Camera dei deputati

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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Lunedì 19 dicembre 2016

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:


   La Camera,
   premesso che:
    l'accordo sul clima «Cop 21» stipulato a Parigi nel dicembre del 2015 prevede un obiettivo molto ambizioso: contenere l'aumento della temperatura globale del pianeta ben al di sotto dei 2oC, perseguendo idealmente il goal di +1,5oC. Promotori di quest'obiettivo sono stati i rappresentanti delle piccole isole e degli altri Stati più vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico, per i quali quel mezzo grado può fare la differenza tra la vita e la morte;
    l'obiettivo a lungo termine dell'accordo è la decarbonizzazione con la quale si intende il totale abbandono di carburanti fossili che si dovrebbe raggiungere entro il 2050 e riconosce anche l'importanza di investire di più in adaptation e resilience, senza entrare nello specifico di azioni concrete e fondi stanziati, pur stabilendo che dovranno essere i Paesi sviluppati a fornirli, confermando inoltre il meccanismo di Varsavia per la valutazione delle perdite e dei danni subiti da alcuni Paesi a causa del riscaldamento globale, anche se esclude la possibilità di individuare responsabilità civili o di stabilire risarcimenti specifici;
   per quanto riguarda i meccanismi di trasparenza e revisione, l'accordo di Parigi stabilisce una cornice flessibile all'interno della quale si chiede alle nazioni di presentare regolarmente un inventario delle emissioni prodotte e assorbite, aggiornamenti sui progressi fatti nel raggiungimento degli obiettivi previsti e informazioni sul trasferimento di capitali e conoscenze tecnologiche e supporto alla capacity-building e viene poi stabilito un meccanismo che prevede la revisione da parte della Cop stessa dei progressi relativi a questo accordo e una rivalutazione degli impegni individuali (per fare in modo che portino all'obiettivo finale, cosa che oggi non fanno) ogni 5 anni a partire dal 2023;
    l'Italia ha ratificato gli impegni della Cop21 e si è preso l'impegno di lavorare ai progetti previsti dagli accordi bilaterali stipulati anche prima della Cop21 con quei Paesi che stanno subendo in maniera maggiore gli impatti del cambiamento climatico quali le isole del Pacifico e dei Caraibi e Maldive. Tuttavia, a livello di energia e di adattamento ai cambiamenti climatici, esistono ad oggi solo delle strategie e delle linee guida che non prevedono priorità, finanziamenti e tempistiche certe;
    alcuni Paesi tuttavia sono già molto avanti come, ad esempio, la Svezia che, in virtù di atti legislativi recentemente emanati, sarà il primo Paese al mondo che lavorerà, produrrà, viaggerà, esporterà, svolgerà insomma qualsiasi attività per cui è necessario consumare energia, senza più usare i carburanti fossili e ha già messo a punto un piano di investimenti equilibrato e preciso;
    i Paesi nordici sono all'avanguardia nel mondo per il passaggio in corsa alle energie rinnovabili e bio. La Svezia, con tutta la forza del suo sistema industriale, produce due terzi dell'elettricità con fonti rinnovabili. La Danimarca è arrivata l'estate scorsa, grazie al vento, a produrre con le pale eoliche il 140 per cento del fabbisogno d'elettricità, esportando il resto in Germania, Svezia e persino in Norvegia. Grande produttore di petrolio e gas, anche il regno delle Loro Maestà Harald e Sonia passa sempre più all'energia pulita: vuole abolire ogni veicolo a combustione di carburanti fossili entro il 2025 (come anche l'Olanda), usa sempre più i suoi fiumi sotterranei installandovi turbine o dighe per produrre elettricità, sovvenziona con un massimo di nove-diecimila euro, esenzione da tassa di circolazione e assicurazione, e ovunque colonnine di rifornimento con corrente gratis, chiunque acquisti auto elettriche. Infine, ma non ultimo, la piccola ma creativa e moderna Islanda ricava quasi il 100 per cento dell'elettricità dalle fonti rinnovabili: vulcani, geyser, cascate, vento;
    Stoccolma dispone ancora di almeno otto centrali nucleari ma le vuol spegnere in fretta, sia perché sono vecchie sia per liberarsi da ogni rischio di panne o incidente dopo le esperienze tragiche in Urss e Giappone e guasti continui in Francia e il premier Loefvén ha affermato: «Vogliamo che i nostri figli vivano in un ambiente privo di sostanze tossiche, quindi il principio è rimuovere ogni sostanza pericolosa e che chiunque inquini sia multato»;
    secondo il Climate Report della Fondazione Sviluppo sostenibile, a livello globale le emissioni di gas serra nel 2014 e nel 2015 sono state stabili, nonostante l'aumento del prodotto interno lordo di circa il 3 per cento l'anno, ma in Italia nel 2015, dopo anni di calo (-20 per cento al 2014 rispetto al 1990), le emissioni di gas serra sono addirittura aumentate del 2,5 per cento;
    l'incremento delle emissioni nel nostro Paese, che interrompe una serie positiva di riduzioni, è dovuto alla crescita del prodotto interno lordo, al calo del prezzo del petrolio e del gas, all'aumento dei consumi energetici, a un rallentamento delle politiche di efficienza energetica e all'interruzione della crescita delle fonti energetiche rinnovabili;
    tra il 2005 e il 2012 l'Italia, nello sviluppo delle fonti rinnovabili, ha raggiunto dei risultati importanti anche grazie all'aiuto degli incentivi portando le energie pulite dall'8 al 16 per cento del consumo nazionale, facendo meglio della media europea e collocandosi fra i leader mondiali, ma nell'ultimo triennio, la situazione si è capovolta: secondo il dossier, le rinnovabili sono passate dal 16,7 per cento nel 2013 al 17,3 per cento del 2015, con una crescita modestissima, dello 0,2 per cento all'anno ed è diminuita la quota di elettricità da fonti rinnovabili passando dal 43 per cento al 38 per cento tra il 2014 e il 2015;
    pur avendo già centrato l'obiettivo europeo del 17 per cento al 2020, l'Italia è molto lontana dall'obiettivo europeo del 27 per cento nel 2030 e anche dall'attuazione dell'accordo di Parigi: «Collocando l'obiettivo della variazione di temperatura in una posizione intermedia – fra i 1,5oC e 2oC – con l'Accordo di Parigi, l'Italia al 2030 dovrebbe ridurre le emissioni di gas serra intorno al 50 per cento rispetto al 1990: ciò richiederebbe un forte impegno nel risparmio e nell'efficienza energetica con una riduzione dei consumi attesi di circa il 40 per cento e un raddoppio della quota di fonti rinnovabili, dal 17,3 per cento a circa il 35 per cento del consumo energetico finale al 2030 e nel solo comparto elettrico, le rinnovabili dovrebbero soddisfare almeno 2/3 della domanda di elettricità» ha spiegato la sopracitata Fondazione;
    per attuare l'accordo di Parigi il nostro Paese dovrebbe al più presto tramutare la strategia nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici in un piano operativo e modificare profondamente l'esistente strategia energetica nazionale, prima di trasformarla in un vero e proprio piano, con obiettivi al 2030;
    l'adozione di politiche per l'adattamento ai cambiamenti climatici, la riduzione di gas serra e la progressiva decarbonizzazione dell'economia italiana porterebbero indubbi vantaggi dal punto di vista dell'occupazione, della ripresa economica, della tutela ambientale, della leadership e competitività internazionale e della sovranità energetica;
    l'impresa non è sicuramente semplice vista l'affezione italiana alle fonti fossili, ma le misure recentemente adottate in Svezia potrebbero essere prese come efficace esempio per procedere speditamente verso una decarbonizzazione del nostro Paese,

impegna il Governo:

1) ad assumere iniziative per modificare la strategia energetica nazionale improntandola ad una progressiva decarbonizzazione del Paese;
2) a mettere in atto urgentemente un piano di interventi, definendo tempistiche rapide e coperture finanziarie consistenti, finalizzato a:
    a) sviluppare le cosiddette «infrastrutture verdi», con riferimento prioritario alle fonti fotovoltaiche, eoliche e geotermiche;
    b) investire in tecnologie dirette ad immagazzinare l'energia elettrica, con particolare riferimento alla piccola e media scala;
    c) stabilizzare gli incentivi attualmente previsti per l'ammodernamento termico del patrimonio edilizio pubblico e privato;
    d) procedere ad una graduale ma rapida sostituzione dei combustibili fossili con fonti energetiche rinnovabili e con ridotto impatto ambientale, nel campo di ogni settore dei trasporti (sia pubblico che privato, sia di merci che di persone);
3) a considerare l'adattamento ai cambiamenti climatici, la riduzione di gas serra e la decarbonizzazione dell'economia italiana delle linee di sviluppo e ricerca strategiche, da finanziare adeguatamente e prioritariamente.
(1-01450) «Segoni, Artini, Baldassarre, Bechis, Brignone, Civati, Andrea Maestri, Matarrelli, Pastorino, Turco».


   La Camera,
   premesso che:
    il prossimo 11 gennaio 2017 la Corte Costituzionale si pronuncerà sull'ammissibilità delle richieste relative ai tre referendum popolari abrogativi in materia di lavoro e Jobs Act promossi dalla CGIL e sui quali sono state raccolte oltre 3 milioni di firme;
    i tre quesiti chiedono la riviviscenza delle disposizioni contenute nell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori e quindi la reintroduzione normativa dello stesso, l'abrogazione delle disposizioni che hanno istituito i voucher e, infine, la reintroduzione normativa delle disposizioni in materia di responsabilità solidale di appaltatore e appaltante in caso di violazioni nei confronti del lavoratore;
    in caso di pronuncia di ammissibilità da parte della Consulta, il Governo dovrà fissare una data per il voto, tra il 15 aprile e il 15 giugno, fatto salvo quanto disposto dall'articolo 34, secondo e terzo comma, della legge n. 352 del 1970 ove si prevede che, in caso di anticipato scioglimento di una o di entrambe le Camere «il referendum già indetto si intende automaticamente sospeso all'atto della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Presidente della Repubblica di indizione dei comizi elettorali per la elezione delle nuove Camere o di una di esse». Si precisa, poi, che i «termini del procedimento per il referendum riprendono a decorrere a datare dal 365o giorno successivo alla data della elezione»;
    in particolare, i quesiti sui quali la Cgil ha raccolto oltre tre milioni di firme riguardano:
     la materia degli appalti, prevedendo che in caso di violazioni nei confronti del lavoratore rispondano in solido sia la stazione appaltante sia l'impresa appaltatrice, al fine di ripristinare le garanzie per i contributi dei lavoratori delle aziende che subappaltano i lavori. Il quesito, in particolare, recita: «Volete voi l'abrogazione dell'articolo 29 del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, recante “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla legge 14 febbraio 2003, n. 30”, comma 2, limitatamente alle parole “Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi nazionali sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative del settore che possono individuare metodi e procedure di controllo e di verifica della regolarità complessiva degli appalti,” e alle parole “Il committente imprenditore o datore di lavoro è convenuto in giudizio per il pagamento unitamente all'appaltatore e con gli eventuali ulteriori subappaltatori. Il committente imprenditore o datore di lavoro può eccepire, nella prima difesa, il beneficio della preventiva escussione del patrimonio dell'appaltatore medesimo e degli eventuali subappaltatori. In tal caso il giudice accerta la responsabilità solidale di tutti gli obbligati, ma l'azione esecutiva può essere intentata nei confronti del committente imprenditore o datore di lavoro solo dopo l'infruttuosa escussione del patrimonio dell'appaltatore e degli eventuali subappaltatori. ?”»;
     la reintroduzione dell'articolo 18 dello statuto dei lavoratori attraverso l'abrogazione delle norme che hanno liberalizzato i licenziamenti economici. Il secondo quesito in particolare recita: «Volete voi l'abrogazione del d.lgs. 4 marzo 2015, n. 23, recante “Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183” nella sua interezza e dell'articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, recante “Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento” comma 1, limitatamente alle parole “previsti dalla legge o determinato da un motivo illecito determinante ai sensi dell'articolo 1345 del codice civile”; comma 4, limitatamente alle parole: “per insussistenza del fatto contestato ovvero perché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili,” e alle parole “, nonché quanto avrebbe potuto percepire dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione. In ogni caso la misura dell'indennità risarcitoria non può essere superiore a dodici mensilità della retribuzione globale di fatto”; comma 5 nella sua interezza; comma 6, limitatamente alla parola “quinto” e alle parole “, ma con attribuzione al lavoratore di un'indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto, con onere di specifica motivazione a tale riguardo, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti che vi è anche un difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica, in luogo di quelle previste dal presente comma, le tutele di cui ai commi” e alle parole “, quinto o settimo”; comma 7, limitatamente alle parole “che il licenziamento è stato intimato in violazione dell'articolo 2110, secondo comma, del codice civile. Può altresì applicare la predetta disciplina nell'ipotesi in cui accerti la manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento” e alle parole “; nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del predetto giustificato motivo, il giudice applica la disciplina di cui al quinto comma. In tale ultimo caso il giudice, ai fini della determinazione dell'indennità tra il minimo e il massimo previsti, tiene conto, oltre ai criteri di cui al quinto comma, delle iniziative assunte dal lavoratore per la ricerca di una nuova occupazione e del comportamento delle parti nell'ambito della procedura di cui all'articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni. Qualora, nel corso del giudizio, sulla base della domanda formulata dal lavoratore, il licenziamento risulti determinato da ragioni discriminatorie o disciplinari, trovano applicazione le relative tutele previste dal presente articolo”; comma 8, limitatamente alle parole “in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento”, alle parole “quindici lavoratori o più di cinque se si tratta di imprenditore agricolo, nonché al datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, che nell'ambito dello stesso comune occupa più di quindici dipendenti e all'impresa agricola che nel medesimo ambito territoriale occupa più di” e alle parole “, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti, e in ogni caso al datore di lavoro, imprenditore e non imprenditore, che occupa più di sessanta dipendenti” ?»;
     l'abrogazione delle disposizioni relative ai voucher, ossia il cosiddetto lavoro accessorio, che può essere definito l'evoluzione della stabilizzazione del precariato nel nostro Paese. Il terzo quesito, in particolare, recita: «Volete voi l'abrogazione degli articoli 48, 49 e 50 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81, recante “Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183  ?”»;
    secondo quanto si apprende dalla stampa nazionale, proprio in relazione a tali quesiti referendari, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Giuliano Poletti avrebbe recentemente dichiarato anche in riferimento alla coincidenza del referendum con la possibilità di elezioni anticipate che: «se si vota prima del referendum il problema non si pone», i esplicitando in maniera chiara e inequivocabile non solo la difesa strenua del Job Act e del lavoro accessorio, ma anche il timore del Governo per l'indizione di un referendum che, per la seconda volta e nell'arco di pochissimi mesi, potrebbe sancire l'ennesima dimostrazione del profondo dissenso popolare nei confronti delle politiche economiche e sociali varate dal Governo Renzi, nella considerazione che il cuore dell'impianto strategico delle riforme del lavoro introdotte in questi ultimi anni hanno provocato, di fatto, una profonda destrutturazione degli elementi valoriali che sono alla base dei diritti dei lavoratori, legittimando la diffusione incontenibile di forme di precariato del tutto inaccettabili;
    la questione del diritto del lavoro e delle politiche del lavoro nel nostro Paese è una cosa talmente seria da dover essere affrontata urgentemente insieme, con il coinvolgimento di tutte le forze politiche e sociali in campo, perché fino a questo momento la recrudescenza del populismo ed effetti mediatici vari hanno provocato solo scollamento con il blocco sociale, senza portare ad alcun risultato socialmente apprezzabile come emerso inequivocabilmente dopo l'esito del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016;
    bisogna recuperare al più presto quel progetto di unità ed unitarietà in cui si sostanzia il significato basilare dell'articolo 1 della Carta Costituzionale dove si legge: «L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro», perché in termini legislativi non si può continuare a ragionare come se quell'unità e certi equilibri siano stati realmente raggiunti;
    si evidenzia, infine, che il 29 settembre 2016 la Cgil ha consegnato al Parlamento di 1 milione e 150.000 firme a sostegno della proposta di legge di iniziativa popolare sulla Carta dei diritti universali del lavoro: una riscrittura del diritto del lavoro in nome di un principio di uguaglianza che travalichi le varie, forme e tipologie nelle quali esso si è diversificato e frammentato negli anni. La Carta dei diritti universali del lavoro è un testo composto da 97 articoli che propone un nuovo statuto delle lavoratrici e dei lavoratori, che estenda diritti a chi non ne ha e li riscriva per tutti alla luce dei grandi cambiamenti di questi anni, rovesciando l'idea che sia l'impresa, il soggetto più forte, a determinare le condizioni di chi lavora, il soggetto più debole,

impegna il Governo

1) ad adottare le opportune iniziative normative volte a dare seguito alle richieste contenute nei quesiti referendari promossi dalla CGIL in relazione ai quali sono state raccolte oltre 3 milioni di firme.
(1-01451) «Airaudo, Martelli, Placido, Scotto, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Quaranta, Ricciatti, Sannicandro, Zaratti».

Risoluzioni in Commissione:


   La VII Commissione,
   premesso che:
    i criteri e le motivazioni che hanno portato all'inserimento di Aquileia (Udine) nella lista dei siti patrimonio mondiale dell'umanità dell'UNESCO, sotto il profilo dei beni storico-culturali altomedievali, non possono non applicarsi anche alla vicina Grado;
    le motivazioni a sostegno dell'inserimento di Aquileia sono state le seguenti:
     è stata una delle più grandi e ricche città dell'antico impero romano;
     gran parte dell'antica città è rimasta intatta, ancora sepolta ed è il più completo esempio di una città dell'antica Roma nell'area del Mediterraneo;
     il complesso della Basilica patriarcale di Aquileia è la dimostrazione del ruolo decisivo nella diffusione del Cristianesimo nell'Europa nel primo Medioevo;
    per quanto attiene a Grado, oltre ai ben noti aspetti storico-archeologici, ha la peculiarità di avere importanza storico-archeologica analoga ad Aquileia, con i reperti e i resti della laguna, ma anche sotto l'aspetto puramente ambientale;
    Grado aveva già giocato la carta per entrare nel patrimonio dell'umanità stabilito dall'Unesco nel 2005, quando si era fatto quasi esclusivamente riferimento al Castrum e nello specifico alle basiliche paleocristiane di Sant'Eufemia, il Battistero e la Basilica di Santa Maria delle Grazie;
    il sito ha però altre peculiarità uniche: la laguna, un ambiente unico indubbiamente da tutelare e valorizzare unitamente alle oasi naturalistiche, dove si trovano ancora molti resti del lontano passato, dalla primordiale strada Grado-Aquileia, ai resti dei moli del porto romano, a quelli di alcune ville sommerse, senza contare i reperti, come le numerose anfore, che sono state trovate nel corso degli anni e che, al momento, sono in deposito principalmente al Museo di Aquileia;
    inoltre, andrebbe considerata come elemento rafforzativo della candidatura del sito, anche la lingua, il «Gradese», sermo maritimus, ovvero una nobilissima parlata veneta autoctona e lagunare, la più arcaica della regione Friuli Venezia Giulia e diretta erede del latino aquileiese (genesi alto-medievale), di cui Biagio Marin, la voce poetica di Grado, il maggiore poeta dialettale italiano del Novecento, fu cantore, contribuendo a renderla una vera lingua poetica,

impegna il Governo

ad adoperarsi, nelle sedi deputate, affinché siano avviate le procedure finalizzate all'estensione a Grado del riconoscimento dell'Unesco attribuito ad Aquileia e cioè l'iscrizione del Castrum gradese (e dei suoi beni culturali ed architettonici) e della laguna di Grado nella lista del patrimonio mondiale dell'Unesco.
(7-01153) «Borghesi, Fedriga».


   La XIII Commissione,
   premesso che:
    l'Italia per le sue caratteristiche bio-geografiche, geo-morfologiche e climatiche è in assoluto il Paese europeo che presenta il più alto numero di specie sia animale che vegetali, qualificato da una grande ricchezza di forme endemiche che, in alcune zone, presenta punti ad alta densità di biodiversità che assurgono ad importanza planetaria;
    al fine di salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali sono state adottati in ambito europeo la cosiddetta direttiva Habitat, direttiva 92/43/CE, sulla conservazione degli habitat naturali e semi naturali e della flora e della fauna selvatiche, nonché la strategia europea 2008-2014 per la conservazione delle piante, che costituiscono il cuore della politica comunitaria in materia di conservazione della biodiversità;
    la «direttiva habitat» prevede per ogni Stato l'obbligo di garantire la sorveglianza sullo stato di conservazione dei luoghi e delle specie indicate negli elenchi allegati alla direttiva, tramite il monitoraggio, la raccolta delle informazioni e la redazione, ogni 6 anni, di un rapporto nazionale sullo stato di attuazione della direttiva stessa;
    tra le principali cause di estinzione l'introduzione di specie aliene – cosiddette «specie esotiche invasive»;
    nel nostro Paese si assiste da anni, con un aumento di intensità del fenomeno negli anni recenti, al proliferare di numerose fitopatie anche aggressive dovute principalmente all'introduzione di varietà vegetali aliene;
    vite, olivo, agrumi, castagne, kiwi e api, per citarne alcune, sono tutte produzioni minate da fitopatie aggressive con danni ingenti sia dal punto di vista della difesa dei territori e della biodiversità che da quello economico e con importanti ricadute su alcuni prodotti simbolo del made in Italy;
    gli ulivi sono stati colpiti dalla Xylella fastidiosa nella misura quasi del 50 per cento per centro delle piante in produzione; per le castagne il cinipide ha quasi azzerato le produzioni delle aree più vocate; gli agrumi siciliani sono stati attaccati dalla Tristeza, che ha già «indebolito» oltre il 30 per cento delle piante; le api vengono distrutte dal coleottero Aetina tumida con importante flessione dei volumi di produzione del miele; la vite italiana è attaccata dalla Peronospera; la produzione di kiwi è colpita dallo presudomonas syringae pv. actinidiae (PSA), che causa la betteriosi del kiwi, con importanti ripercussioni sulla voltura di un frutto di cui siamo tra i primi produttori nel mondo;
    dalla popillia japonica alla drosophila suzukii, dal dryocosmus kuriphilus alla xylella sono numerose le nuove specie che minacciano la biodiversità presente sul territorio nazionale e che provocano danni all'agricoltura nazionale per cifre molto ingenti;
    i parassiti e le patologie nuove che si stanno radicando in Italia non trovano fattori naturali di contrasto, non hanno specie antagoniste e non si conoscono strumenti di contenimento validi con la conseguenza di milioni di euro di danni per gli agricoltori e pesanti ripercussioni sugli habitat e sul paesaggio agrario di vaste aree;
    in particolare, una vasta area del Nord che va dall'Emilia Romagna al Veneto e al Friuli-Venezia Giulia, è interessata da un'invasione epocale di cimici di origine asiatica particolarmente infestante, il cui nome scientifico è halyomorpha halys, proveniente da Cina, Giappone, Taiwan e Corea, che determina una vera e propria situazione di emergenza;
    la cimice asiatica è un insetto polifago, attacca qualsiasi tipo di raccolto tra luglio e settembre e, non avendo antagonisti naturali nel territorio, si moltiplica velocemente deponendo le uova anche due volte l'anno; inoltre, l'esemplare adulto è in grado di volare per lunghe distanze alla ricerca del cibo; inoltre, questa specifica specie mostra una elevatissima capacità di adattamento all'ambiente con conseguente aumento della tendenza a diffondersi anche in altri territori;
    la cimice asiatica adulta sverna in edifici o in cassette e anfratti riparati con la conseguenza che con l'abbassarsi della temperatura si avvicina anche alle case alla ricerca del caldo, determinando grandi disagi alla popolazione che è costretta a tenere porte e finestre chiuse per evitare di ritrovarsi i muri delle case ricoperti di milioni di esemplari di queste insetti;
    le cimici, come già successo con le cosiddette zanzare tigri, e come probabilmente succede anche per le altre specie esogene sono giunte in Italia seguendo le rotte commerciali, in imballaggi di cartone o contenitori di legno, o attraverso i trasporti passeggeri;
    la cimice asiatica rappresenta soltanto l'ultimo in ordine temporale dei parassiti inediti arrivati in Italia,

impegna il Governo:

   ad adottare iniziative a fronteggiare, nell'immediato, le situazioni di emergenza determinate dalla invasione delle specie esogene, ad assicurare la tutela della salute dei cittadini e dei prodotti introdotti sul mercato ortofrutticolo e a salvaguardare l'economia del settore ortofrutticolo delle zone interessate;
   ad assumere iniziative per prevedere e sostenere a livello europeo, nazionale e regionale l'adozione di misure straordinarie che agiscano su diversi piani: dal potenziamento della ricerca alla diffusione di tecniche di difesa adeguate, dal maggior controllo internazionale sugli scambi, al miglioramento della capacità di intervento nelle fasi di emergenza, fino al potenziamento degli strumenti di risarcimento;
   ad incrementare e sostenere la ricerca al fine di individuare metodi e pratiche di difesa naturali e non pericolosi per l'integrità dei luoghi, per la difesa della qualità dei prodotti, a tutela della salute pubblica e per evitare che ci si trovi a dover fronteggiare situazioni estreme di complessa risoluzione che richiedono anche impiego di ingenti risorse che potrebbero, altrimenti, essere destinate a progetti di lungo periodo;
   ad assumere iniziative per istituire un fondo ad hoc finalizzato a far fronte alle situazioni di emergenza determinate dalla presenza di specie esotiche invasive la cui presenza determina gravi danni alle colture e alla economia del settore agricolo.
(7-01154) «Russo, Milanato, Sandra Savino».

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere – premesso che:
   a seguito degli ultimi eventi sismici del 26 e del 30 ottobre 2016 è stato emanato il decreto-legge n. 205 del 2016 denominato «Nuovi interventi urgenti in favore delle popolazioni e dei territori interessati dagli eventi sismici del 2016», che prevede, tra le altre prescrizioni, l'acquisizione e la predisposizione di aree da destinare ad insediamenti di container ad uso abitativo, in attesa di fornire alle popolazioni sfollate le più confortevoli strutture abitative di emergenza (cosiddette SAE);
   le attività di carattere pubblico predisposte hanno, tuttavia, tempi tecnici di attuazione che costringono le popolazioni del terremoto ad una prolungata situazione di disagio, considerato che molti dei cittadini che hanno perso la propria abitazione risiedono attualmente in strutture alberghiere, non di rado lontane anche cento chilometri dal proprio comune di residenza;
   nelle more di tali interventi di natura pubblica, alcuni comuni delle Marche hanno consentito ai propri cittadini, attraverso delibere comunali, di provvedere autonomamente nel reperire ed istallare strutture abitative mobili in terreni privati, senza rischio alcuno per l'incolumità degli stessi e senza alcun costo a carico dello Stato. In particolare, si tratta di strutture prefabbricate in legno o moduli rimovibili;
   tali iniziative sono state adottate nei comuni di Tolentino, Pieve Torina, Pioraco e Montecavallo, tutte in provincia di Macerata (fonte: Cronachemaceratesi.it, 15 dicembre 2016);
   in particolare, si cita il caso del comune di Pieve Torina che, con deliberazione del consiglio comunale n. 29 del 26 novembre 2016, ha fissato delle linee di indirizzo per la realizzazione e la localizzazione temporanea di manufatti fissi o mobili in area di proprietà o in uso a qualsiasi titolo, da parte dei cittadini residenti, nell'indisponibilità dell'immobile di proprietà, o in uso, prima del sisma;
   tali linee guida, contenenti prescrizioni quanto a soggetti legittimati, oneri e spese, requisiti tecnici dei manufatti adibiti ad abitazioni temporanee, prescrizioni esecutive, autorizzazioni e disciplina di rimozione degli stessi, rappresentano una risposta celere e – ad avviso degli interpellanti – doverosa, per consentire alle popolazioni sfollate di avere una abitazione dignitosa in tempi certi e rapidi, nonché di agevolare la ripopolazione delle aree colpite dagli eventi sismici, nel pieno rispetto delle esigenze di sicurezza;
   con comunicazione del servizio infrastrutture, trasporti ed energia, P.F. urbanistica paesaggio e informazioni territoriali, della giunta regione Marche, a firma del dirigente preposto architetto Achille Bucci, avente ad oggetto «Strutture abitative di emergenza. Normative di riferimento», indirizzata ai presidenti delle province e ai sindaci delle Marche, si richiamavano i sindaci ad «attenersi alla normativa statale in merito alle soluzioni alloggiative per la popolazione e a non adottare provvedimenti in contrasto con le suddette disposizioni di legge»; le province ad esercitare i poteri di vigilanza di cui all'articolo 3 della legge della regione Marche n. 34 del 1992, che consentono anche «la sospensione o demolizione di opere difformi dal piano regolatore generale l'annullamento di concessioni e autorizzazioni comunali, previsti dagli articoli 39 e 40 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001»; infine, si sottolineava che «l'esecuzione di opere edilizie in assenza del titolo abitativo previsto per legge configura il reato di costruzione abusiva»;
   tale iniziativa della regione Marche è a giudizio degli interpellanti illogica e lesiva del diritto dei cittadini di provvedere autonomamente ad una abitazione dignitosa, ancorché provvisoria, e delle prerogative dei comuni che legittimamente, ed in ossequio alle proprie attribuzioni e funzioni e nel rispetto del principio di sussidiarietà, che trova supremo riconoscimento nella legge fondamentale, forniscono una risposta di buon senso alle esigenze delle comunità che amministrano;
   tali iniziative, oltre a non costituire alcun rischio per le popolazioni sfollate in termini di incolumità, non hanno alcun costo ulteriore per lo Stato, dato che le spese per la loro realizzazione sono a carico dei privati (con costi anche sensibilmente inferiori rispetto alle strutture acquistate dallo Stato), così come sono privati i terreni sui quali le strutture in legno o mobili vengono installate –:
   se il Governo, ove ne sussistano i presupposti, anche con iniziativa di competenza del commissario straordinario del Governo per la ricostruzione, non intenda intervenire in relazione ai fatti esposti in premessa, al fine di consentire la legittima iniziativa privata nel provvedere alle proprie esigenze abitative, anche in fase di emergenza;
   se non intenda, valutata la conformità alla legge delle iniziative intraprese da sindaci e amministrazioni comunali richiamate in premessa, assumere iniziative affinché tali «buone pratiche» siano adottate anche in altri comuni nelle aree del cratere, così come individuate nel cosiddetto decreto terremoto, in modo coordinato ed uniforme.
(2-01564) «Ricciatti, Airaudo, Franco Bordo, Costantino, D'Attorre, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Marcon, Martelli, Melilla, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Quaranta, Sannicandro, Scotto, Zaratti».

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere – premesso che:
   sull'Italia pendono ben 3 procedure di infrazione europea;
   la prima fu la procedura d'infrazione 2004/2034 (causa C 565/10): relativa agli agglomerati > 10.000 a.e. che scaricano in aree cosiddette «sensibili», in ordine alla quale l'inadempienza dello Stato italiano è relativa agli obblighi di predisposizione dei sistemi di raccolta (direttiva 91/271/CEE, articolo 3) e dei sistemi di trattamento (articolo 4 e 10). La sentenza della Corte di giustizia del 19 luglio 2012 ha accertato la violazione da parte dello Stato italiano per 110 agglomerati;
   la seconda procedura d'infrazione 2009/2034 (Causa C-85/13) è relativa allo stato di attuazione per gli agglomerati > 2.000 a.e.; a seguito di questa procedura la sentenza della Corte di giustizia del 10 aprile 2014 ha accertato la violazione da parte dello Stato italiano per 41 agglomerati;
   la terza, partita all'inizio del 2014, è la 2014/2059, all'esito della raccolta di informazioni EU Pilot 1976/11/ENVI, relativamente agli agglomerati con carico generato superiore a 2.000 a.e.; essa riguarda la non conformità agli articoli 3, 4 e 5 per 883 agglomerati urbani e la non conformità all'articolo 5 per 55 aree sensibili;
   si apprende che l'Unione europea ha quantificato la sanzione relativa alla prima procedura di infrazione europea, sulla quale la Corte di giustizia si era espressa nel 2012. Oltre 62 milioni di euro di multa a titolo forfettario, più una sanzione supplementare di quasi 347 mila euro per ogni giorno di mancata applicazione di quanto imposto: questo il contenuto economico del nuovo ricorso contro l'Italia proposto da Bruxelles. Nel 2012 la Corte aveva stabilito che le autorità italiane stavano violando il diritto dell'Unione europea in quanto non avevano assicurato la raccolta e il trattamento adeguati dei liquami di scolo di 109 agglomerati urbani. Di conseguenza, ne aveva ordinato un'adeguata raccolta e trattamento, pena sanzioni. Alla perentoria indicazione è stato dato seguito solo in una minoranza di casi, cosicché oggi, a quattro anni di distanza, risultano essere ancora 80 i casi di violazione. Complessivamente, oltre sei milioni di persone risiedono nei centri abitati considerati dalla sentenza. La motivazione del nuovo deferimento dell'Italia risiede nel fatto che il mancato trattamento delle acque reflue «pone rischi significativi per la salute umana, le acque interne e l'ambiente marino». In particolare, viene posto l'accento sugli eccessivi contenuti di fosforo e di azoto negli scarichi, incriminati perché in grado di danneggiare sia le acque dolci che l'ambiente marino, favorendo la crescita eccessiva di alghe che finiscono col soffocare le altre forme di vita;
   fonti di stampa già annunciavano la notizia a metà settembre, notizia che ora viene nuovamente confermata;
   fino all'approvazione del decreto-legge n. 113 del 2016 l'erogazione dei fondi previsti dall'articolo 7, comma 6, del cosiddetto decreto sblocca Italia, per avviare i lavori di adeguamento dei depuratori, nonostante la nomina di diversi commissari, è stata bloccata per problemi burocratici, dovuti anche a lacune legislative come segnalato in diversi atti di sindacato ispettivo degli interpellanti e ordini del giorno accolti –:
   se intendano fornire informazioni precise relativamente alla quantificazione delle sanzioni relative alla procedura di infrazione 2004/2034, sia in totale, sia relativamente alle singole regioni, e se trovi conferma che il pagamento delle sanzioni avverrà tramite la mancata erogazione di fondi europei alle singole regioni;
   se intendano fornire dati precisi sullo stato di avanzamento dei lavori di adeguamento richiamati in premessa a seguito del decreto-legge n. 113 del 2016.
(2-01562) «Daga, Villarosa, De Rosa, Terzoni, Micillo, Busto, Mannino, Zolezzi, Vignaroli».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con una circolare shock direttore dei presidi ospedalieri di Cagliari ha comunicato quanto segue:
    «oggetto: blocco ricoveri programmati e dimissione pazienti dimissibili – in previsione dello sbarco dei migranti previsto per la giornata di oggi, si invitano le SS.LL. a voler provvedere a bloccare i ricoveri programmati e a dimettere i pazienti dimissibili, al fine di poter affrontare l'eventuale emergenza. Firmato il direttore medico dei presidi ospedalieri»;
   si tratta di una comunicazione richiesta dall'assessorato regionale tra quelle che appaiono all'interrogante l'irragionevolezza e la totale spregiudicatezza di una regione allo sbando che arriva a pianificare lo sfollamento degli ospedali, mandando a casa i pazienti che risultano ricoverati per un valido motivo, (altrimenti non dovrebbero essere ricoverati) e nonché coloro per i quali era pianificato il ricovero;
   non ci sono molti commenti da fare e nemmeno troppe interpretazioni;
   si tratta di una gestione secondo l'interrogante scandalosa che conferma la totale incapacità a governare tali emergenze e soprattutto l'inadeguatezza della struttura sanitaria;
   è semplicemente scellerato, ad avviso dell'interrogante, aver pianificato la dimissione dei pazienti ricoverati, ma dimissibili;
   sorge un dubbio sul motivo dei ricoveri in essere e sul motivo di mettere nero su bianco la richiesta di far dimettere i pazienti dimissibili, considerato che tale procedura non dovrebbe essere sollecitata;
   una gestione seria avrebbe individuato i posti liberi e disponibili nelle strutture ospedaliere, ma mai e poi mai avrebbe disposto le dimissioni dei pazienti ricoverati e per giunta il blocco di quelli programmati;
   sarebbe bastato fare una verifica in tutte le strutture ospedaliere per avere contezza delle disponibilità, ma nessuno avrebbe mai dovuto disporre le dimissioni dei pazienti ricoverati e bloccare quelli preventivati;
   si tratta di un atto che rasenta l'assurdo la «degenerazione gestionale» di questa «partita immigrazione»: nessuna seria pianificazione con le prefetture che danno l'assenso senza aver in alcun modo la certezza della più elementare logistica;
   si è dinanzi a provvedimenti che lasciano esterrefatti e sollevano dubbi seri sulla capacità di governo della sanità;
   l'organizzazione dell'accoglienza non può essere gestita dallo Stato e dalla regione con tale pressappochismo;
   se si devono dimettere i pazienti sardi per far spazio ai migranti significa che non esistono le strutture idonee e i numeri sufficienti per garantire una seria accoglienza;
   non si può propagandare accoglienza se poi questa avviene senza disporre delle misure minime, ricoveri ospedalieri prima di tutto –:
   se non si ritenga di dover verificare, per quanto di competenza, quanto accaduto, con particolare riguardo ai mancati ricoveri e alle eventuali dimissioni, anche in relazione al rispetto dei livelli di assistenza;
   se non si ritenga di dover promuovere, per quanto di competenza, un protocollo univoco su queste casistiche al fine di evitare nuovi gravi fatti come quelli denunciati. (5-10137)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il superamento delle quote destinate alla regione Sardegna per il riparto dei migranti, compresi i minori, confermano di fatto la determinazione del Governo di utilizzare l'isola come un vero e proprio campo di isolamento per evitare tensioni ai confini con gli altri Stati;
   tali trasferimenti che sono, secondo l'interrogante, palesemente irrazionali e irragionevoli, raggiungono costi esorbitanti senza giustificazione alcuna;
   i migranti con manifestazioni di ogni genere, bloccando strade cittadine e arterie di primaria importanza, hanno ribadito la contrarietà all'essere isolati e reclusi di fatto in Sardegna, avendo l'ambizione di giungere ad altre mete;
   tutto questo continuerà a provocare tensioni di ogni genere anche con le forze dell'ordine;
   la Sardegna, come ha dichiarato la stessa prefettura di Cagliari, non è più in grado di fronteggiare la richiesta di accoglienza anche in considerazione della sempre meno adeguata gestione delle strutture preposte, con particolare riferimento a quelle dei minori;
   la decisione di utilizzare di fatto la Sardegna come un campo di isolamento è, secondo l'interrogante, in palese violazione di tutte le disposizioni internazionali;
   si mira a creare una vera e propria barriera fisica che isoli gli immigrati dal resto del continente e impedisca loro di muoversi nel territorio nazionale con troppa facilità;
   con il fenomeno dei migranti sbarcano in Sardegna anche le società continentali che si riversano nell'isola alla conquista di appalti e denari;
   alle spalle dell'accoglienza anche nell'isola si affaccia il grande affare delle società legate al giro romano e non solo;
   a Sassari e Cagliari si sarebbero registrati appalti anomali e inadeguati per i quali vengono esperite quelle che appaiono all'interrogante «pseudo procedure» a evidenza pubblica per selezionare soggetti destinati all'accoglienza di migranti;
   si tratta di pseudo «appalti» assegnati a cooperative di Roma, Macerata, Potenza, Bari;
   bastano due appartamenti in affitto, trasformati non si sa come in residenza per accoglienza, per fare l'affare;
   si tratta di società ben informate che ricercano immobili autorizzati per alloggiare massimo 20 persone e poi ne stivano 5 volte tanto;
   tutto questo, ad avvisto dell'interrogante, avviene in situazione di dubbia legittimità, fuori da qualsiasi parametro di sicurezza;
   prima di giugno 2016 molte prefetture operavano con gare «volanti» con il massimo ribasso, poi è arrivata la disposizione ministeriale: procedere con offerta economicamente vantaggiosa;
   in questo ultimo caso sono entrati in campo parametri di valutazione che hanno proiettato ai vertici delle graduatorie proprio le società di Roma Capitale, grazie alle «esperienze» poi finite sotto inchiesta –:
   se il Governo non intenda interrompere questo flusso irrazionale e irragionevole di migranti in Sardegna considerate le affermazioni della stessa prefettura di saturazione del sistema di accoglienza e tenuto conto che gli stessi migranti considerano l'isola un campo di isolamento teso ad impedire loro di muoversi verso altre regioni e altri Stati;
   se non intenda fornire un quadro esaustivo dell'organizzazione dell'accoglienza in Sardegna, comprese gli affidamenti e le graduatorie delle gare d'appalto per tali gestioni che risultano all'interrogante ancor oggi non rese pubbliche da alcuna prefettura;
   se non ritenga necessario assumere le iniziative di competenza per impedire che società coinvolte a vario titolo nelle indagini di «Mafia Capitale» possano operare in Sardegna e non solo e venga stabilita una puntuale verifica di questo fenomeno «migratorio» di società teso, secondo l'interrogante, solo a speculare sul dramma dell'immigrazione. (5-10138)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   l'amministrazione Obama ha deciso di sospendere l'invio a Ryad di «bombe aeree» e di «munizionamento di precisione» del valore di centinaia di migliaia di dollari;
   si tratta di sistemi militari che sono la principale causa di vittime dei bombardamenti, spesso indiscriminati, dell'aeronautica militare saudita in Yemen;
   la preoccupazione per le migliaia di morti tra i civili – oltre 4 mila secondo le Nazioni Unite – è alla base del cambio di direzione della Casa Bianca che, negli ultimi anni, ha approvato forniture militari del valore di miliardi di dollari;
   dall'Italia, invece, continuano a partire carichi di bombe aeree per rifornire la Royal Saudi Air Force;
   l'ultimo carico, con oltre 3.000 bombe, denunciato dall'interrogante, è partito in gran segreto alcuni giorni fa dal porto canale di Cagliari;
   si tratta anche questa volta di bombe aeree del tipo MK80 prodotte dalla RWM Italia, azienda del gruppo tedesco Rheinmetall, con sede legale a Ghedi (Brescia) e fabbrica a Domusnovas in Sardegna;
   la responsabilità del rilascio delle licenze di esportazione ricade sull'unità per le autorizzazioni di materiali d'armamento (UAMA), autorità nazionale incardinata presso il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale e che fa riferimento direttamente al Ministro;
   nel percorso di valutazione per tale rilascio incidono con ruoli stabiliti dalla legge i pareri di vari Ministeri, tra cui soprattutto il Ministero della difesa;
   la Rete italiana per il disarmo ha espresso la propria preoccupazione per il crescente supporto di diversi dicasteri alle industrie militari italiane a favore delle esportazioni di armamenti;
   l'Arabia Saudita avrebbe ricevuto da Fincantieri proposte per l'acquisto di nuove navi militari, tra cui alcune corvette e fregate;
   la proposta giunge poche settimane dopo la visita della Ministra della difesa Roberta Pinotti a Ryad dell'ottobre 2016, durante la quale la Ministra avrebbe discusso col suo omologo saudita, il Vice Principe ereditario Mohammed bin Salman bin Abdulaziz, proprio di nuovi accordi navali nel settore militare;
   tali accordi, secondo l'interrogante, non tengono in alcun conto delle relazioni dei servizi segreti tedeschi che dichiarano la totale inaffidabilità del regime saudita anche in seguito al conflitto in Yemen e delle gravi violazioni dei diritti umani nel Paese arabo;
   la legge italiana n. 185 del 1990 che regolamenta questa materia dispone che le esportazioni di armamenti siano vietate verso le nazioni sotto embargo internazionale ma anche verso i Paesi in stato di conflitto armato e la cui politica contrasti con i principi dell'articolo 11 della Costituzione –:
   se non ritengano di doversi uniformare alle stesse decisioni già assunte dal Governo tedesco e da quello americano e di impedire ulteriori genocidi di cui il Governo, ad avviso dell'interrogante, si sta di fatto rendendo drammaticamente complice;
   se non ritengano di dover con urgenza assumere iniziative per disporre il blocco di tali trasporti e di tali nefasti rapporti con un Governo che appare all'interrogante pericoloso e responsabile di gravi violazioni dei diritti umani. (5-10141)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la vertenza degli stabilimenti della multinazionale Vesuvius ha dirette e rilevanti connessioni con gli stabilimenti di produzione di acciaio in Italia;
   da una parte lo stabilimento di Macchiareddu in Sardegna, nel comune di Assemini, approvvigiona con il 60/70 per cento delle sue produzioni lo stabilimento Ilva di Taranto e per il restante, una buona parte è destinato agli impianti ex Lucchini di Piombino;
   per entrambi i casi, sia quella dell'Ilva di Taranto che quello dell'ex Lucchini di Piombino, risulta attivato un impegno finanziario di risorse statali ingente per il mantenimento e la ripresa produttiva degli impianti di produzione di acciaio;
   gli stessi sono stati di fatto dichiarati di interesse strategico-nazionale;
   nella ratio degli interventi statali, e nello stesso dibattito parlamentare, è emerso con chiarezza che vi era l'obiettivo di mantenere produttivi questi impianti, anche al fine di garantire e tutelare l'intera filiera produttiva dell'acciaio;
   nelle varie disposizioni legislative che si sono succedute, in particolar modo sull'Ilva di Taranto, è stato ribadito l'obiettivo, con lo stanziamento di risorse conseguenti, di tutelare non solo le industrie primarie ma anche le attività indotte dell'intera filiera;
   lo stabilimento di Assemini (105 dipendenti e circa 80 lavoratori indiretti) produce in media 130 mila pezzi all'anno di materiale refrattario isostatico per colate in altiforni di primaria qualità, riconosciuta in ambito internazionale;
   produzioni indispensabili nella filiera produttiva dell'acciaio e con un evidente e decisivo apporto alla qualità ambientale e alla sicurezza degli stessi impianti;
   è evidente, dunque, che la ratio di salvaguardare l'indotto era direttamente connessa non solo al mantenimento della capacità produttiva, alla qualità ambientale e alla sicurezza dello stabilimento, ma anche al mantenimento operativo e produttivo di tutto l'indotto;
   il tentativo, a giudizio dell'interrogante subdolo, della multinazionale Vesuvius di chiudere lo stabilimento sardo e dislocare le produzioni all'estero è inaccettabile e costituisce un atteggiamento che va contrastato per evitare che l'obiettivo di unitarietà del processo produttivo dell'acciaio venga dissolto;
   la multinazionale Vesuvius ha annunciato la chiusura degli stabilimenti italiani entro la fine dell'anno e per 200 lavoratori diretti e altrettanti dell'indotto si profila il licenziamento;
   la Vesuvius vanta crediti rilevanti nei confronti dell'Ilva;
   l'Ilva di Taranto, principale utilizzatrice delle produzioni Vesuvius, è sottoposta a regime commissariale straordinario con commissari indicati e nominati dal Governo in carica;
   negli stessi dispositivi di legge recanti norme per l'Ilva sono previste particolari disposizioni per regolare i rapporti con le imprese dell'indotto, con particolare riferimento a prestazioni necessarie al risanamento ambientale, alla sicurezza e alla continuità dell'attività degli impianti produttivi essenziali –:
   se attraverso i commissari dell'Ilva e della ex Lucchini di Piombino non si intenda esercitare il potere negoziale nei confronti della Vesuvius affinché sia rispettata la ratio delle norme che impone di fatto che sia mantenuta in essere l'intera filiera produttiva indotta e che le forniture e i relativi pagamenti possano essere effettuati solo e ad esclusiva condizione che le produzioni siano tutte riconducibili ad impianti in essere sul territorio nazionale. (5-10142)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   un carico di bombe senza precedenti è stato caricato la notte dell'8 dicembre 2016 dal porto canale di Cagliari verso l'Arabia Saudita;
   si tratta di un'operazione coperta da riservatezza;
   per portarle via dalla Sardegna hanno fatto arrivare una nave apposita, la gigantesca imbarcazione araba denominata Bahri Tabuk che ha attraverso i mari dall'Arabia Saudita sino a Cagliari per caricare presumibilmente una cifra non inferiore ai 3.000 ordigni prodotti dalla RWM tedesca in agro di Domusnovas;
   un carico da 18 container issati a bordo con la supervisione di tecnici, vigilanza e vigili del fuoco;
   l'operazione ha avuto inizio in mattina e si è conclusa nella nottata quando la nave container ha preso il largo poco prima di mezzanotte;
   si è trattato di un carico di morte senza precedenti, nonostante tutti i richiami dell'Onu a fermare questa devastante guerra dei sauditi contro la popolazione Yemenita;
   l'approvvigionamento è stato gestito con massima riservatezza e allerta sicurezza;
   a quanto consta all'interrogante sono stati impiegati nelle operazioni uomini della polizia in tenuta antiterrorismo e vigili del fuoco a presidiare sin dal pomeriggio ogni manovra dentro il porto terminal di Cagliari;
   le fonti più riservate in realtà segnalavano la nave in arrivo a Cagliari già dalla sera di venerdì, ma la Bahri Tabuk è rimasta in rada per ben 12 ore prima di solcare il porto canale;
   il porto è stato circondato da pattugliamenti costanti di polizia e guardia di finanza;
   il primo segnale che l'operazione fosse concreta è riscontrabile alle ore 5,48, quando la nave della morte solca quel tratto di mare per entrare nel porto canale;
   si è trattato, ad avviso dell'interrogante, di un « blitz» italo-saudita pianificato in ogni dettaglio e autorizzato dallo Stato italiano;
   un trasporto che sembra definito tra i reali dell'Arabia Saudita e il Governo italiano che di fatto ad avviso dell'interrogante copre la Germania che produce in Italia queste armi, ma condanna il regime saudita; 
   quelle bombe hanno già provocato già migliaia di morti, migliaia di bambini falciati da quel carico di morte;
   si tratta ancora una volta dell'alleanza dei ricchi contro i poveri;
   succede che la ricca Germania sfrutta la povertà di un territorio, il Sulcis, per produrre armi micidiali e rivenderle ai ricchi dell'Arabia Saudita, che poi le scaricano sui poveri dello Yemen;
   questo coinvolgimento del Governo italiano e quell'ignobile conflitto che genera migliaia di vittime innocenti vanno fermati;
   in questa direzione va affrontato il tema occupazionale per coloro che dipendono da tali società produttrici predisponendo norme e provvedimenti ad hoc tesi al ricollocamento del personale occupato;
   è indispensabile che nessuno perda un solo posto di lavoro, ma nel contempo si riconvertano tali nefaste produzioni –:
   se non ritenga il Governo di dover assumere iniziative per fermare questo «traffico di morte» dall'Italia verso l'Arabia Saudita;
   se non si ritenga che tale traffico possa far diventare l'Italia e la Sardegna bersaglio di criminali rappresaglie per tali produzioni;
   se non si ritenga di dover adottare iniziative per garantire la ricollocazione dei lavoratori impegnati in queste nefaste produzioni;
   se non ritenga di dover assumere iniziative per bloccare tale traffico di bombe anche in relazione ai vari pronunciamenti di condanna dell'Onu rispetto alla guerra in Yemen.  (5-10143)


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il direttore generale responsabile dell'unità di progetto per l'eradicazione della peste suina africana in Sardegna, con Protocollo 566/N. 21 del 27 settembre 2016, ha emanato un'ordinanza di abbattimento per pascolo non confinato di suini infetti;
   il responsabile dell'unità di progetto per la eradicazione della peste suina africana ha ordinato all'agenzia Forestas:
    di provvedere allo smaltimento e alla distruzione delle carcasse, in località Fiorentini (coordinate lat. 40,272123, long. 9,014873), una volta verificatane l'idoneità, con proprio personale e mezzi, sotto il controllo del servizio veterinario di sanità animale della Asl di Sassari e del personale del Corpo forestale e di vigilanza ambientale;
   la disposizione prevedeva lo smaltimento, mediante infossamento in loco, delle carcasse, ai sensi dell'articolo 19, comma 1, lettera c) del regolamento CE n. 1069/2009, in considerazione della necessità di agire con rapidità evitando rischi per gli operatori addetti alle operazioni di depopolamento e quindi per ragioni di sicurezza limitando al minimo gli spostamenti dei mezzi;
   nei giorni successivi, un comitato di cittadini ha denunciato che i maiali malati sono stati in realtà smaltiti nell'oasi faunistica a S'Elighe Durche;
   un comitato di cittadini che si sta costituendo nel Goceano (ad Anela in particolare) vuole vederci chiaro;
   i componenti del comitato spontaneo hanno denunciato che «lo scorso 28 settembre, nella foresta demaniale di Anela, a S'Elighe Durche, vicino alla base elicotteristica del corpo forestale e di vigilanza ambientale, e della casermetta forestale, sono state smaltite sette carcasse di maiali provenienti da Illorai (sei) e Pattada (uno). I suini sarebbero stati abbattuti in ottemperanza a ordinanze scaturite dal piano di eradicazione della peste suina africana. Il tutto, sembra, secondo precise disposizioni che indicavano di smaltire nella foresta di Fiorentini»;
   quelle di Anela e di Fiorentini sono due foreste demaniali, oasi permanenti di protezione faunistica, di grande valore naturalistico, ricche di falde acquifere;
   lo smaltimento delle carcasse sotto terra sarebbe avvenuto in un punto distante 23 metri da un ruscello, vicino a un altro corso d'acqua e a 30 metri da una sorgente che sgorga in un abbeveratoio per bestiame;
   i cittadini hanno chiesto alla procura di «scoprire se l'ordinanza del direttore generale responsabile dell'unità di progetto per l'eradicazione della peste suina africana sia stata eseguita nelle norme di legge, se siano state garantite tutte le precauzioni in termini sanitari e di difesa ambientale per quanto riguarda l'infossamento dei sette suini»;
   le carcasse sarebbero infatti state smaltite in una zona vicina a campeggi, ricchissima di acque sorgive e confinante con un laghetto montano –:
   se il Governo non intenda assumere iniziative, con la massima urgenza e per quanto di competenza, in ordine a quanto denunciato dai cittadini;
   se il Governo non ritenga di disporre precise e definite regole volte a garantire che sia impedita una tribale gestione dello smaltimento delle carcasse di animali;
   se non ritenga di dover promuovere una verifica da parte del comando dei carabinieri per la tutela dell'ambiente in relazione all'intera catena di gestione di questi smaltimenti di animali con la segnalazione alla magistratura di eventuali violazioni in materia sanitaria e ambientale. (5-10145)


   PALAZZOTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   in data 14 dicembre 2016, come riportato da diverse fonti di stampa internazionali, 34 afghani sono stati condotti attraverso un volo charter, operato dalla compagnia italiana Meridiana, da Francoforte a Kabul;
   la compagnia di volo Meridiana non avrebbe una sede legale in Germania, ma in Italia e non è chiaro in base a quale accordo abbia operato il volo in questione;
   il trasferimento di queste persone è stato possibile attraverso un accordo bilaterale tra Germania e Afghanistan che darebbe seguito al controverso accordo raggiunto dall'Unione europea con l'Afghanistan, consentendo quindi di trasferire, con voli charter, un numero indefinito di richiedenti asilo afghani nel Paese asiatico dove ancora la guerra civile imperversa, ufficialmente verso città considerate più o meno «sicure». Un accordo che risulterebbe esser stato raggiunto, a quanto consta all'interrogante, dietro la minaccia, da parte dell'Unione europea, di non rinnovare gli aiuti europei all'Afghanistan;
   secondo quanto riportato dalla Reuters, i cittadini afghani oggetto del rimpatrio sarebbero stati prelevati la mattina presto dalle proprie abitazioni dalla polizia, arrestati e poi condotti direttamente in aeroporto per l'imbarco sull'aereo;
   l'accordo tra l'Unione europea e l'Afghanistan, precisamente denominato « Joint way forward on migration issues between Afghanistan and EU», è stato firmato a Kabul il 2 ottobre 2016 ed è stato evidente, sin da subito, il suo nesso con la Conferenza internazionale sull'Afghanistan che si è chiusa il 6 ottobre 2016, con la promessa di nuovi sussidi economici al Paese (altri 15,2 miliardi di euro);
   per la prima volta, è stato raggiunto un accordo di riammissione forzata con un Paese in una situazione di conflitto conclamato. Nello specifico, l'intesa dice che i cittadini afgani che non hanno i requisiti per restare in uno Stato membro dell'Unione, verranno rimpatriati nel loro Paese d'origine: si prediligerà il «ritorno volontario» altrimenti si procederà presumibilmente secondo l'interrogante con «rimpatri forzati», anche di massa;
   gli afgani sono il secondo gruppo per numero di richiedenti asilo giunti nell'Unione europea – sia nel 2015 che nei primi otto mesi del 2016, ora si trovano al centro di un accordo su rimpatri, riammissioni e reintegri;
   l'Afghanistan è classificato come quartultimo Paese nel Global Peace Index 2016: in condizioni peggiori a livello mondiale ci sono solo Siria, Sud Sudan e Iraq. L’Institute for Economics and Peace rileva, inoltre, che sia secondo solo all'Iraq, sempre su scala globale, per attività terroristiche all'interno del Paese (Global Terrorism Index 2016). In Afghanistan, come documenta un recente rapporto dell’European Asylum Support Office (Easo), dopo più di un decennio di guerra, ci sono stati nel 2015 11 mila civili vittime di violenza;
   ad opinione dell'interrogante, prevedere in un Paese come questo un rimpatrio forzato è un pericolosissimo precedente e rischia di aggravare ulteriormente una situazione già di per sé drammatica;
   secondo quanto si apprende dalla stampa, un nuovo volo dalla Germania in Afghanistan sarà operato agli inizi del nuovo anno e precisamente il 7 gennaio 2017;
   a quanto risulta all'interrogante il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale recentemente non avrebbe ammesso due progetti relativi all'Afghanistan, proprio a causa delle condizioni di sicurezza del Paese –:
   se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, della partecipazione della compagnia Meridiana a operazioni di rimpatrio forzato in Afghanistan e dell'eventualità che si effettuino ulteriori voli charter;
   se il Governo non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, anche in sede europea ed internazionale, per assicurare un'adeguata tutela ai cittadini che provengono da Paesi che presentano precarie condizioni di sicurezza come l'Afghanistan.  (5-10146)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SARRO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   nel centro storico del comune di Piedimonte Matese (Caserta), sorge il Palazzo Ducale, riconosciuto come tra i più significativi monumenti della provincia di Terra di Lavoro, collocato, nel censimento FAI 2016, al primo posto tra i monumenti della Campania da recuperare, grazie ad oltre 16.000 firme di sostegno;
   l'immobile, dichiarato, di «interesse particolarmente importante» con decreto del Ministero per beni culturali ed ambientali dell'8 maggio 1990 e sottoposto al relativo regime di tutela, veniva alienato con atto pubblico di compravendita del 7 marzo 2003, notificato alla competente Soprintendenza il successivo 1o aprile;
   il comune di Piedimonte Matese, con nota prot.n. 403/U.G.S./8333 del 28 aprile 2003 chiedeva all'amministrazione provinciale di Caserta di esercitare la prelazione sullo storico edificio ai sensi dell'articolo 61 del decreto legislativo n. 490 del 1999; ed in tal senso deliberava il consiglio provinciale di Caserta, con atto n. 62 del 27 maggio 2003;
   il competente Ministero assente a tale richiesta con il decreto del 28 maggio 2003;
   a seguito del terremoto del 29 dicembre 2013, il cui epicentro veniva localizzato dalla rete sismica nazionale proprio nel comune di Piedimonte Matese, e dell'ulteriore scossa del 20 gennaio 2014, larga parte del patrimonio monumentale della città subiva notevoli danni come comprovato dalle numerose dichiarazioni di inagibilità;
   la Camera dei deputati nella seduta del 27 marzo 2014 approvava, a larghissima maggioranza, la mozione n. 1-00387 (il cui primo firmatario era l'interrogante) con la quale si impegnava il Governo ad adoperarsi affinché, unitamente alla regione Campania, venissero reperite le risorse finanziarie, anche a valere sui fondi aggiuntivi per la coesione territoriale, nazionali e comunitari, della programmazione 2007/2013 al fine di assicurare adeguati interventi di riparazione;
   coerentemente, la regione Campania, con deliberazione di giunta regionale n. 344 dell'8 agosto 2014, ha assunto l'impegno a finanziare l'intervento di messa in sicurezza e risanamento conservativo del Palazzo Ducale per 2,5 milioni di euro con fondi a valere sull'obiettivo operativo 1.7 del POR Campania, Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR) 2007/2013, approvando il relativo protocollo d'intesa con la provincia di Caserta;
   mentre le azioni di recupero programmate contestualmente per gli edifici religiosi sono state puntualmente realizzate tanto che molti di essi sono oggi riaperti al culto, alcun intervento sarebbe stato promosso per il Palazzo Ducale che continua a versare in stato di preoccupante abbandono;
   di recente, oltre 5.000 cittadini hanno richiesto, con petizione popolare, la sollecita definizione degli interventi di recupero del Palazzo –:
   di quali elementi disponga circa le cause che hanno determinato, fino a questo momento, il mancato utilizzo delle risorse pari a 2.500.000 euro, per l'intervento di messa in sicurezza e risanamento conservativo del Palazzo Ducale, con fondi a valere sull'obiettivo operativo 1.7 del POR Campania FESR 2007/2013;
   quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano intraprendere per favorire l'intervento di messa in sicurezza del Palazzo Ducale di Piedimonte Matese, in un progetto più ampio di riqualificazione e restauro dell'intero immobile.
(4-15010)


   RICCIATTI, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, SANNICANDRO, SCOTTO e ZARATTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   Ètv è un network televisivo formato da Ètv Emilia-Romagna ed Ètv Marche;
   proprietaria del network è il gruppo editoriale Spallanzani di Reggio Emilia attraverso Rete 7 spa, insieme agli azionisti di minoranza EmRo Finance (facente parte del gruppo Banca Popolare dell'Emilia-Romagna), Comunicazione e Cultura di Roma, Intermirifica srl (Bologna), Art’è Comunicazione (Bologna);
   il network trasmette i programmi della emittente TV2000, controllata dalla Conferenza episcopale italiana, ed ha varie edizioni locali del telegiornale: Bologna, Reggio Emilia, Modena, Parma, Rimini, Ancona, Macerata;
   l'emittente Ètv sta attraversando un periodo di difficoltà, legate anche all'incertezza dell'assetto proprietario. Il gruppo Spallanzani ha annunciato nel 2015, infatti, di voler cedere la propria quota ed uscire dalla compagine azionaria del network (La Repubblica Bologna, 20 agosto 2015). Ad oggi, tuttavia, le annunciate trattative con altri imprenditori, per la cessione della rete tv, non paiono essersi concretizzate;
   le rappresentanze sindacali interne ed i lavoratori di Ètv-Rete7 non percepiscono il regolare stipendio da due mesi ed hanno organizzato il 16 dicembre 2016 uno sciopero di 4 ore e manifestazioni a Reggio Emilia ed Ancona, per chiedere alla proprietà di saldare gli stipendi e le competenze arretrati, nonché di individuare soggetti acquirenti che siano in grado di garantire la continuità dell'emittente televisiva e la salvaguardia dei posti di lavoro;
   le difficoltà della testata assumono rilievo non solo per i lavoratori ma anche per i cittadini, posto che il pluralismo dell'informazione è elemento essenziale per ogni società democratica. Si tratta di una funzione di servizio pubblico che la rete ha svolto con grande professionalità nella copertura, da ultimo, degli eventi sismici di Emilia Romagna e Marche –:
   se il Governo sia a conoscenza della vertenza illustrata in premessa;
   se non intenda intervenire, con le iniziative di competenza, per agevolare la soluzione della vertenza e per garantire la continuità dell'emittente televisiva e la salvaguardia dei posti di lavoro. (4-15022)


   CIRACÌ e PALESE. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   in data 9 agosto 2005, con delibera n. 46/10 il consiglio provinciale di Brindisi, ha deliberato di procedere alla costituzione della società per azioni denominata Santa Teresa con la partecipazione, come socio di minoranza, di Italia Lavoro s.p.a.; il consiglio ha poi, in data 30 novembre 2009, proceduto all'acquisizione totale delle quote di Italia Lavoro s.p.a. con propria deliberazione n. 67/22 del 30 novembre 2009;
   la società, costituita il 28 dicembre 2005, è dunque a totale capitale pubblico e ha per scopo sociale la prestazione di tutti i servizi strumentali all'attività dell'ente provincia, nessuno escluso, nonché nei casi consentiti dalla legge, lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di competenza della stessa con il modello dell’in house providing;
   nel corso del tempo il consiglio provinciale ha più volte, con proprie delibere (come ad esempio la delibera 51/13 del 2 dicembre 2011) approvato la rimodulazione dei servizi erogati dalla società con conseguente ridimensionamento ed accorpamento parziale di alcuni servizi già affidati alla stessa, mortificando di fatto la situazione dei lavoratori spesso a rischio licenziamento; rimodulazioni più volte messe in atto, come specificato nella delibera n. 26 del 25 novembre 2016 del consiglio medesimo;
   con deliberazioni del commissario straordinario n. 44 del 18 dicembre 2013 e successiva n. 4 del 19 febbraio 2014, è stato approvato lo schema di nuovo statuto societario: con il nuovo statuto l'amministrazione provinciale, nella sua qualità di socio unico, ha inteso, tra le tante cose, ridurre il capitale sociale, aggravando ulteriormente la già mortificata situazione dei lavoratori e della loro gestione;
   a far data dal 1o novembre 2015 la società, a seguito delle varie riduzioni di capitale e delle rimodulazioni al ribasso dei piani d'impresa, ha avviato la procedura di mobilità individuando gli esuberi sulla base delle esigenze tecnico-organizzative e produttive equivalenti, secondo i criteri stabiliti nella legge n. 223 del 1991; la stessa ha poi attivato la procedura di mobilità anche per la restante parte dei dipendenti;
   in data 11 febbraio 2016 è stato firmato un contratto di solidarietà, sottoscritto tra le parti, che ha comportato una riduzione dell'orario normale di lavoro del 50 per cento da distribuire tra le n. 120 unità lavorative sull'orario full time come da contratto collettivo di lavoro pari a 40 ore;
   in una riunione tenutasi presso la prefettura di Brindisi in data 29 giugno 2016, le organizzazioni sindacali interessate hanno dichiarato formalmente il recesso dal contratto di solidarietà sulla base delle disposizioni di cui al comma 758 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015;
   la giunta regionale pugliese, con delibera adottata in data 23 novembre 2016, ha stanziato, – seppur tardivamente e nonostante i vari solleciti – fondi per 365.846,08 euro in favore della provincia di Brindisi: le somme suddette sono state destinate al finanziamento dei piani d'impresa per la società fino al 31 dicembre 2016;
   è stato presentato in data 21 luglio 2016 l'ordine del giorno n. 9/03926-AR/001 a firma dell'interrogante, accolto dal Governo pro tempore, recante l'impegno a valutare l'opportunità di adottare iniziative idonee affinché gli enti locali della provincia di Brindisi fossero tenuti ad avviare entro il 31 agosto 2016 procedure preselettive per titoli ed esami per assunzioni con contratto di lavoro a tempo indeterminato riservate al personale delle società in house che avesse maturato, alla data di entrata in vigore della suddetta legge, almeno tre anni di servizio anche non continuativi;
   ad oggi non esiste nessuna certezza per i lavoratori dipendenti della società che, oltre l'ultimo giorno dell'anno corrente, non hanno garanzia del prosieguo contrattuale: molti attendono le quote spettanti relative al contratto di solidarietà di cui in premessa;
   120 lavoratori rischiano di perdere il posto di lavoro, nonostante i vari solleciti, e anche manifestazioni pacifiche, nei confronti della provincia di Brindisi e della regione Puglia –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione di cui in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere, anche alla luce della consistente riduzione di risorse agli enti locali, per evitare il licenziamento imminente di 120 lavoratori dipendenti.
(4-15033)

AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE

Interrogazione a risposta scritta:


   SIBILIA, MANLIO DI STEFANO, DI BATTISTA, SPADONI, GRANDE, SCAGLIUSI e DEL GROSSO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   in data 17 novembre 2016 sul sito on line agoravox.it veniva pubblicato un articolo dal titolo «Istituto Culturale Italiano di Marsiglia: l'Omertà ?» che riferiva di un convegno, tenutosi a ottobre a Firenze e organizzato dalla Farnesina, su «Gli stati generali della lingua italiana nel mondo», con un capitolo dedicato alla situazione degli istituti italiani all'estero;
   secondo l'articolista «non si è spesa nemmeno una parola sulla crisi dell'Istituto Italiano di Cultura di Marsiglia, dove, un mese prima, quasi i due terzi dei circa 350 studenti avevano deciso di non rinnovare la loro iscrizione per l'anno 2016-2017»;
   questa che viene definita «dimissione collettiva» viene spiegata come conseguenza dell’«annuncio da parte della direzione dell'Istituto della sostituzione, senza indennità né possibilità di riqualificazione, del personale docente e il “licenziamento” della segretaria dei corsi. Decisione a dir poco incomprensibile che ha lasciato basiti sia gli studenti sia gli stessi insegnanti»;
   nell'articolo si ipotizza, inoltre, che «Marsiglia non è un caso isolato ma l'ultimo episodio di alcune pratiche scandalose ai danni degli insegnanti, già osservate in questi ultimi anni in diversi Istituti Italiani di Cultura (Parigi, Bruxelles...)» –:
   se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda porre in essere per risolvere la questione della precarietà del personale docente e ristabilire, quindi, quel clima di serenità e fiducia tra gli studenti dell'Istituto italiano di cultura di Marsiglia. (4-15008)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VIGNAROLI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI e ZOLEZZI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   l'organo di stampa Il Fatto Quotidiano ha pubblicato il 9 dicembre 2016 un articolo secondo cui emergerebbero nel sistema della raccolta differenziata dei rifiuti una serie di potenziali conflitti di interesse o almeno di anomalie;
   Filippo Bernocchi, avvocato e politico toscano, nonché attuale delegato per l'energia e rifiuti dell'Anci, l'Associazione nazionale dei comuni italiani, ricopre da tempo un ruolo determinante nel rappresentare gli interessi dei comuni nella gestione dei rifiuti nei confronti del Conai;
   il Conai è il sistema consortile privato, nato sulla base del «decreto Ronchi» nel 1997, che gestisce la raccolta differenziata degli imballaggi sulla base di un regime di monopolio di fatto, decidendo l'ammontare delle risorse, introitate attraverso il CAC (contributo ambientale Conai) dai produttori di imballaggi da restituire ai comuni;
   infatti, ai sensi dell'articolo 224, comma 5, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, l'accordo di programma quadro tra l'Anci (Associazione nazionale comuni italiani) e il Conai è divenuto lo strumento attraverso il quale il sistema consortile garantisce ai comuni italiani la copertura dei maggiori oneri sostenuti per le raccolte differenziate dei rifiuti di imballaggi;
   secondo l'articolo predetto risulterebbe che «lo studio legale dello stesso Bernocchi [...] attraverso un altro avvocato cura il recupero crediti del Conai, e cioè i contributi cac evasi dai produttori di imballaggi»;
   di fatto risulta che questo monopolio disincentiva la raccolta differenziata poiché non ripaga i maggiori oneri sostenuti dai comuni per la raccolta differenziata;
   al riguardo, occorre sottolineare che, proprio in virtù del summenzionato incarico, l'avvocato Filippo Bernocchi, in qualità di delegato per l'energia e rifiuti dell'Anci, si occupa anche delle relazioni istituzionali con il Conai. Da qui nascerebbe un'evidente situazione di conflitto di interesse;
   sotto altri profili, la ritenuta incompatibilità dell'avvocato Bernocchi era stata già sollevata dal primo firmatario del presente atto, attraverso la presentazione di un'interrogazione parlamentare presentata il 4 novembre 2015 (n. 4-10980);
   attraverso tale atto si lamentava che tra le attività di Ancitel energia e ambiente, società a maggioranza privata, fino a poco tempo fa presieduta dallo stesso Bernocchi, vi fosse la gestione delle banche dati concernenti l'attuazione di tutti gli accordi sottoscritti dall'Anci sui temi dei rifiuti e dell'energia, primo fra tutti l'accordo di programma quadro Anci-Conai. La citata società viene pagata, dunque, dallo stesso Conai al fine di gestire la banca dati che comprende i numeri della raccolta differenziata dei comuni italiani;
   nel menzionato articolo si riporta che «Il sistema Conai, prendendo per esempio il 2015, ha incassato 593 milioni di euro grazie al cac e circa 225 dalla vendita dei materiali conferiti dagli enti locali, mentre ai comuni ha versato solo 437 milioni», a supporto della diffusa opinione tra i sindaci che il sistema della gestione degli imballaggi e dei rifiuti degli imballaggi non è efficiente –:
   quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati al fine di promuovere una urgente riforma del sistema consortile, anche attraverso urgenti puntuali modifiche alla parte quarta, titolo II del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, in tema di gestione degli imballaggi, anche alla luce delle segnalazioni del Garante per la concorrenza e del mercato e delle asserite situazioni di incompatibilità o comunque di inopportunità lamentate in premessa. (5-10135)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, per sapere – premesso che:
   la legge del 7 aprile 2014, n. 56 (cosiddetta legge Delrio), «Disposizioni sulle Città Metropolitane, sulle Province, sulle Unioni e fusioni di Comuni», ha disposto il cosiddetto riordino delle amministrazioni provinciali determinando una sostanziale modifica dell'assetto e delle funzioni dell'ente provinciale tra cui quelle delle attività culturali, demandate alle regioni;
   la legge regionale del 30 ottobre 2015, n. 31, «Riforma del sistema di governo regionale e territoriale» in attuazione della legge n. 56 del 2014 riordina le funzioni amministrative regionali delle province, delle aree vaste, dei comuni, delle forme associative comunali e della città metropolitana di Bari;
   la legge regionale del 27 maggio 2016, n. 9, «Disposizioni per il completamento del processo di riordino previsto dalla legge regionale 30 ottobre 2015, n. 31 (Riforma del sistema di governo regionale e territoriale)» dispone, all'articolo 2, comma 3, che «Le funzioni di cui al comma 1, lettere b) (le funzioni in materia di valorizzazione dei beni culturali e in materia di biblioteche, musei e pinacoteche), d) e f) vengono esercitate dalla Regione anche mediante forme di avvalimento e convenzione alla Città metropolitana di Bari e alle province (...)»;
   la deliberazione di giunta regionale pugliese n. 1290/2016 ha previsto che «la Regione, sulla scorta delle istanze esposte dalle Province in sede di Osservatorio regionale, circa la necessità di un sostegno alla spesa di funzionamento delle biblioteche provinciali, delle pinacoteche e dei musei, provvederà alla acquisizione dalle stesse Province di una mappatura del fabbisogno effettivo ed urgente, all'esito del quale valuterà la possibilità di sostenere i predetti costi»;
   nonostante l'esplicita previsione dell'articolo 6 della legge regionale n. 9 del 2016, non è stato stipulato in sede di Osservatorio regionale nessuno specifico accordo che disciplini l'effettiva decorrenza del trasferimento, le modalità operative, nonché l'entità dei beni, delle risorse umane, finanziarie, strumentali e organizzative destinate dalle province all'esercizio della singola funzione;
   la predetta mancata stipula ha determinato il protrarsi di un periodo transitorio durante il quale la regione Puglia ha provveduto, allo stanziamento di finanziamenti tali garantire la prosecuzione dei servizi relativi alla biblioteca provinciale e del sistema museale provinciale;
   tali finanziamenti saranno in grado di garantire il pagamento delle utenze ed i livelli occupazionali attualmente esistenti e quindi il parziale funzionamento delle strutture rispettivamente per la biblioteca provinciale fino al 31 dicembre 2016 e per i musei provinciali fino al 31 gennaio 2017;
   la biblioteca provinciale «la Magna Capitana» non è in possesso di entrate di nessuna natura (salvo quelle derivanti dall'affitto dell'Auditorium e delle donazioni dell'associazione «Gli amici della Biblioteca») e per tale motivo ha interrotto l'acquisto di libri, di supporti multimediali e del prestito interbibliotecario;
   rimangono irrisolte le questioni legate ai fondi contrattuali, all'organizzazione e alle spese di gestione relativi ai 130 lavoratori (cosiddetto «dipendenti fantasma» così come denunciato dalle organizzazioni sindacali CGIL, CISL e UIL) di musei, biblioteche, pinacoteche, servizi della formazione e del turismo, i quali continuano ad assicurare un front-office di 10 ore quotidiane, assumendosi responsabilità non di loro competenza, in assenza di criteri uniformi nella rilevazione delle presenze, non percepiscono il salario accessorio e non hanno tutti gli strumenti a disposizione per lavorare;
   il Consiglio superiore dei beni culturali collegialmente ed per il tramite del suo presidente, professor Giuliano Volpe, ha ribadito la possibilità di contribuire anche economicamente alla risoluzione della grave impasse;
   il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo è stato in più di un'occasione sollecitato da parlamentari e dall'ANCI circa la convocazione di un tavolo di confronto nazionale con l'UPI e la Conferenza Stato-regioni senza, però, porre in essere un'attività volta alla risoluzione della questione;
   la proposta del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, in linea con la previsione speciale del citato articolo 16 del decreto-legge n. 78 del 2015, convertito dalla legge n. 125 del 2015 (e con la previsione generale dell'articolo 112 del codice dei beni culturali di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004), prevedeva la definizione, a livello territoriale, di specifici accordi razionalizzazione e di valorizzazione del patrimonio, da stipularsi con la regione di riferimento e l'ente provinciale di provenienza, nonché con il comune territorialmente competente, diretti a definire la migliore e più efficace allocazione delle funzioni, dei beni e dell'annesso personale addetto al patrimonio archivistico, bibliotecaria e museale già provinciale;
   il cronoprogramma del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo prevedeva entro la fine di ottobre del 2016 un'apposita intesa in Conferenza unificata, l'emanazione da parte del Ministero e delle attività culturali e del turismo recependo la suddetta intesa in Conferenza, entro il mese di novembre del 2016, di un decreto di approvazione del piano di razionalizzazione previsto dall'articolo 16 del decreto-legge n. 78 del 2015 ed infine entro il mese di dicembre 2016 la stipula degli accordi di valorizzazione a livello regionale attuativi del percorso sopraindicato con specifica determinazione della destinazione degli istituti della cultura già provinciali interessati dalla riforma;
   la regione Puglia ha ufficialmente sostenuto (risposta del vicepresidente con delega al personale Antonio Nunziante ad interrogazione ex articolo 58 dello Statuto regionale formulata dal consigliere Cosimo Borraccino) come non appartenga alla regione il carico delle spese di gestione dei presidi culturali delle province –:
   quali iniziative di competenza intenda adottare per ottemperare agli obblighi finora disattesi;
   se il Ministro interpellato non intenda promuovere una iniziativa anche economica per l'acquisizione delle sedi e per sostenere i relativi costi di gestione;
   se il Ministro interpellato non intenda assumere ogni iniziativa di competenza per impedire l'imminente interruzione dell'erogazione dei servizi della biblioteca provinciale, tra gli ultimi centri di aggregazione dell'intera città di Foggia e salvaguardare i livelli occupazionali del sistema museale ex provinciale.
(2-01563) «Fratoianni, Scotto».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   MANZI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   a seguito degli eventi sismici del 24 agosto e del 26 e 30 ottobre 2016, il patrimonio storico-culturale della regione Marche risulta pesantemente danneggiato e compromesso;
   è in corso un'azione di recupero e messa in sicurezza dei beni e delle strutture coinvolte, attraverso l'opera preziosa dei tecnici delle sovrintendenze, dei volontari e delle forze dell'ordine, per scongiurare ulteriori danni;
   emergono da più parti contestazioni e proteste, da parte di numerosi amministratori locali, per la decisione assunta dal segretario regionale del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo per le Marche di trasferire, presso la Mole Vanvitelliana di Ancona, i beni culturali mobili presenti nelle Chiese e negli altri edifici danneggiati dal sisma;
   tale decisione, assunta senza previo coinvolgimento delle comunità locali interessate, rischia di spossessare per lungo tempo, territori già duramente messi alla prova e privati di beni materiali e immateriali, a causa del terremoto, di beni culturali fortemente rappresentativi di tali comunità;
   risulta all'interrogante che sono state avanzate ipotesi e soluzioni alternative di collocamento e salvaguardia di tali beni, che chiamano in causa le stesse amministrazioni locali e le più importanti istituzioni culturali e scientifiche marchigiane e che mirano a sollecitare anche un coinvolgimento delle comunità locali, al fine di non penalizzare ulteriormente i territori già duramente colpiti dal sisma –:
   se il Ministro interrogato ritenga opportuno effettuare una puntuale verifica del complesso del patrimonio storico – culturale danneggiato e degli interventi di recupero e consolidamento svolti fino ad oggi, così da sollecitare, se necessario, azioni più rapide ed efficaci da parte delle strutture periferiche e da incoraggiare e sostenere al contempo, iniziative dirette a coinvolgere le comunità locali nelle decisioni relative alla collocazione delle opere d'arte, provenienti dai territori colpiti dal sisma. (5-10131)

Interrogazione a risposta scritta:


   BRESCIA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
   in data 3 dicembre 2016 è stato pubblicato sul sito della Fondazione Petruzzelli l'esito dell'avviso pubblico del 16 novembre 2016 per l'acquisizione di candidature per il conferimento dall'incarico di direttore amministrativo dell'ente che è stato assegnato al dottor Nicola Grazioso;
   il bando in questione, in premessa, fa riferimento all'articolo 21, comma 5-bis dello statuto così come modificato dal decreto del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo n. 435 del 30 settembre 2016, secondo il quale «il Sovrintendente può nominare un Direttore amministrativo [...] scegliendolo all'interno di una rosa di candidati dei quali sia stato accertato, con una procedura comparativa ad evidenza pubblica, il possesso di comprovate e pertinenti competenze ed esperienze.»;
   lo stesso bando si contraddiceva poi all'articolo 6, indicando che «la formazione dell'elenco non comporta alcuna valutazione comparativa, né alcuna graduatoria di merito [...] Il Sovrintendente della Fondazione, con atto motivato, procederà alla scelta della persona alla quale conferire l'incarico»;
   la comunicazione dell'esito dell'avviso pubblico in questione si limita ad elencare le candidature pervenute in ordine temporale e a indicare la scelta del candidato con le parole: «Il Sovrintendente, all'esito della valutazione ed in forza dei poteri conferiti dallo Statuto, ha scelto tra i candidati ammessi il dottor Nicola Grazioso»;
   nell'atto di aggiudicazione non c’è quindi alcun cenno alle motivazioni della scelta, né agli elementi di comparazione alla base della stessa –:
   se intenda assumere con urgenza ogni iniziativa necessaria al fine di accertare e rendere pubbliche le motivazioni che hanno portato alla scelta di affidamento dell'incarico di direttore amministrativo della Fondazione Petruzzelli al dottor Nicola Grazioso;
   se intenda assumere le iniziative di competenza affinché la Fondazione Petruzzelli, in un'ottica di trasparenza, proceda alla pubblicazione di una valutazione comparativa e di una graduatoria di merito. (4-15013)

DIFESA

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   un convertiplano MV-22 Osprey dell’US Air Force (USAF) è precipitato al largo dell'isola giapponese di Okinawa:
   il dipartimento della difesa americano ha affermato in una nota che le cause dell'incidente sono ancora da appurare e che le indagini sono in corso. Gli USA hanno deciso nel frattempo di sospendere i voli dei convertiplani Osprey in servizio in Giappone, un Paese dove l’US Air Force ha due squadroni di MV-22;
   quello di Okinawa non è il primo incidente che vede coinvolto un MV-22 Osprey, un velivolo sviluppato da Bell e Boeing. L'ultimo a maggio dell'anno scorso, quando un Osprey era precipitato nelle isole Hawaii uccidendo due marines;
   entrato in servizio nel 2000, al momento le diverse forze armate americane hanno a disposizione oltre duecento esemplari di MV-22 Osprey;
   in passato si è registrata la presenza anche in Italia di tali velivoli, come ad Aviano e Sigonella –:
   se trovi conferma la presenza di tali velivoli presso basi militari in Italia ed, in caso affermativo, se non reputi di dover assumere iniziative per procedere in via cautelativa a sospendere le autorizzazioni al volo del convertiplano MV-22, in attesa di conoscere gli esiti delle indagini aperte dagli USA in Giappone. (5-10129)


   RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   con la sospensione della leva obbligatoria, le Forze armate hanno reclutato i volontari in ferma prefissata di un anno, che, al termine della ferma, possono concorrere per l'immissione nella ferma quadriennale VFP 4 o nelle carriere iniziali delle forze di polizia;
   i dati dell'Istat, confermano il mantenimento a livelli di guardia delle percentuali di giovani disoccupati, i quali, molte volte, partecipano ai concorsi banditi dalle forze armate pur di poter riuscire a realizzare l'obiettivo di un futuro stabile;
   purtroppo, buona parte di coloro che riescono a superare i concorsi banditi per VFP1 o VFP4 è comunque destinato ad arricchire l'elenco dei cosiddetti «precari delle forze armate», in quanto l'inquadramento a tempo indeterminato tra le file del Ministero della difesa resterà un obiettivo irraggiungibile, anche per la contrazione avvenuta nel tempo delle disponibilità finanziarie e delle percentuali di ripartizione stanziate dal bilancio dello Stato;
   l'ufficio per il sostegno alla ricollocazione professionale dei volontari congedati, istituito presso il Ministero della difesa, dovrebbe favorire proprio le attività di transito nel mondo del lavoro civile di tutti coloro che non riescono ad accedere a tempo indeterminato nelle file della forza armata a cui si è destinato qualche anno della propria vita professionale;
   tra le principali attività di tale ufficio si ricordano quelle volte a realizzare:
    a) misure d'intervento sui singoli soggetti, quali l'orientamento professionale e la formazione professionale;
    b) servizi alle imprese, mettendo loro a disposizione i curricula professionali dei militari volontari in cerca di occupazione;
    c) incontro domanda-offerta di lavoro anche nell'ambito della borsa continua nazionale del lavoro e, in sede locale, attraverso la collaborazione con i centri pubblici per l'impiego provinciali –:
   quanti siano i volontari in ferma prefissata transitati a tempo indeterminato nelle forze armate negli ultimi 3 anni;
   quanti siano i volontari in ferma prefissata ricollocati nel mondo del lavoro civile che hanno beneficiato delle attività di supporto del Ministero della difesa negli ultimi 3 anni. (5-10130)


   RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   la Marina militare italiana ha appena annunciato l'avvio di una campagna navale nel Sud est asiatico e in Australia con la fregata Carabiniere;
   da quanto si apprende dagli organi di stampa, tale iniziativa è volta ad assicurare presenza e sorveglianza marittima, a rafforzare le attività di cooperazione già in corso con alcuni alleati trans-regionali ed avviare relazioni con nuovi potenziali partner, nell'alveo dei compiti istituzionali affidati alla Forza armata, come l'Arabia Saudita, l'Australia, l'Indonesia, la Malesia, l'Oman, il Pakistan, Singapore e lo Sri Lanka;
   tale attività extra territoriale vedrà il suo apice con la partecipazione di nave Carabiniere alla Langkawi International Maritime and Aerospace Exhibition 2017, la più importante esposizione del settore difesa del Sud est asiatico;
   tra i partner del Ministero della difesa che parteciperanno a questa campagna navale in rappresentanza dell'industria bellica nazionale, si ricordano Fincantieri, Leonardo Elettronica e MBDA, che avranno occasione per stringere rapporti commerciali con i Paesi visitati –:
   quali istruzioni siano state impartite dal Governo ai comandi delle Forze armate, in merito alla promozione internazionale a supporto dell'industria del comparto della difesa italiana e, in particolare, come si intenda garantire che esse siano compatibili con il ruolo che la Costituzione assegna alle stesse Forze armate;
   quali siano i costi finanziari a carico del Ministero della difesa per la partecipazione di nave Carabiniere a questa campagna navale;
   quali siano i partner partecipanti e a quanto ammontino gli eventuali contributi economico-finanziari da loro messi a disposizione per questa campagna navale. (5-10134)

Interrogazione a risposta scritta:


   RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   il MUOS è l'acronimo di Mobile User Objective System; esso è costruito presso la riserva naturale orientale della sughereta di Niscemi, in Sicilia, ed è regolata dall'Accordo tra Italia e USA sottoscritto il 6 aprile 2006;
   tale accordo, nel proprio allegato numero 1, specifica che il sito di Niscemi è fra quelli US Funded – US exclusive use (finanziato ed utilizzato esclusivamente dalle forze armate statunitensi);
   con il termine «uso esclusivo» si intende l'utilizzazione, da parte di una forza appartenente ad una singola nazione, di installazioni e/o infrastrutture, definite e comprese nel perimetro dell'installazione, per lo svolgimento di attività correlate alla missione e/o dei compiti assegnati a detta forza dal Governo dello Stato di origine. L'attribuzione di «uso esclusivo» ad installazioni e/o infrastrutture utilizzate dalle forze USA non limita in alcun modo l'esercizio della sovranità dello Stato italiano, secondo quanto stabilito dall'articolo VII della Convenzione sullo Statuto delle forze (SOFA) della Nato del 1951;
   il Capitolo IX del memorandum del 1995 che disciplina le infrastrutture, inquadra, in base anche a quanto si desume dall'allegato 1 dell'accordo sottoscritto il 6 aprile 2006, il sito di Niscemi è fra quelli classificati a finanziamento USA e di uso esclusivo USA;
   le cronache giudiziarie sul sequestro dell'impianto da parte della procura di Caltagirone per reati ambientali, del successivo dissequestro su ricorso del Ministero della difesa sono note a tutti;
   recentemente, un ammiraglio della US NAVY ha avuto modo di rispondere ad una precisa domanda a seguito di un convegno organizzato dal Centro di studi strategici e internazionali sulla situazione dell'impianto MUOS di Niscemi, dichiarando che lo stesso sia « operational» ovvero pronto ad essere utilizzato;
   molti giornali hanno ripreso tale notizia, suscitando nuove proteste tra la popolazione locale e i movimenti di protesta per quanto dichiarato dall'ammiraglio Becker;
   il Trattato NATO non prevede la realizzazione di istallazioni militari fisse, tantomeno un uso esclusivo delle stesse da parte degli Stati membri sul territorio di un altro Stato aderente al Patto Atlantico. Conseguentemente, la fonte di tali istallazioni andrebbe ricercata altrove e, in particolare, nessun patto riguardante tali istallazioni risulta essere stato mai ratificato in Italia con una legge e tali istallazioni sarebbero state realizzate per l'interrogante in contrasto con l'articolo VII, comma 11, della Convenzione sul SOFA della NATO che prevede che «il potere legislativo» dello Stato ospitante si esprima sui progetti necessari per assicurare sul territorio la sicurezza e la protezione di suddette istallazioni, archivi e armamenti di altri Stati membri;
   per il diritto internazionale, ha responsabilità delle azioni di guerra anche lo Stato dal cui territorio sono partite le truppe e le armi impiegate o dove si sono svolte parte delle operazioni. Pertanto, il controllo di quali operazioni siano comandate attraverso le istallazioni militari, sia pure di uso esclusivo del Governo USA, rientra, secondo l'interrogante nella responsabilità del Governo italiano ed attiene alla salvaguardia del territorio e della vita dei cittadini che l'Italia non sia coinvolta in azioni belliche non deliberate nelle forme previste dal diritto interno –:
   se il ministro interrogato, per quanto di competenza, possa fornire elementi circa lo stato di testing e di operatività dell'impianto MUOS di Niscemi;
   sulla base di quale fonte normativa sia stata data attuazione agli accordi che hanno consentito la realizzazione delle installazioni militari di cui in premessa;
   quali siano i poteri di controllo del Governo sul sistema di trasmissione e comando di sistemi d'arma a controllo remoto, per operazioni non riguardanti la NATO o non partecipate ufficialmente dall'Italia, e quali iniziative possano essere intraprese al fine di vietarne l'utilizzo.
(4-15027)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   Finmeccanica-Leonardo, è un'impresa multinazionale italiana controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze con oltre 47 mila dipendenti distribuiti, oltre che in Italia, in molti altri Paesi del mondo;
   dal 1o gennaio del 2016 Finmeccanica-Leonardo ha avviato la strategia di ricondurre tutta l'attività del gruppo ad un'unica società che incorpora per fusione le controllate OTO Melara e WASS e assorbe le attività delle controllate AgustaWestland, Alenia Aermacchi e Selex ES.;
   per quanto riguarda Finmeccanica, l'orientamento del nuovo millennio è stato quello di concentrarsi, a discapito di altre aree, nel settore aerospaziale e di difesa, che ora impiega il 70 per cento degli occupati in Italia;
   ciò è confermato anche dalla cessione di Ansaldo Breda e Ansaldo STS, avvenuta nel 2015, per fronteggiare la crisi finanziaria del gruppo;
   come riporta apertamente Il Sole 24 ore del 19 novembre 2015, l'Arabia Saudita «è la principale cliente degli armamenti francesi che quest'anno, con l'acquisto di reattori nucleari per 12 miliardi di dollari, ha salvato l'Areva dal fallimento», mentre «negli ultimi cinque anni i sauditi hanno acquistato sistemi d'arma da Washington per 100 miliardi di dollari, di cui 12 negli ultimi mesi, nonostante il Congresso abbia sottolineato la persistente violazione dei diritti umani e i crimini di guerra in Yemen»;
   seguendo questa prassi, Mauro Moretti, amministratore delegato di Finmeccanica-Leonardo ha risposto così a Repubblica Tv che, nel novembre 2015, gli ha posto la questione sulla opportunità di vendere armi a Paesi coinvolti in conflitti o in contrasto con i diritti umani: «Fornire armamenti a Paesi come Arabia Saudita e Qatar che sono considerati controversi ? Sono Paesi che sono legittimati dagli Usa ed entrano a far parte del fronte Occidentale (...) E noi siamo un'impresa che lavora secondo le leggi italiane e le rispettiamo tutte. Abbiamo 50 mila persone da dover alimentare» –:
   quali iniziative di controllo si intendano portare avanti sull'operato di Finmeccanica-Leonardo in merito alle strategie che vedono la società guidata dall'amministratore delegato Moretti sempre più proiettata verso settori militari a discapito di tecnologie civili utili allo sviluppo infrastrutturale dell'Italia;
   quali iniziative il Governo intenda assumere, considerati anche i profili etici, nei confronti di quelle società da esso controllate che svolgono attività di vendita di sistemi d'arma e se intenda favorire una decisa transizione verso mercati meno belligeranti di esse. (4-15016)


   RICCIATTI, AIRAUDO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, D'ATTORRE, DURANTI, DANIELE FARINA, FASSINA, FAVA, FERRARA, FOLINO, FRATOIANNI, CARLO GALLI, GIANCARLO GIORDANO, GREGORI, KRONBICHLER, MARCON, MARTELLI, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, SANNICANDRO, SCOTTO e ZARATTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   ai sensi dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 81 del 2015, dal 1o gennaio 2017 è fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
   nonostante gli impegni assunti dal Governo Renzi con l'intesa stipulata con le sigle sindacali maggioritarie il 30 novembre 2016, nel corso dell'esame della legge di bilancio 2017 non sono stati approvati gli emendamenti che avrebbero consentito di superare il divieto di proroga dei contratti a termine nelle pubbliche amministrazioni suddetto;
   stante l'attuale normativa, al 31 dicembre 2016 cesseranno numerosi contratti di lavoro a tempo determinato con le pubbliche amministrazioni;
   secondo le stime delle organizzazioni sindacali circa 40 mila posti di lavoro sono a rischio;
   il problema non riguarda solo i lavoratori interessati, ma anche la continuità dei servizi erogati ai cittadini dalle amministrazioni interessate, che vanno dai centri per l'impiego – in questi anni di crisi economica particolarmente gravati da richieste da parte dell'utenza – alle polizie locali, nonché ai servizi alla persona e alla protezione civile –:
   se i Ministri interrogati non intendano assumere con urgenza iniziative, di carattere normativo, volte ad addivenire ad una proroga dei rapporti di lavoro suddetti, in deroga alle previsioni del decreto legislativo n. 81 del 2015;
   se non intendano assumere iniziative volte alla proroga di tutti i rapporti di lavoro a tempo determinato anche per gli enti che abbiano violato i vincoli finanziari;
   se il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione non intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, al fine di prorogare tutte le graduatorie concorsuali in scadenza al 31 dicembre 2016. (4-15023)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:


   CIRIELLI, GIORGIA MELONI, RAMPELLI, TAGLIALATELA, RIZZETTO e PETRENGA. — Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'ordinamento penitenziario prevede la possibilità per i detenuti di far visita ai parenti nel caso in cui questi, per motivi validi e comprovati, non possano compiere il viaggio sino al luogo di detenzione, ovviamente, previa autorizzazione del magistrato;
   quando i permessi si trasformano in consuetudine, seppure nel rispetto delle procedure di legge, rischiano però di generare più di un problema, come si registrerebbe nel carcere di alta sicurezza di Massama dove i reclusi, complessivamente oltre 300, sono per la maggior parte mafiosi e camorristi, mentre 40 sono gli «ex 41-bis» e molti sono ergastolani;
   in particolare, secondo quanto riportato dai giornali locali, i continui permessi per far visita ai parenti consentono ai detenuti del carcere oristanese di tornare sino ai paesi di origine, con il rischio, più che concreto, di riallacciare rapporti con parenti e amici che potrebbero non aver mai preso le distanze dai clan;
   c’è prima di tutto una questione di sicurezza, ma anche le ricadute economiche e quelle lavorative non possono essere tralasciate: distogliere sei agenti dal loro servizio all'interno della struttura carceraria per fare da scorta agli affiliati alle cosche che ancora stanno scontando la pena crea notevoli problemi per la gestione del personale, i cui numeri sono già troppo ridotti rispetto al carico di lavoro e ai turni che devono affrontare;
   lo Stato che si scandalizza per l'inchino delle statuine dei santi durante le processioni di fronte alla casa dei boss è lo stesso che di fatto consegna a boss e affiliati il «biglietto» per tornare verso casa, aprendo scenari sul fronte della sicurezza pubblica che, soprattutto in questo momento storico, meriterebbero una particolare riflessione –:
   se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali urgenti iniziative di competenza, anche normative, intenda adottare per ovviare alle descritte criticità relative al sistema dei permessi concessi ai detenuti in regime di alta sicurezza come nel caso di Massama, nonché per scongiurare il pericolo che tali benefici possano rinsaldare pericolosi rapporti con le cosche. (4-15012)

 * * *

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:


   LATRONICO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   lo schema idrico «distretto G», è un'opera fondamentale per il settore agricolo della regione Basilicata, il cui completamento negli anni scorsi era stato garantito da un corposo finanziamento rientrante nel primo programma delle infrastrutture strategiche approvate dal Cipe con delibera n. 121 del dicembre del 2001. I lavori da realizzare, per un importo pari a 65 milioni di euro devono contribuire alla realizzazione di un sistema coordinato per razionalizzare l'uso delle risorse idriche, favorendo lo sviluppo del comparto agro-industriale lucano e il rilancio del settore edile;
   il progetto prevede la realizzazione di: una condotta principale (collegamento diga di Genzano alla diga del Basentello) di 23,170 chilometri; diramazioni settoriali per alimentare i 14 settori del «distretto G»; una rete di distribuzione irrigua, con sviluppo di circa 400 chilometri, 14 vasche di compenso di volume variabile complete di strumenti di misura delle portate; un impianto di sollevamento per il settore G6 con portata di 172,36 lt/sec e prevalenza di 189 metri. L'opera è frutto dell'unificazione di 2 distinti progetti denominati in precedenza «completamento schema idrico Basento Bradano. Adduttore diga di Genzano-Diga del Basentello» e «completamento schema idrico Rasento Bradano. Attrezzamento, settore G»;
   nei giorni scorsi sulla stampa locale è scoppiato il caso delle polemiche tra la ditta aggiudicataria dei lavori, la D'Agostino Costruzioni Generali, il Consorzio di bonifica Vulture-Alto Bradano e la regione Basilicata sui lavori di completamento dello schema idrico Basento-Bradano che rischia di svanire a causa delle lungaggini burocratiche per l'affidamento definitivo dei lavori;
   il Consorzio di Bonifica Vulture – Alto Bradano in data 5 aprile 2016 ha confermato l'aggiudicazione definitiva in capo all'impresa, anche in ragione di quanto stabilito dal Consiglio di Stato con apposita sentenza. Il Consorzio, con lettera del 21 giugno 2016, ha richiesto alla D'Agostino Costruzioni di presentare documentazione «al fine di dare corso alla sottoscrizione del contratto di appalto», adempimento osservato dall'impresa. Ciò nonostante, il Consorzio di bonifica non ha ancora provveduto a sottoscrivere il contratto lasciando in sospeso il relativo procedimento;
   a giudizio dell'interrogante la perdita del finanziamento impedirebbe la realizzazione di un'opera necessaria a migliorare la condizione di migliaia di agricoltori lucani e sarebbe vanificata una concreta opportunità di sviluppo e crescita occupazionale per le aziende locali operanti nell'indotto –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione descritta e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per evitare che possano risultare vanificati i finanziamenti statali concessi, valutando l'ipotesi di convocare un tavolo istituzionale con le parti interessate. (3-02658)

INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   FIANO, MARANTELLI e CIMBRO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da notizie a mezzo stampa si apprende che a Caidate, piccola frazione di Sumirago, in provincia di Varese, si è installata da più di quattro anni la più grande e organizzata comunità nazionalsocialista italiana, denominata Do.ra, acronimo che indicherebbe la Comunità militante dei dodici raggi, in omaggio ai raggi del Sole nero, simbolo del castello tedesco di Wewelsburg, sede operativa delle SS;
   sotto le spoglie di un'associazione culturale, con sede in un ex-magazzino con regolare contratto d'affitto, si celebrerebbe – secondo quanto riportato da organi di stampa – una vera e propria struttura di stampo militare, inserita nel network antisemita europeo Skin4Skin, e dedita, secondo quanto dichiarato dai suoi stessi membri, ad una sorta di contro-informazione che partendo dalla negazione o, addirittura, dall'esaltazione dell'Olocausto, ispirerebbe iniziative sul territorio o la propaganda di idee contro i «nemici» immigrati, ebrei, gay, centri sociali, polizia, banche e così via;
   tali iniziative andrebbero dalla celebrazione della festa di compleanno di Hitler, all'organizzazione di veri e propri cineforum tematici, anche tramite l'ausilio di una biblioteca con un'ampia gamma di testi revisionisti sul tema dell'Olocausto, il tutto non solo alla luce del sole, ma diffuso e amplificato tramite una pagina facebook di riferimento molto attiva –:
   quale sia l'orientamento del Ministro interrogato in ordine a una formazione quale quella riportata in premessa e quali iniziative urgenti intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di contrastare movimenti e organizzazioni che si richiamano al fascismo e ai principi della discriminazione e dell'odio razziale.
(5-10132)


   CRIPPA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   come si apprende dall'avviso di bando pubblicato in data 25 novembre 2016 dal comune di Gubbio, lo stesso comune avrebbe avviato una procedura di individuazione di professionisti da invitare alla procedura negoziata per la riprogettazione a titolo gratuito in building information modeling (BIM) dei lavori di realizzazione della scuola Semonte;
   il comune sopracitato intenderebbe quindi affidare a professionisti iscritti all'albo la riprogettazione in BIM dei lavori di realizzazione della scuola elementare di Semonte mediante sponsorizzazione ai sensi dell'articolo 19 del nuovo codice dei contratti pubblici;
   la riprogettazione sopracitata sarebbe quindi a titolo gratuito e in cambio l'amministrazione offrirebbe la possibilità di inserire nel curriculum del professionista la prestazione effettuata;
   come si può leggere dall'articolo pubblicato sul sito Edilportale.com in data 2 dicembre 2016, nonostante il mercato della progettazione si stia riprendendo dopo l'entrata in vigore del nuovo codice dei contratti pubblici, ci sono già stati diversi casi di amministrazione comunali che sarebbero intenzionate ad acquisire progetti gratis, o all'interno di procedure come contraente generale, o procedure competitive con negoziazione;
   si segnala, come caso analogo, quello denunciato dall'Ordine degli architetti locale avente come protagonista il comune di Catanzaro. Come si può leggere dall'articolo pubblicato in data 27 ottobre 2016 sul sito lavoripubblici.it, il bando pubblicato il 25 ottobre 2016 dal comune di Catanzaro per la redazione del piano strutturale e del relativo regolamento edilizio urbanistico (REU) prevedrebbe un importo a base di gara pari a 1 euro e un rimborso spese (preventivamente autorizzate ed effettivamente sostenute e documentate) nel limite massimo di 250 mila euro;
   considerando che ANAC, con delibera 19 del 18 febbraio 2015, ha affermato il principio generale che il professionista che redige un progetto non può essere ripagato con un semplice rimborso spese, non sembra in alcun modo coerente bypassare tale prassi sotto forma di sponsorizzazione;
   in tale contesto, sembrano trovare una propria collocazione le parole del Ministero del sviluppo economico, in un opuscolo pubblicato nel settembre 2016 con il quale si invitano imprenditori esteri a investire in Italia. In particolare in tale brochure, viene riportato come «un ingegnere in Italia guadagna mediamente in un anno 38.500 euro, mentre in altri Paesi lo stesso profilo ha una retribuzione media di 48.500 euro l'anno. [...] I costi del lavoro in Italia sono ben al di sotto dei competitor come Francia e Germania. Inoltre, la crescita del costo del lavoro nell'ultimo triennio (2012-14) è la più bassa rispetto a quelle registrate nell'Eurozona (+1,2 per cento contro +1,7)» –:
   se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti di cui in premessa;
   se i Ministri interrogati ritengano, dopo aver verificato il caso di cui in premessa, assumere ogni iniziativa di competenza per modificare il codice dei contratti pubblici, al fine di evitare che attività professionali vengano svolte tramite sponsorizzazione. (5-10133)

Interrogazioni a risposta scritta:


   CIRIELLI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   desta particolare preoccupazione l’escalation criminale cui si sta assistendo negli ultimi tempi a Capaccio Paestum, nella provincia di Salerno;
   come titolano, infatti, le principali testate giornalistiche locali, nella città dei Templi numerosi furti in casa hanno creato particolare allarme tra i cittadini, soprattutto nelle contrade Ponte Barizzo, Laura e Gromola;
   è ormai evidente un incremento incontrollato della diffusione della criminalità locale, a cui si somma una, ormai nota, inarrestabile ondata migratoria, segnata da una gestione da parte del istituzioni poco trasparente e troppo spesso inefficace;
   come se ciò non bastasse, i vari provvedimenti «svuota-carceri» adottati dagli ultimi Governi stanno, di fatto, vanificando il riconosciuto e apprezzato operato delle forze dell'ordine;
   tale grave situazione sta alimentando sentimenti di sconforto, paura e un diffuso senso di insicurezza nella popolazione, tanto che alcuni cittadini avrebbero organizzato ronde e costituito gruppi sui social per segnalarsi movimenti sospetti in prossimità delle proprie, abitazioni –:
   se il Ministro sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, considerata la gravità degli stessi, quali urgenti iniziative intenda assumere, in materia di prevenzione, controllo del territorio e contrasto alla criminalità, affinché venga tutelata la sicurezza dei cittadini, anche attraverso idonei interventi normativi e un effettivo rafforzamento dalle forze dell'ordine e l'eventuale invio di militari;
   quali iniziative abbia adottato il prefetto di Salerno per attuare verifiche sulla effettiva portata della preoccupante situazione emergenziale che sta investendo il territorio della provincia di Salerno e censire la presenza di immigrati clandestini. (4-15011)


   PAGLIA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il quotidiano La Repubblica ha evidenziato l'esistenza in località Caidate (VA) di un consistente gruppo organizzato di matrice esplicitamente neo-nazista, denominato Do.Ra., Dodici Raggi, con richiamo esplicito al Sole Nero simbolo delle SS;
   l'ideologia del gruppo, a cui aderirebbero almeno 300 persone, comprende antisemitismo, negazionismo, razzismo;
   l'organizzazione prevede vita comunitaria e gerarchia paramilitare e non avrebbe apparentemente finalità politico-elettorali;
   è invece evidente la propaganda d'odio verso immigrati, ebrei, gay, centri sociali, polizia e banche, così come atteggiamenti minacciosi che in alcuni casi sono sfociati in atti di violenza;
   esiste anche una branca femminile, denominata servizio ausiliario femminile, in esplicito richiamo alla storia della Repubblica sociale italiana –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per impedire la presenza organizzata sul territorio di aggregazioni di matrice neo-nazista e neo-fascista, posto che non appare all'interrogante compatibile con il nostro ordinamento costituzionale e normativo, oltre che con la storia e la memoria del nostro Paese, la persistenza di organizzazioni come quella esposta in premessa.
(4-15014)


   FRANCO BORDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 10 dicembre 2016 il Movimento Forza Nuova, organizzazione neofascista, ha organizzato una manifestazione nel centro della cittadina di Casalpusterlengo, in provincia di Lodi;
   i militanti e simpatizzanti forzanovisti, circa una quindicina, hanno occupato lo spazio antistante il Teatro Carlo Rossi in piazza del Popolo, e con striscioni, bandiere e megafono, hanno ben scandito i loro slogan contro Europa e profughi;
   l'interrogante ritiene comunque grave che un Movimento come Forza Nuova, che sta organizzando manifestazioni in tutta la provincia di Lodi e che si richiama dichiaratamente a valori e simboli riconducibili al neofascismo, possa manifestare nella piazza principale di una qualsiasi città italiana;
   il permesso di organizzare il presidio di fronte al Teatro Carlo Rossi è stato concesso dalla questura e comunicato all'amministrazione comunale soltanto quattro ore prima dell'evento;
   limitrofa a piazza del Popolo in quelle ore, si teneva un'assemblea molto partecipata di una associazione locale e l'amministrazione comunale aveva concesso gli spazi per dei regolari banchetti ad altre associazioni e commercianti nell'adiacente via Garibaldi;
   al fine di garantire la sicurezza e il regolare svolgimento della manifestazione di Forza nuova, la questura ha dispiegato uomini delle forze dell'ordine in divisa ed in borghese, in numero superiore ai manifestanti;
   l'amministrazione comunale è contrariata dal fatto che la questura abbia concesso il permesso alla manifestazione di Forza Nuova senza prima consultare la stessa amministrazione che, soprattutto in periodo natalizio, svolge anche la funzione di coordinamento della concessione degli spazi a commercianti ed associazioni, e valuta in modo assai negativo il dispiegamento di forze dell'ordine che dovrebbero garantire la sicurezza delle città, anziché essere costrette ad occuparsi di una dozzina di simpatizzanti di Forza Nuova;
   l'amministrazione comunale rivendica la titolarità a decidere dove dovrebbero essere concessi spazi e sostiene che avrebbe concesso a Forza Nuova il permesso per un banchetto nei pressi della stazione ferroviaria. È altresì doveroso sottolineare che negli uffici comunali di Casalpusterlengo non sarebbe mai giunta alcuna richiesta da parte di Forza Nuova per l'ottenimento di qualsivoglia permesso –:
   quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Ministro affinché casi di questo tipo – in cui le questure concedono spazi e permessi ad organizzazioni e movimenti politici, oltretutto di stampo neofascista, con modalità che appaiono all'interrogante arbitrarie, senza che le amministrazioni comunali nemmeno ne siano a conoscenza – non abbiano più a verificarsi. (4-15017)


   LOREFICE, MANTERO, DI VITA, SILVIA GIORDANO, GRILLO, COLONNESE, NESCI e BARONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dell'interno ha attivato nel 2014 uno specifico numero verde (43002) per contrastare il bullismo e la droga nelle scuole italiane;
   il sopra citato numero è presente anche nella pagine istituzionali del Ministero;
   questo numero consentiva, attraverso un sistema di smistamento, il coordinamento delle prefetture e il coinvolgimento dei commissariati e dei comandi territoriali dei carabinieri, per permettere alle forze dell'ordine interventi tempestivi;
   si trattava di un'iniziativa che, nel rispetto del principio di sussidiarietà, tentava di supportare i ragazzi e le famiglie nella prevenzione e nel contrasto del fenomeno del bullismo e della piaga della droga;
   da alcune segnalazioni ricevute da parte di ragazzi e di associazioni giovanili emerge che a questo numero verde non risponde più nessuno da settembre 2016, ovvero dall'apertura dell'anno scolastico in corso;
   è stato altresì riscontrato che inviando un sms al presunto numero verde, contrariamente a quanto proposto dal Ministero all'atto del lancio del servizio nel 2014, il numero non è verde, in quanto il costo dell'sms viene addebitato all'utente che lo invia;
   il problema della disattivazione del servizio è stato sollevato da oltre un mese al Ministero, ma nulla è cambiato al riguardo;
   da una telefonata effettuata alla questura di Torino è emerso che il servizio sia stato effettivamente sospeso –:
   se tale servizio sia stato o meno disattivato e quali siano eventualmente le ragioni che hanno dettato questa scelta;
   quale fosse la spesa preventivata per l'erogazione del servizio oggi disattivato;
   quali siano le prossime iniziative concrete e durature in materia di prevenzione e contrasto del bullismo e del cyberbullismo che il Ministero intende attuare per aiutare i ragazzi e le loro famiglie e se siano previsti incrementi di spesa in materia. (4-15020)


   NACCARATO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nella giornata del 14 dicembre 2016 la Guardia di finanza di Trieste e i carabinieri di Udine hanno eseguito una serie di perquisizioni presso 12 abitazioni, in uno studio legale, e in una ventina di sedi societarie del gruppo Peperino a Napoli, Milano, in Veneto (a Verona e Conegliano) e in Friuli Venezia Giulia (a Trieste, Udine, Pordenone);
   la direzione distrettuale antimafia di Trieste (Dda) ha aperto un'indagine sul titolare del gruppo, Pietro Savarese, accusato di aver generato una doppia contabilità con un software che permetterebbe l'evasione su una parte consistente dei ricavi;
   tra le ipotesi della Dda vi è anche il trasferimento fraudolento di valori e il riciclaggio aggravato dal metodo mafioso;
   nel corso dell'operazione sono stati sequestrati gli strumenti elettronici che avrebbero consentito di occultare sistematicamente il 40 per cento dei ricavi effettivamente realizzati negli ultimi anni;
   la presunta evasione fiscale, secondo gli investigatori, avrebbe contribuito all'espansione del gruppo attraverso l'apertura di vari ristoranti e pizzerie;
   gli inquirenti sospettano infiltrazioni camorristiche nelle attività imprenditoriali di Savarese;
   la vicenda ha sollevato forti preoccupazioni nelle comunità locali e conferma, ad avviso dell'interrogante, l'allarme lanciato dal Partito Democratico circa il fenomeno di radicamento delle organizzazioni criminali nel Nord-est;
   i clan stanno utilizzando da anni i capitali di provenienza illecita per entrare nel tessuto economico delle regioni più ricche e diffondere il loro controllo su questi territori –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti;
   quali iniziative di competenza, anche per il tramite degli uffici territoriali del Governo, intenda adottare per potenziare l'azione di prevenzione e contrasto delle organizzazioni criminali in Friuli Venezia Giulia e in Veneto. (4-15024)


   LAVAGNO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   come noto, il 14 dicembre a Roma nei pressi degli uffici dei gruppi parlamentari, l'ex deputato Osvaldo Napoli è stato circondato e strattonato da una cinquantina di attivisti dichiaratosi appartenenti all'autodefinito «Movimento dei Forconi»;
   al grido di «arrestiamo i politici, basta, dignità», diversi soggetti partecipanti all'azione hanno cercato di immobilizzare e strattonare l'ex parlamentare che liberatosi, dopo aver chiesto l'intervento dei carabinieri presenti, si è divincolato e riparato entrando nella sede dei gruppi parlamentari di via Uffici del Vicario;
   da quanto si apprende per questa azione le forze dell'ordine hanno poi provveduto ad identificare 11 persone;
   secondo i primi accertamenti, l'assalto condotto nel cuore di Roma è da attribuire a militanti del gruppo «9 Dicembre Forconi». Gli attivisti si erano dati appuntamento in piazza Montecitorio per protestare contro il governo e con l'intento di «arrestare» un politico. Il cosiddetto «movimento dei Forconi» era salito alla ribalta circa 5 anni fa, tra fine 2011 e inizio 2012, nascendo come associazione di agricoltori, pastori, allevatori che si definisce «apartitica», nonostante la presenza al suo interno di vari esponenti di Forza Nuova e delle destre estreme;
   con riferimento all'episodio che ha coinvolto come vittima l'ex deputato Napoli, risultano particolarmente gravi, ad avviso dell'interrogante, la presenza e le successive dichiarazioni di Antonio Pappalardo, ex generale dei carabinieri e già deputato della XI legislatura;
   da quanto si apprende dal web, il movimento starebbe organizzando per il 16 gennaio 2017 una o più manifestazioni in una o più città italiane, senza specificare la data e il luogo dell'evento –:
   se il Ministro sia a conoscenza delle problematiche sopra esposte e come intenda intervenire prontamente, per quanto di competenza, per evitare fenomeni emulativi di atti come quello che ha visto vittima l'ex deputato Napoli ed eventuali manifestazioni in piazza caratterizzate da azioni di lotta violenta. (4-15028)


   FEDRIGA e GRIMOLDI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   si ha notizia che il giudice delle esecuzioni immobiliari del tribunale di Lecco, con comunicazione R 1882/16 del 14 ottobre 2016, abbia portato a conoscenza dei legali delle parti di procedure immobiliari in corso della «possibilità di locare a cittadini stranieri temporaneamente presenti sul territorio (ndr rifugiati) gli immobili pignorati nell'ambito del progetto di accoglienza diffusa elaborato dalla Prefettura, dai Comuni della Provincia e dalla Comunità Montana»;
   il progetto di accoglienza diffusa, citato nella, comunicazione di cui sopra, fa seguito all'accordo territoriale sottoscritto da alcuni sindaci e prevede l'accoglienza di circa 1200 richiedenti asilo su tutto il territorio provinciale sulla base di un nuovo modello di «distribuzione» degli immigrati nelle abitazioni private al fine di «favorire processi di integrazione territoriale»;
   il bando del progetto di accoglienza diffusa, con durata dal 1o ottobre al 31 dicembre ma con possibilità di proroga, è stato nei mesi scorsi pubblicato sul sito istituzionale dalla provincia di Lecco, in qualità di stazione appaltante per conto della comunità montana Valsassina e del consiglio di rappresentanza dei sindaci;
   per la durata del progetto, pari a tre mesi, risultano stanziati, oltre ai «34 euro» al giorno/pro capite, pari a oltre 3,7 milioni di euro complessivi iva esclusa, una somma giornaliera di 1,00 euro al giorno pro capite, pari a 110.000 euro, riservati alla comunità montana, come recita il capitolato del bando, «per le attività di coordinamento trasversale e per l'attivazione e lo sviluppo dei servizi integrativi»;
   alla pubblicazione del bando erano seguite numerose proteste, anche da parte di altri sindaci del territorio lecchese che avevano già precedentemente espresso parere contrario al piano dell'accoglienza diffusa anche per le risorse messe a disposizione, quasi 4 milioni di euro per soli tre mesi, a scapito di progetti volti al sostegno delle numerose famiglie leccesi in difficoltà economica, nonché legittime perplessità sulla legittimità del ruolo svolto dalla comunità montana della Valsassina, che, impegnandosi a stipulare accordi con operatori economici per il servizio di accoglienza dei richiedenti asilo e la gestione dei servizi connessi, di fatto si sostituisce alle funzioni normalmente svolte dalla prefettura;
   il giudice delle esecuzioni immobiliari del tribunale di Lecco ha teso a precisare che la scelta di «locare a cittadini stranieri» «non deve pregiudicare la primaria esigenza di giungere alla liquidazione dell'immobile in tempi congrui», sebbene il bando in premessa sia rinnovabile e, secondo quanto disposto dagli articoli 1 e 14 del decreto legislativo n. 142 del 2015, le misure di accoglienza, assicurate dal momento della sola manifestazione della volontà di chiedere la protezione internazionale, siano garantite al richiedente anche in caso di impugnazione della decisione, di fatto per la durata dell'intero procedimento e per un complessivo periodo anche di oltre due anni;
   sempre nella medesima comunicazione, lo stesso giudice ha teso a evidenziare, nella ponderazione degli aspetti positivi da considerarsi nella scelta di locare immobili oggetto di procedure esecutive a stranieri nell'ambito del progetto di accoglienza diffusa di cui in premessa, anche il possibile «conseguimento di un canone direttamente dalla Prefettura» –:
   se il Ministro sia a conoscenza di quanto riportato in premessa, se ciò corrisponda al vero e sia conforme alla normativa vigente con particolare riferimento alla disponibilità da parte della prefettura di Lecco di corrispondere un «canone» direttamente ai proprietari degli immobili locati ai cittadini stranieri nell'ambito del progetto di accoglienza diffusa attuato nella provincia di Lecco, alla cui elaborazione avrebbe partecipato anche la stessa prefettura; se ed in quale misura tale canone sia finora stato corrisposto, quale sia l'ammontare complessivo delle risorse destinate a tal fine e a quale capitolo siano state imputate. (4-15029)


   MOSCATT. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nelle contrade Lucia, Ortata, Sant'Anna, Priolo, Gerlando Marino e Malvizzo, tra il capoluogo Favara e Naro e, precedentemente nell'area tra Zingarello, Punta Bianca e Cipolluzze sono stati messi in atto furti di cavi di rame;
   nel territorio del comune di Agrigento ed esattamente nell'area periferica ricca di aziende agricole, ristoranti, bed and breakfast nonché di abitazioni di privati, in questi ultimi giorni, si sono verificati continui e reiterati furti di cavi di energia elettrica di alta tensione;
   l'area maggiormente colpita in questi ultimi giorni è nei pressi dell’hinterland dell'agrigentino, più esattamente tra il villaggio Mosé, contrada Busuiti e contrada Grangifone;
   siffatti atti criminali stanno mettendo in ginocchio l'economia e l'attività di tutto quel territorio, in quanto la merce contenuta negli impianti di refrigerazione in attesa di essere spedita viene gravemente danneggiata e i ristoranti e bed and breakfast, sono costretti a chiudere, non potendo svolgere la propria attività di ristorazione, accoglienza e ricreativa;
   oltre a numerosissime abitazioni private, su quell'area esistono numerose case di accoglienza per minori ed anziani, rimasti al buio e al freddo;
   in siffatta tipologia di furti, gli autori sono impegnati regolarmente per l'intera notte nel tagliare, aggomitolare i grossi cavi e caricarli;
   i furti si sono susseguiti per diverse notti senza che le forze di polizia abbiano, in qualche modo, posto argine a tale fenomeno;
   la specifica attività criminale sembra in forte crescita;
   cittadini, strutture commerciali, industriali, assistenziali, stanno subendo gravi ed irreparabili danni –:
   se gli organi preposti al controllo del territorio, prefetto, questore, comandante provinciale dei carabinieri e guardia di finanza, stiano provvedendo con la massima sollecitudine ad intervenire al fine di stroncare il fenomeno e favorire l'individuazione dei colpevoli ivi compresi anche e soprattutto i ricettatori;
   di quali elementi disponga il Governo circa i tempi degli interventi di riparazione da parte di ENEL considerata l'emergenza che scaturisce dai fatti suddetti e se sia emersa la necessità di dotare tali impianti di sistemi di videosorveglianza e allarme, che per quanto onerosi incideranno sicuramente meno dei lavori di ripristino.
   (4-15031)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   LUIGI GALLO, MARZANA, VACCA, BRESCIA, CHIMIENTI e TOFALO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   con riferimento al decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 1996, n. 567, modificato e integrato dal decreto del Presidente della Repubblica 9 aprile 1999, n. 156, il decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca 18 febbraio 2002, n. 14, ha istituito il Forum nazionale delle associazioni dei genitori maggiormente rappresentative (FoNAGS) con il fine di «valorizzare la partecipazione e l'attività associativa dei genitori nella scuola come forma di espressione e di rappresentanza autonoma e complementare a quella istituzionale, nonché di assicurare una sede stabile di consultazione delle famiglie sulle problematiche studentesche e scolastiche»;
   in base all'articolo 3, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 2005, n. 301, «con provvedimenti dei dirigenti generali degli Uffici scolastici regionali, possono essere costituiti Forum delle rappresentanze associative presso i detti Uffici, cui partecipano le associazioni dei genitori aderenti al Forum nazionale, nonché, previe intese tra le regioni e gli Uffici scolastici regionali, le associazioni di genitori maggiormente rappresentative a livello regionale [FoRAGS], individuate in base a criteri analoghi a quelli previsti nel comma 4, in relazione alle dimensioni territoriali delle regioni medesime. Si applicano i commi 5 e 6 per quanto concerne le procedure di accreditamento e di verifica a cura dell'Ufficio scolastico regionale, d'intesa con la regione ove ha sede il Forum regionale, e la pubblicizzazione dei verbali del Forum medesimo»;
   il comma 6 del suddetto articolo dichiara che «le attività del Forum, così come risultanti dai verbali, sono adeguatamente pubblicizzate dal Ministero dell'Istruzione, dell'università e della ricerca a mezzo stampa e sul proprio sito internet»;
   la nota prot. n. 3554 del dipartimento d'istruzione del 27 aprile 2016, avente come oggetto «Rappresentanza e Partecipazione. Implementazione FoRAGS», chiarifica quanto descritto nel comma 7, disciplinando che gli uffici scolastici regionali che, con proprio decreto, dovrebbero aver già provveduto ad istituire i Forum regionali;
   in una precedente circolare, per quanto concerne i Forum regionali, si dichiara che «a tutt'oggi alla scrivente [direttore generale, dottoressa Maria Moioli] risulta costituita la maggior parte dei Forum Regionali; per questi, laddove le Associazioni che li compongono sono quelle indicate al comma 3 dell'articolo 3, basterà un decreto di conferma» e che «i rappresentanti delle Associazioni o Confederazioni di Associazioni costituenti il Forum devono essere genitori di alunni frequentanti istituti statali o paritari»;
   l'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 21 novembre 2007, n. 235, che modifica l'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, ha introdotto l'organo di garanzia regionale in luogo dell'organo di garanzia provinciale, le cui funzioni erano precedentemente affidate al consiglio scolastico provinciale, prevedendo che tale organo sia composto per la scuola secondaria superiore da due studenti designati dal coordinamento regionale delle consulte provinciali degli studenti, da tre docenti e da un genitore designati nell'ambito della comunità scolastica regionale, e presieduto dal direttore dell'ufficio scolastico regionale o da un suo delegato; per la scuola media in luogo degli studenti sono designati altri due genitori;
   inoltre, «ciascun ufficio scolastico regionale individua, con apposito atto, le modalità più idonee di designazione delle componenti dei docenti e dei genitori all'interno dell'organo di garanzia regionale al fine di garantire un funzionamento costante ed efficiente dello stesso» –:
   se il Ministro interrogato, allo stato attuale, possa indicare, ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 301 del 2005, quali siano i FoRAGS attivi ed istituiti; quali siano i referenti dei Forum regolarmente attivi; quali Forum abbiano un sito internet che pubblicizzi l'attività svolta; di quali elementi disponga, per quanto di competenza, circa gli organi di garanzia regionale attivi ed istituiti ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 325 del 1997 e in merito a quali siano le modalità di designazione della componente genitori. (5-10139)

Interrogazione a risposta scritta:


   FEDRIGA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   è importante portare all'attenzione la precarietà in cui sono costretti ad operare diversi istituti comprensivi e istituti statali di istruzione superiore (I.S.I.S.) della provincia di Udine, a causa della mancanza di dirigenti scolastici titolari, basti pensare che la percentuale di istituti scolastici in reggenza risulta del 30 per cento (22 istituti su 69 totali), contro una media nazionale che si attesta intorno al 15 per cento;
   la graduatoria regionale dell'ultimo concorso per dirigenti scolastici, svoltosi nel 2011, è stata completamente scorsa già da alcuni anni e pertanto molti posti vacanti di dirigente vengono coperti mediante ricorso all'istituto della reggenza;
   le difficoltà nelle quali si trovano ad operare i dirigenti scolastici della regione Friuli Venezia Giulia compromettono in maniera particolarmente marcata la programmazione di una completa attività didattica, intesa anche nel senso della realizzazione di progetti in rete con amministrazioni pubbliche, associazioni del territorio e altro;
   non si può non esprimere gratitudine ai dirigenti scolastici in servizio che si trovano a «subire» le numerose reggenze presenti in regione, operando molto spesso su due sedi scolastiche (in titolarità ed in reggenza) poste a molti chilometri di distanza tra di loro;
   per di più la legge n. 107 del 2015 ha implementato i compiti e le funzioni dei dirigenti scolastici, con connesse ulteriori importanti responsabilità;
   l'ufficio scolastico regionale per il Friuli Venezia Giulia, dal punto di vista tecnico/amministrativo, sarebbe in grado fin da ora di espletare un nuovo concorso per dirigenti scolastici;
   le linee guida regionali per il dimensionamento della rete scolastica del Friuli Venezia Giulia (rifacendosi alla normativa nazionale, tra cui il decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 2009 e la legge n. 111 del 2011) prevedono «l'assegnazione di un dirigente scolastico ed un dirigente dei servizi generali ed amministrativi titolari»; limite minimo di n. 600 alunni, ridotto a n. 400 unità per le istituzioni scolastiche comprese nei territori montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche (friulano, sloveno e tedesco); limite massimo di n. 1.200 alunni per gli istituti comprensivi e n. 1.400 studenti per le scuole secondarie di II grado;
   le scuole di montagna si trovano quasi totalmente in reggenza. Come si può facilmente comprendere, queste stanno vivendo un momento particolarmente critico, in quanto al problema delle reggenze si aggiunge a quelli dello spopolamento dei territori, delle difficoltà nei trasporti pubblici, dell'alto grado di dispersione scolastica, e dell'elevato turn over del personale docente ed Ata;
   addirittura le amministrazioni comunali di Lestizza, Talmassons, Mortegliano e Castions di Strada hanno all'unanimità richiesto, con il parere favorevole della provincia di Udine e dell'ufficio scolastico regionale del Friuli Venezia Giulia, di poter accorpare gli istituti scolastici siti sui rispettivi territori, attualmente divisi su due istituti comprensivi, in un unico istituto comprensivo, con la speranza di poter interrompere la lunga catena di reggenze che li ha visti coinvolti negli ultimi anni –:
   se e quali iniziative di competenza, anche eventualmente valutando il bando di concorsi, intenda adottare per risolvere le problematiche esposte in premessa.
   (4-15018)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta scritta:


   BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI, MATARRELLI e PASTORINO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   i dati che emergono, relativi all'occupazione al 2016, confermano che la riforma del lavoro «Jobs Act» – attuata con la pubblicazione del decreto legislativo n. 185 del 2016 –, ha prodotto molti licenziamenti e diminuzione delle assunzioni stabili dovuti al calo degli sgravi contributivi;
   continua invece ad aumentare il ricorso ai voucher per pagare prestazioni occasionali ai lavoratori; infatti, l'aumento è del 34,6 per cento rispetto l'anno 2015;
   nel 2016, fino al mese di ottobre, sono stati venduti 109,5 milioni di buoni lavoro da 10 euro, che corrispondono a 1,4 milioni di lavoratori con compensi medi annui che non superano i 500 euro;
   i licenziamenti nel complesso sono cresciuti del 4 per cento e le assunzioni stabili, rispetto allo stesso periodo del 2015, hanno subito un calo del 5 per cento;
   i licenziamenti per motivi disciplinari – riferiti a giusta causa e giustificato motivo – sono aumentati del 28 per cento, mentre i licenziamenti per crisi aziendale ammontano a circa 354 mila, quindi in aumento del 6 per cento rispetto al 2015;
   l'Inps, nel suo Osservatorio sul precariato rileva che nei primi nove mesi del 2016, i datori di lavoro di aziende private hanno contrattualizzato il 7,7 per cento in meno rispetto all'anno scorso e i contratti a tempo indeterminato sono stati di 47.455 unità, con un calo del 33 per cento delle assunzioni a tempo indeterminato negli ultimi sette mesi;
   nello stesso periodo del 2015 le unità assunte erano 519.690, quindi, a oggi, sono stati assunti da aziende il 90 per cento in meno di lavoratori;
   nel Report sulle comunicazioni obbligatorie pubblicato sul sito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si legge che nel terzo e ultimo trimestre del 2016 i rapporti di lavoro a tempo indeterminato attivati sono stati meno di quelli cessati: 406.691 assunzioni stabili e 483.162 cessazioni di rapporti fissi;
   è quindi da ritenere che l'effetto del depotenziamento degli sgravi fiscali ha negativamente influito nell'anno in corso sull'occupazione, così come ha negativamente influito l'inserimento dei buoni lavoro della riforma del lavoro, detta « Jobs Act» –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati in premessa;
   poiché il depotenziamento degli sgravi fiscali incide pesantemente sulla percentuale di contratti a tempo indeterminato attivati nel 2016, così come confermato anche dal report sulle comunicazioni obbligatorie del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, se non ritenga di dover intervenire con gli strumenti necessari al fine di trovare nuove e opportune misure atte a garantire ai lavoratori occupazione più stabile;
   se – in considerazione del fatto che le assunzioni con contratti a tutele crescenti non hanno prodotto nuovi posti di lavoro, né sviluppo e crescita – non ritenga necessario assumere una iniziative urgente al fine di predisporre una nuova misura d'incentivo fiscale per le aziende che intendano assumere a tempo indeterminato o con contratti a lungo termine e valutare l'opportunità di abolire i voucher che compromettono peraltro la dignità del lavoro senza alcuna prospettiva del futuro. (4-15009)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   è drammatica in Sardegna la nuova quotazione del prezzo del latte di pecora;
   in questi giorni si sta definendo una quotazione sotto i 0,60 centesimi di euro;
   in un normale distributore h/24 di bevande, mezzo litro d'acqua costa 0,50 centesimi di euro. Un litro, un euro. In queste ore, nel silenzio più assoluto, si sta definendo il prezzo del prodotto principe della Sardegna: il latte di pecora. Latte e lavoro: 0,60 a litro;
   da settimane la principale industria lattiero-casearia della Sardegna è sotto attacco e il silenzio regna, con quello che l'interrogante giudica il «bavaglio» delle banche che impongono la loro volontà a tutto e tutti;
   gli allevatori stanno subendo il vortice generato dall'insipienza di Stato e regione;
   il meccanismo è così sintetizzabile: l'Agea, l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura, non paga il dovuto nei tempi previsti, le banche si avventano sugli allevatori che, per pagare rate e investimenti già effettuati, si indebitano. Strozzati dalle banche, sono costretti a svendere il prodotto pur di non finire nelle tramogge delle banche rapaci pronte a sbranare la povera preda;
   il risultato è raggiunto in questi giorni, senza una vera e propria trattativa. Il prezzo fissato per un litro di latte di pecora oscilla tra 0,55/0,60 euro. Dunque, il fallimento è assicurato;
   la più florida e radicata azienda della Sardegna rischia il tracollo dinanzi alle speculazioni di banche e non solo, all'inettitudine della regione che, ad avviso dell'interrogante si guarda bene dal mettersi in gioco. Nessuno strumento regolatore, nessun intervento anche pubblico possibile per calmierare l'aggressione degli «sciacalli» di turno;
   quello che succede nel settore trainante dell'agropastorizia è il risultato di politiche nefaste dello Stato e della regione che non solo hanno abbandonato a se stesso il settore, ma con la loro incapacità di spesa hanno per l'ennesima volta messo in ginocchio le aziende;
   l'Agea non solo non ha pagato il dovuto, ma ha accumulato ritardi insopportabili per qualsiasi azienda chiamata a fare investimenti strutturali importanti;
   si tratta di ritardi, e molto spesso mancati pagamenti, che hanno messo in ginocchio il sistema;
   le lobby si preparano all'assalto finale con istituzioni e forze politiche e associative che di fatto agevolano i tentativi maldestri di clonare il pecorino con una sottospecie di prodotto (cacio romano) sponsorizzato da una minoranza del 3 per cento dei produttori;
   la regione sarda risulta inerte e si limita all'invio di lettere inefficaci e inutili al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali;
   nessuna iniziativa concreta è stata intrapresa –:
   se non ritenga di dover promuovere l'immediata convocazione delle parti per giungere alla definizione di strumenti in grado di garantire la tenuta del prezzo del latte in linea con i sempre più gravosi costi di produzione;
   se non ritenga di dover garantire, per quanto di competenza, un effettivo controllo del mercato al fine di evitare sempre più evidenti fenomeni speculativi nel settore lattiero-caseario, a partire dalla verifica delle reali produzioni e del conseguente prezzo del latte. (5-10136)


   PILI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il 9 e il 10 dicembre 2016 un gravissimo incendio ha devastato un'azienda agricola nell'agro di Siliqua e ha distrutto tre capannoni e tutte le attrezzature da lavoro, mentre gli animali sono stati salvati dai proprietari;
   si tratta dell'ennesimo gravissimo attentato a un'azienda agricola di Siliqua che conferma un’escalation criminale senza precedenti che sta mettendo in ginocchio un numero sempre più alto di importanti aziende agricole sarde;
   non si contano più gli attentati incendiari, in questi ultimi mesi, hanno letteralmente raso al suolo fienili e mezzi agricoli e messo in crisi importanti attività produttive agricole e zootecniche;
   si tratta di un filo conduttore che riguarda aziende con grandi estensioni terriere, abbondantemente superiori ai cento ettari, dei veri e propri biliardi orografici;
   tutte le aziende, compresa quella a Siliqua, sano state colpite in modo mirato e preciso al cuore produttivo: fienili pieni e mezzi meccanici indispensabili per la conduzione agricola;
   si tratta di gesti criminali che minano la gestione ordinaria per chi aveva e ha bestiame da accudire e mezzi meccanici indispensabili per il governo agricolo di aziende così estese;
   non si possono derubricare tutti questi attentati come ascrivibili motivi a marginali e futili, ma appare sempre più evidente una matrice unitaria e nel contempo allarmante;
   tutti questi episodi vanno indagati unitariamente per valutare se dietro questi attentati ci siano fenomeni di racket dei mangimi e del loro utilizzo, oppure un piano speculativo legato a grandi estensioni terriere agricole pianeggianti;
   non è un segreto che si sta mettendo «sotto attacco» la Sardegna per quanto riguarda progetti speculativi legati agli incentivi energetici;
   non è un segreto nemmeno che, per stessa ammissione di alcuni faccendieri, si cercano terreni agricoli pianeggianti e di grandi estensioni, perché costano meno rispetto a quelli delle zone industriali;
   occorre attivare immediatamente tutte le azioni necessarie perché questo susseguirsi di attentati non solo venga arrestato, ma si pongano in essere tutte le iniziative utili a stabilire la matrice di questi gesti criminali;
   è indispensabile indagare sulla matrice di questi attentati e assicurare alla giustizia i responsabili;
   non è accettabile che il mondo delle campagne sia sotto attacco criminale e non si mettano in campo azioni straordinarie per fermare questo disastro;
   si tratta di attentati che hanno il chiaro obiettivo di mettere sul lastrico queste aziende e nel contempo favorirne il fallimento;
   le conseguenze sono evidenti: gli «sciacalli» organizzati e gli speculatori seriali sono pronti a tuffarsi a capofitto per acquisire queste immense estensioni agricole;
   ad essere messo sotto attacco c’è il patrimonio agricolo sardo, a partire dagli stessi mezzi necessari per la conduzione agricola;
   sono decine i trattori e i mezzi meccanici distrutti dolosamente dalle fiamme;
   si tratta di mezzi presi di mira per colpire la gestione delle terre;
   in tutti i casi sono stati rasi al suolo i fienili pieni di alimenti per il bestiame;
   si registrano danni strutturali irreparabili e la distruzione di immense quantità di alimenti, da fieni a granaglie;
   si configura un vero e proprio racket che colpisce ormai da mesi le aziende agricole sarde;
   si intravede un tentativo delinquenziale di impoverire la struttura portante dell'agricoltura sarda per poi pianificarne l'assalto –:
   se non ritenga il Governo di esperire ogni possibile e urgente iniziativa di competenza per contribuire a chiarire la matrice di tali innumerevoli attentati e al contempo contrastare tale fenomeno.
(5-10140)


   PILI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   la Commissione europea deve bloccare immediatamente tutte le procedure in essere relative alla contraffazione e all'usurpazione del marchio del pecorino romano;
   quello che appare all'interrogante il tentativo maldestro di un'organizzazione di categoria e di alcuni produttori, sostenuti di fatto dall'assessore regionale all'agricoltura del Lazio, è un atto di una gravità inaudita;
   il comparto ovino sardo e la sua produzione di pecorino romano, prodotto che occupa la stragrande maggioranza della trasformazione ovina in Sardegna, così come la sua tutela, vengono messi a rischio da una campagna oltraggiosa di esponenti istituzionali e associativi del Lazio;
   con un'azione politica e amministrativa, che pare all'interrogante avallata dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, si sta tentando di mettere in discussione la titolarità della «DOP pecorino romano», quasi che spetti solo ai produttori laziali il titolo di romano;
   si attacca il Consorzio di tutela e la sua sede a Macomer, quasi fosse una cosa strana (solo 3 aziende laziali trasformano il pecorino romano e in piccole quantità rispetto a quello trasformato in Sardegna);
   il Lazio sta sostenendo la richiesta di una nuova Dop da chiamare «cacio romano», che già di per sè (con il termine «romano») genera confusione sui mercati a discapito della Dop «Pecorino romano»;
   il 3 per cento dei produttori laziali, con l'appoggio del Ministero stesso, stanno cercando, con azioni ad avviso dell'interrogante discutibilissime dal punto di vista giuridico, di imporre e far riconoscere una nuova denominazione di origine Cacio Romano solo per il Lazio;
   si tratta di un danno giuridico prima ancora che economico;
   si è dinanzi a fatti di inaudita gravità per l'economia sarda e per il rispetto della storia e del comparto ovino sardo che dal 1981 con grandi sforzi ha contribuito a consolidare nel mondo la reputazione della Dop pecorino romano;
   è indispensabile l'immediato intervento della Commissione europea atteso che il Ministero omette di proteggere il Consorzio di tutela e, soprattutto, la denominazione di origine protetta pecorino romano, così come previsto dall'articolo 13 del Reg. (UE) n. 1151/2012;
   il tutto è aggravato dalla registrazione di un marchio: Cacio Romano; al riguardo, si ricorda che una nuova azienda laziale, tale Formaggio Boccea S.r.L., nonostante il sequestro amministrativo dei NAC di Roma si è visto legittimata dall'ICQRF a continuare l'uso di etichette con la dizione «romano» in danno della Dop Pecorino Romano sulla base di una ordinanza di dissequestro secondo l'interrogante infondata giuridicamente;
   si omette di dire che già da ora, anzi dal 2009, possono e potevano mettere la dicitura «pecorino romano prodotto nel Lazio», e lo fanno perché il vero obiettivo è quello di togliere la denominazione e l'utilizzo del marchio pecorino romano ai produttori sardi ed anche di svalutare il «pecorino romano prodotto in Sardegna»;
   la tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche, in base ai regolamenti europei deve essere estesa ai casi di usurpazione, imitazione ed evocazione dei nomi registrati relativi sia a beni che a servizi, onde garantire un livello di tutela elevato e analogo a quello che vige nel settore vitivinicolo –:
   se non intendano intervenire immediatamente per bloccare tale grave e inaudita iniziativa tesa a danneggiare uno dei settori cardine dell'economia della Sardegna;
   se non intendano intervenire, per quanto di competenza, per revocare qualsivoglia atto che rischia di nuocere all'unitarietà e alla tutela del marchio del pecorino romano;
   se non intendano assumere le iniziative di competenza per bloccare qualsiasi marchio che possa generare confusione dar luogo a contraffazione del marchio registrato del pecorino romano. (5-10144)

Interrogazione a risposta scritta:


   GIANLUCA PINI. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   secondo notizie stampa, l'ex Vice Ministro alle politiche agricole, alimentari e forestali, Andrea Olivero, avrebbe dichiarato che sull'utilizzo di olio di palma nei prodotti alimentari esiste un «terrorismo della disinformazione» lasciando, inoltre, ipotizzare che sarebbero in essere «campagne organizzate per favorire questo o quel paese» e «turbative sui mercati»;
   l'olio di palma è un grasso vegetale tropicale. A livello globale, viene utilizzato per l'80 per cento nel settore alimentare (olio per frittura, margarine, prodotti di pasticceria e da forno, e gran parte dei prodotti alimentari trasformati), per il 19 o nel settore dei cosmetici, saponi lubrificanti e grassi, prodotti farmaceutici, pitture e lacche, e per l'11 per cento per la produzione di biodiesel;
   la palma da olio è coltivata esclusivamente nelle zone tropicali umide, in particolare in Indonesia e Malesia che da sole totalizzano l'87 per cento della produzione mondiale;
   secondo i dati riportati nei Food Balance Sheet della Food Agricolture Agency (FAO), nel 2011 in Italia sono state 77.000 tonnellate di palma per uso alimentare, evidenziando un incremento delle importazioni negli ultimi anni;
   il 3 maggio 2016 l'Efsa (l'Autorità europea per la sicurezza alimentare) ha pubblicato il rapporto scientifico sui «Contaminanti da processo in oli vegetali e alimenti» in cui si evidenzia la problematicità di 3 sostanze presenti nell'olio di palma con particolare attenzione al «glicidolo», rispetto al quale, secondo la dottoressa Helle Knutsen, a capo della ricerca dell'EFSA, non è stato possibile determinare una soglia di sicurezza accettabile per i bambini, evidenziando che «l'esposizione ai GE dei neonati che consumino esclusivamente alimenti per lattanti costituisce motivo di particolare preoccupazione, in quanto è fino a dieci volte quella che sarebbe considerata di lieve preoccupazione per la salute pubblica»;
   secondo la IV edizione dei livelli di assunzione di riferimento di Nutrienti ed energia per la popolazione italiana redatta dalla Società italiana di nutrizione umana, in una corretta ed equilibrata alimentazione la presenza dei grassi saturi è da limitarsi al 10 per cento all'energia totale giornaliera per tutte le fasce di età; indicazione confermata anche a livello internazionale dalle più autorevoli organizzazioni come l'Organizzazione mondiale della sanità;
   ogni operatore del settore agroalimentare ha il diritto di scegliere e attuare strategie di mercato nel rispetto delle norme vigenti ed è doveroso porre in essere operazioni per il miglioramento continuo dei processi e prodotti;
   l'Italia è la patria della dieta mediterranea, il modello alimentare che scientificamente tutela e preserva il benessere delle persone e le risorse del pianeta: non dovrebbe esser certamente una priorità del Governo italiano quella di difendere e promuovere la coltivazione della palma da olio e la produzione e l'utilizzo dell'olio di palma, tipica coltivazione e prodotto di altre aree geografiche;
   sarebbe invece opportuno promuovere altre fonti di olii e grassi vegetali (ad esempio olio extravergine di oliva) che permetterebbe di abbattere anche del 75 per cento ad esempio i contenuti di grassi saturi presenti in elevata percentuale nell'olio di palma –:
   quale sia la posizione del Governo al riguardo e se si intenda promuovere l'importazione di olio di palma a discapito di altre produzioni nazionali;
   se non intenda favorire, alla luce degli impegni assunti per gli agricoltori italiani, iniziative per la sostituzione dell'olio di palma con altre fonti di olii e grassi vegetali, come l'olio extra vergine di oliva, favorendo lo sviluppo di colture oleaginose strategiche per il nostro Paese;
   se, alla luce di quanto descritto, il Governo non ritenga opportuno fornire utili linee di indirizzo ai consumatori promuovendo una campagna di sensibilizzazione, per diffondere i valori di una sana alimentazione basata sulla dieta mediterranea. (4-15032)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:


   BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, GALLINELLA, L'ABBATE e PARENTELA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   con il comunicato del 4 luglio 2016 il Ministero della salute ha dato informazione riguardo alla proroga dei prodotti fitosanitari a base della sostanza attiva glifosato, fino al 31 dicembre 2017, in attuazione del regolamento di esecuzione (UE) della Commissione n. 2016/1056 del 29 giugno 2016. Successivamente, la Commissione europea ha emanato un ulteriore regolamento di esecuzione (UE) n. 1313 del 1o agosto 2016 che modifica le condizioni di approvazione della sostanza attiva glifosato. A questo proposito, la direzione generale per l'igiene e la sicurezza degli alimenti e la nutrizione ha emanato il decreto dirigenziale 9 agosto 2016 che revoca le autorizzazioni all'immissione in commercio di prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva glifosato in associazione con il coformulante ammina di sego polietossilata (n. CAS 61791-26-2) e modifica le condizioni d'impiego dei restanti prodotti fitosanitari;
   ogni sostanza o miscela deve essere dotata di una etichetta, sulla quale devono essere riportate le informazioni sulla pericolosità e le avvertenze da osservare in caso di utilizzo e di un imballaggio conforme alla norma e idoneo al prodotto contenuto. Nel caso sia classificata come pericolosa, essa deve essere dotata anche di una scheda dati di sicurezza (SDS), aggiornata e redatta secondo quanto previsto dal regolamento REACH e dal regolamento (UE) 453/2010;
   le schede dati di sicurezza costituiscono un sistema informativo che assieme all'etichettatura di pericolo garantisce la sicurezza di operatori e consumatori;
   sono documenti sintetici che riportano in modo conciso tutte le caratteristiche chimico-fisiche, tossicologiche, ambientali e la classificazione di una sostanza chimica o di una miscela, compresi i fitosanitari, obbligatorie se pericolosi;
   esse forniscono informazioni fondamentali sia riguardo all'identità del prodotto, alle caratteristiche chimico-fisiche, alla reattività, alla tossicologia, all'ecotossicologia e al comportamento ambientale, sia riguardo ai dispositivi di protezione individuale e alle informazioni su come manipolare correttamente i prodotti e gestire eventuali incidenti. I fornitori hanno il dovere di consegnare le schede di sicurezza, costantemente aggiornate, ai loro clienti. I produttori e i distributori sono ovviamente soggetti a questi obblighi;
   l'etichetta dei prodotti fitosanitari, prevista dal regolamento (CE) 1272/2008, deve contenere tutte le informazioni relative all'uso sicuro degli stessi. Attualmente il contenuto delle etichette non è uniforme;
   infatti, non esistendo un'etichetta tipo, le informazioni riportate risultano discordanti e possono generare equivoci –:
   se le previsioni del regolamento di esecuzione del 1o agosto 2016 (UE) 2016/1313, circa l'obbligo di revoca dei prodotti fitosanitari che contengono i coadiuvanti indicati nello stesso, siano state attuate;
   se non ritenga opportuno, per facilitare la consultazione delle schede di sicurezza, assumere iniziative affinché il Ministero della salute le renda disponibili attraverso un apposito database;
   se non ritenga necessario, al fine di prevenire quanto esposto in premessa, di dover assumere iniziative per predisporre un unico format per le etichette dei prodotti fitosanitari che consenta di fornire indicazioni omogenee. (4-15007)


   MARTELLI e FRANCO BORDO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il punto nascite dell'ospedale Oglio-Po di Vicomoscano (Cremona) si avvia alla chiusura in base alla normativa che impone la chiusura dei punti nascite che non totalizzino i 500 parti l'anno;
   il Comitato nazionale percorso nascite ha respinto la richiesta di deroga avanzata a suo tempo dalla regione. È stato disatteso anche il documento redatto dai Comitato per la salvaguardia dell'ospedale Oglio-Po, sottoscritto da diversi sindaci del territorio, nonché la mozione sul tema recentemente approvata dal consiglio comunale viadanese;
   in Lombardia sono state respinte le richieste di deroga avanzate per Broni e Stradella (Pavia), Piario (Bergamo) e Casalmaggiore che ha totalizzato l'anno scorso 401 nascite, perché non costituivano situazioni di disagio orografico, documentato dalla distanza di un'ora, anche a condizioni ottimali, tra molti comuni del bacino e gli ospedali alternativi;
   il punto nascita è un servizio irrinunciabile per i cittadini che vivono in periferia. Se è vero che, come sostengono le autorità sanitarie, i punti nascita più grandi offrono maggiori garanzie a madre e bambino: personale, attrezzature e formazione continua, è evidente che la chiusura di un punto nascite è un evento traumatico e un grave danno per un territorio. Testimonianza ne è la protesta che un gruppo di mamme ha inscenato all'ospedale di Angera (coinvolto nel taglio) annunciando un'occupazione ad oltranza del reparto;
   la decisione appare ancora più grave nell'ottica nazionale che ci restituisce la fotografia di un Paese a bassissima e decrescente natalità. Secondo i più recenti dati Eurostat, il nostro tasso natalità nel 2015 è stato il più basso in assoluto, un 8 per mille a fronte del 10 per mille della media dell'Unione europea. Sempre secondo Eurostat, nel 2015 sono nati 485.800 bimbi e il numero di decessi, 647.600, ha superato ampiamente le nuove nascite. Nell'arco dei primi 6 mesi del 2016, l'Istat ha certificato un tracollo delle nascite: 14 mila in meno che corrisponde al 6 per cento in meno, il triplo rispetto all'anno precedente;
   il calo delle nascite è sicuramente tra le preoccupazioni del Ministero della salute, che ha indetto la campagna del « fertility day» per porre il fenomeno alla conoscenza di tutte le cittadine e i cittadini;
   si prende atto delle dichiarazioni della Ministra Lorenzin che ha affermato il 13 dicembre 2016: «Se la regione li presenta, siamo disponibili a valutare nuovi elementi per le deroghe. L'unico interesse è la tutela della salute dei cittadini e la loro sicurezza» –:
   quali iniziative di competenza il Ministro interrogato intenda assumere per contrastare il fenomeno del calo delle nascite nel nostro Paese, anche promuovendo una revisione della decisione relativa alla chiusura dei punti nascite come quello dell'ospedale Oglio-Po di Vicomoscano, che meriterebbe invece di essere rafforzato, in modo da non privare territorio di un servizio necessario e strategico e da non scaricare il peso dei tagli alla sanità pubblica sulla schiena delle donne senza agevolare, ma anzi ostacolando di fatto quelle coppie che, tra mille difficoltà, desiderano avere un figlio. (4-15015)


   BENEDETTI, MASSIMILIANO BERNINI, GALLINELLA, L'ABBATE e PARENTELA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in merito alla presenza di sostanze perfluorate negli alimenti in Veneto, l'Istituto superiore di sanità, nelle conclusioni della nota del 19 febbraio 2016 (Prot. 49309) indirizzata alla regione Veneto – sezione veterinaria sicurezza alimentare in cui comunica i dati relativi ai controlli analitici effettuarti su matrici di interesse alimentare, segnala situazioni di potenziale criticità, considerando i livelli di consumo alimentari regionali ed i parametri tossicologici (TDI) definiti dall'EFSA; tali criticità, secondo il parere dell'Istituto superiore di sanità, si riscontrano in particolare nella risorsa ittica e nelle uova di galline allevate a terra; nella nota si legge inoltre: «La contaminazione ambientale già pluridecennale per la presenza di un insediamento produttivo di sostanze fluoro-organiche ad elevata persistenza ambientale situato in area di ricarica di falda in presenza di un acquifero indifferenziato (di Domenico e Zapponi, 1984; ARPA Veneto – dip. Vicenza, 2013) indica la rilevanza di misure di prevenzione primaria efficaci ai fini di ridurre le esposizioni alimentari nel breve e nel lungo periodo. A tale proposito è importante approfondire gli aspetti legati alla produzione e consumo di cibo locale e alla conseguente assunzione di tali contaminanti da parte delle fasce di popolazione più esposte. Si ritiene rilevante la considerazione di pratiche agronomiche e zootecniche volte a ridurre il trasferimento della contaminazione dai comparti ambientali a quelli agro zootecnici»;
   la raccomandazione europea del 17 marzo 2010 (2010/161/UE) sollecita gli Stati membri a monitorare la presenza di sostanze perfluoroalchiliche negli alimenti ed a trasmettere i dati di tale monitoraggio all'EFSA –:
   se il Ministero della salute sia a conoscenza delle gravi problematiche esposte in premessa, e abbia predisposto un piano di analisi e monitoraggio sulle derrate alimentari per la valutazione della presenza delle sostanze perfluorate;
   se il Ministero della salute nel piano nazionale integrato sui controlli (PNI) abbia inserito la valutazione delle sostanze perfluorate. (4-15019)


   FRANCO BORDO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 13 dicembre 2016 l'assessore al welfare della regione Lombardia Giulio Gallera, all'ospedale di Stradella, ha comunicato, a margine della conferenza organizzata per presentare il progetto riguardante il nuovo Presst (presidio socio sanitario territoriale) di Broni-Stradella in provincia di Pavia, che l'ospedale di Stradella perderà il punto nascita all'interno dell'ospedale;
   sulla chiusura del punto nascite di Stradella l'Asst di Pavia si riserva di commentare, ma specifica quanto segue: «Al momento di notizie ufficiali in merito a tale chiusura non ne abbiamo ricevute. Per cui riteniamo che, se così è, la Regione e il Ministero a breve ce lo comunicheranno»;
   il punto nascite di Broni-Stradella fa parte di quelli, insieme a Ondoli di Angera, l'Oglio Po di Casal Maggiore e di uno a discrezione dell'assessorato della sanità, tra il Moriggia Pelascini di Gravedona e Chiavenna, entrambi in Valtellina, destinati al provvedimento di chiusura;
   il Ministero si è più volte espresso chiedendo di aggregare i punti nascita che non rispettano il criterio dei 500 parti annui necessari a mantenere la struttura funzionante. Nell'ospedale di Broni-Stradella vi sono stati 504 parti nel 2014, 503 nel 2015 e in questi giorni si è a circa 470;
   la regione Lombardia ha espresso parere contrario alla chiusura del punto nascite, ritenendolo importante per tutto il territorio, ma ha ricevuto in risposta, dal Ministero della salute, la comunicazione del 9 dicembre 2016 in cui si rigetta la richiesta di deroga per il punto nascite di Broni-Stradella;
   è evidente che la popolazione, in modo particolare quella femminile, che fa riferimento a questo presidio ospedaliero non può essere privata di un servizio essenziale ed il punto nascite in questione ha tutte le motivazioni e caratteristiche per godere di un'ulteriore deroga triennale –:
   quali iniziative di competenza intenda mettere in atto affinché venga mantenuto operante il punto nascite di Broni-Stradella, punto di riferimento per i residenti dell'OltrePo pavese;
   quali iniziative di competenza intenda assumere affinché nella valutazione di chiusura di un punto nascite vengano presi in esame altri fattori, anche di qualità, quali il benessere della puerpera e del bambino e il basso tasso di parti cesarei. (4-15021)


   GREGORI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il decreto 5 febbraio 1992 recante «Approvazione della nuova tabella indicativa delle percentuali d'invalidità per le minorazioni e malattie invalidanti» necessita di essere aggiornato;
   i fruttosemici sono persone che non riescono a produrre l'enzima che metabolizza il fruttosio, cioè uno zucchero presente principalmente nella frutta, nella verdura e negli ortaggi, che sono quindi cibi assolutamente da evitare;
   il problema è che il fruttosio è una delle molecole che formano il saccarosio che è lo zucchero che comunemente si utilizza non solo in cucina, ma anche nella composizione della stragrande maggioranza di farmaci per uso orale, per renderne più gradevole il sapore;
   inoltre, è molto utilizzato nell'industria alimentare anche perché migliora sia la consistenza del prodotto finito che la sua conservazione. Qualora ingerito da un fruttosemico, il fruttosio si deposita a livello epatico provocandone una progressiva degenerazione che potrebbe evolvere in cirrosi. Le ecografie presentano, nella stragrande maggioranza dei casi, degli ingrossamenti per cui gli esami vengono ripetuti con cadenza almeno trimestrale anche in virtù dell'età dei bambini (già dal primo anno di vita);
   chi è affetto da fruttosemia paradossalmente potrebbe condurre una vita «normale» se riuscisse ad evitare tutti gli alimenti contenenti fruttosio. Purtroppo, anche a causa della carenza di informazioni a tale scopo indicate sui prodotti, la realtà è diversa e parla di persone che ingerendolo a propria insaputa soffrono di forti disturbi gastrointestinali;
   a tal proposito, si ricorda che in Italia solo alcune persone ottengono il riconoscimento della invalidità semmai accompagnata dai benefici della legge n. 104 del 1992 in condizione di gravità. Si segnalano casi in cui nello stesso ambito regionale (ad esempio Emilia Romagna) ci sono pronunce diverse. Questo è evidentemente iniquo trattandosi di una malattia rara irreversibile;
   di tale infermità ad oggi non tabellata ne viene valutato, in ragione della natura e della gravità, il danno con criterio analogico rispetto alle patologie tabellate;
   la fruttosemia potrebbe essere paragonata al diabete, per cui nella tabella legata all'apparato endocrino si propone una percentuale d'invalidità fissa al 100 per cento –:
   se non ritenga necessario e urgente assumere iniziative per l'aggiornamento del decreto 5 febbraio 1992 recante «Approvazione della nuova tabella indicativa delle percentuali d'invalidità per le minorazioni e malattie invalidanti», in special modo della tabella allegata allo stesso decreto, al fine di aggiornare le percentuali d'invalidità e consentire l'inserimento di altre malattie invalidanti ed, in particolare, la fruttosemia. (4-15025)


   BORGHESE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   l'osteoporosi più che una malattia può essere considerata una condizione fisiologica legata all'invecchiamento della popolazione mondiale;
   infatti, dopo i 50 anni le ossa diventano più fragili e di conseguenza aumenta notevolmente la possibilità che, dopo una caduta o una sollecitazione, una persona si fratturi una vertebra o il femore;
   questa malattia attualmente colpisce oltre 56 milioni di persone e sono circa 3 milioni gli italiani – si tratta però di un dato approssimativo, in quanto non si possiede ancora la fotografia esatta – che soffrono in maniera inconsapevole della malattia;
   l'osteoporosi colpisce una donna su due dopo i 45 anni ed un uomo su cinque: sono dati estremamente allarmanti e fanno capire l'esatto confine di questa patologia;
   la popolazione italiana sta sempre più invecchiando e una frattura al femore o ad una vertebra, oltre a comportare un'invalidità che abbassa notevolmente la qualità della vita del soggetto colpito e della sua famiglia, in taluni casi può essere anche fatale;
   il servizio sanitario nazionale, nella nota 79, prevede che la gratuità dei farmaci per il trattamento dell'osteoporosi spetti solo a coloro che hanno già subito una frattura;
   per l'osteoporosi la prevenzione deve, infatti, cominciare in età precoce, in quanto è nell'adolescenza che l'apporto di calcio attraverso gli alimenti viene più efficacemente assorbito dall'organismo, contribuendo così al consolidarsi della massa ossea;
   le persone che non possono permettersi di pagare i farmaci, data la sempre più pesante situazione economica che si sta vivendo in Italia a causa della crisi economica, rinunciano alla cure;
   intervenendo in via preventiva si ridurrebbero le ospedalizzazioni e gli interventi chirurgici riducendo le spese pubbliche e il dolore di tante persone parzialmente sane –:
   se non ritenga di dover assumere iniziative per l'estensione della gratuità dei farmaci per il trattamento dell'osteoporosi anche alle persone a rischio che ancora non hanno subito fratture, nell'ottica di prevenire malattie invalidanti e situazioni incresciose dal punto di vista dell'autonomia del singolo;
   se non intenda monitorare l'offerta assistenziale extraospedaliera presente nelle diverse regioni in relazione all'osteoporosi, promuovere l'adozione di specifici progetti di prevenzione sanitaria volti a diffondere l'assunzione di calcio e colecalciferolo, nonché la diagnosi tempestiva della patologia attraverso la diffusione della densitometria ossea e dell'indagine mineralometrica (MOC), che consentono di misurare con precisione la densità del tessuto osseo;
   se non intenda promuovere campagne pubblicitarie specificamente rivolte a prevenire i rischi di una diffusione dell'osteoporosi tra le persone di sesso maschile troppo spesso dimenticate, che mostrano a loro volta una più spiccata propensione a sottostimare il problema. (4-15026)


   RAMPELLI. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 7 dicembre 2016 il Ministero della salute ha aperto un tavolo tecnico tra la regione Puglia, la direzione generale della programmazione sanitaria dello stesso Ministero e l'Istituto superiore di sanità per «approfondire le esigenze correlate alla situazione ambientale-sanitaria dell'area di Taranto, anche nell'ottica di valutare l'esistenza dei presupposti tecnico-scientifici e giuridici che consentano di approntare una deroga al decreto ministeriale n. 70 del 2015, recante “Regolamento recante definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all'assistenza ospedaliera”»;
   stando alla nota diramata dal medesimo Ministero la decisione di istituire il tavolo è nata in seguito alla mancata approvazione di un emendamento al disegno di legge di bilancio «finalizzato ad attribuire risorse aggiuntive alla Regione Puglia per meglio affrontare le criticità sanitarie dell'area di Taranto»;
   la giunta della regione Puglia, nell'adottare il piano straordinario salute ambiente, ha individuato nel «centro salute e ambiente» il nucleo centrale delle azioni strategiche e programmatiche da mettere in campo per la tutela della salute dei cittadini, prevedendo l'interazione primariamente tra Ares Puglia, Arpa Puglia e la Asl di Taranto e, secondariamente, le Asl di Brindisi e Lecce;
   la mission principale del centro è quella di valutare la correlazione tra le esposizioni ambientali e gli effetti sulla salute umana, implementando specifiche attività di monitoraggio e ricerca e le relative dotazioni strutturali e infrastrutturali;
   parallelamente sono implementate le attività di prevenzione primaria e secondaria, nonché di potenziamento e ottimizzazione dei percorsi diagnostico-terapeutici e di contrasto delle patologie correlate all'inquinamento ambientale;
   l'attività, coordinata a livello regionale da un responsabile unico attuativo del programma, è stata articolata in quattro macroaree;
   la struttura di statistica epidemiologia della Asl di Taranto ha portato a termine tutte le attività previste dalla macroarea 3, tra le quali l'aggiornamento del registro tumori sino al 2012 e del registro di mortalità per cause sino al 2014, oltre ad alcune attività relative alla macroarea 2, e ha condotto per conto dell'Istituto superiore di sanità lo studio di biomonitoraggio che è stato presentato proprio il 7 dicembre;
   i risultati di studio conseguiti dal registro per i tumori di Taranto e dalla relativa Asl dimostrano come tali strutture, pur lavorando con piante organiche deficitarie, con finanziamenti limitati e con personale precario non di ruolo, hanno compiutamente svolto i compiti assegnati, divenendo anche esempi di buone pratiche operative;
   l'impegno della Asl di Taranto prosegue nella raccolta di dati per consentire di fornire una mappa, il più accurata possibile, delle aree dove il rischio per la salute umana potrebbe avere origine da problemi ambientali di qualsiasi natura, che agiscono come causa o concausa di un eventuale incremento delle patologie tumorali, nonché nel mettere a disposizione della comunità europea i dati del registro al fine di contribuire a migliorare gli studi sui percorsi di diagnosi, cura e terapia in campo oncologico;
   il registro tumori di Taranto non è stato invitato a partecipare agli incontri del tavolo tecnico che ha preso avvio presso il Ministero della salute il 7 dicembre –:
   quali siano le motivazioni che hanno condotto alla mancata convocazione nell'ambito dei lavori, del tavolo tecnico e se non ritengo opportuno far sì che il registro tumori di Taranto possa partecipare agli stessi a pieno titolo, contribuendo con le proprie conoscenze e professionalità.
(4-15030)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:


   RIZZO, BASILIO, CORDA, FRUSONE e TOFALO. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   NoiPA è il sistema realizzato dal dipartimento dell'amministrazione generale, del personale e dei servizi del Ministero dell'economia e delle finanze per gestire il trattamento economico del personale centrale e periferico della pubblica amministrazione;
   il sistema eroga un servizio unificato per la gestione del personale e in particolare: assicura l'aggiornamento del sistema in base all'evoluzione normativa per tutti gli aspetti previdenziali, fiscali e contrattuali, assicura efficienza di servizio attraverso la gestione centralizzata di processi quali, ad esempio, configurazione, elaborazioni, adempimenti e flussi, adempimenti nei confronti finanziarie ed enti previdenziali, e garantisce la conformità alla normativa nazionale con impatto sul trattamento giuridico ed economico del personale;
   dal 1o gennaio 2016 Forze armate e Guardia di finanza sono entrate nel mondo NoiPA. Al termine di un percorso di lavoro durato otto mesi, si è giunti alla elaborazione del primo cedolino di stipendio della mensilità di gennaio 2016 per il personale della Guardia di finanza, dell'Esercito italiano, dell'Aeronautica militare, della Marina militare e delle capitanerie di porto;
   in una recente nota stampa diffusa dal Consiglio centrale di rappresentanza militare della Marina si legge «Il Cocer Marina, in occasione dell'incontro plenario con i delegati regionali della Rappresentanza Militare, riscontra ancora una volta il diffuso malcontento sul funzionamento del sistema NoiPa per le modalità ed i tempi di corresponsione degli stipendi, nonché per la mancanza di chiarezza sulle relative ritenute applicate»;
   «NoiPa – si legge – è un sistema informatico che ha sostituito un precedente modello funzionante complicando ogni cosa, lontano dalla valorizzazione dei contesti operativi, non trasparente e per il quale si esprimono altresì riserve sulla economicità rispetto al precedente»;
   «“Un'odissea senza fine” è stata definita dai delegati provenienti da tutto il territorio nazionale, poiché non dà certezze ai colleghi su quando e come saranno corrisposte le dovute competenze per le attività svolte»;
   «L'estensione alle FF.AA. del sistema NoiPa ha minato la serenità delle famiglie e la condizione morale dei militari che operano senza soluzione di continuità ed in ogni condizione in mare ed in terra per il bene del Paese»;
   «Se la stessa efficienza che c’è oggi nel pagare gli stipendi l'avessero i militari – ironizza il delegato CoCER CdP Ciavarelli –, la Nazione sarebbe più sicura ? Nonostante tutto, i militari rimangono sempre al servizio della Patria» –:
   quali iniziative siano state messe in atto per risolvere le problematiche denunciate dai COCER. (4-15006)

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

  La risoluzione in Commissione Di Vita e altri n. 7-00147, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 ottobre 2013, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Segoni.

Pubblicazione di un testo riformulato.

  Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Gribaudo n. 4-15001, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 714 del 14 dicembre 2016.

   GRIBAUDO. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro per gli affari regionali e le autonomie, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. – Per sapere – premesso che:
   nella legge di stabilità 2016 il fondo nazionale per la montagna è stato finanziato per un importo di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018; contemporaneamente, è stato previsto l'incremento di 10 milioni per il fondo a sostegno della Strategia nazionale delle aree interne;
   nel piano nazionale «Italiasicura» sono presenti investimenti per opere contro il dissesto idrogeologico per 90 milioni di euro sull'area metropolitana di Torino e altri 100 milioni per progettazioni e cantieri nelle aree più a rischio del Piemonte, compresa quella attraversata dal Tanaro;
   nella legge di bilancio 2017 sono stati previsti fondi per fare fronte al dissesto idrogeologico dell'entità di 7,6 miliardi di euro nel periodo 2015-2023, insieme ai 2,2 miliardi recuperati dalla precedente programmazione;
   il 24 novembre 2016 violente precipitazioni nel nord ovest del Paese hanno colpito le regioni Piemonte e Liguria, e in particolare le province di Cuneo e Savona;
   il fiume Tanaro è esondato in varie zone della Val Tanaro e, con la caduta di incessanti piogge, sono stati provocati ingenti danni ad abitazioni, aziende e strutture pubbliche;
   si è preso atto dell'efficienza e del buon funzionamento della macchina della protezione civile, anche grazie all'esperienza delle precedenti alluvioni del Piemonte –:
   se e come siano stati utilizzati i fondi di cui in premessa e gli altri resi disponibili dalla programmazione nazionale ed europea per la messa in sicurezza della Valle del Tanaro e delle altre aree ad alto rischio idrogeologico del Piemonte;
   se siano state attivate le procedure per il rimborso dei danni ai cittadini, alle imprese e agli enti locali per gli eventi del 24 novembre 2016;
   se si riscontri la necessità, visto l'episodio, di effettuare ulteriori interventi di messa in sicurezza nella Valle del Tanaro e quali siano quelli messi in atto nella fase di emergenza. (4-15001)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

  I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
   interrogazione a risposta scritta Fassina n. 4-13987 del 2 agosto 2016;
   interrogazione a risposta scritta Costantino n. 4-14960 del 12 dicembre 2016.