobilità presso altra pubblica amministrazione, ai sensi dell'articolo 16, comma 9, del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106.

  Conseguentemente, al comma 551, aggiungere, in fine, le parole: ivi comprese le variazioni di cui al periodo successivo. Le dotazioni relative alle autorizzazioni di spesa di parte corrente di cui alla predetta Tabella C sono ridotte proporzionalmente in maniera lineare per un importo pari a 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2016.
1. 115. (ex 1. 23. 12.) Pagano, Sammarco, Bargero.

  Dopo il comma 209, è aggiunto il seguente:
  209-bis. All'articolo 47, terzo comma, secondo periodo, della legge 20 maggio 1985, n. 222, le parole: «la destinazione si stabilisce in proporzione alle scelte espresse» sono sostituite dalle seguenti: «le relative somme sono destinate al Fondo nazionale per la protezione civile».
1. 51. (ex 1. 24. 7.) Andrea Maestri, Brignone, Civati, Pastorino, Artini, Baldassarre, Bechis, Matarrelli, Segoni, Turco, Marzano, Daniele Farina, Sannicandro, Marcon, Melilla.

  Dopo il comma 212, aggiungere il seguente:
  212-bis. A decorrere dall'anno 2016 è istituita la carta della famiglia, destinata alle famiglie costituite da cittadini italiani o da cittadini stranieri regolarmente residenti sul territorio italiano, con almeno tre figli minori a carico di età non superiore a ventisei anni. La carta è rilasciata alle famiglie che ne facciano richiesta, previo pagamento dei soli costi di emissione, con i criteri e le modalità stabile con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per lo sviluppo economico da emanarsi entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge. La carta da diritto a sconti sull'acquisto di beni o servizi ovvero a riduzioni tariffarie con i soggetti pubblici o privati che intendano contribuire all'iniziativa. I partner che concederanno sconti o riduzioni maggiori di quelli normalmente praticati sul mercato potranno valorizzare la loro partecipazione all'iniziativa a scopi promozionali e pubblicitari. La Carta famiglia nazionale è emessa dai singoli Comuni, che attestano lo stato della famiglia al momento del rilascio, ed ha una durata biennale dalla data di emissione. La Carta famiglia nazionale è funzionale anche alla creazione di uno o più Gruppo di acquisto familiare (Gaf) o gruppi di acquisto solidale (Gas) nazionali, nonché della fruizione dei biglietti famiglia ed abbonamenti famiglia per servizi di trasporto, culturali, sportivi, ludici, turistici ed altro. Il Dipartimento delle politiche per la famiglia predispone ed aggiorna sul sito istituzionale l'elenco dei soggetti convenzionati. Le attività di promozione e di diffusione delle iniziative poste in essere da parte del dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei ministri rientrano tra quelle previste, per il Fondo delle politiche della famiglia di cui all'articolo 19, comma 1, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, dall'articolo 1, comma 1250, delle legge 27 dicembre 2006, n. 296.

  Conseguentemente, al comma 551, aggiungere, in fine, le parole:, ivi comprese le variazioni di cui al periodo successivo. Le dotazioni relative alle autorizzazioni di spesa di cui alla predetta Tabella C sono ridotte in maniera lineare per un importo pari a 3 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018.
1. 52. (ex 1. 24. 74.) Sberna, Dellai, Gigli, Marguerettaz, Falcone, Marazziti.

  Dopo il comma 212, aggiungere il seguente:
  212-bis. A decorrere dall'anno 2016 è istituita la carta della famiglia, destinata alle famiglie costituite da cittadini italiani o da cittadini stranieri regolarmente residenti sul territorio italiano, con almeno tre figli minori a carico. La carta è rilasciata alle famiglie che ne facciano richiesta, previo pagamento degli interi costi di emissione, con i criteri e le modalità stabilite, sulla base dell'ISEE, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per lo sviluppo economico da emanarsi entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge. La carta consente l'accesso a sconti sull'acquisto di beni o servizi ovvero a riduzioni tariffarie con i soggetti pubblici o privati che intendano contribuire all'iniziativa. I partner che concederanno sconti o riduzioni maggiori di quelli normalmente praticati sul mercato potranno valorizzare la loro partecipazione all'iniziativa a scopi promozionali e pubblicitari. La Carta famiglia nazionale è emessa dai singoli Comuni, che attestano lo stato della famiglia al momento del rilascio, ed ha una durata biennale dalla data di emissione. La Carta famiglia nazionale è funzionale anche alla creazione di uno o più Gruppo di acquisto familiare (Gaf) o gruppi di acquisto solidale (Gas) nazionali, nonché della fruizione dei biglietti famiglia ed abbonamenti famiglia per servizi di trasporto, culturali, sportivi, ludici, turistici ed altro.
1. 52. (ex 1. 24. 74.) (Testo modificato nel corso della seduta) Sberna, Dellai, Gigli, Marguerettaz, Falcone, Baradello, Marazziti.
(Approvato)

  Al comma 213, primo periodo, dopo le parole: contrasto della povertà educativa aggiungere la seguente: minorile.
1. 130. Zampa, Antezza, Bindi.
(Approvato)

Subemendamento all'emendamento 1. 53

  Sostituire le parole: di 10 milioni di euro per l'anno 2016 con le seguenti: di 2 milioni di euro per l'anno 2016 e di 5 milioni di euro a decorrere dal 2017.

  Conseguentemente, sostituire la parte conseguenziale con la seguente:

  alla Tabella A, voce Ministero dell'economia e delle finanze apportare la seguente variazione:
   2016: – 2.000.000;
   2017: – 5.000.000;
   2018: – 5.000.000.
0. 1. 53. 100. La Commissione.
(Approvato)

  Dopo il comma 217, aggiungere il seguente:
  217. 1. Il fondo di cui all'articolo 58, comma 1, del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, è rifinanziato di 10 milioni di euro per l'anno 2016.
  Conseguentemente, alla Tabella A, voce Ministero dell'economia e delle finanze apportare la seguente variazione:
   2016 – 10.000.000.
1. 53. (vedi 1. 24. 34.) Fiorio, Oliverio, Sani, Luciano Agostini, Antezza, Capozzolo, Carra, Cova, Dal Moro, Falcone, Lavagno, Marrocu, Mongiello, Palma, Prina, Romanini, Taricco, Tentori, Terrosi, Venittelli, Zanin, Cariello, Cenni, Gallinella, Gagnarli, Lupo, Massimiliano Bernini, L'Abbate, Parentela, Benedetti, Gadda, Ferrari, Ferro, Fiano.
(Approvato)

  Dopo il comma 222, aggiungere il seguente:
  222-bis. A decorrere dal 1o gennaio 2016 sono in ogni caso escluse dal computo dei redditi per la determinazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159, le pensioni di invalidità e le indennità di accompagnamento.

  Conseguentemente, sopprimere il comma 339.
1. 54. (ex 1. 25. 49.) Rampelli, Giorgia Meloni, Gianluca Pini, Rizzetto, Prodani, Barbanti, Polverini, Brunetta, Binetti, Cozzolino, Abrignani, Pili, Palese, Cera, Nastri, Cirielli.

  Al comma 236-bis, capoverso comma 2-bis, aggiungere, in fine, le parole: nei limiti delle risorse preordinate allo scopo.

  Conseguentemente, al capoverso comma 2-ter, dopo le parole: Per i tributi non sospesi né differiti ai sensi del comma 2, aggiungere le seguenti: nei limiti delle risorse preordinate allo scopo,;
1. 4009. Governo.
(Approvato)

  Al comma 246, sostituire le parole: 300 milioni di euro, con le seguenti: 1.500 milioni di euro.

  Conseguentemente:
   al medesimo comma, sostituire le parole:
74 milioni di euro, con le seguenti: 1000 milioni di euro.
   dopo il comma 246 aggiungere il seguente: 246-bis. Per far fronte agli oneri derivanti dalle disposizioni introdotte dal comma 246, pari a 1.500 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016, si provvede a valere sulle maggiori risorse derivanti da interventi di razionalizzazione e revisione della spesa pubblica. Entro la data del 15 luglio 2016, mediante interventi di razionalizzazione, e di revisione della spesa pubblica, sono approvati, provvedimenti regolamentari e amministrativi che assicurano minori spese pari a 1.500 milioni di euro per l'anno 2016. Entro la data del 15 gennaio 2017, sempre mediante interventi di razionalizzazione e revisione della spesa pubblica, sono approvati provvedimenti normativi che assicurano 1.500 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017. Qualora le misure previste dal precedente periodo non siano adottate o siano adottate per importi inferiori a quelli indicati, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare entro il 15 luglio 2016, per la previsione relativa a quell'anno e entro il 15 gennaio 2017 per la seconda, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia, sono disposte variazioni delle aliquote di imposta e riduzione della misura delle agevolazioni e delle detrazioni vigenti, tali da assicurare maggiori entrate, pari agli importi di cui al precedente periodo.
1. 57. (ex 0. 1. 1. 1. 110.) Vito, Brunetta, Gelmini, Gregorio Fontana, Alberto Giorgetti, Milanato, Prestigiacomo, Polverini, Russo, Occhiuto, Petrenga, Sandra Savino, Giacomoni.

  Dopo il comma 256 aggiungere i seguenti:
  256-bis. Nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi e al fine di rispondere all'esigenza degli operatori del mercato di usufruire di un quadro normativo stabile, conformemente ai principi comunitari, che consenta lo sviluppo e l'innovazione dell'impresa turistico-balneare, come disciplinata dal comma 6, dell'articolo 11 della legge 15 dicembre 2011, n. 217, le concessioni di beni demaniali marittimi in essere alla data del 31 dicembre 2015 sono prorogati di diciannove anni.
  256-ter. Il comma 6, dell'articolo 11 della legge 15 dicembre 2011, n. 217 è sostituito dal seguente: ”6. Si intendono quali imprese turistico-balneari le attività classificate all'articolo 1, comma 1, lettere b), c), d) ed e), del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, che si svolgono su beni del demanio marittimo, ovvero le attività di stabilimento balneare, anche quando le strutture sono ubicate su beni diversi dal demanio marittimo. Al fine di promuovere il rilancio delle attività turistico-balneari e la tutela della concorrenza, non possono essere poste limitazioni di orario o di attività, diverse da quelle applicate agli altri esercizi ubicati nel territorio comunale, per le attività accessorie degli stabilimenti balneari, quali le attività ludico-ricreative, l'esercizio di bar e ristoranti e gli intrattenimenti musicali e danzanti, nel rispetto delle vigenti norme, prescrizioni e autorizzazioni in materia edilizia, urbanistica, igienico-sanitaria e di eliminazione delle barriere architettoniche. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 6, comma 2-quinquies, del decreto-legge 3 agosto 2007, n. 117, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 2007, n. 160, le attività di intrattenimento musicale e di svago danzante ivi previste non sono soggette a limitazioni nel numero degli eventi, nelle modalità di espletamento e nell'utilizzo degli apparati tecnici e impiantistici necessari allo svolgimento delle manifestazioni. Per gli eventi di intrattenimento musicale e danzante si applicano i limiti di rumorosità previsti per le attività a carattere temporaneo stabiliti dalle regioni in attuazione della legge 26 ottobre 1995, n. 447.
  256-quater. Per poter accedere alla proroga di cui al comma 256-bis le imprese turistico-balneari devono svolgere opere di adeguamento edilizio, igienico-sanitario e di eliminazione delle barriere architettoniche nonché di messa in sicurezza delle strutture esistenti o opere di manutenzione straordinaria che consistono in opere e modifiche necessarie per rinnovare e sostituire elementi strutturali degradati. Queste opere devono prevedere un periodo di ammortamento non inferiore ai 18 anni. Con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dell'economia, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, vengono stabilite le modalità di adeguamento del canone in relazione alla proroga della concessione operata dal comma 256-bis. Con il medesimo decreto viene stabilita altresì la modalità di destinazione dei proventi derivanti dal maggior gettito in relazione all'adeguamento del canone, i quali dovranno essere suddivisi nella quota di un terzo a favore dell'entrata del bilancio dello Stato e di due terzi a favore dei comuni sui quali insistono le concessioni, con la finalità di potenziare la sicurezza balneare e alla prevenzione e contrasto dell'abusivismo commerciale e della contraffazione.
  256-quinquies. Le nuove concessioni di beni demaniali marittimi nonché quelle decadute o revocate sono affidate mediante procedure competitive di selezione, nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di garanzia dell'esercizio, dello sviluppo, della valorizzazione delle attività imprenditoriali e di tutela degli investimenti, per un periodo non inferiore a trenta anni e non superiore ai cinquanta, in modo da assicurare un uso rispondente all'interesse pubblico nonché proporzionato all'entità degli investimenti.
  256-sexies. Con il decreto di cui al comma 256-quater vengono stabiliti in caso di revoca della concessione, nei casi previsti dall'articolo 42 del codice della navigazione, i criteri per l'equo indennizzo del concessionario nonché criteri per l'eventuale dichiarazione di decadenza delle concessioni e le modalità per il subingresso in caso di vendita o di affitto delle aziende.
  256-septies. Lo schema di decreto di cui al comma 256-quater è trasmesso al Parlamento per il parere delle commissioni parlamentari competenti per materia nonché per quelle relative ai profili finanziari da esprimere entro 60 giorni dalla trasmissione.
  256-octies. L'articolo 34-duodecies del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 dicembre 2012, n. 221, è abrogato.
1. 58. (ex 1. 27. 29.) Gianluca Pini, Prataviera, Occhiuto.

  Sopprimere il comma 257-bis.
1. 59. Costantino, Zaratti.

  Al comma 257-bis, aggiungere, in fine, le parole: nonché nei comuni e nei municipi sciolti o commissariati ai sensi degli articoli 143 e 146 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
1. 61. Marchi, Melilla, Bindi, Miotto.
(Approvato)

  Al comma 259-bis, sostituire le parole da: cui provvede il commissario straordinario delegato fino alla fine del comma, con le seguenti: cui provvede d'intesa con il titolare della contabilità speciale n. 5458, a valere sulle risorse disponibili della medesima contabilità, il commissario straordinario delegato per il rischio idrogeologico nel Veneto, di cui all'articolo 10 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116;
1. 4010. Governo.
(Approvato)

  Al comma 278-bis, terzo periodo, dopo le parole: risolvere il contratto aggiungere le seguenti: senza che sia dovuto alcun indennizzo come conseguenza della risoluzione del contratto.
1. 62. Minnucci, Melilla, Miotto.
(Approvato)

  Al comma 279, ultimo periodo, dopo le parole: in deroga ai vincoli aggiungere la seguente: assunzionali.
1. 4011. Governo.
(Approvato)

  Al comma 304-octies, primo periodo, dopo le parole: medico e infermieristico aggiungere le seguenti: professionale e tecnico-amministrativo.

  Conseguentemente al medesimo comma, secondo periodo, dopo le parole: medico e infermieristico aggiungere le seguenti: professionale e tecnico-amministrativo.
1. 64. Calabrò, Amato, Miotto.

  Al comma 304-octies, primo periodo, dopo la parola: medico aggiungere le seguenti:, tecnico professionale.

  Conseguentemente al medesimo comma, secondo periodo, dopo la parola: medico aggiungere le seguenti:, tecnico professionale.
1. 64.(Testo modificato nel corso della seduta) Calabrò, Amato, Miotto.
(Approvato)

  Al comma 324-ter, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario standard cui concorre ordinariamente lo Stato è incrementato di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018.
1. 4012. Governo.
(Approvato)

  Al comma 327, dopo il primo periodo, aggiungere i seguenti: Al fine di conseguire quanto previsto al periodo precedente, nonché rendere omogenei gli accordi negoziali, quali pay back, note di credito e scaglioni prezzo/volume dei medicinali innovativi per uso umano che accedono al fondo previsto al comma 593, articolo 1 della legge 23 dicembre 2014 n. 190, il Ministero della salute e il Ministero dell'economia e delle finanze demandano all'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), entro e non oltre 45 giorni dall'approvazione della presente legge, la rinegoziazione degli accordi nonché la predisposizione della clausola del payment by result attraverso la verifica trimestrale dei registri di monitoraggio a disposizione dell'AIFA. Riguardo medicinali innovativi per uso umano Daklinza, Exviera, Harvoni, Sovaldi, Viekirax, Olysio, a far data dalla loro autorizzazione all'immissione in commercio, concorrono tutti insieme al raggiungimento dei 50.000 trattamenti terapeutici per l'eradicazione del virus dell'epatite C su base nazionale. Dal trattamento 50.001 il prezzo deve essere compreso tra i 3.300 e i 4.000 euro IVA esclusa. Tali disposizioni devono contemplare la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dei risultati della rinegoziazione con le aziende farmaceutiche nonché la perdita di tutte le clausole di riservatezza fino ad ora previste.
1. 65. (ex 1. 32-bis. 7.) Grillo, Baroni, Colonnese, Di Vita, Silvia Giordano, Lorefice, Mantero, Caso, Brugnerotto, Cariello, Castelli, D'Incà, Sorial.

  Al comma 330-bis, lettera b), sopprimere le parole:, nonché di prestazioni erogate, da parte degli IRCCS, a favore di cittadini residenti in regioni diverse da quelle di appartenenza ricomprese negli accordi di cui ai successivi commi 330-ter e 330-quater.
1. 4013. Governo.

  Al comma 330-bis, lettera b), aggiungere, in fine, i seguenti periodi: «Le regioni trasmettono trimestralmente ai Ministeri della salute e dell'economia e delle finanze i provvedimenti di propria competenza di compensazione della maggiore spesa sanitaria regionale per i pazienti extraregionali presi in carico dagli IRCCS. Ne danno altresì comunicazione alle regioni di residenza dei medesimi pazienti e al coordinamento regionale per la salute e per gli affari finanziari al fine di permettere, alla fine dell'esercizio, le regolazioni in materia di compensazione della mobilità sanitaria nell'ambito del riparto delle disponibilità finanziarie del SSN. Le regioni pubblicano per ciascun IRCCS su base trimestrale il valore delle prestazioni rese ai pazienti extraregionali di ciascuna regione.
1. 4500. La Commissione.
(Approvato)

  Al comma 330-quater, aggiungere, in fine, le parole: entro il 31 dicembre 2016.
1. 66. Miotto.
(Approvato)

  Al comma 337, aggiungere in fine le seguenti parole: a decorrere dal 1o gennaio 2017.

  Conseguentemente:
   sostituire il comma 337-bis, con il seguente: A decorrere dal 1o gennaio 2017 è istituito un fondo con una dotazione di 5 milioni di euro annui in favore delle regioni a statuto ordinario confinanti con l'Austria e la Svizzera per la riduzione del prezzo alla pompa della benzina e del gasolio per autotrazione nelle aree di confine. Entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sono definite le modalità di ripartizione del fondo tra le regioni interessate;
   dopo il comma 337-bis, aggiungere il seguente:
  337-ter.
Il fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, è ridotto nella misura di 2 milioni di euro nell'anno 2016.

  Alla tabella A, voce Ministero dell'economia e delle finanze, apportare le seguenti variazioni:
   2016: -1.000.000.
1. 5000. La Commissione.
(Approvato)

  Dopo il comma 339-ter, aggiungere il seguente:
  339-quater. Lo stanziamento del Fondo rimpatri, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è incrementato di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018.

  Conseguentemente, al comma 551, aggiungere, in fine, le parole: ivi comprese le variazioni di cui al periodo successivo. Le dotazioni di parte corrente, relative alle autorizzazioni di spesa di cui alla predetta Tabella C sono ridotte in maniera lineare per un importo pari a 20 milioni di euro a decorrere dal 2016.
1. 67. Rampelli, Cirielli, Molteni.

  Dopo il comma 342 aggiungere i seguenti:
  342-bis. Sono istituite, ai sensi dell'articolo 1, comma 340, della legge 24 dicembre 2006, n. 296, zone franche, in via sperimentale e temporanea, per un periodo non inferiore a tre anni, nei territori dei comuni di Trieste, Gorizia, Monfalcone, Cividale del Friuli e Tarvisio, al fine di contrastare la situazione di svantaggio di tali realtà territoriali dovute alla concorrenza di regimi più vantaggiosi, in particolare quelli fiscali che vigono negli Stati confinanti.
  342-ter. Agli oneri derivanti dal comma precedente si provvede mediante l'apposito Fondo istituito dal Ministero dello sviluppo economico, che provvede al finanziamento di programmi di intervento, ai sensi dell'articolo 1, comma 342, della legge 24 dicembre 2006, n. 296.
1. 68. (ex 1. 33. 370.) Prodani, Rizzetto, Mucci, Barbanti, Sandra Savino.

  Al comma 344, sostituire il terzo ed il quarto periodo con i seguenti: All'articolo 15 comma 1 della legge n. 152 del 2001 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «A decorrere dall'esercizio 2016, la vigilanza sull'attività trasmessa in via telematica con gli enti previdenziali si esercita esclusivamente con certificazioni rese dagli enti medesimi. In conseguenza dell'introduzione del sistema semplificato di ispezione di cui al presente comma, effettuata utilizzando le informazioni in possesso degli enti previdenziali trasmessa per via telematica, sono ridotti di 15 milioni di euro annui i relativi stanziamenti destinati alla certificazione dell'attività degli istituti di cui al comma 1 dell'articolo 13 della legge 30 marzo 2001, n. 152.».

  Conseguentemente, al comma 551, aggiungere, in fine, le parole: ivi comprese le variazioni di cui al periodo successivo. Le dotazioni di parte corrente, relative alle autorizzazioni di spesa di cui alla predetta tabella C sono ridotte in maniera lineare per un importo pari a 16 milioni di euro a decorrere dal 2017.
1. 69. (vedi 1. 33. 16.) Vaccaro.

  Dopo il comma 363, aggiungere i seguenti:
  363-bis. Al fine di misurare, riconoscere e colmare gli svantaggi economici e infrastrutturali derivanti dall'insularità della Sardegna lo Stato d'intesa con la regione autonoma della Sardegna finanzia l'articolo 13 della legge costituzionale n. 3 del 26 febbraio 1948 – Statuto speciale per la Sardegna.
  363-ter. Lo Stato su proposta e d'intesa con la regione Sardegna, entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge, predispone un Piano attuativo riequilibrio insulare Sardegna (P.A.R.I.S) che individui parametri oggettivi in grado di misurare il divario insulare e definisca le misure economiche, infrastrutturali, fiscali e sociali per colmare tale divario.
  363-quater. Il piano dovrà contenere misure economiche e fiscali tese ad abbattere in particolar modo:
   a) il divario in materia di trasporti, aerei e marittimi, passeggeri e merci, nei collegamenti da e per la Sardegna;
   b) il divario infrastrutturale da colmare attraverso la realizzazione della Piastra Logistica EuroMediterranea della Sardegna con la connessione viaria e ferroviaria tra i porti e gli aeroporti dell'isola;
   c) il divario economico per le attività produttive legato al costo energetico e ai principali fattori della produzione endogena legati al divario insulare.

  363-quinquies. Nell'ambito dell'attuazione del piano decennale di riequilibrio insulare la Sardegna è riconosciuta per cinque anni, prorogabili, una Zona franca insulare alla Produzione in attuazione delle disposizioni vigenti. A tal fine il Ministro dell'economia e delle finanze entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge emana, d'intesa con la regione Sardegna, un decreto attuativo della Zona franca insulare.
  363-sexies. Nell'ambito dell'attuazione del P.A.R.I.S., l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico predispone direttive tese al riconoscimento di un costo energetico per le industrie energivore pari al minimo costo europeo dell'energia elettrica per tale tipologia di impianti e riconosce in virtù dell'insularità alle centrali elettriche della Sardegna il regime di essenzialità insulare.
  363-septies. A tal fine sono stanziati 200.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018.

  Conseguentemente, dopo il comma 554, aggiungere il seguente:
  554-bis. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze i regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale di cui all'allegato A della nota integrativa al bilancio di previsione relativa alla Tabella 1 dello Stato di previsione delle entrate prevista ai sensi dell'articolo 21, comma 11, lettera a), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, che appaiono, in tutto o in parte, ingiustificati o superati alla luce delle mutate esigenze sociali o economiche ovvero che costituiscono una duplicazione, sono modificati; soppressi o ridotti, a decorrere dall'anno 2016 al fine di assicurare maggiori entrate pari a 200 milioni di euro, a copertura degli oneri derivanti dai commi da 363-bis a 363-septies. Nei casi in cui la disposizione del primo periodo del presente comma non sia suscettibile di diretta e immediata applicazione, con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità tecniche per l'attuazione del presente comma con riferimento ai singoli regimi interessati.
1. 70. (ex 1. 33. 352.) Pili.

  Sostituire il comma 369, con il seguente:
369. Il Fondo per interventi strutturali di politica economica, di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre, 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307, è ridotto di 5,201 milioni di euro per l'anno 2016 ed è incrementato di 39,604 milioni di euro per l'anno 2017, di 90,504 milioni di euro per l'anno 2018, di 177,294 milioni di euro per l'anno 2019, di 180,494 milioni di euro per l'anno 2020, di 177,594 milioni di euro per l'anno 2021, di 186,794 milioni di euro per l'anno 2022, 197,294 milioni di euro per ciascuno degli anni 2023, 2024, 2025 e 2026, di 245,894 milioni di euro per l'anno 2027 e di 226,084 milioni di euro a decorrere dall'anno 2028.

  Conseguentemente, al comma 548-duodevicies, ultimo periodo, sostituire le parole: 110 milioni di euro per l'anno 2016 con le seguenti: 100 milioni di euro per l'anno 2016.
1. 4023. Governo.
(Approvato)

  Al comma 370, sostituire le parole: 10 milioni di euro annui a decorrere dal 2016 con le seguenti: 20 milioni di euro per l'anno 2016 e 10 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017.

  Conseguentemente,

  dopo il comma 545, aggiungere il seguente:
    545-bis. Le maggiori entrate derivanti dal comma 545 sono pari a 12 milioni di euro.
   alla Tabella A, voce Ministero dell'economia e delle finanze, apportare le seguenti variazioni:
  2016:
  CP + 2.000.000; CS + 2.000.000.
  2017:
  CP + 12.000.000; CP + 12.000.000.
  2018:
  CP + 12.000.000; CP + 12.000.000.
1. 4024. Governo.
(Approvato)

  Al comma 371, primo periodo, sostituire le parole da:, con priorità per i percorsi fino a: (Ciclovia VENTO) con le seguenti: così come individuate dalla delibera CIPE, 1 febbraio 2001, nel progetto Bicitalia-Rete ciclabile nazionale, con priorità per i percorsi Verona-Firenze (Ciclovia del Sole), Venezia-Torino (Ciclovia VENTO), Caposele-Leuca (ciclovia dell'Acquedotto Pugliese).
1. 74. De Lorenzis, Nicola Bianchi, Carinelli, Dell'Orco, Liuzzi, Paolo Nicolò Romano, Spessotto, Cariello, L'Abbate.

  Al comma 371, primo periodo, dopo le parole: (Ciclovia VENTO) aggiungere le seguenti:, da Caposele (AV) a Santa Maria di Leuca (LE) attraverso la Campania, la Basilicata e la Puglia (Ciclovia dell'acquedotto pugliese).
1. 75. Capone, Mariano, Ginefra, Vico, Mongiello, Michele Bordo, Cassano, Massa, Grassi, Ventricelli, Losacco, Pelillo, Capozzolo, Antezza.

  Al comma 371, primo periodo, dopo le parole: (Ciclovia VENTO) aggiungere le seguenti:, da Caposele (AV) a Santa Maria di Leuca (LE) attraverso la Campania, la Basilicata e la Puglia (Ciclovia dell'acquedotto pugliese).
*1. 74.(Testo modificato nel corso della seduta) De Lorenzis, Nicola Bianchi, Carinelli, Dell'Orco, Liuzzi, Paolo Nicolò Romano, Spessotto, Palese, Realacci.
(Approvato)

  Al comma 371, primo periodo, dopo le parole: (Ciclovia VENTO) aggiungere le seguenti:, da Caposele (AV) a Santa Maria di Leuca (LE) attraverso la Campania, la Basilicata e la Puglia (Ciclovia dell'acquedotto pugliese).
*1. 75.(Testo modificato nel corso della seduta) Capone, Mariano, Ginefra, Vico, Mongiello, Michele Bordo, Cassano, Massa, Grassi, Ventricelli, Losacco, Pelillo, Realacci, Antezza.
(Approvato)

  Dopo il comma 387, aggiungere il seguente:
  387.1. Il Ministero dell'economia e delle finanze, prima di procedere a qualsiasi iniziativa di alienazione di quote o di aumento di capitale riservato al mercato del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane S.p.a. o di altre società direttamente o indirettamente di proprietà dello Stato, presenta al Parlamento una relazione che evidenzia in modo puntuale l'impatto economico, industriale, occupazionale e sociale derivante dal piano di privatizzazione e contenente, in particolare;
   1) i dati finanziari e industriali degli effetti della alienazione o dell'aumento di capitale sulle società interessate e sul bilancio dello Stato;
   2) la minore spesa per interessi sul debito pubblico che si verrebbe a conseguire qualora le risorse raccolte mediante l'alienazione risultino dedicate alla riduzione di debito pubblico;
   3) i minori dividendi versati al bilancio dello Stato in conseguenza dell'alienazione;
   4) gli effetti dell'alienazione o dell'aumento di capitale riservato al mercato sul piano industriale della società interessata o di altre società dei gruppo al quale la società interessata fa riferimento;
   5) l'impatto sull'assetto proprietario e sulla governance delle società coinvolte nell'alienazione o nell'aumento di capitale riservato al mercato e l'evidenziazione dei connessi rischi di perdita di controllo da parte dello Stato di società direttamente o indirettamente da esso controllate;
   6) l'indicazione delle modalità attraverso le quali utilizzare le risorse raccolte attraverso l'alienazione di quote o attraverso l'aumento di capitale di società direttamente o indirettamente di proprietà dello Stato per finanziare iniziative di sviluppo industriale e occupazionale delle società interessate.
1. 78. (ex 1. 33. 237.) Franco Bordo, Fassina, Marcon, Melilla, Pannarale.

  Dopo il comma 387, aggiungere il seguente:
  387.1. Qualora entro il 31 dicembre 2016 si proceda all'alienazione di quote o di aumento di capitale riservato al mercato del Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane S.p.a. il Ministero dell'economia e delle finanze presenta al Parlamento una relazione che evidenzia in modo puntuale l'impatto economico, industriale e occupazionale derivante dalla privatizzazione nella quale sono indicati in particolare;
   1) i dati finanziari e industriali degli effetti della alienazione o dell'eventuale aumento di capitale sulle società interessate e sul bilancio dello Stato;
   2) la minore spesa per interessi derivante dall'utilizzo per la riduzione del debito pubblico delle risorse incassate dall'alienazione;
   3) i minori dividendi versati al bilancio dello Stato in conseguenza dell'alienazione;
   4) gli effetti dell'alienazione o dell'aumento di capitale riservato al mercato sul piano industriale del gruppo.
1. 78. (ex 1. 33. 237.) (Testo modificato nel corso della seduta) Franco Bordo, Fassina, Marcon, Melilla, Pannarale.
(Approvato)

  Dopo il comma 392, aggiungere il seguente:
  392.1. Dopo il comma 9-bis dell'articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, e successive modificazioni, è aggiunto il seguente:
  «9-ter. Per gli anni 2016, 2017 e 2018, nel saldo finanziario in termini di competenza mista rilevante ai fini della verifica del patto di stabilità interno, non sono considerati, per un importo complessivo di 1,2 miliardi all'anno, gli interventi effettuati da province e comuni in materia di edilizia scolastica».

  Conseguentemente, al comma 551, aggiungere, in fine, le parole: ivi comprese le variazioni di cui al periodo successivo. Le dotazioni di parte corrente, relative alle autorizzazioni di spesa di cui alla predetta tabella C sono ridotte in maniera lineare per un importo pari a 1.200 milioni di euro dal 2016 al 2018.
1. 79. (ex 1. 34. 79.) Matteo Bragantini, Caon, Marcolin, Prataviera.

  Al comma 409, sostituire le parole: «ai sensi dei commi 424, 425 e 426» con le parole: «ai sensi dei commi 424, 425, 426 e 427».
1. 4014. Governo.
(Approvato)

  Al comma 417, aggiungere, in fine, il seguente periodo: La disposizione di cui al primo periodo si applica anche nel caso di mancata trasmissione da parte di ciascun ente locale della relazione di cui al comma 12-quater dell'articolo 142 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285.
1. 81. (ex 1. 35. 69.) Baldelli, Sandra Savino, Giacomoni.

  Al comma 427, dopo il terzo periodo, aggiungere il seguente: Gli spazi finanziari resi disponibili sono prioritariamente attribuiti agli enti che hanno fatto richiesta ed in proporzione all'avanzo di amministrazione libero e destinato agli investimenti, risultante dall'approvazione del rendiconto dell'anno 2015, sempreché tale somma sia inferiore al saldo di cassa positivo risultante al 31 dicembre 2015.
1. 82. (ex *1. 35. 231.) Prataviera, Caon, Matteo Bragantini, Marcolin.

  Sopprimere il comma 429-quater.
1. 83. De Rosa, Mannino, Busto, Daga, Micillo, Terzoni, Zolezzi, Caso, Brugnerotto, Cariello, Castelli, D'Incà, Sorial, Pellegrino, Tripiedi.

  Al comma 429-quater, sopprimere le parole e delle sanzioni previste dal testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
1. 1638. Mannino, De Rosa, Busto, Daga, Micillo, Terzoni, Zolezzi.

  Al comma 429-quater, dopo le parole in materia edilizia, aggiungere le parole: fatta eccezione per le sanzioni di cui all'articolo 31, comma 4-bis.
1. 1638.(Testo modificato nel corso della seduta) Mannino, De Rosa, Busto, Daga, Micillo, Terzoni, Zolezzi.
(Approvato)

  Al comma 439, aggiungere, in fine, le parole: e riservando una quota non inferiore al 5 per cento degli oneri di cui al presente comma a progetti e interventi volti allo sviluppo della mobilità ciclistica, all'estensione delle piste ciclabili, all'integrazione modale bici e trasporto pubblico e collettivo, alla realizzazione di aree di sosta e di parcheggio per biciclette negli edifici scolastici e in quelli adibiti a pubbliche funzioni.
1. 84. (ex 1. 38. 79.) Cristian Iannuzzi.

  Al comma 439-decies, sostituire le parole: 12 milioni con le seguenti: 9 milioni;

  Conseguentemente, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Per l'anno 2016 la dotazione del Fondo di solidarietà comunale di cui al comma 380-ter dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, da ripartire sulla base dei criteri di cui ai punti da 1) a 3) della lettera. B) del medesimo comma 380-ter, è ridotta di 9 milioni di euro.
1. 4015. Governo.
(Approvato)

Subemendamento all'emendamento 1.4016 del Governo

  All'emendamento 1. 4016 del Governo, sostituire la parte principale con la seguente:
  Al comma 440, al primo periodo, sostituire le parole
: 100 milioni con le seguenti: 60 milioni e, al terzo periodo, sostituire le parole: 30 per cento con le seguenti: 66 per cento.

  Conseguentemente:
   alla parte consequenziale relativa al quarto periodo, sostituire le parole:
il fondo è finalizzato con le seguenti: la restante quota del 34 per cento del fondo è finalizzata.
   alla parte consequenziale relativa al quinto periodo, sostituire le parole: il predetto fondo è ripartito con le seguenti: la predetta quota del 34 per cento del fondo di cui al presente comma è ripartita.
0. 1. 4016. 1. Marchi, Cinzia Maria Fontana.
(Approvato)

  Al comma 440, sopprimere il terzo periodo.

  Conseguentemente, al medesimo comma:
   al quarto periodo sostituire le parole
: la restante quota del 70 per cento del fondo è finalizzata con le seguenti: il fondo è finalizzato;
   al quinto periodo sostituire le parole: la predetta quota del 70 per cento del fondo di cui al presente comma è ripartita con le seguenti: il predetto fondo è ripartito;
   sopprimere l'ultimo periodo.
1. 4016. Governo.
(Approvato)

  Al comma 449, sostituire le lettere g), h) e i) con la seguente:
  g) l'articolo 3 è sostituito dal seguente:
  «Art. 3. – (Procedimento). – 1. La domanda di equa riparazione si propone dinanzi alla corte di appello del distretto in cui ha sede il giudice competente ai sensi dell'articolo 11 del codice di procedura penale a giudicare nei procedimenti riguardanti i magistrati nel cui distretto è concluso o estinto relativamente ai gradi di merito ovvero pende il procedimento nel cui ambito la violazione si assume verificata.
  2. La domanda si propone con ricorso depositato nella cancelleria della corte di appello, sottoscritto da un difensore munito di procura speciale e contenente gli elementi di cui all'articolo 125 del codice di procedura civile.
  3. Il ricorso è proposto nei confronti del Ministro della giustizia quando si tratta di procedimenti del giudice ordinario, del Ministro della difesa quando si tratta di procedimenti del giudice Militare. Negli altri casi è proposto nei confronti del Ministro dell'economia e delle finanze.
  4. La corte di appello provvede ai sensi degli articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile. Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione della camera di consiglio, è notificato, a cura del ricorrente, all'amministrazione convenuta, presso l'Avvocatura dello Stato. Tra la data della notificazione e quella della camera di consiglio deve intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni.
  5. Le parti hanno facoltà di richiedere che la corte disponga l'acquisizione in tutto o in parte degli atti e dei documenti del procedimento in cui si assume essersi verificata la violazione di cui all'articolo 2 ed hanno diritto, unitamente ai loro difensori, di essere sentite in camera di consiglio se compaiono. Sono ammessi il deposito di memorie e la produzione di documenti sino a cinque giorni prima della data in cui è fissata la camera di consiglio, ovvero sino al termine che è a tale scopo assegnato dalla corte a seguito di relativa istanza delle parti.
  6. La corte pronuncia, entro quattro mesi dal deposito del ricorso, decreto impugnabile per cassazione. Il decreto è immediatamente esecutivo».
1. 85. (vedi 1. 39. 27.) Colletti, Ferraresi, Agostinelli, Bonafede, Businarolo, Sarti, Caso, Cariello, Castelli, Brugnerotto, D'Incà, Sorial.

  Sopprimere i commi 452-bis e 452-ter.
1. 86. Nicchi, Costantino, Quaranta, Gregori, Pannarale, Ricciatti, Duranti, Daniele Farina, Sannicandro, Marzano, Pellegrino, Civati, Brignone, Andrea Maestri, Pastorino, Martelli, Locatelli.

  Al comma 452-bis, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Per l'istituzione di detto percorso si provvede nell'ambito delle risorse finanziarie, umane e strumentali previste a legislazione vigente.
1. 4017. Governo.
(Approvato)

  Al comma 452-ter, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Ai partecipanti ai predetti gruppi multidisciplinari non è prevista l'erogazione di indennità, gettoni, rimborsi o altri emolumenti.
1. 4018. Governo.
(Approvato)

  Al comma 471-bis, sostituire le parole: utilizzando le somme con le seguenti: utilizzando le risorse a tal fine preordinate al medesimo sito di interesse nazionale «Bussi sul Tirino»,.
1. 4019. Governo.
(Approvato)

  Al comma 471-ter, primo periodo, sostituire le parole: pubblici a tempo determinato con le seguenti: pubblici a tempo indeterminato;

  Conseguentemente, al medesimo comma, al secondo periodo, sopprimere le parole: al fine di dare vita ad apposito ruolo tecnico del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
1. 4020. Governo.
(Approvato)

  Al comma 489, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Il divieto di assunzione di personale di cui al comma 2 dell'articolo 41 del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, limitatamente alle sanzioni erogate nei precedenti anni, non si applica ai soggetti che allo stato risultano essere vincitori di concorso.
1. 87. (ex 1. 42. 44.) Barbanti, Prodani, Mucci, Rizzetto.

  Dopo il comma 490, aggiungere il seguente:
  490-bis. Il 30 per cento delle risorse del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e successive modificazioni ed integrazioni è riservato agli interventi in controgaranzia del Fondo.
1. 88. (ex *1. 42. 18.) Galgano, Librandi.

  Dopo il comma 491 aggiungere i seguenti:
  491.1. È istituito nello stato previsionale del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo gestito dallo stesso Ministero, denominato «Fondo Sociale per la Città di Taranto», con una dotazione finanziaria di 40 milioni di euro per l'anno 2016, la cui durata è strettamente legata agli anni di commissariamento Ilva.

  491.1.1. Finalità del fondo:
   a) defiscalizzazione nuove attività imprenditoriali legate alla green economy;
   b) sussidi economici ai lavoratori dipendenti Ilva in cassa integrazione, e ai lavoratori dell'indotto;
   c) destinazione di risorse agli imprenditori e lavoratori del settore primario le cui attività sono state penalizzate dall'inquinamento.

  491.1.1. Il Ministro dell'economia e delle finanze definisce con proprio decreto, da emanarsi, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le modalità per l'accesso al fondo di cui al comma 491.1.
  Conseguentemente, al comma 551 aggiungere, in fine, le parole:, ivi comprese le variazioni di cui al periodo successivo. Le dotazioni di parte corrente relative alle autorizzazioni di spesa di cui alla predetta Tabella C sono ridotte in maniera lineare per un importo pari a 40 milioni di euro per il 2016.
1. 89. (ex 1. 42. 60.) Labriola.

  Sostituire i commi da 491-bis a 491-quaterdecies con i seguenti:
  491-bis. Al fine di conseguire gli obiettivi di rafforzamento patrimoniale di Cassa di risparmio di Ferrara S.p.A., di Banca delle Marche S.p.A., di Banca popolare dell'Etruria e del Lazio – Società cooperativa e di Cassa di risparmio di Chieti S.p.A., (di seguito «Banche»), il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (di seguito «Fondo»), su specifica richiesta delle Banche provvede a sottoscrivere, fino al 1o gennaio 2017, strumenti finanziari computabili nel patrimonio di vigilanza fino al valore della riduzione del capitale rappresentato da azioni, anche non computate nel capitale regolamentare, e del valore degli elementi di classe 2 computabili nei fondi propri, a seguito dell'avvio della procedura di risoluzione, fatta eccezione degli investitori istituzionali. Gli strumenti finanziari hanno una durata massima di 5 anni.
  491-ter. Il Ministero dell'economia e delle finanza (di seguito «Ministero»), ai sensi degli articoli 70 e seguenti del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni ed integrazioni, dispone un nuovo commissariamento individuando, con decreto, i commissari straordinari.
  491-quater. La sottoscrizione degli strumenti finanziari è consentita solo dopo la predisposizione di un piano di ristrutturazione da parte dei commissari straordinari sottoposto alla valutazione ed approvazione del Ministero e del Fondo. Per il tempo necessario all'attuazione del Piano di ristrutturazione le Banche non possono acquisire, direttamente o indirettamente, nuove partecipazioni in banche, in intermediari finanziari e in imprese di assicurazione e di riassicurazione.
  491-quinquies. Le Banche non possono distribuire bonus monetari e stock options agli organi di amministrazione e controllo, al direttore generale ed agli alti dirigenti, nonché non possono prevedere meccanismi di remunerazione ed incentivazione a favore del personale dipendente e dei promotori finanziari delle Banche. In caso di inosservanza delle disposizioni di cui al presente comma si applica al beneficiario del premio o della somma una sanzione amministrativa pecuniaria pari al valore complessivo del premio o della somma ricevuta che verrà versata al Fondo.
  491-sexies. A decorrere dalla data di sottoscrizione degli strumenti finanziari le Banche non possono deliberare o effettuare distribuzione di dividendi ordinari o straordinari.
  491-septies. Le Banche corrispondono un interesse sugli strumenti finanziari pari al 3 per cento annuo pagato in forma monetaria.
  491-octies. Alla scadenza contrattuale degli strumenti finanziari la mancata corresponsione del capitale ovvero degli interessi maturati ne determina la conversione in azioni ordinarie di nuova emissione.
  491-novies. Nell'ipotesi di incapienza del Fondo le banche aventi sede legale in Italia e le succursali italiane di banche comunitarie ed extracomunitarie versano contributi addizionali al medesimo Fondo entro il limite del valore degli strumenti finanziari di cui al comma 491-bis. In caso di inadempimento si applica una sanzione pari al doppio del contributo da versare ai sensi delle disposizioni di cui al presente comma che verrà integralmente versata al medesimo Fondo.
  491-decies. La Banca d'Italia ed il Fondo entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge provvedono ad apportare le dovute modifiche allo Statuto del Fondo ed a ricevere l'autorizzazione dalla Banca centrale europea al fine di attuare le disposizioni di cui al precedente comma.
  491-undecies. Le Banche hanno la facoltà di rimborso o riscatto, a condizione che l'esercizio della facoltà di rimborso o riscatto sia autorizzato dal Ministero avendo riguardo alle condizioni finanziarie e di solvibilità delle Banche.
  491-duodecies. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le disposizioni di attuazione dei commi da 491-bis a 491-quaterdecies.
  491-terdecies. Il decreto legge 22 novembre 2015, n. 183 è abrogato. Sono nulli gli atti e i provvedimenti adottati e sono nulli gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base del medesimo decreto legge n. 183 del 2015.
  491-quaterdecies. Al comma 3, dell'articolo 4, del decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, convertito legge, con modificazioni, dalla legge 29 gennaio 2014, n. 5, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) le parole «6 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «3 per cento»;
   b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Una quota di dividendi annuali, a valere sugli utili netti, per un importo non superiore al 3 per cento del capitale è destinato al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi fino a concorrenza del valore degli strumenti finanziari di cui al comma 491-bis».

  491-quaterdecies.1. Le disposizioni di cui all'articolo 35, comma 3, del decreto legislativo n. 180 del 2015 non si applicano per Cassa di risparmio di Ferrara S.p.A., di Banca delle Marche S.p.A., di Banca popolare dell'Etruria e del Lazio – Società cooperativa e di Cassa di risparmio di Chieti S.p.A.
1. 90. Villarosa, Pesco, Alberti, Ruocco, Pisano, Fico, Agostinelli, Cecconi, Terzoni, Castelli, Caso, D'Incà, Brugnerotto, Cariello, Sorial.

  Dopo il comma 491-bis, aggiungere il seguente:
  491-bis.1. I soggetti che hanno subito la riduzione del valore nominale degli elementi di classe 2 computabili nei fondi propri, di Cassa di risparmio di Ferrara S.p.A., di Banca delle Marche S.p.A., di Banca popolare dell'Etruria e del Lazio – Società cooperativa e di Cassa di risparmio di Chieti S.p.A., a seguito dell'avvio della procedura di risoluzione, fatta eccezione degli investitori istituzionali, hanno diritto di ricevere un indennizzo, pari al valore complessivo della riduzione, il cui onere è a carico del Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi. Nell'ipotesi di incapienza del Fondo le banche aventi sede legale in Italia e le succursali italiane di banche comunitarie ed extracomunitarie versano contributi addizionali al medesimo Fondo entro il limite complessivo pari al valore nominale dei suddetti elementi di classe 2. In caso di inadempimento si applica una sanzione pari al doppio del contributo da versare ai sensi delle disposizioni di cui al presente comma che verrà versata al medesimo Fondo. La Banca d'Italia ed il Fondo entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge provvedono ad apportare le dovute modifiche allo Statuto del Fondo ed a ricevere l'autorizzazione dalla Banca centrale europea al fine di attuare le disposizioni di cui al presente comma.
1. 91. Pesco, Alberti, Villarosa, Ruocco, Pisano, Fico, Agostinelli, Cecconi, Terzoni, Castelli, Caso, D'Incà, Brugnerotto, Cariello, Sorial, Giorgia Meloni.

  Dopo il comma 491-quinquies aggiungere il seguente:
  491-quinquies.1. All'articolo 35 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, il comma 3 è sostituito dal seguente:
  «3. È fatto obbligo ai commissari speciali di esercitare l'azione sociale di responsabilità e quella dei creditori sociali contro i membri degli organi amministrativi e di controllo e il direttore generale, l'azione contro il soggetto incaricato della revisione legale dei conti, nonché l'azione del creditore sociale contro la società o l'ente che esercita l'attività di direzione e coordinamento. In mancanza di loro nomina, l'esercizio dell'azione spetta al soggetto a tal fine designato dalla Banca d'Italia».

1. 92. Paglia, Scotto, Marcon, Melilla.

  Al comma 491-sexiesdecies, primo periodo, sostituire le parole da:, sulla base delle esigenze finanziarie fino alla fine del comma con le seguenti: dal Fondo interbancario di tutela dei depositi e dalle plusvalenze derivanti dalla cessione di azioni, partecipazioni, diritti, nonché attività e passività delle banche in risoluzione, fino al completo ristoro degli obbligazionisti subordinati.

  Conseguentemente:
  sostituire il comma 491-
undevicies, con il seguente:
  491-undevicies. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sono stabiliti i requisiti per la nomina degli arbitri presso collegi arbitrali già esistenti, per lo più situati presso le Camere di commercio.

  dopo il comma 491-vicies semel, aggiungere i seguenti:
  491-vicies bis. In alternativa alle procedure giudiziali ed extragiudiziali previste dalle presenti disposizioni speciali, gli investitori di cui al comma 491-bis possono richiedere, in ragione del credito vantato nei confronti delle banche in risoluzione, l'emissione di warrant che diano diritto alla sottoscrizione delle azioni degli enti-ponte di cui al medesimo comma 491-bis.
  491-vicies ter: Gli amministratori delle banche sottoposte a procedura di risoluzione sono oggetto di misure di natura cautelare e conservativa oltre che per iniziativa degli investitori anche di ufficio da parte della Banca d'Italia e della Consob. I provvedimenti cautelari e conservativi di cui sopra possono riguardare anche quei beni che gli amministratori delle banche in risoluzione, nello svolgimento del mandato gestionale, hanno estraniato dalla propria disponibilità ma di cui risultano essere titolari anche per interposta persona fisica o giuridica. Gli amministratori delle banche in risoluzione non possono più ricoprire incarichi della medesima natura all'interno di banche ed intermediari finanziari.
1. 93. Brunetta, Alberto Giorgetti, Milanato, Prestigiacomo, Bergamini, Polverini, Occhiuto, Rampelli, Sandra Savino, Giacomoni.

  Al comma 491-sexiesdecies, dopo il primo periodo, aggiungere il seguente: Per l'anno 2016 una quota di 300.000.000 di euro degli utili netti di cui al comma 3 dell'articolo 4 del decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, convertito con modificazioni dalle legge 29 gennaio 2014, n. 5, è destinato al Fondo di cui al comma 491-quinquiesdecies.
1. 94. (vedi 0. 1. 42. 75. 52.) Pastorino, Baldassarre, Artini, Bechis, Matarrelli, Segoni, Turco, Brignone, Civati, Andrea Maestri.

  Sostituire il comma 491-vicies con il seguente:
  
491-vicies. Si fa salvo il diritto al risarcimento del danno come disciplinato dal codice civile e relativamente al diritto del risarcimento del danno contrattuale ed extracontrattuale degli obbligazionisti subordinati non si applicano le disposizioni del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180, una deroga al codice civile. Il Fondo di solidarietà è surrogato nel diritto dell'investitore al risarcimento del danno, salvo i casi di responsabilità personale dei dirigenti e dei funzionari in merito alla mancata osservanza degli obblighi previsti dall'articolo 21 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. Tutti coloro che hanno subito una diminuzione o una riduzione di capitale degli strumenti finanziari emessi dalle banche in risoluzione possono comunque promuovere un'azione di classe ai fini del risarcimento del danno secondo le modalità e i principi stabiliti dall'articolo 140-bis del codice del consumo di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206. Resta salva altresì l'applicazione dell'articolo 35, comma 3, del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180.
1. 95. Guidesi, Busin, Fedriga.

  Dopo il comma 491-vicies semel, aggiungere il seguente:
  491-vicies bis. In alternativa alle procedure giudiziali ed extragiudiziali previste dalle presenti disposizioni speciali, gli investitori di cui al comma 491-bis possono richiedere, in ragione del credito vantato nei confronti delle banche in risoluzione, l'emissione di warrant che diano diritto alla sottoscrizione delle azioni degli enti-ponte di cui al medesimo comma 491-bis.
1. 96. Paglia, Scotto, Melilla, Marcon.

  Dopo il comma 491-vicies semel, aggiungere il seguente:
  491-vicies bis. Allo scopo di prevenire situazioni pregiudizievoli a danno dei risparmiatori e degli investitori in situazioni analoghe a quelle verificatesi in relazione alle banche indicate al comma 491-bis, e al fine di assicurare la massima trasparenza, l'articolo 114 del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, si applica anche ai casi disciplinati dal decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180.
1. 97. (ex 0. 1. 42. 75. 2.) Brunetta, Alberto Giorgetti, Prestigiacomo, Milanato, Polverini, Occhiuto, Rampelli, Sandra Savino, Giacomoni.

  Dopo il comma 491-vicies semel, aggiungere il seguente:
  491-vicies bis. Con uno o più decreti del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con la Banca d'Italia e la CONSOB, da emanare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è vietata la vendita di obbligazioni subordinate, di strumenti finanziari derivati e di qualsiasi altro titolo rischioso agli investitori non istituzionali. Gli schemi dei decreti sono trasmessi entro 30 giorni, dalla data di entrata in vigore della presente legge alle Camere, affinché le Commissioni competenti, esprimano un parere vincolante entro 20 giorni dalla data di trasmissione.
1. 98. (ex 0. 1. 42. 75. 11.) Busin.

  Dopo il comma 496, aggiungere il seguente:
  496.1. La dotazione annuale complessiva del Fondo nazionale per il concorso finanziario dello Stato agli oneri del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle Regioni a statuto ordinario, di cui all'articolo 16-bis del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, è incrementata a decorrere dall'anno 2016 di 74 milioni euro.

  Conseguentemente, al comma 551, aggiungere, in fine, le parole: ivi comprese le variazioni di cui al periodo successivo. Le dotazioni in conto corrente, relative alle autorizzazioni di spesa di cui alla predetta Tabella C sono ridotte in maniera lineare per un importo pari a 74 milioni di euro a decorrere dal 2016.
1. 99. (vedi 1. 43. 17.) Gregorio Fontana, Sandra Savino, Giacomoni.

  Al comma 496-quinquies, sostituire le parole: in gestione diretta e in convenzione con l'ANAS con le seguenti: in gestione diretta di ANAS.
1. 4021. Governo.
(Approvato)

  Dopo il comma 499 aggiungere il seguente:
  499.1. A decorrere dal 1o gennaio 2016, sulle somme dovute per somministrazioni, forniture, appalti e prestazioni professionali, risultanti da fatture emesse dal 1o gennaio 2016, la certificazione di cui all'articolo 9, comma 3-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, è estesa anche agli interessi maturati sino alla data in cui è emessa la certificazione.

  Conseguentemente al comma 551, aggiungere, infine, le parole:, ivi comprese le variazioni di cui al periodo successivo. Le dotazioni di parte corrente, relative alle autorizzazioni di spesa di cui alla predetta Tabella C sono ridotte in maniera lineare per un importo pari a 300 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2016-2018.
1. 100. (ex 1. 44. 33.) Ruocco, Castelli, Caso, Brugnerotto, Cariello, D'Incà, Sorial.

  Sostituire il comma 499-novies con il seguente:
  499-novies. Una quota non inferiore al 20 per cento delle risorse disponibili del fondo di garanzia di cui all'articolo 2, comma 100, lettera a), della legge 23 dicembre 1996, n. 662, è riservata alle imprese localizzate nelle regioni di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna;

  Conseguentemente, sopprimere il comma 499-decies.
1. 4025. Governo.
(Approvato)

  Dopo il comma 515, aggiungere il seguente:
  515.1. Al fine di sostenere il settore lattiero caseario, la dotazione del fondo per la distribuzione di derrate alimentari alle persone indigenti di cui all'articolo 58 del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, è incrementata di 30 milioni di euro per l'anno 2016 da destinare all'acquisto di formaggi italiani DOP ed IGP.

  Conseguentemente, dopo il comma 544, aggiungere il seguente:
  544-bis. Per l'anno 2016 è istituita una imposta di bollo sui trasferimenti di denaro o moneta all'estero attraverso istituti bancari, agenzie di trasferimento money transfer ed altri agenti in attività finanziaria. L'imposta è dovuta in misura pari allo 0,6 per cento dell'importo trasferito con ogni singola operazione. L'intermediario bancario o finanziario che esegue il trasferimento opera una ritenuta a titolo d'imposta, con obbligo di rivalsa sui soggetti che trasferiscono denaro, all'atto della singola operazione di trasferimento.
1. 101. (ex 1. 47. 54.) Gallinella, Benedetti, Massimiliano Bernini, Gagnarli, L'Abbate, Lupo, Parentela, Caso, Brugnerotto, Cariello, Castelli, D'Incà, Sorial.

  Al comma 516, terzo periodo, sostituire le parole: presente comma con le seguenti: precedente periodo.
1. 4022. Governo.
(Approvato)

  Dopo il comma 535 aggiungere il seguente:
  535-bis. Al comma 133 dell'articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190, il secondo periodo è sostituito dal seguente: «Una quota delle risorse di cui al primo periodo, nel limite di 1 milione di euro per ciascuno degli anni 2015, 2016 e 2017, è destinata a progetti sperimentali nel campo del recupero delle dipendenze in particolare delle dipendenze «sine materia», ivi compresa la ludopatia, nonché all'adozione di una campagna di comunicazione pubblica televisiva volta a sensibilizzare i cittadini sui problemi derivanti dal gioco patologico, prevedendo altresì che la trasmissione dei relativi spot sia effettuata immediatamente dopo quella degli spot del gioco online.».
1. 104. (ex 1. 48. 17.) Binetti, Palese.

  Al comma 548-bis, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Un quinto dell'importo della suddetta dotazione finanziaria è destinato al rafforzamento della formazione del personale dei dipartimenti e delle sezioni della polizia postale, nonché all'aggiornamento della tecnologia dei macchinari e delle postazioni informatiche.

  Conseguentemente, al comma 548-ter, primo periodo, sopprimere le parole: in via prioritaria.
1. 2146. (ex 0. 1. 1. 1. 75.) Lombardi, Nesci, Dieni, Nuti, Cecconi, Cozzolino, Dadone, D'Ambrosio, Toninelli, Castelli, Caso, Sorial, D'Incà, Brugnerotto, Colonnese.

  Al comma 548-bis, dopo il primo periodo aggiungere il seguente: Un decimo della dotazione finanziaria del fondo di cui al presente comma è destinato al rafforzamento della formazione del personale del servizio polizia postale e delle comunicazioni, nonché all'aggiornamento della tecnologia dei macchinari e delle postazioni informatiche.
1. 2146.(Testo modificato nel corso della seduta) (ex 0. 1. 1. 1. 75.) Lombardi, Nesci, Dieni, Nuti, Cecconi, Cozzolino, Dadone, D'Ambrosio, Toninelli, Castelli, Caso, Sorial, D'Incà, Brugnerotto, Colonnese.
(Approvato)

  Al comma 548-quater, primo periodo, sostituire le parole: 50 milioni con le seguenti: 100 milioni.

  Conseguentemente, al comma 551, aggiungere, in fine, le parole: ivi comprese le variazioni di cui al periodo successivo. Le dotazioni in conto corrente, relative alle autorizzazioni di spesa di cui alla predetta Tabella C sono ridotte in maniera lineare per un importo pari a 50 milioni di euro per l'anno 2016.
1. 71. Rampelli, Cirielli.

  Al comma 548-quater, dopo il primo periodo aggiungere il seguente: Per il rinnovo e l'adeguamento della dotazione di giubbotti antiproiettile della polizia di Stato, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per il 2016.

   Conseguentemente, al comma 551 aggiungere, in fine, le parole: ivi comprese le variazioni di cui al periodo successivo. Le dotazioni di parte corrente, relative alle autorizzazioni di spesa di cui alla predetta Tabella C sono ridotte in maniera lineare per un importo pari a 10 milioni di euro per l'anno 2016.
1. 2154. Nuti, Lombardi, Cozzolino, Cecconi, Dadone, D'Ambrosio, Dieni, Toninelli, Nesci, Luigi Di Maio, Caso, Castelli, Brugnerotto, Cariello, D'Incà, Sorial.

  Al comma 548-quater, dopo il primo periodo aggiungere il seguente: Per il rinnovo e l'adeguamento della dotazione di giubbotti antiproiettile della polizia di Stato, è autorizzata la spesa di 10 milioni di euro per il 2016.

   Conseguentemente, dopo il comma 548-quater, aggiungere il seguente:
  548-quater.1 Alla copertura degli oneri derivanti dal comma 548-quater, pari a 10 milioni di euro per l'anno 2016, si provvede mediante corrispondente riduzione del fondo di cui all'articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
1. 2154.(Testo modificato nel corso della seduta) Nuti, Lombardi, Cozzolino, Cecconi, Dadone, D'Ambrosio, Dieni, Toninelli, Nesci, Luigi Di Maio, Caso, Castelli, Brugnerotto, Cariello, D'Incà, Sorial.

  Al comma 548-sexies, aggiungere, in fine, le seguenti parole:; le forze speciali di cui al presente comma sono definite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da emanarsi entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
1. 106. (ex 0. 1. 1. 1. 92.) Tofalo, Frusone, Caso, Castelli, Sorial, D'Incà, Brugnerotto, Cariello.

  Al comma 548-septies, primo periodo, sostituire le parole: 960 euro su base annua con le seguenti: 1.360 euro su base annua, a titolo di ristoro del potere d'acquisto perduto nel corso della recessione economica internazionale.

  Conseguentemente, al comma 551, aggiungere, in fine, le parole: ivi comprese le variazioni di cui al periodo successivo. Le dotazioni in conto corrente, relative alle autorizzazioni di spesa di cui alla predetta Tabella C sono ridotte in maniera lineare per un importo pari a 400 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018.
1. 107. Molteni.

  Al comma 548-septies, quarto periodo, sostituire le parole: è autorizzata la spesa di 500 milioni di euro per l'anno 2016 con le seguenti: è autorizzata la spesa di 510,5 milioni di euro per l'anno 2016.
1. 4026. Governo.
(Approvato)

  Dopo il comma 548-septies, aggiungere i seguenti:
  548-septies.1. Per garantire gli standard operativi e i livelli di efficienza ed efficacia del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, la dotazione organica della qualifica di vigile del fuoco del predetto Corpo è incrementata di 814 unità. Conseguentemente la dotazione organica del ruolo dei vigili del fuoco di cui alla tabella A allegata al decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217, e successive modificazioni, è incrementata di 700 unità.
  548-septies.2. Per la copertura dei posti portati in aumento nella qualifica di vigile del fuoco ai sensi del comma 246-bis, è autorizzata l'assunzione di un corrispondente numero di unità mediante il ricorso, in parti uguali, alle graduatorie di cui all'articolo 8 del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125.
  548-septies.3. Gli oneri derivanti dalle disposizioni di cui ai commi 246-bis e 246-ter sono determinati nel limite della misura massima complessiva di euro 27 milioni per ciascuno degli anni 2016, 2017, 2018.

  Conseguentemente, al comma 551 aggiungere, in fine, le seguenti parole: , ivi comprese le variazioni di cui al periodo successivo. Le dotazioni relative alle autorizzazioni di spesa di cui alla predetta Tabella C sono ridotte in maniera lineare per un importo pari a euro 27 milioni di euro annui per il triennio 2016-2018.
1. 2145. (ex 27. 204) Furnari, Labriola.

  Sostituire il comma 548-terdecies con il seguente:
  
548-terdecies. Al fine di aumentare il numero di studenti che si iscrivono a corsi universitari e di sostenere l'accesso agli studi avanzati degli studenti capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, a partire dal 2016, 290 milioni annui sono attribuiti alla Fondazione per il merito di cui all'articolo 9 del decreto-legge 14 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, e confluiscono nel fondo per il merito di cui all'articolo 4 della legge 30 dicembre 2010, n. 240. La Fondazione destina prioritariamente, nell'ambito delle risorse a disposizione, una cifra pari almeno a 500 euro annui come contributo di studio a quanti si iscrivono a corsi universitari negli atenei italiani. I criteri di attribuzione del fondo sono stabiliti con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze.

  Conseguentemente, al comma 548-quaterdecies, sostituire le parole: Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con le seguenti: Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
1. 108. (vedi 1. 17. 27.) Gelmini, Brunetta, Alberto Giorgetti, Milanato, Prestigiacomo, Sandra Savino, Giacomoni.

  Al comma 548-terdecies, primo periodo, sostituire le parole: i quali compiono diciotto anni di età nell'anno 2016 con le seguenti: che abbiano un'età compresa tra i 18 e i 20 anni nell'anno 2016 e che presentino un Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE), relativo al proprio nucleo familiare, inferiore a 15.000 euro.

  Conseguentemente:
   al medesimo comma, secondo periodo, dopo le parole:
essere utilizzata aggiungere le seguenti: per il pagamento delle tasse universitarie,;
   al comma 548-quaterdecies, aggiungere, in fine, il seguente periodo: Eventuali risparmi di spesa derivanti dalla parziale utilizzazione delle risorse di cui al periodo precedente sono destinati al Fondo integrativo statale per la concessione delle borse di studio iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
1. 109. Luigi Gallo, Sibilia, Vacca, D'Uva, Simone Valente, Marzana, Brescia, Di Benedetto, Caso, Castelli, Sorial, D'Incà, Brugnerotto, Cariello.

  Al comma 548-terdecies, ultimo periodo, aggiungere, in fine, le parole: fermo restando che l'attribuzione della Carta avviene su espressa richiesta dell'avente diritto, mediante presentazione di apposita istanza contenente anche l'assunzione dell'impegno di svolgimento nel corso del 2016 di almeno una giornata intera di servizio volontario e non retribuito presso una Onlus o un ente territoriale.
1. 110. (ex 0. 1. 1. 1. 8.) Librandi, Palladino, Monchiero, Mazziotti Di Celso, Catalano.

TABELLA A

   Alla Tabella A, voce Ministero dell'economia e delle finanze, apportare le seguenti variazioni:
   2016: – 6.000.000;
   2017: – 6.000.000;
   2018: – 6.000.000.

   Conseguentemente, alla Tabella C, missione: Diritti sociali, politiche sociali e famiglia, programma: Promozione e garanzia dei diritti e delle pari opportunità, voce: Ministero dell'economia e delle finanze, decreto-legge n. 93 del 2013, articolo 5-bis, comma 1: Incremento del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità al fine dell'assistenza ed al sostegno delle donne vittime di violenza: (17.4 – cap. 2108/P), apportare le seguenti variazioni:
  2016:
   CP: + 6.000.000;
   CS: + 6.000.000.

  2017:
   CP: + 6.000.000;
   CS: + 6.000.000.

  2018:
   CP: + 6.000.000;
   CS: + 6.000.000.
Tab. A. 1. (ex 1. Tab. C. 7.) Galgano, Librandi, Rossomando, Dorina Bianchi, Milanato, Locatelli, Spadoni, Carfagna, Nicchi, Saltamartini.

  Alla Tabella A, voce Ministero dell'economia e delle finanze, apportare le seguenti variazioni:
   2016: – 184.976;
   2017: – 184.434;
   2018: – 184.434;

  Conseguentemente, alla Tabella D, missione L'Italia in Europa e nel Mondo, programma Coordinamento dell'amministrazione in ambito internazionale, voce: Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, decreto-legge n. 209 del 2008, articolo 1, comma 4, «Potenziamento di analisi e documentazione» (1.10 – cap. 1157), apportare le seguenti variazioni:
   2016:
    CP: + 184.976;
    CS: + 184.976.
   2017:
    CP: + 184.434;
    CS: + 184.434.
   2018:
    CP: + 184.434;
    CS: + 184.434.
Tab. A. 2. (ex *1. Tab. D. 5. e ex *1. Tab. D. 6.) Fedi, Garavini.
(Approvato)

TABELLA B

  Alla tabella B, sostituire le seguenti voci:

2016 2017 2018
MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE 173.500.000  252.100.000  268.100.000 
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI
TRASPORTI
 –   –   – 
TOTALE ACCANTONAMENTI PER NUOVE
O MAGGIORI SPESE O RIDUZIONI DI ENTRATE
295.006.000  375.268.000  401.268.000 

Tab. B. 100. Il Governo.
(Approvato)

TABELLA C

  Alla Tabella C, Missione – Commercio internazionale ed internalizzazione del sistema produttivo, Programma – Sostegno all'internazionalizzazione delle imprese e promozione del made in Italy del Ministero dello sviluppo economico – legge n. 549 del 1995, articolo 1, comma 43: contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi (4.2-Cap.2501/p), apportare le seguenti modificazioni:
  2016:
   CP: – 2.500.000;
   CS: – 2.500.000.
Tab. C. 100. Il Governo.
(Approvato)

TABELLA E

Subemendamenti all'emendamento TAB. E. 100 del Governo

  All'emendamento Tab. E. 100 sopprimere la seguente voce: Sistemi stradali, autostradali ed intermodali – Infrastrutture e trasporti legge n. 662 del 1996 art. 2 comma 88: completamento del raddoppio dell'autostrada A8 Torino-Savona (Set. 16) interventi per la viabilità ordinaria, speciale e di grande comunicazione (1.2 – cap. 7483).
0. Tab. E. 100. 1. Guidesi, Simonetti, Saltamartini.

  All'emendamento Tab. E. 100 sopprimere la seguente voce: Art. 32 comma 1 punto 5: accessibilità alla Valtellina: SS 38 Io lotto – variante di Morbegno IIo stralcio dallo svincolo di Corsio allo svincolo del Tartano (Set. 11) interventi nel settore dei trasporti (1.2 – cap. 7519).
0. Tab. E. 100. 2. Guidesi, Simonetti, Saltamartini, Giancarlo Giorgetti, Grimoldi.

  Alla lettera d), capoverso Sistemi stradali, autostradali e intermodali, Infrastrutture e trasporti, sopprimere la voce: «Decreto-legge n. 69 del 2013, articolo 18, comma 2, punto 6: somme da assegnare all'ANAS per l'asse di collegamento tra la SS 640 e la A19 Agrigento-Caltanissetta (set. 11) interventi nel settore dei trasporti (1.2 – cap. 7519».

  Conseguentemente, alla tabella E, Missione L'Italia in Europa e nel mondo, Programma Partecipazione italiana alla politica di bilancio in ambito UE voce Ministero dell'economia e delle finanze legge n. 228 del 2012, articolo 1, comma 170, apportare le seguenti variazioni:
  Rimodulazione:
   2016:
   CP – 76.558.497;
   CS: – 76.558.497.
0. Tab. E. 100. 3. Prestigiacomo, Occhiuto.

  Alla Tabella E, apportare le seguenti modificazioni:
   a) sostituire le seguenti voci e i relativi importi come segue:

2016   2017   2018   2019
e
successivi
anno
ter.
l.imp
Rapporti finanziari con Enti territoriali
  ECONOMIA E FINANZE
  Decreto-legge n. 148 del 1993 art. 3: interventi nei settori della manutenzione idraulica e forestale (Set. 19) difesa del suolo e tutela ambientale (2.5 – cap. 7499)
Legislazione vigente  cp 140.000.000 
 cs 140.000.000 
Riduzione  cp -30.000.000 
 cs -30.000.000 
Rifinanziamento  cp 20.000.000 
 cs 20.000.000 
Rimodulazione  cp -
 cs -
Legge di Stabilità  cp 130.000.000 
 cs 130.000.000 
2016   2017   2018   2019
e
successivi
anno
ter.
lim.
imp.
Politica economica e finanziaria
in ambito internazionale

  ECONOMIA E FINANZE
  Legge di stabilità n. 228 del 2012 art. 1 comma 170: banche e fondi (Set. 27) interventi diversi (3.2 – cap. 7175)
Legislazione vigente  cp 295.000.000  295.000.000  295.000.000  1.180.000.000 2042
 cs 140.000.000  295.000.000  295.000.000  1.180.000.000
Riduzione  cp -
 cs -
Rifinanziamento  cp - 30.000.000 60.000.000 1.390.000.000
 cs - 30.000.000 60.000.000 1.390.000.000
Rimodulazione  cp - - - -
 cs - - - -
Legge di Stabilità  cp 295.000.000  325.000.000  355.000.000  2.570.000.000
 cs 295.000.000  325.000.000  355.000.000  2.570.000.000

   b) aggiungere la seguente voce:

2016   2017   2018   2019
e
successivi
anno
ter.
lim.
imp.
Sistemi stradali, autostradali ed intermodali
  INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
  Legge di stabilità n. 147 del 2013 art. 1 comma 68: Anas (Set. 11) interventi nel settore dei trasporti (1.2 – cap. 7002)
Legislazione vigente  cp -
 cs -
Riduzione  cp -
 cs -
Rifinanziamento  cp 2.030.195.080 2.043.616.693 2.006.836.452 4.114.167.002 2024 3
 cs 2.030.195.080 2.043.616.693 2.006.836.452 4.114.167.002
Rimodulazione  cp -
 cs -
Legge di Stabilità  cp 2.030.195.080 2.043.616.693 2.006.836.452 4.114.167.002
 cs 2.030.195.080 2.043.616.693 2.006.836.452 4.114.167.002

   c) rideterminare le seguenti voci:

2016   2017   2018   2019
e
successivi
anno
ter.
lim.
imp.
Opere strategiche, edilizia statale ed interventi speciali e per pubbliche calamità
  INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
  Legge finanziaria n. 266 del 2005 art. 1 comma 78: rifinanziamento legge 166 del 2002, interventi infrastrutture (Set. 27) interventi diversi (1.7 – cap. 7060/P)
Legislazione vigente  cp 128.061.000  128.061.000  128.061.000  384.183.000 2021 3 
 cs 128.061.000  128.061.000  128.061.000  384.183.000
Riduzione  cp -20.388.750  -20.388.750  -20.388.750  -61.166.250 2021
 cs -20.388.750  -20.388.750  -20.388.750  -61.166.250
Rifinanziamento  cp - - - -
 cs - - - -
Rimodulazione  cp - - - -
 cs - - - -
Legge di Stabilità  cp 107.672.250  107.672.250  107.672.250  323.016.750
 cs 107.672.250  107.672.250  107.672.250  323.016.750


2016   2017   2018   2019
e
successivi
anno
ter.
lim.
imp.
Legge finanziaria n. 296 del 2006 art. 1 comma 977 punto c: Fondo opere strategiche (Set. 27) interventi diversi (1.7 – cap. 7060/P)
Legislazione vigente  cp 90.450.000  90.450.000  90.450.000  452.250.000 2023 3 
 cs 90.450.000  90.450.000  90.450.000  452.250.000
Riduzione  cp -15.345.833  -15.345.833  -15.345.833  -76.729.165 2023
 cs -15.345.833  -15.345.833  -15.345.833  -76.729.165
Rifinanziamento  cp - - - -
 cs - - - -
Rimodulazione  cp - - - -
 cs - - - -
Legge di Stabilità  cp 75.104.167  75.104.167  75.104.167  375.520.835
 cs 75.104.167  75.104.167  75.104.167  375.520.835
Legge finanziaria n. 244 del 2007 art. 2 comma 257 punto b: legge obiettivo (Set. 27) interventi diversi (1.7 – cap. 7060/P)
Legislazione vigente  cp 91.612.000  91.612.000  91.612.000  458.060.000 2023 3 
 cs 91.612.000  91.612.000  91.612.000  458.060.000
Riduzione  cp -25.151.937  -25.151.937  -25.151.937  -125.759.685 2023
 cs -25.151.937  -25.151.937  -25.151.937  -125.759.685
Rifinanziamento  cp - - - -
 cs - - - -
Rimodulazione  cp - - - -
 cs - - - -
Legge di Stabilità  cp 66.460.063  66.460.063  66.460.063  332.300.315
 cs 66.460.063  66.460.063  66.460.063  332.300.315
art. 2 comma 257 punto c: legge obiettivo (Set. 27) interventi diversi (1.7 – cap. 7060/P)
Legislazione vigente  cp 90.517.000  90.517.000  90.517.000  543.102.000 2024 3 
 cs 90.517.000  90.517.000  90.517.000  543.102.000
Riduzione  cp -25.151.937  -25.151.937  -25.151.937  -150.911.622 2024
 cs -25.151.937  -25.151.937  -25.151.937  -150.911.622
Rifinanziamento  cp - - - -
 cs - - - -
Rimodulazione  cp - - - -
 cs - - - -
Legge di Stabilità  cp 65.365.063  65.365.063  65.365.063  392.190.378
 cs 65.365.063  65.365.063  65.365.063  392.190.378

   d) azzerare le seguenti voci:
  Sostegno allo sviluppo del trasporto.
  ECONOMIA E FINANZE
  Decreto-legge n. 98 del 2011 art. 32 comma 1: fondo per le infrastrutture ferroviarie e stradali (Set. 11) interventi nel settore dei trasporti (9.1 – cap. 7372/P)
  Legge di stabilità n. 147 del 2013 art. 1 comma 68: Anas (Set. 11) interventi nel settore dei trasporti (9.1 – cap. 7372/P)
  Art. 1 comma 69: Anas (Set. 11) interventi nel settore dei trasporti (9.1 – cap. 7372/P)

  Sistemi stradali, autostradali ed intermodali.
  INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
  Decreto-legge n. 69 del 2013 art. 18 comma 2 punto 3: Programma ponti e gallerie stradali (Set. 11) interventi nel settore dei trasporti (1.2 – cap. 7538)
  Decreto-legge n. 98 del 2011 articolo 32 comma 1 punto 5: Accessibilità alla Valtellina: ss 38 1o lotto - Variante di Morbegno II stralcio dallo svincolo di Corsio allo svincolo del Tartano (set. 11) Interventi nel settore dei trasporti (1.2 - cap. 7519)
  Decreto–legge n. 69 del 2013 articolo 18 comma 2 punto 6: Somme da assegnare all'Anas per l'asse di collegamento tra la ss 640 e la A 19 Agrigento-Caltanissetta (set. 11) Interventi nel settore dei trasporti (1.2 – cap. 7541)
  Legge finanziaria n. 311 del 2004 articolo 1 comma 452: Interventi strutturali viabilità Italia-Francia (set. 16) Interventi per la viabilità ordinaria, speciale e di grande comunicazione (1.2 – cap. 7481)
  Legge n. 662 del 1996 articolo 2 comma 86: completamento del raddoppio dell'Autostrada A6 Torino-Savona (set. 16) Interventi per la viabilità ordinaria, speciale e di grande comunicazione (1.2 – cap. 7483)
  Legge n. 662 del 1996 articolo 2 comma 87: Avvio della realizzazione della variante di valico Firenze-Bologna (set. 27) Interventi diversi (1.2 – cap. 7484)
  Decreto–legge n. 67 del 1997 articolo 19/bis comma 1 punto 1: Realizzazione e potenziamento tratte autostradali (set. 16) Interventi per la viabilità ordinaria, speciale e di grande comunicazione (1.2 – cap. 7485)
  Decreto–legge n. 98 del 2011 articolo 32 comma 1 punto 11: Megalotto 2 della strada statale n. 106 Ionica (set. 11) Interventi nel settore dei trasporti (1.2 – cap. 7155)
Tab. E. 100. Il Governo.
(Approvato)

A.C. 3444-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge n. 112 del 2008 è stato istituito il commissario straordinario del debito di Roma capitale, con l'obiettivo della ricognizione della situazione economica finanziaria del Comune di Roma e della predisposizione ed attuazione di un piano di rientro all'indebitamento del pregresso;
    con il decreto-legge n. 78 del 2010 convertito in legge 122 del 2010 è stato istituito il fondo destinato al risanamento dell'eccezionale situazione di squilibrio finanziario del Comune di Roma, di cui 300 milioni a carico dello Stato e 200 milioni derivanti dall'applicazione di un'addizionale comunale IRPEF aggiuntiva e da un'addizionale commissariale sui diritti d'imbarco;
   considerato che:
    nel corso di questi 5 anni il carico fiscale sulle famiglie romane si è rivelato particolarmente gravoso a causa della generale condizione di recessione economica e di contrazione dei consumi l'impostazione di fondo della presente legge di stabilità è ispirata ad un alleggerimento della pressione fiscale da ottenersi attraverso varie misure tra le quali la strutturale revisione delle imposte sulla casa e che, quindi, il carico fiscale sulle famiglie romane – attraverso la maggiorazione IRPEF per il debito – appare ancor più gravoso il rilancio del sistema economico e produttivo della capitale – tanto importante anche per il rilancio dell'intiera economia nazionale – è legato ad una ripresa di investimenti per opere pubbliche e per servizi, possibilmente in un quadro non del tutto condizionato dai vincoli del Patto di stabilità;

impegna il Governo

ad adottare misure conseguenti a favorire ed accelerare la estinzione del debito pregresso del Comune di Roma coniugando tale obiettivo con una riduzione della pressione fiscale locale, in particolare l'aliquota IRPEF commissariale, destinata al finanziamento del deficit anteriore al 2008 e con la destinazione delle relative economie del fondo dedicato al finanziamento del debito pregresso al sostegno degli investimenti del Comune di Roma finanziando nuove annualità della legge per Roma Capitale n. 396 del 1990.
9/3444-A/1Morassut.


   La Camera,
   premesso che:
    con il decreto-legge n. 112 del 2008 è stato istituito il commissario straordinario del debito di Roma capitale, con l'obiettivo della ricognizione della situazione economica finanziaria del Comune di Roma e della predisposizione ed attuazione di un piano di rientro all'indebitamento del pregresso;
    con il decreto-legge n. 78 del 2010 convertito in legge 122 del 2010 è stato istituito il fondo destinato al risanamento dell'eccezionale situazione di squilibrio finanziario del Comune di Roma, di cui 300 milioni a carico dello Stato e 200 milioni derivanti dall'applicazione di un'addizionale comunale IRPEF aggiuntiva e da un'addizionale commissariale sui diritti d'imbarco;
   considerato che:
    nel corso di questi 5 anni il carico fiscale sulle famiglie romane si è rivelato particolarmente gravoso a causa della generale condizione di recessione economica e di contrazione dei consumi l'impostazione di fondo della presente legge di stabilità è ispirata ad un alleggerimento della pressione fiscale da ottenersi attraverso varie misure tra le quali la strutturale revisione delle imposte sulla casa e che, quindi, il carico fiscale sulle famiglie romane – attraverso la maggiorazione IRPEF per il debito – appare ancor più gravoso il rilancio del sistema economico e produttivo della capitale – tanto importante anche per il rilancio dell'intiera economia nazionale – è legato ad una ripresa di investimenti per opere pubbliche e per servizi, possibilmente in un quadro non del tutto condizionato dai vincoli del Patto di stabilità;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare misure conseguenti a favorire ed accelerare la estinzione del debito pregresso del Comune di Roma coniugando tale obiettivo con una riduzione della pressione fiscale locale, in particolare l'aliquota IRPEF commissariale, destinata al finanziamento del deficit anteriore al 2008 e con la destinazione delle relative economie del fondo dedicato al finanziamento del debito pregresso al sostegno degli investimenti del Comune di Roma finanziando nuove annualità della legge per Roma Capitale n. 396 del 1990.
9/3444-A/1. (Testo modificato nel corso della seduta) Morassut.


   La Camera,
   considerato che:
    l'attuale sistema di collettamento dei Comuni del Lago di Garda è stato realizzato più di 30 anni fa e risente, quindi, dell'usura del tempo anche in ragione dei materiali utilizzati all'epoca. Ciò imporrebbe anche riflessioni sulle possibili conseguenze sanitarie. Inoltre, è posizionato sui fondali, non prevede la separazione tra acque bianche e nere (con relativi problemi per le reti fognarie di molti dei Comuni che si affacciano sul Garda), deve considerare gli elevati incrementi turistici degli ultimi anni e, in prospettiva, deve tener conto dei circa due milioni di metri cubi che i vari Comuni del comprensorio hanno deciso con i rispettivi Piani urbanistici;
    il progetto del nuovo collettore è stato predisposto dal Consorzio Azienda Gardesana Servizi e la cifra stimata per l'intervento si aggirerebbe intorno ai 200 milioni di euro;
    è stata costituita un'Associazione Temporanea di Scopo formata dai Comuni del Lago di Garda con la finalità di favorire tutte le azioni possibili e a tutti i livelli amministrativi e politici per reperire risorse economiche e le procedure burocratiche previste;
    la Comunità del Garda, Ente di coordinamento dei Comuni del Lago di Garda è concorde con il progetto del rinnovamento del collettore e anima il dibattito in sede locale in quella direzione;
    allo stato è in essere il confronto tra Regione Veneto e Regione Lombardia alle quali viene pressantemente chiesto di valutare la possibilità di preparare un accordo di programma con la finalità di inserire l'opera in una delle prossime delibere CIPE;
    le rilevanti implicazioni sanitarie e ambientali in caso di definitivo collassamento dell'attuale sistema;
    il rilievo assunto dal Lago di Garda nel panorama turistico internazionale a beneficio del Paese;

impegna il Governo

a valutare la possibilità di istituire un tavolo di confronto con le Regioni Lombardia e Veneto e con le rappresentanze dei Comuni del Lago di Garda finalizzato a valutare il contesto in evidenza e le possibili soluzioni, progettuali ed economiche.
9/3444-A/2D'Arienzo.


   La Camera,
   considerato che:
    Ferrovie dello Stato e la Provincia di Verona all'inizio degli anni 2000 hanno stipulato una convenzione per cofinanziare la progettazione del collegamento Ferroviario con l'aeroporto Valerio Catullo. A tale scopo commissionarono alla società «RPA engineering consulting» il progetto preliminare del collegamento ferroviario Verona-aeroporto Valerio Catullo-Villafranca di Verona;
    scopo del progetto era garantire il celere e facile raggiungimento dell'aeroporto sia per i passeggeri in transito dalla stazione di Verona Porta Nuova che per quelli in transito dalla stazione di Mantova centrale;
    il progetto preliminare era stato portato all'esame del Consiglio superiore dei LL.PP. che lo ha approvato con prescrizioni;
    con delibera CIPE del 21 dicembre 2001, n. 121 (Gazzetta Ufficiale n. 51/2002 supplemento ordinario), è stato approvato il 1o programma delle opere strategiche, inserito nella legge obiettivo del 2001 il quale sotto la voce: collegamenti ferroviari degli aeroporti di Venezia e Verona, attribuiva all'opera le caratteristiche previste dalla legge n. 443 del 2001;
    nella ricognizione dello stato di attuazione della legge obiettivo del 2011 viene riportata nell'elenco opere inserite nel programma delle infrastrutture strategiche – Dati aggiornati al 30 aprile 2011, alla pagina 109, come:
     n. macro opera: 014;
     n. opera: 001;
     denominazione: Collegamento ferroviario con aeroporto di Verona (linea Modena-Verona);
     tipo opera: Rete ferroviaria;
     classificazione intervento: Intervento compreso nel 9o allegato infrastrutture;
     n. scheda: ___;
     delibera CIPE attuativa: ___;
     soggetto competente: RFI Spa;
     luogo lavori: Veneto;
     stato di attuazione: PP;
     ultimazione lavori al 30 aprile 2011: oltre 2015;
     costi dicembre 2001-Del. 121/2001: ___;
     costi aprile 2011-9o All. Infrastrutture: 90,400;
     costi 30 aprile 2011: 90,400;
     stima disponibilità 30 aprile 2011: 0,000;
     fabbisogno 30 aprile 2011: 90,400;
    l'attenta e puntuale valutazione dei costi e dei benefici dell'opera ne consigliava ampiamente la realizzazione all'epoca della progettazione e la rende urgente ora sia a causa del permanente bisogno di ridurre l'inquinamento derivante dai mezzi a combustione interna ora unica risorsa per raggiungere la struttura aeroportuale, sia per la necessità di collegare le città di Verona e di Mantova direttamente all'aeroporto,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di riesaminare il contesto al fine di riavviare le previste procedure per attualizzare la progettazione e i possibili finanziamenti per l'opera in questione.
9/3444-A/3Nicoletti, D'Arienzo.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge, approvato dal Senato, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016), profondamente modificato in seconda lettura, contiene le misure necessarie a conseguire gli obiettivi di finanza pubblica indicati nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2015;
    il provvedimento, che rappresenta il principale strumento della manovra di finanza pubblica insieme alla legge di bilancio, interviene in un ambito complesso e articolato della fiscalità generale ed in particolare locale, le cui decisioni del Governo, mutate anche nel corso del passaggio della manovra, di entrambi i rami del Parlamento, hanno accresciuto le difficoltà per numerosi enti locali, nell'applicazione delle norme inizialmente previste e successivamente rivisitate nella loro formulazione;
    al riguardo, la decisione del Governo (come indicato dai commi sostitutivi 23 e 24 dell'articolo 1 del disegno di legge in oggetto), di sopprimere le delibere approvate in ritardo di oltre 844 comuni, (dopo il termine del 30 luglio 2015) aventi ad oggetto le modifiche delle aliquote dei tributi adottati in materia di IMU, TASI, TARI e addizionale IRPEF, decise per apportare le modifiche ritenute opportune per le esigenze di bilancio degli stessi enti locali, oltre ad aumentare l'incertezza e la confusione per i contribuenti, in prossimità dell'avvenuta scadenza del 16 dicembre, determinerà ulteriori difficoltà finanziarie per gli enti locali, in quanto non potranno più beneficiare del «tesoretto» inizialmente conseguito;
    il sottoscrittore del presente atto, evidenzia inoltre, come le cause che hanno determinato il ritardo delle delibere per numerosi enti locali, delle aliquote TASI e TARI, sono imputabili all'insediamento avvenuto lo scorso mese di giugno, a seguito delle elezioni amministrative, che non hanno consentito per le giunte comunali, di poter disporre del tempo materiale per l'approvazione delle aliquote da parte dei consigli comunali;
    ulteriori profili di criticità, che si rinvengono a seguito delle nuove riformulazioni dei commi 23 e 24 dell'articolo 1 del disegno di legge di stabilità in oggetto, che espungono la disposizione che (con riferimento al 2015) manteneva valide le deliberazioni relative alle aliquote dei tributi adottate dai comuni entro il 30 settembre 2015, si evidenziano dalla possibilità (più che reale) dell'avvenuto pagamento da parte dei contribuenti, del saldo dei tributi, avvenuto in data anteriore alle modifiche intervenute in seconda lettura del provvedimento medesimo, calcolato con gli aumenti oppure usufruendo maggiori detrazioni;
    la necessità di intervenire in favore degli enti locali, limitatamente a quelli nei quali si sono svolte le elezioni amministrative, lo scorso giugno e di definire ai fini della legittimità le decisioni comunali, (connesse all'efficacia delle delibere), nonché delle difficoltà per molti contribuenti, che hanno effettuato il pagamento per effetto nell'intervallo tra le modifiche adottate dal Senato (che indicavano valide le deliberazioni entro il 30 settembre 2015 ed in seguito rivisitate dalla Camera dei deputati, relativamente ai commi 23 e 24 dell'articolo 1) i cui calcoli esatti evidentemente non corrispondono, risulta pertanto urgente e necessario al fine di stabilire maggiore chiarezza nell'ambito della fiscalità locale sempre più complicata,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di prevedere compatibilmente con le risorse finanziarie a disposizione, ed i vincoli di bilancio, misure compensative nei riguardi degli enti locali che hanno deliberato entro il 30 settembre 2015 e nel rispetto dei vincoli posti dalla legge di stabilità 2014, il cui mancato rispetto dei termini del 30 luglio 2015 sono stati causati dal ritardo causato dalle elezioni amministrative;
   a chiarire quale orientamento intenda perseguire, nei confronti dei contribuenti che hanno già pagato il saldo con gli aumenti o usufruito delle maggiori detrazioni, prima delle nuove riformulazioni dei commi 23 e 24 dell'articolo 1 del disegno di legge di stabilità 2016 in oggetto.
9/3444-A/4Nastri.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge, approvato dal Senato, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016), profondamente modificato in seconda lettura, contiene le misure necessarie a conseguire gli obiettivi di finanza pubblica indicati nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2015;
    il provvedimento, che rappresenta il principale strumento della manovra di finanza pubblica insieme alla legge di bilancio, interviene in un ambito complesso e articolato della fiscalità generale ed in particolare locale, le cui decisioni del Governo, mutate anche nel corso del passaggio della manovra, di entrambi i rami del Parlamento, hanno accresciuto le difficoltà per numerosi enti locali, nell'applicazione delle norme inizialmente previste e successivamente rivisitate nella loro formulazione;
    al riguardo, la decisione del Governo (come indicato dai commi sostitutivi 23 e 24 dell'articolo 1 del disegno di legge in oggetto), di sopprimere le delibere approvate in ritardo di oltre 844 comuni, (dopo il termine del 30 luglio 2015) aventi ad oggetto le modifiche delle aliquote dei tributi adottati in materia di IMU, TASI, TARI e addizionale IRPEF, decise per apportare le modifiche ritenute opportune per le esigenze di bilancio degli stessi enti locali, oltre ad aumentare l'incertezza e la confusione per i contribuenti, in prossimità dell'avvenuta scadenza del 16 dicembre, determinerà ulteriori difficoltà finanziarie per gli enti locali, in quanto non potranno più beneficiare del «tesoretto» inizialmente conseguito;
    il sottoscrittore del presente atto, evidenzia inoltre, come le cause che hanno determinato il ritardo delle delibere per numerosi enti locali, delle aliquote TASI e TARI, sono imputabili all'insediamento avvenuto lo scorso mese di giugno, a seguito delle elezioni amministrative, che non hanno consentito per le giunte comunali, di poter disporre del tempo materiale per l'approvazione delle aliquote da parte dei consigli comunali;
    ulteriori profili di criticità, che si rinvengono a seguito delle nuove riformulazioni dei commi 23 e 24 dell'articolo 1 del disegno di legge di stabilità in oggetto, che espungono la disposizione che (con riferimento al 2015) manteneva valide le deliberazioni relative alle aliquote dei tributi adottate dai comuni entro il 30 settembre 2015, si evidenziano dalla possibilità (più che reale) dell'avvenuto pagamento da parte dei contribuenti, del saldo dei tributi, avvenuto in data anteriore alle modifiche intervenute in seconda lettura del provvedimento medesimo, calcolato con gli aumenti oppure usufruendo maggiori detrazioni;
    la necessità di intervenire in favore degli enti locali, limitatamente a quelli nei quali si sono svolte le elezioni amministrative, lo scorso giugno e di definire ai fini della legittimità le decisioni comunali, (connesse all'efficacia delle delibere), nonché delle difficoltà per molti contribuenti, che hanno effettuato il pagamento per effetto nell'intervallo tra le modifiche adottate dal Senato (che indicavano valide le deliberazioni entro il 30 settembre 2015 ed in seguito rivisitate dalla Camera dei deputati, relativamente ai commi 23 e 24 dell'articolo 1) i cui calcoli esatti evidentemente non corrispondono, risulta pertanto urgente e necessario al fine di stabilire maggiore chiarezza nell'ambito della fiscalità locale sempre più complicata,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di prevedere compatibilmente con le risorse finanziarie a disposizione, ed i vincoli di bilancio, misure compensative nei riguardi degli enti locali che hanno deliberato entro il 30 settembre 2015 e nel rispetto dei vincoli posti dalla legge di stabilità 2014, il cui mancato rispetto dei termini del 30 luglio 2015 sono stati causati dal ritardo causato dalle elezioni amministrative;
   a valutare l'opportunità di chiarire quale orientamento intenda perseguire, nei confronti dei contribuenti che hanno già pagato il saldo con gli aumenti o usufruito delle maggiori detrazioni, prima delle nuove riformulazioni dei commi 23 e 24 dell'articolo 1 del disegno di legge di stabilità 2016 in oggetto.
9/3444-A/4. (Testo modificato nel corso della seduta)  Nastri.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (legge di stabilità 2016), contiene per il settore agricolo, una serie di interventi di natura fiscale ed economica particolarmente favorevoli per le imprese del settore, finalizzati a liberare nuove risorse finanziarie da utilizzare per la crescita economica;
    al riguardo, nell'anno dell'EXPO, l'agricoltura italiana è tornata ad essere un motore fondamentale della ripresa dell'economia italiana, come evidenziato dai più recenti indicatori evidenziati dall'ISTAT, che rilevano il +3,7 per cento del valore aggiunto sommato ai 16 mila nuovi posti di lavoro creati nei primi sei mesi dell'anno;
    il riassetto delle agevolazioni dei terreni agricoli ricadenti in aree montane o di collina, attraverso l'esenzione dell'IMU, l'esenzione dal pagamento dell'IRAP per i settori dell'agricoltura e della pesca, lo sgravio contributivo dell'IRAP, in favore dei datori di lavoro del settore agricolo, rappresentano una parte delle articolate e condivisibili misure a sostegno del comparto, che determineranno un alleggerimento dell'imposizione fiscale delle imprese, al fine di migliorare i livelli competitivi di un mercato globale;
    all'interno delle misure di crescita indicate, il comparto dell'ippica (nei confronti del quale, si è configurato un ritardo pesante dello Stato, nel corrispondere per i vari operatori, i debiti contratti e riconosciuti, inevasi per diversi mesi), non è stato adeguatamente considerato, nonostante sia caratterizzato da una tradizione di eccellenza e un forte radicamento nel Paese;
    l'assenza di significativi interventi, unitamente ai ritardi dettati dai nuovi meccanismi di governance del settore, contribuiscono in forma negativa ad accentuare il declino dell'ippica, anche a causa dell'assenza di iniziative legislative ad hoc, in grado di fornire risposte agli operatori e all'intera filiera;
    i valori fondamentali espressi dal settore, nonostante l'attuale situazione di sofferenza, consentono tuttavia di ipotizzare un concreto rilancio delle attività, attraverso l'introduzione di misure rapide ed incisive, in grado di ridisegnare l'intero sistema, sia attraverso una chiara programmazione pluriennale del ruolo dello Stato nel settore, a partire dalle risorse finanziarie stanziate a suo supporto, che dall'effettiva operatività dell'organo di gestione del settore tuttora inattivo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere compatibilmente con le risorse finanziarie a disposizione, ed i vincoli di bilancio, iniziative legislative volte a sostenere il settore ippico, salvaguardando l'esistenza stessa della filiera nazionale, nelle sue componenti migliori, sia ripristinando le riduzioni finanziarie previste, che accelerando gli interventi volti al funzionamento reale dell'organo di gestione della Lega ippica italiana.
9/3444-A/5Faenzi.


   La Camera,
   premesso che:
     l'agricoltura italiana rappresenta un comparto fondamentale per l'intero sistema economico, produttivo ed occupazionale del nostro paese per numero di addetti, volume di fatturati ed esportazioni;
    nel disegno di legge in esame «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di Stabilità 2016)», sono presenti disposizioni per il finanziamento per il «Fondo di solidarietà nazionale» per gli interventi in agricoltura;
    la peculiare incidenza negativa sulle produzioni agricole degli andamenti climatici ed atmosferici ha tradizionalmente indotto il Legislatore a definire interventi in favore delle popolazioni e delle zone colpite da calamità naturali di particolare gravità, allo scopo tanto di assicurare i soccorsi immediati ed alleviare i disagi più gravi, quanto di garantire il più possibile la conservazione del patrimonio produttivo agricolo e delle sue potenzialità e di promuoverne il ripristino. Col passare degli anni e col crescere della complessità degli interventi si è infatti resa necessaria l'introduzione di una normativa di intervento di carattere generale, applicabile costantemente ed uniformemente in tutti i casi di calamità naturali, tale da eliminare la necessità di far ricorso, per ogni evento, a provvedimenti legislativi ad hoc;
    la legislazione che si è venuta a sovrapporre nel tempo è stata interamente sostituita da un provvedimento organico che, oltre ad accogliere le precedenti modalità di intervento compensativo dei danni subiti, ha anche riproposto gli interventi volti ad incentivare misure di protezione verificarsi degli eventi calamitosi;
    la vigente normativa del Fondo di solidarietà nazionale, approvata con il decreto legislativo n. 102 del 2004, disciplina gli interventi del soccorso a favore delle aziende agricole colpite da calamità naturali e da avversità atmosferiche eccezionali;
    gli stanziamenti previsti per l'anno 2016, nel provvedimento in esame, per il citato Fondo di solidarietà nazionale per gli interventi in agricoltura è di 20 milioni;
    tale cifra appare palesemente insufficiente, rispetto alla crescita esponenziale degli eventi calamitosi che si sono verificati su tutto il territorio nazionale negli ultimi anni creando gravissimi danni nel settore agricolo;
    secondo recenti stime, basate sui rilevamenti statistici, i cambiamenti climatici, con gli eventi estremi, avrebbero infatti provocato in Italia danni alla produzione agricola nazionale, alle strutture e alle infrastrutture per oltre 14 miliardi di euro nel corso dell'ultimo decennio,

impegna il Governo

a rifinanziare, nel prossimo provvedimento utile, con adeguate risorse economiche il Fondo di solidarietà nazionale, di cui al decreto legislativo n. 102 del 2004, al fine di sostenere il settore agricolo nei confronti dei danni causati dalle calamità naturali.
9/3444-A/6Fiorio, Antezza, Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    l'agricoltura italiana rappresenta un comparto fondamentale per l'intero sistema economico, produttivo ed occupazionale del nostro paese per numero di addetti, volume di fatturati ed esportazioni;
    nel disegno di legge in esame «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di Stabilità 2016)», sono presenti disposizioni per il finanziamento per il «Fondo di solidarietà nazionale» per gli interventi in agricoltura;
    la peculiare incidenza negativa sulle produzioni agricole degli andamenti climatici ed atmosferici ha tradizionalmente indotto il Legislatore a definire interventi in favore delle popolazioni e delle zone colpite da calamità naturali di particolare gravità, allo scopo tanto di assicurare i soccorsi immediati ed alleviare i disagi più gravi, quanto di garantire il più possibile la conservazione del patrimonio produttivo agricolo e delle sue potenzialità e di promuoverne il ripristino. Col passare degli anni e col crescere della complessità degli interventi si è infatti resa necessaria l'introduzione di una normativa di intervento di carattere generale, applicabile costantemente ed uniformemente in tutti i casi di calamità naturali, tale da eliminare la necessità di far ricorso, per ogni evento, a provvedimenti legislativi ad hoc;
    la legislazione che si è venuta a sovrapporre nel tempo è stata interamente sostituita da un provvedimento organico che, oltre ad accogliere le precedenti modalità di intervento compensativo dei danni subiti, ha anche riproposto gli interventi volti ad incentivare misure di protezione verificarsi degli eventi calamitosi;
    la vigente normativa del Fondo di solidarietà nazionale, approvata con il decreto legislativo n. 102 del 2004, disciplina gli interventi del soccorso a favore delle aziende agricole colpite da calamità naturali e da avversità atmosferiche eccezionali;
    gli stanziamenti previsti per l'anno 2016, nel provvedimento in esame, per il citato Fondo di solidarietà nazionale per gli interventi in agricoltura è di 20 milioni;
    tale cifra appare palesemente insufficiente, rispetto alla crescita esponenziale degli eventi calamitosi che si sono verificati su tutto il territorio nazionale negli ultimi anni creando gravissimi danni nel settore agricolo;
    secondo recenti stime, basate sui rilevamenti statistici, i cambiamenti climatici, con gli eventi estremi, avrebbero infatti provocato in Italia danni alla produzione agricola nazionale, alle strutture e alle infrastrutture per oltre 14 miliardi di euro nel corso dell'ultimo decennio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rifinanziare, nel prossimo provvedimento utile, con adeguate risorse economiche il Fondo di solidarietà nazionale, di cui al decreto legislativo n. 102 del 2004, al fine di sostenere il settore agricolo nei confronti dei danni causati dalle calamità naturali.
9/3444-A/6. (Testo modificato nel corso della seduta)  Fiorio, Antezza, Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10, comma 4, del decreto legislativo n. 23 del 2011 ha soppresso, a partire dagli atti pubblici formati dal 1o gennaio 2014 e dalle scritture private autenticate da tale data, tutte le agevolazioni e le esenzioni tributarie sugli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili e degli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, quale è il diritto di superficie. Tale norma riguarda anche la tassazione degli atti di acquisto dai comuni del diritto di superficie su case costruite su aree Peep (Piano per l'edilizia economico popolare);
    l'articolo 10 del citato decreto legislativo n. 23 del 2011 ha, nello specifico, modificato l'aliquota fissandola al 9 per cento con un minimo, a carico dei contribuenti, di mille euro. Successivamente con la legge n. 164 dell'11 novembre 2014, all'articolo 20, comma 4-ter, sono state ripristinate le agevolazioni fiscali in materia di edilizia economica e popolare e di trasferimento di immobili pubblici in vigore antecedentemente a quanto disposto dal decreto legislativo n. 23 del 2011;
    risulta evidente come dal lo di gennaio all'il novembre 2014 a coloro che hanno sottoscritto, per necessità, i contratti per il riscatto dell'area Peep è stata applicata una tassazione maggiorata rispetto ai cittadini che non hanno dovuto effettuare tale pratica entro questa ristretta finestra temporale;
    appare quindi palese la disparità di trattamento economico tra coloro che sono riusciti a concludere l'iter per il riscatto prima del 1o gennaio 2014 e quelli che lo faranno a decorrere dal 12 novembre 2014;
    la stessa Ragioneria dello Stato, in una relazione tecnica sulle coperture economiche necessarie ad attuare tale provvedimento, ha affermato che gli effetti sarebbero di entità «non apprezzabile»;
   valutato che:
    l'articolo 31, commi 45 e seguenti, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 – legge finanziaria del 1999 – ha dato la facoltà ai comuni di cedere in proprietà le aree comprese nei Peep (Piani di edilizia economica e popolare), già concesse in diritto di superficie, agli attuali proprietari degli alloggi. In particolare la disposizione prevede, per gli assegnatari delle aree in superficie, l'opportunità di ottenere la pienezza del diritto di proprietà dell'immobile posseduto e di disporre del medesimo senza più alcun vincolo e condizionamento giuridico; per tale fattispecie il corrispettivo da pagare al comune è determinato entro il 31 marzo di ogni anno dalla giunta comunale secondo determinati criteri e parametri;
    la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (articolo 2, comma 89), novellando i commi 1 e 2, dell'articolo 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, ha successivamente introdotto nuovi parametri per la determinazione del corrispettivo;
    l'applicazione di tali parametri, la cui interpretazione consente comunque una autonomia da parte delle singole amministrazioni comunali rispetto alle indicazioni degli uffici competenti (come ad esempio la rivalutazione in base agli indici Istat), sta creando alcune criticità consistenti nelle molteplici differenziazioni dei corrispettivi da pagare. Le differenziazioni dei corrispettivi, oltre a generare gravi disparità di trattamento economico fra i cittadini rispetto alla tempistica di richiesta del riscatto ed alla residenza (oltre a ricorsi nei tribunali competenti), stanno di fatto bloccando e rallentando numerose pratiche di cessione;
    sarebbe auspicabile, anche in relazione alla crisi economica ed occupazionale che sta investendo il nostro Paese e per promuovere il diritto all'abitazione, addivenire ad una definizione di criteri uniformi, su tutto il territorio nazionale, che possa agevolare l'acquisto degli alloggi nelle aree comprese nei Peep, risolvendo il problema delle domande che ad oggi risultano bloccate ed impedendo di fatto alle singole amministrazioni comunali interpretazioni difformi della norma in oggetto;
    l'articolo 1, comma 392, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, ha modificato l'articolo 31, comma 48, della legge 23 dicembre 1998, n. 448: tale novella interviene sulla disciplina della determinazione del corrispettivo delle aree cedute in proprietà da parte del comune, al fine di prevedere che l'ente, su parere del proprio ufficio tecnico, fissi tale corrispettivo in misura pari al 60 per cento (percentuale già prevista dalla normativa vigente) di quello determinato attraverso il valore venale del bene, con facoltà per il Comune di abbattere tale valore fino al 50 per cento;
    questa norma ha però causato problematiche di carattere interpretativo. La Sezione delle autonomie della Corte dei conti, con la deliberazione n. 58/2015/PAR del 9 marzo 2015, ha pronunciato il seguente principio di diritto: «La disposizione di cui all'articolo 31, comma 48, legge n. 448 del 1998, come novellata dall'articolo 1, comma 392, legge n. 147 del 2013 deve essere intesa nel senso che, al fine della determinazione del corrispettivo per la trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà, è data all'Ente la facoltà di abbattere sino al 50 per cento la quota percentuale da applicarsi al valore venale del bene e, dunque, correlativamente di elevare la già prevista riduzione del 40 per cento sino al 50 per cento;
    appare palese che questa interpretazione della Corte dei conti differisca sostanzialmente dalle originarie finalità introdotte dall'articolo 1, comma 392, della legge 27 dicembre 2013, n. 147,

impegna il Governo

   ad inserire, nel prossimo provvedimento utile:
    una norma che modifichi l'articolo 20, comma 4-ter, della legge n. 164 dell'11 novembre 2014, sancendo che nei riguardi delle domande di trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà, già definite mediante contratti sottoscritti in sede di rogito notarile tra il 1° gennaio 2014 e l'11 novembre 2014, venga ricalcolato l'importo dovuto utilizzando i criteri vigenti (previsti dall'articolo 10, comma 4, del decreto legislativo n. 23 del 2011) e contestualmente vengano rimborsate ai cittadini coinvolti le maggiori somme versate;
    una norma che disponga che la disposizione di cui all'articolo 31, comma 48, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, come modificata dell'articolo 1, comma 392, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, si interpreti nel senso che il corrispettivo è determinato partendo dal valore venale del bene, che l'ente può abbattere fino al 50 per cento, e calcolando successivamente il 60 per cento di tale valore già abbattuto, al netto degli oneri di concessione del diritto di superficie rivalutati.
9/3444-A/7Sani, Arlotti.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 10, comma 4, del decreto legislativo n. 23 del 2011 ha soppresso, a partire dagli atti pubblici formati dal 1o gennaio 2014 e dalle scritture private autenticate da tale data, tutte le agevolazioni e le esenzioni tributarie sugli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di beni immobili e degli atti traslativi o costitutivi di diritti reali immobiliari di godimento, quale è il diritto di superficie. Tale norma riguarda anche la tassazione degli atti di acquisto dai comuni del diritto di superficie su case costruite su aree Peep (Piano per l'edilizia economico popolare);
    l'articolo 10 del citato decreto legislativo n. 23 del 2011 ha, nello specifico, modificato l'aliquota fissandola al 9 per cento con un minimo, a carico dei contribuenti, di mille euro. Successivamente con la legge n. 164 dell'11 novembre 2014, all'articolo 20, comma 4-ter, sono state ripristinate le agevolazioni fiscali in materia di edilizia economica e popolare e di trasferimento di immobili pubblici in vigore antecedentemente a quanto disposto dal decreto legislativo n. 23 del 2011;
    risulta evidente come dal lo di gennaio all'il novembre 2014 a coloro che hanno sottoscritto, per necessità, i contratti per il riscatto dell'area Peep è stata applicata una tassazione maggiorata rispetto ai cittadini che non hanno dovuto effettuare tale pratica entro questa ristretta finestra temporale;
    appare quindi palese la disparità di trattamento economico tra coloro che sono riusciti a concludere l'iter per il riscatto prima del 1o gennaio 2014 e quelli che lo faranno a decorrere dal 12 novembre 2014;
    la stessa Ragioneria dello Stato, in una relazione tecnica sulle coperture economiche necessarie ad attuare tale provvedimento, ha affermato che gli effetti sarebbero di entità «non apprezzabile»;
   valutato che:
    l'articolo 31, commi 45 e seguenti, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 – legge finanziaria del 1999 – ha dato la facoltà ai comuni di cedere in proprietà le aree comprese nei Peep (Piani di edilizia economica e popolare), già concesse in diritto di superficie, agli attuali proprietari degli alloggi. In particolare la disposizione prevede, per gli assegnatari delle aree in superficie, l'opportunità di ottenere la pienezza del diritto di proprietà dell'immobile posseduto e di disporre del medesimo senza più alcun vincolo e condizionamento giuridico; per tale fattispecie il corrispettivo da pagare al comune è determinato entro il 31 marzo di ogni anno dalla giunta comunale secondo determinati criteri e parametri;
    la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (articolo 2, comma 89), novellando i commi 1 e 2, dell'articolo 37 del decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, ha successivamente introdotto nuovi parametri per la determinazione del corrispettivo;
    l'applicazione di tali parametri, la cui interpretazione consente comunque una autonomia da parte delle singole amministrazioni comunali rispetto alle indicazioni degli uffici competenti (come ad esempio la rivalutazione in base agli indici Istat), sta creando alcune criticità consistenti nelle molteplici differenziazioni dei corrispettivi da pagare. Le differenziazioni dei corrispettivi, oltre a generare gravi disparità di trattamento economico fra i cittadini rispetto alla tempistica di richiesta del riscatto ed alla residenza (oltre a ricorsi nei tribunali competenti), stanno di fatto bloccando e rallentando numerose pratiche di cessione;
    sarebbe auspicabile, anche in relazione alla crisi economica ed occupazionale che sta investendo il nostro Paese e per promuovere il diritto all'abitazione, addivenire ad una definizione di criteri uniformi, su tutto il territorio nazionale, che possa agevolare l'acquisto degli alloggi nelle aree comprese nei Peep, risolvendo il problema delle domande che ad oggi risultano bloccate ed impedendo di fatto alle singole amministrazioni comunali interpretazioni difformi della norma in oggetto;
    l'articolo 1, comma 392, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, ha modificato l'articolo 31, comma 48, della legge 23 dicembre 1998, n. 448: tale novella interviene sulla disciplina della determinazione del corrispettivo delle aree cedute in proprietà da parte del comune, al fine di prevedere che l'ente, su parere del proprio ufficio tecnico, fissi tale corrispettivo in misura pari al 60 per cento (percentuale già prevista dalla normativa vigente) di quello determinato attraverso il valore venale del bene, con facoltà per il Comune di abbattere tale valore fino al 50 per cento;
    questa norma ha però causato problematiche di carattere interpretativo. La Sezione delle autonomie della Corte dei conti, con la deliberazione n. 58/2015/PAR del 9 marzo 2015, ha pronunciato il seguente principio di diritto: «La disposizione di cui all'articolo 31, comma 48, legge n. 448 del 1998, come novellata dall'articolo 1, comma 392, legge n. 147 del 2013 deve essere intesa nel senso che, al fine della determinazione del corrispettivo per la trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà, è data all'Ente la facoltà di abbattere sino al 50 per cento la quota percentuale da applicarsi al valore venale del bene e, dunque, correlativamente di elevare la già prevista riduzione del 40 per cento sino al 50 per cento;
    appare palese che questa interpretazione della Corte dei conti differisca sostanzialmente dalle originarie finalità introdotte dall'articolo 1, comma 392, della legge 27 dicembre 2013, n. 147,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di inserire, nel prossimo provvedimento utile:
    una norma che modifichi l'articolo 20, comma 4-ter, della legge n. 164 dell'11 novembre 2014, sancendo che nei riguardi delle domande di trasformazione del diritto di superficie in diritto di proprietà, già definite mediante contratti sottoscritti in sede di rogito notarile tra il 1° gennaio 2014 e l'11 novembre 2014, venga ricalcolato l'importo dovuto utilizzando i criteri vigenti (previsti dall'articolo 10, comma 4, del decreto legislativo n. 23 del 2011) e contestualmente vengano rimborsate ai cittadini coinvolti le maggiori somme versate;
    una norma che disponga che la disposizione di cui all'articolo 31, comma 48, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, come modificata dell'articolo 1, comma 392, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, si interpreti nel senso che il corrispettivo è determinato partendo dal valore venale del bene, che l'ente può abbattere fino al 50 per cento, e calcolando successivamente il 60 per cento di tale valore già abbattuto, al netto degli oneri di concessione del diritto di superficie rivalutati.
9/3444-A/7. (Testo modificato nel corso della seduta). Sani, Arlotti.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge in esame «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», sono presenti norme che prevedono detrazioni fiscali;
    l'Italia è uno dei Paesi occidentali con i maggiori tassi di propensione al risparmio e un elevato stock di ricchezza. Secondo i più recenti dati della Banca d'Italia la ricchezza delle famiglie italiane ammonta a 9.000 miliardi di euro (quasi 6 volte il Pil), 3.600 dei quali detenuti attraverso attività finanziarie;
    a fine ottobre 2015 l'intera industria del risparmio gestito amministrava 1.816 miliardi di euro, dei quali circa 890 miliardi di euro da parte, delle Sgr (Società di gestione del risparmio) italiane ovvero il 25 per cento circa delle attività finanziarie detenute dalle famiglie, in crescita del 20 per cento sull'anno precedente. Secondo la Relazione 2014 della Banca d'Italia tra il 2013 e il 2014 i flussi nei fondi comuni sono passati da 27 a 56 miliardi di euro mentre i titoli obbligazionari hanno registrato con deflussi superiore a 123 miliardi;
    nei primi 10 mesi del 2015 la raccolta netta di fondi aperti hanno superato gli 88 miliardi di euro e per fine 2015 l'ufficio studi di Intermonte SIM stima una raccolta netta positiva per oltre 90 miliardi e 67 miliardi nel 2016 ovvero oltre 150 miliardi di euro di 2 anni;
    analizzando i dati dei fondi per tipologia di investimento emerge come nella componente obbligazionaria siano investiti tuttora 500 miliardi di euro mentre in quelli puri azionari solo 180 miliardi di euro. Focalizzandosi solo sul mercato italiano i dati appaiono ancora più modesti: a fine del 2014 le azioni italiane detenute dai fondi non arrivavano a 15 miliardi di euro, ovvero circa l'1,5 per cento del totale delle masse amministrate delle Sgr italiane;
    appare quindi evidente come a fronte di un crescente interesse da parte delle famiglie italiane per il risparmio gestito e lo spostamento delle scelte di investimento verso il capitale di rischio (azioni) dato il basso livello dei rendimenti di Bot e Btp (le forme di investimento preferite dalle famiglie italiane) la Borsa italiana non stia intercettando il flusso di risparmio che potrebbe aiutare la patrimonializzazione delle imprese e nei complesso rappresentare un fattore di crescita del Paese;
    dal punto di vista macroeconomico il saldo delle partite correnti cumulato da inizio anno a fine settembre 2015, era attivo per 32 miliardi di euro, rispetto ai 25 miliardi di un anno prima. Un contributo importante è arrivato dalla bilancia commerciale che, sempre cumulato da inizio anno a fine settembre 2015, era positiva per circa 50 miliardi, oltre il 3 per cento del Pil. Un dato inferiore, nell'Eurozona, solo a quella della Germania (7 per cento del Pil), mentre la Francia nello stesso periodo presentava un deficit commerciale pari a 3 per cento del Pil. Il saldo della bilancia commerciale dell'Eurozona a fine 2014 era positivo per 200 miliardi di euro derivante quasi interamente dai surplus di Germania e Italia;
    per contro è cresciuto in modo significativo il flusso degli investimenti di portafoglio in attività finanziarie estere da parte degli italiani che sempre cumulato da inizio anno a fine settembre 2015, era pari a 47 miliardi di euro. Il nostro sistema non riesce quindi a rimettere in circolazione in Italia il surplus dalle partite correnti finendo, di fatto, per finanziare la crescita di Paesi esteri;
    alla luce di quanto appena esposto si rende quindi necessaria una riflessione per cercare di canalizzare, almeno una parte, della ricchezza delle famiglie italiane per favorire lo sviluppo anche del nostro Paese;
    una proposta in questa direzione è quella di intervenire favorendo l'afflusso dei risparmi privati verso il sistema delle Pmi (piccole e medie imprese);
    l'Italia, con 5,3 milioni di imprese attive al 31 dicembre 2013, è il Paese che vanta il maggior numero di microimprese e di Pmi nell'Unione europea, superando di gran lunga anche paesi più popolosi come la Germania e la Francia. In Italia le Pmi infatti oltre il 99 per cento delle realtà imprenditoriali presenti. In base agli ultimi dati disponibili, le Pmi occupano nei complesso poco meno di 4 milioni di addetti, hanno realizzato un volume di fatturato complessivo pari a 851 miliardi di euro, un valore aggiunto di 183 miliardi (pari al 12 per cento del valore del Pil). Le Pmi non costituiscono solo numericamente l'ossatura dei sistema produttivo nazionale, ma anche il loro contributo in termini di occupazione è significativo: impiegano, infatti, oltre l'81 per cento degli occupati totali, in particolare nel settore dei servizi;
    si sottolinea inoltre che già da tempo alcuni dei maggiori Paesi europei hanno istituito un regime di incentivazione fiscale per favorire l'afflusso di capitali privati verso le Pmi, attraverso l'istituzione di fondi di investimento specializzati di tipo chiuso, con importanti risultati tanto in termini di sviluppo imprenditoriale quanto di crescita economica e occupazionale. In particolare, merita ricordare le misure predisposte in tal senso dalla Francia e dal Regno Unito: nel primo caso, attraverso la creazione dei Fonds Communs de Placement dans l'innovation (Fcpi); nel secondo mediante lo schema di incentivo del Venture Capital Trust (Vct);
    le migliori pratiche a livello internazionale interpretano l'utilizzo della leva fiscale come strumento di sostegno allo sviluppo del sistema economico ed imprenditoriale, e pertanto potrebbe pertanto essere opportuno prevedere incentivi specifici a vantaggio dei sottoscrittori di fondi specializzati in Pmi. Tali incentivi avrebbero l'effetto di rendere più attraenti tali veicoli nei confronti degli investitori, andando così ad aumentare la dotazione di capitale privato a disposizione del settore, canalizzando al tempo stesso tale capitale verso quelle categorie di imprese che stentano ancora a reperire i capitali necessari a finanziare i propri progetti di sviluppo;
    è quindi auspicabile favorire la nascita di fondi «specializzati» di tipo chiuso, nella forma del «Fia» ovvero Fondi di Investimento Alternativo, rivolti alle persone fisiche, dedicati esclusivamente all'investimento in Pmi e che intendano utilizzare le risorse raccolte per fare investimenti, creare occupazione;
    per rendere i fondi convenienti per i risparmiatori le società beneficiarie dei capitali si dovrebbero impegnare a pagare un dividendo minimo del 2 per cento all'anno ovvero in linea con il rendimento del Btp a 10 anni, per 5 anni. Le Sgr promotrici dei fondi si potrebbero invece impegnare a praticare un livello commissionale inferiore quello medio di mercato;
    per rendere appetibile l'investimento nei Fia di Sviluppo, per superare il rischio della liquidabilità degli investimenti, coerentemente con il ruolo strategico che tali fondi assumerebbero per il sistema economico italiano, e sulla base delle migliori pratiche a livello internazionale, dovrebbero prevedere:
     che il fondo sia quotato ovvero negoziabile sul mercato secondario;
     una detrazione fiscale riconosciuta al sottoscrittore del fondo, persona fisica, pari al 19 per cento del capitale investito annualmente con un limite implicito all'investimento (essendo prevista, una detraibilità massima di 20 mila euro da suddividere in 5 anni);
    l'effetto finanziario per il bilancio dello Stato del Fia di Sviluppo, ovvero la differenza tra il costo annuo della detrazione e la tassazione del rendimento annuo pagato dal fondo ai sottoscrittori nello stesso periodo, è stimato in circa 11 milioni di euro. Tuttavia il Fia di Sviluppo rappresenterebbe una forma di investimento sostitutiva/alternativa rispetto a quella in altri strumenti finanziari come ad esempio quello nelle «Pmi Innovative» che riconoscono, alle persone fisiche che li sottoscrivono, il medesimo beneficio fiscale. Un effetto sostituzione dei Fia con gli strumenti finanziari emessi dalle Pmi Innovative è assolutamente ragionevole e ipotizzabile e quindi l'effetto finanziario per il bilancio dello Stato potrebbe ulteriormente ridursi;
    si consideri inoltre che la raccolta aggiuntiva legata alla nascita di nuovi fondi chiusi porterà degli effetti indiretti positivi sul bilancio dello Stato ed in particolare:
     le entrate generate dalla tassazione sui dividendi delle Pmi oggetto di investimento da parte del fondo;
     le entrate generate dall'effetto patrimonializzazione delle Pmi e maggiori investimenti delle Pmi;
     le entrate generate dai profitti dell'industria del risparmio gestito per le attività a servizio dello sviluppo e la gestione dei Fia di Sviluppo che essendo focalizzati su Pmi, impiegherebbero prevalentemente personale basato in Italia;
     le entrate generate dall'emersione dei profitti delle società che affrontano un processo di quotazione e cambio di governance essendo le Pmi prevalentemente di proprietà familiare e quindi non focalizzate sulla generazione degli utili come fattore distintivo per la creazione di valore;
    alla luce di quanto appena esposto appare quindi evidente come tale norma a regime potrebbe prevedere a breve non solo nessun onere per lo Stato, ma addirittura maggiori introiti per la finanza pubblica,

impegna il Governo

all'elaborazione di un disegno di legge basato sulla introduzione, anche sulla base delle migliori pratiche a livello internazionale, di una categoria speciale di Fondi alternativi di investimento, denominabili FIA di Sviluppo, da costituirsi in forma chiusa e destinati all'investimento in Pmi, da quotarsi in un mercato regolamentato o da trattarsi in un mercato secondario, investiti dell'obbligo di procurare un rendimento annuo pari ad almeno il 2 per cento (comunque in linea con quello del BTP decennali), rivolti alla sottoscrizione delle sole persone fisiche e assistiti da un beneficio fiscale in termini di detrazione riconosciuta al sottoscrittore pari al 19 per cento del capitale investito annualmente prevedendosi una detraibilità massima di 20 mila euro ripartiti su 5 anni.
9/3444-A/8Fregolent, Coppola, Dallai, Donati, Gadda, Morani, Moretto, Piccoli Nardelli, Vazio, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge in esame «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», sono presenti norme che prevedono detrazioni fiscali;
    l'Italia è uno dei Paesi occidentali con i maggiori tassi di propensione al risparmio e un elevato stock di ricchezza. Secondo i più recenti dati della Banca d'Italia la ricchezza delle famiglie italiane ammonta a 9.000 miliardi di euro (quasi 6 volte il Pil), 3.600 dei quali detenuti attraverso attività finanziarie;
    a fine ottobre 2015 l'intera industria del risparmio gestito amministrava 1.816 miliardi di euro, dei quali circa 890 miliardi di euro da parte, delle Sgr (Società di gestione del risparmio) italiane ovvero il 25 per cento circa delle attività finanziarie detenute dalle famiglie, in crescita del 20 per cento sull'anno precedente. Secondo la Relazione 2014 della Banca d'Italia tra il 2013 e il 2014 i flussi nei fondi comuni sono passati da 27 a 56 miliardi di euro mentre i titoli obbligazionari hanno registrato con deflussi superiore a 123 miliardi;
    nei primi 10 mesi del 2015 la raccolta netta di fondi aperti hanno superato gli 88 miliardi di euro e per fine 2015 l'ufficio studi di Intermonte SIM stima una raccolta netta positiva per oltre 90 miliardi e 67 miliardi nel 2016 ovvero oltre 150 miliardi di euro di 2 anni;
    analizzando i dati dei fondi per tipologia di investimento emerge come nella componente obbligazionaria siano investiti tuttora 500 miliardi di euro mentre in quelli puri azionari solo 180 miliardi di euro. Focalizzandosi solo sul mercato italiano i dati appaiono ancora più modesti: a fine del 2014 le azioni italiane detenute dai fondi non arrivavano a 15 miliardi di euro, ovvero circa l'1,5 per cento del totale delle masse amministrate delle Sgr italiane;
    appare quindi evidente come a fronte di un crescente interesse da parte delle famiglie italiane per il risparmio gestito e lo spostamento delle scelte di investimento verso il capitale di rischio (azioni) dato il basso livello dei rendimenti di Bot e Btp (le forme di investimento preferite dalle famiglie italiane) la Borsa italiana non stia intercettando il flusso di risparmio che potrebbe aiutare la patrimonializzazione delle imprese e nei complesso rappresentare un fattore di crescita del Paese;
    dal punto di vista macroeconomico il saldo delle partite correnti cumulato da inizio anno a fine settembre 2015, era attivo per 32 miliardi di euro, rispetto ai 25 miliardi di un anno prima. Un contributo importante è arrivato dalla bilancia commerciale che, sempre cumulato da inizio anno a fine settembre 2015, era positiva per circa 50 miliardi, oltre il 3 per cento del Pil. Un dato inferiore, nell'Eurozona, solo a quella della Germania (7 per cento del Pil), mentre la Francia nello stesso periodo presentava un deficit commerciale pari a 3 per cento del Pil. Il saldo della bilancia commerciale dell'Eurozona a fine 2014 era positivo per 200 miliardi di euro derivante quasi interamente dai surplus di Germania e Italia;
    per contro è cresciuto in modo significativo il flusso degli investimenti di portafoglio in attività finanziarie estere da parte degli italiani che sempre cumulato da inizio anno a fine settembre 2015, era pari a 47 miliardi di euro. Il nostro sistema non riesce quindi a rimettere in circolazione in Italia il surplus dalle partite correnti finendo, di fatto, per finanziare la crescita di Paesi esteri;
    alla luce di quanto appena esposto si rende quindi necessaria una riflessione per cercare di canalizzare, almeno una parte, della ricchezza delle famiglie italiane per favorire lo sviluppo anche del nostro Paese;
    una proposta in questa direzione è quella di intervenire favorendo l'afflusso dei risparmi privati verso il sistema delle Pmi (piccole e medie imprese);
    l'Italia, con 5,3 milioni di imprese attive al 31 dicembre 2013, è il Paese che vanta il maggior numero di microimprese e di Pmi nell'Unione europea, superando di gran lunga anche paesi più popolosi come la Germania e la Francia. In Italia le Pmi infatti oltre il 99 per cento delle realtà imprenditoriali presenti. In base agli ultimi dati disponibili, le Pmi occupano nei complesso poco meno di 4 milioni di addetti, hanno realizzato un volume di fatturato complessivo pari a 851 miliardi di euro, un valore aggiunto di 183 miliardi (pari al 12 per cento del valore del Pil). Le Pmi non costituiscono solo numericamente l'ossatura dei sistema produttivo nazionale, ma anche il loro contributo in termini di occupazione è significativo: impiegano, infatti, oltre l'81 per cento degli occupati totali, in particolare nel settore dei servizi;
    si sottolinea inoltre che già da tempo alcuni dei maggiori Paesi europei hanno istituito un regime di incentivazione fiscale per favorire l'afflusso di capitali privati verso le Pmi, attraverso l'istituzione di fondi di investimento specializzati di tipo chiuso, con importanti risultati tanto in termini di sviluppo imprenditoriale quanto di crescita economica e occupazionale. In particolare, merita ricordare le misure predisposte in tal senso dalla Francia e dal Regno Unito: nel primo caso, attraverso la creazione dei Fonds Communs de Placement dans l'innovation (Fcpi); nel secondo mediante lo schema di incentivo del Venture Capital Trust (Vct);
    le migliori pratiche a livello internazionale interpretano l'utilizzo della leva fiscale come strumento di sostegno allo sviluppo del sistema economico ed imprenditoriale, e pertanto potrebbe pertanto essere opportuno prevedere incentivi specifici a vantaggio dei sottoscrittori di fondi specializzati in Pmi. Tali incentivi avrebbero l'effetto di rendere più attraenti tali veicoli nei confronti degli investitori, andando così ad aumentare la dotazione di capitale privato a disposizione del settore, canalizzando al tempo stesso tale capitale verso quelle categorie di imprese che stentano ancora a reperire i capitali necessari a finanziare i propri progetti di sviluppo;
    è quindi auspicabile favorire la nascita di fondi «specializzati» di tipo chiuso, nella forma del «Fia» ovvero Fondi di Investimento Alternativo, rivolti alle persone fisiche, dedicati esclusivamente all'investimento in Pmi e che intendano utilizzare le risorse raccolte per fare investimenti, creare occupazione;
    per rendere i fondi convenienti per i risparmiatori le società beneficiarie dei capitali si dovrebbero impegnare a pagare un dividendo minimo del 2 per cento all'anno ovvero in linea con il rendimento del Btp a 10 anni, per 5 anni. Le Sgr promotrici dei fondi si potrebbero invece impegnare a praticare un livello commissionale inferiore quello medio di mercato;
    per rendere appetibile l'investimento nei Fia di Sviluppo, per superare il rischio della liquidabilità degli investimenti, coerentemente con il ruolo strategico che tali fondi assumerebbero per il sistema economico italiano, e sulla base delle migliori pratiche a livello internazionale, dovrebbero prevedere:
     che il fondo sia quotato ovvero negoziabile sul mercato secondario;
     una detrazione fiscale riconosciuta al sottoscrittore del fondo, persona fisica, pari al 19 per cento del capitale investito annualmente con un limite implicito all'investimento (essendo prevista, una detraibilità massima di 20 mila euro da suddividere in 5 anni);
    l'effetto finanziario per il bilancio dello Stato del Fia di Sviluppo, ovvero la differenza tra il costo annuo della detrazione e la tassazione del rendimento annuo pagato dal fondo ai sottoscrittori nello stesso periodo, è stimato in circa 11 milioni di euro. Tuttavia il Fia di Sviluppo rappresenterebbe una forma di investimento sostitutiva/alternativa rispetto a quella in altri strumenti finanziari come ad esempio quello nelle «Pmi Innovative» che riconoscono, alle persone fisiche che li sottoscrivono, il medesimo beneficio fiscale. Un effetto sostituzione dei Fia con gli strumenti finanziari emessi dalle Pmi Innovative è assolutamente ragionevole e ipotizzabile e quindi l'effetto finanziario per il bilancio dello Stato potrebbe ulteriormente ridursi;
    si consideri inoltre che la raccolta aggiuntiva legata alla nascita di nuovi fondi chiusi porterà degli effetti indiretti positivi sul bilancio dello Stato ed in particolare:
     le entrate generate dalla tassazione sui dividendi delle Pmi oggetto di investimento da parte del fondo;
     le entrate generate dall'effetto patrimonializzazione delle Pmi e maggiori investimenti delle Pmi;
     le entrate generate dai profitti dell'industria del risparmio gestito per le attività a servizio dello sviluppo e la gestione dei Fia di Sviluppo che essendo focalizzati su Pmi, impiegherebbero prevalentemente personale basato in Italia;
     le entrate generate dall'emersione dei profitti delle società che affrontano un processo di quotazione e cambio di governance essendo le Pmi prevalentemente di proprietà familiare e quindi non focalizzate sulla generazione degli utili come fattore distintivo per la creazione di valore;
    alla luce di quanto appena esposto appare quindi evidente come tale norma a regime potrebbe prevedere a breve non solo nessun onere per lo Stato, ma addirittura maggiori introiti per la finanza pubblica,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di elaborare un disegno di legge basato sulla introduzione, anche sulla base delle migliori pratiche a livello internazionale, di una categoria speciale di Fondi alternativi di investimento, denominabili FIA di Sviluppo, da costituirsi in forma chiusa e destinati all'investimento in Pmi, da quotarsi in un mercato regolamentato o da trattarsi in un mercato secondario, investiti dell'obbligo di procurare un rendimento annuo pari ad almeno il 2 per cento (comunque in linea con quello del BTP decennali), rivolti alla sottoscrizione delle sole persone fisiche e assistiti da un beneficio fiscale in termini di detrazione riconosciuta al sottoscrittore pari al 19 per cento del capitale investito annualmente prevedendosi una detraibilità massima di 20 mila euro ripartiti su 5 anni.
9/3444-A/8. (Testo modificato nel corso della seduta).  Fregolent, Coppola, Dallai, Donati, Gadda, Morani, Moretto, Piccoli Nardelli, Vazio, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge in esame «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», sono presenti disposizioni per gli investimenti ambientali e le amministrazioni straordinarie;
    la laguna di Orbetello, situata in provincia di Grosseto, è una zona dal rilevante valore ambientale e naturalistico e rappresenta un volano irrinunciabile per l'economia e l'occupazione territoriale;
    la particolare conformazione della laguna (che presenta uno specchio d'acqua di oltre 2500 ettari ed una profondità media di meno di un metro) ne fa un sistema ambientale molto delicato e vulnerabile, che necessita di una serie continuativa di interventi manutentivi e gestionali tali da conservare e migliorare progressivamente l'attuale stato di equilibrio ambientale. A causa dello scarso apporto di acqua dal mare e dell'immissione di scarichi ricchi di nitrati e di sali di potassio, provenienti dalle colture agricole, che hanno determinato il proliferare delle alghe, ed il conseguente impoverimento di ossigeno, la laguna di Orbetello è quindi un ambiente ad alto rischio;
    proprio a seguito di una grave crisi ambientale che ha causato una ingente moria di pesci nel corso degli anni ’90, che ha avuto il suo periodo più acuto nella primavera del 1993, la laguna di Orbetello è stata dichiarata «area ad elevato rischio di crisi ambientale». Successivamente, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha chiesto al «Ministro per il coordinamento della protezione civile», l'adozione di un'ordinanza che consentisse l'attuazione di interventi urgenti ed in conseguenza di ciò è stata emanata la prima ordinanza per la nomina del Commissario delegato al risanamento della laguna;
    da anni sono state intraprese azioni e procedure gestionali finalizzate al risanamento della laguna, tra le quali l'incremento dello scambio tra mare e laguna, grazie alla messa in esercizio di idrovore nel periodo primaverile-estivo;
    con una serie di ordinanze e di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri la gestione commissariale si è protratta fino al 2014;
    è emersa in questi anni l'assoluta necessità, da parte delle istituzioni coinvolte, di procedere gradualmente dalla fase commissariale a quella ordinaria affidando gestione e competenze della laguna agli enti locali dotando, al contempo, le amministrazioni territoriali di opportuni finanziamenti statali capaci di strutturare una adeguata programmazione al fine di prevenire emergenze ambientali e salvaguardare le ricchezze naturali della zona;
    nel mese di febbraio 2014 Regione Toscana, Provincia di Grosseto e Comune di Orbetello hanno firmato un accordo di programma per la gestione della laguna e del suo ecosistema: una gestione unitaria, fino al 2016, che assicuri la raccolta delle alghe che si accumulano in superficie, il loro trattamento e collocazione finale, ma anche la manutenzione dei canali necessari a migliorare la circolazione delle acque in laguna ed interventi per la conservazione di fondali e sponde. Una regia unica degli enti locali competenti in regime ordinario, necessaria al termine della lunga gestione commissariale e della fase transitoria assicurata dalla Regione Toscana fino alla fine del 2014;
    tale accordo prevede che la Regione Toscana provvederà a bandire la gara per affidare il servizio di gestione della laguna fino al 2017. Nel frattempo, nel 2015, la gestione provvisoria concordata è stata affidata al Comune di Orbetello;
    va specificato che l'accordo sopracitato non è stato però firmato dal Ministero dell'economia e delle finanze, nonostante la laguna faccia parte del Demanio Marittimo e lo stesso dicastero ne sia proprietario. A seguito del rifiuto ad assumersi le relative responsabilità la Regione è ricorsa al TAR del Lazio, chiedendo che il Ministero paghi quanto dovuto e cioè il costo della gestione e del recupero e smaltimento delle alghe;
    nonostante le istituzioni locali abbiano messo a disposizione anche un serie di mezzi, natanti, pompe e strumenti vari da utilizzare per la gestione della laguna e lo stanziamento complessivo della Regione Toscana di 7 milioni di euro per tre anni è palese che le risorse economiche degli agli enti locali competenti (Comune di Orbetello e Provincia di Grosseto) non siano assolutamente sufficienti a far fronte a situazioni emergenziali che interessano ciclicamente la laguna di Orbetello;
    nella seconda metà del mese di luglio del 2015, anche a causa delle ondate anomale di calore che hanno interessato gran parte d'Italia, la laguna di Orbetello è stata oggetto di una vera e propria catastrofe ecologica che sta tenendo impegnati anche la Protezione Civile e la Guardia Forestale dello Stato;
    è stata rilevata, in pochi giorni, la morte di oltre 200 tonnellate di pesci: si tratta di un bilancio ancora provvisorio ma che annovera tale disastro come il peggiore degli ultimi 70 anni;
    l'intera zona, dal 20 luglio scorso, è oggetto di un monitoraggio continuato e straordinario da parte dell'Arpat (Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana). Le analisi hanno rilevato che il fenomeno di moria è da attribuire unicamente ad un evento anossico (mancanza di ossigeno nell'acqua), mentre è da escludere qualsiasi evento distrofico (processo solfato – riducente con sviluppo di componenti tossiche, quali idrogeno solforato) evento, quest'ultimo, che è stato quasi sempre la diretta causa della morte della fauna ittica che si è verificata ciclicamente negli ultimi decenni;
    la calamità naturale ha causato una perdita economica per l'indotto territoriale di circa 20 milioni di euro senza dimenticare che ad oggi oltre 100 addetti potrebbero rischiare il posto di lavoro;
    è inoltre emerso, da organi di informazione, che non sarebbero stati effettuati negli anni passati a guida della gestione commissariale gli interventi strutturali del bacino, ed in particolare quei canali interni che avrebbero consentito un naturale ricambio delle acque nella laguna;
    appare quindi evidente, aldilà delle singole responsabilità, che il modello di governance attuale della Laguna di Orbetello, pur affidando le competenze della laguna agli enti territoriali, manca però di adeguate risorse economiche e tecniche capaci di assicurare una corretta gestione di un ecosistema così complesso e fragile e che interessa un vasto e diversificato tessuto ambientale, occupazionale ed economico,

impegna il Governo:

   ad aderire, tramite il Ministero dell'economia e delle finanze in qualità di ente titolare della proprietà demaniale marittima, all'accordo di programma citato in premessa per la gestione della laguna di Orbetello o a valutare altre forme di gestione della laguna che prevedano comunque il coinvolgimento diretto dello Stato;
   a stanziare annualmente adeguate risorse economiche per assicurare, di concerto con gli altri enti territoriali preposti, la corretta gestione del complesso e delicato ecosistema ambientale della laguna di Orbetello al fine di prevenire e contrastare, anche attraverso la realizzazione di adeguati interventi infrastrutturali ad oggi mancanti, i disastri ecologici che ciclicamente stanno interessando la fauna ittica presente nella laguna di Orbetello;
   a prevedere stanziamenti economici, agevolazioni ed interventi contributivi e creditizi per le attività della filiera ittica ed ammortizzatori sociali per i lavoratori coinvolti che ricadono nel territorio della laguna di Orbetello, al fine di sostenerne la continuità produttiva ed occupazionale, anche attraverso un apposito finanziamento del Fondo di solidarietà nazionale della pesca e dell'acquacoltura, istituito dall'articolo 14 del decreto legislativo 26 maggio 2004, numero 154.
9/3444-A/9Dallai, Sani.


   La Camera,
   premesso che:
    l'emergenza e la precarietà abitativa costituiscono, nella attuale congiuntura economica, uno dei fattori di maggiore e crescente tensione sociale, che continua a interessare larghi strati della popolazione appartenenti, oltre che alle tradizionali categorie a rischio, anche a fasce di ceto medio e professionisti;
    i dati del 2014 sugli sfratti continuano a confermare questa emergenza sociale, con l'aumento del 5,7 per cento degli sfratti per morosità e del 14,7 per cento delle richieste di esecuzione. Si conferma in aumento il trend degli ultimi anni: i provvedimenti emessi passano dai 67.790 del 2012 ai 73.385 del 2013 e raggiungono i 77.278 nel 2014 (+5,3 per cento rispetto al 2013). Tale incremento risulta più rilevante in Molise (+86,1 per cento), Puglia (+57,9 per cento), Marche (+37,2 per cento), Trentino Alto Adige (+32,2 per cento), Sardegna (+23,5 per cento), Liguria (+19,8 per cento). Ciò a testimonianza di una problematica che investe in maniera sempre più capillare l'intero territorio nazionale, sebbene la quota più significativa riguardi in ogni caso le grandi regioni, come la Lombardia (14.533 provvedimenti, il 18,8 per cento del totale nazionale), il Lazio (9.648, il 12,5 per cento del totale) e il Piemonte (8.266, 10,7 per cento su scala nazionale);
    rimane preoccupante l'incremento degli sfratti per morosità che raggiungono l'89 per cento del totale di quelli emessi, con un aumento su base annua del 5,7 per cento. In aumento anche le richieste di esecuzione dello sfratto mediante ufficiale giudiziario che dalle 129.577 del 2013, passano alle 150.075 del 2014 (+14,6 per cento) e gli sfratti in tal modo eseguiti: dai 31.399 del 2013 ai 36.083 del 2014 (+13,5 per cento);
    in merito alla situazione descritta il Governo ha messo in campo una serie di misure di contrasto all'emergenza abitativa, tra cui il rifinanziamento del Fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione (istituito dalla legge n. 431 del 1998) e l'istituzione del Fondo per il sostegno degli inquilini morosi incolpevoli, ciò mediante il decreto-legge n. 103 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 124 del 2013 e il successivo decreto-legge n. 47 del 2014, convertito con modificazioni dalla legge n. 80 del 2014;
    nello specifico l'articolo 6, commi 4 e 5, del decreto-legge n. 103 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 124 del 2013, finanziava con 100 milioni complessivi per il biennio 2014/2015 il Fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione e istituiva il Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli, con una dotazione pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015;
    il decreto-legge n. 47 del 2014 convertito con modificazioni dalla legge n. 80 del 2014 incrementava gli stanziamenti sopra citati portando a 200 milioni di euro complessivi per il biennio 2014/2015 le risorse del Fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione (articolo 1, comma 1 della norma citata) e rendeva strutturale il Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli, con stanziamenti programmati sino all'anno 2020 e incrementando altresì gli stessi (articolo 1, comma 2);
    in relazione al Fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 29 gennaio 2015 (articolo 1, commi 2 e 3), decreto di riparto dei 100 milioni destinati a quell'annualità, ha stabilito che una quota non superiore al 25 per cento delle risorse ripartite dovesse essere destinata a dare idonea soluzione abitativa ai soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 8 febbraio 2007, n. 9 (famiglie in condizione di disagio) sottoposti a procedure esecutive di rilascio per finita locazione, promuovendo, prioritariamente, la sottoscrizione di nuovi contratti a canone concordato. Per le finalità di cui al comma 2 i comuni interessati, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione del decreto, dovevano comunicare alla regione il numero dei provvedimenti esecutivi di rilascio emessi nei confronti delle categorie sociali di cui alla norma da ultimo citata, provvedendo le regioni, nei successivi trenta giorni, al riparto delle disponibilità e all'erogazione delle risorse statali trasferite;
    sull'effettivo utilizzo delle risorse stanziate mediante i due Fondi in questione, un monitoraggio del Ministero delle infrastrutture e i trasporti reso noto dal Sottosegretario Umberto del Basso De Caro durante lo svolgimento dell'interpellanza urgente n. 2-01034, presentata dall'On. Morassut, ha restituito un quadro insoddisfacente;
    in merito al Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni, dai dati acquisiti alla data del 30 aprile 2015, sulla disponibilità complessiva per il biennio 2014-2015 pari ad oltre 324 milioni di euro (di cui 200 milioni statali) le risorse assegnate dalle regioni ai comuni risultano ammontare a 93,7 milioni di euro e quelle effettivamente trasferite a meno di 75 milioni. Mentre, sull'utilizzo della riserva del 25 per cento, inerente il riparto 2015 di 100 milioni, il monitoraggio restituisce un dato di pressoché inutilizzo: 1,4 milioni su 25. Anche alla data del 30 giugno 2015 è stato evidenziato un utilizzo che, seppure incrementato rispetto al precedente valore riscontrato, risulta comunque ridotto: euro 3.540.854,23. Fattore di forte criticità, all'interno della procedura di assegnazione e utilizzo delle risorse in questione, è stato segnalato dalle regioni nell'estrema difficoltà dei comuni di accedere ai dati relativi al numero dei provvedimenti esecutivi di rilascio emessi nei confronti delle specifiche categorie sociali indicate dal decreto ministeriale;
    per quanto concerne invece il Fondo per gli inquilini morosi incolpevoli, il monitoraggio di cui sopra ha restituito un quadro procedurale regionale molto articolato. Su un totale di 83,39 milioni di euro disponibili (di cui 68,46 statali) le risorse assegnate dalle regioni (alla data sopra indicata) si attesterebbero a 23,49 milioni, mentre quelle effettivamente trasferite supererebbero di poco i 12 milioni;
    a fronte di una situazione di emergenza abitativa che non sembra diminuire, le farraginosità del meccanismo di trasferimento delle risorse dallo Stato centrale, alle Regioni, agli enti locali e soprattutto la lentezza nell'espletamento delle procedure per l'accertamento dei beneficiari hanno limitato fortemente l'impatto e l'efficacia degli interventi finanziati;
   considerato che:
    il Fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione risulta sprovvisto di dotazione finanziaria per l'annualità 2016;
    il Fondo in questione ha visto un finanziamento continuo dalla sua istituzione (seppur decrescente) eccetto la parentesi delle annualità 2012 e 2013, rappresentando quest'ultimo il principale strumento di sostegno per l'accesso alle categorie più deboli a una casa in locazione e di contrasto allo scivolamento di queste ultime in una situazione di morosità per l'impossibilità di sostenere le spese relative all'abitazione;
    l'inefficacia dei meccanismi di trasferimento delle risorse stanziate dai Fondi citati ai beneficiari pongono la necessità di una riforma di questi strumenti, che possa garantire un sostegno in tempi ragionevolmente rapidi e una maggiore efficacia nel perseguimento delle finalità a cui essi sono preposti, essendo ineludibile in ogni caso il finanziamento di interventi a tal fine indirizzati,

impegna il Governo

a vincolare al Fondo per l'accesso alle abitazioni in locazione e al Fondo per gli inquilini morosi incolpevoli – tenendo fermi i trasferimenti alle regioni – gli stanziamenti non spesi nelle annualità di riferimento, nonché le eventuali evidenze di risparmi dei due Fondi citati.
9/3444-A/10Piazzoni, Miccoli, Morassut.


   La Camera,
   premesso che:
    l'emergenza e la precarietà abitativa costituiscono, nella attuale congiuntura economica, uno dei fattori di maggiore e crescente tensione sociale, che continua a interessare larghi strati della popolazione appartenenti, oltre che alle tradizionali categorie a rischio, anche a fasce di ceto medio e professionisti;
    i dati del 2014 sugli sfratti continuano a confermare questa emergenza sociale, con l'aumento del 5,7 per cento degli sfratti per morosità e del 14,7 per cento delle richieste di esecuzione. Si conferma in aumento il trend degli ultimi anni: i provvedimenti emessi passano dai 67.790 del 2012 ai 73.385 del 2013 e raggiungono i 77.278 nel 2014 (+5,3 per cento rispetto al 2013). Tale incremento risulta più rilevante in Molise (+86,1 per cento), Puglia (+57,9 per cento), Marche (+37,2 per cento), Trentino Alto Adige (+32,2 per cento), Sardegna (+23,5 per cento), Liguria (+19,8 per cento). Ciò a testimonianza di una problematica che investe in maniera sempre più capillare l'intero territorio nazionale, sebbene la quota più significativa riguardi in ogni caso le grandi regioni, come la Lombardia (14.533 provvedimenti, il 18,8 per cento del totale nazionale), il Lazio (9.648, il 12,5 per cento del totale) e il Piemonte (8.266, 10,7 per cento su scala nazionale);
    rimane preoccupante l'incremento degli sfratti per morosità che raggiungono l'89 per cento del totale di quelli emessi, con un aumento su base annua del 5,7 per cento. In aumento anche le richieste di esecuzione dello sfratto mediante ufficiale giudiziario che dalle 129.577 del 2013, passano alle 150.075 del 2014 (+14,6 per cento) e gli sfratti in tal modo eseguiti: dai 31.399 del 2013 ai 36.083 del 2014 (+13,5 per cento);
    in merito alla situazione descritta il Governo ha messo in campo una serie di misure di contrasto all'emergenza abitativa, tra cui il rifinanziamento del Fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione (istituito dalla legge n. 431 del 1998) e l'istituzione del Fondo per il sostegno degli inquilini morosi incolpevoli, ciò mediante il decreto-legge n. 103 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 124 del 2013 e il successivo decreto-legge n. 47 del 2014, convertito con modificazioni dalla legge n. 80 del 2014;
    nello specifico l'articolo 6, commi 4 e 5, del decreto-legge n. 103 del 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 124 del 2013, finanziava con 100 milioni complessivi per il biennio 2014/2015 il Fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione e istituiva il Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli, con una dotazione pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2014 e 2015;
    il decreto-legge n. 47 del 2014 convertito con modificazioni dalla legge n. 80 del 2014 incrementava gli stanziamenti sopra citati portando a 200 milioni di euro complessivi per il biennio 2014/2015 le risorse del Fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione (articolo 1, comma 1 della norma citata) e rendeva strutturale il Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli, con stanziamenti programmati sino all'anno 2020 e incrementando altresì gli stessi (articolo 1, comma 2);
    in relazione al Fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione, il decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 29 gennaio 2015 (articolo 1, commi 2 e 3), decreto di riparto dei 100 milioni destinati a quell'annualità, ha stabilito che una quota non superiore al 25 per cento delle risorse ripartite dovesse essere destinata a dare idonea soluzione abitativa ai soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 8 febbraio 2007, n. 9 (famiglie in condizione di disagio) sottoposti a procedure esecutive di rilascio per finita locazione, promuovendo, prioritariamente, la sottoscrizione di nuovi contratti a canone concordato. Per le finalità di cui al comma 2 i comuni interessati, entro trenta giorni dalla data di pubblicazione del decreto, dovevano comunicare alla regione il numero dei provvedimenti esecutivi di rilascio emessi nei confronti delle categorie sociali di cui alla norma da ultimo citata, provvedendo le regioni, nei successivi trenta giorni, al riparto delle disponibilità e all'erogazione delle risorse statali trasferite;
    sull'effettivo utilizzo delle risorse stanziate mediante i due Fondi in questione, un monitoraggio del Ministero delle infrastrutture e i trasporti reso noto dal Sottosegretario Umberto del Basso De Caro durante lo svolgimento dell'interpellanza urgente n. 2-01034, presentata dall'On. Morassut, ha restituito un quadro insoddisfacente;
    in merito al Fondo nazionale per il sostegno all'accesso alle abitazioni, dai dati acquisiti alla data del 30 aprile 2015, sulla disponibilità complessiva per il biennio 2014-2015 pari ad oltre 324 milioni di euro (di cui 200 milioni statali) le risorse assegnate dalle regioni ai comuni risultano ammontare a 93,7 milioni di euro e quelle effettivamente trasferite a meno di 75 milioni. Mentre, sull'utilizzo della riserva del 25 per cento, inerente il riparto 2015 di 100 milioni, il monitoraggio restituisce un dato di pressoché inutilizzo: 1,4 milioni su 25. Anche alla data del 30 giugno 2015 è stato evidenziato un utilizzo che, seppure incrementato rispetto al precedente valore riscontrato, risulta comunque ridotto: euro 3.540.854,23. Fattore di forte criticità, all'interno della procedura di assegnazione e utilizzo delle risorse in questione, è stato segnalato dalle regioni nell'estrema difficoltà dei comuni di accedere ai dati relativi al numero dei provvedimenti esecutivi di rilascio emessi nei confronti delle specifiche categorie sociali indicate dal decreto ministeriale;
    per quanto concerne invece il Fondo per gli inquilini morosi incolpevoli, il monitoraggio di cui sopra ha restituito un quadro procedurale regionale molto articolato. Su un totale di 83,39 milioni di euro disponibili (di cui 68,46 statali) le risorse assegnate dalle regioni (alla data sopra indicata) si attesterebbero a 23,49 milioni, mentre quelle effettivamente trasferite supererebbero di poco i 12 milioni;
    a fronte di una situazione di emergenza abitativa che non sembra diminuire, le farraginosità del meccanismo di trasferimento delle risorse dallo Stato centrale, alle Regioni, agli enti locali e soprattutto la lentezza nell'espletamento delle procedure per l'accertamento dei beneficiari hanno limitato fortemente l'impatto e l'efficacia degli interventi finanziati;
   considerato che:
    il Fondo per il sostegno all'accesso alle abitazioni in locazione risulta sprovvisto di dotazione finanziaria per l'annualità 2016;
    il Fondo in questione ha visto un finanziamento continuo dalla sua istituzione (seppur decrescente) eccetto la parentesi delle annualità 2012 e 2013, rappresentando quest'ultimo il principale strumento di sostegno per l'accesso alle categorie più deboli a una casa in locazione e di contrasto allo scivolamento di queste ultime in una situazione di morosità per l'impossibilità di sostenere le spese relative all'abitazione;
    l'inefficacia dei meccanismi di trasferimento delle risorse stanziate dai Fondi citati ai beneficiari pongono la necessità di una riforma di questi strumenti, che possa garantire un sostegno in tempi ragionevolmente rapidi e una maggiore efficacia nel perseguimento delle finalità a cui essi sono preposti, essendo ineludibile in ogni caso il finanziamento di interventi a tal fine indirizzati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di vincolare al Fondo per l'accesso alle abitazioni in locazione e al Fondo per gli inquilini morosi incolpevoli – tenendo fermi i trasferimenti alle regioni – gli stanziamenti non spesi nelle annualità di riferimento, nonché le eventuali evidenze di risparmi dei due Fondi citati.
9/3444-A/10. (Testo modificato nel corso della seduta). Piazzoni, Miccoli, Morassut.


   La Camera,
   premesso che:
    la regione Lombardia e il Ministero per i beni e le attività culturali hanno sostenuto e collaborato alla realizzazione del museo della fotografia contemporanea fin dalla fase di avvio del progetto nel 1998, il progetto voluto dalla provincia di Milano e dal comune di Cinisello Balsamo rispondeva al grave ritardo con cui l'Italia riconosceva la fotografia carne bene culturale e prevedeva che si istituisse presso la Villa Ghirlanda a Cinisello Balsamo il primo museo pubblico in Italia dedicato alla fotografia contemporanea e più in generale all'immagine tecnologica;
    il patrimonio fotografico del museo di fotografia contemporanea comprende 29 fondi fotografici di proprietà e di pertinenza della provincia di Milano e del comune di Cinisello Balsamo, fondatori del Museo, della regione Lombardia, della fondazione e di privati che hanno depositato al museo la propria collezione o l'archivio, per un totale di un milione e ottocentomila immagini, stampe fotografiche in bianco e nero e a colori di più di seicento autori italiani e stranieri; l'insieme costituisce Uno spaccato significativo della fotografia italiana e straniera dal dopoguerra ad oggi;
    il patrimonio librario del museo comprende diciottomila libri e annate di riviste, provenienti da acquisti e scambi con altre istituzioni;
    il museo ha realizzato nel corso degli anni più di 30 mostre, esponendo artisti di rilevanza internazionale, ha pubblicato 20 libri tra i quali i quaderni di studio dedicati alla riflessione teorica sulla ricerca fotografica e sul rapporto fra la fotografia e le altre arti e discipline espressive;
    dal 2005 è gestito da una fondazione di diritto privato i cui soci sono la provincia di Milano e il comune di Cinisello Balsamo, nel 2010 è nata l'associazione Amici del museo che oggi conta circa 200 soci;
    il Museo nonostante le difficoltà economiche e le incertezze sulle prospettive future, il Museo ha saputo crescere diventando per l'area milanese, nazionale ed internazionale un riferimento scientifico riconosciuto per lo studio, la conservazione e la divulgazione della fotografia come arte contemporanea,
   considerato che:
    la Città metropolitana di Milano non ha tra le sue competenze i beni culturali e per questo non può più far parte della Fondazione, garantendo un contributo annuale per il funzionamento del Museo;
    la Regione Lombardia sembrerebbe non è intenzionata a succedere alla Provincia di Milano/Città Metropolitana nella Fondazione che gestisce il Museo;
    la Triennale di Milano, è disponibile a collaborare per far continuare l'attività del Museo che ha un archivio di collezioni fotografiche e librarie, che vantano il primato in Italia per il contemporaneo e sono un patrimonio di valenza nazionale tutelato ai sensi del codice Urbani;
   tutto ciò premesso:
    per evitare che importanti collezioni possano rischiare di essere smembrate e disperse qualora l'istituzione museale non dovesse trovare nuovi e più ampi sostegni,

impegna il Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo:

   a promuovere le opportune collaborazioni con Regione Lombardia, Città Metropolitana, Comune di Cinisello Balsamo e la Triennale al fine di salvaguardare e valorizzare il patrimonio rappresentato dal Museo di Fotografia Contemporanea;
   a sostenere l'impegno della Triennale di Milano a favore del Museo di Fotografia Contemporanea.
9/3444-A/11Gasparini.


   La Camera,
   premesso che:
    la regione Lombardia e il Ministero per i beni e le attività culturali hanno sostenuto e collaborato alla realizzazione del museo della fotografia contemporanea fin dalla fase di avvio del progetto nel 1998, il progetto voluto dalla provincia di Milano e dal comune di Cinisello Balsamo rispondeva al grave ritardo con cui l'Italia riconosceva la fotografia carne bene culturale e prevedeva che si istituisse presso la Villa Ghirlanda a Cinisello Balsamo il primo museo pubblico in Italia dedicato alla fotografia contemporanea e più in generale all'immagine tecnologica;
    il patrimonio fotografico del museo di fotografia contemporanea comprende 29 fondi fotografici di proprietà e di pertinenza della provincia di Milano e del comune di Cinisello Balsamo, fondatori del Museo, della regione Lombardia, della fondazione e di privati che hanno depositato al museo la propria collezione o l'archivio, per un totale di un milione e ottocentomila immagini, stampe fotografiche in bianco e nero e a colori di più di seicento autori italiani e stranieri; l'insieme costituisce Uno spaccato significativo della fotografia italiana e straniera dal dopoguerra ad oggi;
    il patrimonio librario del museo comprende diciottomila libri e annate di riviste, provenienti da acquisti e scambi con altre istituzioni;
    il museo ha realizzato nel corso degli anni più di 30 mostre, esponendo artisti di rilevanza internazionale, ha pubblicato 20 libri tra i quali i quaderni di studio dedicati alla riflessione teorica sulla ricerca fotografica e sul rapporto fra la fotografia e le altre arti e discipline espressive;
    dal 2005 è gestito da una fondazione di diritto privato i cui soci sono la provincia di Milano e il comune di Cinisello Balsamo, nel 2010 è nata l'associazione Amici del museo che oggi conta circa 200 soci;
    il Museo nonostante le difficoltà economiche e le incertezze sulle prospettive future, il Museo ha saputo crescere diventando per l'area milanese, nazionale ed internazionale un riferimento scientifico riconosciuto per lo studio, la conservazione e la divulgazione della fotografia come arte contemporanea,
   considerato che:
    la Città metropolitana di Milano non ha tra le sue competenze i beni culturali e per questo non può più far parte della Fondazione, garantendo un contributo annuale per il funzionamento del Museo;
    la Regione Lombardia sembrerebbe non è intenzionata a succedere alla Provincia di Milano/Città Metropolitana nella Fondazione che gestisce il Museo;
    la Triennale di Milano, è disponibile a collaborare per far continuare l'attività del Museo che ha un archivio di collezioni fotografiche e librarie, che vantano il primato in Italia per il contemporaneo e sono un patrimonio di valenza nazionale tutelato ai sensi del codice Urbani;
   tutto ciò premesso:
    per evitare che importanti collezioni possano rischiare di essere smembrate e disperse qualora l'istituzione museale non dovesse trovare nuovi e più ampi sostegni,

impegna il Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo:

   a valutare l'opportunità di promuovere le opportune collaborazioni con Regione Lombardia, Città Metropolitana, Comune di Cinisello Balsamo e la Triennale al fine di salvaguardare e valorizzare il patrimonio rappresentato dal Museo di Fotografia Contemporanea;
   a valutare l'opportunità di sostenere l'impegno della Triennale di Milano a favore del Museo di Fotografia Contemporanea.
9/3444-A/11. (Testo modificato nel corso della seduta).  Gasparini.


   La Camera,
   premesso che:
    in data 26 novembre 2014 è stata presentata interrogazione (5-04133) a firma Gasparini/Mauri che aveva come obiettivo conoscere dal Governo la volontà/disponibilità a finanziare il completamento della Metropolitana 5 di Milano nel tratto che comprende i comuni di Cinisello Balsamo e Monza;
    le dichiarazioni del Ministro Graziano Delrio congiuntamente all'assessore alla mobilità di Milano Maran, che s'impegnano a realizzare quanto previsto nel piano della mobilità del comune di Milano del 2001/2010 riguardante la tratta della M5 da Bignami/Bettola e aggiungendo ulteriori fermate sulla verso Monza e Settimo Milanese;
    l'ordine del giorno approvato al Senato – primo firmatario senatore Mandelli – in cui si chiedono finanziamenti per il prolungamento della M5 da Bettola fino all'ospedale San Gerardo e Parco Villa Reale:
   ricordando che:
    il Nord Milano e Monza e Brianza sono una delle aree del Paese a più alta intensità di popolazione e di attività produttive con il conseguente carico di traffico automobilistico che si aggiunge a quello di attraversamento sul sistema viabilistico di valenza nazionale (SS36), tangenziale (nord, ovest e est) e autostradale Milano-Venezia;
    la frammentazione dei decisori (regione, province, comuni, comuni capoluoghi) non ha permesso di rendere coerenti gli investimenti per potenziare il trasporto metropolitano e realizzare aree di interscambio capaci di intercettare e fermare il traffico di penetrazione sulle aree urbane più densamente popolate offrendo servizi di parcheggio e accesso al sistema di trasporto su gomma e su ferro (treno e metropolitane);
    la progettazione della linea 5 della metropolitana e il prolungamento della linea M1 con capolinea di entrambi a Monza-Cinisello/Bettola e la realizzazione del relativo parcheggio di interscambio, si era operato affinché ci fosse coerenza nelle finalità degli interventi realizzati: ridurre il traffico automobilistico nelle aree più densamente popolate e collegando il sistema metropolitano milanese con Monza;
    la decisione di non realizzare quanto era stato approvato dal consiglio comunale di Milano con il piano della mobilità 2001/2010 (delibera n. 30 del 19 marzo 2001) ha determinato incongruenze e danni per l'intero sistema milanese e della Brianza, in quanto:
     a) non creando le condizioni di interscambio ferro/metropolitane/gomma nell'area MonzaCinisello/Bettola, non rende possibile offrire un servizio reale agli automobilisti diretti a Milano che permetta di affrontare radicalmente il problema dell'inquinamento dell'aria, la tutela della salute dei cittadini;
     b) non rendendo coerente e sinergica l'organizzazione della complessa rete viabilistica e trasporti del nord Milano (SS36, tangenziale ovest, tangenziale nord-Rho/Monza, autostrada Milano Venezia, viale Fulvio Testi/viale Zara/viale Sarca, prolungamento metropolitana) il traffico di attraversamento a Cinisello Balsamo e Sesto San Giovanni è aumentato in maniera esponenziale, caricando sulla comunità di Cinisello Balsamo, in particolare, il traffico di accumulo a causa di lavori incoerenti;
   si evidenzia inoltre:
     c) che si sta realizzando il prolungamento e il nuovo capolinea della metropolitana 1 da Sesto San Giovanni all'area di confine tra Monza e Cinisello Balsamo denominata frazione Bettola con già predisposto l'innesto della metropolitana 5 prevista lungo il viale Fulvio Testi;
    d) che con il finanziamento del tratto metropolitano M5 da Bignami a Monza si renderebbe anche possibile riqualificare il tratto stradale viale Fulvio Testi, Viale Zara, e l'incrocio Clerici-Sarca, eliminando il grave disagio che si è venuto a creare a Cinisello Balsamo con l'interramento della SS36 nel tratto monzese e il mancato completamento della riqualificazione del viale Fulvio Testi,

impegna il Governo:

   a dare priorità al finanziamento della metropolitana linea 5 da Milano/Bignami a MonzaCinisello/Bettola che permetterebbe la realizzazione di una infrastruttura strategica per collegare la città metropolitana di Milano con la provincia di Monza e Brianza e il suo capoluogo Monza;
   a prevedere ulteriori spazi finanziari per il prolungamento fino alle stazioni di «Ospedale San Gerardo» e «Parco Villa Reale»;
   a prevedere nel prossimo documento di programmazione economica, che il Governo deve presentare al Parlamento entro il 10 aprile del 2016, i finanziamenti per la realizzazione di questa opera strategica.
9/3444-A/12Mauri, Gasparini.


   La Camera,
   premesso che:
    in data 26 novembre 2014 è stata presentata interrogazione (5-04133) a firma Gasparini/Mauri che aveva come obiettivo conoscere dal Governo la volontà/disponibilità a finanziare il completamento della Metropolitana 5 di Milano nel tratto che comprende i comuni di Cinisello Balsamo e Monza;
    le dichiarazioni del Ministro Graziano Delrio congiuntamente all'assessore alla mobilità di Milano Maran, che s'impegnano a realizzare quanto previsto nel piano della mobilità del comune di Milano del 2001/2010 riguardante la tratta della M5 da Bignami/Bettola e aggiungendo ulteriori fermate sulla verso Monza e Settimo Milanese;
    l'ordine del giorno approvato al Senato – primo firmatario senatore Mandelli – in cui si chiedono finanziamenti per il prolungamento della M5 da Bettola fino all'ospedale San Gerardo e Parco Villa Reale:
   ricordando che:
    il Nord Milano e Monza e Brianza sono una delle aree del Paese a più alta intensità di popolazione e di attività produttive con il conseguente carico di traffico automobilistico che si aggiunge a quello di attraversamento sul sistema viabilistico di valenza nazionale (SS36), tangenziale (nord, ovest e est) e autostradale Milano-Venezia;
    la frammentazione dei decisori (regione, province, comuni, comuni capoluoghi) non ha permesso di rendere coerenti gli investimenti per potenziare il trasporto metropolitano e realizzare aree di interscambio capaci di intercettare e fermare il traffico di penetrazione sulle aree urbane più densamente popolate offrendo servizi di parcheggio e accesso al sistema di trasporto su gomma e su ferro (treno e metropolitane);
    la progettazione della linea 5 della metropolitana e il prolungamento della linea M1 con capolinea di entrambi a Monza-Cinisello/Bettola e la realizzazione del relativo parcheggio di interscambio, si era operato affinché ci fosse coerenza nelle finalità degli interventi realizzati: ridurre il traffico automobilistico nelle aree più densamente popolate e collegando il sistema metropolitano milanese con Monza;
    la decisione di non realizzare quanto era stato approvato dal consiglio comunale di Milano con il piano della mobilità 2001/2010 (delibera n. 30 del 19 marzo 2001) ha determinato incongruenze e danni per l'intero sistema milanese e della Brianza, in quanto:
     a) non creando le condizioni di interscambio ferro/metropolitane/gomma nell'area MonzaCinisello/Bettola, non rende possibile offrire un servizio reale agli automobilisti diretti a Milano che permetta di affrontare radicalmente il problema dell'inquinamento dell'aria, la tutela della salute dei cittadini;
     b) non rendendo coerente e sinergica l'organizzazione della complessa rete viabilistica e trasporti del nord Milano (SS36, tangenziale ovest, tangenziale nord-Rho/Monza, autostrada Milano Venezia, viale Fulvio Testi/viale Zara/viale Sarca, prolungamento metropolitana) il traffico di attraversamento a Cinisello Balsamo e Sesto San Giovanni è aumentato in maniera esponenziale, caricando sulla comunità di Cinisello Balsamo, in particolare, il traffico di accumulo a causa di lavori incoerenti;
   si evidenzia inoltre:
     c) che si sta realizzando il prolungamento e il nuovo capolinea della metropolitana 1 da Sesto San Giovanni all'area di confine tra Monza e Cinisello Balsamo denominata frazione Bettola con già predisposto l'innesto della metropolitana 5 prevista lungo il viale Fulvio Testi;
    d) che con il finanziamento del tratto metropolitano M5 da Bignami a Monza si renderebbe anche possibile riqualificare il tratto stradale viale Fulvio Testi, Viale Zara, e l'incrocio Clerici-Sarca, eliminando il grave disagio che si è venuto a creare a Cinisello Balsamo con l'interramento della SS36 nel tratto monzese e il mancato completamento della riqualificazione del viale Fulvio Testi,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di:
    dare priorità al finanziamento della metropolitana linea 5 da Milano/Bignami a MonzaCinisello/Bettola che permetterebbe la realizzazione di una infrastruttura strategica per collegare la città metropolitana di Milano con la provincia di Monza e Brianza e il suo capoluogo Monza;
    prevedere ulteriori spazi finanziari per il prolungamento fino alle stazioni di «Ospedale San Gerardo» e «Parco Villa Reale»;
    prevedere nel prossimo documento di programmazione economica, che il Governo deve presentare al Parlamento entro il 10 aprile del 2016, i finanziamenti per la realizzazione di questa opera strategica.
9/3444-A/12. (Testo modificato nel corso della seduta).  Mauri, Gasparini.


   La Camera,
   visto il principio di pubblicità dei lavori parlamentari sancito dall'articolo 64 della Costituzione;
   considerato quanto previsto dall'articolo 14-bis del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge dalla legge 17 dicembre 2012 n. 221, che prevede che «al Senato della Repubblica e alla Camera dei deputati è assicurata a titolo gratuito la funzione trasmissiva al fine di garantire la trasparenza e l'accessibilità dei lavori parlamentari su tutto il territorio nazionale nel nuovo sistema universale digitale» e che, a tal fine, prevede che il Ministro dello sviluppo economico adotti gli opportuni provvedimenti;
   visto anche quanto previsto dal comma (riforma canone Rai) dell'articolo 1 del disegno di legge n. 3444 – legge di stabilità 2016;
   considerato che tra le finalità del servizio pubblico radiotelevisivo vi è anche quella di garantire la massima diffusione dei lavori parlamentari, attraverso mezzi che ne garantiscano la piena accessibilità su tutto il territorio nazionale;
   rilevato che in questo senso si è già espressa anche la Commissione parlamentare di vigilanza sui servizi radiotelevisivi che nel parere sullo schema di Contratto di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai-Radiotelevisione italiana Spa per il triennio 2013-2015, ancora non stipulato, ha previsto una condizione che impegna la Rai a «mettere gratuitamente a disposizione della Camera e del Senato – entro 6 mesi dall'entrata in vigore del contratto – una funzione trasmissiva nella sua piattaforma digitale tale da consentire alle due Camere la migrazione degli attuali canali istituzionali nel nuovo sistema universale mantenendone una piena autonomia», nonché a riservare nel palinsesto delle tre reti generaliste «adeguati spazi e contenitori giornalistici all'informazione sulle attività delle Assemblee e delle Commissioni parlamentari, delle altre istituzioni costituzionali, di rilievo costituzionale, di garanzia e di controllo e dell'Unione Europea, illustrando le tematiche con linguaggio accessibile a tutti»,

impegna il Governo

ad assumere tutte le iniziative ritenute necessarie, anche attraverso l'integrazione del contratto di servizio con la Rai-Radiotelevisione italiana Spa, affinché, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità 2016, sia messa gratuitamente a disposizione della Camera e del Senato una funzione trasmissiva nella piattaforma digitale della Rai stessa per consentire alle due Camere di migrare gli attuali canali istituzionali su due canali digitali terrestri, mantenendone una piena autonomia nelle modalità di definizione del palinsesto.
9/3444-A/13Fontanelli, Gregorio Fontana, Dambruoso.


   La Camera,
   visto il principio di pubblicità dei lavori parlamentari sancito dall'articolo 64 della Costituzione;
   considerato quanto previsto dall'articolo 14-bis del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito in legge dalla legge 17 dicembre 2012 n. 221, che prevede che «al Senato della Repubblica e alla Camera dei deputati è assicurata a titolo gratuito la funzione trasmissiva al fine di garantire la trasparenza e l'accessibilità dei lavori parlamentari su tutto il territorio nazionale nel nuovo sistema universale digitale» e che, a tal fine, prevede che il Ministro dello sviluppo economico adotti gli opportuni provvedimenti;
   visto anche quanto previsto dal comma (riforma canone Rai) dell'articolo 1 del disegno di legge n. 3444 – legge di stabilità 2016;
   considerato che tra le finalità del servizio pubblico radiotelevisivo vi è anche quella di garantire la massima diffusione dei lavori parlamentari, attraverso mezzi che ne garantiscano la piena accessibilità su tutto il territorio nazionale;
   rilevato che in questo senso si è già espressa anche la Commissione parlamentare di vigilanza sui servizi radiotelevisivi che nel parere sullo schema di Contratto di servizio tra il Ministero dello sviluppo economico e la Rai-Radiotelevisione italiana Spa per il triennio 2013-2015, ancora non stipulato, ha previsto una condizione che impegna la Rai a «mettere gratuitamente a disposizione della Camera e del Senato – entro 6 mesi dall'entrata in vigore del contratto – una funzione trasmissiva nella sua piattaforma digitale tale da consentire alle due Camere la migrazione degli attuali canali istituzionali nel nuovo sistema universale mantenendone una piena autonomia», nonché a riservare nel palinsesto delle tre reti generaliste «adeguati spazi e contenitori giornalistici all'informazione sulle attività delle Assemblee e delle Commissioni parlamentari, delle altre istituzioni costituzionali, di rilievo costituzionale, di garanzia e di controllo e dell'Unione Europea, illustrando le tematiche con linguaggio accessibile a tutti»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere tutte le iniziative ritenute necessarie, anche attraverso l'integrazione del contratto di servizio con la Rai-Radiotelevisione italiana Spa, affinché, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità 2016, sia messa gratuitamente a disposizione della Camera e del Senato una funzione trasmissiva nella piattaforma digitale della Rai stessa per consentire alle due Camere di migrare gli attuali canali istituzionali su due canali digitali terrestri, mantenendone una piena autonomia nelle modalità di definizione del palinsesto.
9/3444-A/13. (Testo modificato nel corso della seduta). Fontanelli, Gregorio Fontana, Dambruoso.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Associazione nazionale vittime civili di guerra (ANVCG) Onlus è l'ente morale preposto per legge alla rappresentanza e tutela delle vittime civili di guerra e delle loro famiglie. Al contrario di quello che si immagina si tratta di una categoria, quella delle vittime della guerra, ancora molto ampia ed attuale, che solo in Italia conta oltre 120.000 persone (fonte: Elaborazione statistica sulle partite di pensioni di guerra in pagamento per il 2014, a cura del Ministero dell'Economia delle Finanze – Direzione dei servizi del tesoro). Si tratta di mutilati, invalidi, grandi invalidi, vedove e orfani cui l'associazione offre quotidiana assistenza, anche domiciliare;
    a fianco alle tradizionali attività di assistenza diretta, oggi in buona parte anche di carattere domiciliare attraverso le oltre 80 sedi periferiche, l'ANVCG è inoltre impegnata in diverse, attualissime iniziative nazionali ed internazionale, che la vedono coinvolta a fianco di importanti partner istituzionali e non;
   a titolo esemplificativo e non esaustivo si possono citare:
    la campagna di sensibilizzazione sugli ordigni bellici inesplosi e sullo sminamento umanitario, condotta anche in collaborazione con la RAI, il Ministero degli esteri, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, l'UNMAS (Agenzia ONU per l'azione contro le mine e gli ordigni inesplosi) ed altri partner italiani ed internazionali;
    la partecipazione alle campagne internazionali di sostegno alle vittime civili di guerra in Sierra Leone, Congo e nella striscia di Gaza, in collaborazione con le Agenzie delle Nazioni Unite UNRWA e UNMAS;
    la stipula, il 13 novembre 2015, di un protocollo d'intesa con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per la diffusione e la sensibilizzazione di diverse tematiche che ricadono nell'ambito della attività dell'associazione;
    la creazione di un osservatorio con compiti di ricognizione e studio a livello internazionale nel campo del diritto umanitario, dei diritti umani e delle conseguenze dei conflitti sulla popolazione civile nel mondo;
    numerose campagne di sensibilizzazione, tra cui attualmente in corso quella sul tema dei rifugiati, nell'ambito della quale l'Associazione ha anche aderito al «Comitato 3 ottobre», dove sono presenti l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), il Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR), Save the Children, Emergency, Amnesty International, Medici Senza Frontiere ecc.;
    la partecipazione al Comitato nazionale per l'azione umanitaria contro le mine anti-persona presso il Ministero degli affari esteri;
    la creazione, della Scuola di aggiornamento e alta formazione «Giuseppe Arcaroli» sui temi dei diritti umani in relazione alle situazioni di conflitto;
    la realizzazione di ricerche e pubblicazioni di carattere storico, di cui da ultimo il progetto di ricerca documentale, attualmente in corso, per un «Atlante dei bombardamenti e delle vittime civili di guerra», sotto il coordinamento del Prof. Nicola Labanca, Presidente del centro interuniversitario di studi e ricerche storico-militari;
   l'associazione percepisce due tipi di contributi, uno ordinario annuo specifico, ai sensi del comma 113 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004 come modificato dall'articolo 11-quaterdecies, comma 10, del decreto-legge n. 203 del 2005 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2005, allocato nel capitolo 2310 Tab. 8 del Ministero dell'interno e l'altro, soggetto a riparto con altre Associazioni, allocato nel capitolo 2309 Tab. 8 del Ministero dell'interno;
   negli ultimi anni, a fronte delle numerose e crescenti attività svolte dall'ANVCG anche in collaborazione con diversi Ministeri, la certezza e la regolarità di tali contributi è stata costantemente compromessa da ripetuti tagli da parete del Governo, cui sono sempre seguiti altrettanti interventi del Parlamento diretti al ripristino degli stessi;
   anche in occasione della legge di stabilità 2016 – a fronte di precisi impegni del Governo a ripristinare integralmente le risorse relative ai due contributi – il Parlamento ha approvato specifici emendamenti che ripristinato soltanto in parte i contributi dell'Associazione, grazie ai quali si è impedito il rischio di pregiudicarne alcune, importanti, attività in favore della categoria e della collettività in genere,

impegna il Governo:

   ad adottare le opportune iniziative, se del caso in un primo provvedimento utile o al più nell'ambito delle prossima sessione di assestamento del bilancio, volte a ripristinare il contributo ordinario previsto dal comma 113 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004 come modificato dall'articolo 11-quaterdecies, comma 10, del decreto-legge n. 203 del 2005 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2005, come allocato nel capitolo 2310 Tab. 8 del Ministero dell'interno, nell'importo originario di 400.000 euro annui, nonché il contributo soggetto a riparto di cui al capitolo 2309 Tab. 8 del Ministero dell'Interno nell'importo originario di 2.000.000 di euro annui;
   ad ogni modo, ad intraprendere azioni dirette ad assicurare stabilità, continuità e certezza nell'allocazione e nella misura delle risorse da stanziare in favore dell'Associazione nazionale vittime civili di guerra.
9/3444-A/14Mongiello.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Associazione nazionale vittime civili di guerra (ANVCG) Onlus è l'ente morale preposto per legge alla rappresentanza e tutela delle vittime civili di guerra e delle loro famiglie. Al contrario di quello che si immagina si tratta di una categoria, quella delle vittime della guerra, ancora molto ampia ed attuale, che solo in Italia conta oltre 120.000 persone (fonte: Elaborazione statistica sulle partite di pensioni di guerra in pagamento per il 2014, a cura del Ministero dell'Economia delle Finanze – Direzione dei servizi del tesoro). Si tratta di mutilati, invalidi, grandi invalidi, vedove e orfani cui l'associazione offre quotidiana assistenza, anche domiciliare;
    a fianco alle tradizionali attività di assistenza diretta, oggi in buona parte anche di carattere domiciliare attraverso le oltre 80 sedi periferiche, l'ANVCG è inoltre impegnata in diverse, attualissime iniziative nazionali ed internazionale, che la vedono coinvolta a fianco di importanti partner istituzionali e non;
   a titolo esemplificativo e non esaustivo si possono citare:
    la campagna di sensibilizzazione sugli ordigni bellici inesplosi e sullo sminamento umanitario, condotta anche in collaborazione con la RAI, il Ministero degli esteri, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, l'UNMAS (Agenzia ONU per l'azione contro le mine e gli ordigni inesplosi) ed altri partner italiani ed internazionali;
    la partecipazione alle campagne internazionali di sostegno alle vittime civili di guerra in Sierra Leone, Congo e nella striscia di Gaza, in collaborazione con le Agenzie delle Nazioni Unite UNRWA e UNMAS;
    la stipula, il 13 novembre 2015, di un protocollo d'intesa con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per la diffusione e la sensibilizzazione di diverse tematiche che ricadono nell'ambito della attività dell'associazione;
    la creazione di un osservatorio con compiti di ricognizione e studio a livello internazionale nel campo del diritto umanitario, dei diritti umani e delle conseguenze dei conflitti sulla popolazione civile nel mondo;
    numerose campagne di sensibilizzazione, tra cui attualmente in corso quella sul tema dei rifugiati, nell'ambito della quale l'Associazione ha anche aderito al «Comitato 3 ottobre», dove sono presenti l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), il Consiglio Italiano per i Rifugiati (CIR), Save the Children, Emergency, Amnesty International, Medici Senza Frontiere ecc.;
    la partecipazione al Comitato nazionale per l'azione umanitaria contro le mine anti-persona presso il Ministero degli affari esteri;
    la creazione, della Scuola di aggiornamento e alta formazione «Giuseppe Arcaroli» sui temi dei diritti umani in relazione alle situazioni di conflitto;
    la realizzazione di ricerche e pubblicazioni di carattere storico, di cui da ultimo il progetto di ricerca documentale, attualmente in corso, per un «Atlante dei bombardamenti e delle vittime civili di guerra», sotto il coordinamento del Prof. Nicola Labanca, Presidente del centro interuniversitario di studi e ricerche storico-militari;
   l'associazione percepisce due tipi di contributi, uno ordinario annuo specifico, ai sensi del comma 113 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004 come modificato dall'articolo 11-quaterdecies, comma 10, del decreto-legge n. 203 del 2005 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2005, allocato nel capitolo 2310 Tab. 8 del Ministero dell'interno e l'altro, soggetto a riparto con altre Associazioni, allocato nel capitolo 2309 Tab. 8 del Ministero dell'interno;
   negli ultimi anni, a fronte delle numerose e crescenti attività svolte dall'ANVCG anche in collaborazione con diversi Ministeri, la certezza e la regolarità di tali contributi è stata costantemente compromessa da ripetuti tagli da parete del Governo, cui sono sempre seguiti altrettanti interventi del Parlamento diretti al ripristino degli stessi;
   anche in occasione della legge di stabilità 2016 – a fronte di precisi impegni del Governo a ripristinare integralmente le risorse relative ai due contributi – il Parlamento ha approvato specifici emendamenti che ripristinato soltanto in parte i contributi dell'Associazione, grazie ai quali si è impedito il rischio di pregiudicarne alcune, importanti, attività in favore della categoria e della collettività in genere,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative, se del caso in un primo provvedimento utile o al più nell'ambito delle prossima sessione di assestamento del bilancio, volte a ripristinare il contributo ordinario previsto dal comma 113 dell'articolo 1 della legge n. 311 del 2004 come modificato dall'articolo 11-quaterdecies, comma 10, del decreto-legge n. 203 del 2005 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248 del 2005, come allocato nel capitolo 2310 Tab. 8 del Ministero dell'interno, nell'importo originario di 400.000 euro annui, nonché il contributo soggetto a riparto di cui al capitolo 2309 Tab. 8 del Ministero dell'Interno nell'importo originario di 2.000.000 di euro annui;
   ad ogni modo, a valutare l'opportunità di intraprendere azioni dirette ad assicurare stabilità, continuità e certezza nell'allocazione e nella misura delle risorse da stanziare in favore dell'Associazione nazionale vittime civili di guerra.
9/3444-A/14. (Testo modificato nel corso della seduta).  Mongiello.


   La Camera,
   premesso che:
    la sempre maggiore internazionalizzazione del sistema universitario italiano è una priorità per il Paese;
    tale obiettivo è presente nel provvedimento in esame, come dimostrano gli interventi previsti dai commi 110, 111, 112, 113, 114 e 115 dell'articolo 1;
    la mobilità internazionale costituisce un requisito imprescindibile per accedere alla maggior parte dei fondi alla ricerca finanziati dall'Unione Europea;
    secondo i dati resi pubblici da MAECI e EUROSTAT, solo il 3,8 per cento degli studenti iscritti alle università italiane sono stranieri, a fronte di una media europea dell'8 per cento;
    secondo l'Ufficio di statistica del MAECI, la quota di docenti di ruolo stranieri operanti nel sistema italiano è equivalente a meno del 3 per cento del totale;
    rispetto a molti altri Paesi europei, la quantità di corsi universitari in lingua inglese offerti dalle università italiane è contenuta;
    nel suo percorso di internazionalizzazione, il nostro Paese dispone di una risorsa d'eccellenza costituita dalla comunità scientifica italiana impiegata presso università straniere;
    lo sforzo di sostenere la proiezione del nostro sistema economico in ambito globale, non sempre si è coniugato, anche nelle misure volte al rilancio della nostra economia adottate in questi ultimi tempi, con un'adeguata consapevolezza dell'opportunità di valorizzare la presenza degli italiani all'estero come leva dello sviluppo del «sistema Paese»;
    prevedere che nel sistema universitario italiano venga inserito un maggior numero di studiosi di qualità eccellente, non necessariamente in possesso della cittadinanza italiana e con significativa esperienza lavorativa in un Paese diverso dal Paese di attuale residenza, contribuirebbe in modo determinante al suo svecchiamento e alla sua internazionalizzazione,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di destinare una quota dello stanziamento di cui ai commi 110, 111, 112, 113, 114, e 115 dell'articolo 1 a personale docente che negli ultimi dieci anni abbia svolto attività di ricerca o di insegnamento per almeno due anni continuativi presso un ente di ricerca o presso una università di un Paese estero diverso dal Paese di attuale residenza.
9/3444-A/15Garavini, Gianni Farina, Fedi, La Marca, Porta, Tacconi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 1, comma 548-terdecies, reca l'introduzione della «card cultura giovani», strumento volto alla promozione e allo sviluppo della cultura e della conoscenza del patrimonio culturale;
    la «card cultura giovani» consiste in una Carta elettronica, dell'importo nominale massimo di euro 500 per l'anno 2016, assegnata a tutti i cittadini italiani ed europei residenti sul territorio nazionale i quali compiono i diciotto anni nell'anno 2016, da utilizzare per assistere a rappresentazioni teatrali e cinematografiche, nonché per l'ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo,

impegna il Governo

a reinvestire eventuali risparmi all'interno del sistema, prevedendone la destinazione al «Fondo per il contrasto della povertà educativa» di cui all'articolo 1, comma 213 del provvedimento in esame.
9/3444-A/16Ascani, Antezza, Amato, Arlotti, Bazoli, Blazina, Bonaccorsi, Bonomo, Bossa, Carocci, Carrescia, Carrozza, Coccia, Coppola, Covello, Crivellari, Dallai, De Menech, Marco Di Maio, Donati, D'Ottavio, Ghizzoni, Grassi, Gribaudo, Lodolini, Manzi, Marco Meloni, Morani, Narduolo, Pes, Salvatore Piccolo, Preziosi, Prina, Quartapelle Procopio, Rubinato, Sgambato, Taricco, Tidei, Zardini, Romanini, Malisani, Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, all'articolo 1, comma 548-terdecies, reca l'introduzione della «card cultura giovani», strumento volto alla promozione e allo sviluppo della cultura e della conoscenza del patrimonio culturale;
    la «card cultura giovani» consiste in una Carta elettronica, dell'importo nominale massimo di euro 500 per l'anno 2016, assegnata a tutti i cittadini italiani ed europei residenti sul territorio nazionale i quali compiono i diciotto anni nell'anno 2016, da utilizzare per assistere a rappresentazioni teatrali e cinematografiche, nonché per l'ingresso a musei, mostre ed eventi culturali e spettacoli dal vivo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reinvestire eventuali risparmi all'interno del sistema, prevedendone la destinazione al «Fondo per il contrasto della povertà educativa» di cui all'articolo 1, comma 213 del provvedimento in esame.
9/3444-A/16. (Testo modificato nel corso della seduta).  Ascani, Antezza, Amato, Arlotti, Bazoli, Blazina, Bonaccorsi, Bonomo, Bossa, Carocci, Carrescia, Carrozza, Coccia, Coppola, Covello, Crivellari, Dallai, De Menech, Marco Di Maio, Donati, D'Ottavio, Ghizzoni, Grassi, Gribaudo, Lodolini, Manzi, Marco Meloni, Morani, Narduolo, Pes, Salvatore Piccolo, Preziosi, Prina, Quartapelle Procopio, Rubinato, Sgambato, Taricco, Tidei, Zardini, Romanini, Malisani, Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 496 dell'articolo 1 dell'Atto Camera 3444-A recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)» istituisce, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un Fondo finalizzato all'acquisto diretto, ovvero per il tramite di società specializzate, degli automezzi adibiti al trasporto pubblico locale e regionale, e in particolare per l'accessibilità per persone a mobilità ridotta;
    al Fondo confluiscono, previa intesa con le Regioni, le risorse disponibili di cui all'articolo 1, comma 83, della legge di stabilità 2014 (comma 496);
    l'articolo 1, comma 83, della legge di stabilità 2014 ha stanziato 300 milioni per il 2014 e 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016 da destinare all'acquisto di materiale rotabile su gomma e di materiale rotabile ferroviario, nonché di vaporetti e ferryboat;
    i relativi pagamenti sono esclusi dal patto di stabilità interno, nel limite del 45 per cento dell'assegnazione di ciascuna regione per l'anno 2014 e integralmente per gli anni 2015 e 2016;
    le modifiche introdotte nel provvedimento in esame relative all'inclusione della riqualificazione elettrica tra le finalità del Fondo per l'acquisto diretto dei mezzi del trasporto pubblico locale risultano positive ancorché insufficienti dal punto di vista della mobilità sostenibile;
    la promozione e l'incentivazione della mobilità sostenibile sono elementi fondamentali per il conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020,

impegna il Governo

ad adottare opportune iniziative volte a garantire e monitorare che il Fondo istituito per la sostituzione del parco mezzi adibito al trasporto pubblico locale e regionale venga utilizzato prioritariamente per investimenti destinati alla riqualificazione elettrica dei veicoli già circolanti piuttosto che ad acquisti di mezzi nuovi consentendo così la realizzazione, nel nostro Paese, di una mobilità sostenibile di persone e merci a basso impatto ambientale ed economico.
9/3444-A/17Cristian Iannuzzi.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 496 dell'articolo 1 dell'Atto Camera 3444-A recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)» istituisce, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un Fondo finalizzato all'acquisto diretto, ovvero per il tramite di società specializzate, degli automezzi adibiti al trasporto pubblico locale e regionale, e in particolare per l'accessibilità per persone a mobilità ridotta;
    al Fondo confluiscono, previa intesa con le Regioni, le risorse disponibili di cui all'articolo 1, comma 83, della legge di stabilità 2014 (comma 496);
    l'articolo 1, comma 83, della legge di stabilità 2014 ha stanziato 300 milioni per il 2014 e 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016 da destinare all'acquisto di materiale rotabile su gomma e di materiale rotabile ferroviario, nonché di vaporetti e ferryboat;
    i relativi pagamenti sono esclusi dal patto di stabilità interno, nel limite del 45 per cento dell'assegnazione di ciascuna regione per l'anno 2014 e integralmente per gli anni 2015 e 2016;
    le modifiche introdotte nel provvedimento in esame relative all'inclusione della riqualificazione elettrica tra le finalità del Fondo per l'acquisto diretto dei mezzi del trasporto pubblico locale risultano positive ancorché insufficienti dal punto di vista della mobilità sostenibile;
    la promozione e l'incentivazione della mobilità sostenibile sono elementi fondamentali per il conseguimento degli obiettivi della strategia Europa 2020,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare opportune iniziative volte a garantire e monitorare che il Fondo istituito per la sostituzione del parco mezzi adibito al trasporto pubblico locale e regionale venga utilizzato prioritariamente per investimenti destinati alla riqualificazione elettrica dei veicoli già circolanti piuttosto che ad acquisti di mezzi nuovi consentendo così la realizzazione, nel nostro Paese, di una mobilità sostenibile di persone e merci a basso impatto ambientale ed economico.
9/3444-A/17. (Testo modificato nel corso della seduta).  Cristian Iannuzzi.


   La Camera,
   considerato che:
    l'impianto complessivo del disegno di legge di stabilità 2016 conferma le linee guida di un'azione di Governo concentrata – secondo quanto sintetizzato nella richiamata Relazione al Parlamento 2015 – su: Misure di alleviamento della povertà e stimolo all'occupazione, agli investimenti privati, all'innovazione, all'efficienza energetica e alla rivitalizzazione dell'economia anche meridionale, sostegno alle famiglie e alle imprese anche attraverso l'eliminazione dell'imposizione fiscale sulla prima casa, i terreni agricoli e i macchinari cosiddetti «imbullonati», l'azzeramento per l'anno 2016 delle clausole di salvaguardia previste da precedenti disposizioni legislative;
    considerato, altresì, che, in coerenza con gli obiettivi di bilancio stabiliti nella Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza 2015, il disegno di legge di stabilità per il 2016 persegue l'obiettivo del sostegno della crescita sia attraverso il contenimento del carico fiscale, sia attraverso l'impulso all'aumento della domanda aggregata ed al miglioramento della competitività,

impegna il Governo

a valutare la possibilità, in prossimi provvedimenti legislativi, di implementare il credito d'imposta per le attività di ricerca e sviluppo e, nel quadro delle compatibilità e degli equilibri della finanza pubblica, la possibilità di un percorso di progressivo rafforzamento della deducibilità dell'IMU corrisposta sugli immobili strumentali all'esercizio dell'attività economica dal reddito d'impresa e dal reddito di lavoro autonomo.
9/3444-A/18Giulietti.


   La Camera,
   premesso che:
    nel nostro Paese il canone televisivo, o canone Rai, è un'imposta sulla detenzione di apparecchi atti o adattabili alla ricezione di radioaudizioni televisive nel territorio italiano e la sua natura giuridica deriva da quanto disposto dal Regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246;
    con il disegno di legge n. 3444-A «Disposizioni per la formulazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» – legge di stabilità 2016 – commi 71-79, si introduce una nuova presunzione di possesso dell'apparecchio televisivo: in presenza di un contratto di fornitura dell'energia elettrica, nelle relative fatture sarà addebitato il canone, suddiviso in 10 rate per un complessivo di 100,00 euro rispetto a 113,50 euro;
   con il suddetto meccanismo il Governo stima maggiori entrate per gli anni dal 2016 al 2018, che saranno riversate all'Erario per una quota pari al 33 per cento del loro ammontare per l'anno 2016 e del 50 per cento per ciascuno degli anni 2017 e 2018, per essere destinate prioritariamente: a) all'ampliamento sino a 8.000, della soglia per l'esenzione dal pagamento del canone di abbonamento in favore di soggetti di pari età o superiore a settantacinque anni; b) al finanziamento, fino ad un importo massimo di 50 milioni di euro annuo, ad un Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, da istituire nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico; c) al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, di cui all'articolo 1, comma 431, della legge 27 dicembre 2013, n. 147;
    questo nuovo meccanismo di prelievo fiscale, pur garantendo a Rai SpA trasferimenti annui di circa 1,7 miliardi di euro, di fatto stravolge in concetto giuridico di «imposta di scopo» poiché il surplus non viene destinato interamente alla riduzione d'imposta, se non per una residua quota e per una specifica categoria di cittadini;
    nello stesso tempo i produttori e distributori di energia elettrica sono di fatto trasformati in esattori, compito che giuridicamente non gli compete;
    se poi consideriamo che, non tutti i possessori di un televisore sono possessori di un contratto di fornitura di energia elettrica, e che non tutti i possessori di un contratto di fornitura di energia elettrica, sono possessori di un televisore, il pasticcio normativo diventa sempre più evidente e grossolano. Se a ciò aggiungiamo le migliaia di abitazioni civili dotate di mini impianti per la produzione di energia rinnovabile, numeri peraltro sempre in aumento negli ultimi anni, allora diventa evidente l'approssimazione giuridica sulla quale si basa il nuovo meccanismo di prelievo fiscale,

impegna il Governo

a destinare, le eventuali maggiori entrate versate, a titolo di canone di abbonamento alla televisione, rispetto alle somme già iscritte per l'anno 2016, alla riduzione proporzionale del canone stesso così come d'altronde viene fatto con tutte le imposte di scopo, cercando di evitare le grossolane incongruenze evidenziate nelle premesse.
9/3444-A/19Matteo Bragantini, Caon, Marcolin, Prataviera, Cenni.


   La Camera,
   premesso che:
    nel nostro Paese il canone televisivo, o canone Rai, è un'imposta sulla detenzione di apparecchi atti o adattabili alla ricezione di radioaudizioni televisive nel territorio italiano e la sua natura giuridica deriva da quanto disposto dal Regio decreto-legge 21 febbraio 1938, n. 246;
    con il disegno di legge n. 3444-A «Disposizioni per la formulazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» – legge di stabilità 2016 – commi 71-79, si introduce una nuova presunzione di possesso dell'apparecchio televisivo: in presenza di un contratto di fornitura dell'energia elettrica, nelle relative fatture sarà addebitato il canone, suddiviso in 10 rate per un complessivo di 100,00 euro rispetto a 113,50 euro;
   con il suddetto meccanismo il Governo stima maggiori entrate per gli anni dal 2016 al 2018, che saranno riversate all'Erario per una quota pari al 33 per cento del loro ammontare per l'anno 2016 e del 50 per cento per ciascuno degli anni 2017 e 2018, per essere destinate prioritariamente: a) all'ampliamento sino a 8.000, della soglia per l'esenzione dal pagamento del canone di abbonamento in favore di soggetti di pari età o superiore a settantacinque anni; b) al finanziamento, fino ad un importo massimo di 50 milioni di euro annuo, ad un Fondo per il pluralismo e l'innovazione dell'informazione, da istituire nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico; c) al Fondo per la riduzione della pressione fiscale, di cui all'articolo 1, comma 431, della legge 27 dicembre 2013, n. 147;
    questo nuovo meccanismo di prelievo fiscale, pur garantendo a Rai SpA trasferimenti annui di circa 1,7 miliardi di euro, di fatto stravolge in concetto giuridico di «imposta di scopo» poiché il surplus non viene destinato interamente alla riduzione d'imposta, se non per una residua quota e per una specifica categoria di cittadini;
    nello stesso tempo i produttori e distributori di energia elettrica sono di fatto trasformati in esattori, compito che giuridicamente non gli compete;
    se poi consideriamo che, non tutti i possessori di un televisore sono possessori di un contratto di fornitura di energia elettrica, e che non tutti i possessori di un contratto di fornitura di energia elettrica, sono possessori di un televisore, il pasticcio normativo diventa sempre più evidente e grossolano. Se a ciò aggiungiamo le migliaia di abitazioni civili dotate di mini impianti per la produzione di energia rinnovabile, numeri peraltro sempre in aumento negli ultimi anni, allora diventa evidente l'approssimazione giuridica sulla quale si basa il nuovo meccanismo di prelievo fiscale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare, le eventuali maggiori entrate versate, a titolo di canone di abbonamento alla televisione, rispetto alle somme già iscritte per l'anno 2016, alla riduzione proporzionale del canone stesso così come d'altronde viene fatto con tutte le imposte di scopo, cercando di evitare le grossolane incongruenze evidenziate nelle premesse.
9/3444-A/19. (Testo modificato nel corso della seduta).  Matteo Bragantini, Caon, Marcolin, Prataviera, Cenni.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, modificando l'articolo 1 della legge n. 392 del 1941 – trasferisce allo Stato, dal 1o settembre 2015, l'obbligo di corrispondere le spese per gli uffici giudiziari, attualmente a carico dei comuni ai sensi della stessa legge;
    la legge n. 392 del 1941 stabilisce che le spese necessarie per i locali ad uso degli uffici giudiziari, e per le pigioni, riparazioni, manutenzione, pulizia, illuminazione, riscaldamento e custodia dei locali medesimi; per le provviste di acqua, il servizio telefonico, la fornitura e le riparazioni dei mobili e degli impianti per i detti Uffici e loro sedi, per i registri e gli oggetti di cancelleria costituiscono spese obbligatorie dei comuni che ospitano detti uffici. A titolo di parziale rimborso, lo Stato attualmente eroga ai comuni un contributo annuo alle spese medesime nella misura stabilita nella tabella allegata alla stessa legge n. 392 (articolo 2); spetterà ad un decreto ministeriale Giustizia – Economia determinare l'entità delle spese per il funzionamento degli uffici giudiziari, sulla base dei costi standard per categorie omogenee di beni e servizi e a un decreto del Presidente della Repubblica individuare le misure organizzative necessarie ad attuare la nuova disciplina. In particolare, per lo svolgimento dei compiti correlati a tali nuovi oneri, è prevista l'assegnazione prioritaria al Ministero della giustizia del personale delle province che, a seguito dell'attuazione della legge n. 56 del 2014, dovesse risultare in esubero,

impegna il Governo

a fornire ai comuni adeguate garanzie in merito alla sostenibilità delle spese giudiziarie anche nelle more di una totale regolazione normative del passaggio allo Stato di tali competenze.
9/3444-A/20Albini, Becattini, Argentin.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, modificando l'articolo 1 della legge n. 392 del 1941 – trasferisce allo Stato, dal 1o settembre 2015, l'obbligo di corrispondere le spese per gli uffici giudiziari, attualmente a carico dei comuni ai sensi della stessa legge;
    la legge n. 392 del 1941 stabilisce che le spese necessarie per i locali ad uso degli uffici giudiziari, e per le pigioni, riparazioni, manutenzione, pulizia, illuminazione, riscaldamento e custodia dei locali medesimi; per le provviste di acqua, il servizio telefonico, la fornitura e le riparazioni dei mobili e degli impianti per i detti Uffici e loro sedi, per i registri e gli oggetti di cancelleria costituiscono spese obbligatorie dei comuni che ospitano detti uffici. A titolo di parziale rimborso, lo Stato attualmente eroga ai comuni un contributo annuo alle spese medesime nella misura stabilita nella tabella allegata alla stessa legge n. 392 (articolo 2); spetterà ad un decreto ministeriale Giustizia – Economia determinare l'entità delle spese per il funzionamento degli uffici giudiziari, sulla base dei costi standard per categorie omogenee di beni e servizi e a un decreto del Presidente della Repubblica individuare le misure organizzative necessarie ad attuare la nuova disciplina. In particolare, per lo svolgimento dei compiti correlati a tali nuovi oneri, è prevista l'assegnazione prioritaria al Ministero della giustizia del personale delle province che, a seguito dell'attuazione della legge n. 56 del 2014, dovesse risultare in esubero,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di fornire ai comuni adeguate garanzie in merito alla sostenibilità delle spese giudiziarie anche nelle more di una totale regolazione normative del passaggio allo Stato di tali competenze.
9/3444-A/20. (Testo modificato nel corso della seduta)  Albini, Becattini, Argentin.


   La Camera,
    tenuto conto delle disposizioni approvate in materia di Sicurezza e Difesa, con particolare riguardo alle norme contenute all'articolo 1, commi 548-bis, 548-quinquies e 548-sexies con le quali viene istituito un fondo per il potenziamento degli interventi e delle dotazioni strumentali in materia di protezione cibernetica e sicurezza informatica nazionali;
    preso atto delle misure destinate al contrasto e alla prevenzione dai rischi del terrorismo internazionale, al fine di garantire le dotazioni necessarie alla sicurezza delle Forze armate nelle attività di contrasto al terrorismo,

impegna il Governo:

   a riservare una parte significativa delle risorse assegnate al fondo citato in premessa, ad investimenti da destinare alla progettazione, sviluppo, integrazione e produzione di sistemi di guerra elettronica tramite inibizione dell'uso efficace dello spettro elettromagnetico, anche tenendo conto delle eccellenze produttive presenti in Abruzzo, con particolare riguardo ai:
    a) Sistemi di contromisure elettroniche (ECM), contro-contromisure elettroniche (ECCM) e misure di supporto elettroniche (ESM);
    b) Sistemi C-RCIED (Counter – Radio Controlled Improvised Explosive Device), realizzati tramite sistemi integrati di disturbo (jamming) comprendenti: apparecchiature di disturbo, sistemi radianti, protezioni meccaniche ed elettriche, interfacce di comunicazione, controllo remoto o locale.
9/3444-A/21Fusilli, Castricone.


   La Camera,
    tenuto conto delle disposizioni approvate in materia di Sicurezza e Difesa, con particolare riguardo alle norme contenute all'articolo 1, commi 548-bis, 548-quinquies e 548-sexies con le quali viene istituito un fondo per il potenziamento degli interventi e delle dotazioni strumentali in materia di protezione cibernetica e sicurezza informatica nazionali;
    preso atto delle misure destinate al contrasto e alla prevenzione dai rischi del terrorismo internazionale, al fine di garantire le dotazioni necessarie alla sicurezza delle Forze armate nelle attività di contrasto al terrorismo,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di riservare una parte significativa delle risorse assegnate al fondo citato in premessa, ad investimenti da destinare alla progettazione, sviluppo, integrazione e produzione di sistemi di guerra elettronica tramite inibizione dell'uso efficace dello spettro elettromagnetico, anche tenendo conto delle eccellenze produttive presenti in Abruzzo, con particolare riguardo ai:
    a) Sistemi di contromisure elettroniche (ECM), contro-contromisure elettroniche (ECCM) e misure di supporto elettroniche (ESM);
    b) Sistemi C-RCIED (Counter – Radio Controlled Improvised Explosive Device), realizzati tramite sistemi integrati di disturbo (jamming) comprendenti: apparecchiature di disturbo, sistemi radianti, protezioni meccaniche ed elettriche, interfacce di comunicazione, controllo remoto o locale.
9/3444-A/21. (Testo modificato nel corso della seduta).  Fusilli, Castricone.


   La Camera,
    tenuto conto delle norme approvate in sede di discussione dell'atto Camera 3444 (legge di stabilità 2016) con particolare riferimento a quanto previsto nell'articolo 1 comma 217-bis in relazione al personale del Corpo militare della Croce rossa italiana;
    delle professionalità e delle competenze riconosciute al personale del Corpo militare della CRI e delle consolidate capacità operative – logistiche del Corpo stesso che risultano potenzialmente impiegabili in altre realtà di pubblica utilità;
    della contestuale necessità di ridurre in tempi ragionevoli gli attuali assetti organici dello stesso personale in servizio continuativo nel Corpo militare della CRI,

impegna il Governo:

   ad estendere al suddetto personale la possibilità di essere collocato nella posizione di «aspettativa per riduzione di quadri» a similitudine di quanto previsto per il personale delle Forze Armate attraverso l'adozione di una specifica normativa che tenga conto delle peculiarità del Corpo;
   a prevedere il possibile assorbimento delle strutture logistico-operative del Corpo e dello stesso personale nel costituendo sistema della «Capacità europea di risposta emergenziale» previsto dall'articolo 27 della legge Europea 2014 n. 115 del 29 luglio 2015.
9/3444-A/22Villecco Calipari, Fusilli, Scanu, Marantelli, D'Arienzo, Salvatore Piccolo, Zanin, Bolognesi, Paola Boldrini, Ferro.


   La Camera,
    tenuto conto delle norme approvate in sede di discussione dell'atto Camera 3444 (legge di stabilità 2016) con particolare riferimento a quanto previsto nell'articolo 1 comma 217-bis in relazione al personale del Corpo militare della Croce rossa italiana;
    delle professionalità e delle competenze riconosciute al personale del Corpo militare della CRI e delle consolidate capacità operative – logistiche del Corpo stesso che risultano potenzialmente impiegabili in altre realtà di pubblica utilità;
    della contestuale necessità di ridurre in tempi ragionevoli gli attuali assetti organici dello stesso personale in servizio continuativo nel Corpo militare della CRI,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di estendere al suddetto personale la possibilità di essere collocato nella posizione di «aspettativa per riduzione di quadri» a similitudine di quanto previsto per il personale delle Forze Armate attraverso l'adozione di una specifica normativa che tenga conto delle peculiarità del Corpo;
   a prevedere il possibile assorbimento delle strutture logistico-operative del Corpo e dello stesso personale nel costituendo sistema della «Capacità europea di risposta emergenziale» previsto dall'articolo 27 della legge Europea 2014 n. 115 del 29 luglio 2015.
9/3444-A/22. (Testo modificato nel corso della seduta).  Villecco Calipari, Fusilli, Scanu, Marantelli, D'Arienzo, Salvatore Piccolo, Zanin, Bolognesi, Paola Boldrini, Ferro.


   La Camera,
   premesso che:
    con il comma 2 dell'articolo 45 della legge n. 99 del 2009 era stato costituito un apposito Fondo presso il Ministero dello sviluppo economico preordinato alla riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti per i residenti nelle regioni interessate dalla estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi nonché dalle attività di rigassificazione «anche attraverso impianti fissi offshore»;
    con l'articolo 30-quinquies del decreto-legge n. 91 del 2014, introdotto durante l'esame al Senato, veniva ad essere modificato l'articolo 45, comma 2, della legge 23 luglio 2009, n. 99, con la soppressione delle parole: nonché dalle attività di rigassificazione anche attraverso impianti fissi off-shore; con tale disposizione erano pertanto esclusi gli impianti fissi off-shore da quelli la cui presenza all'interno di un territorio regionale consente ai residenti di poter beneficiare del cosiddetto «bonus carburante»;
    in sede di conversione in legge del decreto alla Camera, il Governo prese già l'impegno, con il Viceministro dello sviluppo economico De Vincenti, di correggere la norma dell'articolo 30-quinquies e di reintrodurre un meccanismo agevolativo destinato alle Regioni interessate dalle attività di rigassificazione, come il Veneto, anche attraverso impianti off-shore, «che assicuri un analogo impatto finanziario e sia in coerenza con le linee fondamentali della strategia energetica nazionale»;
    con sentenza n. 4134/2013 il Consiglio di Stato ha comunque riconosciuto il «bonus idrocarburi» anche per i cittadini veneti, in quanto nella sentenza si legge testualmente: «va riconosciuta una compensazione sotto forma di minor costo del carburante a tutti i residenti delle regioni che sopportano la presenza di impianti di elevato impatto ambientale a vantaggio dell'intera collettività»;
    lo stesso Ministero dello sviluppo economico con una propria nota ha già sostenuto che occorra stabilire una normativa che possa determinare modalità e quantum spettante in relazione all'effettivo «svantaggio» avuto nell'ospitare gli impianti estrattivi e anche di rigassificazione;
    nel corso del dibattito sulla legge di stabilità 2016 al Senato il Viceministro Morando ha confermato, in sede di Commissione Bilancio, l'impegno del Governo su questo fronte, da attuarsi anche mediante una «soluzione per via amministrativa» da presentare all'attenzione della Conferenza Stato-Regioni,

impegna il Governo

a valutare il riconoscimento effettivo, entro il nuovo anno, di un meccanismo agevolativo destinato alle Regioni interessate dalle attività di rigassificazione, anche attraverso impianti off-shore, che assicuri un analogo impatto finanziario e sia in coerenza con le linee fondamentali della strategia energetica nazionale.
9/3444-A/23Crivellari.


   La Camera,
   premesso che:
    con il comma 2 dell'articolo 45 della legge n. 99 del 2009 era stato costituito un apposito Fondo presso il Ministero dello sviluppo economico preordinato alla riduzione del prezzo alla pompa dei carburanti per i residenti nelle regioni interessate dalla estrazione di idrocarburi liquidi e gassosi nonché dalle attività di rigassificazione «anche attraverso impianti fissi offshore»;
    con l'articolo 30-quinquies del decreto-legge n. 91 del 2014, introdotto durante l'esame al Senato, veniva ad essere modificato l'articolo 45, comma 2, della legge 23 luglio 2009, n. 99, con la soppressione delle parole: nonché dalle attività di rigassificazione anche attraverso impianti fissi off-shore; con tale disposizione erano pertanto esclusi gli impianti fissi off-shore da quelli la cui presenza all'interno di un territorio regionale consente ai residenti di poter beneficiare del cosiddetto «bonus carburante»;
    in sede di conversione in legge del decreto alla Camera, il Governo prese già l'impegno, con il Viceministro dello sviluppo economico De Vincenti, di correggere la norma dell'articolo 30-quinquies e di reintrodurre un meccanismo agevolativo destinato alle Regioni interessate dalle attività di rigassificazione, come il Veneto, anche attraverso impianti off-shore, «che assicuri un analogo impatto finanziario e sia in coerenza con le linee fondamentali della strategia energetica nazionale»;
    con sentenza n. 4134/2013 il Consiglio di Stato ha comunque riconosciuto il «bonus idrocarburi» anche per i cittadini veneti, in quanto nella sentenza si legge testualmente: «va riconosciuta una compensazione sotto forma di minor costo del carburante a tutti i residenti delle regioni che sopportano la presenza di impianti di elevato impatto ambientale a vantaggio dell'intera collettività»;
    lo stesso Ministero dello sviluppo economico con una propria nota ha già sostenuto che occorra stabilire una normativa che possa determinare modalità e quantum spettante in relazione all'effettivo «svantaggio» avuto nell'ospitare gli impianti estrattivi e anche di rigassificazione;
    nel corso del dibattito sulla legge di stabilità 2016 al Senato il Viceministro Morando ha confermato, in sede di Commissione Bilancio, l'impegno del Governo su questo fronte, da attuarsi anche mediante una «soluzione per via amministrativa» da presentare all'attenzione della Conferenza Stato-Regioni,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di valutare il riconoscimento effettivo, entro il nuovo anno, di un meccanismo agevolativo destinato alle Regioni interessate dalle attività di rigassificazione, anche attraverso impianti off-shore, che assicuri un analogo impatto finanziario e sia in coerenza con le linee fondamentali della strategia energetica nazionale.
9/3444-A/23. (Testo modificato nel corso della seduta).  Crivellari.


   La Camera,
   premesso che:
    con la legge 7 agosto 2015, n. 124 il Parlamento ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi volti a modificare e integrare, il codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82;
    tra i criteri della legge delega il Parlamento ha chiesto di ridefinire e semplificare i procedimenti amministrativi mediante una disciplina basata sulla loro digitalizzazione e per la piena realizzazione del principio «innanzitutto digitale» (digital first);
   considerato che:
    la stampa e l'utilizzo di strumenti analogici all'interno dei procedimenti amministrativi corrisponde spesso ad uno spreco di denaro pubblico e ad un danno vero e proprio dal momento che con la stampa si perdono i metadati associati al documento informatico rendendone più difficile e costosa l'elaborazione successiva;
    una riorganizzazione dei procedimenti amministrativi secondo il principio del digital first implica una drastica riduzione dell'uso della carta all'interno degli uffici delle pubbliche amministrazioni;

impegna il Governo

a ridurre progressivamente gli acquisti di carta e materiale di consumo per stampanti e fotocopiatrici da parte delle amministrazioni pubbliche e le società inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, adeguando i loro processi interni al fine di programmare la completa transizione ai processi paperless e utilizzando i risparmi conseguenti alla riduzione di acquisti per la digitalizzazione di archivi e per la realizzazione di sistemi documentali.
9/3444-A/24Coppola, Quintarelli, Capua, Tentori, Boccadutri, Bruno Bossio, Dallai, Ascani, Galgano, Basso, Barbanti, Bonaccorsi, Gadda, Caparini, Marco Di Maio, Scuvera, Bonomo, Malpezzi, Rampi, Peluffo, D'Alia, Rotta.


   La Camera,
   premesso che:
    per la Regione Valle d'Aosta, la disciplina del patto di stabilità ha avuto un notevole impatto sui bilanci dei Comuni che vi sono assoggettati e sul bilancio della Regione stessa, costringendo gli enti ad accantonare risorse finanziarie e risolvendosi di fatto in una forte limitazione degli investimenti;
    sembrerebbe che la partecipazione economica della Valle d'Aosta alla riduzione della spesa pubblica nazionale inciderà per l'anno 2016 per circa il 22 per cento sul bilancio regionale e questo prelievo forzato rappresenta un sacrificio non più sostenibile per le casse regionali e per la comunità valdostana;
    a partire dal prossimo anno tutte le regioni ordinarie passeranno al pareggio di bilancio;
    per le regioni a statuto speciale e le due province autonome di Trento e di Bolzano la disciplina del patto di stabilità si discosta dalla disciplina «ordinaria» per la necessità della definizione di una intesa tra ciascun ente e il Ministero dell'economia per determinare la misura e le modalità del concorso di ciascuna regione agli obiettivi del patto di stabilità;
    ad oggi la Regione Valle d'Aosta, a differenza delle altre Regioni speciali, non ha avuto modo di iniziare un tavolo di confronto per raggiungere un accordo con lo Stato ai sensi dell'articolo 1, comma 454, della legge n. 228 del 2012, con validità temporale anche per gli anni 2016 e 2017;

impegna il Governo

a porre in essere ogni possibile valutazione e azione per predisporre una regolamentazione applicabile, che possa prevedere per la Regione Valle d'Aosta il passaggio sin dall'anno 2016 alla nuova disciplina del pareggio di bilancio, salvaguardando le competenze legislative e amministrative degli enti autonomi in materia di finanza locale, coerentemente con le previsioni degli Statuti speciali e delle relative norme di attuazione, e attribuendo, in analogia a quanto già precedentemente previsto in materia di patto di stabilità (articolo 1, comma 457, della legge n. 228 del 2012), alle Regioni e alle Province autonome la competenza a regolamentare le modalità attuative della nuova disciplina del pareggio di bilancio per gli enti locali dei rispettivi territori.
9/3444-A/25Marguerettaz.


   La Camera,
   premesso che:
    l'istituto del distacco trova applicazione, per la prima volta, nel campo dei rapporti di lavoro privatistico in base ai contenuti di cui all'articolo 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, la precedente previsione di cui all'articolo 8 della legge n. 236 del 1993 era strettamente connessa alla fattispecie «di evitare le riduzioni di personale»;
    il distacco in quest'ottica realizza uno specifico interesse imprenditoriale del datore di lavoro che consente di qualificare detto strumento quale atto organizzativo proprio del distaccante;
    a far fronte alla crescente domanda della cassa integrazione guadagni straordinaria, finalizzata a fronteggiare gravi crisi o per consentire alle aziende di affrontare processi di ristrutturazione/riorganizzazione, con conseguente riduzione dei costi per lo Stato italiano, maggiore sostegno all'occupazione dei lavoratori, migliore salvaguardia del capitale e delle competenze delle imprese, sarebbe auspicabile incentivare l'uso di un istituto giuridico poco adoperato in Italia, che però trova utilizzazione stabile e sistematica già in altri Paesi europei;
    in questo caso, l'interesse al distacco del lavoratore, nel caso delle imprese in difficoltà risulta capovolto, in quanto se spesso si tratta di un requisito richiesto al lavoratore distaccante, in caso di crisi questo si sposta sui lavoratori, che attraverso il distacco, evitano di essere estromessi dall'azienda;
    il prestito di personale fra aziende può costituire uno strumento interessante per fronteggiare un periodo difficile per l'azienda senza dover rinunciare, procedendo a licenziamenti, ai propri dipendenti, si attua difatti mettendo a disposizione di un'altra azienda un determinato numero di dipendenti, al fine di evitare riduzioni d'orario e/o licenziamenti per motivi economici;
    attraverso l'incentivo al distacco dei lavoratori in aziende in crisi (CIGS) presso altre aziende non appartenenti al medesimo gruppo, il lavoratore dalla sottoscrizione dell'accordo della CIGS e del collegato consenso al distacco, potrà operare presso altre aziende;
    oltre a non dover rinunciare al proprio personale in caso di «bassa congiuntura», per l'azienda prestatrice vi sarebbero ulteriori motivi a giustificazione dell'uso di questo tipo di contratto, quali ad esempio la necessità di ridurre temporaneamente la massa salariale per generare liquidità, la necessità di reciproca assistenza tecnica fra aziende, oppure ancora la volontà di favorire il perfezionamento professionale di determinati dipendenti;
    con circolare del ministero del lavoro n. 28 del 24 giugno 2005 in materia di distacco e cassa integrazione si rileva che l'utilizzo dell'istituto del distacco può costituire un'alternativa all'utilizzo della CIG, in quanto volto al mantenimento del patrimonio professionale dell'impresa;
    l'interesse che legittima il distacco è, in questo caso rappresentato dall'interesse dei lavoratori a non essere licenziati al termine della CIGS, in presenza di crisi aziendale mentre, per quanto attiene il distaccante, l'interesse può essere individuato sia nel mantenimento delle professionalità esistenti, per un eventuale riammissione al lavoro al termine del periodo della Cassa integrazione guadagni straordinaria, sia nel passaggio dei costi della manodopera eccedentaria in capo al distaccatario,

impegna il Governo

a prevedere in un prossimo provvedimento e, in ogni caso in occasione dell'adozione dei decreti legislativi correttivi delle norme attuative della legge n. 183 del 2014, misure volte a promuovere tale istituto giuridico concernente il distacco dei lavoratori presso altre aziende in caso di crisi aziendali.
9/3444-A/26Petrini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'istituto del distacco trova applicazione, per la prima volta, nel campo dei rapporti di lavoro privatistico in base ai contenuti di cui all'articolo 30 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, la precedente previsione di cui all'articolo 8 della legge n. 236 del 1993 era strettamente connessa alla fattispecie «di evitare le riduzioni di personale»;
    il distacco in quest'ottica realizza uno specifico interesse imprenditoriale del datore di lavoro che consente di qualificare detto strumento quale atto organizzativo proprio del distaccante;
    a far fronte alla crescente domanda della cassa integrazione guadagni straordinaria, finalizzata a fronteggiare gravi crisi o per consentire alle aziende di affrontare processi di ristrutturazione/riorganizzazione, con conseguente riduzione dei costi per lo Stato italiano, maggiore sostegno all'occupazione dei lavoratori, migliore salvaguardia del capitale e delle competenze delle imprese, sarebbe auspicabile incentivare l'uso di un istituto giuridico poco adoperato in Italia, che però trova utilizzazione stabile e sistematica già in altri Paesi europei;
    in questo caso, l'interesse al distacco del lavoratore, nel caso delle imprese in difficoltà risulta capovolto, in quanto se spesso si tratta di un requisito richiesto al lavoratore distaccante, in caso di crisi questo si sposta sui lavoratori, che attraverso il distacco, evitano di essere estromessi dall'azienda;
    il prestito di personale fra aziende può costituire uno strumento interessante per fronteggiare un periodo difficile per l'azienda senza dover rinunciare, procedendo a licenziamenti, ai propri dipendenti, si attua difatti mettendo a disposizione di un'altra azienda un determinato numero di dipendenti, al fine di evitare riduzioni d'orario e/o licenziamenti per motivi economici;
    attraverso l'incentivo al distacco dei lavoratori in aziende in crisi (CIGS) presso altre aziende non appartenenti al medesimo gruppo, il lavoratore dalla sottoscrizione dell'accordo della CIGS e del collegato consenso al distacco, potrà operare presso altre aziende;
    oltre a non dover rinunciare al proprio personale in caso di «bassa congiuntura», per l'azienda prestatrice vi sarebbero ulteriori motivi a giustificazione dell'uso di questo tipo di contratto, quali ad esempio la necessità di ridurre temporaneamente la massa salariale per generare liquidità, la necessità di reciproca assistenza tecnica fra aziende, oppure ancora la volontà di favorire il perfezionamento professionale di determinati dipendenti;
    con circolare del ministero del lavoro n. 28 del 24 giugno 2005 in materia di distacco e cassa integrazione si rileva che l'utilizzo dell'istituto del distacco può costituire un'alternativa all'utilizzo della CIG, in quanto volto al mantenimento del patrimonio professionale dell'impresa;
    l'interesse che legittima il distacco è, in questo caso rappresentato dall'interesse dei lavoratori a non essere licenziati al termine della CIGS, in presenza di crisi aziendale mentre, per quanto attiene il distaccante, l'interesse può essere individuato sia nel mantenimento delle professionalità esistenti, per un eventuale riammissione al lavoro al termine del periodo della Cassa integrazione guadagni straordinaria, sia nel passaggio dei costi della manodopera eccedentaria in capo al distaccatario,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere in un prossimo provvedimento e, in ogni caso in occasione dell'adozione dei decreti legislativi correttivi delle norme attuative della legge n. 183 del 2014, misure volte a promuovere tale istituto giuridico concernente il distacco dei lavoratori presso altre aziende in caso di crisi aziendali.
9/3444-A/26. (Testo modificato nel corso della seduta)  Petrini.


   La Camera,
   premesso che:
    l'ospedale Umberto I di Siracusa è una struttura sita in un contesto oggi fortemente urbanizzato, in area a interesse archeologico e paesaggistico, ove non è possibile prevedere alcuna espansione né una elisuperficie;
    le strutture sono risalenti agli anni ’40 ed essendo quelle più antiche a struttura muraria portante non sismo-resistenti, necessiterebbero di interventi costosi di adeguamento sismico;
    la realizzazione di una nuova struttura ospedaliera è sostenuta da tutte le forze politiche, sociali, economiche della città e dell'intero territorio considerandola una condizione irrinunciabile del diritto alla salute e di civiltà;
    l'Azienda ha avviato già da molto tempo iniziative volte alla realizzazione di un nuovo ospedale che risponda alle esigenze di una moderna sanità, volta a soddisfare in primis il bisogno di assistenza del malato fornendo prestazioni avanzate ed una struttura accreditabile secondo le direttive vigenti;
    l'Azienda, per tramite delle sue strutture tecniche ha provveduto a considerare positiva la soluzione per la realizzazione del nuovo ospedale, che dovrebbe sorgere nell'area individuata dal Piano Regolatore Generale con la dizione «FS2» ed estesa per circa 108.000 mq nella zona nord della città. A tal fine si è pervenuti ad una soluzione di progetto preliminare che risulta in linea con gli standards di edilizia ospedaliera, che è stata trasmessa all'Assessorato per la Salute;
    il finanziamento dell'opera è previsto a valere sui fondi ex articolo 20 legge n. 67 del 1988 per circa 110 milioni di euro (95 per cento a carico delle Stato e 5 per cento a carico della Regione) e per i restanti 30 milioni da ricavarsi con l'alienazione di beni immobili dell'Azienda da dismettere. A tal fine l'Assessorato per la Salute ha riferito circa la previsione di finanziamento con nota protocollo n. Serv 3/4608 del 18 gennaio 2011 chiedendo nel contempo di precedere alla valorizzazione dei beni immobili da alienare;
    con delibera n. 640 del 30 giugno 2011 è stato approvato il progetto preliminare per la realizzazione del nuovo ospedale di Siracusa poi trasmesso all'Assessorato per la Salute ai fini delle sua programmazione con fondi ex articolo 20 della legge n. 67 del 1988;
    con delibera n. 390 del 29 marzo 2012, nel prender atto che si doveva sviluppare la progettazione esecutiva del P.P.E. per la zona individuata venne affidato allo studio EsseA Project l'incarico relativo all'attività di indagine tecnica, rilievi e valutazioni, finalizzati alla predisposizione del P.P.E;
    in data 13 luglio 2012 si chiedeva specificatamente l'autorizzazione per l'inizio del procedimento di esproprio dei terreni per l'area interessata;
    la realizzazione del nuova struttura ospedaliera di Siracusa rientra già nel piano nazionale del Ministero della Salute e individuata tra le priorità nazionali da finanziare,

impegna il Governo

ad attivarsi, nel rispetto delle sue competenze in materia di edilizia sanitaria e nel rispetto di quelle della Regione Sicilia, affinché, nel più breve tempo possibile e possibilmente entro la prima metà del prossimo anno, si possa procedere alla corrispondente erogazione dei relativi finanziamenti a carico dello Stato, migliorando così l'offerta della locale rete ospedaliera.
9/3444-A/27Zappulla, Burtone, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    l'ospedale Umberto I di Siracusa è una struttura sita in un contesto oggi fortemente urbanizzato, in area a interesse archeologico e paesaggistico, ove non è possibile prevedere alcuna espansione né una elisuperficie;
    le strutture sono risalenti agli anni ’40 ed essendo quelle più antiche a struttura muraria portante non sismo-resistenti, necessiterebbero di interventi costosi di adeguamento sismico;
    la realizzazione di una nuova struttura ospedaliera è sostenuta da tutte le forze politiche, sociali, economiche della città e dell'intero territorio considerandola una condizione irrinunciabile del diritto alla salute e di civiltà;
    l'Azienda ha avviato già da molto tempo iniziative volte alla realizzazione di un nuovo ospedale che risponda alle esigenze di una moderna sanità, volta a soddisfare in primis il bisogno di assistenza del malato fornendo prestazioni avanzate ed una struttura accreditabile secondo le direttive vigenti;
    l'Azienda, per tramite delle sue strutture tecniche ha provveduto a considerare positiva la soluzione per la realizzazione del nuovo ospedale, che dovrebbe sorgere nell'area individuata dal Piano Regolatore Generale con la dizione «FS2» ed estesa per circa 108.000 mq nella zona nord della città. A tal fine si è pervenuti ad una soluzione di progetto preliminare che risulta in linea con gli standards di edilizia ospedaliera, che è stata trasmessa all'Assessorato per la Salute;
    il finanziamento dell'opera è previsto a valere sui fondi ex articolo 20 legge n. 67 del 1988 per circa 110 milioni di euro (95 per cento a carico delle Stato e 5 per cento a carico della Regione) e per i restanti 30 milioni da ricavarsi con l'alienazione di beni immobili dell'Azienda da dismettere. A tal fine l'Assessorato per la Salute ha riferito circa la previsione di finanziamento con nota protocollo n. Serv 3/4608 del 18 gennaio 2011 chiedendo nel contempo di precedere alla valorizzazione dei beni immobili da alienare;
    con delibera n. 640 del 30 giugno 2011 è stato approvato il progetto preliminare per la realizzazione del nuovo ospedale di Siracusa poi trasmesso all'Assessorato per la Salute ai fini delle sua programmazione con fondi ex articolo 20 della legge n. 67 del 1988;
    con delibera n. 390 del 29 marzo 2012, nel prender atto che si doveva sviluppare la progettazione esecutiva del P.P.E. per la zona individuata venne affidato allo studio EsseA Project l'incarico relativo all'attività di indagine tecnica, rilievi e valutazioni, finalizzati alla predisposizione del P.P.E;
    in data 13 luglio 2012 si chiedeva specificatamente l'autorizzazione per l'inizio del procedimento di esproprio dei terreni per l'area interessata;
    la realizzazione del nuova struttura ospedaliera di Siracusa rientra già nel piano nazionale del Ministero della Salute e individuata tra le priorità nazionali da finanziare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attivarsi, nel rispetto delle sue competenze in materia di edilizia sanitaria e nel rispetto di quelle della Regione Sicilia, affinché, nel più breve tempo possibile e possibilmente entro la prima metà del prossimo anno, si possa procedere alla corrispondente erogazione dei relativi finanziamenti a carico dello Stato, migliorando così l'offerta della locale rete ospedaliera.
9/3444-A/27. (Testo modificato nel corso della seduta)  Zappulla, Burtone, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    nella legge di stabilità 2016 il Governo, all'articolo 1, commi da 41 a 43, ha confermato gli incentivi agli investimenti per l'efficientamento energetico e in generale per la riduzione del consumo di fonti fossili, anche in coerenza con gli obiettivi rilanciati dalla recente COP 21 di Parigi sul Cambiamento climatico;
   considerato che:
    in Italia annualmente vengono consumate circa 17,7 milioni di tonnellate di legna da ardere per il riscaldamento domestico: un mercato di elevato valore sociale, dato che interessa circa 5 milioni di nuclei familiari, ovvero più di una famiglia su cinque, che consuma in media circa 3,2 tonnellate di legna all'anno (ISTAT 2014). Detratta la quota derivante dall'autoproduzione, circa 9,9 milioni di tonnellate proviene dal mercato, con un valore economico stimabile intorno a 1,3 miliardi di euro;
    la compravendita di legna da ardere senza regolare documentazione fiscale è un fenomeno estremamente diffuso e capillare, che interessa sia la produzione interna sia l’import. È stimato che il mercato sommerso sia quantificabile nell'85 per cento del volume interamente acquistato, ovvero in poco meno di 8,5 milioni di tonnellate. Trattasi di un valore economico complessivo di circa 1,1 miliardi di euro, che generano un mancato gettito per l'erario quantificabile in più di 200 milioni di euro, considerando un mancato versamento di IVA e altre imposte sul reddito;
    assunto inoltre che l'eventuale emersione di tale mercato, attraverso uno stimolo alla richiesta di un documento fiscale al commerciante da parte degli acquirenti, genererebbe, oltre al vantaggio diretto di un accrescimento del valore del gettito per l'erario, anche una serie di altri vantaggi indiretti conseguibili dalla graduale regolarizzazione di un settore, tra i quali l'emersione del lavoro nero – e quindi il rispetto delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro come previsto dal decreto legislativo n. 81 del 2008 – oltre che di tutte le operazioni di processo connesse (gestione forestale, trasformazione, trasporto, ecc.) a beneficio in primo luogo di una maggiore competitività delle imprese che operano in modo professionale nel rispetto delle leggi vigenti, garantendo quindi una continuità delle prospettive di lavoro soprattutto nei contesti rurali e montani, dove sono maggiori sia il consumo di legna da ardere, sia la presenza di territori boscati e di imprese di produzione e distribuzione del biocombustibile legnoso,

impegna il Governo

a introdurre quanto prima, anche solo nella forma di una sperimentazione triennale al fine di verificarne gli effetti, uno strumento atto a stimolare tra l'altro l'emersione del mercato sommerso che caratterizza la compravendita di legna da ardere, attraverso un'agevolazione fiscale annua da restituire ai cittadini che comprovano l'acquisto della legna da ardere con regolare emissione di ricevuta da parte del venditore.
9/3444-A/28Zanin, Cova, Paola Boldrini.


   La Camera,
   premesso che:
    la Commissione bilancio ha accolto l'emendamento 33.169 che, modificando il comma 337, ha inserito tra le finalità del Piano per il rilancio delle attività di ISMEA, quella legata all'innovazione tecnologica, anche finalizzata alla tracciabilità delle filiere agricole ed agroalimentari;
    tale modifica è utile ma non sufficiente per il comparto del riso che attraversa una fase di cambiamento di notevole portata ed è vulnerabile a causa del progressivo aumento delle importazioni a dazio zero dai paesi che hanno aderito all'accordo EBA;
    l'Italia è il primo produttore nell'Unione europea, con oltre il cinquanta per cento della produzione e più di 14 milioni di quintali l'anno, e il sesto tra i principali paesi esportatori di riso al mondo;
    il sistema di preferenze generalizzate – istituito fin dal 1971 per aiutare la crescita dei Paesi in via di sviluppo – è lo strumento con il quale l'Unione europea accorda un accesso preferenziale al proprio mercato ad alcuni Paesi mediante la concessione di una tariffa preferenziale dei dazi applicabili all'atto dell'importazione;
    il riso è uno dei prodotti che stanno maggiormente risentendo degli effetti di questo sistema; in particolare, le importazioni di riso a basso prezzo dai Paesi asiatici stanno schiacciando i produttori nazionali, che devono invece affrontare costi che superano ampiamente i ricavi per alcune varietà di riso;
    i risicoltori italiani chiedono una maggiore difesa del riso made in Italy dalle importazioni di prodotto spacciato come italiano e dalle attività di contraffazione rese possibili dalla mancanza di un sistema trasparente di etichettatura che obblighi ad indicare la provenienza del prodotto;
    la tracciabilità del riso non è riducibile alla sola indicazione del seme, occorre quindi incentivare nuove tecnologie per combattere la contraffazione,

impegna il Governo

a adottare, nel primo provvedimento utile, misure di incentivo a sostegno dell'innovazione tecnologica della filiera nazionale del riso, finalizzate alla tracciabilità dei prodotti e all'informazione dei consumatori sulla varietà del riso e dei componenti dei prodotti a base di riso, tramite l'adozione di tecnologie informatiche e telematiche da parte degli operatori nazionali.
9/3444-A/29Falcone.


   La Camera,
   premesso che:
    la Commissione bilancio ha accolto l'emendamento 33.169 che, modificando il comma 337, ha inserito tra le finalità del Piano per il rilancio delle attività di ISMEA, quella legata all'innovazione tecnologica, anche finalizzata alla tracciabilità delle filiere agricole ed agroalimentari;
    tale modifica è utile ma non sufficiente per il comparto del riso che attraversa una fase di cambiamento di notevole portata ed è vulnerabile a causa del progressivo aumento delle importazioni a dazio zero dai paesi che hanno aderito all'accordo EBA;
    l'Italia è il primo produttore nell'Unione europea, con oltre il cinquanta per cento della produzione e più di 14 milioni di quintali l'anno, e il sesto tra i principali paesi esportatori di riso al mondo;
    il sistema di preferenze generalizzate – istituito fin dal 1971 per aiutare la crescita dei Paesi in via di sviluppo – è lo strumento con il quale l'Unione europea accorda un accesso preferenziale al proprio mercato ad alcuni Paesi mediante la concessione di una tariffa preferenziale dei dazi applicabili all'atto dell'importazione;
    il riso è uno dei prodotti che stanno maggiormente risentendo degli effetti di questo sistema; in particolare, le importazioni di riso a basso prezzo dai Paesi asiatici stanno schiacciando i produttori nazionali, che devono invece affrontare costi che superano ampiamente i ricavi per alcune varietà di riso;
    i risicoltori italiani chiedono una maggiore difesa del riso made in Italy dalle importazioni di prodotto spacciato come italiano e dalle attività di contraffazione rese possibili dalla mancanza di un sistema trasparente di etichettatura che obblighi ad indicare la provenienza del prodotto;
    la tracciabilità del riso non è riducibile alla sola indicazione del seme, occorre quindi incentivare nuove tecnologie per combattere la contraffazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, nel primo provvedimento utile, misure di incentivo a sostegno dell'innovazione tecnologica della filiera nazionale del riso, finalizzate alla tracciabilità dei prodotti e all'informazione dei consumatori sulla varietà del riso e dei componenti dei prodotti a base di riso, tramite l'adozione di tecnologie informatiche e telematiche da parte degli operatori nazionali.
9/3444-A/29. (Testo modificato nel corso della seduta)  Falcone.


   La Camera,
   premesso che:
    il tribunale Civile di Campobasso, con diverse sentenze emesse nei giorni scorsi, ha condannato i cinque responsabili del crollo della scuola «F. Jovine» e della conseguente morte di 27 alunni e di una maestra, in solido con il Comune di San Giuliano di Puglia, al risarcimento dei danni sofferti dalle famiglie coinvolte;
    dai calcoli effettuati per tutti gli attori, l'importo complessivo dei risarcimenti dovrebbe ammontare a circa trentacinque milioni di euro;
    gli aventi diritto, a seguito delle predette sentenze, chiederanno il pagamento dei risarcimenti che, molto verosimilmente – non avendo i 5 condannati alcun bene in proprietà – ricadranno interamente sul Comune di San Giuliano di Puglia;
    il comune di circa 1.050 abitanti e con un Bilancio annuale di circa 400.000,00 euro ovviamente non detiene tale capacità finanziaria per cui è nella impossibilità di procedere al pagamento;
    sarà, pertanto, inevitabile la dichiarazione di dissesto finanziario che, oltre a non garantire le risorse finanziarie necessarie per il pagamento degli indennizzi, graverebbe pesantemente su tutti cittadini di San Giuliano di Puglia e, paradossalmente, anche su coloro che hanno diritto ai risarcimenti;
    in tale situazione, al danno incommensurabile subito dai familiari delle vittime del crollo della scuola, si aggiungerebbe la «beffa» di non poter ottenere il risarcimento stabilito dall'autorità giudiziaria;
    ciò posto, si ritiene che l'unica possibilità per ottemperare alle citate sentenze, sarebbe rappresentata dalla concessione di un contributo straordinario di 35 milioni di euro, in favore del Comune di San Giuliano di Puglia;
    lo Stato è già intervenuto diverse volte, mediante apposite leggi o con stanziamenti nelle leggi di Stabilità, a sostegno delle vittime di tragedie, sciagure e disastri anche non strettamente connessi con le funzioni dello Stato ed in particolare:
     1) vittime del disastro aereo di Ustica del 27 giugno 1980 – legge 8 agosto 1995 n. 340 e legge 3 agosto 2004, n. 206;
     2) disposizioni in favore delle famiglie delle vittime del disastro aereo di Verona – legge 18 novembre 1999, n. 436;
     3) disposizioni in favore delle famiglie delle vittime del disastro aereo di Linate – legge 27 febbraio 2003, n. 33;
     4) norme in favore dei familiari superstiti degli aviatori italiani vittime dell'eccidio avvenuto a Kindu FU novembre 1961 – legge 20 febbraio 2006, n. 91;
     5) disposizioni in favore dei familiari delle vittime e in favore dei superstiti del disastro ferroviario della Val Venosta/Vinschgau – legge 12 luglio 2011, n. 135;
     6) vittime del disastro aereo del Monte Serra del 3 marzo 1977 – legge 24 dicembre 2012, n. 228, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2013). Articolo 1 comma 258;
     7) disposizioni in favore dei familiari delle vittime e in favore dei superstiti del disastro ferroviario di Viareggio – legge 7 luglio 2010, n. 106;
    nel caso di San Giuliano di Puglia le vittime hanno subito il crollo di una scuola pubblica dell'obbligo (scuola primaria),

impegna il Governo

a trovare una soluzione adeguata a ottemperare alle sentenze di cui in premessa, con particolare riguardo al risarcimento delle famiglie delle vittime e a scongiurare il dissesto finanziario del Comune di San Giuliano di Puglia.
9/3444-A/30Venittelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge oggetto di esame riscrive, al comma 38 dell'articolo 1, la disciplina dell'Imposta Regionale sulle Attività Produttive nel settore agricolo e della pesca modificando il decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446;
    la normativa vigente (articolo 45, comma 1, del decreto legislativo n. 446 del 1997) prevede un'aliquota dell'1,90 per cento «per i soggetti che operano nel settore agricolo e per le cooperative della piccola pesca e loro consorzi, di cui all'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973»;
    l'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001 n. 228, considera imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli che forniscono beni o servizi diretti alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico prevalentemente ai soci;
    in forza di detta disposizione anche le cooperative che forniscono beni o servizi diretti alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico prevalentemente ai soci rientrano tra i soggetti che operano nel settore agricolo di cui all'articolo 45, comma 1, del decreto legislativo n. 446 del 1997 e, di conseguenza, applicano l'aliquota Irap dell'1,90 per cento;
    con il comma 38 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame tutti i soggetti operanti nel settore agricolo di cui all'articolo 45, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446, vengono esentati dal pagamento dell'imposta regionale per le attività produttive;
    tuttavia, le modifiche apportate dal disegno di legge in esame alla norma istitutiva della predetta imposta, sono tali per cui il concetto di «settore agricolo» è stato sostituito con un elenco puntuale dei soggetti che beneficiano dell'esenzione;
    tra i soggetti esclusi non compaiono espressamente le cooperative di imprenditori agricoli che, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001 n. 228, forniscono ai soci beni o servizi diretti alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico nonostante esse siano tra i soggetti che ai sensi dell'articolo 45 del decreto legislativo 15 dicembre 1997 sono sottoposti ad aliquota del 1,9 per cento;
   considerato che:
    tutte le cooperative di imprenditori agricoli di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo del 18 maggio 2001 n. 228, rientrano tra i 250.000 contribuenti IRAP a cui viene applicata l'aliquota agricola del 1,90 per cento ed il cui gettito complessivo è stato contabilizzato nella relazione tecnica al disegno di legge in 196,4 milioni di euro;
    è necessario chiarire che tra i soggetti beneficiari dell'esenzione dell'IRAP rientra anche questa categoria di imprese agricole le quali, in caso contrario, si troverebbero assoggettate al pagamento dell'imposta con aliquota ordinaria (3,90 per cento) con grave pregiudizio verso i soci, appalesandosi una evidente ed ingiustificata disparità di trattamento tra imprese agricole, per giunta in contrasto con le reali intenzioni della misura agevolativa si come esplicitate nelle relazioni di corredo al provvedimento in esame,

impegna il Governo

a chiarire con il primo provvedimento utile che le cooperative agricole di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001 n. 228, ivi incluse quelle che forniscono beni o servizi per lo sviluppo e la cura di un ciclo biologico, sono tra le imprese operanti nel settore agricolo che beneficiano dell'esenzione dall'imposta regionale sulle attività produttive.
9/3444-A/31Pagani, Oliverio.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge oggetto di esame riscrive, al comma 38 dell'articolo 1, la disciplina dell'Imposta Regionale sulle Attività Produttive nel settore agricolo e della pesca modificando il decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446;
    la normativa vigente (articolo 45, comma 1, del decreto legislativo n. 446 del 1997) prevede un'aliquota dell'1,90 per cento «per i soggetti che operano nel settore agricolo e per le cooperative della piccola pesca e loro consorzi, di cui all'articolo 10 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973»;
    l'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001 n. 228, considera imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli che forniscono beni o servizi diretti alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico prevalentemente ai soci;
    in forza di detta disposizione anche le cooperative che forniscono beni o servizi diretti alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico prevalentemente ai soci rientrano tra i soggetti che operano nel settore agricolo di cui all'articolo 45, comma 1, del decreto legislativo n. 446 del 1997 e, di conseguenza, applicano l'aliquota Irap dell'1,90 per cento;
    con il comma 38 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame tutti i soggetti operanti nel settore agricolo di cui all'articolo 45, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446, vengono esentati dal pagamento dell'imposta regionale per le attività produttive;
    tuttavia, le modifiche apportate dal disegno di legge in esame alla norma istitutiva della predetta imposta, sono tali per cui il concetto di «settore agricolo» è stato sostituito con un elenco puntuale dei soggetti che beneficiano dell'esenzione;
    tra i soggetti esclusi non compaiono espressamente le cooperative di imprenditori agricoli che, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001 n. 228, forniscono ai soci beni o servizi diretti alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico nonostante esse siano tra i soggetti che ai sensi dell'articolo 45 del decreto legislativo 15 dicembre 1997 sono sottoposti ad aliquota del 1,9 per cento;
   considerato che:
    tutte le cooperative di imprenditori agricoli di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo del 18 maggio 2001 n. 228, rientrano tra i 250.000 contribuenti IRAP a cui viene applicata l'aliquota agricola del 1,90 per cento ed il cui gettito complessivo è stato contabilizzato nella relazione tecnica al disegno di legge in 196,4 milioni di euro;
    è necessario chiarire che tra i soggetti beneficiari dell'esenzione dell'IRAP rientra anche questa categoria di imprese agricole le quali, in caso contrario, si troverebbero assoggettate al pagamento dell'imposta con aliquota ordinaria (3,90 per cento) con grave pregiudizio verso i soci, appalesandosi una evidente ed ingiustificata disparità di trattamento tra imprese agricole, per giunta in contrasto con le reali intenzioni della misura agevolativa si come esplicitate nelle relazioni di corredo al provvedimento in esame,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di chiarire con il primo provvedimento utile che le cooperative agricole di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001 n. 228, ivi incluse quelle che forniscono beni o servizi per lo sviluppo e la cura di un ciclo biologico, sono tra le imprese operanti nel settore agricolo che beneficiano dell'esenzione dall'imposta regionale sulle attività produttive.
9/3444-A/31. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pagani, Oliverio.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame istituisce un Fondo di solidarietà finalizzato al risarcimento dei danni subiti dagli investitori che, alla data di entrata in vigore del decreto-legge 22 novembre 2015, n. 183, detenevano strumenti finanziari subordinati emessi dalle quattro banche poste in risoluzione con i provvedimenti del 21 novembre scorso;
    le misure introdotte si pongono l'obiettivo di minimizzare gli effetti negativi del processo di risoluzione sulla componente socialmente più debole degli investitori coinvolti, che possa aver agito senza la necessaria consapevolezza del livello di rischio del prodotto acquistato;
    il Fondo di solidarietà è gestito e alimentato dal Fondo interbancario di tutela dei depositi, con una dotazione sino a un massimo di 100 milioni di euro; con decreto interministeriale saranno definite le modalità di accesso alle prestazioni in favore degli investitori, i criteri di quantificazione e le procedure da esperire, anche di natura arbitrale;
    l'istituzione del Fondo di solidarietà è volta ad assicurare la tutela verso tutti i detentori di obbligazioni subordinate delle quattro banche che risultano danneggiati, per numerose ragioni, dall'investimento effettuato, anche in ragione del fatto che una parte degli investitori ha subito perdite patrimoniali tali da determinare condizioni di particolare vulnerabilità economica e sociale;
    in particolare le procedure arbitrali stabiliranno gli indennizzi dovuti, valutando i casi i cui gli istituti bancari hanno contribuito a ingenerare nell'acquirente la convinzione di avere sottoscritto un titolo a basso livello di rischiosità; in numerosi casi gli strumenti finanziari, sottoscritti anche in parallelo all'accensione di mutui, sono stati acquistati su indirizzo di figure del sistema bancario locale verso cui il cittadino riponeva la massima fiducia; alcuni investitori dichiarano inoltre di aver subito pressioni o di aver espresso un consenso non consapevole, dovuto anche alla sottoscrizione di moduli di scarsa comprensibilità,

impegna il Governo

nel garantire la massima tutela degli investitori che, alla data di entrata in vigore del decreto-legge 22 novembre 2015, n. 183, detenevano strumenti finanziari subordinati emessi dalla Banca delle Marche Spa, dalla Banca popolare dell'Etruria e del Lazio – Società cooperativa, dalla Cassa di risparmio di Ferrara Spa e dalla Cassa di risparmio della provincia di Chieti Spa, a valutare l'opportunità e la necessità di alimentare ulteriormente il Fondo di solidarietà a tal fine istituito, se la dotazione attualmente prevista non risulterà in grado di far fronte alle esigenze finanziarie connesse alla corresponsione di tutte le prestazioni che saranno dovute.
9/3444-A/32Verini, Parrini, Melilli, Petrini, Bratti, Carrescia, Morani, Tidei, Boldrini, Sereni, Ascani, Giulietti, Fanucci, Donati, Rocchi, Cenni, Dallai, Bini, Terrosi, D'Incecco, Lodolini.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge in esame istituisce un Fondo di solidarietà finalizzato al risarcimento dei danni subiti dagli investitori che, alla data di entrata in vigore del decreto-legge 22 novembre 2015, n. 183, detenevano strumenti finanziari subordinati emessi dalle quattro banche poste in risoluzione con i provvedimenti del 21 novembre scorso;
    le misure introdotte si pongono l'obiettivo di minimizzare gli effetti negativi del processo di risoluzione sulla componente socialmente più debole degli investitori coinvolti, che possa aver agito senza la necessaria consapevolezza del livello di rischio del prodotto acquistato;
    il Fondo di solidarietà è gestito e alimentato dal Fondo interbancario di tutela dei depositi, con una dotazione sino a un massimo di 100 milioni di euro; con decreto interministeriale saranno definite le modalità di accesso alle prestazioni in favore degli investitori, i criteri di quantificazione e le procedure da esperire, anche di natura arbitrale;
    l'istituzione del Fondo di solidarietà è volta ad assicurare la tutela verso tutti i detentori di obbligazioni subordinate delle quattro banche che risultano danneggiati, per numerose ragioni, dall'investimento effettuato, anche in ragione del fatto che una parte degli investitori ha subito perdite patrimoniali tali da determinare condizioni di particolare vulnerabilità economica e sociale;
    in particolare le procedure arbitrali stabiliranno gli indennizzi dovuti, valutando i casi i cui gli istituti bancari hanno contribuito a ingenerare nell'acquirente la convinzione di avere sottoscritto un titolo a basso livello di rischiosità; in numerosi casi gli strumenti finanziari, sottoscritti anche in parallelo all'accensione di mutui, sono stati acquistati su indirizzo di figure del sistema bancario locale verso cui il cittadino riponeva la massima fiducia; alcuni investitori dichiarano inoltre di aver subito pressioni o di aver espresso un consenso non consapevole, dovuto anche alla sottoscrizione di moduli di scarsa comprensibilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire la massima tutela degli investitori che, alla data di entrata in vigore del decreto-legge 22 novembre 2015, n. 183, detenevano strumenti finanziari subordinati emessi dalla Banca delle Marche Spa, dalla Banca popolare dell'Etruria e del Lazio – Società cooperativa, dalla Cassa di risparmio di Ferrara Spa e dalla Cassa di risparmio della provincia di Chieti Spa, a valutare l'opportunità e la necessità di alimentare ulteriormente il Fondo di solidarietà a tal fine istituito, se la dotazione attualmente prevista non risulterà in grado di far fronte alle esigenze finanziarie connesse alla corresponsione di tutte le prestazioni che saranno dovute.
9/3444-A/32. (Testo modificato nel corso della seduta)  Verini, Parrini, Melilli, Petrini, Bratti, Carrescia, Morani, Tidei, Boldrini, Sereni, Ascani, Giulietti, Fanucci, Donati, Rocchi, Cenni, Dallai, Bini, Terrosi, D'Incecco, Lodolini.


   La Camera,
   premesso che:
    a partire dall'anno 2015 è considerata direttamente adibita ad abitazione principale una ed una sola unità immobiliare posseduta in Italia dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all'Anagrafe degli italiani residenti all'estero (AIRE) a condizione che non risulti locata o data in comodato d'uso e che gli stessi siano titolari di pensione estera o in convenzione internazionale;
    tale equiparazione esenta i soggetti succitati dal pagamento dell'IMU e a partire dal 2016 anche dal pagamento della TASI. Per gli stessi soggetti la TARI è ridotta di due terzi;
    sono esclusi invece dalle agevolazioni succitate tutti gli altri cittadini italiani non pensionati, o titolari di sola pensione italiana, residenti permanentemente all'estero e proprietari di immobili in Italia;
    da una parte quindi il legislatore ha concesso con sensibilità e lungimiranza un beneficio fiscale ad una specifica categoria di italiani residenti all'estero – i pensionati – dall'altra si è creata una disparità di trattamento nei riguardi di cittadini non pensionati i quali ritengono di aver subito una discriminazione ingiusta e illogica;
    lo Stato italiano ha inteso giustamente concedere un beneficio concreto ai cittadini italiani residenti all'estero, esentandoli dal pagamento di alcune imposte immobiliari, in riconoscimento dei loro sacrifici e in virtù del loro contributo all'economia italiana tramite le rimesse e gli investimenti, ma non dovrebbe escludere da tale riconoscimento coloro i quali non possono far valere la qualifica di pensionato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, compatibilmente con gli obiettivi di finanza pubblica, di equiparare ad abitazione principale ai fini delle imposte sugli immobili anche le unità immobiliari possedute dai cittadini italiani residenti all'estero e iscritti all'AIRE i quali non possono far valere la qualifica di pensionato e non risultino proprietari di immobili all'estero, in modo tale da eliminare l'attuale disparità di trattamento tra cittadini italiani beneficiati per il solo fatto di essere titolari di prestazione pensionistica e cittadini italiani esclusi da qualunque beneficio per il solo fatto di non essere pensionati.
9/3444-A/33Gianni Farina, Tacconi, Garavini, Fedi, La Marca, Porta.


   La Camera,
   premesso che:
    la normativa in vigore sul trattamento sanitario riconosciuto ai cittadini italiani, contenuta nel Decreto del Ministro della Sanità 1 febbraio 1996, prevede le cure ospedaliere urgenti per un periodo non superiore a 90 giorni per ogni anno solare ai cittadini italiani residenti all'estero in occasione di soggiorni temporanei in Italia, accompagnando tuttavia tale previsione a una serie di limitazioni e condizioni;
    tali condizioni consistono nel fatto di essere nati in Italia, di essere emigrati permanentemente all'estero o di essere titolari di prestazione pensionistica, di essere comunque sprovvisti di assicurazione pubblica o privata;
    dal possibile trattamento sanitario urgente sono esclusi i cittadini italiani nati all'estero, anche se da genitori nati in Italia e tale limitativa prescrizione ricade in particolari sui figli minorenni di famiglie italiane e miste;
    l'esclusione dei figli minorenni, oltre ad essere censurabile in termini di principio riguardando in ogni caso cittadini italiani, rappresenta una remora di non poco conto per il turismo di ritorno e per gli auspicabili soggiorni di studio da realizzare nel nostro Paese, soprattutto in una fase di iniziale ripresa della nostra economia, come quella che attraversiamo;
    le regioni, nell'ambito della loro autonomia organizzativa del servizio sanitario, su tale questione provvedono in modo non omogeneo, seguendo spesso indirizzi e pratiche differenti,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di ridefinire, anche mediante successivi interventi e di concerto con la Conferenza Stato-Regioni, criteri uniformi di trattamento per le cure urgenti dei cittadini italiani residenti all'estero in soggiorno temporaneo in Italia, anche al fine di estendere le cure ospedaliere urgenti anche ai figli minori di cittadini italiani iscritti all'AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all'Estero) che rientrano in Italia per periodi temporanei, a condizione che non siano in possesso di una copertura assicurativa pubblica o privata per le prestazioni sanitarie, sia al fine di riconoscere una loro tutela sia in considerazione dei benefici che dalla facilità dei loro soggiorni può derivarne per il nostro Paese.
9/3444-A/34La Marca, Fedi, Porta, Gianni Farina, Garavini, Tacconi.


   La Camera,
   premesso che:
    con la legge di Stabilità per il 2014 è stato introdotto un contributo di 300 euro a carico di coloro che avanzano richiesta di riconoscimento della cittadinanza con il dichiarato intento di utilizzare i proventi che ne derivano per l'Amministrazione per rafforzare gli uffici consolari che hanno un maggior numero di percezioni, presso i quali in genere si sono accumulate giacenze la cui previsione di smaltimento si proietta ormai negli anni;
    un diverso provvedimento ha fissato in 200 euro l'entità del contributo a carico di coloro che fanno la richiesta di riconoscimento di cittadinanza in Italia, con un'evidente sperequazione di trattamento che non trova giustificazione se non nell'impegno di sostenere misure straordinarie per far fronte alle richieste e alle giacenze accumulatesi in non poche sedi consolari estere, nelle quali storicamente il livello delle domande si è rilevato più elevato;
    contrariamente a quanto ipotizzato al momento dell'introduzione del tributo i proventi, in forza dell'articolo 7-bis della tabella dei diritti consolari allegata al decreto legislativo 3 febbraio 2011, n. 71, confluiscono nella disponibilità del Ministero delle finanze e da esso non vengono destinati al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per essere impiegati per il rafforzamento dei servizi consolari, soprattutto nelle aree di maggiore sofferenza;
    in diversi consolati, soprattutto dell'America latina, la decorrenza della sola prenotazione per la consegna della domanda di cittadinanza si prolunga per mesi e i tempi di risoluzione delle relative pratiche si estendono per anni, in qualche caso anche per più di dieci anni, letteralmente polverizzando il diritto del cittadino ad avere una risposta dalla pubblica amministrazione entro i prescritti 180 giorni;
    la presente legge di Stabilità per il 2016 ha riconosciuto un finanziamento di 2 milioni da destinare ai consolati italiani all'estero al fine di rafforzare le iniziative di assistenza alle comunità italiane all'estero, provvedere alla manutenzione delle sedi consolari e far fronte ad altre incombenze di iniziativa consolare,

impegna il Governo:

   a dare priorità nella destinazione delle risorse aggiuntive assegnate ai consolati, oltre che alle attività di assistenza, al rafforzamento dei servizi consolari rivolti alle nostre comunità;
   a considerare e accogliere l'esigenza di dare attuazione all'iniziale intendimento di introdurre il tributo di 300 euro per migliorare i servizi consolari, disponendo, con successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, la riassegnazione di una quota parte dei proventi al MAECI, affinché esso provveda a trasferire tali risorse ai consolati in proporzione alle percezione dei diritti realizzata in ciascun ufficio consolare e con l'esplicito mandato di riassorbire le giacenze delle domande di cittadinanza accumulatesi negli anni.
9/3444-A/35Porta, Fedi, La Marca, Gianni Farina, Garavini, Tacconi.


   La Camera,
   premesso che:
    con la legge di Stabilità per il 2014 è stato introdotto un contributo di 300 euro a carico di coloro che avanzano richiesta di riconoscimento della cittadinanza con il dichiarato intento di utilizzare i proventi che ne derivano per l'Amministrazione per rafforzare gli uffici consolari che hanno un maggior numero di percezioni, presso i quali in genere si sono accumulate giacenze la cui previsione di smaltimento si proietta ormai negli anni;
    un diverso provvedimento ha fissato in 200 euro l'entità del contributo a carico di coloro che fanno la richiesta di riconoscimento di cittadinanza in Italia, con un'evidente sperequazione di trattamento che non trova giustificazione se non nell'impegno di sostenere misure straordinarie per far fronte alle richieste e alle giacenze accumulatesi in non poche sedi consolari estere, nelle quali storicamente il livello delle domande si è rilevato più elevato;
    contrariamente a quanto ipotizzato al momento dell'introduzione del tributo i proventi, in forza dell'articolo 7-bis della tabella dei diritti consolari allegata al decreto legislativo 3 febbraio 2011, n. 71, confluiscono nella disponibilità del Ministero delle finanze e da esso non vengono destinati al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale per essere impiegati per il rafforzamento dei servizi consolari, soprattutto nelle aree di maggiore sofferenza;
    in diversi consolati, soprattutto dell'America latina, la decorrenza della sola prenotazione per la consegna della domanda di cittadinanza si prolunga per mesi e i tempi di risoluzione delle relative pratiche si estendono per anni, in qualche caso anche per più di dieci anni, letteralmente polverizzando il diritto del cittadino ad avere una risposta dalla pubblica amministrazione entro i prescritti 180 giorni;
    la presente legge di Stabilità per il 2016 ha riconosciuto un finanziamento di 2 milioni da destinare ai consolati italiani all'estero al fine di rafforzare le iniziative di assistenza alle comunità italiane all'estero, provvedere alla manutenzione delle sedi consolari e far fronte ad altre incombenze di iniziativa consolare,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di dare priorità nella destinazione delle risorse aggiuntive assegnate ai consolati, oltre che alle attività di assistenza, al rafforzamento dei servizi consolari rivolti alle nostre comunità;
   a valutare l'opportunità di considerare e accogliere l'esigenza di dare attuazione all'iniziale intendimento di introdurre il tributo di 300 euro per migliorare i servizi consolari, disponendo, con successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, la riassegnazione di una quota parte dei proventi al MAECI, affinché esso provveda a trasferire tali risorse ai consolati in proporzione alle percezione dei diritti realizzata in ciascun ufficio consolare e con l'esplicito mandato di riassorbire le giacenze delle domande di cittadinanza accumulatesi negli anni.
9/3444-A/35. (Testo modificato nel corso della seduta)  Porta, Fedi, La Marca, Gianni Farina, Garavini, Tacconi.


   La Camera,
   premesso che:
    il pagamento dell'abbonamento del Canone RAI si basa su due presunzioni fissate da un Regio decreto del 1938:
     a) la detenzione di apparecchi adattabili alla ricezione di segnali televisivi su piattaforma terrestre e piattaforma satellitare;
     b) la presenza di un impianto aereo atto alla captazione o trasmissione dei segnali di cui alla lettera a);
    alle prime due presunzioni il legislatore la presente legge di stabilità 2016 ha inteso aggiungere una terza presunzione che collega il presunto utilizzo degli apparecchi radioriceventi ad un contratto per l'energia elettrica e alla residenza anagrafica nel luogo di detenzione dell'apparecchio;

il pagamento del canone viene dunque subordinato – ancorché non esclusivamente ma significativamente – alla residenza anagrafica nel luogo dove si detengono gli apparecchi soggetti al canone;
    i cittadini italiani residenti permanentemente all'estero, e quindi iscritti all'AIRE, non solo non hanno la residenza negli immobili posseduti in Italia ma non usufruiscono per la maggior parte del periodo di imposta delle trasmissioni radio-televisive italiane nei suddetti immobili,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di considerare a favore dei cittadini italiani residenti permanentemente all'estero ed iscritti all'AIRE l'esenzione o la riduzione del Canone RAI sugli immobili da essi posseduti in Italia, ove siano presenti le presunzioni fissate dal Regio decreto del 1938, a condizione che non siano locati o dati in comodato d'uso.
9/3444-A/36Tacconi, Fedi, Gianni Farina, Garavini, La Marca, Porta.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5, commi da 1 a 4, della legge 3 agosto 2007, n. 127, che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, prevede a partire dall'anno 2007 la corresponsione di una somma aggiuntiva, in presenza di determinate condizioni reddituali, a favore dei pensionati ultrasessantaquattrenni titolari di uno o più trattamenti pensionistici a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, gestite da enti pubblici di previdenza obbligatoria;
    il beneficiario deve possedere i requisiti di contribuzione previsti dalla Tabella A allegata della legge n. 127 del 2007; per la corresponsione dell'aumento viene considerata tutta la contribuzione (obbligatoria, figurativa, volontaria e da riscatto), nonché quella utilizzata per la liquidazione di supplementi. Gli aumenti variano d'importo a seconda della entità dell'anzianità contributiva;
    i requisiti di contribuzione della Tabella A suindicata prevedono che i lavoratori dipendenti i quali facciano valere: fino a 15 anni di contribuzione abbiano diritto per l'anno 2015 ad una 14ma pari a 336 euro, oltre 15 e fino a 25 anni a 420 euro ed infine oltre 25 anni a 504 euro (per i lavoratori autonomi gli anni di contribuzione sono leggermente più alti);
    nel caso di pensioni liquidate in regime internazionale l'INPS ha invece deciso arbitrariamente di considerare utile solo la contribuzione italiana. Ovviamente l'utilizzo della sola contribuzione italiana e non di quella estera ai fini della determinazione dell'importo penalizza tutti i titolari di pensione in convenzione internazionale ai quali viene perciò erogato l'importo più basso previsto dalla legge visto che la stragrande maggioranza dei lavoratori emigrati può far valere meno di 15 anni di contribuzione nell'assicurazione italiana;
    si ritiene invece corretto e opportuno disporre la presa in considerazione da parte dell'INPS anche della contribuzione estera ai fini del calcolo dell'importo della somma aggiuntiva (altrimenti detta 14ma) considerato che la contribuzione estera, in virtù del principio dell'assimilazione dei territori che informa tutte le convenzioni internazionali di sicurezza sociale stipulate dall'Italia, viene sempre presa in considerazione dall'INPS sia ai fini della maturazione dei diritti che ai fini del calcolo delle prestazioni italiane in convenzione internazionale,

impegna il Governo

a verificare la correttezza dei motivi per cui l'INPS non prenda in considerazione ai fini del calcolo della 14ma (o somma aggiuntiva) erogata all'estero anche la contribuzione versata all'estero dai lavoratori italiani emigrati e utilizzata invece per il perfezionamento del diritto a pensione in convenzione internazionale, valutando l'eventuale opportunità di modificare la legge in vigore o, diversamente, a predisporre una norma di interpretazione della disciplina vigente, volta a far includere anche la contribuzione estera ai fini del calcolo dell'importo della 14ma.
9/3444-A/37Giuditta Pini, Porta, Gianni Farina, Fedi, Garavini, La Marca, Tacconi.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 5, commi da 1 a 4, della legge 3 agosto 2007, n. 127, che ha convertito, con modificazioni, il decreto-legge 2 luglio 2007, n. 81, prevede a partire dall'anno 2007 la corresponsione di una somma aggiuntiva, in presenza di determinate condizioni reddituali, a favore dei pensionati ultrasessantaquattrenni titolari di uno o più trattamenti pensionistici a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle forme sostitutive, esclusive ed esonerative della medesima, gestite da enti pubblici di previdenza obbligatoria;
    il beneficiario deve possedere i requisiti di contribuzione previsti dalla Tabella A allegata della legge n. 127 del 2007; per la corresponsione dell'aumento viene considerata tutta la contribuzione (obbligatoria, figurativa, volontaria e da riscatto), nonché quella utilizzata per la liquidazione di supplementi. Gli aumenti variano d'importo a seconda della entità dell'anzianità contributiva;
    i requisiti di contribuzione della Tabella A suindicata prevedono che i lavoratori dipendenti i quali facciano valere: fino a 15 anni di contribuzione abbiano diritto per l'anno 2015 ad una 14ma pari a 336 euro, oltre 15 e fino a 25 anni a 420 euro ed infine oltre 25 anni a 504 euro (per i lavoratori autonomi gli anni di contribuzione sono leggermente più alti);
    nel caso di pensioni liquidate in regime internazionale l'INPS ha invece deciso arbitrariamente di considerare utile solo la contribuzione italiana. Ovviamente l'utilizzo della sola contribuzione italiana e non di quella estera ai fini della determinazione dell'importo penalizza tutti i titolari di pensione in convenzione internazionale ai quali viene perciò erogato l'importo più basso previsto dalla legge visto che la stragrande maggioranza dei lavoratori emigrati può far valere meno di 15 anni di contribuzione nell'assicurazione italiana;
    si ritiene invece corretto e opportuno disporre la presa in considerazione da parte dell'INPS anche della contribuzione estera ai fini del calcolo dell'importo della somma aggiuntiva (altrimenti detta 14ma) considerato che la contribuzione estera, in virtù del principio dell'assimilazione dei territori che informa tutte le convenzioni internazionali di sicurezza sociale stipulate dall'Italia, viene sempre presa in considerazione dall'INPS sia ai fini della maturazione dei diritti che ai fini del calcolo delle prestazioni italiane in convenzione internazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di verificare la correttezza dei motivi per cui l'INPS non prenda in considerazione ai fini del calcolo della 14ma (o somma aggiuntiva) erogata all'estero anche la contribuzione versata all'estero dai lavoratori italiani emigrati e utilizzata invece per il perfezionamento del diritto a pensione in convenzione internazionale, valutando l'eventuale opportunità di modificare la legge in vigore o, diversamente, a predisporre una norma di interpretazione della disciplina vigente, volta a far includere anche la contribuzione estera ai fini del calcolo dell'importo della 14ma.
9/3444-A/37. (Testo modificato nel corso della seduta)  Giuditta Pini, Porta, Gianni Farina, Fedi, Garavini, La Marca, Tacconi.


   La Camera,
   premesso che:
    le Camere di Commercio italiane all'estero (CCIE) riconosciute dallo Stato italiano sono 76, operanti in 54 Paesi del mondo. Associano, su base volontaria, 20.000 imprese, sviluppando annualmente più di 300 mila contatti di affari;
    le CCIE sono connesse «a rete» in un sistema di promozione, ben radicato sui territori esteri, che costituisce un punto di riferimento per le comunità di affari italo-locali e un supporto di servizio alle piccole e medie imprese italiane;
    le CCIE, ai sensi delle leggi n. 518 del 10 luglio 1970 e n. 549 del 1995, sono destinatarie annualmente di un cofinanziamento sul valore dei programmi di promozione realizzati, nell'ambito delle disponibilità di cui alla tab. C. cap. 2501/P(4.2) del Ministero dello sviluppo economico;
    ogni anno viene effettuata la ripartizione delle disponibilità sul capitolo sulla base del valore dei programmi presentati allo stesso Ministro dello sviluppo economico, che ha impegnato negli ultimi anni, orientativamente, circa il 60 per cento delle risorse complessive del capitolo 2501 IP per l'attività delle CCIE;
    negli ultimi cinque anni la dotazione del capitolo è stata ridotta dell'80 per cento e il disegno di legge di stabilità 2016, dispone un'ulteriore riduzione, corretta solo per gli anni 2017 e 2018;
    l'anno 2015, anche in forza di un indirizzo del Parlamento, la percentuale di risorse impegnate a favore dei programmi delle CCIE è salita all'85 per cento dei fondi disponibili sul cap. 2501, pur rimanendo largamente insufficiente a cofinanziare le spese sostenute dalle CCIE;
    sulla base delle percentuali di contribuzione degli scorsi anni, la contribuzione pubblica a favore delle CCIE scenderebbe a meno del 7 per cento rispetto alla previsione massima del 50 per cento;
    questa prospettiva appare insostenibile e foriera di situazioni di dissesto in soggetti che hanno visto, in cinque anni, ridurre il cofinanziamento pubblico a meno di un quarto, mettendo a repentaglio la continuità di servizio, la capacità di rappresentanza degli interessi imprenditoriali all'estero, nonché l'attivo supporto ai processi d'internazionalizzazione delle piccole e media imprese italiane;
    nell'anno 2015 il Ministero dello sviluppo economico ha ricevuto programmi di attività delle Camere per una spesa prevista di circa 44 milioni di euro,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di aumentare la dotazione del capitolo 2501 (4.2) anche con successivi interventi normativi;
   a provvedere in sede di ripartizione del cap. 2501 (4.2) in favore delle Camere di commercio italiane all'estero, affinché sia riservato un contributo comunque non inferiore al 95 per cento della dotazione, globale del capitolo, al fine di realizzare una più coerente copertura dei programmi.
9/3444-A/38Fedi, Porta, Garavini, Mongiello, Marco Di Maio, Gianni Farina, Boccadutri, La Marca, Tacconi.


   La Camera,
   premesso che:
    le Camere di Commercio italiane all'estero (CCIE) riconosciute dallo Stato italiano sono 76, operanti in 54 Paesi del mondo. Associano, su base volontaria, 20.000 imprese, sviluppando annualmente più di 300 mila contatti di affari;
    le CCIE sono connesse «a rete» in un sistema di promozione, ben radicato sui territori esteri, che costituisce un punto di riferimento per le comunità di affari italo-locali e un supporto di servizio alle piccole e medie imprese italiane;
    le CCIE, ai sensi delle leggi n. 518 del 10 luglio 1970 e n. 549 del 1995, sono destinatarie annualmente di un cofinanziamento sul valore dei programmi di promozione realizzati, nell'ambito delle disponibilità di cui alla tab. C. cap. 2501/P(4.2) del Ministero dello sviluppo economico;
    ogni anno viene effettuata la ripartizione delle disponibilità sul capitolo sulla base del valore dei programmi presentati allo stesso Ministro dello sviluppo economico, che ha impegnato negli ultimi anni, orientativamente, circa il 60 per cento delle risorse complessive del capitolo 2501 IP per l'attività delle CCIE;
    negli ultimi cinque anni la dotazione del capitolo è stata ridotta dell'80 per cento e il disegno di legge di stabilità 2016, dispone un'ulteriore riduzione, corretta solo per gli anni 2017 e 2018;
    l'anno 2015, anche in forza di un indirizzo del Parlamento, la percentuale di risorse impegnate a favore dei programmi delle CCIE è salita all'85 per cento dei fondi disponibili sul cap. 2501, pur rimanendo largamente insufficiente a cofinanziare le spese sostenute dalle CCIE;
    sulla base delle percentuali di contribuzione degli scorsi anni, la contribuzione pubblica a favore delle CCIE scenderebbe a meno del 7 per cento rispetto alla previsione massima del 50 per cento;
    questa prospettiva appare insostenibile e foriera di situazioni di dissesto in soggetti che hanno visto, in cinque anni, ridurre il cofinanziamento pubblico a meno di un quarto, mettendo a repentaglio la continuità di servizio, la capacità di rappresentanza degli interessi imprenditoriali all'estero, nonché l'attivo supporto ai processi d'internazionalizzazione delle piccole e media imprese italiane;
    nell'anno 2015 il Ministero dello sviluppo economico ha ricevuto programmi di attività delle Camere per una spesa prevista di circa 44 milioni di euro,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di aumentare la dotazione del capitolo 2501 (4.2) anche con successivi interventi normativi;
    a valutare l'opportunità di provvedere in sede di ripartizione del cap. 2501 (4.2) in favore delle Camere di commercio italiane all'estero, affinché sia riservato un contributo comunque non inferiore al 95 per cento della dotazione, globale del capitolo, al fine di realizzare una più coerente copertura dei programmi.
9/3444-A/38. (Testo modificato nel corso della seduta)  Fedi, Porta, Garavini, Mongiello, Marco Di Maio, Gianni Farina, Boccadutri, La Marca, Tacconi.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede importanti interventi di carattere sociale, soprattutto per la disabilità, istituendo tra l'altro all'articolo 1, comma 218, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali una dotazione di 90 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016 destinato alla copertura finanziaria di interventi legislativi recanti misure di sostegno alle persone con disabilità grave prive di legami familiari;
    le misure di sostegno alla disabilità dovrebbero anche tutelare la quotidianità del disabile, semplificando soprattutto il disbrigo di pratiche amministrative spesso farraginose, come il rinnovo della patente di guida;
    il decreto-legge del 24 giugno 2014 n. 90, convertito in legge 11 agosto 2014 n. 114 (cosiddetto Decreto semplificazioni) all'articolo 25, comma 2, stabilisce che, per i soggetti con patologie invalidanti non suscettibili di aggravamento col trascorrere del tempo, il rinnovo di validità della patente di guida potrà espletarsi ogni 10 anni (invece che ogni 5 anni secondo la disciplina ante-riforma), che si riducono a 5 se il guidatore ha superato i 50 anni e a 3 se ha superato i 70;
    secondo quanto dispone l'articolo 119, comma 4, del Decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 (Codice della Strada), l'accertamento dei requisiti fisici e psichici per il rinnovo della patente di guida del disabile è effettuato da commissioni mediche locali costituite in ogni provincia;
    tuttavia diverse Associazioni presenti sul territorio nazionale, tra cui l'Adico (Associazione Difesa Consumatori), denunciano numerose problematiche legate a tale pratica;
    si evidenzia infatti la carenza di personale medico nelle commissioni: ciò causa un forte arretrato nella gestione delle pratiche che porta alla creazione di lunghe liste d'attesa per l'ottenimento della data della visita; inoltre alcune di esse, tipo le visite oculistiche, devono essere eseguite in strutture esterne con evidenti aggravi di costi;
    in molti casi inoltre il rinnovo viene rilasciato per periodi inferiori a quelli previsti dalla normativa e, ciò che è più penalizzante, è la prassi di chiedere una nuova domanda di rinnovo della patente presso la Motorizzazione, che allunga i tempi e aumenta i costi;
    va inoltre considerata la rilevante mole di documenti che l'interessato deve presentare e che spesso non risulta sufficiente: al disabile in molti casi il personale medico ordina ulteriori accertamenti per patologie passate e già risolte, del tutto ininfluenti per il rinnovo della patente;
    tutto quanto esposto provoca un evidente allungamento dei tempi per l'ottenimento del rinnovo delle patenti speciali per i disabili, con gravi ripercussioni sulla loro vita quotidiana,

impegna il Governo

nell'ambito degli interventi a sostegno della disabilità presenti nella legge di stabilità 2016 e nello spirito del decreto-legge del 24 giugno 2014 n. 90, convertito in legge 11 agosto 2014 n. 114 (cosiddetto Decreto semplificazioni), a stabilire ulteriori misure di facilitazione delle pratiche amministrative per il rinnovo delle patenti speciali, con particolare riferimento alla riduzione dei tempi e dei costi per ciascun utente.
9/3444-A/39Becattini, Albini.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame prevede importanti interventi di carattere sociale, soprattutto per la disabilità, istituendo tra l'altro all'articolo 1, comma 218, presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali una dotazione di 90 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016 destinato alla copertura finanziaria di interventi legislativi recanti misure di sostegno alle persone con disabilità grave prive di legami familiari;
    le misure di sostegno alla disabilità dovrebbero anche tutelare la quotidianità del disabile, semplificando soprattutto il disbrigo di pratiche amministrative spesso farraginose, come il rinnovo della patente di guida;
    il decreto-legge del 24 giugno 2014 n. 90, convertito in legge 11 agosto 2014 n. 114 (cosiddetto Decreto semplificazioni) all'articolo 25, comma 2, stabilisce che, per i soggetti con patologie invalidanti non suscettibili di aggravamento col trascorrere del tempo, il rinnovo di validità della patente di guida potrà espletarsi ogni 10 anni (invece che ogni 5 anni secondo la disciplina ante-riforma), che si riducono a 5 se il guidatore ha superato i 50 anni e a 3 se ha superato i 70;
    secondo quanto dispone l'articolo 119, comma 4, del Decreto legislativo 30 aprile 1992 n. 285 (Codice della Strada), l'accertamento dei requisiti fisici e psichici per il rinnovo della patente di guida del disabile è effettuato da commissioni mediche locali costituite in ogni provincia;
    tuttavia diverse Associazioni presenti sul territorio nazionale, tra cui l'Adico (Associazione Difesa Consumatori), denunciano numerose problematiche legate a tale pratica;
    si evidenzia infatti la carenza di personale medico nelle commissioni: ciò causa un forte arretrato nella gestione delle pratiche che porta alla creazione di lunghe liste d'attesa per l'ottenimento della data della visita; inoltre alcune di esse, tipo le visite oculistiche, devono essere eseguite in strutture esterne con evidenti aggravi di costi;
    in molti casi inoltre il rinnovo viene rilasciato per periodi inferiori a quelli previsti dalla normativa e, ciò che è più penalizzante, è la prassi di chiedere una nuova domanda di rinnovo della patente presso la Motorizzazione, che allunga i tempi e aumenta i costi;
    va inoltre considerata la rilevante mole di documenti che l'interessato deve presentare e che spesso non risulta sufficiente: al disabile in molti casi il personale medico ordina ulteriori accertamenti per patologie passate e già risolte, del tutto ininfluenti per il rinnovo della patente;
    tutto quanto esposto provoca un evidente allungamento dei tempi per l'ottenimento del rinnovo delle patenti speciali per i disabili, con gravi ripercussioni sulla loro vita quotidiana,

impegna il Governo

nell'ambito degli interventi a sostegno della disabilità presenti nella legge di stabilità 2016 e nello spirito del decreto-legge del 24 giugno 2014 n. 90, convertito in legge 11 agosto 2014 n. 114 (cosiddetto Decreto semplificazioni), a valutare l'opportunità di stabilire ulteriori misure di facilitazione delle pratiche amministrative per il rinnovo delle patenti speciali, con particolare riferimento alla riduzione dei tempi e dei costi per ciascun utente.
9/3444-A/39. (Testo modificato nel corso della seduta)  Becattini, Albini.


   La Camera,
   premesso che:
    il lascito documentario di Giuseppe Verdi, è custodito a Villa Verdi a S. Agata di proprietà degli eredi Carrara Verdi, della Casa di Riposo Giuseppe Verdi di Milano e della Famiglia Motta Verdi di Bologna;
    nel corso del 2013, grazie alla legge dedicata alle Celebrazioni del secondo centenario della nascita del Maestro (legge 12 novembre 2012 n. 206), oltre a sottolineare il ruolo rilevante a livello nazionale del complesso di Villa Verdi (articolo 1 comma 3 della legge sopra citata), veniva assegnato un consistente contributo (articolo 2 comma 1 lettera f) della legge sopra citata) per lavori di restauro dell'immobile;
   considerato che:
    non si poté allora intervenire sulla inventari azione e digitalizzazione del patrimonio archivistico, che rappresenta una fonte primaria per la storia della musica e della cultura dell'Ottocento. Oggi tale azione, fortemente richiesta da tutti gli studiosi, è indispensabile, sia per garantire una adeguata conservazione degli originali, sia per consentire la massima diffusione dei contenuti, grazie anche alle nuove tecnologie;
    l'Istituto di studi verdiani ha proposto al Ministeri dei beni delle attività culturali e del turismo di realizzare un progetto specifico sull'argomento. Progetto che non potrà, per la sua rilevanza nazionale e internazionale, che promanare dal Ministero per i beni le attività culturali e il turismo, l'unico organismo capace di garantire il rispetto delle esigenze conservative, catalografiche e di diffusione connesse al tema;
    dal canto suo l'Istituto nazionale di studi verdiani che già opera in accordo con gli Eredi Carrara Verdi e la Soprintendenza archivistica competente per rendere consultabili nella propria sede alcune parziali riproduzioni del materiale documentario (in particolare le lettere), si impegna sin da ora a mettere a disposizione in consultazione, nella propria sede, e in accordo con i proprietari e i competenti uffici statali, le riproduzioni digitali e gli inventari che verranno realizzati. L'Istituto è inoltre disponibile a fornire la collaborazione scientifica e tecnica, maturata in oltre cinquant'anni di esperienza nel campo degli studi verdiani, alla definizione dei contenuti e all'organizzazione del progetto. C’è stata anche l'adesione della Casa di Riposo Giuseppe Verdi di Milano che è proprietaria di una parte degli abbozzi musicali del Maestro conservati a Villa Verdi e della Signora Maria M. Carrara Verdi, oggi rappresentante della Famiglia in seno al consiglio di amministrazione dell'Istituto nazionale di studi verdiani,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre misure concrete per la valorizzazione e la promozione della digitalizzazione e della fruizione del patrimonio indicato, considerato il rilevante valore storico-culturale sia a livello nazionale che internazionale.
9/3444-A/40Romanini, Patrizia Maestri, Paolo Rossi, Amato.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di Stabilità 2016 ha destinato importanti risorse alla valorizzazione del patrimonio artistico e di numerose iniziative e istituti culturali;
    il Festival Verdi, realizzato dalla Fondazione Teatro Regio di Parma, in onore del Maestro Giuseppe Verdi, nasce nella seconda metà degli anni ottanta ed ha avuto luogo fino al 1993, per poi essere reintrodotto nel 2001 in occasione delle celebrazioni nazionali del centenario verdiano (Giuseppe Verdi è morto a Milano il 27 gennaio 1901). Da allora è riprogrammato con cadenza annuale;
    il Festival Verdi è oggi escluso dai finanziamenti di cui alla legge n. 238 del 2012 nonostante la sua indiscussa valenza nazionale ed internazionale,

impegna il Governo

a stanziare, a decorrere dal 2016, un contributo annuo di 1 milione di euro a favore della Fondazione Teatro Regio di Parma per la realizzazione del Festival Verdi di Parma e Busseto.
9/3444-A/41Patrizia Maestri, Romanini, Rampi, Iori, Galperti, Gnecchi, Giacobbe, Baruffi, Prina, Manzi, Malisani, Rotta, Malpezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di Stabilità 2016 ha destinato importanti risorse alla valorizzazione del patrimonio artistico e di numerose iniziative e istituti culturali;
    il Festival Verdi, realizzato dalla Fondazione Teatro Regio di Parma, in onore del Maestro Giuseppe Verdi, nasce nella seconda metà degli anni ottanta ed ha avuto luogo fino al 1993, per poi essere reintrodotto nel 2001 in occasione delle celebrazioni nazionali del centenario verdiano (Giuseppe Verdi è morto a Milano il 27 gennaio 1901). Da allora è riprogrammato con cadenza annuale;
    il Festival Verdi è oggi escluso dai finanziamenti di cui alla legge n. 238 del 2012 nonostante la sua indiscussa valenza nazionale ed internazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di stanziare, a decorrere dal 2016, un contributo annuo di 1 milione di euro a favore della Fondazione Teatro Regio di Parma per la realizzazione del Festival Verdi di Parma e Busseto.
9/3444-A/41. (Testo modificato nel corso della seduta)  Patrizia Maestri, Romanini, Rampi, Iori, Galperti, Gnecchi, Giacobbe, Baruffi, Prina, Manzi, Malisani, Rotta, Malpezzi.


   La Camera,
   premesso che:
    nel 2006 nell'ambito della riforma della Organizzazione Comune di Mercato (OCM) zucchero, che per l'Italia ha comportato una drammatica ristrutturazione (chiusura di 15 fabbriche e rinuncia a più del 50 per cento della quota di produzione), i Regolamenti comunitari (nn. 318/2006 e 319/2006) avevano disegnato un articolato quadro di interventi tra cui spiccava l'erogazione di aiuti sia comunitari sia nazionali per il quinquennio 2006/2010;
    mentre le risorse comunitarie sono state continuativamente pagate, quelle nazionali sono state versate per il triennio 2006, 2007, 2008, ma mancano quelle delle campagne 2009 e 2010 per complessi 86 milioni di euro (43 milioni di euro per ciascun anno);
    la filiera bieticolo-saccarifera italiana, industria e parte agricola, quindi attende ancora l'assolvimento dell'impegno governativo, preso nel 2006 nell'ambito della riforma della Organizzazione Comune di Mercato (OCM) zucchero, relativo al completamento degli aiuti nazionali previsti dalla normativa comunitaria;
    la Delibera CIPE N. 6 del 20 gennaio 2012, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 14 aprile, ha stanziato aiuti, ex articolo 36 del Reg. (CE) n. 318/2006 alle imprese operanti nel settore bieticolo saccarifero per l'ammontare di 35.000.000 euro (35 milioni di euro). Tali somme, hanno rappresentato una «prima assegnazione a copertura dell'aiuto nazionale per la campagna di commercializzazione 2009-2010. Lo stanziamento relativo alla campagna di commercializzazione 2010-2011 verrà definito con successivo provvedimento.». Tali somme sono state effettivamente erogate ad aprile 2013 a copertura di una parte dell'anno 2009;
    la legge di stabilità 2014, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, legge 27 dicembre 2013, n. 147 pubblicata il 27 dicembre in Gazzetta Ufficiale (serie Generale n. 302 – Suppl. Ordinario n. 87), prevede all'articolo 1 comma 293, il rifinanziamento dell'importo di 5 milioni di euro del fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolosaccarifera di cui all'articolo 1, comma 1063, della legge 27 dicembre 2006, n. 296; tale stanziamento è espressamente indicato come «competenza di una parte del quarto anno del quinquennio previsto dalla normativa europea»;
    l'impegno al completamento dello stanziamento di tutte le somme è stato ripetutamente formalmente confermato in diverse occasioni dal Comitato interministeriale ex legge n. 81 del 2006 – Presieduto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e composto dai Ministri delle politiche agricole, dell'economia, sviluppo economico, ambiente, lavoro – dal Parlamento (entrambe le Commissioni Agricoltura di Camera e Senato con apposite Risoluzioni) e dallo stesso Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (MIPAAF) e nella legge di Stabilità 2014. La legge di stabilità 2016 come modificata al Senato prevede un rifinanziamento per l'importo di 1 milione di euro per l'anno 2016 e di 4 milioni di euro per l'anno 2017. Un emendamento a prima firma Romanini prevede un ulteriore stanziamento anche per il 2017;
    a copertura di tutte le somme ancora dovute per entrambe le campagne, è necessario un intervento di 41 milioni di euro (già considerando lo stanziamento nella legge di stabilità 2016);
    in aggiunta l'intero settore bieticolo-saccarifero nazionale sta attraversando una fortissima crisi a seguito della decisione comunitaria di porre termine al regime delle quote zucchero nel 2017, che ha portato già ora tra l'altro un crollo delle quotazioni di vendita dello zucchero comunitario e nazionale. Tale contesto di mercato sta ledendo la sostenibilità del comparto ed i rilevanti investimenti fatti per aumentare la competitività con rischi di ricadute su tutta la filiera;
    l'intervento oramai da troppo atteso a favore della filiera bieticolo-saccarifera permetterebbe agli operatori una maggiore prospettiva di mediolungo termine garantendo i livelli occupazionali anche in vista di eventuali riconversioni produttive,

impegna il Governo

a valutare a possibilità di disporre il rifinanziamento del Fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolosaccarifera programmando in maniera certa lo stanziamento e l'erogazione della parte residua degli aiuti per gli anni 2009 e 2010 attesi dalla filiera bieticolo-saccarifera per complessivi 41 milioni di euro.
9/3444-A/42Paolo Rossi, Romanini, Patrizia Maestri, Incerti, Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge in esame «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», sono presenti norme che prevedono detrazioni fiscali;
    sono presenti in Italia 86 impianti di teleriscaldamento a biomasse; tali strutture rappresentano, soprattutto nelle zone marginali e montane non raggiunte dal metano (in particolare nelle zone climatiche «E» ed «F», ed in alcuni casi nelle zone climatiche «D»), uno strumento irrinunciabile per offrire alla popolazione un servizio a costi contenuti, per valorizzare l'utilizzo sostenibile di risorse locali, per promuovere l'economia territoriale e per incentivare l'utilizzo di fonti energetiche pulite;
   valutato che:
    la questione energetica rappresenta un elemento strategico delle politiche ambientali ed economiche dal momento che i combustibili fossili sono i principali responsabili dell'inquinamento atmosferico;
    la Commissione Europea ha rilevato in numerose occasioni l'importanza del contributo offerto dalle biomasse per raggiungere gli obiettivi preposti sul clima e sull'energia al 2020 (20 per cento di riduzione delle emissioni, 20 per cento di aumento di efficienza energetica, 20 per cento di rinnovabili negli usi finali di energia);
    la stessa Commissione Ue ha recentemente fissato nuovi obiettivi, rispetto al 1990, da raggiungere entro l'anno 2030: riduzione delle emissioni di CO2 del 40 per cento; aumento della quota di energia rinnovabile ad almeno il 27 per cento ed incremento dell'efficienza energetica di almeno il 27 per cento;
    i sistemi di teleriscaldamento contribuiscono alla riduzione dell'inquinamento locale, soprattutto se alimentati da biomasse, e rappresentano una soluzione alternativa, rispettosa dell'ambiente, sicura ed economica per il riscaldamento degli edifici;
   considerato che:
    gli impianti di teleriscaldamento a biomasse sono alimentati quasi esclusivamente da prodotti della filiera territoriale. In particolare:
     sottoprodotti di origine agro-forestale proveniente dalla manutenzione di boschi, dalla manutenzione dei fiumi, dalle potature agricole, dalle potature di verde urbano, dalle vinacce;
     sottoprodotti industriali come avanzi di segheria;
     e coltivazioni dedicate: «medium rotation forestry» (pioppeti a 5 anni);
    è quindi evidente come la produzione da biomasse rappresenti un punto significativo di sintesi capace di coniugare gli impegni in materia di salvaguardia ambientale con un equilibrato sviluppo delle aree boschive, ed in grado di prevenire il dissesto idrogeologico, garantire occupazione, redditività e corretta manutenzione e gestione dei boschi mediante il sostegno allo sviluppo di filiere foresta-legno-energia;
   preso atto che:
    il comma 577 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013 (legge di Stabilità per l'anno 2014), ha previsto che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, per ciascuno dei crediti d'imposta di cui all'elenco 2 allegato, siano stabilite le quote percentuali di fruizione dei crediti d'imposta non inferiori all'85 per cento di quanto spettante sulla base della normativa vigente istitutiva del credito d'imposta;
    il decreto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 21 marzo 2014 («Riduzione delle quote percentuali di fruizione dei crediti d'imposta indicati all'elenco 2 allegato alla legge di stabilità per l'anno 2014»);
    tale decreto stabilisce una riduzione del 15 per cento del credito d'imposta a favore dei soggetti allacciati a reti di teleriscaldamento alimentate con biomasse ovvero con energia geotermica, beneficiari delle agevolazioni contenute in origine nell'articolo 6 del decreto-legge numero 356 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge numero 418 del 2001;
    la disposizione del decreto (il cui gettito complessivo di risparmio per la finanza pubblica è stimato ad oggi «solamente» intorno ai 1,6 milioni di euro) ha carattere di retroattività a far data dal 1o gennaio 2014;
    la riduzione del 15 per cento del credito di imposta ha comportato un aumento di circa il 5 per cento delle bollette del teleriscaldamento, andando così a gravare direttamente sui cittadini;
   esaminato che:
    il Ministero dello sviluppo economico ha posto in consultazione, a fine luglio 2015, le linee guida inerenti al meccanismo dei «Certificati Bianchi» con l'intento, da come si apprende dal documento stesso, di fissare le nuove misure che il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, intende introdurre per qualificare e potenziare il meccanismo, per un uso più efficiente ed efficace delle risorse, in vista degli obiettivi nazionali da raggiungere al 2020;
    pressoché contemporaneamente (2 settembre 2015) lo stesso Ministero ha inviato alla Presidenza del Consiglio dei ministri per l'acquisizione dell'intesa della Conferenza unificata uno schema di decreto ministeriale concernente la revoca di alcune schede tecniche nell'ambito del meccanismo dei certificati bianchi ivi incluse quelle (22T e 21T) inerenti al teleriscaldamento e alla piccola cogenerazione in ambito civile;
    nel documento posto in consultazione a fine luglio si esclude quindi, dal meccanismo dei «Certificati Bianchi», il teleriscaldamento alimentato da fonti rinnovabili, che ad oggi, oltre ai «Certificati Bianchi», non gode di alcuna altra forma di agevolazione;
    tali politiche (riduzione del 15 per cento del credito di imposta a beneficio dei soggetti allacciati a tali reti di teleriscaldamento e la mancanza di agevolazioni nei «Certificati Bianchi») risulterebbero contrastanti nell'ottica complessiva di un sistema che dovrebbe incentivare anziché penalizzare l'uso di energie rinnovabili e promuovere lo sviluppo della filiera locale di produzione di biomasse quale volano fondamentale per la crescita sostenibile economica, occupazionale e sociale,

impegna il Governo:

   a verificare le dimensioni contrastanti delle norme sopra richiamare, a promuovere approfondimenti con i soggetti interessati, e, in relazione a quanto esposto in premessa, a valutare l'opportunità di assumere iniziative normative specifiche per:
    rivedere la riduzione del 15 per cento del credito d'imposta a favore dei soggetti allacciati a reti di teleriscaldamento alimentate con biomasse, al fine di annullare gli aumenti nelle bollette degli utenti causate dagli effetti del comma 577 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013;
    prevedere che le disposizioni vigenti per le reti di teleriscaldamento alimentate da biomasse siano estese anche ai comuni ricadenti nella zona climatica «D»;
    inserire, nella riforma dei «Certificati Bianchi», forme di incentivazione per l'utilizzo di impianti di teleriscaldamento alimentati con biomasse.
9/3444-A/43Cenni, Borghi, Mariani, Albini, Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    nel disegno di legge in esame «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», sono presenti norme che prevedono detrazioni fiscali;
    sono presenti in Italia 86 impianti di teleriscaldamento a biomasse; tali strutture rappresentano, soprattutto nelle zone marginali e montane non raggiunte dal metano (in particolare nelle zone climatiche «E» ed «F», ed in alcuni casi nelle zone climatiche «D»), uno strumento irrinunciabile per offrire alla popolazione un servizio a costi contenuti, per valorizzare l'utilizzo sostenibile di risorse locali, per promuovere l'economia territoriale e per incentivare l'utilizzo di fonti energetiche pulite;
   valutato che:
    la questione energetica rappresenta un elemento strategico delle politiche ambientali ed economiche dal momento che i combustibili fossili sono i principali responsabili dell'inquinamento atmosferico;
    la Commissione Europea ha rilevato in numerose occasioni l'importanza del contributo offerto dalle biomasse per raggiungere gli obiettivi preposti sul clima e sull'energia al 2020 (20 per cento di riduzione delle emissioni, 20 per cento di aumento di efficienza energetica, 20 per cento di rinnovabili negli usi finali di energia);
    la stessa Commissione Ue ha recentemente fissato nuovi obiettivi, rispetto al 1990, da raggiungere entro l'anno 2030: riduzione delle emissioni di CO2 del 40 per cento; aumento della quota di energia rinnovabile ad almeno il 27 per cento ed incremento dell'efficienza energetica di almeno il 27 per cento;
    i sistemi di teleriscaldamento contribuiscono alla riduzione dell'inquinamento locale, soprattutto se alimentati da biomasse, e rappresentano una soluzione alternativa, rispettosa dell'ambiente, sicura ed economica per il riscaldamento degli edifici;
   considerato che:
    gli impianti di teleriscaldamento a biomasse sono alimentati quasi esclusivamente da prodotti della filiera territoriale. In particolare:
     sottoprodotti di origine agro-forestale proveniente dalla manutenzione di boschi, dalla manutenzione dei fiumi, dalle potature agricole, dalle potature di verde urbano, dalle vinacce;
     sottoprodotti industriali come avanzi di segheria;
     e coltivazioni dedicate: «medium rotation forestry» (pioppeti a 5 anni);
    è quindi evidente come la produzione da biomasse rappresenti un punto significativo di sintesi capace di coniugare gli impegni in materia di salvaguardia ambientale con un equilibrato sviluppo delle aree boschive, ed in grado di prevenire il dissesto idrogeologico, garantire occupazione, redditività e corretta manutenzione e gestione dei boschi mediante il sostegno allo sviluppo di filiere foresta-legno-energia;
   preso atto che:
    il comma 577 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013 (legge di Stabilità per l'anno 2014), ha previsto che con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, per ciascuno dei crediti d'imposta di cui all'elenco 2 allegato, siano stabilite le quote percentuali di fruizione dei crediti d'imposta non inferiori all'85 per cento di quanto spettante sulla base della normativa vigente istitutiva del credito d'imposta;
    il decreto è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 21 marzo 2014 («Riduzione delle quote percentuali di fruizione dei crediti d'imposta indicati all'elenco 2 allegato alla legge di stabilità per l'anno 2014»);
    tale decreto stabilisce una riduzione del 15 per cento del credito d'imposta a favore dei soggetti allacciati a reti di teleriscaldamento alimentate con biomasse ovvero con energia geotermica, beneficiari delle agevolazioni contenute in origine nell'articolo 6 del decreto-legge numero 356 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge numero 418 del 2001;
    la disposizione del decreto (il cui gettito complessivo di risparmio per la finanza pubblica è stimato ad oggi «solamente» intorno ai 1,6 milioni di euro) ha carattere di retroattività a far data dal 1o gennaio 2014;
    la riduzione del 15 per cento del credito di imposta ha comportato un aumento di circa il 5 per cento delle bollette del teleriscaldamento, andando così a gravare direttamente sui cittadini;
   esaminato che:
    il Ministero dello sviluppo economico ha posto in consultazione, a fine luglio 2015, le linee guida inerenti al meccanismo dei «Certificati Bianchi» con l'intento, da come si apprende dal documento stesso, di fissare le nuove misure che il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, intende introdurre per qualificare e potenziare il meccanismo, per un uso più efficiente ed efficace delle risorse, in vista degli obiettivi nazionali da raggiungere al 2020;
    pressoché contemporaneamente (2 settembre 2015) lo stesso Ministero ha inviato alla Presidenza del Consiglio dei ministri per l'acquisizione dell'intesa della Conferenza unificata uno schema di decreto ministeriale concernente la revoca di alcune schede tecniche nell'ambito del meccanismo dei certificati bianchi ivi incluse quelle (22T e 21T) inerenti al teleriscaldamento e alla piccola cogenerazione in ambito civile;
    nel documento posto in consultazione a fine luglio si esclude quindi, dal meccanismo dei «Certificati Bianchi», il teleriscaldamento alimentato da fonti rinnovabili, che ad oggi, oltre ai «Certificati Bianchi», non gode di alcuna altra forma di agevolazione;
    tali politiche (riduzione del 15 per cento del credito di imposta a beneficio dei soggetti allacciati a tali reti di teleriscaldamento e la mancanza di agevolazioni nei «Certificati Bianchi») risulterebbero contrastanti nell'ottica complessiva di un sistema che dovrebbe incentivare anziché penalizzare l'uso di energie rinnovabili e promuovere lo sviluppo della filiera locale di produzione di biomasse quale volano fondamentale per la crescita sostenibile economica, occupazionale e sociale,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di:
    verificare le dimensioni contrastanti delle norme sopra richiamare, a promuovere approfondimenti con i soggetti interessati, e, in relazione a quanto esposto in premessa, a valutare l'opportunità di assumere iniziative normative specifiche per:
    rivedere la riduzione del 15 per cento del credito d'imposta a favore dei soggetti allacciati a reti di teleriscaldamento alimentate con biomasse, al fine di annullare gli aumenti nelle bollette degli utenti causate dagli effetti del comma 577 dell'articolo 1 della legge n. 147 del 2013;
    prevedere che le disposizioni vigenti per le reti di teleriscaldamento alimentate da biomasse siano estese anche ai comuni ricadenti nella zona climatica «D»;
    inserire, nella riforma dei «Certificati Bianchi», forme di incentivazione per l'utilizzo di impianti di teleriscaldamento alimentati con biomasse.
9/3444-A/43. (Testo modificato nel corso della seduta).  Cenni, Borghi, Mariani, Albini, Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    con decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, contenente le nuove misure in materia di tutela del patrimonio culturale, sviluppo della cultura e rilancio del turismo, convertito in legge n. 106 29 luglio 2014 per accelerare la progettazione degli interventi previsti nell'ambito del Grande Progetto Pompei, al fine di rispettare la scadenza del programma, è stata prevista la costituzione di una Segreteria Tecnica di Progettazione presso la Soprintendenza Speciale per i Beni archeologici di Pompei. Ercolano e Stabia, composta da non più di 20 unità di personale, alle quali possono essere conferiti, in deroga ai limiti finanziari previsti dalla legislazione vigente, incarichi di collaborazione, ai sensi dell'articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, per la durata massima di 12 mesi, entro i limiti di spesa di 900.000 euro, per la partecipazione alle attività progettuali e di supporto al Grande Progetto Pompei, secondo le esigenze e i criteri stabiliti dal Direttore generale di progetto d'intesa con il Soprintendente Speciale per i Beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia;
    il termine dei 12 mesi relativo alla costituzione della suddetta Struttura, è stato, con successivo emendamento a 24 mesi considerata l'oggettiva necessità di coprire un arco temporale più lungo per la mole di lavoro gravante sulla Struttura stessa;
    l'attività posta in essere nel corso di questi mesi è stata determinante per la riuscita dei progetti di recupero e di valorizzazione del «Grande Progetto Pompei» ormai riconosciuto anche a livello internazionale come esempio di operatività e funzionalità;
    per quanto concerne la individuazione dei professionisti che vi lavorano è stata adottata una procedura di selezione pubblica mediante avviso e quindi sono stati chiamati a superare prove che hanno consentito loro di poter accedere all'incarico;
    attualmente la struttura di progettazione svolge compiti specifici non ricoperti da alcuna altra struttura all'interno delle competenti soprintendenze ed in considerazione della evidente carenza di organico costituiscono un punto di forza per l'intero sito archeologico interessato, avendo selezionato professionisti archeologi, architetti e ingegneri di elevata specializzazione;
    i risultati positivi fin qui ottenuti necessitano di essere adeguatamente evidenziati e soprattutto analizzati dalle competenti istituzioni al fine di valutare il prosieguo della suddetta attività con la individuazione di un processo di stabilizzazione del personale impegnato,

impegna il Governo

ed in particolare il Ministero dei beni e delle attività culturali a valutare l'opportunità, entro l'anno 2016, di prevedere un percorso di stabilizzazione per la suddetta struttura, insediatasi a seguito della emanazione del decreto-legge n. 83 del 2014, della sua conversione in legge e delle successive proroghe, in considerazione dei risultati raggiunti e delle professionalità qualificate impegnate e ormai indispensabili per l'attività legata al Grande Progetto Pompei anche alla luce delle evidenti carenze di personale presenti.
9/3444-A/44Cuomo, Bossa, Giorgio Piccolo, Salvatore Piccolo, Palma.


   La Camera,
   premesso che:
    a seguito della recente rideterminazione della dotazione organica degli appartenenti alla carriera prefettizia, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 maggio 2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 18 settembre 2015, la stessa dotazione è pari a 1.320 unità di personale dirigenziale a fronte invece di una effettiva presenza di circa soltanto 1.100 unità, con una vacanza di posti disponibile per la qualifica iniziale di Consigliere pari a oltre 210 unità;
    vi è un elevato numero di appartenenti alla carriera prefettizia non più in servizio per dimissioni già presentate o per collocamento in quiescenza per raggiunti limiti di età, avvenute nel triennio 2012-2014;
    ulteriori cessazioni avverranno nel triennio 2015-2017;
    al termine della procedura concorsuale bandita il 26 ottobre 2012, lo scorso 28 maggio 2015 è stata approvata la relativa graduatoria finale, che si riferisce complessivamente a 98 candidati che hanno superato con merito tutte le 5 prove scritte e la prova orale;
    le facoltà assunzionali del Ministero dell'interno, per il triennio 2016-2018, sono ampiamente adeguate per consentire l'immediata assunzione nella qualifica iniziale di Consigliere della carriera prefettizia, ad inizio di anno 2016, dei candidati che hanno superato con merito il concorso di cui sopra;
    tenendo conto che l'onere annuo per l'assunzione di un Consigliere in prova ammonta a 89.923,67 euro circa (lordo amministrazione), non figurano oneri di spesa aggiuntivi in quanto l'immissione in ruolo degli idonei al concorso di cui sopra può essere effettuata utilizzando le risorse già previste, a legislazione vigente, sia per il triennio 2012-2014 che, in parte, per il triennio 2016-2018,

impegna il Governo

a valutare la possibilità che nel triennio 2016-2018 siano autorizzate le assunzioni nei profili iniziali della carriera prefettizia attingendo alla graduatoria degli idonei al concorso di cui in premessa, nel rispetto delle facoltà assunzionali del medesimo triennio, in deroga all'articolo 2, comma 7, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125.
9/3444-A/45Salvatore Piccolo, Cuomo, Giorgio Piccolo, Valiante, Famiglietti, Bossa, Antezza, Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    nel comune di Pernumia, in provincia di Padova vi è uno stabilimento oramai abbandonato denominato Ex C&C;
    tale struttura è un fatiscente edificio al centro di una nota e abnorme vicenda di traffico di rifiuti tossici, avvenuta ai piedi del Parco dei Colli Euganei, vicino alle rinomate stazioni termali di Battaglia Terme, Montegrotto Terme e Abano Terme. La storia è risaputa, e ha lasciato in eredità al territorio 52.000 tonnellate di rifiuti speciali pericolosi all'interno di capannoni fatiscenti, nelle immediate vicinanze di centri abitati, campagne produttive e di un corso d'acqua che porta le sue acque a ridosso della Laguna di Venezia;
    in seguito ad un processo per traffico di rifiuti tossici la struttura è stata prima sottoposta a sequestro e in seguito, dopo la revoca del sequestro, abbandonata a se stessa con il suo pericoloso contenuto;
    la struttura è inserita nell'allegato A del Piano regionale di gestione dei rifiuti urbani e speciali del Veneto approvato il 29 aprile 2015 con deliberazione del Consiglio regionale n. 30 del 29 aprile 2015, pubblicato sul B.U.R. n. 55 del 1 giugno 2015 inserita dalla regione Veneto nell'elenco dei siti inquinati;
    nel 2011 la regione Veneto ha stanziato, in un primo momento 500.000 euro per la messa in sicurezza e per attività di caratterizzazione, fondi spesi nel corso del 2013-2014 per rinforzare alcune strutture e tappare le numerose falle sul tetto e alle pareti ma al primo evento meteorologico importante, la struttura ha evidenziato la sua estrema fragilità e i gravi rischi cui è esposta; successivamente, attraverso un altro intervento, la Regione ha stanziato un ulteriore milione e mezzo al fine di proseguire i lavori di rimozione dei rifiuti presenti e caratterizzazione delle aree interessate dal deposito;
    nel mese di Novembre di quest'anno, attraverso una gara d'appalto promossa dal comune di Pernumia e grazie al risparmio cospicuo ottenuto attraverso il bando europeo, è stata possibile la rimozione e lo smaltimento di 2.400 tonnellate;
    per completare l'intera bonifica, servirebbero altre risorse;
    la struttura è sottoposta ad altri rischi, dall'incendio (già verificatosi) al terremoto, all'alluvione, rischi che non sono affatto teorici e che più volte hanno fatto temere il verificarsi di una tragedia di immani proporzioni; l'andamento ciclico di eventi meteorologici eccezionali dimostra che i rischi sono sempre più probabili e le conseguenze per la popolazione e l'ambiente sono imprevedibili e potenzialmente disastrose;
    dal momento che la Regione veneto non ha a disposizione ulteriori risorse finanziarie al fine di completare l'opera di bonifica del sito,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di reperire urgentemente le risorse necessarie mancanti per la prosecuzione degli interventi finalizzati sia alla rimozione dei rifiuti depositati che per le operazioni di bonifica e ripristino ambientale, della messa in sicurezza permanente e ripristino dello stato dei luoghi nell'area interessata di cui in premessa.
9/3444-A/46Rostellato.


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi anni il Legislatore è intervenuto di frequente sulla disciplina normativa della circolazione del contante. Tali interventi sono stati introdotti con una doppia finalità: da un lato l'esigenza di aumentare la tracciabilità dei movimenti finanziari per contrastare il riciclaggio dei capitali di provenienza illecita e dall'altro l'obiettivo dell'Amministrazione finanziaria di contrastare l'evasione e l'elusione fiscale, attraverso la limitazione dei pagamenti effettuati in contanti;
    il decreto-legge n. 201 del 2011, (cosiddetto decreto «Salva Italia») ha ridotto, a decorrere dal 6 dicembre 2011, da euro 2.500 ad euro 1.000 la soglia dei pagamenti in contanti e di utilizzo degli assegni bancari/postali trasferibili, nonché dei libretti al portatore;
    il decreto-legge n. 16/2012 (cosiddetto decreto «Semplificazioni») ha introdotto una deroga alle norme sulla limitazione di circolazione del contante, per acquisti effettuati da cittadini extraeuropei presso commercianti al minuto, nonché agenzie di viaggio e turismo;
    la legge di Stabilità 2014, (legge n. 147/2013) al comma 50 dell'articolo 1, dispone che i canoni di locazione delle abitazioni non possano più essere pagati in contanti;
    i commi, da 511 a 514, del provvedimento in esame, recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016) contengono norme volte a innalzare da mille a tremila euro il limite a partire dal quale è vietato il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore; per il servizio di rimessa la soglia è invece fissata in mille euro; sono inoltre stati eliminati l'obbligo di pagare i canoni di locazione di unità abitative in forme e modalità che escludano l'uso del contante e ne assicurino la tracciabilità, nonché l'obbligo per i soggetti della filiera dei trasporti ad effettuare i pagamenti dei corrispettivi relativi ai contratti di trasporto su strada utilizzando mezzi elettronici di pagamento o il canale bancario o postale, o altri strumenti comunque tracciabili, indipendentemente dall'ammontare;
    inoltre, durante l’iter alla Camera, sono stati introdotti ulteriori commi aggiuntivi, dal comma 512-bis al 512-quater specifici in tema di pagamenti elettronici, estendendo l'obbligo per i commercianti e i professionisti di accettare pagamenti anche mediante carte di credito, oltre che di debito, tranne nei casi di oggettiva impossibilità tecnica e l'obbligo dal 1o luglio 2016, di accettare pagamenti elettronici anche con riferimento ai dispositivi di controllo di durata della sosta,

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi delle norme sull'andamento dell'evasione fiscale e sull'utilizzo dei sistemi elettronici di pagamento, anche attraverso la presentazione di relazioni semestrali alle competenti commissioni parlamentari.
9/3444-A/47Boccuzzi, Portas, Baruffi, Misiani, Berretta, Gribaudo, Incerti, Impegno, Zappulla, Miccoli, Tinagli, Patrizia Maestri, Simoni, Di Salvo, Rostellato, Albanella, Giacobbe, Casellato, Marantelli, D'Arienzo, Ventricelli, Mazzoli, Ribaudo, Camani, Minnucci, Coccia, Raciti, Rossomando, Giuditta Pini, Culotta, Gnecchi, Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    negli ultimi anni il Legislatore è intervenuto di frequente sulla disciplina normativa della circolazione del contante. Tali interventi sono stati introdotti con una doppia finalità: da un lato l'esigenza di aumentare la tracciabilità dei movimenti finanziari per contrastare il riciclaggio dei capitali di provenienza illecita e dall'altro l'obiettivo dell'Amministrazione finanziaria di contrastare l'evasione e l'elusione fiscale, attraverso la limitazione dei pagamenti effettuati in contanti;
    il decreto-legge n. 201 del 2011, (cosiddetto decreto «Salva Italia») ha ridotto, a decorrere dal 6 dicembre 2011, da euro 2.500 ad euro 1.000 la soglia dei pagamenti in contanti e di utilizzo degli assegni bancari/postali trasferibili, nonché dei libretti al portatore;
    il decreto-legge n. 16/2012 (cosiddetto decreto «Semplificazioni») ha introdotto una deroga alle norme sulla limitazione di circolazione del contante, per acquisti effettuati da cittadini extraeuropei presso commercianti al minuto, nonché agenzie di viaggio e turismo;
    la legge di Stabilità 2014, (legge n. 147/2013) al comma 50 dell'articolo 1, dispone che i canoni di locazione delle abitazioni non possano più essere pagati in contanti;
    i commi, da 511 a 514, del provvedimento in esame, recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016) contengono norme volte a innalzare da mille a tremila euro il limite a partire dal quale è vietato il trasferimento di denaro contante o di libretti di deposito bancari o postali al portatore; per il servizio di rimessa la soglia è invece fissata in mille euro; sono inoltre stati eliminati l'obbligo di pagare i canoni di locazione di unità abitative in forme e modalità che escludano l'uso del contante e ne assicurino la tracciabilità, nonché l'obbligo per i soggetti della filiera dei trasporti ad effettuare i pagamenti dei corrispettivi relativi ai contratti di trasporto su strada utilizzando mezzi elettronici di pagamento o il canale bancario o postale, o altri strumenti comunque tracciabili, indipendentemente dall'ammontare;
    inoltre, durante l’iter alla Camera, sono stati introdotti ulteriori commi aggiuntivi, dal comma 512-bis al 512-quater specifici in tema di pagamenti elettronici, estendendo l'obbligo per i commercianti e i professionisti di accettare pagamenti anche mediante carte di credito, oltre che di debito, tranne nei casi di oggettiva impossibilità tecnica e l'obbligo dal 1o luglio 2016, di accettare pagamenti elettronici anche con riferimento ai dispositivi di controllo di durata della sosta,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di monitorare gli effetti applicativi delle norme sull'andamento dell'evasione fiscale e sull'utilizzo dei sistemi elettronici di pagamento, anche attraverso la presentazione di relazioni semestrali alle competenti commissioni parlamentari.
9/3444-A/47. (Testo modificato nel corso della seduta)  Boccuzzi, Portas, Baruffi, Misiani, Berretta, Gribaudo, Incerti, Impegno, Zappulla, Miccoli, Tinagli, Patrizia Maestri, Simoni, Di Salvo, Rostellato, Albanella, Giacobbe, Casellato, Marantelli, D'Arienzo, Ventricelli, Mazzoli, Ribaudo, Camani, Minnucci, Coccia, Raciti, Rossomando, Giuditta Pini, Culotta, Gnecchi, Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 372-terdecies autorizza l'ANAS Spa, in attuazione dell'articolo 99, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, a stipulare accordi con regioni ed enti locali finalizzati alla manutenzione e gestione delle strade non rientranti nella rete autostradale e stradale nazionale; lo stesso comma fissa alcune condizioni per la stipula degli accordi, che potranno essere siglati, previa intesa con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e fino ad un importo massimo di 100 milioni di euro;
    le funzioni a cui fa riferimento il comma in esame sono state conferite a regioni ed enti locali dall'articolo 99 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, il quale ha altresì previsto (al comma 2) la possibilità, per tali enti, di affidare temporaneamente le citate funzioni all'ANAS, sulla base di specifici accordi;
    i fondi statali assegnati a regioni ed enti locali, dopo la riforma del 1998, per la gestione delle strade ex Anas rappresentano il corrispettivo economico riconosciuto a tali enti per l'esercizio delle funzioni conferitegli dallo Stato per l'esercizio della rete stradale ex ANAS;
    tali fondi sono stati determinati nell'anno 2000, contestualmente al trasferimento a regioni ed enti locali delle funzioni di manutenzione della rete stradale ex Anas, e la loro quantificazione è avvenuta in base a criteri concertati nell'ambito della Conferenza Unificata per garantire la congrua copertura degli oneri derivanti dall'esercizio delle funzioni e dei compiti conferiti alle province, come prescritto dall'articolo 7 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112;
    il trasferimento delle suddette funzioni ha comportato anche il transito di un cospicuo numero di dipendenti ex ANAS agli enti locali e la gestione da parte delle medesime di un numero non meno elevato di chilometri di strade ex ANAS;
    successivamente i fondi inizialmente trasferiti come spesa dedicata e finalizzata per la nuova viabilità in gestione, sono rientrati nella generalità dei trasferimenti statali, e quindi soggetti ai tagli previsti dalla revisione della spesa;
    con i tagli ai trasferimenti determinati dal 2010 ad oggi gli stanziamenti per la gestione da parte degli enti locali delle strade ex ANAS sono stati notevolmente ridotti e in alcuni aree vaste risultano oggi assolutamente insufficienti;
    la situazione che si è generata ha provocato, nell'ultimo periodo, il pericolo concreto che alcune gestioni di queste strade non siano più in grado di garantire adeguati standard di manutenzione e quindi di sicurezza per i cittadini che usano quotidianamente tali reti stradali;
    esiste, inoltre, la necessità di passare, nel sistema di finanziamento degli enti locali basato sulla spesa e sui trasferimenti storici all'individuazione puntuale dei costi per l'esercizio delle funzioni specifiche delegate;
    il comma 372-terdecies ha lo scopo di risolvere in maniera puntuale con finanziamenti mirati e dedicati il problema della gestione delle strade ex Anas in quanto prevede che l'ANAS Spa possa, sentito il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, contribuire alla gestione di dette strade intervenendo in quelle aree vaste in cui si dimostra che i trasferimenti o le entrate proprie dedicati a tale funzione sono insufficienti,

impegna il Governo

a stimolare attivamente il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti affinché l'ANAS intervenga celermente in quelle aree vaste dove la situazione delle entrate fiscali e dei trasferimenti si dimostri insufficiente per la funzione a suo tempo delegata e riguardanti il patrimonio delle ex strade Anas, e affinché l'intervento di Anas possa essere eseguito anche tramite la concessione di un puntuale contributo economico all'ente a cui lo stato ha delegato le competenze e funzioni citate in premessa.
9/3444-A/48De Menech, Gasparini, Misiani.


   La Camera,
   premesso che:
    già l'articolo 9, comma 17, del decreto-legge n. 78/2010, ha previsto che si dia luogo alle procedure contrattuali e negoziali ricadenti negli anni 2013 e 2014 del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche esclusivamente per la parte normativa e senza possibilità di recupero per la parte economica;
    successivamente, l'articolo 1, commi da 254 a 256 della legge 190/2014 (legge di Stabilità per il 2015) ha disposto ulteriori norme per il blocco della contrattazione e degli incrementi stipendiali nel pubblico impiego;
    il citato comma 254 ha prorogato fino al 31 dicembre 2015 il blocco economico della contrattazione nel pubblico impiego, già previsto fino al 31 dicembre 2014 dall'articolo 9, comma 17, secondo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, con conseguente slittamento del triennio contrattuale dal 2015-2017 al 2016-2018;
    il blocco della contrattazione nel pubblico impiego, per la parte economica, è pertanto operante fin dal 2010 e che le Commissioni riunite I e XI della Camera, già in sede di esame dello schema di regolamento di proroga della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti per il 2014(decreto del Presidente della Repubblica 122/2013), in attuazione dell'articolo 16, comma 1, del decreto-legge 88/2011, con il quale sono state prorogate a tutto il 2014 varie misure di contenimento delle spese di personale previste dall'articolo 9 del decreto-legge 78/2010, avevano posto una condizione in cui si chiedeva al Governo di tenere conto del fatto che le misure adottate dovessero «avere un carattere del tutto eccezionale e provvisorio rendendo, per il futuro, non ipotizzabile un ulteriore allungamento temporale, che rischierebbe di trasformare un intervento che doveva essere urta tantum e limitato nel tempo in una vera e propria deroga al meccanismo medesimo, da valutare attentamente rispetto alle previsioni costituzionali, con particolare riguardo a quelle recate dagli articoli 3, 36, 39 e 97 della Costituzione»;
    il Documento di Economia e Finanza 2015 stabilisce di fatto il blocco della contrattazione collettiva per tutto il settore del pubblico impiego fino al 2019, evidenziando, altresì, come l'incidenza della spesa per redditi da lavoro dipendente delle PA. sul PIL nel 2014 ha rafforzato quel trend decrescente avviato dal 2009, registrando un ulteriore calo dello 0,6 per cento rispetto al 2013, che si aggiunge alla diminuzione dello 0,7 per cento del 2013 e al 2,1 per cento del 2012;
    anche a seguito della sentenza n. 178/2015 della Corte Costituzionale, con i commi 246-249 del provvedimento in oggetto si approntano 300 milioni di euro annui, per il triennio 2016-2018, per i rinnovi della contrattazione collettiva nazionale e integrativa contrattuali del personale delle pubbliche amministrazioni. Tali stanziamenti, sebbene condizionati dal quadro di compatibilità con i saldi di finanza pubblica, possono rappresentare una base per il parziale recupero del potere d'acquisto delle retribuzioni dei dipendenti pubblici,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative per il reperimento delle idonee risorse finanziare che possano consentire, progressivamente e in tempi rapidi, la riapertura della contrattazione nelle pubbliche amministrazioni, sia per la parte normativa che per la parte economica, finalizzate alla valorizzazione delle professionalità del personale del comparto pubblico e la difesa del potere d'acquisto delle retribuzioni; nonché al fine di sostenere adeguatamente il processo di riordino e di riqualificazione della pubblica amministrazione e per garantirne l'efficienza e la qualità dei servizi offerti ai cittadini e alle imprese.
9/3444-A/49Damiano, Gnecchi, Miccoli, Albanella, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Cuomo, Di Salvo, Giacobbe, Gribaudo, Incerti, Patrizia Maestri, Paris, Giorgio Piccolo, Zappulla, Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    già l'articolo 9, comma 17, del decreto-legge n. 78/2010, ha previsto che si dia luogo alle procedure contrattuali e negoziali ricadenti negli anni 2013 e 2014 del personale dipendente dalle amministrazioni pubbliche esclusivamente per la parte normativa e senza possibilità di recupero per la parte economica;
    successivamente, l'articolo 1, commi da 254 a 256 della legge 190/2014 (legge di Stabilità per il 2015) ha disposto ulteriori norme per il blocco della contrattazione e degli incrementi stipendiali nel pubblico impiego;
    il citato comma 254 ha prorogato fino al 31 dicembre 2015 il blocco economico della contrattazione nel pubblico impiego, già previsto fino al 31 dicembre 2014 dall'articolo 9, comma 17, secondo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, con conseguente slittamento del triennio contrattuale dal 2015-2017 al 2016-2018;
    il blocco della contrattazione nel pubblico impiego, per la parte economica, è pertanto operante fin dal 2010 e che le Commissioni riunite I e XI della Camera, già in sede di esame dello schema di regolamento di proroga della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti per il 2014(decreto del Presidente della Repubblica 122/2013), in attuazione dell'articolo 16, comma 1, del decreto-legge 88/2011, con il quale sono state prorogate a tutto il 2014 varie misure di contenimento delle spese di personale previste dall'articolo 9 del decreto-legge 78/2010, avevano posto una condizione in cui si chiedeva al Governo di tenere conto del fatto che le misure adottate dovessero «avere un carattere del tutto eccezionale e provvisorio rendendo, per il futuro, non ipotizzabile un ulteriore allungamento temporale, che rischierebbe di trasformare un intervento che doveva essere urta tantum e limitato nel tempo in una vera e propria deroga al meccanismo medesimo, da valutare attentamente rispetto alle previsioni costituzionali, con particolare riguardo a quelle recate dagli articoli 3, 36, 39 e 97 della Costituzione»;
    il Documento di Economia e Finanza 2015 stabilisce di fatto il blocco della contrattazione collettiva per tutto il settore del pubblico impiego fino al 2019, evidenziando, altresì, come l'incidenza della spesa per redditi da lavoro dipendente delle PA. sul PIL nel 2014 ha rafforzato quel trend decrescente avviato dal 2009, registrando un ulteriore calo dello 0,6 per cento rispetto al 2013, che si aggiunge alla diminuzione dello 0,7 per cento del 2013 e al 2,1 per cento del 2012;
    anche a seguito della sentenza n. 178/2015 della Corte Costituzionale, con i commi 246-249 del provvedimento in oggetto si approntano 300 milioni di euro annui, per il triennio 2016-2018, per i rinnovi della contrattazione collettiva nazionale e integrativa contrattuali del personale delle pubbliche amministrazioni. Tali stanziamenti, sebbene condizionati dal quadro di compatibilità con i saldi di finanza pubblica, possono rappresentare una base per il parziale recupero del potere d'acquisto delle retribuzioni dei dipendenti pubblici,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere le opportune iniziative per il reperimento delle idonee risorse finanziare che possano consentire, progressivamente e in tempi rapidi, la riapertura della contrattazione nelle pubbliche amministrazioni, sia per la parte normativa che per la parte economica, finalizzate alla valorizzazione delle professionalità del personale del comparto pubblico e la difesa del potere d'acquisto delle retribuzioni; nonché al fine di sostenere adeguatamente il processo di riordino e di riqualificazione della pubblica amministrazione e per garantirne l'efficienza e la qualità dei servizi offerti ai cittadini e alle imprese.
9/3444-A/49. (Testo modificato nel corso della seduta) Damiano, Gnecchi, Miccoli, Albanella, Baruffi, Boccuzzi, Casellato, Cuomo, Di Salvo, Giacobbe, Gribaudo, Incerti, Patrizia Maestri, Paris, Giorgio Piccolo, Zappulla, Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento all'esame contiene disposizioni che abrogano le norme relative alla disciplina del patto di stabilità interno degli enti locali nonché quelle relative al conseguimento del pareggio di bilancio da parte delle regioni così come disciplinato dalla legge n. 190 del 2014 e introducono il conseguimento del pareggio del bilancio per gli enti locali e le regioni ovvero del saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali;
    in particolare, per l'anno 2016 sono escluse dal predetto saldo le spese sostenute dagli enti locali per interventi di edilizia scolastica effettuati a valere sull'avanzo di amministrazione e su risorse rivenienti dal ricorso al debito;
    la disposizione di cui al comma 412 esclude dal saldo non negativo succitato le spese sostenute dagli enti locali per interventi di edilizia scolastica effettuati a valere sull'avanzo di amministrazione e su risorse rivenienti dal ricorso al debito. L'esclusione opera nel limite massimo di 500 milioni di euro;
    a tal fine gli enti locali comunicano entro il termine perentorio del 1o marzo, alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Struttura di missione per il coordinamento e l'impulso per gli interventi di edilizia scolastica, gli spazi finanziari di cui necessitano per sostenere interventi di edilizia scolastica;
    gli spazi finanziari sono attribuiti secondo un ordine prioritario, dando dunque priorità assoluta alle costruzione di scuole nuove, mentre sarebbe auspicabile considerare anche l'urgenza di interventi strutturali, mettendo in sicurezza gli edifici già esistenti;
    la messa in sicurezza degli edifici scolastici è da considerarsi senz'altro una attività primaria che deve coinvolgere i sindaci e i responsabili degli uffici tecnici comunali, gli operatori scolastici, le famiglie ai fini del raggiungimento delle condizioni di sicurezza degli alunni che frequentano gli istituti scolastici,

impegna il Governo

a considerare l'opportunità di intervenire nella definizione dell'ordine prioritario di attribuzione degli spazi finanziari di cui necessitano i Comuni per sostenere interventi di edilizia scolastica in deroga dai vincoli del pareggio e dare priorità alle spese sostenute per la messa in sicurezza degli edifici scolastici di cui all'articolo 18 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98 (cosiddetto decreto del fare).
9/3444-A/50Di Benedetto.


   La Camera,
   considerato che:
    nel corso dell'esame la Commissione bilancio ha ritenuto di inserire, ai commi 226-bis, ter e quater, alcune disposizioni volte ad alleviare il disagio che tanti cittadine e cittadini vivono per l'impossibilità di provvedere al mantenimento proprio e dei figli a causa della mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento da parte del coniuge che vi era tenuto; tale disagio non si limita ai profili economico-finanziari ma investe, evidentemente, anche delicati aspetti psicologici per lo stato di umiliazione e di frustrazione cui i soggetti potenziali beneficiari delle norme richiamate sono costrette per l'altrui inadempimento;
    le misure inserite, pur avendo natura sperimentale, sono pienamente riconducibili alla categoria degli interventi di sostegno del reddito di categorie disagiate, avendo l'indubbio merito di rispondere ad un problema che si va diffondendo e che rischia di assumere i caratteri di vera e propria emergenza sociale;
    la gravità del fenomeno è tale da richiedere la tempestiva attuazione delle disposizioni richiamate anche per verificarne l'efficacia e per misurare concretamente l'entità della platea dei potenziali beneficiari,

impegna il Governo

ad assumere tutte le iniziative necessarie per adottare al più presto, e comunque entro il termine indicato di 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità per l'anno 2016, i provvedimenti attuativi previsti al comma 226-quater ai fini dell'individuazione dei tribunali presso i quali avviare la sperimentazione e le modalità per la corresponsione, a titolo di anticipazione, delle somme spettanti relativamente agli assegni mantenimento non versati.
9/3444-A/51Schirò, Verini, Dell'Aringa, Amoddio.


   La Camera,
   considerato che:
    nel corso dell'esame la Commissione bilancio ha ritenuto di inserire, ai commi 226-bis, ter e quater, alcune disposizioni volte ad alleviare il disagio che tanti cittadine e cittadini vivono per l'impossibilità di provvedere al mantenimento proprio e dei figli a causa della mancata corresponsione dell'assegno di mantenimento da parte del coniuge che vi era tenuto; tale disagio non si limita ai profili economico-finanziari ma investe, evidentemente, anche delicati aspetti psicologici per lo stato di umiliazione e di frustrazione cui i soggetti potenziali beneficiari delle norme richiamate sono costrette per l'altrui inadempimento;
    le misure inserite, pur avendo natura sperimentale, sono pienamente riconducibili alla categoria degli interventi di sostegno del reddito di categorie disagiate, avendo l'indubbio merito di rispondere ad un problema che si va diffondendo e che rischia di assumere i caratteri di vera e propria emergenza sociale;
    la gravità del fenomeno è tale da richiedere la tempestiva attuazione delle disposizioni richiamate anche per verificarne l'efficacia e per misurare concretamente l'entità della platea dei potenziali beneficiari,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di assumere tutte le iniziative necessarie per adottare al più presto, e comunque entro il termine indicato di 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di stabilità per l'anno 2016, i provvedimenti attuativi previsti al comma 226-quater ai fini dell'individuazione dei tribunali presso i quali avviare la sperimentazione e le modalità per la corresponsione, a titolo di anticipazione, delle somme spettanti relativamente agli assegni mantenimento non versati.
9/3444-A/51. (Testo modificato nel corso della seduta)  Schirò, Verini, Dell'Aringa, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    i Cammini italiani ripercorrono quasi tutta la storia spirituale e culturale della nostra nazione e hanno permesso ai viandanti, turisti e pellegrini che hanno camminato su questi percorsi di arricchire la propria vita spirituale e culturale;
    il 2016 sarà un anno particolare per i Cammini in quanto nella sua doppia valenza sia laica (ANNO DEI CAMMINI) che religiosa (ANNO GIUBILARE), potrebbe creare le basi concrete e condivise di un sistema di turismo sostenibile destinato a diventare il sistema turistico più accessibile del nostro Paese, Sarà anche l'anno per valorizzare tutti i Cammini storici Italiani che costituiscono una fitta rete distribuita su tutto il nostro territorio;
    i Cammini sono una grande occasione di riscoperta della nostra bellissima Italia «minore» e di luoghi e centri culturali spesso poco visitati e frequentati. Inoltre sono una occasione per dare maggiore impulso e diffusione alla pratica dei camminare lento e consapevole come fonte per favorire la salute fisica e mentale dei cittadini, la riscoperta di culture del nostro paese e alla scoperta di antichi itinerari religiosi e dello spirito nell'anno in cui Papa Francesco ha proclamato il Giubileo Straordinario della Misericordia;
    gli Enti locali si sono fatti carico in questi anni della gestione ordinaria e straordinaria di questi Cammini, come gli interventi di manutenzione o tracciatura o segnaletica o anche di ospitalità. Negli anni questi interventi sono sempre più difficili da realizzare per i vincoli di bilancio, mentre diventa più urgente investire su questo sistema di turismo,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di finanziare gli Enti Locali per interventi di valorizzazione e messa in sicurezza dei Cammini Italiani attraverso una segnaletica puntuale dei tracciati, percorsi accessibili e una ospitalità adeguata per i viandanti recuperando risorse dal fondo del Ministero delle Infrastrutture destinato a interventi in favore dei beni culturali, di cui all'articolo 60, comma 4 della legge 289/2002, pari al 3 per cento delle risorse aggiuntive annualmente previste per infrastrutture, iscritte nello stato di previsione del Ministero delle Infrastrutture.
9/3444-A/52Cova, Terrosi, Cenni, Cani, Albini, Dallai, Romanini, Paolo Rossi, Ascani, Amato, Stella Bianchi, Crimì, Francesco Sanna, Zanin, Capone, Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    il 2016 sarà l'anno di piena e completa attuazione della legge 56/14 di riforma delle Province e delle Città metropolitane;
    attualmente in questi enti sono occupati oltre 1.000 lavoratori a tempo determinato, altamente qualificati, impiegati nell'erogazione di servizi essenziali con specifiche professionalità non presenti nelle piante organiche, i cui contratti scadranno il 31 dicembre 2015;
    in caso di mancata proroga dei contratti di questi lavoratori, si creerebbe nelle Province e nelle Città metropolitane una condizione di grave difficoltà organizzativa rispetto ai servizi essenziali in cui fino ad oggi questi lavoratori sono stati impiegati;
    il decreto-legge 78/15 ha previsto all'articolo 1 comma 7 la proroga fino al 31 dicembre 2015 dei contratti di tali lavoratori;
    alcune proposte di emendamento presentate nel corso dell'esame in Commissione bilancio sulla legge di Stabilità chiedevano la proroga per tali contratti al 31 dicembre 2016,

impegna il Governo

a inserire nel decreto cosiddetto «proroga termini» di prossima predisposizione una specifica norma che consenta la proroga dei contratti dei lavoratori a tempo determinato impiegati nelle Province e nelle Città metropolitane, fino al 31 dicembre 2016.
9/3444-A/53Misiani, Paris, Gasparini, Fabbri, Boccuzzi, Borghi, Giovanna Sanna, De Menech, Marantelli, Carnevali, Valeria Valente, Mazzoli, Sanga, Culotta, Bargero, Giuditta Pini, D'Arienzo, Gandolfi, Moscatt, Chaouki, Ventricelli, D'Ottavio, Porta, Minnucci, Guerra, Marrocu, Rossomando, Massa, Prina, Carra, Cenni.


   La Camera,
   premesso che:
    un provvedimento contenuto nel decreto-legge n. 95/12, meglio noto come «Spending Review 2», limita drasticamente, per le amministrazioni pubbliche, le spese per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture;
    più precisamente l'articolo 5 comma 2 del decreto-legge n. 95/12 dispone che «A decorrere da 1o maggio 2014, le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché le autorità indipendenti, ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), non possono effettuare spese di ammontare superiore al 30 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2011 per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi. Tale limite può essere derogato, per il solo anno 2014, esclusivamente per effetto di contratti pluriennali già in essere. Tale limite non si applica alle autovetture utilizzate dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco o per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, per i servizi sociali e sanitari svolti per garantire i livelli essenziali di assistenza, ovvero per i servizi istituzionali svolti nell'area tecnico-operativa della difesa e per i servizi di vigilanza e intervento sulla rete stradale gestita da ANAS Spa e sulla rete delle strade provinciali e comunali, per i servizi istituzionali delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari svolti all'estero. I contratti di locazione o noleggio in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto possono essere ceduti, anche senza l'assenso del contraente privato, alle Forze di polizia, con il trasferimento delle relative risorse finanziarie sino alla scadenza del contratto.»;
   considerato che:
    tale provvedimento, come formulato, si applica anche alle auto di servizio che le Regioni utilizzano per le attività di controllo in agricoltura;
    per conseguenza tale norma comporta di fatto una situazione di blocco delle attività ispettive e di controllo operate dalle Regioni sulle tematiche fitosanitarie e dell'erogazione dei fondi Comunitari con la grave conseguenza di cadere in procedure di infrazione o in recuperi di somme importanti per mancati adempimenti nell'applicazione dei regolamenti europei;
   considerato inoltre che:
    il legislatore aveva posto attenzione a tutte le attività di servizio, ispettive e di controllo effettuate dallo Stato, esentando dalla norma le autovetture utilizzate dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco o per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, per i servizi sociali e sanitari svolti per garantire i livelli essenziali di assistenza, ovvero per i servizi istituzionali svolti nell'area tecnico-operativa della difesa e per i servizi di vigilanza e intervento sulla rete stradale gestita da ANAS Spa e sulla rete delle strade provinciali e comunali, per i servizi istituzionali delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari svolti all'estero,

impegna il Governo

ad adottare le misure necessarie ad evitare che i limiti di spesa introdotti con la precitata norma della «spending review 2» debbano applicarsi alle auto a disposizione delle Regioni per attività ispettive e di controllo effettuate per l'applicazione di disposizioni unionali o nazionali di attuazione della Politica Agricola comunitaria, ad evitare di conseguenza un grave pregiudizio a tali attività ispettive e di controllo, a scongiurare il rischio di incorrere in procedure di infrazione o in recuperi di somme ingenti per mancati adempimenti nell'applicazione dei regolamenti europei.
9/3444-A/54Prina, Romanini, Carra, Cova, Taricco.


   La Camera,
   premesso che:
    un provvedimento contenuto nel decreto-legge n. 95/12, meglio noto come «Spending Review 2», limita drasticamente, per le amministrazioni pubbliche, le spese per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture;
    più precisamente l'articolo 5 comma 2 del decreto-legge n. 95/12 dispone che «A decorrere da 1o maggio 2014, le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché le autorità indipendenti, ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), non possono effettuare spese di ammontare superiore al 30 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2011 per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, nonché per l'acquisto di buoni taxi. Tale limite può essere derogato, per il solo anno 2014, esclusivamente per effetto di contratti pluriennali già in essere. Tale limite non si applica alle autovetture utilizzate dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco o per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, per i servizi sociali e sanitari svolti per garantire i livelli essenziali di assistenza, ovvero per i servizi istituzionali svolti nell'area tecnico-operativa della difesa e per i servizi di vigilanza e intervento sulla rete stradale gestita da ANAS Spa e sulla rete delle strade provinciali e comunali, per i servizi istituzionali delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari svolti all'estero. I contratti di locazione o noleggio in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto possono essere ceduti, anche senza l'assenso del contraente privato, alle Forze di polizia, con il trasferimento delle relative risorse finanziarie sino alla scadenza del contratto.»;
   considerato che:
    tale provvedimento, come formulato, si applica anche alle auto di servizio che le Regioni utilizzano per le attività di controllo in agricoltura;
    per conseguenza tale norma comporta di fatto una situazione di blocco delle attività ispettive e di controllo operate dalle Regioni sulle tematiche fitosanitarie e dell'erogazione dei fondi Comunitari con la grave conseguenza di cadere in procedure di infrazione o in recuperi di somme importanti per mancati adempimenti nell'applicazione dei regolamenti europei;
   considerato inoltre che:
    il legislatore aveva posto attenzione a tutte le attività di servizio, ispettive e di controllo effettuate dallo Stato, esentando dalla norma le autovetture utilizzate dall'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari del ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco o per i servizi istituzionali di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, per i servizi sociali e sanitari svolti per garantire i livelli essenziali di assistenza, ovvero per i servizi istituzionali svolti nell'area tecnico-operativa della difesa e per i servizi di vigilanza e intervento sulla rete stradale gestita da ANAS Spa e sulla rete delle strade provinciali e comunali, per i servizi istituzionali delle rappresentanze diplomatiche e degli uffici consolari svolti all'estero,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le misure necessarie ad evitare che i limiti di spesa introdotti con la precitata norma della «spending review 2» debbano applicarsi alle auto a disposizione delle Regioni per attività ispettive e di controllo effettuate per l'applicazione di disposizioni unionali o nazionali di attuazione della Politica Agricola comunitaria, ad evitare di conseguenza un grave pregiudizio a tali attività ispettive e di controllo, a scongiurare il rischio di incorrere in procedure di infrazione o in recuperi di somme ingenti per mancati adempimenti nell'applicazione dei regolamenti europei.
9/3444-A/54. (Testo modificato nel corso della seduta)  Prina, Romanini, Carra, Cova, Taricco.


   La Camera,
   premesso che:
    nell'ambito delle disposizioni indicate all'interno del disegno di legge di stabilità per il 2016, in materia di sanità, si evidenziano alcune misure dirette a conseguire miglioramenti nella produttività ed efficienza degli enti del servizio sanitario nazionale all'interno delle quali, si prevedono al contempo, interventi sulla ricerca, attraverso l'intervento del Comitato interministeriale per la programmazione economica, per la destinazione dei fondi necessari, che tuttavia appaiono nel complesso limitativi;
    al riguardo, per il settore sanitario, fra le attività d'intervento, le misure previste che si evidenziano, si circoscrivono, limitatamente alla sperimentazione clinica di fase II basata sul trapianto di cellule staminali cerebrali umane in pazienti affetti da sclerosi laterale amiotrofica;
    nel corso di un'interrogazione a risposta immediata il Ministro della salute, in relazione alla cosiddetta sindrome di Pandas (acronimo di Pediatrie autoimmune neuropsychiatry disorders associated with streptococci) ovvero «disordine autoimmune pediatrico associato allo streptococco beta-emolitico di gruppo A, ha evidenziato come L'insorgenza della patologia è subdola e difficile da diagnosticare, anche in considerazione del fatto che non sono al momento disponibili biomarcatori validati a supporto delle valutazioni psicomotorie da parte dei medici pediatri e dei neuropsichiatri infantili;
    a giudizio del sottoscrittore del presente atto, la necessità di sostenere gli studi epidemiologici e sperimentali, volti ad accrescere le conoscenze sulla diffusione della patologia e la possibile identificazione di biomarcatori utili per una diagnosi efficace ai fini di interventi terapeutici mirati, affiancati da una maggiore sensibilizzazione sul tema dei pediatri di base e dei neuropsichiatri infantili, appare urgente e necessaria, per sostenere le attività di ricerca e di studio di tale patologia, i cui interventi di sostegno peraltro andrebbero estesi opportunamente per l'intero sistema in tutti gli ambiti delle patologie mediche ancora carenti sotto l'aspetto delle conoscenze e delle terapie a livello nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere compatibilmente con le risorse finanziarie a disposizione, ed i vincoli di bilancio, un intervento normativo ad hoc, volto a sostenere le attività di ricerca dell'Università la Sapienza, Dipartimento di pediatria e neuropsichiatria infantile per la ricerca e la cura della sindrome di Pandas (Pediatrie autoimmune neuropsychiatric disorders associated with streptococci).
9/3444-A/55Ciracì.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede d'esame del disegno di legge recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016 – C3444);
    l'articolo 7, comma 1, decreto ministeriale 18 aprile 1996, e l'articolo 5, comma 1, lettera a), ultimo alinea del decreto ministeriale 12 ottobre 2000, stabiliscono, rispettivamente, in 21 e 12 le visite settimanali che i medici inseriti nelle liste speciali effettuano a seconda se garantiscono la disponibilità in entrambe le fasce di reperibilità o soltanto in una;
    l'INPS, dal maggio 2013, ha ridotto notevolmente le visite fiscali richieste d'Ufficio ritenendo che tali oneri, transitati in bilancio da spese obbligatorie a quelle non obbligatorie, rientrano tra le spese di funzionamento e pertanto concorrono al conseguimento dei risparmi cui sono soggetti gli Enti di Previdenza e Assistenza Sociale, a norma dell'articolo 1, comma 108, legge 24 dicembre 2012, n. 228, anche se ivi non previsto;
    la consistente riduzione delle visite richieste d'Ufficio non consente un efficace ed efficiente controllo dell'assenteismo ed inoltre potrebbe essere causa di un incremento delle spese per indennità di malattia, quindi a carico della finanza pubblica;
    i medici inseriti nelle liste speciali, i cui compensi sono a prestazione devono, per obblighi convenzionali sottoscritti a norma dei decreti ministeriali sopra citati, garantire la disponibilità, anche se non hanno visite da effettuare e che tale obbligo è divenuto ancora più insistente a seguito della introduzione di applicativi informatici, in particolare dell'applicativo SA.Vi.O,

impegna il Governo

al fine di condurre una efficiente ed efficace lotta all'assenteismo, evitando anche un possibile incremento degli oneri per l'indennità di malattia, rispettare gli accordi convenzionali con i medici addetti alle visite mediche di controllo domiciliare inseriti nelle liste speciali ed evitare un sicuro contenzioso a causa della disponibilità che quest'ultimi sono tenuti comunque a garantire senza effettuare le visite divenuta ancora più insistente dopo l'introduzione degli applicativi informatici, in particolare SA.Vi.O, ad assicurare i carichi di lavoro previsti dall'articolo 7, comma 1, decreto ministeriale 18 aprile 1996 e dall'articolo 5, comma 1, lettera a) ultimo alinea, del decreto ministeriale 12 ottobre 2000, mediante l'aumento delle richieste d'Ufficio degli accertamenti medico legali sui lavoratori privati assenti dal servizio per malattia effettuate dall'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.
9/3444-A/56Rizzetto, Mucci, Prodani, Barbanti.


   La Camera,
   premesso che:
    in sede d'esame del disegno di legge recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016 – C3444);
    l'articolo 7, comma 1, decreto ministeriale 18 aprile 1996, e l'articolo 5, comma 1, lettera a), ultimo alinea del decreto ministeriale 12 ottobre 2000, stabiliscono, rispettivamente, in 21 e 12 le visite settimanali che i medici inseriti nelle liste speciali effettuano a seconda se garantiscono la disponibilità in entrambe le fasce di reperibilità o soltanto in una;
    l'INPS, dal maggio 2013, ha ridotto notevolmente le visite fiscali richieste d'Ufficio ritenendo che tali oneri, transitati in bilancio da spese obbligatorie a quelle non obbligatorie, rientrano tra le spese di funzionamento e pertanto concorrono al conseguimento dei risparmi cui sono soggetti gli Enti di Previdenza e Assistenza Sociale, a norma dell'articolo 1, comma 108, legge 24 dicembre 2012, n. 228, anche se ivi non previsto;
    la consistente riduzione delle visite richieste d'Ufficio non consente un efficace ed efficiente controllo dell'assenteismo ed inoltre potrebbe essere causa di un incremento delle spese per indennità di malattia, quindi a carico della finanza pubblica;
    i medici inseriti nelle liste speciali, i cui compensi sono a prestazione devono, per obblighi convenzionali sottoscritti a norma dei decreti ministeriali sopra citati, garantire la disponibilità, anche se non hanno visite da effettuare e che tale obbligo è divenuto ancora più insistente a seguito della introduzione di applicativi informatici, in particolare dell'applicativo SA.Vi.O,

impegna il Governo

al fine di condurre una efficiente ed efficace lotta all'assenteismo, evitando anche un possibile incremento degli oneri per l'indennità di malattia, rispettare gli accordi convenzionali con i medici addetti alle visite mediche di controllo domiciliare inseriti nelle liste speciali ed evitare un sicuro contenzioso a causa della disponibilità che quest'ultimi sono tenuti comunque a garantire senza effettuare le visite divenuta ancora più insistente dopo l'introduzione degli applicativi informatici, in particolare SA.Vi.O, a valutare l'opportunità di assicurare i carichi di lavoro previsti dall'articolo 7, comma 1, decreto ministeriale 18 aprile 1996 e dall'articolo 5, comma 1, lettera a) ultimo alinea, del decreto ministeriale 12 ottobre 2000, mediante l'aumento delle richieste d'Ufficio degli accertamenti medico legali sui lavoratori privati assenti dal servizio per malattia effettuate dall'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale.
9/3444-A/56. (Testo modificato nel corso della seduta)  Rizzetto, Mucci, Prodani, Barbanti.


   La Camera,
   premesso che:
    nel nostro Paese sono presenti Istituti Superiori di Studi Musicale e Coreutici (ex istituti musicali pareggiati che svolgono il ruolo di presidio culturale ed il compito di alta formazione musicale, rappresentando circa il 30 per cento dell'offerta nazionale;
    tali Istituti formano ogni anno oltre mille orchestrali. L'articolo 1, commi da 102 a 107, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, ha aggiornato le precedenti norme che equiparavano i diplomi accademici dei diversi livelli alle equipollenti lauree rilasciate dal sistema universitario nazionale;
    nella presente legislatura sono stati presentati numerosi progetti di legge per la statizzazione degli istituti musicali ex pareggiati per dare attuazione alle previsioni della legge 21 dicembre 1999, n. 508;
    i costi del personale (docente e tecnico-amministrativo) degli istituti ex pareggiati, nonché la gestione delle strutture, ricadono ancora quasi interamente sui bilanci dei comuni e delle province di appartenenza;
    negli ultimi anni il Governo ha provveduto a dare parziale sostegno ai sopra citati istituti con capitoli di stanziamento all'interno delle leggi di stabilità e della legge 13 luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti,

impegna il Governo

a mettere in atto tutte le iniziative necessarie a definire l’iter di statizzazione degli Istituti superiori di studi musicali non statali essenziali all'interno del sistema dell'Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica entro il 31 Dicembre 2016, così come indicato nella legge n. 508 del 21 dicembre 1999.
9/3444-A/57Senaldi, Carrescia, Benamati, Berlinghieri, Taranto, Moscatt, Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    nel nostro Paese sono presenti Istituti Superiori di Studi Musicale e Coreutici (ex istituti musicali pareggiati che svolgono il ruolo di presidio culturale ed il compito di alta formazione musicale, rappresentando circa il 30 per cento dell'offerta nazionale;
    tali Istituti formano ogni anno oltre mille orchestrali. L'articolo 1, commi da 102 a 107, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, ha aggiornato le precedenti norme che equiparavano i diplomi accademici dei diversi livelli alle equipollenti lauree rilasciate dal sistema universitario nazionale;
    nella presente legislatura sono stati presentati numerosi progetti di legge per la statizzazione degli istituti musicali ex pareggiati per dare attuazione alle previsioni della legge 21 dicembre 1999, n. 508;
    i costi del personale (docente e tecnico-amministrativo) degli istituti ex pareggiati, nonché la gestione delle strutture, ricadono ancora quasi interamente sui bilanci dei comuni e delle province di appartenenza;
    negli ultimi anni il Governo ha provveduto a dare parziale sostegno ai sopra citati istituti con capitoli di stanziamento all'interno delle leggi di stabilità e della legge 13 luglio 2015, n. 107 (Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di mettere in atto tutte le iniziative necessarie a definire l’iter di statizzazione degli Istituti superiori di studi musicali non statali essenziali all'interno del sistema dell'Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica entro il 31 Dicembre 2016, così come indicato nella legge n. 508 del 21 dicembre 1999.
9/3444-A/57. (Testo modificato nel corso della seduta)  Senaldi, Carrescia, Benamati, Berlinghieri, Taranto, Moscatt, Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame interviene sulla disciplina delle garanzie che possono essere concesse – a valere sulle risorse del Fondo di garanzia per le Pmi – a favore delle imprese fornitrici/creditrici delle società di gestione di almeno di uno stabilimento industriale di interesse strategico nazionale soggette ad amministrazione straordinaria (tra cui ILVA Spa);
    in particolare, il comma 490 inserisce nella attuale normativa (contenuta nel comma 2-bis dell'articolo 2-bis del decreto-legge n. 1 del 2015) la previsione secondo la quale – con decreto ministeriali del Ministro dello sviluppo economico, adottato di concerto con il Ministro dell'economia e finanze – possono essere definiti, ai fini dell'accesso al fondo di garanzia, per le imprese sopra indicate, appositi criteri di valutazione economico-finanziaria, che tengano conto delle caratteristiche e dei particolari fabbisogni delle predette imprese;
    quanto stabilito non risolve i problemi che la Città di Taranto sta vivendo. Oltre alla crisi delle piccole e medie imprese si assiste alla chiusura di numerose attività che determina la perdita di posti di lavoro ed a pagarne sono le 13 mila famiglie tra operai dell'Ilva e dell'indotto che non possono più attendere, inoltre il prolungamento del Commissariamento dell'Ilva apre un fronte di forte incertezza per il futuro dell'impianto e per i cittadini,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di istituire presso il Ministero dell'economia e delle finanze un «Fondo Sociale per la Città di Taranto» per aiutare le nuove attività imprenditoriali legate alla green economy, per supportare i lavoratori dipendenti Ilva in cassa integrazione, i lavoratori dell'indotto, gli imprenditori e lavoratori del settore primario le cui attività sono state penalizzate dall'inquinamento.
9/3444-A/58Labriola, Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    con il provvedimento in esame si è posta particolare importanza alla sicurezza prevedendo una serie di interventi mirati al potenziamento e miglioramento delle strategie ad essa relative;
    in particolare si è dato rilievo agli interventi diretti a potenziare le capacità di controllo del territorio, dello spazio aereo e di intervento delle forze speciali e delle forze per le operazioni speciali nell'intero dominio di azione terrestre, marittimo, aereo e spaziale, a sviluppare sistemi di sorveglianza, ad ammodernamento mezzi, sistemi ed equipaggiamenti di difesa, nonché a rafforzare i supporti e i sistemi logistici per la protezione delle infrastrutture sensibili e di rilevanza strategica;
    nell'ottica di assicurare la piena operatività delle varie forze dell'ordine tra cui il Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco, chiamato in eguale misura, nell'ambito delle proprie funzioni, a garantire la sicurezza e la pubblica incolumità del Paese,

impegna il Governo

a prevede l'assunzione di ulteriori unità collocate nelle graduatorie a vigile del fuoco vigenti sino al 31 dicembre 2016, per l'immissione di nuovo personale necessario al potenziamento ed ammodernamento del Corpo.
9/3444-A/59Furnari, Labriola, Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    con il provvedimento in esame si è posta particolare importanza alla sicurezza prevedendo una serie di interventi mirati al potenziamento e miglioramento delle strategie ad essa relative;
    in particolare si è dato rilievo agli interventi diretti a potenziare le capacità di controllo del territorio, dello spazio aereo e di intervento delle forze speciali e delle forze per le operazioni speciali nell'intero dominio di azione terrestre, marittimo, aereo e spaziale, a sviluppare sistemi di sorveglianza, ad ammodernamento mezzi, sistemi ed equipaggiamenti di difesa, nonché a rafforzare i supporti e i sistemi logistici per la protezione delle infrastrutture sensibili e di rilevanza strategica;
    nell'ottica di assicurare la piena operatività delle varie forze dell'ordine tra cui il Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco, chiamato in eguale misura, nell'ambito delle proprie funzioni, a garantire la sicurezza e la pubblica incolumità del Paese,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere l'assunzione di ulteriori unità collocate nelle graduatorie a vigile del fuoco vigenti sino al 31 dicembre 2016, per l'immissione di nuovo personale necessario al potenziamento ed ammodernamento del Corpo.
9/3444-A/59. (Testo modificato nel corso della seduta)  Furnari, Labriola, Pastorelli.


   La Camera,
   premesso che:
    considerando che la Via Francigena e più in generale i cammini, nell'anno 2015, sono stati percorsi da un numero molto elevato di camminatori e pellegrini;
    considerando che presumibilmente detto numero aumenterà ulteriormente nel corso dell'anno 2016, alla luce del crescente interesse maturato in uno specifico target turistico rappresentato da camminatori, pellegrini e viandanti che scelgono di attraversare tanti territori, spesso sconosciuti, imparando a conoscerli e ad apprezzarli un passo dietro l'altro;
    considerando che detto numero, con ampia probabilità aumenterà nel corso dei prossimi mesi, anche perché l'anno 2016 è l'anno del Giubileo della Misericordia che una parte consistente di credenti vorrà onorare proprio raccogliendo la sfida rappresentata dal raggiungere i luoghi della cristianità camminando e meditando;
    ricordando che i territori italiani attraversati dalla Via Francigena e dagli altri cammini sono caratterizzati da paesaggi integri, da attività agricole e artigianali tipiche e di alto valore, da ricchezze culturali diffuse e spesso non conosciute;
    sottolineando che nei suddetti territori, attraverso il lavoro di molti degli Enti locali in essi ricadenti e a quello delle rispettive regioni, nel corso degli anni è stato portato avanti un lavoro di valorizzazione, messa in sicurezza dei percorsi e adeguamento della segnaletica che hanno visto impegnate consistenti risorse umane e economico-finanziarie;
    considerando che da alcuni anni a questa parte, in quegli stessi territori in cui si è investito anche in ospitalità, inizia ad essere evidente il ritorno economico legato al passaggio dei viandanti pellegrini;
    considerando che non appare velleitario pensare che la Via Francigena e gli altri cammini possano rappresentare un volano economico importante, se opportunamente sostenuti in termini economico-finanziari e promozionali, da tutte le istituzioni compreso lo Stato,

impegna il Governo:

   a valutare la opportunità di dare prioritario sostegno economico e promozionale agli interventi previsti per il settore museale, ai musei situati nei comuni interessati dalla Via Francigena e dagli altri cammini;
   a valutare la opportunità di dare prioritario sostegno economico e promozionale agli interventi relativi alla ciclabilità cittadina che si sviluppa lungo la via Francigena e lungo gli altri cammini;
   a valutare la opportunità di dare prioritario sostegno economico e promozionale agli interventi relativi alla realizzazione di percorsi cicloturistici che verranno attuati lungo la via Francigena e lungo gli altri cammini.
9/3444-A/60Terrosi, Cenni, Cova, Capone.


   La Camera,
   premesso che:
    la musica corale costituisce una delle forme artistiche che meglio rappresentano la cultura di un popolo;
    in molte parti del mondo la pratica del canto corale è fortemente sostenuta a livello educativo e istituzionale;
    in Italia sono presenti in ogni realtà territoriale gruppi corali che a vario livello e con differenti repertori, coinvolgono oltre un milione di coristi che dedicano a questa disciplina tempo e risorse economiche;
    troppo spesso tali attività vengono derubricate a semplice passatempo, dimenticandone o sottovalutandone la straordinaria portata formativa ed educativa, il contributo alla diffusione della cultura e la insostituibile funzione sociale;
    esistono anche in Italia complessi corali amatoriali di alto livello qualitativo che possono ben rappresentare la cultura italiana anche a livello internazionale nelle numerosissime iniziative previste in ogni parte del mondo, come festival e concorsi;
    si sta rafforzando, in particolare, la presenza in ogni regione italiana di cori giovanili che hanno dimostrato, anche in occasione della recente esposizione universale di Milano, un potenziale espressivo straordinario;
    nel nostro paese la cultura corale merita una maggiore attenzione da parte delle Istituzioni, che si può manifestare anche in termini di maggiore sinergia tra gli interventi messi in atto a livello ministeriale e quelli previsti a livello locale da regioni e comuni;
    occorre rendere più efficace il supporto alla pratica corale sia a livello educativo e formativo nei percorsi scolastici, sia con il sostegno delle iniziative messe in atto a livello dei cori e delle loro organizzazioni di settore;
    anche le recenti dichiarazioni del presidente del Consiglio sottolineano come gli investimenti in campo culturale costituiscono un elemento indispensabile per il rafforzamento della nostra identità e per il contrasto ai fenomeni di radicalizzazione, favorendo un reale dialogo tra culture diverse;
    la musica corale appare una tra le forme di espressione culturale più adeguate a rafforzare identità e dialogo tra i popoli;
    nel campo della musica corale è possibile ottenere grandi risultati con investimenti assai più modesti rispetto a quelli richiesti in altri settori del mondo culturale;
    il servizio pubblico radiofonico e televisivo appare scarsamente interessato rispetto al fenomeno della musica corale, che pure meriterebbe grande attenzione per le ragioni sopra elencate;
   preso atto che:
    nel corso del 2015 sono stati azzerati i contributi alla Federazione Nazionale Italiana delle Associazioni Regionali Corali;
    tali contributi sono stati parzialmente reintrodotti nella attuale legge di stabilità, ma che la loro entità appare inadeguata rispetto alle necessità,

impegna il Governo:

   a ripensare complessivamente la strategia di sostegno al settore corale in Italia, in sinergia con le regioni e gli Enti Locali, predisponendo un adeguato programma di interventi;
   a prevedere, nell'ambito delle risorse finanziarie assegnate dalla legge di stabilità, un più significativo supporto agli sforzi messi in atto dalla comunità corale italiana, anche attraverso nuove forme di sostegno economico sia alle organizzazioni del settore, sia ad iniziative di particolare livello qualitativo nazionale ed internazionale come concorsi, Festival, workshop, corsi di formazione specifici;
   a sostenere la partecipazione dei migliori complessi corali italiani a manifestazioni all'estero, come elemento significativo di presenza della nostra cultura nel mondo, anche attraverso la rete delle nostre Ambasciate e degli Istituti Italiani di Cultura all'estero;
   a rafforzare la presenza della disciplina corale nei percorsi scolastici e formativi a tutti i livelli dalla scuola primaria fino ai conservatori;
   a prestare una particolare attenzione ai cori giovanili come elemento di investimento per il futuro culturale del paese;
   a sollecitare il servizio radiofonico e televisivo pubblico nazionale perché dimostri un maggior interesse e una adeguata attenzione nei confronti della musica corale.
9/3444-A/61Alli, Rampi, Palmieri, Vezzali, Santerini, Manzi, Marguerettaz, Adornato, Vignali.


   La Camera,
   premesso che:
    la musica corale costituisce una delle forme artistiche che meglio rappresentano la cultura di un popolo;
    in molte parti del mondo la pratica del canto corale è fortemente sostenuta a livello educativo e istituzionale;
    in Italia sono presenti in ogni realtà territoriale gruppi corali che a vario livello e con differenti repertori, coinvolgono oltre un milione di coristi che dedicano a questa disciplina tempo e risorse economiche;
    troppo spesso tali attività vengono derubricate a semplice passatempo, dimenticandone o sottovalutandone la straordinaria portata formativa ed educativa, il contributo alla diffusione della cultura e la insostituibile funzione sociale;
    esistono anche in Italia complessi corali amatoriali di alto livello qualitativo che possono ben rappresentare la cultura italiana anche a livello internazionale nelle numerosissime iniziative previste in ogni parte del mondo, come festival e concorsi;
    si sta rafforzando, in particolare, la presenza in ogni regione italiana di cori giovanili che hanno dimostrato, anche in occasione della recente esposizione universale di Milano, un potenziale espressivo straordinario;
    nel nostro paese la cultura corale merita una maggiore attenzione da parte delle Istituzioni, che si può manifestare anche in termini di maggiore sinergia tra gli interventi messi in atto a livello ministeriale e quelli previsti a livello locale da regioni e comuni;
    occorre rendere più efficace il supporto alla pratica corale sia a livello educativo e formativo nei percorsi scolastici, sia con il sostegno delle iniziative messe in atto a livello dei cori e delle loro organizzazioni di settore;
    anche le recenti dichiarazioni del presidente del Consiglio sottolineano come gli investimenti in campo culturale costituiscono un elemento indispensabile per il rafforzamento della nostra identità e per il contrasto ai fenomeni di radicalizzazione, favorendo un reale dialogo tra culture diverse;
    la musica corale appare una tra le forme di espressione culturale più adeguate a rafforzare identità e dialogo tra i popoli;
    nel campo della musica corale è possibile ottenere grandi risultati con investimenti assai più modesti rispetto a quelli richiesti in altri settori del mondo culturale;
    il servizio pubblico radiofonico e televisivo appare scarsamente interessato rispetto al fenomeno della musica corale, che pure meriterebbe grande attenzione per le ragioni sopra elencate;
   preso atto che:
    nel corso del 2015 sono stati azzerati i contributi alla Federazione Nazionale Italiana delle Associazioni Regionali Corali;
    tali contributi sono stati parzialmente reintrodotti nella attuale legge di stabilità, ma che la loro entità appare inadeguata rispetto alle necessità,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di:
    ripensare complessivamente la strategia di sostegno al settore corale in Italia, in sinergia con le regioni e gli Enti Locali, predisponendo un adeguato programma di interventi;
    prevedere, nell'ambito delle risorse finanziarie assegnate dalla legge di stabilità, un più significativo supporto agli sforzi messi in atto dalla comunità corale italiana, anche attraverso nuove forme di sostegno economico sia alle organizzazioni del settore, sia ad iniziative di particolare livello qualitativo nazionale ed internazionale come concorsi, Festival, workshop, corsi di formazione specifici;
    sostenere la partecipazione dei migliori complessi corali italiani a manifestazioni all'estero, come elemento significativo di presenza della nostra cultura nel mondo, anche attraverso la rete delle nostre Ambasciate e degli Istituti Italiani di Cultura all'estero;
    rafforzare la presenza della disciplina corale nei percorsi scolastici e formativi a tutti i livelli dalla scuola primaria fino ai conservatori;
    prestare una particolare attenzione ai cori giovanili come elemento di investimento per il futuro culturale del paese;
    sollecitare il servizio radiofonico e televisivo pubblico nazionale perché dimostri un maggior interesse e una adeguata attenzione nei confronti della musica corale.
9/3444-A/61. (Testo modificato nel corso della seduta)  Alli, Rampi, Palmieri, Vezzali, Santerini, Manzi, Marguerettaz, Adornato, Vignali.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, cosiddetto «Destinazione Italia», convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, all'articolo 6, comma 10, ha istituito un credito d'imposta fino al 2016 per le piccole e medie imprese o consorzi e reti di piccole e medie imprese, per l'attivazione di servizi di connettività digitale nell'ambito di un apposito programma operativo nazionale relativo alla programmazione dei fondi strutturali comunitari 2014-2020 e collegato alla pianificazione degli interventi nazionali finanziati dal fondo sviluppo e coesione 2014-2020 e dal fondo di rotazione;
    si tratta di un credito d'imposta che prevede il recupero del 65 per cento delle spese documentate e sostenute fino al 2016 da piccole e medie imprese, ovvero da consorzi e da reti di piccole e medie imprese, per gli interventi di rete fissa e mobile che consentano l'attivazione dei servizi di connettività digitale con capacità uguale o superiore a 30 mbps, fino ad un massimo di 20.000 euro, nella misura massima complessiva stanziata dal Governo di 50 milioni di euro, finanziato con il PON 2014-2020;
    per rendere operativo tale credito d'imposta è necessario, però, un decreto attuativo del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con i Dipartimenti per la coesione territoriale e per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio, volto a stabilire le modalità per usufruire del credito d'imposta e per consentire il monitoraggio dell'agevolazione ed il rispetto del limite massimo di risorse stanziate, che ancora non è stato emanato, poiché bisognava attendere l'approvazione del PON 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari e del fondo di sviluppo e coesione, al fine di consentire alla Ragioneria generale dello Stato di verificare l'effettiva disponibilità delle risorse stesse;
    in estate la Commissione europea ha finalmente dato il via libera al Programma presentato dall'Italia, ma siamo ormai a fine anno, gli incentivi ancora non sono partiti e, nella fase di perdurante crisi economica, è indispensabile sostenere le piccole e medie imprese attraverso misure che ne favoriscano lo sviluppo in modo da garantire la competitività nel mercato nazionale ed internazionale e le agevolazioni previste nel decreto-legge «Destinazione Italia» vanno certamente in questa direzione,

impegna il Governo

a prorogare per il triennio 2016/2018, nel prossimo provvedimento utile, gli incentivi fiscali per la digitalizzazione delle Pmi, considerato il ritardo con cui tali incentivi saranno realmente operativi le imprese.
9/3444-A/62Alfreider, Gebhard, Plangger, Schullian, Ottobre, Marguerettaz.


   La Camera,
   premesso che:
    il decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, cosiddetto «Destinazione Italia», convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, all'articolo 6, comma 10, ha istituito un credito d'imposta fino al 2016 per le piccole e medie imprese o consorzi e reti di piccole e medie imprese, per l'attivazione di servizi di connettività digitale nell'ambito di un apposito programma operativo nazionale relativo alla programmazione dei fondi strutturali comunitari 2014-2020 e collegato alla pianificazione degli interventi nazionali finanziati dal fondo sviluppo e coesione 2014-2020 e dal fondo di rotazione;
    si tratta di un credito d'imposta che prevede il recupero del 65 per cento delle spese documentate e sostenute fino al 2016 da piccole e medie imprese, ovvero da consorzi e da reti di piccole e medie imprese, per gli interventi di rete fissa e mobile che consentano l'attivazione dei servizi di connettività digitale con capacità uguale o superiore a 30 mbps, fino ad un massimo di 20.000 euro, nella misura massima complessiva stanziata dal Governo di 50 milioni di euro, finanziato con il PON 2014-2020;
    per rendere operativo tale credito d'imposta è necessario, però, un decreto attuativo del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con i Dipartimenti per la coesione territoriale e per gli affari regionali e le autonomie della Presidenza del Consiglio, volto a stabilire le modalità per usufruire del credito d'imposta e per consentire il monitoraggio dell'agevolazione ed il rispetto del limite massimo di risorse stanziate, che ancora non è stato emanato, poiché bisognava attendere l'approvazione del PON 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari e del fondo di sviluppo e coesione, al fine di consentire alla Ragioneria generale dello Stato di verificare l'effettiva disponibilità delle risorse stesse;
    in estate la Commissione europea ha finalmente dato il via libera al Programma presentato dall'Italia, ma siamo ormai a fine anno, gli incentivi ancora non sono partiti e, nella fase di perdurante crisi economica, è indispensabile sostenere le piccole e medie imprese attraverso misure che ne favoriscano lo sviluppo in modo da garantire la competitività nel mercato nazionale ed internazionale e le agevolazioni previste nel decreto-legge «Destinazione Italia» vanno certamente in questa direzione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare per il triennio 2016/2018, nel prossimo provvedimento utile, gli incentivi fiscali per la digitalizzazione delle Pmi, considerato il ritardo con cui tali incentivi saranno realmente operativi le imprese.
9/3444-A/62. (Testo modificato nel corso della seduta)  Alfreider, Gebhard, Plangger, Schullian, Ottobre, Marguerettaz.


   La Camera,
   premesso che:
    il credito di imposta per il teleriscaldamento alimentato a biomassa è una misura fiscale speciale, introdotta nell'ordinamento con la legge finanziaria per il 1999 (legge n. 448 del 1998), per compensare l'incremento delle accise sugli oli minerali e la conseguente introduzione della cosiddetto carbon tax ai fini del recepimento del protocollo di Kyoto, proprio con l'intento di incentivare l'uso delle fonti rinnovabili a discapito dei combustibili fossili;
    agli utenti che si allacciavano alle reti di teleriscaldamento alimentate a biomassa nei comuni montani veniva riconosciuto un incentivo pari a 0,01033 centesimi/kwh che, con il decreto-legge n. 268 del 2000, è stato aumentato a 0,01549 centesimi/kwh, e le varie leggi finanziarie, negli anni, hanno sempre prorogato finché la legge finanziaria per il 2009 (articolo 2, comma 12, della legge n. 203 del 2008) lo ha poi reso permanente;
    il credito d'imposta riconosciuto agli utenti allacciati alle reti di teleriscaldamento a biomassa non può, pertanto, essere annoverato tra i crediti d'imposta speciali, che sono per loro natura estemporanei, perché dal 2009 è una misura permanente che attinge direttamente dalle unità previsionali di base del bilancio annuale dello stato;
    l'articolo 1, comma 577, della legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147 del 2013), nell'ottica di un risparmio per lo Stato, ha previsto la riduzione di una serie di crediti d'imposta, da attuare con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che è stato emanato il 20 febbraio 2014, stabilendo anche una riduzione del 15 per cento degli incentivi sulle reti di teleriscaldamento a decorrere dal 1o gennaio 2014, pari a 0,00038734 centesimi/kwh;
    la ratio alla base dell'agevolazione fiscale, inoltre, è strettamente collegata alla promozione delle fonti rinnovabili locali, alla politica energetica e all'autonomia dei comuni dove hanno sede gli impianti e la biomassa utilizzata, peraltro, è esclusivamente prodotta nella filiera locale con importanti ricadute in termini economici, ambientali ed occupazionali;
    parimenti, dal 1o gennaio 2016 sarà innalzata l'aliquota IVA, dal 10 al 22 per cento, per l'acquisto dei pellets di legno, a seguito dello stralcio del taglio dell'IVA disposto durante l'esame della legge di stabilità in Commissione Bilancio del Senato, in totale contrasto con la politica di riduzione dei consumi energetici attuata con la sistematica proroga delle detrazioni fiscali per gli interventi di ristrutturazione edilizia volti all'efficienza energetica degli edifici;
    rimane quindi confermata l'esclusione delle cessioni di pellets dall'aliquota IVA ridotta alla quale sono già assoggettate, invece, le cessioni di legni da ardere in tondelli, ceppi, ramaglie e cascami di legno compreso la segatura, con un ingiusto rincaro per il consumatore di circa 50 centesimi di euro per ogni sacco da 15 kg e di circa 31/35 euro per ogni tonnellata;
    tale incremento peserà in maniera preponderante soprattutto sulle zone montane, che utilizzano su larga scala impianti di riscaldamento alimentati a pellets, che potrebbero presumibilmente valutare anche l'opportunità di riconvertire gli impianti a gasolio, viste le agevolazioni fiscali per il gasolio e il gas metano in ambito montano;
    dalla documentazione del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, predisposta in occasione dell'audizione del vice Presidente della Commissione europea e Commissario europeo per l'Unione dell'Energia Maros Sefcovic del 3 dicembre 2015, risulta che le fonti rinnovabili termiche sono state piuttosto trascurate dalle politiche energetiche del paese, nonostante risultino in generale più efficienti e meno costose per gli obiettivi europei 20-20-20, infatti lo sviluppo delle rinnovabili termiche, negli ultimi 5 anni, è avvenuto in assenza di un quadro di incentivazione stabile e dedicato, in grado di orientare il consumatore verso le tecnologie più «virtuose»,

impegna il Governo

a valutare incentivi stabili e dedicati in grado di orientare il consumatore verso le tecnologie termiche virtuose e a ripristinare il credito d'imposta antecedente al 2014 per il teleriscaldamento alimentato a biomassa nonché concedere un credito d'imposta per i residenti nelle zone climatiche di fascia E ed F che compensi il maggior costo per l'utente derivante dall'incremento dell'aliquota IVA sui pellets per l'anno 2016 con un prossimo intervento legislativo a favore dei territori montani e delle zone climaticamente svantaggiate.
9/3444-A/63Plangger, Alfreider, Gebhard, Schullian, Ottobre, Marguerettaz.


   La Camera,
   premesso che:
    il credito di imposta per il teleriscaldamento alimentato a biomassa è una misura fiscale speciale, introdotta nell'ordinamento con la legge finanziaria per il 1999 (legge n. 448 del 1998), per compensare l'incremento delle accise sugli oli minerali e la conseguente introduzione della cosiddetto carbon tax ai fini del recepimento del protocollo di Kyoto, proprio con l'intento di incentivare l'uso delle fonti rinnovabili a discapito dei combustibili fossili;
    agli utenti che si allacciavano alle reti di teleriscaldamento alimentate a biomassa nei comuni montani veniva riconosciuto un incentivo pari a 0,01033 centesimi/kwh che, con il decreto-legge n. 268 del 2000, è stato aumentato a 0,01549 centesimi/kwh, e le varie leggi finanziarie, negli anni, hanno sempre prorogato finché la legge finanziaria per il 2009 (articolo 2, comma 12, della legge n. 203 del 2008) lo ha poi reso permanente;
    il credito d'imposta riconosciuto agli utenti allacciati alle reti di teleriscaldamento a biomassa non può, pertanto, essere annoverato tra i crediti d'imposta speciali, che sono per loro natura estemporanei, perché dal 2009 è una misura permanente che attinge direttamente dalle unità previsionali di base del bilancio annuale dello stato;
    l'articolo 1, comma 577, della legge di stabilità per il 2014 (legge n. 147 del 2013), nell'ottica di un risparmio per lo Stato, ha previsto la riduzione di una serie di crediti d'imposta, da attuare con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che è stato emanato il 20 febbraio 2014, stabilendo anche una riduzione del 15 per cento degli incentivi sulle reti di teleriscaldamento a decorrere dal 1o gennaio 2014, pari a 0,00038734 centesimi/kwh;
    la ratio alla base dell'agevolazione fiscale, inoltre, è strettamente collegata alla promozione delle fonti rinnovabili locali, alla politica energetica e all'autonomia dei comuni dove hanno sede gli impianti e la biomassa utilizzata, peraltro, è esclusivamente prodotta nella filiera locale con importanti ricadute in termini economici, ambientali ed occupazionali;
    parimenti, dal 1o gennaio 2016 sarà innalzata l'aliquota IVA, dal 10 al 22 per cento, per l'acquisto dei pellets di legno, a seguito dello stralcio del taglio dell'IVA disposto durante l'esame della legge di stabilità in Commissione Bilancio del Senato, in totale contrasto con la politica di riduzione dei consumi energetici attuata con la sistematica proroga delle detrazioni fiscali per gli interventi di ristrutturazione edilizia volti all'efficienza energetica degli edifici;
    rimane quindi confermata l'esclusione delle cessioni di pellets dall'aliquota IVA ridotta alla quale sono già assoggettate, invece, le cessioni di legni da ardere in tondelli, ceppi, ramaglie e cascami di legno compreso la segatura, con un ingiusto rincaro per il consumatore di circa 50 centesimi di euro per ogni sacco da 15 kg e di circa 31/35 euro per ogni tonnellata;
    tale incremento peserà in maniera preponderante soprattutto sulle zone montane, che utilizzano su larga scala impianti di riscaldamento alimentati a pellets, che potrebbero presumibilmente valutare anche l'opportunità di riconvertire gli impianti a gasolio, viste le agevolazioni fiscali per il gasolio e il gas metano in ambito montano;
    dalla documentazione del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, predisposta in occasione dell'audizione del vice Presidente della Commissione europea e Commissario europeo per l'Unione dell'Energia Maros Sefcovic del 3 dicembre 2015, risulta che le fonti rinnovabili termiche sono state piuttosto trascurate dalle politiche energetiche del paese, nonostante risultino in generale più efficienti e meno costose per gli obiettivi europei 20-20-20, infatti lo sviluppo delle rinnovabili termiche, negli ultimi 5 anni, è avvenuto in assenza di un quadro di incentivazione stabile e dedicato, in grado di orientare il consumatore verso le tecnologie più «virtuose»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di incentivi stabili e dedicati in grado di orientare il consumatore verso le tecnologie termiche virtuose e a ripristinare il credito d'imposta antecedente al 2014 per il teleriscaldamento alimentato a biomassa nonché concedere un credito d'imposta per i residenti nelle zone climatiche di fascia E ed F che compensi il maggior costo per l'utente derivante dall'incremento dell'aliquota IVA sui pellets per l'anno 2016 con un prossimo intervento legislativo a favore dei territori montani e delle zone climaticamente svantaggiate.
9/3444-A/63. (Testo modificato nel corso della seduta)  Plangger, Alfreider, Gebhard, Schullian, Ottobre, Marguerettaz.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di stabilità per il 2016 contiene una serie di misure volte alla rimozione degli ostacoli che impediscono la libera concorrenza in diversi settori dell'economia, anche in applicazione dei principi del diritto comunitario e delle politiche europee in materia di concorrenza, in parte anche recependo le indicazioni dell'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato;
    nella legge tedesca sulla concorrenza, al § 3, si prevede che non costituisce un'illegittima intesa restrittiva della concorrenza quella che ha come obiettivo la razionalizzazione delle attività economiche attraverso la cooperazione tra le imprese concorrenti, a condizione che tale intesa non elimini in modo significativo la concorrenza sul mercato e serva a migliorare la competitività delle piccole e medie imprese coinvolte nell'impresa;
    un'analoga disposizione è contenuta nella legge austriaca sulla concorrenza che, al § 2, comma 2, n. 3, prevede che sono esenti dal divieto di intese restrittive della concorrenza le intese tra i soci delle cooperative e tra questi e la cooperativa, nella misura in cui queste intese sono necessarie al fine di perseguire lo scopo promozionale – equivalente allo scopo mutualistico nel diritto italiano – della cooperativa;
    si ritiene giusto e necessario introdurre una norma similare anche nell'ordinamento italiano che consenta la cooperazione tra le imprese concorrenti di piccole o medie dimensioni (come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE), a condizione che queste costituiscano tra loro un'organizzazione (qualificabile per la disciplina sulla concorrenza come un'impresa comune cooperativa) rispettosa della disciplina delle cooperative a mutualità prevalente, la quale garantisce sia l'esistenza di una funzione sociale a tale forma di cooperazione ai sensi dell'articolo 45 della Costituzione, sia la presenza di una vera cooperativa in conformità con l'importante sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea dell'8 settembre 2011 (causa C-78-80/08, Paint Graphos e a.);
    la cooperazione appena auspicata non dovrebbe pregiudicare il mercato tra gli Stati membri dell'Unione europea, dovrebbe migliorare la competitività tra le imprese cooperanti e dovrebbe consentire ai consumatori dei beni o servizi offerti da queste imprese di partecipare ai vantaggi e agli utili derivanti da tale cooperazione;
    in tal modo si introdurrebbe nel diritto italiano una norma speculare all'articolo 101, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, prevedendosi così un'esenzione legale senza termine (fino a quando siano rispettate le condizioni indicate nella predetta esenzione) e automatica (cioè senza che le imprese interessate debbano richiedere una specifica autorizzazione all'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato),

impegna il Governo

ad armonizzare la normativa italiana a quella degli altri Stati membri, come illustrato in premessa, al fine di prevedere esenzioni al divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza in caso di collaborazioni tra piccole e medie imprese mediante la costituzione di organizzazioni aventi funzione sociale ai sensi dell'articolo 45 della Costituzione, migliorando così la competitività tra le imprese cooperanti.
9/3444-A/64Gebhard, Alfreider, Schullian, Plangger.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di stabilità per il 2016 contiene una serie di misure volte alla rimozione degli ostacoli che impediscono la libera concorrenza in diversi settori dell'economia, anche in applicazione dei principi del diritto comunitario e delle politiche europee in materia di concorrenza, in parte anche recependo le indicazioni dell'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato;
    nella legge tedesca sulla concorrenza, al § 3, si prevede che non costituisce un'illegittima intesa restrittiva della concorrenza quella che ha come obiettivo la razionalizzazione delle attività economiche attraverso la cooperazione tra le imprese concorrenti, a condizione che tale intesa non elimini in modo significativo la concorrenza sul mercato e serva a migliorare la competitività delle piccole e medie imprese coinvolte nell'impresa;
    un'analoga disposizione è contenuta nella legge austriaca sulla concorrenza che, al § 2, comma 2, n. 3, prevede che sono esenti dal divieto di intese restrittive della concorrenza le intese tra i soci delle cooperative e tra questi e la cooperativa, nella misura in cui queste intese sono necessarie al fine di perseguire lo scopo promozionale – equivalente allo scopo mutualistico nel diritto italiano – della cooperativa;
    si ritiene giusto e necessario introdurre una norma similare anche nell'ordinamento italiano che consenta la cooperazione tra le imprese concorrenti di piccole o medie dimensioni (come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE), a condizione che queste costituiscano tra loro un'organizzazione (qualificabile per la disciplina sulla concorrenza come un'impresa comune cooperativa) rispettosa della disciplina delle cooperative a mutualità prevalente, la quale garantisce sia l'esistenza di una funzione sociale a tale forma di cooperazione ai sensi dell'articolo 45 della Costituzione, sia la presenza di una vera cooperativa in conformità con l'importante sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea dell'8 settembre 2011 (causa C-78-80/08, Paint Graphos e a.);
    la cooperazione appena auspicata non dovrebbe pregiudicare il mercato tra gli Stati membri dell'Unione europea, dovrebbe migliorare la competitività tra le imprese cooperanti e dovrebbe consentire ai consumatori dei beni o servizi offerti da queste imprese di partecipare ai vantaggi e agli utili derivanti da tale cooperazione;
    in tal modo si introdurrebbe nel diritto italiano una norma speculare all'articolo 101, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, prevedendosi così un'esenzione legale senza termine (fino a quando siano rispettate le condizioni indicate nella predetta esenzione) e automatica (cioè senza che le imprese interessate debbano richiedere una specifica autorizzazione all'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di armonizzare la normativa italiana a quella degli altri Stati membri, come illustrato in premessa, al fine di prevedere esenzioni al divieto di intese restrittive della libertà di concorrenza in caso di collaborazioni tra piccole e medie imprese mediante la costituzione di organizzazioni aventi funzione sociale ai sensi dell'articolo 45 della Costituzione, migliorando così la competitività tra le imprese cooperanti.
9/3444-A/64. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gebhard, Alfreider, Schullian, Plangger.


   La Camera,
   premesso che:
    l'Italia possiede un patrimonio culturale tra più ampi al mondo e può vantare tra le proprie ricchezze il castello ed il parco di Miramare, nella provincia di Trieste;
    il sito – inserito anche tra i beni del FAI – si colloca tra i musei e parchi più visitati nel nostro Paese ed introita dalla vendita dei biglietti circa 450 mila euro all'anno;
    con l'ordine del giorno 9/01628/032 è stato impegnato il Governo a valutare la possibilità di prevedere interventi idonei ad assicurare una più efficace tutela e valorizzazione del castello di Miramare, anche mediante accordi con il comune di Trieste;
    il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo ha recentemente adottato una riforma del sistema museale italiano che intende garantire una effettiva valorizzazione del patrimonio culturale;
    questa operazione di rilancio del Ministero è perseguita anche mediante l'adozione di modelli innovativi di gestione come, ad esempio, la costituzione di appositi consorzi e fondazioni;
    il modello fondazione consente, infatti, di coinvolgere soggetti pubblici e privati nella gestione di un sito e può assicurare una maggior integrazione con il territorio;
    le enormi potenzialità oggi ancora in parte inespresse del castello e del parco di Miramare potrebbero trovare un punto di forza nella costituzione di una Fondazione del Museo e del parco,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di costituire, ai sensi della normativa vigente, la Fondazione Museo e parco di Miramare, in collaborazione con la regione Friuli Venezia Giulia e il comune di Trieste e altri soggetti pubblici o privati, e di attribuire ad essa la gestione del sito culturale.
9/3444-A/65Blazina.


   La Camera,
   premesso che:
    il Building Information Modeling (BIM) è un modello innovativo di informazioni e progettazione di un edificio che consente di poter comunicare, senza perdita qualitativa, con colleghi e partner che usano altri software, il proprio progetto e tutti i dati in esso presenti;
    nella progettazione BIM esistono diversi passaggi di verifica della coerenza dei dati, un controllo più accurato sulle fasi e sulla sequenza sempre aggiornata di parti coinvolte nel processo, che permettono di dialogare correttamente, evitando sprechi economici;
    l'adozione di questo modello di progettazione favorirebbe l'effettiva riduzione dei costi operativi di costruzione, il monitoraggio e il controllo sullo stato avanzamento lavori, nonché la manutenzione e la riqualificazione delle opere;
    la legge di stabilità 2016 ha dato un forte impulso all'innovazione tecnologica nelle aziende, prevedendo il super ammortamento per gli investimenti e incentivi di settore per alcuni acquisiti innovativi,

impegna il Governo

a favorire l'acquisto, da parte di professionisti singoli o associati, di software relativi a metodi e strumenti di modellazione elettronica ed informatica per l'edilizia e le infrastrutture, e a incentivare il passaggio a questo modello innovativo di progettazione.
9/3444-A/66Gadda, Coppola, Dallai, Moretto, Donati, Vazio, Famiglietti, Galgano, Bonomo, Crimì, Morani, Capozzolo, Fanucci, Piccoli Nardelli, Marco Di Maio, Fregolent, Bruno Bossio, Quintarelli, Scuvera, Bonomo.


   La Camera,
   premesso che:
    il Building Information Modeling (BIM) è un modello innovativo di informazioni e progettazione di un edificio che consente di poter comunicare, senza perdita qualitativa, con colleghi e partner che usano altri software, il proprio progetto e tutti i dati in esso presenti;
    nella progettazione BIM esistono diversi passaggi di verifica della coerenza dei dati, un controllo più accurato sulle fasi e sulla sequenza sempre aggiornata di parti coinvolte nel processo, che permettono di dialogare correttamente, evitando sprechi economici;
    l'adozione di questo modello di progettazione favorirebbe l'effettiva riduzione dei costi operativi di costruzione, il monitoraggio e il controllo sullo stato avanzamento lavori, nonché la manutenzione e la riqualificazione delle opere;
    la legge di stabilità 2016 ha dato un forte impulso all'innovazione tecnologica nelle aziende, prevedendo il super ammortamento per gli investimenti e incentivi di settore per alcuni acquisiti innovativi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di favorire l'acquisto, da parte di professionisti singoli o associati, di software relativi a metodi e strumenti di modellazione elettronica ed informatica per l'edilizia e le infrastrutture, e a incentivare il passaggio a questo modello innovativo di progettazione.
9/3444-A/66. (Testo modificato nel corso della seduta)  Gadda, Coppola, Dallai, Moretto, Donati, Vazio, Famiglietti, Galgano, Bonomo, Crimì, Morani, Capozzolo, Fanucci, Piccoli Nardelli, Marco Di Maio, Fregolent, Bruno Bossio, Quintarelli, Scuvera, Bonomo.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, insieme al «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018» rappresenta la norma principale prevista dall'ordinamento giuridico italiano per regolare la vita economica del Paese per un triennio, appunto, attraverso misure di finanza pubblica;
    l'articolo 1, commi da 246 a 249, reca disposizioni per i rinnovi contrattuali del personale delle pubbliche amministrazioni, quantificando in 300 milioni di euro annui, di cui 74 milioni per FF.AA. e Polizia, gli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale e integrativa nel bilancio pluriennale 2016- 2018;
    l'articolo 19, comma 1, della legge 4 novembre 2010 n. 183 ha riconosciuto la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco «Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale»;
    la specificità dello status di militare si configura nella peculiarità dei compiti istituzionali delle FF.AA. concernenti la difesa dello Stato e il mantenimento della sicurezza del Paese;
    ai sensi dell'articolo 1465, comma 2, Codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66) «Lo Stato predispone misure effettive volte a tutelare e promuovere lo sviluppo della personalità dei militari nonché ad assicurare loro un dignitoso trattamento di vita»;
    l'ultimo provvedimento di concertazione per il personale non dirigente delle Forze armate relativamente al biennio 2008-2010 è il decreto del Presidente della Repubblica 1o ottobre 2010, n. 185; mentre per le Forze di Polizia si fa riferimento al decreto del Presidente della Repubblica 1o ottobre 2010, n. 184;
    gli istituti economici e, in particolare, i livelli retributivi rappresentano un primo e fondamentale supporto a tutela della «specificità militare»;
    gli uomini e donne delle nostre Forze armate e del Comparto Difesa e sicurezza sono i meno retribuiti rispetto ai colleghi dei Paesi dell'Unione europea con un PIL simile all'Italia;
    il nostro Paese e tutta l'area del Mediterraneo – dove i nostri uomini e donne sono impegnati in delicate operazioni – sta vivendo un periodo storico e politico particolarmente difficile, a cui si somma il non meno trascurabile aumento della microcriminalità e delle criticità legate alla gestione dell'incontrollato flusso migratorio,

impegna il Governo

a prevedere un incremento del 15 per cento delle misure mensili lorde relative al trattamento stipendiale del personale delle Forze armate e del Comparto Difesa e sicurezza attraverso il recepimento di accordi o schemi di provvedimento concordati nell'ambito delle rispettive trattative sindacali o concertazioni militari.
9/3444-A/67Cirielli, Rampelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, insieme al «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2016 e bilancio pluriennale per il triennio 2016-2018» rappresenta la norma principale prevista dall'ordinamento giuridico italiano per regolare la vita economica del Paese per un triennio, appunto, attraverso misure di finanza pubblica;
    l'articolo 1, commi da 246 a 249, reca disposizioni per i rinnovi contrattuali del personale delle pubbliche amministrazioni, quantificando in 300 milioni di euro annui, di cui 74 milioni per FF.AA. e Polizia, gli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale e integrativa nel bilancio pluriennale 2016- 2018;
    l'articolo 19, comma 1, della legge 4 novembre 2010 n. 183 ha riconosciuto la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco «Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale»;
    la specificità dello status di militare si configura nella peculiarità dei compiti istituzionali delle FF.AA. concernenti la difesa dello Stato e il mantenimento della sicurezza del Paese;
    ai sensi dell'articolo 1465, comma 2, Codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66) «Lo Stato predispone misure effettive volte a tutelare e promuovere lo sviluppo della personalità dei militari nonché ad assicurare loro un dignitoso trattamento di vita»;
    l'ultimo provvedimento di concertazione per il personale non dirigente delle Forze armate relativamente al biennio 2008-2010 è il decreto del Presidente della Repubblica 1o ottobre 2010, n. 185; mentre per le Forze di Polizia si fa riferimento al decreto del Presidente della Repubblica 1o ottobre 2010, n. 184;
    gli istituti economici e, in particolare, i livelli retributivi rappresentano un primo e fondamentale supporto a tutela della «specificità militare»;
    gli uomini e donne delle nostre Forze armate e del Comparto Difesa e sicurezza sono i meno retribuiti rispetto ai colleghi dei Paesi dell'Unione europea con un PIL simile all'Italia;
    il nostro Paese e tutta l'area del Mediterraneo – dove i nostri uomini e donne sono impegnati in delicate operazioni – sta vivendo un periodo storico e politico particolarmente difficile, a cui si somma il non meno trascurabile aumento della microcriminalità e delle criticità legate alla gestione dell'incontrollato flusso migratorio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere un incremento del 15 per cento delle misure mensili lorde relative al trattamento stipendiale del personale delle Forze armate e del Comparto Difesa e sicurezza attraverso il recepimento di accordi o schemi di provvedimento concordati nell'ambito delle rispettive trattative sindacali o concertazioni militari.
9/3444-A/67. (Testo modificato nel corso della seduta)  Cirielli, Rampelli.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di stabilità reca importanti misure volte, tra le altre, alla promozione di infrastrutture viarie e ferroviarie a sostegno dello sviluppo del Paese;
    lo stesso disegno di legge di stabilità prevede al comma 465-bis la realizzazione di un sistema di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti per la realizzazione di interventi e programmi pubblici e norme sul funzionamento del CIPE;
    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 ottobre 2008, Interventi necessari per la realizzazione dell'EXPO Milano 2015, all'allegato 2 inserisce tra le opere «connesse» all'evento, con «priorità 1», l'autostrada Pedemontana Lombarda, un sistema viabilistico con uno sviluppo complessivo di circa 157 Km di cui 67 Km di autostrada, 20 Km di tangenziali e 70 Km di viabilità locale che interessa cinque province Bergamo, Como, Milano, Monza Brianza e Varese e 58 comuni e che persegue gli obiettivi di potenziare l'asse est-ovest lungo la direttrice del Corridoio 5 della rete TEN-T dell'Unione europea permettendo una riorganizzazione dell'intero sistema stradale pedemontano in modo da ridurre le attuali situazioni di crisi della viabilità ordinaria;
    l'intera opera è frazionata nei lotti A, B1, B2, C, D, e prevede per 20 Km le tangenziali di Como e di Varese a loro volta ripartite in due lotti ciascuna;
    la Tangenziale di Como (A59) si sviluppa per circa 9 Km di cui circa 6 Km in galleria naturale ed è suddivisa in due lotti. Il 1o lotto, lungo circa 3 Km, si innesta sull'autostrada A9 a Grandate e termina con lo svincolo di Acquanegra, tra i Comuni di Como e Casnate con Bernate. In questo 1o lotto sono realizzate anche due opere connesse, la TG CO 03 che si sviluppa tra l'interconnessione con l'A9 e la SP n. 24 di Appiano Gentile in comune di Villa Guardia, e la TG CO 04 che partendo dallo svincolo di Acquanegra si dirige a nord verso la città di Como e a sud verso il Comune di Casnate con Bernate. Il 2o Lotto, per uno sviluppo complessivo di oltre 6 Km, inizia in corrispondenza dello svincolo di Acquanegra per terminare con l'interconnessione alla SS 342 «Briantea», a sud del comune di Albese con Cassano;
    il 23 maggio 2015 è stato inaugurato il 1o lotto della tangenziale di Como nel tratto che collega Villa Guardia allo svincolo dell'Acquanegra, mentre per quanto riguarda il 2o lotto non ci sono certezze sulla sua concreta realizzazione, a seguito del mancato inserimento, in assenza di indicazioni da parte di regione Lombardia, dello stesso 2o lotto nel progetto definitivo approvato dal CIPE con delibera 97/2009, in quanto non ricompreso nel Piano Economico Finanziario della Convenzione Unica; il secondo lotto della tangenziale di Como, inoltre, era stato espunto dal Documento di economia e finanza 2014 da parte della giunta regionale lombarda e solo a seguito della mobilitazione del territorio si è deciso di reinserirlo nel DEF regionale del 2015,
   considerato che:
    i costi complessivi della Pedemontana inclusivi di oneri sono stimati in 5.200 milioni di euro, a fronte di un investimento diretto complessivo pari a 4.118 milioni. Le coperture finanziarie dell'opera prevedono interventi tramite: la finanza di progetto (il cosiddetto project fìnancing) per un importo di circa 2.500 milioni di euro che ad oggi risulta quanto mai una fonte di finanziamento incerta e fortemente a rischio; un contributo pubblico per circa 1.245 milioni di euro; un equity (aumento del capitale di rischio) per 536 milioni di euro (al momento versato per 300 milioni); l'ulteriore forma di contributo pubblico consistente nella defiscalizzazione dell'importo teorico di 349 milioni di euro che scatterà solo a partire dall'apertura al traffico delle tratte B2 e C, prevista per luglio 2018;
    nel 2013, è stato ottenuto da CAL spa, Concessioni autostradali lombarde, l'aumento dell'intensità di erogazione del contributo pubblico sulla tratta in costruzione (tratta A e primi lotti delle tangenziali di Como e Varese) dal 35,74 per cento all'80 per cento, con l'inevitabile conseguenza del rischio di esclusione di gran parte del restante tracciato ancora da realizzare dall'erogazione di contributi pubblici;
    il completamento della tratta A, delle tangenziali di Como e Varese e la tratta B1 in via di ultimazione sono ad oggi pagate dal contributo pubblico statale di 1.245 milioni di euro e dai 300 milioni di capitale sociale già versati. Ne consegue che gli ipotetici futuri lavori per le tratte non ancora realizzate dovrebbero essere interamente finanziati dai privati;
   ritenuto che:
    in ragione del piano finanziario dell'opera proposto da CAL spa e da Autostrada Pedemontana approvato insieme al progetto definitivo da CIPE con delibera 97/2009, dopo una prima fase sperimentale di gratuità, si è data applicazione al sistema di pedaggiamento dell'importo di 0,62 euro ai 2,4 Km del 1o Lotto della tangenziale di Como senza tuttavia avere alcuna certezza in merito alla realizzazione, anche questa prevista nel progetto definitivo di Pedemontana, del 2o Lotto della tangenziale comasca, rimasta tutt'oggi sulla carta e fatta oggetto di una pesante indeterminatezza circa il suo reale compimento;
    da novembre 2015 sull'autostrada Pedemontana (fino allo svincolo di Lomazzo) e sulle Tangenziali di Como (A59) e Varese (A60) il pagamento del pedaggio avviene attraverso l'utilizzo del nuovo sistema di esazione Free Flow che permette di registrare le targhe dei veicoli in transito al loro semplice passaggio sotto portali elettronici, senza quindi trovare barriere o fermarsi in coda ai caselli. Un sistema di pagamento innovativo e comodo che pur tuttavia, dal punto di vista burocratico, sta generando notevoli difficoltà all'utenza per via di procedure di iscrizione e di registrazione al «conto targa» farraginose e lunghe che rischiano di scoraggiare gli automobilisti all'uso della tangenziale;
    l'applicazione del costo pedaggio fissato in 0,62 euro per percorre i circa 3 Km del 1o Lotto della tangenziale comasca (più di 0,20 euro al chilometro), a cui si aggiunge l'eccessiva burocratizzazione dovuta alle procedure di funzionamento del «conto targa», il sistema di pagamento personale, associato alla targa del proprio veicolo, ne sta determinando uno scarso utilizzo da parte degli automobilisti,

impegna il Governo

ad esercitare un puntuale monitoraggio della fase iniziale di apertura al traffico e del relativo pedaggiamento del primo lotto della tangenziale di Como e a promuovere presso il Ministero delle Infrastrutture, con il coinvolgimento dei concessionari autostradali e degli amministratori locali del territorio, entro il mese di gennaio 2016, un tavolo di confronto finalizzato a valutare l'applicabilità e la congruità o meno del pedaggio adottato e l'effettiva sostenibilità e fruibilità da parte dell'utenza, oltre a verificare le condizioni di reale fattibilità economica-finanziaria dell'intero sistema autostradale pedemontano, con particolare riguardo al completamento della tangenziale di Como.
9/3444-A/68Guerra, Braga.


   La Camera,
   premesso che:
    il disegno di legge di stabilità reca importanti misure volte, tra le altre, alla promozione di infrastrutture viarie e ferroviarie a sostegno dello sviluppo del Paese;
    lo stesso disegno di legge di stabilità prevede al comma 465-bis la realizzazione di un sistema di verifica dell'utilizzo dei finanziamenti per la realizzazione di interventi e programmi pubblici e norme sul funzionamento del CIPE;
    il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 ottobre 2008, Interventi necessari per la realizzazione dell'EXPO Milano 2015, all'allegato 2 inserisce tra le opere «connesse» all'evento, con «priorità 1», l'autostrada Pedemontana Lombarda, un sistema viabilistico con uno sviluppo complessivo di circa 157 Km di cui 67 Km di autostrada, 20 Km di tangenziali e 70 Km di viabilità locale che interessa cinque province Bergamo, Como, Milano, Monza Brianza e Varese e 58 comuni e che persegue gli obiettivi di potenziare l'asse est-ovest lungo la direttrice del Corridoio 5 della rete TEN-T dell'Unione europea permettendo una riorganizzazione dell'intero sistema stradale pedemontano in modo da ridurre le attuali situazioni di crisi della viabilità ordinaria;
    l'intera opera è frazionata nei lotti A, B1, B2, C, D, e prevede per 20 Km le tangenziali di Como e di Varese a loro volta ripartite in due lotti ciascuna;
    la Tangenziale di Como (A59) si sviluppa per circa 9 Km di cui circa 6 Km in galleria naturale ed è suddivisa in due lotti. Il 1o lotto, lungo circa 3 Km, si innesta sull'autostrada A9 a Grandate e termina con lo svincolo di Acquanegra, tra i Comuni di Como e Casnate con Bernate. In questo 1o lotto sono realizzate anche due opere connesse, la TG CO 03 che si sviluppa tra l'interconnessione con l'A9 e la SP n. 24 di Appiano Gentile in comune di Villa Guardia, e la TG CO 04 che partendo dallo svincolo di Acquanegra si dirige a nord verso la città di Como e a sud verso il Comune di Casnate con Bernate. Il 2o Lotto, per uno sviluppo complessivo di oltre 6 Km, inizia in corrispondenza dello svincolo di Acquanegra per terminare con l'interconnessione alla SS 342 «Briantea», a sud del comune di Albese con Cassano;
    il 23 maggio 2015 è stato inaugurato il 1o lotto della tangenziale di Como nel tratto che collega Villa Guardia allo svincolo dell'Acquanegra, mentre per quanto riguarda il 2o lotto non ci sono certezze sulla sua concreta realizzazione, a seguito del mancato inserimento, in assenza di indicazioni da parte di regione Lombardia, dello stesso 2o lotto nel progetto definitivo approvato dal CIPE con delibera 97/2009, in quanto non ricompreso nel Piano Economico Finanziario della Convenzione Unica; il secondo lotto della tangenziale di Como, inoltre, era stato espunto dal Documento di economia e finanza 2014 da parte della giunta regionale lombarda e solo a seguito della mobilitazione del territorio si è deciso di reinserirlo nel DEF regionale del 2015,
   considerato che:
    i costi complessivi della Pedemontana inclusivi di oneri sono stimati in 5.200 milioni di euro, a fronte di un investimento diretto complessivo pari a 4.118 milioni. Le coperture finanziarie dell'opera prevedono interventi tramite: la finanza di progetto (il cosiddetto project fìnancing) per un importo di circa 2.500 milioni di euro che ad oggi risulta quanto mai una fonte di finanziamento incerta e fortemente a rischio; un contributo pubblico per circa 1.245 milioni di euro; un equity (aumento del capitale di rischio) per 536 milioni di euro (al momento versato per 300 milioni); l'ulteriore forma di contributo pubblico consistente nella defiscalizzazione dell'importo teorico di 349 milioni di euro che scatterà solo a partire dall'apertura al traffico delle tratte B2 e C, prevista per luglio 2018;
    nel 2013, è stato ottenuto da CAL spa, Concessioni autostradali lombarde l'aumento dell'intensità di erogazione del contributo pubblico sulla tratta in costruzione (tratta A e primi lotti delle tangenziali di Como e Varese) dal 35,74 per cento all'80 per cento, con l'inevitabile conseguenza del rischio di esclusione di gran parte del restante tracciato ancora da realizzare dall'erogazione di contributi pubblici;
    il completamento della tratta A, delle tangenziali di Como e Varese e la tratta B1 in via di ultimazione sono ad oggi pagate dal contributo pubblico statale di 1.245 milioni di euro e dai 300 milioni di capitale sociale già versati. Ne consegue che gli ipotetici futuri lavori per le tratte non ancora realizzate dovrebbero essere interamente finanziati dai privati;
   ritenuto che:
    in ragione del piano finanziario dell'opera proposto da CAL spa e da Autostrada Pedemontana approvato insieme al progetto definitivo da CIPE con delibera 97/2009, dopo una prima fase sperimentale di gratuità, si è data applicazione al sistema di pedaggiamento dell'importo di 0,62 euro ai 2,4 Km del 1o Lotto della tangenziale di Como senza tuttavia avere alcuna certezza in merito alla realizzazione, anche questa prevista nel progetto definitivo di Pedemontana, del 2o Lotto della tangenziale comasca, rimasta tutt'oggi sulla carta e fatta oggetto di una pesante indeterminatezza circa il suo reale compimento;
    da novembre 2015 sull'autostrada Pedemontana (fino allo svincolo di Lomazzo) e sulle Tangenziali di Como (A59) e Varese (A60) il pagamento del pedaggio avviene attraverso l'utilizzo del nuovo sistema di esazione Free Flow che permette di registrare le targhe dei veicoli in transito al loro semplice passaggio sotto portali elettronici, senza quindi trovare barriere o fermarsi in coda ai caselli. Un sistema di pagamento innovativo e comodo che pur tuttavia, dal punto di vista burocratico, sta generando notevoli difficoltà all'utenza per via di procedure di iscrizione e di registrazione al «conto targa» farraginose e lunghe che rischiano di scoraggiare gli automobilisti all'uso della tangenziale;
    l'applicazione del costo pedaggio fissato in 0,62 euro per percorre i circa 3 Km del 1o Lotto della tangenziale comasca (più di 0,20 euro al chilometro), a cui si aggiunge l'eccessiva burocratizzazione dovuta alle procedure di funzionamento del «conto targa», il sistema di pagamento personale, associato alla targa del proprio veicolo, ne sta determinando uno scarso utilizzo da parte degli automobilisti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di esercitare un puntuale monitoraggio della fase iniziale di apertura al traffico e del relativo pedaggiamento del primo lotto della tangenziale di Como e a promuovere presso il Ministero delle Infrastrutture, con il coinvolgimento dei concessionari autostradali e degli amministratori locali del territorio, entro il mese di gennaio 2016, un tavolo di confronto finalizzato a valutare l'applicabilità e la congruità o meno del pedaggio adottato e l'effettiva sostenibilità e fruibilità da parte dell'utenza, oltre a verificare le condizioni di reale fattibilità economica-finanziaria dell'intero sistema autostradale pedemontano, con particolare riguardo al completamento della tangenziale di Como.
9/3444-A/68. (Testo modificato nel corso della seduta)  Guerra, Braga.


   La Camera,
   premesso che:
    al comma 492 dell'articolo 1 del presente disegno di legge si stabilisce che: «al fine di favorire il miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, con effetto dal 1o gennaio 2016, presso l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) è istituito un fondo con la dotazione di 45 milioni di euro per l'anno 2016 e di 35 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017. Il fondo è destinato a finanziare gli investimenti per l'acquisto o il noleggio con patto di acquisto di trattori agricoli o forestali o di macchine agricole e forestali, caratterizzati da soluzioni innovative per l'abbattimento delle emissioni inquinanti, la riduzione del rischio rumore, il miglioramento del rendimento e della sostenibilità globali delle aziende agricole, nel rispetto del regolamento (UE) n. 702/2014 della Commissione, del 25 giugno 2014, e vi possono accedere le micro e le piccole imprese operanti nel settore della produzione agricola primaria dei prodotti agricoli»,

impegna il Governo

a garantire l'opportunità richiamata in premessa anche alle imprese agromeccaniche, la cui attività è considerata agricola ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 99 del 2004.
9/3444-A/69Carra, Romanini, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    al comma 492 dell'articolo 1 del presente disegno di legge si stabilisce che: «al fine di favorire il miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, con effetto dal 1o gennaio 2016, presso l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) è istituito un fondo con la dotazione di 45 milioni di euro per l'anno 2016 e di 35 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2017. Il fondo è destinato a finanziare gli investimenti per l'acquisto o il noleggio con patto di acquisto di trattori agricoli o forestali o di macchine agricole e forestali, caratterizzati da soluzioni innovative per l'abbattimento delle emissioni inquinanti, la riduzione del rischio rumore, il miglioramento del rendimento e della sostenibilità globali delle aziende agricole, nel rispetto del regolamento (UE) n. 702/2014 della Commissione, del 25 giugno 2014, e vi possono accedere le micro e le piccole imprese operanti nel settore della produzione agricola primaria dei prodotti agricoli»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di garantire l'opportunità richiamata in premessa anche alle imprese agromeccaniche, la cui attività è considerata agricola ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 99 del 2004.
9/3444-A/69. (Testo modificato nel corso della seduta)  Carra, Romanini, Amoddio.


   La Camera,
   premesso che:
    in base all'articolo 6, comma 2, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 è prevista l'imponibilità dei proventi, indennità o risarcimenti (anche assicurativi) riscossi in sostituzione di redditi;
    questa previsione normativa sta determinando nell'ambito dei territori della Riviera del Brenta colpiti dal tornado dell'8 luglio 2015 contenziosi tra cittadini e fisco dagli aspetti molto controversi; i comuni maggiormente colpiti dalla suddetta calamità sono quelli di Mira, Dolo e Pianiga con 71 milioni di euro di danni complessivi di cui 44,9 a Dolo, 19,2 a Pianiga e 6,5 a Mira; la maggior parte dei quali si sono verificati sulle abitazioni private;
    la situazione paradossale che si viene a determinare in base alla citata norma del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 è che i risarcimenti delle assicurazioni finiscono per essere ulteriormente tassati poiché le somme liquidate dalle compagnie assicurative, a copertura dei danni subiti, vanno inserite nella dichiarazione dei redditi e quindi conseguentemente soggette a tassazione;
    al fine di superare al più presto le criticità che hanno colpito i territori devastati da calamità naturali, nel corso della riunione dei sindaci dei comuni interessati con il commissario delegato per gli interventi di ricostruzione, nominato a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, e emersa anche la necessità di assicurare l'esclusione dal reddito imponibile dei risarcimenti ottenuti delle assicurazioni così da destinare maggiori risorse agli investimenti e garantire una rapida ricostruzione e un più rapido ritorno alla normalità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare specifiche iniziative per definire idonee agevolazioni fiscali nelle aree colpite da eventi calamitosi anche prevedendo, a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza, l'esclusione dal reddito imponibile dei rimborsi assicurativi ricevuti a fronte dei danni subiti.
9/3444-A/70Martella, Mognato, Moretto, Murer, Zoggia.


   La Camera,
   premesso che:
    è stato approvato l'emendamento 1.1 del Governo che aggiunge, all'articolo 1, i commi da 548-octies a 548-duodecies, concernenti la disciplina delle procedure per la predisposizione di un «Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia»;
    il Programma, in particolare, è finalizzato alla realizzazione di interventi urgenti per la rigenerazione delle aree urbane degradate e l'accrescimento della sicurezza territoriale, per il potenziamento delle prestazioni urbane, anche in relazione alla mobilità sostenibile ed allo sviluppo di pratiche per l'inclusione sociale, come quelle del terzo settore e del Servizio civile nazionale (come specificato dal sub. 0.1.1.42), nonché per l'attuazione di nuovi modelli di welfare metropolitano, anche con riferimento all'adeguamento delle infrastrutture destinate ai servizi sociali (e come aggiunto dal sub. 01.1.68) culturali, educativi e didattici, nonché alle attività culturali (e sulla base del sub 0.1.1.55) educative promosse da soggetti pubblici e privati;
    il Servizio civile nazionale, di cui alla legge 6 marzo 2001, n. 64, realizza, tra l'altro, progetti di inclusione sociale, finalizzati ad inglobare le periferie nell'ambito delle dinamiche che caratterizzano la città, ricostruendo i legami sociali e rafforzando in tal modo il senso di appartenenza alla comunità urbana, nonché a potenziare i servizi forniti dalle Istituzioni pubbliche e private alla persona nell'ambito delle periferie degradate;
    il programma è finanziato mediante l'istituzione di un apposito Fondo, con una dotazione di 500 milioni di euro per il 2016,

impegna il Governo:

   a realizzare il «Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia», destinando adeguate risorse finanziarie al fine di attuare il citato Programma mediante la realizzazione dei progetti di servizio civile nazionale, finalizzati allo sviluppo dell'inclusione sociale ed al potenziamento dei servizi alla persona nell'ambito delle periferie degradate;
   a prevedere l'adozione di bandi straordinari di servizio civile, recanti le modalità di redazione dei progetti, a cura del Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale.
9/3444-A/71Patriarca, Berlinghieri, Capone, Paola Boldrini, Lodolini, Bonomo, Miotto, Narduolo, Beni, Ascani, Baruffi, Amoddio, Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    è stato approvato l'emendamento 1.1 del Governo che aggiunge, all'articolo 1, i commi da 548-octies a 548-duodecies, concernenti la disciplina delle procedure per la predisposizione di un «Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia»;
    il Programma, in particolare, è finalizzato alla realizzazione di interventi urgenti per la rigenerazione delle aree urbane degradate e l'accrescimento della sicurezza territoriale, per il potenziamento delle prestazioni urbane, anche in relazione alla mobilità sostenibile ed allo sviluppo di pratiche per l'inclusione sociale, come quelle del terzo settore e del Servizio civile nazionale (come specificato dal sub. 0.1.1.42), nonché per l'attuazione di nuovi modelli di welfare metropolitano, anche con riferimento all'adeguamento delle infrastrutture destinate ai servizi sociali (e come aggiunto dal sub. 01.1.68) culturali, educativi e didattici, nonché alle attività culturali (e sulla base del sub 0.1.1.55) educative promosse da soggetti pubblici e privati;
    il Servizio civile nazionale, di cui alla legge 6 marzo 2001, n. 64, realizza, tra l'altro, progetti di inclusione sociale, finalizzati ad inglobare le periferie nell'ambito delle dinamiche che caratterizzano la città, ricostruendo i legami sociali e rafforzando in tal modo il senso di appartenenza alla comunità urbana, nonché a potenziare i servizi forniti dalle Istituzioni pubbliche e private alla persona nell'ambito delle periferie degradate;
    il programma è finanziato mediante l'istituzione di un apposito Fondo, con una dotazione di 500 milioni di euro per il 2016,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di:
    realizzare il «Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei comuni capoluogo di provincia», destinando adeguate risorse finanziarie al fine di attuare il citato Programma mediante la realizzazione dei progetti di servizio civile nazionale, finalizzati allo sviluppo dell'inclusione sociale ed al potenziamento dei servizi alla persona nell'ambito delle periferie degradate;
    prevedere l'adozione di bandi straordinari di servizio civile, recanti le modalità di redazione dei progetti, a cura del Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale.
9/3444-A/71. (Testo modificato nel corso della seduta)  Patriarca, Berlinghieri, Capone, Paola Boldrini, Lodolini, Bonomo, Miotto, Narduolo, Beni, Ascani, Baruffi, Amoddio, Carra.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame reca interventi non soddisfacenti sul fronte della ricerca e l'innovazione, quali il mancato rafforzamento del credito di imposta introdotto con la legge di Stabilità 2015, indispensabile al fine di favorire gli investimenti di imprese nazionali ed estere, l'assenza di un rifinanziamento dei voucher per la digitalizzazione delle piccole e medie imprese e dei contratti di rete;
    l'unico intervento concernente ricerca e innovazione è stato introdotto nel corso dell'esame del provvedimento al Senato ove è stata in sostanza estesa la tipologia dei soggetti ammissibili agli incentivi nei settori della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione, finanziati nell'ambito del FIRST (Fondo per gli investimenti in ricerca scientifica e tecnologica) prevedendo, tra l'altro, anche società composte da professori e ricercatori ed altri enti pubblici che operano in alcuni settori della ricerca ed inserendo, tra le attività ammesse all'intervento di sostegno, anche quella industriale, di sviluppo precompetitivo e di diffusione di tecnologie;
    purtuttavia, risultano sostanzialmente assenti misure di politica industriale rivolte a sostegno dei settori innovativi che operano nella conversione del sistema produttivo energetico verso un modello efficiente e basso consumo di energia prodotta da fonti rinnovabili,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa di competenza finalizzata a rafforzare gli investimenti in ricerca e sviluppo nel campo delle energie rinnovabili, del risparmio energetico e dei servizi collettivi ad alto contenuto tecnologico, nonché nell'ideazione di nuovi prodotti che realizzino un significativo miglioramento della protezione dell'ambiente per la salvaguardia dell'assetto idrogeologico e le bonifiche ambientali, nonché nella prevenzione del rischio sismico;
   a valutare l'opportunità di incrementare gli investimenti in materia di efficienza negli usi finali dell'energia nei settori civile, industriale e terziario, ivi compresi gli interventi di social housing.
9/3444-A/72Ricciatti, Ferrara, Pellegrino, Duranti, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    dalla lettura del provvedimento in esame, anche a seguito delle modifiche introdotte in sede referente, appare del tutto evidente l'assenza di un piano strutturale per il rilancio dell'economia nel Mezzogiorno. A ciò si aggiunga che, come rilevato dalla Banca d'Italia in sede di audizione al Senato, il debito continua a rimanere troppo alto, mentre l'ISTAT misura una crescita 2016 troppo modesta rispetto alle attese, stigmatizzando una ripresa molto debole nel 2016 e leggermente superiore nel 2017;
    con particolare riferimento al Mezzogiorno, emerge, in tutta la sua evidenza, la perdurante discrepanza tra le annunciate politiche governative volte al rilancio dell'industria italiana e le misure concrete effettivamente adottate. Il 7 dicembre, a Palazzo Chigi, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti ha presieduto riunioni politico-tecniche con i Presidenti di quattro regioni – Paolo Di Laura Frattura Molise), Luciano D'Alfonso (Abruzzo), Mario Oliverio (Calabria) e Vincenzo De Luca (Campania) – per stringere le intese sugli interventi prioritari da realizzare nei rispettivi territori allo scopo di contribuire al loro rilancio produttivo ed occupazionale. Il 9 dicembre sono stati previsti in calendario incontri con i Presidenti Michele Emiliano (Puglia), Marcello Pittella (Basilicata) e Rosario Crocetta (Sicilia), mentre lunedì 14 dicembre sarà la volta del Presidente della Sardegna Francesco Pigliaru. Infine gli incontri conclusivi con le otto Città Metropolitane. Insomma una sorta di vero e proprio rush finale che ha per obiettivo la firma dei patti per il sud prima di Natale;
    il quadro di riferimento entro cui si collocano le scelte operative nel confronto Governo-regioni-città metropolitane sui sedici patti per il Sud indicati dal Masterplan per il Mezzogiorno-Linee Guida pubblicate sul sito internet della Presidenza del Consiglio dei ministri in data 6 novembre 2015 dovrebbe orientare via prioritaria le risorse rinvenienti dai fondi strutturali FERS e FSE 2014-2020 pari a 56,2 miliardi di euro cui si aggiungono i fondi di cofinanziamento regionale per 4,3 miliardi di euro a valere sul Fondo Sviluppo e Coesione al perseguimento degli obiettivi contenuti nelle impegni delle mozioni presentate da diversi Gruppi parlamentari approvate lo scorso aprile dalla Camera dei deputati,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa di competenza finalizzata a disporre la messa a regime di forme di credito d'imposta automatico sugli investimenti in ricerca, innovazione e formazione, a favore delle imprese disposte ad investire nel Mezzogiorno;

   a valutare l'opportunità di adottare ogni atto di competenza finalizzato a realizzare un concreto ammodernamento dell'intera rete infrastrutturale del Sud, quale presupposto determinante per sfruttarne le potenzialità di piattaforma logistica e di collocamento geostrategico degli scambi internazionali lungo le direttrici nord-sud e est-ovest, nonché a incrementare gli investimenti nella riqualificazione del territorio, la rigenerazione delle città, con uno specifico programma di risanamento urbano per le città capitali del Sud a partire dalla città di Napoli, e l'ammodernamento della rete dei trasporti, gli assi viari, i collegamenti ferroviari tra le città del Mezzogiorno, le opere di consolidamento idrogeologico, di adeguamento statico e di efficientamento energetico degli edifici e di risanamento dell'edilizia pubblica e scolastica e il risanamento dei centri storici e delle periferie.
9/3444-A/73Ferrara, Ricciatti, Franco Bordo, Folino, Giancarlo Giordano, Duranti.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame non prevede misure volte a garantire un adeguato finanziamento ed efficientamento del trasporto pubblico locale;
    il Fondo Nazionale Trasporti istituito con la legge di stabilità per il 2013 non garantisce il pieno ristoro delle risorse del settore rispetto ai tagli operati negli ultimi anni ed è insufficiente a far fronte, non solo agli oneri derivanti dai contratti di servizio in essere, ma soprattutto al rinnovo del materiale rotabile, alla manutenzione straordinaria delle infrastrutture, all'innovazione tecnologica e al rinnovo dei contratti. Per garantire un ristoro completo rispetto alle decurtazioni precedenti, la dotazione del fondo dovrebbe essere elevata da 4.929 milioni di euro a 6.330 milioni di euro;
    a tutto questo fanno da contraltare gli importanti finanziamenti per le grandi opere come il TAV e il MOSE che potrebbero essere meglio impiegate per il perseguimento di altre finalità quali la manutenzione e la messa in sicurezza della rete ferroviaria italiana, la manutenzione delle principali infrastrutture di trasporto esistenti e il miglioramento dell'offerta di trasporto pubblico locale. In particolare, il mancato miglioramento dell'offerta del trasporto pubblico locale si ripercuote inesorabilmente nei confronti dei pendolari come peraltro emerge dal rapporto quanto dal rapporto Pendolaria 2014 curato da Legambiente;
    ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo appare quanto mai urgente, stante la critica e non più sopportabile situazione in cui versano in particolare gli utenti del trasporto pubblico locale pendolare, impedire il taglio dei collegamenti ferroviari e avviare un'azione di monitoraggio sulla rete pubblica affidata in concessione a RFI finalizzata ad un ripensamento degli investimenti indispensabili ad aumentare la velocità dei collegamenti che parta innanzitutto dalla necessità di valorizzare la presenza di treni pendolari rispetto a quelli a mercato nella definizione delle tracce. I treni pendolari italiani, peraltro, sono i più lenti d'Europa. La media è di 35,9 km/h sulle linee di collegamento con le grandi città, mentre è di 51 in Spagna, 48,1 in Germania, 46,6 in Francia ed i 40,5 del Regno Unito. Oltre che lenti, i treni sono anche vecchi,

impegna il Governo

   a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa utile finalizzata ad adottare finalmente scelte coraggiose e mirate in termini di mobilità e trasporto pendolare, a partire dallo stanziamento di maggiori risorse per arrivare a 5.000.000 di cittadini trasportati ogni giorno nel 2020, portando il trasporto ferroviario agli stessi standard qualitativi europei.
9/3444-A/74Franco Bordo, Folino, Ricciatti, Duranti, Pannarale, Ferrara.


   La Camera,
   premesso che:
    sono passati quattro anni dall'entrata in vigore della manovra finanziaria che ha modificato il sistema pensionistico italiano, con lo scopo di far fronte ai debiti dello Stato con le risorse del sistema previdenziale;
    tale riforma contiene numerose iniquità ed errori che i Governi che si sono succeduti non hanno voluto correggere mediante un intervento strutturale;

l'iniquità più nota è quella dei lavoratori chiamati «esodati», generati della mancanza di una seria disposizione di transizione per consentire il passaggio graduale dal vecchio al nuovo sistema a quei lavoratori e lavoratrici che si trovavano prossimi alla maturazione dei requisiti di età e di contribuzione per ottenere il trattamento pensionistico;
    per porvi rimedio sono stati adottati ben sei provvedimenti di salvaguardia dei lavoratori esodati e un settimo è recato dalla legge di stabilità in esame;
    ogni volta il Governo si è affrettato a precisare che si sarebbe trattato dell'ultimo e risolutivo intervento, ma puntualmente si è verificato che molti altri lavoratori esodati non rientravano nella fattispecie legislativa e la loro sorte, senza lavoro e senza possibilità di accedere alla pensione, è rimasta in balia del caso;
    la salvaguardia recata dalla legge di stabilità in esame non fa eccezione e sembrerebbe lasciare nel limbo ancora molti lavoratori esodati, stimati in un numero superiore a ventimila unità. Numeri certi non ce ne sono mai, perché il Governo e l'INPS non hanno mai condotto una seria verifica sui numeri, ma anche perché il procedere in maniera casistica – anziché con una disposizione transitoria generale che valga per tutti – porta inevitabilmente a mantenere confini mobili e incerti relativi a chi possa rientrare nella definizione di lavoratore esodato;
    ad esempio, come ha dichiarato il presidente dell'INPS Boeri, sono esodati dei quali bisognerebbe preoccuparsi, ma che non sono mai stati presi in considerazione «soprattutto i lavoratori di piccole imprese dove non c'erano accordi, che semplicemente sono stati licenziati e non sono mai stati coperti, che si trovano tra i 55 e i 65 anni e che si sono ridotti in povertà»;
    a causa di una manovra pensionistica del 2011, scritta ad occhi chiusi, e nonostante sette salvaguardie, inclusa l'attuale, continueranno ad esserci molte lavoratrici, lavoratori e le loro famiglie che vivranno una situazione di disagio, anche estremo, per l'assenza del lavoro e della pensione, alla quale avrebbero avuto accesso in questi anni, sulla base delle regole del previgente sistema;
    non va taciuto che la disposizione della legge di stabilità in esame, che reca la settima salvaguardia, è scritta con una tecnica legislativa molto complessa, ma anche involuta, che rischia di porre problemi di interpretazione e, certamente, manca dell'elementare requisito della leggibilità, aggravato dal fatto che la presentazione del maxi-emendamento, conseguente alla fiducia apposta al Senato, ha ridotto l'unitarietà dell'articolo in una serie di commi dispersi tra molte centinaia di altri commi;
    è particolarmente grave, inoltre, aver previsto per la presentazione delle domande di accesso alla settimana salvaguardia un termine decadenziale di 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di stabilità, trasformando l'accesso ad un meritato diritto in una corsa ad ostacoli, dove la disattenzione o la mancanza di informazione potrebbe comportare un danno enorme. Tale termine è troppo breve, ma anche ingiustificato, considerando che le disposizioni contengono un limite numerico e un tetto di spesa,

impegna il Governo

a provvedere con il primo provvedimento utile, in attesa di una modifica strutturale della manovra pensionistica del 2011, a salvaguardare le lavoratrici e i lavoratori esodati non inclusi nella salvaguardia recata dalla legge di stabilità in esame, coinvolgendo nella definizione della platea degli aventi diritto l'INPS e le associazioni e i comitati che rappresentano i lavoratori esodati.
9/3444-A/75Airaudo, Placido, Pannarale, Fassina, Scotto.


   La Camera,
   premesso che:
    sono passati quattro anni dall'entrata in vigore della manovra finanziaria che ha modificato il sistema pensionistico italiano, con lo scopo di far fronte ai debiti dello Stato con le risorse del sistema previdenziale;
    tale riforma contiene numerose iniquità ed errori che i Governi che si sono succeduti non hanno voluto correggere mediante un intervento strutturale;

l'iniquità più nota è quella dei lavoratori chiamati «esodati», generati della mancanza di una seria disposizione di transizione per consentire il passaggio graduale dal vecchio al nuovo sistema a quei lavoratori e lavoratrici che si trovavano prossimi alla maturazione dei requisiti di età e di contribuzione per ottenere il trattamento pensionistico;
    per porvi rimedio sono stati adottati ben sei provvedimenti di salvaguardia dei lavoratori esodati e un settimo è recato dalla legge di stabilità in esame;
    ogni volta il Governo si è affrettato a precisare che si sarebbe trattato dell'ultimo e risolutivo intervento, ma puntualmente si è verificato che molti altri lavoratori esodati non rientravano nella fattispecie legislativa e la loro sorte, senza lavoro e senza possibilità di accedere alla pensione, è rimasta in balia del caso;
    la salvaguardia recata dalla legge di stabilità in esame non fa eccezione e sembrerebbe lasciare nel limbo ancora molti lavoratori esodati, stimati in un numero superiore a ventimila unità. Numeri certi non ce ne sono mai, perché il Governo e l'INPS non hanno mai condotto una seria verifica sui numeri, ma anche perché il procedere in maniera casistica – anziché con una disposizione transitoria generale che valga per tutti – porta inevitabilmente a mantenere confini mobili e incerti relativi a chi possa rientrare nella definizione di lavoratore esodato;
    ad esempio, come ha dichiarato il presidente dell'INPS Boeri, sono esodati dei quali bisognerebbe preoccuparsi, ma che non sono mai stati presi in considerazione «soprattutto i lavoratori di piccole imprese dove non c'erano accordi, che semplicemente sono stati licenziati e non sono mai stati coperti, che si trovano tra i 55 e i 65 anni e che si sono ridotti in povertà»;
    a causa di una manovra pensionistica del 2011, scritta ad occhi chiusi, e nonostante sette salvaguardie, inclusa l'attuale, continueranno ad esserci molte lavoratrici, lavoratori e le loro famiglie che vivranno una situazione di disagio, anche estremo, per l'assenza del lavoro e della pensione, alla quale avrebbero avuto accesso in questi anni, sulla base delle regole del previgente sistema;
    non va taciuto che la disposizione della legge di stabilità in esame, che reca la settima salvaguardia, è scritta con una tecnica legislativa molto complessa, ma anche involuta, che rischia di porre problemi di interpretazione e, certamente, manca dell'elementare requisito della leggibilità, aggravato dal fatto che la presentazione del maxi-emendamento, conseguente alla fiducia apposta al Senato, ha ridotto l'unitarietà dell'articolo in una serie di commi dispersi tra molte centinaia di altri commi;
    è particolarmente grave, inoltre, aver previsto per la presentazione delle domande di accesso alla settimana salvaguardia un termine decadenziale di 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di stabilità, trasformando l'accesso ad un meritato diritto in una corsa ad ostacoli, dove la disattenzione o la mancanza di informazione potrebbe comportare un danno enorme. Tale termine è troppo breve, ma anche ingiustificato, considerando che le disposizioni contengono un limite numerico e un tetto di spesa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di provvedere con il primo provvedimento utile, in attesa di una modifica strutturale della manovra pensionistica del 2011, a salvaguardare le lavoratrici e i lavoratori esodati non inclusi nella salvaguardia recata dalla legge di stabilità in esame, coinvolgendo nella definizione della platea degli aventi diritto l'INPS e le associazioni e i comitati che rappresentano i lavoratori esodati.
9/3444-A/75. (Testo modificato nel corso della seduta)  Airaudo, Placido, Pannarale, Fassina, Scotto.


   La Camera,
   premesso che:
    durante l'esame della legge di stabilità è stato approvato un emendamento che interviene a modificare l'articolo 13 della legge 431 del 1998 in materia di locazioni ad uso abitativo; le modifiche apportate, in apparenza minime, possono determinare effetti molto negativi per gli inquilini, considerati fondatamente la parte più debole del rapporto contrattuale locatizio; in particolare viene modificato l'articolo 13, comma 5, nella parte che riguarda i contratti conclusi in forma verbale;
    con sentenza numero 18214 del settembre 2015, le Sezioni unite della Cassazione hanno chiarito che il contratto concluso solo in forma verbale (o contratto di fatto) è nullo in maniera insanabile ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge 431 del 1998 per mancanza della forma scritta;
    riconosce la Cassazione che l'unica ipotesi in cui la legge prevede la possibilità di sanare la nullità del contratto è quella prevista dal citato articolo 13, comma 5, a beneficio del solo il conduttore, che può agire giudizialmente per ottenere la registrazione del contratto, provando:
     a) l'esistenza del contratto verbale di locazione;
     b) che il locatore ha preteso l'instaurazione di un rapporto di locazione di fatto;
    fornire la prova della «pretesa» del locatore di instaurare un contratto solo verbale è difficile, anzi improbabile nella maggioranza dei casi. Se non si fornisce la predetta prova, il contratto è nullo e il proprietario di casa può pretendere che l'inquilino liberi prontamente l'immobile, senza neppure fare ricorso alla procedura di sfratto, in quanto l'occupazione dell'immobile è considerata abusiva;
    l'emendamento alla legge di stabilità interviene ad eliminare anche questa unica possibilità da parte dell'inquilino di rendere legale il contratto. Vieni invece previsto, del tutto genericamente, che il conduttore possa agire in giudizio quando il locatore non ha provveduto alla registrazione del contratto, a cui lo obbliga una nuova previsione introdotta dallo stesso emendamento;
    è evidente che la fattispecie della mancata registrazione è del tutto diversa dall'ipotesi del contratto concluso in forma orale o di fatto. Infatti, la mancata registrazione presuppone comunque l'esistenza di un contratto in forma scritta, a cui obbliga l'articolo 1, comma 4, della legge;
    il contratto concluso verbalmente, invece, non può essere registrato, dal momento che è e resta nullo per violazione dell'articolo 1, comma 4, che l'emendamento non ha modificato. In altre parole, la situazione per i contratti conclusi verbalmente va ad essere peggiorata, perché non saranno mai sanabili, neppure nell'ipotesi oggi prevista in cui sono frutto di un abuso del proprietario/locatore, dimostrabile in giudizio;
    la sentenza della Corte di cassazione che ho sopra citato, ha definito in maniera chiara che la legge 431 del 1998 ha come ratio unicamente quella della emersione dell'evasione fiscale, quindi la tutela di un interesse pubblico. Per tale legge, infatti, proprietario e inquilino non sono in una situazione di asimmetria in ragione della quale il locatore deve ricevere protezione. Infatti, a tacere di quanto previsto dagli altri articoli della legge, nel caso del contratto concluso verbalmente, la legge prevede si la possibilità di salvare la nullità « ad essentiam» solo a favore dell'inquilino, ma unicamente se questi riesce a dare la prova dell'abuso, ovvero della «pretesa», del proprietario di non ricorrere alla forma scritta. Quindi, non vi è nessuna presunzione o automaticità favorevole al conduttore;
    pertanto l'emendamento introdotto nella legge di stabilità ha modificato la legge in senso sfavorevole agli inquilini nei casi di contratti verbali, che sono la maggior parte del contratti in nero;
    se l'intento dell'emendamento era quello di intervenire a favore degli inquilini con contratto concluso verbalmente, sarebbe stato necessario ampliare le ipotesi in cui il conduttore può ricorrere al giudice facendo riconoscere l'esistenza del contratto, eliminando l'obbligo di dover dimostrare l'abuso del proprietario, che non sarebbe infondato presumere, salvo la prova contraria;
    a poco serve che l'emendamento abbia previsto che in caso di esisto favorevole del giudizio instaurato dall'inquilino (che comunque dovrà avere un contratto scritto) il canone di locazione debba essere rideterminato nel valore minimo stabilito dagli accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative. Tale disposizione – peraltro – non è immune da profili di incostituzionalità, oltre che non aver previsto – a favore dell'inquilino – che sia fatto salvo il canone previsto dal contratto quando risulti più basso di quello che il giudice andrebbe a rideterminare;
    allo stesso modo non comporta alcuna differenza, sul piano interpretativo, l'aver lasciato nel comma 5 il riferimento all'accertamento dell’«esistenza del contratto» che fa comunque riferimento ad un contratto scritto e non fa venire meno il dato normativo in materia di nullità del contratto verbale;
    quello recato dalla legge di stabilità appare essere l'ennesimo intervento confuso, illogico e con conseguenze pratiche ed economiche negative nei confronti degli inquilini;
    infatti, con la sentenza del 10 marzo 2014, n. 50, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l'articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23. Tali commi stabilivano una disciplina legale sostitutiva nel caso in cui il contratto di locazione fosse «in nero» e l'inquilino avesse proceduto alla registrazione;
    all'inquilino che registrava il contratto veniva riconosciuto un contratto di locazione della durata di quattro anni più quattro, e la riduzione del canone annuo di locazione in misura pari al triplo della rendita catastale;
    dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, le Associazioni degli inquilini avevano avviato una campagna per la registrazione dei contratti in nero, evidenziando i vantaggi economici e di durata che questo comportava per gli inquilini che procedevano alla registrazione; secondo le stime diffuse da tali Associazioni, nel 2011 i contratti di locazione erano oltre 500 mila, con punte a Roma di ben il 90 per cento tra i contratti degli studenti fuori sede (circa 70 mila contratti); la citata sentenza della Corte costituzionale ha giudicato, del tutto correttamente, che la specifica misura per l'emersione delle locazioni in nero fosse incostituzionale in quanto inserita dal Governo nel decreto legislativo in mancanza di delega ricevuta dal Parlamento;
    subito dopo la sentenza della Corte costituzionale, il legislatore ha introdotto l'articolo 5, comma 1-ter, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 23 maggio 2014, n. 80, secondo cui «Sono fatti salvi, fino alla data del 31 dicembre 2015, gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione registrati ai sensi dell'articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23»;
    come emerge dai lavori parlamentari e dalle dichiarazioni del relatore, con questa norma il Parlamento ha inteso salvaguardare «fino al 31 dicembre 2015 gli effetti della legge contro gli affitti in nero che la Corte costituzionale ha cancellato. Si è trovata una soluzione che non mette in discussione la sentenza, ma riconosce che coloro che ne hanno beneficiato oggi non possono subire le conseguenze di aver applicato la legge e garantisce loro un tempo congruo per non dover sopportare un aggravio ingiusto delle proprie condizioni di vita»;
    tuttavia, anche la nuova norma è stata portata dinanzi alla Corte costituzionale, che – con la sentenza 24 giugno 2015, n. 169 – ha riconosciuto che con essa il Parlamento ha inteso perseguire l'obiettivo «di preservare, per un certo tempo, gli effetti prodotti dalla normativa dichiarata costituzionalmente illegittima, facendo beneficiare di una singolare prorogatio la categoria degli inquilini». Pertanto, anche l'articolo 5, comma 1-ter, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47 è stato dichiarato incostituzionale;
    a seguito delle sentenze della Corte costituzionale, che hanno evidenziato una eccessiva superficialità del legislatore, anche di quello delegato, si è venuta a creare una situazione difficile per gli inquilini che avevano solo un contratto verbale;
    molti di loro, facendo affidamento sulla norma, hanno proceduto alla registrazione dei contratti, con l'effetto che quando questa è stata dichiarata incostituzionale hanno subito conseguenze giudiziarie ed economiche non irrilevanti e in molti casi hanno dovuto liberare l'immobile nel quale abitavano; lo Stato ha fatto ricadere su di loro per intero le conseguenze di una legge incostituzionale e si è completamente disinteressato della loro situazione;
    tuttavia nel corso dell'esame alla Camera del presente disegno di legge è stato modificato il comma 32, capoverso articolo 13, con un emendamento che cerca di rimediare agli effetti negativi sugli inquilini delle disposizioni dichiarate incostituzionali;
    l'emendamento inserito nella legge di stabilità stabilisce che gli inquilini (conduttori) che avevano fatto affidamento sulla disposizione dichiarata incostituzionale sono tenuti a pagare – per il periodo tra il 7 aprile 2011 e il 16 luglio 2015 (data di deposito della seconda sentenza della Corte costituzionale) – un canone di locazione pari al triplo della rendita catastale dell'immobile;
    purtroppo – e per la terza volta – il legislatore sta approvando una norma palesemente incostituzionale, anche se le finalità perseguite sono lodevoli. Le ulteriori conseguenze negative della probabile futura dichiarazione di incostituzionalità saranno pagate dalle stesse persone che la disposizione cerca di aiutare;
    infatti, non si può intervenire su un rapporto giuridico tra privati con effetti retroattivi, imponendo per legge delle clausole diverse da quelle che erano state stabilite nel contratto, peraltro sulla base solo di una violazione tributaria dovuta alla mancanza della registrazione;
    vengono violati diversi articoli della Costituzione a partire dall'articolo 42 sulla libertà di iniziativa economica e senza che nell'emendamento sia stata inserita alcuna motivazione che possa rappresentare un idoneo bilanciamento alla violazione del predetto articolo;
    la nuova previsione legislativa crea anche una irragionevole disparità di trattamento tra locatore e conduttore, in quanto, malgrado siano entrambi obbligati al pagamento della imposta di registro, soltanto il primo sarebbe sanzionato, mentre il secondo premiato con una sostituzione del canone pattuito con altro determinato ex lege in misura irrisoria;
    vi sarebbe anche una violazione dell'articolo 53 Cost., in quanto le sanzioni previste dalla normativa oggetto di censura risulterebbero ingiustificatamente penalizzanti per il locatore, dal momento che sostituiscono il canone convenzionale con altro determinato ex lege in misura irrisoria, e premiali, invece, per il conduttore;
    potrebbe sussistere, infine, anche una violazione dell'articolo 3 della Costituzione perché la disposizione si applica alle locazioni ad uso abitativo, ma non a quelle commerciali (ancora una volta senza una valida motivazione);
    è sufficiente leggere la sentenza n. 50 del 2014 della Corte costituzionale per verificare che diversi Tribunali avevano già sollevato questione di illegittimità costituzionale rispetto ai parametri sopra indicati. Tuttavia, la Corte non aveva esaminato tali profili sostanziali, essendo preminente e assorbente il motivo della violazione dell'articolo 76 Cost. (ovvero l'eccesso di delega);
    l'unica via per sanare la questione che si è venuta a produrre con la dichiarazione di incostituzionalità dell'originaria disposizione del 2011 sarebbe la costituzione di un Fondo pubblico che tenga indenni dalle conseguenze economiche gli inquilini che avevano fatto affidamento sulla disposizione incostituzionale;
    Governo e Parlamento possono immaginare anche altre modalità di intervento, ma sempre e solo mediante l'intervento pubblico. In nessun caso sarebbe oggi possibile addossare sui proprietari degli immobili le conseguenze economiche prodotte dalla disposizione dichiarata incostituzionale. Ogni tentativo in questo senso è destinato a naufragare dinanzi alla Corte costituzionale. Con il rischio, però, che molte persone, economicamente deboli, si imbarchino in nuove spese giudiziarie confidando in una norma che verrà dichiarata incostituzionale. Alla fine si troveranno a pagare ulteriori soldi per canoni non versati, interessi e spese legali;
    attualmente non esistono disposizioni di legge che contrastino il mercato delle locazioni in nero mediante contratti verbali e che, al contempo tutelino gli inquilini che si trovano in tale situazione; in tale contesto, la novella recata dalla legge di stabilità contribuirà a peggiorare la situazione degli inquilini, ma produrrà anche l'effetto di accrescere nel nostro Paese un problema sociale rilevantissimo di evasione fiscale,

impegna il Governo

a far fronte al problema delle locazioni in nero partendo dal principio della tutela degli inquilini, approfondendo gli effetti della novella recata dalla legge di stabilità con particolare riferimento ai contratti conclusi verbalmente o di fatto e valutando l'opportunità di creare un fondo per sostenere gli inquilini che in maniera incolpevole hanno fatto affidamento sulla disposizione del 2011, citata in premessa, dichiarata incostituzionale.
9/3444-A/76Pellegrino, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    durante l'esame della legge di stabilità è stato approvato un emendamento che interviene a modificare l'articolo 13 della legge 431 del 1998 in materia di locazioni ad uso abitativo; le modifiche apportate, in apparenza minime, possono determinare effetti molto negativi per gli inquilini, considerati fondatamente la parte più debole del rapporto contrattuale locatizio; in particolare viene modificato l'articolo 13, comma 5, nella parte che riguarda i contratti conclusi in forma verbale;
    con sentenza numero 18214 del settembre 2015, le Sezioni unite della Cassazione hanno chiarito che il contratto concluso solo in forma verbale (o contratto di fatto) è nullo in maniera insanabile ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della legge 431 del 1998 per mancanza della forma scritta;
    riconosce la Cassazione che l'unica ipotesi in cui la legge prevede la possibilità di sanare la nullità del contratto è quella prevista dal citato articolo 13, comma 5, a beneficio del solo il conduttore, che può agire giudizialmente per ottenere la registrazione del contratto, provando:
     a) l'esistenza del contratto verbale di locazione;
     b) che il locatore ha preteso l'instaurazione di un rapporto di locazione di fatto;
    fornire la prova della «pretesa» del locatore di instaurare un contratto solo verbale è difficile, anzi improbabile nella maggioranza dei casi. Se non si fornisce la predetta prova, il contratto è nullo e il proprietario di casa può pretendere che l'inquilino liberi prontamente l'immobile, senza neppure fare ricorso alla procedura di sfratto, in quanto l'occupazione dell'immobile è considerata abusiva;
    l'emendamento alla legge di stabilità interviene ad eliminare anche questa unica possibilità da parte dell'inquilino di rendere legale il contratto. Vieni invece previsto, del tutto genericamente, che il conduttore possa agire in giudizio quando il locatore non ha provveduto alla registrazione del contratto, a cui lo obbliga una nuova previsione introdotta dallo stesso emendamento;
    è evidente che la fattispecie della mancata registrazione è del tutto diversa dall'ipotesi del contratto concluso in forma orale o di fatto. Infatti, la mancata registrazione presuppone comunque l'esistenza di un contratto in forma scritta, a cui obbliga l'articolo 1, comma 4, della legge;
    il contratto concluso verbalmente, invece, non può essere registrato, dal momento che è e resta nullo per violazione dell'articolo 1, comma 4, che l'emendamento non ha modificato. In altre parole, la situazione per i contratti conclusi verbalmente va ad essere peggiorata, perché non saranno mai sanabili, neppure nell'ipotesi oggi prevista in cui sono frutto di un abuso del proprietario/locatore, dimostrabile in giudizio;
    la sentenza della Corte di cassazione che ho sopra citato, ha definito in maniera chiara che la legge 431 del 1998 ha come ratio unicamente quella della emersione dell'evasione fiscale, quindi la tutela di un interesse pubblico. Per tale legge, infatti, proprietario e inquilino non sono in una situazione di asimmetria in ragione della quale il locatore deve ricevere protezione. Infatti, a tacere di quanto previsto dagli altri articoli della legge, nel caso del contratto concluso verbalmente, la legge prevede si la possibilità di salvare la nullità « ad essentiam» solo a favore dell'inquilino, ma unicamente se questi riesce a dare la prova dell'abuso, ovvero della «pretesa», del proprietario di non ricorrere alla forma scritta. Quindi, non vi è nessuna presunzione o automaticità favorevole al conduttore;
    pertanto l'emendamento introdotto nella legge di stabilità ha modificato la legge in senso sfavorevole agli inquilini nei casi di contratti verbali, che sono la maggior parte del contratti in nero;
    se l'intento dell'emendamento era quello di intervenire a favore degli inquilini con contratto concluso verbalmente, sarebbe stato necessario ampliare le ipotesi in cui il conduttore può ricorrere al giudice facendo riconoscere l'esistenza del contratto, eliminando l'obbligo di dover dimostrare l'abuso del proprietario, che non sarebbe infondato presumere, salvo la prova contraria;
    a poco serve che l'emendamento abbia previsto che in caso di esisto favorevole del giudizio instaurato dall'inquilino (che comunque dovrà avere un contratto scritto) il canone di locazione debba essere rideterminato nel valore minimo stabilito dagli accordi definiti in sede locale fra le organizzazioni della proprietà edilizia e le organizzazioni dei conduttori maggiormente rappresentative. Tale disposizione – peraltro – non è immune da profili di incostituzionalità, oltre che non aver previsto – a favore dell'inquilino – che sia fatto salvo il canone previsto dal contratto quando risulti più basso di quello che il giudice andrebbe a rideterminare;
    allo stesso modo non comporta alcuna differenza, sul piano interpretativo, l'aver lasciato nel comma 5 il riferimento all'accertamento dell’«esistenza del contratto», che fa comunque riferimento ad un contratto scritto e non fa venire meno il dato normativo in materia di nullità del contratto verbale;
    quello recato dalla legge di stabilità appare essere l'ennesimo intervento confuso, illogico e con conseguenze pratiche ed economiche negative nei confronti degli inquilini;
    infatti, con la sentenza del 10 marzo 2014, n. 50, la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale l'articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23. Tali commi stabilivano una disciplina legale sostitutiva nel caso in cui il contratto di locazione fosse «in nero» e l'inquilino avesse proceduto alla registrazione;
    all'inquilino che registrava il contratto veniva riconosciuto un contratto di locazione della durata di quattro anni più quattro, e la riduzione del canone annuo di locazione in misura pari al triplo della rendita catastale;
    dopo l'entrata in vigore del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, le Associazioni degli inquilini avevano avviato una campagna per la registrazione dei contratti in nero, evidenziando i vantaggi economici e di durata che questo comportava per gli inquilini che procedevano alla registrazione; secondo le stime diffuse da tali Associazioni, nel 2011 i contratti di locazione erano oltre 500 mila, con punte a Roma di ben il 90 per cento tra i contratti degli studenti fuori sede (circa 70 mila contratti); la citata sentenza della Corte costituzionale ha giudicato, del tutto correttamente, che la specifica misura per l'emersione delle locazioni in nero fosse incostituzionale in quanto inserita dal Governo nel decreto legislativo in mancanza di delega ricevuta dal Parlamento;
    subito dopo la sentenza della Corte costituzionale, il legislatore ha introdotto l'articolo 5, comma 1-ter, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 23 maggio 2014, n. 80, secondo cui «Sono fatti salvi, fino alla data del 31 dicembre 2015, gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione registrati ai sensi dell'articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23»;
    come emerge dai lavori parlamentari e dalle dichiarazioni del relatore, con questa norma il Parlamento ha inteso salvaguardare «fino al 31 dicembre 2015 gli effetti della legge contro gli affitti in nero che la Corte costituzionale ha cancellato. Si è trovata una soluzione che non mette in discussione la sentenza, ma riconosce che coloro che ne hanno beneficiato oggi non possono subire le conseguenze di aver applicato la legge e garantisce loro un tempo congruo per non dover sopportare un aggravio ingiusto delle proprie condizioni di vita»;
    tuttavia, anche la nuova norma è stata portata dinanzi alla Corte costituzionale, che – con la sentenza 24 giugno 2015, n. 169 – ha riconosciuto che con essa il Parlamento ha inteso perseguire l'obiettivo «di preservare, per un certo tempo, gli effetti prodotti dalla normativa dichiarata costituzionalmente illegittima, facendo beneficiare di una singolare prorogatio la categoria degli inquilini». Pertanto, anche l'articolo 5, comma 1-ter, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47 è stato dichiarato incostituzionale;
    a seguito delle sentenze della Corte costituzionale, che hanno evidenziato una eccessiva superficialità del legislatore, anche di quello delegato, si è venuta a creare una situazione difficile per gli inquilini che avevano solo un contratto verbale;
    molti di loro, facendo affidamento sulla norma, hanno proceduto alla registrazione dei contratti, con l'effetto che quando questa è stata dichiarata incostituzionale hanno subito conseguenze giudiziarie ed economiche non irrilevanti e in molti casi hanno dovuto liberare l'immobile nel quale abitavano; lo Stato ha fatto ricadere su di loro per intero le conseguenze di una legge incostituzionale e si è completamente disinteressato della loro situazione;
    tuttavia nel corso dell'esame alla Camera del presente disegno di legge è stato modificato il comma 32, capoverso articolo 13, con un emendamento che cerca di rimediare agli effetti negativi sugli inquilini delle disposizioni dichiarate incostituzionali;
    l'emendamento inserito nella legge di stabilità stabilisce che gli inquilini (conduttori) che avevano fatto affidamento sulla disposizione dichiarata incostituzionale sono tenuti a pagare – per il periodo tra il 7 aprile 2011 e il 16 luglio 2015 (data di deposito della seconda sentenza della Corte costituzionale) – un canone di locazione pari al triplo della rendita catastale dell'immobile;
    purtroppo – e per la terza volta – il legislatore sta approvando una norma palesemente incostituzionale, anche se le finalità perseguite sono lodevoli. Le ulteriori conseguenze negative della probabile futura dichiarazione di incostituzionalità saranno pagate dalle stesse persone che la disposizione cerca di aiutare;
    infatti, non si può intervenire su un rapporto giuridico tra privati con effetti retroattivi, imponendo per legge delle clausole diverse da quelle che erano state stabilite nel contratto, peraltro sulla base solo di una violazione tributaria dovuta alla mancanza della registrazione;
    vengono violati diversi articoli della Costituzione a partire dall'articolo 42 sulla libertà di iniziativa economica e senza che nell'emendamento sia stata inserita alcuna motivazione che possa rappresentare un idoneo bilanciamento alla violazione del predetto articolo;
    la nuova previsione legislativa crea anche una irragionevole disparità di trattamento tra locatore e conduttore, in quanto, malgrado siano entrambi obbligati al pagamento della imposta di registro, soltanto il primo sarebbe sanzionato, mentre il secondo premiato con una sostituzione del canone pattuito con altro determinato ex lege in misura irrisoria;
    vi sarebbe anche una violazione dell'articolo 53 Cost., in quanto le sanzioni previste dalla normativa oggetto di censura risulterebbero ingiustificatamente penalizzanti per il locatore, dal momento che sostituiscono il canone convenzionale con altro determinato ex lege in misura irrisoria, e premiali, invece, per il conduttore;
    potrebbe sussistere, infine, anche una violazione dell'articolo 3 della Costituzione perché la disposizione si applica alle locazioni ad uso abitativo, ma non a quelle commerciali (ancora una volta senza una valida motivazione);
    è sufficiente leggere la sentenza n. 50 del 2014 della Corte costituzionale per verificare che diversi Tribunali avevano già sollevato questione di illegittimità costituzionale rispetto ai parametri sopra indicati. Tuttavia, la Corte non aveva esaminato tali profili sostanziali, essendo preminente e assorbente il motivo della violazione dell'articolo 76 Cost. (ovvero l'eccesso di delega);
    l'unica via per sanare la questione che si è venuta a produrre con la dichiarazione di incostituzionalità dell'originaria disposizione del 2011 sarebbe la costituzione di un Fondo pubblico che tenga indenni dalle conseguenze economiche gli inquilini che avevano fatto affidamento sulla disposizione incostituzionale;
    Governo e Parlamento possono immaginare anche altre modalità di intervento, ma sempre e solo mediante l'intervento pubblico. In nessun caso sarebbe oggi possibile addossare sui proprietari degli immobili le conseguenze economiche prodotte dalla disposizione dichiarata incostituzionale. Ogni tentativo in questo senso è destinato a naufragare dinanzi alla Corte costituzionale. Con il rischio, però, che molte persone, economicamente deboli, si imbarchino in nuove spese giudiziarie confidando in una norma che verrà dichiarata incostituzionale. Alla fine si troveranno a pagare ulteriori soldi per canoni non versati, interessi e spese legali;
    attualmente non esistono disposizioni di legge che contrastino il mercato delle locazioni in nero mediante contratti verbali e che, al contempo tutelino gli inquilini che si trovano in tale situazione; in tale contesto, la novella recata dalla legge di stabilità contribuirà a peggiorare la situazione degli inquilini, ma produrrà anche l'effetto di accrescere nel nostro Paese un problema sociale rilevantissimo di evasione fiscale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di far fronte al problema delle locazioni in nero partendo dal principio della tutela degli inquilini, approfondendo gli effetti della novella recata dalla legge di stabilità con particolare riferimento ai contratti conclusi verbalmente o di fatto e valutando l'opportunità di creare un fondo per sostenere gli inquilini che in maniera incolpevole hanno fatto affidamento sulla disposizione del 2011, citata in premessa, dichiarata incostituzionale.
9/3444-A/76. (Testo modificato nel corso della seduta)  Pellegrino, Zaratti.


   La Camera,
   premesso che:
    le «Fiberfrax» sono fibre ceramiche refrattarie presenti in numerosi prodotti (materassini, pannelli, cementi, tessuti, corde, vernici) che vengono utilizzate solo a fini industriali e segnatamente come isolanti termici o guarnizioni per forni, caldaie o nel settore aerospaziale e automobilistico essendo resistenti a temperature che superano i 1.400o C;
    la pericolosità del prodotto è stata confermata dall'Unione europea che l'ha inserito nella categoria 2 («sostanze che devono essere considerate come se fossero cancerogene per l'uomo»), giudizio, peraltro, confermato dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) che ha ribadito la classificazione 2B («possibile cancerogeneità per l'uomo»);
    studi condotti da altri Paesi europei come la Svezia e la Francia, che nel frattempo hanno adeguato la loro legislazione, hanno evidenziato che le fibre ceramiche refrattarie (RCF), avendo un diametro inferiore a tre micron sono capaci di persistere nei tessuti polmonari, rappresentano un potente agente capace di causare nell'uomo disturbi alla pleura fino a generare il mesotelioma. Gli stessi studi hanno confermato una chiara relazione tra il tempo di esposizione alla fibra e l'insorgere della patologia in termini d'incidenza e di tempo di latenza. Inoltre i rischi per i lavoratori lungamente esposti all'agente patogeno durante la lavorazione del prodotto sono altresì confermati dal programma intensivo che l'Associazione europea delle industrie delle fibre ceramiche (ECFIA) ha promosso al fine di monitorare la concentrazione di polveri presso i produttori, come anche gli utilizzatori finali, con l'intento di ridurre il più possibile l'esposizione dei lavoratori alle polveri;
    alla luce di tali valutazioni, che lo hanno classificato come dannoso per la salute e per l'ambiente, il prodotto «fiberfrax» è da alcuni anni bandito dal mercato europeo e non potendo più essere venduto direttamente al pubblico, viene utilizzato oramai solo per uso professionale, circostanza che ha portato la società «Thermal Ceramics Italiana» srl di Atella (Potenza), unico stabilimento di lavorazione della fibra presente nel nostro Paese, a cessare la sua attività lasciando senza occupazione i suoi venti addetti;
    la legge finanziaria per l'anno 2008 ha provveduto ad istituire presso l'Inail un Fondo, il cui onere finanziario a carico dello Stato è determinato a decorrere dall'anno 2010 in 22 milioni di euro, finalizzato ad erogare a tutti i lavoratori che hanno contratto patologie asbesto-correlate, a causa di esposizione all'amianto ed alla fibra «fiberfrax», una prestazione economica, aggiuntiva alla rendita riconosciuta dall'INAIL, anche prevedendo, in caso di premorte del lavoratore, risarcimenti in favore degli eredi. Ciò dimostra che il legislatore, in quella occasione, ha già riservato una particolare attenzione al problema, che però si è limitata alle finalità del Fondo;
    il comma 154-quinquies dell'articolo 1 del provvedimento all'esame dell'aula riconosce ai lavoratori del settore della produzione di materiale rotabile ferroviario che hanno prestato la loro attività nel sito produttivo, senza essere dotati degli equipaggiamenti di protezione adeguati all'esposizione alle polveri di amianto, per l'intero periodo di durata delle operazioni di bonifica dallo stesso poste in essere mediante sostituzione del tetto, riconosce i benefìci previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, per tutto il periodo corrispondente alla medesima bonifica. Così come il successivo comma 154-sexies, istituisce nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo per le vittime dell'amianto, in favore degli eredi di coloro che sono deceduti a seguito di patologie asbesto-correlate per esposizione all'amianto nell'esecuzione delle operazioni portuali nei porti. Di contro i lavoratori impiegati nei processi di lavorazione della fiberfrax non si sono più visti dal 2008 riconosciuti i loro diritti, rimanendo ingiustamente confinati in un limbo giuridico che li penalizza fortemente;
    quanto esposto finora fa emergere la evidente necessità, da una parte in ossequio al principio universale di tutela della salute dei lavoratori esposti a rischi e dall'altra per ragioni di pura equità che sconsiglierebbero un trattamento differenziato, di estendere le tutele ed i benefici previdenziali già riconosciuti dalla legislazione attuale ai lavoratori esposti all'amianto anche ai lavoratori coinvolti nella produzione di fiberfrax,

impegna il Governo

ad emanare un provvedimento che equipari il fiberfrax all'amianto, ed a stanziare risorse economiche adeguate, al fine di consentire a tutti quei lavoratori esposti in maniera continuativa e per un periodo non inferiore a dieci anni all'agente patogeno, di accedere alla disciplina attinente al trattamento straordinario di integrazione salariale ed al pensionamento anticipato, di cui all'articolo 13 della legge 27 marzo 1992, n. 257, ed attualmente riservata esclusivamente ai lavoratori esposti all'amianto.
9/3444-A/77Placido, Airaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    le «Fiberfrax» sono fibre ceramiche refrattarie presenti in numerosi prodotti (materassini, pannelli, cementi, tessuti, corde, vernici) che vengono utilizzate solo a fini industriali e segnatamente come isolanti termici o guarnizioni per forni, caldaie o nel settore aerospaziale e automobilistico essendo resistenti a temperature che superano i 1.400o C;
    la pericolosità del prodotto è stata confermata dall'Unione europea che l'ha inserito nella categoria 2 («sostanze che devono essere considerate come se fossero cancerogene per l'uomo»), giudizio, peraltro, confermato dall'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC) che ha ribadito la classificazione 2B («possibile cancerogeneità per l'uomo»);
    studi condotti da altri Paesi europei come la Svezia e la Francia, che nel frattempo hanno adeguato la loro legislazione, hanno evidenziato che le fibre ceramiche refrattarie (RCF), avendo un diametro inferiore a tre micron sono capaci di persistere nei tessuti polmonari, rappresentano un potente agente capace di causare nell'uomo disturbi alla pleura fino a generare il mesotelioma. Gli stessi studi hanno confermato una chiara relazione tra il tempo di esposizione alla fibra e l'insorgere della patologia in termini d'incidenza e di tempo di latenza. Inoltre i rischi per i lavoratori lungamente esposti all'agente patogeno durante la lavorazione del prodotto sono altresì confermati dal programma intensivo che l'Associazione europea delle industrie delle fibre ceramiche (ECFIA) ha promosso al fine di monitorare la concentrazione di polveri presso i produttori, come anche gli utilizzatori finali, con l'intento di ridurre il più possibile l'esposizione dei lavoratori alle polveri;
    alla luce di tali valutazioni, che lo hanno classificato come dannoso per la salute e per l'ambiente, il prodotto «fiberfrax» è da alcuni anni bandito dal mercato europeo e non potendo più essere venduto direttamente al pubblico, viene utilizzato oramai solo per uso professionale, circostanza che ha portato la società «Thermal Ceramics Italiana» srl di Atella (Potenza), unico stabilimento di lavorazione della fibra presente nel nostro Paese, a cessare la sua attività lasciando senza occupazione i suoi venti addetti;
    la legge finanziaria per l'anno 2008 ha provveduto ad istituire presso l'Inail un Fondo, il cui onere finanziario a carico dello Stato è determinato a decorrere dall'anno 2010 in 22 milioni di euro, finalizzato ad erogare a tutti i lavoratori che hanno contratto patologie asbesto-correlate, a causa di esposizione all'amianto ed alla fibra «fiberfrax», una prestazione economica, aggiuntiva alla rendita riconosciuta dall'INAIL, anche prevedendo, in caso di premorte del lavoratore, risarcimenti in favore degli eredi. Ciò dimostra che il legislatore, in quella occasione, ha già riservato una particolare attenzione al problema, che però si è limitata alle finalità del Fondo;
    il comma 154-quinquies dell'articolo 1 del provvedimento all'esame dell'aula riconosce ai lavoratori del settore della produzione di materiale rotabile ferroviario che hanno prestato la loro attività nel sito produttivo, senza essere dotati degli equipaggiamenti di protezione adeguati all'esposizione alle polveri di amianto, per l'intero periodo di durata delle operazioni di bonifica dallo stesso poste in essere mediante sostituzione del tetto, riconosce i benefìci previdenziali di cui all'articolo 13, comma 8, della legge 27 marzo 1992, n. 257, per tutto il periodo corrispondente alla medesima bonifica. Così come il successivo comma 154-sexies, istituisce nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali il Fondo per le vittime dell'amianto, in favore degli eredi di coloro che sono deceduti a seguito di patologie asbesto-correlate per esposizione all'amianto nell'esecuzione delle operazioni portuali nei porti. Di contro i lavoratori impiegati nei processi di lavorazione della fiberfrax non si sono più visti dal 2008 riconosciuti i loro diritti, rimanendo ingiustamente confinati in un limbo giuridico che li penalizza fortemente;
    quanto esposto finora fa emergere la evidente necessità, da una parte in ossequio al principio universale di tutela della salute dei lavoratori esposti a rischi e dall'altra per ragioni di pura equità che sconsiglierebbero un trattamento differenziato, di estendere le tutele ed i benefici previdenziali già riconosciuti dalla legislazione attuale ai lavoratori esposti all'amianto anche ai lavoratori coinvolti nella produzione di fiberfrax,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di emanare un provvedimento che equipari il fiberfrax all'amianto, ed a stanziare risorse economiche adeguate, al fine di consentire a tutti quei lavoratori esposti in maniera continuativa e per un periodo non inferiore a dieci anni all'agente patogeno, di accedere alla disciplina attinente al trattamento straordinario di integrazione salariale ed al pensionamento anticipato, di cui all'articolo 13 della legge 27 marzo 1992, n. 257, ed attualmente riservata esclusivamente ai lavoratori esposti all'amianto.
9/3444-A/77. (Testo modificato nel corso della seduta)  Placido, Airaudo.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di stabilità in esame continua il saccheggio del Fondo per il pensionamento di chi svolge lavori usuranti con la motivazione che le risorse non sono ancora utilizzate;
    150 milioni di euro sono destinati agli ammortizzatori sociali in deroga e altre centinaia di milioni di euro sono destinati alla riduzione della pressione fiscale in favore dei pensionati anche per anni successivi al 2016;
    la relazione tecnica afferma che, nel breve periodo, gli oneri derivanti dai pensionamenti anticipati dei lavoratori usuranti sono previsti in misura inferiore rispetto agli stanziamenti disponibili e che, di conseguenza, la riduzione delle risorse «non compromette l'erogazione dei benefici»;
    le risorse del Fondo per il pensionamento di chi svolge lavori usuranti non vengono utilizzate perché vi sono problemi applicativi della legge sui lavori usuranti;
    nei documenti di alcuni sindacati, si legge chiaramente che l'impossibilità di accedere al pensionamento con i benefici per i lavori usuranti deriva dagli adempimenti sulla certificazione che sono stati posti a carico dei datori di lavoro;
    il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha disposto, infatti, che alla domanda per il pensionamento anticipato, bisogna allegare la certificazione rilasciata dal datore di lavoro, che deve essere costituita da documenti risalenti all'epoca in cui sono state svolte le attività usuranti;
    molti lavoratori che avrebbero maturato il diritto si vedono negata la domanda di pensionamento perché non sono in grado di procurarsi e produrre i predetti documenti e vengono considerate insufficienti le dichiarazioni dei datori di lavoro (ora per allora) e le buste paga;
    al fine di consentire a chi ha svolto lavori usuranti di accedere al Fondo va ritenuta sufficiente la produzione di documentazione anche non risalente all'epoca in cui l'attività è stata svolta e l'onere di provare la sussistenza dei requisiti per il pensionamento anticipato va trasferito all'ente di previdenza quando il lavoratore è oggettivamente impedito a procurarsi la documentazione – ad esempio perché l'impresa è fallita o la documentazione non esiste più;
    la richiesta di documentazione risalente all'epoca in cui sono state svolte le attività usuranti ha di fatto bloccato ogni possibilità di pensionamento;
    in presenza di domande di pensione corredate di certificazioni, ma non quelle dell'epoca, i comitati provinciali INPS hanno rifiutato le domande senza dare spiegazioni congrue sulle motivazioni;
    un esempio su tutti, ma ne potremmo fare altri, il caso di un dirigente movimento di Foggia impossibilitato ad accedere a questo beneficio nonostante le certificazioni rilasciategli da Ferservizi e la consegna delle buste paghe che attestavano le presenze in servizio di notte;
    simili difficoltà si sono anche e soprattutto rilevate tra i lavoratori degli appalti ferroviari, che scontano i problemi dei loro rapporti di lavoro, che cambiano spesso con una certa cadenza anche per fallimenti, più o meno strumentali delle loro ditte e pertanto hanno difficoltà insormontabili per accedere alla documentazione utile,

impegna il Governo

a stabilire criteri più elastici per l'accesso al Fondo per il pensionamento dei lavoratori che svolgono lavori usuranti, tenendo conto della difficoltà o impossibilità per i predetti lavoratori di corredare la domanda di pensionamento con documenti risalenti all'epoca in cui sono state svolte le attività usuranti. Al contempo reintegrare la dotazione del Fondo con le risorse distratte per coprire altre spese.
9/3444-A/78Sannicandro, Placido, Airaudo, Nicchi, Gregori.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge di stabilità in esame continua il saccheggio del Fondo per il pensionamento di chi svolge lavori usuranti con la motivazione che le risorse non sono ancora utilizzate;
    150 milioni di euro sono destinati agli ammortizzatori sociali in deroga e altre centinaia di milioni di euro sono destinati alla riduzione della pressione fiscale in favore dei pensionati anche per anni successivi al 2016;
    la relazione tecnica afferma che, nel breve periodo, gli oneri derivanti dai pensionamenti anticipati dei lavoratori usuranti sono previsti in misura inferiore rispetto agli stanziamenti disponibili e che, di conseguenza, la riduzione delle risorse «non compromette l'erogazione dei benefici»;
    le risorse del Fondo per il pensionamento di chi svolge lavori usuranti non vengono utilizzate perché vi sono problemi applicativi della legge sui lavori usuranti;
    nei documenti di alcuni sindacati, si legge chiaramente che l'impossibilità di accedere al pensionamento con i benefici per i lavori usuranti deriva dagli adempimenti sulla certificazione che sono stati posti a carico dei datori di lavoro;
    il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha disposto, infatti, che alla domanda per il pensionamento anticipato, bisogna allegare la certificazione rilasciata dal datore di lavoro, che deve essere costituita da documenti risalenti all'epoca in cui sono state svolte le attività usuranti;
    molti lavoratori che avrebbero maturato il diritto si vedono negata la domanda di pensionamento perché non sono in grado di procurarsi e produrre i predetti documenti e vengono considerate insufficienti le dichiarazioni dei datori di lavoro (ora per allora) e le buste paga;
    al fine di consentire a chi ha svolto lavori usuranti di accedere al Fondo va ritenuta sufficiente la produzione di documentazione anche non risalente all'epoca in cui l'attività è stata svolta e l'onere di provare la sussistenza dei requisiti per il pensionamento anticipato va trasferito all'ente di previdenza quando il lavoratore è oggettivamente impedito a procurarsi la documentazione – ad esempio perché l'impresa è fallita o la documentazione non esiste più;
    la richiesta di documentazione risalente all'epoca in cui sono state svolte le attività usuranti ha di fatto bloccato ogni possibilità di pensionamento;
    in presenza di domande di pensione corredate di certificazioni, ma non quelle dell'epoca, i comitati provinciali INPS hanno rifiutato le domande senza dare spiegazioni congrue sulle motivazioni;
    un esempio su tutti, ma ne potremmo fare altri, il caso di un dirigente movimento di Foggia impossibilitato ad accedere a questo beneficio nonostante le certificazioni rilasciategli da Ferservizi e la consegna delle buste paghe che attestavano le presenze in servizio di notte;
    simili difficoltà si sono anche e soprattutto rilevate tra i lavoratori degli appalti ferroviari, che scontano i problemi dei loro rapporti di lavoro, che cambiano spesso con una certa cadenza anche per fallimenti, più o meno strumentali delle loro ditte e pertanto hanno difficoltà insormontabili per accedere alla documentazione utile,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di stabilire criteri più elastici per l'accesso al Fondo per il pensionamento dei lavoratori che svolgono lavori usuranti, tenendo conto della difficoltà o impossibilità per i predetti lavoratori di corredare la domanda di pensionamento con documenti risalenti all'epoca in cui sono state svolte le attività usuranti. Al contempo reintegrare la dotazione del Fondo con le risorse distratte per coprire altre spese.
9/3444-A/78. (Testo modificato nel corso della seduta)  Sannicandro, Placido, Airaudo, Nicchi, Gregori.


   La Camera,
   premesso che:
    ormai da oltre cinquant'anni il tema dell'utilizzo degli indicatori di benessere è oggetto di dibattito e di sperimentazione nelle politiche pubbliche. Da tempo decisori politici, economisti e ricercatori sono consapevoli del fatto che il prodotto interno lordo (PIL) e gli altri indicatori di natura macroeconomica non sono più sufficienti a misurare il grado di benessere di una comunità e a orientare, perciò, le politiche pubbliche verso la realizzazione di questo obiettivo;
    a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, crescita economica e intervento pubblico nell'economia hanno garantito un forte miglioramento del benessere economico e più in generale delle condizioni di vita in tutti i Paesi a capitalismo avanzato. Questa concomitanza di eventi ha ingenerato la falsa credenza che la crescita economica (e quindi la crescita del PIL) fosse condizione necessaria e sufficiente al miglioramento della qualità sociale e delle condizioni di vita della popolazione, rendendo di fatto il PIL l'indicatore guida di gran parte delle politiche pubbliche;
    ma gli stessi inventori del PIL, tra cui l'economista bielorusso emigrato negli Stati Uniti Simon Kuznets, negli anni trenta ammonirono a non considerare la nuova creatura come un indicatore di benessere. Calcolare il reddito nazionale non equivale a misurare il benessere di una nazione. Anche le critiche al PIL – e la nuova ricerca di nuovi indicatori o sistemi di indicatori – sono ormai da decenni oggetto di dibattiti e convegni pubblici, promossi non solo da organizzazioni della società civile e dal mondo universitario, ma anche dalle istituzioni pubbliche, e ne ha condiviso i risultati a livello mediterraneo con il progetto sostenuto dalla UE, Wealth (Promoting Local Sustainable Economic Development);
    la necessità di misurare lo sviluppo in maniera multidimensionale condusse già nel 1990 alla creazione da parte dell'UNDP (il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo) dell'Indice di sviluppo umano (HDI – Human Development Index) che misura e confronta il grado di sviluppo di 186 Stati del pianeta sulla base di pochi indicatori significativi (aspettativa di vita, accesso all'istruzione, reddito). Più di recente, la Commissione europea promosse nel 2007 un convegno pubblico dal significativo titolo «Oltre il PIL» (Beyond GDP), da cui prese avvio un lavoro di ricerca e di proposta che ancora continua (una nuova edizione della conferenza si è tenuta a Bruxelles nell'ottobre 2014 nell'ambito delle attività del semestre di Presidenza italiano) e l'OCSE da tempo ha avviato un percorso volto al superamento del PIL come unico indicatore di misurazione del benessere, che ha portato nel 2011 alla creazione del Better Life Index. Anche nel documento finale della Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, svoltasi a Rio de Janeiro nel 2012 (Rio 20) intitolato « The future we want» è richiamata al paragrafo 38 la necessità di un complesso ampio di indicatori di progresso a complemento del PIL per meglio informare le politiche pubbliche. L'insufficienza del PIL è quindi ormai un dato acquisito nel mondo dei decisori politici, degli economisti, dei ricercatori e della società civile;
    una società civile (associazioni, movimenti, campagne e mondo universitario) che negli ultimi trent'anni ha proposto e creato indicatori alternativi (o integrativi) rispetto al PIL, per evidenziare proprio la necessità di catturare il carattere multidimensionale del benessere, la qualità sociale, la sostenibilità ambientale, la parità tra i sessi. Esistono numerose rassegne delle proposte sviluppate in questi, anni tra le quali segnaliamo il sito internet www.beyondgdy.eu promosso dal Parlamento europeo o il sito www.misuredelbenessere.it promosso in Italia dal Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) e dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). Per limitarci a quelli più conosciuti vale la pena citare a livello internazionale l’Index of Sustainable Economic Welfare (ISEW), il Canadian Index of Well-being o l’Happy Planet Index. In Italia hanno avuto rilevanza il PIQ (prodotto interno di qualità) promosso dalla Fondazione Symbola l'indice di qualità della vita de Il Sole 24 ore o il QUARS (qualità regionale dello sviluppo) promosso dalla campagna Sbilanciamoci (che raccoglie oltre cinquanta organizzazioni della società civile). Proprio dalla campagna Sbilanciamoci partì nel 2010 un'iniziativa dal titolo «Benessere e sostenibilità» (che raccoglieva decine di associazioni, università e ricercatori e accademici) che riassumeva gli auspici e le richieste nella direzione dell'introduzione di indicatori di benessere nelle politiche pubbliche;
    punto fondamentale della riflessione – ancora attuale – è proprio questo: gli indicatori di benessere non sono semplicemente un'esigenza tecnica e scientifica (misurare meglio il benessere e avere così un quadro più chiaro delle condizioni materiali e sociali della popolazione di una comunità). Gli indicatori di benessere hanno un senso se sono uno strumento teorico e operativo per le politiche pubbliche, se servono ad orientarle alle finalità del benessere di una società;
    dalla società civile, l'interesse e la sperimentazione degli indicatori di benessere si sono diffusi anche tra le istituzioni pubbliche di Stati esteri (come l'Australia, la Gran Bretagna e la Germania) e in Italia tra molti enti locali, come nel caso delle regioni Veneto, Toscana, Umbria, Lazio, della provincia autonoma di Trento, delle province di Roma e di Ascoli Piceno, dei comuni di Arezzo e di Forlì. In Europa, è da ricordare l'importanza della commissione istituita dal Governo francese, presieduta dal premio Nobel Joseph Stiglitz, con la partecipazione di Amartya Sen, Jean Paul Fitoussi, Enrico Giovannini, che nel 2009 diffuse un documento in cui suggeriva di integrare il PIL con la misurazione del benessere, della sostenibilità ambientale e della distribuzione del reddito;
    in Italia una significativa esperienza è quella degli indicatori, per il solo Mezzogiorno, degli obiettivi di servizio. Si tratta di undici indicatori, individuati attraverso un processo decisionale condiviso, scelti per incentivare le amministrazioni regionali a migliorare i servizi essenziali in quattro ambiti strategici per le politiche di sviluppo regionale: istruzione, servizi di cura per l'infanzia e gli anziani, gestione dei rifiuti urbani e servizio idrico integrato. È interessante mettere in luce come i criteri stabiliti per la scelta degli indicatori nel quadro delle prestazioni degli obiettivi di servizio siano: misurabilità (cioè gli indicatori devono fornire informazioni statistiche adeguate, affidabili e tempestive), responsabilità (ad esempio, deve essere possibile identificare chiaramente l'organo responsabile dell'attuazione della politica, a diversi livelli di governo), comprensione del pubblico e condivisione (i cittadini devono essere in grado di comprendere la rilevanza degli obiettivi e, quindi, contribuire alla loro realizzazione). Tale processo partecipativo è essenziale per aumentare la responsabilità degli attori direttamente o indirettamente responsabili della fornitura di servizi (e quindi del raggiungimento degli obiettivi);
    sempre a livello nazionale, nel dicembre del 2010 si è aperto un importante processo di collaborazione inter-istituzionale tra l'ISTAT e il CNEL (anche con l'apporto di università, enti locali, organizzazioni della società civile, parti sociali, eccetera) che ha portato al varo del BES (Benessere equo e sostenibile): un complesso di indicatori composto da dodici dimensioni del benessere (salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, ricerca e innovazione, qualità dei servizi) che non danno vita ad un indicatore sintetico, ma rappresentano in ogni caso la condizione del Paese in modo dettagliato e organico. Il BES – il cui primo rapporto, dopo un lavoro di due anni, è stato pubblicato nel 2013 e il cui lavoro si può rilevare nel sito internet www.misuredelbenessere.it – può essere considerato lo strumento più prezioso che i decisori politici hanno nel nostro Paese per orientare le politiche pubbliche nel segno del benessere. Il CNEL e l'ISTAT hanno dato vita al «BES delle province» per la costruzione di indicatori territoriali per la governance di area vasta e il progetto «UrBES », promosso dalla rete delle città metropolitane dell'Associazione nazionale dei comuni italiani insieme con l'ISTAT, propone un sistema di indicatori del benessere per le città metropolitane e per alcuni comuni capoluogo. Attualmente il BES viene citato in un breve riquadro nell'ambito della sezione del Documento di economia e finanza (DEF) dedicata al Programma nazionale di riforma (PNR). Si tratta di poco più di una lunga citazione, che però non lega i risultati e le indicazioni del BES alle politiche necessarie da realizzare, né tanto meno alle misure concrete di riforma che pure, su altri versanti, sono contenute nel DEF;
    invece, l'utilizzo degli indicatori del BES può essere fondamentale per fare un'efficace programmazione economica e un buon uso della spesa pubblica. La prassi adottata in Italia per la programmazione economica tende a privilegiare l'uso di indicatori che forniscono una rappresentazione del Paese essenzialmente economica, trascurando indicatori e misure che riguardino anche aspetti di natura sociale e ambientale più legati alla qualità della vita, al contesto socio-economico di riferimento e alle opportunità offerte all'individuo. In Europa sono moltissimi gli esempi di impostazione dell'attività di governo che partono da un'osservazione più attenta e complessa dei fenomeni. Tra gli esempi più significativi si trovano gli apparati di indicatori inclusi nei Piani nazionali d'azione (NAP) dell'Unione europea, oppure il DEF francese (Rapport sur l’évolution de l’économie nationale et sur les orientations des fìnances publiques) che definisce, per ogni area d'intervento dello Stato, missioni, programmi e obiettivi, e per ognuno di questi uno o più indicatori per monitorare il fenomeno. Questa maggiore completezza di informazione, a volte, si riflette in una considerevole mole di indicatori specifici;
    anche l'Italia da alcuni anni ha intrapreso un percorso che va in questa direzione nell'ambito del processo di riforma della contabilità pubblica il cui ultimo atto è rappresentato dalla legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità e finanza pubblica). Il bilancio dello Stato da alcuni anni già si articola secondo missioni e programmi di spesa che individuano le finalità cui sono destinate le risorse pubbliche; alle missioni e ai programmi di spesa, nell'ambito delle note preliminari che accompagnano il bilancio dello Stato, sono associati obiettivi da raggiungere e uno o più indicatori finalizzati a verificare il conseguimento degli obiettivi. La legge n. 196 del 2009 tende a rafforzare questo sistema, anche nell'ottica di estenderlo in modo armonizzato a tutte le amministrazioni pubbliche. Occorre assicurarsi che la nuova norma venga attuata pienamente e che si superino le criticità riscontrate nelle prassi applicative correnti, in modo che il sistema di obiettivi e indicatori associati ai programmi di spesa costituisca un efficace strumento di accompagnamento del bilancio utile alla programmazione e alla verifica dell'impiego delle risorse pubbliche;
    è importante che i documenti di programmazione economica e di bilancio, così come riformati dalla recente legge n. 196 del 2009 (la Relazione sull'economia e la finanza pubblica, la Decisione di finanza pubblica, la legge di stabilità eccetera), si basino sulla considerazione di un più completo apparato di informazioni e indicatori, rappresentativi di tutti gli aspetti del benessere, per la formulazione delle politiche, per indirizzare gli interventi economico-finanziari e per determinare obiettivi di breve, medio e lungo termine;
    è inoltre importante che venga data piena attuazione alla legge n. 196 del 2009 in materia di indicatori per la verifica dei programmi di spesa del bilancio dello Stato e delle altre amministrazioni pubbliche. Occorre compiere tutti i passi necessari affinché gli indicatori siano effettivamente rappresentativi, in modo trasparente, del raggiungimento delle finalità ultime delle politiche e vengano utilizzati correntemente nel dibattito pubblico. A tal fine è opportuno anche prevedere un sottoinsieme di indicatori meno vasto, ma egualmente rappresentativo e trasparente, in modo da facilitare la comunicazione e il confronto;
    infine, si vuole ricordare ancora una volta l'importanza della pubblicizzazione e della conoscenza degli indicatori di benessere tra l'opinione pubblica e del coinvolgimento partecipato dei cittadini nell'elaborazione e individuazione degli indicatori che più appropriatamente rispondono all'idea e alle caratteristiche di benessere della nostra società;

impegna il Governo

ad introdurre nei documenti della sessione di bilancio gli indicatori di benessere, di sostenibilità ambientale, di qualità sociale e di parità tra i sessi quali strumenti per l'elaborazione, l'adozione e la valutazione delle politiche pubbliche, affinché esse possano essere efficaci nel migliorare le condizioni di benessere per il Paese nel suo complesso.
9/3444-A/79Kronbichler, Marcon, Melilla, Fassina, Paglia.


   La Camera,
   premesso che:
    ormai da oltre cinquant'anni il tema dell'utilizzo degli indicatori di benessere è oggetto di dibattito e di sperimentazione nelle politiche pubbliche. Da tempo decisori politici, economisti e ricercatori sono consapevoli del fatto che il prodotto interno lordo (PIL) e gli altri indicatori di natura macroeconomica non sono più sufficienti a misurare il grado di benessere di una comunità e a orientare, perciò, le politiche pubbliche verso la realizzazione di questo obiettivo;
    a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, crescita economica e intervento pubblico nell'economia hanno garantito un forte miglioramento del benessere economico e più in generale delle condizioni di vita in tutti i Paesi a capitalismo avanzato. Questa concomitanza di eventi ha ingenerato la falsa credenza che la crescita economica (e quindi la crescita del PIL) fosse condizione necessaria e sufficiente al miglioramento della qualità sociale e delle condizioni di vita della popolazione, rendendo di fatto il PIL l'indicatore guida di gran parte delle politiche pubbliche;
    ma gli stessi inventori del PIL, tra cui l'economista bielorusso emigrato negli Stati Uniti Simon Kuznets, negli anni trenta ammonirono a non considerare la nuova creatura come un indicatore di benessere. Calcolare il reddito nazionale non equivale a misurare il benessere di una nazione. Anche le critiche al PIL – e la nuova ricerca di nuovi indicatori o sistemi di indicatori – sono ormai da decenni oggetto di dibattiti e convegni pubblici, promossi non solo da organizzazioni della società civile e dal mondo universitario, ma anche dalle istituzioni pubbliche, e ne ha condiviso i risultati a livello mediterraneo con il progetto sostenuto dalla UE, Wealth (Promoting Local Sustainable Economic Development);
    la necessità di misurare lo sviluppo in maniera multidimensionale condusse già nel 1990 alla creazione da parte dell'UNDP (il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo) dell'Indice di sviluppo umano (HDI – Human Development Index) che misura e confronta il grado di sviluppo di 186 Stati del pianeta sulla base di pochi indicatori significativi (aspettativa di vita, accesso all'istruzione, reddito). Più di recente, la Commissione europea promosse nel 2007 un convegno pubblico dal significativo titolo «Oltre il PIL» (Beyond GDP), da cui prese avvio un lavoro di ricerca e di proposta che ancora continua (una nuova edizione della conferenza si è tenuta a Bruxelles nell'ottobre 2014 nell'ambito delle attività del semestre di Presidenza italiano) e l'OCSE da tempo ha avviato un percorso volto al superamento del PIL come unico indicatore di misurazione del benessere, che ha portato nel 2011 alla creazione del Better Life Index. Anche nel documento finale della Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile, svoltasi a Rio de Janeiro nel 2012 (Rio 20) intitolato « The future we want» è richiamata al paragrafo 38 la necessità di un complesso ampio di indicatori di progresso a complemento del PIL per meglio informare le politiche pubbliche. L'insufficienza del PIL è quindi ormai un dato acquisito nel mondo dei decisori politici, degli economisti, dei ricercatori e della società civile;
    una società civile (associazioni, movimenti, campagne e mondo universitario) che negli ultimi trent'anni ha proposto e creato indicatori alternativi (o integrativi) rispetto al PIL, per evidenziare proprio la necessità di catturare il carattere multidimensionale del benessere, la qualità sociale, la sostenibilità ambientale, la parità tra i sessi. Esistono numerose rassegne delle proposte sviluppate in questi, anni tra le quali segnaliamo il sito internet www.beyondgdy.eu promosso dal Parlamento europeo o il sito www.misuredelbenessere.it promosso in Italia dal Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL) e dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT). Per limitarci a quelli più conosciuti vale la pena citare a livello internazionale l’Index of Sustainable Economic Welfare (ISEW), il Canadian Index of Well-being o l’Happy Planet Index. In Italia hanno avuto rilevanza il PIQ (prodotto interno di qualità) promosso dalla Fondazione Symbola l'indice di qualità della vita de Il Sole 24 ore o il QUARS (qualità regionale dello sviluppo) promosso dalla campagna Sbilanciamoci (che raccoglie oltre cinquanta organizzazioni della società civile). Proprio dalla campagna Sbilanciamoci partì nel 2010 un'iniziativa dal titolo «Benessere e sostenibilità» (che raccoglieva decine di associazioni, università e ricercatori e accademici) che riassumeva gli auspici e le richieste nella direzione dell'introduzione di indicatori di benessere nelle politiche pubbliche;
    punto fondamentale della riflessione – ancora attuale – è proprio questo: gli indicatori di benessere non sono semplicemente un'esigenza tecnica e scientifica (misurare meglio il benessere e avere così un quadro più chiaro delle condizioni materiali e sociali della popolazione di una comunità). Gli indicatori di benessere hanno un senso se sono uno strumento teorico e operativo per le politiche pubbliche, se servono ad orientarle alle finalità del benessere di una società;
    dalla società civile, l'interesse e la sperimentazione degli indicatori di benessere si sono diffusi anche tra le istituzioni pubbliche di Stati esteri (come l'Australia, la Gran Bretagna e la Germania) e in Italia tra molti enti locali, come nel caso delle regioni Veneto, Toscana, Umbria, Lazio, della provincia autonoma di Trento, delle province di Roma e di Ascoli Piceno, dei comuni di Arezzo e di Forlì. In Europa, è da ricordare l'importanza della commissione istituita dal Governo francese, presieduta dal premio Nobel Joseph Stiglitz, con la partecipazione di Amartya Sen, Jean Paul Fitoussi, Enrico Giovannini, che nel 2009 diffuse un documento in cui suggeriva di integrare il PIL con la misurazione del benessere, della sostenibilità ambientale e della distribuzione del reddito;
    in Italia una significativa esperienza è quella degli indicatori, per il solo Mezzogiorno, degli obiettivi di servizio. Si tratta di undici indicatori, individuati attraverso un processo decisionale condiviso, scelti per incentivare le amministrazioni regionali a migliorare i servizi essenziali in quattro ambiti strategici per le politiche di sviluppo regionale: istruzione, servizi di cura per l'infanzia e gli anziani, gestione dei rifiuti urbani e servizio idrico integrato. È interessante mettere in luce come i criteri stabiliti per la scelta degli indicatori nel quadro delle prestazioni degli obiettivi di servizio siano: misurabilità (cioè gli indicatori devono fornire informazioni statistiche adeguate, affidabili e tempestive), responsabilità (ad esempio, deve essere possibile identificare chiaramente l'organo responsabile dell'attuazione della politica, a diversi livelli di governo), comprensione del pubblico e condivisione (i cittadini devono essere in grado di comprendere la rilevanza degli obiettivi e, quindi, contribuire alla loro realizzazione). Tale processo partecipativo è essenziale per aumentare la responsabilità degli attori direttamente o indirettamente responsabili della fornitura di servizi (e quindi del raggiungimento degli obiettivi);
    sempre a livello nazionale, nel dicembre del 2010 si è aperto un importante processo di collaborazione inter-istituzionale tra l'ISTAT e il CNEL (anche con l'apporto di università, enti locali, organizzazioni della società civile, parti sociali, eccetera) che ha portato al varo del BES (Benessere equo e sostenibile): un complesso di indicatori composto da dodici dimensioni del benessere (salute, istruzione e formazione, lavoro e conciliazione dei tempi di vita, benessere economico, relazioni sociali, politica e istituzioni, sicurezza, benessere soggettivo, paesaggio e patrimonio culturale, ambiente, ricerca e innovazione, qualità dei servizi) che non danno vita ad un indicatore sintetico, ma rappresentano in ogni caso la condizione del Paese in modo dettagliato e organico. Il BES – il cui primo rapporto, dopo un lavoro di due anni, è stato pubblicato nel 2013 e il cui lavoro si può rilevare nel sito internet www.misuredelbenessere.it – può essere considerato lo strumento più prezioso che i decisori politici hanno nel nostro Paese per orientare le politiche pubbliche nel segno del benessere. Il CNEL e l'ISTAT hanno dato vita al «BES delle province» per la costruzione di indicatori territoriali per la governance di area vasta e il progetto «UrBES », promosso dalla rete delle città metropolitane dell'Associazione nazionale dei comuni italiani insieme con l'ISTAT, propone un sistema di indicatori del benessere per le città metropolitane e per alcuni comuni capoluogo. Attualmente il BES viene citato in un breve riquadro nell'ambito della sezione del Documento di economia e finanza (DEF) dedicata al Programma nazionale di riforma (PNR). Si tratta di poco più di una lunga citazione, che però non lega i risultati e le indicazioni del BES alle politiche necessarie da realizzare, né tanto meno alle misure concrete di riforma che pure, su altri versanti, sono contenute nel DEF;
    invece, l'utilizzo degli indicatori del BES può essere fondamentale per fare un'efficace programmazione economica e un buon uso della spesa pubblica. La prassi adottata in Italia per la programmazione economica tende a privilegiare l'uso di indicatori che forniscono una rappresentazione del Paese essenzialmente economica, trascurando indicatori e misure che riguardino anche aspetti di natura sociale e ambientale più legati alla qualità della vita, al contesto socio-economico di riferimento e alle opportunità offerte all'individuo. In Europa sono moltissimi gli esempi di impostazione dell'attività di governo che partono da un'osservazione più attenta e complessa dei fenomeni. Tra gli esempi più significativi si trovano gli apparati di indicatori inclusi nei Piani nazionali d'azione (NAP) dell'Unione europea, oppure il DEF francese (Rapport sur l’évolution de l’économie nationale et sur les orientations des fìnances publiques) che definisce, per ogni area d'intervento dello Stato, missioni, programmi e obiettivi, e per ognuno di questi uno o più indicatori per monitorare il fenomeno. Questa maggiore completezza di informazione, a volte, si riflette in una considerevole mole di indicatori specifici;
    anche l'Italia da alcuni anni ha intrapreso un percorso che va in questa direzione nell'ambito del processo di riforma della contabilità pubblica il cui ultimo atto è rappresentato dalla legge n. 196 del 2009 (legge di contabilità e finanza pubblica). Il bilancio dello Stato da alcuni anni già si articola secondo missioni e programmi di spesa che individuano le finalità cui sono destinate le risorse pubbliche; alle missioni e ai programmi di spesa, nell'ambito delle note preliminari che accompagnano il bilancio dello Stato, sono associati obiettivi da raggiungere e uno o più indicatori finalizzati a verificare il conseguimento degli obiettivi. La legge n. 196 del 2009 tende a rafforzare questo sistema, anche nell'ottica di estenderlo in modo armonizzato a tutte le amministrazioni pubbliche. Occorre assicurarsi che la nuova norma venga attuata pienamente e che si superino le criticità riscontrate nelle prassi applicative correnti, in modo che il sistema di obiettivi e indicatori associati ai programmi di spesa costituisca un efficace strumento di accompagnamento del bilancio utile alla programmazione e alla verifica dell'impiego delle risorse pubbliche;
    è importante che i documenti di programmazione economica e di bilancio, così come riformati dalla recente legge n. 196 del 2009 (la Relazione sull'economia e la finanza pubblica, la Decisione di finanza pubblica, la legge di stabilità eccetera), si basino sulla considerazione di un più completo apparato di informazioni e indicatori, rappresentativi di tutti gli aspetti del benessere, per la formulazione delle politiche, per indirizzare gli interventi economico-finanziari e per determinare obiettivi di breve, medio e lungo termine;
    è inoltre importante che venga data piena attuazione alla legge n. 196 del 2009 in materia di indicatori per la verifica dei programmi di spesa del bilancio dello Stato e delle altre amministrazioni pubbliche. Occorre compiere tutti i passi necessari affinché gli indicatori siano effettivamente rappresentativi, in modo trasparente, del raggiungimento delle finalità ultime delle politiche e vengano utilizzati correntemente nel dibattito pubblico. A tal fine è opportuno anche prevedere un sottoinsieme di indicatori meno vasto, ma egualmente rappresentativo e trasparente, in modo da facilitare la comunicazione e il confronto;
    infine, si vuole ricordare ancora una volta l'importanza della pubblicizzazione e della conoscenza degli indicatori di benessere tra l'opinione pubblica e del coinvolgimento partecipato dei cittadini nell'elaborazione e individuazione degli indicatori che più appropriatamente rispondono all'idea e alle caratteristiche di benessere della nostra società;

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre nei documenti della sessione di bilancio gli indicatori di benessere, di sostenibilità ambientale, di qualità sociale e di parità tra i sessi quali strumenti per l'elaborazione, l'adozione e la valutazione delle politiche pubbliche, affinché esse possano essere efficaci nel migliorare le condizioni di benessere per il Paese nel suo complesso.
9/3444-A/79. (Testo modificato nel corso della seduta)  Kronbichler, Marcon, Melilla, Fassina, Paglia.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento, legge di Stabilità 2016, prevede disposizioni atte a garantire l'attuazione di un Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, istituendo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un fondo denominato «Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale» al quale sono state assegnate le seguenti risorse: 600 milioni per l'anno 2016 e di 1000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017;
    in occasione della 19esima «Giornata nazionale della colletta alimentare» è emerso che, sulla base dei dati ISTAT, in Italia sono oltre 6 milioni le persone che non hanno denaro a sufficienza per alimentarsi adeguatamente;
    in Italia il 12,6 per cento degli individui non potrebbero permettersi un pasto proteico adeguato ogni due giorni. Le maggiori difficoltà vi sono nel Sud Italia dove la percentuale sale al 17 per cento, tra le famiglie monoreddito dove è il 17,3 per cento, e tra le persone sole con più di 65 anni con il 14,5 per cento;
    ogni italiano butta annualmente nella spazzatura la media di 76 chilogrammi di prodotti alimentari, che sarebbero in quantità più che sufficienti a garantire cibo adeguato per tutti i cittadini;
    questo problema in Italia riguarda tutta la filiera dove gli sprechi alimentari ammontano in valore a 12,5 miliardi che sono persi per il 54 per cento al consumo, per il 21 per cento nella ristorazione, per il 15 per cento nella distribuzione commerciale e per l'8 per cento nell'agricoltura e per il 2 per cento nella trasformazione;
    è ormai accertato che il peggioramento delle abitudini alimentari, al crescere della povertà e degli sprechi alimentari, si concretizza anche con la progressiva riduzione del consumo di prodotti ortofrutticoli freschi, prodotti invece fondamentali per il mantenimento dello stato di salute dei soggetti vulnerabili;
    è necessario, al fine di migliorare l'accesso dei soggetti in condizione di povertà e di disagio sociale ad un paniere alimentare equilibrato ed atto a prevenire patologie derivanti da carenze nutrizionali, che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, definisca, con proprio decreto, le linee-guida di un «progetto obiettivo», destinato ad utenti in possesso dei requisiti per l'accesso all'assistenza, finalizzato alla erogazione, a cura dei comuni, di buoni per l'acquisto di prodotti ortofrutticoli freschi presso esercizi convenzionati al fine di ridurre lo spreco di alimenti freschi e consentire una ripartizione oculata delle quantità oltre a favorire le politiche di filiera corta,

impegna il Governo

ad avviare, con un adeguata dotazione a valere sul «Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale», il «progetto obiettivo» a decorrere dall'anno 2016.
9/3444-A/80Zaccagnini, Scotto, Franco Bordo, Nicchi, Gregori.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento, legge di Stabilità 2016, prevede disposizioni atte a garantire l'attuazione di un Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale, istituendo presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali un fondo denominato «Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale» al quale sono state assegnate le seguenti risorse: 600 milioni per l'anno 2016 e di 1000 milioni di euro a decorrere dall'anno 2017;
    in occasione della 19esima «Giornata nazionale della colletta alimentare» è emerso che, sulla base dei dati ISTAT, in Italia sono oltre 6 milioni le persone che non hanno denaro a sufficienza per alimentarsi adeguatamente;
    in Italia il 12,6 per cento degli individui non potrebbero permettersi un pasto proteico adeguato ogni due giorni. Le maggiori difficoltà vi sono nel Sud Italia dove la percentuale sale al 17 per cento, tra le famiglie monoreddito dove è il 17,3 per cento, e tra le persone sole con più di 65 anni con il 14,5 per cento;
    ogni italiano butta annualmente nella spazzatura la media di 76 chilogrammi di prodotti alimentari, che sarebbero in quantità più che sufficienti a garantire cibo adeguato per tutti i cittadini;
    questo problema in Italia riguarda tutta la filiera dove gli sprechi alimentari ammontano in valore a 12,5 miliardi che sono persi per il 54 per cento al consumo, per il 21 per cento nella ristorazione, per il 15 per cento nella distribuzione commerciale e per l'8 per cento nell'agricoltura e per il 2 per cento nella trasformazione;
    è ormai accertato che il peggioramento delle abitudini alimentari, al crescere della povertà e degli sprechi alimentari, si concretizza anche con la progressiva riduzione del consumo di prodotti ortofrutticoli freschi, prodotti invece fondamentali per il mantenimento dello stato di salute dei soggetti vulnerabili;
    è necessario, al fine di migliorare l'accesso dei soggetti in condizione di povertà e di disagio sociale ad un paniere alimentare equilibrato ed atto a prevenire patologie derivanti da carenze nutrizionali, che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, acquisito il parere della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, definisca, con proprio decreto, le linee-guida di un «progetto obiettivo», destinato ad utenti in possesso dei requisiti per l'accesso all'assistenza, finalizzato alla erogazione, a cura dei comuni, di buoni per l'acquisto di prodotti ortofrutticoli freschi presso esercizi convenzionati al fine di ridurre lo spreco di alimenti freschi e consentire una ripartizione oculata delle quantità oltre a favorire le politiche di filiera corta,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di avviare, con un adeguata dotazione a valere sul «Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale», il «progetto obiettivo» a decorrere dall'anno 2016.
9/3444-A/80. (Testo modificato nel corso della seduta)  Zaccagnini, Scotto, Franco Bordo, Nicchi, Gregori.


   La Camera,
   premesso che:
    dopo tanti sacrifici molti attendevano che la legge di Stabilità ridesse fiato all'economia italiana, la quale dal 2007 ad oggi ha perso addirittura il 25 per cento della produzione di beni e servizi e ha visto crescere la disoccupazione a tassi che mostrano un quadro di assoluta gravità e che continuano a peggiorare;
    i dubbi sono quasi certezza sul fatto che la manovra non riuscirà a portare il PIL a crescere almeno di un punto percentuale e mezzo nel 2016 come il Governo prevede;
    non determinante, trascurabile o irrilevante è l'impegno che la legge di stabilità contiene per combattere la disoccupazione;
    grave è la completa sudditanza del Governo – in questa legge di stabilità – alle ricette del pensiero neoliberista: più sgravi fiscali e meno investimenti pubblici; più tagli alla spesa pubblica e meno politiche per il sostegno alla domanda pubblica;
    gli sgravi alle imprese (come i bonus per gli investimenti e per le assunzioni, i contratti di lavoro precario e lo stesso smantellamento dello Statuto dei lavoratori tramite il cosiddetto « Jobs act») non hanno mai creato più posti di lavoro, ma solo vantaggi e maggiori margini di profitto subito incamerati da chi pensa solo alla rendita e alla speculazione;
    la disoccupazione rappresenta una vera e propria emorragia di posti di lavoro, che colpisce gli under 30, ma non di meno tutte le altre fasce di età. Quello che più turba è l'enorme crescita di quanti si dicono «scoraggiati», che hanno smesso di cercare lavoro perché ritengono di non trovarlo;
    i costi economici della disoccupazione sono incalcolabili: incidono direttamente sul PIL che non viene prodotto in percentuale di molto superiore al costo delle misure di sostegno al reddito dei disoccupati – si tratta di 80 miliardi di ricchezza reale che non viene creata –; generano costi ulteriori derivanti dalla perdita di produttività del lavoro e comportano costi sociali quali povertà, perdita della casa, criminalità, denutrizione, abbandoni scolastici, antagonismo etnico, crisi familiari, tensioni sociali potenzialmente esplosive;
    i disoccupati nel nostro Paese sono circa 6 milioni disoccupati. Anche se il quadro economico mutasse e vi fosse un boom (evento del tutto improbabile) non si riuscirebbe a creare lavoro per una tale mole di lavoratori e occorrerebbero non meno di 15 anni per riportare la disoccupazione a livelli che si possano considerare fisiologici, ma non si riuscirebbe comunque a tornare ai livelli precedenti (ad esempio al dato del 2005 che ha costituito l'anno migliore del nuovo secolo per l'occupazione nei Paesi UE), tenendo presente che la maggior parte delle imprese stanno provvedendo a sostituire in misura e rapidità crescente il lavoro umano con varie forme di automazione;
    riteniamo, pertanto, che non vi sia altra possibilità di creare lavoro e riassorbire l'enorme mole di disoccupati se non ricorrendo allo Stato come datore di lavoro di ultima istanza attraverso la creazione di un Piano nazionale del lavoro basato su un programma nazionale di interventi pubblici, che si ispiri al New Deal statunitense che tra il 1933 e il 1943 riuscì a creare occupazione per circa 8,5 milioni di lavoratori;
    è importante porsi l'obiettivo minimo di creare un milione e mezzo di posti di lavoro in un triennio, sostenendo un'occupazione produttiva e un lavoro dignitoso, come promossi dall'Organizzazione internazionale del lavoro e dall'Unione europea;
    l'obiettivo del Piano deve essere quello di occupare lavoratori tra le persone inoccupate, disoccupate o occupate in cerca di altra occupazione, qualora il loro reddito sia al di sotto di ottomila euro, dando tuttavia la priorità a coloro che a parità di altre condizioni rientrano nella definizione di lavoratori svantaggiati ai sensi dell'articolo 2, lettera f), del Regolamento CE del 12 dicembre 2002, n. 2204, e che possiedono un patrimonio personale finanziario, mobiliare e immobiliare inferiore; oppure tra persone che usufruiscono di ammortizzatori sociali;
    un tale Programma deve essere realizzato da tutte le amministrazioni dello Stato e dagli enti locali ispirandosi ad interventi che, oltre ad assicurare la creazione di occupazione, consentano lo sviluppo di un nuovo modello produttivo al quale l'Italia deve ambire, ponendosi come obietto primario quello della tutela dell'ambiente e della salute, innanzitutto attraverso il recupero di aree urbane e rurali, degli ecosistemi e della biodiversità;
    gli interventi, pertanto, sono da realizzarsi nei settori della protezione del territorio per prevenire e contrastare il dissesto idrogeologico del Paese; per bonificare e riqualificare dal punto di vista ambientale tutte le aree del territorio nazionale; per recuperare, ristrutturare, adeguare, mettere in sicurezza e valorizzare edifici scolastici, ospedali, asili nido pubblici e il patrimonio immobiliare pubblico da destinare a prima casa e a iniziative di cohousing e coworking; per incrementare l'efficienza energetica e ridurre i consumi per gli uffici pubblici; per recuperare e valorizzare il patrimonio storico, architettonico, museale e archeologico italiano; per recuperare terreni pubblici incolti o abbandonati e salvare dall'inquinamento fiumi, aree paludose, spiagge e coste;
    il Programma dovrebbe basarsi su progetti presentati dagli enti locali e che questi vogliono realizzare, utilizzando le strutture periferiche del Ministero delle attività produttive, per la valutazione dei progetti, e del Ministero del lavoro, per l'assunzione del personale;
    lo Stato dovrebbe mettere a disposizione dei progetti le risorse, con la partecipazione degli enti locali, e le attrezzature e gli strumenti già in dotazione o di proprietà delle Forze armate e di polizia, nonché quelle degli enti locali, mentre i centri per l'impiego dovrebbero procedere a organizzare la formazione dei lavoratori da impiegare;
    i Progetti non direttamente realizzati dagli enti pubblici devono essere assegnati attraverso gare d'appalto ad imprese che si impegnino ad assumere, con contratto a tempo determinato per la durata dell'appalto o a tempo indeterminato, almeno il 50 per cento del personale necessario tra i lavoratori svantaggiati come definiti dal Regolamento europeo n. 2204 del 2002, di cui si è scritto sopra. La riserva di manodopera nei bandi di appalto sarebbe così conforme alle norme dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato;
    per quanto riguarda le risorse da destinare alla realizzazione del Programma nazionale per un triennio sperimentale lo Stato dovrebbe stanziare risorse non inferiori a 60 miliardi da ripartire tra un Fondo nazionale per finanziare i progetti e l'incremento delle risorse a disposizione – a legislazione vigente – degli interventi per la messa in sicurezza del territorio, per gli asili nido pubblici, per la messa in sicurezza degli edifici scolastici pubblici e per incrementare l'efficienza, la prestazione energetica e la riduzione del consumo di energia negli edifici pubblici;
    per mettere insieme le risorse necessarie si potrebbe far ricorso alla Cassa depositi e prestiti che può impiegare risorse proprie e emettere obbligazioni da far sottoscrivere alle Fondazioni bancarie, all'INAIL e ai Fondi pensioni negoziali; destinare quota parte dei fondi strutturali europei; escludere dal patto di stabilità interno, per il triennio di sperimentazione, le spese in conto capitale collegate ai Progetti; ridurre le tax expenditures, i costi per auto blu, la deducibilità degli interessi passivi per le banche, la spesa per gli F35, le fregate FREMM e la TAV Lione-Torino; utilizzare le risorse oggi sprecate per ridurre l'Irap e per gli sgravi per le assunzioni; introdurre la web fax e riformare la tassa sulle transazioni finanziarie eccetera,

impegna il Governo

a creare, con apposito provvedimento normativo, un Piano sperimentale triennale per la creazione di nuovi posti di lavoro per contrastare la piaga della disoccupazione, sulla base di quanto indicato in premessa.
9/3444-A/81Scotto, Airaudo, Placido, Marcon, Fassina, Melilla.


   La Camera,
   premesso che:
    dopo tanti sacrifici molti attendevano che la legge di Stabilità ridesse fiato all'economia italiana, la quale dal 2007 ad oggi ha perso addirittura il 25 per cento della produzione di beni e servizi e ha visto crescere la disoccupazione a tassi che mostrano un quadro di assoluta gravità e che continuano a peggiorare;
    i dubbi sono quasi certezza sul fatto che la manovra non riuscirà a portare il PIL a crescere almeno di un punto percentuale e mezzo nel 2016 come il Governo prevede;
    non determinante, trascurabile o irrilevante è l'impegno che la legge di stabilità contiene per combattere la disoccupazione;
    grave è la completa sudditanza del Governo – in questa legge di stabilità – alle ricette del pensiero neoliberista: più sgravi fiscali e meno investimenti pubblici; più tagli alla spesa pubblica e meno politiche per il sostegno alla domanda pubblica;
    gli sgravi alle imprese (come i bonus per gli investimenti e per le assunzioni, i contratti di lavoro precario e lo stesso smantellamento dello Statuto dei lavoratori tramite il cosiddetto « Jobs act») non hanno mai creato più posti di lavoro, ma solo vantaggi e maggiori margini di profitto subito incamerati da chi pensa solo alla rendita e alla speculazione;
    la disoccupazione rappresenta una vera e propria emorragia di posti di lavoro, che colpisce gli under 30, ma non di meno tutte le altre fasce di età. Quello che più turba è l'enorme crescita di quanti si dicono «scoraggiati», che hanno smesso di cercare lavoro perché ritengono di non trovarlo;
    i costi economici della disoccupazione sono incalcolabili: incidono direttamente sul PIL che non viene prodotto in percentuale di molto superiore al costo delle misure di sostegno al reddito dei disoccupati – si tratta di 80 miliardi di ricchezza reale che non viene creata –; generano costi ulteriori derivanti dalla perdita di produttività del lavoro e comportano costi sociali quali povertà, perdita della casa, criminalità, denutrizione, abbandoni scolastici, antagonismo etnico, crisi familiari, tensioni sociali potenzialmente esplosive;
    i disoccupati nel nostro Paese sono circa 6 milioni disoccupati. Anche se il quadro economico mutasse e vi fosse un boom (evento del tutto improbabile) non si riuscirebbe a creare lavoro per una tale mole di lavoratori e occorrerebbero non meno di 15 anni per riportare la disoccupazione a livelli che si possano considerare fisiologici, ma non si riuscirebbe comunque a tornare ai livelli precedenti (ad esempio al dato del 2005 che ha costituito l'anno migliore del nuovo secolo per l'occupazione nei Paesi UE), tenendo presente che la maggior parte delle imprese stanno provvedendo a sostituire in misura e rapidità crescente il lavoro umano con varie forme di automazione;
    riteniamo, pertanto, che non vi sia altra possibilità di creare lavoro e riassorbire l'enorme mole di disoccupati se non ricorrendo allo Stato come datore di lavoro di ultima istanza attraverso la creazione di un Piano nazionale del lavoro basato su un programma nazionale di interventi pubblici, che si ispiri al New Deal statunitense che tra il 1933 e il 1943 riuscì a creare occupazione per circa 8,5 milioni di lavoratori;
    è importante porsi l'obiettivo minimo di creare un milione e mezzo di posti di lavoro in un triennio, sostenendo un'occupazione produttiva e un lavoro dignitoso, come promossi dall'Organizzazione internazionale del lavoro e dall'Unione europea;
    l'obiettivo del Piano deve essere quello di occupare lavoratori tra le persone inoccupate, disoccupate o occupate in cerca di altra occupazione, qualora il loro reddito sia al di sotto di ottomila euro, dando tuttavia la priorità a coloro che a parità di altre condizioni rientrano nella definizione di lavoratori svantaggiati ai sensi dell'articolo 2, lettera f), del Regolamento CE del 12 dicembre 2002, n. 2204, e che possiedono un patrimonio personale finanziario, mobiliare e immobiliare inferiore; oppure tra persone che usufruiscono di ammortizzatori sociali;
    un tale Programma deve essere realizzato da tutte le amministrazioni dello Stato e dagli enti locali ispirandosi ad interventi che, oltre ad assicurare la creazione di occupazione, consentano lo sviluppo di un nuovo modello produttivo al quale l'Italia deve ambire, ponendosi come obietto primario quello della tutela dell'ambiente e della salute, innanzitutto attraverso il recupero di aree urbane e rurali, degli ecosistemi e della biodiversità;
    gli interventi, pertanto, sono da realizzarsi nei settori della protezione del territorio per prevenire e contrastare il dissesto idrogeologico del Paese; per bonificare e riqualificare dal punto di vista ambientale tutte le aree del territorio nazionale; per recuperare, ristrutturare, adeguare, mettere in sicurezza e valorizzare edifici scolastici, ospedali, asili nido pubblici e il patrimonio immobiliare pubblico da destinare a prima casa e a iniziative di cohousing e coworking; per incrementare l'efficienza energetica e ridurre i consumi per gli uffici pubblici; per recuperare e valorizzare il patrimonio storico, architettonico, museale e archeologico italiano; per recuperare terreni pubblici incolti o abbandonati e salvare dall'inquinamento fiumi, aree paludose, spiagge e coste;
    il Programma dovrebbe basarsi su progetti presentati dagli enti locali e che questi vogliono realizzare, utilizzando le strutture periferiche del Ministero delle attività produttive, per la valutazione dei progetti, e del Ministero del lavoro, per l'assunzione del personale;
    lo Stato dovrebbe mettere a disposizione dei progetti le risorse, con la partecipazione degli enti locali, e le attrezzature e gli strumenti già in dotazione o di proprietà delle Forze armate e di polizia, nonché quelle degli enti locali, mentre i centri per l'impiego dovrebbero procedere a organizzare la formazione dei lavoratori da impiegare;
    i Progetti non direttamente realizzati dagli enti pubblici devono essere assegnati attraverso gare d'appalto ad imprese che si impegnino ad assumere, con contratto a tempo determinato per la durata dell'appalto o a tempo indeterminato, almeno il 50 per cento del personale necessario tra i lavoratori svantaggiati come definiti dal Regolamento europeo n. 2204 del 2002, di cui si è scritto sopra. La riserva di manodopera nei bandi di appalto sarebbe così conforme alle norme dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato;
    per quanto riguarda le risorse da destinare alla realizzazione del Programma nazionale per un triennio sperimentale lo Stato dovrebbe stanziare risorse non inferiori a 60 miliardi da ripartire tra un Fondo nazionale per finanziare i progetti e l'incremento delle risorse a disposizione – a legislazione vigente – degli interventi per la messa in sicurezza del territorio, per gli asili nido pubblici, per la messa in sicurezza degli edifici scolastici pubblici e per incrementare l'efficienza, la prestazione energetica e la riduzione del consumo di energia negli edifici pubblici;
    per mettere insieme le risorse necessarie si potrebbe far ricorso alla Cassa depositi e prestiti che può impiegare risorse proprie e emettere obbligazioni da far sottoscrivere alle Fondazioni bancarie, all'INAIL e ai Fondi pensioni negoziali; destinare quota parte dei fondi strutturali europei; escludere dal patto di stabilità interno, per il triennio di sperimentazione, le spese in conto capitale collegate ai Progetti; ridurre le tax expenditures, i costi per auto blu, la deducibilità degli interessi passivi per le banche, la spesa per gli F35, le fregate FREMM e la TAV Lione-Torino; utilizzare le risorse oggi sprecate per ridurre l'Irap e per gli sgravi per le assunzioni; introdurre la web fax e riformare la tassa sulle transazioni finanziarie eccetera,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di creare, con apposito provvedimento normativo, un Piano sperimentale triennale per la creazione di nuovi posti di lavoro per contrastare la piaga della disoccupazione, sulla base di quanto indicato in premessa.
9/3444-A/81. (Testo modificato nel corso della seduta)  Scotto, Airaudo, Placido, Marcon, Fassina, Melilla.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, istituisce un «Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale», con una dotazione di 600 milioni per il 2016, e 1 miliardo di euro a decorrere dall'anno 2017, per il finanziamento di un Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale;
    è evidente che se l'obiettivo del suddetto Piano nazionale, è quello di far uscire dalla soglia di povertà assoluta le famiglie che si trovano in questa situazione, le risorse stanziate si dimostrano chiaramente insufficienti. Dai dati ISTAT si evince che sarebbero necessari circa 56 miliardi di euro;
    la stessa proposta di un credibile programma di lotta alla povertà e all'esclusione sociale, presentato dall’«Alleanza contro la povertà in Italia», alleanza fondata da moltissime associazioni, organismi e Onlus (Acli, Action Aid, Anci, Azione Cattolica Italiana, Caritas Italiana, Cgil-Cisl-Uil, Cnca, Comunità di Sant'Egidio, Confcooperative, Conferenza delle regioni e delle province autonome, Federazione nazionale Società di San Vincenzo De Paoli Consiglio Nazionale Italiano – ONLUS, Fio.PSD, Fondazione Banco Alimentare ONLUS, Forum Nazionale del Terzo Settore, Jesuit Social Network, Legautonomie, Save the Children, Umanità Nuova-Movimento dei Focolari) prevede, a regime, un intervento finanziario di oltre 7 miliardi di euro;
    è quindi evidente che le risorse messe in campo con questa legge di stabilità dal Governo, seppur siano un primo passo verso la giusta direzione, risultato del tutto inadeguate a dare una risposta credibile a centinaia di migliaia di famiglie che vivono in grave disagio economico;
    una risposta adeguata dovrebbe venire dall'attuazione di un reddito di inclusione sociale o di un reddito minimo, comunque lo si voglia declinare, con lo scopo di contrastare realmente la marginalità, attraverso l'inclusione sociale per gli inoccupati, i disoccupati e i lavoratori precariamente occupati, quale misura di contrasto alla disuguaglianza e di sostegno economico e all'inserimento sociale dei soggetti maggiormente esposti al rischio di marginalità nella società e nel mercato del lavoro;
    peraltro, a partire dal 2017, si prevede una futura introduzione di un'unica misura nazionale di contrasto alla povertà, a cui si destina il miliardo annuo previsto, e la revisione della legislazione vigente in materia di trattamenti, indennità, assegni di natura assistenziale, accesso alle prestazioni sociali, ecc., attraverso la predisposizione, da parte del Governo, di uno o più provvedimenti legislativi;
    dal testo in esame, non è dato sapere nulla di più su come detto miliardo annuo verrà utilizzato dal 2017 per il contrasto alla povertà. Il Parlamento dovrà infatti attendere i provvedimenti legislativi che saranno decisi e presentati durante il prossimo anno, per sapere cosa il Governo intenderà fare. L'unica cosa chiara, è che si metterà mano alla normativa vigente in termini di trattamenti, indennità, integrazioni di reddito, assegni di natura assistenziale (anche l'indennità di accompagnamento o l'invalidità civile ? Saranno soppresse o riformate ?), accesso alle prestazioni sociali, ecc.,

impegna il Governo:

   a incrementare progressivamente le risorse stanziate per consentire un'efficace lotta alla povertà e all'esclusione sociale;
   a implementare le politiche di contrasto alla disuguaglianza e di sostegno economico e di inserimento sociale delle persone in condizione, o a rischio, di povertà, anche attraverso l'introduzione, a regime, di un reddito di inclusione sociale o di un reddito minimo, quale forma reddituale diretta da affiancare contestualmente a misure efficaci volte a favorire l'uscita dalla condizione di marginalità, e per il (re)inserimento nel mercato del lavoro;
   a prevedere che gli eventuali risparmi conseguenti alla prevista revisione da parte del Governo, della normativa vigente in materia di trattamenti, indennità, assegni di natura assistenziale, accesso alle prestazioni sociali, ecc., siano destinati a incrementare le risorse previste per il contrasto alla povertà.
9/3444-A/82Fratoianni, Nicchi, Marcon, Gregori, Melilla.


   La Camera,
   premesso che:
    il provvedimento in esame, istituisce un «Fondo per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale», con una dotazione di 600 milioni per il 2016, e 1 miliardo di euro a decorrere dall'anno 2017, per il finanziamento di un Piano nazionale per la lotta alla povertà e all'esclusione sociale;
    è evidente che se l'obiettivo del suddetto Piano nazionale, è quello di far uscire dalla soglia di povertà assoluta le famiglie che si trovano in questa situazione, le risorse stanziate si dimostrano chiaramente insufficienti. Dai dati ISTAT si evince che sarebbero necessari circa 56 miliardi di euro;
    la stessa proposta di un credibile programma di lotta alla povertà e all'esclusione sociale, presentato dall’«Alleanza contro la povertà in Italia», alleanza fondata da moltissime associazioni, organismi e Onlus (Acli, Action Aid, Anci, Azione Cattolica Italiana, Caritas Italiana, Cgil-Cisl-Uil, Cnca, Comunità di Sant'Egidio, Confcooperative, Conferenza delle regioni e delle province autonome, Federazione nazionale Società di San Vincenzo De Paoli Consiglio Nazionale Italiano – ONLUS, Fio.PSD, Fondazione Banco Alimentare ONLUS, Forum Nazionale del Terzo Settore, Jesuit Social Network, Legautonomie, Save the Children, Umanità Nuova-Movimento dei Focolari) prevede, a regime, un intervento finanziario di oltre 7 miliardi di euro;
    è quindi evidente che le risorse messe in campo con questa legge di stabilità dal Governo, seppur siano un primo passo verso la giusta direzione, risultato del tutto inadeguate a dare una risposta credibile a centinaia di migliaia di famiglie che vivono in grave disagio economico;
    una risposta adeguata dovrebbe venire dall'attuazione di un reddito di inclusione sociale o di un reddito minimo, comunque lo si voglia declinare, con lo scopo di contrastare realmente la marginalità, attraverso l'inclusione sociale per gli inoccupati, i disoccupati e i lavoratori precariamente occupati, quale misura di contrasto alla disuguaglianza e di sostegno economico e all'inserimento sociale dei soggetti maggiormente esposti al rischio di marginalità nella società e nel mercato del lavoro;
    peraltro, a partire dal 2017, si prevede una futura introduzione di un'unica misura nazionale di contrasto alla povertà, a cui si destina il miliardo annuo previsto, e la revisione della legislazione vigente in materia di trattamenti, indennità, assegni di natura assistenziale, accesso alle prestazioni sociali, ecc., attraverso la predisposizione, da parte del Governo, di uno o più provvedimenti legislativi;
    dal testo in esame, non è dato sapere nulla di più su come detto miliardo annuo verrà utilizzato dal 2017 per il contrasto alla povertà. Il Parlamento dovrà infatti attendere i provvedimenti legislativi che saranno decisi e presentati durante il prossimo anno, per sapere cosa il Governo intenderà fare. L'unica cosa chiara, è che si metterà mano alla normativa vigente in termini di trattamenti, indennità, integrazioni di reddito, assegni di natura assistenziale (anche l'indennità di accompagnamento o l'invalidità civile ? Saranno soppresse o riformate ?), accesso alle prestazioni sociali, ecc.,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di:
    incrementare progressivamente le risorse stanziate per consentire un'efficace lotta alla povertà e all'esclusione sociale;
    implementare le politiche di contrasto alla disuguaglianza e di sostegno economico e di inserimento sociale delle persone in condizione, o a rischio, di povertà, anche attraverso l'introduzione, a regime, di un reddito di inclusione sociale o di un reddito minimo, quale forma reddituale diretta da affiancare contestualmente a misure efficaci volte a favorire l'uscita dalla condizione di marginalità, e per il (re)inserimento nel mercato del lavoro;
    prevedere che gli eventuali risparmi conseguenti alla prevista revisione da parte del Governo, della normativa vigente in materia di trattamenti, indennità, assegni di natura assistenziale, accesso alle prestazioni sociali, ecc., siano destinati a incrementare le risorse previste per il contrasto alla povertà.
9/3444-A/82. (Testo modificato nel corso della seduta)  Fratoianni, Nicchi, Marcon, Gregori, Melilla.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi dell'articolo 2, comma 57, della legge 28 giugno 2012, n. 92, l'aliquota contributiva pensionistica e la relativa aliquota contributiva per il computo delle prestazioni pensionistiche relativa ai lavoratori con partita IVA, iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non inseriti in alcun albo professionale e privi di cassa previdenziale, si dispone un costante incremento contributivo;
    per il 2016 il provvedimento al nostro esame prevede la sterilizzazione di detti incrementi contributivi;
    ma rimane in vigore il richiamato aumento dell'aliquota contributiva per le partite Iva iscritte alla gestione separata, rischiando così di determinare le condizioni per spingere fuori dal mercato del lavoro centinaia di migliaia di freelance, professionisti e lavoratori della conoscenza;
    sarebbe equo ed opportuno che l'aliquota contributiva per tali figure lavorative fosse ricondotte al valore dell'aliquota che si applica per il lavoro autonomo, ossia pari al 24 per cento,

impegna il Governo

ad intervenire, con opportune iniziative anche legislative, al fine di ricondurre l'aliquota contributiva per i lavoratori con partita IVA iscritti alla citata gestione separata al valore del 24 per cento in maniera tale da uniformare l'aliquota a quella valida per i lavoratori autonomi.
9/3444-A/83Fassina, Airaudo, Placido, Melilla, Marcon.


   La Camera,
   premesso che:
    ai sensi dell'articolo 2, comma 57, della legge 28 giugno 2012, n. 92, l'aliquota contributiva pensionistica e la relativa aliquota contributiva per il computo delle prestazioni pensionistiche relativa ai lavoratori con partita IVA, iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non inseriti in alcun albo professionale e privi di cassa previdenziale, si dispone un costante incremento contributivo;
    per il 2016 il provvedimento al nostro esame prevede la sterilizzazione di detti incrementi contributivi;
    ma rimane in vigore il richiamato aumento dell'aliquota contributiva per le partite Iva iscritte alla gestione separata, rischiando così di determinare le condizioni per spingere fuori dal mercato del lavoro centinaia di migliaia di freelance, professionisti e lavoratori della conoscenza;
    sarebbe equo ed opportuno che l'aliquota contributiva per tali figure lavorative fosse ricondotte al valore dell'aliquota che si applica per il lavoro autonomo, ossia pari al 24 per cento,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intervenire, con opportune iniziative anche legislative, al fine di ricondurre l'aliquota contributiva per i lavoratori con partita IVA iscritti alla citata gestione separata al valore del 24 per cento in maniera tale da uniformare l'aliquota a quella valida per i lavoratori autonomi.
9/3444-A/83. (Testo modificato nel corso della seduta)  Fassina, Airaudo, Placido, Melilla, Marcon.


   La Camera,
   considerato che:
    neanche il varo della legge di stabilità per l'anno 2016 ha rappresentato l'occasione giusta per chiudere, sul fronte pensionistico, definitivamente e positivamente due scottanti questioni rimaste così ancora sul tappeto: quella degli addetti alla condotta di treni e traghetti e quella dei cosiddetti «quota 96»;
    si tratta di una platea di aspiranti pensionati rimasta ostaggio degli aberranti effetti della riforma Fornero che, pur contemplando una norma di salvaguardia a tutela dei diritti pensionistici maturati prima della sua entrata in vigore, non ha tenuto conto per i primi del diritto ad accedere anticipatamente al trattamento previdenziale in ragione di un'aspettativa di vita media di soli 63 anni, mentre per i secondi della specificità del comparto scuola che, al fine di garantire il diritto allo studio degli studenti, ha da sempre usufruito di un'unica e sola finestra di uscita in coincidenza con la fine dell'anno scolastico;
    quanto al personale viaggiante di ferrovie e traghetti, questo fino alla entrata in vigore della riforma del sistema pensionistico, come introdotta dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, grazie ad una normativa che riconosceva la natura usurante della loro attività lavorativa ed alle risorse garantite a tal fine da un fondo ad hoc istituito presso l'INPS potevano accedere, all'età di 58 anni, al trattamento previdenziale anticipato. Dopo l'entrata in vigore della stessa riforma, invece, causa di un errore lessicale in essa contenuto, lo stesso personale si è visto in un solo giorno elevare di nove anni il requisito anagrafico e quindi perdere lo status di lavoratori usurati;
    inoltre si tratta di una categoria di lavoratori sottoposta per legge a visite di idoneità annuali, la maggior parte dei quali, dopo qualche anno, non le supera più, perché costretta ogni giorno a guidare convogli che viaggiano fino a 300 chilometri orari, e che dopo 15-20 anni di attività accusa seri problemi all'udito legati ai rumori continui della motrice, spesso molto al di sopra dei livelli consentiti ed alla spina dorsale dovuti alle continue vibrazioni, alle continue oscillazioni trasversali e ai frequenti contraccolpi verticali;
    ad aggravare la condizione di questi lavoratori, rendendola più usurante, è la circostanza che dal 2009 non sono più affiancati in cabina di guida da un collega, e che dal 2011 il loro orario di lavoro è passato da 8 ore e mezza a 10, dei quali 6 ore e 30 di «condotta di guida continuativa», senza, cioè, potersi allontanare dalla postazione di guida, tutti motivi per i quali in altri Paesi europei l'età per accedere alla pensione è mediamente fissata tra i 54 ed i 55 anni;
    sull'altro fronte, quello dei cosiddetti «quota 96», sembra persistere una sorta di accanimento politico nel non voler finalmente risolvere quel « vulnus» inferto dall'articolo 24, comma 3, del citato decreto-legge n. 201 del 2001, che, nell'indicare quale limite tra i vecchi ed i nuovi criteri per l'accesso al trattamento pensionistico il 31 dicembre 2011, non ha considerato che per il solo comparto scuola tale limite dovesse coincidere, invece, con il 31 agosto 2012, data di conclusione dell'anno scolastico, penalizzando tutti quei lavoratori della scuola, all'epoca circa 4.000, nati nel biennio 1951-1952, che, nonostante avessero maturato a fine anno i requisiti pensionistici (61 anni di età e 35 di contributi oppure 60 anni e 36 di contributi) e quindi presentato relativa domanda di accesso al trattamento previdenziale, sono rimasti bloccati in servizio;
    da quel giorno, nonostante in questi ultimi anni siano intervenute a sostegno delle evidenti ragioni di questi lavoratori ingiustamente penalizzati, varie iniziative parlamentari, sia da parte della maggioranza che dell'opposizione, oltre a numerose sentenze che riconoscono il diritto dei ricorrenti, ancora una volta si sono deluse le legittime attese di quanti hanno dedicato la propria esistenza professionale alle nuove generazioni;
    quanto alla platea degli interessati lo stesso Ministro della funzione pubblica recentemente interrogato in Aula ha affermato che la stessa comprenda oggi non più di 3.000 soggetti, facendo in tal modo drasticamente diminuire l'importo delle risorse economiche necessarie per sanare tutte le posizioni rimanenti, operazione che, oltre a favorire, tra l'altro, il ricambio generazionale dei docenti consentirebbe l'immediata stabilizzazione di altrettanti precari,

impegna il Governo

  ad emanare un provvedimento che rimedi all'errore formale contenuto all'articolo 24, comma 18, ultimo periodo, del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, che a tutt'oggi impedisce all'intera categoria del personale addetto alla condotta di treni e traghetti di accedere anticipatamente al trattamento previdenziale;
   a dare definitiva soluzione entro l'anno scolastico 2015/2016 alle aspettative di tutti quei lavoratori della scuola che, in procinto di accedere al trattamento previdenziale sono stati ingannati da una legge imperfetta e lacunosa che ha negato loro il diritto alla pensione, risolvendo così tutte le problematiche interpretative ed applicative sorte a causa della riforma «Fornero», estendendo l'applicazione dei requisiti di accesso al trattamento pensionistico previgente alla stessa anche al personale della scuola che aveva maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011/2012, ai sensi dell'articolo 59, comma 9, della legge n. 449 del 1997.
9/3444-A/84Pannarale, Airaudo, Giancarlo Giordano, Placido, Tripiedi, Chimienti, Cominardi, Ciprini.


   La Camera,
   premesso che:
    la legge 13 luglio 2015, n. 107, comma 95, e seguenti, non ha previsto all'interno del Piano straordinario di assunzioni una parte importante del personale della scuola che ogni giorno ne assicura e contribuisce al funzionamento, in particolare il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) ed anche il personale cosiddetto «terziarizzato» che vi lavora ormai da anni nei servizi di pulizia e, in minima parte, poche centinaia di lavoratrici e lavoratori in tutto il Paese con contratti di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, con funzioni riconducibili ai profili professionali di assistente amministrativo e assistente tecnico della scuola statale;
    per quanto riguarda il personale ATA, queste lavoratrici e lavoratori sono stati irragionevolmente nonché illegittimamente esclusi dal piano straordinario di immissioni in ruolo della cd «buona scuola», attuato e disciplinato dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca con il DDG n. 767 del 2015 pur facendo parte del cosiddetto precariato storico della scuola avendo lavorato per anni alle dipendenze del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca su posti disponibili e vacanti con contratti di lavoro a tempo determinato senza alcuna indicazione di tempo per l'espletamento di procedure concorsuali a loro copertura e, per alcuni, ben oltre la durata massima 36 mesi con lo stesso datore di lavoro, anche pubblico, così come previsto dalla normativa europea di merito;
    la legge n. 107 del 2015 in quest'ambito appare in palese contraddizione con le indicazioni di altra normativa nel merito: sia all'articolo 15 della legge n. 128 del 2013 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge n.104 del 2013, recante misure urgenti in materia di istruzione, università e ricerca) che ha deliberato «un piano triennale per l'assunzione a tempo indeterminato di personale docente, educativo ed ATA, per gli anni 2014-2016, tenuto conto dei posti vacanti e disponibili per ciascun anno, delle relative cessazioni del predetto personale», sia alla legge di stabilità 2015, n. 190 del 2014, che ha previsto un apposito fondo nazionale finalizzato all'attuazione degli interventi: «con prioritario riferimento alla realizzazione di un piano straordinario di assunzioni.»;
    per quanto riguarda la cosiddetta «terziarizzazione/esternalizzazione dei servizi ATA» di parte delle scuole statali, risalente ormai al lontano anno 2000, successivamente all'approvazione della legge n. 124 del 1999 (Disposizioni urgenti in materia di personale scolastico), con esiti più che controversi nonché insostenibili sia per quanto riguarda le risorse impiegate e i costi per il bilancio dello Stato, sia sotto l'aspetto occupazionale delle lavoratrici e lavoratori delle imprese di pulizia, vieppiù reso precario con il trascorrere degli anni, ma anche per la qualità dell'igiene e pulizia delle scuole interessate, situazioni di disagio e emergenza più volte e da anni segnalate dalla stampa;
    anche il Governo di recente non ha potuto non riconoscere le problematiche e criticità dell'attuale sistema di esternalizzazioni dei servizi ATA che anche con gli ultimi appalti/convenzioni stipulati sulla base delle cosiddette «gare Consip» non hanno fatto altro che far deflagrare le criticità di una scelta e di una politica dei servizi giunta ormai al capolinea ed hanno impegnato il Parlamento e il Governo a interventi ripetuti normativi non risolutivi con il reperimento continuo di risorse utili solo per tamponare le emergenze ricorrenti;
    la legge 13 luglio 2015, n. 107, comma 95 e seguenti, ha anche escluso illegittimamente e irragionevolmente dal Piano straordinario di assunzioni una parte di docenti precari appartenenti alla graduatoria di seconda fascia di istituto in possesso di abilitazione: Percorsi abilitanti speciali (PAS)/Tirocinio formativo attivo (TFA), appartenenti alle graduatorie della scuola dell'infanzia escluse dal cosiddetto «potenziamento» e appartenenti a classi di concorso per cui non è stato bandito il concorso di cui al DDG n. 82 del 24 settembre 2012: indizione dei concorsi a posti e cattedre, per titoli ed esami, finalizzati al reclutamento del personale docente nelle scuole dell'infanzia, primaria, secondaria di I e II grado;
    la procedura assunzionale straordinaria richiamata, attuata in deroga all'attuale disciplina vigente in materia prevista dall'articolo 399 del Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di istruzione (decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297) è divenuta inevitabilmente oggetto di clamorose proteste del personale precario che da anni porta avanti la scuola italiana supplendone in ogni modo alle carenze strutturali e organizzative e spesso, per riconoscenza, pagato con mesi di ritardo e che con le norme della cosiddetta «buona scuola» si vede di fatto preclusa ogni possibilità di occupazione futura, nonché di numerosissimi ricorsi per: violazione di legge e eccesso e sviamento di potere difetto di motivazione, irragionevolezza, illogicità manifesta, contraddittorietà, nonché violazione dell'articolo 3 e dell'articolo 97 della Costituzione in relazione a violazione e falsa applicazione del principio del legittimo affidamento e del principio di buona fede e questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma 95, della legge n. 107 del 2015 per violazione degli articolo 3, 51, 97 e 98 della Costituzione; ed anche per: violazione e falsa applicazione in relazione ai principi di diritto comunitario sull'abuso di rapporti di lavoro a termine ed alla giurisprudenza della Corte di giustizia europea con speciale riferimento alla sentenza C-22/13 del 22 novembre 2014;
    l'anno 2015, inoltre, avrebbe dovuto essere l'anno della riforma dei «concorsi pubblici», ma ad oggi si sono perse le tracce anche di quello per i dirigenti scolastici: figure ritenute indispensabile a parole, ma nella realtà, anche in questo anno scolastico sottoposte a grandissime difficoltà: quasi mille scuole continuano ad affidate a «reggenza», con i dirigenti plurititolari costretti dividersi con grande affanno tra 6 o 7 sedi e «buone scuole» a loro affidate. Inoltre, come triste consuetudine anche gli ultimi concorsi non sono sfuggiti all'improvvisazione e al comportamento negligente dell'amministrazione che ha generato un contenzioso infinito. Purtroppo, ancora una volta Governo e maggioranza non hanno ritenuto importante intervenire per sanare per via normativa tutte le situazioni di contenzioso ancora aperte, anche al fine di evitare il riprodursi di situazioni di disparità di trattamento tra ricorrenti con ricorsi pendenti relativi a procedure concorsuali di anni diversi,

impegna il Governo:

   a superare gli errori del passato anche al fine di prevenire e tutelare le esigenze di economicità dell'azione amministrativa ed evitare le ripercussioni sul sistema scolastico del possibile esito del contenzioso già in essere e, quindi:
    a) a dare immediata attuazione allo svolgimento del concorso, già indetto ed autorizzato da anni, per l'assunzione dei direttori dei servizi generali e amministrativi, nonché a trovare una soluzione definitiva con il confronto con tutte le parti interessate ai problemi della stabilizzazione del precariato ATA, compresa quella dei lavoratori «terziarizzati» (cosiddetti ex LSU) nel settore scolastico, finalizzata alla definizione di un modello organizzativo funzionale ed efficiente dei servizi delle scuole, dal funzionamento amministrativo a quello dei laboratori, dalle pulizie ai servizi ausiliari e alla sorveglianza;
    b) per quanto riguarda il precariato dei docenti, in relazione ai gravi vizi evidenziati, trovare soluzioni assunzionali, anche straordinarie e graduali, per tutti i docenti in possesso di un'abilitazione all'insegnamento e/o titoli di studio ritenuti validi, nonché a provvedere alla copertura di tutti i posti disponibili e vacanti;
    c) per quanto riguarda il contenzioso relativo ai concorsi per dirigenti scolastici a trovare soluzioni che integrino quanto già previsto dalla legge n. 107 del 2015 per coloro che abbiano avuto una sentenza favorevole almeno nel primo grado di giudizio ovvero non abbiano ancor avuto alcuna sentenza definitiva ma superato le prove concorsuali.
9/3444-A/85Giancarlo Giordano, Pannarale, Carlo Galli.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 34 della Costituzione italiana sancisce che i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi e che la Repubblica deve rendere effettivo questo diritto attraverso l'attribuzione per concorso di borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze;
    il diritto allo studio rappresenta, pertanto, uno degli strumenti più importanti per rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona e per dare attuazione a quell'eguaglianza sostanziale fra cittadini abbienti e meno abbienti che è alla base dell'articolo 3, secondo comma, della Costituzione;
    in questo contesto, non è possibile non rilevare come l'università italiana da anni viva una crisi profonda, i segnali sono molti ma quello più drammatico è il calo delle immatricolazioni: meno 23 per cento, in dieci anni come riportano i dati ufficiali del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
    i nuovi iscritti che erano 338.482 nell'anno accademico 2003/2004, si sono ridotti a 260.245 nel 2013/2014;
    rallentano i tassi di passaggio dalla scuola secondaria superiore all'università nello stesso anno del diploma: al netto delle tendenze demografiche, siamo scesi 49,1 per cento, riportando così il Paese indietro di dieci anni e, soprattutto, si evidenzia la riduzione delle iscrizioni degli studenti appartenenti alle famiglie meno abbienti del Mezzogiorno;
    il tasso di ingresso all'università in Italia si attesta intorno al 40 per cento, valore ben inferiore alla media Ocse che sfiora il 60 per cento, mentre è clamorosamente fallito l'obiettivo di aumentare il numero dei laureati, una priorità delle politiche sull'istruzione universitaria fin dalle riforme degli anni ’90 e, come risulta dal rapporto Ocse «Education at Glance», con il 20 per cento di laureati nella fascia dei 25-34 anni, l'Italia è al 34o posto su 37 nazioni;
    questa drammatica situazione non può essere considerata una conseguenza di un «destino cinico e baro» ma è il risultato di precise scelte politiche, dei tagli continui e delle riduzioni di risorse per l'istruzione e per la ricerca;
    la legge di stabilità 2016, purtroppo, non rappresenta una vera e reale inversione di tendenza: il primo grande assente è proprio il «diritto allo studio», nonostante le modifiche apportate alla sconveniente previsione di incremento (+5 milioni di euro) previsto dal testo approvato in Senato e aggravato per moltissimi giovani dall'attuale calcolo ISEE;
    la spesa per l'istruzione in Italia resta al di sotto della media europea, per allinearsi alla quale occorrono impegni e investimenti maggiori, infatti le risorse destinate all'università e alla ricerca rappresentano appena l'1 per cento, del PIL rispetto a una media europea di circa l'1,5 per cento;
    deve essere, quindi, prioritario un intervento di rifinanziamento complessivo del FFO e del diritto allo studio, affinché si possa prevedere un rilancio complessivo del sistema universitario e per porre fine alle profonde disuguaglianze legate all'accessibilità del percorso universitario e alla fruibilità dei servizi destinati agli studenti da nord a sud del Paese e impedire che l'università stessa diventi sempre più un lusso per pochi generando in tal modo nuovi privilegi e maggiori disuguaglianze,

impegna il Governo

  ad assicurare al sistema universitario statale finanziamenti adeguati, destinando ad esso risorse tali da raggiungere nell'arco di un quinquennio una percentuale del prodotto interno lordo pari alla media delle risorse destinate alle stesse finalità da parte dei Paesi dell'Unione europea e, come garanzia di un effettivo diritto allo studio per le giovani generazioni, ad aumentare in maniera sostanziale il Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio, rivedere criteri di accesso alle borse di studio universitarie attualmente vigenti attraverso una rimodulazione della soglia ISEE a livello nazionale in modo da ampliare e/o garantire una percentuale di studenti idonei e richiedenti almeno in linea con la percentuale degli anni accademici passati nonché diminuire in maniera consistente l'attuale e altissimo tasso di contribuzione studentesca;
   a rivedere in maniera organica tutta la normativa relativa alle forme straordinarie e anomale di reclutamento per chiamata diretta e stipendio «personalizzato», in cui i criteri per l'assunzione tutti da definire – non possono sostituire qualsiasi procedura comparativa ai sensi dell'articolo 18, comma 1, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, ingenerando così una moltiplicazione dei livelli di docenza del tutto inutile e offensiva per il normale corpo docente e, invece, a stanziare risorse adeguate a favore delle chiamate dei professori ordinari abilitati a copertura delle effettive esigenze d'organico;
   a reperire e stanziare le risorse necessarie al fine di ripristinare la regolare progressione di classi e scatti stipendiali dei docenti universitari.
9/3444-A/86Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Pannarale.


   La Camera,
   premesso che:
    l'articolo 34 della Costituzione italiana sancisce che i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi e che la Repubblica deve rendere effettivo questo diritto attraverso l'attribuzione per concorso di borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze;
    il diritto allo studio rappresenta, pertanto, uno degli strumenti più importanti per rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona e per dare attuazione a quell'eguaglianza sostanziale fra cittadini abbienti e meno abbienti che è alla base dell'articolo 3, secondo comma, della Costituzione;
    in questo contesto, non è possibile non rilevare come l'università italiana da anni viva una crisi profonda, i segnali sono molti ma quello più drammatico è il calo delle immatricolazioni: meno 23 per cento, in dieci anni come riportano i dati ufficiali del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
    i nuovi iscritti che erano 338.482 nell'anno accademico 2003/2004, si sono ridotti a 260.245 nel 2013/2014;
    rallentano i tassi di passaggio dalla scuola secondaria superiore all'università nello stesso anno del diploma: al netto delle tendenze demografiche, siamo scesi 49,1 per cento, riportando così il Paese indietro di dieci anni e, soprattutto, si evidenzia la riduzione delle iscrizioni degli studenti appartenenti alle famiglie meno abbienti del Mezzogiorno;
    il tasso di ingresso all'università in Italia si attesta intorno al 40 per cento, valore ben inferiore alla media Ocse che sfiora il 60 per cento, mentre è clamorosamente fallito l'obiettivo di aumentare il numero dei laureati, una priorità delle politiche sull'istruzione universitaria fin dalle riforme degli anni ’90 e, come risulta dal rapporto Ocse «Education at Glance», con il 20 per cento di laureati nella fascia dei 25-34 anni, l'Italia è al 34o posto su 37 nazioni;
    questa drammatica situazione non può essere considerata una conseguenza di un «destino cinico e baro» ma è il risultato di precise scelte politiche, dei tagli continui e delle riduzioni di risorse per l'istruzione e per la ricerca;
    la legge di stabilità 2016, purtroppo, non rappresenta una vera e reale inversione di tendenza: il primo grande assente è proprio il «diritto allo studio», nonostante le modifiche apportate alla sconveniente previsione di incremento (+5 milioni di euro) previsto dal testo approvato in Senato e aggravato per moltissimi giovani dall'attuale calcolo ISEE;
    la spesa per l'istruzione in Italia resta al di sotto della media europea, per allinearsi alla quale occorrono impegni e investimenti maggiori, infatti le risorse destinate all'università e alla ricerca rappresentano appena l'1 per cento, del PIL rispetto a una media europea di circa l'1,5 per cento;
    deve essere, quindi, prioritario un intervento di rifinanziamento complessivo del FFO e del diritto allo studio, affinché si possa prevedere un rilancio complessivo del sistema universitario e per porre fine alle profonde disuguaglianze legate all'accessibilità del percorso universitario e alla fruibilità dei servizi destinati agli studenti da nord a sud del Paese e impedire che l'università stessa diventi sempre più un lusso per pochi generando in tal modo nuovi privilegi e maggiori disuguaglianze,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di:
    assicurare al sistema universitario statale finanziamenti adeguati, destinando ad esso risorse tali da raggiungere nell'arco di un quinquennio una percentuale del prodotto interno lordo pari alla media delle risorse destinate alle stesse finalità da parte dei Paesi dell'Unione europea e, come garanzia di un effettivo diritto allo studio per le giovani generazioni, ad aumentare in maniera sostanziale il Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio, rivedere criteri di accesso alle borse di studio universitarie attualmente vigenti attraverso una rimodulazione della soglia ISEE a livello nazionale in modo da ampliare e/o garantire una percentuale di studenti idonei e richiedenti almeno in linea con la percentuale degli anni accademici passati nonché diminuire in maniera consistente l'attuale e altissimo tasso di contribuzione studentesca;
    rivedere in maniera organica tutta la normativa relativa alle forme straordinarie e anomale di reclutamento per chiamata diretta e stipendio «personalizzato», in cui i criteri per l'assunzione tutti da definire – non possono sostituire qualsiasi procedura comparativa ai sensi dell'articolo 18, comma 1, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, ingenerando così una moltiplicazione dei livelli di docenza del tutto inutile e offensiva per il normale corpo docente e, invece, a stanziare risorse adeguate a favore delle chiamate dei professori ordinari abilitati a copertura delle effettive esigenze d'organico;
   reperire e stanziare le risorse necessarie al fine di ripristinare la regolare progressione di classi e scatti stipendiali dei docenti universitari.
9/3444-A/86. (Testo modificato nel corso della seduta) Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Pannarale.


   La Camera,
   considerato che:
    con i commi da 491-bis a 491-vicies semel dell'articolo 1 del provvedimento, il Governo, attraverso un meccanismo che in parte anticipa il meccanismo di risoluzione delle crisi bancarie che entrerà in vigore il prossimo 1o gennaio 2016, ed in parte ricorre al vecchio bail-out, sorta di salvataggio attuato grazie ad una iniezione di liquidità finanziaria, ha consentito di garantire, senza soluzione di continuità, l'operatività dei quattro istituti di credito, Banca delle Marche, Banca popolare dell'Etruria, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti diversamente destinati al default, la cui vicenda sta mettendo a dura prova la fiducia dei risparmiatori italiani nell'intero sistema bancario italiano;
    le suddette disposizioni contemplano una soluzione che lascia insoddisfatti tutti quei clienti, per lo più piccoli risparmiatori, che hanno allocato proprie risorse su titoli offerti dalle quattro banche ad alto rischio d'impresa come le azioni e le obbligazioni subordinate. Infatti, il comma 49-quinquiesdecies, al fine di risarcire almeno una parte di questi ultimi prevede l'istituzione di un Fondo di solidarietà con una dotazione finanziaria massima pari a 100 milioni di euro alimentato, nel pieno rispetto delle regole dell'Unione europea sugli aiuti di Stato, in parte direttamente dal sistema bancario e finanziario ed in parte da risorse statali. La definizione dei criteri e delle modalità di attuazione dello stesso è demandata ad un regolamento da emanarsi entro il 31 marzo 2016;
    al Fondo, al fine di vedersi riconosciuto il proprio pregiudizio economico, potranno accedervi gratuitamente i risparmiatori e gli investitori non professionali attraverso l'attivazione di meccanismi stragiudiziali di contestazione e di ristoro dei danni verso qualsiasi tipo di intermediario (dalle banche alle assicurazioni);
    si tratta di una soluzione incapace di soddisfare le ragioni di tutte le vittime del dissesto che ha mandato in fumo circa 780 milioni di euro di obbligazioni subordinate, oltre la metà delle quali in tasca a piccoli risparmiatori. Secondo dati più precisi diramati nei giorni scorsi con una iconografica dal Ministero dell'economia e delle finanze, il numero dei risparmiatori possessori dei bond subordinati di Banca Etruria, Banca Marche, Carife e Carichieti che hanno perso le loro piccole fortune frutto dei risparmi di una vita sono 10.559, per un controvalore di 392,2 milioni di euro;
    secondo la stessa iconografica i suddetti 10.559 risparmiatori sono stati suddivisi in tre categorie da quella più vulnerabile a quella meno esposta e che saranno valutati caso per caso dall'arbitrato:
     a) la categoria più «esposta»: sono 1.010 clienti che hanno un patrimonio inferiore a 100 mila euro di cui più del 50 per cento impegnati in obbligazioni subordinate rientreranno molto probabilmente tra i beneficiari del nuovo fondo. Il valore del rimborso si aggirerebbe attorno ai 27,4 milioni di euro;
     b) la categoria «di media esposizione»: sono in tutto 1.484 clienti che hanno un patrimonio inferiore a 100 mila euro la cui percentuale di patrimonio impegnato nei bond subordinati oscilla tra il 30 e il 50 per cento. Il controvalore si aggirerebbe attorno ai 100 milioni di euro;
     c) la categoria «meno esposta»: sono i restanti 8 mila con oltre 100 mila euro di patrimonio con una quota di subordinate sotto il 30 per cento. Molto probabilmente questa categoria non accederà al fondo;
    gli sviluppi dell'intera vicenda hanno fatto emergere tutta l'inadeguatezza di un sistema di regole, che antepone la sopravvivenza della stabilità finanziaria europea, principio base del nuovo meccanismo del bail-in europeo progettato, peraltro, per crisi sistemiche ben più grandi rispetto a quelle dei quattro istituti di credito e di altri su cui si sta sperimentando la «risoluzione», alla tutela del risparmio in tutte le sue forme prevista dall'articolo 47 della Costituzione; è del tutto evidente che le risorse stanziate nella legge di stabilità 2016 dal comma 491-sexiesdecies sono molto al di sotto di quelle necessarie a soddisfare l'intera platea dei danneggiati;
    sussiste la necessità inderogabile di dare stabilità al sistema bancario e restituire immediatamente la massima fiducia a risparmiatori e investitori,

impegna il Governo

ad implementare adeguatamente la dotazione finanziaria del Fondo di cui all'articolo 1, comma 491-sexiesdecies, al fine di garantire a tutti i danneggiati un rimborso pieno, senza costringere il collegio arbitrale a dover agire nei limiti della dotazione finanziaria prevista dal medesimo comma, anche prevedendo di destinare tutti gli eventuali maggiori ricavi derivanti dalla cessione dei prestiti non performanti (cosiddetti non performing loans) e delle partecipazioni al capitale o dei diritti degli istituti bancari soggetti alla procedura di risoluzione di cui al decreto-legge 22 novembre 2015, n. 183, agli enti ponte di cui all'articolo 1 del medesimo decreto-legge.
9/3444-A/87Paglia, Scotto, Marcon, Melilla.


   La Camera,
   considerato che:
    il provvedimento, al fine di sostenere la genitorialità condivisa, contiene una serie di disposizioni che si muovono nel solco già tiepidamente tracciato dalla legge Fornero e dal Jobs act, ma che saranno poco capaci, in termini innovativi, a contribuire ad un pieno ed effettivo work life balance, in un mutato contesto sociale nel quale fra le nuove generazioni sono già in corso sperimentazioni di nuovi modelli familiari e di coppia;
    le disposizioni contenute nel provvedimento che intervengono in tale ambito si limitano, infatti, a raddoppiare, portandolo a due giorni, ed a prorogare per un altro anno, il congedo obbligatorio paterno introdotto in via sperimentale dalla legge Fornero, ed al quale però fino ad oggi solo 12 per cento è ricorso, e ad estendere, in via sperimentale per il 2016 e nel limite di 2 milioni di euro, alle madri lavoratrici autonome o imprenditrici quel beneficio, già accordato alla madre lavoratrice dipendente, di richiedere, in sostituzione anche parziale del congedo parentale, un contributo economico da impiegare per il servizio di baby-sitting o per i servizi per l'infanzia erogati da soggetti pubblici o da soggetti privati accreditati. Altra misura che non si può tacere ma che merita menzione è quella che introduce una riforma del welfare aziendale che premierà le imprese più sensibili al tema della conciliazione famiglia-lavoro attraverso forme di sgravio fiscali;
    alla stessa stregua della mancanza di occupazione stabile, anche impegni lavorativi che impediscano di conciliare tempi di lavoro e di vita familiare e sociale esercitano un impatto negativo sul livello di benessere individuale, per questo è oramai ineludibile un approccio che faccia della conciliazione famiglia-lavoro una grande opportunità di evoluzione organizzativa non solo delle aziende ma della stessa società civile, deve partire però da una rivoluzione copernicana che cambi approccio anche nell'offerta di politiche pubbliche;
    conciliare lavoro e famiglia è una sfida quotidiana che coinvolge uomini e donne, anche se le pratiche della cura sono state a lungo nascoste e invisibili, relegate nel privato e considerate solo un dovere femminile. Ancora oggi, a causa della diseguale distribuzione del carico di lavoro domestico e di cura all'interno della famiglia, la difficoltà di conciliare è avvertita soprattutto dalle donne, in modo particolare nella fase del ciclo di vita immediatamente successiva alla nascita dei figli. Esse continuano ad accollarsi le maggiori responsabilità di cura dei figli e degli altri familiari, indipendentemente dal regime di welfare e dalle specifiche politiche familiari e per l'infanzia adottate a livello politico;
    tutte le indagini condotte negli ultimi anni in Italia sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro, confermano, di fatto, tale situazione, evidenziando, peraltro, come il nostro Paese presenti, per questo aspetto, uno scenario peculiare nel contesto europeo. Infatti, nonostante si registrino i tassi di occupazione femminile tra i più bassi dell'Unione europea, si caratterizza per la presenza del delicato fenomeno dell'inattività femminile: sono molte le donne occupate che lasciano il lavoro in occasione della maternità e spesso lo fanno in maniera definitiva. Il nostro, poi, è anche il Paese in cui le donne ricevono il minor supporto, da parte degli uomini, nella gestione della casa e nella cura dei familiari: la quota di lavoro familiare di cui le italiane si fanno carico è infatti più impegnativa rispetto agli altri Paesi, a fronte di un contributo degli uomini che resta tra i più bassi al mondo. I dati sulla popolazione adulta indicano che le donne italiane in un giorno medio settimanale dedicano al lavoro familiare più tempo rispetto alle altre donne europee, nello specifico 5 ore e 20 minuti: 1 ora e 30 minuti in più delle norvegesi, delle svedesi e delle finlandesi e più tempo, in ogni caso, delle donne dell'Europa orientale e mediterranea. Al contrario gli uomini italiani dedicano alle stesse attività meno tempo rispetto agli uomini degli altri Stati europei, cioè non più di 1 ora e 35 minuti;
    gli stessi studi evidenziano come l'utilizzo del congedo parentale da parte dei padri italiani è ancora piuttosto limitato. L'esperienza svedese ha mostrato che se la diffusione del congedo tra i padri dipende indubbiamente da fattori culturali, un ruolo rilevante spetta anche agli incentivi, soprattutto economici, che possono renderlo vantaggioso per le famiglie. Gli studi condotti, invece, dall'Osservatorio nazionale delle famiglie, che monitora l'utilizzo del congedo parentale, documentano che negli ultimi anni ne ha usufruito il 24 per cento delle madri che lavora contro il 7 per cento dei padri e che tra i fattori che incoraggiano o scoraggiano l'utilizzo del congedo da parte dei padri, la copertura economica assume un ruolo primario. Il 38 per cento dei padri europei ha, infatti, dichiarato che sarebbe incentivato a utilizzare il congedo se avesse una maggiore copertura finanziaria, e il 42 per cento ha affermato di essere invece scoraggiato dall'insufficiente compensazione economica;
    del resto, qualsiasi congedo parentale può avere una ricaduta negativa sulle lavoratrici, qualora non venga il più possibile condiviso con il partner, in quanto le donne avendo retribuzioni di norma più basse sono generalmente coloro, che usufruiscono di tali congedi, rimanendo quindi più a lungo lontane dal mercato del lavoro, con possibile ripercussione negativa sulle proprie skill e alimentando fattori di segregazione orizzontale e verticale e più in generale di discriminazione;
    eppure sono ormai numerosi gli studi che rivelano la crescente aspirazione maschile a conquistare spazio e tempo per la cura dei figli, soprattutto nei primi anni di vita del bambino. Altre indagini europee sulla qualità della vita e del lavoro hanno evidenziato il crescente desiderio dei padri di avere più tempo da trascorre con i propri figli, e l'attribuzione di un nuovo valore nei confronti della paternità, differente e più affettivo rispetto a quello che veniva assegnato dalle precedenti generazioni;
    fuori dal coro non manca, invece, chi sostiene che per riequilibrare il lavoro di cura dei figli tra madri e padri lo strumento del congedo di paternità, al momento della nascita, non sia fondamentale. Alcune ricerche internazionali hanno mostrato, infatti, che ciò avviene solo se il padre usufruisce di una quota significativa del congedo genitoriale, e assume la principale responsabilità di cura, al posto della madre, per un lungo periodo di tempo. L'esperienza svedese è indubbiamente esemplificativa al riguardo, in questo Paese infatti, dove è alto il numero di uomini che utilizza il congedo parentale, dei 13 mesi retribuiti al 100 per cento, due sono riservati, esclusivamente, ai padri. In Italia, dove il congedo è retribuito al 30 per cento, sono principalmente le donne a richiederlo, poiché è meno svantaggioso rinunciare alla parte dello stipendio più basso (quasi sempre quello femminile) all'interno del nucleo familiare;
    quanto premesso dimostra che pochi giorni di presenza maschile dopo il parto non bastano per attivare la condivisione nella cura da parte dei padri. Diversamente occorrerebbe riconoscere ai padri, all'atto della nascita di un figlio, almeno venti giorni di congedo di paternità obbligatorio dietro la corresponsione di un'indennità giornaliera pari al 100 per cento della retribuzione;
    quanto alle disposizioni in materia di tutela della genitorialità contenute nel decreto attuativo del Jobs act sulla conciliazione famiglia-lavoro (decreto legislativo n. 80 del 2015), sono abbastanza variegate e si articolano tra implementazioni della normativa obbligatoria preesistente, parziale ampliamento delle norme di favore della genitorialità ed una serie di disposizioni di tutela totalmente novitarie. Pertanto, il grado di estensione delle disposizioni al lavoro pubblico è, anch'esso, variabile delineando, in tal modo, confini ancora incerti tra la disciplina derivante dal Jobs act e quella sul pubblico impiego e comportando, di fatto, un dualismo ed una disparità di trattamento in tale ambito tra dipendenti pubblici e privati,

impegna il Governo:

  ad adottare un provvedimento normativo che preveda per il padre lavoratore dipendente l'obbligo di astenersi dal lavoro per un periodo pari a venti giorni lavorativi, anche continuativi, entro i trenta giorni successivi alla nascita del figlio, dietro la corresponsione di un'indennità pari al 100 per cento della retribuzione, al fine di sostenere la genitorialità, promuovendo una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all'interno della coppia;
   ad estendere in via sperimentale per gli anni 2016, 2017 e 2018, le disposizioni di cui al decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, in materia di permessi e congedi, anche ai dipendenti del settore pubblico, al fine di attuare una completa universalizzazione delle tutele previste per la genitorialità.
9/3444-A/88Nicchi, Gregori, Costantino, Duranti, Pannarale, Pellegrino, Ricciatti, Marcon, Melilla.


   La Camera,
   considerato che:
    il provvedimento, al fine di sostenere la genitorialità condivisa, contiene una serie di disposizioni che si muovono nel solco già tiepidamente tracciato dalla legge Fornero e dal Jobs act, ma che saranno poco capaci, in termini innovativi, a contribuire ad un pieno ed effettivo work life balance, in un mutato contesto sociale nel quale fra le nuove generazioni sono già in corso sperimentazioni di nuovi modelli familiari e di coppia;
    le disposizioni contenute nel provvedimento che intervengono in tale ambito si limitano, infatti, a raddoppiare, portandolo a due giorni, ed a prorogare per un altro anno, il congedo obbligatorio paterno introdotto in via sperimentale dalla legge Fornero, ed al quale però fino ad oggi solo 12 per cento è ricorso, e ad estendere, in via sperimentale per il 2016 e nel limite di 2 milioni di euro, alle madri lavoratrici autonome o imprenditrici quel beneficio, già accordato alla madre lavoratrice dipendente, di richiedere, in sostituzione anche parziale del congedo parentale, un contributo economico da impiegare per il servizio di baby-sitting o per i servizi per l'infanzia erogati da soggetti pubblici o da soggetti privati accreditati. Altra misura che non si può tacere ma che merita menzione è quella che introduce una riforma del welfare aziendale che premierà le imprese più sensibili al tema della conciliazione famiglia-lavoro attraverso forme di sgravio fiscali;
    alla stessa stregua della mancanza di occupazione stabile, anche impegni lavorativi che impediscano di conciliare tempi di lavoro e di vita familiare e sociale esercitano un impatto negativo sul livello di benessere individuale, per questo è oramai ineludibile un approccio che faccia della conciliazione famiglia-lavoro una grande opportunità di evoluzione organizzativa non solo delle aziende ma della stessa società civile, deve partire però da una rivoluzione copernicana che cambi approccio anche nell'offerta di politiche pubbliche;
    conciliare lavoro e famiglia è una sfida quotidiana che coinvolge uomini e donne, anche se le pratiche della cura sono state a lungo nascoste e invisibili, relegate nel privato e considerate solo un dovere femminile. Ancora oggi, a causa della diseguale distribuzione del carico di lavoro domestico e di cura all'interno della famiglia, la difficoltà di conciliare è avvertita soprattutto dalle donne, in modo particolare nella fase del ciclo di vita immediatamente successiva alla nascita dei figli. Esse continuano ad accollarsi le maggiori responsabilità di cura dei figli e degli altri familiari, indipendentemente dal regime di welfare e dalle specifiche politiche familiari e per l'infanzia adottate a livello politico;
    tutte le indagini condotte negli ultimi anni in Italia sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro, confermano, di fatto, tale situazione, evidenziando, peraltro, come il nostro Paese presenti, per questo aspetto, uno scenario peculiare nel contesto europeo. Infatti, nonostante si registrino i tassi di occupazione femminile tra i più bassi dell'Unione europea, si caratterizza per la presenza del delicato fenomeno dell'inattività femminile: sono molte le donne occupate che lasciano il lavoro in occasione della maternità e spesso lo fanno in maniera definitiva. Il nostro, poi, è anche il Paese in cui le donne ricevono il minor supporto, da parte degli uomini, nella gestione della casa e nella cura dei familiari: la quota di lavoro familiare di cui le italiane si fanno carico è infatti più impegnativa rispetto agli altri Paesi, a fronte di un contributo degli uomini che resta tra i più bassi al mondo. I dati sulla popolazione adulta indicano che le donne italiane in un giorno medio settimanale dedicano al lavoro familiare più tempo rispetto alle altre donne europee, nello specifico 5 ore e 20 minuti: 1 ora e 30 minuti in più delle norvegesi, delle svedesi e delle finlandesi e più tempo, in ogni caso, delle donne dell'Europa orientale e mediterranea. Al contrario gli uomini italiani dedicano alle stesse attività meno tempo rispetto agli uomini degli altri Stati europei, cioè non più di 1 ora e 35 minuti;
    gli stessi studi evidenziano come l'utilizzo del congedo parentale da parte dei padri italiani è ancora piuttosto limitato. L'esperienza svedese ha mostrato che se la diffusione del congedo tra i padri dipende indubbiamente da fattori culturali, un ruolo rilevante spetta anche agli incentivi, soprattutto economici, che possono renderlo vantaggioso per le famiglie. Gli studi condotti, invece, dall'Osservatorio nazionale delle famiglie, che monitora l'utilizzo del congedo parentale, documentano che negli ultimi anni ne ha usufruito il 24 per cento delle madri che lavora contro il 7 per cento dei padri e che tra i fattori che incoraggiano o scoraggiano l'utilizzo del congedo da parte dei padri, la copertura economica assume un ruolo primario. Il 38 per cento dei padri europei ha, infatti, dichiarato che sarebbe incentivato a utilizzare il congedo se avesse una maggiore copertura finanziaria, e il 42 per cento ha affermato di essere invece scoraggiato dall'insufficiente compensazione economica;
    del resto, qualsiasi congedo parentale può avere una ricaduta negativa sulle lavoratrici, qualora non venga il più possibile condiviso con il partner, in quanto le donne avendo retribuzioni di norma più basse sono generalmente coloro, che usufruiscono di tali congedi, rimanendo quindi più a lungo lontane dal mercato del lavoro, con possibile ripercussione negativa sulle proprie skill e alimentando fattori di segregazione orizzontale e verticale e più in generale di discriminazione;
    eppure sono ormai numerosi gli studi che rivelano la crescente aspirazione maschile a conquistare spazio e tempo per la cura dei figli, soprattutto nei primi anni di vita del bambino. Altre indagini europee sulla qualità della vita e del lavoro hanno evidenziato il crescente desiderio dei padri di avere più tempo da trascorre con i propri figli, e l'attribuzione di un nuovo valore nei confronti della paternità, differente e più affettivo rispetto a quello che veniva assegnato dalle precedenti generazioni;
    fuori dal coro non manca, invece, chi sostiene che per riequilibrare il lavoro di cura dei figli tra madri e padri lo strumento del congedo di paternità, al momento della nascita, non sia fondamentale. Alcune ricerche internazionali hanno mostrato, infatti, che ciò avviene solo se il padre usufruisce di una quota significativa del congedo genitoriale, e assume la principale responsabilità di cura, al posto della madre, per un lungo periodo di tempo. L'esperienza svedese è indubbiamente esemplificativa al riguardo, in questo Paese infatti, dove è alto il numero di uomini che utilizza il congedo parentale, dei 13 mesi retribuiti al 100 per cento, due sono riservati, esclusivamente, ai padri. In Italia, dove il congedo è retribuito al 30 per cento, sono principalmente le donne a richiederlo, poiché è meno svantaggioso rinunciare alla parte dello stipendio più basso (quasi sempre quello femminile) all'interno del nucleo familiare;
    quanto premesso dimostra che pochi giorni di presenza maschile dopo il parto non bastano per attivare la condivisione nella cura da parte dei padri. Diversamente occorrerebbe riconoscere ai padri, all'atto della nascita di un figlio, almeno venti giorni di congedo di paternità obbligatorio dietro la corresponsione di un'indennità giornaliera pari al 100 per cento della retribuzione;
    quanto alle disposizioni in materia di tutela della genitorialità contenute nel decreto attuativo del Jobs act sulla conciliazione famiglia-lavoro (decreto legislativo n. 80 del 2015), sono abbastanza variegate e si articolano tra implementazioni della normativa obbligatoria preesistente, parziale ampliamento delle norme di favore della genitorialità ed una serie di disposizioni di tutela totalmente novitarie. Pertanto, il grado di estensione delle disposizioni al lavoro pubblico è, anch'esso, variabile delineando, in tal modo, confini ancora incerti tra la disciplina derivante dal Jobs act e quella sul pubblico impiego e comportando, di fatto, un dualismo ed una disparità di trattamento in tale ambito tra dipendenti pubblici e privati,

impegna il Governo:

   a valutare l'opportunità di:
    adottare un provvedimento normativo che preveda per il padre lavoratore dipendente l'obbligo di astenersi dal lavoro per un periodo pari a venti giorni lavorativi, anche continuativi, entro i trenta giorni successivi alla nascita del figlio, dietro la corresponsione di un'indennità pari al 100 per cento della retribuzione, al fine di sostenere la genitorialità, promuovendo una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all'interno della coppia;
    estendere in via sperimentale per gli anni 2016, 2017 e 2018, le disposizioni di cui al decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 80, in materia di permessi e congedi, anche ai dipendenti del settore pubblico, al fine di attuare una completa universalizzazione delle tutele previste per la genitorialità.
9/3444-A/88. (Testo modificato nel corso della seduta) Nicchi, Gregori, Costantino, Duranti, Pannarale, Pellegrino, Ricciatti, Marcon, Melilla.


   La Camera,
   premesso che:
    il Ministero della giustizia ha assunto come obiettivo, sin dal 2014, quello «primario di procedere anche alla razionalizzazione della geografia dei distretti delle corti d'appello e di incidere su ulteriori assetti della originaria geografia giudiziaria, così superando alcuni angusti confini della legge di delega originaria e, nel contempo, ponendosi così le premesse per dare soluzione ai casi problematici che finora non hanno ricevuto adeguata considerazione»;
    con decreto ministeriale del 12 agosto 2015 è stata istituita la Commissione per la riforma dell'ordinamento giudiziario. Come primo obiettivo assegnato all'organismo in questione quello di progettare: «lo sviluppo del processo di revisione della geografia giudiziaria, attraverso una riorganizzazione della distribuzione sul territorio delle corti di appello e delle procure generali presso le corti di appello, dei tribunali ordinari e delle procure della Repubblica ed una collegata promozione del valore della specializzazione nella ripartizione delle competenze»;
    in data 21 giugno 2013 la «CEPEJ – European Commission for the Efficiency of Justice – Commissione europea per l'efficienza della giustizia» ha pubblicato le «Linee guida per favorire le condizioni di accesso a un sistema giudiziario di qualità». Nel documento in oggetto si evince come i fattori da considerare preminenti nella definizione delle mappe giudiziarie siano divisi in due categorie: i «fattori chiave» – di primaria importanza – ed i «fattori aggiuntivi» che sono di rilevanza secondaria e che, se utilizzati in aggiunta ai primi, migliorano la completezza e la robustezza della analisi;
    i «fattori chiave» di predetto documento sono individuati in: densità di popolazione; dimensione dell'ufficio giudiziario; flussi di procedimenti e carichi di lavoro; ubicazione geografica; infrastrutture e trasporti. Per quanto invece riguarda i «fattori aggiuntivi» si può tenere conto di: informatizzazione; tecnologie audio/video disponibili e della cultura generale; industrializzazione del territorio; disponibilità di procedure alternative di risoluzione delle controversie (ADR/mediazione); disponibilità di avvocati; opportunità di assunzione di personale e di assegnazione di giudici nel territorio; cooperazione con sistemi e istituzioni esterne come il sistema penitenziario, le procure e la polizia;
    l'Unione regionale delle Curie Sarde ha ritenuto di interloquire con Governo e Parlamento, al fine di scongiurare che la nuova iniziativa di riassetto territoriale della geografia giudiziaria incida sulla esistenza della Sezione distaccata della corte d'appello di Sassari oltre che degli stessi tribunali circondariali del distretto, che hanno già giustamente e positivamente superato indenni la prima fase del riassetto della geografia giudiziaria;
    nello specifico infatti si ritiene che, nel caso della Sezione di corte d'appello di Sassari, siano pienamente riscontrabili sia i cosiddetti «fattori chiave» che quelli «aggiuntivi», con particolare riferimento a:
     1. densità di popolazione: in quanto la sezione della corte d'appello in oggetto soddisfa l'esigenza di giustizia di utenti di oltre 650.000 abitanti (ISTAT 2015), al netto dei numerosi flussi turistici che gravitano sul territorio stesso;
     2. dimensioni dell'ufficio giudiziario – Flussi di procedimenti e carichi di lavoro: in quanto la Corte in oggetto, pur classificabile di «piccole dimensioni» (ovvero con un bacino di utenza inferiore al milione di abitanti), presenta dei flussi di procedimenti superiori a talune sezioni autonome di corti di appello (come Trento e Campobasso) e sostanzialmente equiparabili a quelli della sede centrale di Cagliari. Oltremodo, in caso di ridefinizione dell'assetto territoriale, il carico di lavoro di Sassari (che ha una media durata di procedimento calcolata in 458 giorni) andrebbe a gravare sulla corte d'appello di Cagliari, che già presenta un grado di « performance» peggiore (quantificabile in 540 giorni) con prevedibili e nefaste conseguenze per tutto il sistema giudiziario sardo, in termini di durata dei procedimenti, di efficienza del sistema e di amministrazione della giustizia;
     3. ubicazione geografica, infrastrutture e trasporti: dal punto di vista geografico il territorio coperto dalla sezione distaccata di Sassari è estremamente vasto comprendendo i circondari dei Tribunali di Sassari, Nuoro e Tempio Pausiana e si estende su oltre 11.600 chilometri. Considerando inoltre le distanze chilometriche fra le sezioni citate e la corte d'appello di Cagliari, che risultano fra le più alte d'Italia data anche la particolare conformazione geografica della Sardegna, un'eventuale accentramento del servizio andrebbe quindi a porsi in contrasto con le richiamate linee guida, nella esplicita previsione della «accessibilità della sede» come uno dei «fattori critici» per la permanenza della sezione distaccata. Il tutto aggravato dalla grave carenza infrastrutturale e del sistema di trasporti, che rende oltremodo difficoltoso il raggiungimento del capoluogo di Regione;
    Lanusei è un centro di circa 7000 abitanti, capoluogo dell'Ogliastra, area collocata nella Sardegna centro meridionale (fra le province di Cagliari, Nuoro ed Olbia), geograficamente e culturalmente omogenea e storicamente segnata da un forte isolamento, poco densamente popolata (circa 58.000 abitanti su di un territorio che si estende per 1854 chilometri quadrati, diviso in 22 comuni), scarsamente collegata ai centri più popolosi dell'Isola stante una rete viaria che non consente lo scorrimento veloce. Territorio segnato da forti problemi economici, che sconta in maniera pesante una politica di tagli e « spending review» totalmente centrata sulla legge dei grandi numeri invece che sul rispetto dei diritti della persona;
    il rischio della perdita del tribunale (che fra le altre cose risulta essere tra i primi 27 tribunali italiani in termini statistici e di definizione dei procedimenti) per le ragioni di riorganizzazione espresse in premessa, denunciato oltremodo dalla Assemblea degli Iscritti all'Albo degli avvocati del foro di Lanusei che ha deliberato l'astensione da tutte le udienze civili, penali ed amministrative per il periodo 16-24 novembre 2015, avrebbe ripercussioni sociali non indifferenti. La soppressione del tribunali, infatti, implicherebbe un ulteriore violento impatto economico sul territorio, con la perdita stimata di circa 500 posti di lavoro fra dipendenti e indotto, senza considerare le difficoltà che emergerebbero nella concreta amministrazione del territorio;
    per quanto espresso, quindi, la soppressione della Sezione distaccata di corte d'appello di Sassari e del tribunale di Lanusei non solo sarebbe in contrasto con le linee guida comunitarie in materia di geografia giudiziaria, ma non comporterebbe alcun risparmio per le finanze dello Stato, se non addirittura un paradossale aumento di costi sia in termini economici che funzionali oltre che arrecare un grave pregiudizio per i cittadini utenti di giustizia del territorio,

impegna il Governo

a tenere in debito conto, nel processo di ulteriore razionalizzazione degli uffici giudiziari, delle condizioni sopra espresse e con particolare riferimento alle specificità del territorio sardo, al fine di non procedere con la soppressione della sezione distaccata di corte d'appello di Sassari ed in particolar modo del tribunale di Lanusei.
9/3444-A/89Piras, Duranti, Ricciatti, Quaranta.


   La Camera,
   premesso che:
    il Ministero della giustizia ha assunto come obiettivo, sin dal 2014, quello «primario di procedere anche alla razionalizzazione della geografia dei distretti delle corti d'appello e di incidere su ulteriori assetti della originaria geografia giudiziaria, così superando alcuni angusti confini della legge di delega originaria e, nel contempo, ponendosi così le premesse per dare soluzione ai casi problematici che finora non hanno ricevuto adeguata considerazione»;
    con decreto ministeriale del 12 agosto 2015 è stata istituita la Commissione per la riforma dell'ordinamento giudiziario. Come primo obiettivo assegnato all'organismo in questione quello di progettare: «lo sviluppo del processo di revisione della geografia giudiziaria, attraverso una riorganizzazione della distribuzione sul territorio delle corti di appello e delle procure generali presso le corti di appello, dei tribunali ordinari e delle procure della Repubblica ed una collegata promozione del valore della specializzazione nella ripartizione delle competenze»;
    in data 21 giugno 2013 la «CEPEJ – European Commission for the Efficiency of Justice – Commissione europea per l'efficienza della giustizia» ha pubblicato le «Linee guida per favorire le condizioni di accesso a un sistema giudiziario di qualità». Nel documento in oggetto si evince come i fattori da considerare preminenti nella definizione delle mappe giudiziarie siano divisi in due categorie: i «fattori chiave» – di primaria importanza – ed i «fattori aggiuntivi» che sono di rilevanza secondaria e che, se utilizzati in aggiunta ai primi, migliorano la completezza e la robustezza della analisi;
    i «fattori chiave» di predetto documento sono individuati in: densità di popolazione; dimensione dell'ufficio giudiziario; flussi di procedimenti e carichi di lavoro; ubicazione geografica; infrastrutture e trasporti. Per quanto invece riguarda i «fattori aggiuntivi» si può tenere conto di: informatizzazione; tecnologie audio/video disponibili e della cultura generale; industrializzazione del territorio; disponibilità di procedure alternative di risoluzione delle controversie (ADR/mediazione); disponibilità di avvocati; opportunità di assunzione di personale e di assegnazione di giudici nel territorio; cooperazione con sistemi e istituzioni esterne come il sistema penitenziario, le procure e la polizia;
    l'Unione regionale delle Curie Sarde ha ritenuto di interloquire con Governo e Parlamento, al fine di scongiurare che la nuova iniziativa di riassetto territoriale della geografia giudiziaria incida sulla esistenza della Sezione distaccata della corte d'appello di Sassari oltre che degli stessi tribunali circondariali del distretto, che hanno già giustamente e positivamente superato indenni la prima fase del riassetto della geografia giudiziaria;
    nello specifico infatti si ritiene che, nel caso della Sezione di corte d'appello di Sassari, siano pienamente riscontrabili sia i cosiddetti «fattori chiave» che quelli «aggiuntivi», con particolare riferimento a:
     1. densità di popolazione: in quanto la sezione della corte d'appello in oggetto soddisfa l'esigenza di giustizia di utenti di oltre 650.000 abitanti (ISTAT 2015), al netto dei numerosi flussi turistici che gravitano sul territorio stesso;
     2. dimensioni dell'ufficio giudiziario – Flussi di procedimenti e carichi di lavoro: in quanto la Corte in oggetto, pur classificabile di «piccole dimensioni» (ovvero con un bacino di utenza inferiore al milione di abitanti), presenta dei flussi di procedimenti superiori a talune sezioni autonome di corti di appello (come Trento e Campobasso) e sostanzialmente equiparabili a quelli della sede centrale di Cagliari. Oltremodo, in caso di ridefinizione dell'assetto territoriale, il carico di lavoro di Sassari (che ha una media durata di procedimento calcolata in 458 giorni) andrebbe a gravare sulla corte d'appello di Cagliari, che già presenta un grado di « performance» peggiore (quantificabile in 540 giorni) con prevedibili e nefaste conseguenze per tutto il sistema giudiziario sardo, in termini di durata dei procedimenti, di efficienza del sistema e di amministrazione della giustizia;
     3. ubicazione geografica, infrastrutture e trasporti: dal punto di vista geografico il territorio coperto dalla sezione distaccata di Sassari è estremamente vasto comprendendo i circondari dei Tribunali di Sassari, Nuoro e Tempio Pausiana e si estende su oltre 11.600 chilometri. Considerando inoltre le distanze chilometriche fra le sezioni citate e la corte d'appello di Cagliari, che risultano fra le più alte d'Italia data anche la particolare conformazione geografica della Sardegna, un'eventuale accentramento del servizio andrebbe quindi a porsi in contrasto con le richiamate linee guida, nella esplicita previsione della «accessibilità della sede» come uno dei «fattori critici» per la permanenza della sezione distaccata. Il tutto aggravato dalla grave carenza infrastrutturale e del sistema di trasporti, che rende oltremodo difficoltoso il raggiungimento del capoluogo di Regione;
    Lanusei è un centro di circa 7000 abitanti, capoluogo dell'Ogliastra, area collocata nella Sardegna centro meridionale (fra le province di Cagliari, Nuoro ed Olbia), geograficamente e culturalmente omogenea e storicamente segnata da un forte isolamento, poco densamente popolata (circa 58.000 abitanti su di un territorio che si estende per 1854 chilometri quadrati, diviso in 22 comuni), scarsamente collegata ai centri più popolosi dell'Isola stante una rete viaria che non consente lo scorrimento veloce. Territorio segnato da forti problemi economici, che sconta in maniera pesante una politica di tagli e « spending review» totalmente centrata sulla legge dei grandi numeri invece che sul rispetto dei diritti della persona;
    il rischio della perdita del tribunale (che fra le altre cose risulta essere tra i primi 27 tribunali italiani in termini statistici e di definizione dei procedimenti) per le ragioni di riorganizzazione espresse in premessa, denunciato oltremodo dalla Assemblea degli Iscritti all'Albo degli avvocati del foro di Lanusei che ha deliberato l'astensione da tutte le udienze civili, penali ed amministrative per il periodo 16-24 novembre 2015, avrebbe ripercussioni sociali non indifferenti. La soppressione del tribunali, infatti, implicherebbe un ulteriore violento impatto economico sul territorio, con la perdita stimata di circa 500 posti di lavoro fra dipendenti e indotto, senza considerare le difficoltà che emergerebbero nella concreta amministrazione del territorio;
    per quanto espresso, quindi, la soppressione della Sezione distaccata di corte d'appello di Sassari e del tribunale di Lanusei non solo sarebbe in contrasto con le linee guida comunitarie in materia di geografia giudiziaria, ma non comporterebbe alcun risparmio per le finanze dello Stato, se non addirittura un paradossale aumento di costi sia in termini economici che funzionali oltre che arrecare un grave pregiudizio per i cittadini utenti di giustizia del territorio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di tenere in debito conto, nel processo di ulteriore razionalizzazione degli uffici giudiziari, delle condizioni sopra espresse e con particolare riferimento alle specificità del territorio sardo, al fine di non procedere con la soppressione della sezione distaccata di corte d'appello di Sassari ed in particolar modo del tribunale di Lanusei.
9/3444-A/89. (Testo modificato nel corso della seduta) Piras, Duranti, Ricciatti, Quaranta.


   La Camera,
   premesso che:
    il comma 333 dell'articolo del provvedimento in esame reca «riduzioni delle spese ed interventi correttivi dei Ministeri»;
    in base a quanto previsto dal «Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa per il triennio 2015-2017», nello specifico nel paragrafo dedicato allo Sviluppo e sostegno del velivolo Joint Strike Fighter e predisposizioni nazionali, vengono stanziati per il 2015, per il programma in parola, 582,7 milioni di euro e nella nota si legge che: «le poste finanziarie a decorrere dall'e.f. 2016 saranno definite, tenuto conto sia degli impegni presi dal Governo in sede parlamentare e sia del processo di Revisione Strategica indicato nel Libro Bianco, e recepite, successivamente, nell'ambito della “legge sessennale per gli investimenti militari” che sarà sottoposta all'approvazione del Parlamento»;
    il 24 settembre 2014 sono state discusse le mozioni sul programma F-35 e la Camera, tra le altre approvava le mozioni: 1-00586 Scanu; 1-00593 Brunetta; 1-00590 Cicchitto; 1-00578 Causin; in particolare, con la mozione 1-00586 Scanu la Camera impegnava il Governo «a riesaminare l'intero programma F-35 per chiarirne criticità e costi con l'obiettivo finale di dimezzare il budget finanziario originariamente previsto, così come indicato dal documento approvato dalla Commissione parlamentare difesa della Camera dei deputati a conclusione dell'indagine conoscitiva sui sistemi d'arma, in vista del Consiglio europeo del dicembre 2013, tenendo conto dei ritorni economici e di carattere industriale da esso derivanti»,

impegna il Governo

presentare, in occasione della «legge sessennale per gli investimenti militari», o nel prossimo Documento di Economia e Finanza, il piano per l'attuazione di quanto è previsto dalla mozione numero 1-00586 del 24 settembre 2014, a prima firma onorevole Scanu per il dimezzamento delle risorse programmate per il programma Joint Strike Fighter.
9/3444-A/90