XVII LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
la mancata valorizzazione e manutenzione e il conseguente progressivo degrado del nostro patrimonio artistico sono i sintomi di un problema assai più generale del nostro Paese, che attiene all'assenza di salvaguardia dei beni culturali italiani all'incapacità di promuovere le necessarie competenze manageriali per un'adeguata gestione degli stessi beni;
l'arte e la cultura rappresentano oggi asset distintivi e competitivi fondamentali per il made in Italy. La rete dei beni culturali – costituita in Italia da 3.800 musei e 1.800 aree archeologiche – è in grado di creare un «indotto» (turismo, enogastronomia, produzioni artigiane, edilizia di riqualificazione) che produce un valore aggiunto di 167 miliardi di euro e assorbe 3,8 milioni di occupati, senza contare che, negli ultimi anni, il settore ha registrato una percentuale di crescita mediamente superiore a quella del totale dell'economia, anche in termini di occupazione;
anche questo settore è interessato oggi dai profondi mutamenti strutturali del mercato del lavoro, che portano sempre più ad esternalizzare i servizi presenti nei siti museali ed archeologici;
il Ministro Franceschini, già dallo scorso anno, ha annunciato un programma per il completamento dell'organizzazione del Ministero da lui guidato, che dovrebbe prevedere misure trasparenti e accessibili al pubblico per lo svolgimento delle gare per l'affidamento dei servizi aggiuntivi dei musei;
tale programma, denominato «La cultura delle gare nelle gare: per la cultura», è stato sviluppato insieme alla CONSIP e prevede tre linee di intervento per il rilancio dell'offerta culturale e della qualità dei servizi nei musei italiani: gare di appalto per l'affidamento dei «servizi operativi» (manutenzione edile e impiantistica, pulizia ed igiene ambientale, guardaroba facchinaggio e altro) e dei «servizi di governo» (sistema informativo, call center, anagrafica tecnica e altro); gare di appalto per l'affidamento del «servizio di biglietteria nazionale» (che include la previsione di creare un servizio di biglietteria, prenotazione e prevendita che venga utilizzato da tutti i musei statali e, volendo, disponibile anche per gli Enti locali); e, infine, gare d'appalto per i «servizi culturali» e la migliore fruizione dei siti (noleggio audioguide, visite guidate, laboratori e didattica, spazi, eventi e mostre e altro);
tuttavia, a distanza di un anno, non risultano ancora espletate le gare per l'affidamento di tali servizi;
i contratti di gestione dei servizi aggiuntivi dei beni culturali risultano quasi tutti scaduti dal 2009 e prorogati contro ogni norma nazionale ed europea sulla concorrenza. Tale situazione è stata severamente criticata dall'Antitrust e dalla Unione europea anche l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici ha già in passato sollecitato interventi per sanare una serie di irregolarità;
il mancato svolgimento delle gare e la gestione dei servizi in oligopolio e in regime di proroga delle concessioni creano enormi danni economici alle casse dello Stato e quindi alla collettività; una serie di musei e monumenti sono perennemente in deficit per l'amministrazione pubblica, nonostante creino guadagni per le società private concessionarie di servizi aggiuntivi; si tratta infatti di società che operano in base a concessioni affidate in passato, spesso discutibili e lesive del principio della libera concorrenza;
in particolare, sui servizi di biglietteria, la Corte dei Conti ha ritenuto sproporzionate le percentuali attribuite alle società private sul prezzo dei biglietti; in generale, non si potrebbe superare il tetto del 30 per cento, ma in taluni casi, su un prezzo del biglietto al pubblico di 10 euro, 7,75 euro vanno alle società di servizi e solo 2,25 euro al polo museale;
inoltre, non sono previste royalty per lo Stato sulle prenotazioni dei biglietti, sulle audio-guide e sulle visite guidate; si tratta di prassi che restano incomprensibili alla collettività, viste, da una parte, le ingenti risorse pubbliche che annualmente richiede il restauro e manutenzione dei beni culturali e, dall'altra, i vantaggi che ricevono le società di gestione grazie allo sfruttamento a fini economici dei monumenti;
è ormai imprescindibile porre fine al periodo delle proroghe delle concessioni dei servizi aggiuntivi nei luoghi della cultura, adottando un nuovo modello gestionale che preveda la cooperazione tra le migliori risorse pubbliche e private, per garantire la fruizione e la valorizzazione del patrimonio culturale del nostro Paese;
è improrogabile un punto di svolta nella gestione degli appalti, per non dover più assistere agli scandali e alle indagini della magistratura che hanno riempito le pagine dei giornali negli ultimi tempi;
il Governo, anziché procedere con estrema urgenza alla pubblicazione dei bandi di gara per la gestione dei servizi aggiuntivi dei musei, ha invece preferito ricorrere alla creazione di una società in house, istituita dall'ultima legge di abilità, la legge n. 208 del 2015, che prevede la fusione per incorporazione di Arcus con Ales; la nuova società in house del Ministero continuerà a svolgere le attività precedentemente svolte dalle due società; Arcus continuerà a gestire i progetti in cantiere, per i quali risultano già impegnati 130 milioni di euro, e inoltre si dedicherà alle sponsorizzazioni e alla gestione dell’art-bonus, ossia della detrazione per chi investe nella salvaguardia del patrimonio; dal canto suo, Ales continuerà a occuparsi, su incarico del Ministero, della gestione del personale da impegnare in progetti culturali e, inoltre, si occuperà della gestione dei servizi dei musei – dai ristoranti, alle caffetterie, dai bookshop alle strutture di accoglienza e alle biglietterie – finora appannaggio esclusivo dei privati;
il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, ha dichiarato a riguardo che: «non ho niente contro i privati, che continueranno ad essere della partita. Semplicemente, in campo ci sarà un nuovo soggetto. Il direttore del museo potrà scegliere se affidare alcuni servizi, o anche tutti, ai privati mediante gara oppure riservarli alla Ales S.p.A. attraverso l'affidamento diretto, visto che si tratta di una società in house del Ministero»;
già in passato, attraverso il piano dello « spending review» del Governo Monti, di cui al decreto-legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, si era tentato di sopprimere Arcus, che veniva posta in liquidazione dal 1o gennaio 2014; tuttavia, con il decreto-legge 21-6-2013 n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, cosiddetto «decreto del fare» del Governo Letta, Arcus è stata risuscitata e gli 11 dipendenti di tale società sono stati inglobati in Ales, che conta così oltre 600 addetti. Il comma 322 della legge di stabilità per il 2016 reca la finalità dell'operazione che è quella, di «assicurare risparmi della spesa pubblica» e di «razionalizzare» le società in house del Ministero dei beni culturali e del turismo. Lo scopo evidente del Governo è tuttavia quello di poter entrare, direttamente con una società in house nell'affidamento degli appalti dei servizi aggiuntivi;
ultimamente, il Parlamento con la legge n. 11 del 2016, recante delega al Governo in materia di appalti ha inteso fissare criteri e princìpi direttivi chiari da far rispettare per rafforzare gli obiettivi della lotta ai conflitti di interesse, alla corruzione e ai favoritismi;
il Governo, in più occasioni, ha esaltato l'emanazione del successivo nuovo codice degli appalti pubblici, di cui al decreto legislativo n. 50 del 2016 che è entrato in vigore il 19 aprile scorso, per l'introduzione di misure di coordinamento e monitoraggio delle gare, nonché di sostegno alla legalità attraverso il rafforzamento dell'ANAC,
impegna il Governo:
a procedere con la massima urgenza ad indire le gare d'appalto per la gestione dei servizi museali, assicurando bandi ad evidenza pubblica e conduzione delle procedure di gara in piena trasparenza e regolarità, al fine di garantire l'informazione dei cittadini, il controllo dell'attività dell'amministrazione pubblica e l'utilizzo corretto delle risorse della collettività;
ad abbandonare definitivamente la prassi delle continue proroghe delle concessioni alla scadenza dei contratti di gestione degli appalti dei servizi nei poli museali, allo scopo di porre fine alle gestioni oligopoliste di oggi e garantire la valorizzazione dei beni culturali, evitando danni economici per le casse dello Stato e quindi per i cittadini;
ad inserire on line nel sito istituzionale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo le convenzioni con i privati per la gestione dei servizi aggiuntivi museali, allo scopo di garantire il diritto dei cittadini di essere pienamente informati sulla gestione dei beni dello Stato;
ad inserire on line nel sito istituzionale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo la rendicontazione annua delle spese dei servizi aggiuntivi eventualmente affidati direttamente ad Ales, con la dimostrazione della convenienza economica rispetto ai prezzi concorrenziali di mercato richiesti per lo svolgimento degli stessi servizi, le eventuali entrate destinate all'amministrazione e la mancanza di nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica;
a riferire annualmente al Parlamento sulle convenzioni in essere per la gestione dei servizi aggiuntivi museali e i servizi di biglietteria, le gare espletate, i servizi eventualmente affidati direttamente ad Ales e il modello organizzativo adottato per rendere efficienti i servizi ed efficace la comunicazione e promozione dei beni culturali.
(1-01302) «Borghesi, Grimoldi, Castiello, Fedriga, Allasia, Attaguile, Bossi, Busin, Caparini, Giancarlo Giorgetti, Guidesi, Invernizzi, Molteni, Picchi, Gianluca Pini, Rondini, Saltamartini, Simonetti».
La Camera,
premesso che:
nell'estate del 2014 comunità di differenti confessioni religiose, comprendenti fra gli altri oltre 125.000 cristiani provenienti da Mosul e dalla Piana di Ninive, hanno trovato rifugio nel Kurdistan iracheno per sottrarsi all'aggressione dell'ISIS;
nel maggio 2016 l'inviato dell'ONU Jan Kubis ha riferito al Consiglio di sicurezza che in alcune zone dell'Iraq già controllate dall'ISIS sono state rinvenute oltre cinquanta fosse comuni, a conferma dei crimini reiterati ed efferati commessi dallo stesso ISIS;
la definizione giuridica internazionale di genocidio (articolo II della Convenzione ONU del 9 dicembre 1948) include atti come uccisioni, ferimenti, persecuzioni «commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso come tale»;
il 4 febbraio 2016 il Parlamento europeo, richiamando esplicitamente tale definizione, ha adottato la risoluzione sullo sterminio sistematico delle minoranze religiose da parte del cosiddetto «ISIS/Daesh» (2016/2529(RSP)), all'esito di una serie di risoluzioni adottate fin dal 2014 in merito alle persecuzioni di cui sono oggetto le minoranze religiose, indipendentemente dal credo professato;
il 14 marzo 2016 la Camera dei rappresentanti degli USA ha approvato – e ora è all'esame del Senato – una risoluzione secondo cui le atrocità perpetrate dall'ISIS contro le minoranze religiose ed etniche in Iraq e Siria includono crimini di guerra, crimini contro l'umanità e genocidio;
il successivo 17 marzo il segretario di Stato USA John Kerry ha affermato che Daesh è responsabile di genocidio contro cristiani, yazidi, sciiti e altre minoranze, e che tali minoranze sono oggetto di aggressione solo perché professano un credo rifiutato;
il 20 aprile la Camera dei comuni del Regno Unito ha approvato all'unanimità una mozione con la quale ha riconosciuto che le minoranze etniche e religiose in Iraq ed in Siria soffrono il genocidio per opera di Daesh, e ha impegnato il Governo a un immediato rinvio al Consiglio di sicurezza ONU perché attivi la Corte penale internazionale,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative per riconoscere, come «genocidio» gli atti perpetrati da ISIS/Daesh ai danni delle minoranze religiose ed etniche nei confronti delle quali ha esteso la propria operatività criminale;
ad assicurare una più intensa azione diplomatica per superare gli ostacoli di carattere politico che impediscono su tale versante l'attivazione della giustizia penale internazionale;
ad avviare presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale un tavolo di consultazione permanente con le organizzazioni non profit direttamente impegnate nell'aiuto alle minoranze colpite dal genocidio in atto, teso a fornire il sostegno istituzionale possibile e adeguato.
(1-01303) «Roccella, Alberto Giorgetti, Fiano, Pagano, Binetti, Fitzgerald Nissoli, Gigli, Altieri, Ciracì, Distaso, Piso, Prataviera, Matteo Bragantini, Sberna, Latronico, Santerini, Fedriga, Simonetti, Borghesi, Molteni, Guidesi, Grimoldi, Caparini, Attaguile, Allasia, Busin, Castiello, Picchi, Invernizzi, Saltamartini, Bossi, Zampa, Tidei, Grassi, Nicoletti, Manciulli, Leva, Vignali, Causin, De Mita, Gullo, Sammarco, Tancredi, Pizzolante, Petrenga, Marazziti, Sisto, Sarro, Maietta, Totaro, Riccardo Gallo».
Risoluzioni in Commissione:
Le Commissioni III e IV,
premesso che:
a seguito dell'adozione del decreto legislativo 22 giugno 2012, n. 105, che, nel rispetto dei principi contenuti nella legge n. 185 del 1990, ha recepito la direttiva 2009/43/CE sui trasferimenti intra-comunitari di materiale di armamento e le posizioni comuni 2003/468/PESC (sul controllo dell'intermediazione di armi) e 2008/944/PESC (sul controllo delle esportazioni di tecnologia e attrezzature militari), è stato adottato il regolamento n. 19 del 7 gennaio 2013 che detta la disciplina di attuazione delle norme in materia di controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali d'armamento;
la direttiva 2009/43/C prevede tre tipi di autorizzazione: generale, globale e individuale; l'autorizzazione generale consente il trasferimento dei prodotti selezionati da ogni Stato membro a ciascun altro a condizione che siano destinati a imprese certificate dal proprio Governo o a Forze armate; l'autorizzazione globale consente il trasferimento di uno specifico elenco di prodotti tra aziende appartenenti allo stesso gruppo industriale o partecipanti ad un programma intergovernativo; l'autorizzazione individuale, simile a quella disciplinata dalla legge n. 185 del 1990, è limitata a operazioni singole, in particolare quelle che coinvolgono prodotti sensibili, ovvero nei casi in cui sia necessario tutelare gli interessi sensibili della sicurezza o l'ordine pubblico;
nell'attuale quadro normativo, rappresentato dal citato decreto legislativo di riforma e dal relativo regolamento di attuazione, il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, attraverso l'autorità nazionale – UAMA (unità per le autorizzazioni di materiali di armamento) espleta la propria attività autorizzativa orientando la stessa alle valutazioni delle competenti direzioni generali, geografiche e tematiche, che assicurano un costante monitoraggio della situazione geo-politica e strategica dei Paesi e delle aree regionali interessate dalle forniture dei materiali di armamento;
riguardo alla funzione della certificazione, ossia relativa alla definizione di affidabilità dell'impresa destinataria dei trasferimenti intra-comunitari con particolare riferimento alla sua attitudine di rispettare le restrizioni all'esportazione di materiali di armamento che le sono pervenuti da un fornitore dotato di autorizzazione generale, situato in altro Stato membro, la competenza al rilascio di tale provvedimento autorizzatorio è stata individuata in capo al Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, e in particolare all'UAMA di cui all'articolo 7-bis decreto legislativo 22 giugno 2012 n. 105, d'intesa con il Ministero della difesa in quanto competente alla tenuta del registro nazionale delle imprese e depositaria di informazioni rilevanti ai fini del rilascio dell'atto;
l'UAMA rilascia le autorizzazioni e proroghe alle operazioni di esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, e rilascia le autorizzazioni alla prosecuzione delle trattative contrattuali per i Paesi non NATO-UE;
l'attività di certificazione implica delle attività di controllo e vigilanza riferite sia alla fase preliminare, sia alla fase successiva all'esportazione dei materiali d'armamento; al riguardo è stato introdotto un nuovo meccanismo di controllo, affidato al Ministero dell'economia e delle finanze che si avvale della collaborazione del nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di finanza, per contrastare il finanziamento al terrorismo internazionale e le minacce alla pace e alla sicurezza internazionale; in particolare, è stato introdotto a carico degli istituti di credito un obbligo di comunicazione di ogni attività di finanziamento connessa alle operazioni disciplinate dalla legge n. 185 del 1990, sulle quali il Ministero effettuerà analisi e approfondimenti;
UAMA e l'Agenzia delle dogane e dei monopoli hanno realizzato e implementato lo sportello unico doganale, progetto che ha consentito la piena integrazione informatica tra le due amministrazioni e che gradualmente interesserà tutta la pubblica Amministrazione;
il Ministero della difesa, tramite lo Stato maggiore della difesa, rilascia i nulla osta per la prestazione di servizi per l'addestramento e per la manutenzione ai sensi dell'articolo 2, comma 6, rilascia le autorizzazioni alla prosecuzione delle trattative contrattuali per i Paesi Nato e dell'Unione europea ai sensi dell'articolo 9, commi 4 e 5, e fornisce al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale il necessario parere sulle restanti tipologie di esportazione tenendo in considerazione le valutazioni di carattere tecnico-operativo, politico-militare e di sicurezza; coordina inoltre l'acquisizione delle necessarie deroghe al divieto di rilascio di informazioni classificate di cui al regio decreto 11 luglio 1941, n. 1161, specifiche per le operazioni oggetto di valutazione; emana con apposito decreto ministeriale, ai sensi dell'articolo 2 comma 3, l'aggiornamento dell'elenco dei materiali d'armamento;
il Ministero della difesa tramite il servizio del registro nazionale delle imprese posto alle dipendenze del 4o ufficio del II reparto del segretariato generale della difesa, gestisce il registro nazionale delle imprese (SeRNI); per l'iscrizione al registro le imprese devono produrre la documentazione vista dal regolamento adottato con il decreto ministeriale 28 febbraio 1991, n. 96, come modificato dal decreto 3 luglio 2009 n. 125, del Ministro della difesa di concerto con il Ministro degli affari esteri e del Ministro delle attività produttive; anche per il rinnovo dell'iscrizione, sei mesi prima della scadenza del triennio di validità, deve essere prodotta la stessa documentazione;
solo le imprese iscritte al registro nazionale delle imprese possono essere destinatarie di autorizzazioni relative a operazioni di importazione, esportazione e transito di materiali di armamento;
il Ministero dell'interno rilascia le autorizzazioni all'esportazione ed importazione delle armi sportive e da caccia, delle armi e munizioni comuni da sparo di cui all'articolo 2 della legge 18 aprile 1975, n. 110 e delle armi corte non automatiche; rilascia le autorizzazioni al transito sul territorio nazionale del materiale d'armamento e rilascia le autorizzazioni di cui all'articolo 28 del TULPS;
il dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze rilascia le autorizzazioni allo svolgimento di transazioni bancarie, relative a operazioni di esportazioni, importazioni, e transito dei materiali d'armamento, ai sensi dell'articolo 27, della legge n. 185 del 1990;
l'Agenzia delle dogane del Ministero dell'economia e delle finanze autorizza l'esportazione temporanea ed importazione dei materiali appartenenti ai programmi intergovernativi ed esercita il controllo doganale della movimentazione dei materiali;
il Ministero dello sviluppo economico rilascia le autorizzazioni all'esportazione dei materiali e della tecnologia duale;
il sistema relativo alla richiesta e concessione di autorizzazioni all'esportazione, importazione e transito di materiali d'armamento e di uso duale è alquanto complesso, coinvolge numerosi enti e impone alle aziende la fornitura di numerosi dati e documenti;
i medesimi dati e documenti devono spesso essere nuovamente prodotti per il rinnovo delle certificazioni e per l'ottenimento delle autorizzazioni all'esportazione, anche nei casi in cui dette autorizzazioni riguardano materiali e destinatari per i quali si era già ottenuto il nulla osta in precedenti occasioni e nonostante il contesto generale non risulti mutato;
gran parte di questi dati e documenti è ancora prodotto in formato cartaceo, fattore che comporta rallentamenti e sprechi nel processo autorizzativo, rende più complessa l'attività degli enti di controllo e rende difficoltoso l'accesso alle informazioni non classificate da parte dei privati, incluse le organizzazioni non governative dedite al monitoraggio della produzione delle armi e della loro diffusione,
impegnano il Governo:
a valutare l'assunzione di iniziative per apportare le opportune modificazioni alle procedure di richiesta e concessione delle autorizzazioni all'esportazione, importazione e transito di materiali di armamento e di uso duale, regolate dal decreto 7 gennaio 2013, n. 19 «regolamento di attuazione della legge 9 luglio 1990, n. 185, ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 22 giugno 2012, n. 105», nonché alle procedure per ottenere l'iscrizione al registro nazionale delle riprese e per il rinnovo della stessa, definite dal decreto ministeriale 28 febbraio 1991, n. 96, come modificato dal decreto ministeriale 3 luglio 2009 n. 125, allo scopo di eliminare l'impiego di documenti cartacei;
a valutare la realizzazione di un sistema informatico per la gestione dei dati e dei documenti, in formato aperto, relativi alla richiesta e al rilascio delle autorizzazioni all'esportazione, importazione e transito di materiali di armamento e di uso duale allo scopo di garantire una più efficace esecuzione delle procedure autorizzative finalizzata alla semplificazione delle attività di controllo e di maggiore trasparenza;
a comunicare, nella prima relazione utile sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell'esportazione, dell'importazione e del transito dei materiali di armamento il formato con cui verranno gestiti i dati ed i documenti.
(7-01021) «Artini, Lo Monte».
La XI Commissione,
premesso che:
la legge 9 marzo 1971, n. 98, in materia di «Provvidenze per il personale dipendente da organismi militari operanti nel territorio nazionale nell'ambito della Comunità Atlantica» prevede l'assunzione a tempo indeterminato, a domanda, con inquadramento anche in soprannumero in quanto occorra, nei ruoli organici del personale delle amministrazioni dello Stato, nei confronti di cittadini italiani che prestavano la loro opera nel territorio nazionale alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica, o di quelli dei singoli Stati esteri che ne fanno parte, e che siano stati licenziati in conseguenza di provvedimenti di ristrutturazione degli organismi medesimi, se in possesso dei prescritti requisiti, in relazione al titolo di studio posseduto e alla diversa natura delle mansioni prevalentemente svolte;
la Commissione per l'inquadramento del personale già dipendente da organismi militari operanti nel territorio nazionale nell'ambito della Comunità Atlantica di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 9 marzo 1971, n. 98, è stata soppressa, in sede di riduzione degli organismi collegiali e di duplicazioni di strutture, dall'articolo 68, comma 6, lettera c), del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, in tema di «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria», convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 gennaio 2009, registrato dalla Corte dei conti il 5 febbraio 2009, registro n. 1, foglio 299, e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 51 del 3 marzo 2009, le competenze della su indicata Commissione di cui all'articolo 2, comma 2, della legge 9 marzo 1971, n. 98, sono state trasferite al dipartimento della funzione pubblica e si è proceduto alla individuazione dei criteri e delle procedure per l'assunzione del personale civile delle basi militari soppresse, ai sensi dell'articolo 2, comma 101, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;
l'articolo 2, comma 100, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, prevede che, al fine di favorire l'assunzione nelle pubbliche amministrazioni dei cittadini italiani di cui alla legge 9 marzo 1971, n. 98, che, come personale civile, abbiano prestato servizio continuativo per almeno un anno alla data del 31 dicembre 2006, alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica, o di quelli dei singoli Stati esteri che ne fanno parte, operanti sul territorio nazionale, che siano stati licenziati in conseguenza di provvedimenti di soppressione o riorganizzazione delle basi militari degli organismi medesimi adottati entro il 31 dicembre 2006, ha istituito, presso il Ministero dell'economia e delle finanze, uno specifico fondo con una dotazione di 7.250 milioni di euro a decorrere dall'anno 2008;
l'articolo 2, comma 101, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, affida a un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, da adottare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge, la definizione dei criteri e delle procedure per l'assunzione del personale di cui all'articolo 2, comma 100, della citata legge n. 244 del 2007, nonché per l'assegnazione delle risorse finanziarie alle amministrazioni interessate all'assunzione medesima;
l'articolo 1, comma 482, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, prevede che l'assunzione nelle pubbliche amministrazioni dei cittadini italiani di cui alla legge 9 marzo 1971, n. 98, che, come personale civile, abbiano prestato servizio continuativo, per almeno un anno alla data del 31 dicembre 2012, alle dipendenze di organismi militari della Comunità Atlantica, o di quelli dei singoli Stati esteri che ne fanno parte, operanti sul territorio nazionale, che siano stati licenziati in conseguenza di provvedimenti di soppressione o riorganizzazione delle basi militari degli organismi medesimi adottati entro il 31 dicembre 2012, avviene, nei limiti delle dotazioni organiche delle amministrazioni riceventi, con le modalità previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 gennaio 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 51 del 3 marzo 2009, adottato in attuazione del richiamato articolo 2, comma 101, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, con assegnazione prioritaria agli uffici giudiziari del Ministero della giustizia collocati nel territorio provinciale o regionale dell'organismo militare;
il suddetto articolo 1, comma 482, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, prevede che le assunzioni sono finanziate con le risorse del fondo di cui all'articolo 2, comma 100, della legge n. 244 del 2007, la cui dotazione è incrementata di 1 milione di euro a decorrere dall'anno 2014, e che le stesse possono essere disposte nei limiti delle disponibilità del predetto fondo;
il fondo di cui all'articolo 2, comma 100, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, risulta rifinanziato per l'ultima volta con la legge 27 dicembre 2013, n. 147, relativamente al personale licenziato al 31 dicembre 2012, mentre allo stato attuale tale fondo risulta privo di risorse e dunque inutilizzabile per le finalità di legge;
attualmente sono oltre dieci i casi di lavoratori civili italiani licenziati dopo il 1o gennaio 2013 a seguito del processo di riorganizzazione strutturale delle basi militari statunitensi,
impegna il Governo
ad assumere iniziative per finanziare adeguatamente il fondo di cui all'articolo 2, comma 100, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, al fine di consentirne l'impiego per la ricollocazione lavorativa di tutti i lavoratori civili italiani che sono stati impiegati in strutture militari della Comunità Atlantica, o dei singoli Stati esteri che ne fanno parte, presenti nel territorio italiano e che sono stati licenziati in data successiva al 31 dicembre 2012.
(7-01022) «Baldassarre, Artini».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazioni a risposta orale:
CIPRINI, GALLINELLA, TRIPIEDI, CHIMIENTI, COMINARDI, DALL'OSSO e LOMBARDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 14 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, reca norme in materia di organismo indipendente di valutazione della performance (OIV) e stabilisce che «Ogni amministrazione, singolarmente o in forma associata, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, si dota di un Organismo indipendente di valutazione della performance», in sostituzione dei precedenti servizi di controllo interno;
il medesimo articolo 14, al comma 3, stabilisce altresì che i membri dei vari OIV sono nominati, sentita la Commissione di cui all'articolo 13, dall'organo di indirizzo politico-amministrativo per un periodo di tre anni rinnovabili una sola volta;
la Commissione di cui all'articolo 13, chiamata ad esprimere un parere sulla nomina dei membri degli OIV, opera in posizione di indipendenza di giudizio e di valutazione e in piena autonomia, in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei ministri — dipartimento della funzione pubblica e con il Ministero dell'economia e delle finanze — dipartimento della ragioneria generale dello Stato ed, eventualmente, in raccordo con altri enti o istituzioni pubbliche, con il compito di indirizzare, coordinare e sovrintendere all'esercizio indipendente delle funzioni di valutazione, di garantire la trasparenza dei sistemi di valutazione, di assicurare la comparabilità e la visibilità degli indici di andamento gestionale, informando annualmente il Ministro per l'attuazione del programma di governo sull'attività svolta;
l'articolo 13, comma 6, lettera g) del citato decreto legislativo, conferiva in capo ad una «Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche» il compito di definire i «requisiti per la nomina dei componenti dell'Organismo Indipendente di valutazione», assolto tramite propria delibera n. 4/2010 del 16 febbraio 2010, integrata successivamente dalle delibere n. 107/2010, n. 21/2012, n. 23/2012, n. 27/2012 e n. 29/2012;
la Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CiVIT, oggi Autorità nazionale anticorruzione — ANAC) è intervenuta in seguito, tramite propria delibera n. 12/2013, per riformare i requisiti e il procedimento per la nomina dei componenti degli organismi indipendenti di valutazione;
in tale delibera n. 12/2013 si stabilisce al punto 9 che «Nessun componente può appartenere contemporaneamente a più Organismi indipendenti di valutazione o Nuclei di valutazione. Il principio di esclusività può essere derogato nelle ipotesi in cui si tratti di incarichi in enti di piccole dimensioni che trattano problematiche affini e che operano nella stessa area geografica, anche in relazione alla valutazione complessiva degli impegni desumibili dal curriculum. L'assenza o l'eventuale contemporanea presenza in altri Organismi indipendenti di valutazione o Nuclei di valutazione deve essere oggetto di dichiarazione sottoscritta dal candidato che deve essere trasmessa dall'amministrazione alla Commissione. Si segnala l'opportunità di evitare che le amministrazioni procedano a nomine incrociate, nel senso che l'appartenente a una amministrazione sia nominato componente dell'OIV di un'altra amministrazione che ha come componente dell'OIV persona appartenente all'amministrazione del candidato»;
le competenze della Commissione indipendente per la Valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (Civit), in materia di misurazione e valutazione della performance, dunque, sono state trasferite prima all'Autorità nazionale anticorruzione e successivamente, per effetto dell'articolo 19, comma 9, del decreto-legge n. 90 del 2014, convertito dalla legge n. 114 del 2014, al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri;
particolare importanza riveste il punto 9 della delibera n. 12/2013 che espressamente sancisce il principio di esclusività, con il divieto per ciascun componente di far parte contemporaneamente di più organismi di valutazione o nuclei di valutazione, posto a garanzia della indipendenza e imparzialità dei membri dei medesimi organismi;
tale norma si applica anche agli enti locali: recentemente il comune di Perugia, ad esempio, ha provveduto a nominare i membri del proprio OIV. Il predetto comune ha trasmesso al dipartimento della funzione pubblica i curricula vitae dei candidati individuati ma, successivamente, il dipartimento ha espresso parere non favorevole alla nomina di due componenti dell'O.I.V., in quanto risultano componenti dell'O.I.V. del comune di Assisi; pertanto non risultano rispettati i limiti delle 500 unità di personale dipendente in servizio presso le amministrazioni secondo quanto previsto al punto 9 della delibera ANAC n. 12, come modificata dalla decisione dell'11 giugno 2014. Ciò nonostante, il comune di Perugia, nella persona del sindaco, ha comunque provveduto a nominare i predetti componenti in seno all'OIV contravvenendo agli indirizzi e al parere non favorevole espresso dal dipartimento della funzione pubblica in materia, tanto che sulla vicenda è stata presentata anche una interrogazione al sindaco del comune di Perugia da parte del gruppo consiliare del Movimento 5 Stelle;
il comune di Perugia, certamente, non è l'unico ente che contravviene agli indirizzi espressi e al parere del dipartimento della funzione pubblica in materia di requisiti ed esclusività del rapporto per la nomina a membro dell'OIV;
eppure, i membri dell'OIV sono titolari di una serie di funzioni importanti in materia di monitoraggio del sistema di valutazione e trasparenza dell'attività amministrativa dell'ente pubblico ed in particolare: a) monitorano il funzionamento complessivo del sistema di valutazione, della trasparenza e integrità dei controlli interni ed elaborano una relazione annuale sullo stato dello stesso; b) comunicano tempestivamente le criticità riscontrate ai competenti organi interni di governo e di amministrazione, nonché alla Corte dei Conti, all'ispettorato della funzione pubblica e all'ANAC; c) garantiscono la correttezza dei processi di misurazione e valutazione; d) propongono all'organo di indirizzo politico-amministrativo la valutazione annuale dei dirigenti di vertice e l'attribuzione ad essi dei premi; e) promuovono e attestano l'assolvimento degli obblighi relativi alla trasparenza e all'integrità; f) verificano i risultati e le buone pratiche di promozione delle pari opportunità;
a giudizio degli interroganti, a fronte del mancato adeguamento degli enti locali agli indirizzi e pareri stabiliti dalla Commissione (Civit) in materia di requisiti ed esclusività del rapporto dei membri degli OIV, non vi sono sanzioni idonee ad impedirne la violazione –:
se il Governo sia conoscenza dei fatti descritti;
quali siano i dati sul numero dei pareri non favorevoli espressi dal dipartimento della funzione pubblica, in materia di requisiti e di criteri di nomina dei membri degli OIV degli enti locali e per quali motivi;
quali iniziative, anche di tipo normativo, intenda adottare il Governo per rendere più efficace e più rigoroso il rispetto delle norme in materia di criteri di nomina e di esclusività del rapporto dei membri degli OIV, nominati dagli enti locali, norme poste a garanzia della imparzialità, dell'indipendenza e dell'autonomia del medesimo OIV. (3-02307)
ZARDINI, ZAPPULLA e PASTORELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
il Parlamento ha approvato il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 convertito con modificazioni dalla legge 30 novembre 2013, n. 125, il quale prevede all'articolo 7 una deroga a favore delle categorie protette, incluse le persone disabili, al divieto di nuove assunzioni nel caso in cui le amministrazioni pubbliche registrano una situazione di soprannumerarietà. Il comma 6 disciplina la rideterminazione del numero di assunzioni obbligatorie delle categorie protette sulla base delle quote d'obbligo e dei criteri di computo previsti dalla normativa vigente, tenendo conto, ove necessario, della dotazione organica come rideterminata secondo la legislazione vigente ed il comma 7 assegna al dipartimento della funzione pubblica il compito di monitorare l'adempimento dell'obbligo da parte delle pubbliche amministrazioni;
la grave crisi economica e l'alto tasso di disoccupazione dell'Italia impegna il Governo a mettere in atto strategie che influenzino positivamente sul livello di crescita ed occupazionale del Paese, con particolare riguardo ai soggetti maggiormente coinvolti dall'emergenza sociale e tra questi i soggetti disabili, tutelati dalla legge 12 marzo 1999, n. 68, avente la finalità di «promozione dell'inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro» (articolo 1). Il decreto in questione risponde a tali esigenze se attuato in tempi veloci e non con i tempi lunghi della burocrazia;
la preoccupazione è quella di assistere a tempi troppo alti da parte della burocrazia pubblica per l'attuazione dell'articolo 7, commi 6 e 7, del decreto-legge n. 101 del 2013 rispetto agli adempimenti da porre in essere ed alle esigenze ed aspettative delle categorie protette, le quali da molto tempo aspirano ad entrare nel mondo del lavoro;
la nuova disposizione di legge dovrebbe concludere il processo di assunzione delle persone disabili promosso dall'Inps ed interrotto nella fase finale di reclutamento poiché la legislazione intervenuta nel frattempo non consentiva nuove assunzioni per le pubbliche amministrazioni che registravano personale eccedente o in soprannumero;
l'Inps con determinazione n. 438 del 2 dicembre 2011 ha avviato il processo di reclutamento (approvazione dello schema di convenzione, autorizzazione ai direttori regionali dell'istituto di stipulare lo schema di convenzione con le province, piano di assunzione per 250 unità rispetto alla scopertura di 495 di disabili). Dopo la stipula delle convenzioni e lo svolgimento delle prove di selezione viene comunicato agli interessati l'idoneità della prova, il posizionamento utile per l'assunzione e la richiesta di presentare la documentazione per perfezionare l’iter dell'assunzione; a questo punto l'Inps in data 11 febbraio 2013 sospende l'ultima fase del processo di reclutamento 4 seguito dell'introduzione del principio generale del divieto di assumere in assenza di posti disponibili nella dotazione organica;
nel caso dell'Inps i tempi lunghi del processo di reclutamento e selezione dei soggetti disabili non ha consentito l'assunzione dei soggetti interessati (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 gennaio 2013 successivo alla determinazione Inps n. 438 del 2 dicembre 2011) essendo intervenute alcune disposizioni di legge che vietano alle pubbliche amministrazioni che presentano una situazione di soprannumerarietà ed eccedenza della dotazione organica di effettuare nuove assunzioni –:
se non reputi urgente accelerare il completamento del processo di reclutamento dei soggetti disabili da parte dell'Inps e di eventuali altre pubbliche amministrazioni al fine di procedere nel più breve tempo possibile all'assunzione dei soggetti interessati che hanno partecipato alla selezione, sono risultati idonei alle prove di selezione ed hanno ricevuto da parte del datore di lavoro pubblico la comunicazione del risultato di idoneità alle prove di selezione e la richiesta di invio della documentazione per perfezionare l’iter di assunzione;
se non ritenga necessario intervenire affinché i datori di lavoro pubblici ed il dipartimento della funzione pubblica pubblichino nel proprio sito istituzionale i dati relativi alle quote d'obbligo scoperte a favore delle categorie protette posto che la trasparenza di tali informazioni mette nelle condizioni i cittadini di conoscere i comportamenti dei datori di lavoro pubblici riguardo lo stato di assunzioni delle categorie protette e le pubbliche amministrazioni di velocizzare gli adempimenti di cui all'articolo 7, commi 6 e 7, del decreto decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2013, n. 125;
se non reputi urgente porre particolare attenzione ai tempi di attuazione degli adempimenti previsti dal decreto-legge in questione affinché le aspettative delle categorie protette non vengano disattesi da comportamenti dilatori e burocratici che non corrispondono alle esigenze delle persone interessate e del Paese ed alla volontà del Governo. (3-02308)
ZARDINI, BARUFFI e PASTORELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
nonostante una netta inversione di tendenza che si è registrata nel corso dell'anno, l'alto tasso di disoccupazione dell'Italia ancora influisce negativamente sui soggetti disabili, tutelati dalla legge 12 marzo 1999, n. 68, la quale si pone l'obiettivo, in particolare, di promuovere l'inserimento e l'integrazione delle persone disabili nel mondo del lavoro e disciplina conseguentemente le assunzioni obbligatorie e le quote di riserva a favore dei soggetti disabili;
il decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125, ha eliminato gli ostacoli normativi che si frapponevano all'assunzione delle categorie protette nel caso in cui le pubbliche amministrazioni presentavano una situazione di soprannumerarietà di personale. Inoltre, tale decreto ha previsto l'assegnazione al dipartimento della funzione pubblica di una funzione di monitoraggio sugli adempimenti previsti dal comma 6, articolo 7, del medesimo decreto, relativi alla rideterminazione della dotazione organica e all'obbligo dell'assunzione, a tempo indeterminato, di un numero di lavoratori pari alla differenza fra il numero come rideterminato e quello allo stato esistente;
l'articolo 7, commi 6 e 7, tuttavia, non ha previsto anche l'obbligo delle pubbliche amministrazioni di pubblicare sul proprio sito istituzionale le quote d'obbligo scoperte a favore delle categorie protette e la trasparenza del monitoraggio assegnato al dipartimento della funzione pubblica –:
quale sia l'orientamento del Ministro interrogato sulla necessità di introdurre, a livello normativo, un vero e proprio obbligo di pubblicazione da parte della funzione pubblica dei risultati del monitoraggio di cui all'articolo 7, comma 6, del decreto-legge n. 101 del 2013 e delle pubbliche amministrazioni centrali e periferiche e degli enti territoriali dei dati e delle informazioni relative alle quote d'obbligo scoperte, al fine di mettere, da un lato, tutti i cittadini nelle condizioni di conoscere i comportamenti dei datori di lavoro pubblici, in un quadro di trasparenza delle pubbliche amministrazioni; dall'altro lato, per permettere alle pubbliche amministrazioni medesime di velocizzare gli adempimenti previsti dall'articolo 7, commi 6 e 7, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125;
se, nelle more dell'auspicata modifica normativa, il Ministro interrogato non valuti opportuno pubblicare comunque sul sito della funzione pubblica i risultati del monitoraggio previsto dal comma 6, articolo 7, del decreto-legge n. 101 del 2013, nonché se non ritenga opportuno assumere iniziative, per quanto di competenza, per la pubblicazione sul sito delle pubbliche amministrazioni, delle quote d'obbligo riservate a favore di queste categorie protette al fine di rendere conoscibile e trasparente ai cittadini la disponibilità di tali posti, e di facilitare così lo svolgimento degli adempimenti previsti perché essi vengano prontamente ricoperti;
se non reputi importante assumere iniziative normative volte a prevedere l'obbligo, da parte della funzione pubblica e delle pubbliche amministrazioni della pubblicazione, rispettivamente, del monitoraggio e dei dati e delle informazioni relative alle quote d'obbligo individuate.
(3-02309)
Interrogazione a risposta scritta:
CANCELLERI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
Mussomeli può vantare una serie di siti archeologici e aree di interesse culturale di straordinario valore e potenzialità;
il comune ha acquisito una «carta archeologica del territorio» di cui è in possesso da circa vent'anni, che elenca in dettaglio i beni di interesse presenti nella sua giurisdizione, dal castello Manfredonico, all'Antiquarium comunale, ai siti archeologici di Polizzello, Raffe, e poi Tre Fontane, Grotte, ed ancora ad un altro centinaio di aree e siti per i quali ad oggi non sono nemmeno partite le attività di scavo;
al momento, si rileva che verso questi importanti siti non vi è alcuna attenzione e si constata un generalizzato stato di incuria e di disinteresse;
se non si interviene contro l'incuria, i rischi concreti ed attuali consistono nella perdita di uno strumento di crescita e di ricchezza, nel decadimento irrimediabile dei beni, nel fiorire di una depredazione e di un traffico criminale ovvero nell'abbandono di questo patrimonio a favore di soggetti privati, anziché – come doveroso – dell'intera comunità, possibile abuso da parte di imprenditori o comuni cittadini a intervenire ed edificare là dove invece si trovano importanti testimonianze del nostro passato –:
se il Governo intenda porre in essere attività e interventi, per quanto di competenza, al fine di verificare lo stato dei beni e della loro gestione;
se il Governo intenda accertare, per quanto di competenza, se siano verificati episodi di vandalismo o sottrazione o altro;
se il Governo intenda porre in essere iniziative al fine di consentire la rivalutazione e la valorizzazione del patrimonio storico, archeologico e culturale del territorio. (4-13474)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interrogazione a risposta in Commissione:
LUIGI GALLO, VACCA, D'UVA, SIMONE VALENTE, BRESCIA, COLONNESE e AGOSTINELLI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
la soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia, sotto la direzione di Massimo Osanna, in data 15 dicembre 2014, ha bandito una gara per il «Miglioramento delle modalità di visita e per il potenziamento dell'offerta culturale del sito archeologico di Pompei», codice identificativo gara: 6023328F7E, da aggiudicare con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa ai sensi degli articoli 81, comma 1, 83, comma 1, e 84 del codice degli appalti, per un importo totale da quadro economico iniziale di 2.326.268,79 euro, Iva esclusa, avente come responsabile unico di procedimento Adele Lagi;
la commissione di gara, avente come presidente lo stesso soprintendente Massimo Osanna, in data 1o aprile 2015, ha designato impresa aggiudicataria il Consorzio «Arte'm Net» corrente in Napoli, Via Argine, 1150, codice fiscale n. 06144681217, con l'assegnazione di un punteggio totale 75,138 ed un ribasso offerto, rispetto alla base d'asta, del 18,33 per cento;
ben maggiori, tuttavia, erano le percentuali di ribasso offerte dalle altre tre imprese partecipanti al bando di cui sopra: 22,58 per cento la Ett S.p.a.; 24,88 per cento la Space S.p.a.; 25,40 per cento Cinecittà Allestimenti e Tematizzazioni;
l'impresa aggiudicataria del suddetto bando, Consorzio «Arte'm Net», come dichiarato sul proprio sito internet, è un consorzio costituito a Napoli nel settembre del 2008 che include, inter alia, «L'Erma di Bretschneider», casa editrice specializzata in archeologia;
«L'Erma di Bretschneider» ha un rapporto di collaborazione con «Osanna Edizioni», casa editrice di proprietà della famiglia del soprintendente Massimo Osanna, occupandosi di curare le pubblicazioni estere di quest'ultima, come dichiarato anche nello stesso sito internet della «Osanna Edizioni»;
«L'Erma di Bretschneider», inoltre, come riportato da Thonnas Mackinson in data 01 ottobre 2015 ne ilFattoQuotidiano.it, ha realizzato e distribuito, in occasione dell'EXPO e contestualmente alla mostra allestita a Roma presso l'Ara Pacis dal 2 luglio al 15 novembre 2015, un catalogo, del prezzo di 80,75 euro, dal titolo «Nutrire l'Impero. Storie di alimentazione da Roma e Pompei», riportante testi di Massimo Osanna e Adele Lagi;
il Consorzio «Arte'm Net» si era già visto aggiudicare un altro bando di gara della Soprintendenza Speciale per Pompei, Ercolano e Stabia, codice identificativo gara: 0502660825, per I) progettazione e realizzazione editoriale, II) progettazione e realizzazione oggettistica e III) vendita di prodotti editoriali e oggettistica presso i siti di Scavi di Pompei e Scavi di Ercolano, dietro corresponsione fissa annua di 15.000,00 euro più una quota percentuale complessiva sul fatturato, al netto dell'Iva, del 9 per cento;
il responsabile unico della procedura di gara 6023328F7E, Adele Lagi, che ha collaborato con la «Prismi Arte'm», impresa facente parte del consorzio «Arte'm NET», per talune pubblicazioni, come ad esempio nel catalogo dal titolo: «Rosantico. Natura, bellezza, gusto, profumi tra Paestum, Padula e Velia»; la società Cinecittà Allestimenti Tematizzazioni, con numero di registro generale 2707 del 2015, ha presentato ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione quarta contro la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo nei confronti del Consorzio «Arte'm NET» al fine di accedere agli atti, censurati dall'amministrazione, della gara di cui sopra, ottenendo la sospensiva dell'aggiudicazione in data 10 luglio 2015;
in seguito ad insoddisfacente documentazioni sulle procedure telematiche di aggiudicazione della gara, in quanto i log di sistema rilasciati risultavano privi dei relativi codici di decrittazione, con numero di registro generale 4324 del 2015, Cinecittà Allestimenti Termatizzazioni, Rti Cinecittà – Ibm Italia Spa – Hgv Advertising hanno presentato ricorso presso il medesimo tribunale contro il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ottenendo l'obbligo, da parte dell'amministrazione, dell'esibizione degli atti e la nomina del prefetto di Napoli come commissario ad acta per la verifica della legittimità dell'affidamento in data 24 settembre 2015;
ciononostante, in data 2 ottobre 2015, la Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia ha proceduto alla stipula del contratto con il Consorzio «Arte'm NET» per 1.843.504,76 euro escluso Iva;
recentemente, in data 21 aprile 2016, l'Autorità nazionale anticorruzione, esaminando l’iter di selezione delle professionalità da destinare alla Segreteria tecnica di progettazione del «Grande Progetto Pompei», con bando protocollo n. 9223 del 21 agosto 2014 emanato dalla Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia, ha rilevato «la sussistenza di un'ipotesi di conflitto di interessi» nei confronti del soprintendente Massimo Osanna, nella sua veste di responsabile del procedimento e come presidente della Commissione di concorso perché uno dei candidati, risultato poi secondo classificato e quindi in posizione utile alla stipula di un contratto, sarebbe stato, nel 2012, vincitore di una borsa di ricerca della «Fondazione Von Humboldt» presso la scuola di specializzazione di Matera, all'epoca diretta da Massimo Osanna, nonché coautore di un volume curato assieme al medesimo;
risulterebbero ulteriori elementi concernenti il Consorzio «Arte'm NET» che, a quanto consta agli interroganti, potrebbero sollevare dubbi di conflitti di interessi o comunque collegamenti atti a favorire il suddetto Consorzio, che sono rappresentati dal fatto che Maria Utili, direttrice del polo museale della Campania, è la moglie di Guido Savarese, direttore editoriale del Consorzio «Arte'm NET»;
in base a quanto finora espresso, malgrado il Presidente del Consiglio dei ministri abbia più volte innalzato Pompei a «simbolo dell'Italia che riparte», appare quantomeno equivoca la gestione di taluni bandi di gara e di selezione da parte della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia, specie in considerazione dell'Orientamento n. 95 dell'Autorità nazionale anticorruzione del 7 ottobre 2014, secondo cui «qualora sussista un conflitto di interessi anche solo potenziale, l'obbligo di astensione dei pubblici dipendenti di cui all'articolo 6-bis della legge n. 241 del 1990 costituisce una regola di carattere generale che non ammette deroghe ed eccezioni» –:
se il Ministro interrogato non ritenga urgente disporre la sospensione delle gare d'appalto e di selezione che, sulla base dei fatti descritti in premessa, presentino un sospetto conflitto di interessi anche solo potenziale;
quali iniziative intenda adottare in considerazione delle vicende descritte in premessa e quali iniziative intenda intraprendere nei confronti dei succitati pubblici dipendenti facenti capo al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo che non abbiano rispettato l'obbligo di astensione nel caso di potenziale conflitto d'interesse nell'esercizio delle proprie funzioni. (5-08886)
Interrogazione a risposta scritta:
MANNINO e DI BENEDETTO. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (di seguito MiBACT) con il decreto ministeriale 23 gennaio 2016, articolo 1, comma 2 (decreto adottato sulla base dell'articolo 1, comma 327, della legge 28 dicembre 2015, n. 208), ha disposto la fusione fra la direzione generale «Archeologia» e la direzione generale «Belle arti e paesaggio», creando così la direzione generale «Archeologia, belle arti e paesaggio», alla quale è stato affidato il compito di coordinare ed indirizzare le attività di tutela dei beni culturali e paesaggistici sull'intero territorio nazionale;
con il medesimo decreto ministeriale 23 gennaio 2016, articolo 6, ha istituito, quale ufficio dirigenziale generale periferico, il Museo nazionale romano;
lo stesso Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con circolare n. 67 del 13 aprile 2016, ha dato avvio alla procedura di interpello volta al conferimento degli incarichi di livello dirigenziale generale di: direttore della direzione generale «Archeologia, belle arti e paesaggio», direttore del Museo Nazionale Romano;
al detto interpello ha risposto, fra gli altri, la dottoressa Caterina Bon di Valsassina e Madrisio, direttrice generale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, preposta alla direzione generale educazione e ricerca (non interessata dagli interventi riorganizzativi operati con il decreto ministeriale 23 gennaio 2016);
la procedura selettiva, conseguente all'interpello, si sarebbe dovuta svolgere, secondo quanto disposto dalla medesima circolare n. 67/2016, secondo le modalità stabilite dall'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché «nel rispetto dei principi e dei criteri delle procedure delineati dal decreto ministeriale 27 novembre 2014»;
l'articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001 (vedi comma 1, primo periodo) stabilisce che: «Ai fini del conferimento di ciascun incarico di funzione dirigenziale si tiene conto, in relazione alla natura e alle caratteristiche degli obiettivi prefissati ed alla complessità della struttura interessata, delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente, dei risultati conseguiti in precedenza nell'amministrazione di appartenenza e della relativa valutazione, delle specifiche competenze organizzative possedute...»;
il decreto ministeriale 27 novembre 2014, all'articolo 4 [comma 1, lettera c)], ai fini della valutazione delle istanze pervenute a seguito dell'interpello, statuisce che: «Alla scadenza del termine per la presentazione delle domande di partecipazione alla (...) cosiddetta procedura di interpello, il Direttore della Direzione generale Organizzazione (...) invia (...) tutta la documentazione al Ministro per la valutazione comparativa delle domande ai fini del conferimento dell'incarico. In particolare (...) la valutazione comparativa delle domande e dei curricula dei candidati è condotta sulla base dei criteri di cui all'articolo 2 del presente decreto (natura degli obiettivi, complessità delle strutture, attitudini, capacità professionali e percorsi formativi dei dirigenti interessati, eccetera), tenendo presente sia l'interesse pubblico prioritario di individuare il dirigente avente le competenze e le capacità professionali più idonee a garantire l'ottimale ed efficace svolgimento delle funzioni connesse agli incarichi (...) sia l'esigenza di assicurare il buon andamento e la piena funzionalità dell'Amministrazione.»;
le funzioni specifiche da svolgersi, presso la direzione generale «Archeologia, belle arti e paesaggio», da parte del direttore generale ad essa preposto sono distintamente individuate dall'articolo 2 del decreto del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo del 23 gennaio 2016;
le dette funzioni sono finalizzate alla tutela del patrimonio culturale (inteso come insieme di beni culturali e beni paesaggistici) e, in conformità a quanto disposto dall'articolo 3 del codice dei beni culturali e del paesaggio, l'attività di tutela si estrinseca essenzialmente nell'esercizio di funzioni indirizzate ad individuare i beni che costituiscono il patrimonio culturale e ad assicurarne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione, mediante l'adozione di provvedimenti atti a conformare e regolare diritti e comportamenti inerenti i detti beni;
la preferenza accordata alla dottoressa Bon di Valsassina e Madrisio rispetto agli altri concorrenti è stata motivata con la asserita necessità del potenziamento, presso le Soprintendenze, delle attività di educazione e ricerca e quindi, con l'esigenza di avere, quale direttore generale Archeologia, belle arti e paesaggio un dirigente generale esperto di educazione e ricerca;
la Corte dei conti, in sede di registrazione del decreto di nomina della dottoressa Bon ha fatto rilievo avverso la preposizione della stessa alla direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio, eccependo, per un verso, la singolarità delle scelte dell'amministrazione, che ha lasciato senza incarico due direttori generali di ruolo, pur avendo a disposizione due posti di funzione dirigenziale generale ancora da assegnare: il posto di direttore generale educazione e ricerca (lasciato libero per effetto della nomina della dottoressa Bon ad altro incarico) ed il posto di direttore del Museo nazionale romano (non assegnato all'esito dell'interpello di cui s’è detto), e richiedendo, per altro verso, all'amministrazione di dare contezza delle valutazioni effettuate nello scegliere la dottoressa Bon per il nuovo incarico, relativamente all'interesse di assicurare l'ottimale svolgimento delle nuove funzioni ed alla difficoltà che ciò potesse essere assicurato da parte di una dirigente prossima al pensionamento (che avverrà nel 2018) e quindi impossibilitata a portare a termine l'incarico affidatole;
ad oggi il provvedimento di preposizione della dottoressa Bon di Valsassina e Madrisio alla nuova direzione non è stato ancora registrato, il che riverbera i suoi effetti sulla correttezza dell'azione amministrativa della tutela, funzione delicatissima e fondamentale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, oltre che sull'assetto organizzativo complessivo del Ministero (ove permangono due direzioni generali prive di titolare e le nuove Soprintendenze territoriali uniche prive dei nuovi dirigenti da preporre ad esse);
risulta, dagli atti, che:
a) la dottoressa Bon di Valsassina e Madrisio si è occupata, come dirigente di seconda fascia, quasi esclusivamente di funzioni afferenti al restauro del patrimonio storico-artistico, essendo stata preposta per molti anni (novembre 2002/aprile 2010) alla direzione dell'Istituto centrale per il restauro, mentre ha svolto per pochissimo tempo funzioni di tutela sul territorio, e peraltro limitata al solo settore storico-artistico, quale Soprintendente per il patrimonio storico artistico di Milano (dal febbraio al giugno del 2001 e poi, presumibilmente, dal giugno 2001 al novembre 2002);
b) nessun provvedimento significativo in materia di tutela del patrimonio archeologico storico-artistico, paesaggistico è rinvenibile nel curriculum della dottoressa Bon di Valsassina e Madrisio con riguardo al periodo di tempo durante il quale essa ha svolto funzioni dirigenziali di prima fascia, dapprima come direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici della Lombardia (aprile 2010/dicembre 2014) e poi come direttore generale preposto alla direzione Educazione e ricerca, mentre abbondano, in detto curriculum i riferimenti ad accordi per la valorizzazione del patrimonio culturale, oltre ad attività connesse alla presentazione di libri, allo svolgimento di alcune gare d'appalto, a mostre e altro, tutte attività che con le funzioni di tutela, che il direttore preposto alla direzione generale Archeologia belle arti e paesaggio è chiamato a svolgere, hanno poca attinenza e non possono servire ad avviso delle interroganti a integrare e giustificare il possesso di quelle attitudini che pure sono oggetto di specifica valutazione in sede di accertamento della coerenza e congruenza del profilo professionale posseduto dal partecipante all'interpello rispetto alle future funzioni da svolgere;
c) dall'esame del curriculum della dottoressa Bon di Valsassina e Madrisio non è infine evincibile in modo evidente, a giudizio delle interroganti, lo svolgimento di attività di indirizzo nei confronti degli uffici dipendenti, benché una tale attività fosse comunque prevista anche con riguardo alla direzione generale Educazione e ricerca, quantomeno in ordine al coordinamento delle iniziative atte ad assicurare la catalogazione del patrimonio culturale, ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 42 del 2004 (vedi articolo 13, comma 2, lettera l) del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 agosto 2014, n. 171, recante il regolamento di organizzazione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo);
da quella che appare alle interroganti una mancata valutazione dei curricula e dalla conseguente nomina di una figura dirigenziale il cui percorso è fortemente incentrato sulla ricerca, può derivare il rischio di un lento ed inesorabile smantellamento della tutela pubblica e di una marginalizzazione dei ranghi tecnici della tutela stessa –:
secondo quali criteri sia stata operata la scelta di preporre la dottoressa Bon di Valsassina e Madrisio alla direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio e, in particolare, se tale scelta sia stata fatta, come prescritto dalla legge, previo effettivo confronto fra i curricula dei vari candidati;
se non si intenda procedere alla revoca del decreto di nomina della dottoressa Bon di Valsassina e Madrisio ed alla effettuazione ex novo del procedimento di comparazione fra i curricula dei candidati stessi, in ottemperanza ai principi costituzionali di buon andamento ed imparzialità dell'azione amministrativa, a giudizio delle interroganti palesemente violati nel corso del procedimento, conclusosi con la preposizione della dottoressa Bon alla nuova direzione competente per la tutela unica del patrimonio culturale. (4-13470)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:
PELILLO e BINI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la possibilità di usufruire delle agevolazioni fiscali per l'acquisto della prima casa, nella particolare fattispecie dell'acquisto di immobili in corso di costruzione, non trova alcuna esplicita collocazione all'interno della disciplina normativa di riferimento;
l'articolo 1, nota II-bis), della tariffa, parte prima, allegata al testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 determina le condizioni necessarie per ottenere dette agevolazioni; tra queste, quella che l'immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l'acquirente ha o stabilisce la propria residenza entro diciotto mesi dall'acquisto;
la Corte di cassazione si è pronunciata in modo deciso, sostenendo che le agevolazioni per l'acquisto della prima casa sono usufruibili anche nel caso di acquisto di immobile in corso di costruzione (si vedano Cassazione civile n. 9149/00, 9150/00, 5297/01, 8163/02, 3604/03, 18300/04 e 10011/09);
anche la prassi ministeriale ha avuto modo di esprimersi in aderenza al predetto indirizzo giurisprudenziale, laddove, con le circolari n. 19/E del 10 marzo 2001 e, da ultimo, n. 38/E del 12 agosto 2005, ha affermato, senza dubbi di sorta, che la condizione essenziale al fine di mantenere le agevolazioni fiscali relative alla prima casa, coincida con la dimostrazione dell'ultimazione dei lavori nei termini di decadenza del potere di accertamento dell'ufficio relativamente alla sussistenza dei requisiti per la fruizione dei predetti benefici (tre anni dalla registrazione dell'atto pubblico ex articolo 76, del decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986); da ciò, pertanto, consegue, secondo la prassi ministeriale, che il potere di accertamento in capo all'ufficio (triennio decadenziale) inizi a decorrere dall'ultimazione dei lavori;
ancora la Corte di cassazione, più di recente, con l'ordinanza n. 3507 dell'11 febbraio 2011 ha rigettato un ricorso dell'Agenzia delle entrate, indicando chiaramente che «... alla stregua del quadro normativo di riferimento e dei richiamati principi, al termine valorizzato in ricorso (18 mesi dall'acquisto) avente carattere meramente sollecitatorio, non può riconoscersi natura perentoria, cui riconnettere della decadenza, effetto che deve, invece, ricollegarsi solo all'inutile decorso del termine triennale...»;
anche la Commissione tributaria regionale di Venezia, sezione XXIX, si è espressa con una pronuncia di merito in relazione alla problematica in questione, ovverosia alla determinazione del dies a quo far decorrere il termine dei diciotto mesi per trasferire la residenza;
con sentenza n. 34 del 22 ottobre 2007 la predetta Commissione tributaria ha affermato, infatti, che in ipotesi di acquisto di immobile in corso di costruzione e partendo dalla pacifica ed assodata possibilità di usufruire delle agevolazioni per l'acquisto della prima casa, il termine dei diciotto mesi entro cui l'acquirente deve trasferire la residenza decorre non dalla registrazione dell'atto pubblico, ma dal giorno in cui detto immobile è divenuto effettivamente idoneo all'utilizzo ed al soddisfacimento dell'esigenza abitativa, avendo cura di indicare che i lavori devono essere ultimati entro tre anni dall'acquisto;
il percorso logico-giuridico sviluppato dalla Commissione tributaria regionale del Veneto, in assenza di riferimenti contenuti nel decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, ritiene di dover applicare le regole generali contenute nel codice civile, e segnatamente l'articolo 2964, che disciplina il computo della decadenza dal momento in cui il potere (o diritto) può essere esercitato;
ancor più recentemente la sentenza della Commissione tributaria regionale di Firenze n. 526 del 2011, pronunciata in data 12 dicembre 2012, ha ribadito gli esiti ai quali è pervenuta la Corte di Cassazione, riguardo alla caratteristica non perentoria ma di natura «meramente sollecitatoria» del termine dei 18 mesi;
diverse commissioni tributarie e la stessa Corte di Cassazione ha o più volte riconosciuto l'impossibilità per causa di forza maggiore, del contribuente, a trasferire la propria residenza nell'abitazione acquistata nei termini previsti, avvalorando l'interpretazione che residenza e relativa costruzione o abitazione acquistata non possano essere tra loro scollegate;
l'Amministrazione finanziaria avrebbe inviato alcuni avvisi di accertamento per recuperare l'indebito utilizzo delle agevolazioni (consistenti in IVA e imposta di registro ridotte, a seconda dei casi, oltre a interessi e sanzioni) sulla base del presupposto secondo il quale gli acquirenti che non hanno provveduto a trasferire la residenza nel comune entro 18 mesi dalla registrazione dell'atto pubblico di acquisto non sarebbero in regola;
il requisito del trasferimento della residenza, spiega formalmente l'Agenzia delle entrate, non è da intendersi come trasferimento nell'immobile acquistato, ma, più genericamente, trasferimento nel territorio del comune dove l'immobile acquistato è ubicato;
tale interpretazione, ovviamente, favorisce chi acquista l'immobile nel medesimo comune dove già risiede e penalizza maggiormente chi invece sta costruendo la propria abitazione in un comune nel quale non risiede, in quanto chi costruisce la propria prima casa nel comune in cui già risiede ha tre anni di tempo per costruirla, mentre chi non è già residente nel comune in cui sta costruendo ha solo 18 mesi, periodo entro il quale deve trasferire necessariamente la residenza per non perdere le agevolazioni concesse;
l'interpretazione dell'Agenzia delle entrate non sembra allinearsi a quanto indicato nelle citate sentenze, che richiamano la necessità di riconoscere l'impossibilità per causa di forza maggiore, del contribuente, a trasferire la propria residenza nell'abitazione acquistata nei termini previsti dalla legge;
è del tutto evidente che occorre determinare con chiarezza, nel caso di acquisto di un immobile in corso di costruzione, il giorno dal quale far decorrere il termine dei diciotto mesi utili per trasferire la residenza, al fine di potere usufruire delle citate agevolazioni fiscali;
la soluzione del problema potrebbe essere conseguita prevedendo che il termine di 18 mesi per acquisire la residenza decorra dal momento in cui il comune rilascia il certificato di agibilità dell'immobile e quindi effettivamente la costruzione ha avuto termine, oppure prevedendo la decadenza dalle agevolazioni per l'acquisto della prima casa esclusivamente decorso un triennio dall'acquisto –:
quali iniziative intenda assumere al fine di chiarire definitivamente che il termine dei diciotto mesi per trasferire la residenza, utile per usufruire delle agevolazioni fiscali per la prima casa, qualora si tratti di acquisto di un immobile in corso di costruzione, decorre dalla data di rilascio del certificato di agibilità dell'immobile e salvaguardare in tal modo i contribuenti che si sono trovati, per causa di forza maggiore, impossibilitati a trasferire la propria residenza nell'abitazione acquistata nei termini previsti dalla legge.
(5-08887)
GEBHARD. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 16, comma 1, del decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 aprile 2016, n. 49, prevede la modifica della disciplina fiscale dei trasferimenti immobiliari nell'ambito di vendite giudiziarie, limitando l'applicazione ai soggetti che svolgono attività d'impresa e dichiarano l'intenzione di rivendita entro due anni;
il successivo comma 2 disciplina, invece, il caso in cui non si realizzi la condizione del trasferimento entro il biennio, prevedendo il pagamento delle imposte in misura ordinaria, pari al 9 per cento, e una sanzione amministrativa del 30 per cento oltre agli interessi di mora, con possibilità di recuperare le imposte ordinarie da parte dell'amministrazione finanziaria a decorrere dalla scadenza del biennio;
il comma 2-bis, infine, prevede le agevolazioni fiscali in caso di trasferimenti immobiliari nell'ambito di vendite giudiziarie di cui al comma 1 anche a favore di soggetti che non svolgono attività d'impresa, purché ricorrano i requisiti richiesti dalla legge per usufruire dell'agevolazione fiscale cosiddetta «prima casa», di cui all'articolo 1, alla nota II-bis) del decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, recante il testo unico dell'imposta di registro –:
un soggetto che svolge attività d'impresa possa demolire o trasformare o dividere i beni immobili acquistati ai sensi dell'articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 18 del 2016 e rivenderli entro due anni senza che si realizzi la condizione prevista dal comma 2 del citato articolo e se una persona fisica iscritta alla camera di commercio come piccolo imprenditore agricolo, ma senza i requisiti di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale iscritto nella relativa gestione previdenziale ed assistenziale per poter usufruire delle agevolazioni fiscali previste per la piccola proprietà contadina (articolo 2, comma 4-bis, del decreto-legge n. 194 del 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, come da ultimo modificato dall'articolo 1, commi 906 e 907, della legge di stabilità per il 2016), possa godere, invece, dell'agevolazione fiscale di cui articolo 16 del decreto legge n. 18 del 2016. (5-08888)
ALBERTI, VILLAROSA, PESCO, RUOCCO e PISANO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il Governo ha predisposto diverse misure volte a patrimonializzare le banche al fine di compensare l'aumento delle sofferenze e delle perdite patrimoniale;
le misure predisposte dal Governo implicano un ingente ricorso, in modo diretto o indiretto, alle risorse erariali e per tal motivo sarebbe utile comprendere quale sia il volume complessivo delle perdite delle banche e delle società d'investimento derivanti da investimenti finanziari rispetto alle perdite derivanti da attività di credito a favore dell'economia reale in modo tale da comprendere se l'utilizzo di tali risorse sia più o meno opportuno –:
quale sia, dai dati in possesso del Governo, il volume totale delle perdite delle banche e delle società d'investimento derivanti da investimenti finanziari ed il relativo dato disaggregato per singole banche e società d'investimento. (5-08889)
SANDRA SAVINO e BRUNETTA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
il Vice Ministro dell'economia e delle finanze, Enrico Zanetti, nel corso della trasmissione televisiva Agorà del 9 giugno 2016 in onda su Rai 3 ha invitato il presidente della Consob Giuseppe Vegas a dimettersi, a margine di quanto emerso nella trasmissione di Report, in onda su Rai 3 domenica 5 giugno, in merito al mancato utilizzo degli scenari di probabilità nel collocamento di titoli;
a tal riguardo, è opportuno ricordare la puntata di Piazza Pulita su La7 del 21 gennaio 2016, in cui al Vice Ministro Zanetti è stata contestata la sua dichiarazione in cui, in passato, aveva fornito ampie rassicurazioni sulla circostanza che le obbligazioni subordinate sarebbero state garantite anche in caso di bail in;
la Consob, come riportato su più quotidiani, ha inflitto, nel mese di maggio 2016, una multa di 495 mila euro a Veneto Banca; il Vice Ministro Enrico Zanetti, come apertamente sostenuto dallo stesso, è un socio di Veneto Barca a questo punto occorre capire se l'esternazione del Vice Ministro Zanetti dello scorso 9 giugno 2015 sia da ricondurre al suo ruolo politico ovvero a quello di esponente del Governo oppure a quello di socio di una Banca sanzionata dalla Consob; in ogni caso, al di là dell'opportunità che un Vice Ministro in carica si lanci in commenti sul vertice di un’Authority che ha aperto un dossier sulla banca di cui lo stesso è socio, in evidente conflitto di interesse, farebbe bene il Vice Ministro Zanetti, peraltro ai vertici di un dicastero importante come quello dell'economia e delle finanze, a documentarsi preventivamente per acquisire quella competenza che, nel caso di specie, ha secondo gli interroganti ampiamente dimostrato di non possedere;
infatti, l'intervento del Vice Ministro Enrico Zanetti è stato commentato sul Sole 24 ore del 10 giugno 2016, dal giornalista Alessandro Plateroti, il quale, nell'ambito di un articolo dal titolo «Le frasi avventate e le certezze che servono», nello stigmatizzare quello che ha definito uno «scivolone» dell'esponente di Governo, sottolineando, altresì, come «per un viceministro essere competente su una certa materia non è obbligatorio», lo stesso Plateroti sottolinea come «lo scenario probabilistico evidenzia la percentuale di sicurezza nel guadagno o nella perdita di un bond rispetto al rischio di un BTp decennale: tesi suggestiva, ma fuorviante e smentita nei fatti. Non solo perché ogni banca creava il proprio modello di “scenario probabilistico” senza verifiche o riscontri dell’Authority, inficiandone così la credibilità, ma i risultati dell'esperimento furono pessimi: nella maggioranza dei casi, o i risparmiatori non tenevano conto del grado di pericolosità rilevato e compravano lo stesso i bond, o si fidavano di indici di guadagno altissimi e poi perdevano quasi tutto»;
nell'ambito dello stesso articolo viene evidenziato che due bond emessi dalla Popolare di Vicenza nel 2009 e nel 2010 – in un periodo, quindi, in cui la crisi economica era nel massimo della sua virulenza – avevano «in grande evidenza lo scenario probabilistico: il guadagno potenziale sui BTp nell'emissione del 2009 era stato fissato dalla banca all'83,7 per cento mentre quello successivo dava una sicurezza di profitto all'80 per cento. Come stia oggi la Popolare di Vicenza è noto a tutti: la banca è quasi fallita e le obbligazioni sono in forte perdita rispetto al BTp e al prezzo di emissione.»;
ancora più eclatante è un altro esempio riportato dal giornalista Plateroti, nell'ambito del suo articolo, in cui evidenzia che «ma il caso più grottesco è quello della Bcc di Bene Vagienna (Cuneo): l'istituto collocò tra i clienti nel gennaio 2011 un bond in cui lo scenario probabilistico fissava la certezza di guadagno al 71,5 per cento; dopo appena due anni la banca cooperativa fu commissariata dalla Banca d'Italia per evitare il fallimento.»;
appare di tutta evidenza, quindi, che, contrariamente a quanto emerso dalla puntata di Report del 5 giugno 2016, l'utilizzo degli scenari probabilistici sembrerebbe costituire un grosso rischio per i risparmiatori e gli investitori, stante l'elevato grado di incertezza che li caratterizza, nonché per la scarsa comprensibilità degli stessi;
infatti, anche un test condotto dalla Commissione europea nel 2015 ne ha riconosciuto il basso grado di comprensione;
la stessa Associazione per i diritti degli utenti e dei consumatori (ADUC), con un comunicato dell'8 giugno 2016, ha evidenziato, con riguardo alla tabella contenente gli scenari probabilistici, che «In un mondo ideale quella tabella dovrebbe essere nella prima pagina di ogni prospetto informativo insieme ai dati essenziali che identificano il prodotto. Dobbiamo, però, dirci la verità. Nel breve periodo nel quale gli scenari probabilistici erano inseriti nei prospetti, ciò non ha impedito di vendere le solite schifezze regolarmente vendute dagli intermediari finanziari. Tanto per fare un esempio, il prospetto informativo del famigerato «Convertendo della Banca Popolare di Milano» (che ha fatto perdere molti soldi a decine di migliaia di piccoli risparmiatori) riportava che vi era il 68,5 per cento di probabilità di avere un rendimento negativo contro il 24,3 per cento di avere un rendimento superiore al tasso privo di rischio. Proprio all'inizio del prospetto informativo, era scritto a chiare lettere: «In quanto titoli strutturati illiquidi, le Obbligazioni sono destinate ad investitori esperti. Il grado di rischio dell'investimento finanziario è classificato «molto alto». Si invitano gli investitori a valutare attentamente le informazioni contenute nella presente Avvertenza, nei Fattori di Rischio nonché nell'intero Prospetto Informativo, al fine di effettuare, compatibilmente con il proprio profilo di rischio, un corretto apprezzamento dell'investimento. A tal fine si veda nella Nota di Sintesi, Paragrafo 6 e nella Sezione Prima, Capitolo 4, Paragrafo 4.3.1, del Prospetto Informativo, la tabella relativa agli scenari probabilistici a scadenza dell'investimento finanziario basati sul confronto con i possibili esiti dell'investimento in un'attività finanziaria priva di rischio al termine del medesimo orizzonte temporale. Queste informazioni, facilmente reperibili, non hanno impedito a decine di migliaia di investitori di buttare i propri soldi sottoscrivendo una schifezza del genere»;
lo stesso Consiglio di Stato, con Sentenza n. 05962/2012 Reg. Prov. Coll. del 27 novembre 2012, si è pronunciato in ordine alla non efficacia degli scenari di probabilità, rilevando, a seguito di una specifica CTU, disposta dal giudice, che «(...) lo scenario delle ipotesi diventerebbe talmente ampio da rendere debole qualsiasi stima, come del resto comprovato dal serrato dibattito sorto proprio sulla quantificazione di tale componente. Considerato peraltro che «....non si può limitare il rischio modello alla esistenza o meno di modelli di calcolo quantitativi comunemente utilizzati, in quanto ciascuna formula statistica necessita di opportune calibrazioni sulla serie di dati disponibili e il risultato finale è condizionato dalla qualità stessa del dato «input» e che "con riferimento al contratto in esame la mancanza di dati direttamente utilizzabili per il pricing alla stipula genera di certo un rischio modello del quale comunque non si è tenuto conto “(...)”»;
tra l'altro, l'economista Angelo De Mattia, in un articolo dal titolo «Le risposte di Vegas sulla Consob» del 9 giugno 2016, scritto sull’Unità, nel mettere in dubbio la validità e non essenzialità degli scenari probabilistici, ha evidenziato che «se viene meno una tale condizione riguardante l'affidabilità degli scenari per ragioni massimamente tecniche o perché, comunque, sono molteplici e non affatto agevolmente prevedibili le variabili alla base degli scenari, allora tutta la querelle viene smontata come un castello di carta»;
altro dato non trascurabile che viene posto in rilievo dal giornalista De Mattia, è quello secondo cui non bisogna dimenticarsi che «alla redazione di questi scenari sono interessate schiere di esperti, con tutto quel che ciò significa. Insomma (...) occorre evitare che lo strumento stesso finisca poi per trarre oggettivamente in inganno, pur volendosi perseguire finalità opposte»;
a tal riguardo, in data 10 giugno 2016, è stato trasmesso, tra gli altri, al secondo firmatario del presente atto, indirizzato a tutti i capi gruppo di Camera e Senato, un esposto anonimo, con tanto di e-mail allegate, da cui emergerebbe che taluno dall'interno della Consob abbia attivamente preso parte a fornire elementi, documentazione, consigli a soggetti esterni per condizionare le decisioni della Commissione;
dalla documentazione arrivata, quindi, anche ai parlamentari, la cui fondatezza deve essere, comunque, verificata, e c’è chi lo farà, emergerebbe che taluno, che avrebbe dovuto vigilare sugli scenari probabilistici, di fatto agiva per mettersi d'accordo proprio con quei soggetti su cui la Consob avrebbe dovuto vigilare o che comunque avrebbero probabilmente tratto un interesse economico diretto dall'utilizzo degli scenari probabilistici;
l'economista Angelo De Mattia, in un articolo dal titolo «Al primo posto la tutela del risparmiatore» pubblicato sull’Unità in data 13 giugno 2016 ha sottolineato che «sarebbe anche interessante che alcuni organismi, che a suo tempo avevano avanzato dubbi e critiche sugli scenari ora si esprimessero, evitando di mantenersi defilati come se si trattasse solo di res inter alios.»,
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per accertare i fatti in premessa indicati, con particolare riguardo, ma non solo, alla compatibilità comunitaria dell'utilizzo degli scenari di probabilità nella scheda prodotto destinata agli investitori e nel prospetto e, ove gli stessi dovessero risultare compatibili con la disciplina europea di riferimento, alla preventiva ed oggettiva verifica della piena efficacia degli scenari probabilistici come strumento a tutela dei risparmiatori e degli investitori, anche alla luce di quanto rilevato in premessa. (5-08890)
PAGLIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
molti dei contribuenti lavoratori impegnati in questi giorni negli adempimenti legati alla dichiarazione dei redditi 2016 sono assillati da un dilemma: quello se presentare o meno il modello 730, rinunciando così anche al beneficio fiscale delle eventuali detrazioni da lavoro;
invero, il suddetto dilemma intere sa tutti quei lavoratori percettori di reddito da lavoro che pur avendo ricevuto in busta paga cosiddetto «bonus 80 euro», temono che una volta presentato il modello 730, con il quale viene rideterminata l'imposta anche tenendo conto di altri redditi ed eventuali deduzioni e detrazioni, debbano integralmente o parzialmente restituirlo perché risultati incapienti o per aver superato il limite di reddito dei 26.000 euro che dà diritto allo stesso bonus;
ad alimentare il dubbio è stata la notizia, balzata agli onori della cronaca delle ultime settimane, che circa un milione e mezzo di contribuenti italiani che hanno ricevuto nell'anno 2015 il bonus in busta paga, dovranno restituirlo al fisco (come del resto già avvenuto per molti di loro con riferimento ai redditi per l'anno 2014), essenzialmente per una delle seguenti ragioni:
1) perché hanno percepito nell'intero anno un reddito inferiore alla no tax area ovvero a 8.174 euro e sono pertanto risultati incapienti;
2) perché una volta rideterminata in sede di dichiarazione dei redditi l'imposta sono risultati aver percepito un reddito superiore al limite previsto dalla legge, ovvero a 26.000 euro;
3) perché hanno commesso o addirittura subito dal sistema dell'Agenzia delle entrate, errori in sede di compilazione del modello 730 precompilato;
escluso il caso di coloro che, percependo oltre al proprio reddito da lavoro anche redditi da altra fonte (ad esempio case, terreni o capitali), sono obbligati a presentare la dichiarazione dei redditi al fine di rideterminare la relativa imposta, vi è poi il caso di coloro che non percependo alcun reddito possono esimersi da quest'ultimo adempimento avendo già, tramite il proprio datore di lavoro-sostituto d'imposta, versato al Fisco quanto dovuto, soprattutto se dalla rideterminazione dell'imposta legata alle detrazioni per lavoro dipendente, dovessero avere un pregiudizio risultando incapienti. Infatti, in relazione a quanto disposto dall'articolo 1 del decreto-legge n. 66 del 24 aprile 2014, convertito dalla legge n. 89 del 2014, per aver diritto al bonus è necessario che il reddito complessivo annuo lordo non sia superiore a 26.000 euro e che l'imposta lorda calcolata sul reddito annuo complessivo di lavoro dipendente e assimilato sia maggiore dell'importo delle detrazioni da lavoro dipendente, spettanti ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del TUIR –:
quali siano le conseguenze per quanti, essendo risultati incapienti o avendo superato il limite di reddito ai fini del riconoscimento del bonus di 80 euro, rinuncino alle relative detrazioni per lavoro dipendente e di conseguenza si esimano dal presentare il modello 730/2016. (5-08891)
Interrogazione a risposta in Commissione:
TINAGLI e FREGOLENT. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
la legge 20 maggio 2016, n. 76, recante la regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e la disciplina delle convivenze, all'articolo 1, comma 2, prevede la possibilità per due persone maggiorenni dello stesso sesso di costituire un'unione civile mediante dichiarazione di fronte all'ufficiale di stato civile ed alla presenza di due testimoni;
l'introduzione di questa nuova fattispecie ha rilevanti implicazioni fiscali e civili, in particolare per quanto riguarda la definizione del regime della comunione di beni, il diritto ad avere un'abitazione principale comune fiscalmente rilevante ai fini dell'imposta sui redditi e delle imposte locali, il diritto alla pensione di reversibilità, nonché i diritti di successione;
l'articolo 1, comma 20, della citata legge inoltre prevede, al solo fine di assicurare l'effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall'unione civile tra persone dello stesso sesso, che le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole «coniuge», «coniugi» o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile tra persone dello stesso sesso;
il comma 75, dell'articolo 1, della legge di stabilità del 2016, di cui alla legge 28 dicembre 2015 n. 208, intervenendo sulle agevolazioni previste ai fini IRPEF, amplia le ipotesi in cui è possibile fruire del cosiddetto «bonus mobili», individuando specifici requisiti soggettivi in presenza dei quali è anche elevato da 10.000 a 16.000 euro il limite massimo di spesa detraibile;
in particolare, il citato comma 75 stabilisce che «Le giovani coppie costituenti un nucleo familiare composto da coniugi o da conviventi more uxorio che abbiano costituito nucleo da almeno tre anni, in cui almeno uno dei due componenti non abbia superato i trentacinque anni, acquirenti di unità immobiliare da adibire ad abitazione principale, beneficiano di una detrazione dall'imposta lorda, fino a concorrenza del suo ammontare, per le spese documentate sostenute per l'acquisto di mobili ad arredo della medesima unità abitativa»; la detrazione da ripartire tra gli aventi diritto in dieci quote annuali di pari importo, è calcolata su un ammontare complessivo non superiore a 16.000 euro;
con l'emanazione della circolare n. 7/E del 31 marzo 2016, l'Amministrazione finanziaria ha fornito alcuni chiarimenti anche sui soggetti che possono beneficiare della detrazione fiscale sul bonus «mobili per giovani coppie»;
la detrazione è riservata ai soggetti che possiedono i requisiti di seguito elencati: a) essere una coppia coniugata o una coppia convivente more uxorio da almeno tre anni. Per le coppie coniugate, non rilevando il requisito di durata del vincolo matrimoniale, è sufficiente che i soggetti risultino coniugati nell'anno 2016. Per le coppie conviventi more uxorio, la convivenza deve durare da almeno tre anni. Tale condizione deve risultare soddisfatta nell'anno 2016 ed essere attestata o dall'iscrizione dei due componenti nello stesso stato di famiglia o mediante un'autocertificazione resa ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445; b) non aver superato, almeno da parte di uno dei componenti la giovane coppia, i 35 anni di età. Per non creare disparità di trattamento in base alla data di compleanno, il requisito anagrafico deve intendersi rispettato dai soggetti che compiono il 35o anno d'età nell'anno 2016, a prescindere dal giorno e dal mese in cui ciò accade; c) essere acquirenti di un'unità immobiliare da adibire ad abitazione principale della giovane coppia. In assenza di diversa prescrizione normativa si deve ritenere che l'unità immobiliare possa essere acquistata, a titolo oneroso o gratuito e che l'acquisto possa essere effettuato da entrambi i coniugi o conviventi more uxorio o da uno solo di essi. In quest'ultimo caso, nel rispetto della ratio della norma, l'acquisto deve essere effettuato dal componente che caratterizza anagraficamente la giovane coppia e quindi dal componente che non abbia superato il 35o anno d'età nel 2016. L'acquisto dell'unità immobiliare si ritiene che possa essere effettuato nell'anno 2016 o che possa essere stato effettuato nell'anno 2015;
quanto previsto dalla citata circolare attuativa dell'amministrazione finanziaria per le coppie coniugate, per le quali non rileva il requisito di durata del vincolo matrimoniale, dovrebbe ai sensi di quanto previsto dal citato articolo 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76, essere applicabile anche alle giovani coppie tra persone dello stesso sesso unite civilmente costituenti un nucleo familiare –:
se non ritenga opportuno assumere iniziative per chiarire che le disposizioni previste dalla legge di stabilità 2016 volte a concedere alle giovani coppie l'agevolazione fiscale per l'acquisto di mobili si applicano, ai sensi dell'articolo 1, comma 20, della legge 20 maggio 2016, n. 76, anche alle giovani coppie tra persone dello stesso sesso unite civilmente. (5-08880)
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta in Commissione:
BUSINAROLO, LUPO, PESCO e SCAGLIUSI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
risulta all'interrogante che si sarebbero verificati alcuni gravi episodi riguardanti la somministrazione di test per la valutazione della personalità dei genitori in ambito di consulenza tecnica d'ufficio (Ctu) disposta dal giudice in caso di separazioni conflittuali o altri casi in cui si arriva a valutare poi la capacità genitoriale e in caso di esito negativo ad allontanare il minore dalla famiglia;
in molti casi, in particolare, i genitori avrebbero scoperto, nell'ambito delle consulenze tecniche d'ufficio, in corso di perizia (attraverso il proprio consulente tecnico di parte) o dopo l'allontanamento del figlio, che i test forniti non erano quelli originali ma semplicemente fotocopie;
risulta inoltre all'interrogante che si sarebbero verificati anche altri episodi analoghi, di estrema gravità, relativi alla somministrazione di test fotocopiati in cui mancavano delle domande a causa di una dimenticanza della testista, la quale provvedeva a dettare la domanda e a siglare la risposta data a voce o all'integrazione delle risposte in via telefonica;
alcuni casi hanno invece riguardato una grave anomalia nella somministrazione di un altro tipo di test, quello cioè delle tavole di Rorschach (il test rappresenta un tipo di test proiettivo strutturale, ovvero basato sull'elicitazione di contenuti interni del soggetto, in base all'appercezione di una struttura formalmente ambigua, ed è ampiamente diffuso in tutto il mondo). Nello specifico anziché utilizzare le tavole originali, acquistabili o tramite la casa produttrice o direttamente in Svizzera, e realizzate con cartoncino spesso e con attenzione e cura dei colori, proprio per far sì che dalle reazioni suscitate discendano valutazioni specifiche), sarebbero state fornite tavole fotocopiate e plastificate;
a quanto consta all'interrogante anche in asl e centri di salute mentale si verificherebbero spesso casi simili di somministrazione di test «piratati», ossia non da protocolli originali ma fotocopiati;
a parere dell'interrogante, la situazione sopra descritta risponde molto probabilmente all'esigenza di risparmiare sui costi, ma si ritiene che ciò infici la validità dei test e dunque anche la validità della perizia e di tutto il provvedimento su cui essa si basa, con inevitabili gravi conseguenze;
sarebbe opportuno, al fine di monitorare la regolarità della somministrazione dei test, istituire presso i tribunali dei minorenni un albo in cui si possa riscontrare l'acquisto di materiale testistico originale da parte dei consulenti tecnici d'ufficio in numero paritario alle consulenze tecniche d'ufficio ricevute –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali iniziative, anche a carattere normativo, ciascuno secondo la propria competenza, intendano porre essere al fine di far luce su tali episodi;
se non ritengano opportuno assumere iniziative per prevedere un sistema di monitoraggio e controllo sulla somministrazione dei test nei vari ambiti, soprattutto allo scopo di tutelare adeguatamente i soggetti coinvolti in tali procedure.
(5-08881)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta orale:
RICCIATTI, FRANCO BORDO, FERRARA, AIRAUDO, PLACIDO, FRATOIANNI, ZARATTI, PELLEGRINO, PIRAS, QUARANTA, SANNICANDRO, KRONBICHLER e MELILLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
in data 26 novembre 2015 i carabinieri del comando provinciale di Perugia, supportati dal reparto indagini tecniche del Raggruppamento operativo speciale (Ros) dell'Arma dei carabinieri hanno effettuato un sopralluogo tecnico presso la galleria «La Franca», sulla quale è stata aperta una indagine a seguito delle rivelazioni della trasmissione televisiva Report (Cronache Maceratesi.it, 26 novembre 2015);
gli accertamenti sono stati disposti dalla procura della Repubblica di Spoleto nell'ambito dell'inchiesta relativa ai lavori effettuai nella galleria;
l'interrogante aveva già segnalato la vicenda con l'interrogazione a risposta in commissione n. 5-05313 del 13 aprile 2015;
nella risposta (pubblicata giovedì 4 giugno 2015 nel bollettino in Commissione Ambiente) il sottosegretario per le infrastrutture e i trasporti Del Basso De Caro riferiva che, a seguito delle segnalazioni anonime, divulgate dagli organi di informazione, la società Quadrilatero aveva esteso i controlli a tutta la galleria. Il 10 aprile 2015 sono stati quindi avviati controlli georadar, completati il successivo 16 maggio. Nella risposta, si da inoltre atto del fatto che il 27 maggio 2015 «la società Quadrilatero ha acquisito la relazione del progettista del Contraente generale dalla quale risulta quanto segue: i dati relativi ai maggiori volumi di calcestruzzo impiegati sono stati confermati sulla base delle restituzioni tridimensionali dei rilievi georadar; non sono emersi vuoti dietro al rivestimento definitivo; per circa il 77 per cento della canna nord e il 68 per cento della canna sud non sono presenti sottospessori significativi del rivestimento definitivo, previsto da progetto in 50 cm; nell'ambito dei restanti tratti sono state evidenziate riduzioni di spessore superiori a 5 cm, dei quali complessivamente il 10 per cento circa presenta entità superiore ai 20 cm. Nell'ambito di tale 10 per cento e per una quota pari al 3 per cento saranno previsti interventi integrativi, quali ad esempio il placcaggio con lastre di acciaio. In particolare, come si evince dalla relazione del progettista, anche in questi ultimi tratti, che rappresentano il 3 per cento del rivestimento complessivo, la problematica statica non coinvolge il breve-medio termine della vita dell'opera. Pertanto saranno effettuati a carico del Contraente generale gli opportuni interventi integrativi puntuali, tali da ripristinare l'efficienza prestazionale del rivestimento nel lungo periodo, prima del collaudo definitivo e dell'apertura al traffico»; a quanto si apprende dalla testata citata altre verifiche potrebbero essere effettuate nelle gallerie di Serravalle e Varano nel maceratese, già aperte al transito –:
se il Governo sia in grado di riferire sullo stato degli interventi integrativi disposti a seguito delle verifiche presso la galleria «La Franca» come riportato nella risposta all'atto di sindacato ispettivo di cui in premessa. (3-02310)
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
IX Commissione:
CATALANO e BRUNO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il sistema pubblico per la gestione dell'identità digitale — SPID costituisce l'insieme aperto di soggetti pubblici e privati che, previo accreditamento da parte dell'Agenzia per l'Italia Digitale – AgID, gestiscono i servizi di registrazione e di messa a disposizione delle credenziali e degli strumenti di accesso in rete nei riguardi di cittadini e imprese per conto delle pubbliche amministrazioni;
in conformità con quanto prescritto dall'articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 24 ottobre 2014, l'AgID, con determinazione n. 44 del 2015 del 28 luglio 2015, ha provveduto a emanare i quattro regolamenti necessari a rendere operativo lo SPID;
come esposto sul sito dell'AgID, dal 15 marzo 2016 i primi tre gestori di identità digitale accreditati da AgID hanno reso disponibili le prime identità digitali ed i privati hanno la possibilità di rivolgersi a InfoCert, Poste Italiane e Tim per richiedere l'identità digitale SPID, che consente l'accesso con credenziali uniche ai servizi online di amministrazioni e privati aderenti al sistema;
dalla medesima fonte, si apprende che le prime amministrazioni di cui è prevista l'adesione sono Agenzia delle Entrate, Equitalia, Inps e Inail, nonché diversi Comuni e Regioni;
non risulta invece all'interrogante il termine previsto per l'adesione allo SPID del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti –:
se, ed entro quale termine, si preveda di consentire al cittadino il pieno accesso, per via telematica e tramite autenticazione SPID, ai diversi servizi gestiti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
(5-08882)
SPESSOTTO, DE LORENZIS, CARINELLI, NICOLA BIANCHI, DELL'ORCO, LIUZZI e PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano Bild am Sonntag, l'autorità tedesca per le omologazioni avrebbe sollevato alcuni dubbi circa presunte irregolarità in merito all'utilizzo, da parte della Fiat Chrysler Automobiles (Fca), di software in grado di alterare i risultati dei test sulle emissioni inquinanti;
in particolare, la KBA, l'ufficio federale tedesco competente sui veicoli a motore, avrebbe riscontrato su alcuni modelli della Fca presenza di un software in grado di interrompere la riduzione delle emissioni dei gas di scarico dopo 22 minuti di marcia: il sospetto a carico di Fca sarebbe dunque quello di usare una «finestra» per funzionamento dei sistemi antinquinamento, ossia un intervallo temporale trascorso il quale tali sistemi vengono disattivati o ne viene ridotta l'efficacia;
in particolare, nel febbraio 2016, l'agenzia preposta al controllo dell'inquinamento e che lavora per il Ministero dei trasporti tedesco, avrebbe fatto alcuni controlli sui gas di scarico di una Fiat 500 X Multijet 2.0 diesel, controlli dai quali sarebbe risultato un superamento di circa 10 volte i limiti imposti dalla direttiva CEE in materia di emissioni inquinanti;
a seguito della diffusione di queste allarmanti notizie, il Ministero dei trasporti tedesco avrebbe invitato i rappresentanti della Fca a partecipare ad un incontro di chiarimento con le autorità locali per discutere dei risultati anomali forniti dai test sulle emissioni di ossidi di azoto NOx sui modelli diesel di fascia media e bassa del gruppo Fiat;
a fronte del rifiuto degli esponenti della azienda italo americana di partecipare al suddetto incontro, lo stesso Ministero avrebbe inviato i risultati delle misurazioni sulle emissioni di NOx («ben sopra alla norma») effettuate dalla KBA sia all'autorità italiana di omologazione (il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti) che alla Commissione Unione europea, chiedendo ai tecnici italiani «di valutare i dati e prendere conseguenti misure»;
in particolare, secondo quanto riportato dalla Associated Press, il Ministro dei trasporti tedesco, Alexander Dobrindt, avrebbe accusato la casa automobilistica Fca di «comportamento non collaborativo» a proposito della inchiesta condotta dalle autorità tedesche sulle emissioni non regolari dei motori diesel;
l'incidente diplomatico tra Roma e Berlino sul caso emissioni della Fiat 500X è diventato un vero e proprio caso politico, tale da provocare un tracollo delle azioni della Fiat Chrysler, il cui titolo è arrivato a perdere in borsa fino al 6 per cento;
sulla vicenda è intervenuto nei giorni scorsi anche il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Delrio, il quale ha manifestato in una lettera al suo omologo tedesco Dobrindt «piena e completa disponibilità del costruttore Fca» nell'ambito di un dialogo ufficiale tra le rispettive autorità di omologazione, così come previsto dalla direttiva quadro 2007/46/CE –:
se il Ministro non ritenga opportuno procedere – attraverso gli uffici competenti all'omologazione – a controlli mirati sui modelli della Fca oggetto del superamento dei limiti di Nox in base ai test effettuati dalla Kba, al fine di indagare l'eventuale presenza di irregolarità nel software incriminato, onde scongiurare l'ipotesi del coinvolgimento della Fca in una vicenda che ricorda quella che ha colpito l'azienda Volkswagen nel recente « dieselgate» e chiarire altresì qualsiasi dubbio sulla mancata conformità dei veicoli in questione alla normativa europea in vigore sulle emissioni. (5-08883)
FRANCO BORDO, FASSINA, GREGORI e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
Aeroporti di Roma s.p.a. (Adr s.p.a.), gestore dell'aeroporto di Fiumicino, con nota prot. A004885 del 2011, ha richiesto all'Enac, ai sensi degli articoli 4 e 5 del decreto legislativo n. 18 del 1999, di limitare l'accesso ai servizi di assistenza a terra a soli 4 prestatori e soli 2 vettori in autoproduzione; tale richiesta è stata respinta dall'Enac in ragione del fatto che, sullo scalo di Fiumicino, era stato appena certificato il settimo handler;
la richiesta di limitazione è stata reiterata ancora una volta nel 2014, sempre da Adr s.p.a., per 3 prestatori e 2 vettori in autoproduzione; si tratta di una richiesta fatta sulla base di uno studio tecnico, elaborato da Adr s.p.a. stessa, a suffragio della congestione aeroportuale e della percentuale di utilizzazione dell'area; tale studio rilevava la presenza di 6 handler (quando in realtà erano 5) ed era fondato, a quanto consta agli interroganti, su dati errati (numero mezzi circolanti e disponibilità aree di sosta);
la consultazione del comitato utenti dell'aeroporto di Fiumicino ha dato esito negativo, ritenendo necessario avviare un profondo riesame delle motivazioni tecniche della limitazione sullo scalo di Fiumicino;
nonostante le criticità sollevate, Enac ha comunque indetto una procedura di gara, nel marzo 2015, sulla base della richiesta di limitazione presentata da Adr s.p.a., per la selezione degli handler e pur stabilendo che, conformemente a quanto disposto dal decreto legislativo n. 18 del 1999, non dovesse essere Adr a esperire la gara, in quanto potenzialmente in conflitto d'interesse per le partecipazioni azionarie del suo azionista di riferimento – Atlantia s.p.a. – presente anche nel capitale di un handler: Alitalia;
la gara, conclusasi definitivamente a marzo 2016, ha visto l'assegnazione finale a tre operatori: Alitalia, Aviapartner e Aviation Services. La procedura, a quanto consta agli interroganti, ha danneggiato altri importanti operatori economici della filiera del trasporto aereo, come, ad esempio, WFS Ground Italy s.r.l., che è stata esclusa dalla procedura di limitazione, subendo una forte penalizzazione in termini di operatività e clientela. L'esempio fa emergere come la limitazione disposta da Adr s.p.a., che è, a giudizio degli interroganti, irragionevole e di dubbia legittimità, vada a danno di operatori nuovi costretti a uscire dal mercato dell’handling;
gli stessi vettori aerei, che dalla limitazione dovrebbero ricevere vantaggio, hanno lamentato, anche sulla stampa, che dovranno sopportare costi maggiori;
Adr s.p.a. ha approvato un piano d'investimenti e strutturale volto a incrementare il plesso aeroportuale di Fiumicino. Gli intenti appaiono agli interroganti incompatibili con la situazione di lamentata congestione che ha portato alla limitazione e, in via pragmatica, sembrerebbero altresì incompatibili con la presenza di 3 soli handlers. Sebbene l'aggiudicazione abbia a oggetto solo alcune delle categorie di servizi di cui al decreto legislativo n. 18 del 1999, di fatto, i contratti tra vettori e handlers vengono stipulati con riferimento al pacchetto completo di servizi, con la conseguenza che chi non è attualmente aggiudicatario subisce una forte contrazione dell'operatività e dell'opportunità commerciale;
non si comprende come l'accoglimento della richiesta di limitazione per l'accesso ai servizi di assistenza a terra e la conseguente assegnazione del bando di gara per l'assegnazione di soli 3 handlers allo scalo di Fiumicino di cui in premessa si concilino con le norme che regolano la concorrenza e il mercato, con le nuove disposizioni in materia di appalti, nonché con l'esigenza di piena trasparenza delle concessioni in materia di servizi aeroportuali –:
se il Ministro intenda verificare se – come denunciato dai vettori aerei operanti sullo scalo di Fiumicino – a seguito della limitazione di cui in premessa all'accesso ai servizi di assistenza a terra si dovranno sopportare costi complessivi maggiori e si verificherà una contrazione del traffico degli utenti dello scalo, tutto questo a detrimento degli importati piani di investimento e sviluppo previsti per il principale aeroporto nazionale. (5-08884)
TULLO e CARRESCIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'accordo multilaterale M222 che consente il trasporto dei rifiuti pericolosi con alcune deroghe alle disposizioni dell'Accordo concernente il trasporto internazionale di merci pericolose su strada (ADR), al fine di semplificare il trasporto dei rifiuti stessi, è scaduto il 1o agosto 2015;
dal 2 agosto 2015, non è più possibile fare riferimento a tale accordo e sui formulari d'identificazione dei rifiuti non può più figurare la scritta «trasporto in accordo ai termini del 1.5.1 dell'ADR (M222)»;
le esenzioni, previste dall'accordo multilaterale M222, riguardavano rifiuti non contenenti materie ed oggetti esplosivi, materie infettanti o materiale radioattivo;
poiché l'accordo non è stato ancora rinnovato, non sono più applicabili, fra diverse altre, anche le seguenti deroghe:
a) utilizzo di imballi non idonei, non testati all'utilizzo, che presentano deformazioni od ammaccature;
b) modalità di trasporto alla rinfusa di alcune merci;
c) possibilità di omettere l'apposizione del marchio «materia pericolosa per l'ambiente» sui colli di determinate merci;
d) possibilità di omettere alcune informazioni sul documento di trasporto con possibilità di indicare la quantità stimata e non quella effettiva;
un accordo multilaterale è valido solo sul territorio del Paese che lo sottoscrive;
alcuni Paesi si sono già attivati: l'Austria e la Repubblica Ceca hanno già provveduto a rinnovare l'accordo M222 sottoscrivendo il nuovo accordo multilaterale M287 con validità in questi Paesi a partire dal 2 agosto 2015 e fino al 1o agosto del 2020;
in tale nuovo accordo sono riprese le indicazioni dell'accordo M222 e sono aggiunte altre deroghe riguardanti la nuova rubrica UN 3509 (imballaggi di scarto, vuoti, non ripuliti) introdotta con l'ADR 2015;
l'Italia, non avendo ancora sottoscritto l'accordo M287, non ha più potuto usufruire delle deroghe a partire dal 1o agosto 2015 e ciò sta comportando una penalizzazione per le imprese italiane rispetto ad altre europee che operano sul mercato; nello specifico, i trasportatori sul territorio italiano devono seguire, per alcuni rifiuti, procedure più esigenti di quanto sia richiesto in altri Paesi dell'Unione europea e quindi sono penalizzati in quanto meno competitivi sul mercato –:
quali siano i motivi del ritardo e se il Ministro interrogato intenda procedere con urgenza alla firma dell'accordo multilaterale per ripristinare la preesistente situazione che era più favorevole alle attività economiche coinvolte, al fine di consentire alle imprese italiane, soprattutto a quelle più piccole, di operare nelle stesse condizioni di competitività di quelle dei Paesi che hanno sottoscritto l'accordo multilaterale 287. (5-08885)
Interrogazione a risposta scritta:
FUCCI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il nuovo treno Frecciarossa sulla linea Milano-Lecce non fermerà a Barletta, capoluogo della provincia di Barletta-Andria-Trani (Bat);
la scelta di Trenitalia è agli occhi dell'interrogante incomprensibile e penalizza gravemente un intero territorio con il suo tessuto economico e turistico;
purtroppo, bisogna rilevare che l'azienda si muove in conformità con quanto già avvenuto negli anni scorsi, per esempio sulla linea da e per Roma, con un depotenziamento progressivo delle tratte ferroviarie più efficienti nel territorio della provincia di Barletta-Andria-Trani;
non è oggettivamente spiegabile — peraltro nel silenzio da parte della regione Puglia — che una provincia con quasi 400 mila abitanti e una presenza di attività economiche notevole nel contesto del Mezzogiorno venga esclusa da una tratta di tale rilevanza, ancor di più alla vigilia della stagione estiva –:
quali decisioni siano state alla base di quanto avvenuto e quali eventuali iniziative di competenza ritenga di assumere in merito. (4-13473)
INTERNO
Interrogazioni a risposta scritta:
BRESCIA, LOREFICE e COLONNESE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in attuazione dell'Agenda europea sulla migrazione, e a norma della decisione (UE) 2015/1601 del Consiglio che istituisce norme temporanee nel settore della protezione internazionale a beneficio dell'Italia e della Grecia, è stata redatta una Road map di attuazione degli impegni assunti dall'Italia che introduce i cosiddetti hotspot;
recentemente, il Ministero dell'interno ha reso pubbliche le «Procedure Operative Standard» (SOP) applicabili agli hotspot, un documento che illustra le indicazioni operative per le attività da svolgere al loro interno;
intese quali la Road map e successive «Procedure Operative Standard» (di seguito SOP), nonché la stessa Agenda europea sulla migrazione, non rappresentano una fonte normativa;
il decreto legislativo n. 142 del 2015 non menziona in alcun modo gli hotspot, né è possibile desumere che si tratti di centri di primo soccorso e accoglienza in quanto questi risultavano disciplinati, anche se sommariamente, prima dell'attivazione degli hotspot; non risultava inoltre previsto al loro interno il compito di separare i richiedenti asilo dai cosiddetti migranti economici, per giunta ad opera di funzionari di polizia, cosa non prevista da alcuna norma vigente;
nelle stesse SOP si specifica come l’hotspot possa anche essere inteso come approccio, tanto da prevedere un team mobile operativo anche al di fuori dei luoghi individuati come hotspot;
gli hotspot risultano non avere alcuna base giuridica nell'ordinamento italiano, né tantomeno all'interno della normativa dell'Unione europea;
la Costituzione italiana non prevede in alcun modo il trattenimento dei migranti per soli fini identificativi, eppure le SOP al punto B.3 indicano chiaramente che «la persona può uscire dall’hotspot solo dopo essere stata foto-segnalata (...)» senza alcuna garanzia rispetto alla procedura di trattenimento e ai tempi, conformemente con la normativa vigente;
la Corte europea dei diritti dell'uomo ha già condannato l'Italia, con la sentenza Khlaifia e altri c. Italia, per il trattenimento illegittimo a Lampedusa nel 2011 di alcuni cittadini tunisini, in seguito raggiunti anche da provvedimento di respingimento del questore;
la normativa italiana non consente in alcun modo che venga utilizzata la forza, o altra forma di coercizione, nei confronti dei migranti che rifiutino, ponendo una resistenza passiva, di farsi identificare;
le SOP prevedono esplicitamente al punto B.7.2.c che «Fino all'adozione di nuova normativa da parte del Governo italiano, si applicano la Circolare del Ministero dell'Interno n. 400/A//2014/1.308 del 25.09.2014 e le relative disposizioni sulle attività di foto-segnalamento tenendo conto che a tal fine, ove si renda necessario, è doveroso un uso della forza proporzionato a vincere l'azione di contrasto (...)»;
con nota del 10 febbraio 2016 n. 88/S.N. il sindacato UGL Polizia di Stato ha ritenuto di esprimersi per denunciare le criticità rispetto al «vuoto normativo» circa l'uso della forza nelle operazioni di foto-segnalamento e nella rilevazione delle impronte digitali i cittadini stranieri, ed italiani, contestando quanto espresso dalla circolare del Ministero dell'interno n. 400/A//2014/1.308, e circa il rischio di esporre il personale di polizia a conseguenze di rilevanza penale;
dalla loro apertura risulta siano state respinte sistematicamente le richieste di accesso della stampa all'interno degli hotspot motivando il diniego per «ragioni organizzative», l'ultimo episodio comprovato risulta in data 13 maggio 2016 quando il Ministero dell'interno ha rifiutato l'ingresso ad alcuni giornalisti nell’hotspot di Pozzallo;
con sentenza n. 4518/2012 il TAR del Lazio ha dichiarato illegittimo il divieto generico di ingresso a giornalisti all'interno dei centri di identificazione ed espulsione (C.i.e.), centri sotto diversi profili accomunabili agli hotspot;
le SOP prevedono che «altri soggetti, incluse le organizzazioni non governative, sulla base di singole autorizzazioni rilasciate dal DLCI, avranno diritto all'accesso per l'erogazione di specifici servizi, appositamente richiesti»;
secondo quanto previsto dalle SOP non risulta garantita in maniera efficace ai migranti l'informativa sulla normativa e nello specifico sulla possibilità di richiedere protezione internazionale ai sensi dell'articolo 8 della direttiva 2013/32/UE, principio ribadito dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 5926, del marzo 2015, e per giunta richiamato dalla circolare ministeriale del 26 gennaio 2016, in particolar modo nella primissima fase di accesso che prevede una prima informativa cartacea, questa non terrebbe conto della pluralità di lingue conosciute dai migranti nonché della possibile presenza di analfabeti a cui tale prima fondamentale informativa sarebbe preclusa;
nelle SOP si conferma in più passaggi il ruolo centrale della polizia di Stato, dimostrando la priorità data agli accertamenti e alle indagini ai fini della sicurezza;
nel testo delle SOP si legge che «in caso di discrepanze fra questo e la legislazione vigente, si applica quest'ultima» –:
se e quali urgenti iniziative il Governo intenda assumere, per quanto di competenza, affinché sia evitata ogni forma di limitazione della libertà personale contraria alla legislazione italiana;
se e in che modo intenda esprimere con chiarezza la contrarietà all'uso della forza nel rispetto della normativa vigente;
se non ritenga di garantire il diritto di cronaca attraverso l'accesso della stampa negli hotspot, indicandone le modalità ed evitando che vi sia una concessione dell'ingresso su basi discrezionali;
se non ritenga di consentire l'accesso ad avvocati, enti di tutela indipendenti ed altri esperti di settore, al di là di quanto previsto in maniera del tutto generica e restrittiva dalle SOP;
se non intenda riportare la centralità degli interventi ai temi dell'accoglienza e della tutela, piuttosto che alla criminalizzazione dell'immigrazione che dà grande centralità a metodi di polizia;
se non intenda revisionare con urgenza le linee guida SOP in tutti i punti che sono palesemente in contrasto con la normativa vigente, per evitare che vengano impropriamente applicate. (4-13471)
NESCI e PARENTELA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto emerge da notizie stampa l'assessore comunale all'urbanistica di Vibo Valentia, Laura Pugliese, è stata vittima di un attentato incendiario;
nella notte tra martedì 31 maggio e mercoledì 1o giugno 2016, ignoti hanno incendiato il portone della sua abitazione, sita in via Discesa dello Spirito Santo, a Vibo Valentia;
sull'accaduto indagano i carabinieri della compagnia e della stazione di Vibo Valentia: sotto i riflettori degli inquirenti, secondo quanto emerso dalle prime indiscrezioni, ci sarebbero non solo l'attività da avvocato della dottoressa Pugliese, ma anche questioni legate all'ambito amministrativo;
stando alla ricostruzione de « La Gazzetta del Sud» di venerdì 3 giugno 2016, infatti, «l'assessore segue con particolare attenzione il lavoro degli uffici relativamente alla demolizione abusiva di alcuni immobili secondo un preciso atto di indirizzo del sindaco e di tutto l'esecutivo»;
l'assessore Pugliese è impegnata anche in altre questioni delicate dal punto di vista amministrativo: «il bando per la gestione della villa comunale all'interno della quale dev'essere ubicato un servizio bar, la pratica riguardante il Piano spiaggia, attualmente al vaglio della conferenza dei servizi, e la gestione di parchi e ville»;
all'interrogante preme, inoltre, ricordare che non è la prima volta che la violenza criminale si abbatte contro amministratori e personale pubblico nel comune di Vibo Valentia. Alcuni mesi fa nel mirino della `ndrangheta era finito il vigile urbano Franco Russo, impegnato a seguire alcune pratiche attinenti al settore ambientale: in quel caso ignoti lasciarono appesa davanti al cancello del vigile urbano la testa di un capretto, quale eloquente atto di intimidazione –:
quali notizie abbia in ordine alla matrice dell'attentato che ha preso di mira l'assessore Pugliese;
quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di contribuire a fare luce sulla vicenda tutelare la cittadinanza tutta di Vibo Valentia. (4-13475)
NESCI e PARENTELA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto si legge su «Il Quotidiano del Sud» di martedì 31 maggio 2016, è stata incendiata la bidelleria del plesso scolastico, che ospita le aule della scuola dell'infanzia e della scuola elementare, a Stefanaconi (Vibo Valentia);
nella suddetta bidelleria si trovava il quadro elettrico dei pannelli fotovoltaici installati poche settimane prima, e da lì è divampato l'incendio che ha coinvolto anche altre stanze dell'edificio scolastico;
stando a quanto emerso sino ad ora è indubbia la natura dolosa del suddetto incendio e gli stessi inquirenti sono al lavoro per capire le ragioni dell'atto criminoso;
non a caso, secondo quanto si legge su «Il Quotidiano del Sud», «indubbia la natura del fuoco in considerazione di alcuni fattori: in primis la presenza di una finestra sita al primo piano con i vetri andati in frantumi e finiti all'interno del plesso, poi la forzatura di una porta di sicurezza e, per ultimo, il fatto che l'incendio si sia verificato nella stanza in cui tra l'altro sono collocati gli inverter e le strumentazioni di controllo dell'impianto fotovoltaico installato sul tetto della scuola (installato nel passato periodo natalizio, dopo che la Regione non aveva ammesso il finanziamento del 2010, e che sarebbe entrato in funzione a giorni) e solo dopo abbia raggiunto il quadro elettrico (e non il contrario che avrebbe fatto propendere per un corto circuito)»;
secondo quanto racconta ancora il giornalista Gianluca Prestia nel succitato articolo, «a rendere il bilancio ancor più pesante ci ha pensato il fumo che invaso poi buona parte della scuola rendendo gli interi locali impraticabili e facendo lievitare il conto dei danni» che oggi pare attestarsi sui 40 mila euro circa;
visto il grave danno apportato alla scuola, ovviamente il plesso resterà chiuso per alcuni giorni per consentire non solo la rimozione delle macerie ma anche i controlli sulla staticità dell'edificio –:
quali notizie abbia in ordine alla matrice dell'evento che ha colpito un edificio scolastico;
quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di contribuire a far luce sulla vicenda e tutelare la cittadinanza tutta di Stefanaconi (Vibo Valentia) e, in particolar modo, gli alunni della scuola dell'infanzia e della scuola elementare. (4-13476)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
RIZZETTO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
l'INPS ha pubblicato, in data 16 novembre 2015, un avviso pubblico per il reclutamento di n. 900 medici, prioritariamente specialisti in medicina legale e/o in altre branche di interesse istituzionale, cui conferire incarichi professionali a tempo determinato finalizzati ad assicurare l'espletamento degli adempimenti medico legali delle UOC/UOS centrali e territoriali;
il contratto che i medici utilmente collocati in graduatoria hanno sottoscritto stabilisce, come previsto dalla deliberazione presidenziale INPS n. 147 del 2015 all'articolo 3, «obblighi, condizioni e incompatibilità»: «L'attribuzione dell'incarico è incompatibile con lo svolgimento dell'attività di medico fiscale, in quanto iscritto nelle liste speciali su base provinciale di cui all'articolo 4, comma 10-bis, del decreto-legge 31 agosto 2013, n. 101 convertito, con modificazioni, dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125»;
l'INPS quindi, ha proceduto, ricorrendo all'articolo 8, comma 1, decreto interministeriale (lavoro e politiche sociali/salute) del 12 ottobre 2000, alla sospensione dall'incarico di medico fiscale per quei sanitari che hanno optato per l'incarico di medico convenzionato (della durata da 1 a 3 anni), con conservazione della iscrizione nelle liste speciali;
la normativa di cui sopra, però, riguarda esclusivamente la sospensione dall'incarico di medico fiscale per «giustificati e documentati motivi», e comunque per un periodo massimo di 180 giorni trascorso il quale il sanitario decade automaticamente dall'incarico e avendo lo stesso istituto chiarito che, tra i giustificati e documentati motivi, non rientra lo svolgimento di qualsiasi altra attività professionale (circolari INPS n. 4 e n. 199 del 2001);
sulla base di tali norme e disposizioni, fatte rispettare rigorosamente dall'INPS nei confronti di tutti i medici fiscali, molti sanitari hanno dovuto rinunciare ad altre attività professionali per non decadere dall'incarico oppure rientrare in servizio anche in caso di grave malattia o gravidanza a rischio per non superare i 180 giorni di sospensione previsti –:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare affinché l'INPS rispetti le norme regolamentari, in particolare l'articolo 8, comma 1, del decreto ministeriale 12 ottobre 2000, che non prevede la sospensione dall'incarico di medico fiscale per svolgere altra attività professionale e/o il superamento del periodo massimo di sospensione ivi previsto, in modo che non vengano a crearsi ingiustificate e inspiegabili situazione di disparità di trattamento, a parità di condizioni, nei confronti di tutti i medici fiscali dell'Istituto. (5-08879)
SALUTE
Interrogazioni a risposta scritta:
SBROLLINI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la Costituzione sancisce all'articolo 32 che «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti»;
la mortalità materna correlata al travaglio e/o al parto è un fenomeno sempre più raro nei Paesi socialmente avanzati;
la morte materna rappresenta un evento drammatico e un indicatore cruciale, benché complesso, delle condizioni generali di salute e di sviluppo di un Paese;
in Italia, in analogia con gli altri Paesi industrializzati, il rapporto di mortalità è progressivamente diminuito da 133 per 100.000 nel 1955, a 53 nel 1970, 13 nel 1980, 9 nel 1990 per essersi poi stabilizzarsi negli ultimi anni;
ogni anno nel nostro Paese circa 50 donne muoiono di parto. Il rapporto più basso è stato stimato in Toscana (4,6 ogni 100 mila nati vivi), quello più alto in Campania (13,4 ogni 100 mila nati vivi);
le indagini stimano che circa la metà delle morti materne rilevate potrebbe essere evitata grazie a migliori standard assistenziali;
a Bassano del Grappa (Vicenza) si è verificata la morte di una neonata in seguito a complicazioni post-parto: la piccola sarebbe nata e subito dopo le sue condizioni sono apparse molto critiche; è deceduta qualche ora più tardi, dopo essere entrata in coma;
la neonata era stata presa in carico dalla pediatria dell'ospedale di Bassano del Grappa e monitorata costantemente, ma successivamente considerato il peggioramento delle condizioni cliniche, è stato deciso il trasporto alla terapia intensiva neonatale del San Bortolo di Vicenza, in base a quanto previsto dal protocollo regionale Veneto. Ma per la bimba non c’è stato nulla da fare;
la procura di Vicenza ha aperto un'inchiesta chiedendo l'acquisizione delle cartelle cliniche del reparto di ostetricia dell'ospedale bassanese;
solo pochi mesi fa, a dicembre 2015, nella stessa struttura si erano verificati altri casi tragici nei quali una giovane mamma aveva perso la vita durante il parto e nel giorno di Natale un altro neonato, il piccolo Kevin Brandalise, era morto in seguito alle complicanze del parto solo dopo pochi minuti dalla nascita –:
se il Governo sia informato dei fatti esposti;
se non ritenga di dover promuovere, come accaduto in casi analoghi, un'ispezione, presso il reparto di ostetricia, ginecologia e pediatria dell'ospedale San Bassiano di Bassano del Grappa (Vicenza), per verificare le eventuali criticità dal punto di vista organizzativo e clinico in relazione a questo ennesimo decesso all'interno dell'ospedale di Bassano;
quali iniziative il Governo intenda adottare per migliorare la prevenzione sanitaria così da ridurre l'incidenza della mortalità materna correlata al travaglio o al parto. (4-13468)
CARLONI, BOSSA e ROSTAN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il Parlamento ha approvato in data 5 agosto 2015 la prima legge nazionale sull'autismo (legge 18 agosto 2015, n. 134) che prevede interventi finalizzati a garantire la tutela della salute, il miglioramento delle condizioni di vita e l'inserimento nella vita sociale delle persone con disturbi dello spettro autistico, in conformità a quanto previsto dalla risoluzione dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite A/RES/67/82 del 12 dicembre 2012 sui bisogni delle persone con autismo;
la legge prevede l'inserimento nei livelli essenziali di assistenza dei trattamenti per l'autismo, l'aggiornamento delle linee guida per prevenzione, diagnosi e cura, oltre alla ricerca nel campo;
per dare piena attuazione alla legge n. 134 del 2015, la legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015, articolo 1, comma 401) ha istituito presso il Ministero della salute un fondo di 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2016 per la cura dei soggetti con disturbo dello spettro autistico;
il 25 febbraio 2016 il Ministero della salute ha firmato con l'Istituto superiore di sanità un accordo di collaborazione finalizzato all'istituzione dell'Osservatorio nazionale per il monitoraggio dei disturbi dello spettro autistico. Il progetto ha il duplice obiettivo di effettuare una stima di prevalenza dei disturbi dello spettro autistico a livello nazionale e di costituire una rete pediatrica-neuropsichiatria infantile per la loro individuazione precoce;
è necessario continuare a diffondere sempre di più la cultura della prevenzione, cura e riabilitazione delle persone affette da autismo e della assistenza alle famiglie;
la formazione e l'informazione sono elementi fondamentali per abbattere le false credenze e i miti che circondano l'autismo ed affinché le famiglie non vengano indotte a propugnare questa o quell'altra metodologia riabilitativa è necessaria una costante informazione sull'appropriatezza degli interventi nonché la puntuale verifica della professionalità e della preparazione degli operatori;
in particolare, nella regione Campania si riscontrano numerose difficoltà non solo nella diagnosi precoce ma anche e soprattutto nella presa in carico di bambini a cui viene diagnosticata la sindrome autistica con liste di attesa sempre più lunghe che impediscono un servizio di immediata riabilitazione dopo la diagnosi precoce che ben servirebbe, se iniziata nella prima infanzia, ad assicurare sin dal principio ai bisognosi le cure necessarie ad ottenere il massimo grado di progresso ed autonomia personale;
i recenti provvedimenti amministrativi della regione Campania hanno, di fatto, ridotto al di sotto della soglia minima, i livelli di assistenza effettivamente erogabili, espellendo dal trattamento, ovvero non garantendoglielo, una moltitudine di persone con disabilità, anche gravi;
la legge di stabilità 2016 della regione Campania prevede che le risorse finanziare, umane e strumentali siano quelle disponibili «a legislazione vigente» e pertanto appare chiaro come, ancora una volta, i cosiddetti limiti o tetti di spesa rappresentino la causale, ovvero lo strumento pretestuoso, attraverso cui si disattende, tra le altre, la legge regionale n. 16 del 2014 in forza della quale è prevista l'adozione di un percorso diagnostico terapeutico personalizzato (PDTA) che comporti: a) precocità della diagnosi della riabilitazione; b) la presa in carico congiunta del paziente con diagnosi di disturbo pervasivo dello sviluppo attraverso il coordinamento dei servizi cure domiciliari, sociosanitari e materno infantile; c) l'adozione del metodo analisi comportamentale applicata (ABA) come metodologia a cui ispirare tutti gli interventi, nel rispetto delle linee guida dell'Istituto superiore della sanità –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e se, per quanto di competenza e anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, non ritenga opportuno assumere iniziative urgenti al fine di garantire adeguati livelli di assistenza sanitaria, tutelando così il diritto alla salute come sancito dall'articolo 32 della Costituzione.
(4-13469)
SVILUPPO ECONOMICO
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
a seguito dell'accordo siglato a dicembre 2015, la Cementir Holding, multinazionale romana attiva nella produzione e distribuzione di cemento, calcestruzzo e aggregati naturali, ha acquistato, per circa 125 milioni di euro, il capitale della Sacci spa, gruppo che, con i suoi stabilimenti in Italia, da circa 70 anni opera nel settore;
l'offerta di acquisto presentata prevede l'acquisizione dei cinque stabilimenti per la produzione di cemento di proprietà del gruppo Sacci spa: Tavernola Bergamasca, Castelraimondo, Cagnano Amiterno, Greve in Chianti e Livorno nonché dei tre terminali di Manfredonia, Chieti e Vasto, il settore trasporti, gli impianti di betonaggio, le partecipazioni nelle società consortili Energy For Growht, San Paolo e la società di diritto svizzero Fenicem. Come comunicato dal gruppo Cementir, il trasferimento di attività e passività sarà limitato ad alcune poste operative senza accollo di alcun debito finanziario o nei confronti dei fornitori;
l'Autorità antitrust ha espresso parere favorevole all'acquisizione così come favorevole è anche il voto espresso dalle banche e dai creditori del gruppo Sacci; questi ultimi, nell'anno 2015 per l'analoga offerta presentata dal gruppo Buzzi Uncem avevano espresso parere contrario; si è in attesa dell'omologazione da parte del tribunale di Roma, a seguito dell'udienza del 18 maggio 2016;
attraverso l'acquisizione della Sacci spa, la Cementir acquisirà sinergie per 10 milioni di euro a partire dal 2018, quando queste saranno operative, aumentando la quota di mercato in Italia, portandola dal 7 al 13 per cento, con ricavi pari a circa 90 milioni di euro;
la situazione aziendale della Cementir e gli attesi ricavi lasciano presuppone per il gruppo la possibilità di investire nella nuova proprietà e rilanciare l'attività produttiva degli stabilimenti Sacci che, già da tempo, in alcuni casi, lavorano a singhiozzo e rispetto ad alcuni dei quali, come lo stabilimento di Castelraimondo, la cassa integrazione straordinaria cesserà nel prossimo mese di settembre, con conseguenze gravi per i lavoratori attualmente impiegati;
di fronte ad un così complesso ed importante piano di acquisizione è opportuno conoscere concretamente il contenuto e gli indirizzi del piano industriale del gruppo Cementir;
già nel 2015, in occasione della proposta di acquisizione avanzata dal gruppo Buzzi Uncem, i sindacati avevano unitariamente indetto lo stato di agitazione in tutti i siti produttivi della Sacci spa, a sostegno delle posizioni dei lavoratori, chiedendo l'apertura di un tavolo nazionale, finalizzato alla ricerca di soluzioni utili ad evitare le chiusure degli stabilimenti e, più in generale, ad accertare la natura e le caratteristiche del piano industriale del gruppo Buzzi;
in risposta all'interpellanza n. 2-00926 l'allora Viceministro allo sviluppo economico aveva dato la propria disponibilità all'apertura di un imminente tavolo di confronto, precisando che lo stesso avrebbe avuto l'obiettivo di verificare, all'esito dei pareri degli attori coinvolti, la fattibilità del piano industriale di Buzzi Unicem, accertando, altresì, che il medesimo non comportasse penalizzazioni, sotto il profilo economico, produttivo e occupazionale;
tale esigenza resta confermata anche per la nuova proposta di acquisto avanzata dal gruppo Cementir, al fine di tutelare e salvaguardare le posizioni dei lavoratori degli stabilimenti coinvolti –:
quali siano le intenzioni del Governo al riguardo e le iniziative in itinere intraprese per verificare il contenuto e gli obiettivi del piano industriale del gruppo Cementir, al fine di tutelare la piena occupazione dei siti produttivi, scongiurando la chiusura di stabilimenti in grado di dare anche ai nuovi acquirenti solidi elementi di continuità produttiva se non addirittura di espansione.
(2-01396) «Manzi, Carrescia, Lodolini, Morani, Petrini, Mauri, Albini, Fossati, Giuseppe Guerini, Rampi, Cominelli, Manfredi, Sgambato, Lacquaniti, Luciano Agostini, Zampa, Preziosi, Sanga, Magorno, Malisani, Blazina, Rotta, Marchi, D'Ottavio, Pes, Rocchi, Patrizia Maestri, Stella Bianchi, Cenni, Carocci, Sbrollini, Richetti, Carnevali, Ghizzoni, Scuvera, Ascani, Coccia, Patriarca».
Interrogazione a risposta scritta:
MOLTENI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
ai sensi dell'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo n. 261 del 1999, come modificato dall'articolo 1, comma 276, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e della delibera dell'Agcom 395/15/CONS, in un'ottica di ottimizzazione dei processi di lavorazione della corrispondenza, a partire dal corrente mese è in corso l'implementazione progressiva in ulteriori aree del territorio nazionale della cosiddetta fase II del nuovo modello di recapito della posta a giorni alterni, già avviato in alcune località a partire dallo scorso mese di ottobre (fase I);
in seguito a questo piano di razionalizzazione portato avanti da Poste Italiane, dal 30 maggio 2016 anche nella città di Como, oltre che nei comuni di Lipomo, San Fermo, Grandate, Faggeto, Torno, Brunate, Cernobbio e Carate Urio, la posta viene consegnata a giorni alterni;
la consegna delle raccomandate e degli avvisi di Equitalia viene garantita quotidianamente, ma si tratta di circa 3.500 raccomandate al giorno e con il taglio dei giorni e delle zone di recapito, che sono passate da 66 a 38, gli addetti al recapito hanno delle serie difficoltà e la corrispondenza si accumula negli uffici postali in attesa di essere smaltita;
la decisione unilaterale di Poste Italiane ha creato evidenti disservizi ai cittadini comaschi e la situazione è ancora più critica nelle aree periferiche, dove le distanze sono maggiori, inserendosi in un contesto già critico e carente del servizio postale, con strumenti di lavoro inadeguati, organici insufficienti, sistemi informatici obsoleti, e lunghe attese degli utenti presso gli uffici;
nei prossimi giorni la consegna a giorni alterni verrà attuata anche nel comune di Menaggio, dove non verrà garantita neanche la consegna quotidiana delle raccomandate, tantomeno della posta prioritaria;
le politiche portate avanti negli ultimi anni da Poste Italiane non sono coerenti con la mission di una società a capitale interamente pubblico che si è impegnata a raggiungere determinati obiettivi di qualità con un contratto di programma siglato con lo Stato;
quello postale è un servizio universale che deve essere garantito a tutti e la società Poste Italiane, che gestisce il servizio in regime di sostanziale monopolio, non può continuare a prediligere la logica del guadagno a scapito delle esigenze della collettività;
l'impatto di questo nuovo modello di gestione potrebbe rivelarsi ancor più negativo in quei comuni montani, situati in aree disagiate e in zone appenniniche lontane dal capoluogo e scarsamente coperti dalla rete telematica per i quali il servizio di corrispondenza postale risulta essere di fondamentale importanza per i cittadini, soprattutto per le persone più anziane, e le aziende di queste comunità –:
se non ritenga urgente farsi promotore di una momentanea sospensione del nuovo modello di gestione e recapito a giorni alterni portato avanti da Poste Italiane nei comuni del Comasco, in attesa di una concertazione fra la società e le amministrazioni locali, così da poter valutare la portata dei disagi arrecati all'utenza, alla quale è negata l'effettiva erogazione di un servizio pubblico di qualità nel rispetto dell'accordo di programma per l'espletamento del servizio postale universale. (4-13472)
Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Catalano n. 5-08349 del 6 aprile 2016;
interrogazione a risposta scritta Lo Monte n. 4-12856 del 18 aprile 2016;
interrogazione a risposta in Commissione Ricciatti n. 5-08609 del 9 maggio 2016;
interpellanza Manzi n. 2-01390 del 7 giugno 2016.
Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Zardini e altri n. 5-01607 del 28 novembre 2013 in interrogazione a risposta orale n. 3-02308;
interrogazione a risposta in Commissione Ricciatti e altri n. 5-07123 del 27 novembre 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-02310;
interrogazione a risposta in Commissione Ciprini e altri n. 5-07210 del 16 dicembre 2015 in interrogazione a risposta orale n. 3-02307;
interrogazione a risposta scritta Zardini e Baruffi n. 4-12383 del 7 marzo 2016 in interrogazione a risposta orale n. 3-02309;
interrogazione a risposta orale Sbrollini n. 3-02209 del 19 aprile 2016 in interrogazione a risposta scritta n. 4-13468.