XVII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 582 di giovedì 3 marzo 2016
Pag. 1PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO
La seduta comincia alle 9,35.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito il deputato segretario a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.
DAVIDE CAPARINI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Bindi, Catania, Costa, Crippa, Dambruoso, De Menech, Dellai, Di Gioia, Manlio Di Stefano, Galati, Gelli, Lauricella, Locatelli, Lupi, Manciulli, Marotta, Pes, Piccoli Nardelli, Piepoli, Portas, Rampelli, Ravetto, Realacci, Rosato, Rossomando, Sani, Schullian, Spadoni, Tabacci e Turco sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente centosedici, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Irrogazione di sanzioni ai sensi dell'articolo 60 del Regolamento (ore 9,40).
PRESIDENTE. Comunico che l'Ufficio di Presidenza, nella riunione odierna, ha preso in esame gli episodi verificatisi in Assemblea nella giornata del 2 marzo 2016 durante lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata.
Al riguardo, visti gli articoli 12 e 60, comma 3, del Regolamento della Camera dei deputati, ha deliberato di irrogare le seguenti sanzioni disciplinari: la sanzione della censura con interdizione di partecipare ai lavori parlamentari per un periodo di tre giorni di seduta ai deputati Alberti, Cariello, De Rosa, Manlio Di Stefano, Sorial, Toninelli, Tripiedi e Villarosa; la sanzione della censura con interdizione di partecipare ai lavori parlamentari per un periodo di sei giorni di seduta ai deputati Nicola Bianchi, Brugnerotto e Della Valle.
Le sanzioni hanno decorrenza immediata. Per il deputato Manlio Di Stefano la sanzione ha decorrenza da lunedì 7 marzo 2016.
Ricordo che, ai sensi dell'articolo 60, comma 3, del Regolamento, le decisioni in tema di sanzioni adottate dall'Ufficio di Presidenza sono comunicate all'Assemblea e in nessun caso possono essere oggetto di discussione.
Invito i deputati Alberti, Nicola Bianchi, Brugnerotto, Cariello, De Rosa, Della Valle, Sorial, Toninelli, Tripiedi e Villarosa, ove presenti, e mi pare che siano presenti, a lasciare l'Aula, in ottemperanza alla decisione adottata dall'Ufficio di Presidenza.Pag. 2
Collega Brugnerotto, per favore, velocemente anche Cariello, altrimenti non possiamo proseguire con la seduta.
Seguito della discussione della relazione sullo stato dell'informazione e sulla condizione dei giornalisti minacciati dalle mafie, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere (Doc. XXIII, n. 6) (ore 9,45).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della relazione sullo stato dell'informazione e sulla condizione dei giornalisti minacciati dalle mafie, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere (Doc. XXIII, n. 6).
Ricordo che nella seduta del 29 febbraio si è conclusa la discussione ed è stata presentata la risoluzione Bindi, Fava, D'Uva, Carfagna e Garavini n. 6-00211, sulla quale il rappresentante del Governo, intervenendo in sede di replica, ha espresso parere favorevole.
Avverto che tale risoluzione è stata sottoscritta anche dalla deputata Prestigiacomo.
(Dichiarazioni di voto – Doc. XXIII, n. 6)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Giovanni Mottola. Ne ha facoltà.
GIOVANNI CARLO FRANCESCO MOTTOLA. Presidente, onorevoli colleghi, credo sia doveroso, in primo luogo, ringraziare i colleghi della Commissione antimafia ed in particolare quelli dell'VIII Comitato mafia, giornalisti e mondo dell'informazione, per il pregevole lavoro che hanno svolto e per averlo condiviso con tutta l'Aula.
Leggere la relazione, frutto delle 34 lezioni effettuate e di oltre 4 mila pagine di documenti acquisiti, ci ha dato la possibilità di avere un quadro chiaro e, purtroppo, disarmante della condizione in cui tanti giornalisti sono costretti ad operare.
Come sappiamo, alcuni giornalisti hanno pagato con la vita il proprio impegno per raccontare la verità. Sono ben nove, negli ultimi quarant'anni, di cui addirittura otto nella sola Sicilia.
Quello che emerge dai dati, ovvero che non c’è neppure una regione italiana, tranne forse la Valle d'Aosta, che negli ultimi anni non abbia registrato casi di violenza e intimidazione verso giornalisti, dà un quadro forse ancora più allarmante della situazione generale. Il fenomeno non è circoscritto, come si poteva pensare, ad alcune regioni della penisola, ma diffuso, seppur con gradazioni certamente diverse su tutto il territorio nazionale.
Ma c’è un altro fenomeno, non certamente di stampo mafioso ma altrettanto preoccupante, che negli ultimi anni sta prendendo sempre più campo: le azioni legali con richiesta di risarcimento danni, da centinaia di migliaia di euro fino addirittura a centinaia di milioni; richieste esorbitanti, che, spesso, va detto, finiscono nel nulla per la lucidità dei magistrati, ma che però hanno l'effetto di funzionare come vere e proprie intimidazioni verso un'intera categoria di lavoratori.
L'articolo 21 della Costituzione recita: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. (...)» Dobbiamo tutelare quello che è l'imprescindibile caposaldo della nostra Carta fondamentale, ma per farlo non possiamo esimerci dal tutelare chi è chiamato a lavorare in campo giornalistico.
Concludendo, non possiamo che esprimere solidarietà a tutti i colleghi giornalisti, che, quotidianamente, sono costretti a convivere con minacce ed intimidazioni, e a loro va tutta la nostra vicinanza; al Pag. 3Governo va l'invito a farsi carico della questione, come richiesto anche dalle risoluzioni che ci accingiamo a votare.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Attaguile. Ne ha facoltà.
ANGELO ATTAGUILE. Signor Presidente, colleghi, il tema che qui stiamo affrontando è delicato e complesso, come chiaramente riporta... mi scuso, perché sono appena arrivato...
PRESIDENTE. Prego, non si preoccupi. Non c’è problema.
ANGELO ATTAGUILE. ...come riporta la stessa relazione su cui quest'Aula è chiamata ad esprimere il proprio voto. In questi anni, ai danni di diversi giornalisti sono pervenute minacce, avvertimenti e anche dei veri e propri attentati. Per la precisione, dal 2006 al 31 ottobre 2014, vi sono stati 2060 avvertimenti, con un costante incremento che ha registrato il suo picco nei primi dieci mesi del 2014: 421 atti di violenza o di intimidazione, quasi tre ogni due giorni; sono molti, più di trenta, anche i giornalisti sottoposti a misura di tutela dal Ministro dell'interno. Non esito a dire che non esistono zone franche: lo scorso anno, come riporta sempre la relazione, solo la Val d'Aosta e il Molise non hanno registrato aggressioni o intimidazioni contro l'informazione.
Il vecchio paradigma di una violenza mafiosa concentrata nelle regioni meridionali è ormai superato da una realtà che indica, nel Lazio, la regione in cui si registra la maggior parte di episodi di minacce ai danni dei giornalisti: 26, dall'inizio del 2015; seguono la Campania, con 20 episodi, e la Puglia e la Lombardia, con 18; e non è una coincidenza se due tra i casi più recenti, l'attentato sventato ai danni di Giovanni Tizian e le ripetute e gravi minacce nei confronti della giovanissima cronista Ester Castano, vanno collocati rispettivamente in Emilia Romagna e in Lombardia. Nessuno può essere lasciato solo, se minacciato, ma, in particolare, quello che colpisce dalle audizioni svolte dal Comitato è la velocità con cui molti, a pochi mesi dai fatti, vengono lasciati soli, purtroppo.
Mi preme riportare un passaggio di uno dei giornalisti auditi, che, con molta efficacia, riporta quello che spesso accade: «Quasi sempre la minaccia produce un effetto perverso, perché il collega minacciato, intorno al quale immediatamente si stringe una qualche forma di solidarietà, passati un mese, due mesi o tre mesi, diventa un problema per la sua redazione e per gli altri colleghi. Normalmente, quindi, diventa due volte vittima: è vittima prima di chi lo minaccia e poi di un clima di sostanziale fastidio, indifferenza o, addirittura, isolamento nel suo stesso contesto di lavoro» sempre dice il cronista. «Quello che, invece, mi preme dire e che personalmente ho potuto osservare e osservo è che, come sempre, c’è un punto critico che riguarda, appunto, la tenuta del sistema informativo rispetto alle minacce delle mafie, piccole, medie o grandi che siano, e che ha a che fare con lo stato miserabile (io uso questo aggettivo consapevolmente) dell'informazione italiana», sempre continua il cronista. «Quando dico “miserabile” intendo dire che il mercato dell'informazione in Italia, non diversamente da altri Paesi europei, come sapete, sta attraversando una crisi strutturale profonda. Il numero dei disoccupati ormai è molto alto. Le figure professionali sono sempre più evanescenti dal punto di vista delle garanzie. Come voi sapete, nella legge istitutiva dell'ordine esiste storicamente una differenza tra il giornalista professionista e il cosiddetto “pubblicista”. Oggi, di fatto, il rapporto tra pubblicisti e professionisti si è capovolto. Il mercato del lavoro non produce più praticanti e, quindi, non produce più professionisti o ne produce un numero molto, ma molto ridotto. Il lavoro dei giornali, della radio e della televisione pesa sempre di più e per lo più sulle spalle di giornalisti che sono formalmente pubblicisti, ma, di fatto, spesso, fanno il lavoro dei professionisti. Come se non bastasse, questi colleghi che, da un punto di vista formale, sono più Pag. 4deboli e più fragili nelle garanzie, si misurano con un mercato del lavoro dove la retribuzione media di un pezzo di cronaca non supera i 15-20 euro lordi». (...) Non sto pensando solo alla Campania o alla Sicilia, ma anche al Lazio, dove il grado di intimidazione e intossicazione accresce la fragilità del tessuto cui si trova di fronte”. Scusi, Presidente, quanto tempo ho ancora ?
PRESIDENTE. Ha ancora un minuto e dieci secondi. Avrei suonato tra dieci secondi.
ANGELO ATTAGUILE. Noi approviamo la relazione riguardante la situazione dei giornalisti minacciati che svolgono il proprio lavoro, la condividiamo, però desidero sottolineare ed evidenziare che in questa relazione non si deve strumentalizzare la giustizia né, tanto meno, trasformare questa giustizia e questa Aula del Parlamento in un tribunale, perché è compito dei giudici interrogare ed emettere sentenza senza alcuna pressione da parte nostra, di noi deputati: perché a noi il compito di legiferare, ai magistrati il compito di giudicare senza alcuna interferenza. Mi richiamo al caso Ciancio che, in questa relazione, è stato tante volte citato...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
ANGELO ATTAGUILE. ...se in prima persona, tante persone sono state ascoltate, persone che hanno diversi interessi contrastanti. Io ritengo che dobbiamo cassare tutte le frasi, tutta la relazione che riguarda Ciancio, perché devo dire che Ciancio – ecco il fatto nuovo – è stato assolto dalle ingiuste accuse, almeno in primo grado. Quindi, io ritengo che il Parlamento non possa chiedere, non possa giudicare, non possa analizzare, non possa attenzionare una sentenza già espressa. Quindi, approviamo tutta la relazione, tranne tutte le frasi e tutti i periodi che si rivolgono all'imprenditore Ciancio, perché i giudici...
PRESIDENTE. Deve concludere.
ANGELO ATTAGUILE. ...facciano la loro parte e abbiano la propria indipendenza. Ai parlamentari resta il compito di legiferare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).
Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il collega Vecchio. Ne ha facoltà.
ANDREA VECCHIO. Grazie per avermi dato la parola, signor Presidente. Rappresentante del Governo, onorevoli colleghe e colleghi, nell'ordinamento italiano la libertà di manifestazione del pensiero è consacrata nell'articolo 21 della nostra Costituzione.
Nonostante la legge sulla stampa sia stata approvata l'8 febbraio del 1948 dall'Assemblea costituente proprio per dare attuazione e contenuto al diritto di informare, l'ultimo rapporto elaborato da «Ossigeno per l'informazione» ha rilevato che, in Italia, le intimidazioni ai giornalisti non sono episodiche, ma si manifestano da anni con un trend costante ed in continuo aumento, diffuse a tappeto sull'intero territorio nazionale.
L'Osservatorio ha censito un vasto e drammatico repertorio di minacce, attentati e avvertimenti ai danni di migliaia di giornalisti: 2.060 dal 2006 al 31 ottobre 2014, con regolare incremento, che ha registrato il suo picco nei dieci mesi del 2014: 421 attentati o atti di violenza o di intimidazione, quasi tre ogni due giorni; molti più di trenta anche i giornalisti sottoposti a misura di tutela dal Ministero dell'interno. Probabilmente queste cifre sono la punta dell’iceberg, perché tengono conto solo degli episodi conosciuti o denunciati, Pag. 5che restano minima parte rispetto ai veri ordini di grandezza della violenza mafiosa contro i giornalisti.
Nel dossier viene sottolineato che i media, la politica e gli stessi giornalisti continuano ad ignorare un problema così grave e di così vaste dimensioni. La negazione del problema è l'ostacolo principale da superare. Si ottiene l'oscuramento dando visibilità mediatica momentanea soltanto agli episodi più eclatanti e rappresentando il fenomeno complessivo come un insieme di piccoli fatti locali non collegati ad una matrice comune. Ciò consente anche alla politica di minimizzare il problema e di occuparsi soltanto delle intimidazioni più gravi ed evidente. La politica non si occupa tanto dell'origine del fenomeno, ma segue e registra il suo verificarsi.
Partendo da queste considerazioni, la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, ha costituito uno specifico Comitato su mafia, giornalisti e mondo dell'informazione, coordinato da Claudio Fava e del quale mi onoro di averne fatto parte.
Il piano di lavoro del Comitato ha inteso mettere a fuoco alcuni profili: le diverse modalità in cui si manifesta la violenza o l'intimidazione nei confronti dei giornalisti; la molteplicità di cause riferibili immediatamente alle organizzazioni criminali o legate ad altri soggetti che pretendono il silenzio sui loro legami collusivi; le conseguenze degli atti di violenza o di intimidazione sulla qualità complessiva dell'informazione; la diffusione geografica del fenomeno; la sostanziale invisibilità di questa violenza, diffusa, ma, spesso, ignorata o minimizzata dagli stessi organi di informazione; il caporalato giornalistico e la marginalità professionale della maggior parte delle vittime, che le rende particolarmente deboli di fronte agli atti di intimidazione; i rimedi ad una legislazione sulla stampa, che andrebbe riformata e allineata agli standard europei sulla tutela dovuta ai giornalisti e al loro diritto-dovere di informare.
Il Comitato è stato chiamato ad indagare anche l'altro aspetto del problema: l'informazione contigua, compiacente o, persino, collusa con le mafie. La stampa, purtroppo, è costituita da una élite di giornalisti primedonne e da un esercito di giovani freelance in prima linea e mal pagati. Esiste, comunque, nei confronti dell'informazione libera una diffusione di episodi di aggressività non sempre riferibili alle organizzazioni criminali mafiose. Difficile in questi casi capire quale sia la linea di confine fra minacce malavitose in senso stretto e semplici atti di intolleranza di poteri e potenti che ormai supportano una stampa non allineata. Non di rado, gli uni si fanno scudo attraverso gli altri come testimoni di alcuni episodi ricostruiti, soprattutto, in Sicilia e in Calabria.
Le conseguenze si riflettono anche sulla qualità dell'informazione, che spesso ne risente. Molte testimonianze raccolte dal Comitato raccontano di un clima difficile in alcune redazioni, di giornalisti isolati, allontanati o persino licenziati, anche quando queste decisioni li ponevano oggettivamente in una condizione di maggiore rischio. Nel corso dell'inchiesta parlamentare sono emerse una serie di problematiche che dimostrano come la libertà di stampa possa subire e spesso subisce numerosi condizionamenti. La prima serie di criticità è di ordine generale, cioè non direttamente connessa alle pressioni mafiose ma destinata ad essere comunque percepita dal giornalista o dalla testata come un'intimidazione, con il risultato di agevolare indirettamente anche quei poteri criminali che hanno tutto l'interesse ad una stampa non libera. Un'altra serie di condizionamenti, invece, è marcatamente di natura mafiosa. Sono stati evidenziati molteplici casi, che vanno numericamente ben al di là degli episodi resi noti, in cui i giornalisti che si occupano di inchieste di mafia hanno subito, spesso nel silenzio generale, minacce, violenze e danneggiamenti. Grave ed inquietante appare il quadro emerso dai racconti dei giornalisti vittime di intimidazioni, che hanno denunciato assenza di garanzie contrattuali, sfruttamento professionale e compensi ridotti. Pag. 6L'essere condizionato dalla precarietà rende continuamente ricattabile l'esercizio di una funzione essenziale per la collettività. Altrettanto grave appare la lacunosità delle audizioni di alcuni presidenti regionali dell'Ordine dei giornalisti, seduti su un comodo cadreghino di potere che difendono e trattengono con forza. È indispensabile soccorrere e sostenere soprattutto i cronisti locali, i giornalisti, i fotoreporter, gli operatori televisivi di piccole testate locali, freelance e blogger che raccontano spesso in esclusiva ciò che accade nei piccoli comuni e nelle terre di mafia.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (ore 10)
ANDREA VECCHIO. I giornalisti che stanno nei fatti, quelli che sono più attenti ai risvolti degli avvenimenti, quelli che si documentano direttamente, quelli che si spingono più avanti, rappresentano la ragione del buon giornalismo di cui il nostro Paese ha un assoluto bisogno nella lotta contro la mafia. Il gruppo di Scelta Civica esprime il proprio apprezzamento per l'ottimo lavoro svolto dalla Commissione antimafia, che per la prima volta nella sua storia cinquantennale affronta questo argomento, e voterà a favore della risoluzione presentata, senza esclusioni (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,05).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Si riprende la discussione.
(Ripresa dichiarazioni di voto – Doc. XXIII, n. 6)
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Andrea Causin. Ne ha facoltà.
ANDREA CAUSIN. Presidente, onorevoli colleghi, il gruppo parlamentare di Area Popolare voterà a favore della risoluzione presentata alla relazione sullo stato dell'informazione e sulla condizione dei giornalisti minacciati dalle mafie frutto del lavoro del Comitato mafie, giornalisti e mondo dell'informazione, in seno alla Commissione antimafia. La Commissione antimafia ha appunto approvato all'unanimità questa relazione dopo un lavoro intenso, durante il quale sono stati ascoltati molti giornalisti, direttori di quotidiani, rappresentanti delle organizzazioni di categoria e degli ordini professionali, nonché magistrati. Tale relazione ha contribuito a rilevare come nel nostro Paese esista un'influenza diretta delle organizzazioni criminali che condiziona ancora oggi, con azioni violente, gli organi e le persone che lavorano nell'informazione. Una relazione, quella della Commissione antimafia, che ha approfondito i vari aspetti del fenomeno, descrivendo un quadro grave e pericoloso, che condiziona la libertà di informazione sotto il duplice aspetto della libertà di informare e anche della libertà di essere informati. L'osservatorio Ossigeno per l'informazione ha censito infatti in questi anni un vasto e drammatico repertorio di minacce, attentati e avvertimenti ai danni di centinaia di giornalisti, il che dimostra un costante incremento del fenomeno che ha registrato il suo picco, nei primi dieci mesi del 2014, con ben 241 atti di violenza di intimidazione.
Molti, più di trenta, anche i giornalisti sottoposti a misure di tutela dal Ministero dell'interno. Dalla relazione della Commissione Pag. 7antimafia si evince anche come non esistano zone franche ma come il fenomeno coinvolga quasi tutto il Paese. Infatti, solo in Molise e in Valle d'Aosta non sono state registrate o non sono state denunciate aggressioni ed intimidazioni contro l'informazione o contro le persone che vi lavorano, mentre nel Lazio si registra il maggior numero di episodi di minacce ai danni di giornalisti: ben 26 dall'inizio del 2015. Un fenomeno, quello del condizionamento delle organizzazioni criminali, che si manifesta con molteplici modalità, come rilevato dalla stessa Commissione; alcune sono riferibili immediatamente alle organizzazioni criminali, che pretendono il silenzio sui loro legami collusivi, soprattutto con il mondo dell'economia e della politica, e l'isolamento dei giornalisti minacciati, l'autocensura delle vittime e le censure imposte agli editori e ai direttori, ma anche episodi come l'invisibilità della violenza diffusa, spesso ignorata e minimizzata dagli stessi organi di stampa. Il Comitato è stato chiamato ad indagare anche su un altro aspetto del problema: l'informazione contigua, compiacente o persino a volte collusa con le mafie. Infatti, esiste anche una zona grigia contigua tra gli interessi criminali ed alcuni editori. Le conseguenze di tale fenomeno si riflettono perciò sulla qualità dell'informazione; molte testimonianze raccolte dal Comitato raccontano infatti di un clima difficile in alcune redazioni, di giornalisti isolati, allontanati e a volte perfino licenziati. La conseguenza di tale aspetto è la limitazione della libertà di informazione, con un danno sociale per l'intera comunità civile italiana. Accanto quindi ad un numero crescente di giornalisti minacciati o intimiditi esiste anche un'informazione reticente o connivente, episodi più che sufficienti per legittimare nell'opinione pubblica straniera e nei rilevamenti di alcune grandi organizzazioni internazionali, ad esempio l'OCSE, l'urgenza di un «caso Italia». Troppi episodi, per un Paese democratico come il nostro, che ha nella libertà di informare e di essere informati una tutela costituzionale. Quest'ultimo principio, infatti, costituisce uno dei capisaldi della nostra democrazia, ed è anche una delle garanzie che un Governo deve assicurare alla qualità della vita dei cittadini. Un Paese civile come il nostro non può tollerare episodi di questa portata, che impediscono ai giornalisti l'esercizio del diritto di cronaca e ai cittadini il diritto di essere informati. Sono giornalisti spesso che svolgono il loro lavoro in condizioni di precarietà e di disagio e che spesso subiscono violenze e minacce. Il lavoro svolto dal Comitato attraverso le audizioni ha rilevato spesso che i giornalisti lavorano con contratti, come spiegavano i colleghi che sono intervenuti in precedenza, che sono sottopagati, a volte addirittura non hanno nessun tipo di vincolo contrattuale ma sono, come si dice dalle nostre parti, pagati in nero. Sotto questo profilo, vanno garantite le regole che possono contribuire a tutelare e salvaguardare i giornalisti che fanno il loro lavoro, non trascurando la possibilità di modificare la normativa oggi vigente con un rafforzamento delle misure contro le minacce e le violenze nei confronti dei giornalisti stessi quando queste siano destinate a condizionare la libertà di stampa e di espressione. Il percorso tracciato quindi dal Comitato fornisce approfonditi elementi di valutazione per poter intervenire su un fenomeno che deve essere arginato perché compromette l'esercizio dei diritti di libertà fondamentali del cittadino, diritti che devono essere tutelati e salvaguardati proprio in una democrazia come la nostra al fine di rimuovere quegli ostacoli che condizionano in modo negativo la libertà di circolazione delle notizie. Siamo di fronte, nel nostro Paese, ad una grave minaccia del diritto di informazione, minaccia che proviene da organizzazioni criminali sempre più forti, radicate e ramificate, che arrivano a condizionare alcuni settori importanti dell'informazione. Dobbiamo perciò – e abbiamo la responsabilità di farlo – intervenire su questo fenomeno, per impedire alle mafie di penetrare il sistema dell'informazione del nostro Paese. Dobbiamo farlo introducendo i necessari, veloci e opportuni correttivi, che sono poi anche auspicati dalla Pag. 8relazione del Comitato. Pertanto, ribadiamo il nostro voto favorevole alla risoluzione che approva il documento della Commissione antimafia, consapevoli di tracciare un percorso virtuoso che consentirà – auspichiamo – di superare le criticità evidenziate dal Comitato ed impegnandoci fin da subito ad intervenire con misure concrete che possano eliminare per sempre il fenomeno dei condizionamenti dell'attività giornalistica.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Claudio Fava. Ne ha facoltà.
CLAUDIO FAVA. Presidente, mi permetta qui e subito di ringraziare i colleghi della Commissione, la presidente Bindi, i funzionari che hanno lavorato assieme a me: questo lavoro è il frutto di un lavoro collettivo, fortemente voluto, faticoso, determinato, lungo, e credo utile a tracciare un quadro il più possibile aggiornato del rapporto difficile che esiste in Italia tra la mafia e l'informazione. Mi permetta anche di dire subito cosa questa relazione non vuole essere: non è una celebrazione dei giornalisti caduti, che sono tanti, che sono troppi; ma non risponde neppure ad un'intenzione celebrativa del nostro lavoro, la nostra relazione. Vogliamo raccontare i vivi: vogliamo raccontare i giornalisti vivi che rischiano, e anche loro sono tanti, sono troppi. Grazie ai dati dell'osservatorio Ossigeno abbiamo potuto valutare nell'ordine di più di 2 mila i giornalisti che hanno subito violenze o minacce in varie forme e a vario titolo negli ultimi anni, con un incremento esponenziale negli ultimi anni: 500 l'ultimo anno.
Vogliamo raccontare chi è vessato anche da un uso improprio, strumentale, delle opzioni che il diritto mette a disposizione per tutelare i propri diritti, e che spesso vengono utilizzate per ridurre al silenzio, per condizionare la libera informazione: penso ad un uso assai strumentale delle querele, delle citazioni in giudizio. Abbiamo raccolto storie imbarazzanti, che pretendono che questo imbarazzo venga affrontato dal Parlamento, con una capacità di normare il tema delle querele temerarie con più coraggio e con più generosità di come sino adesso è stato fatto; e due percorsi che sono pendenti alla Camera e al Senato. Pensiamo ai 250 milioni di richieste di danni a vario titolo, senza che ci sia stata una sola sentenza di condanna nei confronti di una trasmissione televisiva, Report; pensiamo alle 300 querele che ha ricevuto il direttore di Telejato; ma pensiamo anche alle molte querele semplicemente annunciate, minacciate, in modo che già l'annuncio rappresenti un elemento di condizionamento oggettivo per chi vive in periferia e per chi fa il cronista in condizioni di grande precarietà, anche economica. E il problema di porsi, sapendo di aver ragione, di fronte a spese legali necessarie, è già in sé un condizionamento oggettivo.
Abbiamo raccontato la precarietà in cui vivono molti giornalisti, soprattutto i più esposti, soprattutto quelli che oggi vivono in prima linea questa condizione e questo mestiere: la precarietà economica, l'assenza di garanzie contrattuali, li rende ancora più esposti, esalta le loro condizioni di rischio. In questo Paese esiste una categoria, quella dei freelance, che non è normata: giornalisti invisibili, giornalisti abusivi. Vorrei ricordare che tre degli otto giornalisti uccisi in Sicilia erano a tutti gli effetti dal punto di vista legale abusivi, perché non erano iscritti all'Ordine dei giornalisti: Alfano, Rostagno, Impastato; abusivi a norme di legge, assolutamente pericolosi a norma di mafia, tant’è vero che sono stati uccisi.
Ma questa relazione ha avuto anche l'obbligo, l'incombenza di occuparsi di chi tace, di chi pretende il silenzio dai propri giornalisti, di chi utilizza i propri giornali per campagne di fiancheggiamento nei confronti della mafia. Anche di questo bisogna parlare: di un condizionamento che ha raggiunto i suoi obiettivi. Abbiamo dovuto raccontare la storia di giornali della provincia di Caserta, la cui distribuzione è stata vietata in carcere perché si è scoperto che quei quotidiani servivano a trasmettere messaggi da una cosca all'altra, Pag. 9oltre che ad agitare campagne denigratorie nei confronti di alcuni magistrati, nei confronti di alcuni collaboratori di giustizia, nei confronti di chi era più esposto sul fronte dell'antimafia. Abbiamo dovuto raccontare la storia di un quotidiano calabrese, che è stato usato come una clava contro magistrati e contro collaboratori di giustizia, per evitare che quelle collaborazioni producessero elementi di verità pericolosa sul piano giudiziario. Abbiamo dovuto raccontare di un altro quotidiano in Calabria, bloccato in tipografia dolosamente la sera in cui sarebbe dovuto uscire con la notizia che il figlio di un sottosegretario era stato raggiunto da un avviso di garanzia per associazione a delinquere e per altri reati. Abbiamo dovuto raccontare – è la prima relazione in cinquant'anni che raccoglie i segni del rapporto tra mafia e informazione – anche opacità che riguardano il passato; ma andavano raccontate per capire quanto queste opacità hanno pesato e hanno nuociuto. Lo dicevamo lunedì nella discussione generale: negli stessi giorni, negli stessi mesi, negli stessi anni in cui in Sicilia venivano uccisi molti giornalisti poteva accadere impunemente che l'editore del Giornale di Sicilia si incontrasse benevolmente con Michele Greco, il capo della cupola mafiosa, nei giorni in cui la cupola di Cosa Nostra decideva la soppressione di Mario Francese, che era un giornalista di punta del Giornale di Sicilia.
Negli anni in cui a Catania la mafia diventava cultura egemone accadeva (e sono fatti, onorevole Attaguile, non vicende giudiziarie: fatti !) che l'editore Mario Ciancio potesse impunemente e benevolmente incontrare nel suo ufficio il capomafia Giuseppe Ercolano, per chiedergli scusa per articoli non troppo benevoli nei toni nei suoi confronti. È accaduto anche questo, e anche di questo la Commissione si è fatta carico nella relazione.
Cosa bisogna fare, signora Presidente ? E vado a concludere. Io credo che non dobbiamo limitarci, come è sempre avvenuto in questi anni, con grande generosità ad atti di generica solidarietà. Cinque righe di solidarietà non si negano a nessuno, ma non bastano: se noi vogliamo esprimere una solidarietà attiva, concreta, manifesta, materiale, utile nei confronti dei troppi giornalisti che oggi rischiano la pelle, occorre raccontare ciò che loro hanno raccontato, occorre evitare che si trovino soli nel testimoniare le cose che li hanno portati sulla frontiera di questo rischio. Dobbiamo farci carico delle loro storie, farle nostre ! Evitare quello che è accaduto ad un giornalista calabrese, Albanese, che oggi è costretto a vivere sotto scorta: il primo a raccontare come persino i santi e le madonne fossero costretti a prestare inchino di fronte ai balconi e alle case dei mafiosi. E quando questo è accaduto in un piccolo paese calabrese, fuori dai riflettori, fuori dall'attenzione dell'opinione pubblica, Oppido, le minacce non sono arrivate da chi vive dietro quei balconi: le minacce, o meglio gli avvertimenti, o meglio il malessere è stato manifestato nella pubblica piazza, prima dal sindaco e poi dal prete, i quali hanno detto: vedete, è questo giornalista che infanga il buon nome del nostro paese.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
CLAUDIO FAVA. Dobbiamo fare in modo che la solidarietà si accompagni alla capacità di far diventare familiari per tutti le storie che questi ragazzi, questi giornalisti hanno raccontato. Dobbiamo normare le querele temerarie, l'ho detto, lo ripeto, con una determinazione che fino adesso questo Parlamento non ha mostrato. Dobbiamo pretendere garanzie contrattuali ed economiche per i freelance, perché non siano più considerati giornalisti invisibili e abusivi. E il dato positivo, signora Presidente, che voglio consegnarle, è la determinazione con cui una nuova leva di giornalisti, nonostante tutto, nonostante la fatica, la precarietà economica, nonostante le condizioni di rischio, ha scelto di andare avanti. Se le mafie sono convinte che le teste vanno piegate o tagliate, c’è anche una generazione di giornalisti che hanno l'età dei nostri figli, che ha dimostrato che questo mestiere si può fare continuando a tenere la schiena dritta; ed è a loro, ai vivi, Pag. 10che noi vorremmo dedicare il lavoro della Commissione e questa relazione (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà e Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Stefania Prestigiacomo. Ne ha facoltà.
STEFANIA PRESTIGIACOMO. Presidente, la relazione che ci apprestiamo a votare oggi è certamente un atto importantissimo, frutto di un lavoro lungo, minuzioso, che ha svolto la Commissione antimafia, ed è di estremo interesse per chiunque voglia davvero contrastare la criminalità organizzata. La libertà di manifestazione del pensiero, la libertà di opinione, la libertà di espressione, la libertà di stampa rappresentano indubbiamente valori inviolabili, cardini di ogni democrazia. Parimenti rilevanti sono il diritto all'informazione, il diritto di ciascuno di ricevere e cercare le informazioni: libertà fondamentali su cui si basa il sistema democratico, e che consentono a tutti di concorrere alla formazione della volontà generale; ma affinché il sistema funzioni, è indispensabile che queste libertà siano effettivamente esercitabili e i diritti concretamente tutelati.
Dalla lettura della relazione – perché voglio precisare che il gruppo di Forza Italia non era presente nella Commissione antimafia durante il periodo in cui sono state svolte tutte le audizioni – emerge un quadro molto diverso da come dovrebbe essere. Alcune circostanze sono molto allarmanti e destano molta preoccupazione. Il numero delle intimidazioni, delle minacce e i molteplici modi di condizionamento subiti dai giornalisti sono oggettivamente inquietanti, così come preoccupa la diffusione geografica del fenomeno, che oggi vede esenti solo due regioni, il Molise e la Valle d'Aosta, dalla triste statistica sui luoghi, e qui non si può non auspicare un deciso cambio di rotta sul tema della sicurezza, su cui questo Governo e questa maggioranza hanno dato segnali troppo spesso contraddittori. Servono più presenza delle forze dell'ordine sul territorio, più risorse e mezzi, e va potenziato l'utilizzo delle nuove tecnologie, che possono essere molto utili nelle attività di prevenzione.
Vi è poi anche, senza dubbio, la necessità di intervenire dal punto di vista legislativo: l'inasprimento delle sanzioni e l'estensione della tutela anche alle condotte di violenza, minaccia e danneggiamento, finalizzate a condizionare, limitare o impedire la libertà della stampa e di ogni altro mezzo di comunicazione sono doverosi. Lo stato critico del sistema informativo è altrettanto allarmante: le sempre minori garanzie contrattuali dei giornalisti, lo sfruttamento dei giovani che si avvicinano alla professione, la scarsità di risorse li rende ovviamente più deboli, vulnerabili e sempre meno tutelati. Anche il livello qualitativo di quella che è una professione essenziale in ogni Paese liberale non può non risentirne; molti bravi giornalisti sono costretti ad andar via, ad andare all'estero o a cercare lavoro in altri settori. È un trend pericoloso: se il livello di professionalità si abbassa il mercato dei media, anche e soprattutto nelle nuove forme, si espone sempre di più a improvvisati cronisti, spregiudicati autori di articoli, spesso solo infamanti, difficili da arginare. Eppure, su questo importantissimo tema il Governo non si è mostrato capace di intervenire con successo; i lunghissimi tira e molla sulla riforma dell'editoria e sul riordino delle agenzie di stampa hanno contribuito a disorientare ed intimorire molti giornalisti, aumentando la precarietà e l'insicurezza. Serve, quindi, un intervento razionale, rapido, efficace, un riordino di sistema, non una mera operazione di potere.
Avere approfondito questi temi e avere evidenziato tutte queste criticità è stato molto utile e rende oggettivamente condivisibile gran parte della relazione, ma, pur dichiarando il voto favorevole del gruppo di Forza Italia, non posso non avanzare alcune critiche di merito e di metodo che probabilmente derivano anche da un differente modo di concepire lo stesso modus operandi della Commissione Antimafia. Nella cultura liberale il garantismo e la Pag. 11legalità sono due facce della stessa medaglia. La facile demagogia, la faziosità, la strumentalizzazione, nella valutazione di taluni fatti, indagini, inchieste e procedimenti giudiziari, sono dannosi per coloro che vengono coinvolti e deleteri per la stessa lotta alla criminalità. La giustizia è cosa molto diverso dal giustizialismo ! Il rispetto che si deve a tutti gli indagati, innocenti fino alla condanna definitiva e che per noi è un valore sacro deve essere sempre garantito, ancor di più nelle sedi e negli atti istituzionali. Durante i lavori del Comitato, nella redazione della stessa relazione, non si è sempre proceduto in questo senso; emblematico è il caso dell'editore Ciancio Sanfilippo, su di lui, in quanto indagato per concorso esterno, durante i lavori del comitato, vi è stata una vera e propria inchiesta ad hoc; sono state acquisite migliaia di pagine.
Concludo dicendo che, nei confronti del Mario Ciancio Sanfilippo la Commissione d'inchiesta ha svolto una inchiesta parallela, utilizzando gli atti dell'accusa, mentre il legislatore deve sempre coltivare il dubbio. Io desidero consegnare la relazione perché è molto importante che rimangano agli atti queste considerazioni su questi punti importanti. Chiedo pertanto che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti) (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Francesco D'Uva. Ne ha facoltà.
FRANCESCO D'UVA. Grazie Presidente. Non mi trovo per niente d'accordo con quanto detto dalla collega; credo che abbiamo fatto un lavoro sacrosanto. Ciancio è un editore ed era giusto trattare l'argomento in Comitato e sono felice che l'abbiamo fatto nella maniera più completa possibile.
Presidente, ci apprestiamo a votare un'importante relazione, già approvata all'unanimità in Commissione Antimafia.
È una relazione sullo stato dell'informazione e sulla condizione dei giornalisti minacciati dalle mafie. È la prima volta che la Commissione Antimafia affronta il tema dell'interesse delle mafie nel mondo dell'informazione, e lo ha fatto in maniera più completa possibile, con audizioni e documenti acquisiti, non omettendo fatti o nomi, appunto.
La domanda che ci siamo fatti è stata: come fanno le organizzazioni criminali ad influenzare gli organi di informazione ? Minacce ed intimidazioni sono gli atti più palesi e più sconcertanti, ma si sa che le mafie evolvono, e lo fanno più velocemente di quanto lo faccia la lotta alle mafie; così, se le mafie riescono ad infiltrarsi nel sistema economico legale, e non solo economico, non sorprende che uno dei mezzi più usato oggi per intimidire i giornalisti sia l'uso delle cosiddette querele temerarie, ovvero la minaccia di causa civile per cifre spropositate, che costringono il giornalista di provincia precario a fare un passo indietro su temi in cui invece dovrebbe essere messo nelle posizioni di poter stare in prima linea. È da loro, prima di tutto, che passa la lotta alle mafie.
Ciò che forse è rivoluzionario in questa relazione è non aver trattato il mondo dell'informazione solo come vittima. Sì, perché le mafie hanno il potere di infiltrarsi in qualsiasi ambiente; non possiamo pensare che sia mafioso solo l'individuo che è stato «punciutu», ovvero interno al sistema, è ben noto ormai che le mafie si muovono col pieno appoggio di quella che viene chiamata superficialmente zona grigia; dico superficialmente, perché è una vera e propria zona nera; ovvero quella parte del Paese che ha a che fare con le mafie, una parte del Paese che racchiude anche imprenditori, banchieri e professionisti.
Ecco, io approfitto di questa dichiarazione di voto per far notare come gli ordini professionali sono totalmente disattenti al fenomeno mafioso, come se non li riguardasse, come se commercianti, avvocati, ingegneri, medici, farmacisti, giornalisti, Pag. 12eccetera, siano immuni dal fenomeno, cosa smentita da numerosi atti giudiziari. Eppure, in teoria gli ordini sono stati creati per proteggere sì gli iscritti, ma in primis i cittadini consumatori; sì, perché ci sono dei comportamenti che non sono penalmente rilevanti, ma sono deontologicamente scorretti. In questi casi l'ordine deve provvedere a sanzionare secondo statuto, se gli ordini, per agire, aspettano la condanna del tribunale, mi dite a cosa servono ? Allora forse ha ragione il collega Brescia, e con lui tutto il Movimento 5 Stelle, quando chiede l'abolizione dell'ordine dei giornalisti.
Quello che invece non ha potuto affrontare la Commissione Antimafia è l'interesse che partiti e grandi gruppi imprenditoriali hanno sul mondo dell'informazione. Una politica che tiene la stampa al guinzaglio con finanziamenti che hanno una chiara provenienza. Ora mi chiedo: davvero qualcuno in quest'Aula crede che un giornalista potrà mai essere libero, perché parliamo di libertà di stampa, di scrivere articoli veritieri che colpiscono l'immagine di chi tiene la cassa ? Che sia il PD o ENI, per intenderci ? Davvero qualcuno pensa sia normale che si parli per settimane di Quarto, e di Casavatore se ne parlerà pochissimo, giusto per dirne una ? Ma Presidente, al di là di queste considerazioni, il Movimento 5 Stelle voterà in modo favorevole alla relazione in oggetto. Un lavoro portato avanti in maniera condivisa dal vicepresidente Fava, che vuole ricordare il sacrificio di nove giornalisti uccisi dalle mafie, di cui otto in Sicilia, che vuole sottolineare le difficoltà che vivono i giornalisti precari e i freelance, e l'alto numero di intimidazioni che arrivano ai giornalisti, così come registrato da Ossigeno, ma soprattutto che vuole evidenziare come le mafie abbiano tutto l'interesse ad infiltrarsi nel mondo dell'informazione e che, pertanto, direttori ed editori hanno un'enorme responsabilità affinché questo non accada, perché se le intimidazioni esterne sono terribili, ancora più odiose sono le minacce interne ad un giornale, perché nessun giornalista deve rischiare di perdere il posto di lavoro per un articolo ritenuto scomodo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), che ha il solo obiettivo di informare i cittadini e riportare la verità !
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Laura Garavini. Ne ha facoltà.
LAURA GARAVINI. C’è una regola sulla quale continua a basarsi il potere delle mafie: l'omertà ! Nessuno vede, nessuno sente, nessuno parla ! Dove, appunto, nessuno ha il coraggio della denuncia il potere delle mafie continua ad essere particolarmente forte. Lo dimostrano anche inchieste recenti che confermano quanto atteggiamenti omertosi siano ancora la regola, purtroppo anche in territori diversi da quelli delle originarie formazioni delle mafie. Agli antipodi dell'omertà troviamo, invece, la trasparenza, uno dei principi fondanti della società democratiche e dello Stato di diritto. Uno dei principi fondanti di una professione, quella dei giornalisti d'inchiesta, che non a caso in Italia, insieme ai magistrati, sono coloro i quali spesso denunciano quelle che sono le attività e gli affari della criminalità organizzata. Solo che negli ultimi tempi, proprio il numero di questi giornalisti minacciati, giornalisti coraggiosi, giornalisti i quali hanno fatto della trasparenza la loro attività, è fortemente aumentato, e lo diceva bene il presidente Fava, nell'ultimo anno vi è stato un incremento addirittura, rispetto agli anni precedenti: quasi 500 giornalisti vittime di minacce, di ritorsioni, di intimidazioni. Ecco perché la Commissione antimafia, l'ufficio di presidenza, la presidente Bindi, hanno scelto di mettere all'ordine del giorno dei lavori di questa Commissione proprio un focus su media e mafie. Ecco perché è stato istituito il Comitato, ottimamente presieduto dal collega relatore Fava, un Comitato che è pervenuto ad una relazione che mette in risalto quattro aspetti in particolare: quanto fenomeni di minacce, di ritorsioni, di intimidazioni siano frequenti soprattutto in provincia, soprattutto in periferia; come soprattutto Pag. 13giornalisti freelance siano vittime di ritorsioni di questo tipo; come concentrazioni monopolistiche degli organi di informazione siano anche particolarmente negative, proprio perché le mafie approfittano di concentrazioni monopolistiche di questo tipo; e anche un altro aspetto, illustrato precedentemente, ovvero quanto le mafie inizino invece ad avere la capacità di capire come possano essere strategico per loro abusare dei media. Allora che fare rispetto a situazioni di questo tipo ? Che fare rispetto al fatto che, soprattutto in piccole località di provincia appunto, proprio e soprattutto giovani giornalisti, giornalisti freelance, giornalisti che spesso vivono in condizioni di precariato, sono particolarmente intimiditi, sono particolarmente minacciati, e dunque rischiano di non avere più il coraggio, di perdere questo coraggio della denuncia ? Allora, che fare ? Certo, lo diceva il nostro presidente Fava, non basta la solidarietà è necessario innanzitutto sostenere, rafforzare il ruolo del giornalismo. Soprattutto rafforzare un giornalismo che sia più protetto, che sia più tutelato, che sia appunto meno precarizzato. In questo senso è sicuramente lodevole l'operato del Governo che, in generale, sta portando avanti politiche proprio contro la precarizzazione del mondo del lavoro e dunque con tutta una serie di iniziative, da un lato di carattere generale, ma nello specifico anche in materia di editoria, non ultimo il nostro voto ieri alla delega per l'editoria con la quale abbiamo previsto espressamente la clausola attraverso la quale potranno ricorrere a fondi pubblici proprio soltanto quelle testate, quegli organi di informazione, che assumono nel rispetto della contrattazione collettiva e dunque favorendo, invece, contratti di lavoro regolari e a tempo indeterminato. Così come pure è lodevole il fatto che non soltanto si sia presenti già con una proposta di legge in materia di diffamazione, attualmente all'ordine del giorno del Senato, ma anche che proprio in questi giorni, nel corso di un voto in Commissione giustizia, in sede di riforma del processo civile, sono stati votati quegli emendamenti presentati dai relatori di maggioranza con i quali si inaspriscono le sanzioni proprio per chi denuncia in malafede, per chi denuncia dunque spesso e volentieri proprio in zone periferiche, giovani giornalisti soltanto con l'obiettivo di intimidirli, soltanto con l'obiettivo di metterli in ginocchio, proprio magari pretendendo da loro cifre esose, rimborsi di enorme ammontare. Allora è positivo che ci sia, che venga adottato, uno strumento di dissuasione quale questo che, tra l'altro, sarà all'ordine del giorno dei lavori dell'Aula nelle prossime settimane e che dunque si appresta a diventare realtà di fatto. Ma soprattutto è positivo che, come dicevamo in precedenza, si parli nel dibattito pubblico, e anche nel dibattito politico, del fatto che esiste un giornalismo coraggioso, un giornalismo con la schiena dritta, un giornalismo che ha il coraggio di denunciare affari e infiltrazioni mafiose. È importante che questo coraggio venga riconosciuto ed è questo l'obiettivo di questa relazione anche qui, oggi, nell'Aula parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il deputato Catanoso. Ne ha facoltà.
FRANCESCO CATANOSO GENOESE detto BASILIO CATANOSO. Grazie Presidente. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, è stata certamente una bella intuizione quella della Commissione antimafia di occuparsi di una materia così importante come quella dell'informazione, delle pressioni che la mafia ha avuto, ed ha, nei confronti di questa. È un'importante decisione quella di fare questa relazione. Io, per mero errore materiale, avevo preparato una risoluzione che non sono riuscito a consegnare, perché fuori dai tempi che lunedì hanno visto già chiudere, col parere del Governo, questa discussione. Voglio Pag. 14solo approfittare per comunicare queste brevi riflessioni e chiedere il permesso di consegnargliele.
Accenno solo qualcosa. Si è fatto troppo poco nella storia della nostra Italia contro la criminalità mafiosa, ci vorrebbe un impegno dello Stato diverso e più continuo, senza per questo voler dare la sensazione di colpevolizzare alcun cittadino senza condanna, ma con efficacia. L'appello al Parlamento deve essere quello affinché si lavori a una tutela per i giornalisti e per i giornali, per tutti quelli che si occupano di mafie e che sono sottoposti quotidianamente a rischio, alla loro tutela contrattuale e lavorativa. Un appello a garantire l'impegno per una normativa adeguata in ordine alle pene, alla certezza delle stesse, ai fondi necessari per supportare una vera lotta alla mafia che eviti di ingrassare ulteriormente i cosiddetti professionisti dell'antimafia, i soliti furbetti. Un appello a sviluppare e creare una cultura antimafiosa a partire dalla scuola. Chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo della mia dichiarazione di voto (La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
(Votazione – Doc. XXIII, n. 6)
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla risoluzione Bindi, Fava, D'Uva, Carfagna, Garavini ed altri n. 6-00211, con il parere favorevole del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Bonaccorsi, Mazziotti Di Celso, Ravetto, Schullian, Casellato, Famiglietti, Lenzi, Gasparini, Carrozza, Ribaudo, Chaouki...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 381
Maggioranza 191
Hanno votato sì 381
La Camera approva (Vedi votazioni).
Seguito della discussione della relazione su possibili proposte normative in materia penale in tema di contraffazione, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo (Doc. XXII-bis, n. 1) (ore 10,43).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della relazione su possibili proposte normative in materia penale in tema di contraffazione, approvata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sui fenomeni della contraffazione, della pirateria in campo commerciale e del commercio abusivo (Doc. XXII-bis, n. 1).
Ricordo che nella seduta del 29 febbraio si è conclusa la discussione ed è stata presentata la risoluzione Catania e Cenni n. 6-00212, sulla quale il rappresentante del Governo, intervenendo in sede di replica, ha espresso parere favorevole.
Avverto che tale risoluzione è stata sottoscritta anche dei deputati Russo, Baruffi, Garofalo, Pastorelli, Franco Bordo, Senaldi, Beretta e Mongiello.
(Dichiarazioni di voto – Doc. XXII-bis, n. 1)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Oreste Pastorelli. Ne ha facoltà.
ORESTE PASTORELLI. Grazie, signora Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi. La posizione dell'Italia sui mercati globali è costantemente insidiata da prodotti che richiamano le nostre eccellenze e che le copiano, pregiudicando, Pag. 15così, sia i nostri livelli di esportazione, che il diritto dei cittadini ad acquistare prodotti di qualità. Sulla contraffazione sono necessarie misure efficaci, tanto più se si pensa che, dietro ai prodotti contraffatti, vi sono in tutto il mondo organizzazioni criminali dedite allo sfruttamento di forza lavoro a basso costo. Occorre, dunque, un coordinamento delle diverse misure antifrode, sia a livello internazionale, che comunitario, e in questo l'Italia deve essere protagonista. Vi è, poi, il tema dell'ambiente: chi realizza queste frodi, spesso addotta processi produttivi altamente inquinanti. La salvaguardia dell'identità di un prodotto diviene, quindi, essenziale, poiché rappresenta la garanzia di un modo virtuoso di fare impresa. In questo quadro occorrono regole chiare, che contrastino concretamente la contraffazione, specie se legata alla criminalità organizzata. Sarà, poi, necessario promuovere un diverso approccio culturale dei consumatori, più attenti nei confronti del mercato. Ebbene, le proposte contenute nella relazione della Commissione d'inchiesta, che ringrazio per il prezioso lavoro svolto, delineano un impegno che quest'Aula ed il Governo si devono assumere. Essendo profondamente convinto della bontà di questo percorso, esprimo il voto favorevole della componente Socialista alla risoluzione.
PRESIDENTE. Constato l'assenza del deputato Rampelli, che aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto: s'intende che vi abbia rinunziato.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Fucsia Fitzgerald Nissoli . Ne ha facoltà. Se non funziona, forse è meglio cambiare microfono.
FUCSIA FITZGERALD NISSOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, innanzitutto voglio ringraziare il presidente Catania per il lavoro svolto e per la relazione che ci ha presentato. Essa è uno strumento prezioso per agire contro la contraffazione, con strumenti che devono essere adeguati ai tempi che cambiano. Contraffare fa rima con malaffare: quello compiuto da chi vuole lucrare alle spalle degli altri o vuole ingannare il consumatore, propinando prodotti che sono diversi da quello che appaiono. Si tratta di imitare, di fare come qualcun altro, ma quando si parla di merci non possiamo più parlare di un semplice imitare, ma di un fare contro altri. È un affronto alle imprese e al lavoro onesto e, quindi, alla base della nostra economia. Del resto, la relazione evidenzia bene il danno prodotto e si tratta, a volte, di azioni che attentano alla sicurezza e alla salute del consumatore. Ci troviamo di fronte ad un fenomeno che investe vari campi dell'attività umana ed in costante crescita, di cui è difficile quantificare la portata reale, proprio perché si alimenta nel sommerso.
Si stima che la vendita delle merci contraffatte sull'intero commercio mondiale oscilli tra il 7 e il 9 per cento; sappiamo che più della metà della produzione mondiale di falsi proviene dal sud-est asiatico, di cui il 60 per cento va a finire nei mercati europei; l'Italia si trova ai primi posti delle classifiche europee, sia per il consumo di merce contraffatta, sia come industria della contraffazione, in cui vengono inseriti marchi europei su prodotti extra comunitari. Nel 2008, la Guardia di finanza ha sequestrato ben 95 milioni di pezzi contraffatti, con notevoli danni per le imprese del made in Italy.
Bisogna registrare che la crescita della contraffazione è andata di pari passo con l'ampliamento del commercio mondiale, con l'internazionalizzazione dell'economia, con l'evoluzione di nuovi mercati inclini al consumo di merci contraffatte a basso costo, oltre all'affermarsi di nuove tecnologie che consentono la riproduzione di prodotti contraffatti in larga scala. Di fronte a questo scenario e consapevoli che le attività di produzione e commercializzazione di prodotti contraffatti costituiscono un mezzo spesso usato dalla criminalità organizzata, come hanno ben capito gli Stati Uniti, per riciclare e far fruttificare danaro proveniente da altre attività illecite, siamo convinti dell'importanza di Pag. 16tenere ferma la sanzione penale e di adeguarla alle necessità del tempo presente.
Pertanto, le soluzioni proposte nella relazione sono pienamente condivisibili. Tuttavia, non ci può sfuggire la problematicità dello strumento penale, che deriva dalla struttura di tale illecito, che, come è noto, è costruito sulla modalità di lesione. La fattispecie penale descrive fotograficamente una modalità tipica di aggressione e questo determina il fatto che il diritto penale, rispetto all'eterogeneità e alla dinamicità della contraffazione, si manifesti troppo a segmenti rigidi, per cui nell'applicazione pratica si viene a determinare un problema di convergenza e concorso di varie norme incriminatrici sullo stesso fatto, che fotografano un singolo aspetto del più complesso quadro criminologico, creando una difficoltà oggettiva di applicazione delle norme. Pertanto riteniamo preziosi i suggerimenti riportati nella relazione.
Mi preme poi sottolineare l'aspetto internazionale che ha assunto la contraffazione e che supera le possibilità di intervento possibili entro i confini nazionali: un aspetto che richiede una sempre maggior armonizzazione dei sistemi di controllo, in prospettiva sovranazionale ed internazionale, attuando un raccordo tra le legislazioni, anche nei meccanismi di concreta implementazione del diritto, favorendo procedure efficaci ed incrementando gli strumenti internazionali a disposizione con una reale effettività degli stessi. Oggi, il diritto penale si trova sempre più sollecitato dalle necessità di una sempre maggior tutela dei diritti di proprietà intellettuale ed industriale anche a livello internazionale, ma si trova di fronte a dei limiti oggettivi, ed è per questa ragione che mi preme richiamare quanto già affermato nella mozione sul made in Italy, a mia prima firma e approvata da quest'Aula, circa la necessità di istituire all'estero, come già era stato avviato in forma sperimentale, gli intellectual property right test (IPR test) presso le nostre ambasciate, di modo che si possa perseguire direttamente, in sede estera e in accordo con gli strumenti legislativi a disposizione, la produzione e la commercializzazione dei prodotti made in Italy contraffatti, che ledono anche la nostra immagine all'estero.
Inoltre, penso che l'uso delle ultime tecnologie informatiche possa darci una mano nel senso di assicurare una tracciabilità certa del prodotto italiano di qualità e facilitare, di conseguenza, la lotta alla contraffazione, alla pirateria, all’italian sounding, dando anche strumenti adeguati di scelta ai consumatori, secondo principi chiari di consumo critico. Del resto, l'uso delle nuove tecnologie informatiche, legate alla tracciabilità completa del prodotto, renderebbe meno conveniente e più complessa la contrattazione stessa. Dobbiamo agire in tal senso, lo dobbiamo al buon nome del nostro Paese, alla nostra economia, ai lavoratori onesti e ai consumatori. Pertanto, consapevoli dell'importanza delle proposte contenute nella relazione e con le osservazioni or ora espresse, annuncio il voto favorevole del mio gruppo parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia Solidale-Centro Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Stefano Allasia. Ne ha facoltà.
STEFANO ALLASIA. Grazie, Presidente. La contraffazione è un fenomeno che ha raggiunto una dimensione tale da non preoccupare più soltanto l'Italia, ma anche l'Europa e, se vogliamo, il mondo, insinuandosi ormai in tutti i settori produttivi ed anche nei consumi, tanto che a livello internazionale si stima che il valore dei prodotti contraffatti, commercializzati nel mondo, per l'anno 2015, è pari a 960 miliardi di dollari.
Guardando all'Italia, l'impatto sulla nostra economia è devastante: un sistema produttivo come il nostro, costituito da tante micro e piccole imprese, che per gran parte operano in settori contraddistinti da produzioni di elevata qualità, risulta desiderabile da aggredire per chi legalmente intende sfruttare la trattativa del marchio made in Italy per ottenere considerevoli guadagni a danno di imprese e consumatori.Pag. 17
Non è un caso, dunque, che le nostre imprese siano tra quelle più colpite dalla contraffazione: ciò vale per i grandi marchi del made in Italy, ma anche per le produzioni tipiche di ciascun territorio, dall'agroalimentare al manifatturiero. In quest'ultimo settore, in particolare, si stima che circa 67 mila imprese artigiane concentrano loro produzione in settori a maggiore esposizione a contraffazione.
Secondo i dati estratti dal rapporto MISE-Censis del 2014, il mercato del falso in Italia ha realizzato un fatturato di 6 miliardi 535 milioni di euro. La contraffazione sottrae al sistema economico legale nazionale 17 miliardi 773 milioni di produzione; 6 miliardi 400 milioni di valore aggiunto, corrispondente allo 0,45 per cento dell'intero PIL italiano; 5 miliardi 280 milioni di entrate erariali, quindi, il 2 per cento del totale delle entrate; 105 mila unità di lavoro, pari a circa lo 0,44 per cento dell'occupazione complessiva nazionale. Quindi, Stato, imprese e consumatori sono le vittime privilegiate dei contraffattori.
Si stima che se si riportasse il fatturato complessivo della contraffazione sul mercato legale si genererebbe una produzione aggiunta, diretta e indotta, per un valore di quasi 18 miliardi di euro, con un valore aggiunto di circa 6 miliardi. Per ogni euro sottratto al mercato della contraffazione si attiverebbe, nell'economia nazionale legale, una produzione aggiunta di 2,5 euro, stimolando acquisti di materie prime, semilavorati, servizi e attivando nuova occupazione regolare.
Per imprese e consumatori la strada da compiere è ancora lunga: le imprese sono ancora prive di strumenti adeguati per poter difendere le loro produzioni dall'aggressività concorrenziale provenienti particolarmente dalla Cina per la manifattura, ma anche dalla Turchia per i cosmetici e dall'Egitto per l'alimentare. E così i consumatori, che, in molti casi, non hanno alcuna percezione della provenienza dei prodotti acquistati: e ciò è ancora più vero per alcune specifiche categorie di prodotti, come i farmaci e i prodotti agroalimentari.
È evidente, quindi, che l'Italia più di altri Paesi ha sentito l'esigenza di adottare norme per la tutela di prodotti. Con la legge del 2009 – la n. 99 in particolare – si è raggiunto un traguardo importante ai fini del rafforzamento della tutela penale della proprietà industriale e degli strumenti di lotta alla contraffazione, anche sotto il profilo penale. Si è, tuttavia, convinti che queste azioni, seppure importanti, da sole non bastino a contrastare il fenomeno. Necessariamente il nostro Paese deve dotarsi di una normativa per la tutela e la tracciabilità dei prodotti che veda nell'introduzione dell'etichettatura di origine il punto imprescindibile su cui costruire un quadro di norme certe ed univoche a tutela del made in Italy.
Il legislatore italiano ha più volte tentato di perseguire questo obiettivo, ma, puntualmente, ha dovuto rinunciare, trovando nelle istituzioni europee l'ostacolo più grande alla sua attuazione. L'impossibilità per il nostro Paese di dotarsi di un sistema di etichettatura obbligatoria dei prodotti deriva dalla forte opposizione, sul fronte europeo, dei Paesi nordici – della Gran Bretagna, dell'Olanda e della Germania –, che non hanno interesse a vedere tutelate le produzioni di qualità, in quanto non ne sono produttori, ma semplici importatori.
Il Parlamento europeo da tempo discute sull'opportunità di dotarsi di un sistema di etichettatura di origine dei prodotti. In data 15 aprile 2014, lo stesso ha approvato in prima lettura le norme per rendere obbligatorie le etichette made in sui prodotti non alimentari venduti sul mercato europeo. Tale proposta regolamentata è ferma in Consiglio proprio a causa delle forti opposizioni dei citati Stati membri. Anzi, l'assenza di una normativa europea sull'indicazione di origine, tranne che per alcuni casi specifici nel settore alimentare e, quindi, le differenze tra i sistemi tracciabilità in vigore nei singoli Stati membri hanno fatto sì che, in alcuni settori, la maggior parte dei prodotti importati da Paesi terzi e distribuiti nel mercato europeo siano commercializzati Pag. 18senza alcuna informazione o con informazioni ingannevoli relative al Paese d'origine.
Sui mercati europei viene ormai riversato di tutto, dai giocattoli agli elettrodomestici con marchio CE contraffatto, dai prodotti elettronici ai capi di abbigliamento e agli accessori con false griffe. Attualmente, l'unica arma che possediamo è quella dei sequestri che, per fortuna, sono in aumento.
È auspicabile che l'Europa si renda conto quanto prima della necessità di introdurre sistemi tracciabilità delle merci provenienti dall'estero per rafforzare, da un lato, la fiducia dei consumatori in merito all'origine e alla sicurezza dei prodotti acquistati e, dall'altro, la competitività dell'industria europea e nazionale, la quale oggi rischia di cadere sotto i colpi della concorrenza sleale da contraffazione. Cosa che avviene nell'industria dell'acciaio: la mancanza di regole sta costringendo adesso l'Europa a correre ai ripari per arginare l'invasione di acciaio dalla Cina, la quale è favorita dai metodi di produzione irrispettosi di qualsiasi regola sulla sicurezza e sulla tutela del lavoro e dell'ambiente, e rischia di creare un danno enorme all'industria occidentale ed anche a quella italiana, portando ad un crollo del prezzo dello stesso acciaio, con conseguenze allarmanti sull'economia e sull'occupazione.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
STEFANO ALLASIA. In tal senso, la Commissione d'inchiesta – concludo –, proseguendo sulla scia di quanto già fatto alla scorsa legislatura da una Commissione analoga, sta facendo un buon lavoro di analisi e formulazione di proposte per il contrasto ai fenomeni contraffazione. Spetta adesso alla volontà del Governo portare avanti tale posizione in sede europea, inducendo le stesse istituzioni europee ad adottare una normativa seria ed esaustiva in materia di origine e tracciabilità delle merci commercializzate in Italia. Ringrazio, innanzitutto, ancora, il presidente Catania e la Commissione per il lavoro fin qui svolto e per la relazione portata in Aula, su cui il gruppo della Lega Nord voterà a favore (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Catania. Ne ha facoltà.
MARIO CATANIA. Grazie, Presidente. Io desidero, prima di tutto, esprimere la mia soddisfazione per la possibilità che oggi ci viene offerta di discutere in Aula non solo la relazione svolta dalla Commissione d'inchiesta, ma anche la risoluzione che sarà votata tra poco.
Il tema della contraffazione è un tema di straordinaria importanza, che richiede un'attenzione crescente da parte di tutta la classe dirigente. Si tratta di un fenomeno che è profondamente cambiato negli ultimi trent'anni. Noi veniamo da una fase storica che ha visto una trasformazione radicale di questo illecito: un tempo, illecito che si snodava secondo filiere locali, spesso di tipo artigianale, e che aveva come obiettivo soprattutto alcuni comparti tradizionalmente investiti da questo fenomeno, come la moda, il tessile, l'abbigliamento.
Negli ultimi trent'anni è cambiato tutto: la contraffazione è diventata un fenomeno transnazionale, l'illecito non è più organizzato in modo artigianale, ma viene concepito e snodato secondo filiere criminali di ampio respiro che abbracciano più Paesi dislocando le varie fasi della contraffazione stessa laddove la resa in termini economici è maggiore – si produce il prodotto contraffatto dove i costi sono inferiori, lo si commercializza dove il ritorno economico è superiore – e, a differenza di un tempo, la contraffazione non è più limitata soltanto ad alcuni comparti, quelli che già ricordavo, la moda, il tessile, l'abbigliamento.
La contraffazione oggi tocca tutti i settori merceologici – nessuno escluso –, dalla meccanica al farmaceutico, dai giocattoli agli alimentari, con una logica, che è soltanto quella della massimizzazione Pag. 19del profitto. Le organizzazioni criminali hanno colto un aspetto molto importante e, cioè, che la contraffazione può avere un ritorno economico paragonabile a quello ottenibile dal commercio della droga o delle armi, ma con un rischio in termini di reazione da parte dello Stato e delle comunità internazionali largamente inferiore. Per questo, la contraffazione è un business sempre più appetito dalla criminalità organizzata e che tenderà a crescere.
Come è già stato ricordato, per un Paese come il nostro, fortemente orientato alle produzioni di qualità, fortemente legato alla creatività e all'innovazione, la contraffazione è un fenomeno letale, il danno che ne riceve il nostro sistema di imprese è elevatissimo, come anche, di riflesso, è elevatissimo il danno che lo Stato stesso riceve da un fenomeno di questo tipo in termini di evasione fiscale, quindi mancato gettito, in termini di lavoro nero, fenomeno questo che colpisce anche il mondo del lavoro oltre che lo Stato stesso. Ne viene colpito naturalmente anche il consumatore, che spesso è inconsapevole di questo illecito; è inconsapevole di acquistare prodotti contraffatti, ma in realtà, anche quando ne è consapevole, è lo stesso vittima del fenomeno. Bisogna lavorare quindi per far comprendere al consumatore, da un lato, che l'acquisto di un prodotto contraffatto non è mai un buon affare (il prodotto contraffatto è sempre inferiore rispetto alla qualità attesa), e che comunque il prodotto contraffatto danneggia non solo il consumatore stesso ma anche tutta la collettività di cui facciamo parte. Il diritto penale vigente in materia di contraffazione è un diritto penale che rimonta nell'ossatura originaria al codice Rocco, già questo la dice lunga sul fatto che occorra una riflessione in merito. Al tempo della stesura del codice Rocco lo scenario in materia di contraffazione e tutta la realtà economica globale erano lontani anni luce dallo scenario che abbiamo oggi, eppure noi abbiamo ancora una forma di contrasto normativo, in termini penali, che è quella all'epoca concepita. Su questo impianto originario, quello del codice Rocco, si è sovrapposta negli ultimi quindici anni una normativa che il Parlamento ha elaborato ed emanato in termini spesso episodici, spesso con norme che hanno corrette finalità, ma che sono prive di un disegno generale. Ecco allora che il tema della riscrittura della normativa penale in materia di contraffazione diventa un tema importante; un aggiornamento di questa normativa diventa uno snodo fondamentale nel contrasto alla contraffazione. Occorre, da un lato, semplificare e razionalizzare l'impianto, dall'altro renderlo più efficace nei confronti della grande criminalità. Noi oggi abbiamo ancora una situazione in cui il contrasto effettuato nei confronti del grande criminale internazionale che muove decine, centinaia di milioni di prodotti in giro per il mondo, è fatto con la stessa norma, con la stessa fattispecie che viene utilizzata nei confronti dell'ambulante che incontriamo nelle spiagge. C’è solo, a differenziare i trattamenti, l'applicazione di un'aggravante prevista nel codice penale, ma in realtà trattiamo allo stesso modo il grande organizzatore, il grande criminale internazionale e l'ambulante in spiaggia o in strada. Questo non va, occorre cambiare, occorre un registro penale più moderno, oltre naturalmente a molte altre cose che vanno fatte in materia di contraffazione: da un'educazione del consumatore, come accennavo, a interventi di coordinamento e di razionalizzazione del contrasto fatto dallo Stato in materia. La relazione che abbiamo portato oggi in Aula e la risoluzione che è derivazione della stessa relazione hanno un focus specifico in materia penale, auspico quindi che su questo si possa riflettere, il Parlamento possa lavorare. Personalmente, con l'appoggio del mio gruppo ma anche di altri deputati, ho presentato una proposta di legge in materia, che spero possa essere discussa rapidamente. In questa fase, concludo ringraziando i Servizi della Camera che hanno svolto un lavoro efficace a sostegno della Commissione d'inchiesta e naturalmente confermo il voto favorevole di Scelta Civica rispetto alla risoluzione Pag. 20che stiamo esaminando (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Vincenzo Garofalo. Ne ha facoltà.
VINCENZO GAROFALO. Presidente, oggi l'Aula esamina la prima relazione della Commissione contraffazione e si pronuncerà successivamente sulla risoluzione conseguente, sulla quale ovviamente il nostro gruppo, avendola anche sottoscritta e avendo partecipato attivamente ai lavori della Commissione, non potrà che votare favorevolmente. Credo che oggi sia un giorno importante anche perché, così come ha sottolineato adesso il presidente Catania, ma già nella relazione introduttiva, la contraffazione è un fenomeno di una tale portata e di tale importanza che necessitava e necessita di un approfondimento, vista appunto la ricaduta che ha in maniera così diffusa e ampia come è stato ormai evidenziato dai lavori della Commissione. Tra l'altro, desidero anche sottolineare che bene ha fatto la Camera dei deputati ha istituire una Commissione d'inchiesta indirizzata ad approfondire questi temi, poiché, appunto, la dimensione stessa del tema e i coinvolgimenti che questa fattispecie di comportamento implicano sono così importanti per il nostro Paese che non potevano non essere messi in un'attenzione rilevante. Dalla data di insediamento della Commissione (luglio 2014), ci sono state audizioni (circa 60) che, come è stato detto da chi mi ha preceduto, hanno comportato confronti con rappresentanti della magistratura, delle forze dell'ordine, delle forze di Governo, di rappresentanti dell'industria, dei consumatori, di varie organizzazioni e di competenze anche tecniche e specialistiche che ci hanno consentito di fare un lavoro che definirei abbastanza completo. Tutta queste relazioni, infatti, hanno consentito di fornire un quadro aggiornato sul tema, di presentare il lavoro di cui oggi discutiamo e, tra l'altro, di quelli che presenteremo nelle prossime occasioni con altre relazioni, che saranno oggetto di discussione, dibattito e confronto dell'Aula.
Il fenomeno, come dicevamo, è ormai diventato di portata mondiale, non riguarda più soltanto alcune aree del pianeta, del mondo, è diffuso in tantissimi settori merceologici e si allarga ogni qualvolta c’è un profitto e un'occasione di lucro. L'Italia ovviamente è uno dei Paesi maggiormente colpiti, proprio perché l'Italia ha sempre rappresentato la capacità di creatività, con alcuni settori che rappresentano un'elevata qualità e di conseguenza è soggetta ad essere esposta a questo fenomeno. Per questo motivo, noi abbiamo ritenuto determinante esaminare il fenomeno, come è stato detto, e promuovere e offrire, anche ai lavori di questa Assemblea e del Governo, alcune ipotesi di lavoro, le quali debbono essere ovviamente indirizzate, per raggiungere una maggiore efficacia, verso la lotta alla contraffazione. Per molte imprese italiane – è bene sottolinearlo ancora una volta – questo è uno dei principali problemi da superare. A questo fenomeno si collega anche l'usurpazione del made in Italy, quindi del marchio del made in Italy ed è anche collegato il fenomeno dell’italian sounding. Sarebbe un grave errore, però, considerare il problema nell'ambito della sola produzione, cioè del danno che la contraffazione fa a chi produce beni e a chi crea prodotti. Infatti, non sono soltanto le imprese a subire danni da questo fenomeno ma anche tanti altri ambiti della società, tra i quali i consumatori, i quali a volte sono anche consapevoli di comprare prodotti contraffatti e magari non si rendono conto che il prodotto contraffatto è assolutamente non all'altezza anche della spesa che affrontano, quindi di qualità nettamente inferiore alle stesse aspettative di un prodotto di quel valore. Tra l'altro, anche su questo andrebbe fatto un discorso differente settore per settore, però ci sono tanti casi, molti casi di acquisto proprio di prodotti contraffatti nel vero senso della parola, cioè di prodotti falsi, quindi andiamo in un ambito per i consumatori molto ampio, con varie caratteristiche.
Il danno enorme di questo fenomeno causa devastanti effetti, tutti riconducibili Pag. 21ad un atteggiamento criminoso, e che vanno nella direzione di favorire la criminalità organizzata che gestisce questi fenomeni in maniera molto, molto esperta. Quindi ogni acquisto alimenta circuiti criminali, lavoro nero, sfruttamento di minori, riciclaggio, oltre ai danni alle entrate di ogni Paese e alle attività lecite, quali sono le attività commerciali, che di fatto vengono scavalcate o vengono messe in crisi da un sistema criminogeno e comunque assolutamente illecito. Insomma, la contraffazione e la pirateria in campo commerciale e il commercio abusivo sono parte di una filiera totalmente illegale, ed è questo che va sottolineato.
C’è da tenere anche in considerazione un ulteriore elemento di gravità e pericolosità, che oggi si presenta, già ormai da qualche anno, in campo, in questa ampia famiglia di illeciti, rappresentato all’e-commerce. È un ulteriore elemento, il web, che aggrava la situazione, e rispetto a questo la Commissione guidata dal presidente Catania ha già iniziato approfondimenti qualificati, che consentiranno di offrire anche in questo caso degli spunti importanti per limitare il danno.
Non possiamo ovviamente guardare soltanto gli interventi per contrastare il fenomeno nella direzione della parte terminale del processo, e cioè dello smercio e del dettaglio delle merci contraffatte, come ci hanno detto i più qualificati rappresentanti nelle varie audizioni, primi fra tutti la Guardia di Finanza e la magistratura: bisogna fare come si è fatto per altri settori della criminalità organizzata, bisogna seguire i flussi finanziari.
Abbiamo già detto che le filiere della contraffazione sono nella maggioranza dei casi nelle mani della criminalità organizzata, e che va combattuta con strumenti idonei, come avviene in altri settori, e con ingenti mezzi investigativi, soprattutto coordinando non solo tutte le forze presenti nel Paese...
PRESIDENTE. La invito a concludere.
VINCENZO GAROFALO. A tal proposito intendo esprimere loro un plauso per quanto già è stato fatto e per quanto fanno; e devo dire, in Commissione abbiamo avuto modo di verificare la loro efficacia. Ma soprattutto vanno messi in campo coordinamenti internazionali, per poter affrontare tutto questo in maniera assolutamente qualificata.
È da aggiungere che, assieme alle azioni repressive e di contrasto, vanno messe in atto anche azioni di sensibilizzazione dei consumatori, per mettere in evidenza tutto quello che di negativo c’è nell'alimentare questo circuito e questo fenomeno: i danni, i rischi e la ricaduta dei prodotti contraffatti.
Con la risoluzione che abbiamo sottoscritto, i gruppi che hanno lavorato in Commissione... Tra l'altro anch'io ho piacere ad esprimere un ringraziamento ai funzionari della Camera in sede di Commissione, e al dottor Menè che li guida. Noi abbiamo voluto offrire al Governo (il sottosegretario Ferri l'altro giorno ha colto le peculiarità di questo nostro lavoro) degli spunti per poter andare nella direzione di rivedere anche il sistema sanzionatorio e l'offensività nei confronti del reato: questo reato ha bisogno – come è stato detto – di una plurioffensività. In questa direzione noi vogliamo offrire il nostro lavoro di oggi, e continuare a svolgerlo presentando la prossime relazioni (Applausi dei deputati del gruppo Area Popolare (NCD-UDC)).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Franco Bordo. Ne ha facoltà.
FRANCO BORDO. Signora Presidente, onorevoli colleghi, la produzione e commercio di prodotti contraffatti è un fenomeno criminoso che comporta un grave fenomeno sociale: gli effetti della contraffazione sull'economia italiana, stimati nello studio condotto dal Ministero dello sviluppo economico in collaborazione con il Censis, sono estremamente negativi, tali che se la produzione dei beni contraffatti fosse riportata sul mercato legale, il gettito aggiuntivo per lo Stato legato alla produzione diretta sarebbe di 1 miliardo 700 milioni di euro all'anno; se a ciò si aggiunge Pag. 22la produzione indotta, si arriverebbe a oltre 4 miliardi. Inoltre, la produzione complessiva degli stessi prodotti in canali ufficiali avrebbe una ricaduta positiva sull'occupazione regolare di circa 110 mila unità di lavoro a tempo pieno.
Nel rapporto di SOS Impresa «Le mani della criminalità sulle imprese», la voce «contraffazione» all'interno del bilancio Mafia Spa vale in termini di fatturato circa 6,5 miliardi di euro: il dato è confermato dalla ricerca realizzata dal Centro Transcrime dell'Università Cattolica di Milano, in cui si stimano ricavi massimi dalla contraffazione pari a poco più di 6 miliardi di euro, con una quota significativa da imputare alla criminalità organizzata. Il fenomeno si presenta infatti come un insieme complesso di violazioni di leggi, norme, regolamenti, vincoli contrattuali che regolano i diritti di proprietà intellettuale e di sfruttamento commerciale di prodotti di ogni genere.
È acclarato che la contraffazione sia oggi un'attività criminale dilagante, che coinvolge reti di distribuzione molto complesse gestite dal crimine organizzato transnazionale, e che si insinua in maniera crescente nei mercati dei vari Paesi di tutto il mondo. Le nuove possibilità legate all'economia, alla tecnologia, alla maggiore libertà di circolazione delle merci, delle persone e del denaro, consente alle organizzazioni criminali di sviluppare e controllare al meglio le reti dei loro traffici criminali, le quali a loro volta permettono il trasporto e la consegna di diversi tipi di merci illecite in tutto il mondo.
In questo senso, poco importa quale merce sia commercializzata illegalmente: ciò che importa è che esiste una rete di scambio e distribuzione del prodotto strutturata, che può basarsi su alleanze e metodi di facilitazione del commercio ormai rodati; così i beni contraffatti possono utilizzare le stesse rotte e metodi di distribuzione già consolidati per altri prodotti, il cui traffico è tipicamente gestito da consorzi criminali: la droga in primis, ma anche le armi e gli esseri umani. Dal punto di vista della criminalità purtroppo tale attività ha dalla sua parte l'essere considerata con particolare indulgenza dall'opinione pubblica: questo fa sì che la contraffazione sia per la criminalità organizzata un investimento più sicuro e meno rischioso, e perciò tanto più pericoloso. Per un efficace contrasto della contraffazione, ormai in larghissima parte realizzata da filiere internazionali del crimine, è necessario evitare la frammentazione delle indagini, e consentire la ricostruzione di tali filiere criminali nella loro interezza, come avviene per i reati associativi più gravi. A questo va aggiunto il coordinamento e il rafforzamento delle forze di polizia, mantenendo inoltre per i reati di particolare gravità le competenze alla procura distrettuale, lasciando alle procure circondariali le indagini sulle fattispecie riconducibili ad ambiti territoriali ristretti, anche solo per gli aspetti produttivi.
L'intento della Commissione d'inchiesta, voluta con apposita legge da questo ramo del Parlamento a conclusione di un periodo di densa attività istruttoria, è quello di giungere ad una razionalizzazione e semplificazione dell'impianto normativo penale per il contrasto alla contraffazione, lasciando solo per il momento il tema del diritto d'autore, e ricollocando i reati in tema di contraffazione nel codice penale al Titolo VIII, tra i delitti contro l'industria e il commercio, destinati a tutelare i diritti di proprietà industriale. Non più quindi reati di falso, ma reati economici, in considerazione dei beni giuridici tutelati.
Signora Presidente, onorevoli colleghi, il conto è pesante. Le parole che bastano ad illustrare i danni non hanno bisogno di lunghi giri di frase: sfruttamento del lavoro nero e minorile; complicità forzata richiesta a chi lavora, a qualsiasi livello, nella contraffazione, e sua conseguente ricattabilità; rischi per la salute derivati dall'utilizzo o somministrazione di prodotti non sicuri; produzione di denaro in nero, e simmetricamente riciclaggio di denaro sporco; in definitiva connessioni non occasionali fra mondo della contraffazione e criminalità organizzata. Nell'interesse dei nostri lavoratori, delle nostre imprese, del bilancio dello Stato, per la tutela della Pag. 23salute dei nostri cittadini è necessario intervenire bene, ma anche con urgenza. Sulla base di queste motivazioni condividiamo la risoluzione che abbiamo sottoscritto, ed invitiamo votare a favore (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Luca Squeri. Ne ha facoltà.
LUCA SQUERI. Signora Presidente, onorevoli colleghi, con l'istituzione di questa Commissione d'inchiesta contro la contraffazione e la pirateria, anche in questa legislatura il Parlamento ha compiuto un atto di grande responsabilità politica: perché il fenomeno della contraffazione è un disvalore, un vero e proprio male che aggredisce la società e lo fa con numeri che fanno rabbrividire.
La relazione specifica che, secondo le stime dell'Organizzazione Mondiale del Commercio, i beni contraffatti rappresentano tra il 5 e il 7 per cento del commercio mondiale, pari a circa seicento miliardi di dollari all'anno. L'OCSE stima che ogni anno su scala globale si muovano attraverso i confini statali merci contraffatte per un valore di oltre 250 miliardi di dollari, e la stima esclude le merci prodotte e vendute all'interno dello stesso Paese, quelle acquistate via internet e le attività economiche indirette.
La contraffazione, dunque, è un male che drena risorse e che in particolare, per quanto riguarda il nostro Paese, costituisce una vera e propria aggressione al sistema Italia; è un male che aggredisce l'Italia perché crea un pesante danno economico alle imprese, scoraggia gli investimenti in ricerca e sviluppo, abbatte la competitività, genera disoccupazione.
Il commercio abusivo in Italia costa almeno 5 miliardi l'anno; se il fenomeno contraffattivo venisse debellato si creerebbero almeno 100.000 posti di lavoro nel Paese. Esso aggredisce il nostro sistema di ricchezza, perché genera danni importanti ai consumatori, questo è tanto più vero poi per il settore agroalimentare. Genera un danno all'erario, evasione fiscale, mostra collusione con la criminalità organizzata, determina fattori di sfruttamento di soggetti deboli. Costituisce, come rileva in maniera inequivocabile la relazione, un fenomeno di particolare pericolosità sociale, sia per la sua intrinseca dannosità, sia per i legami strutturali con le organizzazioni criminali, nazionali ed internazionali, un vero e proprio commercio parallelo e sommerso in cui le organizzazioni criminali sfruttano i luoghi più convenienti per produrre beni contraffatti, le migliori vie di transito e mercati di sbocco preferibili secondo le regole dell'economia ormai globalizzata.
Questi sono tutti elementi chiave per capire quanto urgente e fondamentale sia un'opera coordinata di prosecuzione e di sviluppo del contrasto al fenomeno contraffattivo. Si tratta poi di un fenomeno che ha una capacità straordinaria di mutare, di evolversi, lo dimostrano i dati vertiginosi sull'utilizzo, per esempio, delle nuove tecnologie e di internet per la diffusione della contraffazione.
La tutela delle triangolazioni online è uno degli aspetti su cui sarà più necessario insistere. La vendita via internet di prodotti contraffatti ha ovviamente conquistato la fascia di clienti forse tra le più sensibili ai prodotti di marca contraffatti. Come rileva la relazione sono infatti i giovani i maggiori fruitori del commercio on line, ma lo stesso pubblico si rivolge anche alle fonti di strada; secondo il report Mise-Censis, oltre il 74 per cento dei ragazzi tra i 28 e i 25 anni acquista regolarmente articoli contraffatti, soprattutto capi d'abbigliamento, CD, DVD e accessori in genere. È quindi importante un monitoraggio attento e coordinato del fenomeno, che cambia volto continuamente.
La relazione della Commissione, all'esame di quest'Aula, prende in esame le possibili proposte normative in materia penale in tema di contraffazione, dopo aver operato un fondamentale inquadramento di carattere generale sul fenomeno della stessa. Innanzitutto, vi è l'importanza di un monitoraggio di questo fenomeno, Pag. 24che è fondamentale e che non può essere naturalmente svolto solo a livello nazionale, ma anche a livello internazionale.
Vi è poi l'importanza estrema della tutela legale e dei profili penali, su cui la relazione invita a svolgere un'ampia riflessione. Nonostante il nostro apparato giuridico per quanto riguarda il contrasto alla contraffazione nazionale sia tra i più avanzati, è sulla questione dell'applicabilità e della necessaria rilevanza da dare a questo fenomeno che vi sono ancora possibilità di miglioramento e di rafforzamento. Come rileva la relazione sono comunque necessari interventi normativi per semplificare la tutela penale, rendendo allo stesso tempo più marcato il contrasto alla contraffazione legale e alla criminalità organizzata.
Altro aspetto importante, sono tante le istituzioni chiamate a diverso titolo ad esse operative e attive nel settore del contrasto alla contraffazione, ma talvolta la funzione di coordinamento è quella più difficile. Tante funzioni non significano necessariamente funzionalità, più volte abbiamo riscontrato la necessità di potenziare un'azione di coordinamento tra i vari attori chiamati a operare in questo settore.
Come sottolineato nella relazione, sullo sfondo resta inoltre che la problematica del made in, che, pur non riguardando in senso stretto la contraffazione, appare vitale per la tutela del nostro sistema produttivo di fronte al fenomeno dell’italian sounding, si tratta di un fenomeno che, ancora una volta, ha un costo pesantissimo per la ricchezza del nostro Paese, si aggira intorno a 5 miliardi di euro, e se lo consideriamo complessivamente il fenomeno appare ancora più preoccupante. È chiaro che gli unici ad essere interessati a tutelare il marchio made in Italy siamo noi, forse anche altri Paesi lo fanno, ma certo non così bene come lo facciamo noi. Quindi, in tema di italian sounding è necessaria una attenzione primaria, perché si tratta di un valore importante e in crescita e dunque risorse sottratte al nostro Paese.
Ricordiamo anche che il fenomeno della contraffazione, naturalmente, si sviluppa nelle fasi di crisi economica e di chi crisi della ricchezza, ossia nelle fasi discendenti. Questo è un dato già provato, perché in queste fasi le persone hanno meno possibilità di spesa e quindi sono più portate a risparmiare, dobbiamo sapere che in questi anni di crisi il fenomeno contraffattivo è destinato ad aumentare e quindi deve essere contrastato con maggiore forza.
Al di là dei profili penali, vorrei sottolineare un ultimo aspetto che riguarda l'importanza di un'attenta campagna di prevenzione e comunicazione, che è fondamentale, perché tra le tante cose non bisogna trascurare che spesso da parte dei consumatori non vi è la coscienza del danno che si produce nell'acquisto dei beni contraffatti. Nei casi però in cui si è coscienti di acquistare qualcosa di contraffatto, non si ha comunque la consapevolezza di compiere un atto illecito, non si sa che si va ad attivare una rete illecita di attività e non si valuta attentamente il potenziale rischio che noi stessi ci assumiamo nell'acquistare beni contraffatti. Quindi, è necessaria una forte campagna di prevenzione per acquisire una maggiore consapevolezza di che cos’è il fenomeno contraffattivo e di come non bisogna in alcun modo, né direttamente né indirettamente, favorirlo.
Concludo, dicendo quanto sia essenziale che tutte le forze politiche si facciano carico, anche presso le opportune sedi comunitarie, di affrontare la questione con grande fermezza. Infatti, è emerso che uno degli elementi di maggiore criticità sta proprio nel fatto che a livello internazionale e, più specificatamente, a livello comunitario, è difficile articolare un contrasto compatto alla contraffazione. Per tutto questo, per una maggiore spinta a livello comunitario, per far sì che il fenomeno del contrasto alla contraffazione si rafforzi in questi anni, credo sia necessario l'intervento congiunto di tutte le istituzioni e di tutte le forze del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Mattia Fantinati. Ne ha facoltà.
MATTIA FANTINATI. Presidente, onorevoli colleghi, quando mai si è sentito dichiarare da parte di un Governo che non si voglia combattere la contraffazione o non si vogliono favorire le piccole e medie imprese o il made in Italy ? Le campagne elettorali sono piene di slogan e questo Governo ci ha abituati che non lo sono solo le campagne elettorali. Sempre, però, disattesi, come l'abolizione del Senato o delle province; ma dopo tre anni, colleghi della maggioranza, di fatti ne vediamo davvero pochi, e di tweet invece tantissimi.
Entriamo per un attimo nel tema della contraffazione, do per scontato dati che avete già detto, che conosciamo tutti. Ci costa otto miliardi, ci fa perdere 130.000 posti di lavoro, le aziende della contraffazione e del mercato nero non pagano le tasse, è un introito mancato di 5 miliardi, e soprattutto è anche un business, dove ormai la criminalità organizzata ha messo da molti anni il suo zampino e, quindi, questo tema dovrebbe essere molto caro al Governo, ma, ovviamente, neanche per sogno !
Se si fosse prodigato alla difesa del made in Italy allo stesso modo di come si è spartito i fondi pubblici saremo il marchio più conosciuto nel mondo e la contraffazione sarebbe un lontano ricordo. Invece, il Governo ha bruciato la chance, la sua unica chance forse, durante il semestre di Presidenza europeo. Doveva – e dico doveva ! – redigere una norma comunitaria per la valorizzazione del made in, cosa che ovviamente non ha fatto.
Il MoVimento 5 Stelle ha presentato numerose proposte sul tema della contraffazione, prontamente sempre bocciate, anche quando il Governo aveva dato parere favorevole alla relativa mozione. Abbiamo più volte sottolineato come la contraffazione sia figlia della delocalizzazione soprattutto a causa di quel surplus produttivo che le aziende producono nei loro stabilimenti, nei Paesi a basso costo di manodopera. E qui, seduti in Parlamento, abbiamo esemplari illustri di imprenditori che si stracciano le vesti e difendono il made in Italy a spada tratta e poi le loro aziende le fanno delocalizzare. Un caso è la senatrice Merloni con la sua Indesit. Niente di male, sono imprenditori, soldi privati, ci mancherebbe, qualcuno potrebbe pensare. Invece sì; soprattutto quando le aziende, come quella della senatrice Merloni, ricevono fondi pubblici. E addirittura qualche esempio ancora più illustre, come il nostro Ministro dello sviluppo economico, Guidi, che con la sua Ducati Energia ha delocalizzato qua e là. Dopo qualche giorno va in tv, smentisce tutto e dopo qualche giorno il padre della Guidi smentisce il Ministro; hanno delocalizzato usando i fondi pubblici. Ricordo che soltanto il MoVimento 5 Stelle ha fatto approvare una legge dello Stato perché chi delocalizza con i soldi pubblici, quei soldi li deve lasciare giù. Una legge così non era mai stata vista, forse per non disturbare quei parlamentari.
Ma parliamo anche di agroalimentare. Il Parlamento europeo ha dato il via libera ad importanti importazioni di olio d'oliva tunisino, parliamo di 70 mila tonnellate nei prossimi due anni. L'Europa vuole così aiutare la Tunisia, ma si dimentica di proteggere i produttori nostrani (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Il mercato italiano sarà invaso e andrà al collasso a causa del moltiplicarsi delle frodi, oli d'oliva importati, spesso mescolati con quelli nazionali per acquisire con le immagini in etichetta, e sotto copertura di marchi storici magari, anche questi ceduti all'estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri a danno dei produttori italiani e dei nostri consumatori. Grazie al 5 Stelle europeo il provvedimento è stato rinviato, obbligando così all'apertura di un nuovo negoziato tra Stati membri. E prendo questo olio come testimone datomi dai miei colleghi d'Europa, questa bottiglia simbolo delle nostre battaglie (Il deputato Fantinati mostra una bottiglia di olio – Applausi dei deputati del gruppo MoVimento Pag. 265 Stelle). Domani a Bruxelles ci sarà il Consiglio europeo dei Ministri europei dell'agricoltura.
PRESIDENTE. Deputato, scusi, dovrebbe togliere quella bottiglia, la prego.
MATTIA FANTINATI. La tolgo subito.
PRESIDENTE. La tolga, perché non è ammesso esporre oggetti in Aula.
MATTIA FANTINATI. Ministro Martina, mantenga la parola data e difenda il nostro olio (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Tolga quella bottiglia, la richiamo all'ordine.
MATTIA FANTINATI. Ma ora veniamo al tema della risoluzione che chiediamo di votare per parti separate. Diciamo subito che concordiamo con tutto quello che c’è scritto sulla premessa; ci mancherebbe, chi può dirsi contrario. Conosciamo il fenomeno, le sue implicazioni economiche sociali, addirittura sappiamo che la criminalità organizzata sta spostando parte cospicua del suo business sulla contraffazione, si parla del 25 per cento. È un fenomeno complesso che merita provvedimenti urgenti, eccetera, eccetera. Tuttavia è nella modalità degli impegni che ci discostiamo da ciò che propone questa risoluzione. Ci riferiamo soprattutto alla relazione del presidente Catania a cui questa risoluzione fa riferimento. Troviamo troppo frammentario il ruolo di coordinamento che secondo noi deve essere unico, super partes, dare un orientamento, gestire i vari Ministeri, gestire in modo univoco le nostre forze in maniera sinergica e omogenea. Siamo molto critici anche nel creare l'ennesima nuova banca dati. I dati ci sono già, i cosiddetti big data, devono essere condivisi, coordinati, sono sinergie necessarie che permetterebbero non solo un controllo più efficace, ma anche più efficiente sia nel campo della contraffazione, ma anche in tutti gli altri settori della criminalità.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE LUIGI DI MAIO (ore 11,35)
MATTIA FANTINATI. Il passaggio nella relazione che desta perplessità e lo spostamento dei reati finalizzati al contrasto della contraffazione da delitti contro la fede pubblica a delitti contro l'economia pubblica.
In tal modo, diciamolo in modo molto chiaro, l'impianto di tutela si indebolisce, perché i reati contro la fede pubblica sono reati di pericolo e non di danno, quindi prevedono una tutela anticipata degli interessi giuridici. In tal modo la funzione fidefacente dei titoli di proprietà industriale viene disconosciuta, essendo stata eliminata la tutela penale connessa a tale importante funzione. Insomma lo vogliamo dire, dire tante volte: il reato di fallace indicazione è un vero e proprio imbroglio nei confronti del consumatore e come tale deve essere gestito. Questo impianto di tutela, fatta in questo modo, è un impianto che si indebolisce. Il Governo ha inoltre più volte affermato che la causa di questo spostamento è che il delitto contro l'economia pubblica è un reato plurioffensivo, ma non è sempre così colleghi, ci sono infatti numerose sentenze della Corte di cassazione che riconoscono che anche il reato di fede pubblica è plurioffensivo. Mi auguro che avremo occasione di approfondirlo proprio questo aspetto quando esamineremo le proposte di legge in materia nelle Commissione referenti. E su questo punto, noi pertanto ci asterremo.
Ben diversa, e mi avvio a chiudere, è la posizione su delegare il Governo per quanto riguarda la competenza a intraprendere ogni iniziativa utile al fine di risolvere le questioni della relazione. Basta deleghe a questo Governo, siamo stanchi di spot elettorali, avete già manifestato la vostra incapacità ! Altro forse che incapacità, diabolicità (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle) ! Basta giochi di prestigio, giri di parole, dite le cose come stanno. Questo è il Governo che ha fatto un decreto legislativo sulla tenuità del fatto, praticamente ha depenalizzato Pag. 27anche i reati sulla contraffazione. Allora parliamoci chiaro, parliamoci francamente, volete veramente iniziare a fare qualcosa per la contraffazione ? Volete veramente iniziare a difendere il made in Italy e le piccole e medie imprese ? Iniziate a sostituire il Ministro Guidi per i suoi conflitti di interesse (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle). Il MoVimento 5 Stelle è stufo di proclami, stufo di spot, come penso i cittadini siano stufi. Non vuole più dichiarazioni, ma vuole soltanto risposte (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la collega Cenni. Ne ha facoltà.
SUSANNA CENNI. Grazie Presidente. Colleghi, consentitemi di partire dall'intervento del collega Fantinati che ho appena ascoltato, perché io sono per raccogliere in pieno le sollecitazioni che lui ci fa, e parto raccogliendo l'invito alla concretezza, alla franchezza, e francamente dico, tramite lei, al collega Fantinati, che sarebbe stato molto utile che il collega ci avesse riportato tutte queste riflessioni nella Commissione d'indagine, perché lui è uno dei colleghi che ne fa parte e che francamente non frequenta quella Commissione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Detto ciò, io credo che sia un bene che oggi noi qui discutiamo e approviamo una prima relazione e considero questa relazione una primissima risposta allo scandire quotidiano di sequestri, scandali, interventi. Vorrei ricordare che questa è la prima di una serie di relazioni che sono già state approvate dalla Commissione in questi primi mesi di lavoro. Il lavoro che oggi stiamo esaminando fa parte quindi di un primo passo, di un primo pacchetto di interventi. La relazione sottopone al Governo e al Parlamento un quadro, un quadro fatto di luci e di ombre, io condivido anche alcune cose che adesso sono state dette, però si prova a delineare anche possibili risposte nella relazione. Si tratta di luci ed ombre che riguardano tutto il fenomeno della contraffazione, suggerendo alcune modifiche al codice penale e sollevando alcuni aspetti propri dell'organizzazione del coordinamento.
Vedete, qui noi oggi abbiamo il sottosegretario Ferri: se volessimo davvero interloquire con il Governo su tutta la materia, noi dovremmo avere più componenti del Governo, perché sappiamo che questa è una materia assolutamente trasversale, per la sua pesantezza perché interessa tanti comparti e perché interessa un pezzo di organizzazione dello Stato e anche del sistema degli enti locali.
Mi riferisco, quindi, al funzionamento delle procure, in alcuni casi letteralmente sommerse di lavoro, per le quali la materia ’contraffazione’ rischia di diventare assolutamente secondaria.
Mi riferisco alla sovrapposizione delle norme in vigore, tema che è stato ripreso anche lunedì durante la discussione sulle linee generali.
Mi riferisco alla quantità di soggetti operanti nell'azione di contrasto e all'azione delle forze dell'ordine, che, ogni giorno intervengono...
PRESIDENTE. Liberare i banchi del Governo, per favore.
SUSANNA CENNI. ...con azioni che, forse, potrebbero essere ancora più efficaci, se ci fosse un coordinamento forte. È vero che le banche dati ci sono, collega Fantinati, ma queste banche dati vanno devono diventare uniche, interconnesse. Non esiste che ogni forza dell'ordine, ogni soggetto, gestisca la propria e che non vengano messe in comune: occorre farlo, questo passo.
Ed ancora, mi riferisco alla necessità di un'azione più determinata a livello europeo: è vero, è in quel campo che si giocano alcune battaglie, non si può scherzare, non si possono fare norme nazionali, che poi si fermano alle porte di Bruxelles.
Ed ancora, mi riferisco all'evoluzione del fenomeno stesso, purtroppo in continuo aggiornamento.
La contraffazione, colleghi, è un fenomeno assai complesso e forse non Pag. 28sempre sufficientemente percepito come tale, come un fenomeno criminale che produce danni enormi alla nostra economia. L'indagine svolta dal Censis, poco più di un anno fa, ci dice che, soprattutto fra i giovani consumatori, l'acquisto di prodotti contraffatti, magari di capi di abbigliamento, scarpe, occhiali, musica, viene considerato un comportamento accettabile e non un reato, e credo non solo tra i giovani. Il tema, invece, è molto serio, sia per i numeri, che per la sua capacità di innovarsi, di occupare nuovi spazi di mercato, fino a ieri assolutamente inimmaginabili. I numeri sono pesantissimi, sono già stati citati a sufficienza dagli interventi che mi hanno preceduto e io non li riprendo, dico soltanto che queste cifre sono ancora più grandi e ancora più pesanti se le confrontiamo con lo sforzo che il nostro Paese sta svolgendo per risalire la china di una crisi pesantissima, uno sforzo fatto di importanti stanziamenti che stiamo misurando nello «zero virgola», per leggere i segnali di una possibile inversione di rotta. E anche per questo, io credo che il nostro lavoro di indagine, di documentazione, di ascolto delle realtà più colpite e degli addetti ai lavori debba tradursi anche attraverso le decisioni di Parlamento e Governo, in una battaglia sempre più determinata e organizzata contro chi sottrae risorse all'erario, al lavoro pulito e giusto, contro chi esercita una concorrenza sleale nei confronti di imprese e produttori di grande qualità, nel manifatturiero, nell'agroalimentare, nel commercio, nella farmaceutica.
Non stiamo parlando solo di economia, non stiamo parlando solo di codice penale, stiamo parlando anche di identità, e la contraffazione è un virus che colpisce, prima di tutto, l'identità e i comparti merceologici di tutte le filiere produttive. E in effetti è molto vasto l'ambito in cui la contraffazione agisce, lo è tanto più in un Paese come il nostro, in cui, il fatturato della moda, del cibo e del made in Italy, rappresenta una fetta molto consistente della nostra economia – quella fetta, guarda caso, più resistente alla crisi – e determina la nostra stessa identità: quel volto con cui veniamo riconosciuti ed apprezzati in tutto il mondo. È tutto questo che viene rimesso in discussione, ed è anche per questo che dobbiamo reagire con forza.
Vedete, l'indagine ci ha consentito di ascoltare le principali procure del nostro Paese impegnate su questo fronte: Roma, Milano, Napoli, Firenze, Prato; magistrati che stanno lavorando con grande determinazione e che, ovviamente, voglio, ancora una volta, ringraziare. La relazione esamina le norme in vigore – quelle di prevenzione, quelle previste dal codice penale, anche quelle molto recenti in materia di non punibilità per particolare tenuità del fatto, ed ancora le direttive comunitarie –, riassume la loro evoluzione e ne evidenzia la stratificazione non sempre utile, anzi spesso assolutamente danneggiante la nostra economia. Ed anche l'obsolescenza di alcune collocazioni a partire da una fattispecie come quella rappresentata dall'articolo 514 del codice penale risalente al codice Rocco.
Ed ancora si scorrono i procedimenti, dal sequestro della merce ai percorsi che sono necessari per risalire a tutta la filiera, ed ancora il lavoro svolto dalle singole forze dell'ordine.
La relazione sfiora anche il tema delle norme comunitarie e del coordinamento internazionale. Lo sfiora perché, in questi mesi, altre due indagini sono state avviate: una sul terreno più ostile all'azione di contrasto, cioè la rete, il web, e l'altra sulla dimensione europea. Noi sappiamo che i dossier aperti fra il nostro Paese e l'Europa, e i contenuti dei Trattati internazionali, a partire dal TTIP, sono molti e rilevantissimi, per gli sbocchi in termini di commercio internazionale, ma anche la dimensione di Italian sounding, ancora, per la tutela in sede internazionale di marchi, denominazioni e di tutto ciò che sta dietro allo sforzo di certificazione delle nostre filiere produttive di qualità: quei dossier non possono essere abbandonati, lo dico al sottosegretario presente, ma l'appello ovviamente è nei confronti di tutto il Pag. 29Governo, nonostante alcuni piccoli risultati, come il «pacchetto marchi», che sono stati portati in fondo.
I fronti aperti sono molti, alcune prime risposte stanno arrivando: mi riferisco, per esempio, anche alla scelta del vicepresidente del CSM, Legnini, che ha annunciato l'intenzione di avviare un corso di specializzazione dei magistrati in materia di contraffazione e, quindi, specializzando chi sarà chiamato a indagare su questa materia; e, ancora, penso al Ministro Orlando, che ha insediato un pool di magistrati esperti per la messa a punto di proposte in materia agroalimentare; o, ancora, al ministro Martina. Ecco, c’è ancora molto da fare.
Noi già lunedì, colleghi, in sede di discussione sulle linee generali, abbiamo avuto il piacere di ascoltare un parere di totale accoglimento della documentazione trasmessa ed anche dei suggerimenti messi a disposizione dell'Assemblea legislativa e del Governo. Io penso che questo testimoni l'utilità del nostro lavoro, però a tutto questo – anche perché noi non deleghiamo un bel niente da questa parte dell'emiciclo – si aggiungerà il contributo rappresentato dall'iniziativa parlamentare di gruppi e di singoli parlamentari. Il Partito Democratico lo farà, ha già depositato una sua proposta di legge, che si impone di intervenire su molti dei campi che sono stati segnalati. Aggiungo, però, un'ultimissima considerazione, che francamente mi sarei risparmiata e che riguarda la vostra scelta, quella dei colleghi del MoVimento 5 Stelle, di non votare a favore di questa relazione in Aula e di farlo dopo che questa relazione è stata approvata all'unanimità dentro la Commissione di indagine, quindi anche col voto del MoVimento 5 Stelle. Stiamo parlando di una Commissione d'indagine: è una cosa diversa ! Alcuni di voi la stanno frequentando e lo stanno facendo con grande serietà. Io credo che questa scelta sia sbagliata e che sia una scelta che mortifica anche vostri componenti, che, lì dentro, lavorano. Io vi consiglio di superare questa schizofrenia, perché credo che, quando lavoriamo insieme, siamo capaci di portare a casa anche importanti risultati.
PRESIDENTE. Dovrebbe concludere.
SUSANNA CENNI. Noi siamo convinti che il made in Italy si tuteli non solo richiamandolo nei discorsi importanti e nelle dichiarazioni televisive, ma che lo si faccia con i fatti. Per quanto ci riguarda, lo stiamo facendo con le nostre proposte e, per questo, annuncio il voto favorevole del gruppo del Partito Democratico alla risoluzione che è stata depositata (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, il collega Bianconi. Ne ha facoltà. Prego, ha due minuti.
MAURIZIO BIANCONI. Grazie, Presidente. Racconterò una storia e sono contento che c’è un sottosegretario magistrato. La scorsa legislatura, io facevo parte della Commissione anticontraffazione; venne a fare una relazione il comandante generale della Guardia di finanza, il quale disse che, se si voleva abbattere il fenomeno della contraffazione, c'era un solo sistema che avrebbe ridotto, nel giro di un anno, del 90 per cento il sistema contraffattorio in Italia, ed era chiudere ed impedire il funzionamento dei money transfer. Allora ci mettemmo d'accordo, all'interno della Commissione, affinché preparassimo una proposta di legge per l'abolizione dei money transfer: la redigei io, la firmò il collega Fava della Lega e tutti gli altri, dopo aver detto «sì» lì dentro, sentiti i rispettivi gruppi, non hanno votato quella proposta di legge ! Subito dopo, e con un'insistenza veramente assoluta, sono stato avvicinato da una lobby, che difende i money transfer, che mi voleva dimostrare l'inutilità di questa legge.
Io l'ho ripresentata questa legge in questa legislatura, il 27 marzo del 2013. Siccome non si comanda niente, specialmente piccini come siamo, voi della maggioranza andate a ripigliare la relazione Pag. 30del comandante, guardate questa proposta di legge e fate qualcosa di veramente concreto contro la contraffazione, così come vi dicono gli organi dello Stato competenti, non questa filata di chiacchiere (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Conservatori e Riformisti).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.
Sull'ordine dei lavori (ore 11,55).
PRESIDENTE. Come d'accordo con la Presidente, il collega Brunetta ha chiesto di parlare per un intervento sull'ordine dei lavori. Ne ha facoltà.
RENATO BRUNETTA. Signor Presidente, da notizie di stampa apprendiamo che due nostri connazionali in Libia, molto probabilmente, sono stati uccisi nella regione di Sabratha.
Ricordiamo che in Libia ci sono quattro nostri connazionali rapiti, tra cui questi due nostri connazionali. Le informazioni sono ancora incerte e questo aumenta, se possibile, la nostra angoscia.
Io credo che il Parlamento debba essere informato al più presto, da parte del Governo, di quello che sta succedendo in Libia. Avevamo già chiesto che il Ministro Gentiloni venisse in Aula e c'era la disponibilità per il giorno 9, ma riteniamo che il 9 sia una data ormai troppo lontana in ragione degli avvenimenti e chiediamo che, quindi, il Governo venga al più presto, ad horas, in Aula a rappresentare l'attuale situazione in Libia, l'impegno italiano in Libia.
Sappiamo che il Copasir ha convocato il sottosegretario Minniti oggi pomeriggio. Noi non siamo presenti al Copasir, ma riteniamo che questa informativa debba riguardare tutto il Parlamento, non semplicemente il Copasir.
Ci sono l'angoscia, l'incertezza, il dolore, la preoccupazione perché abbiamo ancora due connazionali rapiti, speriamo quattro, speriamo che le notizie vengano smentite, però chiediamo che il Governo venga immediatamente in Aula a riferire su quello che sta succedendo a poche centinaia di chilometri dai nostri confini (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LIA QUARTAPELLE PROCOPIO. Grazie, Presidente. Apprendiamo con dolore, da una nota della Farnesina, dell'uccisione di due nostri connazionali in Libia. Siamo vicini alle loro famiglie e siamo vicini alle famiglie di tutti gli italiani ancora oggi nelle mani dei rapitori in Libia e in altre zone del Medio Oriente.
Quanto accaduto ci dice che effettivamente la Libia stia vivendo una situazione fragile ed estremamente delicata. Chiediamo anche noi un'informativa del Ministro Gentiloni con l'attenzione, però, alla prudenza necessaria per salvaguardare almeno gli altri due italiani ancora nelle mani dei rapitori in Libia, in una situazione in cui non abbiamo informazioni precise e in cui effettivamente bisogna utilizzare la massima prudenza.
ROCCO PALESE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROCCO PALESE. Grazie, signor Presidente. Sono oltre dieci giorni che noi abbiamo espressamente chiesto, anche nella Conferenza dei capigruppo, che il Governo venisse a riferire con un'informativa urgente su quanto sta accadendo in Libia.
Anche noi manifestiamo, non solo le preoccupazioni, ma anche grande solidarietà nei confronti dei quattro italiani e nei confronti delle persone comunque coinvolte. C’è grandissima preoccupazione e penso veramente che il Governo debba venire in Aula ad horas, perché non possiamo apprendere notizie drammatiche, così come le apprendiamo adesso, ma Pag. 31anche e soprattutto una serie enorme di notizie sui giornali rispetto a missioni e rispetto anche al Ministro della difesa, che oggi con una dichiarazione su Italia Oggi, in particolare, riferisce che forse noi non saremmo neanche in grado di prendere il comando di questa missione.
C’è veramente estremo bisogno di cautela, c’è grande preoccupazione, responsabilità – l'abbiamo sempre manifestata –, ma soprattutto c’è la necessità, da parte del Parlamento, di apprendere dal Governo la situazione, con l'auspicio che gli altri due italiani vengano al più presto liberati.
LUCA FRUSONE. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LUCA FRUSONE. Grazie Presidente. In questi momenti, tutte le nostre orecchie tendono a delle notizie, a delle smentite magari o a delle rassicurazioni per quanto riguarda la vita dei nostri connazionali che sono appunto da tempo in Libia. Per questo, chiediamo anche noi e ci accodiamo alla richiesta di avere immediatamente il Ministro degli esteri qui in Aula considerando che questa richiesta è stata fatta anche qualche giorno fa e comprendeva anche la richiesta per la questione Regeni che a questo punto, considerando la vicinanza dell'Egitto alla Libia, diventa molto importante. Sappiamo che alle ore 14,30 il Copasir è stato convocato e ci rendiamo conto che ci saranno delle notizie classificate, ma crediamo che questo Parlamento, come tutto il Paese, abbia il diritto di sapere che cosa sta accadendo e che cosa ci aspetta nei prossimi mesi sulla questione libica. Quindi, la nostra solidarietà e la nostra vicinanza va alle famiglie dei nostri connazionali, ma chiediamo che veramente, immediatamente ci sia qui la presenza del Ministro degli esteri e, se possibile, anche del Ministro della difesa per vedere il futuro del nostro Paese in questi scenari (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
ANDREA CAUSIN. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ANDREA CAUSIN. Grazie Presidente. Innanzitutto, le condoglianze alle famiglie delle vittime. Quello che sappiamo in queste ore sono soltanto delle notizie frammentarie che ciascuno di noi ha potuto apprendere dagli organismi di stampa e dal web. Oggi pomeriggio alle ore 14:30, come ricordavano i colleghi, ci sarà una riunione del Copasir in cui riferirà il sottosegretario Minniti e sicuramente il quadro delle informazioni sarà più completo. Rispetto al tema della Libia, io credo che dovremmo fare molta attenzione perché è necessario agire con urgenza perché, da una parte, c’è una responsabilità del nostro Paese rispetto ad uno Stato che è così vicino a noi e così legato dal punto di vista storico e così legato da interessi economici, relazionali e commerciali; dall'altro punto di vista, accanto a questa urgenza, c’è anche la prudenza e la responsabilità di doverlo fare in un quadro anche di legittimità che deve tenere conto di quelle che sono le richieste di un Governo che si è formato a fatica, ma che è un Governo legittimo e che in questo momento ha un'interlocuzione con l'ONU. Rispetto a questo, mi unisco alla richiesta dei colleghi affinché il Ministro degli esteri e il Ministro della difesa possano riferire quanto prima affinché si definisca il ruolo del nostro Paese per esercitare con rapidità e anche con responsabilità il ruolo del nostro Paese, per mettere in sicurezza un Paese verso il quale, ripeto, abbiamo delle responsabilità di vicinato molto importanti.
STEFANO DAMBRUOSO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
STEFANO DAMBRUOSO. Grazie Presidente. Anche a nome di Scelta Civica, evidentemente esprimiamo una vicinanza, non soltanto formale, alle famiglie dei due soggetti che si afferma oggi siano stati Pag. 32assassinati addirittura per vendetta da parte dell'ISIS. Ecco, auspichiamo che chiaramente, al di là delle prime notizie ancora non confermate, sia il Ministro Gentiloni, ma soprattutto la Farnesina, potranno darci indicazioni che rassicurino quelle che sono le nostre prospettazioni di presenza in Libia alla luce appunto dei preventivabili oggi invii da parte dell'Italia di sostegno logistico a eventuali interventi in quella zona. Va detto che si associano a questi fatti quelli della vendetta nei confronti del nostro Paese. Ci sono, infatti, anche altre notizie relative al grave omicidio avvenuto per il cittadino Regeni in Egitto. Quindi, la diffusione di una nostra posizione che sia espressione di un rancore vendicativo da parte di questa organizzazione terroristica dovrebbe trovare chiarimenti più opportuni, proprio per impedire ed evitare che vi siano invece difficoltà di strategie di investimento che restano per il nostro Paese comunque di grande rilevanza in quell'area. E mi riferisco, appunto, a strategie che possono essere accomunabili a quelle della ditta Bonatti dove i due presunti cittadini italiani uccisi erano impiegati e per la quale erano stati chiamati proprio in Libia per svolgere lì il loro lavoro. Ritengo che sia davvero oggi importante avere chiarezza. Sono ottimista sul fatto che la Farnesina, con l'impegno governativo ed istituzionale che normalmente presta in questi casi, sia alle famiglie che all'informazione istituzionale, verrà a darci informazioni al più presto. Tuttavia, è prevalente da parte nostra l'espressione di una vicinanza alle famiglie, nel caso in cui dovessero essere confermate queste notizie sulla morte dei due rapiti (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).
ERASMO PALAZZOTTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ERASMO PALAZZOTTO. Presidente, con la dovuta cautela e la prudenza che si richiede in questi casi, augurandoci che queste notizie possano essere anche smentite, anche noi ci uniamo al cordoglio e alla vicinanza espressa ai familiari e agli amici dei due nostri connazionali che risultano ad oggi dispersi e probabilmente uccisi durante questo raid. Mi permetto di aggiungere una considerazione rispetto a quello che è successo: non sappiamo ancora, dalle prime notizie frammentarie, è possibile che i nostri due connazionali siano caduti anch'essi sotto il cosiddetto fuoco amico, perché si parla di un blitz in un covo di jihadisti. Su questo sicuramente serviranno ulteriori dettagli, quindi anche noi chiediamo un'informativa precisa, anche perché vorremmo sapere quali erano le informazioni in nostro possesso rispetto alla condizione degli ostaggi. Però, riteniamo che non sia sufficiente oggi un'informativa, perché la questione libica sta assumendo sempre di più connotati e contorni preoccupanti, ed è una situazione che rischia di fare esplodere ancora di più il caos nel bacino del Mediterraneo. Credo che questo Parlamento abbia la necessità – è questa la richiesta che oggi voglio fare – di aprire una discussione e un dibattito di merito su qual è la condizione in Libia e nel bacino del Mediterraneo e, sulla base di questo, approvare delle risoluzioni che diano delle indicazioni e un mandato chiaro al Governo. Noi non possiamo stare solo ad essere informati dal Governo, non possiamo essere chiamati a ratificare scelte, anche di interventi militari, già prese, ma abbiamo il dovere, come rappresentanti del popolo italiano, di affrontare una discussione di merito e di dare al Governo le dovute indicazioni, soprattutto alla luce di questi fatti, che ci dicono quanto noi siamo a rischio e quanto siano a rischio i cittadini italiani in questi contesti (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà).
BARBARA SALTAMARTINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
BARBARA SALTAMARTINI. Presidente, ovviamente anche il gruppo parlamentare della Lega Nord si associa ai Pag. 33sentimenti di solidarietà e di vicinanza alle famiglie sia dei nostri due connazionali che purtroppo sono stati uccisi sia ovviamente dei nostri connazionali che ancora sono in questo momento nelle mani di chissà chi. In tal senso, noi crediamo che ben venga la convocazione immediata, già oggi pomeriggio, da parte del presidente del Copasir, del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Minniti. Sappiamo che la prossima settimana sarà in Aula il Ministro Gentiloni per riferire, ma crediamo che, visti i fatti che sono accaduti nelle ultime ore, sia urgentissima l'informativa da parte del Governo, ci associamo quindi alla richiesta di quei partiti che hanno chiesto che il Ministro Gentiloni venga immediatamente in Aula a riferire sulla situazione libica (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).
PRESIDENTE. Non ci sono altri interventi. Tengo soltanto a precisare che la Presidenza della Camera sta seguendo con trepidazione il susseguirsi di notizie. È chiaro che non esprimiamo alcuna condoglianza ancora e speriamo di non doverla esprimere, perché i fatti sono ancora in evoluzione. Io ho qui il comunicato della Farnesina in cui si dice che forse due connazionali sono stati uccisi. Quindi, rinviamo qualsiasi altro commento, per una questione di opportunità, rispetto a notizie certe. Segnalerò comunque le vostre richieste alla Presidenza della Camera in merito alla convocazione del Ministro degli affari esteri e del Ministro della difesa.
Si riprende la discussione.
(Votazioni – Doc. XXII-bis, n.1)
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione per parti separate della risoluzione Catania, Cenni, Russo, Garofalo, Pastorelli, Franco Bordo ed altri n. 6-00212, nel senso di votare distintamente la premessa, la prima parte del dispositivo, con la quale si fa propria la relazione predisposta dalla Commissione di inchiesta, e la seconda parte del dispositivo, che lega l'impegno al Governo.
Costituendo la premessa un elemento complementare ed accessorio rispetto al dispositivo, procederemo, come avete visto ultimamente, dapprima alla votazione delle due parti del dispositivo e successivamente, solo nel caso in cui il dispositivo risulti in tutto o in parte approvato, alla votazione della premessa.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla prima parte del dispositivo della risoluzione Catania, Cenni, Russo, Garofalo, Pastorelli, Franco Bordo ed altri n. 6-00212, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Folino, Lavagno, Palmieri, Ribaudo, Zan, Tentori, Venittelli, Iori, Catalano, Capone.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 417
Votanti 362
Astenuti 55
Maggioranza 182
Hanno votato sì 362.
La Camera approva (Vedi votazioni).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla seconda parte del dispositivo della risoluzione Catania, Cenni, Russo, Garofalo, Pastorelli, Franco Bordo ed altri n. 6-00212, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Folino, Furnari, Labriola.
Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 34
Comunico il risultato della votazione:
Presenti 416
Votanti 414
Astenuti 2
Maggioranza 208
Hanno votato sì 358
Hanno votato no 56.
La Camera approva (Vedi votazioni).
(Il deputato Baroni ha segnalato che non è riuscito a esprimere voto contrario. I deputati Vargiu e Quintarelli hanno segnalato che non sono riusciti a esprimere voto favorevole).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla premessa della risoluzione Catania, Cenni, Russo, Garofalo, Pastorelli, Franco Bordo ed altri n. 6-00212, su cui il Governo ha espresso parere favorevole.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dallai, Simone Valente.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
Presenti e votanti 416
Maggioranza 209
Hanno votato sì 416.
La Camera approva (Vedi votazioni).
Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Realacci ed altri; Rubinato ed altri; Baretta; Da Villa ed altri: Disposizioni per la promozione e la disciplina del commercio equo e solidale (A.C. 75-241-811-2726-A) (ore 12,10).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 75-241-811-2726-A: Realacci ed altri; Rubinato ed altri; Baretta; Da Villa ed altri: Disposizioni per la promozione e la disciplina del commercio equo e solidale.
Avverto che lo schema recante la organizzazione dei tempi è in distribuzione e sarà pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.
(Discussione sulle linee generali – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che la X Commissione (Attività produttive) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire la relatrice, deputata Chiara Scuvera.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Presidente, oggi arriva in Aula la prima legge nazionale sul commercio equo e solidale, una legge attesa da dieci anni e frutto del lavoro nel tempo di tanti parlamentari, che ringrazio, dell'impulso delle associazioni e dei movimenti civici. Un importante passo avanti, considerata la vitalità e la capacità di ripensarsi del fair trade italiano, tant’è che il nostro Paese è la prima piattaforma nazionale riconosciuta per l'integrazione con il sistema mondiale.
PRESIDENTE. Per favore, liberate i banchi del Governo. Vi chiedo la cortesia, colleghi. Prego deputata.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Grazie, Presidente. Già, il mondo, quel pianeta che richiede sostenibilità ambientale e nuova economia, partecipazione delle persone e democrazia, diffusione della conoscenza e condivisione dei saperi e del saper fare, non solo per essere più giusto ma semplicemente per avere un futuro. È una necessità, e di questo la politica ha più consapevolezza oggi, come ci dice lo storico accordo sul clima di Parigi e l'Agenda europea per il cambiamento, che indica la necessità di sostenere i piccoli produttori rurali è in generale lo sviluppo economico locale nei Paesi del sud del mondo.Pag. 35
In questo senso è necessario che l'Unione dia vita ad una nuova normativa europea, anzi ad una normativa europea: cogliendo la sfida che alcuni Paesi membri, come la Francia e la Germania, e ora anche l'Italia, e ancor prima nel nostro Paese le regioni, lanciano con una normativa quadro di riconoscimento e di sostegno del commercio equo e solidale, nel segno dell'utilità sociale e dell'iniziativa economica sancita nell'articolo 41 della Costituzione, che vale naturalmente rispetto a tutte le imprese.
E siamo nei princìpi; poi naturalmente bisogna vedere anche nella pratica, nelle politiche concrete, sulla strategia.
PRESIDENTE. Colleghi, per favore, il tono della voce, per favore ! Prego.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Se nella nuova Strategia in materia di commercio e di investimenti presentata dalla Commissione europea nell'ottobre 2015 c’è l'obiettivo di affrontare in modo più sistematico la questione del commercio equo ed etico, con riferimento alla materia degli aiuti al commercio e allo sviluppo; e quindi c’è un'attività di sensibilizzazione nell'Unione europea in collaborazione con le autorità locali. Ancor prima, nel 2014 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con cui ha chiesto un riesame della Strategia dell'Unione in materia di politica dello sviluppo sostenibile, e nella Comunicazione «Commercio, crescita e sviluppo» del 27 gennaio 2012, la stessa Commissione ha sottolineato come gli incentivi al commercio, quindi al commercio in generale, possono derivare da uno spostamento del mercato verso prodotti più sostenibili.
Siamo in un momento in cui abbiamo l'occasione di ripensare e di riconvertire l'economia: l'idea che la produzione equa, etica e biologica favorisca la crescita, e in particolare la crescita sostenibile inclusiva, nei Paesi in via di sviluppo, comportando differenziazione del prodotto, più potere negoziale, e quindi un prezzo più giusto, si sta facendo strada; si sta facendo strada l'idea che questa strategia sia conveniente per il mondo. Sempre l'Europa ha riconosciuto il significativo sviluppo del commercio equo e solidale nei vari Paesi membri e la sua importanza sul mercato europeo, che nel 2012 aveva un valore annuale di 1 miliardo e mezzo, e riconosce che il commercio equo e gli altri regimi sostenibili sono dei meccanismi dinamici, che devono naturalmente applicare standard e criteri con trasparenza per consentire ai consumatori scelte informate.
Allo stesso tempo la Commissione europea ritiene che questi standard e questi meccanismi non debbano essere troppo farraginosi, troppo rigidi e troppo burocratici per non ostacolare il sistema: in questo senso si muove la proposta di legge che adesso arriva in Aula, ed è il frutto del lavoro di tutti i gruppi, che ringrazio davvero per la collaborazione. Cioè, non una proposta di legge burocratica, che tende ad ingessare un sistema, ma una proposta di legge i cui principi ispiratori sono dinamismo, sussidiarietà e promozione. Disciplinando l'oggetto e le finalità, infatti, l'articolo 1 attribuisce al commercio equo e solidale una funzione rilevante nella crescita economica e sociale delle aree economicamente marginali del pianeta, nella pratica di un modello di economia partecipata, fondata sulla cooperazione internazionale e sulla giustizia sociale, attenta alla conservazione dell'ecosistema, rispettosa dei diritti delle persone che partecipano allo scambio economico, e nell'incontro tra culture diverse; ciò per stimolare un più ampio e trasparente accesso al mercato nazionale delle merci prodotte, trasformate e distribuite attraverso le relative filiere, favorendo la leale concorrenza – e questo è un punto fondamentale – e l'adeguata protezione dei consumatori. Proprio per questo, sono definite ed individuate le organizzazioni, i loro enti rappresentativi e gli enti di promozione delle filiere e dei prodotti: anche al fine del loro riconoscimento pubblico, cioè anche come visibilità pubblica, sempre nella logica della sussidiarietà, sono previsti strumenti di promozione del sistema e della diffusione di buone prassi in materia.Pag. 36
L'articolo 2 contiene le definizioni di commercio equo e solidale e di accordo di commercio equo e solidale, nonché di filiera di commercio equo e solidale. Per filiera si intende l'insieme delle fasi di produzione, trasformazione, importazione e distribuzione di un prodotto, quando al produttore sono assicurate le condizioni dell'accordo, individuando anche le condizioni alle quali la filiera è definita integrale. Una filiera è integrale quando l'accordo è stipulato con il produttore da un'organizzazione del commercio equo, e la distribuzione all'ingrosso e al dettaglio è svolta da una o più organizzazioni del commercio equo.
Gli articoli da 3 a 5 recano la disciplina dei soggetti, ossia le organizzazioni, gli enti rappresentativi delle organizzazioni e gli enti di promozione delle filiere e dei prodotti. Rinviando al dettaglio della normativa per i requisiti, sottolineo che le organizzazioni e i relativi enti rappresentativi presidiano la filiera integrale (e in questo senso sottolineo che la Commissione ha fatto la precisa scelta di escludere dal novero delle organizzazioni gli enti pubblici, i partiti e i movimenti politici, le organizzazioni sindacali e gli enti da essi istituiti o diretti) attraverso un registro della filiera integrale del commercio equo e solidale, tenuto dall'ente rappresentativo, con dei requisiti molto rigorosi di non lucratività, e prevedendo la previa sottoscrizione di un disciplinare di filiera.
Gli enti di promozione del commercio equo e solidale, anch'essi senza scopo di lucro e con un ordinamento interno a base democratica, invece presidiano la promozione e il sostegno delle filiere, attraverso la concessione in licenza di uno o più marchi, che possono essere utilizzati in riferimento ai prodotti la cui conformità a standard internazionalmente riconosciuti è certificata da organismi di certificazione accreditati. Le organizzazioni e gli enti di cui agli articoli sopra esposti pubblicano poi sul proprio sito web gli elementi informativi che presentano utilità per il consumatore, secondo criteri di correttezza e veridicità, evidenziando anche se per lo svolgimento delle proprie attività si avvalgano o meno di organismi di valutazione della conformità accreditati, proprio per garantire l'affidabilità del sistema.
I soggetti vengono resi visibili ai cittadini, alle imprese e ai consumatori attraverso un apposito elenco nazionale, istituito dall'articolo 6 e tenuto dalla Commissione per il commercio equo e solidale che è disciplinata dall'articolo 7. Anche per essa vi è stata un'integrazione con un rappresentante del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale; proprio per instaurare questa cooperazione con il MISE, e quindi non agire su canali separati, è una commissione che svolge delle importanti funzioni di vigilanza. Nelle quattro sezioni dell'elenco sono contemplati e hanno spazio gli enti rappresentativi, ma anche le imprese, che sono licenziatarie dei marchi. L'iscrizione nell'elenco, lo abbiamo detto, ha una funzione di pubblicità delle informazioni, per consentirne la consultazione da parte dei cittadini e delle imprese e promuovere la cultura del commercio equo e solidale: quindi non si pensa ad un elenco burocratico, ma in prospettiva si potrebbe pensare ad un'interattività di esso, quindi ad una funzione anche promozionale. Inoltre, le imprese che sono iscritte nell'elenco hanno la possibilità, al momento della prima iscrizione o anche successivamente, di chiedere alla Camera di commercio di indicare, tra le informazioni economico-amministrative, l'iscrizione all'elenco nazionale del commercio equo e solidale.
L'articolo 9, su cui intendo soffermarmi, contiene forse il cuore della legge, perché noi diamo una particolare tutela della filiera, anche per evitare infiltrazioni degli «equofurbi» in essa e proteggere i consumatori, ed in generale in quella che è la vera, la reale produzione equa e solidale. Infatti si stabilisce che i relativi prodotti, importati o distribuiti da un'organizzazione del commercio equo nell'ambito del sistema di filiera integrale, sono presentati, etichettati e pubblicizzati con delle precise denominazioni di «prodotto del commercio equo e solidale», ed altre che sono esplicitate nella normativa.Pag. 37
In alternativa, possono essere presentati, etichettati e pubblicizzati con tali denominazioni soltanto dai licenziatari dei marchi, congiuntamente i marchi concessi in licenza dagli enti di promozione delle filiere e dei prodotti. È vietato, quindi, l'uso delle denominazioni di enti rappresentativi delle organizzazioni, o di organizzazioni e di enti di promozione o altre denominazioni similari per le imprese e gli enti, per i soggetti che non sono iscritti nell'elenco nazionale o se questa iscrizione sia stata sospesa e revocata. È poi vietato descrivere un prodotto nell'etichettatura, nella pubblicità o nei documenti commerciali, con termini che suggeriscono in modo ingannevole all'acquirente terzo, che le materie prime utilizzate provengono da una filiera del commercio equo e solidale o sono stati prodotti, distribuiti o commercializzati secondo le prassi del commercio equo e solidale, o introdurre dei riferimenti non veritieri all'iscrizione nell'elenco nazionale. Quindi, queste rappresentano pratiche commerciali scorrette o ingannevoli, a seguito delle quali è prevista sia una tutela amministrativa, ma anche una tutela giurisdizionale.
All'articolo 10 sono previste, in via meramente programmatica, alcune azioni di promozione da parte dello Stato e delle regioni, molte delle quali sostanzialmente svolgono già un'opera di sostegno al commercio equo e solidale.
All'articolo 11 abbiamo delle particolari norme nella cornice della normativa europea, che promuovono l'acquisto da parte delle pubbliche amministrazioni, per i servizi soprattutto di ristorazione collettiva, di prodotti di commercio equo e solidale, e qui tengo a precisare che non c’è una penalizzazione delle imprese di ristorazione collettiva che non sono parte delle filiere, ma anzi si tende a valorizzare un sistema integrato tra i commerci, e questo è l'obiettivo anche della legge: promuovere il commercio.
L'articolo 12 istituisce una giornata nazionale da celebrare annualmente, con la collaborazione degli enti iscritti all'elenco.
Nell'articolo 14 abbiamo previsto delle norme di coordinamento tra la normativa nazionale e le normative regionali, perché le regioni sono state apripista, Presidente, di questo processo; infatti, hanno già una normativa regionale la Toscana, l'Abruzzo, l'Umbria, la Liguria, il Piemonte, il Veneto, il Friuli-Venezia Giulia, la Puglia, la Lombardia, l'Emilia Romagna, il Lazio, che svolgono già delle azioni di promozione e di sostegno del sistema.
Si istituisce anche un fondo nazionale all'articolo 15; inoltre, all'articolo 17, sono previste delle disposizioni transitorie e finali, che coordinano soprattutto le iniziative con riferimento all'elenco nazionale.
PRESIDENTE. La ringrazio. Colgo l'occasione per salutare studenti e docenti dell'Istituto di istruzione superiore «Luigi Einaudi» di Foggia, che seguono i nostri lavori (Applausi). Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in un'altra fase della discussione.
È iscritto a parlare il deputato Marco Da Villa. Ne ha facoltà.
MARCO DA VILLA. Grazie Presidente. Colleghi, la proposta di legge che ci accingiamo a discutere si prefigge un compito chiarificatore importante, anche se non risolutivo; fornire una prima cornice normativa e uno statuto giudico più preciso e controllato a un mondo in costante crescita, come quello del commercio equo e solidale. In precedenti legislature questa esigenza aveva già trovato espressione, senza però incontrare una sensibilità sufficiente a portare all'approvazione delle proposte di legge in materia. Siamo contenti che la presenza di un consistente gruppo di eletti del Movimento 5 Stelle sia tra i fattori che ci hanno portato e ci stanno portando finalmente vicini al traguardo.
La proposta a mia prima firma ricalca un'analoga proposta del collega Girotto al Senato, nasce per così dire dal basso, su impulso delle realtà del settore, e ha fatto propri contributi di cittadini, espressi sulla piattaforma «Lex», strumento di democrazia Pag. 38partecipativa del Movimento 5 Stelle.
In Commissione, la collaborazione è stata proficua nell'individuare un testo base unificato e come Movimento 5 Stelle abbiamo spinto, senza successo, per un iter accelerato.
Alcuni profili di incompatibilità con le normative europee, nonché alcune resistenze del Governo, hanno decisamente rallentato l'iter in Commissione, tanto che dall'incardinamento del provvedimento, il 7 maggio 2014, si giunge solo oggi alla discussione in Aula.
Reputo comunque un bel risultato l'essere qui ora a discutere le proposte di legge dei diversi gruppi sul tema, ma non posso fare a meno di notare che anche il procedere dei lavori in vista della calendarizzazione in Aula è stato caratterizzato da anomalie che, forse, una maggiore e più oculata volontà politica avrebbe evitato. Infatti, si sta riunendo proprio su questo argomento in questo momento la Commissione bilancio.
Dopo gli esordi negli anni Cinquanta, come settore di nicchia nell'Europa settentrionale, in pochi decenni il commercio equo solidale si è sviluppato e accresciuto, raggiungendo zone sempre più estese geograficamente, ampliando la gamma di beni offerti e incrementando notevolmente i volumi, al punto di affermarsi anche in canali primari, come quelli della grande distribuzione e della distribuzione automatica e della ristorazione collettiva. Il fatturato dei prodotti certificati fair trade è aumentato su scala mondiale dai 238 milioni di euro nel 2001 a quasi 6 miliardi di euro. Al 2013 tale attività ha diffuso oltre 30.000 prodotti in più di 125 Paesi consumatori, ed esteso la base dei produttori certificati nelle 210 organizzazioni in ben 74 Paesi. In base ai dati parziali più aggiornati il boom di crescita nel 2014 si sono registrati in Canada, Hong Kong e in Svezia, con forti incrementi anche in Germania, e significativi aumenti in Austria, Italia e Repubblica Ceca.
Se restringiamo l'esame alla sola Europa, il commercio equo coinvolge oltre 5 milioni di produttori, con 200 organizzazioni importatrici e 3000 botteghe del mondo, distribuite in 25 Paesi, più 100.000 volontari. I Paesi dell'Unione europea in cui il commercio equo e solidale vanta una rete commerciale più capillare e sviluppata sono: Germania, Francia, Italia, Norvegia, Olanda, Gran Bretagna e Svizzera, ma anche nei Paesi di nuova adesione all'Unione le prime esperienze stanno prendendo piede.
L'Assemblea generale italiana del commercio equo e solidale riunisce le 85 organizzazioni equosolidali presenti oggi in Italia. Queste organizzazioni danno un'occasione di lavoro a più di mille persone e impegnano circa 5000 volontari, operando attraverso 269 botteghe del mondo che coprono 16 regioni italiane. Oltre ad un'attività direttamente commerciale, che nel 2009 incassava ricavi da vendite per poco più di 72 milioni di euro, le botteghe del mondo presenti in Italia espletano anche un'opera di informazione e sensibilizzazione della società italiana sulle forme le ragioni d'essere del commercio equo e solidale.
Oltre al circuito diretto in Italia ci sono 130 aziende licenziatarie del marchio fairtrade che distribuiscono in oltre 5000 punti vendita oltre 600 prodotti certificati, per un volume di vendite al dettaglio attorno ai 76 milioni di euro, coinvolgendo nel commercio equo e solidale, tra cooperative e piantagioni, circa 8 milioni di lavoratori agricoli. Di recente nel nostro Paese si è osservata una diminuzione delle vendite di prodotti equo e solidale a favore di quelli dell'economia solidale, cooperative sociali, fornitori biologici, chilometro zero; le vendite di questi ultimi ammontavano per il 2013 a circa 5 milioni di euro, contro i circa 4,5 del 2012.
Il fenomeno del commercio equo e solidale è stato riconosciuto nella sua consistenza in svariate sedi istituzionali e in differenti livelli territoriali di governo: sovranazionale, regionale e locale. L'Unione europea, già da diversi anni, ha esortato gli Stati membri ad incentivare la diffusione della cultura del commercio equo e solidale, in particolare con tre risoluzioni successive nel 1993, nel 1998 e Pag. 39nel 2006, il Parlamento europeo ha attestato a più riprese la rilevanza e il valore sociale del commercio equo, invitando inoltre la Commissione europea e i legislatori nazionali a emanare provvedimenti che favorissero i prodotti certificati equosolidali, incentivando la formazione di un marchio comune e promuovendo una politica di incentivi. La Commissione europea, inoltre, nell'ambito del programma life long learning, mira a promuovere iniziative di commercio equo e solidale, fornendo gli imprenditori del commercio equo un programma di formazione interattivo on line, per migliorare le loro capacità di seguire e gestire la loro attività rispetto alle varie dimensioni che definiscono un'impresa di commercio equosolidale: l'identità, la componente sociale ed economica e la struttura organizzativa e di governance.
Numerose regioni italiane hanno, altresì, provveduto a regolamentare il settore nonostante l'inesistenza di una norma quadro a livello nazionale. Pioniera nel dedicare un'intera legge al commercio equosolidale è stata la regione Toscana, con la legge regionale 23 febbraio 2005, n. 37. Sulla sua scia sono state approvate quelle del Friuli Venezia Giulia, aggiornate e integrate con la legge del 2014; Abruzzo, Umbria, Liguria, Marche, Lazio, Piemonte, Emilia-Romagna, Veneto, provincia autonoma di Trento, Puglia e, infine, Lombardia.
La Lombardia, a differenza di altre regioni che hanno approvato leggi sul tema, non prevede l'iscrizione all'elenco regionale delle organizzazioni quali condizioni di accesso ai benefici previsti dalla legge. Impone, invece, che le organizzazioni che vogliono ottenere i benefici dimostrino che l'attività di commercio equo e solidale svolta, sia oggetto di controllo da parte di un'organizzazione maggiormente rappresentative del fair trade. In diverse regioni, escluse da questo elenco, progetti di legge di analogo oggetto sono attualmente in via di approvazione.
Non sono mancate poi attenzioni al tema da parte degli enti locali, che i comuni e le province hanno espresso sia inserendo elementi di valorizzazione del commercio equo nei bandi di gara, si aderendo a iniziative di sensibilizzazione dei propri territori come la campagna città eque e solidali lanciata da Fairtrade Italia, da Agisces, Coordinamento Agende 21 locali italiane, Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace e i diritti umani con l'adesione di organizzazioni no profit. Quello che a tutt'oggi manca, invece, è una norma nazionale che riconosca la rilevanza di questo settore, inquadrandolo in una complessiva legge di riordino. L'attività parlamentare fino a oggi si è focalizzata sul tema del commercio equo e solidale solo con due mozioni approvate dal Parlamento nel 2002 e nel 2003, quella di Iovene al Senato e quelle di Fioroni alla Camera, che prendevano atto del crollo del prezzo del caffè e del cacao con potenziali conseguenze disastrose sulla manodopera locale, già in larga parte sottoposta a condizioni contrattuali e standard retributivi prossimi alla schiavitù e impegnavano quindi il Governo a incentivare la diffusione e lo sviluppo del commercio equo e solidale. Con la proposta qui presentata si vuole offrire a tale esigenza un solido supporto con l'intento di realizzare tre obiettivi. Per primo, attribuire un riconoscimento ufficiale del ruolo svolto da tutti coloro che in vario grado e con differenti compiti partecipano alle attività in cui si articola il commercio equo e solidale, stabilendo definizioni precise, all'articolo 2, del significato e degli scopi che devono caratterizzare una forma di commercio affinché essa possa qualificarsi come equo e solidale. In secondo luogo, dare una garanzia al pubblico, in special modo ai consumatori, circa la trasparenza e la correttezza dei processi produttivi e delle modalità sia tecniche che organizzative seguite tanto in Italia, quanto nei Paesi del sud del mondo dalle numerose organizzazioni che operano in questo settore. Le prospettive del commercio equo e solidale dipendono dalla fiducia che i consumatori potranno avere nell'effettiva conformità ai principi ispiratori di questa attività da parte di tutti i partecipanti alla filiera produttiva e della protezione Pag. 40da denominazioni descrizioni ingannevoli ed etichettature inconsistenti. La mancanza di controlli sistematici e trasparenti, comporterebbe il rischio di comportamenti opportunistici che, anche se rari potrebbero, una volta portati alla conoscenza del grande pubblico, minarne la fiducia compromettendo l'attività e l'impegno anche degli operatori più meritevoli. È per questo che occorre istituire un sistema che verifichi il rispetto del disciplinare di filiera integrata del commercio equo e solidale, che documenti la conformità dei processi produttivi da cui provengo le merci messe in circuito del commercio equo e solidale e dei modelli organizzativi di chi le commercializza, affiancandogli un dispositivo di registrazione dei soggetti che esercitano il commercio equo e solidale in elenchi preposti all'uopo e tenuti a livello nazionale. Allo stesso fine concorre anche la concessione in licenza di uno o più marchi a prodotti del commercio equo e solidale utilizzabili nei casi in cui la loro conformità nazionalmente riconosciuta sia stata certificata da organismi di certificazione e valutazione della conformità accreditati in base ai regolamenti europei. Il terzo ed ultimo obiettivo, è quella di sostenere iniziative a favore dei prodotti equo e solidali e dell'economia solidale, nonché delle organizzazioni attive in tale settore, come già da tempo succede in altri Paesi, ad esempio la Germania e l'Inghilterra. Interventi in tal senso includono svariate attività di sensibilizzazione e formazione, nonché agevolazioni per alcuni investimenti delle organizzazioni del commercio equo e solidale, la promozione delle merci del commercio equo e solidale negli acquisti pubblici e nei capitolati di gara per alcuni tipi di appalti pubblici e l'organizzazione della Giornata nazionale del commercio equo e solidale per offrire uno spazio di confronto interculturale e di pubblicizzazione del settore. Per queste finalità viene istituito il Fondo per il commercio equo e solidale con una dotazione di un milione di euro sulla scorta dell'impegno a reperire risorse assunto in Assemblea, in un ordine del giorno dal Governo pro tempore, il 27 novembre 2012. Non tutto naturalmente si può contemplare in una legge. Inizialmente, nel mio testo e in quello dei colleghi, il sistema di certificazione era forse più stringente, ma risultava incompatibile con la disciplina europea perché le certificazioni non possono essere concesse solo per soggetti non accreditati, ai sensi degli appositi regolamenti comunitari. Per quanto riguardava i marchi noti si presentava il rischio di legalizzare una sorta di monopolio di quelle già costituite, pregiudicando lo sviluppo a venire. Tutto sommato, l'impianto la legge è rimasto coerente e quindi il MoVimento 5 Stelle è soddisfatto del testo uscito dalla Commissione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Giammanco. Ne ha facoltà.
GABRIELLA GIAMMANCO. Siamo d'accordo con il collega Marcon per scambiare l'ordine dei nostri interventi.
PRESIDENTE. Sta bene. È iscritto a parlare il collega Marcon. Ne ha facoltà.
GIULIO MARCON. Grazie Presidente. Colleghe e colleghi, intanto voglio ringraziare sia il Governo che la collega di Forza Italia che mi ha permesso di intervenire ora, per poter poi andare nella Commissione bilancio, che si riunirà tra pochi minuti, e che dovrà proprio valutare il parere del Ministero dello sviluppo economico e della Ragioneria su questo provvedimento. Io interverrò solo pochissimi minuti per dire che finalmente con questo provvedimento abbiamo una normativa che appunto disciplina e sostiene un fenomeno, un movimento, una realtà, così importante come quella del commercio equo e solidale. Un'importanza che è testimoniata non solo dalle tante botteghe, dalle tante associazioni, dai consorzi, dagli importatori, che operano nel campo del commercio equo e solidale, ma anche dai lavoratori e dai volontari, più di 5000 volontari, che in Italia sostengono questo movimento. Naturalmente l'importanza risiede Pag. 41nel sostegno ai tanti produttori e alle cooperative, alle realtà più varie, ai contadini di tanti Paesi poveri che in questo modo possono fare in modo che i loro prodotti abbiano accesso ai nostri mercati a condizioni appunto eque, con delle caratteristiche, quelle della solidarietà, che fanno riferimento a un nuovo modello economico. Un modello economico fondato sulla giustizia, sui diritti umani, sulla cooperazione allo sviluppo. Questo è sicuramente, infatti, importante. Io ricordo che nella Carta dei valori, nel documento istitutivo dell'Agices, la Associazione generale italiana per il commercio equo e solidale, si dice che il commercio equo e solidale promuove un approccio alternativo al commercio convenzionale. Alternativo perché fondato sui diritti umani, sullo scambio equo, sul riconoscimento come fa questa legge del prezzo equo dei prodotti che vengono importati nei nostri mercati e perché questo testimonia la possibilità di costruire nuove modalità, nuove relazioni economiche, un nuovo modo di concepire il commercio internazionale, non fondato sulla assolutizzazione del profitto, non fondato sulla competizione, ma fondato sulla relativizzazione del profitto rispetto ai valori dei diritti umani della solidarietà e sulla competizione; più cooperazione meno competizione, più diritti umani, meno profitti legati semplicemente ai profitti in sé e per sé. Da questo punto di vista, l'importanza di questo provvedimento segue l'importanza già testimoniata da molte leggi regionali che sono state approvate in questi anni di sostegno e di valorizzazione del commercio equo e solidale. L'importanza è che questo è anche un modo diverso (anche se è un concetto che non spesso viene utilizzato nell'ambito delle associazioni e degli operatori del commercio equo e solidale) di fare cooperazione internazionale, cooperazione allo sviluppo: l'idea che l'economia, il commercio, la finanza, devono trovare nella cooperazione, nei principi della cooperazione, nel rispetto e nella protezione dei diritti umani dei principi fondanti per promuovere un nuovo ordine economico internazionale, che per forza di cose anche nelle attività che il commercio equo e solidale propone sono alternativi a quelli del neoliberismo. Neoliberismo che invece ha, in qualche modo, anche nei Paesi in via di sviluppo, esportato ricette che hanno impoverito molti di quei Paesi, ha creato maggiori diseguaglianze, ha creato in molti Paesi la distruzione delle varietà e delle produzioni locali a favore delle monoculture, a favore di un'idea di agricoltura e di produzione funzionale al mercato neoliberista. È un approccio alternativo, come dicono le associazioni del commercio equo e solidale, che richiama un punto che secondo me va sempre ricordato e lo ricorderò meglio nella dichiarazione finale, quello della coerenza delle altre politiche. Ovvero il commercio equo e solidale, come la cooperazione allo sviluppo, non sono efficaci se le altre politiche non vanno nella stessa direzione, se cioè rimangono mera testimonianza, mero aspetto simbolico di politiche che dovrebbero essere fatte anche a livello macro che invece non sono portate avanti. Penso che questo sia un punto importante, cioè l'idea di richiamare attraverso il commercio equo e solidale, attraverso la cooperazione allo sviluppo, un principio di responsabilità delle altre politiche, affinché vadano nella stessa direzione, nella direzione della cooperazione, dei diritti umani, del rispetto delle persone e dell'equità.
Penso che questo sia uno dei punti fondamentali, come la legge anche prevede, perché, finalmente, abbiamo una definizione chiara delle finalità e delle definizioni, agli articoli 1 e 2, abbiamo, in qualche modo, la declinazione di quella che è la filiera integrale del commercio equo e solidale, abbiamo la definizione e la normazione del prezzo equo, abbiamo una serie di articoli che speriamo la ragioneria non ci stralci, tra cui gli articoli 10 11, che riguardano appunto la promozione. La ragioneria è sempre molto severa, ma, insomma, qui parliamo veramente di risorse molto parziali e molto modeste, e sarebbe un peccato se questa parte, che riguarda la promozione del commercio equo e solidale attraverso l'attività di formazione nelle scuole, l'educazione Pag. 42e il sostegno alle organizzazioni che vogliono aprire, venisse vanificata per un calcolo un po’ burocratico, per certi versi. Io spero che la Commissione bilancio, nei prossimi minuti, potrà trovare una sua soluzione a queste obiezioni che vengono fatte. E poi altri articoli importanti, come la regolazione del commercio equo e solidale rispetto agli appalti pubblici, la questione dei marchi e della etichettatura dei vari prodotti.
Ecco, parliamo di una realtà importante – e chiudo su questo –, che non può essere confinata a una categoria professionale, a un settore economico e commerciale; parliamo di una realtà, che è nata per rimettere in discussione i principi e i fondamenti di un commercio internazionale, legato appunto alla assolutizzazione del mercato e del profitto, rimettendo al giusto posto i valori fondanti di un commercio che dovrebbe essere diverso e che fa dei diritti umani, della solidarietà e della giustizia i principi fondatori.
Come ricordavo prima – e chiudo su questo –, la realtà italiana è molto importante, ma la realtà europea, la realtà di molti Paesi dove il commercio equo e solidale si è sviluppato, è molto significativa: in Italia, ricordavo, più di mille lavoratori, più di 5 mila volontari, centinaia di botteghe, e la distribuzione dei prodotti del commercio equo e solidale in tante catene di distribuzione importanti e nazionali. Quindi parliamo, ormai, di una realtà significativa: questa legge, finalmente, la norma, la disciplina e la promuove.
Il nostro auspicio è che – essendo il commercio equo e solidale una parte importante e significativa di un mondo più ampio, che è il mondo dell'economia solidale di cui fanno parte soggetti e settori come quelli della finanza etica, come quello dei gruppi di acquisto solidale, del turismo responsabile e di tanti altri settori – ci sia, anche nei prossimi mesi, da parte del Parlamento, un'attenzione a valorizzare il commercio equo e solidale, come facciamo con questa legge, ma, più in generale, con riferimento ai soggetti, ai settori e alle attività di quella che viene definita economia solidale, che ha tanta importanza nel nostro Paese e che deve essere in qualche modo valorizzata, non solo perché rappresenta dal punto di vista etico-sociale un valore importante, ma perché, ormai sempre di più, è un pezzo importante dell'economia di questo Paese. E noi dobbiamo sostenerla perché, attraverso questo pezzo importante dell'economia, possiamo sperare di riorientare e di cambiare anche l'economia – lasciatemi passare il termine – tradizionale, orientandola, appunto, ai valori di solidarietà, di giustizia e di diritti umani (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra italiana – Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Giammanco. Ne ha facoltà.
GABRIELLA GIAMMANCO. Grazie, Presidente. Il gruppo di Forza Italia è favorevole alla pratica del commercio equo e solidale e ai principi alla base di questa realtà, ovvero la solidarietà, l'utilità sociale e la sussidiarietà, sanciti dagli articoli 2, 41 e 118 della nostra Costituzione. Nonostante un'ampia normativa comunitaria in merito e diverse leggi regionali, per esempio in Lombardia, in Toscana, in Friuli-Venezia Giulia e in Abruzzo, diverse proposte di legge depositate alla Camera e al Senato, relative proprio alla pratica del commercio equo e solidale, non sono mai arrivate al traguardo. C’è da dire, comunque, che non tutti i Paesi europei hanno scelto di dotarsi di una specifica normativa in materia. Lo ha fatto la Francia nel 2005, ma non hanno fatto altrettanto Germania e Gran Bretagna. Sottolineo che stiamo parlando di un settore che, secondo un censimento effettuato nel 2008, vanta un fatturato superiore a 103 milioni di euro e dà lavoro a 1900 addetti. Questo perché commercio equo e solidale non è sinonimo di beneficenza, non è nemmeno una raccolta di fondi per missionari, ma è una forma di scambio commerciale vero e proprio, uno scambio commerciale a tutti gli effetti.
A fare la differenza sono i principi di fondo, tra cui il tentativo di colmare Pag. 43l'enorme divario tra nord e sud del mondo, autentica forza motrice del flusso migratorio verso l'Occidente. Riteniamo, quindi, doveroso operare affinché i cittadini siano consapevoli delle conseguenze legate alle loro scelte di consumo, anche attraverso azioni di educazione e sensibilizzazione nelle scuole e negli istituti di formazione, così come prescrive l'articolo 3 del provvedimento in questione. Oggi più che mai, infatti, in un contesto dove i cambiamenti climatici e il riscaldamento globale denunciano il precario stato di salute del nostro pianeta, l'agenda politica ha il dovere di prestare una maggiore attenzione all'ambiente e alla sua tutela.
Detto ciò, è anche necessario trovare il giusto equilibrio tra la promozione del commercio equo e solidale e i principi giusti che lo animano, e la tutela delle piccole e medie aziende, già presenti sul mercato italiano e operanti in un regime di libera concorrenza, che riteniamo debba essere, comunque, sempre preservato. Queste realtà sono lontane, infatti, anni luce dalle grandi multinazionali e dalla logica della massimizzazione del profitto a tutti i costi, anche a scapito, talvolta, dei diritti dei lavoratori.
La presente proposta di legge si pone obiettivi senz'altro meritori, tra cui: disciplinare un settore in crescita, per quanto la crisi ne abbia rallentato la diffusione, tutelare tutti gli operatori dall'esercizio abusivo del commercio equo e solidale, proteggere i consumatori che hanno il diritto di sapere se la loro scelta di consumo consente effettivamente di partecipare a un progetto di solidarietà destinato alle popolazioni di zone del mondo in via di sviluppo. Ma è importante ricordare che i principi solidali, alla base di questo genere di attività, si realizzano mediante, non solo la fase della produzione, ma anche attraverso quella della commercializzazione; per questo ci interroghiamo sui possibili risvolti pratici della futura legge, in particolare, a seguito dei risvolti dell'articolo 10, comma 2, lettera c), e dell'articolo 11, comma 2. La concessione dei cosiddetti aiuti de minimis, infatti, comporterà sicuramente dei costi rilevanti per le finanze pubbliche e, al momento, le coperture finanziarie previste non ci sembrano certe. Sottolineiamo, tra l'altro, che non ci è stato dato modo di esaminare il parere della Commissione bilancio, che stiamo ancora attendendo.
Ma è il punto del sopra citato articolo 11 a preoccuparci particolarmente: prevedere che per l'accesso a un appalto, soprattutto per quanto riguarda le mense e i servizi di ristorazione delle amministrazioni pubbliche, abbia rilevanza il requisito del possesso di un marchio ’commercio equo e solidale’, determinerebbe una discriminazione a danno di tutte le altre aziende, che, pur garantendo prodotti di qualità, non operano in questo settore. Concedere, addirittura, un rimborso in favore delle amministrazioni aggiudicatrici, fino al 15 per cento dei maggiori costi derivanti dall'acquisto di prodotti e servizi del commercio equo e solidale, in particolare finirebbe con il danneggiare tutte le altre aziende italiane, con il rischio conseguente di una pioggia di ricorsi ai TAR di tutto il Paese, senza sottovalutare possibili infrazioni, da parte dell'Unione Europea, per la violazione delle norme sulla concorrenza e sugli aiuti di Stato.
A coperture non del tutto certe potrebbero, quindi, aggiungersi numerosi costi indiretti, legati all'aggravarsi dello stato di crisi di aziende già a un passo dal fallimento, le quali, qualora per loro gli affari dovessero ancora peggiorare, sarebbero costrette a ricorrere agli ammortizzatori sociali, con i conseguenti oneri per lo Stato. A pagare, comunque, sarebbero innanzitutto i lavoratori italiani, colpevoli solo di non operare nel comparto del commercio equo e solidale.
Ci chiediamo, inoltre, in merito alla filiera integrale, se la fase relativa alla stipula degli accordi con i produttori deve essere gestita dalle organizzazioni del commercio equo e solidale, perché debbano essere sempre queste organizzazioni a gestire, in via esclusiva, la distribuzione all'ingrosso e al dettaglio di questi prodotti.
Infine, in merito al concetto di prezzo equo, riteniamo che questa proposta di Pag. 44legge non recepisca la risoluzione n. 198 del 1998 del Parlamento europeo, la quale prevede che il prezzo equo sia formato dal prezzo corrente di mercato, laddove esista, più un premio «commercio equo e solidale», fermo restando che tale prezzo non può scendere al di sotto di una certa soglia.
Considerando che la materia del commercio equo e solidale interessa una molteplicità di ambiti, che vanno dalla cooperazione allo sviluppo e ai rapporti internazionali, alla disciplina del commercio, alla tutela della concorrenza, alla protezione del consumatore, in conclusione, pur condividendo i presupposti alla base di questo testo, ci sembra che il provvedimento giunto oggi in Aula presenti talune ambiguità e dei passaggi che, nella pratica, potrebbero trasformarsi in un boomerang tutto a danno delle piccole e medie aziende e dei lavoratori italiani (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la collega Rubinato. Ne ha facoltà.
SIMONETTA RUBINATO. Grazie, Presidente. Oggi arriva in Aula un testo di legge che è la sintesi di vari testi di legge depositati. Vorrei ricordare, in particolare, che quello a mia prima firma è il testo che è stato elaborato, in un lungo confronto con i soggetti del settore, dal collega Lino Duilio nella precedente legislatura. Questo testo nasce da una storia ultratrentennale di persone che, colpite dagli squilibri creati dal sistema economico, hanno ragionato in maniera molto seria e pragmatica sulle domande fondamentali a cui l'economia dovrebbe rispondere: come produrre ? Cosa produrre ? Per chi produrre ?
Oggi, e forse più negli anni che ci sono appena alle spalle, prima della crisi economica, è dominata la certezza che il benessere collettivo di ogni individuo dipende dall'esclusiva massimizzazione del profitto individuale e, tuttavia, tale certezza è stata spesso assunta in maniera acritica, al punto che ci siamo dimenticati – ma poi ce ne siamo anche accorti molto di recente – che lo stesso principio è causa di profondi guasti. Lo è nelle aree più marginali del mondo, ma lo è stato anche per le nostre economie, anche per la nostra Europa.
Il movimento del commercio equo e solidale, in questo senso, è stato in qualche modo profetico. Non è nato da prese di posizioni ideologiche contro l'attuale sistema neo liberista dell'economia, ma è nato da esperienze pratiche, volte a trovare rimedi per specifiche situazioni di marginalità, create da un sistema economico che non ha l'uomo sempre al centro dei suoi obiettivi. Il movimento del commercio equo e solidale semplicemente si è chiesto: è possibile creare nelle società dinamiche virtuose di aggregazione sociale attraverso il commercio ? È possibile coinvolgere i singoli cittadini in scelte economiche responsabili, che abbiano il fine di produrre un beneficio per tutti quelli che sono coinvolti nello scambio commerciale, appunto dal produttore al consumatore ? È possibile fare commercio non per un lucro individuale soltanto, ma anche per un interesse collettivo ? Queste sono le domande a cui in questi anni, in questi trent'anni, si è risposto da parte del movimento e la risposta è «sì», perché lo dicono i numeri, citati anche da altri che sono intervenuti.
Vado molto sinteticamente solo a ricordare il dato che riguarda la realtà italiana, che è quella che dobbiamo andare a regolare e disciplinare. È una realtà che già esiste, che già c’è. Questa legge non dice cose nuove: lo stesso incentivo negli appalti pubblici, il cosiddetto social public procurement, che segue il modello di quello che è stato il green public procurement, che sappiamo quanti passi in avanti ci ha fatto fare verso la sostenibilità, questa modalità di incentivo è già prevista –, infatti l'articolo 11 lo dice e lo richiama – nel Piano d'azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione, di cui al decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare dell'11 aprile 2008 e nel decreto del Ministero Pag. 45dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 25 luglio 2011, allegato 1. Quindi, sostanzialmente noi andiamo a fotografare e a regolare una situazione che è già realtà.
In particolare, il movimento del commercio equo e solidale si è diffuso a partire dagli anni Ottanta in Italia. Nel nostro Paese le dimensioni del movimento danno la misura – questo è il valore – del grande lavoro svolto da migliaia di persone che ogni giorno, sul territorio nazionale, offrono il proprio impegno per costruire un'economia, un pezzetto di economia di giustizia. Gli ultimi dati relativi alle organizzazioni socie AGICES illustrano un grandissimo radicamento sul territorio: 85 organizzazioni socie, tra associazioni, consorzi, cooperative con base sociali, che riuniscono complessivamente oltre 32 mila persone, tra fisiche e giuridiche, oltre 250 punti vendita sul territorio nazionale, 5 mila volontari, oltre mille lavoratori, con una crescita del lavoro dipendente.
Voglio sottolineare un altro dato: 11.200 ore complessive di laboratori nelle scuole e di attività di educazione al consumo responsabile, per un investimento, a carico di queste associazioni e dei volontari, complessivo di un milione di euro. Questi dati ci danno la misura di un movimento in continua evoluzione, capace, da un lato, di mobilitare i cittadini in Italia e, dall'altro, di creare condizioni di maggior benessere per i partner del sud del mondo con cui collaborano. Un movimento che offre anche delle garanzie precise ai consumatori perché le organizzazioni socie di AGICES sono iscritte ad un registro e questo già oggi accade su base volontaria nell'ambito di un sistema di monitoraggio certificato da un ente terzo dipendente.
Nel nostro Paese si registrano, inoltre, 150 aziende licenziatarie del marchio fair trade, con 700 prodotti certificati fair trade distribuiti in più di 5.500 punti vendita, con un valore al consumo stimato al 2015 in circa 100 milioni di euro e con un coinvolgimento nel commercio equo certificato di circa 8 milioni di lavoratori della terra, cooperative e piantagioni. Da questo punto di vista, siamo molto tranquilli sul fatto che, in sede europea, dove pure sono state attivate le verifiche del caso, non ci saranno assolutamente problemi su questa proposta di legge perché l'Unione europea da diversi anni ha invitato gli Stati membri a promuovere la cultura del commercio equo e solidale. E, infatti, lo fanno anche altri Paesi. Il Parlamento europeo ha riconosciuto in più occasioni l'importanza e il valore sociale del commercio equo e ha invitato la Commissione europea e i legislatori nazionali come noi a promuovere una serie di misure volte a premiare prodotti certificati equosolidali incoraggiando la creazione di un marchio comune e favorendo una politica di incentivi. Non dimentichiamo, poi, l'esigenza di una legge cornice del settore dovuta al fatto, ricordato anche da altri, che già dodici regioni hanno legiferato in materia nell'ambito della loro competenza concorrente in questo settore, così come la provincia autonoma di Trento. Anche a livello locale molte amministrazioni comunali e provinciali hanno già manifestato interesse e sensibilità per questa tematica, attraverso sia l'introduzione di considerazioni relative al commercio equo e solidale nei bandi di gara che la partecipazione ad iniziative di sensibilizzazione sui propri territori ha favorito.
Ecco, quindi, da qui si comprende come è bene fare chiarezza normativa sul fenomeno e dare certezza ai consumatori sempre più numerosi che si avvicinano all'equo, proprio attuando i principi della libera concorrenza, della trasparenza e della certezza.
È interessante anche come questa proposta di legge sia nata. È nata, riconoscendo il commercio equo e solidale, le sue organizzazioni già esistenti, l'originale sistema di controllo che i suoi enti rappresentativi avevano già elaborato nel tempo per presidiare il sistema a garanzia della trasparenza nei confronti del consumatore. E lo fa, affrontando nei primi articoli la definizione di commercio equo, riprendendo quanto previsto dagli organismi internazionali di settore. Ma lo fa in maniera leggera, cioè assumendo in pieno Pag. 46lo spirito del principio di sussidiarietà molto caro alle organizzazioni del terzo settore. Tra l'altro, questo settore è anche oggetto di attenzione da parte della delega sul terzo settore che in questo momento è al Senato. Lo Stato riconosce la valenza del commercio equo con questo testo ed investe i protagonisti stessi nelle azioni di controllo e li responsabilizza, affidandogli un ruolo.
Vado verso la conclusione; perché devo raggiungere la Commissione bilancio per il prescritto parere di cui sono relatrice.
Questo mondo, che, ripeto, oggi con il passaggio in questa Aula parlamentare trova riconoscimento e visibilità nella legislazione nazionale, sta raccogliendo anche delle nuove sfide, sfide future, che sono quelle di mettersi sempre più in rete con altri fenomeni innovativi e pratiche di economia sociale a livello nazionale per costruire un'economia più equa anche all'interno di ogni singolo Paese.
All'inizio infatti l'idea era quella che il Nord del mondo doveva sostenere i produttori del Sud del mondo, ma oggi sappiamo che anche nei Paesi europei ci sono molti «Sud». Si è scelto così di sviluppare – in altri Paesi europei, ma si è cominciato anche in Italia – il domestic fair trade. È nato, per esempio, in Italia, il marchio «Solidale italiano», cioè un marchio per i prodotti realizzati da produttori italiani secondo i principi del CES, perché oggi il problema di un prezzo equo per il frutto del proprio lavoro, quindi di un salario, di una retribuzione adeguata ai bisogni propri e della propria famiglia sta toccando anche realtà del nostro Paese. Ho incontrato lunedì scorso, ad esempio, lo voglio qui ricordare, dei produttori di latte italiano del Veneto, aziende familiari che sono in estrema difficoltà perché il prezzo del latte non copre il costo della sua produzione. Quindi, da questo punto di vista è molto importante questa sfida per il futuro, che vedrà, nelle botteghe del commercio equo e solidale, continuare certamente ad essere in vendita i prodotti del Sud del mondo, ma a vedere, a fianco di questi, sempre più quelli provenienti da produttori italiani, che lavorano secondo i criteri del commercio equo. Vorrei anche ricordare come, su questo fronte, sia interessante l'iniziativa che c’è stata nel fair trade tedesco, in cui la principale organizzazione tedesca del settore ha lanciato il cioccolato fatto con il latte equo e solidale della Baviera. Dati molto recenti sembrano dar ragione a questa svolta, a questa novità: nel 2015 in Germania l'equo e solidale, infatti, ha avuto una crescita dell'8 per cento di fatturato rispetto all'anno precedente.
Quindi, il commercio equo e solidale lavora in funzione di una responsabilità sociale dell'impresa, di una responsabilità sociale della distribuzione, della responsabilità sociale del consumatore, nella direzione di far crescere la qualità dei prodotti e di farne crescere la sostenibilità, di costruire insieme una nuova economia che metta al centro le persone. Sicuramente il commercio equo potrà crescere, perché investe sulla responsabilità sociale del consumatore, ma anche perché sta crescendo e vuole crescere anche fuori dai circuiti del no profit, in un'economia che vuole essere sostenibile dal punto di vista ambientale, etico e sociale. Non rinuncia al profitto ma si interroga su cosa produrre e come produrre. In questo scenario ci sono grandi potenzialità e questa legge può senz'altro sostenerle e accrescerle: le materie prime eque e di qualità dei Paesi del sud del mondo unite al made in Italy, la tradizione, le ricette e le aziende dell'alimentare, della trasformazione e del dolciario italiano. Noi confidiamo che la legge sul commercio equo possa far crescere questo movimento del commercio equo e solidale, questo pezzetto di economia solidale, sociale, sostenibile e di giustizia. In conclusione, riconosciamo con questa legge che il commercio equo e solidale è uno degli strumenti con cui, insieme ad altri, come ad esempio la cooperazione internazionale, l'attenzione alla conservazione dell'ambiente, la riduzione degli sprechi, il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e del lavoro, anche ciascuno di noi – ciascuno di noi ! – può praticare, attraverso la responsabilità sociale del consumatore, strade nuove per Pag. 47provare a rendere il mondo un po’ migliore di come l'abbiamo trovato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche della relatrice e del Governo – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Prendo atto che la relatrice, deputata Chiara Scuvera, rinuncia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.
ANTONIO GENTILE, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Presidente, onorevoli deputati, volevo solo dire una cosa. Ringrazio innanzitutto la relatrice, onorevole Scuvera, ma anche tutti gli intervenuti, onorevole Da Villa, Marcon, Giammanco e Rubinato, perché penso che loro da tempo abbiano seguito questa problematica e abbiano dato dei contributi essenziali alla formulazione di una normativa che ha l'obiettivo di introdurre proprio un insieme articolato, sistematico, recante regole e disposizioni sull'attività del commercio equo e solidale. Naturalmente questa è una normativa che risulta carente, sino ad oggi. Oggi speriamo di dare una dirittura d'arrivo e, nonostante la crescente diffusione dell'attività del commercio equo e solidale, il settore non è stato proprio oggetto ancora di un provvedimento, di una normativa ad hoc dotato di carattere di organicità. Il fenomeno del commercio equo e solidale, alla luce delle sue caratteristiche intrinseche e delle connesse esigenze di protezione giuridica, non si presta ad essere disciplinato – purtroppo – solo a livello nazionale, perché c’è un intervento anche poderoso e massiccio della Comunità europea in questa materia. Quindi, la possibilità di adottare provvedimenti volti a favorire gli scambi dei prodotti del commercio equo e solidale deve essere anche valutata alla luce di questi adempimenti. Da un lato, infatti, alcune competenze rientrano tra quelle dell'Unione europea, in materia di politica commerciale – pressoché tutte le misure volte a disciplinare gli scambi internazionali di merci, anche quelli con i Paesi in via di sviluppo, fra cui anche, ad esempio, la fissazione dei dazi doganali –, dall'altro, la stessa Unione Europea è condizionata quanto alla sua politica commerciale dagli obblighi vigenti tra i membri dell'Organizzazione mondiale del commercio. L'ambito di intervento del legislatore nazionale è dunque limitato, sotto il profilo dell'adozione di provvedimenti tesi, mediante la riduzione o l'abbattimento per l'appunto dei dazi doganali, a favorire in una logica commerciale, gli scambi prodotti del commercio equo e solidale, ma può esplicitarsi in altre funzioni ed in particolare per quelle maggiormente connotate da utilità sociale. È nell'ambito di questi spazi offerti che il legislatore nazionale, appunto con queste proposte di legge, può segnare un punto importante in avanti in questa materia, in questo settore dell'equo e solidale. Ovviamente, nei prossimi anni questo provvedimento sarà sicuramente affinato; ci sarà tempo per maturare e comprendere la complessità del provvedimento, così come è emerso anche nei lavori della Commissione. Una volta approvato dalla Camera, questo provvedimento sarà notificato agli uffici competenti della Commissione europea, in modo da avere un vaglio anche da parte delle istituzioni comunitarie. Esprimo la mia soddisfazione e dico che le misure legislative che oggi approviamo comunque rappresentano un segno di grande maturità e di trasparenza, sia a favore del produttore che del consumatore, oltre ad essere uno strumento di garanzia, della correttezza della concorrenza, da sostenere e incentivare con le modalità specificate in questa nuova legge che stiamo per approvare.
Pag. 48PRESIDENTE. Sospendo a questo punto l'esame del provvedimento, che riprenderà alle ore 13,45.
La seduta, sospesa alle 13,10, è ripresa alle 13,50.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alfreider, Bindi, Catania, Dambruoso, Dellai, Giancarlo Giorgetti, Mattiello, Mazziotti Di Celso, Pisicchio, Ravetto, Realacci, Rosato, Schullian, Scotto e Tabacci sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono complessivamente centodiciassette, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell’allegato A al resoconto della seduta odierna.
Si riprende la discussione.
PRESIDENTE. Riprendiamo il seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge nn. 75-241-811-2726-A: Disposizioni per la promozione e la disciplina del commercio equo e solidale.
ETTORE GUGLIELMO EPIFANI, Presidente della X Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ETTORE GUGLIELMO EPIFANI, Presidente della X Commissione. Signor Presidente, siccome la Commissione bilancio è ancora riunita, e quindi non ha espresso il proprio parere, sono a chiederle un rinvio della riapertura dei lavori.
PRESIDENTE. A questo punto dobbiamo allora però quantificare, per evitare che poi il rinvio dia inizio a una specie di apertura a singhiozzo dell'Assemblea, cosa che onestamente vorrei cercare di evitare per tutta una serie di ragioni che lei comprende bene.
ETTORE GUGLIELMO EPIFANI, Presidente della X Commissione. Io credo...
PRESIDENTE. Facciamo una stima: tra i lavori della Commissione bilancio e l'eventuale Comitato dei nove, che immagino dovrete riunire a seguito dei pareri espressi dalla Commissione bilancio, per che ora ...
ETTORE GUGLIELMO EPIFANI, Presidente della X Commissione. Penso per le 14,30.
PRESIDENTE. Sta bene. Allora, se non vi sono obiezioni, riprendiamo alle 14,30.
Sull'ordine dei lavori (ore 13,52).
ELIO VITO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Presidente, pochi minuti fa, davanti Piazza Montecitorio, dove c’è un gazebo, Gianni Tonelli, il segretario generale nazionale del Sindacato autonomo di polizia, oggi al quarantatreesimo giorno di sciopero della fame, ha avuto un malore. È arrivata l'ambulanza, è stato ricoverato in ospedale, dove intendo recarmi tra poco; ho sentito i suoi collaboratori: è un malore ampiamente previsto e annunciato, quando si è allo stremo in queste condizioni. Naturalmente auguriamo a Gianni di ristabilirsi prontamente, ma soprattutto credo che come politica, come Parlamento, come istituzioni ci tocchi assumere delle iniziative di fronte alla drammaticità di questa protesta, che è una protesta per i diritti dei poliziotti, che è una protesta per la sicurezza dei cittadini, Pag. 49che è una protesta per i migliori equipaggiamenti da fornire alle forze dell'ordine.
Credo che quello che noi possiamo fare, rispetto anche all'assordante silenzio del Governo (avevamo chiesto che il Ministro dell'interno ascoltasse le ragioni della protesta di un suo uomo, che si evitasse di giungere a questo), è contribuire a verificare le condizioni nelle quali lavorano le donne e gli uomini della Polizia e di tutte le forze dell'ordine. Nella prossima riunione dell'Ufficio di Presidenza il nostro gruppo proporrà un'indagine conoscitiva sugli equipaggiamenti delle forze dell'ordine.
Signor Presidente, abbiamo già svolto una interpellanza in Aula. Noi chiediamo che si possa aggiungere anche l'appello delle altre forze politiche, affinché Gianni Tonelli sospenda la sua iniziativa e la sua protesta non violenta, sulla base di un impegno preciso: la sua protesta ha un senso, raggiunge un risultato, quello cioè che noi invitiamo il Governo a ricevere Tonelli e ci impegniamo come Camera a fare in modo che le forze dell'ordine possano essere equipaggiate al meglio, ricevere migliori stanziamenti.
EMANUELE FIANO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
EMANUELE FIANO. Presidente, esprimiamo anche noi il nostro dispiacere, la nostra solidarietà e il nostro augurio di guarigione per il malore che ha colto il signor Tonelli, Gianni Tonelli, segretario del Sindacato autonomo di polizia; e quindi gli auguriamo di potersi riprendere presto, e di interrompere il digiuno che porta avanti da diversi giorni.
Se posso permettermi, io non sovrapporrei, come ha fatto il collega Vito, questioni di giudizio sulla situazione del comparto sicurezza alla solidarietà per una persona che non è stata bene. Lo dico perché non condivido alcune delle cose che sono state oggetto di questa battaglia non violenta del segretario del Sindacato autonomo di polizia: in questi anni proprio sul tema del finanziamento e miglioramento dell'equipaggiamento delle forze dell'ordine questo Parlamento e questo Governo molto hanno speso.
Oggi è il giorno della vicinanza a chi è stato male, dell'augurio di una pronta guarigione e della speranza che possa interrompere questa forma di protesta non violenta, a cui evidentemente il suo fisico non ha retto dopo così tanti giorni; ci saranno altri giorni in cui parleremo, anche con il collega Vito, del merito delle cose che lui ha detto, senza sovrapporre le due questioni.
FABIO RAMPELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FABIO RAMPELLI. Presidente, penso sia importante che quest'Aula dia una segnale univoco indirizzato verso il Governo e verso le istituzioni repubblicane tutte, perché l'episodio accaduto a Gianni Tonelli, al di là di questo malore... Dal quale ci auguriamo possa riprendersi, esprimendo contestualmente la solidarietà di Fratelli d'Italia per questa battaglia ! Penso che Gianni Tonelli abbia comunque con il suo sciopero della fame, durato 43 giorni, manifestato un disagio, e questo disagio non sia stato colto in maniera adeguata da parte delle istituzioni. Non è la prima volta che capita, lo voglio dire con il minor tasso possibile di polemica; penso che chi rappresenta con poteri esecutivi il popolo italiano al Governo della nazione, e chi rappresenta con poteri di diversa natura il popolo italiano in contesti ancora più elevati – mi riferisco in particolare al Presidente della Repubblica Mattarella –, in alcuni momenti particolari debba capire che bisogna agire preventivamente, prima che le cose vadano a sedimentarsi e magari a sfociare anche negli episodi che stiamo commentando qui, che mettono a repentaglio la salute delle persone mentre svolgono comunque azioni di denuncia, di impegno civico e sindacale, che sono il sale della democrazia.
PRESIDENTE. La invito a concludere.
Pag. 50FABIO RAMPELLI. Ricordo – e concludo – che più volte Gianni Tonelli ha chiesto udienza al Governo, al Ministro dell'interno. Ecco, noi ieri abbiamo fatto una conferenza stampa – mi conceda soltanto pochi secondi, Presidente, le chiedo scusa –: in questa conferenza stampa avevamo preso impegno a sollecitare un incontro tra Gianni Tonelli e il Governo stesso, in seguito al quale magari questo sciopero durato 43 giorni, questa forma di protesta non violenta, ma comunque bestiale, potesse estinguersi. Ogni tanto (questo è il segnale che lancio anche alla maggioranza, sapendo perfettamente che è sensibile quanto noi rispetto a questo genere di manifestazioni e di proteste) alcuni processi andrebbero, con un po’ di sensibilità in più, anticipati.
DAVIDE CAPARINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, capisco il fastidio di alcuni colleghi della maggioranza, ma se il segretario del SAP è stato male, è stato male a seguito di uno sciopero della fame che ha intrapreso – scelta evidentemente determinata e coraggiosa – per far sì che un rappresentante del vostro Governo gli desse ascolto, e desse ascolto alle legittime istanze che il Sindacato autonomo di polizia, a nome e per conto di tutti gli operatori delle forze di sicurezza, continua nell'assoluto silenzio generale a proporre al Ministro Alfano. Ora, se da una parte il Ministro Alfano per tutta risposta, come purtroppo ha fatto, ha intrapreso la strada dei provvedimenti sanzionatori nei confronti di chi invece legittimamente rappresenta una categoria, se dall'altra il Presidente della Repubblica preferisce andare a visitare i giovani migranti per sentire i loro problemi e non si occupa invece delle forze di polizia e dei problemi della sicurezza che attanagliano il nostro Paese, evidentemente qui capisco l'imbarazzo, ma c’è una mancanza, una incapacità di ascolto delle istanze ed esigenze delle forze dell'ordine: quindi è proprio oggi, è proprio questo il momento e il luogo per discutere della vicenda.
PRESIDENTE. Grazie.
DAVIDE CAPARINI. Ci auguriamo che questi 40 giorni di sciopero della fame siano serviti a qualcosa, siano serviti a far muovere un Ministro sordo e cieco e, finalmente, lo facciano alzare da quello scranno per andare in mezzo alle forze dell'ordine per capire quali sono i loro reali problemi.
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Caparini. Non so se ho sentito bene, ma a un certo punto mi pare di aver sentito citare il Presidente della Repubblica, però io lo lascerei fuori dal dibattito. Come lei sa, per costume istituzionale, lo teniamo sempre fuori dal dibattito, col massimo del rispetto.
A questo punto, sospendiamo la seduta, che riprenderà alle 14,30.
La seduta, sospesa alle 14, è ripresa alle 14,35.
Si riprende la discussione.
IGNAZIO ABRIGNANI, Vicepresidente della X Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
IGNAZIO ABRIGNANI, Vicepresidente della X Commissione. Presidente, la Commissione bilancio ha finito il suo lavoro, ci ha consegnato il parere. Noi siamo in Comitato dei nove e stiamo già votando gli emendamenti. Tra venti minuti siamo pronti per venire in Aula (Commenti).
ROBERTO OCCHIUTO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO OCCHIUTO. Presidente, è inaccettabile ! Noi siamo qui da qualche ora disponibili a votare un provvedimento Pag. 51della maggioranza, ma vorrei ricordare che è nella responsabilità della maggioranza e del Governo essere pronti sui provvedimenti. Mi rivolgo anche agli altri gruppi di opposizione: capisco che questo provvedimento è in gran parte condiviso ma, per inciso, voglio dire che si poteva anche disporre una sede legislativa su questo provvedimento. Ora, però, che senso ha – mi rivolgo ai gruppi dell'opposizione – asservire i tempi dell'Aula ai ritardi del Governo e della maggioranza ? È inaccettabile, da parte della maggioranza e del Governo ! Credo debba essere ritenuto inaccettabile anche da parte dei gruppi che hanno l'ambizione di essere opposizione in quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
LAURA CASTELLI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
LAURA CASTELLI. Presidente, intervengo sempre sull'ordine dei lavori. È inaccettabile come ci si comporta su un testo di questo tipo, visto che è stato condiviso a larga maggioranza, da maggioranza e opposizione. Infatti, si arriva all'ultimo secondo in Commissione bilancio e si snatura completamente il senso di una proposta di legge che è in discussione dal 2014, svuotandola completamente. Abbiamo sentito anche il Governo che dice che dobbiamo essere contenti perché adesso potremmo finanziarla anno per anno, salvo poi che qualcuno si ricordi di metterci soldi in legge di stabilità. Allora, noi non accettiamo, in primo luogo, questo modo di lavorare e, in secondo luogo, questa presa in giro, perché il MoVimento 5 Stelle è disposto a stare qui tranquillamente giovedì e venerdì e non ha il problema di correre a casa. Questo, Presidente, mi dispiace ma ve lo dobbiamo ricordare sempre. Terzo, oltre il danno la beffa, cioè snaturare e gestire malissimo un testo di legge fatto da questo Parlamento. Non è possibile ! Non credo che basteranno venti minuti alla Commissione di merito per guardare l'abominio che è stato fatto su un testo di legge così largamente condiviso. Presidente, non è possibile. Noi possiamo accettare il rinvio in Commissione, possiamo accettare che non sappiamo che cosa ne sarà di questa giornata, ma non che si prendano in giro i deputati che lavorano su un provvedimento e i cittadini a casa che aspettano un qualcosa di decente e non la solita presa in giro di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. La ringrazio. Allora, io ho ancora l'onorevole Palese e l'onorevole Guidesi che chiedono di parlare, nel frattempo, però, giusto perché poi le cose sono in divenire, mi comunicano che il Comitato dei nove ha terminato i propri lavori.
Io dovrò comunque – al di là poi del fatto che darò comunque la possibilità a chi l'ha chiesto di prendere la parola – procedere a un'interruzione dei lavori, anche per fare in modo che gli uffici in Assemblea abbiano trasmessi i pareri e eventuali nuovi emendamenti che vengono presentati dal Comitato dei nove o comunque che possano prendere atto del lavoro svolto.
Hanno chiesto di intervenire, l'onorevole Palese, l'onorevole Guidesi e, se non vado errato, l'onorevole Ricciatti e l'onorevole Marchi. Prego, onorevole Palese.
ROCCO PALESE. Signor Presidente, intervengo per porre ancora una volta l'ennesimo problema di organizzazione di tutti i provvedimenti che arrivano alla Commissione bilancio. Anche il rappresentante del Governo, il Viceministro Morando, oggi ha espresso quello che più volte è emerso anche in quest'Aula: la Commissione bilancio non può continuare a lavorare nella maniera in cui sta continuando a lavorare, in particolare oggi, con tre rinvii. Il personale della Commissione è stato sottoposto a un tour de force senza precedenti – ad esso va tutta la mia solidarietà, per come vengono affrontati i problemi – per poter superare il parere o i pareri su alcune norme, su alcuni aspetti Pag. 52di questa legge auspicata da tutti, da parte della Ragioneria. Premesso che io sono d'accordo su questo provvedimento, dico comunque che una legge deve essere fatta per bene e finanziata per bene, per dare dignità e soprattutto spessore a quello che si propone, visto che era condivisa da tutti.
PRESIDENTE. Concluda.
ROCCO PALESE. Mi avvio alla conclusione, Presidente. Vi è necessità di risorse, ma le chiavi del bilancio dello Stato le ha la maggioranza, per determinare le risorse. Questo non è avvenuto, quindi la Commissione bilancio ha dovuto porre, a seguito dell'attuazione dell'articolo 81 della Costituzione, una serie di condizioni che di fatto rendono questa legge una legge manifesto. Fatta tutta questa premessa per l'accaduto, ritengo, se si vuol procedere sulla legge manifesto, che si procedesse pure, oppure il provvedimento ritorni in Commissione, per avere il finanziamento che deve avere per poter funzionare. Infatti, rischiamo forse di non far funzionare già quello che esiste rispetto all'economia solidale e quant'altro. Poi, siccome lei è autorevole componente dell'Ufficio di Presidenza e della Conferenza dei presidenti dei gruppi e adesso presiede l'Aula, ancora una volta le rappresento l'impossibilità di procedere in questa maniera da parte della Commissione bilancio, perché le Commissioni di merito legiferano come se non ci bisogno di alcuna copertura finanziaria e poi si va incontro a questi inconvenienti.
PRESIDENTE. Colleghi, intanto vi chiedo di liberare l'emiciclo; in secondo luogo, io darò la parola perché l'avete chiesta e finiamo il giro, però sapendo che la richiesta formale di sospensione è decaduta, avendo terminato il Comitato dei nove i propri lavori. Dopo di che, ho ascoltato tante considerazioni e, dal punto di vista della Presidenza, credo che si debba svolgere anche una riflessione seria sulla sostenibilità del calendario, ma questo è un altro discorso. Prego, onorevole Guidesi.
GUIDO GUIDESI. Presidente, la faccio breve: la Commissione bilancio oggi è stata rinviata per ben tre volte; i commissari della Bilancio si sono trovati in una situazione imbarazzante (ma non ripeto quello che ho detto in Commissione) e siamo arrivati al punto di dare un parere che, evidentemente, per alcuni ha un po’ sconvolto il testo uscito dalla Commissione. Detto questo, credo anche che qualcuno abbia l'esigenza, anche manifestata, di valutare ulteriormente il testo e il parere. Io formalmente le chiedo il rinvio alla prossima settimana del dispositivo in Aula, perché se qualcuno ha bisogno di tempo, diamogli questo tempo necessario, si facciano tutte le valutazioni del caso e smettiamola di prenderci in giro (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini e Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Colleghi, a questo punto c’è effettivamente un fatto nuovo, nel senso che c’è la richiesta di rinvio.
LARA RICCIATTI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Onorevole Ricciatti, lei vuole intervenire sulla proposta di richiesta di rinvio ?
LARA RICCIATTI. Sì.
PRESIDENTE. A favore o contro ?
LARA RICCIATTI. A favore.
PRESIDENTE. Prego, ne ha facoltà, poi darò la parola a un oratore contro e poi la poniamo in votazione.
LARA RICCIATTI. Il fatto nuovo, signor Presidente, è che la Commissione bilancio, cinque minuti fa, ha consegnato al Comitato dei nove della Commissione attività produttive un dato tecnicamente riscritto: ha portato con il proprio parere nove condizioni che vanno a modificare nove articoli del testo. Prendo la parola non solo per condannare questo modo, Pag. 53che offende il lavoro di tutti i parlamentari; oggi in questo preciso istante, il mio gruppo parlamentare non è né tecnicamente né politicamente nelle condizioni di poter esprimere un nuovo parere rispetto alle condizioni poste dalla Commissione bilancio.
Registriamo che, su 17 articoli, 9 sono stati modificati e per questo motivo pensiamo sia quanto meno opportuno e rispettoso di tutte le Commissioni, non solo della Commissione bilancio, che questi lavori riprendano la prossima settimana per poter mettere nelle condizioni almeno le deputate e i deputati di poter votare consapevoli di quello che stanno votando (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. Contro la proposta di rinvio alla settimana successiva, comunque di rinvio ad altra seduta, più genericamente, del provvedimento, chiede di intervenire l'onorevole Marchi. Prego, ne ha facoltà.
MAINO MARCHI. Grazie Presidente. Nell'esprimere parere contrario al rinvio, voglio però porre un problema di Regolamento. Con il Regolamento della Camera, questa situazione si verificherà sempre. Se la Commissione bilancio esprime la proprio opinione, il proprio parere, sentita la Ragioneria che è fondamentale...
PRESIDENTE. Le chiedo scusa. Prego i colleghi che prendono posto in Aula di evitare di passare davanti all'onorevole Marchi che sta intervenendo, almeno questo !
MAINO MARCHI... dopo che c’è già il testo approvato in Commissione di merito, questa situazione si verificherà continuamente. Bisognerebbe fare come al Senato dove la Commissione bilancio dà il parere sugli emendamenti prima che la Commissione di merito li voti.
Detto questo, nel caso specifico, la Commissione bilancio ha portato la copertura di questo provvedimento che determina oneri permanenti per un milione l'anno. La copertura di un milione vi era solo per il 2016, quindi dal 2017 questa legge non avrebbe più avuto copertura, e invece ora li copre per gli altri anni. In secondo luogo, ha cercato di rendere compatibili le norme che erano state previste dalla Commissione di merito, quando queste, così come erano scritte, avrebbero determinato degli oneri non coperti. Ha proposto modalità che le rendano compatibili con il fatto che non essendoci altri oneri previsti, altre coperture previste dalla Commissione di merito, non potevano esserci nuovi oneri per la finanza pubblica.
Ultima considerazione, in Commissione bilancio non ho visto nessun voto contrario: astenuti e a favore. Allora, dire che là si è snaturato completamente un testo sul quale non si è nemmeno votato contro, mi sembra eccessivo. Quindi, credo che ci siano le condizioni per poter procedere come da tanti era stato richiesto e la Commissione bilancio ha lavorato per rendere possibile che oggi si affronti questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. A questo punto, ha parlato un oratore a favore e un oratore contro.
Passiamo ai voti.
Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, la richiesta di rinvio ad altra seduta del seguito del dibattito formulata dall'onorevole Guidesi.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione)
Palese, Fabbri, Valiante, Lainati, De Maria...
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge per 125 voti di differenza.
Ricordo che era una votazione senza registrazione dei nomi.
MARCO DA VILLA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori, per motivare l'astensione del MoVimento 5 Stelle e per...
Pag. 54PRESIDENTE. No collega, lei non può motivare un'astensione.
MARCO DA VILLA. E per avanzare una nuova richiesta.
PRESIDENTE. Allora faccia la richiesta.
MARCO DA VILLA. La richiesta è di una sospensione per il ritorno al Comitato dei nove e la motivazione è che noi ci siamo opposti allo slittamento del provvedimento, sia perché teniamo al provvedimento, ma anche perché non vogliamo che questo sia uno strumento di ricatto per la maggioranza per delle richieste di calendarizzazione da parte dell'opposizione (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
Questo è un argomento che è stato trattato nella Conferenza dei presidenti di gruppo. Quindi, ci siamo astenuti perché non riteniamo il rinvio alla prossima settimana. Tutto questo provvedimento è stato gestito, dal nostro punto di vista, e non solo dal nostro punto di vista, nella maniera assolutamente più scoordinata, facendo una calendarizzazione, dal nostro punto di vista, precoce in Aula, non permettendo di avere tutti gli elementi per arrivare a una soluzione condivisa, perché ricordo che è ampiamente condivisa questa proposta nell'arco parlamentare. È stata fatta una forzatura a livello di calendarizzazione d'Aula e questo ha creato tutta una serie di problemi che sono arrivati a cascata ad oggi, alla richiesta di rinvio che è stata appena votata.
Quindi, la mia è una richiesta di sospensione perché il Comitato dei nove, con i componenti di maggioranza e di opposizione, possa valutare nel merito le proposte emendative della Commissione bilancio, non per valutarne ovviamente l'approvazione o meno, perché sono obbligatorie, ma per a valutare la posizione politica di ciascun gruppo a proposito di questo provvedimento nel Comitato dei nove. Credo che in un provvedimento che ha avuto una larga condivisione nei lavori sia dovuto un rispetto nei confronti delle opposizioni (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Collega, lei mi chiede una sospensione per il ritorno del provvedimento nel Comitato dei nove. Il Comitato dei nove si è testé riunito, quindi io non posso farlo, a meno che non me lo dica relatore o il presidente della Commissione, visto che il Comitato dei nove ha già lavorato. Io non posso porre in votazione una sospensione per la riunione del Comitato dei nove che ha appena finito i suoi lavori. Se lei mi fa una richiesta che è accettabile (Commenti del deputato Da Villa)... a meno che il Comitato dei nove non ritenga di dover continuare i propri lavori, ma se il Comitato dei nove li ha testé terminati, tra l'altro con i ritardi e con tutto quello che abbiamo visto, io non posso sospendere, chiedere o porre in votazione la sospensione della seduta per il Comitato dei nove.
ARTURO SCOTTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ARTURO SCOTTO. Grazie Presidente. Non per spirito polemico, ma dopo gli emendamenti alla mozione di maggioranza abbiamo assistito addirittura all'astensione su una richiesta di rinvio (Applausi dei deputati dei gruppi Sinistra Italiana – Sinistra Ecologia Libertà e Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini), cosa mai accaduta nella storia di questo Parlamento. Noi chiediamo una cosa molto semplice, non un ritorno al Comitato dei nove, ma per consentire un lavoro corretto delle Commissioni e del Parlamento, almeno un'ora di sospensione, perché altrimenti noi rischiamo di trovarci in una condizione in cui l'attività parlamentare è nei fatti impedita. Poi mi rendo conto che ciascuno deve guardare il suo, però bisognerebbe evitare che questo accada sempre – lo dico anche ai colleghi del Partito Democratico – a senso unico nei confronti del MoVimento 5 Stelle.
Pag. 55PRESIDENTE. Ovviamente questa è una richiesta che ha diritto di essere posta in votazione. Io su questo allora chiedo se ci siano obiezioni in relazione alla sospensione. Il relatore che dice ? Colleghi, dovete prendere la parola perché io non ho facoltà di interpretare il labiale, né mi muovo a gesti. Se sono chiaramente tutti d'accordo e il relatore è d'accordo, la concediamo.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Presidente, io chiedo quindi, a questo punto, 15 minuti per il Comitato dei nove, per il Comitato ristretto.
PRESIDENTE. Però, mi perdoni relatrice, qui c’è un'altra richiesta, c’è la richiesta di un capogruppo della sospensione dei lavori per un'ora, per dare la possibilità ai gruppi...comunque motivata, c’è una richiesta di sospensione. Se all'interno di questa ora il Comitato dei nove intende riunirsi può farlo, però io voglio capire se ci sono obiezioni alla richiesta di sospensione. Io do la parola a un oratore a favore e a un oratore contro e la pongo in votazione, se non vi sono obiezioni, e quindi tutti i gruppi sono d'accordo a un'ora di sospensione, io sospendo la seduta e la riprendo fra un'ora.
GIANLUCA BENAMATI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANLUCA BENAMATI. Signor Presidente, mi pare di avere inteso – però chiedo a lei di correggermi, perché è umano sbagliare e non comprendere – che si tratti di un ritorno in Commissione per un'ora.
PRESIDENTE. No, no, no. Attenzione !
GIANLUCA BENAMATI. Allora, qual è la richiesta specifica ?
PRESIDENTE. Colleghi, però pure voi se contribuite un attimo a cercare di farci sentire quello che diciamo.
Allora, il presidente Scotto chiede la sospensione di un'ora per poter valutare qual è stato l'esito, non all'interno del Comitato dei nove, ma tra i gruppi – perché poi questi emendamenti saranno posti comunque in votazione – per poter prendere atto del lavoro svolto dalla Commissione bilancio e dal Comitato dei nove e capire qual è la posizione ed eventualmente le dichiarazioni di voto o l'espressione del voto che ciascun gruppo deve fare. Allora, se su questo poi in quest'ora il Comitato dei nove intende riunirsi o non riunirsi, questo sta nella libertà del Comitato dei nove, se si accede a questa ipotesi. Se non si accede tutti a questa ipotesi, io la pongo in votazione: se viene respinta, non si sospende la seduta, se passa, io su questa proposta ho bisogno di avere il parere del relatore.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Signor Presidente, io richiedo una sospensione breve, come era la richiesta dell'onorevole Da Villa, mi sembra, solo per il Comitato dei nove, quindi di quindici minuti.
PRESIDENTE. Scusate, c’è una confusione totale e non credo che dipenda dalla Presidenza. Qui ognuno dice la sua. Allora, io ho una richiesta di un'ora di sospensione.
ETTORE ROSATO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ETTORE ROSATO. Grazie, Presidente. A me sembra che la richiesta del collega Scotto sia una richiesta politica, dice: «Abbiamo bisogno di un tempo per valutare gli emendamenti che sono stati presentati». Lo diceva anche la collega prima. Io rilancio, chiedendo la cortesia ai gruppi: per cercare di organizzare i nostri lavori, essendoci stato un dibattito vero nell'ambito della Commissione di merito e anche Pag. 56in Commissione bilancio, se noi riusciamo a comprimere questo confronto all'interno dei gruppi in un quarto d'ora, venti minuti, noi riusciamo a fare le due cose insieme: a dare una sospensione e a riuscire ad andare avanti con i lavori e ad approvare oggi, in giornata, una legge che è importante.
Poi, collega Scotto, se in un quarto d'ora o mezz'ora non riusciamo a vedere nove emendamenti, che sono condizioni della Commissione Bilancio; in mezz'ora c’è anche il tempo per il caffè.
PRESIDENTE. In questo caso vediamo, se riusciamo, come punto di caduta, si potrebbe fare una sospensione di mezz'ora.
ETTORE GUGLIELMO EPIFANI, Presidente della X Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ETTORE GUGLIELMO EPIFANI, Presidente della X Commissione. Signor Presidente, io credo che la richiesta fatta, di avere un tempo per valutare gli ultimi aspetti, sia del tutto comprensibile. Aggiungo, sentita anche la relatrice, che i cambiamenti apportati dalla Commissione Bilancio, in realtà, non stravolgono il testo, quindi, da questo punto di vista, la sospensione può essere più breve, perché credo che i gruppi, valutando il risultato, converranno con questa valutazione e questo giudizio.
PRESIDENTE. Va bene. Allora, si potrebbe trovare un punto di caduta nella sospensione fino alle 15,30.
ROBERTO OCCHIUTO. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
ROBERTO OCCHIUTO. Presidente, è una situazione paradossale, perché i gruppi valutano gli emendamenti e quindi, di conseguenza, anche le loro posizioni politiche nel Comitato dei nove, laddove sono rappresentati. L'Aula si è aperta con il presidente del Comitato dei nove che ci ha detto che il Comitato dei nove aveva esaurito la discussione. Quindi, evidentemente, i gruppi, in quella sede, avevano svolto quella riflessione che oggi, ora, si chiede invece debbano svolgere in maniera ulteriore.
Noi riteniamo una pagliacciata questa proposta; sarebbe invece più utile tradurre le obiezioni che anche da parte di altri gruppi di opposizione sono venute – mi riferisco anche ai colleghi del MoVimento 5 Stelle – attraverso un rinvio in Commissione del provvedimento, al fine di valutare se questo provvedimento è diventato un provvedimento capace di sortire degli effetti, o semplicemente un provvedimento spot. Ma non prendiamo in giro l'Assemblea, non prendiamo in giro i gruppi parlamentari facendo proposte che non hanno alcun senso, né dal punto di vista regolamentare, né dal punto di vista politico (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Allora, resta in piedi soltanto, a questo punto, la proposta di sospensione di mezz'ora. Se non vi sono obiezioni, al netto delle considerazioni politiche, io sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 15,30.
La seduta, sospesa alle 15, è ripresa alle 15,30.
PRESIDENTE. Se stavolta non c’è nessuno intenzionato a chiedere un'ulteriore sospensione, riprendiamo il seguito del testo unificato delle proposte di legge nn. 75-241-811-2726-A: Disposizioni per la promozione e la disciplina del commercio equo e solidale.
Ricordo che nella parte antimeridiana della seduta si è conclusa la discussione sulle linee generali e il rappresentante del Governo è intervenuto in sede di replica, mentre la relatrice vi ha rinunciato.
(Esame degli articoli – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del testo unificato della Commissione.
La I Commissione (Affari costituzionali) e la V Commissione (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A – A.C. 75-A ed abbinate), che sono in distribuzione.
In particolare il parere della Commissione bilancio reca sette condizioni volte a garantire il rispetto dell'articolo 81 della Costituzione, che sono in distribuzione e che saranno poste in votazione ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.
(Esame dell'articolo 1 – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A – A.C. 75-A ed abbinate).
Nessuno chiedendo di parlare, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Allasia 1.1.
PRESIDENTE. Il Governo ?
ANTONIO GENTILE, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dalla relatrice.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ci ha ripensato ? Ne ha facoltà.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Signor Presidente, poiché gli emendamenti non sono molti, preferisce che io esprima tutti i pareri ?
PRESIDENTE. No, si danno articolo per articolo.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Va bene.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Allasia 1.1.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.
STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, brevissimamente, su questo emendamento chiedo il voto, è per circoscrivere l'ambito di intervento della proposta di legge, perché introduciamo un sistema più restrittivo perché, parlando di globalità e di pianeta, mi sembrava eccessivo e molto più logico cercare di restringere i parametri e non ampliare, come si fa normalmente su una proposta di legge.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Allasia 1.1, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Di Vita, Palma, Ruocco, Coscia, Caparini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 318
Votanti 317
Astenuti 1
Maggioranza 159
Hanno votato sì 90
Hanno votato no 227).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.Pag. 58
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Andate piano su queste scale ! Se potessero parlare, ne racconterebbero. Tinagli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 320
Votanti 249
Astenuti 71
Maggioranza 125
Hanno votato sì 243
Hanno votato no 6).
(Esame dell'articolo 2 – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A – A.C. 75-A ed abbinate).
Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Marcon 2.4, mentre esprime parere contrario sull'emendamento Duranti 2.5. La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Allasia 2.7, mentre esprime parere favorevole sull'emendamento Allasia 2.8, purché così riformulato: dopo il numero 4), «ad impegnarsi per contrastare il lavoro minorile».
ROCCO PALESE. Presidente, la Commissione giustizia va sconvocata !
PRESIDENTE. La Commissione giustizia è sconvocata, non è convocata al momento. Poi ciascuno ha facoltà di riuscire a scendere nei tempi che preferisce, però non è riunita. Lo aveva già fatto presente il collega Guidesi, abbiamo fatto la verifica e ci hanno detto che non era più in corso. Prego, collega.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Infine la Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Squeri 2.10, Allasia 2.12 e Squeri 2.14.
PRESIDENTE. Il Governo ?
ANTONIO GENTILE, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dalla relatrice.
PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Marcon 2.4 non accedono all'invito al ritiro.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Marcon 2.4, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Ravetto, Borghese, Monchiero, Sarti, Campana, Amodio, Ferraresi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 339
Votanti 252
Astenuti 87
Maggioranza 127
Hanno votato sì 36
Hanno votato no 216).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Duranti 2.5, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Di Gioia...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 338
Votanti 300
Astenuti 38
Maggioranza 151
Hanno votato sì 84
Hanno votato no 216).
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Allasia 2.7.
STEFANO ALLASIA. Signor Presidente, l'emendamento di questa parte dell'articolo 2 è per cercare di essere meno generici ed essere alle volte realisti della situazione in cui vengono sfruttati i lavoratori e dato che oramai neanche più i comunisti riescono a cercare di mantenere un'esistenza libera e dignitosa, come prevede l'emendamento del nostro gruppo, lo chiediamo noi che ci possa essere rispetto dei lavoratori in ogni parte del Paese. Perciò chiedo la votazione di questo emendamento.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Semplicemente per chiarire che qui si trattava di diritti del lavoro e, quindi, il tema affrontato al numero 4) è questo e, infatti, poi accogliamo un emendamento successivo dell'onorevole Allasia.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ricciatti. Ne ha facoltà.
LARA RICCIATTI. Grazie, signor Presidente. Intervengo solo per tranquillizzare il collega Allasia perché comunisti, figli e coloro che si considerano un po’ figli di quella storia hanno ben a cuore i diritti sindacali, nella tutela del mondo del lavoro.
Siccome il collega Allasia vorrebbe sostituire tutta la partita dei diritti inerenti al mondo del lavoro con i diritti sindacali a quelli più genericamente considerati come diritti fondamentali, noi ci asterremo su questo emendamento, non perché non vorremmo riconosciuti tutti i diritti fondamentali ma perché sarebbe quanto meno opportuno che ogni tanto ci si ricordi che ci sono anche i diritti del lavoro, delle lavoratrici e dei lavoratori in questo Paese.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Allasia 2.7, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Furnari, Gribaudo, Sisto, Quintarelli e Monchiero. Onorevole Monchiero, esperisca un tentativo di voto a mani ignude, senza pallina; vedrà che funziona. Provi ! Vede ? Abbia fiducia.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 342
Votanti 315
Astenuti 27
Maggioranza 158
Hanno votato sì 98
Hanno votato no 217).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Allasia 2.8.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Mi sembra che la relatrice voglia intervenire per fare una precisazione in ordine alla riformulazione. Prego, ne ha facoltà.
Pag. 60CHIARA SCUVERA, Relatrice. Presidente, appunto la riformulazione è di impegnarsi nel contrasto del lavoro minorile.
PRESIDENTE. Onorevole Allasia, accetta la riformulazione del suo emendamento 2.8 ?
STEFANO ALLASIA. Presidente, accetto la riformulazione, anche se cambia notevolmente il senso dell'emendamento perché chiedevo il divieto assoluto dello sfruttamento. Qui si parla di contrastare, però oggettivamente cerchiamo di arrivare a un compromesso e accetto la riformulazione.
PRESIDENTE. Prima di passare ai voti, mi chiedono, come precisazione, se c’è un «nonché» prima della parola «impegnarsi» oppure no.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Sì, Presidente, c’è la parola «nonché».
PRESIDENTE. Onorevole Allasia, a questo punto le richiedo se accetta la riformulazione con la parola «nonché» prima che il suo emendamento 2.8 sia posto in votazione.
STEFANO ALLASIA. Sì, Presidente, anzi è meglio.
PRESIDENTE. Perfetto ! C’è sempre una possibilità di essere ancora più soddisfatti.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Allasia 2.8, nel testo riformulato, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Schullian, Mannino, Giacomoni.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 355
Votanti 354
Astenuti 1
Maggioranza 178
Hanno votato sì 354).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Squeri 2.10.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giammanco. Ne ha facoltà.
GABRIELLA GIAMMANCO. Grazie, Presidente. Con questo emendamento Forza Italia chiede semplicemente alla maggioranza di recepire nell'articolo della proposta che riguarda le definizioni, e in particolare la definizione di prezzo equo, di recepire, appunto, una risoluzione del Parlamento europeo del 1998 che definisce prezzo equo quel prezzo che si è formato dal prezzo corrente di mercato, laddove esista, più un premio commercio equo solidale, fermo restando che tale prezzo non può scendere al di sotto di una certa soglia.
Siccome siamo sempre molto attenti a cosa ci chiede l'Unione Europea, riteniamo che sia giusto recepire in questo testo anche ciò che definisce l'Unione europea come prezzo equo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia – Il Popolo della Libertà – Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Squeri 2.10, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Archi, Gadda. Ci siamo ? Palma.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 352
Votanti 330
Astenuti 22
Maggioranza 166
Hanno votato sì 115
Hanno votato no 215).
(La deputata Nardi ha segnalato di non essere riuscita ad esprimere voto contrario). (La deputata Bonomo ha segnalato di non essere riuscita ad esprimere voto contrario).
Passiamo alla votazione dell'emendamento Allasia 2.12, sul quale c’è il parere contrario del Governo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.
STEFANO ALLASIA. Grazie, Presidente. Non citando più i comunisti perché poi mi rispondono e dovrei anche poi replicare, cerchiamo in questo emendamento...
PRESIDENTE. Per carità !
STEFANO ALLASIA. ...un miglioramento della qualità e della sicurezza dei prodotti del commercio equo solidale.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Allasia 2.12, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 336
Votanti 333
Astenuti 3
Maggioranza 167
Hanno votato sì 120
Hanno votato no 213).
(I deputati Catanoso e Baroni hanno segnalato di non essere riusciti ad esprimere voto favorevole). (Le deputate Fabbri e Bonomo hanno segnalato di non essere riuscite ad esprimere voto contrario).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Squeri 2.14, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Furnari, Fregolent. Onorevole Fregolent, Baroni; onorevole Baroni, sta votando. Caso, provi anche lei con le dita.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 351
Votanti 348
Astenuti 3
Maggioranza 175
Hanno votato sì 104
Hanno votato no 244).
(La deputata Bonomo ha segnalato di non essere riuscita ad esprimere voto contrario).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Baruffi. Onorevole Baroni, faccia attenzione per le scale, mi raccomando; onorevole Baroni, su, voti. Ci siamo ? Onorevole Sottanelli e onorevole Giuliani, che ha votato. L'onorevole Sottanelli è riuscito...
Dichiaro chiusa la votazione.Pag. 62
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 356
Votanti 321
Astenuti 35
Maggioranza 161
Hanno votato sì 313
Hanno votato no 8).
(Esame dell'articolo 3 – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A – A.C. 75-A ed abbinate).
Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli emendamenti Marcon 3.2 e 3.3.
La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Marcon 3.4, a condizione che sia riformulato sostituendo la parola: «quali» con la parola: «come».
La Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Marcon 3.5.
La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento 3.100, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.
Di conseguenza, sono preclusi gli emendamenti Beni 3.50 e 3.51.
PRESIDENTE. La preclusione avviene a seguito della votazione. Quindi, lei ci darà il parere, che suppongo sarà contrario, ma ce lo dica.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Presidente, la Commissione invita i presentatori al ritiro degli emendamenti Beni 3.50 e 3.51 altrimenti il parere è contrario.
PRESIDENTE. Sta bene. Quindi, questo vale sia per l'emendamento Beni 3.50 sia per l'emendamento Beni 3.51.
Il Governo ?
ANTONIO GENTILE, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Presidente, il parere è conforme a quello espresso dalla relatrice.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Marcon 3.2, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Micillo, è riuscito ? Perfetto.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 356
Votanti 311
Astenuti 45
Maggioranza 156
Hanno votato sì 86
Hanno votato no 225).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Marcon 3.3, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Ci siamo ? Caso, Marcon, Baruffi e Carbone, che però sta votando. Carrozza; era solo un saluto alla Presidenza, che ricambio. L'onorevole Carrozza invece non riesce.
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 349
Votanti 250
Astenuti 99
Maggioranza 126
Hanno votato sì 33
Hanno votato no 217).
Prendo atto che l'onorevole Marcon accetta la riformulazione dell'emendamento Marcon 3.4.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Marcon 3.4, nel testo riformulato, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
All'onorevole Palese non funziona... la postazione ovviamente... è arrivato il tecnico, prego... non facciamo facili ironie sull'onorevole Palese che è piuttosto permaloso... Malpezzi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 355
Votanti 312
Astenuti 43
Maggioranza 157
Hanno votato sì 311
Hanno votato no 1).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Marcon 3.5, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevole Corsaro, trattenga la sua liricità per altri luoghi più consoni... Micillo... Donati...Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 354
Votanti 305
Astenuti 49
Maggioranza 153
Hanno votato sì 86
Hanno votato no 219).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 3.100, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, con il parere favorevole di Commissione e Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Furnari... Lattuca...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 354
Votanti 240
Astenuti 114
Maggioranza 121
Hanno votato sì 232
Hanno votato no 8).
Pertanto l'emendamento Beni 3.50 è precluso e l'emendamento Beni 3.51 è assorbito.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Totaro... Ghizzoni... Mottola... Malisani... onorevole Occhiuto...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 356
Votanti 313
Astenuti 43
Maggioranza 157
Hanno votato sì 305
Hanno votato no 8).
(Esame dell'articolo 4 – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A – A.C. 75-A ed abbinate).
Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. La Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Marcon 4.2.
PRESIDENTE. Il Governo ?
ANTONIO GENTILE, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Il Governo esprime parere contrario sull'emendamento Marcon 4.2.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Marcon 4.2, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Onorevole Di Vita, è un saluto o che cosa questo gesto che state facendo ? Perché state votando...Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).
(Presenti 356
Votanti 306
Astenuti 50
Maggioranza 154
Hanno votato sì 83
Hanno votato no 223).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 349
Votanti 308
Astenuti 41
Maggioranza 155
Hanno votato sì 295
Hanno votato no 13).
(Esame dell'articolo 5 – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 (Vedi l'allegato A – A.C. 75-A ed abbinate), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Se i colleghi rimangono a posto, riusciamo a votare un po’ più velocemente Valentini... Fabbri... Fitzgerald... Occhiuto... Fabbri...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 346
Votanti 309
Astenuti 37
Maggioranza 155
Hanno votato sì 300
Hanno votato no 9).
(Esame dell'articolo 6 – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6 (Vedi l'allegato A – A.C. 75-A ed abbinate), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 6.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Andrea Romano... onorevole Ginefra....
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 355
Votanti 315
Astenuti 40
Maggioranza 158
Hanno votato sì 306
Hanno votato no 9).
(Esame dell'articolo 7 – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 7 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A – A.C. 75-A ed abbinate).
Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Allasia 7.50 e sull'emendamento 7.100, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.
PRESIDENTE. Il Governo ?
ANTONIO GENTILE, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Allasia 7.50, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Archi... Palmieri... Kronblicher...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 341
Votanti 331
Astenuti 10
Maggioranza 166
Hanno votato sì 331).
(La deputata Covello ha segnalato di non essere riuscita ad esprimere voto favorevole).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 7.100, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Romele...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 349
Votanti 322
Astenuti 27
Maggioranza 162
Hanno votato sì 315
Hanno votato no 7).
(Il deputato Alberto Giorgetti ha segnalato di non essere riuscito ad esprimere voto di astensione).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 7, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Abrignani... poi si sdebiterà in altro luogo... Caso... Vignaroli... Valentini...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 352
Votanti 324
Astenuti 28
Maggioranza 163
Hanno votato sì 316
Hanno votato no 8).
(I deputati Covello e Preziosi hanno segnalato di non essere riusciti ad esprimere voto favorevole).
(Esame dell'articolo 8 – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 8 (Vedi l'allegato A – A.C. 75-A ed abbinate), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 8.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
De Lorenzis... Monchiero... Palma... Berretta... Giordano... Romele... Monchiero... fatelo un tentativo senza pallina che, vedrete, funziona...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 352
Votanti 321
Astenuti 31
Maggioranza 161
Hanno votato sì 311
Hanno votato no 10).
(Esame dell'articolo 9 – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 9 (Vedi l'allegato A – A.C. 75-A ed abbinate), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 9.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Furnari...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 348
Votanti 316
Astenuti 32
Maggioranza 159
Hanno votato sì 307
Hanno votato no 9).
(Esame dell'articolo 10 – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 10 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A – A.C. 75-A ed abbinate).
Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Schullian 10.50 e sull'emendamento 10.100 da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.
PRESIDENTE. Il Governo ?
ANTONIO GENTILE, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Favorevole...
PRESIDENTE. Cerchi di parlare al microfono che è acceso, accendendo credibilmente quello di fronte a lei.
ANTONIO GENTILE, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole sugli emendamenti all'articolo 10.
Pag. 67 PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Schullian 10.50, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Palmieri... Pilozzi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 339
Votanti 303
Astenuti 36
Maggioranza 152
Hanno votato sì 296
Hanno votato no 7).
(Le deputate Fabbri e Bonomo hanno segnalato di non essere riuscite ad esprimere voto favorevole).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 10.100, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, con il parere favorevole dalla Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Vito... Rubinato... Melilla...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 346
Votanti 330
Astenuti 16
Maggioranza 166
Hanno votato sì 248
Hanno votato no 82).
(La deputata Bonomo ha segnalato di non essere riuscita ad esprimere voto favorevole).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 10, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Palma...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 346
Votanti 234
Astenuti 112
Maggioranza 118
Hanno votato sì 226
Hanno votato no 8).
(La deputata Bonomo ha segnalato di non essere riuscita ad esprimere voto favorevole).
(Esame dell'articolo 11 – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 11 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A – A.C. 75-A ed abbinate).
Nessuno chiedendo di parlare, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione sull'emendamento 11.100, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Il parere è favorevole.
PRESIDENTE. Il Governo ?
ANTONIO GENTILE, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Il parere è favorevole.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.Pag. 68
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 11.100, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Tartaglione, Capua...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 348
Votanti 299
Astenuti 49
Maggioranza 150
Hanno votato sì 282
Hanno votato no 17).
(La deputata Bonomo ha segnalato di non essere riuscita ad esprimere voto favorevole).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 11, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Pilozzi, Bolognesi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 340
Votanti 306
Astenuti 34
Maggioranza 154
Hanno votato sì 298
Hanno votato no 8).
(La deputata Bonomo ha segnalato di non essere riuscita ad esprimere voto favorevole).
(Esame dell'articolo 12 – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 12 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A – A.C. 75-A ed abbinate).
Nessuno chiedendo di parlare, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione sull'emendamento 12.100, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Favorevole.
PRESIDENTE. Governo ?
ANTONIO GENTILE, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Favorevole.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 12.100, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Garavini, Marcon, Romele...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 344
Votanti 326
Astenuti 18
Maggioranza 164
Hanno votato sì 271
Hanno votato no 55).
(La deputata Bonomo ha segnalato di non essere riuscita ad esprimere voto favorevole. La deputata Terzoni ha segnalato di aver erroneamente espresso voto favorevole mentre avrebbe voluto esprimerne uno contrario).
Pag. 69 Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 12, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Giordano...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 342
Votanti 313
Astenuti 29
Maggioranza 157
Hanno votato sì 301
Hanno votato no 12).
(La deputata Bonomo ha segnalato di non essere riuscita ad esprimere voto favorevole).
(Esame dell'articolo 13 – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 13 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A – A.C. 75-A ed abbinate).
Nessuno chiedendo di parlare, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione sull'emendamento Benamati 13.50.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Favorevole.
PRESIDENTE. Governo ?
ANTONIO GENTILE, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Favorevole.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Benamati 13.50, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Marchi, Luigi Gallo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 346
Votanti 326
Astenuti 20
Maggioranza 164
Hanno votato sì 325
Hanno votato no 1).
(La deputata Bonomo ha segnalato di non essere riuscita ad esprimere voto favorevole).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 13, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 332
Votanti 300
Astenuti 32
Maggioranza 151
Hanno votato sì 291
Hanno votato no 9).
(Il deputato Manfredi ha segnalato di avere espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimerne uno favorevole. La deputata Bonomo ha segnalato di non essere riuscita ad esprimere voto favorevole).
(Esame dell'articolo 14 – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 14 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A – A.C. 75-A ed abbinate).
Nessuno chiedendo di parlare, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione Pag. 70sull'emendamento 14.100, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Favorevole.
PRESIDENTE. Governo ?
ANTONIO GENTILE, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Favorevole.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 14.100, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Mantero, Piazzoni...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 346
Votanti 323
Astenuti 23
Maggioranza 162
Hanno votato sì 323).
(La deputata Bonomo ha segnalato di non essere riuscita ad esprimere voto favorevole).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 14, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Bordo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 339
Votanti 305
Astenuti 34
Maggioranza 153
Hanno votato sì 300
Hanno votato no 5).
(Il deputato Rampelli ha segnalato di non essere riuscito ad esprimere voto di astensione).
(Esame dell'articolo 15 – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 15 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A – A.C. 75-A ed abbinate).
Nessuno chiedendo di parlare, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione sull'emendamento 15.100, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Il parere è favorevole.
PRESIDENTE. Il Governo ?
ANTONIO GENTILE, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Il parere è favorevole.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 15.100, da votare ai sensi dell'articolo 86, comma 4-bis, del Regolamento, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Fitzgerald Nissoli, Micillo, Kronbichler...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 341
Votanti 324
Astenuti 17
Maggioranza 163
Hanno votato sì 318
Hanno votato no 6).
(Il deputato Rampelli ha segnalato di non essere riuscito ad esprimere voto di astensione).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 15, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Invernizzi...
Dichiaro chiusa la votazione. Ah, no, se è ancora aperta, la lasciamo aperta un altro secondo. È chiusa. Mi dispiace, chiedo scusa, onorevole Kronbichler. Registriamo che purtroppo per colpa della Presidenza non è riuscito a votare.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 343
Votanti 310
Astenuti 33
Maggioranza 156
Hanno votato sì 303
Hanno votato no 7).
(Il deputato Rampelli ha segnalato di non essere riuscito ad esprimere voto di astensione).
(Esame dell'articolo 16 – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 16 (Vedi l'allegato A – A.C. 75-A ed abbinate), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 16.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Gigli...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 343
Votanti 312
Astenuti 31
Maggioranza 157
Hanno votato sì 303
Hanno votato no 9).
(Il deputato Rampelli ha segnalato di non essere riuscito ad esprimere voto di astensione).
(Esame dell'articolo 17 – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 17 (Vedi l'allegato A – A.C. 75-A ed abbinate), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 17.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Pollastrini, Realacci...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).
(Presenti 341
Votanti 308
Astenuti 33
Maggioranza 155
Hanno votato sì 299
Hanno votato no 9).
Salutiamo, intanto, studenti e insegnanti della scuola paritaria «La Traccia» Pag. 72di Calcinate, in provincia di Bergamo, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna (Applausi).
(Esame degli ordini del giorno – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A – A.C. 75-A ed abbinate). Se non vi sono richieste di illustrazione, chiedo al Governo di esprimere i pareri. Prego.
ANTONIO GENTILE, Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico. Presidente, il Governo esprime parere favorevole sugli ordini del giorno Matarrelli n. 9/75-A/1 e Gregorio Fontana n. 9/75-A/2, mentre esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Segoni n. 9/75-A/3 se riformulato in questo senso: impegna il Governo a valutare l'opportunità di intraprendere (...). Infine, il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Schullian n. 9/75-A/4.
PRESIDENTE. Benissimo, la ringrazio anche per la celerità.
A questo punto, l'onorevole Matarrelli non credo che insista per la votazione, al pari immagino dell'onorevole Gregorio Fontana. Prendo atto che l'onorevole Segoni, titolare dell'ordine del giorno n. 9/75-A/3, accetta la riformulazione. A questo punto, passiamo all'ordine del giorno Schullian n. 9/75-A/4 su cui c’è il parere contrario del Governo. Prego, onorevole Schullian.
MANFRED SCHULLIAN. Lo ritiro.
PRESIDENTE. Perfetto. È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
(Dichiarazioni di voto finale – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pastorelli. Ne ha facoltà.
ORESTE PASTORELLI. Grazie, Presidente. Annuncio il voto favorevole della componente socialista e consegno il testo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Partito Socialista Italiano (PSI) – Liberali per l'Italia (PLI)).
PRESIDENTE. La ringrazio. La Presidenza, con letizia, la autorizza alla consegna del testo.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sberna. Ne ha facoltà.
Onorevole Sberna, non lo prenda come un segno del destino, però ci rifletta.
MARIO SBERNA. Intervengo velocemente. Però ci tengo davvero a sottolineare quanto sia importante, dopo tanti anni, portare quella che è stata la solidarietà vissuta da molte persone del nostro Paese, i volontari. Mi permetta, Presidente, di dirlo in quest'Aula: vent'anni fa, fui uno di quelli che costituirono una cooperativa il cui miele oggi viene venduto nelle botteghe dei popoli. Sappiamo quello che fu il risultato, visto effettivamente con gli occhi, in quei lunghi anni faticosi, in cui effettivamente a quella gente, che sembrava non avesse speranza, non solo arrivava la speranza, ma arrivavano le scuole, la luce, la possibilità di crescere grazie al commercio equo e solidale, grazie a tutto quello che sono stati il consumo crediti, con i nuovi stili di vita, e il risparmio etico e soprattutto grazie a questa generazione, che ha fatto tanto del bene al sud e al mondo e che, grazie a questa legge, potrà farne ancora di più e meglio (Applausi dei deputati del gruppo Democrazia solidale-Centro Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Allasia. Ne ha facoltà.
STEFANO ALLASIA. Cercherò di essere breve, viste la brevità e la velocità dell'esame di questa legge, che si è svolto Pag. 73oggi. La proposta di legge sulla disciplina del commercio equo e solidale va a colmare l'attuale vuoto legislativo nell'ordinamento italiano. La necessita di adottare un provvedimento ad hoc nasce dalla crescente diffusione di tale forma di commercio sul territorio nazionale. La disciplina, tuttavia, dovrebbe inserirsi in un più ampio progetto di riforma della cooperazione italiana, i cui obiettivi dovrebbero essere quelli combattere la povertà e di favorire lo sviluppo nelle aree emarginate del il pianeta. Questi obiettivi vengono lasciati sullo sfondo, permettendo che si continui a mantenere in vita un sistema di commercio equo e solidale basato su rapporti poco trasparenti, a danno della leale concorrenza e della protezione dei consumatori.
La necessità di regolamentare il settore, fino a poco tempo fa oggetto interventi di natura volontaria, ha spinto molte regioni, in assenza di una normativa nazionale, ad approvare leggi dedicate al commercio equo e solidale. In tal senso, sarebbe stato opportuno che il testo avesse previsto un maggior coinvolgimento delle regioni nei procedimenti ivi previsti.
Tutto ciò premesso, il parere della Lega Nord è contrario (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Galgano. Ne ha facoltà.
ADRIANA GALGANO. Grazie, Presidente. Colmare il divario, in termini di diritti e di sviluppo economico, tra le aree del mondo e tra le aree di uno stesso Paese è una delle grandi priorità della nostra epoca e il commercio equo e solidale è uno degli strumenti per farlo: muove l'economia e promuove il cambiamento sociale, contribuisce a creare relazioni, reti sociali e vicinanza tra le persone, che sono una delle chiavi per affrontare con più serenità la società globale e la sua complessità. La legge sul commercio equo e solidale, che stiamo per approvare, introduce, per la prima volta nel nostro Paese, un insieme equilibrato di disposizioni per regolarlo. Inoltre, è in linea con la nuova strategia europea in tema di commercio e di investimento, che prevede tra gli obiettivi la promozione di regimi commerciali equi ed etici.
Per tutti questi motivi, Scelta Civica esprime voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Scelta Civica per l'Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Calabrò. Ne ha facoltà.
RAFFAELE CALABRÒ. Intervengo per esprimere il parere favorevole del gruppo di Area Popolare, perché credo che questo provvedimento risponda fondamentalmente a tre obiettivi: da una parte, lo sviluppo della cooperazione internazionale – e questo farà parte, senz'altro integrante, del grande progetto di organizzazione della cooperazione internazionale – dall'altra parte, la ridistribuzione dei redditi verso le aree economicamente meno competitive e, in ultimo, la tutela del commercio equo e solidale e lo sviluppo del commercio stesso.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marcon. Ne ha facoltà.
GIULIO MARCON. Grazie, Presidente. Colleghi e colleghe, signori del Governo, Sinistra Italiana vota a favore di questa legge. Si tratta di una legge che riconosce finalmente le attività e le realtà del commercio equo e solidale in Italia: più di mille lavoratori, più di 5 mila volontari, 43 mila prodotti a marchio e, poi, ovviamente, tante persone, tanti lavoratori dei Paesi poveri coinvolti e beneficiari di queste attività.
Si tratta di una legge importante perché finalmente, dopo una discussione iniziata ormai molti anni fa in Parlamento, si riconosce questa realtà sociale ed economica significativa del nostro Paese. È una legge nazionale che segue molte leggi regionali, che in questi anni hanno sostenuto Pag. 74e valorizzato questa esperienza. Si tratta di un movimento espressione di una galassia più ampia, quella dell'economia solidale o dell'altra economia, come si vuole definire, di cui fanno parte esperienze come quelle della finanza etica, dei gruppi di acquisto solidale, del turismo responsabile e altro, che con le loro concrete pratiche testimoniano la diversità, l'alternativa di un'economia diversa, fondata sulla giustizia, sui diritti umani, sulla cooperazione e sulla sostenibilità. Non è un caso che le principali organizzazioni italiane del commercio equo e solidale siano tra i soggetti fondatori di Banca Etica.
Parliamo di un movimento che è espressione, con le sue pratiche, della critica ad un ordine economico mondiale e alle politiche neoliberiste fondate sullo sfruttamento dei Paesi più poveri, sulle diseguaglianze e sulla insostenibilità dello sviluppo, di questo sviluppo. Non è un caso che è la più importante centrale del commercio equo e solidale, ovvero Ctm Altromercato, sia stata tra i promotori del Genoa Social Forum, cioè del coordinamento di associazioni che organizzò la contestazione del G8 di Genova e alle politiche liberiste di cui gli otto potenti del mondo erano espressione. Di quell'impegno contro il G8, l'impegno di Ctm Altromercato, l'allora presidente Giorgio Dal Fiume ci ha lasciato importanti riflessioni e bei ricordi.
Non è un caso che, sempre nel 2001, le principali organizzazioni del commercio equo e solidale, non solo quelle italiane, abbiano promosso il primo Forum Sociale mondiale a Porto Alegre. Non è un caso che Ctm, appunto la più importante organizzazione del commercio equo e solidale, per la sua denominazione abbia voluto la specifica di «Altromercato»: un altro mercato rispetto a quello dominante, fondato sullo sfruttamento, sulla competizione sfrenata, sul profitto per il profitto; un altro mercato fondato sulla solidarietà, sull'equità e sui diritti umani.
Ho voluto sottolineare il carattere di diversità e di alterità di questa esperienza e questo perché voglio dire che, salutando l'importanza del varo di questa legge, il commercio equo e solidale non può essere equiparato ad una categoria economica o a un settore commerciale. Non è questo e non è solo questo. Non si tratta solo di regolamentare una categoria professionale o un settore economico, pure se così si può definire. È un movimento che, attraverso le pratiche, le concrete pratiche economiche, traduce nella concretezza di attività economiche e commerciali l'idea di un diverso ordine economico, di un modo diverso di fare commercio internazionale, di una radicale diversa idea di mercato.
Non è un caso che nella carta dei principi dell'AGICES, cioè dell'Associazione generale italiana per il commercio equo e solidale, si parli di approccio alternativo al commercio convenzionale. Noi siamo a favore di quest'idea diversa di mercato e di relazioni economiche e commerciali nel mondo. I neo liberisti e i Governi europei dell'austerità ne praticano una opposta.
Noi di Sinistra Italiana voteremo a favore di questo provvedimento, perché dà risposte importanti e puntuali alle richieste del movimento e delle organizzazioni del commercio equo e solidale, dà indicazioni chiare sulle finalità e sulle definizioni, sulla qualità delle procedure e della filiera dei prodotti, sulle caratteristiche del prezzo equo, sulla relazione tra le produzioni e l'impatto ambientale, sulla sostenibilità, sull'istituzione di un registro nazionale e sulla individuazione dei soggetti.
Ma voglio ricordare che da decenni, nel dibattito internazionale intorno all'esperienza del commercio equo e solidale e della cooperazione internazionale e non solo nel dibattito delle ONG, ma anche in quello istituzionale, centrale è il tema della coerenza delle politiche. È un tema che è presente non solo nel dibattito dell'Unione europea, ma persino dell'OCSE. Si dice che la cooperazione internazionale e il commercio equo e solidale hanno un effetto residuale e testimoniale se le altre politiche commerciali, finanziarie ed economiche non vanno nella stessa direzione, altrimenti siamo alla schizofrenia e all'ipocrisia.Pag. 75
E la direzione delle politiche dei Governi europei e anche di quello italiano è assolutamente contraddittoria con i principi e le finalità della cooperazione internazionale e del commercio equo e solidale. Il trattato TTIP, che anche questo Governo sostiene, va nella direzione opposta ai principi e alle finalità del commercio equo e solidale.
La politica agricola comunitaria, almeno in parte, con i suoi retaggi e vincoli protezionistici – politica che il nostro Governo, ma anche ovviamente i Governi dei decenni passati, ha condiviso – indebolisce la possibilità di sviluppo del commercio equo e solidale dei Paesi più poveri e, in generale, le politiche del commercio internazionale, del WTO, che anche l'Italia condivide, sono antitetiche, direi radicalmente antitetiche alle finalità e agli obiettivi del commercio equo e solidale.
Da una parte, c’è la competizione e, dall'altra, la cooperazione; da una parte, c’è il primato del mercato e, dall'altra, c’è un altro mercato fondato sulla solidarietà e sull'equità; da una parte, c’è il neoliberismo e, dall'altra, c’è l'alternativa al neoliberismo; da una parte, c’è lo sfruttamento e, dall'altra, il riconoscimento dei diritti dei Paesi più poveri.
Per questo, il commercio equo e solidale non può essere il gadget umanitario di politiche economiche e commerciali sbagliate, né può essere ridotto ad una piccola e benemerita corporazione che fa cose buone.
Allora, una pecca di questa legge, oltre alla scarsità di finanziamenti, è la debolezza della relazione, nonostante sia stato approvato un nostro emendamento nel corso del dibattito con il mondo dell'economia solidale e/o anche dell'altra economia, visto che le organizzazioni del commercio equo e solidale hanno fondato un periodico che ancora oggi esiste e che ha proprio quella denominazione. Questi legami vanno rafforzati, vanno sviluppati, vanno messi a sistema. Il commercio equo e solidale in questi anni si è sviluppato grazie alle interazioni concrete con la finanza etica, con i gruppi di acquisto solidale e con le altre esperienze dell'economia solidale.
Per questo, noi speriamo che il Parlamento vari al più presto un provvedimento rivolto alla promozione nel suo complesso dell'economia solidale e dell'altra economia, non solo dei singoli settori, ma dell'economia solidale appunto, nella sua complessità, attraverso l'organizzazione di distretti di economia solidale e di politiche mirate.
Allora, il contributo – e chiudo – che una legge come questa sul commercio equo e solidale può dare è quello di stimolare una coerenza delle altre politiche che devono quindi radicalmente cambiare ed è naturalmente un contributo importante agli attori del commercio equo e solidale, ai lavoratori, ai volontari, alle botteghe sparse in tutto il Paese, ai produttori e alle associazioni dei Paesi più poveri. È una legge che non deve ingabbiare il movimento del commercio equo e solidale, ma metterlo in grado di svilupparsi in indipendenza e in autonomia, con la sua identità e i suoi valori. Quindi, nonostante le considerazioni di contesto sulla coerenza delle altre politiche, nonostante i pochi soldi e nonostante gli altri limiti che ho evidenziato, noi pensiamo che questa sia una buona legge, attesa per anni, e che per questo noi voteremo (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giammanco. Ne ha facoltà.
GABRIELLA GIAMMANCO. Grazie, Presidente. Cercherò di essere breve. Il gruppo di Forza Italia è favorevole sicuramente alla tutela delle attività di commercio equo e solidale e ne condivide i principi ispiratori, con particolare riferimento alla riduzione della povertà, anche grazie a nuove forme di commercio e al sostegno ai produttori provenienti da Paesi economicamente svantaggiati. Dispiace però che il testo, giunto oggi all'approvazione dell'Aula, rischi di comportare, nell'applicazione Pag. 76pratica e concreta, delle criticità dal punto di vista della libera e leale concorrenza. È giusto e doveroso che l'agenda politica presti maggiore attenzione a uno sviluppo maggiormente sostenibile anche a livello ambientale, offrendo migliori condizioni commerciali e garantendo i diritti dei produttori e dei lavoratori del sud del mondo, tuttavia non possiamo dimenticare le difficili condizioni in cui versano tutte le piccole e medie aziende italiane, lontane anni luce dalle grandi multinazionali e dalla logica della massimizzazione del profitto a tutti i costi, anche a scapito talvolta dei diritti dei lavoratori, che la tutela del commercio equo solidale vuole arginare.
Non mi ripeterò, non ripeterò ciò che ho detto in discussione generale, e cioè che nutriamo anche delle perplessità per quanto riguarda gli articoli 10 e 11, per cui direi che, a questo punto, Forza Italia, alla luce della condivisione dei principi che sottendono questa proposta di legge, ma alla luce anche del fatto che non vuole minimamente rischiare che possa rappresentare un boomerang per i lavoratori e per le tante piccole e medie imprese, che sono lo scheletro portante dell'economia del nostro Paese, comunico l'astensione di Forza Italia su questo provvedimento perché appunto il testo, così come articolato, non ci offre sufficienti garanzie in termini di rispetto dei più basilari principi di leale e libera concorrenza.
Per cui non siamo disposti a correre nemmeno il più remoto rischio di danneggiare piccole e medie imprese e lavoratori già duramente provati da una crisi economica, che sembra non conoscere fine (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia - Il Popolo della Libertà - Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Da Villa. Ne ha facoltà.
MARCO DA VILLA. Grazie, Presidente. Noi concepiamo questa legge come un primo passo, una cornice in cui il commercio equo e solidale possa evolvere e migliorarsi. Non ci nascondiamo le criticità di questo mondo, ma pensiamo di stare varando uno strumento che renderà più probabile e meglio ordinato il loro superamento.
Non possiamo non stigmatizzare le pecche della gestione dell’iter di questo provvedimento, soprattutto perché si sarebbero potute facilmente evitare seguendo la proposta del MoVimento 5 Stelle, tacciato sempre, come minimo, di stravaganza, che si è rivelata invece di buonsenso e condivisa successivamente da altri gruppi. L'assegnazione in sede legislativa avrebbe permesso ai deputati di ricevere la relazione tecnica della Ragioneria, gli elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale e le considerazioni del dossier del Servizio Bilancio dello Stato in tempo utile a elaborare un testo che ci avrebbe permesso di consegnare ai colleghi del Senato un prodotto coerente col buon impianto di base, ma più accurato e condiviso e senza sacrificare i tempi più dello stretto indispensabile. Un'oretta trafelata in Commissione bilancio, con tutta l'autostima che possiamo avere, non è il viatico della miglior qualità, ma la frégola di sbandierare un trofeo da parte del PD, per intestarsi un risultato che deve ancora passare il vaglio del Senato e che, in questa Camera è in realtà merito di tutto l'arco parlamentare e ha portato a un iter che ha precluso ulteriori occasioni di perfezionamento.
Consideriamo positiva l'introduzione nell'ordinamento di alcune definizioni di carattere generale, tra cui, in particolare, quella di filiera integrale del commercio equo e solidale, con un accordo con il produttore stipulato dalle organizzazioni del commercio equo solidale, e dalle stesse è gestita anche la fase delle distribuzione. Riteniamo utile il parallelo riconoscimento ufficiale del ruolo svolto da tutti i soggetti che operano nel settore: le organizzazioni del commercio equo solidale che, senza scopo di lucro, svolgono in via esclusiva o prevalente, le attività di intermediazione commerciale all'interno della filiera, gli enti rappresentativi delle suddette organizzazioni, Pag. 77che attestano il rispetto da parte di queste ultime dei requisiti della filiera integrale, per le quali si richiede un'organizzazione adeguata ai loro compiti di controllo, in un sistema di riesame delle decisioni indispensabili per operare in un regime di qualità, gli enti certificatori della provenienza di un prodotto da una filiera del commercio equo solidale, nei casi in cui tale prodotto non sia importato o distribuito da un'organizzazione iscritta al registro della filiera integrale.
I requisiti per il riconoscimento degli enti, dei soggetti della filiera del commercio equo solidale sono definiti con rigore, scongiurando anche il rischio dei sistemi chiusi. Si è inteso in tal modo prevedere una tutela giurisdizionale forte, nel caso di eventuali esclusioni, attribuendo la giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo.
Il sistema di controlli per una disciplina, insieme alla tutela dei marchi e contro le iscrizioni e denominazioni ingannevoli, è fondato sull'idea di una struttura a doppio livello: l'organismo di verifica della conformità certificherà i prodotti controllando il rispetto degli standard internazionalmente riconosciuti da parte delle imprese ordinarie, o di coloro che comunque non potranno qualificarsi come organizzazioni di commercio equo e solidale, mentre gli enti rappresentativi delle organizzazioni controlleranno le organizzazioni stesse. Molto importante è la previsione di un sistema sanzionatorio a tutela delle denominazioni di prodotti del commercio equo solidale. Esso stabilisce infatti che i prodotti del commercio equo e solidale, importati o distribuiti da un'organizzazione dello stesso, nell'ambito del sistema di filiere integrali siano presentati, etichettati e pubblicizzati con denominazioni e diciture corrispondenti. In alternativa, i prodotti possono essere presentati, etichettati e pubblicizzati con tali denominazioni solo dai licenziatari dei marchi, congiuntamente ai marchi concessi in licenza dagli enti di promozione delle filiere dei prodotti del commercio equo e solidale. È quindi vietato l'uso delle denominazioni in questione o di altre denominazioni similari per le imprese e gli enti che non sono iscritti nell'elenco nazionale.
Si stabilisce altresì il principio importante per il quale in ogni caso è vietato di descrivere un prodotto nell'etichettatura, nella pubblicità o nei documenti commerciali con termini che suggeriscano in modo ingannevole all'acquirente che esso o che le materie prime utilizzate provengano da una filiera del commercio equo e solidale o siano stati prodotti, trasformati e distribuiti secondo la prassi del commercio equo e solidale, o introdurre riferimenti non veritieri e l'iscrizione nell'elenco nazionale.
Tali condotte rappresentano pratiche commerciali scorrette e ingannevoli a seguito delle quali opera la tutela amministrativa e giurisdizionale. Il MoVimento 5 Stelle è intervenuto affinché fosse semplificato il sistema di registri ed elenchi, giungendo a un elenco unico diviso per sezioni. È positivo che la Commissione per il commercio equo e solidale presso il Ministero dello sviluppo economico preveda la partecipazione di rappresentanti dei consumatori perché riteniamo di vitale importanza il mantenimento di un pungolo affinché il commercio equo e solidale sia stimolato a un continuo miglioramento di contenuti e trasparenza. Questa legge inverte la tendenza recente del Governo a colpire fortemente le autonomie dei corpi intermedi, richiamando il principio di sussidiarietà, e in questo è positiva. Essa offre garanzie di maggior trasparenza al consumatore e al contempo consegna un percorso e fissa dei paletti entro cui le parti interessate dovranno lavorare per migliorare costantemente la qualità dei processi, dei modelli di relazione e organizzazione e in definitiva l'apporto in qualità del lavoro e della salute e sviluppo sociale e personale dei lavoratori delle aree economicamente svantaggiate. Molti obiettivi questo testo non li realizza in maniera diretta e perentoria ma agevola significativamente le condizioni del loro perseguimento e perciò lo riteniamo un passo forse non conclusivo ma certamente opportuno. Pag. 78Perciò annuncio il nostro voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Senaldi. Ne ha facoltà. È l'ultimo intervento, quindi invito intanto i colleghi a prendere posto.
ANGELO SENALDI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, arriviamo alla conclusione di un percorso importante ed atteso, fortemente voluto dal Partito Democratico. È un percorso che ha visto il lavoro di due anni di Commissione, un percorso che non era stato portato a compimento nelle ultime due scorse legislature; la scelta di arrivare in Aula per la discussione plenaria ci ha dato tempi certi ed oggi siamo ad approvare con tempi certi e chiari questo importante provvedimento. È un provvedimento che offre risposte e regole ad un settore, quello del commercio equo e solidale, che può apparire marginale nel contesto del commercio globale ma che riveste implicazioni e ricadute di notevole spessore e importanza. Il testo permette di superare la frammentazione delle varie leggi regionali in materia e consente di creare un quadro di riferimento chiaro, complessivo e coerente nei vari aspetti. È una legge di cui si sente la necessità per ragioni prettamente commerciali, dal momento che i prodotti e le iniziative del commercio equo e solidale hanno conquistato visibilità crescente agli occhi dei consumatori italiani, ma evidentemente anche per le implicazioni etiche legate a filiere produttive che partono in aree del mondo economicamente disagiate, aree del mondo che dobbiamo sostenere con serie ed attente politiche di cooperazione internazionale e, mi permetto di dire, nell'alveo delle politiche che il nostro Governo sta attuando attraverso l'attenzione a Paesi del sud del mondo, spesso esclusi dai circuiti e dalle trattative internazionali, e con l'incremento degli stanziamenti a favore della cooperazione previsti nella legge di stabilità. Come è efficacemente riassunto nell'articolo 1 del testo, la Repubblica riconosce al commercio equo e solidale una funzione rilevante nello sviluppo di queste aree e questo sviluppo lo dobbiamo sostenere se crediamo davvero nei principi di solidarietà, utilità sociale e sussidiarietà espressi dalla nostra Costituzione. La legge permette di accrescere, nell'esercizio di questo impegno, trasparenza ed affidabilità, favorisce l'accesso al mercato nazionale delle merci del commercio equo e promuove una concorrenza leale. Tutela inoltre il consumatore grazie a strumenti di identificazione facilmente riferibili sia nei prodotti del commercio sia per le realtà – le associazioni, gli enti e le cooperative – che operano in tale settore. Si rafforzano in tal modo buone prassi e viene da dire una vera e propria cultura basata sulla dignità e sulla sicurezza dei lavoratori, sull'attenzione all'ambiente e sulle dinamiche della cooperazione per lo sviluppo sostenibile, concetti alti che la legge appoggia su fondamenta concrete e solide, come la definizione dei rapporti commerciali, delle ricadute sociali sulle comunità locali, della remunerazione dei prezzi, dei controlli e della qualità, una qualità che deve essere evidente e riscontrabile nei prodotti, nelle filiere e nella stessa organizzazione del commercio equo e solidale. Per questo la legge contiene requisiti precisi, che devono necessariamente possedere sia le organizzazioni che materialmente producono, trasformano e distribuiscono, sia gli enti rappresentativi, sia gli enti di promozione. Ancora, il testo presenta indicazioni precise sui marchi e su certificazioni internazionali, l'istituzione di un Elenco nazionale del commercio equo e solidale, di una Commissione presso il Ministero dello sviluppo economico che, fra l'altro, ne cura l'aggiornamento vigilando sugli enti rappresentativi di promozione; è un elemento che accresce la trasparenza e la correttezza di tutto il sistema. Non posso non continuare con un riferimento agli ultimi articoli, che presentano misure per la protezione, il sostegno e la diffusione del commercio equo e solidale.Pag. 79
Vi si parla fra l'altro sia di iniziative legate alla formazione degli operatori, sia di informazione e sensibilizzazione nelle scuole. Ecco, credo che tali attività siano uno strumento formidabile non solo per aumentare la conoscenza e la consapevolezza sul commercio equo e solidale, ma per rafforzare una cultura, un'etica del commercio in generale, in un momento in cui le modalità di acquisto stanno subendo una rivoluzione ed anche le proposte commerciali stanno evolvendo da grandissime strutture distributive, una volta definite come le nuove piazze, a superfici più contenute, di qualità e rivolte ad un servizio essenziale. Una nuova cultura e una nuova consapevolezza del prodotto in cui le proposte del commercio equo e solidale ben si inseriscono. Alla fine, al di là delle discussioni e delle sottolineature più o meno pretestuose riguardo ai tempi della discussione delle ultime condizioni emendative, devo dire con fondatezza che il provvedimento è stato migliorato in primo luogo rendendo strutturale il Fondo di sostegno. Per tutte queste ragioni dichiaro che il Partito Democratico voterà in maniera favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. Signor Presidente, dunque, solo un breve ringraziamento ma veramente doveroso...
PRESIDENTE. Nel frattempo i colleghi prendano posto.
CHIARA SCUVERA, Relatrice. ...agli uffici della Camera per il lavoro straordinario che hanno fatto in questi giorni, sia in X e V Commissione che in Aula, a tutti i colleghi che hanno dato un contributo importante a questa legge, che è una legge, un risultato della Camera, sia nel Comitato dei nove che nelle Commissioni interessate.
(Coordinamento formale – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
(Così rimane stabilito).
(Votazione finale ed approvazione – A.C. 75-A ed abbinate)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul testo unificato delle proposte di legge nn. 75-241-811-2726-A, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Patriarca, Palma, Morani, Baroni...Invito i colleghi, per una questione di prudenza, ad evitare di uscire con la votazione in corso, perché, per qualunque problema tecnico la votazione debba essere ripetuta, voi la perdete la votazione. Così, a scopo cautelativo, giusto perché si sappia. Battelli, Fabbri, Albanella, Borghese, Invernizzi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Disposizioni per la promozione e la disciplina del commercio equo e solidale» (75-241-811-2726-A):
Presenti 300
Votanti 286
Astenuti 14
Maggioranza 144
Hanno votato sì 282
Hanno votato no 4
Sono in missione 104 deputati.
La Camera approva (Vedi votazioni).
Sui lavori dell'Assemblea (ore 16,40).
PRESIDENTE. Come già preannunciato ai gruppi per le vie brevi, nella seduta di mercoledì 9 marzo, alle ore 16, avrà luogo un'informativa urgente del Governo con la partecipazione del Ministro degli affari esteri sul ruolo dell'Italia in relazione agli sviluppi della situazione in Libia, mentre nella seduta di mercoledì 16 marzo, alle ore 9:30, avranno luogo le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri in vista del Consiglio europeo del 17 e 18 marzo.
Avverto inoltre che, con lettera pervenuta in data 2 marzo, il presidente della Commissione finanze ha rappresentato alla Presidenza l'avviso unanime dei rappresentanti dei gruppi in ordine ad un differimento a lunedì 21 marzo dell'inizio dell'esame in Assemblea del decreto-legge concernente la riforma delle banche di credito cooperativo, attualmente previsto a partire da lunedì 14 marzo. La discussione sulle linee generali del provvedimento sarà pertanto prevista nella seduta di lunedì 21 marzo e il seguito dell'esame a partire dalle giornate successive, con priorità rispetto agli argomenti già previsti.
Sull'ordine dei lavori (16,42).
FRANCESCO D'UVA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
FRANCESCO D'UVA. Grazie, Presidente. Io intervengo per commentare notizie di stampa recenti. Il 19 febbraio è uscita un'agenzia in cui si parlava del cambio dei vertici della Commissione antimafia e si paventava che la presidente Bindi dovesse lasciare il posto all'onorevole Fiano. Questo è successo subito dopo che noi siamo andati a Reggio Emilia per chiedere in piazza che Delrio venisse in Commissione; è successo subito dopo che abbiamo audito Orfini in Commissione antimafia.
Ebbene, ieri l’Huffington Post – e non solo ma anche altri siti e altri giornali – ha riproposto la stessa notizia. Questo subito dopo che noi ieri, in ufficio di presidenza, abbiamo chiesto le audizioni di Valente e Guerini sul «caso Casavatore». Ora, Presidente, a me sembra chiaro che viene utilizzata la stampa per minacciare la presidente Bindi di sentire quello che conviene al Partito Democratico e non quello che deve fare la Commissione tutta.
Pertanto, noi chiediamo che questo tipo di minacce – perché sono minacce chiare – smettano, si interrompano immediatamente, cosicché le decisioni dei rappresentanti dei gruppi e della presidente, che devono avvenire nell'ufficio di presidenza, non abbiano alcun tipo di influenza e che si possa valutare tutto in serenità, senza questo tipo di minacce (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Onorevole D'Uva, ovviamente questa è una sua opinione.
GIANNI MELILLA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
GIANNI MELILLA. Grazie, Presidente. Sei mesi fa presentai un'interrogazione riguardante una fabbrica in provincia di Pescara, la Brioni, che è un'eccellenza nel campo dell'alta moda e veste tantissimi capi di Stato, attori, come quello che ha interpretato l'Agente 007, e ha avuto una storia significativa nell'alta sartoria italiana. Questa fabbrica, che occupa in Abruzzo 1.250 persone, è in crisi e chiedevo al Governo di convocare un tavolo nazionale. Il Governo ha sottovalutato questa vicenda e qualche giorno fa la Brioni ha annunciato 400 esuberi.
Torno a chiedere al Governo di interessarsi di questa vertenza e di convocare un tavolo nazionale, in cui discutere con le parti sociali e con la proprietà il modo con cui tutelare l'occupazione e, soprattutto, Pag. 81rilanciare questo sito industriale, che è uno dei più importanti per quanto riguarda il settore dell'alta moda del nostro Paese.
MILENA SANTERINI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
MILENA SANTERINI. Grazie, Presidente. Il 6 marzo ricorrerà la Giornata europea dei giusti; non dei santi, ma uomini e donne normali che hanno salvato delle vite in circostanze difficili, in momenti in cui prevaleva l'ingiustizia e la violenza. Questo ricordo è portato avanti in Italia da Gariwo – Foresta dei Giusti, che si preoccupa di raccogliere tutte queste storie. La data del 6 marzo ricorda la morte di Moshe Bejski, un ebreo polacco in contatto con Oskar Schindler; un magistrato che dopo la guerra si batté per considerare giusti non solo quelli che hanno salvato delle vite durante la Shoah, ma tutti coloro che in tutte le epoche storiche hanno cercato di salvare gli altri. Potrei citarne a decine, sebbene molti non li conosciamo, da Armin Wegner, militare e scrittore tedesco, che ha difeso prima gli armeni e poi gli ebrei, i Giusti del Ruanda, Jacqueline Mukansonera, che ha salvato Yolande Mukagasana nascondendola nella sua casa, Claire Ly, che ancora oggi testimonia il genocidio avvenuto nella sua Cambogia, e oggi i Giusti del Mediterraneo, come Alganesh Fessaha, che percorre il deserto del Sinai per salvare i profughi sequestrati.
La memoria del male è importante, ma altrettanto importante è questa memoria del bene. Noi abbiamo depositato una proposta di legge per ricordare, il 6 marzo, proprio i Giusti, per farne una giornata non solo europea ma anche italiana.
ROBERTO RAMPI. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Interviene sullo stesso argomento. Prego, ne ha facoltà.
ROBERTO RAMPI. Presidente proprio a sostegno di questa proposta di legge del 6 marzo, io vorrei ricordare in quest'Aula una figura, quella di Khaled al-Asaad, che poco più di un anno fa è stato ucciso a Palmira. È sicuramente un esempio di un Giusto, un Giusto che ha provato, in un tempo difficile, a difendere uno degli elementi fondamentali per la sopravvivenza dell'essere umano, che è la memoria.
È la memoria di quello che siamo stati, la memoria del nostro patrimonio, quello che è un patrimonio di tutti, che ci ricorda da dove veniamo e, quindi, ci aiuta ad andare in un'altra direzione.
L'Italia è stata tra i primi Paesi ad istituire i Caschi blu per la cultura. Ecco proprio in memoria di Khaled al-Asaad e proprio per raccontare questa giustezza, che forse è qualche cosa di più importante della giustizia, noi dovremmo pensare davvero di istituire una giornata come questa, che ricordi tutti quelli che davvero hanno avuto il coraggio di fare quello che è giusto fare, anche a costo della vita. Khaled al-Asaad ha salvato probabilmente una parte importante del patrimonio di Palmira, decidendo di non raccontare dove era nascosto tutto ciò che si poteva nascondere in quel sito e, soprattutto, decidendo di non cedere alla violenza. Ce l'ha raccontato, proprio in queste Aule parlamentari, chi è succeduto a lui e chi oggi, da responsabile della tutela del patrimonio culturale della Siria, tutti i giorni rischia la vita decidendo di rimanere in Siria e di non scappare all'estero, come hanno purtroppo fatto invece altri archeologi.
Ordine del giorno della seduta di domani.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.
Venerdì 4 marzo 2016, alle 9,30:
Svolgimento di interpellanze urgenti.
La seduta termina alle 16,50.
Pag. 82TESTO INTEGRALE DELLE DICHIARAZIONI DI VOTO FINALE DEI DEPUTATI ANGELO ATTAGUILE, STEFANIA PRESTIGIACOMO, LAURA GARAVINI E GENOESE FRANCESCO CATANOSO detto BASILIO CATANOSO SUL DOC. XXIII, N. 6
ANGELO ATTAGUILE. Signor Presidente, Onorevoli Colleghi, il tema che qui stiamo affrontando è delicato e complesso, come chiaramente riporta la stessa relazione su cui quest'aula è chiamata ed esprimere il proprio voto, in questi anni (come ha censito l'osservatorio Ossigeno per l'informazione) ai danni di diversi giornalisti sono pervenute minacce, avvertimenti ed anche dei veri e propri attentati. Per la precisione 2060 dal 2006 al 31 ottobre 2014, con un costante incremento che ha registrato il suo picco nei primi dieci mesi del 2014: 421 atti di violenza o di intimidazione, quasi tre ogni due giorni ! Molti – più di trenta – anche i giornalisti sottoposti a misure di tutela dal Ministero dell'interno.
Non esistono zone franche: lo scorso anno, come riporta sempre la relazione, solo Val d'Aosta e Molise non hanno registrato aggressioni o intimidazioni contro l'informazione. Il vecchio paradigma di una violenza mafiosa concentrata nelle regioni meridionali è ormai superato da una realtà che indica nel Lazio la regione in cui si registra la maggior parte di episodi di minacce ai danni dei giornalisti, 26 dall'inizio del 2015 (seguono la Campania con 20 episodi, la Puglia e la Lombardia con 18). E non è una coincidenza se due tra i casi più recenti (l'attentato sventato ai danni di Giovanni Tizian e le ripetute gravi minacce nei confronti della giovanissima cronista Ester Castano) vanno collocati rispettivamente in Emilia Romagna e in Lombardia.
Nessuno può essere lasciato solo se minacciato, ma in particolare quello che colpisce dalle audizioni svolte dal Comitato, è la velocità con cui molti a pochi mesi dai fatti vengono lasciati soli. Mi preme riportare un passaggio di uno dei giornalisti auditi che con molta efficacia riporta quello che spesso accade: «... Quasi sempre la minaccia produce un effetto perverso, perché il collega minacciato, intorno al quale immediatamente si stringe una qualche forma di solidarietà, passati un mese, due mesi o tre mesi, diventa un problema per la sua redazione e per gli altri colleghi. Normalmente, quindi, diventa due volte vittima: è vittima prima di chi lo minaccia e poi di un clima di sostanziale fastidio, indifferenza o addirittura isolamento nel suo stesso contesto di lavoro ... Quello che invece mi preme dire e che personalmente ho potuto osservare e osservo è che, come sempre, c’è un punto critico, che riguarda appunto la tenuta del sistema informativo rispetto alle minacce delle mafie, piccole, medie o grandi che siano, e che ha a che fare con lo stato miserabile (io uso questo aggettivo consapevolmente) dell'informazione italiana. Quando dico “miserabile” intendo dire che il mercato dell'informazione in Italia, non diversamente da altri Paesi europei, come sapete, sta attraversando una crisi strutturale profonda. Il numero dei disoccupati ormai è molto alto. Le figure professionali sono sempre più evanescenti dal punto di vista delle garanzie. Come voi sapete, nella legge istitutiva dell'Ordine esiste storicamente una differenza tra il giornalista professionista e il cosiddetto “pubblicista”. Oggi, di fatto, il rapporto tra pubblicisti e professionisti si è capovolto. Il mercato del lavoro non produce più praticanti e, quindi, non produce più professionisti o ne produce un numero molto ridotto. Il lavoro dei giornali, delle radio e delle televisioni pesa sempre di più e per lo più sulle spalle di giornalisti che sono formalmente pubblicisti, ma di fatto spesso fanno un lavoro da professionisti. Come se non bastasse, questi colleghi, che da un punto di vista formale sono già più deboli e più fragili nelle garanzie, si misurano con un mercato del lavoro dove la retribuzione media di un pezzo di cronaca non supera i quindici, venti euro lordi ... Non sto pensando solo alla Campania o alla Sicilia, ma anche al Lazio dove il grado di intimidazione e di intossicazione Pag. 83cresce al crescere della fragilità del tessuto che si trova di fronte – relazione punto 2.6, La solitudine dei cronisti minacciati, pagg. 24 e 25 –».
E a questo proposito non si può non citare la grande lotta condotta contro le organizzazioni mafiose dall'allora Ministro dell'Interno Roberto Maroni, in particolare per i risultati che ha ottenuto, grazie anche allo straordinario impegno delle forze dell'ordine, e per i quali ha ricevuto il plauso, non solo in Italia ma anche all'estero. Sono i dati ufficiali, che attestano il successo delle sue politiche di contrasto alla mafia: 8.466 i mafiosi arrestati, i 32 latitanti di massima pericolosità, per un totale di circa 800 operazioni di polizia giudiziaria. Senza dimenticare le azioni del Ministro Maroni volte a colpire la mafia nel suo cuore, nei suoi interessi economici, andando a privarla di quelle risorse per finanziarsi e finanziare tutte le attività criminose di cui è artefice. Un ingente patrimonio sottratto alla mafia, pari a ben 25,3 miliardi di Euro nel settembre 2011 che è poi confluito, per quanto riguarda le somme di denaro e i proventi dei beni sequestrati, nel Fondo Unico di Giustizia, istituito nel 2008, e impiegato in progetti nel settore della sicurezza e della giustizia.
Provvedimenti come quello in discussione oggi rappresentano sicuramente un contributo per migliorare e rendere sempre più incisiva la lotta alla criminalità organizzata, nelle più varie forme che può assumere. Tuttavia, come dimostrano le azioni e i risultati sopra citati ottenuti da Maroni, il fenomeno mafioso va combattuto su più fronti: colpendo i patrimoni malavitosi e facendo investimenti a favore delle forze dell'ordine, cui è demandato il compito di controllare in prima linea il territorio e di intervenire con azioni di contrasto alla micro e macro criminalità. Invece oggi si assiste da parte di questo Governo, ma anche del precedente, a continui tagli al comparto sicurezza, il che stride con la volontà di combattere in maniera serie e rigorosa la malavita organizzata.
Si parla purtroppo non solo di un'associazione mafiosa, ma di un sistema e quello che preoccupa è proprio che ancora oggi si parli di sistema.
Purtroppo la relazione ha messo in evidenza «... l'incremento degli atti di ostilità nei confronti dei giornalisti; dall'altro, l'impunità di quegli atti (pochissimi gli episodi in cui gli autori di minacce o violenze siano stati identificati, giudicati e condannati). L'altro dato è il ricorso sempre più frequente – accanto a metodi più diretti e più tradizionali – a un uso spregiudicato e intimidatorio di alcuni strumenti del diritto. Parliamo delle querele temerarie e di azioni civili per danni altrettanto temerarie: dove la temerarietà è solo apparente, visto che in questi casi l'obiettivo dell'azione giudiziaria contro il giornalista non tanto è quello di dimostrare le proprie ragioni quanto quello di indurre quel giornalista a comportamenti e scritture più »rispettosi«. La giornalista Milena Gabanelli ha spiegato al Comitato di aver ricevuto citazioni in giudizio per oltre 250 milioni di euro (con un picco, paradossale, di 137 milioni richiesti da una multinazionale della telefonia). A fronte di una sola causa persa per 30 mila euro, la sproporzione con l'ammontare delle cifre pretese fa cogliere bene l'elemento pretestuoso di quelle azioni. – relazione punto 9, Conclusioni, pagg. 100 e 101 –». Inoltre, come indicato nella relazione, il percorso di riforma dovrà concentrarsi sul tema dell'abuso di alcuni strumenti del diritto. Ma occorre un intervento altrettanto urgente, per costruire condizioni di maggiore sicurezza economica e dignità professionale per gli operatori dell'informazione. Soprattutto per chi opera nei territori più marginali, più esposti, più colpiti dalla violenza mafiosa o dall'arroganza dei poteri. Non aver ancora normato contrattualmente la figura dei freelance, che è di fatto l'ossatura dell'intero sistema informativo italiano, è una lacuna grave alla quale dovrà essere posto rimedio al più presto.
Ricordo della mia terra due grandi figure, ma non le uniche, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che si sono impegnate Pag. 84nella lotta alla mafia in prima persona e a costo della vita, eppure ci troviamo ancora oggi qui a discutere di come approntare un'efficace lotta contro la mafia.
Riteniamo che si debba proseguire, anche sull'esempio degli strumenti adottati allora dal Ministro dell'Interno Roberto Maroni, nell'approntare strategie e azioni sempre più efficaci ed incisive nella lotta alla mafia, così come può essere questo provvedimento che rappresenta un mezzo utile ed efficace per riuscire a combattere le infiltrazioni mafiose.
Pertanto votiamo a favore, ma ricordando altresì che la mafia va contrastata con ogni mezzo e su più fronti, in primis con investimenti a favore del comparto sicurezza e delle forze dell'ordine che sul territorio in prima linea si trovano a contrastare la malavita organizzata ogni giorno.
Però desidero sottolineare ed evidenziare che questa relazione non deve strumentalizzare la giustizia, tanto meno, e non trasformare quest'Aula del Parlamento in tribunale, perché è compito dei giudici interrogare ed emettere sentenze senza nessuna pressione da parte nostra. Perché a noi il compito di legiferare, ai magistrati il compito di giudicare senza alcuna interferenza ! Mi richiamo al caso Ciancio, che in questa relazione è stato tante volte citato, sia in prima persona sia anche da tante persone che certamente hanno contrastanti interessi !
Infatti per onestà anche intellettuale dobbiamo dire che quando è stato approfondito il «caso» Ciancio, l'editore era stato rinviato a giudizio (ecco perché mi sono risparmiato nell'esprimere il mio giudizio !). Oggi l'editore è stato assolto dalle sue accuse ! Pertanto, poiché il Ciancio non è stato sentito dalla Commissione, in quanto lo stesso si è rifiutato, essendo sotto processo (come si legge nella relazione) e quindi non potendo difendersi da eventuali calunnie o meglio dare spiegazioni degli avvenimenti, ritengo che queste parti devono essere cassate dalla relazione per i sopravvenienti eventi !
Facciamo fare ai magistrati il loro lavoro e non legittimiamo alcuni episodi con il nostro voto ! Oggi devo dire che alcuni personaggi, «purtroppo» anche un magistrato che interviene nella pagina dedicata a Ciancio, è un giudice che è stato censurato dal CSM. Basta leggere il mio libro, dove vengo assolto con la revisione del processo e la sua censura quale PM e non vado oltre !
Quindi approviamo il documento contro la mafia per la tutela dei giornalisti e lasciamo la magistratura indipendente come è nella Costituzione senza forzare la condanna né l'assoluzione !
STEFANIA PRESTIGIACOMO. Grazie Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, colleghi, la Relazione che ci apprestiamo a votare è certamente un atto importante, frutto di un lavoro lungo e minuzioso su un tema di estremo interesse per chiunque voglia davvero contrastare ogni forma di criminalità organizzata. La libertà di manifestazione del pensiero, la libertà di opinione, la libertà di espressione e la libertà di stampa, rappresentano indubbiamente valori inviolabili, cardini di ogni vera democrazia.
Parimenti rilevanti sono il diritto all'informazione, il diritto di ciascuno a ricevere e cercare le informazioni, libertà fondamentali su cui si basa il sistema democratico e che consentono a tutti di concorrere alla formazione della volontà generale.
Ma affinché il sistema funzioni è indispensabile che queste libertà siano effettivamente esercitabili e i diritti concretamente tutelati.
Dalla lettura della Relazione, purtroppo, emerge un quadro ben diverso da come dovrebbe essere.
Alcune circostanze sono molto allarmanti e destano molta preoccupazione.
Il numero delle intimidazioni, delle minacce e i molteplici modi di condizionamento subìti dai giornalisti sono oggettivamente inquietanti.Pag. 85
Così come preoccupa la diffusione geografica del fenomeno, che oggi vede esenti solo due regioni, Molise e Val d'Aosta, dalla triste statistica sui luoghi.
E qui non si può non auspicare un deciso cambio di rotta sul tema della sicurezza, su cui questo Governo e questa maggioranza hanno dato segnali troppo spesso contraddittori.
Servono più presenza delle forze dell'ordine sul territorio, più risorse e mezzi, e va potenziato l'utilizzo delle nuove tecnologie che possono essere molto utili nelle attività di prevenzione.
Poi c’è anche, senza dubbio, la necessità di intervenire dal punto di vista legislativo.
L'inasprimento delle sanzioni e l'estensione della tutela anche alle condotte di violenza, minaccia e danneggiamento finalizzate a condizionare, limitare o impedire la libertà della stampa e di ogni altro mezzo di comunicazione sono doverosi.
Ma anche lo stato critico del sistema informativo è altrettanto allarmante.
Le sempre minori garanzie contrattuali dei giornalisti, lo sfruttamento dei giovani che si avvicinano alla professione e la scarsità di risorse li rende ovviamente più deboli, vulnerabili e sempre meno tutelati.
E anche il livello qualitativo di quella che è una professione essenziale in ogni paese liberale, non può non risentirne.
Molti bravi giornalisti sono costretti ad andar via, ad andare all'estero o a cercare lavoro in altri settori.
È un trend pericoloso. Se il livello di professionalità si abbassa il mercato dei media, anche e soprattutto nelle nuove forme, si espone sempre di più a improvvisati cronisti, spregiudicati autori di articoli spesso solo infamanti, difficili da arginare.
E pure su questo importantissimo tema il Governo non si è mostrato capace di intervenire con successo.
I lunghissimi tira e molla sulla riforma dell'editoria e sul riordino delle Agenzie di Stampa hanno contribuito a disorientare e intimorire molti giornalisti, aumentando la precarietà e l'insicurezza.
Serve un intervento razionale, rapido e efficace, un riordino di sistema, non una mera operazione di potere.
Aver approfondito questi temi e aver evidenziato tutte queste criticità è stato molto utile e rende oggettivamente condivisibile gran parte della Relazione.
Ma pur dichiarando il voto favorevole del mio Gruppo, non posso non avanzare alcune critiche di merito e di metodo, che probabilmente derivano anche da un differente modo di concepire lo stesso modus operandi della Commissione Antimafia.
Nella cultura liberale, il garantismo e la legalità sono due facce della medesima medaglia.
La facile demagogia, la faziosità, la strumentalizzazione, nella valutazione di taluni fatti, indagini, inchieste e procedimenti giudiziari sono dannose per coloro che vengono coinvolti e deleteri, per la stessa lotta alla criminalità.
La giustizia è cosa molto diversa dal giustizialismo.
Il rispetto che si deve a tutti gli indagati, innocenti fino alla condanna definitiva e che per noi è un valore sacro, deve essere sempre garantito, ancor di più nelle sedi e negli atti istituzionali.
Durante i lavori del Comitato e nella redazione stessa della Relazione non si è sempre proceduto in questo senso.
Emblematico è il caso dell'editore siciliano Mario Ciancio Sanfilippo.
Su di lui, in quanto indagato per concorso esterno, durante i lavori del Comitato vi è stata una vera e propria inchiesta parallela ad hoc.
Sono stati acquisiti migliaia di pagine di verbali e di atti di indagine, ci sono state intere audizioni solo su di lui.
E sono stati utilizzate spesso anche espressioni e giudizi durissimi e offensivi.
Nella stessa Relazione oltre dieci pagine sono dedicate esclusivamente a lui, con parole severe e valutazioni sull'inchiesta somiglianti troppo di frequente a precondanne.
A dicembre 2015 Ciancio è stato pienamente scagionato da ogni accusa dal GUP, con una sentenza di «non luogo a procedere, il fatto non costituisce reato».Pag. 86
Credo sia davvero un caso indicativo di cosa non si deve fare in Antimafia.
Dobbiamo sempre ricordarci che la valutazione delle inchieste fatte leggendo le carte dell'accusa è sempre parziale e che chi si occupa di giustizia o vuole esprimere giudizi, anche politici, su questi temi deve coltivare la cultura del dubbio e non quella del pregiudizio.
Concludo esprimendo tutta la solidarietà e la vicinanza del Gruppo di Forza ai giornalisti vittime di ogni atto violento, minaccioso, anche subdolo e meschino, nell'esercizio della loro professione.
E da Capogruppo di Forza Italia in Commissione Antimafia auspico che nei lavori e soprattutto nelle redazione degli atti parlamentari si usi sempre la massima prudenza, onde evitare di formulare accuse e valutazioni affrettate e inutilmente offensive.
LAURA GARAVINI. Grazie Presidente. L'omertà è ancora la regola più importante per le mafie. Nessuno vede, nessuno sente, nessuno parla. Sull'omertà si basa il potere della criminalità organizzata. Se tutti guardano via, se nessuno ha il coraggio di denunciare, se tutti fanno finta di niente... Solo poi le mafie possono agire indisturbate. Non ci sono mafie senza omertà. Non c’è omertà senza mafie.
Agli antipodi dell'omertà c’è la trasparenza, una delle caratteristiche fondamentali di una società democratica e di uno stato di diritto. E c’è un mestiere – quello del giornalista d'inchiesta – che per la sua stessa natura deontologica, ambisce a rendere visibile ciò che non lo è, a descrivere e a svelare la verità, senza voltarsi dall'altra parte.
Ma sempre più frequentemente quegli stessi giornalisti sono vittime di ritorsioni e violenze. Ogni anno in Italia circa 300 giornalisti subiscono intimidazioni ed attacchi, e il numero è in crescita. Minacce ed attentati contro i giornalisti costituiscono un attacco alla libertà di stampa, garantita dalla stessa Costituzione italiana.
Da qualche anno a questa parte è aumentato il numero dei giornalisti a cui lo Stato garantisce una scorta, volta a tutelare la loro incolumità.
Proprio per sottolineare l'importanza del giornalismo nella lotta contro le mafie, e la necessità di spezzare i vincoli dell'omertà, la Commissione Antimafia, per la prima volta, ha dedicato a questo tema un'indagine specifica, realizzata nel comitato presieduto dall'onorevole Fava. Un'indagine dalla quale sono emerse in particolare quattro importanti tendenze:
la maggior parte dei tentativi di intimidazione avviene in provincia al di fuori del palcoscenico nazionale. Spesso i bersagli sono piccole testate giornalistiche, radio o canali televisivi di piccole dimensioni;
ad essere particolarmente in pericolo sono i giornalisti freelance, i quali in casi di vertenze legali vedono messa in gioco la loro stessa sopravvivenza finanziaria;
un carente pluralismo nel panorama mediatico di determinate regioni va a vantaggio delle mafie;
le mafie hanno capito che i media sono un importante strumento di potere e per questo cercano di influenzarli a proprio vantaggio o addirittura di impossessarsene.
1) In relazione alle intimidazioni e alle minacce in provincia: si tratta di uno sviluppo inquietante. Per i giornalisti che operano a livello locale le mafie non sono qualcosa di astratto. Per loro le mafie hanno un nome e un cognome. Il giornalista che denuncia il boss locale su un quotidiano del posto o su una piccola radio ha buone possibilità di incontrarlo la mattina dopo al bar. I mafiosi sanno bene dove parcheggia la sua macchina, in quale bar va a fare colazione, dove va a passeggiare, dove vanno a scuola i suoi figli... Proprio in Sicilia, ma anche in Calabria o in Campania ci sono innumerevoli giornalisti che hanno ricevuto minacce e aggressioni. Si va dalle lettere minatorie con pallottole, a colpi sparati contro la macchina, Pag. 87a veri e propri incendi a danno della propria autovettura. Di notte vengono posizionate taniche di benzina sui balconi, giornalisti vengono picchiati in mezzo alla strada, i loro familiari vengono aggrediti o persino rapiti. L'intimidazione può avvenire però anche in modo più sottile ma non meno pericoloso. Qualche volta viene detto a un giornalista anche solo una frase del tipo: «hai scritto un mucchio di schifezze, stai attento». Oppure si fa vivo un avvocato, che dice: «Il mio cliente è molto arrabbiato per quello che hai scritto». Proprio nei piccoli centri e nelle zone agricole le mafie cercano di diffamare i giornalisti e di mettere in giro falsità sul loro conto.
2) Emerge inoltre che le mafie traggono grosso vantaggio dalla situazione di precarietà occupazionale– in cui versa un numero sempre più consistente di giornalisti. Le mafie non intimidiscono solo attraverso auto in fiamme o con la violenza fisica. Sempre più spesso i mafiosi, quando vengono denunciati i loro affari sugli organi di stampa, mettono i loro avvocati alle calcagna dei giornalisti e li portano in tribunale con le loro inchieste. Li accusano soprattutto di diffamazione. E richiedono risarcimenti milionari. Per un giornalista freelance questo può significare la rovina finanziaria. Anche perché molto frequentemente gli editori, nel momento in cui si arriva allo scontro giudiziario, prendono le distanze, lasciando soli i giornalisti freelance.
Il numero dei giornalisti precari in Italia è aumentato fortemente negli ultimi anni. I loro guadagni sono bassi soprattutto al Sud Italia. (Spesso ricevono anche solo 15/20 euro ad articolo). Per questo un freelance ci pensa due volte prima di correre il rischio di scrivere in modo critico sulle mafie. Magari preferisce lasciare perdere, rinunciando a una ricerca su un tema scottante.
3) Un problema altrettanto grave sono le concentrazioni monopolistiche nel panorama dell'informazione in alcune regioni italiane, soprattutto al Sud Italia. In Sicilia, per esempio, i più grandi giornali, molte radio e canali televisivi sono nelle mani di uno stesso editore: La situazione di monopolio sul mercato dei media, soprattutto in zone rurali, ha come conseguenza il fatto che certi temi rimangono storie a diffusione locale e non vengono prese in considerazione al di fuori della Sicilia. Se una radio locale manda in onda una notizia critica, che però non viene rimbalzata dai media siciliani regionali, allora il tema viene scordato molto presto e non raggiunge il panorama nazionale. Un monopolio dei media rende più facile tacere su determinate cose.
Certo nei grandi giornali siciliani ci sono anche giornalisti coraggiosi, che si impegnano contro Cosa nostra e i suoi affari. Anche il servizio pubblico della RAI e le redazioni locali dei grandi giornali nazionali contribuiscono notevolmente a fornire notizie critiche sulle mafie, nonostante tutte le difficoltà.
In generale però la molteplicità dei media è una condizione fondamentale per una società trasparente le mafie non temono nulla di più della trasparenza, che è il contrario dell'omertà.
4) negli ultimi anni le mafie sono diventate organizzazioni ultramoderne, che sanno quanto siano importanti i media. Sono emerse ad esempio intercettazioni che rivelano come la mafia cerchi di influenzare gli organi di informazione includendo giornalisti nelle loro attività. In questo modo cercano di condizionare l'opinione pubblica. A volte succede che le mafie comprino direttamente mezzi di comunicazione.
Dunque, le mafie cercano di esercitare il loro potere sui media e si spingono fino al tentativo di coinvolgere giornalisti nei propri progetti. Come si può impedire che questo avvenga ?
Innanzitutto attraverso il rafforzamento del giornalismo e dei giornalisti. In Italia vediamo come si rafforzi la tendenza a far lavorare i giornalisti in condizioni lavorative precarie, una cosa che danneggia il giornalismo e anche la società. Giornalisti impiegati in modo stabile sono più forti e possono lavorare in maniera più coraggiosa. Questo crea un beneficio per i media ma soprattutto per la società.Pag. 88
In questo senso vanno particolarmente lodati gli sforzi che il Governo sta compiendo contro la precarizzazione del mondo del lavoro, sia attraverso la riforma del Jobs Act, sia attraverso i benefici alle aziende che assumano in regola ed a tempo indeterminato sia con la delega sull'editoria che abbiamo votato in queste ore. Rendere le condizioni precarie di lavoro sempre meno attraenti per i datori di lavoro va a vantaggio anche dei giornalisti.
E poi c’è la questione delle denunce per diffamazione a danno di giornalisti. A questo proposito è molto positivo che in Commissione Giustizia in sede di analisi della riforma al Processo Civile sia stato approvato proprio in questi giorni un emendamento dei relatori che introduce sanzioni pesanti per chi agisce in giudizio inutilmente, magari allo scopo di intimidire qualcuno in mala fede. Assume dunque la funzione di strumento di dissuasione a tutela dei giornalisti. Ed il provvedimento è già calendarizzato in aula per le prossime settimane.
Quello che ritengo però più importante è che a tutti i livelli della società, e anche della politica, si parli sempre più spesso di quanto sia importante avere organi di informazione liberi e giornalisti coraggiosi che lottano contro la criminalità organizzata.
Mi auguro che i media e i giornalisti non si stanchino di portare sulle prime pagine i crimini delle mafie e di denunciare i mafiosi. Perché senza un giornalismo libero e forte, che ha il coraggio di denunciare le attività delle mafie e di renderle pubbliche, la criminalità organizzata non può essere sconfitta.
FRANCESCO CATANOSO GENOESE detto BASILIO CATANOSO. Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, l'occasione che ci è stata data a seguito della discussione sulla Relazione della Commissione di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere sullo stato dell'informazione e sulla condizione dei giornalisti minacciati dalle mafie ci consente di parlare e di affermare alcune verità in merito al fenomeno delinquenziale mafioso.
Il contrasto e la lotta vera e propria alla criminalità organizzata, nella storia passata e recente della nostra Repubblica non hanno avuto quella continuità e quella concordanza di vedute che ci si può immaginare e dare per scontate come nell'attuale panorama storico nazionale.
La lotta alla mafia, di più, il concordare sul fatto dell'esistenza del particolare fenomeno delinquenziale siciliano, come quello calabrese e quello campano, non era un fatto assodato, anzi, numerosi politici, storici e giornalisti, fino a qualche decennio fa, contestavano financo l'esistenza stessa del fenomeno mafioso come particolare associazionismo delinquenziale. Anzi, non ne parlavano affatto o lo riducevano a episodi di delinquenza comune o banditesca.
Dobbiamo ad altri politici, storici e giornalisti, tra cui Beppe Niccolai, Gaetano Falzone e Beppe Alfano se siamo riusciti ad avere delle chiare descrizioni, ognuno per le proprie conoscenze ed esperienze, del fenomeno in maniera egregia e puntuale.
Bisogna precisare che il fenomeno mafioso, (tolto il periodo del ventennio fascista che ha quantomeno e con il Prefetto Mori bloccato ed allontanato il fenomeno mafioso), veniva e viene combattuto solo da siciliani contro altri siciliani con la sola ed indimenticabile eccezione del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, piemontese di nascita ma siciliano, ormai, d'adozione ed ai tre editori delle maggiori testate giornalistiche siciliane, oltre che ai tanti delle altre minori testate, va riconosciuto il merito di aver contribuito a diffondere una cultura anti-mafiosa.
A causa della propria attività di denuncia del fenomeno mafioso, il giornalismo siciliano conta 9 morti ammazzati e ne fa, a tutti gli effetti, una delle categorie professionali più colpite da questi delinquenti subito dopo magistrati e funzionari e uomini delle forze dell'ordine.
Un'inchiesta importante come quella della Commissione antimafia sui rapporti Pag. 89fra criminalità organizzata, editori siciliani, giornalisti ed imprenditori in «odore di mafia» necessita sempre di un ampio, serio, approfondito e scrupoloso iter investigativo per evitare che si coinvolgano persone per bene in fatti delinquenziali e si tralascino di porre in evidenza consolidati rapporti di malaffare sia nel campo dell'editoria che in quello sociale «tout court».
Il Comitato che ha redatto la relazione, invece, ha concentrato tutta la sua attenzione su come i giornali di alcune regioni particolarmente segnate dal fenomeno mafioso abbiano trattato inchieste, episodi legati alla criminalità, avvenimenti tragici di mafia, tralasciando di chiedersi come, nello stesso arco temporale, le stesse problematiche siano o non siano state trattate dalle grandi testate nazionali.
È importante ricordare ancora come in tutto il periodo preso in considerazione dal Comitato, sui quotidiani siciliani hanno scritto, sulla legalità importanti magistrati, importanti intellettuali della nostra regione, importanti rappresentanti delle istituzioni nazionali, ai massimi livelli.
È giusto ed è importante sottolineare l'attività del Giornale di Sicilia e de La Sicilia di Catania di cui, come anche hanno riferito alcuni commissari della Commissione antimafia, è stato molto apprezzato per il piglio veritativo e d'inchiesta che è stato fatto.
Non si dovrebbe colpevolizzare chi non ha sentenze passate in giudicato, la vicenda dell'editore Ciancio del quotidiano catanese «La Sicilia» si è modificata da quando la stessa Commissione ha iniziato ad occuparsi della relazione ad oggi, momento in cui il cui castello di sospetti e di accuse viene a cadere dopo il recente e favorevole pronunciamento del Gup della Procura di Catania che ha dichiarato il «non luogo a procedere» nei confronti dell'editore suddetto (lo stesso Gup precisa ancora che a mancare nello specifico sarebbero le condotte stesse che l'editore avrebbe portato a termine per favorire la mafia; è di oggi la notizia del ricorso della Procura.
A nostro giudizio, ciò ha offerto ed offre la sensazione che si sia voluto indagare in maniera unilaterale e solo su alcune testate, senza domandarsi quanto e come gli altri quotidiani e gli altri mezzi di informazione si siano impegnati nella ricerca della verità, delle complicità, delle possibili collusioni, creando così anche un asse di trasparenza e di impegno con i giornali esposti direttamente in prima linea.
Dalla lettura della relazione della Commissione antimafia si ha la sensazione che gran parte, se non tutta, l'informazione prodotta negli ultimi 30 anni nel Sud, ed in Sicilia in particolare, sia stata contaminata da condizionamenti mafiosi. Peccato, però, che tutti i giornalisti uccisi dalla mafia e dalla camorra siano siciliani o campani e non si comprende come, nello stesso tempo, gli editori, contro i quali ad oggi non è intervenuta alcuna sentenza di condanna nemmeno in primo grado, siano da inserire nell'alveo dell'imprenditoria contigua al fenomeno mafioso.
Bisognerebbe evitare e, di conseguenza, prestare moltissima attenzione che vengano fatte ricomprendere nella nobile attività di contrasto al fenomeno mafioso anche sgradevoli e banali beghe contrattuali e lavorative.
Purtroppo, e noi siciliani ne sappiamo qualcosa, il fenomeno mafioso è talmente serio e pericoloso che tutti coloro che hanno la forza ed il coraggio civile di contrastarlo sono costretti ad una vita di pericoli concreti e reali e sono costretti a vivere sotto scorta.
L'impegno quotidiano nella lotta alla mafia deve vedere coinvolte tutte le Istituzioni pubbliche e le organizzazioni sociali. Quella che si deve creare, sviluppare e crescere è una cultura antimafiosa che veda coinvolta la Scuola, l'Università, tutto il mondo della stampa, cartacea, televisiva e telematica, ed il mondo della cultura in una instancabile attività di contrasto al fenomeno mafioso a partire dagli adolescenti e dai ragazzi. Pag. 90
Il ruolo della scuola e dell'Università è, a nostro giudizio, fondamentale. Una vera coscienza civica, che in Italia è anche coscienza anti-mafiosa, non può che sorgere da una seria e continua attività formativa dei nostri ragazzi, attività che deve essere affiancata dal mondo della cultura (tutta) e del giornalismo.
La lotta alla mafia, però, ha anche il suo aspetto negativo: a far da contraltare alle centinaia di eroici giudici, poliziotti, carabinieri, finanzieri che lottano seriamente contro questi delinquenti vi sono i professionisti dell'antimafia che di questa lotta, esclusivamente nominalistica ed aleatoria, ne hanno fatto un ottimo trampolino di lancio per importanti carriere politiche, giornalistiche, accademiche e quant'altro. I cosiddetti «professionisti dell'antimafia» hanno fatto e fanno, sulla pelle di persone fisiche ed Istituzioni pubbliche, carriere veloci quanto immeritate.
La lotta alla mafia, quella vera, ha lasciato sul campo decine e decine di morti ammazzati e le Istituzioni pubbliche dovrebbero difendere concretamente i propri servitori dediti a tale lotta con mezzi militari, tecnologici e logistici concreti e non con l'attività di diffamazione e di linciaggio mediatico che, nel recente passato, hanno causato la morte di servitori dello Stato come il caso del Maresciallo Lombardo di Terrasini.
V’è anche il caso della giudice Saguto e dell'associazione «Libera» negli esempi nefasti dell'attività dell'antimafia di facciata ed interessata ad appropriarsi di attività economiche oneste, con le dichiarazioni rilasciate al congresso della stessa associazione dal figlio di Pio La Torre ed oggetto di un mio atto di sindacato ispettivo.
Per concludere, ritengo che lo Stato e le sue Istituzioni tutte dovrebbero promuovere idonee iniziative, nei confronti del Consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti, dei Consigli regionale dell'ordine dei giornalisti, del Consiglio nazionale dell'Ordine degli avvocati e dell'Associazione nazionale della Magistratura, affinché vengano tutelate dette categorie professionali dalle minacce provenienti dalla criminalità organizzata.
TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO ORESTE PASTORELLI SUL TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE N. 75-A ED ABB.
ORESTE PASTORELLI. Onorevole Presidente, Onorevoli Colleghi, una legge che regolasse in modo organico il fenomeno del commercio equo e solidale era attesa da molto tempo. Sin dalle scorse legislature, infatti, questo tipo di commercio doveva essere sostenuto da parte di tutte le istituzioni nazionali, poiché rappresenta un formidabile strumento di rilancio e di tutela di molte piccole produzioni di eccellenza presenti sul nostro territorio.
Non solo, permettendo l'accesso al mercato nazionale di aree produttive marginali, il commercio equo e solidale consente uno sviluppo di quest'ultime anche sotto il profilo sociale. Ciò che si persegue è quindi la promozione di una nuova concezione di «concorrenza» tra i soggetti del mercato: non più solo «leale», ma anche «equa».
Questa legge fa propria tale concezione, prevedendo una disciplina analitica di tutto il fenomeno e approntando strumenti di garanzia, di controllo e di promozione di intere filiere produttive.
Inoltre, da questa disciplina possono derivare notevoli vantaggi per tutto un territorio, sia dal punto di vista socio-economico che ambientale. Il pagamento di un prezzo equo, la previsione di misure a carico del committente per il potenziamento della produzione e in favore della comunità locale, il miglioramento dei livelli di impatto ambientale delle produzioni, l'obbligo del produttore di garantire condizioni adeguate ai lavoratori sono tutti elementi che trasformano una filiera di produzione in strumento di progresso per un'intera comunità.
In questo quadro è chiaro che le misure messe in campo rappresentano una Pag. 91straordinaria occasione di crescita e di evoluzione per la piccola e media impresa italiana, la quale ha l'opportunità di entrare in contatto in modo più agevole con la massa dei consumatori e di essere da questi apprezzata per la qualità delle sue produzioni.
Approvare dunque questo disegno di legge, rispetto al quale esprimo il voto favorevole della componente socialista, diviene un atto doveroso e urgente, essendo necessario – ora più che mai – che nuovi e diversi valori entrino nelle imprese e nei mercati del nostro Paese.
ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI ESAME DELLA PROPOSTA DI LEGGE N. 75-A E ABB.
Pdl n. 75-A e abb. – Disposizioni per la promozione e la disciplina del commercio equo e solidale
Tempo complessivo: 16 ore e 30 minuti, di cui:
• discussione generale: 7 ore e 30 minuti;
• seguito dell'esame: 9 ore.
Discussione generale | Seguito dell'esame | |
Relatore | 20 minuti | 20 minuti |
Governo | 20 minuti | 20 minuti |
Richiami al Regolamento | 10 minuti | 10 minuti |
Tempi tecnici | 1 ora | |
Interventi a titolo personale | 1 ora e 14 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato) | 1 ora e 20 minuti (con il limite massimo di 10 minuti per il complesso degli interventi di ciascun deputato) |
Gruppi | 5 ore e 26 minuti | 5 ore e 50 minuti |
Partito Democratico | 43 minuti | 1 ora e 44 minuti |
MoVimento 5 Stelle | 34 minuti | 43 minuti |
Forza Italia – Popolo della
Libertà – Berlusconi Presidente |
32 minuti | 33 minuti |
Sinistra Italiana – Sinistra
Ecologia e Libertà |
31 minuti | 27 minuti |
Area Popolare (NCD - UDC) | 31 minuti | 27 minuti |
Scelta Civica per l'Italia | 31 minuti | 23 minuti |
Lega Nord e Autonomie – Lega dei
Popoli – Noi con Salvini |
31 minuti | 22 minuti |
Democrazia Solidale – Centro
Democratico |
31 minuti | 21 minuti |
Fratelli d'Italia – Alleanza
Nazionale |
30 minuti | 20 minuti |
Misto: | 32 minuti | 30 minuti |
Conservatori e Riformisti | 9 minuti | 7 minuti Pag. 93 |
Alternativa Libera | 7 minuti | 7 minuti |
Alleanza Liberalpopolare Auto-
nomie ALA – MAIE - Movimento Associativo italiani all'estero |
6 minuti | 6 minuti |
Minoranze Linguistiche | 4 minuti | 4 minuti |
Partito Socialista Italiano (PSI)
– Liberali per l'Italia (PLI) |
3 minuti | 3 minuti |
Unione Sudamericana
Emigrati Italiani |
3 minuti | 3 minuti |
VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nom. | Doc. XXIII, n. 6 - risoluz. 6-211 | 381 | 381 | 191 | 381 | 102 | Appr. | ||
2 | Nom. | Doc. XXII-bis, n. 1 - I p. | 417 | 362 | 55 | 182 | 362 | 100 | Appr. | |
3 | Nom. | Doc. XXII-bis, n. 1 - II p. | 416 | 414 | 2 | 208 | 358 | 56 | 100 | Appr. |
4 | Nom. | Doc. XXII-bis, n. 1 - III p. | 416 | 416 | 209 | 416 | 100 | Appr. | ||
5 | Nom. | T.U. pdl 75 e abb.-A - em. 1.1 | 318 | 317 | 1 | 159 | 90 | 227 | 109 | Resp. |
6 | Nom. | articolo 1 | 320 | 249 | 71 | 125 | 243 | 6 | 109 | Appr. |
7 | Nom. | em. 2.4 | 339 | 252 | 87 | 127 | 36 | 216 | 108 | Resp. |
8 | Nom. | em. 2.5 | 338 | 300 | 38 | 151 | 84 | 216 | 107 | Resp. |
9 | Nom. | em. 2.7 | 342 | 315 | 27 | 158 | 98 | 217 | 107 | Resp. |
10 | Nom. | em. 2.8 rif. | 355 | 354 | 1 | 178 | 354 | 107 | Appr. | |
11 | Nom. | em. 2.10 | 352 | 330 | 22 | 166 | 115 | 215 | 107 | Resp. |
12 | Nom. | em. 2.12 | 336 | 333 | 3 | 167 | 120 | 213 | 107 | Resp. |
13 | Nom. | em. 2.14 | 351 | 348 | 3 | 175 | 104 | 244 | 107 | Resp. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.
INDICE ELENCO N. 2 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 26) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
14 | Nom. | articolo 2 | 356 | 321 | 35 | 161 | 313 | 8 | 107 | Appr. |
15 | Nom. | em. 3.2 | 356 | 311 | 45 | 156 | 86 | 225 | 107 | Resp. |
16 | Nom. | em. 3.3 | 349 | 250 | 99 | 126 | 33 | 217 | 107 | Resp. |
17 | Nom. | em. 3.4 rif. | 355 | 312 | 43 | 157 | 311 | 1 | 107 | Appr. |
18 | Nom. | em. 3.5 | 354 | 305 | 49 | 153 | 86 | 219 | 107 | Resp. |
19 | Nom. | em. 3.100 | 354 | 240 | 114 | 121 | 232 | 8 | 107 | Appr. |
20 | Nom. | articolo 3 | 356 | 313 | 43 | 157 | 305 | 8 | 107 | Appr. |
21 | Nom. | em. 4.2 | 356 | 306 | 50 | 154 | 83 | 223 | 107 | Resp. |
22 | Nom. | articolo 4 | 349 | 308 | 41 | 155 | 295 | 13 | 107 | Appr. |
23 | Nom. | articolo 5 | 346 | 309 | 37 | 155 | 300 | 9 | 107 | Appr. |
24 | Nom. | articolo 6 | 355 | 315 | 40 | 158 | 306 | 9 | 107 | Appr. |
25 | Nom. | em. 7.50 | 341 | 331 | 10 | 166 | 331 | 107 | Appr. | |
26 | Nom. | em. 7.100 | 349 | 322 | 27 | 162 | 315 | 7 | 107 | Appr. |
INDICE ELENCO N. 3 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 27 AL N. 39) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
27 | Nom. | articolo 7 | 352 | 324 | 28 | 163 | 316 | 8 | 106 | Appr. |
28 | Nom. | articolo 8 | 352 | 321 | 31 | 161 | 311 | 10 | 106 | Appr. |
29 | Nom. | articolo 9 | 348 | 316 | 32 | 159 | 307 | 9 | 106 | Appr. |
30 | Nom. | em. 10.50 | 339 | 303 | 36 | 152 | 296 | 7 | 107 | Appr. |
31 | Nom. | em. 10.100 | 346 | 330 | 16 | 166 | 248 | 82 | 106 | Appr. |
32 | Nom. | articolo 10 | 346 | 234 | 112 | 118 | 226 | 8 | 106 | Appr. |
33 | Nom. | em. 11.100 | 348 | 299 | 49 | 150 | 282 | 17 | 106 | Appr. |
34 | Nom. | articolo 11 | 340 | 306 | 34 | 154 | 298 | 8 | 106 | Appr. |
35 | Nom. | em. 12.100 | 344 | 326 | 18 | 164 | 271 | 55 | 106 | Appr. |
36 | Nom. | articolo 12 | 342 | 313 | 29 | 157 | 301 | 12 | 106 | Appr. |
37 | Nom. | em. 13.50 | 346 | 326 | 20 | 164 | 325 | 1 | 106 | Appr. |
38 | Nom. | articolo 13 | 332 | 300 | 32 | 151 | 291 | 9 | 106 | Appr. |
39 | Nom. | em. 14.100 | 346 | 323 | 23 | 162 | 323 | 106 | Appr. |
INDICE ELENCO N. 4 DI 4 (VOTAZIONI DAL N. 40 AL N. 45) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
40 | Nom. | articolo 14 | 339 | 305 | 34 | 153 | 300 | 5 | 106 | Appr. |
41 | Nom. | em. 15.100 | 341 | 324 | 17 | 163 | 318 | 6 | 106 | Appr. |
42 | Nom. | articolo 15 | 343 | 310 | 33 | 156 | 303 | 7 | 106 | Appr. |
43 | Nom. | articolo 16 | 343 | 312 | 31 | 157 | 303 | 9 | 106 | Appr. |
44 | Nom. | articolo 17 | 341 | 308 | 33 | 155 | 299 | 9 | 106 | Appr. |
45 | Nom. | T.U. pdl 75 e abb.-A - voto finale | 300 | 286 | 14 | 144 | 282 | 4 | 104 | Appr. |