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XVII LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Mercoledì 21 dicembre 2016

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:


   TERZONI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   dall'edizione del 28 novembre 2016 de IlFattoQuotidiano.it si è appreso che alcuni ricercatori dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) già impegnati nel monitoraggio dell'attività vulcanica e tellurica dell'isola di Ischia sarebbero stati impiegati per studiare la fattibilità della costruzione di una centrale geotermica privata;
   nell'articolo vengono riportati dei dettagli della vicenda che è stata ricostruita grazie a una lettera interna dell'Istituto di cui IlFattoQuotidiano.it è entrato in possesso. La lettera, era destinata ai vertici dell'Istituto e metteva a conoscenza di una serie di fatti ritenuti anomali circa il progetto di realizzazione della centrale geotermica a Serrara Fontana sulle falde del monte Epomeo;
   il progetto è osteggiato sia da molti cittadini che dagli operatori turistici che ritengono la centrale un pericolo per un'area già soggetta a terremoti periodici anche di notevole intensità;
   anche la comunità scientifica pone dei dubbi sulla opportunità di costruire una centrale geotermica sull'isola temendo che in un contesto così fortemente ci sia il rischio di innescare terremoti. Tra questi il geologo Franco Ortolani che da anni studia i fenomeni sismici ha affermato che «l'area interessata al progetto è già notoriamente sismica naturalmente. La reiniezione di fluidi estratti (attività prevista dal progetto) può causare sismicità indotta con eventi di magnitudo fino a 2,4»;
   la società Ischia Geotermia si è rivolta all'Osservatorio vesuviano dell'Ingv per avere un parere scientifico sul progetto e l'Osservatorio avrebbe dato l'incarico a tre giovani ricercatori la cui retribuzione è a carico della Protezione civile;
   nel testo della lettera sopra ricordata sono state contestate la legittimità di utilizzare personale retribuito con i fondi della protezione civile e il fatto che l'Ente non sarà poi chiamato a legittimare i risultati dello studio che saranno comunque utilizzati per sostenere la validità di un progetto privato;
   la direttrice dell'Osservatorio vesuviano incalzata sulla vicenda da IlFattoQuotidiano.it sostiene che le attività commissionate da Ischia Geotermia «risultavano essere di grande rilevanza e impatto per il Dipartimento di Protezione civile in quanto finalizzate ad acquisire nuovi dati sperimentali e a definire i modelli necessari allo sviluppo degli scenari di pericolosità sismica e vulcanica per l'area investigata». Perciò si è deciso di utilizzare «personale esperto», cioè «tre ricercatori con contratto su fondi Protezione civile-Ingv». Inoltre «Ischia Geotermia Srl riconosce altresì che i dati acquisiti a seguito delle esplorazioni effettuate potranno essere liberamente utilizzati da Ingv Osservatorio Vesuviano per scopi scientifici e/o di protezione civile»;
   nell'articolo 1 del regolamento di organizzazione e funzionamento dell'Ingv tra le altre cose si legge che l'istituto persegue la finalità di fornire, nell'ambito del perseguimento delle proprie finalità, servizi a terzi in regime di diritto privato;
   l'istituto, inoltre, è componente del servizio nazionale di protezione civile di cui all'articolo 6 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e le attività di cui alle lettere a), relativamente alla valutazione del rischio e della pericolosità, c), d) ed e) del primo comma del presente articolo sono svolte in regime di convenzione con il dipartimento della protezione civile –:
   come questo tipo di «consulenze» si concilino con quanto indicato nel regolamento riportato in premessa, dal quale si evince che le attività per conto di terzi non rientrano tra quelle svolte in convenzione con il dipartimento della protezione civile ma tra quelle in regime di diritto privato;
   se vi siano altri casi simili verificatisi sul territorio nazionale, ossia se anche in altre occasioni sia stato utilizzato personale dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia a spese della Protezione civile per svolgere incarichi commissionati da privati. (3-02671)

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per gli affari regionali. — Per sapere – premesso che:
   alla base della grave situazione di numerose banche italiane vi e un'evidente responsabilità della governance che il più delle volte risulta legata a nomine di espressione diretta di partiti, con incarichi sia nelle fondazioni che nella stessa struttura gestionale delle banche;
   vi sono casi di organi di amministrazione di diretta emanazione di partiti politici con indicazioni che riguardano esponenti di partiti che vengono nominati direttamente ai vertici di fondazioni e banche;
   è il caso del Banco di Sardegna e della sua Fondazione Sardegna;
   in questo caso si registra un fatto una gravità inaudita perché come emerge dai bilanci del Banco di Sardegna, ben tre miliardi, versati negli sportelli del Banco di Sardegna, sono finiti nella disponibilità degli sportelli della capofila, la Banca Popolare dell'Emilia Romagna;
   la stessa banca Popolare dell'Emilia Romagna, di seguito Bper, ha presentato un'offerta per l'acquisto di Banca Etruria;
   un'azione economico-finanziaria che, secondo l'interrogante mette in posizione ancor più subalterna l'intero sistema creditizio sardo già abbondantemente svuotato di potere e governance;
   secondo il bilancio semestrale del Banco di Sardegna, ben tre miliardi, 3.000 milioni di euro, raccolti in Sardegna sono finiti direttamente nelle casse emiliane;
   a questo si aggiunge che la Fondazione del Banco di Sardegna, ora Fondazione Sardegna, ha convertito i propri i crediti verso la Bper, derivanti dall'acquisto del 51 per cento del Banco di Sardegna mai saldato, proprio in azioni Bper;
   si tratta di azioni della BPER che hanno perso in pochi mesi quasi il 50 per cento del valore;
   si tratta di quella che all'interrogante appare una vera e propria lobby politica bancario affaristica che sta mettendo «sotto ricatto» la Sardegna e sta sostenendo operazioni finanziarie tutte esterne al contesto sardo;
   una situazione di una gravità inaudita per la quale sarebbe stato auspicabile l'intervento non solo del Governo ma anche della Banca d'Italia;
   risulta, infatti, che la Bper abbia pagato i suoi debiti con la fondazione Sardegna con titoli che hanno perso il 49 per cento del loro valore a fronte di denaro vero, quello che doveva essere restituito ai sardi, attraverso la Fondazione;
   il Banco di Sardegna nel primo semestre del 2016 ha dichiarato un utile di 58 milioni di euro; si tratta di dati ad avviso dell'interrogante fuorvianti in quanto i dati operativi sono tutti in perdita, e l'utile è dovuto alla sola cessione della Banca di Sassari;
   a pagina 91 del bilancio semestrale del Banco di Sardegna si scrive: il Banco ha crediti verso banche per circa 3 miliardi di euro e a pagina 55 viene indicato che questa cifra è assorbita quasi interamente dalla «capogruppo» Bper;
   parte di questa cifra 341 milioni di euro è relativa a obbligazioni emesse dalla Bper;
   se non ritenga necessario valutare, per quanto di competenza, la situazione di cui in premessa ed evitare che la grave situazione finanziaria richiamata ricada sui cittadini sardi risparmiatori;
   se non ritenga di dover valutare, in forza dei poteri di vigilanza in materia di fondazioni bancarie, l'operazione di trasformazione dei crediti della fondazione del Banco di Sardegna in titoli della Bper già gravemente condizionati dall'andamento finanziario –:
   se non intenda per quanto di competenza valorizzare ogni azione di controllo e monitoraggio ai fini della tutela dei risparmiatori e dei depositi dei cittadini sardi nelle casse del Banco di Sardegna. (5-10176)

Interrogazioni a risposta scritta:


   PILI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nel «fantomatico» piano della Rai la Sardegna viene collocata sotto il Piemonte;
   nel piano di riorganizzazione delle news della Rai l'informazione locale sarebbe articolata in cinque macroregioni, con la Sardegna in quella del Nord-ovest;
   le decisioni principali per l'isola verrebbero di fatto prese a Torino, anche se rimarrebbe l'attuale redazione regionale;
   la proposta della direzione editoriale è stata illustrata al Consiglio di amministrazione dell'azienda pubblica;
   oltre a Piemonte e Sardegna, la macroregione comprende Liguria e Valle d'Aosta;
   ogni macroarea avrebbe un dirigente responsabile (quello del Nord-Ovest a Torino), la direzione generale della Tgr resterebbe a Roma;
   si tratta di un progetto che non tiene in minimo conto la specialità della Sardegna e del suo riconoscimento costituzionale;
   la Sardegna per le sue peculiarità deve avere la più ampia autonomia e garantire la promozione delle specificità tutelate anche sul piano costituzionale a partire dalla lingua;
   in tal senso la Camera dei deputati ha dato precise indicazioni, perché la lingua sarda entri a pieno titolo nella programmazione e organizzazione della Rai;
   si tratta di un atto dovuto in attuazione di norme costituzionali, non servono ordini del giorno, serve una disposizione di legge chiara e univoca;
   la Commissione bicamerale costituzionale per gli affari regionali ha approvato all'unanimità, su proposta dell'interrogante una riformulazione del parere sul disegno di legge recente la riforma della Rai e del servizio pubblico radiotelevisivo C. 3272 che prevede espressamente la seguente operazione: «introdurre norme che tutelino, nell'ambito della programmazione e dell'organizzazione della Rai, le minoranze linguistiche, con particolare riferimento alla lingua Sarda e a quella Friulana, così come previsto dalla legge 482/99»;
   si tratta di un'indicazione che non può essere cancellata con un atto del Consiglio di amministrazione Rai che deve tutelare questo nevralgico strumento di crescita e tutela della cultura sarda;
   quella subita dalla cultura e dalla lingua sarda è una vera e propria discriminazione, considerato che tutte le altre lingue minoritarie disciplinate dalla legge costituzionale n. 482 del 1999 sono tutelate e valorizzate anche in ambito Rai;
   solo il sardo e il friulano vengono escluse da questa tutela e valorizzazione;
   si tratta di un arbitrio al quale occorre porre rimedio non con la «sottomissione» piemontese della sede Rai della Sardegna ma con nuova autonomia editoriale legata alla cultura e alla lingua sarda;
   è semplicemente scandaloso, ad avviso dell'interrogante, che in Italia si tutelino solo quelle lingue minoritarie che hanno alle spalle nazioni come la Francia e la Germania;
   questa discriminazione deve cessare introducendo un chiaro ed esplicito richiamo a tutela della lingua sarda nella programmazione della Rai –:
   se non ritenga di dover intervenire, per quanto di competenza, anche attraverso ulteriori iniziative normative, al fine di tutelare la specificità costituzionale della Sardegna e la conseguente articolazione di strutture pubbliche, a partire dalla Rai, che non possono porre in essere quelli che l'interrogante giudica atti di «colonizzazione» culturale davvero intollerabili;
   se non ritenga di dover assumere le iniziative di competenza per la tutela delle lingue costituzionalmente riconosciute come il sardo e la loro promozione attraverso gli strumenti pubblici di comunicazione. (4-15049)


   MASSIMILIANO BERNINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la lotta al fenomeno del racket e dell'usura prevede da un lato azioni e misure repressive nei confronti di coloro che gestiscono le attività illegali e, dall'altro, il sostegno delle istituzioni e delle leggi dello Stato alle vittime. Accanto alle istituzioni operano le associazioni del terzo settore che sono impegnate in progetti di accompagnamento a coloro che si ribellano;
   le ultime norme in materia, tra l'altro, hanno inasprito le pene per gli usurai, prevedendo anche il sequestro e la confisca dei beni;
   il racket, o «pizzo», è una forma di estorsione criminale nei confronti di operatori economici e di chi detiene la proprietà di un'azienda (negozio, cantiere, fabbrica) che produce reddito. L'estorsore applica una strategia di minaccia e intimidazione per spaventare l'operatore economico (senza tuttavia annientarlo, per non perdere una fonte di reddito). L'estorsore si manifesta poi per offrire protezione in cambio di somme di denaro, appunto il «pizzo»;
   l'usura è lo sfruttamento del bisogno di denaro di un altro individuo per procacciarsi un forte guadagno illecito. Nel rapporto usurario ci sono dunque la necessità di denaro e un'offerta che può apparire come un'immediata possibile soluzione per chi si trova in difficoltà. Viene così concesso un prestito a un tasso d'interesse superiore al cosiddetto «tasso soglia», rilevato ogni tre mesi dal Ministero dell'economia e delle finanze e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, che si calcola aumentando del 50 per cento il tasso effettivo globale medio (TEGM) relativo ai vari tipi di operazioni creditizie;
   il commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura è chiamato a svolgere attività di coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura sul territorio nazionale ai sensi della legge 23 febbraio 1999, n. 44, articolo 19, e presiede il Comitato di solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura, istituito presso il Ministero dell'interno, che ha il compito di esaminare e deliberare sulle istanze di accesso al fondo di solidarietà;
   il Comitato di solidarietà vittime dell'estorsione e dell'usura è l'organismo che esamina e delibera sulle domande di accesso ai benefici del fondo di solidarietà. È composto da un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico e uno del ministero dell'economia e delle finanze, da tre membri designati dal Cnel (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro) ogni due anni in modo da assicurare la presenza, a rotazione, delle diverse categorie economiche, da tre membri delle associazioni antiracket e antiusura, anch'essi in carica per due anni e da un rappresentante della Consap (Concessionaria dei servizi assicurativi pubblici) senza diritto di voto;
   dal 1o agosto 2016 – come risulta anche dal sito del Ministero dell'interno – la sede del commissario soprarichiamato risulta vacante, suscitando le forti preoccupazioni di cittadini impegnati nel settore come l’«Associazione nazionale per la lotta contro le illegalità e le mafie – Antonio Caponnetto» che ha organizzato anche ripetute manifestazioni pacifiche per stigmatizzare la situazione, che avrebbe determinato il blocco di centinaia di pratiche di vittime di estorsione e di usura –:
   quali siano gli impedimenti che ostacolano la nomina del nuovo commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket ed antiusura e se non si ritenga opportuno rimuovere tali impedimenti assumendo le iniziative di competenza per provvedere alla relativa nomina. (4-15050)


   NUTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   secondo quanto riportato dagli organi di stampa, la società Htr Bonifiche ha ricevuto l'incarico della rimozione delle macerie provocate dai recenti eventi sismici nei comuni del Lazio e delle Marche, come ad esempio Accumoli, Amatrice e Arquata del Tronto, i centri abitati più danneggiati di tutta l'area del cratere del terremoto: questo implica la rimozione di diverse migliaia di tonnellate di macerie;
   tale impresa, fa capo al gruppo HTR attivo nel settore ambientale e in particolare nella bonifica dell'amianto, conquistando contratti in tutta Italia, tra i quali uno per lo smaltimento di fanghi e terreni nei cantieri dell'Alta velocità in Toscana;
   proprio nell'ambito di tale appalto, la procura di Firenze ha aperto un'indagine che ha portato al rinvio a giudizio la HTR e il suo fondatore, Matteo Bettoja, con l'accusa di truffa ai danni del committente RFI per aver falsificato i costi: «ogni tonnellata trasferita veniva fatta pagare 80 euro, ma il prezzo effettivo pattuito attraverso “accordi occulti” era di 66 euro. La differenza sarebbe stata riconsegnata in nero al committente dei lavori, il general contractor Nodavia: una truffa da diversi milioni di euro»;
   inoltre, sempre nell'ambito della medesima indagine, la procura contesta alla HTR anche il traffico di rifiuti, per aver affidato gran parte del trasporto dei materiali ai camion di un'impresa casertana, la Veca Sud di Lazzaro Ventrone, successivamente smaltiti in strutture senza autorizzazione, con un «pretrattamento pericoloso per l'ambiente»: in relazione a Lazzaro Ventrone, recentemente la direzione distrettuale antimafia ne ha chiesto il rinvio a giudizio in quanto ritenuto al servizio del clan di Camorra dei Casalesi, sin dagli anni ’90;
   ciononostante, le procedure per l'assegnazione dell'appalto pare siano state regolari, tant’è che la stessa HTR risulterebbe all'interrogante essere iscritta nella white list della prefettura romana da aprile 2016, un mese dopo che la procura fiorentina ne richiedesse il rinvio a giudizio: questo pone anche un evidente problema sull'efficacia delle white list e su eventuali cortocircuiti che si verificano nelle comunicazioni interistituzionali –:
   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere al fine di rendere effettiva una politica di contrasto alle infiltrazioni mafiose negli appalti inerenti agli eventi sismici che hanno interessato l'Italia centrale tra agosto e ottobre 2016;
   se il Governo non intenda assumere iniziative al fine di modificare il funzionamento delle « white list» per le imprese che opereranno nell'ambito degli appalti legati al terremoto e della successiva ricostruzione. (4-15055)


   PAOLO NICOLÒ ROMANO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per gli affari regionali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il Consiglio dei ministri, nella seduta del 16 dicembre 2016, ha deliberato, ai sensi dell'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, Istituzione del servizio nazionale della protezione civile, come successivamente modificato dall'articolo 10 del decreto-legge n. 93 del 2013, lo stato d'emergenza nelle province di Cuneo, Torino, Imperia e Savona in conseguenza degli eccezionali eventi meteorologici che si sono verificati nei giorni 23, 24 e 25 novembre 2016;
   da una nota stampa del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Enrico Costa, si apprende «... una previsione iniziale per i primi interventi in Piemonte di 51 milioni di euro, individuando 36.902.647 euro a valere da subito sul Fondo per le emergenze nazionali che verranno integrati, appunto, fino al complessivo ammontare di 51 milioni di euro»;
   nella suddetta delibera sono state inopinatamente escluse le province di Asti ed Alessandria che paradossalmente sono state quelle maggiormente investite da tale calamità. A titolo di esempio, preme ricordare come il fiume Bormida è esondato nei comuni di Vesime, Cessole, Loazzolo, Mombaldone, Bubbio e Monastero Bormina, invadendo la viabilità principale e incidendo negativamente sul territorio che rischia nuove frane e smottamenti, mentre il Tanaro ha invaso numerosi campi e attività produttive e messo a rischio la staticità di alcuni ponti;
   non è comprensibile e tollerabile che famiglie ed imprese distanti pochi chilometri ma risultanti in province differenti possano ottenere dallo Stato un diverso trattamento. Per tale ragione i sindaci dell'Astigiano e dell'Alessandrino hanno dichiarato pubblicamente che procederanno ad attivare tutti i canali istituzionali possibili per vedersi riconosciuto lo stato di emergenza –:
   il Governo possa chiarire il motivo per cui i territori della provincia di Asti e di Alessandria, pur essendo stati investiti in pieno dagli eccezionali eventi meteorologici che si sono verificati nei giorni 23, 24 e 25 novembre 2016, siano stati esclusi dalla deliberazione sullo stato di emergenza in occasione del Consiglio dei ministri del 16 dicembre 2016. (4-15056)


   RICCIATTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   l'Aero Club d'Italia (AeCI) è un ente pubblico non economico finanziato con contributi del Coni e dei Ministeri vigilanti e con l'imposizione di tariffe a carico di titolari di attestati e proprietari di apparecchi per il volo da diporto sportivo, quote a carico di affiliati e altri utenti dell'ente;
   in data 14 dicembre 2016 il presidente dell'AeCI, architetto Leoni Giuseppe, veniva condannato dalla sezione VIII del tribunale di Roma nel procedimento penale Dib. n. 20755/14 (PM n. 30852/13), alla pena di anni tre di reclusione, oltre alla pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici e ad una pena pecuniaria;
   si tratta di condanna per il delitto di peculato, e cioè della commissione di delitto previsto al capo I, titolo II, libro II del codice penale;
   l'Aero Club d'Italia (di seguito AeCI) è ente che appartiene a quelli di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 30 marzo 2001, n. 165, e, conseguentemente, alla luce delle disposizioni di cui al decreto-legge 8 aprile 2013, n. 39, l'incarico all'architetto Giuseppe Leoni è inconferibile con effetto immediato e, di conseguenza, egli deve essere considerato decaduto dall'incarico di presidente dell'ente citato, con ogni conseguente effetto. Si ricorda, peraltro che l'incarico del presidente dell'AeCI è conferito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
   indipendentemente da ragioni di diritto, peraltro granitiche, sussistono indubbiamente gravissime ragioni di opportunità, per le quali risulta francamente intollerabile, ad avviso dell'interrogante, che la presidenza di un ente pubblico nazionale, controllato dal Governo e dal CONI, continui ad essere affidata a persona condannata per peculato;
   per altro verso, con decreto del Presidente della Repubblica del 9 giugno 2015 a seguito di un ricorso straordinario è stato ritenuto illegittimo l'attuale statuto dell'Aero Club d'Italia nella misura di cui al parere del Consiglio di Stato n. 280/14, e cioè proprio in merito alla composizione del consiglio direttivo dell'ente. Nel corso di ben oltre un anno e mezzo l'AeCI, a quanto risulta all'interrogante, è rimasto del tutto inerte ed inadempiente rispetto all'obbligo di provvedere alle modifiche statutarie a seguito del citato decreto del Presidente della Repubblica;
   infine, si segnala che l'AeCI versa in una situazione di grave criticità, che suggerisce essere opportuno ed indifferibile un deciso intervento da parte degli organi vigilanti –:
   quali iniziative di competenza si intendano intraprendere per rimuovere il presidente dell'Aero Club d'Italia, a seguito della condanna penale dello stesso che prevede la pena della reclusione di anni tre oltre l'interdizione dai pubblici uffici, alla luce delle disposizioni del decreto-legge 8 aprile 2013, n. 39;
   quali iniziative di competenza intendano adottare, considerato che dopo ben oltre un anno e mezzo dalla data in cui è stata rilevata l'illegittimità dell'attuale statuto dell'Aero Club d'Italia nella misura di cui al parere del Consiglio di Stato n. 280/14, e cioè proprio nella composizione dell'organo direttivo dell'ente, nessun provvedimento di modifica dello statuto oggi è stato adottato. (4-15058)


   CIPRINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   l'Agenzia delle dogane indiceva nel 2011 un concorso pubblico per esami per il reclutamento di 69 dirigenti di seconda fascia;
   secondo quanto pubblicato dal giornale «LaVerità» del 9 ottobre 2016 alcuni candidati hanno ottenuto i compiti con le tracce già svolte su una copia «taroccata» di una Gazzetta Ufficiale (che conteneva lo svolgimento dei quesiti), unico supporto ammesso durante la prova;
   secondo il giornale «LaVerità»: «Già la prova preselettiva dello stesso concorso era stata oggetto di un esposto-denuncia con il quale si ipotizzava che le domande e le risposte dei quiz fossero già nelle mani di un gruppo di funzionari candidati. Nell'esposto si segnalava alla Procura di Roma come oltremodo sospetto che i primi 50 in graduatoria fossero reggenti di uffici alle dirette dipendenze o di membri della commissione esaminatrice, o del direttore Giuseppe Peleggi, o del vice direttore Alessandro Aronica, oppure sindacalisti di spicco. Nella denuncia veniva evidenziata anche una sorta di “parentopoli” con protagoniste almeno tre coppie di coniugi: dal funzionario del Ministero dell'economia e finanze con la moglie in Direzione centrale che arriva quarto (lei, invece, ottava), all'altra coppia, anche lui del Mef che arriva 43o posto, lei in Direzione centrale si piazza al 26o per finire al decimo posto in cui si colloca il marito di una delle funzionarie dello staff del direttore generale Peleggi. Ma l'esposto era finito in archivio»;
   alla successiva prova scritta due partecipanti vengono colti con gli appunti attinenti alle tracce del tema e, avviate le indagini, «i carabinieri entrano con un mandato di perquisizione negli uffici dell'Agenzia alla ricerca della prova dell'esistenza di alcune email inviate dai vertici dell'ente pubblico a tre o quattro candidati alla selezione» poiché, secondo l'ipotesi dell'accusa, nei file allegati alle email dovrebbe nascondersi la copia della Gazzetta Ufficiale alterata;
   il giornale rivela che «Uno dei destinatari di queste email, che ha ammesso di aver ricevuto l'aiutino, non ha superato la prova e, intervistato dai cronisti della trasmissione di Rai 3 Report, ha mostrato la copia della Gazzetta Ufficiale falsificata, spiegando che sarebbe stato Paolo Raimondi, capo segreteria del direttore Peleggi, a passargli quel documento»;
   secondo quanto riportato da www.corriere.it del 21 settembre 2016 «Le ipotesi di reato, per il momento, vanno dal tentativo di abuso d'ufficio, alla violazione di una legge del 1925 che punisce chi copia durante i concorsi pubblici. I nomi degli indagati non sono al momento noti, ma ci sarebbe almeno uno dei membri della Commissione esaminatrice, Alberto Libeccio, che tra l'altro pochi mesi prima del concorso aveva tenuto un corso di formazione proprio su una delle tracce poi uscite all'esame, e il capo segreteria del Direttore generale Giuseppe Peleggi, Paolo Raimondi. Un'ex dirigente dell'agenzia delle dogane dichiara a Report che sarebbe stato proprio Raimondi, evidentemente con altri, a falsificare la Gazzetta»;
   ormai entro il 2016 non si arriverà alla nomina dei nuovi dirigenti come stabilito dal decreto-legge n. 78 del 2015 con la conseguenza nefasta per cui il Governo sarà costretto ad una nuova proroga delle cosiddette posizioni organizzative speciali anche in palese contrasto con la sentenza della Corte costituzionale n. 37 del 2015 –:
   se il Governo sia a conoscenza della situazione descritta e quali urgenti iniziative abbia intrapreso o intenda intraprendere, per quanto di competenza, sul piano amministrativo e disciplinare, nei confronti dei responsabili dei fatti descritti in premessa a tutela del buon andamento e imparzialità dell'amministrazione;
   quali iniziative intenda assumere per garantire la regolarità e la trasparenza dei concorsi relativi ai dirigenti delle Agenzie delle dogane nel rispetto della sentenza della Corte costituzionale n. 37 del 2015. (4-15060)


   TOFALO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il fiume Sarno ha come affluenti i torrenti Solofrana e Cavaiola tra le maggiori cause di inquinamento del fiume;
   il torrente Solofrana ha origine nella frazione di Solofra, Sant'Agata Irpina, città «capitale campana dell'industria delle concerie». Secondo gli inquirenti, il sindaco di Solofra ha contattato un ex senatore del suo partito (Enzo De Luca, solo omonimo del governatore) affinché interceda con il Ministro Pinotti (estranea alla vicenda) per far trasferire il comandante che indaga per avvelenamento, delitti colposi contro la salute pubblica e omissione d'atti d'ufficio. La procura irpina ha aperto un fascicolo in merito (http://www.ilfattoquotidiano.it) –:
   quali elementi possano fornire i Ministri interrogati in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intendano assumere per affrontare la questione delle cause di inquinamento dei citati corsi d'acqua. (4-15067)


   GIANLUCA PINI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
   stando a quanto ha riportato un noto quotidiano nazionale, dal 9 dicembre 2016 Mukhtar Ablyazov, banchiere e dissidente kazako, è nuovamente un uomo libero, essendo stato liberato dalle carceri francesi per effetto di una decisione assunta dal Consiglio di Stato transalpino, che lo ha prosciolto dalle accuse mosse nei suoi confronti e per il quale contestualmente è stata negata l'estradizione richiesta dalla Russia;
   Mukhtar Ablyazov è il marito di Alma Shalabayeva, che fu con la figlia Alua al centro di un caso assai controverso, svoltosi in Italia e, tra l'altro, oggetto di una proposta mirante alla costituzione di una commissione monocamerale d'inchiesta – di cui al Documento XXII, n. 12 – depositata alla Camera dei deputati nel luglio 2013;
   Ablyazov era giunto con la famiglia nel nostro Paese, ritenendo di trovarvi un ambiente favorevole alla sua permanenza;
   il dissidente kazako ebbe invece quasi immediatamente la sensazione di essere monitorato da una pluralità di soggetti e decise di abbandonarlo «alla chetichella», per dirigersi in Francia, lasciando tuttavia la propria famiglia a Roma;
   il 31 maggio 2013, un blitz compiuto dalle forze dell'ordine nella casa che ospitava Alma Shalabayeva e la figlia si concludeva con il prelevamento di entrambe e con la loro successiva espulsione verso il Kazakhstan;
   la liberazione di Mukhtar Ablyazov è intervenuta mentre nel nostro Paese emergeva la candidatura del Ministro dell'interno pro tempore ad assumere la guida della diplomazia italiana;
   Mukhtar Ablyazov sostiene attualmente che quanto accadde alle sue congiunte in Italia fu il risultato di pressioni indebite esercitate sul Governo italiano da quello kazako, alludendo altresì all'esistenza nel nostro Paese di politici sensibili agli interessi del Kazakhstan;
   Ablyazov, pur precisando di non averne le prove, ha altresì reso noto di ritenere l'Eni, che beneficia di un trattamento privilegiato in Kazakhstan, un possibile tramite delle pressioni esercitate dal regime kazako sul Governo italiano –:
   se il Governo disponga di elementi circa contati promossi dal Governo del Kazakhstan presso soggetti pubblici italiani, per la tutela dei propri interessi;
   se disponga di elementi circa la possibilità che articolazioni dell'Eni abbiano effettivamente esercitato pressioni sul Governo italiano affinché i familiari di Mukhtar Ablyazov venissero estradati verso il Kazakhstan;
   se il Ministero degli affari esteri venne consultato nella vicenda poi culminata nell'estradizione di Alma Shalabayeva e sua figlia Alua e quale posizione eventualmente avesse assunto. (4-15068)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:


   TERZONI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   dal 1o gennaio 2017 per il sistema Sistri dovrebbe terminare il regime del doppio binario che prevede la compilazione del formulario cartaceo e della scheda Sistri;
   contestualmente dovrebbero scattare le sanzioni per chi non ottempera all'applicazione del Sistri telematico e dovrebbe subentrare alla gestione del sistema il nuovo concessionario, rappresentato dal raggruppamento temporaneo di impresa formato da Telecom, Almaviva e Agriconsulting, che si è aggiudicato la gara Consip;
   il contratto di appalto risulta non essere stato ancora firmato, in quanto sull'intera procedura di affidamento pende il ricorso di uno dei raggruppamenti partecipanti alla gara che ha contestato il fatto che nell'aggiudicazione non si sono tenuti in considerazione i criteri per la procedura di verifica obbligatoria secondo quanto previsto dal codice degli appalti nel caso in cui vengano individuate offerte «anormalmente basse»;
   l'istanza cautelare è stata respinta in attesa dell'udienza vera e propria del 25 gennaio 2017;
   secondo le intenzioni del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il controllo della funzionalità del sistema Sistri doveva essere affidato a Sogei;
   a tale ipotesi si è opposto il presidente dell'Autorità Anticorruzione, Raffaele Cantone, che ha giudicato non corretto l'affidamento a una società controllata direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze;
   la richiesta di procedere con l'affidamento in house era basata su un parere dell'Avvocatura dello Stato che nel 2015 aveva dichiarato «la possibilità per un Ministero di affidare in maniera diretta all'ente partecipato al 100 per cento da un altro Ministero un appalto di servizi, senza ricorso alla disciplina comunitaria di evidenza pubblica»;
   in realtà, l'Anac nel suo parere ha fatto notare che «Un Ministero non può essere considerato a priori come soggetto in house di un altro dicastero e addirittura dell'intera amministrazione statale», escludendo per questo tipo specifico di rapporto sia l'affidamento in house di tipo orizzontale sia quello di tipo verticale, così come definiti dalle normative comunitarie –:
   se intenda fornire nel dettaglio elementi sullo stato della procedura concernente il subentro del nuovo concessionario nella gestione del sistema Sistri;
   in che modo il Ministro interrogato intenda superare l’impasse dovuta al pronunciamento dell'Anac circa l'affidamento del servizio di monitoraggio della funzionalità dal Sistri alla società Sogit;
   come si intenda agire nel caso in cui all'udienza del 25 gennaio fosse accolto il ricorso presentato contro l'affidamento della gestione del servizio Sistri al raggruppamento temporaneo di imprese che si è aggiudicato l'appalto Consip.
(3-02670)

Interrogazioni a risposta scritta:


   SCUVERA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   la realizzazione della discarica monodedicata di cemento-amianto in località Ferrera Erbognone, ad opera della società ACTA s.r.l., approvata dalla legione Lombardia nel marzo 2014, presenta varie criticità per la popolazione locale e per il territorio;
   la vicinanza alla raffineria Eni di Sannazzaro de’ Burgondi (in cui si ricorda essersi verificato un incidente il 1o dicembre nella zona Est 2, essendo divampato un incendio con conseguente rischio per la popolazione) e al centro abitato di Sannazzaro fanno del sito individuato per la discarica un luogo non idoneo ad implementare un impianto di trattamento di rifiuti anche pericolosi;
   la presenza, vicino alla discarica, di gasdotti e oleodotti ne amplifica la pericolosità;
   l'altissima vocazione agricola della zona (i cui prodotti sono riso, mais ed ortaggi) lascia profilare un alto rischio di danno ecologico;
   il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si è già espresso in occasione di ampliamenti di attività già presenti nell'area imponendo interventi di mitigazione/compensazione ambientale al fine di proteggere il territorio da una ulteriore grave compromissione dello stesso da parte di attività antropiche, anche in considerazione della vicinanza della discarica, a meno di trecento metri, a colture risicole;
   la risoluzione del Parlamento europeo del 14 marzo 2013 sulle minacce per la salute sul luogo di lavoro legate all'amianto e le prospettive di eliminazione di tutto l'amianto esistente (2012/2065(INI) «invita la Commissione a promuovere in tutto il territorio dell'Unione la realizzazione di centri di trattamento e inertizzazione dei rifiuti contenenti amianto, prevedendo la graduale cessazione di ogni conferimento in discarica di questi rifiuti»;
   al punto 33 la citata risoluzione invita la Commissione e gli Stati membri a rafforzare i controlli necessari per imporre a tutte le parti interessate, in particolare ai soggetti coinvolti nel trattamento dei rifiuti di amianto nelle discariche, il rispetto di tutte le disposizioni in materia di salute di cui alla direttiva 2009/148/CE, e a garantire che qualsiasi rifiuto contenente amianto, indipendentemente dal contenuto di fibre, sia classificato come rifiuto pericoloso ai sensi della decisione 2000/532/CE aggiornata; sottolinea inoltre che tali rifiuti devono essere smaltiti esclusivamente in specifiche discariche per rifiuti pericolosi, in conformità della direttiva 1999/31/CE, o, previa autorizzazione, essere trattati in appositi impianti, estati e sicuri, di trattamento e inertizzazione, e che la popolazione interessata deve essere informata al riguardo;
   nella popolazione locale si è manifestata forte contrarietà alla realizzazione dell'impianto, ed è in corso anche una petizione popolare in merito –:
   di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo, anche in relazione all'esigenza di ottemperare agli impegni derivanti dall'adesione all'Unione europea in materia di smaltimento dei rifiuti contenenti amianto e di scongiurare rischi ambientali e sanitari. (4-15057)


   SQUERI. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   con delibera n. 47/11 del 19 dicembre 2011 e delibera n. 16/13, l'assemblea dell'autorità d'ambito territoriale ottimale centrale Friuli ha stabilito le tariffe relative al ciclo idrico integrato sia per le utenze domestiche che per quelle industriali;
   il Cafc spa di Udine ha provveduto a fatturare ai propri clienti allacciati alla rete fognaria oneri per fognatura e depurazione relativi alle acque piovane di dilavamento dei piazzali dei distributori di carburanti. La fatturazione di tali oneri è avvenuta successivamente all'adozione di tali delibere, procedendo pertanto al recupero di arretrai, anche di considerevole importo;
   tali oneri sono stati calcolati secondo una formula derivante dal decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1977 che il gestore del servizio idrico integrato ha fatto propria con delibera della consulta d'ambito per il servizio idrico integrato centrale Friuli;
   alcuni gestori di carburanti hanno informato l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico per tramite della propria associazione di categoria Figisc-Confcommercio di Udine;
   ancora oggi l'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico non si è espressa ufficialmente sulla legittimità o meno dell'applicazione di tali oneri con particolare riferimento alla questione Cafc spa del Friuli Venezia Giulia;
   gli importi di costo fatturati, sono calcolati su un quantitativo espresso in metri cubi, riportati sulla autorizzazione amministrativa allo scarico in fognatura. Essi sono relativi a superfici di piazzali generalmente ampi e ubicati in zona climatica a piovosità medio/alta. Gli importi fatturati sono estremamente elevati ed insostenibili per le attività di distribuzione stradale di carburanti con conseguenze fiscali di non poco conto;
   il costo per il servizio obbligatorio è difficilmente comprensibile da parte di un impianto stradale di carburanti in quanto l'impianto stesso è dotato di depuratore autonomo apposito per permettere alle acque di dilavamento di essere immesse in fognatura già depurate da eventuali inquinanti;
   il codice dell'Ambiente (decreto legislativo n. 152 del 2006) è fondato anche sul principio «chi inquina paga» e questo dovrebbe essere sufficiente per rivedere l'analisi economica per la determinazione del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi quelli ambientali;
   ad avviso dell'interrogante vi è una palese criticità sul piano della concorrenza tra operatori (o almeno una situazione fortemente dubbia). Infatti, i soggetti destinatari dell'obbligo di pagamento del servizio di fognatura e depurazione sono esclusivamente i titolari di impianti autorizzati allo scarico in fognatura. Inoltre, l'applicazione di tali oneri, almeno nella regione Friuli Venezia Giulia, pare applicata solamente dal Cafc di Udine. In regione sono presenti più ATO: l'Occidentale – il Centrale – l'Orientale Goriziano – l'Orientale Triestino e l'interregionale del Lemene. In tali ATO sono costituite le consulte d'ambito ed i gestori servizi idrici integrati sono i più diversi;
   da notare che il Cafc di Udine è gestore dei servizi idrici integrati nel territorio dell'ambito per il servizio idrico integrato centrale Friuli. In tale ambito operano altri gestori e nello specifico Carniacque, Poiana. Non risulta all'interrogante che tali servizi idrici integrati fatturino servizio di depurazione e fognatura per acque di dilavamento;
   dalla lettura degli atti e documenti citati nella lettera di accompagnamento (delibere n. 47/11 del 19 dicembre 2011 e delibera n. 16/13) non si evince nessuna nota o riferimento alle acque di dilavamento dei distributori carburanti –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dell'applicazione di tali oneri per il servizio di depurazione e fognatura da parti di altri gestori del servizio idrico integrato sul territorio nazionale per acque di dilavamento piazzali dei distributori di carburanti, calcolati secondo la formula discendente dal decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1977 e se non intendano assumere iniziative normative volte a definire una disciplina chiara e univoca per tali fattispecie.
   (4-15062)


   PARENTELA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   da notizie a mezzo stampa si apprende che il sindaco di Scandale (KR) è stato multato per aver denunciato lo stato di abbandono dei depuratori del capoluogo e quello della località Corazzo. Il verbale che si è visto trasmettere dalla capitaneria di porto di Crotone stabilisce la violazione del decreto-legge n. 152 del 2006, articolo 133, comma 2: «All'atto dell'accertamento effettuato, risultava uno scarico di acque reflue dagli impianti di depurazione priva dell'autorizzazione, ovvero scaduti dall'anno 2003»;
   nel 2007 la gestione è passata totalmente alla Soakro e, dal fallimento di quest'ultima (sentenza del 18 gennaio 2016), il sindaco di Scandale ha denunciato a tutte le istituzioni, finanche alla procura della Repubblica, lo stato di abbandono ed inefficienza in cui versano gli impianti, chiedendo un intervento immediato, poiché una vasta area del territorio, in particolare la località Bellavista, non è servita da impianti di depurazione, con conseguenti rischi per l'ambiente e per la salute pubblica;
   dopo le denunce del sindaco il 14 novembre la capitaneria di porto ha sequestrato gli inutilizzabili depuratori ed ha notificato al primo una multa di 300 mila euro (60 mila per ogni depuratore) da pagare tramite bollettino postale (in violazione delle norme concernenti l'antiriciclaggio);
   i depuratori installati sia nell'abitato di Scandale sia nella frazione Corazzo non risultano funzionanti e così pure non sembra garantito il rispetto dei limiti previsti dal decreto legislativo n. 152 del 2006 in materia di acque reflue. Anche nella rete idrica sono state rilevate perdite dovute alla vetustà ed usura delle condotte con conseguente difficoltà nell'approvvigionamento idrico di alcune zone. A tanto si aggiungono carenze di tipo amministrativo quali l'autorizzazione allo scarico delle acque reflue. È inoltre importante ribadire che una vasta area del territorio, in particolare la località Bellavista, non è servita da impianti di depurazione;
   l'intera rete ed i relativi impianti necessitano, con assoluta urgenza, di opere di manutenzione straordinaria e di interventi di adeguamento delle strutture già esistenti, al fine di consentire il raggiungimento dei livelli minimi di servizio, il rispetto della normativa di settore e la tutela ambientale;
   nelle more della entrata in vigore della legge regionale istitutiva della autorità idrica della Calabria, di cui alla delibera della giunta regionale 12 giugno 2015 n. 183, le funzioni di ente di governo dell'ambito territoriale ottimale per il servizio idrico integrato nel territorio regionale, continuano infatti ad essere attribuite alla regione Calabria e sono esercitate dal dirigente generale del dipartimento competente in materia di lavori pubblici ed infrastrutture;
   l'ente di governo nell'ambito (regione Calabria) non è finora intervenuto tempestivamente per garantire l'adempimento degli obblighi a carico del precedente gestore, attraverso l'esercizio dei poteri, anche di tipo sostitutivo, conferiti dalla legge e dalla convenzione;
   considerata la indiscussa competenza regionale in materia all'ente comunale non può essere ascritta alcuna responsabilità derivante dalla inosservanza della normativa di settore né per eventuali danni a persone e/o cose derivanti dalla inadeguatezza delle reti e degli impianti –:
   se non si ritenga che le somme necessarie per gli interventi debbano essere addebitate ai soggetti aventi la responsabilità degli stessi, ovvero Soakro spa e regione Calabria;
   se, ai sensi del combinato disposto degli articoli 147 e 152 del decreto legislativo n. 152 del 2006, stante l'assenza di intervento da parte degli organi preposti non intenda valutare se sussistono i presupposti per l'attivazione dei poteri sostitutivi per consentire il regolare esercizio del servizio idrico integrato mediante la nomina di un commissario « ad acta» da individuare nel sindaco di Scandale.
   (4-15063)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:


   BONAFEDE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   il Castello di Castiglioni, fortino longobardo dell'Alto Medioevo, trasformato in villa rinascimentale dalla famiglia Catellini, citata da Dante tra le illustri casate della Fiorenza Antica, è situato a Cercina, frazione del comune di Sesto Fiorentino, in provincia di Firenze, dominando la pieve romanica che prende nome dalla stessa località;
   l'edificio si presenta composto da più parti edificate in periodi diversi; l'ala sud-occidentale sembra essere di più antica origine. L'attuale aspetto si deve a trasformazioni subite probabilmente nel XV-XVI secolo: di questo riordino ed ampliamento sono visibili sulla facciata sud i due portoni di accesso incorniciati con blocchi bugnati di pietra (uno dei quali tamponato) e le ampie finestrate uguali a quelle del lato est nel cortile interno; alcuni lavori di trasformazione interna sono stati eseguiti nel XX secolo, come mostrano i resti di solai laterocementizi semicrollati, alcuni mirati alla suddivisione dell'edificio in unità abitative con il tamponamento di porte interne;
   oggi, la struttura, vero e proprio gioiello medievale, è in una situazione drammatica, a tal punto da essere a rischio di crolli; il complesso del castello, bene comune artistico in rovina, è caratterizzato da stanze affrescate invase da mucchi di calcinacci del tetto sfondato e da finestre murate da muschio, edificio diventato un vero e proprio rudere abbandonato a se stesso, pericolante e con arredi razziati;
   l'edificio, a lungo abbandonato, ha subito diffusi crolli di solai e coperture oltre ai danni causati da vandali e saccheggiatori che lo hanno spogliato di quasi tutto ciò che era possibile asportare;
   il bene è stato, altresì, come da notizie di stampa (http://www.nove.firenze.it), oggetto di un braccio di ferro da parte del proprietario dell'immobile ed il comune di Sesto Fiorentino «... Nel 2013 mio padre è deceduto ed io sono diventato Amministratore della sua Società immobiliare. È stato lui ad acquistare il Castello 30 anni fa e da allora c’è stato un braccio di ferro con il Comune di Sesto Fiorentino affinché potesse prendere vita il suo progetto residenziale. Lui era un immobiliarista, intendeva quindi trarne profitto. Oggi la manutenzione del bene si presenta molto costosa ed il mio problema è: cosa ne faccio ?...»
   gli studenti Fotografi dell'ISIS «Leonardo da Vinci» di Firenze, lo scorso anno hanno partecipato a un concorso indetto dall'associazione «Italia Nostra», denominato «Le pietre e i cittadini», che proponeva come scopo l'adozione di un bene storico-architettonico, decidendo di adottare il Castello di Castiglioni e realizzando un video. Gli stessi proponevano, tra le altre cose, anche una serie di soluzioni tra cui la difesa idrogeologica del territorio e dell'ambiente ed il recupero dell'edificio; lo stesso video è stato inviato al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo e al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione descritta in premessa e quali iniziative di competenza intendano adottare al fine di recuperare l'edificio sopra descritto. (4-15054)

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:


   FRUSONE, BASILIO, CORDA, TOFALO, RIZZO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
   nei giorni scorsi il neo presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, ha diffuso un messaggio attraverso la piattaforma Twitter sui costi fuori controllo del velivolo F-35;
   «Il costo del programma F-35 è fuori controllo. Miliardi di dollari potranno essere risparmiati dopo il 20 gennaio sugli acquisti militari» ha scritto nel suo messaggio che ha naturalmente provocato tensione tra le aziende costruttrici dell'aereo;
   il messaggio arriva a poche settimane dalla decisione del Canada di congelare l'ipotesi di acquisto dell'F-35 in favore di una soluzione ad interim basata sul velivolo F-18 e a poche settimane dal rapporto dell'ufficio per le valutazioni dei sistemi d'arma del Pentagono che ha rivelato ulteriori ritardi nello sviluppo del software del caccia e la richiesta di ulteriori fondi, per un importo superiore al mezzo miliardo di dollari per completare la fase di ricerca e sviluppo;
   per quanto riguarda gli aspetti più specificatamente italiani nessuno dei contratti di manutenzione e riparazione per 65 componenti del caccia assegnati il 7 novembre 2016 dal dipartimento della difesa statunitense è andato a ditte italiane ma ad aziende britanniche (48 contratti), olandesi (14 contratti) e australiane (3 contratti), riaprendo così le preoccupazioni, da più parti manifestate, che nonostante gli ingentissimi investimenti, in primis gli 800 milioni di euro per lo stabilimento di Cameri, al nostro Paese non resteranno in fine che ritorni industriali minimi –:
   se il Governo non reputi di dover assumere iniziative per chiudere al più presto i contratti in essere, provvedendo ad individuare una « exit strategy» che accompagni il nostro Paese ad abbandonare definitivamente il piano di sviluppo del programma F-35. (5-10170)

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:


   BORGHI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   i pensionati italiani ex lavoratori frontalieri in Svizzera percepiscono una pensione AVS, sulla quale viene fatta una ritenuta fiscale a titolo d'imposta del 5 per cento per il tramite del sistema bancario, oltre che una pensione integrativa, cosiddetta II pilastro;
   la pensione integrativa è formata da versamenti mensili effettuati durante il periodo lavorativo in parte dal lavoratore e in parte dal datore di lavoro, con le stesse modalità di accantonamento previste per le pensioni AVS;
   sia il «II pilastro» che la pensione AVS, quantomeno per la parte a carico del lavoratore, sono già stati sottoposti a tassazione in Svizzera unitamente alla retribuzione in quanto, diversamente dall'Italia, l'imponibile fiscale è il totale lordo percepito;
   la regolamentazione fiscale del «II pilastro» risulta essere confusa, con differenti previsioni che variano da regione a regione. A titolo esemplificativo, si possono comparare le direttive della Agenzia regionale della Lombardia che non prevede alcuna tassazione e quelle della regione Piemonte che prevede una tassazione come lavoro dipendente;
   la Voluntary Disclosure prevede per il «II pilastro» un'aliquota unica del 5 per cento come previsto del resto per le pensioni AVS svizzere –:
   se non ritenga, considerata la confusione di orientamento emersa a livello di agenzia regionali e quindi le difficoltà incontrate dai pensionati frontalieri nell'individuare la giusta interpretazione delle norme fiscali di riferimento, di assumere iniziative per prevedere la possibilità per i lavoratori che non l'avessero già fatto di ripresentare le dichiarazioni dei redditi relativi agli anni 2014 e 2015 come previsto dalla normativa del ravvedimento operoso e ovviamente in conformità allo statuto del contribuente, senza l'applicazione di sanzioni. (4-15045)


   PILI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
   nei prossimi 5-6 mesi il Banco di Sardegna perderà non meno di 400 dipendenti, tra pensionamenti naturali ed esuberi (con trattamenti, pare, adeguati);
   gli uscenti non verranno rimpiazzati con l'operatività del Banco che si ridurrà, a meno che gli uscenti siano «nullafacenti», cosa a giudizio dell'interrogante francamente poco credibile;
   la Fondazione Sardegna ha «investito» nella BPER, trasformando il credito che aveva in quell'istituto a seguito della cessione delle quote del Banco, e ne ha acquistato i titoli diventandone socio intorno al 2 per cento ottenendo nel 2015 «ben» 77 mila euro per un investimento di 78,5 milioni, ossia un ritorno estremamente ridotto;
   a pagina 17 della relazione al bilancio al 30 settembre 2016, si legge che si è trattato di una «partecipazione strategica»; si fa riferimento a una partecipazione strategica in un istituto di cui si è co-proprietari e non ci si preoccupa di quello che succede nel Banco di Sardegna;
   la BPER ha perso il 49 per cento del valore del titolo nel corso di quest'anno;
   il Documento di registrazione, effettuato dalla BPER presso la Consob del 27 giugno 2016, contiene le informazioni sull'istituto e sul gruppo rivolte agli investitori in previsione di sottoscrizione di azioni emesse dalla BPER a seguito della trasformazione delle banche cooperative in società per azioni;
   a pagina 2 del documento sopra richiamato vengono riportati i rischi per gli investitori: in Italia è l'istituto in condizioni finanziarie peggiori rispetto agli altri istituti della sua categoria e presenta rischi maggiori;
   il valore delle sofferenze è aumentato sensibilmente ed è continuato anche per l'anno in corso;
   la Fondazione Sardegna fa «investimenti strategici» nella Bper, sottraendo fondi rilevantissimi all'economia sarda nonostante la nota situazione della Bper –:
   se, alla luce dei poteri di vigilanza del Governo nelle fondazioni bancarie, non ritenga di dover valutare gli atti segnalati e conseguentemente assumere le necessarie iniziative di competenza per tutelare le risorse finanziarie della Fondazione Sardegna;
   se non ritenga necessario monitorare, per quanto di competenza, le operazioni richiamate evitando il rischio che si possa utilizzare la fondazione Sardegna per favorire, coprire o avallare azioni che finiscono per nuocere gravemente ai risparmiatori sardi;
   se non ritenga di dover assumere iniziative, per quanto di competenza, per evitare la smobilitazione dei servizi sul territorio regionale insulare già gravemente colpito dal gap insulare anche per il credito. (4-15073)

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta orale:


   IACONO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il viadotto Akragas (ponte Morandi) rappresenta un'importante arteria di collegamento tra la città di Agrigento le sue periferie ed alcuni centri della provincia;
   inoltre, la stessa arteria viaria collega la provincia di Agrigento con il territorio della provincia di Trapani e pertanto rappresenta uno snodo viario importante sia per il trasporto merci, che per la viabilità extraurbana;
   il 26 marzo 2015 l'Anas ha deciso di inibire il traffico automobilistico lungo il viadotto Akragas (ponte Morandi) allo scopo di effettuare alcune verifiche statiche in grado di verificare la stabilità dello stesso viadotto che ogni giorno viene transitato da migliaia di autovetture;
   inoltre, vale la pena ricordare che il 15 luglio 2015, a seguito della rilevazione di tutte le criticità, la struttura è stata resa nuovamente percorribile con l'applicazione di alcune limitazioni come l'interdizione di una carreggiata mediante chiusura della corsia di marcia al chilometro 1.680, in direzione Porto Empedocle e tra il chilometro 2.030, in direzione Agrigento;
   tali decisioni sarebbero state assunte per garantire più a lungo la salute del viadotto; da quanto si evince da alcune dichiarazioni dell'Anas, pubblicate di recente su alcuni quotidiani siciliani, gli interventi realizzati hanno come unica finalità quella di fermare il processo di degradazione della struttura;
   la stessa Anas avrebbe dichiarato, a quanto risulta all'interrogante, che, successivamente ai lavori già realizzati, vi sarebbe la fase del cosiddetto «coma farmacologico della struttura»;
   tale fase sarebbe necessaria, a quanto affermato dai tecnici, per contenere il degrado in attesa del progetto di riqualificazione e consolidamento della struttura che richiede un impegno in termini progettuali e finanziari –:
   se il Governo intenda assumere iniziative affinché l'Anas chiarisca i tempi per l'ultimazione degli interventi e renda in tal modo del tutto percorribile l'arteria;
   quali siano effettivamente le condizioni statiche della struttura e quale sia lo stato dell'arte rispetto alla sicurezza del viadotto stesso. (3-02672)


   IACONO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   la strada statale n. 626 Licata – Ravanusa, a seguito del crollo del viadotto Petrulla, avvenuto il 7 luglio 2014, è stata chiusa ed interdetta al traffico veicolare;
   a quasi due anni da quel drammatico accadimento, la strada statale n. 626 è ancora interdetta al traffico veicolare;
   la suddetta strada statale rappresenta l'arteria di collegamento principale tra diverse comunità dell'entroterra della provincia di Agrigento e la città di Licata;
   il perdurare della chiusura della strada Licata Ravanusa continua a creare diversi disagi alle comunità interessate, in quanto i percorsi alternativi, per raggiungere il comune di Licata, sono particolarmente disagiati e la viabilità in alcuni tratti non è agevole;
   la chiusura della strada statale 626 sta determinando un duro colpo alle economie locali, in quanto questo tratto rappresentava l'unico collegamento per il trasporto merci da importanti centri agricoli e rurali come Canicattì, Ravanusa, Campobello di Licata e la stessa Licata;
   inoltre, la strada statale n. 626 ha rappresentato, fino alla sua interruzione, l'unica arteria di collegamento tra i sopra citati comuni dell'entroterra ed il litorale di Licata e la sua interruzione ha prodotto un visibile calo degli introiti per numerosi esercenti del litorale Licatese;
   i disagi fin qui esposti rischiano di mettere in ginocchio le comunità interessate, qualora tale situazione di isolamento non dovesse trovare immediata soluzione; si tratta di un territorio di vaste dimensioni che accoglie una popolazione complessiva di circa 90.000 abitanti suddivisi tra i comuni interessati;
   nel marzo del 2015 la magistratura ha dissequestrato il viadotto e l'Anas ha proceduto ad appaltare i lavori;
   secondo alcune notizie diffuse dalla stessa Anas il viadotto avrebbe dovuto essere consegnato entro l'ottobre del 2016, ma ad oggi i lavori risultano ancora, a quanto consta all'interrogante, incompleti –:
   se non ritenga di dovere assumere iniziative per promuovere un ripristino tempestivo della percorribilità dell'arteria in questione;
   quali siano i tempi per il ripristino dell'opera;
   quali siano, a tutt'oggi, le condizioni della strada statale 626 Licata – Ravanusa e di quali interventi necessiti per una sua immediata riapertura. (3-02673)

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   SGAMBATO, MANFREDI e TINO IANNUZZI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   Trenitalia s.p.a. con decorrenza 11 dicembre 2016, nell'ambito di un nuovo piano di trasporto ferroviario per la tratta Roma-Napoli (regione Lazio/regione Campania), ha provveduto a pubblicizzare il nuovo orario invernale dei treni 2016/2017 con gravi apparenti penalizzazioni per i territori campani e laziali;
   in particolare alla stazione ferroviaria di Sessa Aurunca – Roccamonfina (Caserta) fermavano 14 treni giornalieri con arrivo diretto alla stazione di Roma Termini. Il nuovo orario di Trenitalia in vigore dall'11 dicembre 2016 ha previsto la soppressione di 12 su 13 di questi fermate;
   Trenitalia ha stabilito con il nuovo piano/orario di sostituire il servizio di «trasporto ferroviario diretto» fino ad oggi assicurato in favore dei viaggiatori del vasto territorio aurunco, con un poco comprensibile servizio di «trasporto ferroviario indiretto» che prevede, cioè, un primo collegamento ferroviario fino alla Stazione di Formia (stazione di scambio) ed un secondo collegamento con necessità di un cambio treno a Formia, sia per partenza da Roma che per arrivi a Roma;
   il nuovo piano/orario sembrerebbe essere gravemente peggiorativo del servizio di trasporto ferroviario attualmente offerto;
   nel corso delle ultime settimane si registra una forte protesta dei cittadini del territorio aurunco contro l'entrata in vigore del nuovo piano di trasporto di Trenitalia, ritenuto discriminatorio per i diritti al lavoro, allo studio e alla famiglia, in primis dei lavoratori e degli studenti di quel territorio –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopraesposti e come Trenitalia abbia inteso assicurare con il nuovo piano di trasporto, le esigenze di mobilità dei viaggiatori del territorio aurunco, a fronte di una sostanziale soppressione di tutte le fermate dei treni diretti a Roma o provenienti da Roma presso la stazione ferroviaria di Sessa Aurunca-Roccamonfina;
   quali servizi di trasporto siano stati previsti in sostituzione di quelli attuali, al fine di consentire ai pendolari (lavoratori e studenti del territorio aurunco) di raggiungere quotidianamente in treno Roma e la provincia di Latina e di fare ritorno a casa con puntualità e senza penalizzazione dei tempi di viaggio;
   quali strumenti siano stati predisposti al fine di verificare l'effettiva validità del nuovo piano di trasporto;
   quali correttivi siano stati già previsti qualora il nuovo piano di trasporto dovesse rilevarsi, già dalla fase sperimentale, inidoneo ad assicurare il diritto di circolazione dei cittadini del territorio aurunco. (5-10158)


   MOGNATO, MARTELLA, MURER, ZOGGIA e MORETTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   in data 1o dicembre 2016 il Cipe ha approvato il piano operativo infrastrutture e trasporti;
   il piano prevede un finanziamento complessivo di 11,5 miliardi di euro, tra cui 110 milioni per la riattivazione del cosiddetta linea ferroviaria «dei Bivi» nella terraferma veneziana per il transito dell'alta velocità merci e per il completamento del sistema ferroviario metropolitano regionale (SFMR) dell'area centro-veneta;
   tali interventi rivestono un ruolo strategico per la città metropolitana di Venezia e per l'intera area metropolitana vasta, sia per il collegamento di quest'ultima alle grandi direttrici del traffico merci su rotaia, sia avuto riguardo al completamento di un'opera, quella del SFMR, lungamente attesa per lo sviluppo del trasporto pubblico locale, in coerenza con quanto previsto dallo stesso Ministero che ha individuato la «cura del ferro» come una delle priorità per le politiche in materia di trasporti;
   nel dibattito pubblico emerso in città è stata formulata anche l'ipotesi di chiedere lo storno di tali risorse per il completamento dell'accessibilità del porto commerciale di Marghera direttamente sulla linea passante esistente senza transitare per la stazione di Mestre, secondo quanto previsto da un protocollo d'intesa dell'aprile 2015 tra il comune di Venezia e l'autorità portuale di Venezia;
   tali interventi insistono su un delicato tessuto urbano e quindi richiedono una particolare attenzione e sostenibilità ambientale –:
   quali siano i progetti, precisando il relativo livello di definizione, effettivamente ammessi al finanziamento di 110 milioni di euro di cui al piano operativo trasporti per le infrastrutture ferroviarie della città e dell'area metropolitana di Venezia. (5-10159)


   CRIVELLARI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   il 5 dicembre 2016 ben 250 passeggeri di un treno regionale sono rimasti bloccati per circa sei ore lungo la linea Venezia-Bologna, tra le stazioni di Occhiobello (Rovigo) e Ferrara;
   il guasto si è verificato poco dopo le ore 21 e ha fatto fermare il convoglio «in piena linea», in un tratto cioè dove non era possibile far scendere le persone per effettuare uno spostamento su un altro treno o su pullman;
   è stato necessario inviare un secondo treno di soccorso, partito da Polesella (Rovigo), che ha raggiunto in coda il regionale e lo ha spinto fino a Ferrara, dove è arrivato verso le 3,30 di notte –:
   se il ministro interrogato fosse a conoscenza del pesante disguido;
   in che modo intenda intervenire, per quanto di competenza, presso Trenitalia al fine di evitare il ripetersi di simili situazioni. (5-10163)


   PILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   sia nell'Isola di Carloforte, che de La Maddalena, si registra un vero e proprio traffico di «carrette del mare» sui collegamenti con le isole minori;
   nei giorni scorsi tale situazione risulta essersi aggravata sulla tratta Carloforte-Portovesme;
   è indispensabile fare chiarezza sulla gestione di un appalto coperto con risorse statali per un ammontare di oltre 100 milioni di euro con l'impiego sistematico di traghetti non solo datati ma che risulterebbero in pessime condizioni che continuano a creare non solo gravi problemi alla popolazione, ma anche gravi danni all'ambiente;
   si registra un traffico di vere e proprie «barchette» che, a quanto consta all'interrogante, sarebbero acquistate senza alcun tipo di attenzione per la qualità del servizio;
   le condizioni dei trasporti delle isole minori sono ormai insostenibili: traghetti che si fermano in continuazione per avarie di ogni genere e di recente sarebbe stato annunciato l'inserimento nelle rotte di un traghetto di 43 anni fa;
   è di pubblico dominio il report investigativo inglese divulgato dall'interrogante sulla motonave St. Helen acquistata dalla Delcomar e immessa in servizio sotto il nome di Anna Mur;
   a questa si aggiunge l'inserimento nelle tratte con Carloforte del traghetto Agata, varato nel lontanissimo 1973;
   si tratta di una vera e propria «carretta del mare» passata di mano in mano e che finisce oggi stranamente nel traffico di carrette del mare verso Carloforte;
   un appalto da 100 milioni di euro destinati alla continuità territoriale delle isole minori, La Maddalena e Carloforte, è finito nelle mani di un privato, che per l'interrogante continua a fare e disfare senza nessun controllo e con un cambio continuo di imbarcazioni, sempre più vecchie e inadeguate;
   si tratta non solo di servizi scadenti, ma risulterebbe che non sia stata nemmeno garantita la riassunzione di tutto il precedente personale della Saremar come prefigurato da Stato e regione all'atto di quella che appare all'interrogante una vergognosa privatizzazione;
   il caso più grave è quello della motonave St. Helen, che, all'atto della vendita, sarebbe stata sotto inchiesta per un grave incidente in cui si sfiorò la tragedia, che risulterebbe esser stata acquistata velocemente e portata a Carloforte per l'inizio dell'appalto milionario;
   quella nave traghetto non solo risultava datata, ma anche e soprattutto sotto la lente d'ingrandimento per la sicurezza da parte delle autorità inglesi;
   la nave venne praticamente messa fuori uso dal circuito inglese, sino all'arrivo del compratore sardo, guarda caso proprio colui che si candidava a vincere l'appalto da 100 milioni di euro per svolgere quel servizio;
   le navi della Saremar, già società di Stato, ad avviso dell'interrogante fallita con dubbia modalità risulterebbero essere oggetto di un traffico di compravendite e noleggi tra Sicilia, Campania e Calabria;
   si tratterebbe di navi della Saremar che sarebbero state rivendute lo stesso giorno del loro acquisto fallimentare con traghetti inglesi, immessi sulle rotte in un attimo con modalità secondo l'interrogante discutibili;
   l'agenzia sulla sicurezza navale inglese ha redatto un report da brividi sulla St. Helen con criticità rilevanti sulla sicurezza;
   il tutto nasce da un incidente gravissimo, avvenuto il 18 luglio del 2014, con il crollo di un ponte interno della nave, ora Anna Mur, con macchine che si accasciano insieme al ponte schiacciando tutto quello che c'era sotto;
   le immagini/dossier divulgate dall'interrogante sull'accaduto sono eloquenti e rivelano che la nave era in pezzi, con pareti spaccate, sostegni rilevanti con il cancro della ruggine;
   onde evitare l'annosa piaga del «non sapevo», «nessuno me lo ha detto», «ignoravo i precedenti» è indispensabile rendere edotte tutte le autorità competenti e di controllo sulla vicenda –:
   se siano state svolte dal Governo, per quanto di competenza, interventi di controllo in relazione ai fatti denunciati;
   se non ritenga di dover promuovere per quanto di competenza iniziative ispettive in relazione ai profili di sicurezza della navigazione, anche segnalando i fatti enunciati alle competenti autorità europee di controllo. (5-10174)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DELL'ORCO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per gli affari regionali. — Per sapere – premesso che:
   vista l'entrata in vigore, il 10 dicembre del 2016, del nuovo orario di Trenitalia, valido per tutto il territorio nazionale e considerato che questo nuovo orario è stato frutto di una profonda revisione di tutto il traffico ferroviario di tutte le regioni italiane, attraverso l'adozione di un nuovo modello ispirato ai criteri di puntualità e velocità, ed il cui piano di utilizzazione della rete, stato approvato dall'Autorità per la regolazione del traffico fin dal 4 dicembre 2015 con delibera n. 104 del 2015 della stessa Autorità avente titolo: «Indicazioni e prescrizioni relative al “Prospetto informativo della rete – Anno 2017 – Valido dall'11 dicembre 2016”, presentato dal gestore della rete ferroviaria nazionale, R.F.I. S.p.A., ed al Prospetto informativo della rete attualmente vigente»;
   la pubblicazione ufficiale di questo orario è avvenuta il 22 novembre 2016, meno di 30 giorni dall'entrata in esercizio sul sito di Trenitalia S.p.A. e, fin da allora, sono state espresse molte perplessità su questo nuovo modello da parte dei numerosi comitati di pendolari presenti sul territorio. Nonostante le numerose criticità denunciate dagli utenti e dalle istituzioni locali mediante lettere, istanze, delibere, colloqui, tavoli di lavoro con le regioni e con la stessa Trenitalia, non si è raggiunto purtroppo nessun risultato e le regioni, committenti del trasporto pubblico regionale, hanno di fatto favorito Trenitalia nell'applicazione del nuovo modello;
   come si evince ampiamente dalla stampa l'applicazione di questo nuovo orario, tutte le criticità precedentemente sottolineate alle regioni ed a Trenitalia dagli utenti si stanno purtroppo verificando: ritardi e perdite di coincidenze che appiedano milioni di utenti; cancellazione di treni in fasce orarie ritenute fondamentali per raggiungere il proprio luogo di lavoro; aumento dei tempi di percorrenza; cambi di treno con binari distanti che impongono corse agli utenti su scale e marciapiedi inadeguati per un simile volume di persone; sovraffollamento sistematico di tutti i treni;
   il servizio ferroviario regionale ha subito negli ultimi anni progressivi tagli di finanziamento e un progressivo innalzamento delle tariffe, senza tra l'altro un corrispettivo miglioramento della qualità del servizio che continua a risultare pessima sotto l'aspetto dei ritardi, della pulizia e della manutenzione del parco rotabile. Anche dall'ultimo rapporto di Legambiente, Pendolaria, si evince che complessivamente dal 2010 a oggi, a seguito della riduzione dei trasferimenti da parte dello Stato si possono stimare tagli nel servizio ferroviario regionale pari al 6,5 per cento negli intercity del 19,7 per cento. Solo in pochissime regioni è aumentato il servizio, in tutte le altre è stato ridotto o è numericamente rimasto uguale ma con tagli su alcune linee, mentre sono cresciute le tariffe;
   sebbene il trasporto ferroviario regionale veda la competenza delle regioni nella stipulazione dei contratti di servizio, tuttavia, il problema dei lavoratori pendolari dovrebbe diventare una priorità nazionale legata al tema del lavoro o comunque rispettare dei requisiti di qualità garantiti unitariamente in tutte le regioni, considerato che questi lavoratori circolano sia su treni strettamente regionali, che su intercity rientranti nel perimetro del contratto di servizio nazionale –:
   se, a tutela del diritto alla mobilità per milioni di cittadini, i Ministri interrogati non intendano verificare la tenuta del sistema di trasporto ferroviario su tutto il territorio nazionale e la qualità del servizio sui convogli particolarmente frequentati dai lavoratori pendolari;
   se si intenda porre tra le priorità della politica del Governo nel settore il tema del trasporto ferroviario dei lavoratori pendolari, individuando nuove risorse e promuovendo un accordo in Conferenza unificata concernente la qualità del servizio ferroviario per le tratte ferroviarie maggiormente frequentate dai pendolari e gli orari di punta. (4-15070)


   PILI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   dopo tre anni la strada di Monte Pinu, collegamento viario tra Olbia e Tempio è ancora spezzata in due;
   non si registra nessun cantiere attivo;
   non risulta a quanto consta all'interrogante, nessun cartello di inizio lavori dopo la tragedia di oltre mille giorni fa;
   lo scenario spettrale di Monte Pinu è un immagine ferma al 18 novembre del 2013;
   tre anni fa, in quell'alveo, morirono tre persone;
   la strada travolta dalla furia di quell'alluvione rimase devastata, ponte sradicato con sopra due macchine;
   oggi su quell'alveo tutto è rimasto come allora;
   sulla strada la voragine è rimasta intatta come tre anni fa;
   il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, in quest'ultimo periodo, è arrivato in Gallura frequentemente promettendo ogni volta qualcosa, ma puntualmente non arriva niente;
   è il caso dell'arteria viaria di Monte Pinu di connessione tra Tempio e Olbia;
   l'intervento sulla strada provinciale, posto in carico all'Anas, era stato preannunciato sin dal giorno dopo l'alluvione;
   i presidenti dell'Anas che si sono succeduti, accompagnati di volta in volta dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti di turno ad avviso dell'interrogante non hanno mai dispiegato tante parole a vuoto come per l'arteria stradale di Monte Pinu;
   le carcasse delle auto sono ancora adagiate sul letto del fiume a segnare, a giudizio dell'interrogante, il totale disinteresse dello Stato;
   una regione che «fiancheggia» uno Stato che, che tenta di carpire il consenso a suon di promesse;
   il caso di Monte Pinu è la dimostrazione evidente per l'interrogante delle promesse non mantenute dello Stato in relazione a quella devastante alluvione del 2013;
   i finanziamenti annunciati da Governo sono rimasti solo sulla carta;
   la vergogna di Monte Pinu si somma ai mancati risarcimenti e a nuove procedure a cui dovrebbero sottostare i cittadini colpiti dall'alluvione di tre anni fa;
   la vicenda dimostra per l'interrogante un atteggiamento dello Stato affatto attento a voler risolvere la grave situazione descritta –:
   se non ritenga di dover promuovere, per quanto di competenza, con somma urgenza, lavori di ripristino di quella importante arteria viaria;
   se non ritenga di dover assumere iniziative volte a destinare con urgenza le risorse necessarie per consentire l'immediato avvio delle opere necessarie per il ripristino dell'arteria viaria. (4-15072)

INTERNO

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
   in data 30 marzo 2016 il Governo, rispondendo all'atto di sindacato ispettivo n. 5-07370, relativo all'accertamento della sicurezza e dell'incolumità pubblica nei poligoni di tiro privati, riferiva:
    che il decreto legislativo n. 204, Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, all'articolo 57, terzo comma, già prevedeva per tale settore un regime autorizzatorio, ma la disposizione tuttavia non è ancora efficace, richiedendosi, per la sua attuazione e per la disciplina transitoria, l'emanazione di specifiche disposizioni regolamentari;
    che già dal mese di maggio 2015 è al lavoro un apposito gruppo di esperti con il compito di fornire sull'argomento un qualificato e puntuale contributo tecnico-giuridico. Il provvedimento definirà, in maniera armonica e sistematica, la disciplina relativa al rilascio della licenza in questione. In tale ambito, saranno determinate le caratteristiche tecniche minime afferenti alle cosiddette difese attive e passive, le distanze di sicurezza relative alla gittata massima dei proiettili, nonché tutti i profili per la salvaguardia ambientale riguardanti l'impatto acustico, lo smaltimento dei residui dell'attività di sparo, come pure sarà espressamente stabilito il mantenimento in sicurezza delle caratteristiche minime medesime per tutto il periodo di validità della licenza;
    che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che ha comunicato di avere particolare interesse a disciplinare la tematica dell'impatto acustico sull'ambiente e sulle popolazioni derivante dall'esercizio delle attività sportive, tra cui anche i poligoni di tiro, sta predisponendo uno schema di decreto legislativo attuativo della delega contenuta nell'articolo 19 della legge n. 161 del 2014;
   dopo l'incidente mortale nel tiro a segno privato di Portomaggiore del gennaio 2016, il 9 dicembre 2016 in provincia di Torino si è verificato l'ennesimo incidente all'interno di un poligono di tiro privato che ha visto un morto e 4 feriti intossicati;
   il Tar del Lazio ha recentemente emanato una sentenza (n. 16400/2014 REG.RIC. tribunale amministrativo regionale per il Lazio sezione prima bis) in merito all'agibilità del tiro a segno nazionale di Roma, nella quale sottolinea che l'UITS, Unione italiana tiro a segno non ha alcuna legittimazione a certificare l'agibilità dei poligoni. Nella sentenza, infatti, si ribadisce che la competenza relativa all'accertamento dell'agibilità dei poligoni (anche di prima categoria) e le relative prescrizioni, competono in via esclusiva al Ministero della difesa e al Genio militare;
   la sentenza risulta essere a parere degli interpellanti molto importante, in quanto per tutte le strutture attualmente in funzione su tutto il territorio nazionale, per le quali è stata l'UITS a certificare l'agibilità, si specifica che tutti gli atti compiuti in questo senso dall'UITS sono da considerarsi nulli;
   inoltre, il 28 settembre lo Stato Maggiore dell'Esercito italiano ha intimato all'UITS di interrompere l'attività negli stand di tiro di 1/a categoria;
   la materia in questione, trattando di sicurezza nonché di incolumità pubblica, presupporrebbe a parere degli interpellanti un coordinamento o un'omogeneità di regole tecniche tra pubblico e privati, in particolare per quanto attiene ai controlli, tenuto conto che i poligoni di tiro, siano essi pubblici o privati, insistono in un contesto cittadino e sono frequentati da cittadini civili, anche minorenni –:
   quale sia lo stato dell’iter finalizzato all'emanazione dei provvedimenti citati in premessa, se sia stata prevista la presenza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco al tavolo di esperti di cui sopra e cosa intenda fare il Governo alla luce della sentenza del Tar del Lazio circa la carenza di legittimazione della Unione italiana tiro a segno nel certificare l'agibilità dei poligoni.
(2-01567) «Fabbri, Bratti, Iori, Paola Bragantini, Cinzia Maria Fontana, Andrea Romano, Carra, Boccuzzi, Gelli, Bonaccorsi, Mariani, De Menech, Massa, Famiglietti, Ermini, D'Ottavio, Giovanna Sanna, Paola Boldrini, Carlo Galli, Patrizia Maestri, Ferrari, Tullo, Fiorio, Zoggia, Gianni Farina, Richetti, De Maria, Giacobbe, Fusilli, Zardini, Incerti, Gasparini, Ghizzoni, Piccione, Albanella, Casellato».

Interrogazione a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   nell'area tra Monserrato e Su Planu, nel cuore dell'area metropolitana di Cagliari, nell'enclave del campo nomadi ubicato a margine della motorizzazione civile, si registra un vero e proprio allarme diossina;
   i valori riscontrati e certificati dall'Arpas depositati sono la conferma della gravità della situazione sanitaria e ambientale dell'intera area;
   nel report sulla qualità dell'aria c’è un dato che non si può nascondere;
   la centralina di via Sant'Angelo a Monserrato, incaricata di monitorare l'intera area, per un anno intero ha registrato concentrazioni di diossine e furani gravemente al di sopra rispetto ai dati dell'intera area metropolitana;
   si tratta di diossina dieci volte superiori all'intero sistema cagliaritano;
   un dato scritto nel report annuale delle centraline di monitoraggio;
   si tratta di una soglia superata nella media annuale, ma è chiaro che si sono registrati picchi decisamente ben più gravi nell'arco dell'anno;
   non è di certo un caso che la centralina che ha riscontrato per un anno intero l'attentato alla salute pubblica è quella a maggior contatto con la strada statale 554 e in particolar modo con l'area del campo nomadi, da anni terra di nessuno con una discarica-inceneritore perennemente attiva;
   si registra in quell'area una gravissima situazione igienico-ambientale intorno al campo nomadi prossimo alla motorizzazione civile;
   il verdetto scritto nel report ufficiale pubblicato qualche settimana fa e nascosto nei meandri della burocrazia è chiaro: concentrazioni annuali delle diossine e furani nei siti monitorati nel 2015, «si riscontrano concentrazioni annuali di diossine e furani con una criticità nella stazione di Monserrato, con valori in peggioramento e prossimi al valore di riferimento»;
   in realtà, non si tratta di valori «prossimi» ma di valori che sono stati superati visto che il dato annuale riportato dalla stessa Arpas è di 0,109, mentre quello indicato nel valore di riferimento è 0,100;
   quel che è più grave è che questo dato riguarda l'intero arco dell'anno, si tratta dunque di una media di valori;
   tutte le altre centraline di monitoraggio nell'area cagliaritana e non solo registrano presenza di diossina in quantità inferiori ad un decimo dei valori riscontrati da quella di Monserrato-Su Planu;
   è evidente che nell'arco dell'anno, in determinati periodi, si sono raggiunte cifre ancora più gravi di diossina nell'area;
   si tratta di un vero e proprio attentato alla salute pubblica che mette a rischio la sicurezza ambientale e non solo di decine di migliaia di cittadini;
   si sta «giocando» di fatto con la salute dei cagliaritani e nessuno dice niente;
   si assiste a quello che appare un eterno «scarica barile» con un sindaco ad avviso dell'interrogante incapace di adottare un provvedimento d'urgenza, come è nel suo potere e nelle sue facoltà;
   un sindaco, secondo l'interrogante, non invoca un sequestro da parte di terzi, ma deve intervenire per un forzoso sgombero dell'area;
   dinanzi a questo dato dell'Arpas i Ministeri competenti in materia di salute pubblica hanno il dovere di intervenire, secondo l'interrogante anche avviando poteri sostitutivi nei confronti delle autorità locali;
   si tratta di dati di una gravità inaudita considerate le decine di migliaia di persone che vivono in quell'area e che confermano i gravissimi indizi verso quell'attività delinquenziale che ha trasformato quel campo nomadi in un inceneritore a cielo aperto;
   è impensabile che dinanzi ad un dato così abnorme nessuno abbia deciso di agire, ma il tutto sia stato relegato a un mero volume di numeri;
   dopo la divulgazione di questi dati è ancora più urgente un intervento degli organi competenti –:
   se non ritengano di dover immediatamente intervenire nell'ambito delle proprie competenze in materia di ambiente, ordine pubblico e salute dei cittadini.
(5-10168)

Interrogazioni a risposta scritta:


   ALBANELLA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la lotta al fenomeno del racket e dell'usura prevede da un lato azioni e misure repressive nei confronti di coloro che gestiscono le attività illegali e dall'altro il sostegno delle istituzioni e delle leggi dello Stato alle vittime;
   il Parlamento ha adottato una serie di norme basate sul principio del risarcimento per tutti coloro che abbiano subito danni a causa di attività estorsive, per aver deciso di collaborare con le istituzioni per combattere il racket o di smettere di pagare il «pizzo»: primo strumento per l'attuazione di tale principio, è l'istituzione del fondo di solidarietà per le vittime del racket e dell'usura (legge n. 108 del 1996, articolo 15) grazie al quale chi ha subito danni alla persona o alla propria impresa può ricevere, a titolo di risarcimento, un'elargizione che gli consenta di riprendere l'attività;
   la materia è delegata al commissario straordinario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura nominato, su proposta del Ministro dell'interno, con decreto del Presidente della Repubblica, previa delibera del Consiglio dei ministri tra persone di comprovata esperienza nell'attività di contrasto al fenomeno delle estorsioni e dell'usura e di solidarietà nei confronti delle vittime;
   il commissario dovrebbe svolgere attività di coordinamento delle iniziati e antiracket e antiusura sul territorio nazionale ai sensi della legge 23 febbraio 1999, n. 44, articolo 19 e presiedere il Comitato di solidarietà per le vittime dell'estorsione e dell'usura, istituito presso il Ministero dell'interno, che ha il compito di esaminare e deliberare sulle istanze di accesso al fondo di solidarietà;
   da luglio 2016 la sede è vacante e si sono accumulate una serie di pratiche, già gravate da lungaggini burocratiche, a cui sono legate le speranze e il sostentamento di chi ha deciso la strada della legalità –:
   se il Governo – anche al fine di aiutare a far uscire dal disagio imprenditori e famiglie che desiderano ripartire dal punto di vista imprenditoriale e lavorativo, in molti casi gravati anche da procedure esecutive – non intenda assumere con urgenza le iniziative di competenza per la nomina del commissario straordinario per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura. (4-15044)


   MUCCI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   la caserma dei vigili del fuoco di Imola (sita in via Manfredi) si trova a ridosso di una scuola primaria, con uscita dei mezzi in una strada stretta a senso unico: una situazione che rende necessarie numerose manovre per uscire dal piazzale (di piccole dimensioni) dello stabile ed inserirsi in un tratto di corsia preferenziale, in pieno centro città;
   sono quasi venti anni che ha preso corpo l'idea di traslocare altrove la sede dell'attuale caserma: un progetto per lo spostamento della stessa tra via Lasie e via Correcchio esiste già ed è costato, ad oggi, mezzo milione di euro tra spese legali e transazioni;
   dal resoconto di una riunione tra la Federazione nazionale della sicurezza di Bologna e Stefano Manara, presidente di CON.AMI, tenutasi il giorno 9 ottobre 2013, si evince che la disponibilità economica, per la ripresa immediata del progetto non mancava, ma che la situazione di stallo politico/economico era dovuta al fatto che il Ministero dell'interno, allo stato attuale, non era in grado di assicurare il canone d'affitto concordato con il CON.AMI; la legge n. 183 del 2011 (patto di stabilità) sostanzialmente precludeva al Ministero la possibilità di liquidare il compenso di affitto già pattuito con il CON.AMI;
   dal resoconto di una riunione successiva a quella sopracitata, tenutasi il 24 settembre 2014, sempre tra la Federazione nazionale della sicurezza di Bologna e il presidente di CON.AMI, si desume un certo ottimismo su una conclusione positiva dell'iter politico-burocratico che fino a quel momento aveva bloccato l'avanzamento dei lavori; era stato raggiunto, inoltre, un accordo con il Ministero sul canone d'affitto, sceso a circa 80.000 euro rispetto ai 140.000 euro previsti nel precedente contratto –:
   se sia al corrente dei fatti, nonché delle ragioni che bloccano l'avanzamento dei lavori della nuova caserma;
   quali iniziative urgenti intenda adottare per dotare la città di Imola di una nuova caserma, vista la pericolosità dell'attuale struttura per l'ubicazione e per la prossimità di scuole. (4-15048)


   RIZZO e GRILLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   da diversi anni le sedi dei distaccamenti dei vigili del fuoco nella città metropolitana di Catania versano in condizioni di degrado e totale assenza di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, il che pone i dipendenti vigili del fuoco nella triste condizione di dover prestare servizio in luoghi di lavoro insalubri e pericolosi per la loro stessa incolumità;
   della necessità e urgenza di porre rimedio alla incresciosa situazione si è pure avveduta la prefettura di Catania che ha rivolto invito al sindaco della città metropolitana e al comando provinciale dei vigili del fuoco il 14 novembre 2016 per addivenire nel più breve tempo possibile ad una soluzione;
   a seguito dello stato di agitazione regionale proclamato dalle organizzazioni sindacali, in data 3 novembre 2016 si è pertanto espletata la procedura di conciliazione tra le suddette organizzazioni sindacali e il dirigente generale e il direttore regionale dei vigili del fuoco della Sicilia, convocata presso il comando provinciale dei vigili del fuoco di Catania elencando le diverse criticità afferenti i distaccamenti della provincia di Catania ed espresse le richieste fatte dalle organizzazioni sindacali al comando provinciale;
   lo stato di degrado e abbandono dei distaccamenti è stato accompagnato da dettagliata documentazione fotografica e sulla effettiva insalubrità dei luoghi ha concordato pure la dirigenza del dipartimento, non portando tuttavia, in sede di conciliazione, pronte soluzioni per dirimere il contenzioso ma solo quelle che appaiono vaghe promesse;
   le organizzazioni sindacali si sono impegnate a mantenere lo stato di agitazione finché non verranno garantiti la messa in sicurezza e l'avvio delle attività manutentive che eliminino lo stato di totale insicurezza in cui i vigili del fuoco sono chiamati ad espletare il loro servizio;
   nella risposta all'interrogazione parlamentare 4-12158 del deputato Cozzolino, si è assicurato l'impegno del Governo pro tempore sul fronte delle esigenze del Corpo nazionale dei vigili del fuoco attraverso l'impiego di risorse già assegnate con provvedimenti governativi negli ultimi due anni –:
   quali interventi siano stati previsti a favore del comando provinciale dei vigili del fuoco di Catania e dei suoi distaccamenti territoriali, con specifica indicazione degli interventi strutturali di manutenzione straordinaria degli edifici, di riammodernamento dei mezzi, e di completamento delle piante organiche e quale sia la tempistica della realizzazione di tali interventi al fine di dare certezze alle organizzazioni sindacali ed a tutti i vigili del fuoco dislocati su questo territorio.
(4-15051)


   LOMBARDI, BARONI, RUOCCO, DALL'OSSO, BRESCIA, MASSIMILIANO BERNINI, D'UVA, LOREFICE, DI VITA, SILVIA GIORDANO, MANTERO, DI BATTISTA, FRUSONE, NUTI, DADONE, VIGNAROLI e DAGA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la casa di cura Colle Cesarano è gestita dal 2004 dalla società Geress s.r.l. Accreditata definitivamente dalla regione Lazio il 9 maggio 2013 per 160 posti letto di psichiatria (DCA n. U00155) e ulteriori 40 posti letto di Rsa (DCA n. 000169) è una delle strutture più pagate della regione Lazio, con un budget pari a circa euro 8.300.000 l'anno;
   a far data da novembre 2011 circa, i locali denominati «Centro Agorà», adibiti fino ad allora a luogo di culto e centro ricreativo per i pazienti ricoverati della clinica riabilitativa, sono stati destinati all'accoglienza di profughi. Da fonti a disposizione emerge che la gestione era affidata alla «Cooperativa 29 giugno» di Salvatore Buzzi all'interno di un progetto in cui il dottore Manfredino Genova, uno dei due soci della «Geress s.r.l.» che gestisce il nosocomio, richiedeva al Buzzi di assicurargli la fornitura del vitto del nuovo centro migranti;
   notizie di cronaca locale su questo centro migranti hanno riportato di interventi delle forze dell'ordine per sedare risse, e ad avviso dell'interrogante non vi è mai stata chiarezza relativamente ad una sola autorizzazione che abbia consentito e tuttora consenta la copresenza all'interno della struttura «Colle Cesarano» del centro immigrati;
   nell'area della «Colle Cesarano» si accede tramite un unico cancello d'ingresso e il «centro agorà» risulta essere separato dalla struttura sanitaria solo da un ulteriore cancello scorrevole a vetri che non garantisce una reale separazione strutturale a norma di legge. Si aggiunga che il «centro Agorà» risulta essere una parte afferente alla «Colle Cesarano»: la chiesa, la palestra, il bar, e due sale molto ampie per lo svolgimento di attività ricreative e riabilitative (pittura, disegno, laboratori manuali, laboratori hobby e altro);
   l'autorizzazione deve quindi necessariamente aver previsto anche un cambio di destinazione d'uso dei locali e per i quali nulla risulta all'interrogante essere stato rilevato dalla ASL Roma G durante le ispezioni condotte per la verifica dei requisiti minimi e il successivo rilascio dell'accreditamento definitivo –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti;
   se si intendano fornire notizie sull'esistenza di un'autorizzazione al «centro agorà» destinato all'accoglienza degli immigrati all'interno del terreno la cui destinazione d'uso è vincolata dall'accreditamento e dalla funzione sanitaria e riabilitativa della clinica;
   se si intendano assumere le iniziative di competenza, anche per il tramite del commissario ad acta per il rientro dai disavanzi sanitari, per fare chiarezza sull'operato e sulla gestione della casa di cura Colle Cesarano;
   se ancora sussistano in capo alla casa di cura Colle Cesarano i requisiti richiesti per il mantenimento dell'accreditamento da parte del servizio sanitario;
   se non si ritenga opportuno, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, assumere iniziative per la revoca dell'accreditamento, al fine di salvaguardare il fondamentale diritto alla cura dei malati e comunque, quali iniziative di competenza intendano assumere al riguardo. (4-15052)


   ATTAGUILE. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in un intervento radiofonico di cui ha dato notizia la stampa, il 20 dicembre 2016 il procuratore della Repubblica di Caltagirone, Giuseppe Verzera, ha sottolineato come a Mineo si sia ormai creata una situazione ingestibile in ragione del numero di presenze raggiunto dal locale, Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara);
   nel Cara di Mineo, infatti, si troverebbero attualmente non meno di 3.700 immigrati regolari, che possono liberamente circolare di giorno nell'attiguo abitato, dove risiede una popolazione esattamente equivalente;
   le forze di polizia farebbero tutto il possibile per controllare la situazione, ma non riuscirebbero a garantire l'ordine pubblico nell'abitato di Mineo, dovendo presidiare dall'interno il locale Cara;
   la cronaca registra un'impennata significativa dei reati e degli episodi – dalle risse e maltrattamenti personali agli stupri – che rendono comunque indispensabile l'intervento delle forze di polizia;
   non basterebbero a fronteggiare la situazione neanche i rinforzi assicurati dal Ministero della difesa, che ha messo a disposizione per Mineo un contingente di truppe dell'Esercito –:
   quali iniziative il Governo intenda assumere per far cessare l'emergenza profughi a Mineo e, in particolare, se non ritenga che sia giunto il momento di chiudere il locale Cara;
   se il Governo intenda prendere in considerazione l'ipotesi di rafforzare nel frattempo il presidio delle forze dell'ordine e delle forze armate per rassicurare la popolazione di Mineo e delle aree circostanti. (4-15053)


   SCOTTO, QUARANTA, D'ATTORRE e COSTANTINO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   il responso del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016 che ha bocciato la cosiddetta riforma Boschi di revisione del titolo V della Costituzione, ha inevitabilmente acceso i riflettori sulla legge n. 56 del 2014, (meglio nota come «legge Delrio»), che, nell'intento di anticipare la prospettiva contenuta nella predetta riforma, ha rivisitato profondamente ruolo ed organizzazione delle province, trasformandole in «enti territoriali di area vasta» con a capo un presidente ed un consiglio provinciale quali organi rappresentativi di secondo grado eletti dai sindaci e dai consiglieri dei comuni delle stesse;
   la suddetta legge Delrio, all'articolo 1, commi 5 e 51, dichiara il suo esplicito obiettivo di disciplinare transitoriamente il nuovo assetto delle province nelle more «della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione e delle relative norme di attuazione»;
   la mancata entrata in vigore delle legge di riforma costituzionale a seguito del responso referendario, le nel respingere il disegno di una Repubblica delle autonomie fondata su due soli livelli territoriali, città metropolitane e province, di diretta rappresentanza delle rispettive comunità, ad avviso degli interroganti ha confermato le seconde quali capisaldi dell'architettura istituzionale del Paese, sembrerebbe un quadro di incertezza normativa destinato a generare caos;
   numerosi sono quei consigli provinciali che, in assenza di una modifica normativa che conformandosi al responso referendario restituisca ai cittadini il potere di eleggere direttamente i componenti dei consigli provinciali, vedranno rinnovate le proprie cariche ai sensi degli articoli 58 e 69 della legge n. 56 del 2014 –:
   se non ritenga, alla luce di quanto premesso, necessario ed urgente, assumere iniziative normative per conferire nuovamente ai cittadini il diritto di eleggere i membri dei consigli provinciali, modificando la legge n. 56 del 2014. (4-15059)


   NUTI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   Marco Minniti è stato nominato Ministro dell'interno il 12 dicembre 2016 nel nuovo governo Gentiloni, dopo aver ricoperto la carica di Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega ai servizi segreti sia nel Governo Letta dal maggio 2013 al febbraio 2014 che nel Governo Renzi dal febbraio 2014 al dicembre 2016;
   nelle passate legislature ha ricoperto altri incarichi di Governo, tra i quali anche l'incarico di Viceministro dell'interno (Ministro Giuliano Amato) nel II Governo Prodi dal maggio 2006 al maggio 2008;
   secondo quanto scritto in un articolo pubblicato su « La Notizia» del 20 dicembre 2016, vi sarebbero legami tra il Ministro dell'interno e l'ex sindaco del comune di Melito di Porto Salvo, in provincia di Reggio Calabria, Giuseppe Iaria, il quale è stato arrestato successivamente in seguito all'operazione «Ada» coordinata dalla direzione distrettuale antimafia accusato, tra l'altro, di essersi accordato con la ‘ndrangheta per ottenere vantaggi elettorali;
   nel febbraio del 2006, quando Minniti era Viceministro e Iaria sindaco di Melito di Porto Salvo, venne insediata una commissione d'accesso ai sensi dell'articolo 143 del T.U.E.L. per accertare eventuali infiltrazioni mafiose presso tale comune con risultati piuttosto chiari: «il descritto contesto di invasiva presenza della cosca Iamonte sul tessuto socioeconomico di Melito Porto Salvo, sufficiente di per sé a suscitare gravi preoccupazioni sull'attuale situazione dell'ordine e della sicurezza pubblica nel territorio comunale, appare, in ragione degli accertamenti effettuati dalla commissione, suscettibile di contaminare le pubbliche amministrazioni e, quindi, anche il Comune»;
   tuttavia, il comune non venne sciolto, almeno fino a quando Minniti rimase all'Interno, in quanto, secondo gli atti giudiziari riportati nell'articolo afferenti l'indagine «Ada» che fece luce sugli affari della cosca degli Iamonte, l'allora sindaco Iaria vantava «rapporti, anche abbastanza stretti, con personaggi di primo piano del panorama politico nazionale», in particolare «gli ottimi rapporti stretti col Minniti Marco»;
   da questi rapporti scaturiscono «una serie di incontri, anche a Roma, “tesi a scongiurare lo scioglimento del Comune”. Cosa che alla fine avverrà: “i fatti dimostreranno come il Comune di Melito Porto Salvo non verrà sciolto, diciamo, supera indenne diciamo l'inchiesta condotta dalla commissione d'accesso e quindi arriviamo alle elezioni del 2007”», consentendo a Iaria di ricandidarsi e vincere nuovamente le elezioni a sindaco di Melito di Porto Salvo;
   come si può leggere nell'articolo, «Sarà l'inchiesta Ada, poi, a portare Iaria e altri amministratori alla sbarra. Senza dimenticare che Iaria, proprio pochi giorni fa è finito agli arresti domiciliari per un'operazione sugli appalti nei rifiuti e gli interessi della ‘ndrangheta. Ancora con gli Iamonte»;
   quando descritto nell'articolo, secondo l'interrogante, dipinge un quadro a dir poco preoccupante, gettando pesanti dubbi sulla figura di Minniti, anche in considerazione del fatto che attualmente, essendo stato nominato Ministro dell'interno, ricopre un ruolo di primo piano nella procedura di scioglimento degli enti locali per infiltrazioni mafiose descritta negli articoli 143 e seguenti del T.U.E.L., avendo in ultima istanza un'ampia discrezione decisionale sullo scioglimento stesso;
   secondo l'interrogante, quanto sopra descritto, se non adeguatamente chiarito, costituirebbe un grave vulnus al nuovo Governo Gentiloni, nonché minerebbe irreparabilmente l'operato presente e futuro del Ministro Minniti –:
   se non intenda chiarire i fatti esposti in premessa;
   se risultino agli atti le ragioni per le quali il comune di Melito di Porto Salvo non è stato sottoposto a scioglimento ai sensi degli articoli 143 e seguenti, T.U.E.L. nel 2006;
   se non intenda chiarire quali siano i legami tra il Ministro interrogato e Francesco Iaria. (4-15064)


   NACCARATO, CAMANI e NARDUOLO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   nel corso degli ultimi anni, la cooperativa Ecofficina si è aggiudicata i bandi per la gestione dei richiedenti asilo in molte province del Veneto;
   nel maggio 2016 la Cooperativa Ecofficina, oggi Edeco, è stata sottoposta ad indagine per la partecipazione al bando Sprar 2016 nel comune di Due Carrare;
   nel novembre 2016 la procura di Padova ha avviato un'inchiesta sulla cooperativa per la gestione del centro di accoglienza di profughi richiedenti asilo di Bagnoli;
   la cooperativa, inoltre, è oggetto di indagine della procura di Rovigo per la gestione del servizio rifiuti in molti comuni della provincia di Padova –:
   se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti;
   quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare in relazione alle attività affidate alla cooperativa citata per la gestione dei centri accoglienza;
   quali iniziative il Ministro intenda adottare per potenziare i controlli nelle strutture di accoglienza dei profughi richiedenti asilo del Veneto. (4-15065)


   NACCARATO, NARDUOLO e CAMANI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   nel 2010 i Bacini di Padova Tre e Padova Quattro hanno affidato il servizio di raccolta e smaltimento rifiuti della zona della bassa padovana a un'associazione temporanea d'impresa (ATI) costituita dalle società Padova territorio, rifiuti ed ecologia srl – in seguito Padova Tre srl – (in qualità di mandataria), Sesa spa, De Vizia Transfer spa e Abaco spa;
   l'ATI è stato l'unico soggetto a presentare un'offerta e da allora gestisce il servizio di asporto rifiuti;
   nel 2013 i bacini Padova 3 e Padova 4 hanno dato vita al Consorzio Pad a sud;
   Padova territorio, rifiuti ed ecologia srl, che era di proprietà al 10 per cento del Bacino Padova 3 oggi è di proprietà del Consorzio Padova Sud;
   nel 2014 il Consorzio Padova Sud ha rilevato l'esistenza di consistenti crediti non riscossi in capo a Padova Tre srl;
   il 16 marzo 2015 il Consorzio Padova Sud ha deciso di acquisire i crediti non riscossi e ha chiesto alla concessionaria Padova Tre srl la cessione dei crediti non riscossi per 9.748.147 euro;
   la maggior parte dei crediti sono nei confronti di Sesa spa e De Vizia Transfer spa;
   nel maggio 2016 il Consorzio Padova Sud ha deliberato di riportare i crediti non riscossi in capo a Padova Tre srl. Tuttavia il Consorzio Padova Sud non ha attuato questa decisione;
   il bilancio 2015 di Padova tre, che avrebbe dovuto essere approvato entro il 30 giugno 2015, non è stato ancora approvato;
   il Consiglio di amministrazione di Padova Tre, nei giorni scorsi, ha presentato la proposta di porre la società in concordato preventivo;
   a parere degli interroganti il concordato preventivo rischia di peggiorare la situazione, perché evita il fallimento di Padova Tre srl e rischia di scaricare i debiti sui comuni soci;
   sulla vicenda sono in corso indagini per le gravi irregolarità nella redazione dei piani finanziari per il servizio rifiuti, per l'assegnazione di servizi aggiuntivi senza gara e per la gestione fallimentare della società;
   a parere degli interroganti le indagini in corso rendono applicabili le misure di prevenzione previste dall'articolo 32 della legge n. 114 del 2014 –:
   se il Governo sia al corrente dei fatti sopra esposti e se risulti che il prefetto abbia ricevuto dall'ANAC una proposta per l'applicazione delle misure di cui all'articolo 32 del decreto-legge n. 90 del 2014;
   quali iniziative, anche normative, il Governo intenda adottare per promuovere una maggiore concorrenza nel settore della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti. (4-15066)

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:


   Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere – premesso che:
   non appaiono avere esito positivo i tentativi di riportare l'Accademia nazionale di danza all'ordinaria amministrazione e ad una direzione di prestigio che rilanci l'istituzione nel panorama culturale nazionale e internazionale;
   la sentenza della sesta sezione del Consiglio di Stato n. 02853/12016REG.PROV.COLL N. 05459/2015 REG.R1C. del 21 gennaio 2016, resa nota nel luglio 2016, ha dichiarato la vigenza della norma di cui all'articolo 6, comma 2, del decreto legislativo n. 1236 del 1948, nella parte in cui prescrive che il direttore dell'Accademia nazionale di danza debba essere «compositrice di danza di riconosciuto valore»;
   inoltre, la sentenza ha accolto anche il motivo di appello diretto a contestare la situazione di conflitto di interessi in cui si è venuto oggettivamente a trovarsi il maestro Carioti. «Questi – si legge testualmente nella sentenza –, infatti, in qualità di commissario straordinario dell'Accademia nazionale di danza, ha prima indetto le elezioni per la nomina del direttore, poi emanato, con suo decreto del 10.10.2014, n. 7949/2, il “Regolamento per le elezioni di direttore dell'Accademia Nazionale di danza”, ed infine partecipato in qualità di candidato alle stesse elezioni disciplinate dal “suo” regolamento. Il cumulo soggettivo delle diverse qualifiche ricoperte vale a creare quella situazione di “sospetto” di violazione del principio di imparzialità (...)»;
   da più parti era stato richiesto, anche al fine di stemperare le tensioni interne all'istituzione, che il Ministero procedesse alla nomina di un direttore «per chiara fama» che avesse anche la qualità di «compositore di danza di riconosciuto valore»; il precedente Ministro ha invece proceduto alla nomina, con durata sino al 31 dicembre 2016, di un commissario straordinario nella persona del giurista, professore Giulio Vesperini, con l'incarico di assicurare il regolare avvio del nuovo anno accademico e proporre e sottoporre al consiglio di amministrazione gli atti necessari per procedere alle nuove elezioni del direttore;
   in particolare, secondo il decreto di nomina, il nuovo commissario avrebbe dovuto sottoporre al consiglio di amministrazione la modifica dello statuto dell'Accademia al fine di introdurre «una compiuta disciplina dei requisiti per la carica di Direttore idonea a consentire una adeguata selezione della platea dei potenziali candidati alla carica», e l'adozione del regolamento per l'elezione del direttore;
   con nota del 15 dicembre 2016 (MIUR.AOODGFIS.REGISTRO UFFICIALE(U).0017166), su parere conforme del dipartimento della funzione pubblica e della ragioneria generale dello Stato, il Ministero ha «bocciato» la modifica proposta dal commissario all'articolo 6, comma 7, dello statuto dell'Accademia nazionale di danza, secondo la quale «il Direttore è eletto tra i docenti a tempo indeterminato di prima e seconda fascia», chiedendo che fossero candidabili solo i docenti di prima fascia, cioè esclusivamente gli insegnanti di danza;
   il commissario non ha tenuto conto che gli atti da adottare devono essere conformi a quanto statuito dal Consiglio di Stato, per non incorrere in una violazione della pronuncia definitiva emessa dal massimo organo di giustizia amministrativa;
   a giudizio dell'interrogante appare anche disattesa quella parte della sentenza del Consiglio di Stato in cui si conferma che il direttore deve essere un professionista di arte coreutica di riconosciuto valore;
   così facendo il commissario, ad avviso dell'interrogante, disattende la sentenza del Consiglio di Stato, con conseguente vizio del nuovo statuto e del nuovo regolamento per elezione del direttore –:
   se non ritenga opportuno adottare iniziative urgenti al fine di assicurare la piena coerenza dello statuto dell'Accademia nazionale di danza e del regolamento elettorale per l'elezione del direttore della prestigiosa istituzione alle disposizioni del decreto legislativo n. 1236 del 1948 ed alle statuizioni della sentenza del Consiglio di Stato citata in premessa.
(2-01568) «Sammarco».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   PILI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   si registrano in molte realtà scolastiche problematiche rilevanti relative alla continuità didattica e affettiva che riguardano alunni per i quali è stata assegnata una docenza di ruolo in assegnazione provvisoria su sostegno;
   esiste la forte esigenza di conservare la continuità di sostegno didattico per gli alunni/e che sono stati assegnati ai docenti con sostegno in deroga senza specializzazione nell'anno scolastico 2016/2017;
   è indispensabile permettere ai docenti già in ruolo di accedere al corso di formazione professionalizzante senza le prove di selezione all'ingresso;
   è necessario, per le oggettive difficoltà legate all'insularità della Sardegna, permettere ai docenti sardi di fare ritorno in Sardegna e/o rimanervi grazie alla specializzazione su sostegno;
   tutto ciò sarebbe un vantaggio per la stessa amministrazione scolastica, in quanto i docenti con sostegno in deroga senza specializzazione sono già docenti di ruolo;
   i docenti con sostegno in deroga senza specializzazione beneficiano di assegnazione provvisoria nel territorio sardo o sono titolari in altre sedi e potrebbero ottenere il riavvicinamento;
   i docenti di ruolo con assegnazione provvisoria possono rappresentare un vantaggio in quanto già formati sul campo prima di accedere alla specializzazione;
   la specializzazione su sostegno rappresenta per i docenti già di ruolo una scelta professionale a fronte di una precisa richiesta in tal senso –:
   se non ritenga alla luce del recente bando di specializzazione sul sostegno di assumere iniziative per far accedere i docenti di ruolo con assegnazione provvisoria su sostegno in deroga (privi di titolo specializzante) senza effettuare il test di accesso, considerando l'anno in corso come tirocinio;
   se non ritenga di dover promuovere una deroga con riferimento alla assegnazione provvisoria al sostegno anche per il prossimo anno scolastico, al fine di assegnare agli attuali docenti con sostegno in deroga senza specializzazione le stesse classi, evitando che debbano emigrare nuovamente in territori lontani dalla Sardegna e assicurando la continuità didattica. (5-10160)


   TINO IANNUZZI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   la facoltà di medicina dell'università degli studi Salerno, nell'arco di pochi anni, si è affermata nel panorama universitario nazionale come una realtà di assoluto valore scientifico e didattico, con laureati e studenti di riconosciuta eccellenza;
   la crescita ulteriore del polo universitario di medicina di Salerno richiede il riconoscimento di un numero adeguato di scuole e borse di specializzazione;
   fin dall'anno nell'accademico 2012-2103 ed in tutti gli anni successivi, sono state assegnate complessivamente e gradualmente all'ateneo salernitano 15 scuole di specializzazione;
   in regime di piena autonomia sono state riconosciute le scuole in chirurgia generale, malattie dell'apparato cardiovascolare, medicina interna, igiene e medicina preventiva, medicina legale e medicina nucleare, con complessive 15 borse, precisamente 3 borse in chirurgia, 3 in malattie dell'apparato cardiovascolare, 3 in medicina interna, 2 in igiene, 2 in medicina legale e 2 in medicina nucleare;
   inoltre, sono state riconosciute altre 9 scuole, con ulteriori borse in regime di aggregazione con altri atenei (Federico II di Napoli, Seconda Università di Napoli, Università del Molise e Università di Catanzaro);
   tuttavia, la facoltà di medicina di Salerno è già stata accreditata per ben 23 scuole di specializzazione complessive, prima dall'Osservatorio nazionale sulle specializzazioni e poi con successivi decreti interministeriali –:
   quali iniziative di competenza il Ministro intenda assumere, in vista del riparto delle scuole e delle borse di specializzazione per l'anno accademico 2016-2017, affinché alla facoltà di medicina dell'università degli studi di Salerno sia assegnato un numero più elevato e adeguato di scuole e di borse di specializzazione in regime di autonomia, tenendo conto della capacità ricettiva dell'ateneo salernitano, del volume assistenziale delle strutture sanitarie inserite nella rete formativa delle scuole, del livello e degli standard elevati e di eccellenza del personale docente e delle strutture di questa facoltà, nonché del numero di soggetti iscrivibili. (5-10161)


   PILI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   alla luce di una richiesta formulata da diversi istituti si rende necessaria l'adozione di un provvedimento o di una formale interpretazione al fine di garantire concessione di aspettative ai docenti del comparto scuola inseriti nella graduatoria nazionale definitiva di cui alla legge n. 128 del 2013 (graduatoria definita ai sensi del decreto ministeriale n. 526 del 2014, modificata dal decreto del direttore generale n. 4137 del 28 novembre 2014) per la proroga dell'incarico di docenza a tempo determinato nei Conservatori statali di musica;
   in diversi conservatori sono presenti docenti (con contratto a tempo indeterminato nel comparto scuola), nominati a tempo determinato in virtù della graduatoria nazionale definitiva di cui alla legge n. 128 del 2013 (e ai sensi del decreto ministeriale n. 526 del 2014 modificata dal decreto del direttore generale n. 4137 del 28 novembre 2014);
   esiste la nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca A00DGFIS n. 12727 del 6 ottobre 2016 inerente alla conferma per l'anno accademico 2016/2017 dei contratti per il personale docente a tempo determinato stipulati per l'anno accademico 2015/2016;
   sono previsti (ai sensi delle norme sull'utilizzo delle aspettative per il personale docente a tempo indeterminato nel comparto scuola) dei limiti in merito alla concessione di aspettative per svolgere una diversa attività lavorativa a tempo determinato che riguardano anche alcuni docenti citati in premessa;
   è necessario garantire, anche con l'utilizzo dei docenti di cui in premessa, l'opportuna continuità didattica nell'erogazione dell'offerta formativa;
   è indispensabile esaminare la possibilità di concedere una deroga alle limitazioni sulla concessione delle aspettative per il personale a tempo indeterminato del comparto scuola, al fine di consentire anche per i docenti di cui in premessa l'applicazione della proroga dei contratti di cui alla predetta nota del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca A00DGFIS n. 12727 del 6 ottobre 2016 e garantire appieno l'opportuna continuità didattica nell'erogazione dell'offerta formativa;
   è necessario intervenire in merito alla concessione di aspettative (senza limitazioni di durata e rinnovabili di anno in anno) ai docenti del comparto scuola inseriti in graduatorie nazionali di merito in seguito a pubblici concorsi per l'insegnamento nel comparto degli istituti dell'Alta formazione artistica e musicale (Afam);
   tale richiesta scaturisce dalla necessità di non impedire ai docenti predetti di porre a frutto le proprie competenze, conoscenze e abilità e la propria professionalità (maturata con anni di studio e attività artistica, musicale, scientifica e didattica di alto livello) a servizio di altri comparti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e di non ostacolare la loro crescita professionale che in altri comparti viene garantita;
   nella maggior parte dei comparti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è possibile avere dei comandi e/o passaggi di cattedra e/o di ruolo e/o utilizzazioni in altri gradi di istruzione; addirittura, in merito alle utilizzazioni, non vi è alcun limite di tempo; pertanto, non si comprende perché un docente che è di ruolo nel comparto scuola ed è inserito a pieno titolo in apposita graduatoria nazionale (in seguito al superamento di un concorso pubblico per titoli) per il reclutamento del personale docente, non possa ambire ad un utilizzo senza limitazioni in altro comparto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Tale situazione crea per l'interrogante una concreta e iniqua disparità –:
   se non ritenga di dover assumere iniziative volte a consentire ai dirigenti scolastici di concedere aspettative (senza limitazioni di durata e rinnovabili di anno in anno) ai docenti a tempo indeterminato nel comparto scuola, inseriti nella graduatoria nazionale definitiva di cui alla legge n. 128 del 2013, (graduatoria definitiva ai sensi del decreto ministeriale n. 526 del 2014 e modificata dal decreto del direttore generale n. 4137 del 28 novembre 2014) che intendano accettare contratti a tempo determinato per l'insegnamento nei conservatori statali di musica (comparto Afam) mantenendo la titolarità del proprio posto di lavoro a tempo indeterminato e della relativa sede di servizio. (5-10175)

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza:


   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere – premesso che:
   nelle scorse settimane il presidente dell'INPS professor Tito Boeri ha proposto di modificare «il modello organizzativo del Coordinamento generale medico legale dell'Istituto»;
   in base a quanto disposto dalle determinazioni n. 108 e 231 del 2009 e n. 82 del 2010, l'articolazione delle strutture medico legali dell'Istituto prevede 11 coordinamenti centrali presso la direzione generale, 20 unità operative complesse territoriali con funzione di coordinamento regionale, 86 unità operative complesse territoriali, 33 unità operative semplici territoriali, 5 unità operative semplici territoriali polispecialistiche, 28 unità imperative semplici non territoriali;
   a seguito della riorganizzazione predisposta dall'INPS le UOC territoriali e le UOS vengono così di fatto, soppresse e conseguentemente vengono istituiti, solo a livello provinciale, i centri di coordinamento di livello 1 o 2, le UOS polispecialistiche e quelle non territoriali insieme alle UOC territoriali vengono soppresse (con una riduzione di 49 UO) e i servizi da queste prestati accentrati presso le sedi provinciali;
   tali disposizioni in Calabria si declinano con l'istituzione di 3 centri medico legali di coordinamento territoriale di livello 2 (Reggio Calabria, Cosenza e Catanzaro) e due centri medico legali di livello 1 (Crotone, dipendente funzionalmente da Cosenza, e Vibo Valentia, dipendente funzionalmente da Catanzaro);
   di conseguenza, viene soppresso l'UOS di Rossano e le relative visite verranno effettuate dal centro medico legale di livello 2 che opererà presso la sede provinciale di Cosenza;
   l'UOS di Rossano, ad oggi, serve una popolazione pari ad oltre 220.000 abitanti ed ha una competenza territoriale che si estende lungo l'alto Jonio, dalla provincia di Crotone fino alla regione Basilicata con numerosi comuni montani dell'area silana e albanesi;
   è quindi facilmente immaginabile quale siano le gravi ripercussioni in termini di disagio per i cittadini (soprattutto anziani, malati, bambini, disabili che poi sono quelli che più usufruiscono dei servizi dell'INPS) senza contare i lavoratori, come i braccianti (questa area è a forte insediamento di aziende agricole), che dovranno raggiungere Cosenza per la semplice visita di controllo a seguito di mancato riscontro alla visita domiciliare;
   la UOS di Rossano, nel periodo che va dal 1o gennaio al 13 dicembre 2016 ha validato 10.993 verbali di invalidità civile e 60.140 certificati medici, ha effettuato 4.673 visite di invalidità civile, ed i medici INPS hanno partecipato a 476 sedute presso le varie ASL del territorio;
   la UOS di Rossano, quindi, per carico di lavoro, risulta essere in Calabria vicina a Reggio Calabria e Cosenza, con dati statistici assolutamente superiori a Crotone e Vibo Valentia, capoluoghi di provincia, alle quali in base alla riorganizzazione viene invece riconosciuto il centro medico legale livello 1 territoriale che non viene concesso paradossalmente a Rossano;
   è altresì assai improbabile che il centro medico legale di Cosenza, per logistica e per carichi di lavoro, sia in grado di accogliere e gestire un flusso di utenza aggiuntivo pari ad una media di circa 600 persone al giorno tra malati ed accompagnatori;
   inoltre, in tale presunto processo di razionalizzazione della spesa non si può non considerare che il risparmio sulla indennità al medico responsabile finirebbe per essere annullata dai rimborsi delle spese di viaggio per gli stessi medici che, assegnati a Cosenza, dovranno partecipare alle sedute delle commissioni mediche integrate presso le ASL della zona;
   va inoltre previsto un conseguente aumento delle richieste di visite domiciliari in ragione un ulteriore conseguente di collegamento degli utenti con Cosenza ed un ulteriore conseguente aumento delle spese di trasferta per i medici;
   questo tipo di organizzazione ricalca, fra l'altro, una suddivisione territoriale che non considera la realtà territoriale che vede in atto l'approvazione della legge regionale per l'unione dei comuni di Rossano e Corigliano che costituiranno una unica grossa realtà territoriale, circa ottantamila abitanti, la prima città della provincia di Cosenza;
   alla sede dell'Inps di Rossano che estende la sua competenza sull'intero territorio della Sibaritide deve essere riconosciuta la struttura che le compete in base al bacino d'utenza e al conseguente numero di prestazioni erogate per cui si chiede che alla sede di Rossano venga riconosciuto il centro medico legale di 1 livello ed il ruolo di filiale provinciale, anche perché l'uno implica l'altro, al fine garantire ai cittadini di questo territorio i diritti essenziali negati –:
   quali iniziative il Ministro interpellato intenda assumere affinché l'INPS riveda il modello organizzativo avanzato sulla base di criteri più razionali che tengano conto di carichi di lavoro e delle difficoltà sociali e infrastrutturali dei territori interessati ed in particolare per quanto attiene alla situazione della UOS e della filiale provinciale di Rossano, e se non ritenga opportuno convocare in tempi rapidi un tavolo di concertazione al fine di pervenire ad un modello organizzativo, soprattutto nel delicatissimo settore medico-legale, maggiormente rispondente alle esigenze dei diversi territori e dei cittadini.
(2-01566) «Bruno Bossio, Aiello, Barbanti, Battaglia, Censore, Covello, Magorno, Oliverio, Stumpo».

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   LOMBARDI, COMINARDI, CIPRINI, TRIPIEDI, CHIMIENTI e DALL'OSSO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il perdurante mancato rinnovo del contratto collettivo nazionale delle telecomunicazioni sta determinando forti disagi;
   la contrattazione nazionale è uno strumento essenziale per assicurare la forza collettiva dei lavoratori e ottenere condizioni di lavoro dignitose per tutti, anche per chi si trova in situazioni individuali o aziendali particolarmente deboli e ricattabili ed è il riferimento principale, per le retribuzioni, l'inquadramento professionale, l'orario di lavoro e le relazioni sindacali;
   la contrattazione azienda, invece ha un ruolo complementare, integrativo e non sostitutivo del contratto nazionale; essa ha infatti il compito di affinare e migliorare a livello aziendale e territoriale le principali materie che regolano il rapporto di lavoro;
   nell'attuale panorama aziendale italiano, i lavoratori hanno pagato pesantemente le scelte fallimentari dei management aziendali, a partire dal caso specifico di Tim che rappresenta oggi l'emblema negativo di tutte le privatizzazioni, che da questo modello sono derivate;
   Tim, il 6 ottobre 2016, ha inoltrato a tutte le organizzazioni sindacali interessate un avviso secondo cui a partire dal 2017 intende disdettare gli accordi collettivi integrativi del 14 e 15 maggio 2008 e, nello specifico, starebbe per adottare i seguenti strumenti:
    controllo a distanza;
    obbligo di fruizione di permessi e ferie entro l'anno, con conseguente imposizione aziendale di permessi e ferie eventualmente non programmati dal lavoratore; quelli non fruiti non saranno più nella disponibilità del lavoratore;
    sottoscrizione di un nuovo accordo di secondo livello scritto dall'azienda che sostituirebbe gli accordi del 19 luglio 2000, del 16 luglio 2001 e del 14 e 15 maggio 2008;
    demansionamenti fino a due livelli in meno;
    riduzione delle ferie;
    superamento del salario accessorio ai tecnici («tute rosse») sottraendo reperibilità, mancato rientro e modifica dei turni;
    sospensione degli scatti di anzianità;
    assegnazione del premio annuo ai soli lavoratori assunti fino al 1o ottobre 2016;
    obbligo della pausa mensa di un'ora (non più da mezz'ora a un'ora) con posticipo dell'orario di uscita;
    sostituzione della maggiorazione per le festività che cadano di domenica con permessi retribuiti;
    riduzione del valore del buono pasto per i part time;
   da fonti giornalistiche si apprende inoltre di uno speciale bonus milionario previsto per il nuovo management di Tim guidato da Cattaneo, pari a 55 milioni di euro, nel quale fonti sindacali paventano possa confluire anche il contributo di solidarietà concesso dallo Stato in favore dei lavoratori;
   ad aprile 2016, sono stati distribuiti ai dirigenti dell'azienda premi di risultato per obiettivi raggiunti (MBO), mentre ai dipendenti, a giugno 2016, a quanto risulta agli interroganti, non sarebbe stata corrisposta l'ultima tranche del premio di risultato (PDR) dovuto in base all'accordo sottoscritto dalle organizzazioni sindacali il 27 marzo 2013 e determinato alla luce dei risultati aziendali di dicembre 2015;
   la suddetta assegnazione dei premi di risultato appare ingiusta agli interroganti, poiché parrebbe che siano stati adottati parametri disomogenei, addebitando solo ai dipendenti le conseguenze negative degli oneri derivanti dalle sanzioni dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e dalla questione «OLO», rendendoli responsabili di decisioni prese dai vertici;
   sembrerebbe inoltre che il premio per i lavoratori sia costruito sull'incerto margine dei ricavi della singola azienda, mentre quello dei dirigenti sul margine dell'intero gruppo, con l'immediata conseguenza di ottenerne il pagamento con certezza;
   la mancata erogazione del premio di risultato e le nuove politiche del management Tim relative al welfare aziendale hanno generato un malcontento visibile nelle diffuse manifestazioni di protesta dei lavoratori Tim in tutta Italia in questi giorni –:
   se il Ministro interrogato non ritenga necessario intervenire, per quanto di competenza, allo scopo di tutelare i diritti dei lavoratori dell'azienda Tim favorendo il raggiungimento di condizioni migliori di quelle proposte sia sotto il profilo economico che normativo. (5-10157)


   CHIMIENTI, TRIPIEDI, COMINARDI, CIPRINI, DALL'OSSO e LOMBARDI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   con il decreto legislativo del 4 marzo 2015 n. 23, in attuazione della legge delega n. 183 del 2014 sono state introdotte le nuove tutele per i lavoratori illegittimamente licenziati, valide per i contratti a tempo indeterminato iniziati a partire dal 7 marzo 2015;
   a distanza ormai di quasi due anni dall'emanazione della norma sul contratto definito «a tutele crescenti» si è assistito ad un consistente aumento dei licenziamenti disciplinari;
   i dati pubblicati nel «Report mensile gennaio-settembre 2016» dell'Osservatorio sul precariato dell'Inps avallano la tesi dell'aumento delle risoluzioni contrattuali a causa del Jobs Act. Dalla tabella 6 C del succitato report si evince, infatti, che i licenziamenti disciplinari sono aumentati del 28 per cento nei primi 8 mesi del 2016;
   l'incremento maggiore si è registrato nelle imprese con più di 15 dipendenti, cioè quelle interessate dalla norme del Jobs Act sul contratto a tutele crescenti e sull'abolizione della sanzione del reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento ingiusto per gli assunti a partire dall'entrata in vigore della norma. In queste aziende i licenziamenti per giusta causa e giustificato motivo soggettivo sono passati da 17.236 a 22.865, con un aumento quantificabile nel 32,6 per cento;
   in base all'articolo 1 della legge n. 604 del 1966 il licenziamento nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato può avvenire solo per giusta causa o per giustificato motivo, ma l'articolo 3 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23, entrato in vigore il 7 marzo 2015, disciplina il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (licenziamento economico), giustificato motivo soggettivo o giusta causa (licenziamento disciplinare), nel senso di una riduzione dell'area della tutela reale, cioè della reintegrazione nel posto di lavoro;
   infatti, il comma 1 regola la tutela obbligatoria, prevedendo che nei casi in cui risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per il licenziamento economico o per il licenziamento disciplinare, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo non inferiore a quattro mensilità e non superiore a ventiquattro;
   l'irretroattività del decreto legislativo n. 23 del 2015 è solo parziale, infatti in determinate condizioni le norme che esso prevede possono applicarsi anche ai contratti di lavoro stipulati prima della sua entrata in vigore, rendendo così i licenziamenti più facili;
   come riportato in un articolo pubblicato in data 11 dicembre 2016 dal quotidiano « La Stampa», alcuni lavoratori hanno subito il licenziamento durante il periodo di malattia o per contestazioni senza prove oggettive;
   nel suddetto articolo Giovanni Guizzardi, consigliere dell'ordine dei consulenti del lavoro di Bologna, dichiara: «senza lo spauracchio della reintegra molte aziende medie e grandi si arrischiano in licenziamenti che prima del Jobs Act avrebbero evitato» –:
   quali iniziative il Ministero interrogato intenda intraprendere per arginare il fenomeno dei licenziamenti disciplinari facilitati che colpiscono il mondo del lavoro già da tempo in situazione di sofferenza. (5-10164)


   BOCCUZZI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   il 14 settembre 2016 ad un anno dall'approvazione del decreto che ha previsto l'istituzione dell'Ispettorato nazionale del lavoro (decreto legislativo n. 149 del 14 settembre 2015), è stato sottoscritto un protocollo d'intesa tra Ministero del lavoro e delle politiche sociali e Ispettorato nazionale del lavoro (INL);
   in questa prima fase connessa all'avvio ed al funzionamento della nuova Agenzia governativa, l'INL opererà in avvalimento, utilizzando cioè gli uffici e le strutture del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, per realizzare i suoi compiti e svolgere le sue funzioni;
   tale rapporto intersoggettivo scelto per regolare le relazioni tra amministrazioni diverse è caratterizzato da instabilità e non continuità nel tempo;
   per l'anno in corso non è stato ancora elaborato il documento di programmazione dell'attività di vigilanza;
   numerose e continue sono le intimidazioni e le aggressioni subite dagli spettori del lavoro nell'espletamento delle loro funzioni come riportato dai recenti fatti di cronaca di Torino, Milano e Venezia;
   la mancata adozione degli strumenti di programmazione operativa del nuovo assetto di vigilanza rischia di irregimentare l'attività ispettiva per i prossimi due anni, con grave conseguenze per la sicurezza sui luoghi di lavoro e per gli stessi ispettori del lavoro continuamente;
   a tal proposito, appare urgente adottare le nuove linee guida per un'operatività più agile e flessibile degli ispettori del lavoro, al fine di uniformarsi con i modelli organizzativi degli enti Inps e Inail e, al contempo, costruire una struttura moderna ed efficiente, con meno procedimenti e burocrazia, anche al fine di assicurare un recupero rapido e certo dell'evasione ed elusione contributiva –:
   quali siano i tempi per l'adozione del decreto Ministeriale di cui all'articolo 22, comma 4, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 aprile 2016, relativo alla data di partenza del nuovo soggetto pubblico, quali siano gli obiettivi specifici ed il cronoprogramma per l'attivazione definitiva della nuova agenzia governativa denominata «ispettorato nazionale del lavoro», nonché quali siano le strategie e gli indirizzi operativi relativi all'attività di vigilanza sul territorio nazionale per il 2017;
   se verranno fornite quanto prima indicazioni operative volte a garantire che lo svolgimento dell'attività lavorativa del personale ispettivo abbia luogo con modalità flessibili e semplificate, ai sensi dell'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo n. 149 del 2015;
   se e quali tutele siano allo studio degli organi competenti per la sicurezza degli ispettori e per l'adozione del documento di valutazione dei rischi e dello stress lavoro correlato (articolo 28 del decreto legislativo n. 81 del 2008);
   quali siano le previsioni di copertura assicurativa per eventi non coperti dal sistema assicurativo obbligatorio e dell'Inail. (5-10166)


   GIACOBBE, ALBANELLA, GNECCHI, TULLO, BOCCUZZI, BASSO, CAROCCI, PAGANI e ZAPPULLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
   nel giro di poche settimane nei porti italiani hanno perso la vita 5 lavoratori marittimi;
   dopo i recenti incidenti sul lavoro, nei porti di Livorno e Salerno, il 29 novembre 2016 si è registrato il gravissimo incidente a Messina, con 3 morti ed un altro lavoratore in grave pericolo di vita;
   dai primi accertamenti, sembrerebbe che i lavoratori morti non si sarebbero dovuti trovare nei luoghi dove si è consumata la tragedia e che non avevano le competenze necessarie per intervenire in sicurezza, pur essendo ufficiali di comando;
   nella serata di sabato 17 dicembre 2016 si è assistito ad un ulteriore tragico evento a bordo della m/n «Eurocargo Malta», nel porto di Genova: il nostromo di bordo, di origine filippina, ha perso la vita durante la fase di rinforzo degli ormeggio;
   tutto ciò conferma tragicamente come questo settore abbia ancora un indice di incidenti gravi troppo elevato;
   al di là del lavoro di accertamento che porteranno avanti gli organi inquirenti, appare indispensabile un intervento di verifica e coordinamento delle disposizioni che regolano la sicurezza nei luoghi del lavoro marittimo e portuale;
   come noto, il decreto legislativo n. 81 del 2008 non identifica i mezzi di trasporto come «luogo di lavoro», così come non ricomprende le stive delle navi tra gli «spazi o ambienti confinati», mentre il decreto legislativo n. 279 del 1999 prevede solo per i porti e nei casi di presenza di merce rinfusa l'obbligo di ispezione preventiva parte del «chimico di porto»;
   le condizioni di lavoro nei diversi ambiti delle attività del trasporto presentano proprie specificità; d'altro canto, a tali lavoratori vanno garantiti diritti e tutele corrispondenti a quelle che la normativa assicura alla generalità dei lavoratori e delle lavoratrici;
   l'articolo 3, comma 2, del testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro – decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 – prevede, entro un termine che è stato più volte prorogato, l'adozione di provvedimenti finalizzati a dettare le disposizioni necessarie per consentire il coordinamento tra la disciplina prevista nel testo unico stesso e la normativa speciale relativa all'attività lavorativa a bordo delle navi, così come quella in ambito portuale e quella concernente il trasporto ferroviario; tuttavia, con lo strumento regolamentare previsto dal decreto legislativo n. 81 del 2008 non è stato possibile operare il prescritto raccordo tra la normativa generale e quella speciale riguardante i singoli settori, il quale richiede necessariamente l'individuazione di nuove e autonome fattispecie anche penalmente rilevanti, da operarsi con una norma primaria;
   tutto ciò non ha consentito un aggiornamento ed il coordinamento della disciplina di interi settori quali le lavorazioni ferroviarie, portuali o marittime che, quindi, continuano ad essere regolamentate da disposizioni o molto generali o certamente parziali e non coordinate con il contesto normativo generale in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro;
   è di tutta evidenza che una siffatta situazione non può essere protratta ulteriormente e necessita di un sollecito e radicale intervento di adeguamento normativo che superi le attuali incertezze e inadeguatezze della disciplina vigente, come testimoniato dai gravissimi episodi di Messina, Livorno e Salerno, Genova –:
   quali iniziative intenda assumere al fine di avviare una sollecita ricognizione, con il pieno coinvolgimento delle organizzazioni di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro, volta a rivedere l'attuale disciplina in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro dei suddetti settori, uniformandola, per quanto tecnicamente compatibile, con i parametri e gli standard generali dettati dal citato decreto legislativo n. 81 del 2008 attraverso strumenti normativi adeguati. (5-10167)

Interrogazioni a risposta scritta:


   RAMPELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   la sede dell'INPS di Rossano Calabro è agenzia complessa, ex sede sub provinciale, e si era in attesa che diventasse filiale provinciale;
   a seguito della soppressione del tribunale di Rossano è già stato trasferito ad altra sede l'ufficio legale della stessa agenzia, mettendo in atto un primo grave depotenziamento della sede di Rossano che ha inciso notevolmente anche sull'economia del paese e dell'intero territorio;
   la sede dell'INPS di Rossano interessa un bacino di utenza di circa duecentoventimila abitanti, posto che abbraccia un territorio che si estende dal confine con la provincia di Crotone fino al confine con la regione Basilicata, oltre i comuni montani della zona;
   il centro medico legale sito all'interno della sede dell'INPS, per carico di lavoro è il terzo in Calabria, e nel solo anno 2016 ha validato circa undicimila verbali d'invalidità civile, ha effettuato oltre quattromilaseicento visite, e ha esaminato sessantamila certificati, oltre a tutta l'attività relativa al contenzioso ed alle visite fiscali;
   la chiusura del centro medico legale causerà pesanti disagi all'utenza, che si troverà costretta a recarsi a Cosenza per le visite mediche di invalidità e per tutti gli accertamenti sanitari di competenza dell'ente, e un grave danno soprattutto per le categorie più svantaggiate, oltre a determinare, nel lungo periodo, un ulteriore impoverimento lavorativo di una zona nella quale si registrano già notevoli difficoltà sotto questo profilo –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero e se non ritenga di adottare le opportune iniziative di competenza per scongiurare tale ipotesi, mantenendo la piena operatività della sede dell'INPS di Rossano Calabro. (4-15046)


   RONDINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   ogni anno l'Inps ha l'obbligo di verificare la permanenza dei requisiti necessari per il pagamento delle prestazioni assistenziali – quali la pensione sociale e l'assegno sociale – e le prestazioni economiche erogate agli invalidi civili, quali l'indennità di accompagnamento, l'indennità di frequenza e l'assegno mensile. Per farlo, richiede ai diretti interessati di presentare ogni anno una certificazione relativa alla sussistenza dei relativi requisiti;
   gli invalidi civili titolari di indennità di accompagnamento o di frequenza sono tenuti a presentare, entro il 31 marzo di ogni anno, tramite il modello Icric, una dichiarazione di responsabilità relativa alla sussistenza o meno di uno stato di ricovero in istituto, indicando se questo è avvenuto a titolo gratuito o a pagamento;
   la procedura prevede che è l'Inps stesso ad inviare, ai diretti interessati, una lettera dove sono indicati i modelli da presentare tramite codici a barre. Per presentare all'ente tali modelli, si può scegliere tra: rivolgersi ad un intermediario abilitato all'assistenza fiscale (Caf) che assisterà l'interessato nella compilazione dei modelli, per poi provvedere direttamente alla trasmissione telematica o utilizzare i servizi on line disponibili sul sito Inps, per i quali è necessario disporre di un codice pin assegnato una tantum dall'ente stesso; in questo caso, l'eventuale documentazione dovrà essere comunque consegnata alla competente sede Inps;
   questa procedura interessa centinaia di migliaia di assistiti: l'Inps, ogni anno, invia una richiesta alle persone che godono dell'assegno di accompagnamento di dichiarare se durante l'anno sono state ricoverate in strutture pubbliche, questo per recuperare i giorni in cui l'assistito grava sulla spesa pubblica, tenendo presente che, in caso di non comunicazione, l'assistito perde il diritto dell'assegno, ed è costretto a dover rifare tutta la trafila per il riconoscimento dell'invalidità –:
   se il Ministro interrogato, considerata la situazione sopra evidenziata, non intenda assumere iniziative volte a snellire e semplificare la procedura di comunicazione, prevedendo che siano gli stessi istituti di ricovero ospedaliero a comunicare all'Inps i giorni di ricovero al fine di evitare ai cittadini perdite di tempo, rischi di perdere un diritto in caso di ritardi ed inutili esborsi dovuti alla necessità di rivolgersi ai Caf. (4-15069)

POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:


   TARICCO, GRIBAUDO, LAVAGNO e D'OTTAVIO. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   il decreto legislativo 25 giugno 2010, n. 124, ha recepito la direttiva 2008/90/CE del Consiglio sulla commercializzazione nella Unione dei materiali di moltiplicazione di piante da frutto per produzione di frutti, stabilendo i requisiti delle varietà commercializzabili e l'istituzione del registro nazionale delle varietà delle piante da frutto ammesse alla commercializzazione;
   con il D.D. 4 giugno 2012, n. 499 la regione Piemonte ha proposto l'iscrizione, modificando la denominazione, della varietà locale di nocciolo da «Tonda Gentile delle Langhe» a «Tonda Gentile Trilobata» per tutelare l'I.G.P. «Nocciola Piemonte», riconosciuta ai sensi del regolamento (CE) n. 510/2006;
   infatti, l'uso del toponimo «Langhe» poteva creare confusione nei consumatori ed essere impropriamente utilizzato da operatori che commercializzano la medesima varietà;
   la regione Piemonte, con nota prot. 1903/AGR del 23 novembre 2006, e il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (con nota prot. n. 986 del 15 dicembre 2006), hanno quindi ottenuto dal competente Ministero argentino la modifica della denominazione «Tonda Gentile delle Langhe», allora iscritta presso il registro dell’Istituto Nacional de Semillas, in «Tonda Gentile»;
   il disciplinare di produzione dell'IGP «Nocciola del Piemonte» recita: «La denominazione “Nocciola del Piemonte” designa il frutto della varietà di nocciolo “Tonda Gentile Trilobata” coltivato nel territorio idoneo della Regione Piemonte, definito nell'articolo 3»;
   in mancanza della registrazione presso l’«Ufficio comunitario delle varietà vegetali» della varietà con denominazione «Tonda Gentile Trilobata» si è resa necessaria una modifica del disciplinare di produzione dell'indicazione geografica protetta «Nocciola del Piemonte»;
   il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, con decreto del 12 dicembre 2016, ha inserito nel registro italiano delle varietà delle piante da frutto, alla varietà identificata con denominazione «Tonda gentile», cui è associato il sinonimo «Tonda gentile delle Langhe» anche «Tonda gentile trilobata»;
   il regolamento (CE) n. 637/2009 della Commissione del 22 luglio 2009, che stabilisce le modalità di applicazione per l'ammissibilità delle denominazioni varietali delle specie di piante agricole e di ortaggi, all'articolo 6 ritiene che una denominazione varietale possa indurre in errore o creare confusione se, tra le altre cose, comprende un nome geografico che potrebbe fuorviare il pubblico riguardo alle caratteristiche o al valore della varietà;
   sul sito dell'ufficio comunitario varietà vegetali (CPVO), risulta che la varietà «Tonda gentile delle Langhe» sia iscritta nel registro olandese dal 2012 senza che vi sia stato nessun atto di opposizione;
   andrebbe introdotta una denominazione univoca della varietà a livello nazionale che dovrebbe divenire «Tonda Gentile» già sinonimo di «Tonda gentile delle Langhe» e «Tonda gentile trilobata» –:
   quali iniziative il Governo intenda intraprendere:
   a) affinché vi sia un adeguamento alla denominazione «Tonda Gentile» italiana, qualora le varietà registrate in Olanda o altra parte d'Europa siano geneticamente corrispondenti alla «Tonda Gentile» già sinonimo di «Tonda gentile delle Langhe» e «Tonda gentile trilobata»;
   b) affinché si evitino riferimenti a un «nome geografico che potrebbe fuorviare il pubblico», nel rispetto del regolamento (CE) n. 637/2009 della Commissione del 22 luglio 2009, articolo 6, lettera f), qualora le varietà registrate in Olanda o altra parte d'Europa non siano geneticamente corrispondenti alla «Tonda Gentile»;
   c) affinché siano tutelati i produttori piemontesi che rischiano di vedere compromesso il lavoro di qualificazione territoriale connesso alla coltivazione coriolicola, perseguito negli anni anche attraverso la I.G.P. «Nocciola del Piemonte». (5-10165)

SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:


   CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
   un'indagine dell'associazione «Essere Animali», diffusa il 19 dicembre 2016 in anteprima sul quotidiano online Corriere.it, mostra le condizioni di allevamento e detenzione di suini in uno degli allevamenti italiani, che fornisce gli animali per il prosciutto dop rivelando come anche dietro ad un marchio considerato un'eccellenza del made in Italy possa nascondersi una realtà di sofferenza per gli animali. Nel video in particolare si vedono animali malati, spostati dai recinti nei corridoi e abbandonati a se stessi, lasciati morire agonizzanti e, una volta cadaveri, trascinati fuori con una corda. E ancora: maiali spostati in maniera violenta dagli operatori, con calci e bastoni, o sollevandoli per le zampe e scaraventandoli a terra. Molti animali feriti, principalmente alle orecchie, a causa del fenomeno del cannibalismo che spesso si verifica negli allevamenti intensivi per il sovraffollamento e la mancanza di stimoli in cui sono costretti a vivere gli animali, che sfogano le frustrazioni sui propri simili;
   le lacerazioni che si infettano e non sono curate, alterano la carica batterica della carne: sembra che nonostante ciò la carne venga messa sul mercato con conseguente pericolo per la salute del consumatore;
   uno studio dell'Arpa Emilia Romagna conferma danni ambientali enormi, in particolare l'inquinamento causato dagli allevamenti di suini con conseguente contaminazione delle falde acquifere in alcuni comuni;
   il prosciutto di Parma dop, tra l'altro, è considerato uno dei prodotti d'eccellenza ed è tra gli affettati più venduti in Italia e più esportati all'estero. Nel 2015 ne sono stati prodotti oltre 8 milioni. Per ottenere la denominazione di origine, devono essere seguite procedure ben precise: in particolare, la legge 4 luglio 1970, n. 509, stabilisce le norme relative alla tutela della denominazione di origine del prosciutto di Parma, alla delimitazione del territorio di produzione ed alle caratteristiche del prodotto; il decreto legislativo 7 luglio 2011, n. 122, attuazione della direttiva 2008/120/CE, riguardante la tutela della suinicoltura italiana, stabilisce norme minime per la protezione dei suini indicando chiaramente le modalità di detenzione ed allevamento della specie nel rispetto dei criteri previsti per il benessere degli animali –:
   se i Ministri interrogati siano a conoscenza degli elementi riportati in premessa;
   se siano a conoscenza del livello di inquinamento ambientale causato dagli allevamenti suinicoli che costringe la popolazione a non utilizzare l'acqua corrente per il consumo umano a causa degli elevati tassi di contaminazione riscontrati;
   come il Governo intenda agire, per quanto di competenza, al fine di eliminare la persistente presenza di allevamenti che non rispondono alle normative vigenti in tema di benessere animale e riduzione dell'impatto ambientale e porre fine a questa condizione che reca danni agli animali, all'ambiente ed ai consumatori;
   quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere, nell'immediato, per verificare e vigilare sull'adeguato, puntuale, effettivo e corretto svolgimento dei controlli negli allevamenti. (5-10162)


   BRIGNONE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   la Lega anti vivisezione, ha consegnato al Sottosegretario alla salute pro tempore De Filippo le 57.600 firme raccolte con la petizione «Aiutali a uscirne», affinché non siano messe in atto differimenti o deroghe al divieto di test su animali di «sostanze d'abuso», divieto, che, così come previsto dal decreto legislativo n. 26 del 2014 entrerà in vigore il 1o gennaio 2017;
   migliaia di cittadini e Lav, con la petizione hanno chiesto al Ministro della salute e al Governo, il rispetto dei divieti previsti dalla legge in relazione ai test su animali per le sostanze d'abuso, ai trapianti di organi tra specie diverse e al riutilizzo in una seconda sperimentazione degli stessi animali già impiegati in procedure classificate come «gravi»;
   la biologa Michela Kuan, che collabora con Lav, ha dichiarato: «È sconcertante che vizi umani come alcol, fumo e droghe siano ancora testati su animali, che non bevono né fumano e, pertanto, non potrebbero nemmeno abusare di queste sostanze e che, peraltro, questo avvenga spesso a spese dei contribuenti in Università pubbliche. Si tratta di un'aberrazione sul piano scientifico e, prima ancora, sul piano etico: basti pensare all'elevato grado di sofferenza che i test effettuati sugli animali comportano. Considerati i dati epidemiologici a disposizione e le investigazioni con metodi alternativi, la sperimentazione animale non può più essere considerata un rimedio alle dipendenze che tuteli davvero chi abusa di tali sostanze, in primo luogo i ragazzi e le categorie più deboli»;
   nel mondo scientifico sono sempre maggiori e favorite le tecniche alternative e innovative, che mediante l'uso di strumenti specifici sono in grado di testare il fumo di sigarette aspirate dall'uomo e che consentono di osservare i danni prodotti, senza sacrificare milioni di animali sottoposti a barbarie in uso a oggi;
   per ciò che attiene alla sperimentazione su animali degli effetti dell'alcool assunti dall'uomo, significativa è la meta-analisi condotta su ottantasette studi epidemiologici, che ha evidenziato come i dati su roditori che consigliano/approvano l'uso moderato di alcol per l'assunzione del resveratrolo, siano in realtà sbagliati. Infatti, gli studi epidemiologici, non concordavano con quanto «rilevato» sui modelli murini in merito a mortalità e malattie con riferimento all'assunzione di alcolici –:
   se il Ministro interrogato sia a conoscenza della raccolta di firme citata in premessa al fine di scongiurare differimenti o deroghe al divieto di test su animali di sostanze d'abuso così come previsto dal decreto legislativo n. 26 del 2014;
   poiché il 1o gennaio 2017 si ha la possibilità di dimostrare di aver compreso la sensibilità sul tema di milioni di cittadini e di avere a cuore il rispetto e la tutela degli animali da sperimentazione, se non ritenga necessario e doveroso adoperarsi, per quanto di competenza, per garantire l'applicazione del decreto legislativo n. 26 del 2014 senza alcun differimento o deroga che consenta ulteriormente l'uso di animali per la sperimentazione di sostanze dannose all'uomo, quali alcool e fumo;
   se non ritenga di dover assumere iniziative affinché siano destinati maggiori contributi alla ricerca che non faccia uso di animali, in virtù della normativa italiana in tema di protezione degli animali che è tra le più avanzate;
   considerato che gli studi effettuati sugli animali molto raramente dimostrano di essere utili per quanto concerne l'uomo e che di fatto il destino di milioni di animali e le sorti della ricerca sono in capo al Ministero della salute, se non ritenga urgente e necessario promuovere e mettere in atto protocolli che consentano realmente lo studio delle forme di dipendenza – quali alcool e fumo –, senza spreco di denaro pubblico e sofferenza animale, mediante la ricerca basata su metodi alternativi. (5-10171)


   CAPOZZOLO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 14 dicembre 2016 il Tar Campania ha negato la sospensiva del provvedimento di chiusura del Radiosurgery Center del Cilento con sede ad Agropoli;
   suddetta richiesta era stata dalla proprietà della struttura a seguito della chiusura prevista dal nuovo piano sanitario regionale;
   tale struttura risulta essere uno dei migliori centri in Italia per la cura dei tumori e da mesi il territorio del Cilento si è fortemente mobilitato affinché il centro possa rimanere aperto;
   sono circa 800 i pazienti che si servono della struttura per poter curare la propria patologia ed essa costituisce una importante realtà per un territorio molto complesso e che, nel corso degli anni, ha visto, purtroppo, ridursi fortemente l'offerta sanitaria, come nel caso dell'ospedale di Agropoli, con un conseguente quanto incontestabile ridimensionamento dei livelli essenziali di assistenza per i cittadini, questioni più volte sollevate con atti di sindacato ispettivo;
   si sono avuti nel corso del tempo anche diversi incontri tra amministratori locali e il commissario della competente Asl ma senza adeguato riscontro tra la manifestata volontà di proseguire nell'attività della struttura e gli atti di programmazione conseguenti;
   si è in presenza di una situazione davvero delicata per quanto riguarda l'offerta sanitaria nel comprensorio cilentano ed è un quadro che si aggrava ulteriormente anche a fronte di questa ulteriore chiusura che va a colpire pazienti con un quadro clinico di indiscutibile gravità;
   permangono quindi tutte le preoccupazioni da parte del territorio nonché dei pazienti e degli operatori e sicuramente si è in presenza di una problematica che non può essere affrontata attraverso le vie giudiziarie –:
   se il Governo non ritenga, nell'ambito delle proprie competenze, di valutare l'opportunità di promuovere un incontro, anche per il tramite del commissario ad acta per l'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari, con le istituzioni responsabili e gli enti territoriali al fine di scongiurare la chiusura del radiosurgery center del Cilento, nell'ottica di garantire pienamente i livelli essenziali di assistenza. (5-10172)

Interrogazioni a risposta scritta:


   DI VITA, LOREFICE, GRILLO, GIANCARLO GIORDANO, MANTERO e COLONNESE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   il 1o agosto 2015 è stata donata all'ospedale G. Di Cristina di Palermo una nuova Tac pediatrica acquistata dalla onlus Maredolce dei due attori comici Ficarra e Picone;
   l'acquisto è stato realizzato grazie ai ricavi della partita di calcio a scopo benefico «Atletico Salvuccio-Real Valentino» che ha anche permesso di raccogliere altri 40 mila euro da utilizzarsi per il futuro acquisto di un nuovo ecografo per l'ospedale pediatrico;
   si tratta di uno strumento all'avanguardia che in soli sette secondi è in grado di completare gli accertamenti diagnostici consentendo ai bambini un'esposizione ridotta alle radiazioni;
   si è appreso da fonti giornalistiche (la repubblica.it del 1o dicembre 2016, «Tac per i bambini utilizzata pure dagli adulti, scoppia il caso») che tale macchinario di assoluta eccellenza, costato ben 171 mila euro, a un anno e mezzo dal suo arrivo, risulti essere ancora sottoutilizzato rispetto alle potenzialità;
   la direzione dell'ospedale ha pertanto assunto la decisione di aprire le porte di un suo utilizzo anche agli adulti, che tutti i giovedì pomeriggio potranno eseguire l'esame presso il Di Cristina;
   secondo il manager dell'ospedale Giovanni Migliore quella compiuta sarebbe «una scelta utile per abbattere le liste d'attesa degli adulti, mettere a regime la macchina e utilizzare al massimo le risorse umane nell'interesse dei bambini»;
   sul nuovo provvedimento, tuttavia, si starebbe consumando in queste ore una vera e propria disputa con alcuni medici dell'ospedale che non hanno avuto timore a denunciare «rischi» per i pazienti;
   alcuni medici dell'ospedale sarebbero contrari alla scelta della dirigenza;
   più nello specifico, i radiologi dell'ospedale avrebbero segnalato talune criticità relative in merito al provvedimento, facendo sapere alla direzione attraverso una nota scritta del 29 novembre 2016 che «l'esecuzione degli esami per adulti con mezzo di contrasto facendo uso dell'unica Tac deputata per esami pediatrici in emergenza-urgenza (politraumi e codici rossi) potrebbe determinare un rallentamento»;
   si apprende inoltre che ulteriori rischi sussisterebbero anche per gli adulti, legati all'assenza di personale specializzato e quindi non in grado di intervenire in caso di reazioni avverse al mezzo di contrasto;
   si tratta di timori che, tuttavia, secondo il manager Migliore, sarebbero infondati: «I bambini avranno sempre una corsia preferenziale e nel giro di 10-15 minuti la macchina può essere resa disponibile. Otto radiologi e 16 tecnici sono assolutamente sottoutilizzati e né noi né nessun altro ospedale può permetterselo»;
   a ciò si aggiunga che il 30 novembre la direzione ha nominato un nuovo responsabile provvisorio del reparto, il primario di neuroradiologia Maria Pia Pappalardo, che prende il posto di Alessandro Benenati;
   ciò ha destato la reazione del sindacato che per bocca di Enzo Tango, segretario regionale della Uil Funzione pubblica, affermano: «è preoccupante che il giorno dopo una nota di protesta si rimuova il responsabile. Non vorrei che si volessero tacitare le voci dissonanti»;
   secondo il manager Migliore, invece, non sussiste alcun legame: «Il primario facente funzione avrebbe terminato il mandato tra qualche mese e il provvedimento era già previsto. La dottoressa è stata già alla guida di quel reparto e ha competenze sugli adulti»;
   per la Uil dirottare gli adulti al Di Cristina è una scelta sbagliata: «Per incrementare le prestazioni – dichiara Tango – sarebbe bastato riaprire l'Ortopedia pediatrica, chiusa da oltre un anno per mancanza di medici, e riportare al Di Cristina l'Oncoematologia pediatrica da anni trasferita al Civico» –:
   se sia a conoscenza dei fatti indicati in premessa;
   se, come segnalato dai radiologi dell'ospedale G. Di Cristina di Palermo, il provvedimento assunto dalla direzione dell'ospedale possa comportare dei rischi per l'utenza sanitaria, e qua li, e se e quali iniziative di competenza intenda assumere per fare chiarezza circa il corretto uso di tali macchinari. (4-15061)


   ZOLEZZI, BUSTO, DAGA, DE ROSA, MANNINO, MICILLO, TERZONI e TOFALO. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
   nella relazione sul Veneto della Commissione parlamentare sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti si citano i casi della autostrada Valdastico Sud, dove ai lotti 4, 5, 6 furono assegnati rifiuti tossici invece che materia prima seconda, con superamenti importanti di fluoruri, rame, bario, cromo. Una parte di questi rifiuti proveniva dal Consorzio Cerea spa di Cerea (VR), tramite Portamb srl, appaltante di Serenissima Costruzioni. Le certificazioni aziendali erano conformi all'allegato 3 del decreto ministeriale 1998, n. 186 e alla specifica normativa in materia;
   il Consorzio Cerea spa è stato coinvolto anche nel processo penale n. 6078/11 R.G. r.g.n.r. mod. 21 – direzione distrettuale antimafia, per aver prodotto l’«In.Ar.Co sabbia 0/80» e «materiale misto cementato Concrete Green 80x», un vero e proprio rifiuto macinato, materiale inerte con scarti di lavorazioni industriali, contenenti cromo totale, cromo esavalente, fluoruri, nonché cobalto, nichel, piombo, rame, vanadio, stagno e zinco, COD, solfati, cloruri, bario, e con elevati valori di pH (corrosivo), immesso come sottofondo per i lotti 10, 11, 13, 16, 17 della autostrada Valdastico Sud, con oltre 149 mila tonnellate;
   il prezzo di vendita di tali materiali è stato di 35.775,54 euro (0,50 euro/metri cubi), mentre il costo del loro trasporto è stato di 445.012,00 euro, effettivamente corrisposti dallo stesso consorzio alla C.T.E. srl Euganea Trasporti di Padova; nel «Report non tecnico» emerge che essa attualmente tratta principalmente ceneri pesanti da inceneritori (CER 190112), circa il 50 per cento del totale di rifiuti trattati, ottenendo esclusivamente un prodotto denominato «IN.AR.CO. extra» destinato esclusivamente «alla formazione di conglomerati cementizi»;
   sull'autorizzazione rilasciata dalla regione Veneto (AIA, pagina 13) appare scritto: «i materiali destinati alla formazione dei conglomerati cementizi sono esonerati dall'analisi del test di cessione. Le loro caratteristiche intrinseche non possono rappresentare controindicazioni ambientali, in quanto l'inertizzazione mediante additivazione di cemento è uno dei processi tipici di inertizzazione»;
   qualcosa di analogo avverrebbe, a quanto risulta agli interroganti le 2 regioni prevederebbero, in Lombardia e Emilia Romagna; infatti, seppure non dichiarino l'esonero dall'analisi del test di cessione per i materiali destinati alla formazione di conglomerati cementizi, il medesimo esonero di fatto, nella misura in cui esplicitano l'obbligo di effettuazione del test di cessione esclusivamente per i materiali destinati alla realizzazione di rilevati, sottofondi e ripristini ambientali e non per quelli utilizzati per la produzione di conglomerati cementizi;
   tale disposizione autorizzativa preclude, di fatto, agli organi di controllo di intervenire e consente a Consorzio Cerea di immettere nell'ambiente qualsiasi cosa, purché sottoforma di conglomerato cementizio;
   i conglomerati cementizi con aggregati ottenuti da ceneri pesanti di inceneritore sono contemplati anche ai sensi del decreto ministeriale n. 186 del 2006, ma in esso non sono incluse, nella categoria dei conglomerati cementizi, i misti cementati o i conglomerati cementizi di scarsa qualità, destinati a sottofondi, contenenti quantità di cemento molto basse e privi della capacità di fissare e/o inglobare i metalli pesanti in essi contenuti –:
   se i Ministri interrogati non intendano monitorare l'applicazione della normativa di settore, su tutto il territorio nazionale, e per evitare l'immissione nell'ambiente di materiali potenzialmente pericolosi sottoforma di misti cementati o conglomerati cementizi di scarsa qualità in contraddizione con quanto disposto dall'articolo 184-ter – punto 1.D) – del decreto legislativo n. 152 del 2006;
   se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non intenda assumere iniziative per rivedere la definizione di «conglomerato cementizio» e valutare se possano rientrare anche i «misti cementati» o i conglomerati cementizi di qualità non precisate. (4-15071)

SEMPLIFICAZIONE E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:


   VALLASCAS. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
   in Italia, anche per effetto delle molteplici innovazioni apportate alla disciplina riguardante il sistema di reclutamento nella pubblica amministrazione, a cui si sarebbero aggiunti ritardi e criticità in fase di attuazione, nonché difficoltà di interpretazione delle medesime norme, i procedimenti di reclutamento del personale nella pubblica amministrazione si sarebbero spesso caratterizzati per lentezza e farraginosità, nonché per inadeguatezza nel rispondere ai fabbisogni effettivi dei datori di lavoro;
   è il caso di evidenziare, a titolo d'esempio, che l'edizione del 30 ottobre 2016 dell’Unione Sarda ha riferito di un concorso indetto dalla regione Sardegna nel 2010 per 42 funzionari che, dopo 6 anni e 26 rinvii, è stato revocato;
   nel riportare i commenti dei rappresentanti sindacali, sarebbe stato riferito che «Mentre i rinvii iniziali si capivano poco e non c'erano dietro grosse motivazioni, l'ultima decisione è più comprensibile. È passato tanto tempo e sono cambiate le condizioni; è giusto fare una nuova ricognizione e capire quali sono i settori che hanno più bisogno di un ritocco all'organico»;
   l'articolo pubblicato sull’Unione Sarda rappresenterebbe una situazione generale caratterizzata dal rallentamento delle procedure concorsuali pubbliche per l'assunzione di personale a tempo indeterminato e dal ricorso alla chiamata diretta e alla stipula di contratti di lavoro di diritto privato;
   questa circostanza avrebbe portato a un eccessiva presenza nella pubblica amministrazione di personale a tempo determinato che, se da un lato ha maturato delle aspettative in relazione alla possibilità di stabilizzare il rapporto di lavoro, dall'altro, costituirebbe una grave disparità nelle condizioni e nelle opportunità di accesso al pubblico impiego tra cittadini italiani;
   è il caso di rilevare che, nell'ambito delle procedure di reclutamento citate, non sempre i candidati sarebbero sottoposti a una selezione, ovvero non sempre sarebbero seguiti criteri oggettivi, a garanzia dell'assenza di elementi discrezionalità;
   questo stato di cose solleva legittime perplessità sulla possibilità che questo sistema di reclutamento possa essere un canale per l'accesso nei ranghi e nei ruoli della pubblica amministrazione di personale privo di requisiti;
   nel corso degli anni, a seguito di disposizioni legislative apposite, le amministrazioni regionali avrebbero avviato procedimenti di stabilizzazione del personale precario che, a tutt'oggi, ammonterebbe in Italia a circa 500mila unità;
   è il caso di sottolineare che, in più circostanze, la Corte Costituzionale avrebbe bocciato alcuni di questi provvedimenti, per vizio costituzionale o conflitto di attribuzione, ribadendo, sostanzialmente, che alla pubblica amministrazione si accede mediante concorso aperto;
   il decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, impone di attingere alle graduatorie di concorso; il medesimo provvedimento dispone che dal 2017, salvo alcune deroghe, i rapporti di lavoro di collaborazione, di tipo parasubordinato e quelle sottoforma di collaborazione a partita Iva devono essere considerati come rapporti di lavoro subordinato;
   il 27 luglio 2016, il Ministro interrogato, in un'intervista al quotidiano il Messaggero, ha affermato «Non dovrà essere possibile utilizzare contratti precari per coprire esigenze di organico stabili»;
   alcune pubbliche amministrazioni, come quella della regione Sardegna, starebbero avviando procedimenti di stabilizzazione (legge regionale 17 maggio 2016, n. 9) –:
   se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
   quali iniziative di competenza intenda adottare affinché, nel rispetto del dettato costituzionale, il reclutamento del personale che opera presso la pubblica amministrazione avvenga attraverso pubblici concorsi;
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare per evitare che i procedimenti di stabilizzazione possano essere dei canali di reclutamento anche di personale privo dei requisiti o delle competenze necessarie per accedere alla pubblica amministrazione;
   quali siano gli orientamenti del Governo in merito ai procedimenti di stabilizzazione, con particolare riguardo alla trasformazione dei rapporti di lavoro di diritto privato in rapporti di lavoro a tempo indeterminato nella pubblica amministrazione e alle modalità di attuazione. (5-10173)

Interrogazione a risposta scritta:


   CIPRINI, CHIMIENTI, COMINARDI, DALL'OSSO, LOMBARDI e TRIPIEDI. — Al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 2, comma 4, del decreto legislativo n. 81 del 2015 recante «Disciplina organica dei contratti di lavoro e revisione della normativa in tema di mansioni, a norma dell'articolo 1, comma 7, della legge 10 dicembre 2014, n. 183» (uno dei decreti legislativi del cosiddetto « Job act») ha previsto che: «Fino al completo riordino della disciplina dell'utilizzo dei contratti di lavoro flessibile da parte delle pubbliche amministrazioni, la disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione nei confronti delle medesime. Dal 1o gennaio 2017 è comunque fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di stipulare i contratti di collaborazione di cui al comma 1».
   dunque per effetto di tale norma, a partire dal 1o gennaio 2017 non sarà più possibile alle pubbliche amministrazioni stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa (cosiddetti co.co.co.);
   i sindacati calcolano che sono circa 40.000 i precari che lavorano con le pubbliche amministrazioni con contratti di collaborazione, concentrati per lo più nel settore universitario, accademico e della ricerca con una presenza forte anche nella sanità e negli enti locali;
   è noto che tantissime amministrazione pubbliche si avvalgono della collaborazione dei suddetti lavoratori senza i quali avrebbero difficoltà a gestire anche il carico di lavoro quotidiano;
   inoltre, una volta disoccupati, c’è il rischio concreto che non potranno godere nemmeno della cosiddetta «dis-coll» cioè l'indennità di disoccupazione prevista per i titolari di contratto di collaborazione;
   il comma 310 dell'articolo 1 della legge n. 208 del 2015 ha previsto, infatti, la proroga dell'istituto dell'indennità di disoccupazione per i titolari di contratto di collaborazione coordinata e continuativa («DISCOLL»), ma riconoscendola anche agli eventi di disoccupazione che si verifichino solo dal 1o gennaio 2016 fino al 31 dicembre 2016;
   la mancata proroga della cosiddetta dis-coll, quindi, «determinerà effetti ancora più gravi, qualora a questa situazione dovesse sommarsi la mancata proroga dei contratti di collaborazione attivi fino al 31 dicembre 2016 presso le pubbliche amministrazioni, operando di fatto il divieto di stipula di tali contratti da parte della Pa a decorrere dal 1o gennaio 2017 (...)» (da www.rassegna.it del 12 dicembre 2016) –:
   quanti sono i titolari di contratto di collaborazione coordinata e continuativa che si vedranno scadere il contratto di collaborazione con la pubblica amministrazione il 31 dicembre 2016;
   quali siano gli intendimenti del Governo sulla questione descritta in premessa e quali iniziative intenda assumere a favore dei suddetti lavoratori. (4-15047)

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:


   GIACOBBE, BASSO e VAZIO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
   il Ministero dello sviluppo economico, con decreto del 21 settembre 2016, ha accertato le condizioni per il riconoscimento di crisi industriale complessa, con impatto significativo sulla politica industriale nazionale, per l'area della provincia di Savona ricomprendente i comuni liguri del sistema locale del lavoro di Cairo Montenotte e i comuni di Vado Ligure, Quiliano, Villanova d'Albenga, con un provvedimento emanato con grande sollecitudine, a seguito dell'istanza presentata dalla regione Liguria con deliberazione della giunta regionale n. 812 del 5 settembre 2016;
   il decreto del Ministero dello sviluppo economico ha riconosciuto, il perdurare della situazione di crisi economica in cui versa il territorio, con necessità di programmare interventi eccezionali di politica attiva e riqualificazione dei lavoratori espulsi dal ciclo produttivo. Per questo, è essenziale ora che siano attivati tutti gli interventi, le procedure, i soggetti previsti dalla normativa;
   il comma 6, articolo 1, del decreto 31 gennaio 2013, dispone che al riconoscimento di crisi industriale complessa si accompagna la costituzione del gruppo di coordinamento e controllo, con il compito di coadiuvare nella definizione e realizzazione del progetto per la riconversione e la riqualificazione industriale (PRRI);
   l'articolo 2 dello stesso decreto 31 gennaio 2013 prevede, inoltre, che venga affidato ad Invitalia spa, l'incarico di elaborare una proposta di PRRI da presentare, entro il termine di tre mesi dalla data di adozione del decreto, eventualmente prorogabile di un altro mese, al gruppo di coordinamento;
   ad oggi non risulta che il gruppo di coordinamento e controllo si sia riunito, e non è noto se Invitalia stia procedendo ad elaborare la proposta di PRRI;
   la presidente della provincia di Savona ha rivolto all'assessore regionale allo sviluppo economico, il 21 novembre 2016, una richiesta di incontro per conoscere quali sviluppi ed impegni istituzionali abbiano fatto seguito al riconoscimento di area di crisi industriale complessa;
   il sindaco di Cairo Montenotte, in qualità di sindaco del comune capofila della Valle Bormida, il 13 dicembre ha inviato una lettera al presidente della regione e al Ministero dello sviluppo economico, per chiedere la convocazione urgente di un tavolo di lavoro e sollecitare la regione Liguria a riscontrare l'istanza della presidente della provincia;
   il 14 dicembre, Cgil, Cisl e Uil di Savona, dopo l'incontro con la regione Liguria del 17 ottobre 2016, «non avendo avuto riscontro riguardo all'avvio del percorso attuativo dell’iter previsto per l'area di crisi complessa», hanno inviato una nota alla regione stessa ed al Ministero dello sviluppo economico, richiedendo un incontro urgente;
   la comunità locale ha sollecitato la regione Liguria ad assumere con maggiore determinazione l'iniziativa verso l'insieme dei soggetti coinvolti: ad essa spetta un ruolo essenziale, quale proponente del riconoscimento di area di crisi industriale complessa, nella costrizione delle proposte di merito, nonché la funzione di raccordo delle istituzioni locali, la predisposizione degli strumenti per realizzare il cofinanziamento degli interventi del PRRI e delle misure di politica attiva del lavoro;
   il 20 dicembre 2016 l'assessore regionale allo sviluppo economico ha dichiarato: «sulla convocazione del tavolo con parti sociali ed enti locali per l'area di crisi industriale complessa per i Comuni del savonese e della Valbormida stiamo aspettando che il MISE formalizzi la bozza di decreto per la costituzione dell'organismo di governance e comunichi la data dell'incontro» –:
   quali iniziative intenda assumere per dare seguito alla procedura prevista per intervenire nell'area di crisi industriale complessa del Savonese, nel rispetto dei tempi previsti dalla normativa e con la sollecitudine richiesta dalla gravità della situazione e dalla complessità delle azioni da mettere in campo. (5-10169)

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA


   LUIGI DI MAIO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   l'articolo 8-bis del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, rubricato «Consultazione delle rappresentanze del personale» prevede che le organizzazioni sindacali delle forze di polizia ad ordinamento civile e le sezioni del COCER delle forze di polizia ad ordinamento militare e delle forze armate «sono convocate presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri in occasione della predisposizione del documento di programmazione economico-finanziaria e prima della deliberazione del disegno di legge di bilancio per essere consultate»;
   non è invece prevista analoga consultazione delle organizzazioni sindacali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
   con interrogazione a risposta scritta al Ministro dell'interno n. 4-03787 presentata il 4 marzo 2014 nella seduta n. 182 della Camera dei deputati l'interrogante aveva già evidenziato tale anomala esclusione, chiedendo che «analoga attenzione debba essere riservata anche alle rappresentanze sindacali del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco» e se «il Ministro interrogato non ritenga di dover promuovere un'iniziativa normativa che riconosca analogo diritto di consultazione anche alle rappresentanze del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco»;
   nella risposta scritta a firma del sottosegretario Bocci, pubblicata in data 13 gennaio 2015 nell'allegato B della seduta n. 361 della Camera dei deputati, è stato riconosciuto che «effettivamente il quadro normativo non prevede la partecipazione delle organizzazioni sindacali rappresentative del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ad alcun processo di consultazione in fase di predisposizione del predetto documento di programmazione» in conclusione di risposta, il rappresentante del Governo, in riferimento a tale argomento, ha affermato che «nel prosieguo (...) potrà essere presa in considerazione anche l'opportunità di un'iniziativa legislativa volta a equiparare il Corpo nazionale dei vigili del fuoco ai corpi del comparto sicurezza e difesa anche sotto il profilo segnalato dall'interrogante»;
   secondo quanto si apprende da rappresentanti sindacali del Conapo sindacato autonomo dei vigili del fuoco, il Governo starebbe valutando di proporre alcune modifiche al decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217 riguardante l'ordinamento del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ma la bozza della proposta consegnata alle organizzazioni sindacali non contiene tale previsione di equiparazione normati va nonostante l'auspicata modifica normativa non abbia alcun onere –:
   se il Ministro interrogato non ritenga di dover dare seguito a quanto prefigurato nella risposta all'atto di sindacato ispettivo citato in premessa, prendendo in considerazione l'opportunità di assumere iniziative per estendere sin da subito anche alle organizzazioni sindacali del Corpo nazionale dei vigili del fuoco le previsioni di cui all'articolo 8-bis del decreto legislativo n. 195 del 1995, soprattutto, alla luce della prossima modifica del decreto legislativo n. 217 del 2005, attualmente che sarebbe allo studio del Governo, ponendo così fine ad una delle tante disparità di trattamento di cui soffrono i Vigili del fuoco rispetto agli altro Corpi dello Stato. (4-12718)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame viene chiesto al Ministro dell'interno l'adozione di iniziative urgenti volte ad estendere alle organizzazioni sindacali rappresentative del personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco la disposizione di cui all'articolo 8-bis del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, in base alla quale le organizzazioni sindacali delle forze di polizia ad ordinamento civile e le sezioni del COCER delle forze di polizia ad ordinamento militare e delle Forze armate «sono convocate presso la Presidenza del Consiglio dei ministri in occasione della predisposizione del documento di programmazione economico-finanziaria e prima della deliberazione del disegno di legge di bilancio per essere consultate».
  L'interrogante individua quale possibile strumento per sanare la disparità di trattamento di cui «soffrono i Vigili del fuoco rispetto agli altri Corpi dello Stato» il progetto di riforma del decreto legislativo 13 ottobre 2005, n. 217 in corso di predisposizione.
  Al riguardo, si informa che, nell'ambito della delega contenuta nell'articolo 8, comma 1, lettera a), della legge 7 agosto 2015, n. 124 (cosiddetta legge Madia), è stato effettivamente elaborato uno schema di decreto legislativo recante modifiche al citato decreto legislativo n. 217 del 2005.
  Si assicura che tale schema contiene una disposizione ad hoc, che introduce anche per le organizzazioni sindacali dei vigili del fuoco la convocazione a titolo consultivo da parte del Governo durante l’iter istruttorio di definizione dei due fondamentali atti economico-finanziari citati in premessa.
  Il provvedimento, il cui termine di approvazione definitiva scade il 27 febbraio 2017, è attualmente al vaglio della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.

(Risposta del Governo del 12 dicembre 2016)


   LOCATELLI, GIUSEPPE GUERINI, MISIANI, PASTORELLI e CARNEVALI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   con l'entrata in vigore della legge 20 maggio 2016, n. 76, riguardante la regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e la disciplina delle convivenze, finalmente è finito il lungo percorso, dopo quasi 30 anni dalla prima proposta di legge sulle unioni di fatto, di una delle leggi più attese e più discusse degli ultimi anni;
   l'Italia è stata tra i pochi Paesi d'Europa che fino a quel momento non avevano alcun tipo di tutela per le coppie omosessuali, mentre quasi la metà dei ventotto membri dell'Unione europea riconoscevano già il matrimonio gay. La legge 76 ha permesso all'Italia di superare questo gap nel riconoscimento di alcuni diritti civili e di collocarsi, almeno, in una fascia intermedia dei Paesi Ue, anche se alcuni punti qualificanti del testo come l'adozione del figlio biologico o della partner, sono stati stralciati nel corso dell’iter, in quanto avrebbero ostacolato l'approvazione del provvedimento con l'importante riconoscimento giuridico;
   il passo fondamentale indubbiamente è stato fatto con l'entrata in vigore della legge il 5 giugno 2016, ma non basta. Ora l'Italia ha superato il tabù di legiferare in tema di omosessualità, ma il ritardo accumulato per raggiungere questo risultato è stato troppo e ora che c’è la legge non si può perdere altro tempo per la sua attuazione;
   per i decreti legislativi previsti dall'articolo 1, comma 28, della legge n. 76, tesi ad adeguare alle previsioni della legge, l'ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni, e a coordinare, con la legge approvata, le disposizioni contenute nel nesti o corpus normativo vigente, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, risulta agli interroganti essere stato costituito un gruppo di lavoro presso il Ministero della giustizia –:
   per quanto riguarda, invece, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri previsto dall'articolo 1, comma 34, con il quale dovranno essere stabilite le disposizioni transitorie, da emanare entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge, e che avrebbero dovuto essere emanate entro il 5 luglio 2016, non si hanno notizie chiare –:
   a che punto sia l’iter del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 34 dell'articolo 1, della legge 20 maggio 2016, n. 76, e che tempi si prevedano per la sua adozione. (4-13761)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame l'interrogante, unitamente ad altri deputati, rileva l'avvenuta scadenza del termine previsto per l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri contenente le disposizioni transitorie per l'attuazione della legge sulle unioni civili (legge n. 76 del 20 maggio 2016, n. 76). Chiede, pertanto, notizie sull’iter del provvedimento.
  Al riguardo, si fa presente che il citato provvedimento è stato adottato il 23 luglio 2016 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 144) e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 175 del 28 luglio 2016, con il seguente titolo «Regolamento recante disposizioni transitorie necessarie per la tenuta dei registri nell'archivio dello stato civile, ai sensi dell'articolo 1, comma 34, della legge 20 maggio 2016, n. 76».
  Nei giorni immediatamente successivi, è stato adottato il decreto del Ministro dell'interno del 28 luglio 2016 recante le formule per gli adempimenti degli ufficiali dello stato civile in materia di unioni civili tra persone dello stesso sesso.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.

(Risposta del Governo del 12 dicembre 2016)


   NICCHI, SCOTTO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, SANNICANDRO, DANIELE FARINA, DURANTI, MARCON, PANNARALE, RICCIATTI, MARTELLI, PIRAS, FRATOIANNI, MELILLA, QUARANTA, GIANCARLO GIORDANO e PAGLIA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
   in data 21 maggio 2016, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale la legge 20 maggio 2016, n. 76, recante «Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze»;
   nonostante il comma 35 dell'articolo 1 della legge preveda che «Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 34 acquistano efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge» (ovvero la parte inerente le unioni civili tra persone dello stesso sesso), vi sono diversi decreti delegati previsti dal provvedimento, molti dei quali da emanarsi entro 6 mesi, nonché un decreto delicatissimo, previsto in particolare dal comma 34, che avrebbe dovuto essere emanato entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge, ovvero entro il 5 luglio 2016, cosiddetto «decreto ponte», rispetto agli altri decreti delegati da emanarsi entro 6 mesi;
   il comma 34 prevede infatti «Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le disposizioni transitorie necessarie per la tenuta dei registri nell'archivio dello stato civile nelle more dell'entrata in vigore dei decreti legislativi adottati ai sensi del comma 28, lettera a);
   i decreti legislativi delegati richiamati ex comma 28, lettera a), attengono all'adeguamento alle previsioni della legge delle disposizioni dell'ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni;
   nonostante la previsione del comma 34, ad oggi – e dunque assolutamente fuori termine rispetto ai tempi previsti dalla norma in esame – non vi è traccia di tale decreto delicatissimo, il che comporta gravi problemi quando una coppia si presenta davanti all'ufficiale di stato civile per chiedere di essere unita civilmente, che, secondo il menzionato comma 35, evidentemente, è facoltà esercitabile da quando è entrata in vigore la legge;
   in assenza del decreto ex comma 34 si rischia, infatti, che i sindaci – che pure, come illustrato, possono costituire le unioni – procedano «in autonomia», senza indicazioni precise che dovevano essere riportate in tale decreto, con conseguente rischio di vizi formali e possibile annullamento da parte del prefetto, come del resto avvenuto per le trascrizioni dei matrimoni ugualitari;
   non può non apparire gravissima tale mancanza, in quanto tale decreto, pur provvisorio, doveva dettare le disposizioni transitorie sulle unioni civili in attesa dei decreti attuativi su un tema delicatissimo, con tutti i gravi rischi appena illustrati –:
   quali siano i motivi per i quali non sia stato adottato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'interno, ex comma 34 dell'articolo 1 della legge n. 76 del 2016, entro i termini previsti dalla stessa norma, che avrebbe dovuto stabilire le disposizioni transitorie, quanto alle unioni civili, necessarie per la tenuta dei registri nell'archivio dello stato civile, con tutti i rischi gravi – illustrati anche in premessa – circa possibili vizi formali e possibili annullamenti da parte dei prefetti delle unioni civili cui comunque gli ufficiali di stato civile possono già procedere in virtù dell'entrata in vigore della legge n. 76 del 2016. (4-13762)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame l'interrogante, unitamente ad altri deputati, rileva l'avvenuta scadenza del termine previsto per l'adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri contenente le disposizioni transitorie per l'attuazione della legge sulle unioni civili (legge n. 76 del 20 maggio 2016, n. 76). Chiede, pertanto, notizie sull’iter del provvedimento.
  Al riguardo, si fa presente che il citato provvedimento è stato adottato il 23 luglio 2016 (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri n. 144) e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 175 del 28 luglio 2016, con il seguente titolo «Regolamento recante disposizioni transitorie necessarie per la tenuta dei registri nell'archivio dello stato civile, ai sensi dell'articolo 1, comma 34, della legge 20 maggio 2016, n. 76».
  Nei giorni immediatamente successivi, è stato adottato il decreto del Ministro dell'interno del 28 luglio 2016 recante le formule per gli adempimenti degli ufficiali dello stato civile in materia di unioni civili tra persone dello stesso sesso.
Il Sottosegretario di Stato per l'internoGianpiero Bocci.

(Risposta del Governo del 12 dicembre 2016)


   SCOTTO e PANNARALE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
   nel 2001 l'Osservatorio vesuviano è stato inglobato nell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV), diventandone sezione di Napoli;
   all'epoca l'Osservatorio aveva 135 dipendenti, tutti con contratto a tempo indeterminato, mentre oggi ne conta 108, di cui 15 con contratto a tempo determinato;
   mentre l'organico nazionale complessivo dell'INGV è praticamente raddoppiato, la sezione napoletana è l'unica ad aver vissuto una diminuzione d'organico;
   tutto questo a fronte di una crescente importanza dei compiti istituzionali della sezione di Napoli, che si occupa del monitoraggio delle aree vulcaniche napoletane (Vesuvio, Campi Flegrei, Ischia);
   si tratta delle aree vulcaniche più ad alto rischio del mondo, le cui zone rosse e gialle ed i cui piani d'emergenza sono stati messi a punto o aggiornati in questi ultimi anni;
   dal settembre del 2013 la sezione di Napoli è diretta dal professor Giuseppe De Natale, uno dei vulcanologi più titolati d'Italia, membro dell’Academia Europaea e rappresentante italiano in seno all'Associazione internazionale per la vulcanologia;
   nei due anni e mezzo di sua direzione, l'Osservatorio ha avuto un enorme sviluppo infrastrutturale: ha costruito dal nulla un sistema di monitoraggio profondo (in pozzo) tra i più efficienti al mondo, ha sviluppato sistemi altamente innovativi di monitoraggio dei fondali vulcanici marini, ha sviluppato un sistema di monitoraggio di temperature profonde nell'area flegrea basate su sofisticate tecnologie in fibre ottiche;
   inoltre, in questo periodo è stata completamente ristrutturata la palazzina storica dell'Osservatorio situata sul Vesuvio, primo osservatorio vulcanologico al mondo fondato nel 1841 da Ferdinando II di Borbone;
   l'antica sede, che era in una situazione di degrado con grandi problemi anche statici, è stata perfettamente restaurata ed è oggi una prestigiosa sede museale per la storia della vulcanologia, oltre che un importante riferimento sul territorio per la divulgazione e l'informazione sul rischio vulcanico;
   in questi anni l'Osservatorio è diventato un riferimento assoluto per il territorio, ha riconquistato autorevolezza tra i comuni e con la regione Campania, il DPC nazionale, nonché le rappresentanze diplomatiche dei Paesi più importanti in Europa e nel mondo (USA, Francia, Germania, Giappone);
   la sezione napoletana ha ottenuto riconoscimenti prestigiosi dall'ambasciatore degli Stati Uniti d'America in Italia, che ha visitato la sede di monitoraggio e la sede storica il 9 gennaio 2016, e si appresta ad ospitare, il 3 maggio 2016, un importante evento di gemellaggio con l'Osservatorio vulcanologico del Sakurajima (Kagoshima, Giappone), al quale è prevista la partecipazione dell'Ambasciatore giapponese:
   nonostante questi importanti ed indubbi successi, l'Osservatorio vesuviano è stato proditoriamente e repentinamente commissariato, senza alcun preavviso ed alcuna notifica preliminare, basandosi su vaghe dichiarazioni di mancato «benessere organizzativo» non sostanziate e non notificate;
   il commissariamento è stato effettuato con un atto che, a giudizio degli interroganti, non trova alcun riscontro né giustificazione nei regolamenti dell'ente, scavalcando tutte le procedure che prevedono, in caso di valutazioni gravemente negative, un iter procedurale che inizia con un contraddittorio in cui il consiglio d'amministrazione discute con il direttore dei problemi riscontrati, prima di trarre alcuna conclusione;
   tutto questo avveniva il 17 febbraio 2016, in un periodo in cui sia l'attuale presidente dell'INGV sia il direttore dell'Osservatorio erano entrambi interessati alla selezione pubblica, aperta con bando dell'8 febbraio 2016, per il nuovo Presidente dell'INGV;
   tra i numerosi vizi formali e sostanziali dell'atto vi sarebbe, a giudizio degli interroganti, la nomina di un commissario al posto del direttore, figura che non trova riscontro né definizione nei regolamenti dell'ente;
   mancherebbe, inoltre, la revoca del direttore stesso, che come specificato avrebbe dovuto seguire ben altro iter a norma di regolamento;
   si è creato così uno stato di profonda confusione normativa per la moltiplicazione di figure direttive con ruoli indefiniti e/o confliggenti;
   tale situazione rischia di paralizzare completamente l'attività dell'Osservatorio, che svolge una funzione delicatissima e fondamentale non solo per la ricerca scientifica vulcanologica, ma soprattutto per la sicurezza e la salvaguardia di più di tre milioni di abitanti dell'area napoletana, ad altissimo rischio vulcanico –:
   quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere al fine di risolvere questa situazione ripristinando uno stato di regolarità all'interno della sezione napoletana dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia e garantendo, così, il corretto funzionamento dell'Osservatorio vesuviano. (4-12355)

  Risposta. — L'interrogante chiede quali iniziative il Ministro intenda assumere al fine del ripristino dello stato di regolarità amministrativo-gestionale all'interno dell'osservatorio vesuviano di Napoli-Sezione dell'istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (INGV) attualmente commissariata, garantendone conseguentemente il corretto funzionamento.
  In merito preciso preliminarmente che, con nota n. 3889 del 1 marzo 2016 questo Ministero ha chiesto chiarimenti all'INGV in ordine al commissariamento della sezione di Napoli, sulla base dei quali riferisco quanto segue.
  In data 17 febbraio 2016 con delibera n. 214, il consiglio di amministrazione ha disposto il commissariamento dell'osservatorio vesuviano a seguito dell'analisi documentale prodotta dagli organi competenti in base alla quale sono emersi numerosi episodi che hanno portato alla paralisi della struttura periferica. Il consiglio di amministrazione ha pertanto nominato una commissione scientifico-amministrativa per le attività gestionali.
  Nel mese di dicembre 2014 è stata disposta un'indagine preventiva nei confronti del personale dell'osservatorio vesuviano; dai risultati dell'indagine è emersa la sussisteva dello stress da lavoro correlato tra i diretti dipendenti dell'ex direttore.
  Tuttavia, nonostante i risultati della medesima indagine siano stati comunicati allo stesso ex direttore, le anomalie gestionali hanno continuato a manifestarsi e tutti i richiami informali dei vertici competenti dell'istituto sono stati disattesi.
  Il Consiglio di amministrazione, nella seduta del 25 giugno 2015 ha dato mandato al presidente per la stipula di una convenzione con l'Università degli studi di Napoli Federico, la quale prevedeva la valutazione dello stress correlato e l'intervento psicologico finalizzato a promuovere il benessere organizzativo dei lavoratori.
  L'indagine svolta dalla suddetta Università ha fatto emergere numerose criticità gestionali legate all'attività lavorativa dell'ex direttore («scarsa comunicazione e autorevolezza della leadership (...) mancato riconoscimento della crescita professionale (...) scarso stato di benessere organizzativo»).
  A corroborare il quadro sopra delineato vi sono stati alcuni episodi scatenanti che hanno di fatto paralizzato le attività dell'osservatorio (per esempio una serie di dimissioni a catena). Tali episodi sono stati oggetto di specifica relazione da parte del comitato unico di garanzia nella quale è stata denunciata una situazione di malessere diffusa tra i dipendenti in merito al rapporto con l'ex direttore.
  In ordine al commissariamento, occorre osservare che il consiglio di amministrazione, avendo anche poteri di vigilanza, è stato obbligato ad assumere tale scelta di commissariamento al fine di ripristinare immediatamente le corrette attività istituzionali dell'ente.
  In merito all'ipotesi di revoca dell'incarico di direttore di sezione, prevista dall'articolo 25 del regolamento personale (approvato dal consiglio di amministrazione con delibera n. 204 del 10 dicembre 2015, occorre osservare che si tratta di un'ipotesi non opportunamente percorribile in quanto la situazione venutasi a creare era così deteriorata da non dare spazio temporale alcuno, pena il blocco delle attività istituzionali, essendosi dimessi gran parte dei ricercatori nonché dei responsabili delle Unità funzionali.
  Alla luce di quanto sopra esposto, appare evidente che non vi sia stato alcun comportamento illegittimo dell'istituto in merito alle procedure adottate, in quanto ha agito nell'esclusivo interesse generale dei propri dipendenti al fine di salvaguardare le attività istituzionali.
  Per completezza d'informazione si segnala che il Consiglio di Stato, con decreto 1253/2016 del 13 aprile 2016, ha accollo il ricorso proposto dall'INGV contro l'ex direttore, per l'annullamento e/o riforma dell'ordinanza tar Campania, con la quale era stata accolta la domanda proposta dall'ex direttore per l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, della citata deliberazione del consiglio di amministrazione n. 214 del 17 febbraio 2016, con cui era stato disposto, con effetto immediato, il commissariamento della sezione dell'osservatorio vesuviano di Napoli nonché del decreto n. 102 del 18 febbraio 2016 del direttore generale dell'ente che ad essa ha dato esecuzione.
La Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricercaStefania Giannini.

(Risposta del Governo del 12 dicembre 2016)


   VARGIU e MATARRESE. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
   in attuazione alla direttiva 86/457/CEE, l'articolo 5 della legge 30 luglio 1990 n. 212, recante delega al Governo per l'attuazione di direttive delle Comunità europee in materia di sanità e di protezione dei lavoratori, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 4 agosto 1990, n. 181 è stato istituito in Italia il «corso di formazione specifica in medicina generale»;
   a seguito della definizione di tale percorso formativo, il possesso del relativo titolo è diventato condizione indispensabile per l'inserimento negli elenchi che danno accesso alla convenzione della medicina generale;
   il percorso formativo per il conseguimento del diploma di medico di «medicina generale», oggi affidato alle regioni, prevede un esame di accesso a numero chiuso, ha durata triennale ed è articolato attraverso differenti tirocini formativi specifici, con giudizio finale;
   l'attuale approccio formativo delegato alle regioni è fonte di forte disomogeneità nella individuazione degli attori della formazione e – conseguentemente – della qualità degli stessi percorsi formativi;
   nell'ordinamento della maggior parte degli altri Paesi europei (Gran Bretagna, Germania, Francia, Spagna, Olanda, Danimarca), la formazione dei medici dell'assistenza primaria avviene all'interno dell'università, sede istituzionalmente preposta alle attività di specializzazione medica post laurea –:
   se il Governo ritenga opportuno assumere iniziative per istituire quanto prima anche in Italia le scuole di specializzazione in «medicina generale», promuovendo un'omogeneizzazione degli attuali percorsi formativi regionali e riportando opportunamente nel naturale alveo universitario tutte le attività di specializzazione medica post laurea. (4-14587)

  Risposta. — Con l'interrogazione in esame si chiede se il Governo ritenga opportuno assumere iniziative per istituire quanto prima anche in Italia le scuole di specializzazione in «medicina generale», promuovendo un'omogeneizzazione degli attuali percorsi formativi regionali e riportando opportunamente nel naturale alveo universitario tutte le attività di specializzazione medica post laurea.
  Al riguardo corre l'obbligo ricordare come l'attuale assetto normativo attribuisca la competenza in materia di formazione post lauream in medicina generale al Ministero della salute e alle regioni e province autonome. Ciò ai sensi del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368 Titolo IV, Capo I, denominato appunto «Formazione specifica in medicina generale».
  A titolo esemplificativo, si ricorda che, ai sensi dell'articolo 25, comma 1, del citato decreto legislativo n. 368 del 1999, è il Ministero della salute che concorda con le regioni e le province autonome i limiti entro cui si determina, nell'ambito delle risorse disponibili, il contingente numerico di medici da ammettere annualmente ai corsi di formazione di medicina generale e che sono le regioni e le province autonome, sempre ai sensi dell'articolo 25, comma 2, del decreto legislativo n. 368 del 1999, ad emanare ogni anno, entro il 28 febbraio, i bandi di concorso per l'ammissione al corso triennale di formazione specifica in medicina generale, in conformità ai principi fondamentali definiti dal Ministero della salute per la disciplina unitaria del sistema.
  Alla luce di quanto sopra esposto, pertanto, nell'assetto normativo attualmente in vigore, il Ministero della salute e le regioni insieme alle province autonome sono i soggetti istituzionalmente competenti in materia.
La Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricercaStefania Giannini.

(Risposta del Governo del 12 dicembre 2016)