Camera dei deputati

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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Giovedì 15 settembre 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:


   La Camera,
   premesso che:
    dal 2010 gli stipendi dei pubblici dipendenti non fruiscono dell'adeguamento rispetto all'aumento del costo della vita calcolato in base agli indici ISTAT;
    con sentenza n. 178 del 2015, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale sopravvenuta – a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza medesima nella Gazzetta Ufficiale (29 luglio 2015), e nei termini indicati in motivazione – del regime di sospensione della contrattazione collettiva, disciplina successivamente prorogata dall'articolo 1, comma 453, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2014) e dall'articolo 1, comma 254, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2015);
    la Corte, ravvisando nelle suddette misure una violazione dell'autonomia negoziale, ha fatto notare che la previsione di misure che inibiscono la contrattazione economica tende a rendere strutturale il regime del «blocco», situazione che si pone di per sé in contrasto con il principio di libertà sindacale sancito dall'articolo 39, primo comma, della Costituzione. Infatti, l'entrata in vigore delle disposizioni della legge di stabilità per il 2015 tende a rendere strutturali le misure introdotte per effetto della legge di stabilità per il 2014 e il reiterato protrarsi della sospensione delle procedure di contrattazione economica altera la dinamica negoziale in un settore che al contratto collettivo assegna un ruolo centrale;
    una prolungata sospensione delle procedure negoziali e dell'ordinaria retribuzione risulta essere in contrasto con i principi di eguaglianza, di tutela del lavoro, di proporzionalità della retribuzione al lavoro svolto;
    le misure adottate hanno, altresì, introdotto disparità di trattamento arbitrarie anche tra le varie categorie di dipendenti pubblici;
    come si evince dalla sentenza, il quadro normativo su cui si è fondata la declaratoria di illegittimità della Corte, riguarda disposizioni succedutesi nel tempo e finalizzate a perseguire un dichiarato obiettivo di contenimento della spesa;
    ad oggi, nessun contratto di lavoro è stato rinnovato, né risultano avviate trattative al riguardo, ciò determinando una situazione di evidente illegittimità nei confronti dei comparti dei vigili del fuoco, delle forze dell'ordine e delle Forze armate, costretti a lavorare in condizioni di estremo disagio;
    la Corte nella sentenza ha chiesto:
     la rimozione dei «limiti, che si frappongono allo svolgimento delle procedure negoziali riguardanti la parte economica, sarà compito del legislatore dare nuovo impulso all'ordinaria dialettica contrattuale, scegliendo i modi e le forme che meglio ne rispecchino la natura, disgiunta da ogni vincolo di risultato»;
     la riapertura della contrattazione nel pubblico impiego (che interesserebbe oltre 3 milioni di lavoratori), confermando che «Il carattere essenzialmente dinamico e procedurale della contrattazione collettiva non può che essere ridefinito dal legislatore, nel rispetto dei vincoli di spesa, lasciando impregiudicati, per il periodo già trascorso, gli effetti economici derivanti dalla disciplina esaminata»;
    l'illegittimo mancato rinnovo dei contratti, obbligo direttamente scaturente dalla sentenza della Corte Costituzionale, ha determinato ulteriori danni ai lavoratori del pubblico impiego;
    la necessità di potenziare le politiche attive di sicurezza nazionale volte alla prevenzione di eventuali azioni terroristiche, anche attraverso forme di cooperazione bilaterali e multilaterali, nonché le calamità naturali che hanno interessato l'Italia dal 2009, continuano a richiedere un forte impegno non solamente in termini economici ma di risorse umane impiegate a difesa del territorio e di obiettivi sensibili e per il sostegno e l'aiuto alle popolazioni locali;
    anche la recente emergenza, che con un gravissimo terremoto ha coinvolto i territori dell'Italia centrale, ha evidenziato la generosità, l'abnegazione, l'altruismo e l'efficienza delle Forze armate, delle forze dell'ordine e del Corpo dei vigili del fuoco; anche in questa occasione i meritati elogi pubblici sono stati unanimi e insistiti, salvo poi, non far seguire agli elogi profusi a piene mani e giustamente da tutti fatti concreti, come un trattamento economico e contrattuale rispettoso dei diritti di queste lavoratrici e di questi lavoratori,

impegna il Governo

ad applicare tempestivamente quanto stabilito dalla sentenza della Corte costituzionale al fine di avviare le trattative per il rinnovo dei contratti dei comparti dei vigili del fuoco, delle forze dell'ordine e delle Forze armate e a prevedere le relative risorse finanziarie all'interno del disegno di legge di bilancio di prossima presentazione.
(1-01346) «Vito, Brunetta, Secco, Palmizio, Gregorio Fontana, Centemero, Sisto».

Risoluzioni in Commissione:


   La XI Commissione,
   premesso che:
    il legame tra requisiti previdenziali e aspettativa di vita, così come misurata dall'Istat, è stato introdotto in Italia per la prima volta nel 2009 e perfezionato nel 2010 sulla base di provvedimenti proposti dai Ministri pro tempore dell'economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali Tremonti e Sacconi;
    in particolare, il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, ha previsto dal 2013 il progressivo innalzamento dei requisiti per l'accesso alla pensione (di vecchiaia ed anticipata); parafrasando un eufemismo giornalistico, tale provvedimento ha consentito di «sterilizzare gli effetti dell'allungamento della vita media della popolazione»;
    infatti, in attuazione di quanto disposto dall'articolo 12, comma 12-bis, del decreto-legge 30 luglio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, il 16 dicembre 2014, è stato pubblicato il decreto direttoriale del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che reca norme in materia di adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento agli incrementi della speranza di vita; nello specifico, il predetto decreto ha stabilito che: «A decorrere dal 1o gennaio 2016, i requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici [...] sono ulteriormente incrementati di 4 mesi e i valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva di cui alla Tabella B allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 243, e successive modificazioni, sono ulteriormente incrementati di 0,3 unità»; pertanto, i requisiti di accesso ai trattamenti pensionistici sono ulteriormente incrementati di 4 mesi e i valori di somma di età anagrafica e di anzianità contributiva di cui alla tabella B allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 243, e successive modificazioni – per coloro che perfezionano il diritto alla pensione di anzianità con il sistema delle cosiddette «quote» – sono ulteriormente incrementati di 0,3 unità; dunque, sia l'età per raggiungere la pensione di vecchiaia, che i contributi per ottenere la pensione anticipata sono stati notevolmente innalzati in conseguenza degli aumenti legati alla speranza di vita;
    l'Inps ha peraltro applicato gli adeguamenti anche a coloro che, a vario titolo, mantengono in vigore la vecchia disciplina di pensionamento, sia dei lavoratori salvaguardati, sia di coloro che accedono alla pensione con i requisiti anagrafici e contributivi, rispettivamente di 57 e 35, di cui alla legge n. 335 del 1995 (come, ad esempio, coloro che optano per il regime sperimentale «opzione donna»);
    sulla base delle sopra citate normative, ogni tre anni (e poi ogni due a decorrere dall'anno 2019) l'età pensionabile sarà adeguata all'aumento della speranza di vita, come calcolato dall'Istat sulla base della media del triennio precedente; tale adeguamento è stato applicato anche ai regimi pensionistici armonizzati (ad esempio, Inpdap ed Enpals), nonché ai regimi e alle gestioni pensionistiche per cui siano previsti requisiti diversi da quelli vigenti nell'assicurazione generale obbligatoria, compresi quelli relativi ai «lavoratori impegnati in lavori di sottosuolo presso miniere, cave e torbiere, nonché al personale (compresi i rispettivi dirigenti) delle Forze di polizia, Forze armate, vigili del fuoco». Sono esclusi i lavoratori per i quali viene meno il titolo abilitante allo svolgimento della specifica attività lavorativa (ad esempio, gli autisti di mezzi pubblici);
    per consentire la determinazione dell'incremento dell'età, l'Istat deve rendere disponibili annualmente i dati della variazione della speranza di vita all'età di 65 anni, con riferimento alla media della popolazione residente in Italia, rispetto al triennio precedente. Ovviamente, «l'aggiornamento non sarà applicato in caso di diminuzione della speranza di vita»;
    secondo il rapporto Osservasalute, nel 2015 la speranza di vita per gli uomini è stata 80,1 anni, 84,7 anni per le donne; nel 2014 la speranza di vita alla nascita era maggiore e pari a 80,3 anni per gli uomini e 85,0 anni per le donne;
    tale decremento produce anche una qualità della vita che si riflette negativamente sui meno abbienti, bisognosi di prestazioni assistenziali socio-economiche;
    il rapporto del Ministero dell'economia e delle finanze mette in luce che, per effetto dell'attuazione dell'adeguamento dei requisiti all'incremento della speranza di vita, si stima una riduzione dell'incidenza della spesa pensionistica in rapporto al prodotto interno lordo di circa 0,1 punti percentuali attorno al 2020, crescente fino a 0,3 punti percentuali nel decennio 2030-2040, per poi decrescere a 0,1 punti percentuali nel 2045 e sostanzialmente annullarsi successivamente. Il combinato dei due interventi comporta complessivamente una riduzione dell'incidenza della spesa pensionistica in rapporto al prodotto interno lordo di circa 0,2 punti percentuali nel 2015, crescente fino a 0,5 punti percentuali nel 2030, per poi scendere attorno a 0,4 punti percentuali nel 2040, 0,1 punti percentuali nel 2045 ed annullarsi sostanzialmente negli anni successivi;
    l'innalzamento dell'età pensionabile in base al suddetto meccanismo ha interessato tutti i lavoratori, ma in particolar modo è apparso iniquo soprattutto per alcune professioni e mestieri che risultano particolarmente «pesanti» e logoranti, pur rivestendo un ruolo fondamentale nella nostra società;
    in particolare, la categoria professionale degli infermieri, degli operatori socio sanitari, dei vigili del fuoco e dei conducenti di mezzi pesanti per conto terzi sicuramente possono rientrare tra le professioni usuranti per lo stress cui sono sottoposti, i turni di lavoro (spesso notturni) che sono chiamati ad affrontare e per la delicatezza ed importanza del ruolo che svolgono e delle mansioni cui sono adibiti;
    l'infermiere è un professionista della salute responsabile dell'assistenza infermieristica che in autonomia pianifica l'assistenza ed è chiamato a svolgere funzioni che comportano responsabilità importanti e spesso turni lavorativi notturni fronteggiando situazioni fonte di forte stress;
    anche la figura, sempre maggiormente presente nella nostra società e vita familiare, degli operatori socio-sanitari (OSS) che svolgono attività di supporto alla persona svolge mansioni particolarmente dure, che richiedono continui sforzi fisici, producono forte stress psicologico, necessitano di forza fisica, concentrazione mentale, prontezza di riflessi, adattamento al continuo cambio dei turni che viene svolto anche durante l'orario notturno. Tali condizioni, anche di forte stress psicologico, possono provocare, in taluni casi, disturbi patologici, talvolta permanenti, rendendo difficile svolgere quest'attività per un lungo periodo di lavoro;
    anche l'attività di conducente di mezzi pesanti è sicuramente usurante in virtù in particolare di quattro fattori: i tempi (orari) lavorativi, lo stress derivante dal lavorare in un ambiente a rischio di incidenti, la postura ergonomica sfavorevole, l'alimentazione non corretta che favorisce l'insorgenza di patologia cardiovascolari e/o legate a disturbi del sonno;
    i vigili del fuoco sono chiamati anch'essi ad assolvere funzioni delicatissime e spesso anche di notevole valore sociale; tuttavia, hanno turni notturni obbligatori nell'intera vita lavorativa, sono esposti al rischio di sostanze tossiche che possono inalare o con le quali possono venire a contatto durante gli interventi, operano spesso in spazi ristretti o sotterranei, hanno responsabilità nella conduzione di veicoli pesanti, svolgono anche attività subacquea o aerea e sono esposti a situazioni di continuo stress fisico e psicologico quando sono impiegati in attività di emergenza e soccorso, difesa civile, servizi al cittadino, prevenzione e sicurezza, come sta accadendo in occasione del recente sisma del centro Italia;
    in particolare, per tali categorie di lavoro e anche per altre attività di lavoro rientranti nella classificazione di «attività usurante» forte è l'iniquità prodotta dall'introduzione del parametro dell'aspettativa di vita che ne ha innalzato l'età pensionabile e appare improcrastinabile l'esigenza almeno di una modifica ovvero di un'applicazione differenziata dell'aspettativa di vita rispetto alle tipologie di mansioni svolte durante la vita lavorativa;
    grave rimane l'iniquità, prodotta anche nei confronti di tutti i cittadini, dell'innalzamento dell'età pensionabile in base al meccanismo del parametro dell'aspettativa di vita, poiché la speranza di vita media in realtà non aumenta, ma si allunga solo il tempo per accedere all'assegno pensionistico,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative normative urgenti per eliminare gli effetti pregiudizievoli che stanno subendo tutti i cittadini dall'attuale sistema di accesso al trattamento pensionistico, modificando la disciplina vigente che prevede l'innalzamento dell'età pensionabile in base a parametri dell'aumento della aspettativa di vita non reali, tenendo conto del rapporto tra età media, attesa di vita concreta e quella dei singoli settori di attività, soprattutto usuranti, e prevedendo anche, alla luce della riduzione dell'incidenza del prodotto interno lordo negli anni a venire, l'abrogazione del suddetto meccanismo legato alla presunzione dell'aumento della speranza di vita;
   ad assumere iniziative per prevedere l'estensione del riconoscimento di lavoratori impegnati in attività/lavoro usurante e pesante anche alle categorie di conducente di mezzi pesanti, di infermiere, di operatore socio — sanitario (OSS) e di vigile del fuoco attribuendo agli stessi tutte le garanzie e le tutele previste ai fini del trattamento previdenziale;
   ad assumere iniziative per prevedere la costituzione di un Osservatorio permanente volto alla individuazione e monitoraggio di tutte le attività classificabili pesanti e usuranti e i lavoratori interessati dalle stesse, al fine di una estensione delle tutele e delle garanzie previste per tali tipologie di lavoro.
(7-01092) «Ciprini, Tripiedi, Chimienti, Cominardi, Dall'Osso, Lombardi».


   La XI Commissione,
   premesso che:
    alcuni lavoratori (circa 20) hanno svolto attività in esposizione professionale a polveri e fibre di amianto oltre la soglia delle 100ff/litro e per più di dieci anni quali dipendenti di S.V.O.A. s.p.a (Società Vastese Olii Alimentari, oggi Fox Petroli) e SOMI impianti srl, con il diritto alla rivalutazione della posizione contributiva con il coefficiente 1,5 ex articolo 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992;
    l'Inps ha negato la sussistenza di tale diritto, ancorché fosse consapevole che tali lavoratori avessero lavorato in esposizione ad amianto;
    il tribunale di Vasto, con sentenza n. 148/08, in primo grado, ha accolto la domanda dei lavoratori e ha pertanto condannato l'Inps a rivalutarne la posizione contributiva;
    la suddetta sentenza è stata, in seguito, confermata anche dalla corte di appello di L'Aquila con sentenza n. 774/2009, sulla base dell'accertamento giudiziale dell'esposizione ad amianto ultradecennale oltre la soglia delle 100ff/litro nella media delle 8 ore lavorative per ogni anno e per oltre 10 anni (articoli 24 e 31 del decreto legislativo n. 277 del 1991);
    nell'anno 2012, la Corte di Cassazione, sezione lavoro, con sentenza n. 14492/12, ha invece accolto il ricorso dell'Inps, dichiarando infondate le domande dei ricorrenti, rovesciando, in tal modo le sentenze di merito, che erano state favorevoli;
    nelle more, l'Inps aveva emesso dei provvedimenti amministrativi di accoglimento delle domande amministrative di tali lavoratori, rivalutando le singole posizioni contributive con il coefficiente 1,5, anche con il riconoscimento della prestazione pensionistica;
    dopo la sentenza della Corte di Cassazione, l'Inps, ha invece revocato i suoi provvedimenti amministrativi e chiesto l'emissione di decreti ingiuntivi nei confronti di taluni lavoratori;
    tra i lavoratori del sito S.V.O.A. spa e SOMI srl, alcuni hanno già contratto patologia asbesto correlata, mentre altri sono già deceduti;
    inoltre, visto che alcuni lavoratori hanno ricevuto la diagnosi di patologia asbesto correlata, dose dipendente, ciò dovrebbe smentire l'assunto di Inps dell'assenza di esposizione lavorativa a polveri e fibre di amianto, rendendoli comunque titolari del diritto alla rivalutazione contributiva,

impegna il Governo

al fine di tutelare tali lavoratori, ad assumere iniziative normative per introdurre, per quanto di propria competenza, disposizioni finalizzate a esentare dalla restituzione delle somme percepite, quantomeno e in via prioritaria, coloro che comunque hanno contratto patologie asbesto correlate nonché gli eventuali superstiti in caso di decessi già intervenuti in relazione a patologie asbesto correlate.
(7-01093) «Boccuzzi, Damiano, Di Salvo, Gnecchi, Baruffi, Zappulla, Giorgio Piccolo, Simoni, Paris, Gribaudo».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   FERRARESI, CIPRINI, TRIPIEDI, DALL'OSSO, LOMBARDI e COMINARDI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la richiesta anticipo del trattamento di fine rapporto (TFR) è la procedura che, a determinate condizioni, consente ai lavoratori dipendenti di poter chiedere un'anticipazione del trattamento;
   con il decreto legislativo n. 80 del 31 marzo 1998, che ha privatizzato il rapporto di pubblico impiego, questo diritto non si è esteso automaticamente anche ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche;
   l'accordo quadro nazionale, in materia di trattamento di fine rapporto e previdenza complementare per i dipendenti pubblici, del 29 luglio 1999, differito al 31 dicembre 2020, all'articolo 8 comma 3, prevede che, le condizioni per l'armonizzazione pubblico-privato in materia di anticipazione saranno verificati in sede di contrattazione di comparto nel rispetto degli equilibri di bilancio della finanza pubblica, cosa che non è mai avvenuta;
   l'articolo 7, comma 3, della legge n. 53 dell'8 marzo 2000, rimanda ad un successivo decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con i Ministri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, del lavoro e della previdenza sociale e per la solidarietà sociale, la definizione delle modalità applicative per l'anticipazione del T.F.R. e delle indennità equipollenti a favore dei dipendenti pubblici, prevista dalla stessa legge, per sostenere alcune tipologie di spesa;
   l'articolo 4, commi 4 e 5, del decreto legislativo n. 185 del 2008, ha esteso ai dipendenti pubblici la possibilità (già riconosciuta ai dipendenti dei settore privato) di ottenere l'anticipazione del trattamento di fine rapporto in determinati casi, prevedendo che, per l'attuazione della nuova disciplina, si provvedesse con un decreto ministeriale, fin qui però non emanato;
   l'anticipo T.F.R. per i dipendenti pubblici è stata negli anni materia particolarmente dibattuta; ad ora, per i dipendenti pubblici, non è prevista alcuna possibilità di richiedere un anticipo sulla liquidazione (trattamento di fine servizio o trattamento di fine rapporto);
   la Corte di Cassazione, con sentenza del 17 settembre 2015, n. 18230, ha confermato il precedente orientamento, affermando che, non operando l'articolo 2120 codice civile, si deve applicare, ai fini del trattamento di fine rapporto dei dipendenti pubblici, l'indennità di buonuscita, per la quale non sono previste anticipazioni (cfr. decreto del Presidente della Repubblica n. 1032 del 1973), in quanto l'indennità di buonuscita è stata rimessa, ai sensi del combinato disposto di cui all'articolo 7, primo comma, ultima parte, e terzo comma, della legge n. 53 del 2000, ad una disciplina di attuazione, da determinarsi con decreto interministeriale, che, mediante regolamentazione attuativa della legge, abbia portata innovativa rispetto all'ordinamento giuridico esistente di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032;
   ai destinatari pubblici del T.F.R., bisognosi dell'anticipo per sopraggiunte necessità economiche, rimane l'unica possibilità di chiedere di beneficiare della gestione creditizia erogata dall'INPS ottenendo un prestito decennale, gravato però da interessi –:
   se il Governo abbia allo studio iniziative per colmare le lacune normative che impediscono di dare compiutezza ad accordi tra le parti e a norme già approvate in tema di anticipo del T.F.R. per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, da determinarsi, in particolare, con decreto interministeriale. (3-02489)

Interrogazioni a risposta scritta:


   TERZONI, AGOSTINELLI, CECCONI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO e ZOLEZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in seguito al sisma verificatosi in data 24 agosto 2016 il sindaco del comune di Cingoli, in provincia di Macerata, ha richiamato l'attenzione sulle condizioni statiche del viadotto di Castriccioni che attraversa l'invaso artificiale che si trova alle spalle della diga omonima;
   tale struttura era già stata attenzionata nel 2011 quando, a seguiti di controlli che rilevarono la presenza di rischio, il sindaco istituì il senso unico alternato;
   il 6 settembre 2016 sono state eseguite nuove verifiche dai tecnici della Protezione civile che hanno accertato una diminuzione della stabilità del ponte;
   i tecnici intervenuti hanno sottolineato «un diffuso stato di corrosione delle armature, con distacco di calcestruzzo a seguito di esiguo copriferro»;
   il sindaco, lamentando il fatto che la struttura presenta criticità e difetti sin dalla sua realizzazione, pone l'attenzione sul rischio che un eventuale crollo anche parziale potrebbe provocare la fuoriuscita di elevati quantitativi di acqua dall'invaso con conseguenze difficilmente preventivabili –:
   di quali elementi disponga il Governo circa le condizioni del ponte e se non si ritenga urgente assumere iniziative, per quanto di competenza per favorire un intervento diretto del genio civile per una sua immediata messa in sicurezza e a supporto dell'attività dell'amministrazione comunale. (4-14203)


   PAGANI e BARUFFI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il Trattato di Roma stabilisce che gli Stati membri per raggiungere gli obiettivi comuni, fissati dallo stesso in materia di agricoltura, creino un'organizzazione comune dei mercati agricoli (OCM);
   l'articolo 40 del Trattato impone il divieto di attuare qualsiasi discriminazione tra produttori: sia il regolamento (CE) 2200/96, istitutivo della OCM nel settore degli ortofrutticoli, sia il successivo regolamento (CE) 361/2008 prevedono la costituzione di organizzazioni di produttori sotto qualsiasi forma giuridica;
   gli articoli 3 e 41 della Costituzione, in ossequio ai principi di uguaglianza e di libertà di iniziativa economica privata, vietano di porre limiti alle scelte dell'imprenditore riguardo alle forme mediante le quali svolgere la propria iniziativa economica quando perseguono uno scopo del tutto analogo;
   l'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, «Orientamento e modernizzazione del settore agricolo», annovera tra gli imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i consorzi di imprenditori agricoli;
   si sta diffondendo la tendenza degli agricoltori a cooperare tra loro costituendo società consortili;
   tali società costituiscono consorzi di imprenditori agricoli che non perseguono scopo di lucro, ma uno scopo consortile-mutualistico. Il legislatore del codice civile è stato chiarissimo nel consentire a un consorzio di funzionare come una società commerciale (organi sociali, divisione del capitale e altro) con il vincolo di non poter perseguire scopo di lucro (articolo 2615-ter del codice civile);
   la recentissima sentenza n. 12190 del 14 giugno 2016 della Corte di Cassazione – Sezioni Unite, anche riferendosi ad una precedente sentenza della Corte di Cassazione Sez.1, Sentenza 24 marzo 2014 n. 6835, equipara lo scopo mutualistico delle società consortili, ex articolo 2615-ter del codice civile, a quello delle società cooperative consortili differenziandosi entrambi in egual misura agli scopi previsti per le società lucrative del capo 3 e seguenti del titolo 5 – libro 5 del codice civile;
   per mezzo delle aggregazioni consortili gli agricoltori trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e perseguono nel settore agricolo-ortofrutticolo gli scopi fissati dal regolamento (CE) n. 361/2008 del Consiglio del 14 aprile 2008 riguardo alla organizzazione comune di mercato (O.C.M.) e partecipano a organizzazioni di produttori (O.P.) e in diverse realtà sono anch'esse organizzazioni di produttori (O.P.) riconosciute dalla Unione europea;
   la legge 9 marzo 1989, n. 88, stabilisce che l'inquadramento previdenziale nei diversi settori produttivi viene effettuato dall'Inps con riferimento all'attività effettivamente esercitata; la classificazione dei datori di lavoro è stabilita in ragione del settore di appartenenza: industria; artigianato; agricoltura; terziario; credito; attività varie;
   in agricoltura, per identificare il preciso regime contributivo cui l'azienda è assoggettata è anche prevista una tabella di codici numerici (codice «tipo ditta») che suddivide le imprese per tipologia aziendale;
   in particolare, sono previsti:
    il codice tipo ditta 14 per le aziende in economia con processi produttivi di tipo industriale che applicano i contratti collettivi nazionali di lavoro e i relativi contratti collettivi provinciali di lavoro stipulati per gli operai agricoli e florovivaisti;
    il codice tipo ditta 18 per le imprese cooperative e loro consorzi, che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli ex legge n. 240 del 1984;
   è controverso l'inquadramento previdenziale agricolo da attribuire alle imprese consortili costituite da agricoltori;
   l'Inps non ha adottato sul territorio nazionale criteri uniformi per l'applicazione della disciplina in esame;
   l'inquadramento nel «tipo ditta 14» è pregiudizievole per le imprese, in quanto tale classificazione determina un incremento contributivo di circa il 15 per cento tale da metterle fuori mercato rispetto a quelle che pur effettuano le medesime attività di condizionamento e commercializzazione di prodotti ortofrutticoli, a prescindere dal fatto che siano inquadrate in agricoltura «tipo ditta 18» od anche nel settore del commercio che ha un analogo trattamento contributivo al «tipo ditta 18»;
   la legge n. 240 del 1984 (cui si riferisce il tipo ditta 18) stabilisce che sono inquadrati nel settore dell'agricoltura «le imprese cooperative e i loro consorzi, che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli»;
   la sentenza n. 3479 del 9 aprile 1999 della Corte di Cassazione – sezione lavoro impone un'interpretazione della legge 240 del 1984 che passi attraverso la preliminare valutazione secondo la quale in materia previdenziale ed assistenziale ai fini classificatori, è costante in dottrina e giurisprudenza la considerazione che il legislatore ha inteso inquadrare le singole imprese alla stregua di un criterio sostanzialistico dell'attività in concreto svolta e al suo carattere di mutualità, senza peraltro che assuma valore decisivo la forma che l'esercizio di detta attività riveste, perché scopi di cooperazione tra soci possono essere conseguiti, con ricadute in termini di inquadramento nel settore agricolo, anche attraverso imprese collettive, enti cooperativi di fatto o anche attraverso residue forme societarie, che risultino compatibili in ragione del tipo assunto e della disciplina cui sono assoggettate alla realizzazione di finalità di cooperazione tra soci;
   la Corte, con la menzionata sentenza ha, altresì precisato che «non può essere condivisa l'opinione secondo cui l'espressione “imprese cooperative”, ripetuta più volte negli articoli 1 e 2 della legge n. 240 del 1984, debba essere interpretata – contro la lettera e lo specifico significato giuridico – nel senso di “società cooperative”». Il legislatore con tale locuzione ha, pertanto, inteso ricomprendere tutte le imprese senza scopo di lucro che abbiano finalità di cooperazione tra soci, a prescindere dalla forma che l'esercizio di detta attività assume;
   sulla scorta di quanto sopra esposto, risulta agli interroganti che l'incertezza interpretativa rappresenti un ostacolo di rilievo all'auspicata aggregazione dei produttori agricoli –:
   di quali elementi dispongano in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative il Governo intenda adottare per superare la situazione descritta, determinata dall'Istituto previdenziale, pregiudizievole agli interessi e allo sviluppo del settore agricolo. (4-14204)


   CARRESCIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   l'iniziativa bellezza@governo.it è stata annunciata dal Presidente del Consiglio durante un'intervista dell'8 maggio 2016;
   il Governo ha messo a disposizione 150 milioni di euro per i luoghi culturali da recuperare, ristrutturare o reinventare per il bene della collettività o un progetto culturale da finanziare;
   le email arrivate fino alla mezzanotte del 31 maggio 2016 sono state 139.759; il 22 giugno, terminato il lavoro di lettura delle email ricevute, i luoghi raccolti sono risultati circa 8000;
   una commissione doveva stabilire a quali progetti assegnare le risorse secondo le modalità individuate dalla deliberazione CIPE del 1o agosto 2016 ed il relativo decreto di stanziamento doveva essere emanato entro il 10 agosto 2016 –:
   a che punto siano i lavori della commissione, quando verranno conclusi e se ritenga opportuno il Governo dare priorità al finanziamento degli interventi nelle aree colpite dal sisma del 24 agosto 2016.
(4-14205)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   INCERTI, ROMANINI, PATRIZIA MAESTRI, GANDOLFI e BARUFFI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   il 10 settembre 2016 la consigliera regionale Silvia Prodi, componente dell'Intergruppo di amicizia con il popolo Saharawi dell'assemblea legislativa dell'Emilia-Romagna, insieme a Caterina Lusuardi, presidente dell'associazione umanitaria «Jaima saharawi» e da Fabiana Bruschi, aderente all'associazione, sono partite da Bologna in direzione Layoun, cittadina situata nella zona del Sahara Occidentale, contesa tra il Marocco e il fronte Polisario e attualmente sotto la giurisdizione marocchina;
   scopo del viaggio era incontrare alcune persone del popolo saharawi, in contatto con l'associazione, per ricevere informazioni sulle loro condizioni di vita. La visita, benché non fosse di natura ufficiale ed istituzionale, era stata comunicata all'Ambasciata italiana in Marocco e le tre si erano regolarmente registrate sul sito internet della Farnesina;
   Prodi, Lusuardi e Bruschi hanno riferito che raggiunta Layoun non è stato loro permesso di scendere dall'aereo e funzionari della polizia marocchina, dopo aver ritirato loro i passaporti, senza alcuna spiegazione e senza il rilascio di alcun documento ufficiale, le hanno fatte reimbarcare dirette a Casablanca. Lì le donne sono state condotte da un funzionario di polizia in borghese nella zona di transito dell'aeroporto dove sono state trattenute all'incirca per diverse ore prima di essere raggiunte dal console italiano che le ha informate del fatto che la mattina seguente sarebbero state rimpatriate con il primo volo per Bologna;
   negli ultimi anni è fortemente cresciuto nel nostro Paese il sostegno, anche istituzionale, nel solco delle numerose risoluzioni delle Nazioni Unite succedutesi nel tempo, alla prospettiva di decolonizzazione, autodeterminazione e democratizzazione dei territori del Sahara Occidentale. In questo solco sono nate tante iniziative di solidarietà che, da tutt'Italia, ma in special modo dall'Emilia-Romagna, offrono sostegno umanitario alle popolazioni saharawi. Iniziative che questo episodio rischia di compromettere –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dell'episodio occorso nei giorni scorsi alla consigliera regionale dell'Emilia-Romagna Silvia Prodi e alle rappresentanti dell'associazione «Jaima Saharawi», in visita alla cittadina di Layoun nei territori del Sahara Occidentale e se non ritenga necessario assumere una forte presa di posizione diplomatica, in raccordo con i partner europei e con le istituzioni comunitarie, volta a favorire l'effettivo riconoscimento della libertà di accesso e di circolazione nei territori del Sahara Occidentale di osservatori internazionali indipendenti, della stampa e delle organizzazioni umanitarie. (5-09491)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   TERZONI, AGOSTINELLI, CECCONI, DAGA, BUSTO, DE ROSA, MANNINO, MICILLO e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   Uniproject srl è una società concessionaria di impianti di trattamento chimico-fisici e biologici (D9-D8) per rifiuti liquidi pericolosi e non pericolosi;
   essa gestisce un depuratore di proprietà di Piceno Consind, consorzio pubblico, della provincia e di 30 comuni della provincia di Ascoli Piceno, ubicato nel territorio di Maltignano;
   all'epoca del rilascio delle autorizzazioni regionali per lo svolgimento delle attività di trattamento dei rifiuti era già in vigore il decreto del Presidente della Repubblica 12 aprile 1996 che disciplinava a livello nazionale l'applicazione delle procedure di valutazione impatto ambientale VIA per le tipologie progettuali come quella in argomento e, inoltre, erano già state istituite le norme di salvaguardia, adottate poi dal piano di assetto idrogeologico Tronto nell'ottobre del 1998 per le aree esondabili ed in frana; nonostante ciò, i progetti non vennero assoggettati a procedura VIA, tanto è vero che, dopo il trasferimento delle competenze dalla regione alle province, avvenuto nel 2002, la ditta, che nel frattempo era subentrata nella gestione dell'impianto, nelle more dell'ottenimento della autorizzazione ambientale integrata AIA ed in prospettiva di ampliare la propria attività, inoltrò, in data 18 novembre 2003, istanza di apertura di procedimento VIA alla provincia in quanto ente diventato competente; la provincia di Ascoli Piceno ha conseguentemente avviato il procedimento con la convocazione di diverse conferenze di servizi finalizzate ad individuare una linea strategica comune e condivisa da tutti gli enti interessati al fine di consentire il riavvio e la conclusione della procedura propedeutica al rilascio della autorizzazione ambientale integrata AIA; durante lo svolgimento dell’iter burocratico sono sorte insormontabili criticità generate dalla presenza di vincoli di natura idro-geologica non considerati nelle originarie autorizzazioni regionali, con particolare riferimento al fatto che l'area ove è ubicato l'impianto è classificata dal vigente piano di assetto idrogeologico del fiume Tronto (le cui norme di salvaguardia erano vigenti all'epoca della originaria autorizzazione) come a rischio di esondazione «elevato E3», e le norme tecniche di attuazione relative non consentono la presenza di tali impianti, così come pure il piano provinciale dei rifiuti che vieta espressamente la presenza di discariche ed impianti di trattamento nelle aree a rischio di esondazione; per tali motivi, attualmente la procedura VIA posteriore all'insediamento dell'impianto, risulta essere sospesa, come pure il rilascio dell'autorizzazione ambientale AIA; ma nonostante ciò l'impianto della ditta interessata continua ad esercitare la propria attività di trattamento di rifiuti pericolosi;
   l'esercizio di una attività senza VIA ed AIA, nonostante l'obbligo previsto dalle normative e la eventuale mancanza delle tutela ambientali e sanitarie previste nelle normative statali e comunitarie, costituiscono un mancato rispetto della normativa comunitaria, ed espongono lo Stato italiano a possibile procedura d'infrazione comunitaria;
   le condizioni operative del suddetto impianto erano state già sottoposte all'attenzione del Ministro interrogato a ottobre del 2013 mediante l'interrogazione risposta scritta n. 4-02354 a prima firma Agostinelli;
   ad aprile 2016 fonti stampa hanno riportato la notizia secondo la quale la procura di Potenza avrebbe avviato una inchiesta che prefigura ipotesi di reato gravi a carico della Uniproject: dallo stabilimento Eni di Viggiano (centro olio VAL D'AGRI – CO.VA) sarebbero stati conferiti, trattati e/o smaltiti rifiuti liquidi pericolosi, con codice CER falso, e costi quindi minori, consentendo a Eni, ingiusti profitti nell'ordine delle decine di milioni di euro. Tra i vari stabilimenti coinvolti c’è appunto anche quello Uniproject, e tra gli indagati figurano presidente (Longino Carducci) e amministratore delegato (Fausto Latini) di Uniproject. Infine a luglio del 2016 il tribunale di Ascoli Piceno ha rinviato a giudizio Fausto Latini, amministratore delegato della Uniproject, e Longino Carducci, presidente del consiglio di amministrazione della società per violazione delle prescrizioni delle autorizzazioni in merito al trattamento del percolato che poteva essere accettato nell'impianto di lavorazione ubicato nel comune di Maltignano;
   in particolar modo, i due sarebbero stati responsabili nel 2012 dello sversamento nel fiume Tronto e nelle fognature, di tipologie e quantità di materiali non consentiti dal regolamento in materia, prospettando così Al rischio di disastro ambientale –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto rappresentato in premessa e di quali elementi disponga per quanto di competenza rispetto alle condizioni nelle quali l'impianto di Maltignano sta operando;
   se e quali iniziative intenda intraprendere, per quanto di competenza per scongiurare il rischio di un eventuale intervento della Commissione europea con conseguente avvio di una procedura di infrazione comunitaria. (5-09489)


   TERZONI, AGOSTINELLI, CECCONI, ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO e MICILLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella giornata del 21 agosto 2016 uomini del Corpo Forestale dello Stato a seguito dei controlli effettuati lungo il corso del fiume Esino in provincia di Ancona, all'altezza del territorio del comune di Maiolati Spontini, hanno denunciato alla procura della Repubblica di Ancona il gestore di una centrale biogas con sede a Castelbellino per i reati di inquinamento ambientale, danneggiamento aggravato di acque pubbliche, illecita utilizzazione agronomica degli effluenti agricoli, deturpamento del paesaggio;
   è stato accertato che la fonte dell'inquinamento deriva dal digestato distribuito in modo inadeguato su terreni agricoli;
   a seguito di questo inquinamento il fiume Esino presentava una lunga scia di acque scure che sono state poi campionate dal personale dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente delle Marche;
   l'inquinamento sarebbe giunto fino alla foce del fiume e per questo il sindaco del comune di Falconara ha emesso il divieto di balneazione lungo le coste comprese nel territorio comunale;
   nel mese di maggio 2016 gli agenti di Jesi San Marcello e Genga avevano già denunciato il gestore della medesima centrale biogas, il quale aveva effettuato lo spandimento del materiale organico in grande quantità, concentrandolo in poche aree coltivate di ridotte dimensioni –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto riportato in premessa;
   se non si ritenga di dover intervenire assumendo iniziative a livello normativo al fine di prevedere il blocco dei contributi che il Gestore dei servizi energetici versa ai gestori delle centrali biogas e la sospensione fino all'annullamento dell'autorizzazione ad operare qualora, come nel caso riportato in premessa, i gestori di tali impianti si rendano responsabili di fenomeni di inquinamento delle matrici ambientali terreni agricoli. (5-09492)

Interrogazione a risposta scritta:


   BRANDOLIN. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   il comprensorio del Canale est-ovest situato in Monfalcone (Go) si estende perimetralmente al Canale navigabile denominato est-ovest, e ospita oltre 16 attività produttive rientranti per lo più nel settore della nautica e della costruzione di imbarcazioni da diporto, manutenzione e refitting che beneficiano della presenza del Canale e delle straordinarie condizioni naturali. Il polo nautico è in continuo sviluppo e vanta, grazie alle aziende ivi presenti, produzioni artigianali di standing nazionale e internazionale;
   tale insediamento produttivo è minacciato dal problema dell'insabbiamento dei fondali a causa dei fanghi che ogni anno al termine dell'inverno, a causa del maltempo e delle mareggiate, intasano il canale est-ovest, con punto critico in particolare all'imbocco davanti al Villaggio del Pescatore (TS);
   per ovviare a tale problema, che rischia di impedire l'accesso al Canale non solo alle centinaia di imbarcazioni da diporto delle società nautiche, ma anche ai vari cantieri e Marina, che rappresentano il cuore del polo nautico del Lisert (Marina Lepanto, Cadei, i cantieri Ocean, Nautec, Crackboat, Robymar e MonteCarlo Yachts che danno lavoro a dipendenti diretti e creano un grande indotto), la regione Friuli Venezia Giulia ha varato in data 30 marzo 2016 il decreto per la realizzazione di un progetto di dragaggio innovativo, con la creazione di «salsicciotti» di geo-tessuto riempiti di sabbia ottenuta dal dragaggio e sistemati sul fondale per rallentare il fenomeno degli insabbiamenti dopo le mareggiate o le piene di fiume, stanziando un importo di 340.000 euro;
   il Consorzio per lo sviluppo industriale di Monfalcone, che coordina le opere di dragaggio, ha provveduto ad avviare uno studio sedimentologico e correntometrico, nonché una serie di analisi preliminari, tra i quali la mappatura del fondale e il censimento delle specie fanerogame;
   la soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia ha comunicato in data 24 giugno 2016 le sue prescrizioni per l'opera di dragaggio del fondale, approvando il progetto, in quanto «ritenuto compatibile con la conservazione dei beni paesaggistici tutelati»;
   l'Agenzia regione per l'ambiente del Friuli Venezia Giulia ha invece fornito giudizio negativo, nonostante nelle premesse la stessa Arpa sostenga che «i potenziali effettivi negativi ambientali saranno unicamente la fase di cantiere», mentre «su paesaggio e habitat invece vengono riconosciute ricadute positive al termine dei lavori»; l'Agenzia inoltre ammette che le verifiche chimico-analitiche sono ancora in corso nei laboratori Arpa, ai quali lo stesso Consorzio industriale si era rivolto per un supporto tecnico all'avvio della procedura di fattibilità, basando di fatto il giudizio negativo solo su alcune carenze documentali riscontrate nello studio presentato –:
   se si ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza, anche normativa, per introdurre, in questo e in altri casi simili, la possibilità per l'ente di iniziare le opere così necessarie al tessuto produttivo locale, prevedendo piuttosto l'obbligo per l'ente titolare del progetto di procedere a un'integrazione della documentazione presentata entro un termine prefissato, sia pure successivo. (4-14199)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI, DALL'OSSO, CHIMIENTI, PESCO e ALBERTI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   il parco di Monza è uno tra i maggiori parchi storici europei, il quarto recintato più grande d'Europa e il maggiore circondato da mura (14 chilometri in totale). Ha una superficie di 688 ettari ed è situato a nord del capoluogo di provincia da cui prende il nome, e i comuni di Lesmo, Villasanta, Vedano al Lambro e Biassono. Con i giardini reali, il parco di Monza costituisce un complesso di particolare valore paesaggistico, storico e architettonico, incluso nel più ampio parco regionale della Valle del Lambro. Il parco fu voluto da Eugène Rose de Beauharnais, figliastro di Napoleone e viceré del Regno d'Italia, come complemento alla villa reale costruita alcuni decenni prima per volontà del governo austriaco. Venne costituito ufficialmente con decreto napoleonico il 14 settembre 1805 in estensione ai già esistenti giardini reali. Il progetto di realizzazione del parco fu affidato all'architetto Luigi Canonica e a Luigi Villoresi. I lavori iniziarono nel 1806 e terminarono nel 1808. Dal 1922 ospita al suo interno l'autodromo nazionale di Monza, uno dei più importanti e prestigiosi circuiti automobilistici al mondo;
   il Canonica sviluppò un preciso progetto paesaggistico, il cui disegno si articolò in una composizione armonica di una rete di viali rettilinei, scenografie naturali, fughe prospettiche, al termine delle quali collocò monumenti o edifici architettonici e alternanze di aree boscate e ampi prati che sin dalle origini assunsero, oltre ad una funzione agricola, una valenza paesistica, come elementi connotativi di un'idea progettuale che vedeva nel parco il necessario perfezionamento di un complesso monumentale unico, considerato fra i più significativi del patrimonio storico-artistico-ambientale nazionale e internazionale. Fra i prati considerati storici all'interno del plesso del parco di Monza, vi è quello della Gerascia;
   in data 4 aprile 1996, la proprietà del complesso monumentale villa reale, giardini e parte del parco, con esclusione di porzioni riservate allo Stato, con atto di cessione è passata dal demanio dello Stato ai comuni di Monza e Milano;
   nella convenzione stipulata, all'articolo 8, viene precisato che gli immobili ceduti, compresi i terreni del parco annessi, «essendo riconosciuti di interesse artistico, faranno parte del demanio pubblico dei comuni di Milano e Monza», i quali «si impegnano a curarne la conservazione permanente ed a destinarli ad attività museali, culturali di rappresentanza e di fruizione e conservazione del verde»;
   per assicurare la corretta fruizione del complesso monumentale, l'atto di cessione introduce una clausola definita «cautelativa» all'articolo 9, la quale prescrive che l'utilizzo temporaneo per manifestazioni dovrà essere autorizzato dalla soprintendenza per i beni ambientali ed architettonici, fermo restando che «tali manifestazioni dovranno avere essenzialmente carattere culturale e dovranno essere compatibili con l'alto valore artistico del bene». Tali tutele devono ritenersi estese a tutte le parti del parco, comprese quelle acquistate con atti separati;
   in data 30 luglio 2008, i comuni di Monza e Milano, il Ministero per i beni e le attività culturali e la regione Lombardia, hanno stipulato un accordo di programma che ha previsto la creazione di un consorzio con durata pari a 20 anni, denominato «Consorzio Villa Reale e Parco di Monza» la cui finalità preminente, come indicato all'articolo 2, comma 2, dell'accordo, è quella di «garantire la conservazione, il recupero e la valorizzazione del complesso monumentale ed ambientale della villa reale di Monza, del parco reale e relative pertinenze, e di tutti i beni mobili ed immobili in esso insistenti, inclusi i giardini annessi e l'impianto arboreo, garantendone la fruizione pubblica e sviluppandone i valori culturali, ambientali, architettonici e paesaggistici»;
   il parco di Monza è attualmente suddiviso in aree di pertinenza, alcune delle quali date in concessione. Il sopracitato prato della Gerascia, prevede l'affidamento alla Sias spa, società dell'Aci che gestisce l'autodromo nazionale di Monza;
   in data 26 aprile 2016 veniva pubblicato sul sito online «motorinolimits.com», l'ultimo bilancio di Sias spa dell'anno 2015. Nonostante la società avesse ridotto di oltre 2 milioni di euro le perdite, l'esercizio 2015 ha chiuso con una perdita di 1,4 milioni di euro. Nell'articolo veniva sottolineato che per l'anno 2016 la Sias, forte degli introiti nell'affidamento dell'area per lo svolgimento dei concerti che prevede compensi in favore della società stessa, avrebbe proseguito con i grandi eventi non solo legati agli sport motoristici come, appunto, i festival musicali organizzati all'interno dell'autodromo di Monza, sull'esperienza positiva dell'anno precedente del concerto dell'artista Manu Chao che aveva portato 50.000 spettatori sul prato della Gerascia;
   in data 6 luglio 2016, dalla signora Bianca Montrasio, presidente del comitato per il parco di Monza «Antonio Cederna», veniva depositata presso la procura della Repubblica di Monza una denunzia-esposto, con contestuale richiesta di sequestro della sopraindicata area della Gerascia. La denunzia iniziava indicando che in data 2 giugno 2016, nel prato della Gerascia si era tenuto un concerto di più gruppi musicali denominato «Gods of Metal», al quale avevano partecipato 10 mila persone circa. Il prato in questione si era notevolmente danneggiato a causa del calpestio indiscriminato degli spettatori e dei mezzi pesanti che hanno montato e smontato le attrezzature nei giorni precedenti e successivi all'evento. La situazione del prato in oggetto è ulteriormente peggiorata con gli eventi musicali Brianza Rock Festival tenutosi nei giorni 1, 2 e 3 luglio 2016 e I-Days Festival, svoltosi nei giorni 8, 9 e 10 luglio 2016, ai quali hanno partecipato 10 mila spettatori circa per ogni serata. Vi è inoltre in programma, nei giorni 23, 24 e 25 settembre 2016, il Liga Rock Park con il cantante Ligabue, il più rilevante degli eventi in calendario vista la prevista affluenza media giornaliera di circa 100 mila persone che, in ragione dell'intervento dei mezzi e del calpestio ancor più impattante, aggraverà ulteriormente le condizioni già precarie del prato della Gerascia;
   in merito agli eventi sopraindicati, il comitato, parco Antonio Cederna, che da anni svolge attività di promozione e salvaguardia del complesso storico-artistico-ambientale del parco, giardini e villa reale, con largo anticipo, ha promosso una serie di iniziative di sensibilizzazione sia nei confronti delle istituzioni, che dei cittadini affinché venisse scongiurata la reiterazione dei concerti volti a pregiudicare i prati in oggetto nella predetta zona del parco di Monza. Sono state inviate comunicazioni alla soprintendenza, alla sottosegretaria ai beni culturali, dott.ssa Borletti Buitoni, indette conferenze stampa a seguito delle quali sono apparsi diversi articoli sui giornali locali e svolte attività di comunicazione e informazione presso i cittadini;
   il comitato, tramite missiva, ha sollecitato il cantante Ligabue a tenere il concerto in luogo più idoneo come lo stadio Brianteo di Monza o, in alternativa, l'area stradale dell'autodromo, pubblicizzando la richiesta sui diversi social network;
   il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con lettera a firma della Sottosegretaria Borletti Buitoni del 15 giugno 2016 inviata alla soprintendente alle belle arti e paesaggio per le province di Milano, Bergamo, Como, Lecco, Lodi, Monza-Brianza, Pavia, Sondrio e Varese, architetto Antonella Ranaldi, al segretario regionale per la Lombardia, dottor Marco Edoardo Minoja per conoscenza al Presidente del comitato per il parco, signora Bianca Montrasio e al presidente del comitato «La Villa Reale è anche mia», avvocato Roberto D'Achille, evidenziava che i concerti svolti e da svolgere «non sembrerebbero del tutto compatibili con i valori tutelati», e invitava le soprintendenze milanese e regionale a intervenire;
   il comitato Parco Antonio Cederna ha commissionato al dottor Angelo Vavassori, agronomo indipendente, iscritto all'albo e operante nelle province di Como, Lecco e Sondrio, una perizia tecnico-agronomica riguardante le condizioni del prato della Gerascia pre e post concerto del 2 giugno 2016. La relazione evidenziava che era possibile «confermare che il prato ed il suolo della Gerascia del parco di villa reale di Monza hanno subìto danni gravi nella manifestazione del 2 giugno e si evidenzia che il luogo non è idoneo alla fruizione intensiva ospitando eventi ad elevata presenza ed attività di movimento di persone e mezzi meccanici localizzato. Per un uso finalizzato a manifestazioni ed eventi ad elevata frequentazione, in cui si prevedono anche circa 100.000 persone, è prevedibile la perdita definitiva ed irreversibile del manto erboso storico attuale e le specie erbacee in esso conservato. Il parco può ospitare la ordinaria fruizione pubblica, diffusa e non usurante localmente, soprattutto dal passaggio di automezzi. Il prato del Parco, inoltre, necessita di interventi specialistici per il rinnovo, secondo le migliori cure colturali, agrarie e naturalistiche, affinché possa garantire e sostenere la buona riuscita dello sviluppo vegetale del prato e la conservazione delle specie in esso conservato»;
   lo stesso comitato sopraindicato fece redigere dall'agronomo Vavassori una relazione peritale dei giardini della villa reale all'interno del parco di Monza, dopo l'evento MTV Digital Days tenutosi nei giorni 11 e 12 settembre 2015, la cui vicenda è stata ampiamente spiegata nell'interrogazione a risposta in commissione n. 5/07150 depositata in data 2 dicembre 2015, dal primo firmatario del presente atto, alla quale il Ministro interrogato non ha ancora dato risposta. Anche in quell'occasione la perizia ha evidenziato i gravi danni subiti dai prati in questione. Il consorzio villa reale e parco di Monza, ente che ha anche funzione di autorizzare lo svolgimento degli eventi in oggetto, nella medesima occasione, ha conferito incarico ad un proprio esperto agronomo, il dottor Stefano Monti. Anch'egli, nella perizia da lui redatta, evidenziava che «il prato si presenta estremamente compattato e danneggiato a causa del calpestamento operato dal pubblico che ha assistito alla manifestazione. Si rilevano, altresì, ampie porzioni di prato non più recuperabile nonché un ingiallimento di tutta la superficie ed un suo generale diradamento». Il consorzio, nonostante tale pregressa esperienza, nel caso in esame non si è preoccupato di evitare le prevedibili analoghe conseguenze, perseverando nella condotta e anzi promuovendo l'iniziativa dei concerti nel parco. Non solo: allo stato attuale, le istituzioni sono rimaste del tutto inerti e il programma dei concerti non risulta interrotto malgrado l'evidente gravità e pericolosità dell'area atteso che, con le recenti compromissioni del manto corticale, il prato medesimo non appare neppure praticabile;
   nella denunzia veniva indicato che i concerti tenuti normalmente nelle ore serali sono fonti di possibili danni irreversibili alla fauna stanziale per il forte rumore prodotto e che a tal proposito si prospettava la violazione di norme sanzionatorie dell'inquinamento acustico. Inoltre, il contratto di concessione all'articolo 7.3 b, vieta esplicitamente lo svolgimento di attività motoristiche dalle ore 21 alle ore 8. Tale norma è in tutta evidenza posta a tutela sia della fauna del parco, che della cittadinanza residente nelle zone interne e adiacenti al parco. Nella denunzia si giungeva alla conclusione che i decibel raggiunti nel corso delle manifestazioni musicali (per di più con la partecipazione di oltre 100.000 persone come si prospetta per il Liga Rock Park) raggiungono se non superano addirittura il grado di inquinamento acustico provocato dalle attività motoristiche;
   per quanto esposto nella denunzia, nella stessa veniva indicata la configurabilità di ipotesi di reato in considerazione del valore artistico, storico e ambientale del prato della Gerascia. Si indicava che nella fattispecie in esame si sarebbero potuti ravvisare gli estremi dei reati agli articoli 733 c.p., 733 bis c.p., 734 c.p., 452 bis c.p. (le cui norme sanzionatorie sono state introdotte dalla legge n. 68 del 2015), 635 c.p. e 639 c.p., (le cui ultime due norme sono state integrate dalla legge n. 352 del 1997), l'articolo 12, comma 1, del decreto legislativo n. 42 del 2004, le sanzioni penali contenute nella parte quarta, titolo II del decreto legislativo n. 42 del 2004 (si cita ad esempio l'articolo 170 della medesima legge);
   la denunzia terminava con la richiesta, per quanto di ragione, di sequestro dell'area della Gerascia, anche al fine di prevenire la reiterazione dei reati ove ravvisati. Si ricordava che esistono aree pavimentate di superficie analoga al prato in questione come per esempio quella del paddock dell'autodromo di Monza, da utilizzare in caso di precaria alternativa;
   a giudizio degli interroganti, in conseguenza di quanto sancito dalle leggi sopraindicate, dalle norme stabilite dallo Statuto del consorzio e del regolamento dei giardini della villa e parco di Monza e dalla perizia svolta successivamente all'evento del 2 giugno 2016, vi è una palese mancanza di capacità nella gestione della situazione sopraindicata da parte dei soggetti istituzionali che dovrebbero far rispettare la legge a tutela dei beni storici e culturali. Sempre a giudizio degli interroganti e in conseguenza di quanto sopra riportato, il Ministro interrogato, nelle capacità a lui ascritte dovrebbe considerare di rivalutare, per quanto di sua competenza, la posizione di tutti i responsabili appartenenti alle autorità ed organi istituzionali che hanno permesso e permettono lo svolgimento degli eventi sopraindicati, considerando di ricorrere alla rimozione dagli incarichi a loro assegnati con effetto immediato, in conseguenza della loro palese mancanza di visione del carattere di bene storico e culturale del complesso a loro affidato;
   gli interroganti intendono sottolineare che sono favorevoli allo svolgimento dei concerti in un palcoscenico importante come la città di Monza, ma in ambiti più pertinenti quali, ad esempio, lo stadio Brianteo che in passato ha ospitato decine di concerti richiamando migliaia di persone e che si colloca in un contesto ideale per accogliere tali tipi di eventi –:
   se il Ministro interrogato intenda verificare, per quanto di competenza, eventuali responsabilità da parte delle autorità statali competenti che hanno autorizzato i sopraindicati eventi svolti e da svolgere nel prato della Gerascia e, ove ne riscontri la sussistenza, quali iniziative intenda adottare nei loro confronti;
   nel pieno rispetto delle leggi che tutelano i beni storici, culturali ed ambientali, quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, per quanto di competenza, affinché non vadano mai più a ripetersi altri eventi non idonei al contesto del parco di Monza, dei giardini e della villa reale;
   se il Ministro non ritenga, per quanto di competenza e alla luce di quanto indicato in premessa, di assumere iniziative volte a sollecitare le autorità competenti a verificare se sussistano i presupposti per non far svolgere nel plesso del parco di Monza, il sopraindicato evento previsto nelle date del 23, 24 e 25 settembre 2016. (5-09493)

Interrogazione a risposta scritta:


   ZOLEZZI e SIMONE VALENTE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel comunicato stampa del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo del 23 dicembre 2014 si legge che: «Con il decreto musei si avvia una riforma che punta a rafforzare le politiche di tutela e di valorizzazione del nostro patrimonio dando maggiore autonomia ai musei, finora grandemente limitati nelle loro potenzialità. Viene finalmente riconosciuto il museo, fino ad oggi semplice ufficio della Soprintendenza, come istituto dotato di autonomia tecnico scientifica che svolge funzioni di tutela e valorizzazione delle raccolte assicurandone e promuovendone la pubblica fruizione. Vengono inoltre definiti i musei e i luoghi della cultura che, in sede di prima applicazione, consentiranno ai poli museali regionali di diventare subito operativi. I nuovi direttori dei musei elaboreranno inoltre i progetti di valorizzazione per consentire un'immediata messa a gara dei servizi aggiuntivi in tutti i musei statali»;
   dal punto di vista dell'organizzazione ogni museo avrà 5 distinte aree funzionali, ognuna assegnata a una o più unità di personale responsabile:
    a) direzione;
    b) cura e gestione delle collezioni, studio, didattica e ricerca;
    c) marketing, fundraising, servizi e rapporti con il pubblico, pubbliche relazioni;
    d) amministrazione, finanze e gestione delle risorse umane;
    e) strutture, allestimenti e sicurezza;
   il direttore del museo è il custode e l'interprete dell'identità e della missione del museo, nel rispetto degli indirizzi del Ministero;
   per quanto attiene agli standard di controllo e valutazione, il direttore generale musei presso il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo predispone standard di funzionamento e sviluppo dei musei, in coerenza con gli standard stabiliti dall'International Council of Museums (ICOM), e ne verifica il rispetto da parte dei musei statali. Così come valuta le singole gestioni in termini di economicità, efficienza ed efficacia, nonché di qualità dei servizi di fruizione e di valorizzazione erogati. I musei dotati di autonomia speciale sono sottoposti alla vigilanza del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo tramite la direzione generale musei, d'intesa con la direzione generale bilancio;
   i musei dotati di autonomia speciale sono: la Galleria borghese, le Gallerie degli Uffizi, la Galleria Nazionale d'arte moderna e contemporanea di Roma, le Gallerie dell'accademia di Venezia, il Museo di Capodimonte, la Pinacoteca di Brera, la Reggia di Caserta, la Galleria dell'Accademia di Firenze, la Galleria estense di Modena, la Galleria nazionale d'arte antica di Roma, il Museo nazionale del Bargello, il Museo archeologico nazionale di Napoli, il Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria, il Museo archeologico nazionale di Taranto, il Parco archeologico di Paestum, il Palazzo Ducale di Mantova, il Palazzo reale di Genova, il Polo reale di Torino. A questi si aggiungeranno presto la Galleria nazionale delle Marche e la Galleria nazionale dell'Umbria. Restano dotate di autonomia speciale anche la soprintendenza speciale per il Colosseo, il Museo nazionale romano e l'area archeologica di Roma e la soprintendenza speciale per Pompei, Ercolano e Stabia;
   Peter Assmann è stato nominato direttore del Palazzo Ducale di Mantova il 18 dicembre 2015
   dopo il suo insediamento si sono verificati numerosi eventi preoccupanti, segnalati in una lettera al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo che 40 custodi museali di Palazzo Ducale scrissero, lamentando fra l'altro danni alle opere e agli ambienti, dal crollo della cornice nel salone degli arcieri, a danni agli stucchi della sala degli specchi o delle cornici dei quadri in Galleria nuova (per citarne alcuni); grandi disagi ai visitatori, costretti a percorsi parziali, spesso nella confusione e nella non edificante situazione di ammirare capolavori assoluti in mezzo al via vai di operai e camerieri che trasportano tavoli e apparecchiature, rendendo difficoltoso persino l'ascolto dell'audioguida;
   a questo si aggiungono i continui errori e ritardi nella predisposizione delle informazioni o nella soluzione dei mancati funzionamenti; mai corrette le informazioni erronee evidenziate nel video del Politecnico, refusi ed imprecisioni nei nuovi pannelli su Rubens, audioguide, non rispetto di norme di sicurezza e mancanza di dispositivi di protezione individuale durante lavori pericolosi. I pregiati beni che fanno da sempre il vanto di questo museo sono accatastati nella polvere e persi pare nell'oblio, mentre le sale del palazzo diventano luogo di esposizione di beni e opere altrui, privati, che trovano qui una collocazione senza dubbio vantaggiosa (ad esempio grazie all'apertura della galleria, che a fronte di pochissimi ingressi distrae un addetto dalla sorveglianza delle sale del museo, o grazie alla trasformazione in uno show room dell'appartamento estivale, che impedisce di fatto il corretto apprezzamento degli spettacolari stucchi finalmente restituiti agli occhi ammirati dei visitatori). La lettera è stata pubblicata sul Notiziario On-line Sindacato Cultura Lavoro nel luglio 2016;
   l'appartamento della Rustica è stato finalmente riaperto al pubblico dopo i lavori post sisma. Giulio Romano progettò questi ambienti per volere di Federico II Gonzaga a partire dal 1539 e l'esecuzione, alla morte del grande artista, fu portata avanti dal Bertani. Nella mostra temporanea «Abitare Gonzaga» ovvero l'esposizione, inserita nell'edizione di Mantova Creativa, inaugurata l'11 giugno 2016 a Palazzo Ducale, è stata allestita una rassegna a cura di Giampaolo Benedini, con la collaborazione del direttore del Ducale Peter Assmann e della vicedirettrice Renata Casarin e di Marco Tonelli per la selezione delle opere contemporanee, in tale prestigioso appartamento, provando a rispondere a una domanda: «Ma se i Gonzaga con il loro gusto estetico e creativo fossero ancora vivi di quali oggetti si circonderebbero ?» Ed ecco la proposta: un viaggio nella contemporaneità. In pratica letto, vasca, cucina, sedute e divani del nostro tempo sono stati posti in queste sale, finemente decorate di stucchi e affreschi antichi. La «collezione» proviene da realtà commerciali come Agape e Benedini collection, si segnala come le numerose opere e foto contemporanee appese, sono state appese con chiodi direttamente infissi nelle pareti antiche appena restaurate;
   si segnalano altri dettagli, come un numero importante di tasselli fissati per appendere pannelli in legno dipinti sulle pareti esterne di piazza Paradiso in occasione della mostra di Moya, i 4 stendardi affissi sulle murature trecentesche del palazzo del Capitano all'ingresso del Museo; il portale in cartongesso fissato alla parete trecentesca per segnalare l'ingresso della mostra contemporanea. Si segnala a livello conservativo la scarsa attenzione ai diserbi delle erbe infestanti e alla pulizia del fossato del castello dove nella torre nord est è conservato il capolavoro della Camera Picta di Andrea Mantegna, la mancanza di alcuni scuri delle finestre del fronte est del palazzo e in generale della mancata manutenzione dei numerosi serramenti del complesso museale. Il riallestimento della sala del Rubens realizzato dal direttore del museo non rispetta gli standard di qualità museografica: gli apparati didascalici sono invasivi e non valorizzano le opere esposte;
   le mostre di arte contemporanea vengono selezionate a giudizio degli interroganti senza una particolare attenzione alla qualità e all'importanza degli artisti e comunque sono di basso livello in relazione al valore storico-artistico del complesso museale, con uno svilimento dell'anima e della cultura di Palazzo ducale e della città stessa. Mancano percorsi tematici;
   d'altronde nella «riforma Franceschini» appare evidente una separazione tra la tutela e conservazione museale e la promozione e gestione degli eventi, non dando chiarezza sulla figura del direttore museale che perde il ruolo di conservatore del bene (evidente anche nel caso di Palazzo ducale), dove non si coglie alcun progetto museologico, né una supervisione da parte della direzione generale musei. Non è comprensibile soprattutto il fattore economico, come è accaduto a Mantova ove la causa è riconducibile agli scarsi finanziamenti e a quella che appare agli interroganti come la mera necessità di fare cassa –:
   se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti esposti e se intenda promuovere adeguamenti normativi che, pur mantenendo l'autonomia gestionale, possano garantire la tutela e conservazione dei musei dotati di autonomia speciale, eventualmente prevedendo miglioramenti circa la supervisione da parte della direzione generale dei musei o individuando una figura ad hoc che si occupi di tutela, tale da ottimizzare il ruolo della commissione scientifica e rivaluta i finanziamenti al settore;
   se intenda garantire la qualità della promozione museale con un monitoraggio e una supervisione più efficace sugli eventi e sulla qualità delle mostre proposte;
   se intenda garantire progetti museologici e standard museali. (4-14211)

DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZO, FRUSONE, BASILIO, CORDA, TOFALO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la legge n. 86 del 26 marzo 2001, all'articolo 3, fissava «ab origine» i criteri generali a cui attenersi per sospendere la disciplina generale in materia di orario 1 di lavoro ed i connessi «istituti» nel caso il personale militare venisse impegnato in esercitazioni ed operazioni militari caratterizzate da particolari condizioni di impiego prolungato e continuativo oltre il normale orario di lavoro a condizioni che tali attività si protraessero senza soluzione di continuità per almeno quarantotto ore, demandando la determinazione di tali esercitazioni ed operazioni al capo di Stato Maggiore della Difesa, ai Capi di Stato Maggiore delle singole Forze armate e ai comandanti generali dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza; 
   in ottemperanza alla norma sancita dalla legge n. 86 del 2001, questa fattispecie di compenso viene inserito nel decreto del Presidente della Repubblica n. 163 del 2002, all'articolo 9, introducendo di fatto l'istituto del compenso forfettario d'impiego (CFI) all'interno di quelle norme meglio conosciute come «contratto» del comparto difesa. Nel decreto del Presidente della Repubblica appena citato, in aggiunta al dovere di restare «...oltre il normale orario di lavoro...», viene inserito «...l'obbligo di rimanere disponibili nell'ambito dell'unità operativa o nell'area dell'esercitazione». Tale ulteriore obbligo sembra comprensibile per poter affermare che la esercitazione/operazione sia caratterizzata da particolari condizioni di impiego. Infatti, senza tale vincolo la mera attività aggiuntiva con rientro presso le proprie dimore non si potrebbe definire «particolari condizioni di impiego» e quindi si potrebbe semplicemente compensare l'attività con il ricorso all'uso dello straordinario e/o recupero compensativo;
   sono stati portati all'attenzione degli interroganti diversi casi in cui emergerebbe che il vincolo dettato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 163 del 2002, che impone di restare all'interno dell'area di esercitazione, venga totalmente disatteso e il personale viene compensato con un gettone CFI in ragione dello straordinario e/o recupero compensativo;
   la stessa esercitazione/operazione non dovrebbe ricadere nella gestione del CFI poiché manca uno dei presupposti essenziali imposti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 463 del 2002: «caratterizzate da particolari condizioni di impiego»;
   nella normativa di F.A. (SMA-ORD-032) si considera ammissibile il rientro a casa dopo solo qualche ora di straordinario, adducendo come giustificativo la possibile carenza di strutture apposite per l'alloggio del personale. Si capisce il problema di carenza di alloggi, ma non si capisce perché sprecare questi fondi per attività che si possono gestire in regime di straordinario/recupero in assenza del vincolo imposto da dal decreto del Presidente della Repubblica 163 del 2002 di restare in sede –:
   se il Ministro intenda avviare una verifica dell'utilizzo del CFI con particolare riferimento al vincolo di dover restare presso l'area di esercitazione come vincolo imprescindibile per la sua corresponsione;
   se, qualora si riscontrassero abusi nell'elargizione del CFI, l'amministrazione intenda procedere al recupero delle somme di tutti i CFI compensati a coloro che rientravano alla propria dimora/residenza, sostituendolo e conguagliandolo con lo straordinario/recupero ore che sarebbe spettato. (5-09483)


   PILI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   in pieno agosto 2016 sulla testa di Carloforte, a 50 metri sul livello del mare a velocità superiori ai 700 km/ora si sono svolte esercitazioni aeree;
   decine sono state le segnalazioni e le proteste per giochi aerei in piena stagione estiva e per la pericolosità di voli radenti senza precedenti;
   l'immagine del tracciato radar che l'interrogante ha divulgato è esplicita due volte: segna i tracciati dei giochi aerei sull'isola di Carloforte e ferma in maniera inequivocabile l'altitudine di volo dell'aereo militare: 175 ft (piedi) ovvero 53,34 metri e la sua velocità 731,54 km/ora;
   si è trattato di veri e propri jet caccia che hanno triangolato per ore sulla testa dell'isola di San Pietro;
   si tratta, secondo l'interrogante di vero e proprio azzardo, visto che è stata registrata una velocità impressionante, raggiunta su un'area a elevata densità turistica come quella di Carloforte e a quote di volo impressionanti;
   tutto questo è avvenuto in piena stagione estiva, quando ogni genere di esercitazioni deve essere bloccata e sospesa;
   si è dinanzi all'emblema del disinteresse in una terra di nessuno dove tutto viene consentito e nessuno dice niente;
   non è assolutamente lecito che aerei caccia si esibiscano in inseguimenti e giochi aerei radenti come non mai, in pieno agosto, in un'isola dedita alle vacanze;
   accettare tutto questo supinamente è, secondo l'interrogante, da incoscienti visto che le precauzioni non sono mai sufficienti, soprattutto dopo i gravissimi incidenti che hanno caratterizzato esercitazioni di questa natura;
   è inaccettabile che tutto questo avvenga nei cuore della stagione turistica e per giunta senza alcun tipo di comunicazione;
   a svolgere queste esercitazioni a quanto risulta all'interrogante, sono stati aerei in dotazione alla Discovery Air Defence, il primo fornitore per le Forze Armate canadesi e il Governo del Canada;
   i tracciati radar del DART 33 e DART 32 e DART 45 della Discovery Air Defence, rilevati dal Flightradar24, il ricognitore satellitare che monitora il traffico aereo sui cieli del mondo, sono espliciti ed eloquenti;
   è incomprensibile che i tracciati di questi aerei da combattimento compaiano tra i radar civili e soprattutto prendano di mira per le loro evoluzioni proprio quel triangolo turistico residenziale nel Sulcis;
   appare evidente che niente ha insegnato l'incidente della funivia del Cermis, la strage del Cermis, avvenuto il 3 febbraio 1998 nei pressi di Cavalese, quando un aereo militare statunitense, volando a bassissima quota, spezzò un cavo della funivia facendo morire venti persone rimasero che uccise –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza che i tracciati radar segnino 54 metri di altezza di volo in un'area così sensibile;
   se tali voli siano stati autorizzati e da chi in deroga anche al periodo di fermo delle esercitazioni;
   se e per quale motivo siano stati eventualmente autorizzati. (5-09485)

Interrogazioni a risposta scritta:


   FRUSONE, BASILIO, CORDA, RIZZO, TOFALO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   da un articolo, reperibile all'Url https://fas.org/blogs/security/2016/06/pacific-ssbn-base/ pubblicato recentemente da Hans M. Kristensen, direttore del Nuclear Information Project della Federation of American Scientists sul deposito di missili e testate nucleari della US Navy Strategic Weapons Facility Pacific (SWFPAC) situato nei pressi di Seattle, si evince che all'interno della base e di una similare situata a Kings Bay in Georgia, per la movimentazione dei missili e delle testate nucleari e per il trasporto e il caricamento sui sommergibili lancia missili balistici siano utilizzati veicoli speciali multiasse costruiti dalla società Cometto di Borgo San Dalmazzo (Cuneo);
   una foto pubblicata a corredo dell'articolo mostra chiaramente un mezzo della società italiana che trasporta un cilindro contenente un missile balistico Trident II fuori dal deposito nucleare;
   una ricerca nei documenti allegati alle relazioni annuali sull'esportazione di materiali di armamento non ha permesso di trovare traccia di autorizzazioni all’export di questi mezzi, che essendo parte integrante di un sistema d'arma, sono soggetti ai controlli cui alla legge n. 185 del 1990 –:
   se ai Ministri interrogati risulti che la società Cometto abbia effettivamente fornito alla Marina degli Stati Uniti veicoli speciali destinati alla movimentazione e al servizio di missili balistici nucleari Trident II;
   se e quando sia stata rilasciata autorizzazione all'esportazione in base alla legge n. 185 del 1990. (4-14210)


   RIZZO, GRILLO e LUIGI DI MAIO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   di recente l'Avvocatura generale del» Stato ha opposto ricorso per Cassazione alla sentenza pronunciata dalla corte di appello di Roma sul caso del militare deceduto per patologia riconducibile al servizio svolto, Salvatore Vacca, di 23 anni, appellandosi al principio giuridico della « compensatio lucri cum damno»;
   l'amministrazione della Difesa, così facendo, ritiene che gli indennizzi ricevuti dai familiari debbano essere decurtati dall'eventuale risarcimento del danno ponendo in evidenza la seguente questione giuridica: se dal risarcimento del danno patrimoniale (spettante alla vittima, agli eredi o aventi causa) possa essere detratto quanto già percepito dal danneggiato a vario a titolo (pensione di inabilità o di reversibilità, assegni, equo indennizzo o qualsiasi altra speciale erogazione);
   la dottrina attuale prevede che non può essere detratto dal danno risarcibile quanto già percepito dal danneggiato a titolo di pensione di inabilità o di reversibilità, ovvero a titolo di assegni, di equo indennizzo o di qualsiasi altra speciale erogazione connessa alla morte o all'invalidità, trattandosi di attribuzioni che si fondano su un titolo diverso dall'atto illecito, che non hanno finalità risarcitorie (Cass. Sez. III, 30 settembre 2014, n. 20548);
   a sostegno di ciò, si evidenzia che, in un caso, il danno scaturisce dall'illecito, in altro il diritto all'emolumento previdenziale o assicurativo trova fondamento direttamente nella legge (Cass. Sez. III, 10 marzo 2014, n. 5504). Sul piano causale, si aggiunge che il fatto illecito, rispetto a tale diritto, costituisce una mera occasione;
   tale ingiusto arricchimento che l'amministrazione ha contestato nell'appello Vacca sembra sia stato superato con il caso del maresciallo Marco Diana che, come risulta dai una risposta ad una interrogazione parlamentare (n. 5-01966) della XVI legislatura, ha ricevuto i benefici indennitari previsti dalle normative, tra chi pensione privilegiata, speciale elargizione, equo indennizzo ed assegni vitalizi; inoltre l'Avvocatura per conto dell'amministrazione militare ha elargito a titolo di risarcimento al maresciallo in questione, al fine di comporre bonariamente la vertenza insorta tra le parti, la somma di 923.000 euro considerando «completamente e definitivamente tacitato di ogni e qualsiasi diritto e pretesa ... di non avere altro a pretendere dall'Amm.ne Militare... e di rinunciare a qualsiasi azione giudiziaria conseguente ai fatti oggetto del presente atto di transazione» –:
   quali elementi intendano fornire circa le scelte compiute nel trattare in maniera diversa i casi Vacca e Diana, pur partendo dallo stesso fondamento giuridico. (4-14212)


   RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE, TOFALO, PAOLO BERNINI, DI BATTISTA, SCAGLIUSI, MANLIO DI STEFANO, SIBILIA, GRANDE, SPADONI e DEL GROSSO. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   a febbraio 2012, all'inizio delle note vicende che hanno coinvolto i «due Marò» fucilieri di Marina Salvatore Girone e Massimiliano La Torre, l'ammiraglio di squadra Donato Marzano rivestiva l'incarico di Sottocapo di Stato Maggiore del Comando in capo della squadra navale;
   il 14 marzo 2014 l'allora Ministro degli affari esteri Giulio Terzi di Sant'Agata, rivolgendosi all'Aula del Senato per rendere una informativa sull'arresto di due militari italiani in India, dichiarava che, in seguito alla non obiezione da parte del comandante in capo della squadra navale la Enrica Lexie (mercantile su cui erano imbarcati i marò) fece il suo ingresso in acque territoriali dell'India ed esattamente del Kerala;
   diverse fonti di stampa riferiscono di indiscutibili responsabilità da parte dell'ammiraglio Marzano in merito al fatidico errore di non obiettare nulla in merito all'entrata in acque territoriali indiane della Enrica Lexie con il nucleo di protezione a bordo;
   si apprende da organi di stampa che il 13 settembre 2016, l'ammiraglio Marzano lascerà l'attuale incarico del comando logistico di Napoli e che potrebbe assumere l'incarico di comandante in capo della squadra navale, comando presso il quale era destinato durante l'evento del rientro dei marò nelle acque territoriali indiane in quel febbraio del 2012;
   fin dalle prime fasi dell'annosa questione diplomatica che ha investito i due fucilieri di marina, il MoVimento 5 Stelle ha chiesto chiarezza circa i nomi degli ufficiali responsabili, dai cui errori sono scaturiti le problematiche ancora in atto –:
   se vi sia un fascicolo relativo a una indagine interna ai Ministeri per risalire alla catena di comando ed individuare i nomi degli ammiragli e ufficiali responsabili delle errate decisioni intraprese, quali siano i risultati e se, qualora non sia stata avviata tale indagine, se non si ritenga di dover dare ad essa avvio con celerità;
   se la nomina dell'ammiraglio Marzano in qualità di comandante in capo della squadra navale rispetti tutte le norme interne all'amministrazione.
(4-14213)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   CARRESCIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   i termini di presentazione delle scadenze fiscali sono numerosi e diversi;
   la scadenza della dichiarazione IMU è stata oggetto di numerosi rinvii e rettifiche, tanto da generare il caos tra i contribuenti; l'articolo 10, comma del decreto legge 8 aprile 2013, n. 85, ha modificato il comma 12-ter, dell'articolo 13 del decreto legge n. 201 del 2011 convertito della legge n. 214 del 2011, prevede che la dichiarazione debba essere presentata entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell'imposta e, di conseguenza, è venuta meno la regola di presentazioni della dichiarazione entro 90 giorni dalla data di possesso dell'immobile o di altre significative variazioni;
   la presentazione della dichiarazione IMU è fissata a fine giugno, mentre se posposta al 30 settembre di ogni anno permetterebbe ai contribuenti di non dover effettuare un adempimento (per altro non urgente), durante il periodo dichiarativo (IMU, TASI, 730 e UNICO); idem per la dichiarazione TASI;
   il mese di ottobre ha pochi adempimenti fiscali e, per «limitare al massimo l'aggravio per i contribuenti» come ha previsto dall'articolo 21 del decreto legge 78 del 2010, convertito dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, la comunicazione IVA (spesometro) potrebbe essere posticipata al 31 ottobre; nelle more dell'abrogazione del Mod. 770 semplificato si è finora proceduto a proroghe a pochi giorni della scadenza mentre sarebbe preferibile per i dichiaranti avere sempre una data certa (ad esempio 16 settembre);
   le scadenze tributarie non sono uniformate, mentre sarebbe opportuno fissarle nello stesso giorno dei vari mesi; ciò comporterebbe, ad esempio, la posticipazione dell'invio della certificazione unica dal 7 marzo al 16 marzo, ove si fissassero tutte le scadenze al 16 di ogni mese;
   le discrasie sopra evidenziate sono state rilevate, nei giorni scorsi, anche dalla Fondazione dei commercialisti italiani –:
   se il Ministro interrogato intenda avviare la revisione delle scadenze fiscali per uniformarle. (4-14206)


   MELILLA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   in un articolo del settimanale l'Espresso si parla degli accordi fiscali stipulati tra il Lussemburgo e centinaia di società private (multinazionali come Amazon, Ikea e Pepsi) per il trasferimento di buona parte dei profitti, realizzati nei Paesi europei, in cambio del pagamento di imposte irrisorie, l'1 per cento o addirittura meno;
   dai documenti in possesso del settimanale risulterebbero anche società italiane, tra le quali Unicredit, Intesa Sanpaolo, Finmeccanica, che nel corso degli anni hanno trasferito nel Granducato buona parte dei profitti, anziché versare al fisco, come tutte le altre imprese, imposte venti o trenta volte più elevate;
   nel novembre 2014 scoppiò lo scandalo cosiddetto « LuxLeaks» e a Bruxelles partì un'inchiesta e un piano di riforma dell'Ocse in nome della trasparenza e contro l'elusione fiscale, ma dai documenti di cui parla l'Espresso risulterebbe che questo trattamento riservato alle multinazionale non sia stato mai interrotto;
   i documenti di cui si parla sarebbero due, entrambi finora mai resi pubblici: il primo è una tabella di tre pagine in cui compaiono i nomi di tutte le nazioni dell'Unione europea con a fianco il numero dei « tax ruling» concessi;
   nella stessa tabella, firmata dalla direzione generale della Commissione dell'Unione europea, sezione fiscalità e unione doganale, risulta che, all'interno dell'Ue, alla fine del 2013 erano attivi 545 dei suddetti accordi fra imprese e Stati, fra cui spicca il Lussemburgo con 119, ma anche Regno Unito, Ungheria, Spagna (tutte sopra quota 50);
   in quinta posizione con 47 ruling operativi c’è l'Italia, manca però un'informazione: i nomi delle società straniere che hanno firmato questi accordi, con il fine di ottenere una riduzione delle imposte da versare allo Stato italiano;
   la suddetta tabella, come detto, è aggiornata alla fine del 2013, quindi prima dello scoppio dello scandalo LuxLeaks, nel frattempo sono state comminate multe dalla Commissione europea a Fiat, Starbucks e, ultima in ordine di tempo, a Apple accusata di aver evitato di versare imposte per 13 miliardi di euro;
   la commissaria alla concorrenza, Margrethe Vestager, ha recentemente dichiarato «tutte le imprese, grandi o piccole, multinazionali o non, devono pagare la loro giusta quota di tasse», ma nell'altro documento in possesso dell'Espresso, datato 16 settembre 2015, l'ambasciatore italiano presso l'Unione europea, Stefano Sannino, rispondendo a un parlamentare europeo – che chiedeva una «panoramica, compresa la data e il nome delle società, di tutti i tax ruling a partire dal 1991» – non nega l'esistenza dei tax ruling ancora in vigore, ma per quanto riguarda i nomi delle società «queste informazioni non possono essere rivelate per ragioni di riservatezza» –:
   quali siano le società straniere che hanno stipulato in Italia i succitati accordi fiscali riservati. (4-14208)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel carcere di Uta sono giunti durante il mese di agosto 20 boss mafiosi e camorristi;
   si tratta di nomi di primo piano del clan dei Casalesi;
   con un provvedimento del Ministero della giustizia il carcere di Uta è stato trasformato da struttura circondariale in un carcere di alta sicurezza, con tutto quello che ne consegue sul pericolo infiltrazioni legato alla presenza esterna di familiari e adepti;
   al Ministero della giustizia hanno approfittato del clamore del terremoto e degli sbarchi di migranti per fare il blitz nel carcere cagliaritano;
   i boss sono arrivati alla spicciolata in meno di una settimana;
   ad oggi la conta nel braccio di alta sicurezza denominato inopportunamente Arborea nella struttura penitenziaria, nata per essere casa circondariale, segnava 20 capi di Cosa Nostra e Camorra, tra cui diversi del clan dei Casalesi;
   il blitz ferragostano è andato in porto anche se nei prossimi giorni si dovrebbero completare l'operazione con altri 20 capi clan e cosca;
   si tratta di nomi di primo piano della malavita organizzata che ora occupano il braccio speciale recuperato in fretta e furia dopo la decisione, a giudizio dell'interrogante, gravissima del Ministro della giustizia che ha trasformato il carcere circondariale di Uta in una sezione per mafiosi e camorristi;
   tutto questo contravvenendo alle regole che impongono la netta separazione tra i detenuti alta sicurezza e quelli ordinari;
   aver isolato con inutili accorgimenti il braccio Arborea è sintomatico di una gestione, secondo l'interrogante approssimativa, della struttura carceraria;
   l'unica precauzione messa in campo è un nastro specchiato apposto sulle porte d'ingresso del reparto dedicato ai detenuti in regime di alta sicurezza;
   la tensione comincia già a salire per il tipo di personaggi giunti ad Uta;
   è già insorto il primo problema della palestra;
   i boss hanno chiesto di poterne usufruire, ma ci sono solo 12 postazioni per oltre 500 detenuti;
   le regole vietano qualsiasi tipo di contatto tra i boss e i detenuti ordinari;
   il tema più grave è, però, quello del seguito di questi boss e le conseguenti infiltrazioni mafiose;
   i personaggi già sbarcati ad Uta sono di primo piano a partire da, a quanto risulta all'interrogante, da uno dei capi dei Casalesi Salvatore Ferrara, detto Sasà, 45enne originario di Casal di Principe, nativo di Napoli, finito in manette insieme ad altre dieci persone, perché sospettato di essere parte di un'associazione a delinquere a carattere transnazionale volta a commettere una serie indeterminata di reati attraverso una rete illegale di gioco on line sino ad arrivare al capo clan di Forcella, Fernando Schlemmer;
   familiari e adepti potrebbero decidere di spostarsi a soggiornare nelle zone limitrofe al carcere con tutto quello che ne consegue;
   è lo stesso Ministero nelle relazioni riservate a segnalare il problema delle infiltrazioni proprio in conseguenza della stanzialità di numerosi familiari che diventano di fatto ufficiali di collegamento sino ad estendere sul territorio di detenzione i loro interessi malavitosi;
   con questo nuovo blitz il Ministero ha di fatto trasformato tutti i carceri della Sardegna in strutture di alta sicurezza per mafia e camorra;
   dopo Oristano e Tempio, il 41-bis di Sassari, adesso anche Uta diventa carcere speciale;
   si tratta di una decisione, ad avviso dell'interrogante, irresponsabile e pericolosissima, di un Governo spregiudicato che sta trasformando la Sardegna in una vera e propria «cajenna» mafiosa e camorristica;
   il blitz di Uta era stato firmato dal direttore generale del Ministero della giustizia – direzione generale detenuti e del trattamento, il 3 agosto 2016, con una disposizione secca: l'intero reparto «Arborea» deve essere evacuato dai detenuti ordinari e destinato esclusivamente ai detenuti di alta sicurezza che arriveranno nelle prossime ore a Uta;
   in pochi giorni il carcere di Uta è stato trasformato in una vera e propria «cajenna» mafiosa;
   almeno 40 saranno alla fine i detenuti in regime di alta sicurezza legati a mafia, camorra e ’ndrangheta assegnati al carcere di Uta;
   in silenzio, e sotto ferragosto, il «blitz» del Governo ha deciso di trasformare il carcere di Uta in uno degli istituti destinati ai più pericolosi criminali delle organizzazioni mafiose;
   su questa vicenda si registra preoccupazione tra gli agenti penitenziari e tra i cittadini;
   tutto questo sposterà nel cagliaritano la presenza dei familiari dei detenuti mafiosi e non solo;
   ora più che mai il rischio di infiltrazioni è gravissimo;
   si tratta di una decisione inaudita che stravolge la stessa natura del carcere destinato a detenuti ordinari;
   un carcere dove la promiscuità tra detenuti ordinari e quelli di alta sicurezza sarà la costante;
   una scelta di una gravità tale che, secondo l'interrogante, conferma la spregiudicatezza del Ministero della giustizia di trasformare la Sardegna sempre di più in una «cajenna» mafiosa da nord a sud;
   aver trasformato anche il carcere di Uta in un carcere di massima sicurezza riservato ai capimafia è l'ennesimo fatto di una gravità inaudita;
   si tratta di un atto che lascia comprendere il livello di pericolosità che raggiungeranno i detenuti di Uta ma soprattutto delle infiltrazioni legate alla presenza all'esterno del carcere di un numero sempre più cospicuo di familiari di questo tipo di detenuti;
   questi arrivi hanno provocato un clima tesissimo per l'arroganza di questi detenuti e soprattutto la carenza cronica di personale che rende tutto molto più difficile, a partire dalla gestione non solo interna ma anche esterna di questo tipo di detenuti;
   si tratta di situazioni insostenibili visto che mancano all'appello, secondo le organizzazioni sindacali, non meno di 100 agenti;
   la pericolosità di questi detenuti, concentrati nel carcere di Uta, è davvero elevatissima;
   si tratta di un contingente di 40 detenuti provenienti direttamente da Secondigliano (Napoli) e che occuperanno completamente un'ala intera del carcere di Uta, che in maniera subdola è stata trasformata in un carcere per mafiosi e camorristi, oltre che per i più violenti protagonisti della ’ndrangheta –:
   se non ritenga il Ministro della giustizia di revocare la disposizione che trasforma di fatto il carcere di Uta in una struttura di alta sicurezza;
   se non ritenga il Ministro dell'interno di predisporre, sino alla revoca della disposizione del Ministro della giustizia, adeguata vigilanza e attenzione, per quanto di competenza, in relazione a possibili fenomeni di infiltrazione mafiosa, e non solo, legati alla presenza questi detenuti nell'ambito del sud Sardegna. (5-09486)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   DE LORENZIS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la legge 19 ottobre 1998, n. 366 recante «Norme per il finanziamento della mobilità ciclistica» pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 48 del 23 ottobre 1998, oltre ad aver previsto all'articolo 3, l'istituzione di un fondo statale presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per finanziare la realizzazione una serie di interventi finalizzati allo sviluppo e alla sicurezza del trasporto ciclistico urbano e turistico – fondo non più rifinanziato dal 2002 – all'articolo 10, commi 1 e 2, ha apportato modifiche agli articoli 13 e 14 del codice della strada, introducendo l'obbligo a carico degli enti proprietari delle strade di realizzare piste e percorsi ciclabili adiacenti in occasione della costruzione di nuove strade e della manutenzione straordinaria di strade esistenti, purché siano realizzate in conformità ai programmi pluriennali degli enti locali, fatti salvi i casi comprovati di problemi di sicurezza;
   non risulta all'interrogante che tali problemi di sicurezza siano codificati né tanto meno che ogni opera in oggetto definisca, nei casi di mancata realizzazione di piste ciclabili, come elemento comprovato i problemi di sicurezza;
   con nota 12934 del 20 marzo 2000 il comune di Belluno ha chiesto all'allora Ministero dei lavori pubblici – ispettorato generale per la circolazione e la sicurezza stradale – diverse delucidazioni in merito all'applicazione della normativa in questione, chiedendo esplicitamente in cosa consiste la definizione del termine «adiacente». La risposta del Ministero ha peraltro chiarito che il termine adiacente può intendersi non solo nella sua accezione letterale ma anche nel senso che la pista o il percorso ciclabile, unendo gli estremi di tratti stradali oggetto di intervento, possono avere sviluppo in tutto o in parte anche disgiunto da quello della viabilità carrabile;
   ad oggi, per le opere in premessa, non risultano all'interrogante realizzate le piste ciclabili previste dalla legge n. 366 del 1998; le modifiche apportate ai citati articoli 13 e 14 del codice della strada risultano completamente disattese non solo dagli enti proprietari delle strade ma anche dai soggetti che a qualunque titolo avrebbero dovuto effettuare opera di vigilanza e controllo sulla correttezza della spesa o ai fini della sicurezza stradale;
   tra gli esempi più lampanti vi sono i sottopassi e i sovrappassi ferroviari e le rotatorie. La realizzazione di tali interventi, quando privi di condizioni di sicurezza per il transito ciclistico, aumentano anche le condizioni di percezione del rischio di incidenti stradali e quindi rappresentano un deterrente alla diffusione della mobilità ciclistica quotidiana, in ambito locale, e turistica;
   va tenuto conto anche dei finanziamenti previsti dalla legge di stabilità per avviare la realizzazione di un sistema nazionale di ciclovie interregionali –:
   quali iniziative il Ministro abbia adottato ovvero intenda adottare in relazione a quanto previsto dalla legge n. 366 del 1998, per far sì che tutti i soggetti interessati osservino i citati articoli 13 e 14 del codice della strada;
   se, al fine dell'attuazione della normativa citata in premessa, il Ministro abbia mai attivato iniziative di vigilanza e controllo anche nei casi di nuovi sottopassi, sovrappassi e rotatorie;
   se il Ministro intenda chiarire quali iniziative siano state prese ovvero verranno prese, in relazione ai casi d'inadempienza, in considerazione del fatto che i progetti di opere pubbliche approvati in violazione della legge sono illegittimi.
(5-09487)


   PILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   all'aeroporto di Alghero sono stati elargiti dalla regione Sardegna, finanziamenti ad avviso dell'interrogante non conformi alla legge per 13 milioni di euro;
   i privati che eventualmente e malauguratamente dovessero acquistare la maggioranza dell'aeroporto dovranno restituire 13 milioni di euro per infrastrutture aeroportuali non finanziabili dalla regione;
   risultano totalmente non rispettate, secondo l'interrogante, le ultime norme europee che prevedevano cofinanziamento al 50 per cento;
   il potenziale acquirente dell'aeroporto di Alghero, ad avviso dell'interrogante, dovrà restituire 13 milioni di euro al suo insediamento per violazione delle norme comunitarie;
   se il privato dovesse malauguratamente arrivare all'acquisto e alla gestione dello scalo algherese, dovrebbe subito sborsare non meno di 13 milioni di euro per aiuti di Stato illegittimi;
   a tanto ammonta il finanziamento che l'aeroporto ha ricevuto dalla regione e che, secondo le nuove norme europee, doveva essere obbligatoriamente finanziato al 50 per cento dalla gestione aeroportuale;
   le regole comunitarie vietano finanziamenti pubblici per realizzazione di parcheggi che, invece, sarebbe previsto nell'ampliamento dell'aeroporto finanziato dalla stessa regione;
   a giudizio dell'interrogante, una pesantissima reazione comunitaria è, dunque, più che scontata e non tarderà ad arrivare visto che le disposizioni comunitarie sono rigidissime;
   la società di gestione dell'aeroporto di Alghero ha appaltato, con bandi di gara pubblicati sul sito della società, un finanziamento con fondi pubblici, per il tramite dell'assessorato dei trasporti della regione autonoma della Sardegna, per lo sviluppo delle proprie infrastrutture pari a 13 milioni di euro;
   tutto questo è di dubbia legittimità perché le disposizioni comunitarie hanno disciplinato in modo puntuale la tipologia di aeroporto e l'entità dell'aiuto che può essere concesso;
   questo elemento totalmente sottaciuto nel bando di privatizzazione è stato ignorato dallo stesso assessorato ai trasporti che adesso rischia direttamente anche su questa partita;
   la società di gestione, secondo l'interrogante, potrebbe essere condannata ed è altrettanto vero che se verrà veramente svenduta i privati dovranno questi ultimi obbligatoriamente pagare la sanzione europea;
   non si possono continuare ad utilizzare fondi pubblici con l'unico obiettivo di fare «regali» ai privati;
   se i privati dovessero arrivare è giusto che paghino sino all'ultimo euro quanto dovuto;
   si tratta di interventi tutti disciplinati e vincolati alle disposizioni europee per complessivi 13 milioni di euro, di cui: ampliamento e riconfigurazione viabilità aeroportuale euro 4.102.000, realizzazione collegamento intermedio euro 880.000, realizzazione nuova sala arrivi euro 1.681.000;
   prima di dar seguito al finanziamento di tali opere, in base alle linee guida della Commissione europea del 4 aprile 2014, la misura doveva essere obbligatoriamente notificata alla Commissione stessa per la fattibilità;
   le linee guida europee sono chiare: nella sezione n. 5.1.1 denominata «aiuti agli investimenti a favore degli aeroporti» vengono suddivisi gli aeroporti in base al proprio traffico;
   al punto 101 delle regole europee è previsto: «La seguente tabella riassume le intensità massime di aiuto ammissibili in funzione della dimensione di un aeroporto misurata secondo il numero di passeggeri all'anno:
    Intensità massima di aiuto agli investimenti:
     ›3-5 milioni fino ad un massimo del 25 per cento;
     1-3 milioni fino ad un massimo del 50 per cento;
     ‹1 milione fino ad un massimo del 75 per cento;
   l'aeroporto di Alghero rientra nella fascia di aeroporti da 1 a 3 milioni di passeggeri, per la quale è prevista una intensità massima dell'aiuto agli investimenti del 50 per cento;
   secondo quanto riportato dalle linee guida a fronte di un investimento previsto di circa 13 milioni di euro la parte relativa al 50 per cento, pari a 6,5 milioni di euro dovrebbe essere a carico dell'aeroporto;
   oppure a fronte di un finanziamento di 13 milioni di euro l'aeroporto dovrebbe contribuire alle opere con altri 13 milioni di euro;
   è evidente che si tratti di fondi che, se dovesse andare in porto la privatizzazione selvaggia, il privato dovrà restituire uno sull'altro;
   a questo si aggiunge che l'aeroporto sta realizzando un intervento per costruire 1.100 parcheggi che sarebbe totalmente illegittimo se fosse finanziato con i fondi della regione;
   la disciplina comunitaria anche su questo punto è chiarissima, infatti, al punto 97 è detto: i costi d'investimento relativi ad attività non aeronautiche (in particolare parcheggi, alberghi, ristoranti e uffici) non sono ammissibili. È fin troppo evidente che una normativa così stringente non potrà essere aggirata, considerato che con riguardo ai parcheggi, ne è espressamente vietato il finanziamento con fondi pubblici. Non è chiaro se queste misure siano state notificate alla Commissione europea e se vi sia stato dato corso senza la necessaria autorizzazione;
   se questo fosse confermato, tale situazione metterebbe seriamente a rischio il patrimonio della società perché in caso di apertura di una procedura di infrazione da parte della Commissione europea l'aeroporto di Alghero sarebbe chiamato a restituire i denari impropriamente utilizzati;
   è fin troppo evidente che su questo caso la maldestra gestione della regione Sardegna, che non ha adottato le stesse attentissime cautele utilizzate nel finanziamento delle low cost, normate dalle stesse linee guida –:
   se non si ritenga, in via cautelare, di assumere iniziative affinché gli atti richiamati in premessa siano trasmessi alla Commissione europea per verificare con urgenza la procedura seguita;
   se non ritenga di dover svolgere attraverso gli organi di controllo statali, a partire da Enac, le valutazioni preventive sulla gestione aeroportuale di Alghero a partire dall'utilizzo dei finanziamenti di cui in premessa; (5-09488)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MARCHI, INCERTI, IORI e GANDOLFI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la legge 6 novembre 2012, n. 190, «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione» (articolo 1, commi dal 52 al 57), ha previsto l'istituzione presso ogni prefettura dell'elenco fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa (così detta white list);
   tale elenco ha lo scopo di rendere più efficaci i controlli antimafia nei confronti di operatori economici operanti in settori maggiormente esposti a rischi di infiltrazione mafiosa;
   il 14 agosto 2013 è entrato in vigore il (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 aprile 2013 che disciplina le modalità relative all'istituzione e all'aggiornamento dell'elenco in questione, nonché le modalità per le correlate attività di verifica;
   il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 18 aprile 2013, in attuazione della legge n. 190 del 2012 ha previsto che dal 14 ottobre 2013 sia cessata l'efficacia delle normative previgenti in materia di white list;
   le attività imprenditoriali, per le quali è possibile l'iscrizione nell'elenco prefettizio, indicate all'articolo 1, comma 53, della citata legge n. 196 del 2012, sono le seguenti:
    trasporto di materiali a discarica conto terzi;
    trasporto e smaltimento di rifiuti conto terzi;
    estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;
    confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;
    noli a freddo e a caldo di macchinari;
    fornitura di ferro lavorato;
    autotrasporto conto terzi;
   l'indicazione delle attività iscrivibili nell'elenco potrà essere aggiornata, entro il 31 dicembre di ciascun anno, con apposito decreto interministeriale;
   l'iscrizione negli elenchi è volontaria;
   accanto a questa white list, la normativa in esame prevede che, in via transitoria, presso le prefetture dell'area sismica interessate dal terremoto del maggio 2012, continueranno invece a essere presenti elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, (così detto, white list) per gli «ulteriori settori» individuati con ordinanza n. 91 del 17 dicembre 2012 del Presidente della regione Emilia-Romagna in qualità di Commissario per la ricostruzione post-sisma, in attuazione della previsione di cui all'articolo 5-bis, lettera h-bis del decreto-legge 6 giugno 2012 n. 74, convertito dalla legge n. 122 del 2012 e successive modifiche e integrazioni per i seguenti settori:
    fornitura di moduli prefabbricati e dei relativi arredi;
    demolizione di edifici ed altre strutture, sistemazione del terreno per il cantiere edile;
    movimenti di terra quali scavi, livellamenti, riporti di terreno, sbancamenti;
    noleggio con conducente di mezzi speciali;
    fornitura e posa in opera di impianti fotovoltaici;
    fornitura e manutenzione di impianti tecnologici in particolare se destinati ad attività produttive nei settori farmaceutico e alimentare;
    fornitura di beni necessari per la ricostituzione delle scorte nel settore farmaceutico danneggiate dagli eventi sismici;
   si tratta di un elenco di fornitori di beni e prestatori di servizi, non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, cui devono essere iscritti, gli esecutori dei lavori oggetto di contratti pubblici e successivi subappalti e subcontratti (articolo 5-bis comma 4, legge n. 122 del 2012) che intendono proporsi per i lavori di ricostruzione post-sisma;
   l'iscrizione nelle white list è obbligatoria (sufficiente la dimostrazione dell'avvenuta presentazione della domanda presso la locale Prefettura) per ciò che riguarda i cantieri del sisma –:
   se sia stata valutata la possibilità di assumere iniziative normative per estendere l'iscrizione in white list di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori che discendono dal Codice Ateco, che individua il macrosettore F «Costruzioni», che ricomprende tutte le categorie di lavori normalmente presenti in un cantiere edile. (5-09490)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MONGIELLO, DI GIOIA, VENTRICELLI e GINEFRA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   non sono ancora compiutamente risolte le questioni problematiche che hanno interessato i partecipanti al concorso per esami e titoli per il reclutamento di dirigenti scolastici indetto con decreto direttoriale del 13 luglio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 56 del 15 luglio 2011;
   in particolare, nonostante si sia tentato di darvi una concreta soluzione a norma dell'articolo 1, commi 87 e 88, della legge 13 luglio 2015, n. 107, sono rimaste aperte le criticità di quei partecipanti ricorrenti che alla data di entrata in vigore della legge n. 175 del 2015 avevano ancora un contenzioso attivo con sentenza non definitiva avverso il DDG del 13 luglio 2011 relativo alla non ammissione alle prove orali del concorso a dirigente scolastico;
   in effetti le norme di cui alla legge n. 175 del 2015, aggiunte in prima lettura al relativo disegno di legge presso la Camera dei deputati, prevedono che al fine di tutelare le esigenze di economicità dell'azione amministrativa e di prevenire le ripercussioni sul sistema scolastico dei possibili esiti del contenzioso pendente relativo ai concorsi a dirigente scolastico degli anni 2011, 2006 e 2004, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, siano definite le modalità di svolgimento di un corso intensivo di formazione e della relativa prova scritta finale, finalizzato all'immissione nei ruoli dei dirigenti scolastici;
   la stessa disposizione indica le materie cui si riferiscono il corso e la prova finale, che riguardano: a) i soggetti già vincitori ovvero utilmente collocati nelle graduatorie ovvero che abbiano superato positivamente tutte le fasi di procedure concorsuali successivamente annullate in sede giurisdizionale, relative al concorso per esami e titoli per il reclutamento di Dirigenti scolastici indetto con decreto direttoriale del 13 luglio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 56 del 15 luglio 2011; b) i soggetti che abbiano avuto una sentenza favorevole almeno nel primo grado di giudizio ovvero non abbiano avuto, alla data di entrata in vigore della legge, alcuna sentenza definitiva, nell'ambito del contenzioso legato ai concorsi per dirigente scolastico di cui al decreto direttoriale 22 novembre 2004, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 94 del 26 novembre 2004, e al decreto del Ministro della pubblica istruzione 3 ottobre 2006, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 76 del 6 ottobre 2006, ovvero avverso la rinnovazione della procedura concorsuale ai sensi della legge 3 dicembre 2010, n. 202;
   con decreto ministeriale n. 499 del 2015 sono state fissate le disposizioni sulle modalità di svolgimento del corso intensivo di formazione, e della relativa prova scritta finale, per l'inserimento nei ruoli dirigenziali dei possessori dei requisiti previsti dalla legge n. 175 del 2015;
   come si evince da quanto descritto, sono rimasti esclusi dalla possibilità di immissione nei ruoli di dirigente scolastico, i ricorrenti allo scopo citati ma che hanno ancora in essere un contenzioso privo di sentenza definitiva;
   in Puglia, in particolare, sono ancora da definire circa 50 posizioni di partecipanti aventi un contenzioso avverso al predetto concorso del 2011 –:
   quali urgenti iniziative di competenza intenda adottare per sanare anche le situazioni che riguardano i soggetti che hanno un contenzioso pendente con sentenza non definitiva avverso il D.D.G. 13 luglio 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale – «concorsi» n. 56, del 15 luglio 2011, ciò anche al fine di non violare i principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione e di uguaglianza sanciti dalla Costituzione, di eliminare definitivamente il contenzioso pendente, nonché di assicurare prontamente i dirigenti scolastici alle istituzioni scolastiche preposte.
(5-09482)

Interrogazioni a risposta scritta:


   MISIANI, GIUSEPPE GUERINI, CARNEVALI e SANGA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la questione della vigilanza degli studenti all'uscita dalla scuola è, da molti anni, soprattutto negli aspetti attuativi, oggetto di interpretazioni contrastanti. La questione è recentemente tornata all'attenzione dell'opinione pubblica in seguito alla decisione del dirigente scolastico dell'Istituto comprensivo Alberico Da Rosciate di Bergamo di non concedere ai ragazzi minori di 14 anni che frequentano la scuola secondaria di primo grado di rientrare a casa da soli dopo la scuola;
   nella scuola, l'obbligo di vigilanza sui minori fa capo, in generale, al personale docente e, nei limiti determinati dalle disposizioni del contratto collettivo nazionale del lavoro anche al personale ATA. Gli obblighi organizzativi di controllo e di custodia fanno capo invece al dirigente scolastico. Fra gli obblighi di servizio imposti al personale docente vi è, certamente, quello di vigilare sugli allievi;
   in particolare, in base alla normativa vigente:
    la scuola ha il dovere della sorveglianza degli allievi per tutto tempo in cui le sono affidati;
    l'articolo 10 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, prevede che il consiglio di circolo e/o di istituto deliberi sull'adozione del regolamento interno all'istituzione scolastica, stabilendo anche le concrete modalità per la vigilanza sugli alunni durante la giornata scolastica, ivi compresi l'ingresso, la ricreazione e l'uscita da scuola;
    in capo al dirigente scolastico, in base al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sussistono obblighi organizzativi di amministrazione e di controllo sull'attività degli operatori scolastici, con conseguenti responsabilità in caso di incidente per carenze a lui imputabili, allorché non abbia eliminato le fonti di pericolo, non abbia provveduto alla necessaria regolamentazione dell'ordinato deflusso degli studenti in uscita dalla scuola, ovvero non abbia provveduto a far approvare un regolamento di istituto dall'organo collegiale competente, il consiglio d'istituto, previsto dall'articolo 10, lettera a), del testo unico di cui al decreto legislativo n. 297 del 1994;
    il contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto scuola 2006-2009 all'articolo 29, comma 5, prevede che «Per assicurare l'accoglienza e la vigilanza degli alunni, gli insegnanti sono tenuti a trovarsi in classe 5 minuti prima dell'inizio delle lezioni e ad assistere all'uscita degli alunni medesimi»; alla Tabella A (profili di area del personale ATA), per l'area A prevede che il personale ATA «...È addetto ai servizi generali della scuola con compiti di accoglienza e di sorveglianza nei confronti degli alunni, nei periodi immediatamente antecedenti e successivi all'orario delle attività didattiche e durante la ricreazione, e del pubblico; di pulizia dei locali, degli spazi scolastici e degli arredi; di vigilanza sugli alunni, compresa l'ordinaria vigilanza e l'assistenza necessaria durante pasto nelle mense scolastiche, di custodia e sorveglianza generica sui locali scolastici, di collaborazione con i docenti»;
   è ricorrente in giurisprudenza l'affermazione che l'obbligo si estende dal momento dell'ingresso degli allievi nei locali della scuola a quello della loro uscita (si veda Corte di Cassazione 5 settembre 1986, n. 5424), comprendendo il periodo destinato alla ricreazione (si veda Corte di Cassazione 28 luglio 1972, n. 2590; Corte di Cassazione 7 giugno 1977, n. 2342), con la precisazione che l'obbligo assume contenuti diversi in rapporto al grado di maturità degli allievi (si veda Corte di Cassazione 4 marzo 1977, n. 894). La Corte di cassazione con la sentenza 30 marzo 1999, n. 3074, ha circostanziato gli ambiti di responsabilità: «L'Istituto d'istruzione ha il dovere di provvedere alla sorveglianza degli allievi minorenni per tutto il tempo in cui gli sono affidati, e quindi fino al subentro, reale o potenziale, dei genitori o di persone da questi incaricate»;
   esiste dunque un vuoto normativo, poiché non esiste alcuna norma di legge che stabilisca con esattezza quando termina l'obbligo di vigilanza degli alunni da parte dei docenti. La citata sentenza della Cassazione n. 3074 del 1999 parla infatti di termine al subentro reale o potenziale dei genitori o di persona incaricata, ma anche questa sentenza secondo gli interroganti lascia il dubbio sul termine «potenziale» senza specificarne il significato;
   in molti casi, i dirigenti scolastici autorizzano/promuovono – per agevolare i genitori che preferiscono che i propri figli minorenni tornino a casa in autonomia – la cosiddetta «liberatoria» nei confronti dell'amministrazione scolastica, finalizzata ad esonerare l'istituzione scolastica dalla responsabilità nei confronti dei ragazzi una volta usciti dalla scuola;
   l'Avvocatura dello Stato, interrogata in merito ai confini giuridici dell'obbligo di vigilanza sugli alunni in occasione dell'uscita degli stessi al termine delle attività scolastiche, ha negato valore a qualsivoglia regolamento interno di questo tipo, ribadendo che tali liberatorie, anziché escludere la responsabilità della scuola, costituirebbero – al contrario – prova della consapevolezza, da parte dell'istituto scolastico, di detta modalità di uscita dei minori da scuola, con conseguente implicita ammissione – ove venga intrapresa una causa di risarcimento – di omessa vigilanza sugli allievi (si veda il parere dell'Avvocatura dello Stato di Bologna del 4 dicembre 2000, n. 21200);
   per quanto il parere dell'Avvocatura non abbia valore di legge, molte scuole preferiscono adottare un atteggiamento più prudente, non prevedendo le suddette liberatorie;
   la necessità, da un lato, di contemperare le esigenze educative e organizzative delle famiglie e, dall'altro, di osservare i propri doveri di vigilanza sugli alunni, pone le scuole in una condizione difficile, che in un caso limite ha portato paradossalmente alcuni genitori a denunciare per il reato di sequestro di persona scuole che non hanno consentito l'uscita autonoma dei figli minori al termine delle lezioni;
   da più parti si propone di superare l'attuale vuoto normativo, ad esempio attribuendo piena validità giuridica ai regolamenti interni adottati dal singolo istituto o circolo (anche in base alla singola realtà territoriale), che così potrà autorizzare l'uscita autonoma degli studenti in modo tale che questi, una volta fuori dall'istituto, siano sotto la diretta responsabilità delle proprie famiglie. Va in questa direzione un disegno di legge depositato in Senato (S. 325 Comaroli e altri, recante «Modifiche al testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, in materia di vigilanza sugli studenti durante l'uscita dalla scuola») –:
   quali iniziative, anche di carattere normativo, intenda assumere per chiarire in via definitiva l'attribuzione delle responsabilità e il conseguente corretto comportamento da tenere da parte del personale scolastico per quanto riguarda la vigilanza degli studenti all'uscita della scuola, valorizzando al contempo l'autonomia regolamentare degli istituti scolastici e la cooperazione tra scuole, famiglie e territorio, con l'obiettivo di favorire l'autonomia e garantire la sicurezza dei ragazzi. (4-14202)


   MELILLA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   da organi di stampa risulterebbe che, presso l'istituto comprensivo Masci di Francavilla e l'istituto di Marzio di Pescara, due ragazzi autistici non hanno potuto iniziare l'anno scolastico, perché nelle loro istituzioni scolastiche non hanno trovato gli operatori specializzati per alunni disabili, nonostante le famiglie degli studenti si siano mosse per tempo nella richiesta di assistenza. La madre di uno dei due studenti avrebbe denunciato l'accaduto, si legge nell'articolo, tra un misto di frustrazione per l'ingiustizia e senso di impotenza che un genitore vive quando non può garantire a suo figlio i diritti fondamentali che gli garantiscano una vita complessa, ma dignitosa;
   se le notizie riportate risultassero vere, significherebbe tradire le «buone pratiche» sperimentate in questi anni dalla scuola italiana, sempre fondate sulla condivisione, tra docenti curriculari e di sostegno, oltre che con gli operatori specializzati per alunni disabili, dell'offerta formativa su tutta la classe, e sull'idea di una profonda collaborazione di tutto il team degli insegnanti, e non solo, nei processi educativi dell'alunno diversamente abile;
   le notizie pubblicate sono indecorose e indegne, ancor di più se non si ponesse fine a questo atteggiamento –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover appurare i fatti descritti;
   se non ritenga di dover effettuare una verifica sulle vicende esposte;
   quali iniziative intenda assumere per evitare che il mancato rispetto delle disposizioni sull'insegnamento di sostegno e sull'assistenza specialistica ai disabili, da parte della scuola e degli enti locali, non costituisca una disparità di trattamento tra gli studenti. (4-14207)


   AMODDIO, RIBAUDO, IACONO, ALBANELLA, BURTONE e PICCIONE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con prot. N. 10175 del 5 agosto 2016 il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca ha avviato la procedura di assunzione in ruolo per il personale docente degli istituti dell'Alta formazione artistica, musicale e coreutica;
   la procedura di assunzione in ruolo per il personale docente degli istituti dell'Alta formazione artistica, musicale e coreutica è disciplinata dalla normativa appresso rassegnata;
   il comma 1 dell'articolo 270 del decreto legislativo n. 297 del 1994, prevede: «L'accesso ai ruoli del personale docente ed assistente, delle assistenti educatrici, degli accompagnatori al pianoforte e dei pianisti accompagnatori dei Conservatori di musica, delle Accademie di belle arti e delle Accademie nazionali di arte drammatica e di danza ha luogo, per il 50 per cento dei posti a tal fine annualmente assegnabili, mediante concorsi per titoli ed esami e, per il restante 50 per cento, attingendo a graduatorie nazionali permanenti»;
   l'articolo 1 della legge n. 508 del 1999 prevede: «La presente legge è finalizzata alla riforma delle Accademie di belle arti, dell'Accademia nazionale di danza, dell'Accademia nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori per le industrie artistiche (ISIA), dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati»;
   il comma 6 dell'articolo 2 della legge n. 508 del 1999 prevede: «...Il rapporto di lavoro del personale delle istituzioni di cui all'articolo 1 è regolato contrattualmente ai sensi del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni e integrazioni, nell'ambito di apposito comparto articolato in due distinte aree di contrattazione, rispettivamente per il personale docente e non docente. Limitatamente alla copertura dei posti in organico che si rendono disponibili si fa ricorso alle graduatorie nazionali previste dall'articolo 270, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, approvato con decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, come modificato dall'articolo 3, comma 1, della legge 3 maggio 1999, n. 124, le quali, integrate in prima applicazione a norma del citato articolo 3, comma 2, sono trasformate in graduatorie ad esaurimento...»;
   il combinato disposto delle due norme comporta, quindi, un meccanismo di reclutamento ripartito al 50 per cento ciascuno fra concorsi per esami e titoli le cui graduatorie vengono denominate graduatorie per esami e titoli (GET) e concorsi per soli titoli, le cui graduatorie vengono nominate graduatorie nazionali ad esaurimento (GNE);
   l'articolo 2-bis (graduatorie degli istituti dell'Alta formazione artistica, musicale e coreutica) della legge n. 143 del 2004 prevede: «I docenti precari che hanno prestato servizio per 360 giorni nelle istituzioni dell'alta formazione artistica e musicale (AFAM) sono inseriti in apposite e specifiche graduatorie, previa valutazione dei titoli artistico-professionali e culturali da svolgersi secondo modalità definite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca»;
   l'articolo 19, comma 1, della legge n. 128 del 2013 prevede: «1. Al fine di consentire il regolare svolgimento delle attività per l'anno accademico 2013-2014 e per gli anni accademici 2014-2015 e 2015-2016 fermi restando il limite percentuale di cui all'articolo 270, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, il ricorso in via prioritaria alle graduatorie previste dall'articolo 2, comma 6, della legge 21 dicembre 1999, n. 508, e il regime autorizzatorio di cui all'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, le graduatorie nazionali di cui all'articolo 2-bis del decreto-legge 7 aprile 2004, n. 97, convertito con modificazioni, dalla legge 4 giugno 2004, n. 143, sono trasformate in graduatorie nazionali a esaurimento, utili per l'attribuzione degli incarichi di insegnamento con contratto a tempo indeterminato e determinato»;
   dal quadro normativo sopra esposto emerge di tutta evidenza che:
    l'efficacia delle graduatorie per esami e titoli (GET) non è stata modificata per il reclutamento del personale a tempo indeterminato;
    le graduatorie ex legge n. 143 del 2004 sono state trasformate in graduatorie nazionali a esaurimento, utilizzabili per il reclutamento a tempo determinato e indeterminato, venendo a surrogare le preesistenti graduatorie nazionali ad esaurimento ex legge n. 508 del 1999, qualora queste risultassero esaurite;
    il criterio di computo dei posti da assegnare alle graduatorie per esami e titoli e alle graduatorie nazionali a esaurimento è rimasto immutato ed è disciplinato dall'articolo 270 del decreto legislativo n. 297 del 1994 che impone il criterio della suddivisione del 50 per cento per ciascuno dei canali di reclutamento (graduatorie per esami e titoli e graduatorie nazionali a esaurimento);
   pertanto quando il, Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca intende procedere alle assunzioni a tempo indeterminato deve conformarsi all'articolo 270 menzionato, attingendo il 50 per cento dalle originarie graduatorie per esami e titoli ed il restante 50 per cento dalla graduatorie nazionali a esaurimento ex legge n. 508 del 1999, ormai surrogate, laddove risultassero esaurite, dalle graduatorie ex legge n. 143 del 2004;
   tuttavia, a giudizio degli interroganti, in contrasto con il quadro normativo sopra esposto, con l'avviso prot. N. 10176 del 5 agosto 2016, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha determinato nel caso in cui solo la graduatoria nazionale a esaurimento si esaurisca di assegnare il 100 per cento delle cattedre disponibili alla vecchia graduatoria per esami e titoli;
   infatti, nell'avviso è precisato che «Qualora le due graduatorie si esauriscano (GNE e GET) i posti rimasti vacanti saranno attribuiti alla graduatoria formata ai sensi della legge 143/2004»;
   l'avviso summenzionato lede, per gli interroganti, il diritto di coloro che sono inseriti nelle graduatorie ex legge n. 143 del 2004 ad essere immessi in ruolo entro il limite percentuale del 50 per cento per i posti rimasti vacanti laddove le preesistenti graduatorie nazionali a esaurimento risultassero esaurite –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto sopra esposto e quali provvedimenti intenda adottare per ricondurre la procedura di reclutamento al disposto legislativo richiamato nelle premesse. (4-14209)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:


   MARTELLI e PLACIDO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'Inps ha recapitato impropriamente diversi provvedimenti contestando, a numerosi lavoratori dello spettacolo che hanno avuto redditi da lavoro autonomo per l'anno 2010, il mancato pagamento della contribuzione obbligatoria, chiedendo, quindi di provvedere entro 30 giorni a versare alla gestione separata dell'INPS la contribuzione con le relative sanzioni;
   la lettera di contestazione con la relativa richiesta di versamento contributivo non contiene alcun riferimento ai novanta giorni disponibili per fare il ricorso e non dà alcuna indicazione circa la compilazione del ricorso stesso. Molti lavoratori che hanno provato a compilare il ricorso se lo sono visto rigettato per questioni di forma (tra queste, andava indirizzato alla gestione separata e andava indicata precisamente la motivazione del ricorso: la richiesta di annullamento);
   in tale caso, l'Inps non ha tenuto in alcun conto il fatto che indipendentemente dalla tipologia del contratto di lavoro sia esso subordinato che autonomo, i lavoratori dello spettacolo sono iscritti alla gestione ex Enpals e quindi soggetti alla contribuzione ex Enpals;
   dopo il passaggio dell'ENPALS all'INPS, quest'ultimo ha confermato con numerose circolari l'obbligo per il datore/committente di versare l'aliquota contributiva pari al 33 per cento, (9,19 per cento a carico del lavoratore, 23,81 a carico del datore/committente);
   il Slc – Cgil ha verificato come i lavoratori siano disinformati, in quanto spesso non controllano la propria posizione e questo permette ad alcuni committenti di non pagare i contributi. L'evasione all'ENPALS è un fenomeno diffuso, ma l'INPS ha smantellato tutti i controlli, mentre c’è necessità di rimettere in piedi un sistema ispettivo, perché è evidente che in tale contesto il lavoratore è la parte debole rispetto a chi gli deve versare i contributi;
   il SLC — CGIL ha immediatamente contestato i provvedimenti dell'INPS con un comunicato del 5 luglio 2016, specificando che la contribuzione richiesta dall'INPS ai lavoratori dello spettacolo con i provvedimenti emessi era già stata assoggettata a contribuzione ex-Enpals, e quindi non dovuta;
   è da tenere in considerazione che la richiesta del versamento dei contributi, da parte dell'Inps, è in relazione ai contributi del 2010, e non è più possibile recuperare i contributi non versati dai committenti in quanto sono trascorsi 5 anni, con il rischio per i lavoratori questi contributi vadano persi o debbano versarli volontariamente;
   a seguito delle note e del confronto avvenuto con la SLC.CGIL, l'INPS con un messaggio non pubblicato sul sito internet e quindi non reso pubblico, n. 3005 dell'8 luglio 2016 ha fornito istruzioni alle proprie sedi dando come indicazione quella di verificare, «solo in caso di contestazione da parte del lavoratore interessato», la correttezza del provvedimento, e qualora dalla verifica risulti che il reddito contestato è pari all'imponibile già coperto da contribuzione presso altra gestione in questo caso ex Enpals, il provvedimento deve essere annullato –:
   quali iniziative intenda avviare nei confronti dell'Inps affinché richieste di versamenti contributivi con le modalità illustrate in premessa non abbiano più a verificarsi;
   se non ritenga necessario che in relazione alle richieste inviate, di cui in premessa, si proceda ad una verifica della relativa contribuzione versata alla gestione separata ex Enpals indipendentemente dal ricorso presentato e, ove risultassero versamenti non effettuati, siano inviate solo in relazione a questi le richieste di versamento contributivo con una comunicazione completa nella quale indicare anche il termine di novanta giorni per il ricorso, rendendo pubblica tale procedura anche sul sito dell'Inps;
   se non ritenga necessario e improcrastinabile la ripresa di efficaci controlli da parte dell'Inps per contrastare quello che sembra essere un fenomeno diffuso di evasione nel versamento dei contributi ex Enpals da parte dei committenti, come in questo caso per i redditi 2010, evitando così che l'onere ricada solo sui lavoratori. (4-14200)


   FEDRIGA e CAPARINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il piano di ristrutturazione che Poste italiane S.p.A. ha attuato in Liguria determina, al momento, un taglio di 120 posti di lavoro, persi tra la città di Savona, la sua provincia e la provincia di Genova. Con questo piano si riducono soprattutto i livelli del servizio, senza produrre risultati apprezzabili in termini di recupero di qualità e di sviluppo;
   altrettanti tagli ai posti di lavoro, se non in numero maggiore, saranno previsti quando, fra pochi mesi, saranno coinvolte nella ristrutturazione anche le province di Imperia e La Spezia, oltre che il centro di meccanizzazione postale di Genova aeroporto, già recentemente ridimensionato;
   la situazione sarà ancora più pesante quando, per effetto dell'intenzione del Governo, verrà ceduto il restante 65 per cento del capitale azionario di Poste italiane – decisione al momento rinviata –compromettendo, in questo modo, la tenuta occupazionale ma soprattutto la funzione fondamentale del servizio postale;
   qualora i piani del Governo fossero adottati, si perderebbe, a parere degli interroganti, il controllo pubblico su di una delle più importanti aziende del Paese, strutturalmente essenziale e dotata di un'autentica funzione sociale, oltre che di indubbi primati produttivi –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, il Governo intenda mettere in atto, in considerazione del processo di razionalizzazione di cui in premessa, al fine di salvaguardare, oltre ai livelli occupazionali dei lavoratori di Poste Italiane s.p.a., anche la funzione fondamentale del servizio postale. (4-14201)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   DE MARIA e BENAMATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   in questi giorni la stampa e le organizzazioni sindacali indicano e confermano notizie sulla crisi del gruppo Selcom, a rischio di fallimento per ragioni economiche, che impiega quasi 770 lavoratori, di cui 360 nello stabilimento di Castel Maggiore nella Città Metropolitana di Bologna;
   lo stabilimento di Castel Maggiore risulta godere di commesse ed essere il traino anche finanziario per il gruppo;
   da quanto riportato dalle fonti indicate sembra che sussistano positive prospettive aziendali e di continuità dell'attività produttiva di Selcom, mentre i maggiori problemi siano riconducibili a una evidente crisi di liquidità;
   i lavoratori hanno manifestato, con uno sciopero promosso dalle organizzazioni sindacali di riferimento, tutte le loro giuste preoccupazioni;
   la regione Emilia-Romagna, la città metropolitana di Bologna ed il comune di Castel Maggiore sono impegnati a mettere in campo le iniziative possibili, prima di tutto a tutela dei lavoratori –:
   quali informazioni abbia il Ministro interrogato sulla situazione della azienda Selcom e quali iniziative possa mettere in campo per sostenere la continuità produttiva dell'azienda, salvaguardando i lavoratori che si caratterizzano per grande professionalità e competenza. (5-09484)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore interpellanza urgente Brunetta n. 2-01349 del 19 aprile 2016.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

  Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore interrogazione a risposta in Commissione Ferraresi e altri n. 5-08277 del 31 marzo 2016 in interrogazione a risposta orale n. 3-02489.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   BONOMO e D'OTTAVIO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   a partire dall'anno 2010, la scuola secondaria di primo grado ex «Drovetti», facente parte dell'istituto comprensivo Racconigi di Torino, con attuale sede in via Luserna di Rorà n. 14, è stata interessata da alcune gravi problematiche che hanno determinato una drastica riduzione del numero degli iscritti;
   tali problematiche consistono in gravi e ripetuti atti di bullismo nei confronti di studenti, docenti e della stessa struttura scolastica, più volte oggetto di interventi da parte delle forze dell'ordine e dei servizi sociali della città di Torino;
   in cinque anni, a partire dalla gestione dell'attuale dirigente scolastico, gli iscritti sono calati di oltre il 65 per cento, da 250 ad 80; negli anni scolastici 2014/2015 e 2015/2016 è partita una sola classe prima, contro le quattro degli anni precedenti; oltre a questo negli ultimi tre anni, è cambiato il 90 per cento del corpo insegnante ogni anno, rendendo impossibile qualunque continuità didattica;
   su tale situazione si sono più volte soffermati anche gli organi di informazione locali, altre realtà educative del quartiere e infine i genitori degli studenti, che hanno presentato un esposto scritto alle autorità scolastiche, amministrative e delle forze dell'ordine, segnalando l'inadeguatezza dell'offerta formativa, l'insicurezza nei riguardi dell'incolumità fisica dei loro figli e l'inutilità dei tentativi di stabilire un dialogo costruttivo con la dirigenza della scuola;
   la problematica è stata segnalata dalla circoscrizione 3 di Torino agli organi competenti attraverso le comunicazioni del 12 marzo 2012 – 8 aprile 2014 – 21 luglio 2014 – 5 marzo 2015, senza mai ricevere risposte esaustive o effettiva collaborazione;
   tale situazione è stata altresì segnalata, attraverso un'interrogazione presso il consiglio regionale del Piemonte, il 4 marzo 2015;
   in risposta ad un'interpellanza circoscrizionale è stata fornita risposta dal direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per il Piemonte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, che difendeva l'operato della dirigente scolastica elencandone «un numero significativo di azioni che dimostrano l'impegno personale e la competenza didattica»: emergeva così chiaramente, ad avviso degli interroganti, la mancanza di consapevolezza della gravità della situazione e della necessità di intervenire sulla docenza e dirigenza dell'istituto al fine di riportare serenità nella comunità educativa scolastica e del quartiere;
   con la deliberazione della giunta regionale 29 dicembre 2015, n. 38-2739, «Approvazione del Piano di revisione della rete scolastica e dimensionamento delle istituzioni scolastiche statali del Piemonte per l'a.s. 2016-17», veniva disposto il «trasferimento della scuola secondaria di I grado «Drovetti» dalla sede di via Bardonecchia 34, Torino, alla sede dell'I.C. di Corso Racconigi, a via Luserna di Rorà n. 14, struttura con dimensioni molto ridotte rispetto alla precedente;
   tale trasferimento è stato percepito come una soluzione di «resa» rispetto alle problematiche esposte e mai affrontate negli anni, che stanno portando alla chiusura « de facto» di una scuola pubblica in un territorio che invece avrebbe più che mai necessità di istituzioni scolastiche forti e presenti –:
   se il Ministro sia a conoscenza di tale situazione, se le iniziative portate avanti dall'ufficio scolastico regionale siano coerenti con le politiche del Governo in materia di istruzione e quali iniziative si intendano intraprendere per dare una svolta decisiva ad una situazione difficile, ma la cui soluzione si rivela fondamentale per la credibilità del sistema scolastico territoriale. (4-12407)

  Risposta. — Si riportano gli elementi informativi forniti dall'ufficio scolastico regionale per il Piemonte sulla situazione della scuola secondaria di I grado «Drovetti» di Torino.
  La scuola citata, ad indirizzo musicale e dipendente dall'Istituto comprensivo di corso Racconigi di Torino, fino all'anno scolastico 2015/2016 è stata sita in via Bardonecchia n. 34, nel quartiere Cenisia, zona nella quale sono stati costituiti in anni recenti, per volontà dell'ente locale, diversi istituti comprensivi relativamente vicini, alcuni dei quali con sezioni ad indirizzo musicale.
  La decisione di trasferire la scuola nell'edificio di via Luserna di Rorà, come è noto, è di competenza della regione, nel quadro delle attribuzioni costituzionali di revisione della rete scolastica e dimensionamento delle istituzioni scolastiche.
  Per l'anno scolastico 2016/2017 la situazione delle classi, in rapporto all'organico di diritto, vede la costituzione di una classe seconda con 22 iscritti e di una classe terza con 20 iscritti. Nessuna iscrizione invece per la prima classe.
  Il predetto ufficio scolastico ha fatto presente che le problematiche relative al plesso «Drovetti» sono note all'amministrazione, essendo stato oggetto negli ultimi anni di segnalazioni di singoli docenti e genitori, anche in forma anonima.
  Tenuto conto dell'autonomia scolastica garantita dalla Costituzione e regolata con decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999, per ciascuna di queste segnalazioni l'ufficio ha richiesto puntuale e dettagliata relazione al dirigente scolastico pro-tempore, il quale ha sempre dato riscontro circostanziando i fatti ed evidenziando gli interventi immediati posti in essere dalla scuola per reagire ai comportamenti scorretti e inadeguati di singoli allievi, come pure le iniziative di medio e lungo termine attuate per rafforzare gli atteggiamenti positivi all'interno del contesto scolastico.
  In particolare, l'istituto si è impegnato, tra l'altro ma non soltanto, sui seguenti fronti:
   formazione specifica del personale su gestione della classe, mediazione e prevenzione dei conflitti;
   ridefinizione del regolamento di disciplina mediante una commissione mista composta da docenti, non docenti e genitori, che nel 2013 ha rimodulato il quadro delle possibili sanzioni e delle misure alternative alla sospensione;
   interventi in classe di personale appartenente alle Forze dell'ordine su percorsi progettuali concordati preventivamente con i docenti;
   uno sportello d'ascolto con uno psicologo;
   adesione al progetto inter-istituzionale «Provaci ancora Sam» per il recupero e il sostegno alle ripetenze scolastiche;
   peer-tutoring degli studenti della scuola secondaria di I grado nelle classi terminali della scuola primaria dell'Istituto, all'interno di progetti specifici costruiti in continuità didattica primaria/secondaria di I grado (ad esempio il progetto «Orto»);
   interventi di recupero e sostegno al disagio da parte di esperti esterni di enti e agenzie territoriali di riferimento, aperti ad alunni e famiglie;
   nei casi più gravi, segnalazioni alle Forze dell'ordine, al nucleo di prossimità e al tribunale dei minori.
  Inoltre, in data 15 febbraio 2016 è stata disposta dall'ufficio un'ispezione al fine di verificare quanto segnalato in merito alla scuola in argomento nel verbale della seduta del consiglio circoscrizionale n. 3 di Torino e in un articolo di stampa.
  L'indagine, la cui relazione è stata depositata il 23 maggio 2016, si è svolta nel più assoluto riserbo, senza preventivi contatti con la dirigenza scolastica ma verificando a sorpresa la situazione delle classi, la documentazione agli atti, il comportamento dello staff dirigenziale e anche l'archivio delle segnalazioni e denunce raccolte dal commissariato di zona.
  All'esito dell'ispezione è risultato che non esiste un «problema bullismo» alla scuola «Drovetti», ma semmai vi sono stati, in passato e non nell'anno scolastico 2015/2016, singoli episodi di comportamenti scorretti, taluni dei quali al limite del reato, compiuti da singoli allievi sempre segnalati alle Forze dell'ordine da parte dell'istituzione scolastica che si è costantemente mossa per salvaguardare il fondamentale diritto costituzionale all'istruzione e alla formazione di tutti gli alunni nell'ottica dell'inclusione e del sostegno al disagio.
  Tutto ciò posto, risulta evidente che l'ufficio scolastico regionale per il Piemonte si è attivato concretamente per verificare la fondatezza delle problematiche riportate sia nelle segnalazioni individuali che nelle notizie diffuse dai media poi sfociate nell'ordine del giorno del consiglio della circoscrizione n. 3 di Torino.
La Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricercaStefania Giannini.


   BURTONE, BATTAGLIA, OLIVERIO e MAGORNO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   si è verificato presso la sede della CGIL di Partinico in provincia di Palermo un furto;
   sono stati rubati la notte scorsa via due pc ed è stato danneggiato l'archivio cartaceo;
   si tratta di un episodio grave quand'anche si trattasse solo di atto vandalico e non di altro;
   le sedi del sindacato rappresentano comunque un presidio di libertà e di aiuto ai cittadini –:
   se il Governo sia a conoscenza di tale episodio e quali iniziative intenda assumere per verificare quanto accaduto e rafforzare la sicurezza, nell'ambito del comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, considerata la importante funzione svolta dal sindacato. (4-11081)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame si richiama l'attenzione su un furto avvenuto presso la sede della CGIL di Partinico, chiedendo l'adozione di iniziative volte a rafforzare la sicurezza di tale struttura.
  Effettivamente, l'11 novembre 2015 il responsabile della camera del lavoro di Partinico, ha segnalato al locale commissariato di pubblica sicurezza un'effrazione alla porta della sede del sindacato C.G.I.L..
  L'equipaggio in servizio di controllo del territorio, intervenuto immediatamente presso quei locali, siti in via Roma 29, ha verificato l'avvenuto furto di due personal computer e di alcune pratiche del patronato.
  Le investigazioni svolte non hanno ancora consentito di identificare gli autori del reato, ma gli elementi raccolti inducono a ritenere che quanto accaduto sia qualificabile come un reato di criminalità comune.
  Comunque, nella consapevolezza della pregnante funzione esercitata dai presidi territoriali delle associazioni sindacali, si assicura che la questura di Palermo ha già intensificato i servizi di controllo del territorio.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   CATALANO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
   con numerose interrogazioni si è posta all'attenzione del Governo la conduzione e gestione della struttura di tutela aziendale di Poste Italiane, società interamente posseduta dallo Stato, affidata, sin già da un decennio, a Stefano Grassi che ricopre anche la carica di amministratore delegato della società Poste Tutela spa la cui gestione è stata già, parimenti, sottoposta all'attenzione del Governo;
   risulta all'interrogante che la Presidenza del Consiglio dei ministri abbia già da tempo sollecitato i dicasteri competenti a riscontrare gli atti di sindacato ispettivo presentati dall'interrogante;
   con l'atto parlamentare 02/00696, alcuni deputati sottoposero, già nell'anno 1997, all'attenzione dei Ministri delle finanze, giustizia e difesa pro tempore la vicenda denunciata da un sottufficiale della guardia di finanza alla procura della Repubblica di Treviso: «lo stesso tenente colonnello Stefano Grassi, nella circostanza, ha dimostrato di non saper esercitare la dovuta vigilanza, né tantomeno ha saputo dimostrare di essere all'altezza del delicato ruolo rivestito (comandante provinciale di un reparto della Guardia di finanza) allorquando, forse dimenticandosi di aver curato la pratica relativa all'autorizzazione a contrarre matrimonio dell'ufficiale a lui subalterno (capitano Stefano de Braco), successivamente all'atto della pubblicazione delle graduatorie (pratica che egli stesso “vista”, dando disposizione di affiggerla agli albi dei reparti dipendenti) non si avvede che il punteggio attribuito a quest'ultimo è viziato da un errore palese, avendo questi contratto matrimonio ben tre mesi dopo il trasferimento alla sede di Treviso» – «l'avvio di un procedimento disciplinare sia nei confronti del capitano Stefano de Braco sia nei confronti del tenente colonnello Stefano Grassi, il primo per quel che all'interpellante pare essere, sulla base di quanto esposto, una carenza di qualità morali, il secondo perché avrebbe dimostrato altrettante carenze dal punto di vista professionale (...) se non si intenda provvedere – sempreché risultassero confermate le circostanze riportate dalla stampa all'avvicendamento dei due ufficiali»;
   nonostante tale vicenda, approdata alle cronache nazionali tramite i quotidiani Il Gazzettino e La Tribuna, il 27 dicembre 1999 al nominato Grassi Stefano fu concessa l'onorificenza di Cavaliere al Merito della Repubblica e appena tre anni dopo quella di Ufficiale;
   Stefano Grassi condusse una nota operazione di polizia giudiziaria nell'anno 2003 che riguardò il giornalista Antonello De Gennaro, condannato per diffamazione a mezzo stampa, che ebbe un significativo risalto mediatico sebbene trattavasi di un reato di minore entità;
   con propria circolare dell'8 agosto 2002, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha chiarito che non è sufficiente che la proposta di concessione di un'onorificenza sia accompagnata da un generico riferimento a «speciali benemerenze verso la Nazione», ma che è invece necessario che la motivazione illustri in termini precisi i meriti che contraddistinguono la persona da insignire e che per la promozione nei vari gradi è richiesta una permanenza di tre anni nel grado inferiore. In quest'ultimo caso la promozione è comunque subordinata alla sussistenza di benemerenze diverse da quelle che hanno determinato il conferimento dell'onorificenza di classe inferiore;
   apprezzando lo spirito della normativa che disciplina la materia delle onorificenze di Stato, appare singolare come già quella di Cavaliere fu concessa ad un Ufficiale, nei confronti del quale erano emerse quantomeno forti perplessità in ordine ad asserite «carenze di qualità morali» con connessa richiesta di «avvicendamento», in assenza di una chiara indicazione dei meriti dell'Ufficiale stesso, come peraltro segnalato nell'interpellanza già citata;
   la conduzione quantomeno poco trasparente ed efficiente della struttura di tutela aziendale è stata oggetto di numerosi atti di sindacato ispettivo da parte dell'interrogante, in gran parte non riscontrati;
   risulta per di più all'interrogante che recentemente siano state ignorate circostanziate denunce interne, relative a illeciti da parte di dipendenti, omettendo di porre in essere i necessari interventi disciplinari, malgrado i poteri e le responsabilità propri della struttura di tutela aziendale e comunque di coloro che svolgono funzioni di direzione della società al massimo livello –:
   di quali notizie disponga il Governo in ordine alla vicenda nel suo complesso e quali iniziative si intendano intraprendere per valutare l'eventuale revoca delle suddette onorificenze, anche alla luce degli ultimi avvenimenti denunciati con atti di sindacato ispettivo e riguardanti la struttura di tutela aziendale. (4-07903)

  Risposta. — Con riferimento all'atto parlamentare di sindacato ispettivo in esame si rappresenta quanto segue.
  L'avvocato Stefano Grassi nato a Napoli il 9 giugno 1959 è stato insignito delle onorificenze di cavaliere e di ufficiale dell'ordine «Al merito della Repubblica Italiana», rispettivamente con decreto del Presidente della Repubblica 27 dicembre 1999 e decreto del Presidente della Repubblica 27 dicembre 2003, nel corso del servizio prestato nella Guardia di finanza.
  La distinzione di cavaliere è stata conferita per le particolari benemerenze acquisite dal medesimo, allora tenente colonnello, nell'espletamento delle funzioni di addetto all'ufficio coordinamento legislativo del Ministero delle finanze.
  La promozione al grado onorifico di ufficiale, avvenuta dopo quattro anni dalla precedente onorificenza (l'interessato aveva conseguito nel frattempo il grado militare di colonnello), è stata disposta su segnalazione del Ministero dell'economia e delle finanze, con la motivazione che di seguito si riporta:
   «Il Colonnello Grassi, attualmente Comandante del Nucleo Regionale di Polizia tributaria Lombardia di Milano, ha ricoperto numerosi importanti incarichi quali: Aiutante di campo del Ministro dell'Economia, Comandante del Gruppo Provinciale della Guardia di finanza di Treviso, Comandante del Gruppo Aeroporti di Fiumicino, Comandante del III Gruppo di Roma, Comandante di vari Nuclei di Polizia Tributaria. Grazie al suo patrimonio culturale e professionale ha sempre operato con grande efficienza e apprezzata capacità. I superiori gerarchici hanno sempre considerato il suo rendimento in servizio costantemente elevato e meritevole di vivo apprezzamento e lode. Il Colonnello Grassi ha al suo attivo numerosi incarichi di docenza ed ha pubblicato diversi testi inerenti argomenti tributari ed economici. Lo stesso, è insignito di Croce d'argento per anzianità di servizio e di medaglia militare d'oro al merito di lungo comando. Nel corso della carriera ha ricevuto 10 encomi solenni, 18 encomi semplici e 8 elogi scritti».

  Al riguardo, si osserva che entrambi i conferimenti sono avvenuti nel pieno rispetto del disposto dell'articolo 1 dello statuto dell'ordine «Al merito della Repubblica Italiana (approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 ottobre 1952).
  Per quanto riguarda in particolare la concessione della distinzione di ufficiale (27 dicembre 2003), sono stati osservati scrupolosamente i criteri dettati dalla circolare dell'8 agosto 2002 di questa Presidenza, in merito alla permanenza di tre anni nel grado onorifico inferiore e alle motivazioni che hanno portato al conferimento dell'ulteriore onorificenza, ampiamente illustrate.
  Appare superfluo evidenziare che all'atto delle suddette concessioni non risultavano motivi ostativi di alcun genere, essendo il comportamento della persona e l'assenza di cause di indegnità il requisito indispensabile per poter essere insigniti.
  Parimenti, negli anni successivi questa presidenza non è venuta a conoscenza di eventuali situazioni che potrebbero compromettere lo status di insignito dell'avvocato Stefano Grassi.
  Nel merito dell'eventuale revoca delle suddette onorificenze, si osserva che l'articolo 5 della legge 3 marzo 1951, n. 178, istitutiva dell'ordine «Al merito della Repubblica Italiana», attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri la facoltà di proporre la revoca per indegnità dell'onorificenza concessa attraverso una rigorosa procedura disciplinata dagli articoli da 10 a 13 del decreto del Presidente della Repubblica 13 maggio 1952, n. 458 e dagli articoli 21 e 22 dello Statuto, che richiede a monte un'approfondita istruttoria presso le autorità competenti, volta ad accertare l'effettiva sussistenza di fatti circostanziati che giustifichino il giudizio di indegnità, quali sentenze penali di condanna passate in giudicato.
  Le ulteriori informazioni acquisite da parte della prefettura/UTG di Roma noti hanno evidenziato la sussistenza di alcun procedimento penale pendente, né di alcuna sentenza di condanna o di qualsivoglia inadempienza agli obblighi fiscali.
  Inoltre, le notizie assunte dal ministero dell'economia e delle finanze, sentito il comando generale della Guardia di finanza, sede di servizio dell'avvocato Grassi al tempo dei fatti contestati, hanno evidenziato una sanzione disciplinare del rimprovero, irrogata nel 1984, di cui, peraltro, non vi è traccia nel libretto personale, in quanto gli effetti di tale sanzione risultano cessati, a seguito di istanza di parte ai sensi dell'abrogato articolo 15 della legge 11 luglio 1978, n. 382, ora sostituito dall'articolo 1369 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66.
  Alla luce di quanto sopra, non sussistono le condizioni che giustifichino l'avvio della procedura di revoca per indegnità delle onorificenze concesse all'avvocato Stefano Grassi, prevista dalle norme istitutive dell'ordine «Al merito della Repubblica Italiana».
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministriClaudio De Vincenti.


   CATALANO, BRUNO, CATANIA, LABRIOLA, FURNARI, CRISTIAN IANNUZZI e PASTORELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legge 6 luglio 2012 n. 95, convertito, con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012 n. 135, è stata disposta la soppressione, tra gli altri, del comitato tecnico interministeriale istituito ai sensi dell'articolo 119, comma 10 del codice della strada con il compito di affrontare le questioni connesse alla guida di veicoli da parte di persone con disabilità;
   durante gli anni di attività, il comitato ha svolto un importante ruolo in sede di regolamentazione normativa in materia di sicurezza e di qualità dei dispositivi speciali di guida e ha consentito alle commissione mediche locali, deputate alla valutazione dell'idoneità di guida ed alla prescrizione dei dispositivi tecnici adeguati, di agire in modo omogeneo, grazie alle indicazioni provenienti dallo stesso comitato;
   il comitato era integrato da due rappresentanti nominati dalle Federazioni nazionali di rappresentanza FAND (Federazione tra le associazioni nazionali delle persone con disabilità) e FISH (Federazione italiana superamento handicap), secondo quanto disposto dall'articolo 27 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, soggetti la cui partecipazione peraltro era totalmente gratuita, ovvero a «costo zero» per la pubblica amministrazione;
   a fronte dell'importanza del lavoro svolto dal comitato, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha costituito un organismo interno che svolge le funzioni precedentemente attribuite al comitato, senza però contemplare la partecipazione degli esperti indicati dalla FAND e dalla FISH;
   d'altra parte, in sede di emanazione del programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità approvato con decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 2013 (linea di intervento 4, capitolo 6, pagina 31), prefigurando la ricostituzione del comitato nella sua veste originaria, si è previsto che «deve inoltre essere attuato l'articolo 119, comma 10, del Codice della Strada che ha previsto l'istituzione di un comitato tecnico, con funzioni di valutazione delle nuove tecnologie in materia di sistemi di guida per disabili. È incaricato altresì di divulgarle alle Commissioni Mediche Locali preposte al rilascio dell'idoneità di guida delle persone disabili. In seno a tale Comitato, è stata prevista la presenza di due rappresentanti delle associazioni di categoria»;
   l'articolo 4 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge n. 18 del 3 marzo 2009, prescrive che «nello sviluppo e nell'applicazione della legislazione e delle politiche atte ad attuare la presente Convenzione, come pure negli altri processi decisionali relativi a temi concernenti le persone con disabilità, gli Stati Parti si consulteranno con attenzione e coinvolgeranno attivamente le persone con disabilità, compresi i bambini con disabilità, attraverso le loro organizzazioni rappresentative –:
   se quanto premesso corrisponda al vero;
   se il Governo reputi opportuno, in continuità con quanto previsto dal programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l'integrazione delle persone con disabilità approvato con decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 2013, assumere iniziative per ripristinare il comitato tecnico interministeriale istituito ai sensi dell'articolo 119, comma 10, del codice della strada;
   quali iniziative intenda adottare il Governo per consentire la partecipazione delle rappresentanze delle associazioni dei disabili alle funzioni precedentemente svolte dal predetto comitato. (4-12748)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  L'originaria versione dell'articolo 119 del codice della strada prevedeva, al comma 10, che «con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro della salute è istituito un apposito Comitato tecnico che ha il compito di fornire alle commissioni mediche locali informazioni sul progresso tecnico-scientifico che ha riflessi sulla guida dei veicoli a motore da parte dei mutilati e minorati fisici».
  Come noto, il suddetto comitato è stato soppresso in forza dell'entrata in vigore del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 (convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, legge 7 agosto 2012, n. 135) che, nell'ottica del contenimento della spesa pubblica, ha previsto la soppressione degli organismi collegiali operanti presso la Pubblica amministrazione e la devoluzione dei loro compiti ai competenti uffici delle amministrazioni nell'ambito delle quali operano.
  Il tema dei diritti delle persone con disabilità deve comunque essere sempre posto al centro di ogni iniziativa governativa in modo da non creare disparità di trattamento.
  A tale riguardo gli uffici della motorizzazione presso questo Ministero, nell'ambito delle funzioni precedentemente svolte dal comitato in parola, si avvarranno della consulenza degli esperti nominati dalla Federazione associazione nazionale diabetici e dalla Federazione italiana per il superamento dell'handicap al fine di consentire la partecipazione delle rappresentanze delle associazioni dei disabili.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiGraziano Delrio.


   CATANOSO. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni 19 e 20 novembre 2015, presso tribunale di Ragusa, si è assistito ad uno spiegamento di forze dell'ordine ad avviso dell'interrogante senza precedenti, con la presenza di decine e decine di uomini dei carabinieri, della polizia di Stato, della guardia di finanza e dei vigili urbani;
   negli stessi giorni era fissata l'udienza preliminare relativa al delitto «Lorys», per il quale risulta imputata la madre Veronica Panarello;
   a giudizio dell'interrogante, al di là dell'aspetto mediatico della vicenda, non vi sono particolari esigenze di sicurezza di ordine pubblico che giustifichino un tale spiegamento delle forze dell'ordine;
   ciò è avvenuto anche nella giornata del 19 novembre, anche se, come anticipato da tutti i mass media, tale udienza sarebbe stata di mero rinvio –:
   quanti uomini delle forze dell'ordine siano stati impiegati complessivamente presso il tribunale di Ragusa e le vie limitrofe nei giorni 19 e 20 novembre 2015;
   quale sia il costo complessivo di tale operazione;
   quali siano le specifiche ragioni che hanno reso necessario tale impiego, assolutamente spropositato a parere dell'interrogante, a maggior ragione in un momento come l'attuale che richiede la massima attenzione e tutela degli obiettivi sensibili, rispetto alla vicenda che riguarda una madre sventurata coinvolta o attrice in una tragica vicenda. (4-11227)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame l'interrogante ha chiesto le ragioni dell'ingente dispiegamento di Forze dell'ordine in occasione delle udienze preliminari per l'omicidio del piccolo Andrea Loris Stival tenutesi il 19 e 20 novembre 2015 presso il tribunale di Ragusa, con la presenza di Veronica Panarello, madre imputata del bimbo ucciso.
  Come è noto, il processo ha avuto una vasta eco mediatica in tutto il Paese e, pertanto, in previsione del forte afflusso di operatori dell'informazione, oltre che di semplici curiosi già protagonisti di intemperanze in altri momenti della vicenda (ad esempio, durante i funerali del piccolo Loris), il presidente del tribunale ha richiesto al questore di adottare idonei servizi di ordine pubblico atti a scongiurare turbative di ogni sorta.
  In adesione a tale istanza, il 17 novembre il questore ha emesso un'apposita ordinanza con cui ha disposto, per l'udienza del 19 novembre, distinti servizi interni ed esterni al palazzo di giustizia, con impiego diversificato di un totale complessivo di 8 unità delle forze dell'ordine, suddivisi in due gruppi tra agenti della Polizia di Stato e militari dell'Arma dei carabinieri.
  Il 18 novembre, inoltre, l'ufficio di presidenza del tribunale ha emanato una disposizione di servizio formale in cui sono state previste – considerato l'alto numero di operatori dell'informazione accreditati – più specifiche limitazioni di accesso alle aule, nell'intento di contemperare il diritto di cronaca con il doveroso rispetto della sede, in modo da garantire la sicurezza e l'ordine pubblico all'interno dello stabile, oltre che il regolare svolgimento dell'udienza preliminare.
  In modo particolare, veniva richiesto al personale operante di far osservare l'assoluto divieto presidenziale di effettuare riprese filmate all'interno del palazzo di giustizia.
  Analoghe sollecitazioni per le misure di competenza sono state richieste alla polizia municipale di Ragusa, in previsione del forte afflusso di mezzi per le dirette televisive e per la viabilità dell'area.
  Il 19 novembre, su disposizione del GUP, l'udienza è stata rinviata al giorno successivo, ma già nella circostanza il dirigente del servizio di ordine pubblico ha constatato che le diverse prescrizioni richieste dal presidente del tribunale non potevano essere efficacemente svolte con i soli 8 uomini previsti, sia per la parte esterna dell'edificio e degli accessi, sia per la parte interna delle aule dove le limitazioni erano anche più stringenti.
  Pertanto, lo stesso giorno il questore ha emesso una nuova ordinanza con cui, alla luce delle riscontrate difficoltà ad ottemperare in modo efficace alle richieste della presidenza, si è disposto per l'udienza del giorno successivo l'incremento delle unità interforze impiegate (per turno di servizio e nel totale) a 16 elementi, di cui 10 all'esterno (e per tutto il perimetro del palazzo di giustizia, compresi gli accessi carrai) e i restanti 6 all'interno del tribunale tra aula GUP, salone prospiciente le aule, ingresso, controllo metal-detector e corridoi di percorrenza.
  Le misure messe in campo dal questore hanno corrisposto, pertanto, a specifiche richieste del presidente del tribunale, a cui si è cercato di dare puntuale e doveroso soddisfacimento, peraltro in una valutazione complessivamente attenta alle esigenze di sicurezza e di controllo del territorio di competenza.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   CATANOSO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   come ha riportato il settimanale Panorama nel numero del 16 dicembre 2015, Don Luigi Ciotti, fondatore dell'Associazione antimafia «Libera», ha espulso dalla stessa Franco La Torre, figlio di Pio La Torre, dopo ed a causa della denuncia pubblica compiuta dallo stesso La Torre nel corso dell'assemblea dell'associazione svoltasi ad Assisi il 7 novembre;
   nel corso del suo intervento all'assemblea di Assisi, Franco La Torre ha denunciato assenza di democrazia nell'associazione Libera, rendite prodotte dall'antimafia ed abusi nella gestione dei beni confiscati alla mafia;
   le parole di Franco La Torre, come riporta il settimanale Panorama, sono «crepe che segnano la fragilità di un monumento finora inviolabile» e non possono essere sottaciute o minimizzate da coloro che hanno l'obbligo ed il dovere di controllare che gli esiti della lotta alla mafia possano essere usurpati da soggetti a loro volta accusati di condotte illecite o, nella migliore delle ipotesi, dalle dubbie capacità gestionali;
   i numeri dell'Associazione «Libera», almeno quelli riportati da Franco La Torre e dal settimanale Panorama descrivono in maniera eloquente e fuori da ogni dubbio la forza economica, sociale e politica dell'Associazione: 1.600 cooperative associate, 1.400 ettari di terreni confiscati e gestiti dalle varie cooperative/associazioni di riferimento, un fatturato dichiarato di 6 milioni di euro e 126 impiegati;
   questi numeri e gli scandali che hanno da poco coinvolto la procura della Repubblica di Palermo con il giudice Saguto sospeso dal servizio per lo scandalo della gestione dei beni sequestrati alla mafia, gestione che la stessa Saguto ha affidato ad esponenti dell'associazione «Libera», come da lei stessa riferito, devono far riflettere e far puntare i riflettori degli organismi di vigilanza ministeriale su tali soggetti;
   a giudizio dell'interrogante occorre una seria attività di monitoraggio da parte dei Ministeri interrogati nei confronti di questo mondo associativo che, nella propria base animato dalle migliori intenzioni, può nascondere attività illegali e malversazioni come anche solo una cattiva gestione di beni confiscati alla criminalità organizzata –:
   quali iniziative di competenza intendano adottare i Ministri interrogati in relazione alle problematiche esposte in premessa. (4-11742)

  Risposta. — Nell'interrogazione in esame l'interrogante onorevole fa riferimento all'associazione antimafia Libera e alla sua forza economica, sociale e politica, legata alla gestione dei beni confiscati alla mafia, chiedendo al Ministero dell'interno di mettere in atto una seria attività di monitoraggio volta ad accertare l'esistenza di eventuali abusi o attività illegali e malversazioni all'interno di questo mondo associativo.
  Al riguardo occorre innanzitutto precisare che, ai sensi dell'articolo 48 del codice antimafia, i beni immobili (edifici e terreni) confiscati alla criminalità organizzata sono destinati esclusivamente agli enti pubblici.
  Lo Stato può utilizzarli quali sedi per uffici e quali strutture ove svolgere, sempre attraverso i suoi uffici, attività di natura pubblica.
  Le regioni, le province e i comuni possono utilizzare i beni loro assegnati sia per avvalersene direttamente come fa lo Stato, sia per darli in uso gratuito ad enti o associazioni del privato sociale sulla base di un'apposita convenzione, sia infine per perseguire finalità di lucro, con l'obbligo – in quest'ultimo caso – di reimpiegare i proventi esclusivamente per scopi sociali.
  Tanto premesso, si rappresenta che l'agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, al pari dei soggetti che in passato hanno gestito la restituzione dei beni confiscati alla società civile (agenzia del demanio, prefetture), non hanno mai trasferito all'associazione Libera, né ad alcuna delle cooperative ad essa collegate, la proprietà di edifici o terreni.
  D'altra parte, secondo quanto risulta alla predetta agenzia nazionale, all'associazione Libera sono stati dati in uso da enti pubblici territoriali in tutto sei beni immobili, tra i quali la sede di Roma in via IV Novembre.
  Quanto ai terreni, si rappresenta che essi sono stati talvolta concessi in uso gratuito – e mai in proprietà – a cooperative costituite con l'assistenza di Libera, d'intesa con gli enti pubblici territoriali assegnatari dei fondi agricoli, e composte soprattutto di giovani locali.
  Naturalmente la decisione di affidare i fondi agricoli a tali cooperative è stata assunta dagli enti proprietari e non dalla menzionata Agenzia.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   l'area dell'ex distilleria Romano, situata nel comune di Pomigliano d'Arco (Napoli) in corrispondenza dell'incrocio tra via san Giusto e via P.E. Imbriano, è una struttura in disuso da anni, ma è da tempo adibita a sito di discarica abusiva da parte di ignoti, così come più volte denunciato dal «Comitato abitanti» alle autorità locali (sindaco di Pomigliano d'Arco, Comando vigili urbani di Pomigliano d'Arco, Ufficio ambiente del comune di Pomigliano d'Arco, Ufficio igiene e sanità presso l'ASL di Pomigliano d'Arco, Comando dei carabinieri del comune di Pomigliano d'Arco);
   in particolare, all'interno di quest'area venivano nel tempo denunciati: a) lo sversamento illecito di rifiuti all'esterno della struttura, nello spazio antistante al cancello d'ingresso. Tuttavia, in seguito alle denunce, la società SNAM provvedeva con interventi mirati allo smaltimento degli stessi e al ripristino del decoro del luogo; b) la violazione della proprietà privata da parte di ignoti, che, rimuovendo sistematicamente catene e lucchetti apposti dalle autorità, si introducevano nella struttura asportandone tutto ciò che si poteva asportare al punto che, apparentemente, sono sopravvissute solo le strutture murarie; c) incendi all'interno dell'area per alcuni dei quali è stato necessario l'intervento dei vigili del fuoco;
   nonostante l'impegno profuso dalle autorità, vi è comunque una fortissima preoccupazione nella cittadinanza, legata al fatto che le sopracitate pratiche illecite vengono reiterate e, anzi, l'area in questione è frequentata da personaggi poco raccomandabili. Ciò, evidentemente, ingenera negli abitanti della zona una sensazione di pesante insicurezza;
   peraltro, con una certa frequenza la popolazione nota automezzi entrare nella struttura stessa e scaricare rifiuti, materiali ingombranti e calcinacci che potrebbero contenere e nascondere rifiuti tossici o, comunque, essere pericolosi per l'ambiente e per le persone –:
   se i Ministri interrogati non ritengano, sulla base delle rispettive competenze, di interessarsi affinché vengano adottate nuove misure idonee ed efficaci affinché atti vandalici ed illegali non possano più verificarsi, in particolare assumendo iniziative per impedire l'accesso all'interno dell'area dell'ex distilleria Romano a personaggi dediti ad attività illecite. (4-03128)

  Risposta. — La «Romano & C. s.a.s» è, effettivamente, un'ex distilleria in disuso, situata nel comune di Pomigliano d'Arco, che ormai da tempo viene utilizzata da ignoti come discarica abusiva. Dopo il fallimento della società, dichiarato dal tribunale di Nola nel giugno 2011, la struttura è stata messa sotto sequestro e sottoposta alla vigilanza del comando compagnia della Guardia di finanza di Casalnuovo e del comando di Pomigliano d'Arco.
  Dal 9 marzo 2012, la custodia dell'immobile e dei relativi beni è stata affidata a un curatore fallimentare che, verificata l'integrità dei sigilli apposti precedentemente dalla forza pubblica, ha applicato al cancello d'ingresso una solida catena munita di lucchetto. L'11 gennaio 2014, però, il curatore ha constatato che sia i sigilli che la catena erano stati rimossi e ha denunciato l'accaduto alle Forze di polizia; qualche giorno dopo, il 17 gennaio, ha presentato un'ulteriore denuncia per un incendio di rifiuti di ogni genere (pneumatici, plastica, materiali edili di risulta eccetera) avvenuto all'interno della distilleria.
  Pertanto, l'amministrazione comunale di Pomigliano d'Arco ha avviato le necessarie procedure per obbligare i proprietari della struttura alla sua messa in sicurezza, inibendone l'accesso a terzi.
  Il successivo 18 febbraio – ricevuta la comunicazione di avvio del procedimento finalizzato all'emissione del provvedimento coercitivo – il curatore fallimentare, con una propria nota, ha rappresentato che il fallimento non dispone di fondi sufficienti per eseguire interventi sull'ex distilleria.
  Il 20 febbraio, inoltre, un altro incendio sviluppatosi all'interno della struttura ha indotto il comune di Pomigliano d'Arco ad apporre i catenacci ai varchi di accesso del capannone; contemporaneamente, la polizia municipale è stata incaricata di svolgere una vigilanza sull'immobile, nell'attesa di un'adozione di ordinanza per la messa in sicurezza dei luoghi.
  Si informa infine che – come riferito dal dirigente del servizio infrastrutture, territorio e sviluppo sostenibile del comune di Pomigliano d'Arco – dal 5 ottobre del 2015 sono stati rimossi i rifiuti presenti nella struttura in questione ed è stato effettuato il ripristino dello stato dei luoghi.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   DIENI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 16 della Costituzione prevede che «ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza»;
   se un tale richiamo viene considerato a fondamento di un vero e proprio «diritto alla mobilità», non è da trascurare che esso si configura, al tempo stesso, come attività di tipo economico rientrando in quanto disposto nel secondo comma dell'articolo 3 della stessa Carta fondamentale, ove è previsto che «è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese»;
   vi sono territori in Italia in cui il diritto alla mobilità non viene, tuttavia, garantito;
   in una situazione di crisi economica in cui gli enti locali si trovano in estrema difficoltà nel fronteggiare i costi di manutenzione, alcuni comuni, localizzati specialmente nel Sud Italia e siti in zone montuose, si trovano pressoché isolati dal resto del territorio;
   questo è il caso di Fabrizia, piccolo comune calabrese in provincia di Vibo Valentia, i cui cittadini hanno fatto pervenire all'interrogante una petizione firmata da più di 500 aderenti in cui fanno presente che tutte le vie di collegamento col loro centro risulterebbero caratterizzate da una totale mancanza di manutenzione del manto stradale, che ha portato al suo totale disfacimento, e, più in generale, di sicurezza, data l'invasione della carreggiata da parte della vegetazione incolta e la totale incuria dei guardrail e della segnaletica verticale ed orizzontale;
   il materiale fotografico fornito dimostra effettivamente l'assenza di asfalto per interi tratti delle strade di collegamento tra comune di Fabrizia e i centri limitrofi;
   al di là delle strade comunali e provinciali, in condizioni prossime all'impercorribilità risultano anche le strade statali della zona (strada statale 110 di Monte Cucco e Monte Pecoraio – strada statale 182 delle Serre Calabre), che sono percorse, in condizioni di grande pericolo, specie in situazioni atmosferiche avverse, dagli autobus dell'azienda regionale di trasporti, unico collegamento pubblico;
   tali vie sono le sole che consentono di giungere a Catanzaro, il capoluogo, e Cosenza;
   va aggiunto che non risulta sicuro il collegamento viario con la più vicina struttura ospedaliera provvista di pronto soccorso, sita a Serra San Bruno e raggiunta dalle due strade statali e da una porzione della ex strada statale 501;
   essendo le strade provinciali ugualmente dissestate è indispensabile che almeno lo Stato intervenga al fine di consentire la fruizione di diritti costituzionalmente garantiti relativi alla salute e alla libera circolazione anche ai cittadini di Fabrizia –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda adottare le iniziative di competenza al fine di garantire una sicura percorribilità sulle strade SS 110 di Monte Cucco e Monte Pecoraio e SS 182 delle Serre Calabre. (4-08673)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta sulla base delle informazioni fornite dalla società ANAS, interpellata al riguardo.
  Il comune di Fabrizia (Vibo Valentia) è servito dalla strada provinciale (ex strada statale 3501) che si dirama dalla strada provinciale (ex strada statale 110) nei pressi di Mongiana e prosegue verso sud fino ad innestarsi sulla strada statale 682 nelle vicinanze di Gioiosa Jonica (Reggio Calabria)
  Come evidenziato anche dall'interrogante, per raggiungere la più vicina struttura ospedaliera dotata di pronto soccorso, ubicata a Serra San Bruno, gli abitanti di Fabrizia devono percorrere la ex strada statale 501 e la ex strada statale 110, entrambe gestite dalla provincia di Vibo Valentia.
  Nel caso di specie, trattandosi di strade provinciali, la legge 7 aprile 2014, n. 56 concernente disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni, ha confermato in capo all'ente provincia la funzione di costruzione e gestione delle strade provinciali, nonché la regolazione della circolazione stradale ad esse inerente (articolo 1, comma 85, lettera b).
  Si evidenzia, altresì, che lo stesso itinerario deve essere percorso per raggiungere la strada statale 182 e i lotti della strada statale 713 già aperti al traffico, da dove è possibile raggiungere verso ovest l'autostrada A/3 Salerno-Reggio Calabria e la città di Vibo Valentia, nonché verso est, attraverso la Strada statale 106, la città di Catanzaro.
  Inoltre, si sta procedendo, su impulso del Ministero, al trasferimento dalle province ad Anas di 7.000 chilometri di strade provinciali per supplire/aiutare le province nel loro compito di manutenzione e cura delle strade.
  Da ultimo, per quanto riguarda le condizioni delle strade statali 182 «delle Serre Calabre», 682 «Jonio-Tirreno» e la 713 «Trasversale delle Serre», ANAS informa di monitorare costantemente lo stato della viabilità e di provvedere alla manutenzione di tali infrastrutture con interventi sia sul piano viabile sia sulla segnaletica stradale e sulle barriere di sicurezza.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiGraziano Delrio.


   DIENI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il «diritto alla mobilità», sancito dalla Costituzione viene palesemente e ormai sistematicamente violato in Calabria, regione che si trova in una situazione di sempre più pronunciato isolamento, dato il più volte segnalato ridimensionamento della rete di trasporti che dovrebbe collegare il territorio al resto d'Italia e d'Europa;
   ma non è solo il trasporto pubblico, che dovrebbe essere interesse generale garantito a tutti i cittadini, indipendentemente dal loro posizionamento geografico sul territorio nazionale secondo il principio di uguaglianza, ad essere limitato in Calabria: l'interruzione, che si protrae ormai da mesi, della circolazione su un lungo tratto dell'autostrada A3 compreso tra gli svincoli di Mormanno e Laino Borgo, sta portando al grave rischio di provocare un ulteriore arretramento del territorio con aumento della disoccupazione;
   lo stesso presidente della regione Mario Oliverio ha riconosciuto infatti, il 24 giugno 2015, a margine di un incontro col Ministro interrogato, che «il danno di un vorticoso calo dell'economia turistica andrebbe senz'altro ad incidere sensibilmente sul Pil regionale, sulla media reddituale e sull'occupazione»;
   tra l'altro, anche i sindacati hanno rilanciato più di recente l'allarme: la Cgil calabrese ha ricordato l'8 luglio 2015 che «sono a rischio migliaia di posti di lavoro fra il settore turistico, Autogrill, comparto agricolo senza considerare le possibili ripercussioni per gli stessi lavoratori del cantiere in esecuzione»;
   com’è noto i lavori sul tratto autostradale erano interrotti dal 2 marzo 2015, data in cui perse la vita Miholca Adrian, un operaio dell'impresa Nitrex, precipitando nel vuoto durante i lavori per la demolizione del Viadotto Italia che è uno dei più alti d'Europa;
   l'11 luglio 2015 gli artificieri hanno fatto brillare le quattro campate del viadotto e l'Anas ha così potuto iniziare i lavori per il ripristino sulla corsia nord, aprendo un tratto a senso unico alternato;
   la demolizione delle campate sulla carreggiata sud dell'autostrada, già indebolite e di cui era prevista la demolizione, dovrebbe essere propedeutica alle prove di stabilità sulla carreggiata opposta, che potrebbe quindi essere riaperta successivamente al termine dei lavori, previo dissequestro della struttura: i tempi previsti, secondo quanto dichiarato dall'Anas, dovrebbero essere fissati alla prima settimana di agosto 2015;
   nel frattempo la situazione del trasporto stradale è già stata messa a dura prova: nella giornata del 19 luglio 2015 la deviazione tra Mormanno e Laino Borgo sulle provinciali 134, 241 e 133 ha visto un incidente mortale che ha portato al blocco della carreggiata con la conseguente paralisi del traffico veicolare e disservizi generalizzati;
   in piena stagione turistica questo tipo di situazioni sta causando danni incalcolabili;
   il Ministro Graziano Del Rio, in un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea alla Camera dei deputati, il 17 giugno 2015, faceva le seguenti affermazioni: «ho assunto degli specifici impegni circa il finanziamento anche della viabilità alternativa. Nel piano pluriennale Anas abbiamo stanziato 27 milioni di euro per potere modificare la viabilità alternativa. È in corso di studio avanzato il tavolo per rendere di nuovo nazionale la strada statale 19 che si trova in uno stato di abbandono e che pure potrebbe rappresentare un'alternativa, così come stiamo valutando la possibilità di trasferire merci, come sa, su treno e su nave per evitare i disagi dovuti al trasporto con automezzi su gomma»;
   il Ministro continuava facendo presente «che l'impegno del Governo a favore della strada nazionale calabrese prevede 890 milioni di euro per la messa in sicurezza, come lei sa, del tracciato storico della Jonica, 610 milioni per i due macrolotti della nuova autostrada, 2 miliardi 300 milioni per il completamento della Salerno-Reggio Calabria, nonché oltre 335 milioni per il completamento dell'itinerario della strada statale 182 “Trasversale delle Serre”, perché conosciamo appunto la grave situazione viabilistica della Calabria» –:
   se verrà rispettato il termine della prima settimana di agosto 2015 per la riapertura a senso unico alternato al traffico automobilistico della carreggiata nord del Viadotto Italia;
   se siano stati impegnati e in che modo i 27 milioni di euro per potere modificare la viabilità alternativa rispetto al tratto dell'A3 attualmente chiuso tra Mormanno e Laino Borgo, indicati dal Ministro Graziano Del Rio nella risposta ad un'interrogazione a risposta immediata in Assemblea alla Camera dei deputati, il 17 giugno 2015;
    quali siano le tempistiche attese per la messa in sicurezza del tracciato storico della Strada statale Jonica, e per il completamento dell'itinerario della strada statale 182 «Trasversale delle Serre».
(4-09934)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta, sulla base delle informazioni pervenute dalla società ANAS.
  Come è noto, il 2 marzo 2015 si è verificato il crollo di una campata del viadotto Italia, avvenuto durante le attività di demolizione della stessa, causando la morte di un operaio. A seguito del luttuoso evento, la procura della Repubblica di Castrovillari ha posto sotto sequestro l'intero viadotto e, conseguentemente, è stato chiuso al transito per circa 10 chilometri il tratto autostradale tra Laino Borgo e Mormanno, con deviazione del traffico sui percorsi alternativi appositamente individuati. Nell'immediato, la società ANAS ha messo in atto le attività necessarie per il ripristino funzionale del viadotto, operando in continua interfaccia con la procura di Castrovillari. Le lavorazioni sono state svolte in sequenza ravvicinata e in tempi accelerati, consentendo, a seguito del provvedimento di dissequestro del viadotto Italia emesso dalla procura il 22 luglio 2015, il 24 luglio 2015 la riapertura della carreggiata nord.
  Con la riapertura al traffico della A3, si sono superate tutte le difficoltà di viabilità che, seppure con disagi, è stata comunque garantita da percorsi alternativi, individuati lungo il tratto Laino Borgo-Mormanno nelle strade provinciali 133, 241 (ex strada statale 19) e 134, dove si è provveduto con importanti interventi manutentivi.
  Circa le tempistiche per la messa in sicurezza del tracciato storico della strada statale Jonica, e per il completamento dell'itinerario della strada statale 182 trasversale delle Serre si rappresenta quanto segue.
  Nella regione Calabria l'ANAS ha previsto interventi lungo la statale 106 ionica sia mediante la realizzazione di una nuova infrastruttura con sezione stradale del tipo «B» con due carreggiate separate, ciascuna a due corsie per senso di marcia sia con l'adeguamento e la messa in sicurezza dell'arteria esistente.
  Con riferimento alla nuova statale 106, a quattro corsie, sono stati già realizzati complessivamente circa 62 chilometri, di cui circa 15 chilometri al confine con la Basilicata tra Rocca Imperiale e Roseto Capo Spulico, 5 chilometri a ridosso dei centri abitati di Gabella Grande, frazione di Crotone, 17 chilometri tra lo svincolo di Squillace e lo svincolo di Simeri Crichi, nell'ambito del megalotto 2 che è stato completato l'11 dicembre 2015 con l'apertura al traffico del tratto, lungo 5.2 chilometri, di collegamento con la strada statale 280 in corrispondenza all'abitato di Catanzaro, nonché 25 chilometri tra Locri e Roccella Jonica che hanno interessato tre lotti contigui: megalotto 1, variante di Marina di Gioiosa e variante di Roccella Jonica.
  Inoltre, sono in fase di realizzazione due nuovi tratti, rispettivamente il raccordo Firmo-Sibari, Megalotto 4 che sta vivendo una fase di rallentamento dei lavori a causa della sostituzione dell'impresa esecutrice per sopravvenuta rescissione contrattuale, e la variante all'abitato di Palizzi, completamento 1o stralcio funzionale.
  Infine, sono in corso le attività per il perfezionamento della progettazione e successiva realizzazione nell'ambito dell'affidamento a Contraente generale, del tratto tra Roseto Capo Spulico e Sibari, Megalotto 3, per circa 3 chilometri.
  Con riferimento, invece, alla Strada statale 106 a due corsie, oltre ai 6,6 chilometri a suo tempo già ammodernati tra Bova Marina e Palizzi, sono stati inseriti nel piano pluriennale degli investimenti 2015-2019, predisposto d'intesa tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed ANAS, sul quale il CIPE ha espresso parere favorevole con prescrizioni nella seduta del 6 agosto 2015, interventi che consistono nell'adeguamento alla sezione tipo «C1» della tratta tra Crotone e Sibari divisa in tre tronchi, nonché nella costruzione della variante di Crotone (ex megalotti 8 e 9 che, insieme al megalotto 5, sono oggetto di una revisione progettuale).
  Inoltre, in merito alla messa in sicurezza del tracciato esistente della statale Jonica gli interventi previsti riguardano l'adeguamento degli innesti a raso di maggiore pericolosità in provincia di Crotone e Cosenza, mediante razionalizzazione e/o sostituzione con rotatorie, alcune rettifiche di tracciato, nonché nuovi impianti di illuminazione, ripavimentazione e nuova segnaletica, al fine di migliorare la funzionalità e la sicurezza della circolazione, riducendo anche la velocità media lungo l'asse principale della Strada statale 106 esistente.
  Complessivamente sono previsti, 39 singoli interventi, articolati in 5 stralci funzionali, approvati e appaltati in tempi distinti e successivi, in dipendenza della disponibilità finanziaria via via acquisita.
  Per completezza d'informazione, si riporta, di seguito, per ogni singolo stralcio, il corrispondente stato di attuazione.
  1o Stralcio – importo complessivo 13,44 milioni di euro – i lavori sono stati ultimati e con l'apertura al traffico del nuovo svincolo di Isola Capo Rizzuto, avvenuta il 15 giugno 2015, tutti gli svincoli sono fruibili.
  2o Stralcio parte A – importo pari a 28.5 milioni di euro – i lavori, riappaltati a seguito della rescissione contrattuale col precedente appaltatore, sono stati consegnati nel luglio 2014 e la percentuale di avanzamento è pari all'11 per cento. Le attività lavorative son ferme a far data dal 22 ottobre 2015 e con decreto del Ministero del sviluppo economico del 16 dicembre 2015 la «COOP Costruzioni Soc. COOP», mandataria dell'A.T.I. esecutrice, è stata posta in liquidazione amministrativa coatta. La mandante Sammarco Costruzioni Generali S.r.l. ha avanzato, istanza di subentro secondo una nuova compagine associativa così composta «Sammarco Costruzioni Generali S.r.l. – Calgeco S.r.l.», che allo stato attuale è in corso di valutazione da parte di ANAS.
  2o Stralcio – completamento – 1o lotto – importo complessivo 4,98 milioni di euro – i lavori sono stati consegnati il 9 febbraio 2015, la percentuale di avanzamento è pari al 66 per cento circa. Sono in corso di esecuzione le rotatorie «Oliveto Longo» e «Seggio» oltre allo svincolo di Cariati, mentre è quasi ultimata le rotatoria «Scala Coeli» ed è stato ultimato lo svincolo «Foresta» al chilometro 324+800 della strada statale 106.
  2o Stralcio – completamento – 2o lotto – LF1 – importo pari a 7,6 milioni di euro – i lavori sono stati consegnati il 25 febbraio 2015 e la percentuale di avanzamento è pari al 56 per cento; Sono in corso di esecuzione le pavimentazioni, la segnaletica orizzontale e la posa delle barriere stradali delle rotatorie «Crotone» ed «Isola Capo Rizzuto», mentre sono stati completati gli impianti di illuminazione sulle rotatorie «Crotone 1» e «Passovecchio». Nelle rotatorie «Mirto Crosia 1» e «Mirto Crosia 2» sono stati risolti i problemi derivanti dal rinvenimento dei reperti archeologici e conseguente disamina da parte della Soprintendenza archeologica e dal ritrovamento di una condotta in cemento amianto precedentemente non rilevata e interferente con i lavori.
  2o Stralcio – completamento – 2o lotto – LF2 – importo pari a 5,95 milioni di euro – i lavori sono stati consegnati il 20 febbraio 2015 e la percentuale di avanzamento è pari al 69 per cento.
  Sono stati completati i seguenti interventi:
   abitato di Melissa – isole spartitraffico;
   «Piciara» – rotatoria;
   «Ciro Marina» – rettifica di tracciato;
   «Ciro 1» – impianto di illuminazione;
   «Ciro 2» – impianto di illuminazione;
   «Oliveto» – rotatoria;
   svincolo «Cappellieri 1» – illuminazione e segnaletica;
   svincolo «Cappellieri 2» – illuminazione;
   Intervento «Crucoli 1»: sono state avviate le fasi di scotico e di rimozione delle piante di ulivo.

  Per l'intervento denominato «Crucoli 1» sono state avviate le fasi di scotico e rimozione delle piante di ulivo.
  Inoltre, è in corso di realizzazione la manutenzione straordinaria di 5 ponti storici ad arco a via inferiore, presenti in successione lungo la statale 106, specificatamente in corrispondenza dei torrenti Ponzo, Vodà, Munita, Gallipari e Alaco. L'importo complessivo dell'intervento è pari 3.6 milioni di euro. I lavori sono stati consegnati il 25 febbraio 2015 e la percentuale di avanzamento è pari al 92 per cento circa.
  Per quanto concerne, invece, la strada statale 182 Trasversale delle Serre, sono in corso i lavori di realizzazione in nuova sede dell'arteria, secondo la sezione tipo C1 delle norme di cui al decreto ministeriale 5 novembre 2001. L'infrastruttura, con orientamento Est-Ovest nell'area centro-meridionale della Calabria, laddove è minore la distanza tra la costa tirrenica e la costa jonica, unitamente al potenziamento e ammodernamento delle altre due direttrici costiere, strada statale 106 Jonica e autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, costituirà il reticolo viario principale per il potenziamento degli interscambi tra le aree interne e le fasce costiere. Allo stato attuale sono in corso di esecuzione 3 interventi, per un investimento complessivo di circa 206,26 milioni di euro, nonché 1 intervento in gara, per 12,5 milioni di euro; nel dettaglio:
   Tronco I lotto 2o da A3 svincolo serre A.S.P. Fondovalle del Mesima – Tronco I lotto 1o stralcio 2o da S.P. Fondovalle del Mesima a viadotto Scornari – Tronco III lotto 2o da località Cimbello a bivio Montecucco.
  L'intervento, di importo complessivo pari a circa 35 milioni di euro, scaturisce dall'accorpamento di 3 lotti, per uno sviluppo complessivo di 6.3 chilometri ed è suddiviso in 2 tratti fra loro non contigui. I lavori sono stati consegnati nel dicembre 2013 e la percentuale di avanzamento è pari al 75 per cento.
  Allo stato, si registrano criticità a causa di difficoltà finanziarie dell'appaltatore, che ha portato la previsione di ultimazione dei lavori nel corrente mese di luglio 2016.
  Tronco IV da bivio Montecucco a bivio Chiaravalle e Tronco IV-bis: asta per Serra San Bruno.
  Il tratto in questione si sviluppa per una lunghezza di 22 chilometri e suddiviso in due tronchi (tronco IV, che va dal bivio di Montecucco allo svincolo di Chiaravalle, e tronco IV-bis, rappresentato dalla bretella per Serra San Bruno). L'importo complessivo dell'intervento è pari ad 162,63 milioni di euro. I lavori sono stati consegnati nel gennaio 2006 e la percentuale di avanzamento è del 97 per cento.
  I lavori relativi tronco IV-bis, dello sviluppo di 7 chilometri, risultano già aperti al traffico. Per quanto concerne il tronco IV, ad oggi risulta completamente fruibile la tratta fino allo svincolo di Torre Ruggiero escluso (dalla progressiva iniziale fino alla progressiva 9+580).
  Inoltre, è stato aperto al traffico, il 9 luglio 2015, anche lo svincolo di Torre di Ruggiero, relativamente alla rampa in entrata/uscita Simbario e Torre di Ruggiero e alla rotatoria di Svincolo.
  Attualmente, a seguito dell'acquisto di ramo d'azienda da parte di altra impresa, è stata superata la criticità connessa alle difficoltà finanziarie dell'originario appaltatore. Ciò ha consentito l'apertura al traffico, nel dicembre 2015, della rotatoria allo svincolo di Chiaravalle e della relativa rampa. L'ultimazione delle lavorazioni inerenti l'asse principale, con apertura al transito degli ultimi 4 km, è prevista per il corrente mese di luglio 2016.
  Tronco V lotto 3o Argusto – Campo Gagliato. Lavori di completamento della costruzione del 3o lotto del V tronco della trasversale delle serre dalla SP per Argusto allo svincolo di Gagliato del Tronco V Chiaravalle-Soverato.
  L'intervento, di importo complessivo pari a 8,55 milioni di euro, prevede essenzialmente il completamento del 3o lotto nell'ambito del tronco V già appaltato ad altra Impresa e successivamente rescisso, a causa di gravi e reiterate inadempienze contrattuali. I lavori sono stati ultimati ed il tratto e stato aperto al traffico in data 30 giugno 2016.
  Tronco V lotto 3o-Bis – Bretella per Petrizzi – riappalto a seguito rescissione contrattuale.
  L'intervento interessa i Comuni di Petrizzi, Gagliato e Argusto, in provincia di Catanzaro, e ha un costo complessivo di 12,48 milioni di euro. La Bretella di Petrizzi ha uno sviluppo di circa 1,5 km, inizia in corrispondenza della strada statale 182 attuale in località Campo nel comune di Petrizzi e termina in corrispondenza dello svincolo di Gagliato della nuova SS 182 (Tronco V Lotto 3o). L'ANAS ha approvalo il progetto esecutivo dei lavori di completamento e sono attualmente in corso le fasi di collaudo, relative alle opere del vecchio appalto, propedeutico al l'avvio della gara.
  Oltre alle opere sopra descritte, nel Programma delle Infrastrutture Strategiche (delibera CIPE 26/2014) sono stati inseriti ulteriori interventi per il completamento dell'ammodernamento della SS 182; più in particolare:
   Tronco I autostrada A3 – Vazzano lotto 1o stralcio 2o completamento superamento del Colle dello Scornari.

  L'intervento, dello sviluppo di circa 1.5 chilometri originariamente appaltato dalla provincia di Vibo Valentia, non è stato ultimato in quanto il contratto d'appalto è stato rescisso. La regione Calabria ha chiesto che il completamento dell'intervento venga gestito dall'ANAS, la quale, in attesa del perfezionamento del trasferimento delle competenze ha completato l'elaborazione della cartografia e la campagna di indagini geognostiche e ha avviato la redazione del progetto esecutivo delle opere di completamento.
  L'intervento, di costo pari a 14,4 milioni di euro, è stato inserito, con appaltabilità 2016, nel citato Piano pluriennale degli investimenti 2015-2019.
  Si segnala che, per quanto concerne i finanziamenti necessari, sono ad oggi disponibili 100 mila euro, per le attività di progettazione, previsti nel Contratto di Programma ANAS 2015, mentre i rimanenti 14,3 milioni di euro, necessari per la realizzazione dell'opera, sono stati inseriti nella bozza del nuovo Accordo di programma quadro, che dovrà essere sottoscritto dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dall'agenzia per la coesione territoriale della Presidenza del Consiglio dei ministri, dalla regione Calabria e dall'ANAS.
  Tronco I lotto 1o stralcio 1o autostrada A3 – Vazzano completamento. Superamento del cimitero di Vazzano.
  L'intervento, dallo sviluppo di circa 700 m. prevede il superamento del cimitero di Vazzano in modo da collegare il precedente tratto della strada statale 182 già realizzato con la SP 53. L'ANAS ha predisposto il progetto preliminare ed è stata completata la verifica preventiva di interesse archeologico (articolo 95 del decreto legislativo n. 163 del 2006). In sede di conferenza dei servizi, gli Enti competenti hanno indicato, ai sensi dell'articolo 14-bis della legge n. 241 del 1990, le modifiche e le integrazioni da apportare nelle fasi progettuali successive. Attualmente è in corso, presso la Regione Calabria, la procedura di verifica di assoggettabilità a Valutazione d'impatto ambientale del progetto. L'intervento che ha un costo presunto di 6.5 milioni di euro, è stato inserito nel citato Piano pluriennale degli investimenti 2015-2019, senza l'assegnazione di finanziamenti e con appaltabilità 2018. È stata avviata la progettazione definitiva.
  Tronco II: Lotto unico da Vazzano a Vallelonga.
  L'intervento ha uno sviluppo di circa 6.9 km e interessa i comuni di Vazzano e Vallelonga. L'ANAS ha predisposto il progetto preliminare ed è stata completata la verifica preventiva di interesse archeologico.
  In sede di Conferenza dei servizi, gli enti competenti hanno indicato, ai sensi del citato articolo 14-bis della legge n. 241 del 1990, le modifiche e le integrazioni da apportare nelle fasi progettuali successive. Attualmente è in corso presso la regione Calabria la procedura di verifica di assoggettabilità a valutazione d'impatto ambientale del progetto. L'opera, che ha un costo presunto di 128,45 milioni di euro, è stata inserita nel richiamato piano pluriennale degli investimenti 2015-2019, senza l'assegnazione di finanziamenti e con appaltabilità 2018.
  Tronco V lotto 4o Gagliato – Satriano, Compresa La Bretella Per Satriano.
  L'intervento ha uno sviluppo complessivo di circa 5,35 chilometri ricade nei territori comunali di Gagliato, Petrizzi, Satinano e Soverato. Il progetto preliminare è stato sottoposto alla verifica preventiva dell'interesse archeologico da parte della soprintendenza per i beni archeologici della Calabria, ottenendo parere favorevole. È stata effettuata la verifica dell'assoggettabilità a valutazione d'impatto ambientale e la regione Calabria dipartimento politiche dell'ambiente ha ritenuto necessario assoggettare l'intervento alla suddetta procedura di V.I.A.
  L'ANAS ha aggiornato il progetto preliminare per recepire le osservazioni formulate dagli enti competenti nel corso dell'iter approvativo. L'intervento è stato suddiviso in due stralci:
   Il 1o stralcio funzionale, dal chilometro 0+000 al chilometro 2+750, ha un costo di circa 80,08 milioni di euro, ed e stato inserito nel contratto di programma ANAS 2015, sul quale il CIPE ha espresso parere favorevole il 6 agosto 2015, con un finanziamento di 100 mila euro per la progettazione.
   Il 2o stralcio funzionale, dal chilometro 2+750 al chilometro 5+350 (fine lotto), ha un costo di circa 54,56 milioni di euro ed è stato inserito nel contratto di programma ANAS 2015, con i finanziamenti necessari alla realizzazione, pari a 54,56 milioni di euro.

  Tronco V lotto 5o: Svincolo Satriano – Svincolo Soverato.
  L'intervento, dello sviluppo di circa 3.4 chilometri interessa i comuni di Satriano, Soverato e Davoli, nel territorio catanzarese. Il progetto preliminare è stato sottoposto alla verifica preventiva dell'interesse archeologico da parte della soprintendenza per i beni archeologici della Calabria, ottenendo parere favorevole. È stata effettuata la verifica dell'assoggettabilità a valutazione d'impatto ambientale e la regione Calabria – dipartimento politiche dell'ambiente ha ritenuto necessario assoggettare l'intervento alla procedura di V.I.A. l'ANAS ha aggiornato il progetto preliminare per recepire le osservazioni formulate dagli Enti competenti nel corso dell’iter approvativo.
  L'opera, che ha un costo presunto di 65.4 milioni di euro, è stata inserita nel piano pluriennale degli investimenti 2015-2019, senza l'assegnazione di finanziamenti e con appaltabilità 2018.
  Infine, in merito all'impegno del Governo dell'importo di 27 milioni di euro per modificare la viabilità alternativa rispetto al tratto dell'autostrada A3 tra Mormanno e Laino Borgo, si rappresenta quanto segue.
  Nell'ambito del citato piano quinquennale 2015-2019 (allegato B al contratto di programma 2015), con appaltabilità 2016 è stato inserito l'intervento di Lavori di completamento a seguito delle prescrizioni ministeriali e degli accordi territoriali del Macrolotto 3 Parte 11 dell'autostrada A3 SA-RC, per l'importo di 27 milioni di euro.
  Detto intervento, localizzato nella regione Calabria interessa il territorio del parco del Pollino e i comuni di Laino Castello, Laino Borgo, Mormanno e Morano Calabro in provincia di Cosenza. Sono in corso riunioni per un confronto con l'ente parco e i comuni interessati proprio per la messa a punto del complessivo quadro progettuale.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiGraziano Delrio.


   FASSINA, SCOTTO, FRATOIANNI, PAGLIA, RICCIATTI, PANNARALE, MARTELLI, MARCON e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 1, n. 1, del regio decreto 14 novembre 1901, n. 466, dichiara sottoposte al Consiglio dei ministri «le questioni d'ordine pubblico e di alta amministrazione», inoltre l'articolo 1 della legge 18 giugno 1931, n. 773, dispone che «l'autorità di pubblica sicurezza veglia al mantenimento dell'ordine pubblico» e, in particolare, «il prefetto, in caso d'urgenza e per grave necessità pubblica, ha facoltà di adottare i provvedimenti indispensabili per la tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza pubblica»;
   il 21 maggio 2016 rischia di essere una giornata ad alto rischio per la sicurezza e l'ordine pubblico della città di Roma;
   in quella giornata, infatti, il movimento politico di estrema destra CasaPound ha indetto un raduno in occasione dell'anniversario della morte di Dominique Venner, ideologo francese di estrema destra morto nel 2013;
   l'appuntamento è previsto per le ore dieci della giornata di sabato in piazza Vittorio, all'Esquilino, a pochi passi dal quartier generale di CasaPound. «Difendere l'Italia» è lo slogan che campeggia su manifesti in stile ventennio fascista. Come il monito citato: «Ciò che è scritto con il sangue dei padri non si cancella con la saliva dei politici». Sul sito di CasaPound si spiega così la manifestazione: «Una mobilitazione di tutti gli uomini liberi in difesa dei confini, delle tradizioni e dell'identità per fermare il terrore e le forze malate che cinicamente lo alimentano»;
   come riporta la stampa, nella notte tra il 17 e il 18 maggio – a pochi giorni dal corteo che attraverserà gran parte del centro di Roma – una quindicina di membri di CasaPound hanno deliberatamente aggredito tre attivisti antifascisti in zona Torpignattara, a Roma;
   si tratta di un fatto estremamente grave e premeditato che segnala il rischio che la manifestazione di sabato prossimo possa trasformarsi in ulteriori atti di violenza e di oltraggio ai valori democratici e antifascisti fondanti la Repubblica Italiana;
   importanti associazioni come l'Associazione nazionale partigiani d'Italia (Anpi) hanno già scritto al prefetto di Roma per chiedere di vietare la manifestazione, annunciando anche un esposto alla procura della Repubblica «per ogni espressione di stampo fascista che dovesse essere intrapresa senza il pronto intervento delle forze dell'ordine». L'Anpi, si legge nella lettera al prefetto, chiede «che non venga consentito a CasaPound l'uso della piazza per la palese contrarietà del portato ideologico di detta organizzazione con la Costituzione»;
   ancora di recente, proprio sul tema è intervenuta una sentenza della Corte di Cassazione che, a parere degli onorevoli interroganti merita di essere valutata con attenzione. Come ha infatti chiarito la sez. I Penale della Corte, con la sentenza n. 20450 depositata il 17 maggio 2016, il saluto fascista o romano, che dir si voglia, o qualunque altra manifestazione a carattere fascista rappresenta una manifestazione che rimanda all'ideologia fascista e ha valori politici di discriminazione razziale e di intolleranza. La fattispecie non richiede che le manifestazioni «siano caratterizzate da elementi di violenza, svolgendo una funzione di tutela preventiva secondo quanto previsto dal decreto-legge 122 del 1993» –:
   se il Ministro interrogato, in considerazione del grave rischio per la sicurezza e l'ordine pubblico e stante le recenti aggressioni a carattere fascista dei giorni scorsi, non intenda assumere iniziative affinché sia vietata la manifestazione di cui in premessa;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per impedire che la città Roma e le zone circostanti divengano luogo fertile per l'insediamento di realtà di ispirazione neofascista, xenofoba e razzista. (4-13255)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame l'interrogante, unitamente ad altri deputati, ha richiamato l'attenzione sulla manifestazione organizzata da Casapound per il 21 maggio 2016 a Roma in occasione dell'anniversario della morte di un ideologo francese di estrema destra, chiedendo di vietarne l'effettuazione per prevenire turbative dell'ordine e della sicurezza pubblica, anche alla luce di alcune aggressioni di carattere asseritamente fascista verificatesi nei giorni antecedenti la manifestazione medesima.
  Si rappresenta innanzitutto che la manifestazione si è svolta senza incidenti e che, nel contempo, è stato garantito lo svolgimento della contromanifestazione indetta dall'associazione nazionale partigiani d'Italia.
  Ripercorrendo gli eventi nella loro sequenza temporale, si rileva che sin dal 4 maggio 2016, data in cui Casapound ha preavvisato la manifestazione, gli ambienti capitolini dell'antagonismo di sinistra e anche dell'ANPI hanno mostrato la propria insofferenza per l'iniziativa.
  Tant’è che, nei giorni successivi è stato preavvisato lo svolgimento di una contromanifestazione in luoghi e orari concomitanti con l'iniziativa di Casapound e, inoltre, come riportato nell'interrogazione, l'ANPI ha inviato una nota al prefetto di Roma, auspicando un intervento volto a impedire lo svolgimento del corteo di Casapound.
  Il tema è stato affrontato nel corso del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, convocato dal Prefetto il 13 maggio, senza che siano emersi elementi idonei a vietare lo svolgimento dell'iniziativa.
  Difatti, Casapound, nei cui confronti non risultano adottati provvedimenti interdittivi o dissolutori, rappresenta oggi un movimento che, come in passato, ha partecipato alla competizione elettorale per il rinnovo degli organi amministrativi di diversi enti locali, tra i quali anche Roma Capitale.
  In quel contesto, il divieto della manifestazione avrebbe assunto il significato di una non consentita compressione del diritto di espressione del pensiero.
  In realtà gli unici aspetti di criticità emersi nel corso della riunione del Comitato erano legati al concomitante svolgimento di una pluralità di eventi, tra i quali la citata contro-manifestazione e lo svolgimento della finale di Coppa Italia «Milan-Juventus».
  Alla luce di questa situazione, la questura di Roma – d'intesa con la prefettura – si è mossa lungo tre direttrici.
  Innanzitutto, ha posto in essere un'intensa attività informativa e di prevenzione, volta ad acquisire tutti i possibili elementi utili a delineare i fattori di potenziale rischio.
  Inoltre, ha svolto una serrata mediazione sia con il movimento Casapound che con gli organizzatori della contro-manifestazione, per consentire lo svolgimento di entrambe le iniziative, concordando con le parti interessate modalità di tempo e di luogo tali da evitare punti di contatto che potessero essere strumentalizzati o diventare occasione di provocazioni.
  Contestualmente, ha predisposto un articolato ed ampio dispositivo per garantire un'idonea cornice di sicurezza e tutela anche agli altri rilevanti appuntamenti in programma a Roma nella stessa giornata.
  Per quanto appena illustrato, si ritiene che nell'occasione il prefetto e il questore di Roma si siano mossi nel solco dei principi costituzionali e delle disposizioni del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, che offrono il quadro di riferimento entro il quale le autorità provinciali di pubblica sicurezza esercitano i loro poteri in occasione dell'indizione di manifestazioni pubbliche.
  Ed è un fatto che il dispiegamento delle Forze dell'ordine, durante l'intera giornata del 21 maggio, abbia consentito un lineare svolgimento di ciascuna delle iniziative in programma, dando conferma dell'efficacia delle strategie messe in campo.
  Come si è già accennato, non si sono registrate turbative dell'ordine pubblico, ad eccezione di due episodi riconducibili ad esponenti della sinistra estrema, ossia:
   l'aggressione di due giovani, presumibilmente appartenenti alla fazione contrapposta, che hanno riportato lesioni guaribili in quattro giorni;
   nonché l'assalto a un furgoncino con a bordo alcuni giovani tedeschi che si stavano recando ad un concerto organizzato da Casapound.

  In relazione ad entrambi i fatti è stata inoltrata un'informativa all'autorità giudiziaria. Le relative indagini, coperte da segreto istruttorio, sono condotte dalla DIGOS di Roma.
  Con l'interrogazione, viene posta al Ministro dell'interno anche una domanda di carattere generale, cioè quali iniziative si intendano assumere per prevenire derive xenofobe e razziste di ispirazione neo-fascista.
  Al riguardo, si ricorda innanzitutto l'importante iniziativa, promossa dal prefetto, della costituzione nei municipi della Capitale, fin dal mese di aprile 2016, di «Tavoli di osservazione» presieduti da un dirigente della prefettura e composti dal presidente del Municipio e dai rappresentanti dei presidi territoriali delle Forze di polizia e del Corpo di polizia municipale di Roma Capitale. Questi consessi sono stati chiamati ad assolvere ad una duplice funzione: da un lato, avvicinare al territorio il «baricentro» del coordinamento delle azioni suscettibili di essere sviluppate su scala locale; dall'altro, costituire il trait d'union tra le singole realtà municipali e le sedi decisionali di più alto livello per lo sviluppo di iniziative di carattere sovramunicipale.
  Nell'ambito dei suddetti tavoli sono state già definite diverse azioni volte, nello stesso tempo, a garantire il contrasto di manifestazioni violente o xenofobe e ad avviare un dialogo costruttivo con le realtà territoriali, con il coinvolgimento anche dei cittadini stranieri.
  Inoltre, le Forze di polizia – a Roma come nel resto del territorio nazionale – svolgono una costante e accurata attività di monitoraggio e di raccolta di informazioni nei confronti dei movimenti estremistici, finalizzata a neutralizzare le iniziative che possano sfociare in episodi di violenza o di aggressività a sfondo discriminatorio.
  In tale ambito, vengono costantemente controllati anche i luoghi di aggregazione degli aderenti ai movimenti in questione e le iniziative assunte dai medesimi, che vengono perseguite con fermezza ove si traducano in comportamenti illeciti.
  Per quanto concerne le iniziative intraprese a livello ministeriale, si soggiunge che dal 2010 opera presso il dipartimento della pubblica sicurezza l'osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (OSCAD), organismo interforze deputato a rispondere operativamente alla domanda di sicurezza delle persone a rischio di discriminazione, attraverso la condivisione e la «messa a sistema» delle attività dalla Polizia di Stato e dell'Arma dei carabinieri.
  Con la sua attività, l'osservatorio si propone non solo di offrire lo spaccato conoscitivo dell'eterogeneo mondo delle discriminazioni, ma anche di fungere da collettore generale delle segnalazioni provenienti da tutte le fonti esterne che richiedono interventi mirati da parte degli organi info investigativi che agiscono sul territorio.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   GUIDESI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale 63 collega l'Appennino reggiano alla pianura, attraversando il territorio della provincia di Reggio Emilia dal comune di Reggio Emilia sino al nuovo comune di Ventasso, e passa nel territorio di numerosi comuni, tra i più importanti Casina e Castelnovo ne’ Monti; si tratta del principale asse viario nord-sud della provincia di Reggio Emilia;
   negli ultimi decenni, il tracciato è stato più volte implementato da gallerie, varianti e correzioni per renderne meno tortuoso il percorso;
   attualmente sulla strada statale 63 sono in corso i lavori della realizzazione della galleria Bocco-Casina che ricollegherà la strada a pochi chilometri dal tratto pianeggiante della statale;
   tuttavia, tali lavori non interessano la località La Bettola ove, a causa della presenza di una curva dal raggio molto ristretto, sono frequenti i blocchi del traffico veicolare, soprattutto nel caso di incrocio tra due mezzi pesanti;
   qualche decina di chilometri più a sud, nel comune di Castelnovo ne’ Monti, sono ancora in corso i lavori di completamento dell'ultimo tratto della variante cosiddetta di Ponte Rosso, che bypasserebbe il paese di Castelnovo;
   secondo notizie dei media, la provincia di Reggio Emilia nel recente passato, ha promesso di intervenire con circa un milione e mezzo di euro per portare a termine l'opera;
   sempre da notizie dei media sembra che ANAS spa abbia dichiarato il proprio impegno a collaborare con gli enti locali per la conclusione dei lavori e la manutenzione straordinaria dell'asse stradale;
   la strada statale 63 è un'infrastruttura importantissima per il territorio reggiano e viene utilizzata dalla grande maggioranza dei residenti per i propri spostamenti; le carenze strutturali dell'asse viario sottopongono i cittadini a gravi difficoltà e disagi –:
   quale sia lo stato dei lavori della variante di Castelnovo ne’ Monti e quale sia la data effettiva della fine dei lavori e della messa in esercizio della variante;
   se risulti al Governo che la provincia di Reggio Emilia o altro ente locale abbia stanziato o promesso risorse per l'intimazione dei lavori e, in caso affermativo, per quale importo, quando e a quale titolo;
   se sia prevista una modifica del tracciato in località La Bettola e, in caso affermativo, quali siano lo stato dell’iter del progetto e i relativi costi e quali sono i tempi previsti per la realizzazione dell'opera. (4-13256)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta, sulla base delle informazioni fornite dalla società ANAS interessata al riguardo.
  La strada statale 63 del valico del Cerreto, nel tratto compreso tra il chilometro 35+691 e il chilometro 105+000, collega la Toscana con la città di Reggio Emilia, attraversando l'Appennino reggiano.
  Come evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo nell'ultimo quinquennio, la suddetta statale è stata oggetto di considerevoli investimenti da parte dell'ANAS, tra i quali occorre segnalare i lavori di costruzione della variante all'abitato di Bocco, nel comune di Casina, i lavori di manutenzione straordinaria nei tratti tra le località Cà del Merlo e Croce, in comune di Castelnovo ne’ Monti ed i lavori di ripristino della sede stradale tra il chilometro 43+000 ed il chilometro 44+000 (sistemazione della frana di Collagna).
  Il primo intervento riguarda la costruzione di una nuova infrastruttura, prevalentemente in galleria, per uno sviluppo totale di 1560 metri i cui lavori sono stati consegnati nel mese di agosto 2013. L'investimento complessivo ammonta a oltre 48 milioni di euro interamente finanziati dall'ANAS; l'ultimazione dei lavori è prevista per la primavera del 2017.
  Gli interventi di manutenzione straordinaria tra le località Cà del Merlo e Croce, hanno riguardato l'ammodernamento e l'ampliamento di 5 lotti della strada statale 63, l'investimento complessivo per i tre appalti è stato di oltre 10 milioni di euro, interamente finanziati dall'ANAS e completati nel 2014.
  I lavori di sistemazione della frana di Collagna, consegnati a giugno 2015, prevedono interventi di messa in sicurezza della statale mediante allargamenti, posa in opera di nuove barriere di sicurezza e paramassi. L'investimento complessivo ammonta ad oltre 3,3 milioni di euro interamente finanziati dall'ANAS, i lavori saranno completati entro la fine di questo mese.
  Si segnala, inoltre, che l'ANAS nel marzo 2016 ha bandito la gara, in regime di accordo quadro, per lavori di manutenzione straordinaria degli impianti tecnologici della rete, in cui sono compresi anche i lavori di adeguamento impiantistico della galleria «Casina», situata lungo la strada statale 63, tra il chilometro 81+022 ed il chilometro 82+063, per una lunghezza pari a 1041 metri. La data di presentazione delle domande è scaduta il 3 maggio 2016 attualmente, sono in corso le ulteriori procedure di gara; l'importo complessivo dell'investimento ammonta a 8,8 milioni di euro.
  Per quanto concerne, la variante di Ponte Rosso, nel comune di Castelnovo ne’ Monti, si comunica che l'intervento rientra nella competenza esclusiva della provincia di Reggio Emilia che è anche la stazione appaltante dell'opera.
  Tuttavia la società ANAS, pur non essendo competente sulla realizzazione della citata variante ha, comunque, comunicato le seguenti informazioni assunte presso gli uffici provinciali.
  La nuova infrastruttura parte dal chilometro 69+150 della strada statale 63, in località La Croce e raggiunge il paese di Castelnovo né Monti innestandosi nuovamente sulla statale in corrispondenza della rotatoria esistente al chilometro 67+720, per un'estesa complessiva di circa 1,15 chilometri.
  L'intervento è stato suddiviso in due stralci funzionali: il 1o stralcio, completato nel 2015, avente una lunghezza complessiva di circa 660 metri, non è mai stato posto in esercizio. Il 2o stralcio, ancora da realizzare, ha un'estensione di circa 500 metri e, partendo dalla rotatoria di collegamento con il centro sportivo, consente il collegamento con il paese di Castelnovo ne’ Monti, in corrispondenza della rotatoria esistente al chilometro 67+720 della strada statale 63.
  Per detto stralcio la provincia ha riferito che la gara è stata bandita ma attualmente risulta sospesa e si presume di completare le procedure in modo da definire gli interventi per l'estate del 2017.
  In merito alla modifica del tracciato in località La Bettola, si evidenzia che l'intervento consiste in un adeguamento della statale 63 al fine di eliminare la tortuosità della strada statale. ANAS informa che è allo studio una soluzione tecnica in collaborazione con la provincia di Reggio Emilia per valutare le caratteristiche e la quantificazione dei lavori.
  Detto intervento potrà trovare attuazione compatibilmente con le risorse che verranno messe a disposizione della società medesima nei prossimi piani finanziari.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiGraziano Delrio.


   ANDREA MAESTRI, BRIGNONE, CIVATI, PASTORINO e MATARRELLI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   Fabrizio Pellegrini, noto pianista e pittore di Chieti, malato di artrite reumatoide in cura con la cannabis, dall'8 giugno 2016 è recluso presso il carcere di Chieti;
   la situazione in cui versa il musicista sembra possa rappresentare al meglio un grave vulnus arrecato all'effettivo godimento del diritto alla salute e della libertà personale;
   Pellegrini, in seguito all'arresto, è stato dipinto dalla stampa locale non come un malato bensì come un pericoloso spacciatore di droga: «Coltivava marijuana in casa per poi venderla: arrestato. Durante un'operazione antidroga, in manette è finito F.P., classe 1968, di Chieti, fermato nell'ambito di specifici servizi mirati alla prevenzione e al contrasto dello spaccio»;
   Pellegrini, ad avviso degli interroganti, a causa di una interpretazione peggiorativa delle norme di riferimento, ha visto per la sua persona le porte del carcere aprirsi più volte, in considerazione del fatto che la legge non gli garantisce, e non garantisce nessuno, un accesso sicuro al farmaco di cui necessita per curarsi. A peggiorare il quadro, nonostante il suo precario stato di salute, in quotidiano peggioramento, non usufruisce di pene alternative, mentre è ancora in attesa di giudizio, essendogli preclusi l'affidamento in prova, gli arresti domiciliari e pene alternative;
   Pellegrini è stato già più volte condannato nonostante le prescrizioni mediche per l'uso terapeutico di una sostanza derivante dalla cannabis, poiché anche una pianta detenuta in casa a scopi terapeutici è considerato un comportamento illegale. Ciò accade nonostante sia affetto da patologie che necessitano di cure con cannabis; molti altri cittadini malati come lui possono incorrere, poiché la situazione non è omogenea su tutto il territorio nazionale, in detenzione ed essere equiparati agli spacciatori, visto che le normative vigenti sono di controversa interpretazione e causano fatti gravi quali quelli sopra descritti –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   se non si ritenga necessario avviare una fase di studio della materia al fine di promuovere una riforma del Codice penale che consenta alle persone affette da patologie che necessitano di cure palliative, come quelle che richiedono l'uso della cannabis e dei suoi derivati, di non dover incorrere in denunce e pene detentive;
   se non ritengano urgente e necessario, in attesa della riforma assumere iniziative normative urgenti che chiariscano con certezza a tutti il fatto che l'autoproduzione di cannabis per «uso personale medico» non integra ipotesi di reato.
(4-13651)

  Risposta. — In riferimento alla vicenda di Fabrizio Pellegrini, rappresento di aver disposto accertamenti preliminari attraverso l'ispettorato e di aver chiesto specifica relazione al dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, con particolare riguardo alle condizioni del detenuto.
  Dagli elementi informativi pervenuti dalla procura generale presso la Corte d'appello de L'Aquila, risulta che al Pellegrini era stato notificato in data 29 aprile 2016 il provvedimento di carcerazione con contestuale sospensione dell'esecuzione e che, in assenza di richiesta di ammissione a misure alternative, il medesimo ordine era stato eseguito in data 8 giugno 2016.
  Risulta, altresì, che in data 1o agosto 2016 il magistrato di sorveglianza di Pescara ha concesso al Pellegrini, in via provvisoria ed in attesa della decisione del tribunale di sorveglianza de L'Aquila sull'istanza formulata soltanto il 19 luglio 2016, la misura della detenzione domiciliare, in atto dal giorno successivo.
  Dal provvedimento del magistrato di sorveglianza consta che Pellegrini è affetto da sindrome fibromialgica, ma che le condizioni di salute del predetto sono state ritenute compatibili con la detenzione.
  Nel rendere informativa nell'ambito della procedura pendente davanti al magistrato di sorveglianza, anche il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha evidenziato come il medico della struttura carceraria avesse escluso ipotesi di incompatibilità con il regime detentivo.
  Nella relazione trasmessa, il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha inoltre evidenziato come il Pellegrini sia stato visitato anche da un proprio sanitario di fiducia e che, in ragione delle condizioni di salute, il medesimo sia stato adeguatamente sostenuto sotto il profilo sanitario e psicologico.
  Non sono stati, pertanto, allo stato rilevati profili di trascuratezza nel trattamento detentivo del Pellegrini, nei cui confronti l'autorità giudiziaria, all'esito delle valutazioni rimesse alle proprie prerogative, ha emesso di recente il provvedimento di detenzione domiciliare sopra citato, bilanciando opportunamente il diritto alla salute con le modalità di esecuzione della pena.
  In generale, il potenziamento dell'assistenza sanitaria delle persone detenute costituisce una priorità attentamente perseguita dal mio Dicastero e all'approfondimento della materia è stato anche riservato uno specifico tavolo nell'ambito dei lavori degli stati generali, i cui esiti sono già oggetto di puntuali riflessioni destinate a tradursi in ulteriori misure migliorative.
  Quanto, infine, al titolo di reato per il quale il Pellegrini è stato condannato con sentenze irrevocabili, va rilevato che, come è noto, la normativa attuale sanziona le condotte di coltivazione di stupefacente, sebbene finalizzato all'uso personale e a quello terapeutico.
  Segnalo, tuttavia, in proposito, che la normativa vigente è stata costantemente interpretata dalla giurisprudenza nel senso che per la sussistenza del reato di coltivazione di piante stupefacenti non sia sufficiente l'accertamento della loro conformità al tipo botanico vietato, ma sia necessario accertare l'offensività in concreto della condotta.
  Essendo attualmente all'esame del legislatore la proposta di legge n. 3235 sulla legalizzazione della coltivazione, della lavorazione e della vendita della cannabis e dei suoi derivati, la quale prevede anche la disciplina della detenzione personale per finalità terapeutiche, è affidata alla dialettica parlamentare ogni ulteriore riflessione rispetto ai presupposti per l'incriminazione e alla congruità delle pene che derivano da tale incriminazione e poi dalla condanna.
Il Ministro della giustiziaAndrea Orlando.


   MELILLA, DANIELE FARINA, SANNICANDRO, QUARANTA, MATARRELLI, GIANCARLO GIORDANO, PIRAS e COSTANTINO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   i lavoratori precari della giustizia sono tirocinanti che da ben 6 anni prestano in maniera continuativa il proprio lavoro nelle cancellerie alle dipendenze del Ministero della giustizia (attraverso il ricorso a contratti di tirocinio formativo reiterati di anno in anno), apportando un contributo notevole, sopperendo in tal modo alla atavica carenza di organico che da ben 25 anni investe il settore giustizia;
   la funzione fondamentale svolta dai precari della giustizia è tanto più avvertita laddove si considerino le molteplici missive promananti dai Presidenti delle corti di Appello, tribunali, nonché dal presidente della Suprema Corte di Cassazione, che incoraggiano il Ministro della giustizia a valorizzare in maniera fattiva e concreta il percorso da loro svolto;
   trattasi, infatti, di soggetti più volte selezionati dallo stesso Ministero della giustizia (lavoratori in mobilità, cassintegrati, disoccupati o inoccupati e giovani laureati disoccupati o inoccupati) e da ultimo individuati attraverso la procedura concorsuale indetta con decreto interministeriale del 20 ottobre del 2015, emanato in attuazione dell'articolo 21 ter del decreto legislativo 27 giugno 2015 n. 83, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2015 n. 132, pubblicato sulla gazzetta ufficiale n. 257 del 4 novembre 2015, che prevede l'istituzione del cosiddetto ufficio del processo;
   la procedura permetteva di individuare 1502 tirocinanti da selezionare tra coloro i quali avevano già svolto il tirocinio di perfezionamento ex articolo 37, comma 11, del decreto legislativo 6 luglio 2011 n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011 n. 111;
   ad oggi, dunque, sono circa 1200 i precari della giustizia che, dopo aver superato la selezione pubblica di cui in parola, sono impegnati nelle cancellerie degli uffici giudiziari italiani per garantire il corretto funzionamento dell'istituito ufficio del processo e la cui attività lavorativa cesserà in data 30 novembre 2016;
   se alla base della scelta di operare uno scorrimento della graduatorie si pone la necessità di individuare personale valido – tenuto conto delle particolari esigenze connesse ai processi di razionalizzazione organizzativa e ai conseguenti fabbisogni di professionalità – non si comprende l'esclusione dalla procedura in oggetto della platea dei precari della giustizia che negli anni hanno arricchito il proprio bagaglio di competenze tecnico-professionali proprio nel settore giustizia, diventando così oltremodo idonei allo svolgimento delle mansioni di cui oggi si discute la razionalizzazione organizzativa;
   inoltre, se il ricorso a tecniche di mobilità e scorrimento delle graduatorie di concorsi indetti da altre pubbliche amministrazioni muove dal condivisibile intento di evitare un aggravio per la spesa pubblica dello Stato, così soddisfando i principi di economicità ed efficienza dell'azione della pubblica amministrazione, tale principio potrebbe trovare doppiamente attuazione attingendo la forza lavoro proprio nella platea dei precari della giustizia dal momento che, giova ribadirlo, trattasi di personale altamente qualificato che vanta anni di esperienza professionale maturata proprio nel settore dell'amministrazione giudiziaria, in quanto tali figure nascono con il precipuo intento di supportare il lavoro delle cancellerie in affanno –:
   se il Governo non ritenga opportuno rimeditare la propria posizione al fine di valorizzare e di tener in debito conto i precari della giustizia, soggetti nei cui confronti, lo Stato ha per anni investito le proprie risorse ricavandone un apporto fattivo e concreto per fronteggiare le disfunzioni della macchina giudiziaria.
(4-13931)

  Risposta. — L'interrogante chiede informazioni in ordine alle iniziative finalizzate alla stabilizzazione dei cosiddetti tirocinanti, da tempo impiegati, a vario titolo, presso gli uffici giudiziari, ed il cui status era, da tempo, in attesa di definizione.
  La ricerca di strumenti organizzativi a supporto degli uffici è stata una delle priorità del mio mandato e, in questa prospettiva, sono state, per la prima volta, rese disponibili risorse per assicurare staff di assistenza al magistrato.
  Nel delineato contesto ed al fine di risolvere una questione ormai stagnatasi a seguito di una serie di proroghe normative, si è ritenuto di poter inserire in un percorso professionalizzante anche coloro che stavano già effettuando gli stage presso le cancellerie, prevedendo – con il decreto-legge n. 83 del luglio 2015 – che tali soggetti possano partecipare, all'esito di una adeguata selezione e per un periodo di dodici mesi, all'ufficio per il processo, attribuendo loro, altresì, una borsa di studio mensile di 400 euro.
  Con successivo decreto interministeriale è stata, pertanto, indetta la procedura di selezione di 1.500 tirocinanti, all'esito della quale sono stati assegnati 1.231 posti a quanti si sono classificati in posizione utile nelle graduatorie; di questi, tuttavia, solo 1.115 si sono presentati effettivamente presso gli uffici di destinazione per sottoscrivere il progetto formativo.
  Alla luce di quanto premesso, mi preme sottolineare come non già di «precariato della giustizia» – come, ormai, viene definito tale fenomeno – si tratti, bensì di lavoratori già in mobilità, o in stato di disoccupazione, rispetto a lavori in precedenza svolti in altri settori.
  Si tratta, pertanto, di una realtà sociale certamente da considerare ed alla quale il Ministero della giustizia ha, con senso di responsabilità, riservato grande attenzione, prevedendo non una mera proroga dei tirocini già svolti, come in precedenza avvenuto, bensì un vero e proprio percorso professionalizzante, di durata maggiore rispetto ai precedenti e, soprattutto, con un riconoscimento finale.
  Lo svolgimento del tirocinio costituisce, infatti, titolo preferenziale nell'ambito di tutte le procedure concorsuali indette dalla pubblica amministrazione.
  La migliore risposta ai tirocinanti che, certamente, sono stati una risorsa per gli uffici giudiziari, va dunque cercata non in soluzioni transitorie – peraltro, allo stato, non percorribili a normativa vigente – ma in risposte che determinano la crescita di professionalità per una seria prospettiva di reinserimento nel mondo del lavoro.
  Uno specifico emendamento al decreto-legge sul processo amministrativo telematico, convertito con legge approvata dal Parlamento il 3 agosto 2016, opera in questa prospettiva, prevedendo l'assunzione a tempo indeterminato di 1.000 unità di personale amministrativo non dirigenziale nel Ministero della giustizia.
  Ulteriori unità potranno essere reclutate una volta completate le procedure di mobilità obbligatoria già avviate ai sensi dell'articolo 1, comma 425, della legge n.190 del 2014 e, contestualmente allo sblocco del turn over, sarà inoltre possibile riprendere le ordinarie capacità assunzionali.
  La legge prevede, inoltre, la possibilità di introdurre nuovi profili professionali, anche tecnici, fondamentali per la gestione delle spese di funzionamento degli uffici e la digitalizzazione avanzata.
  Nell'ambito dell'articolato programma di nuove assunzioni per la giustizia che si sta, in tal modo, delineando i tirocinanti potranno spendere il titolo e, soprattutto, le competenze acquisite.
Il Ministro della giustiziaAndrea Orlando.


   MICCOLI e VERINI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
   Samuele Landi, nato ad Arezzo il 21 agosto 1965, è stato sottoposto a procedimento per la bancarotta di Eutelia spa (dichiarazione di insolvenza del 26 maggio 2010);
   la bancarotta di Agile srl (dichiarazione di insolvenza del 20 aprile 2010) è stata dichiarata rispettivamente dal tribunale penale di Arezzo e di Roma;
   i reati ascritti, secondo l'accusa, erano stati commessi, nella qualità di presidente ed amministratore pro tempore delle suddette società, in concorso con gran parte dei membri della sua famiglia ed a soggetti che, a vario titolo, avevano ricoperto cariche societarie nelle predette aziende;
   il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Roma, in sede di indagini, su richiesta della procura della Repubblica, aveva emesso delle misure cautelari personali nei confronti di tutti gli indagati, compreso Samuele Landi;
   il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Roma, dottoressa Elvira Tamburelli, su richiesta della procura della Repubblica, in data 13 ottobre 2010, avendo ritenuto Samuele Landi irreperibile, pronunciava decreto di latitanza;
   il dottor Landi sembrava essersi trasferito presso gli Emirati Arabi e precisamente Dubai;
   i suddetti procedimenti sembrano essere iniziati in contumacia;
   nell'ambito del procedimento penale n. 276/07 RGNR e n. 1130/11 RG GIP (riunito al procedimento n. 775/10 RGNR, proc. n. 2614/10 GIP) il tribunale di Arezzo, in composizione collegiale, in data 20 aprile 2015 (sentenza n. 655/2015 depositata il 21 ottobre 2015) rilevando la responsabilità penale di Samuele Landi ha emesso una condanna a 9 anni di reclusione;
   oltre a quanto sopra, anche nell'ambito del procedimento penale n. 45548/2011 RGNR e n. 3290/2012 RG GIP, il tribunale penale di Roma, sezione 8 collegiale, in data 5 dicembre 2014 (sentenza n. 38400/014 depositata il 5 marzo 2015) rilevando una responsabilità penale dello stesso Landi ha emesso condanna per anni 6 di reclusione;
   nel medesimo procedimento, a causa delle conseguenze dei fallimenti, 750 lavoratori su 2000 si sono costituiti parte civile;
   per il citato Landi, oltre la condanna penale, è stato sentenziato il pagamento delle spese di lite e delle provvisionali, a favore dell'Amministrazione giudiziaria Agile srl e di ciascuno dei lavoratori costituiti in giudizio;
   stante l'irreperibilità del soggetto citato egli si è sottratto alla pena detentiva, nonché al pagamento delle provvisionali riconosciute ai lavoratori;
   avverso entrambe le sentenze di condanna è stata proposto appello dalla difesa dell'imputato rispettivamente alla cognizione della corte di appello di Firenze e alla corte di appello di Roma;
   per quanto attiene il processo di appello n. 5732/015 alla cognizione della sezione 2 della corte di appello, impugnazione depositata dalla difesa Landi nei termini di legge, è stata avanzata dal difensore-procuratore delle parti civili richiesta di fissazione di sollecita udienza;
   per l'esecuzione delle provvisionali «immediatamente esecutive» la fissazione dell'udienza, in gran parte dei casi, avviene in modo celere;
   nel caso in esame il presidente ha fissato udienza per il giorno 14 dicembre 2017 (tra circa un anno e mezzo);
   in permanenza dell'irreperibilità del Landi gli organi competenti hanno raggiunto un accordo di cooperazione giudiziaria tra il Ministero della giustizia e gli omologhi organi di Dubai;
   in tale accordo – firmato dal Ministro della giustizia Orlando a Dubai e nel quale rientrano le vicende penali dell'ex amministratore delegato di Eutelia – i due Paesi si impegnano alla reciproca collaborazione per ciò che riguarda l'applicazione delle condanne definitive, ma anche per le inchieste ed i processi in corso. Samuele Landi, infatti di ha già 2 condanne (non definitive ma solo di primo grado): nove anni ad aprile 2016, dal tribunale di Arezzo e sei anni da quello di Roma per il filone Agile. Inoltre, ci sono due ordini di custodia cautelare a suo tempo emessi su richiesta delle procure di Roma (ancora Agile) e Arezzo –:
   se il Ministro interrogato abbia posto in essere delle iniziative, per quanto di competenza, per dare seguito all'accordo bilaterale menzionato; in caso contrario, quali iniziative di competenza intenda intraprendere e con quali tempistiche.
(4-14077)

  Risposta. — Con l'atto ispettivo in esame, traendo spunto dal fallimento della AGILE srl e dalla conseguente condanna per il reato di bancarotta a carico di Samuele Landi, l'interrogante chiede al Governo di indicare le ragioni per cui l'accordo di cooperazione giudiziaria con gli Emirati Arabi Uniti non sia stato ancora reso esecutivo e quali iniziative intenda intraprendere per la sua attuazione.
  Il potenziamento degli strumenti di cooperazione giudiziaria rappresenta una delle priorità del Governo. Infatti, nella consapevolezza dell'importanza sempre crescente di tali strumenti, è stata istituita presso il Ministero della giustizia una Commissione ad hoc, per dare un contributo tecnico-scientifico ai lavori parlamentari che hanno condotto al varo della riforma del Libro XI del codice di procedura penale.
  Inoltre, il Governo si è impegnato sia sul versante europeo, recependo numerose ed importanti direttive e decisioni quadro che da anni attendevano di essere concretamente applicate, sia ampliando la rete di cooperazione giudiziaria con Paesi terzi di importanza strategica.
  L'estensione della rete della cooperazione è stata realizzata, innanzitutto, ripristinando la figura dei magistrati di collegamento in Paesi cruciali per la criminalità organizzata ed il terrorismo: dopo la nomina del magistrato di collegamento in Francia, è seguita recentemente quella del magistrato di collegamento in Albania ed è in corso la procedura di selezione per il magistrato di collegamento con il Marocco; inoltre, è stata avviata un'intensa campagna di negoziati per la conclusione di trattati bilaterali con diversi Stati tra i quali anche gli Emirati Arabi.
  L'accordo con gli Emirati – preme ribadirlo – è stato sottoscritto proprio su iniziativa italiana, nella consapevolezza dell'importanza strategica del Paese.
  L'indiscutibile necessità di potenziare gli strumenti della cooperazione giudiziaria deve, tuttavia, mantenere un imprescindibile e saldo ancoraggio con i valori fondamentali del nostro ordinamento, così come sanciti dalla Costituzione e interpretati dalla Corte Costituzionale.
  Per questa ragione, sono attualmente in corso approfondite riflessioni volte ad individuare formulazioni normative che possano permettere la ratifica dell'accordo nel rigoroso rispetto dei principi fondamentali del nostro ordinamento.
Il Ministro della giustiziaAndrea Orlando.


   MOLTENI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nelle prime ore del mattino del 10 ottobre 2015; nel centro di Cantù ha avuto luogo una sparatoria, in seguito alla quale un giovane di 23 anni è rimasto ferito;
   stando alle prime frammentarie ricostruzioni dei fatti, il giovane ferito sarebbe originario di Novedrate, non sarebbe stato soccorso da alcuna ambulanza ed avrebbe invece raggiunto l'ospedale di Sant'Antonio Abate con mezzi privati;
   dell'accaduto girano diverse versioni;
   secondo alcuni, ad esempio, la sparatoria avrebbe interessato due auto in corsa; altri hanno invece parlato di una rissa, al termine della quale una persona avrebbe estratto una pistola, esplodendo almeno due colpi; ulteriori testimoni hanno altresì riferito di un giovane in panetteria, che sarebbe stato bloccato e colpito all'uscita del negozio;
   un canturino residente nella zona dei fatti, infine, ha riferito ai cronisti di un quotidiano locale di aver sentito 5 o 6 spari in rapida successione e poi visto una macchina allontanarsi a gran velocità in una via deserta;
   la sensazione è che la sparatoria sia rientrata nell'ambito di un regolamento di conti, che attesta il degrado in cui sono sprofondate le condizioni di sicurezza a Cantù –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione alla dinamica e alla matrice degli eventi che hanno interessato Cantù nelle prime ore del 10 ottobre 2015;
   che misure il Governo intenda assumere per arginare il degrado delle condizioni di sicurezza a Cantù ed in particolare se e quando conti di rinforzare i locali presidi delle forze di polizia. (4-10726)

  Risposta. — L'episodio cui fa riferimento l'interrogante è relativo ad un conflitto a fuoco verificatosi a Cantù, nelle prime ore del mattino del 10 ottobre 2015, dinanzi ad una panetteria dove almeno tre soggetti hanno esploso alcuni colpi di arma da fuoco nei confronti di un giovane di origini calabresi, successivamente trasportato presso il locale ospedale per lesioni.
  In tale circostanza un secondo giovane di origini argentine, residente a Como, è stato ferito lievemente alla gamba destra. Quest'ultimo, in autonomia, ha raggiunto il pronto soccorso dell'ospedale S. Anna di Como per affidarsi alle cure sanitarie del caso.
  Gli elementi acquisiti dagli organi di polizia mettono in evidenza che la vicenda in questione probabilmente ha avuto inizio da una lite tra persone di origine calabrese innescatasi nel discopub «Spazio Renoir», dove entrambi i feriti lavoravano, e non appare riconducibile ad attività della criminalità organizzata o a controversie tra bande rivali.
  La dinamica dell'episodio è comunque tuttora in corso di accertamento da parte degli organi di polizia, coordinati dalla direzione distrettuale antimafia di Milano, che, a seguito dello svolgimento delle prime indagini da parte della procura della Repubblica di Como, ha avocato a sé il fascicolo processuale.
  Dal punto di vista amministrativo, invece, sono in corso verifiche sulla posizione dei due soggetti feriti, al fine di accertare se gli stessi svolgessero l'attività di «buttafuori» presso il locale in questione e fossero regolarmente iscritti nell'apposito registro prefettizio.
  Parimenti, sono in corso anche accertamenti amministrativi sul locale notturno coinvolto, allo scopo di valutare la sussistenza dei presupposti per l'adozione di un eventuale provvedimento di sospensione o revoca della licenza.
  Per quanto riguarda la situazione del presidio territoriale della forze di Polizia, si rappresenta che a Cantù opera una compagnia dell'Arma dei carabinieri dalla quale dipende un nucleo operativo e radiomobile e una stazione con una forza complessiva di 45 militari ritenuti adeguati alle esigenze di ordine e sicurezza pubblica di quel territorio.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   MUCCI, ARTINI, BALDASSARRE, BARBANTI, BECHIS, PRODANI, RIZZETTO e TURCO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 20 ottobre 2015, poco prima delle 7, hanno preso avvio a Bologna le operazioni per sgomberare l'ex palazzo Telecom di via Fioravanti, occupato dal 4 dicembre 2014 da un'ottantina di famiglie: 280 persone, di cui un centinaio minorenni;
   alle 14 le operazioni di sgombero sono iniziate effettivamente, materialmente, veementemente, dopo il fallimento della mediazione tentata dal comune per trovare una sistemazione per le famiglie con bambini che avevano striscioni con slogan del seguente, civile, tenore: «Vogliono una casa, non accoglienza»;
   sono stati impiegati ben 8 blindati e le forze dell'ordine, a giudizio degli interroganti, hanno limitato il diritto costituzionale di libertà di circolazione a tutti i cittadini, non solo ai manifestanti, chiudendo la strada al libero transito;
   i mezzi messi in campo appaiono obbiettivamente sproporzionati per eccesso, esagerati, poiché moltissimi agenti e carabinieri sono stati occupati: circa duecento, di fatto quasi uno per occupante;
   numerosi occupanti, tra i più giovani, sono saliti sul tetto: inizialmente solo in 30, poi aumentati sino a 150, alcuni portando con loro i propri bambini;
   si sono limitati a manifestare sonoramente mediante battitura delle inferriate e ringhiere cantando slogan civili e rispettosi della pacifica ed ordinata convivenza sociale, del seguente tenore: «Mai più senza casa», mentre i bimbi rimanevano affacciati alle finestre;
   alle 7,40 i militari, indossando addirittura la tenuta antisommossa, sono entrati nello stabile, seguiti a breve dai vigili del fuoco;
   l'assessore al welfare, Amelia Frascaroli, ha potuto conoscere e seguire tutte le operazioni dai vicini uffici comunali siti in piazza Liber Paradisus;
   alle 8,40 entrano in campo, finalmente, le figure istituzionali, le persone più idonee, appropriate e opportune per governare la situazione che si è venuta a creare. Ci si riferisce al personale dei servizi sociali, presenti sul posto sin dall'alba;
   agli eventi era presente anche il procuratore della Repubblica presso il tribunale dei minori, Ugo Pastore;
   l'impiego degli oltre 200 agenti e carabinieri, un numero, a giudizio degli interroganti, obiettivamente sproporzionato per la missione da svolgere, lo sgombero dell'edificio ex Telecom, ha causato il ferimento di due manifestanti;
   a causa di un approccio non certo idoneo e appropriato a dare soluzione pacifica alla vicenda, imputabile innanzitutto ai detentori in monopolio legale dell'uso della forza, gli agenti di polizia, vi sono stati, come già sopra detto, due feriti tra i manifestanti;
   venuti a conoscenza dei fatti, alle 7,30 circa, all'angolo fra via Fioravanti e via Zampieri sono arrivati pochi esponenti (una trentina circa in totale) di cittadini che frequentano centri sociali e collettivi per portare la propria solidarietà agli occupanti;
   il gruppo che sosteneva lo striscione «I sorrisi dei bambini non si sgomberano» è stato allontanato a forza delle operazioni da un cordone di forze dell'ordine, che alle 8,20 completava quella che agli interroganti appare un'opera di censura della libera manifestazione del pensiero;
   a causa di questa prepotenza legalizzata, ci sono stati attimi di tensione e sono stati inferti colpi di manganello ai danni dei manifestanti stessi, vola qualche manganellata;
   un secondo momento di tensione si è avuto, poi, intorno alle 9 dovuto ad atti in reazione alla violenza della polizia esercitata sui manifestanti, a giudizio degli interroganti atti di difesa legittima da parte dei cittadini incomprensibilmente attaccati, invece che difesi, dalle forze dell'ordine per garantire il diritto costituzionale contenuto all'articolo 21, oggetto della prima pronuncia della Corte costituzionale, la sentenza n. 1 del 1956 che statuiva, espungendo dall'ordinamento giuridico le leggi fasciste per adeguarlo al nuovo, il superiore valore normativo contenuto negli articoli della Costituzione e che si ricorda qui solo incidentalmente perché, come ammoniva Cicerone, «Chi non conosce il proprio passato non avrà alcun futuro davanti a sé», così statuiva: «Dichiara l'illegittimità costituzionale delle norme contenute nei commi 1, 2, 3, 4, 6 e 7 dell'articolo 113 del T.U. delle leggi di p.s. approvato con decreto 18 giugno 1931, n. 773 – per la violazione delle quali la sanzione penale è preveduta dall'articolo 663 Cod. pen. modificato con l'articolo 2 del decreto legislativo 8 novembre 1947, n. 1382 – e di conseguenza dell'articolo 1 del decreto legislativo 8 novembre 1947, n. 1382, salva la ulteriore disciplina per l'esercizio del diritto riconosciuto dall'articolo 21 della Costituzione.»;
   gli atti di legittima difesa in replica alle manganellate dei poliziotti si sono limitati a un lancio di pile, batterie, arance e sputi verso i poliziotti. Si ripete: le forze dell'ordine hanno ferito due manifestanti, che si sono resi responsabili di sputi e di lancio di arance, di colpi di pile e batterie;
   fortunatamente i medici presenti non hanno violato il giuramento di Ippocrate. Fortunatamente qualcuno in quella mattinata violenta ha adempiuto i propri doveri e, quasi subito dopo il ferimento da parte degli agenti che avrebbero dovuto proteggerli e tutelarli nel legittimo svolgimento di attività costituzionalmente garantite e tutelate, sono stati medicati dall'ambulanza presente in zona e poi portati al pronto soccorso;
   nel frattempo all'interno dell'edificio era in corso una trattativa con gli occupanti. I servizi sociali del comune e il comandante della polizia municipale, Carlo Di Palma, tentavano di convincere le donne presenti con bambini che nessun nucleo con minori sarebbe rimasto in strada. Promettevano ospitalità in strutture alternative, ma le famiglie, non sufficientemente garantite da mere parole, che notoriamente volano al vento, non accettavano;
   in conseguenza di ciò, in via Fioravanti si registrava una situazione di stallo;
   all'esterno la situazione rimaneva stabile, mentre all'interno proseguivano le trattative e sul tetto rimanevano gli occupanti;
   poco dopo, all'ora di pranzo, alla presenza dell'assessore Frascaroli le rassicurazioni sono state espresse in modo più netto e soprattutto in modo pubblico e formale durante una conferenza stampa. «Siamo in grado di garantire l'accoglienza per le famiglie con minori e le persone con fragilità», hanno affermato le autorità, in particolare Adele Mimmi, direttore del dipartimento benessere di comunità, e Annalisa Faccini, responsabile del servizio sociale minori del comune;
   a loro dire la soluzione sarebbe potuta arrivare «entro sera», assicuravano, e i nuclei familiari non sarebbero stati divisi, secondo le parole dette che si riportano: «Sono pronte tutte le risorse per garantire l'accoglienza», assicura Mimmi. «Oltre all'ex Galaxy (una parte è possibile che sia ospitata nella struttura), il Comune sta valutando anche altri edifici per l'accoglienza»;
   si riportano alcuni passaggi della lettera scritta da alcuni studenti delle medie dell'Ic7, compagni di classe di alcuni bambini stranieri asserragliati dentro l'ex Telecom, che sono stati avvisati dai loro amichetti quando è arrivata la polizia: «Mohamed resisti». «Non si possono sgomberare delle case con bambini e malati dentro, almeno prima dovrebbero avere una casa dal Comune». «Ci hanno chiesto di venire qui perché li stavano cacciando di casa», raccontano. «Li sgomberano perché vivono lì senza permesso, ma solo perché sono poveri», continua la lettera: i ragazzini «hanno pensato di scriverla per spiegare ai loro compagni e alla scuola cosa stesse succedendo», ha spiegato la loro insegnante di italiano, Fabiana Busisi, anche lei presente sul luogo insieme a una collega. Assieme alla lettera c'era anche un disegno che ritraeva un bambino che si protegge dalle manganellate di un poliziotto. «Mohamed resisti, ci vediamo a scuola», urlavano la maestra e i bambini verso le finestre dell'ex Telecom;
   la decisione del tribunale del riesame che rendeva esecutivo il sequestro dello stabile ora di proprietà di un fondo privato risale al marzo 2015;
   quello descritto è il terzo sgombero avvenuto in pochi giorni, dopo quello del collettivo Lgbt Atlantide dal Cassero di porta Santo Stefano e quello di una ventina di persone da via Solferino 42. Per dimensioni, però, e per la numerosa presenza di minori (durante i mesi di occupazione sono state diverse le nascite registrate fra le famiglie occupanti) quella effettuata all'ex Telecom non ha paragoni né precedenti;
   occorrerebbe verificare l'utilizzo passato dei fondi da parte dell'amministrazione comunale felsinea poiché appare letteralmente incredibile il fatto che si sia giunti a un degrado e un'incuria tali da parte degli amministratori che hanno provocato simili situazioni, considerato che il comune ha scelto di lasciar vivere una «pluralità di nuclei familiari» con 22 minori sotto i 10 anni, 4 neonati, 3 disabili gravi e 6 ultra 75enni in una abitazione occupata, obtorto collo, abusivamente piuttosto che garantire loro il diritto all'abitazione in alloggi popolari attingendo alle abitazioni che fanno parte del sin troppo esteso patrimonio pubblico, ben ricco anche a Bologna, preferendo assumere decisioni, a giudizio degli interroganti, assolutamente insufficienti che, alcuni casi, hanno creato dei ghetti, e sono state potenzialmente causa di successivi, ulteriori, esecrabili episodi –:
   se i fatti narrati in premessa trovino conferma e quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intendano assumere per valutare esattamente il numero di persone che versano nella condizione di emergenza abitativa, al fine di poter definire un piano emergenziale per famiglie e le persone che non hanno una casa, individuando fondi mediante una migliore allocazione delle risorse, anche in prospettiva della presentazione del disegno di legge di stabilità, provvedimento opportuno e adatto a dare soluzione a questi problemi, poiché i diritti costano ed il Governo ha l'obbligo di reperire le risorse, utilizzando al meglio i proventi di tasse imposte e contributi pagati dalla collettività per garantire almeno i diritti vitali e naturali, come il diritto alla abitazione a qualsiasi essere umano;
   a quanto sia ammontato il costo per le casse pubbliche, alimentate dal prelievo di tasse, imposte e contributi operato dallo Stato nei confronti dei cittadini, in termini non solo economici ma anche di impiego inutile e dannoso di uomini delle forze dell'ordine, oltre che in termini di mezzi, come auto, camionette, strumentazione ed equipaggiamenti. (4-10837)

  Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame, in oggetto, occorre premettere che ormai da diverso tempo Bologna è interessata da occupazioni abusive di immobili ad opera di alcuni movimenti antagonisti. La questione è stata affrontata in diverse riunioni del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica dedicate sia al fenomeno nel suo complesso che ai singoli casi di occupazione.
  In tali riunioni si è pervenuti, d'intesa con gli organismi competenti, alla definizione dei criteri per l'esecuzione dei provvedimenti di sgombero ai quali fa riferimento l'interrogante, stabilendo di dare priorità all'esecuzione dei provvedimenti di sequestro dell'autorità giudiziaria e dopo di tenere conto, quale ulteriore criterio, del carattere socio-politico o «abitativo» dell'occupazione.
  Riguardo a quest'ultimo aspetto, si è convenuto sull'esigenza di adottare una procedura accelerata per quegli sgomberi non incidenti su situazioni a carattere «abitativo» e connotati da un basso numero di occupanti, oltreché da condizioni favorevoli di intervento sotto il profilo della logistica, dell'ubicazione e della conformazione dei locali occupati.
  Per gli sgomberi caratterizzati dalla presenza di famiglie e di minori o da un consistente numero di occupanti, è stata prevista l'adozione di particolari misure e cautele da concordare di volta in volta con gli enti interessati, segnatamente con i servizi sanitari, i vigili del fuoco, i servizi sociali e la procura presso il Tribunale dei minorenni.
  Ciò è quanto avvenuto anche in occasione dello sgombero citato nell'interrogazione, che ha riguardato lo stabile ex-Telecom in via Fioravanti, occupato da nuclei familiari di cittadini extracomunitari sostenuti da attivisti dei centri sociali e della sinistra radicale; sgombero che è stato preceduto da un'apposita riunione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica aperto alla partecipazione anche dei predetti organismi.
  Quanto ai dettagli di questa operazione, avvenuta lo scorso 20 ottobre, si rappresenta innanzitutto che, nell'occasione, gli operatori in servizio di ordine pubblico hanno dato esecuzione all'ordinanza di sequestro preventivo disposta dal tribunale del riesame di Bologna, in data 2 marzo 2015.
  Verso le 7 del mattino, le forze dell'ordine hanno aperto un varco nell'ingresso principale dell'immobile e hanno trovato sulle terrazze dell'edificio una cinquantina di persone, tra occupanti e attivisti del « Social Log», provviste di pneumatici, bottiglie, mazze di ferro e bombole di gas.
  Contestualmente, due note attiviste dello stesso sodalizio, assieme a un centinaio tra donne e bambini, si sono barricate in un'ala del primo piano.
  A partire dalle 7,30 circa, un centinaio di attivisti (divenuti circa trecento nel corso del pomeriggio) appartenenti ad altri gruppi e collettivi della città (Crash, C.U.A., ASIA-Usb, Ross@ Bologna, xm24, Hobo, Labas e T.P.O.) si sono radunati, all'esterno della struttura, ove sono stati bloccati dal personale operante.
  I manifestanti hanno tentato di accedere all'interno della struttura occupata, ma sono stati respinti dal servizio di ordine pubblico. Nella circostanza, due manifestanti hanno riportato lesioni con 5 giorni di prognosi.
  Constatata la presenza di nuclei familiari con minori, è stato chiesto l'intervento dei servizi sociali del comune di Bologna – già preavvisati – che hanno provato invano a convincere gli occupanti ad accettare il piano di ricollocazione predisposto dalla amministrazione comunale, che nei giorni precedenti lo sgombero aveva già individuato delle strutture destinate a dare una risposta alloggiativa ai nuclei familiari. Anche il procuratore capo della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, intervenuto sul posto verso le 11, ha fatto un analogo tentativo, anche questa volta senza esito.
  Risultato vano ogni tentativo di mediazione, gli operatori delle forze dell'ordine hanno proceduto allo sgombero, nel corso del quale un funzionario di polizia ha riportato la frattura di un dito della mano, guaribile in 21 giorni.
  Gli operatori sono poi saliti sul terrazzo del secondo piano dell'immobile, ma non sono riusciti ad andare oltre perché erano state rimosse le scale a muro (riservate agli interventi sugli impianti) grazie alle quali gli occupanti erano saliti sul terrazzo sovrastante.
  Verso le 19 anche le persone sul terrazzo si sono allontanate dalla struttura.
  Durante tutte le fasi dell'intervento sono stati presenti operatori sanitari che, su richiesta delle Forze di polizia, sono intervenuti più volte per prestare soccorso, nonché funzionari dell'Assessorato ai servizi sociali del comune di Bologna, che hanno assistito gli occupanti e avviato le procedure per la loro presa in carico.
  Al riguardo, si evidenzia che nella stessa sera del 20 ottobre le famiglie occupanti con ottantatré minori hanno tutte trovato accoglienza in alloggi messi a disposizione dal comune (ventidue famiglie presso il residence acquisito dall'I.N.AI.L. e ulteriori ventitré in altre strutture ricettive di proprietà comunale e alberghiere), mentre trentatré adulti singoli sono stati ospitati all'asilo notturno «Beltrame» e nove – in condizioni di vulnerabilità – in alberghi della città.
  Sino a qui la ricostruzione dei fatti, dalla quale emerge la sostanziale correttezza dell'operato delle pubbliche autorità, che si ritiene abbiano bilanciato i vari interessi sociali in gioco in maniera corretta e conforme alle disposizioni di legge, assicurando anche un'idonea sistemazione alloggiativa ai più disagiati e bisognosi di tutela.
  Più in generale e in risposta alle altre questioni sollevate con l'interrogazione, si rappresenta che la città di Bologna è da sempre protagonista di consistenti forme di attivismo nell'occupazione di immobili pubblici e privati da parte dei centri sociali antagonisti. Si tratta per io più di edifici non ristrutturati né utilizzati dalle rispettive proprietà, che vengono adibiti alla realizzazione di attività politiche, sociali e ludiche.
  Negli ultimi anni, il fenomeno ha assunto connotati diversi a causa della crisi economica. Molti lavoratori sono andati in cassa integrazione o hanno perso il posto di lavoro. La conseguente significativa riduzione del reddito ha compromesso la capacità di molti di loro di far fronte ai costi di locazione e ha assoggettato molti nuclei familiari, soprattutto stranieri, a provvedimenti di sfratto esecutivo.
  In questo contesto si sono venute ad inserire i centri sociali e le organizzazioni sindacali come ASIA-USB, che hanno organizzato le famiglie sfrattate guidandole nell'occupazione di diversi immobili vuoti.
  In tal modo, all'interno di caserme dismesse dall'esercito oppure di scuole e banche abbandonate, sono stati realizzati dei veri e propri alloggi. Spesso queste occupazioni sono avvenute con il supporto di attivisti del collettivo «Social Log», un'aggregazione sorta alla fine del 2013 – composta da esponenti dei gruppi sociali Crash e Collettivo universitario autonomo – che negli ultimi tempi si è distinta per l'attenzione alla problematica abitativa di persone in difficoltà economiche.
  Per fronteggiare il fenomeno dell'emergenza abitativa connessa all'aumentato numero di sfratti per morosità incolpevole, nel novembre del 2014 è stato rinnovato, per un ulteriore biennio, un protocollo di intesa promosso dalla locale prefettura e sostenuto dalla regione Emilia Romagna e dal Comune di Bologna, che ha consentito ad alcune centinaia di nuclei familiari di accedere – in particolare nella città capoluogo – alle misure di attenuazione del disagio abitativo ivi previste.
  Nello stesso mese di novembre 2014, è stato sottoscritto un ulteriore protocollo sperimentale con il comune di Bologna per verificare la possibilità di risposta alle esigenze di protezione abitativa attraverso la messa a disposizione del patrimonio pubblico e privato inutilizzato.
  Nel quadro di questo atto, il comune ha concluso con INAIL un accordo che gli ha consentito di acquisire un immobile, già adibito a residence, da utilizzare per l'emergenza abitativa e in grado di accogliere (per un biennio) fino ad un massimo di 95 nuclei familiari, inclusi quelli con minori o in situazione di particolare fragilità presenti negli immobili occupati.
  Si soggiunge che, nel corso di specifici incontri tenuti presso la prefettura di Bologna, è emerso che l'INPS può conferire alle amministrazioni comunali una quota pari al 60 per cento del proprio patrimonio immobiliare da reddito e, a tal riguardo, sono già in atto interlocuzioni con l'ente competente. Il comune di Bologna acquisirebbe, nella misura suindicata, gli immobili liberi presenti in città, proponendosi quale intestataria del contratto di locazione a canone «calmierato» con finalità sociali legate alla gestione della predetta emergenza.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   PALMIZIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 7 marzo 2015, le organizzazioni sindacali della Polizia di Stato di Rimini, per la prima volta in maniera unitaria, hanno previsto una manifestazione cittadina, a causa della mancata realizzazione della nuova questura;
   l'incontro, che prevede un dibattito pubblico, è finalizzato ad informare la grave situazione logistica in cui si trovano gli uffici attuali, frazionati in più sedi, che non sono più nelle condizioni di garantire i parametri minimi di idoneità e sicurezza e pertanto, la possibilità per gli operatori di sicurezza, di svolgere nel migliore dei modi, il loro servizio volto a tutelare e garantire la sicurezza dei cittadini riminesi;
   il documento informativo delle medesime organizzazioni, ricorda inoltre come a distanza di vent'anni dall'istituzione della questura di Rimini, nessuno è riuscito a realizzare una sede dignitosa per i poliziotti che lavorano nella medesima città e riporta inoltre, che mentre le condizioni logistiche siano rimaste sostanzialmente immutate, quando Rimini era considerata solo un commissariato distaccato della questura di Forlì, oggi invece la stessa città ha raggiunto i primi posti delle statistiche in cui vengono commessi più crimini come riportato recente anche dal quotidiano Il Sole 24 ore;
   ulteriori profili di criticità che evidenzia il manifesto informativo, si riscontrano anche dall'aumento demografico rilevato nel territorio della provincia di Rimini, a partire dall'anno 2009, che ha inglobato ulteriori sette comuni, con una conseguente esigenza di potenziare la dotazione organica del personale di pubblica sicurezza, che nel corso degli anni si è addirittura ridotta;
   a giudizio dell'interrogante, quanto suesposto, rappresenta la conferma di come l'azione del Governo ed in particolare del Ministro interrogato, in tema di sicurezza e di miglioramento delle infrastrutture relative ai presidi di polizia, sia lenta ed insufficiente rispetto alla situazione di estrema gravità in cui si trova non soltanto la suesposta città di Rimini, ma l'intero Paese;
   i recenti e allarmanti dati pubblicati dal Censis, relativi all'aumento esponenziale del numero dei furti nelle abitazioni, che ha raggiunto livelli mai verificatisi in precedenza, evidenzia a tal fine, a parere dell'interrogante, i ritardi del Ministro interrogato nell'introdurre significative misure di prevenzione e di contrasto per i fenomeni delinquenziali di vario genere, che accrescono i sentimenti di disagio e preoccupazione all'interno della comunità nazionale –:
   quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato, con riferimento a quanto esposto in premessa;
   quali siano i motivi che hanno portato alla mancata realizzazione della nuova questura di Rimini, in considerazione dei livelli di criticità e di emergenza in precedenza richiamati, dalle organizzazioni sindacali della Polizia di Stato, che richiedono l'esigenza di migliorare le condizioni di tutela e sicurezza della comunità locale riminese, anche attraverso l'esecuzione di nuove strutture operative;
   quali misure infine intenda porre in essere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di migliorare il sistema della logistica e della funzionalità della questura riminese, le cui rappresentanze sindacali, che hanno peraltro già inviato una richiesta d'incontro con i vertici del Viminale, non sono più disposte a tollerare i livelli di precarietà e inefficienza in cui operano attualmente. (4-08277)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame si chiedono al Ministro dell'interno iniziative volte ad individuare la nuova sede della questura di Rimini.
  Si premette che il problema è costantemente seguito dall'Amministrazione dell'interno che, nel corso del tempo, ha percorso più di un'ipotesi di soluzione.
  In particolare, di recente, il comune ha nuovamente proposto, dopo varie interruzioni, l'utilizzazione del complesso immobiliare di proprietà della DA.MA. s.r.l., per la cui locazione erano state avviate trattative sin dallo scorso decennio.
  Al tema è stata dedicata, nello scorso mese di gennaio, un'apposita riunione a cui hanno partecipato tutti gli enti interessati tra i quali anche l'INAIL, quale potenziale acquirente e locatario dell'immobile.
  In tale sede, sono emersi seri ostacoli alla fattibilità dell'operazione, in quanto né la società proprietaria, che è in stato di dissesto finanziario, né l'Amministrazione dell'interno dispongono dei fondi necessari al completamento della struttura. Tale completamento, secondo quanto precisato dall'agenzia del demanio, costituisce condizione imprescindibile per l'alienazione dell'immobile all'INAIL.
  Una seconda ipotesi percorsa da questa Amministrazione ha riguardato un immobile di proprietà dell'INPS, sito in via Alberto Dalla Chiesa, alla cui locazione il dipartimento della pubblica sicurezza ha già dato l'assenso di massima.
  Tale soluzione, tuttavia, non consentirebbe l'allocazione di tutti gli uffici della questura, ad oggi situati in diverse sedi distribuite sul territorio cittadino. Peraltro, lo stabile richiede alcuni interventi di adattamento alle esigenze della Polizia di Stato, che al momento questo Ministero non è in grado di finanziare.
  Si è in attesa, comunque, di conoscere la disponibilità della proprietà a farsi carico della spesa relativa a tali interventi.
  L'Amministrazione sta prendendo in considerazione anche la locazione di un immobile ubicato in piazza Bornaccini, che permetterebbe la sistemazione logistica di tutta la questura in due soli edifici.
  Anche in questo caso, si è in attesa di conoscere la disponibilità della società proprietaria ad effettuare i lavori di adeguamento funzionale e ristrutturazione.
  Nelle more, il dipartimento della pubblica sicurezza ha redatto una bozza progettuale di utilizzo dell'immobile, in modo da consentire alla proprietà di verificare la fattibilità degli adattamenti richiesti.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   GIANLUCA PINI, MOLTENI, FEDRIGA, GUIDESI e GIANCARLO GIORGETTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   stando a quanto riportato da un noto quotidiano nazionale, ottanta bambini che frequentano la scuola primaria nel comune di Molinella, nei pressi di Bologna, sarebbero in procinto di recarsi in gita a Ravenna;
   obiettivo della gita a Ravenna non sarebbero però i monumenti d'epoca romano-bizantina o la tomba di Dante Alighieri, ma la locale moschea, nella quale è previsto che i bambini trascorrano l'intera giornata con l'imam;
   la gita degli ottanta bambini verrà pagata dall'associazione islamica denominata «La Speranza»;
   obiettivo della visita alla moschea e della lunga permanenza al suo interno sarebbe l'illustrazione delle modalità di preghiera alle quali i musulmani si attengono;
   non risulta che nei Paesi musulmani vi siano iniziative simili volte a far conoscere ai bambini islamici le modalità in cui si svolgono i riti cristiani –:
   se il Governo ritenga o meno la visita di una scolaresca elementare ad una moschea e la permanenza al suo interno per molte ore della giornata delle attività conformi agli obiettivi educativi dell'istruzione pubblica del nostro Paese;
   se il Governo sia a conoscenza di eventuali visite della stessa scolaresca ad altri luoghi di culto cristiano-cattolici o ebraici;
   se costituisca una prassi accettare il pagamento da parte di terzi delle spese connesse all'effettuazione di una gita scolastica;
   se il Governo non ritenga opportuno intervenire per evitare che la visita degli 80 alunni di Molinella alla Moschea di Ravenna abbia luogo. (4-12829)

  Risposta. — Con riferimento all'interrogazione in esame, vertente sulla prevista gita a Ravenna degli alunni che frequentano la scuola primaria del comune di Molinella, acquisiti gli elementi dall'ufficio di ambito territoriale competente per territorio e preso inoltre atto della relazione fornita dal dirigente scolastico interessato, si rappresenta quanto segue.
  Il giorno 12 aprile 2016 gli alunni delle classi 5o della scuola primaria dell'istituto comprensivo di Molinella (BO) si sono recati in visita d'istruzione scolastica al Centro di cultura e studi islamici della Romagna, sito presso la moschea di Ravenna, accompagnati dai docenti titolari delle rispettive classi in servizio presso l'istituto e da alcuni genitori degli allievi, che hanno accolto con vivo interesse l'invito degli insegnanti a partecipare alla visita d'istruzione.
  All'incontro presso il Centro di cultura ha partecipato anche il sindaco della città di Ravenna che ha accolto i partecipanti, rivolgendo un discorso di benvenuto ai ragazzi.
  Tale visita d'istruzione rientrava in un ciclo di attività programmate ed è stata preceduta da altre visite d'interesse culturale condotte presso la Città del Vaticano, a Roma il 16 dicembre 2015 con udienza presso Sua Santità; presso la Comunità ebraica con visita guidata alla sinagoga ed al museo della civiltà ebraica di Bologna in data 5 aprile 2016 e successivamente in data 3 maggio 2016. Le iniziative didattiche sono state predisposte nell'ambito delle attività auricolari di approfondimento delle tematiche storiche e culturali, sociali e religiose, definite nelle programmazioni dei docenti di area umanistica e di insegnamento di religione cattolica, ed approvate dai rispettivi consigli delle classi interessate a partire già dall'anno scolastico 2014/2015 e proseguite nel corrente anno scolastico 2015/2016.
  Tali visite di interesse culturale sono state regolarmente deliberate dagli organi collegiali e ricomprese nel piano dell'offerta formativa secondo i rispettivi ambiti di competenza didattica ed amministrativa/organizzativa nella seduta del collegio dei docenti del 29 ottobre 2015 e del consiglio d'istituto del 14 gennaio 2016 con delibera n. 3 relativa all'approvazione del piano programmatico delle visite e viaggi d'istruzione per l'anno scolastico 2015/2016.
  Obiettivo della ricerca didattica è stato quello di approfondire le conoscenze storiche, culturali sui temi dell'identità e della memoria delle civiltà, attraverso un'analisi attenta, una conoscenza fondata sull'esperienza diretta e il dialogo con i rappresentanti, le personalità, i luoghi, le testimonianze ed i simboli delle principali culture storiche e religiose presenti sul nostro territorio.
  Un'ultima considerazione riguarda la possibilità offerta all'istituto di disporre di due autobus noleggiati dall'associazione che ha invitato le scolaresche, i docenti ed i genitori partecipanti alla visita d'istruzione.
  Non ci sono stati oneri finanziari per l'istituto: il personale conducente e gli autobus sono stati oggetto di accurato controllo della documentazione attestante l'idoneità tecnica e l'efficienza dei mezzi di trasporto (revisioni e controlli dei dispositivi di sicurezza, estintori), la copertura assicurativa RCA, la verifica del rispetto dei tempi di riposo dei conducenti, così come indicato dalla nota ministeriale prot. n. 674 del 3 febbraio 2016, a garanzia della sicurezza dei partecipanti.
  Anche in occasione di altre visite culturali sono stati utilizzati i mezzi per il trasporto di primarie agenzie di noleggio autobus regolarmente autorizzate dalla Regione, a titolo gratuito: in ogni occasione sono stati disposti i controlli previsti dalle nome, secondo le indicazioni di cui al vademecum del Ministero dell'interno – direzione centrale per la Polizia stradale.
La Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricercaStefania Giannini.


   RICCIATTI, FRANCO BORDO, FOLINO, FERRARA, ZARATTI, PELLEGRINO, AIRAUDO, PLACIDO, GREGORI, MELILLA, PIRAS, SANNICANDRO e DURANTI. – Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. – Per sapere – premesso che:
   in data 4 marzo 2016 il Corpo forestale dello Stato ha eseguito il sequestro di una vasca di accumulo di acque, situata in località Cancelli di Fabriano (Ancona), funzionale alle attività di scavo relative all'opera infrastrutturale Quadrilatero, riguardante la viabilità tra Marche e Umbria (Ansa, 4 marzo 2016);
   la misura è stata attivata in seguito al rilevamento di uno sversamento delle acque di lavorazione del cantiere suddetto nel torrente Giano, area fluviale sottoposta a vincolo paesaggistico;
   secondo quanto rilevato dagli uomini del Corpo forestale dello Stato le acque di lavorazione del cantiere della Quadrilatero confluivano in un bacino di decantazione artificiale dal quale traboccava nel torrente invece di essere convogliate nell'impianto di deputazione;
   lo sversamento, che verrà analizzato nei prossimi giorni dalla agenzia regionale per la protezione ambientale delle Marche, ha colorato completamente di bianco il torrente, mettendo a repentaglio la fauna rara del quale il torrente Giano è ricco, come gamberi di fiume e salmonidi;
   risultano essere state denunciate cinque persone alla procura della Repubblica di Ancona per i seguenti reati: danneggiamento aggravato di acque pubbliche, deturpamento di bellezze naturali, immissione di rifiuti liquidi in acque pubbliche, getto pericoloso di cose e alterazione dello stato dei luoghi in zone tutelate;
   il Corpo forestale dello Stato ha consentito alla ditta di continuare, tuttavia, ad utilizzare l'impianto attenendosi alle prescrizioni tecniche del progetto –:
   se il Ministro interrogato sia in grado di riferire sulla dinamica dei fatti riportati in premessa e sulle misure di controllo attivate nel cantiere, al fine di garantire il rispetto delle prescrizioni tecniche del progetto a tutela dell'ambiente;
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere per rafforzare tali presìdi di tutela;
   se non intenda promuovere, parallelamente alle indagini della magistratura, iniziative per verificare, per quanto di competenza, eventuali responsabilità di carattere amministrativo. (4-13919)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
  Circa l'esecuzione dei lavori sulla strada statale 76, direttrice Perugia – Ancona, con particolare riferimento al sequestro della vasca di decantazione operato dal Corpo-Forestale il 27 febbraio 2016, si informa che lo stesso Corpo ha proceduto al dissequestro della vasca su disposizione del sostituto procuratore della Repubblica di Ancona in data 11 giugno 2016.
  Occorre inoltre premettere che, in conformità alle disposizioni di legge e di contratto, tutte le attività inerenti le autorizzazioni ambientali, paesaggistiche e idrauliche sono di esclusiva competenza del contraente generale, cui sono affidati i lavori della strada statale 76, compreso il monitoraggio delle componenti ambientali, che viene regolarmente svolto e inviato alla commissione speciale VIA-VAS in fase di attuazione.
  In merito alla vasca in argomento, questa ha la funzione di raccogliere le acque provenienti dalla galleria Campodiegoli (scavo ultimato nel dicembre 2015) e dalla galleria Valico di Fossato (scavo ultimato a maggio 2016), e anche le acque di piazzale delle aree di cantiere poste in prossimità degli imbocchi nord di entrambe le gallerie.
  La vasca, durante l'utilizzo nelle fasi di cantiere, funziona da serbatoio di carico per il rilancio delle acque, tramite pompaggio, all'impianto di depurazione per la chiarificazione delle acque; ha un volume di 54 metri cubi e rilancia all'impianto gli 8 litri al secondo che coincidono con la portata di lavoro e di depurazione dello stesso.
  Il dimensionamento dell'impianto è stato effettuato sulla base di una relazione tecnica redatta dall'affidatario Astaldi s.p.a. esecutore dell'impianto, basata sulle indicazioni idrauliche, idrogeologiche e di permeabilità contenute nelle relazioni generali delle due gallerie e nei profili geo-meccanici del progetto esecutivo.
  Dai dati di monitoraggio ambientale nel periodo da febbraio 2015 fino a gennaio 2016, le quantità d'acqua che fuoriuscivano dalle predette gallerie erano comprese tra le assenti e le scarse. Inoltre, da quando l'impianto è attivo (settembre 2015) la portata in entrata è risultata compresa tra i 2 e 4 litri al secondo nei mesi piovosi, a fronte di portate scarne o scarsissime nei periodi estivi; per tutto il periodo l'impianto non ha presentato carenze o malfunzionamenti.
  Dopo un inverno caratterizzato da scarsa piovosità, le giornate del 26 e 27 febbraio 2016 sono state oggetto di intense precipitazioni, così come anticipato da allerta meteo dell'Aeronautica militare e della Protezione civile del giorno 25.
  Inoltre, il fronte di scavo della galleria Valico di Fossato ha attraversato un tratto caratterizzato da bassa copertura, divenuta via preferenziale per le acque meteoriche, risultate particolarmente abbondanti nei giorni critici summenzionati.
  La portata delle acque provenienti dalle gallerie, sommata a quella delle aree esterne, è pertanto risultata significativamente maggiore della portata di esercizio dell'impianto; quindi le abbondanti acque meteoriche, tracimate dalla vasca, sono confluite nel torrente Giano.
  Dalle analisi effettuate dall'ARPAM sui campioni prelevati dalla vasca di rilancio e dal torrente a valle del punto di immissione non si evidenziano valori anomali delle caratteristiche chimiche, con l'eccezione dei solidi sospesi (di per se non inquinanti) e di alcuni metalli (ferro e alluminio), le cui concentrazioni al di sopra della norma sono però frequentemente riscontrabili nelle formazioni rocciose attraversate (scaglia rossa e successione carbonatica umbro – marchigiana), come più volte rilevato nei monitoraggi ante operam e in corso d'opera. È importante evidenziare che dai risultati di tali analisi è stata riscontrata l'assenza di idrocarburi.
  L'affidatario Astaldi ha comunicato che, per evitare ulteriori analoghi fenomeni, ha realizzato nuove vasche di decantazione lungo il percorso di ricongiungimento al reticolo idrografico naturale: ciò consentirà di ottenere un'ulteriore stabilizzazione della limpidezza dell'acqua e la riduzione dei quantitativi di materiale in sospensione. L'affidatario ha effettuato ulteriori campionamenti delle acque in uscita dall'impianto che risultano di nuovo limpide.
  Infine, in ordine a quanto rappresentato, la società Quadrilatero ha attivato il proprio organismo di vigilanza, ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001, in relazione al rispetto del modello organizzativo di gestione per la prevenzione dei rischi attinenti ai reati ambientali; si è in attesa di ricevere apposita relazione e, laddove dovessero emergere situazioni di rilievo sotto il profilo amministrativo, gli uffici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti adotteranno le azioni del caso.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasportiGraziano Delrio.


   SCOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 5 maggio 2015 a Salerno due persone sono state uccise a colpi di pistola mentre affiggevano manifesti elettorali legati alle elezioni regionali che si terranno in Campania il 31 maggio;
   i due sono Antonio Procida, 42 enne pregiudicato, e Angelo Rinaldi, 38 enne incensurato ma da sempre legato al primo;
   a ordinare il duplice omicidio, secondo la ricostruzione della squadra mobile della questura di Salerno, è stato Matteo Vaccaro, pregiudicato in passato leader dell'omonimo gruppo criminale che operava nelle frazioni collinari della città di Salerno;
   a fare fuoco contro Procida e Rinaldi sarebbero stati Guido Vaccaro, figlio di Matteo, pregiudicato di 35 anni, e Roberto Esposito, 44 anni ed anch'egli pregiudicato, poi sottoposti a fermo dalla polizia insieme a Matteo Vaccaro;
   l'omicidio è avvenuto a seguito di un alterco, venutosi a creare la mattina del 5 maggio stesso, tra le due parti;
   argomento dell'alterco era relativo a chi dovesse affiggere i manifesti elettorali nella zona del quartiere Fratte;
   è evidente che vi sia un forte rischio che questo evento rappresenti solo il primo di una serie di scontri tra poteri criminali per il controllo dell'affissione dei manifesti elettorali;
   una situazione, di questo tipo rischia di provocare, di conseguenza, influenze criminali inaccettabili sulla campagna elettorale regionale campana –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché i controlli siano efficaci e non si corra il rischio di condizionamenti da parte della criminalità organizzata nella campagna elettorale in corso. (4-09128)

  Risposta. — L'episodio criminoso segnalato dall'interrogante, verificatosi a Salerno il 5 maggio 2016 è stato seguito con attenzione dalle forze dell'ordine tant’è che il 6 maggio, la squadra mobile di Salerno ha eseguito il fermo di tre pregiudicati presunti responsabili del grave fatto di sangue, conseguenza di una violenta lite scaturita per la gestione dell'affissione di manifesti elettorali.
  Sul grave episodio, che ha suscitato preoccupazione nella comunità locale, sono ancora in corso le indagini preliminari, ragion per cui non risulta possibile acquisire dagli inquirenti altri elementi informativi tesi ad individuare eventuali altre responsabilità e ad approfondire il contesto in cui il delitto è maturato.
  All'indomani dell'episodio criminoso, si è tenuta una seduta del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, all'esito della quale è stata intensificata l'ordinaria attività di prevenzione e controllo del territorio, anche con l'ausilio di personale del reparto prevenzione crimine.
  Per completezza di informazione, si segnala che il 29 maggio 2016, nell'ambito dell'operazione «Sistema», la citata squadra mobile e il Commissariato distaccato di Battipaglia, coordinati dal servizio centrale operativo del dipartimento della pubblica sicurezza, hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 87 persone affiliate ad un sodalizio alleato con i «Giffoni-Noschese», indagate per associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, reati concernenti le armi, gioco d'azzardo, danneggiamento, violazioni inerenti il decreto del Presidente della Repubblica n.570 del 1970 («Testo Unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle amministrazioni comunali») ed altro.
  Contestualmente, è stato eseguito il sequestro di una lussuosa villa e di una società commerciale con interessi nel settore della ristorazione, nella disponibilità degli indagati.
  Nel corso delle indagini erano state registrate anche azioni intimidatorie volte ad influenzare, nel 2009, le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Battipaglia, successivamente sciolto per infiltrazioni camorristiche.
  Su un piano più generale, si assicura che le autorità provinciali di pubblica sicurezza sono state da tempo sensibilizzate, al fine di vigilare con particolare attenzione sui tentativi del crimine organizzato di condizionare il regolare svolgimento delle consultazioni elettorali, soprattutto in quelle zone del meridione dove il radicamento delle mafie è più forte.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   SCOTTO, FRATOIANNI e PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   a Bologna è stata sgomberata l'occupazione a scopo abitativo dell'ex Telecom di via Fioravanti;
   nell'immobile avevano trovato riparo almeno 80 minori e le loro famiglie a partire da dicembre 2014, in assenza della possibilità di reperire un alloggio sulla base delle loro disponibilità economiche;
   Bologna è infatti una città a riconosciuta tensione abitativa, aggravata dalla crisi economica, che ha colpito soprattutto lavoratori, donne e migranti;
   la disponibilità di una casa rappresenta la condizione minima per poter godere di un diritto umano fondamentale come il diritto alla frequenza scolastica, come riconosciuto anche dalla giurisprudenza;
   il comune di Bologna aveva più volte e pubblicamente ribadito di non essere nelle condizioni di offrire una soluzione abitativa ai residenti nelle diverse occupazioni presenti in città;
   era quindi nota in città la presenza di minori iscritti a scuola e delle loro famiglie nell'immobile sgomberato, così come l'assenza di diverse possibilità di alloggio;
   nonostante tutto, la questura ha proceduto ad un altro sgombero dopo quello della scorsa settimana in via Solferino, nonostante i problemi già verificatisi in quell'occasione –:
   se non intenda verificare se sussistano eventuali responsabilità del prefetto e del questore e, in tal caso, procedere alla loro rimozione;
   se non ritenga di assumere iniziative, anche normative, che rendano obbligatorio il coinvolgimento delle istituzioni e associazioni locali, in vista di sgomberi programmati da tempo;
   per quali ragioni, vista l'evidenza di interventi attuati ripetutamente senza il coinvolgimento delle istituzioni locali per procedure di sgombero, si sia proceduto senza un preventivo piano di ricollocazione abitativa mettendo a rischio i diritti costituzionalmente garantiti. (4-10846)

  Risposta. — In relazione all'interrogazione in esame, occorre premettere che ormai da diverso tempo Bologna è interessata da occupazioni abusive di immobili ad opera di alcuni movimenti antagonisti. La questione è stata affrontata in diverse riunioni del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica dedicate sia al fenomeno nel suo complesso che ai singoli casi di occupazione.
  In tali riunioni si è pervenuti, d'intesa con gli organismi competenti, alla definizione dei criteri per l'esecuzione dei provvedimenti di sgombero ai quali fa riferimento l'interrogante, stabilendo di dare priorità all'esecuzione dei provvedimenti di sequestro dell'autorità giudiziaria e dopo di tenere conto, quale ulteriore criterio, del carattere socio-politico o «abitativo» dell'occupazione.
  Riguardo a quest'ultimo aspetto, si è convenuto sull'esigenza di adottare una procedura accelerata per quegli sgomberi non incidenti su situazioni a carattere «abitativo» e connotati da un basso numero di occupanti, oltreché da condizioni favorevoli di intervento sotto il profilo della logistica, dell'ubicazione e della conformazione dei locali occupati.
  Per gli sgomberi caratterizzati dalla presenza di famiglie e di minori o da un consistente numero di occupanti, è stata prevista l'adozione di particolari misure e cautele da concordare di volta in volta con gli enti interessati, segnatamente con i servizi sanitari, i vigili del fuoco, servizi sociali e la procura presso il tribunale dei minorenni.
  Ciò è quanto avvenuto anche in occasione dello sgombero citato nell'interrogazione, che ha riguardato lo stabile ex-Telecom in via Fioravanti, occupato da nuclei familiari di cittadini extracomunitari sostenuti da attivisti dei centri sociali e della sinistra radicale; sgombero che è stato preceduto da un'apposita riunione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica aperto alla partecipazione anche dei predetti organismi.
  Quanto ai dettagli di questa operazione, avvenuta lo scorso 20 ottobre, si rappresenta innanzitutto che, nell'occasione, gli operatori in servizio di ordine pubblico hanno dato esecuzione all'ordinanza di sequestro preventivo disposta dal tribunale del riesame di Bologna, in data 2 marzo 2015.
  Verso le 7 del mattino, le forze dell'ordine hanno aperto un varco nell'ingresso principale dell'immobile e hanno trovato sulle terrazze dell'edificio una cinquantina di persone, tra occupanti e attivisti del «Social Log», provviste di pneumatici, bottiglie, mazze di ferro e bombole di gas.
  Contestualmente, due note attiviste dello stesso sodalizio, assieme a un centinaio tra donne e bambini, si sono barricate in un'ala del primo piano.
  A partire dalle 7,30 circa, un centinaio di attivisti (divenuti circa trecento nel corso del pomeriggio) appartenenti ad altri gruppi e collettivi della città (Crash, C.U.A., ASIA-Usb, Ross@ Bologna, xm24, Hobo, Labas e T.P.O.) si sono radunati, all'esterno della struttura, ove sono stati bloccati dal personale operante.
  I manifestanti hanno tentato di accedere all'interno della struttura occupata, ma sono stati respinti dal servizio di ordine pubblico. Nella circostanza, due manifestanti hanno riportato lesioni con 5 giorni di prognosi.
  Constatata la presenza di nuclei familiari con minori, è stato chiesto l'intervento dei servizi sociali del comune di Bologna – già preavvisati – che hanno provato invano a convincere gli occupanti ad accettare il piano di ricollocazione predisposto dall'amministrazione comunale, che nei giorni precedenti lo sgombero aveva già individuato delle strutture destinate a dare una risposta alloggiativa ai nuclei familiari. Anche il procuratore capo della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, intervenuto sul posto verso le 11, ha fatto un analogo tentativo, anche questa volta senza esito.
  Risultato vano ogni tentativo di mediazione, gli operatori delle forze dell'ordine hanno proceduto allo sgombero, nel corso del quale un funzionario di polizia ha riportato la frattura di un dito della mano, guaribile in 21 giorni.
  Gli operatori sono poi saliti sul terrazzo del secondo piano dell'immobile, ma non sono riusciti ad andare oltre perché erano state rimosse le scale a muro (riservate agli interventi sugli impianti) grazie alle quali gli occupanti erano saliti sul terrazzo sovrastante.
  Verso le 19 anche le persone sul terrazzo si sono allontanate dalla struttura.
  Durante tutte le fasi dell'intervento sono stati presenti operatori sanitari che, su richiesta delle forze di polizia, sono intervenuti più volte per prestare soccorso, nonché funzionari dell'assessorato ai servizi sociali del comune di Bologna, che hanno assistito gli occupanti e avviato le procedure per la loro presa in carico.
  Al riguardo, si evidenzia che nella stessa sera del 20 ottobre le famiglie occupanti con ottantatré minori hanno tutte trovato accoglienza in alloggi messi a disposizione dal comune (ventidue famiglie presso il residence acquisito dall'I.N.AI.L. e ulteriori ventitré in altre strutture ricettive di proprietà comunale e alberghiere), mentre trentatré adulti singoli sono stati ospitati all'asilo notturno «Beltrame» e nove – in condizioni di vulnerabilità – in alberghi della città.
  Sino a qui la ricostruzione dei fatti, dalla quale emerge la sostanziale correttezza dell'operato delle pubbliche autorità, che si ritiene abbiano bilanciato i vari interessi sociali in gioco in maniera corretta e conforme alle disposizioni di legge, assicurando anche un'idonea sistemazione alloggiativa ai più disagiati e bisognosi di tutela.
  Più in generale e in risposta alle altre questioni sollevate con l'interrogazione, si rappresenta che la città di Bologna è da sempre protagonista di consistenti forme di attivismo nell'occupazione di immobili pubblici e privati da parte dei centri sociali antagonisti. Si tratta per lo più di edifici non ristrutturati né utilizzati dalle rispettive proprietà, che vengono adibiti alla realizzazione di attività politiche, sociali e ludiche.
  Negli ultimi anni, il fenomeno ha assunto connotati diversi a causa della crisi economica. Molti lavoratori sono andati in cassa integrazione o hanno perso il posto di lavoro. La conseguente significativa riduzione del reddito ha compromesso la capacità di molti di loro di far fronte ai costi di locazione e ha assoggettato molti nuclei familiari, soprattutto stranieri, a provvedimenti di sfratto esecutivo.
  In questo contesto si sono venute ad inserire i centri sociali e le organizzazioni sindacali come ASIA-USB, che hanno organizzato le famiglie sfrattate guidandole nell'occupazione di diversi immobili vuoti.
  In tal modo, all'interno di caserme dismesse dall'esercito oppure di scuole e banche abbandonate, sono stati realizzati dei veri e propri alloggi. Spesso queste occupazioni sono avvenute con il supporto di attivisti del collettivo «Social Log», un'aggregazione sorta alla fine del 2013 – composta da esponenti dei gruppi sociali Crash e Collettivo universitario autonomo – che negli ultimi tempi si è distinta per l'attenzione alla problematica abitativa di persone in difficoltà economiche.
  Per fronteggiare il fenomeno dell'emergenza abitativa connessa all'aumentato numero di sfratti per morosità incolpevole, nel novembre del 2014 è stato rinnovato, per un ulteriore biennio, un protocollo di intesa promosso dalla locale prefettura e sostenuto dalla regione Emilia Romagna e dal comune di Bologna, che ha consentito ad alcune centinaia di nuclei familiari di accedere – in particolare nella città capoluogo – alle misure di attenuazione del disagio abitativo ivi previste.
  Nello stesso mese di novembre 2014, è stato sottoscritto un ulteriore protocollo sperimentale con il comune di Bologna per verificare la possibilità di risposta alle esigenze di protezione abitativa attraverso la messa a disposizione del patrimonio pubblico e privato inutilizzato.
  Nel quadro di questo atto, il comune ha concluso con INAIL un accordo che gli ha consentito di acquisire un immobile, già adibito a residence, da utilizzare per l'emergenza abitativa e in grado di accogliere (per un biennio) fino ad un massimo di 95 nuclei familiari, inclusi quelli con minori o in situazione di particolare fragilità presenti negli immobili occupati.
  Si soggiunge che, nel corso di specifici incontri tenuti presso la prefettura di Bologna, è emerso che l'INPS può conferire alle amministrazioni comunali una quota pari al 60 per cento del proprio patrimonio immobiliare da reddito e, a tal riguardo, sono già in atto interlocuzioni con l'ente competente. Il comune di Bologna acquisirebbe, nella misura suindicata, gli immobili liberi presenti in città, proponendosi quale intestataria del contratto di locazione a canone «calmierato» con finalità sociali legate alla gestione della predetta emergenza.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   SORIAL. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 17 gennaio 2016 una bambina di 12 anni si è gettata dalla finestra della sua abitazione a Pordenone lasciando due lettere, una di scuse per il suo gesto rivolta ai genitori e una di accuse indirizzata ai compagni di scuola che avrebbero provocato il suo gesto estremo e ai quali avrebbe infatti rivolto la frase emblematica «Adesso sarete contenti»;
   la ragazzina è sopravvissuta all'impatto grazie alla tapparella aperta al piano di sotto che fortunatamente ha attutito il colpo, ma ha riportato fratture varie e lesioni alla colonna vertebrale che, all'inizio, hanno fatto temere conseguenze gravissime, anche se in serata i medici hanno poi potuto sciogliere la prognosi e confermato che guarirà;
   la gravissima decisione della ragazzina di tentare il suicidio non sarebbe frutto di un moto impulsivo, poiché, secondo la prima ricostruzione dei fatti, le due lettere sarebbero state scritte il 10 gennaio 2016, una settimana prima dell'evento, dopodiché la bambina sarebbe rimasta a casa per uno stato influenzale per tutta la settimana e avrebbe infine messo in atto il tragico gesto solo quando era ormai tempo del rientro a scuola, non sopportando di dover tornare in classe;
   già durante le prime fasi dei soccorsi, la piccola ha denunciato il suo disagio per i difficili rapporti con amici e coetanei della scuola dicendo «a scuola me lo dicevano: perché non ti uccidi ? Ucciditi», raccontando di queste vessazioni tanto al personale del 118, quanto alla mamma e pure agli agenti della polizia;
   gli agenti della polizia di Stato, insieme alla scientifica e alla polizia postale, stanno portando avanti le indagini sull'accaduto, anche attraverso l'analisi della messaggeria del telefono cellulare e del computer della ragazzina e alla sua attività nei social network;
   la procura dei minori di Trieste sentirà con audizioni protette sia lei, sia i suoi compagni di scuola per capire cosa sia realmente accaduto in una scuola dove sembra che nessuno abbia colto nemmeno un minimo segnale di allarme;
   secondo la dirigente della scuola media di Pordenone frequentata dalla ragazzina «Non c'era alcun segnale che lasciasse presagire quanto accaduto. Mai, né durante i consigli di classe, né in situazioni più informali era emerso disagio di alcun tipo, e men che meno episodi di presunto bullismo. I genitori di questa ragazzina e degli altri alunni non hanno mai accennato nulla a me o agli insegnanti. Insomma, un dramma che stava covando e di cui nessuno si era accorto ma non ci sono evidenze alla scuola che ci siano stati episodi particolari»;
   gli studiosi del fenomeno definiscono come bullismo tutte quelle azioni di sistematica prevaricazione e sopruso messe in atto da parte di un bambino/adolescente, definito «bullo» (o da parte di un gruppo), nei confronti di un altro bambino/adolescente percepito come più debole, che diventa la vittima;
   caratteristiche tipiche del fenomeno, il cui nome deriva dalla parola inglese bullying, che significa «usare prepotenza, maltrattare, intimidire, intimorire», sono l'intenzionalità del comportamento aggressivo, che viene messo in atto volontariamente e consapevolmente, la sistematicità del comportamento che si ripete quindi nel tempo e l'asimmetria di potere tra le parti coinvolte, dovuta alla forza fisica, all'età o alla numerosità quando le aggressioni sono di gruppo;
   il bullismo non è dunque un singolo episodio di angheria tra studenti, ma il vero e proprio instaurarsi di una relazione decisamente asimmetrica nella forza e nella capacità di difesa, che, cronicizzandosi, crea dei ruoli definiti: la vittima e il persecutore;
   l'ultimo rapporto dell'Istat evidenzia che il fenomeno del bullismo, che è un malessere sociale fortemente diffuso, è in costante e preoccupante crescita: in Italia, un ragazzo su tre subisce episodi di violenza verbale, psicologica e fisica e il 33 per cento è una vittima ricorrente di abusi –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente del grave fatto esposto in premessa, tanto più preoccupante vista la giovane età della ragazzina che ha compiuto un gesto così disperato e radicale;
   se i Ministri interrogati non considerino necessario ed urgente assumere iniziative, per quanto di competenza per approfondire nei dettagli le dinamiche di quanto accaduto, anche nello spazio virtuale dei social network, e contribuire a chiarire, da un lato, per quale ragione nessuno, tra insegnanti, preside e genitori, abbia colto i segnali di questa tragedia in atto e, dall'altro, perché una ragazzina di 12 anni, disperata al punto di compiere un tale gesto, non abbia sentito di avere nessuna figura adulta di riferimento con la quale confidarsi e alla quale chiedere aiuto neppure nell'istituto scolastico che frequentava; 
   in che modo il Governo intenda attivarsi per arginare il fenomeno del bullismo, in decisa espansione e il danno sociale che ne deriva nel più breve tempo possibile;
   se il Governo non intenda attuare azioni e campagne di prevenzione, con particolare attenzione allo sviluppo di sistemi di monitoraggio efficaci, in grado di cogliere i primi segnali dell'instaurarsi di queste relazioni persecutorie. (4-11741)

  Risposta. — Con riferimento a quanto prospettato dall'interrogante, si rappresenta che al fenomeno del bullismo e del cyberbullismo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca dedica costante attenzione e numerose sono le iniziative di prevenzione attivate per contrastarne i possibili effetti.
  Difatti, per riconoscere i segnali precursori di comportamenti a rischio e fronteggiare atteggiamenti che sfociano in forme di discriminazione e di violenza, è necessario attivare strategie di intervento volte a prevenire conseguenze gravi non solo sul piano psicologico ma anche sul piano penale.
  Ne deriva che la formazione del personale scolastico tutto costituisce la leva strategica per implementare la qualità del sistema di istruzione e formazione attraverso l'offerta di strumenti e di metodologie per creare una rete sociale di tutela e di ripristino anche dei diritti lesi.
  Per queste ragioni il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca da quasi un decennio ha avviato iniziative di prevenzione e di contrasto al fenomeno con l'emanazione della decreto ministeriale n. 16 del 5 febbraio 2007 recante le «Linee di indirizzo generali e azioni a livello nazionale per la prevenzione e la lotta al bullismo». Si è definita una serie di strumenti per le istituzioni scolastiche e le famiglie, tra i quali si ricordano:
   gli osservatori regionali permanenti sul bullismo, tesi a promuovere percorsi di educazione alla legalità all'interno delle scuole, tramite attività curricolari ed extracurricolari.
   il sito internet «www.smontailbullo.it», attivo fino al 2012, che ha fornito utili strumenti e suggerimenti per fronteggiare il fenomeno da un punto di vista psico-sociologico e culturale. I contenuti di detto sito sono poi confluiti nel progetto più ampio denominato «www.generazioniconnesse.it», realizzato per gli adolescenti come supporto per navigare in rete con sicurezza;
   il numero verde (800.66.96.96) riservato a genitori e studenti per la segnalazione di offese verbali, prepotenze fisiche e problemi di esclusione e di isolamento:
   l'indirizzo mail bullismo@istruzione.it che offre consulenza alle segnalazioni di casi che pervengono.

  Con le nuove «Linee di orientamento per azioni di prevenzione e di contrasto al bullismo e al cyberbullismo» emanate il 13 aprile 2015, si è garantita continuità ai compiti precedentemente svolti dagli osservatori regionali e ora attribuiti ai Centri territoriali di supporto (CTS) – istituiti nell'ambito del progetto «Nuove Tecnologie e Disabilità» dagli uffici scolastici regionali in accordo con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e collocati a livello provinciale presso scuole polo – e alle loro ulteriori articolazioni territoriali.
  In particolare, le linee declinano una serie di azioni che forniscono al personale della scuola gli strumenti di tipo pedagogico e giuridico per riconoscere i segnali precursori dei comportamenti a rischio, prevenire e contrastare le nuove forme di prevaricazione e di violenza giovanile. La formazione degli insegnanti prevede un modello innovativo coerente con la normativa vigente in materia di ordinamenti e rispondente all'esigenza di adottare adeguate strategie preventive mirate a proteggere gli studenti da comportamenti devianti perpetrati attraverso il web. I percorsi formativi sono finalizzati all'acquisizione di competenze di natura psico-pedagogica per affrontare i casi di bullismo e di cyberbullismo e la gestione dei conflitti e di competenze connesse con le tecnologie e i mezzi informatici più utilizzati dagli studenti. Tra i diversi laboratori formativi vi è quello centrato sulle problematiche connesse con l'integrazione scolastica dei disabili e con i bisogni educativi speciali.
  Le linee forniscono, inoltre, indicazioni riguardo all'istituzione di un «Nucleo operativo» costituito da uno/due dirigenti tecnici e due/tre docenti referenti, utilizzati presso gli uffici scolastici regionali e gli ambiti territoriali, formati sulle problematiche relative alle nuove forme di devianza giovanile (bullismo, cyberbullismo, stalking e cyberstalking), in possesso delle competenze necessarie per sostenere concretamente le scuole in rete e i docenti attraverso interventi di consulenza e di formazione mirata, assicurando anche la raccolta e la diffusione di buone pratiche. Il nucleo operativo per il contrasto delle nuove forme di devianza giovanile, collabora con specifiche figure professionali già incardinate in altre strutture lavorative ed enti, quali: psicoterapeuti, rappresentanti del tribunale dei minori, neuropsichiatri, Polizia postale.
  Per governarne al meglio la trasformazione necessaria e supportare il nuovo assetto di processi previsti dalle «Linee di orientamento», relativo in particolare agli ulteriori nuovi compiti e funzioni attributi ai CTS, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha previsto per l'anno scolastico in corso l'erogazione di specifiche risorse finanziarie, pari ad un totale di 560.000,00 euro, attribuite ai CTS attraverso la concessione dei fondi previsti dal decreto ministeriale n. 435 del 16 giugno 2015 (articolo 14 commi 1 e 2).
  Anche nell'ambito della regione Friuli-Venezia Giulia, ove si è verificato l'episodio ricordato dall'interrogante, il fenomeno è costantemente seguito. A seguito dell'episodio verificatosi a Pordenone, difatti, la competente direzione generale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, d'intesa con l'ufficio scolastico regionale e in collaborazione con Telefono azzurro, con la Polizia postale e con il dipartimento di scienza della formazione e psicologia dell'università di Firenze, ha predisposto un incontro formativo dedicato a tutti i docenti, studenti e genitori della scuola in questione.
  Più in generale, nell'anno 2012 un gruppo di lavoro costituito con rappresentanti degli uffici scolastici regionali per il Friuli-Venezia Giulia e del Veneto, delle università di Padova e di Udine e delle consulte studentesche, ha curato la stesura delle «Raccomandazioni per la prevenzione e la gestione del bullismo nelle scuole», un manuale di orientamento e supporto alle scuole.
  Sono inoltre a disposizione delle scuole e delle famiglie gli esiti di un importante e approfondito studio regionale effettuato sul campo (Il bullismo: dalla teoria alla ricerca, Vannini, 2012), frutto di una ricerca che ha interessato circa 2500 studenti ai quali sono state sottoposte domande sull'argomento.
  È tuttora in fase di svolgimento una particolare esperienza di contrasto al bullismo omofobico, progetto promosso nel 2013 dall'ufficio scolastico regionale e sostenuto dalla regione Friuli Venezia Giulia e dalle università, rivolto sia alla formazione di docenti e di operatori, sia all'intervento presso gli alunni della scuola secondaria di primo grado.
La Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricercaStefania Giannini.


   TOTARO. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   in data 4 aprile 2016 presso il polo universitario delle scienze sociali di Novoli, a Firenze, quattro studenti del movimento universitarie di centrodestra «Azione Universitaria», legittimamente eletto negli organi di ateneo, nel corso di una campagna di raccolta firme per le elezioni del Consiglio nazionale degli studenti che si terranno in data 18-19 maggio 2016, sono stati aggrediti e minacciati da circa dieci persone e sono stati derubati delle bandiere e di altro materiale in distribuzione;
   gli aggressori appartengono ad un collettivo non legittimato con regolari elezioni e occupano abusivamente due aule del suddetto polo universitario –:
   di quali elementi disponga il Governo e quali iniziative intendano assumere affinché si faccia chiarezza sulla vicenda;
   quali iniziative di competenza si intendano assumere affinché gli aggressori, che sarebbero già noti alle forze dell'ordine, siano messi in condizioni di non nuocere né danneggiare ulteriormente la comunità studentesca. (4-12819)

  Risposta. — Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, si comunica che lo scorso 4 aprile, a Firenze, il movimento universitario Azione giovani ha organizzato – senza aver avvisato la competente questura – un'iniziativa di propaganda politica presso il polo universitario in via di Novoli, in relazione alle previste elezioni per il consiglio nazionale degli studenti universitari.
  Nell'occasione, una decina di giovani militanti del collettivo antagonista di scienze politiche si sono avvicinati alla postazione di Azione giovani. Ne sarebbe nato un diverbio in seguito al quale, secondo quanto riferito dagli interessati, due militanti antagonisti avrebbero aggredito gli altri studenti universitari, rovesciando il banchino da loro allestito e portando via alcune bandiere.
  Le indagini svolte dalla questura di Firenze hanno permesso di individuare i due responsabili dell'aggressione in parola, già noti alle forze di polizia e con diversi precedenti, che sono stati deferiti all'autorità giudiziaria per i reati di rapina aggravata e violenza privata.
Il Viceministro dell'internoFilippo Bubbico.


   VENITTELLI, GINOBLE, PAOLA BOLDRINI, IACONO, ROSTELLATO, RAGOSTA, FUSILLI, BURTONE, D'INCECCO, OLIVERIO, MONTRONI, SCUVERA, ERMINI, CARRA, GINEFRA, LAURICELLA, DALLAI, FALCONE, FAMIGLIETTI, LUCIANO AGOSTINI, BARGERO, FERRARI, MORETTO, PETRINI, DONATI, MONGIELLO, ROMANINI, BATTAGLIA, RIBAUDO, ZARDINI, ZANIN, MAZZOLI, LODOLINI, COVELLO, CAPOZZOLO, CRIVELLARI e CASELLATO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il Nuovo Zuccherificio del Molise srl, operante nel settore della produzione saccarifera con un organico complessivo di 79 unità lavorative, ha in essere un contratto di affitto di ramo d'azienda con lo Zuccherificio del Molise spa società dichiarata fallita nel maggio 2015 e ha attivato in data 10 agosto 2015 la procedura consultiva prevista dall'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 218 del 2000, ai fini della presentazione della richiesta di concessione della cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendale ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 223 del 1991;
   ad oggi, risulta sempre più a rischio il futuro dello Zuccherificio del Molise, in bilico tra un nuovo bando di vendita e una campagna saccarifera per il 2016 di cui ancora non si conosce la portata e l'obiettivo, considerando che si tratta dell'ultima che verrà realizzata con il sistema delle quote. In mezzo a tutto questo, si trovano i dipendenti dello Zuccherificio, ridotti a sessantatré, sui quali incombe un futuro lavorativo incerto e una cassa integrazione in scadenza il 16 agosto 2016 e sulla quale, al momento, non vi è alcuna garanzia di proroga;
   con il decreto n. 95075 del 25 marzo 2016, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, ha definito ai sensi dell'articolo 21, comma 4, del decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 148, i criteri per l'accesso ad un ulteriore periodo di integrazione salariale straordinaria da concedersi qualora all'esito di un programma di crisi aziendale, l'impresa cessi l'attività produttiva e proponga concrete prospettive di rapida cessione d'azienda stessa e il conseguente riassorbimento del personale;
   il riferimento normativo è l'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo n. 148 del 2015, il quale dispone che «in deroga agli articoli 4, comma 1, e 22, comma 2, entro il limite di spesa di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, può essere autorizzato, sino a un limite massimo rispettivamente di dodici, nove e sei mesi e previo accordo stipulato in sede governativa al Ministero del lavoro e delle politiche sociali, anche in presenza del Ministero dello sviluppo economico, un ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria qualora all'esito del programma di crisi aziendale di cui al comma 3, l'impresa cessi l'attività produttiva e sussistano concrete prospettive di rapida cessione dell'azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto descritto in premessa e se non ritengano di dover intervenire al fine di attivare un tavolo istituzionale con le parti interessate e addivenire ad un accordo volto a garantire sia la ripresa di un settore fondamentale per quell'agricoltura produttiva che ancora resiste, sia l'applicazione della normativa vigente in materia di proroga della cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendali. (4-14005)

  Risposta. — Con riferimento all'atto parlamentare in esame si rappresenta quanto segue.
  La società Nuovo Zuccherificio del Molise srl, operante nel settore della produzione saccarifera, avente sede ed unità operativa in Termoli (Campobasso), ha stipulato, per il periodo dal 10 luglio 2012 al 31 dicembre 2016, un contratto di affitto di ramo di azienda con lo Zuccherificio del Molise srl, dichiarato fallito con sentenza del maggio 2015.
  In data 30 novembre 2015, i competenti uffici del Ministero del lavoro hanno approvato, con decreto del 30 novembre 2015, il programma di crisi aziendale presentato dalla società autorizzando nel contempo la concessione del trattamento di CIGS in favore di 78 unità lavorative, per il periodo dal 17 agosto 2015 al 16 agosto 2016.
  Per quanto riguarda l'applicazione al caso in esame della normativa vigente in materia di proroga del trattamento di CIGS, occorre precisare che l'articolo 21, comma 4, del decreto legislativo n. 148 del 2015 individua un'ipotesi di deroga alla durata massima complessiva del trattamento di CIGS qualora, all'esito di un programma di crisi aziendale, l'impresa cessi l'attività produttiva e proponga concrete prospettive di rapida cessione della stessa ed il conseguente riassorbimento del personale.
  In attuazione della predetta normativa, lo scorso 25 marzo, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, ha emanato il decreto n. 95075. Inoltre, lo scorso 11 luglio, il Ministero che rappresento ha emanato la circolare n. 22 con la quale ha impartito le prime indicazioni operative relativamente al decreto interministeriale.
  Nella predetta circolare, dunque, i competenti uffici del Ministero che rappresento hanno precisato che la proroga del trattamento di CIGS possa essere autorizzata allorquando ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:
   a) l'impresa – che abbia già in corso un trattamento di integrazione salariale e che sia nell'impossibilità di portare a termine il piano di risanamento contenuto nel programma – si determini a cessare l'attività produttiva, indicando contestualmente concrete e rapide prospettive di cessione dell'azienda in modo da garantire il più possibile la salvaguardia dei livelli occupazionali;
   b) sia stato stipulato, prima del termine del programma di crisi aziendale in corso, un accordo con le parti sociali presso il Ministero del lavoro anche con la presenza del Ministero dello sviluppo economico nel quale sia illustrato come il piano delle sospensioni dei lavoratori sia motivatamente ricollegabile nei tempi e nei modi alla prospettata cessione di attività e dai nuovi interventi programmati;
   c) siano presentati un piano articolato e dettagliato per il riassorbimento del personale sospeso e le misure di gestione per le eventuali eccedenze di personale;
   d) sia verificata la sostenibilità finanziaria dell'intervento programmato, stante le risorse finanziarie contingentate.

  Con specifico riferimento al caso in esame, si rappresenta che, ad oggi, i competenti uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali non hanno ricevuto alcuna richiesta dalle parti sociali per l'esame della situazione occupazionale e la verifica della sussistenza di tutti i presupposti richiesti per la concessione della proroga del trattamento di CIGS.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche socialiLuigi Bobba.


   VEZZALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il bando del concorso scuola 2016 prevede l'iscrizione entro le ore 14,00 del 30 marzo 2016;
   alcuni studenti stanno completando nei conservatori l'anno di tirocini formativi attivi (per l'anno accademico 2015-16), dopo aver frequentato ai sensi del decreto ministeriale n. 249 del 2010 il secondo ciclo del biennio di didattica della musica (negli anni accademici 2013-14 e 2014-15), per ottenere l'abilitazione nella ex classe A077 «Strumento musicale nella scuola secondaria di primo grado»;
   questi studenti (sono alcune decine) per pochi giorni non riescono ad ottenere dal Conservatorio di musica di iscrizione l'abilitazione richiesta dal bando del concorso, a causa dell'organizzazione dei tirocini nelle scuole convenzionate che impediscono materialmente lo svolgimento degli esami finali nel mese di marzo;
   l'organizzazione del tirocinio formativo attivo, in accordo con le scuole convenzionate, non potrà terminare prima del mese di aprile 2016;
   questi trenta giorni rischiano di diventare una enorme discriminazione per coloro che stanno frequentando l'anno di tirocinio formativo attivo e la procedura concorsuale avrebbe potuto tener conto di tale scadenza, visto che il Ministero è a conoscenza dell'organizzazione e della durata dei tirocini  –:
   se non ritenga di dover consentire, magari con riserva, l'iscrizione al concorso, anche agli iscritti nei conservatori che stanno completando l'anno di tirocinio formativo attivo, procedura che si perfezionerebbe entro il 30 aprile 2016 con l'acquisizione dell'abilitazione richiesta.
(4-12508)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame viene proposto di consentire, in relazione al concorso a cattedre 2016, la partecipazione con riserva allo stesso per i docenti prossimi al conseguimento del titolo di abilitazione per la classe di concorso di strumento musicale.
  Al riguardo, occorre evidenziare che l'abilitazione all'insegnamento rappresenta oggi il requisito di accesso al concorso, come previsto dall'articolo 1, comma 110, della legge n. 107 del 2015 che recita: «A decorrere dal concorso pubblico di cui al comma 114, per ciascuna classe di concorso o tipologia di posto possono accedere alle procedure concorsuali per titoli ed esami, di cui all'articolo 400 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, come modificato dal comma 113 del presente articolo, esclusivamente i candidati in possesso del relativo titolo di abilitazione all'insegnamento e, per i posti di sostegno per la scuola dell'infanzia, per la scuola primaria e per la scuola secondaria di primo e di secondo grado, i candidati in possesso del relativo titolo di specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità...».
  I docenti che hanno conseguito l'abilitazione successivamente alla data di scadenza di partecipazione al concorso per titoli ed esami, indetto lo scorso 23 febbraio, potranno inserirsi nelle graduatorie di istituto di II fascia, nelle more dell'espletamento dei successivi concorsi. Concorsi che, grazie alla legge n. 107, in particolare al comma 113, saranno banditi d'ora in avanti a cadenza triennale.

La Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricercaStefania Giannini.