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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di Lunedì 9 gennaio 2017

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 9 gennaio 2017.

  Amici, Baldelli, Bellanova, Biondelli, Bobba, Bocci, Bonifazi, Borletti Dell'Acqua, Boschi, Matteo Bragantini, Bressa, Brunetta, Bueno, Casero, Caso, Antimo Cesaro, Cirielli, Colonnese, Costa, D'Alia, Dellai, Di Gioia, Faraone, Fedriga, Ferranti, Fico, Fioroni, Gregorio Fontana, Fontanelli, Formisano, Franceschini, Garofani, Gelli, Gentiloni Silveri, Giachetti, Giacomelli, Giancarlo Giorgetti, Gozi, La Russa, Locatelli, Lorenzin, Losacco, Lotti, Lupi, Madia, Manciulli, Marazziti, Giorgia Meloni, Migliore, Orlando, Pisicchio, Rampelli, Realacci, Francesco Saverio Romano, Domenico Rossi, Rughetti, Sanga, Scalfarotto, Tabacci, Valeria Valente, Velo.

Annunzio di proposte di legge.

  In data 5 gennaio 2017 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
   PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE BIANCOFIORE ed altri: «Modifiche allo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di organi e funzioni della regione e delle province autonome nonché per la garanzia della parità dei diritti dei gruppi linguistici italiano, tedesco e ladino» (4203);
   BIANCOFIORE ed altri: «Istituzione di un fondo per il sostegno della comunità di lingua italiana della provincia autonoma di Bolzano» (4204).

  Saranno stampate e distribuite.

Restituzione di un disegno di legge al Governo per la presentazione al Senato della Repubblica.

  La Ministra per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 5 gennaio 2017, ha chiesto che il seguente disegno di legge, presentato alla Camera dei deputati il 30 dicembre 2016, sia trasferito al Senato della Repubblica:
  «Conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, recante proroga e definizione di termini» (4201).

  Il disegno di legge è stato pertanto restituito al Governo per essere presentato al Senato della Repubblica ed è stato cancellato dall'ordine del giorno.

Trasmissione dalla Banca d'Italia.

  Il Governatore della Banca d'Italia, con lettera in data 4 gennaio 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 4, comma 6-bis, del decreto-legge 30 novembre 2013, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 gennaio 2014, n. 5, la relazione concernente le operazioni riguardanti le quote di partecipazione al capitale della Banca d'Italia, riferita all'anno 2016 (Doc. CCXXXIII, n. 2).

  Questa relazione è trasmessa alla VI Commissione (Finanze).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

  La Commissione europea, in data 4 e 6 gennaio 2017, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
   Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, la seconda opportunità e misure volte ad aumentare l'efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza e liberazione dai debiti, e che modifica la direttiva 2012/30/UE (COM(2016) 723 final), corredata dal relativo documento di lavoro dei servizi della Commissione – Sintesi della valutazione d'impatto (SWD(2016) 358 final), che è assegnata in sede primaria alla II Commissione (Giustizia);
   Relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull'attuazione della direttiva 2010/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010, relativa alle norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti (COM(2016) 809 final), che è assegnata in sede primaria alla XII Commissione (Affari sociali);
   Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull'applicazione nel 2014, da parte delle istituzioni, dei regolamenti del Consiglio n. 495/77, modificato da ultimo dal regolamento n. 1945/2006 (sulle permanenze), n. 858/2004 (sui lavori di carattere gravoso) e n. 300/76, modificato da ultimo dal regolamento n. 1873/2006 (sul servizio continuo a turni) (COM(2016) 832 final), che è assegnata in sede primaria alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
   Proposta di decisione di esecuzione del Consiglio recante modifica della decisione 2013/677/UE, che autorizza il Granducato di Lussemburgo a introdurre una misura di deroga all'articolo 285 della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto (COM(2016) 833 final), che è assegnata in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);
   Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo a norma dell'articolo 294, paragrafo 6, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea riguardante la posizione del Consiglio in prima lettura in vista dell'adozione di un regolamento relativo ai controlli ufficiali e alle altre attività ufficiali effettuati per garantire l'applicazione della legislazione sugli alimenti e sui mangimi, sulla salute e sul benessere degli animali, sulla sanità delle piante, sui prodotti fitosanitari e recante modifica dei regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio (CE) n. 999/2001, (CE) n. 396/2005, (CE) n. 1069/2009, (CE) n. 1107/2009, (UE) n. 1151/2012, (UE) n. 652/2014, (UE) n. 2016/429 e (UE) n. 2016/2031, dei regolamenti (CE) n. 1/2005 e (CE) n. 1099/2009 e delle direttive del Consiglio 98/58/CE, 1999/74/CE, 2007/43/CE, 2008/119/CE e 2008/120/CE, che abroga i regolamenti del Parlamento europeo e del Consiglio (CE) n. 854/2004 e (CE) n. 882/2004, le direttive del Consiglio 89/608/CEE, 89/662/CEE, 90/425/CEE, 91/496/CEE, 96/23/CE, 96/93/CE e 97/78/CE del Consiglio e la decisione n. 92/438/CEE del Consiglio (regolamento sui controlli ufficiali) (COM(2017) 6 final), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite XII (Affari sociali) e XIII (Agricoltura).

  La proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1008/2008 recante norme comuni per la prestazione di servizi aerei nella Comunità (COM(2016) 818 final), già trasmessa dalla Commissione europea e assegnata, in data 28 dicembre 2016, ai sensi dell'articolo 127 del Regolamento, alla IX Commissione (Trasporti), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), è altresì assegnata alla medesima XIV Commissione ai fini della verifica della conformità al principio di sussidiarietà; il termine di otto settimane per la verifica di conformità, ai sensi del Protocollo sull'applicazione dei princìpi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato sull'Unione europea, decorre dal 5 gennaio 2017.

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

  Il Ministero dell'interno, con lettere in data 3 gennaio 2017, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, i decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento dei consigli comunali di Castelnuovo Parano (Frosinone), Ghislarengo (Vercelli), Marentino (Torino), Molare (Alessandria), Mura (Brescia) e Sant'Arsenio (Salerno).

  Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Atti di controllo e di indirizzo.

  Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell’Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONE BRUNETTA ED ALTRI N. 1-01452 CONCERNENTE INIZIATIVE IN RELAZIONE ALLA CRISI DEL SISTEMA BANCARIO

Mozione

   La Camera,
   premesso che:
    i decreti legislativi n. 180 e n. 181 del 2015 hanno recepito la direttiva 2014/59/UE (del 15 maggio 2014) che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento. Detta direttiva (direttiva BRRD – Bank Recovery and Resolution Directive) affronta il tema delle crisi delle banche approntando strumenti nuovi che le autorità possono impiegare per gestire in maniera ordinata eventuali situazioni di dissesto non solo a seguito del loro manifestarsi, ma anche in via preventiva o ai primi segnali di difficoltà. Essa introduce una molteplicità di strumenti, aventi carattere preventivo, carattere di intervento immediato, così come strumenti di «risoluzione» della crisi;
    già nel 2013 la «comunicazione» della Commissione europea aveva disposto l'applicazione immediata di un nuovo regime di burden sharing che imponeva, in caso di crisi di una banca, la condivisione di perdite per azionisti e obbligazionisti subordinati come precondizione per un intervento pubblico;
    nel 2014 la BRRD, approvata dal Consiglio e dal Parlamento europeo, ha esteso quello stesso regime, già a partire dal 2016, anche alle obbligazioni ordinarie e ai depositi superiori a 100.000 euro (il bail-in);
    in particolare, il decreto legislativo n. 180 del 2015, ha recepito la direttiva BRRD nelle parti relative alla predisposizione di piani di risoluzione, avvio e chiusura delle procedure di risoluzione, adozione delle misure di risoluzione, gestione della crisi di gruppi cross-border, poteri e funzioni dell'autorità di risoluzione nazionale e disciplina del fondo di risoluzione nazionale. Le autorità preposte all'adozione delle misure di risoluzione delle banche potranno attivare una serie di misure, tra cui il temporaneo trasferimento delle attività e delle passività a un'entità (bridge bank) costituita e gestita dalle autorità per proseguire le funzioni più importanti, in vista di una successiva vendita sul mercato, il trasferimento delle attività deteriorate a un veicolo (bad bank) che ne gestisca la liquidazione in tempi ragionevoli ed il cosiddetto bail-in, ossia la procedura che consente di svalutare azioni e crediti e convertirli in azioni, per assorbire le perdite e ricapitalizzare la banca difficoltà o una nuova entità che ne continui le funzioni essenziali;
    il termine per l'applicazione delle disposizioni relative alle nuove procedure sul bail-in previste dalla direttiva, era fissato al 1o gennaio 2016; la medesima direttiva contiene, all'articolo 129, una clausola di revisione da attivare entro giugno 2018 (non è escluso attivarla prima);
    il 21 novembre 2015, per effetto delle nuove norme introdotte, la Banca d'Italia ha avviato quattro procedure di risoluzione – ai sensi del decreto legislativo n. 180 del 2015 – nei confronti della Banca delle Marche, della Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, della Cassa di Risparmio di Ferrara e della Cassa di Risparmio della provincia di Chieti, tutte in amministrazione straordinaria. Con le norme del cosiddetto «decreto Salva-banche» (ovvero il decreto-legge 22 novembre 2015, n. 183), poi confluite, all'interno della legge di stabilità 2016 (legge n. 208 del 2015), sono stati costituiti ex lege gli enti-ponte previsti dai provvedimenti di avvio della risoluzione dei suddetti istituti bancari, con l'obiettivo di mantenere la continuità delle funzioni essenziali precedentemente svolte dalle medesime banche e, quando le condizioni di mercato saranno adeguate, di cedere a terzi le partecipazioni al capitale o i diritti, le attività o le passività acquistate, in conformità con le disposizioni del citato decreto legislativo n. 180 del 2015. Il provvedimento ha previsto, inoltre, che il finanziamento delle procedure di risoluzione fosse assicurato dal fondo di risoluzione nazionale, istituito ai sensi dell'articolo 70 del decreto legislativo n. 180 del 2015 dalla Banca d'Italia, alimentato dallo stesso sistema bancario mediante contribuzioni ordinarie e straordinarie; il piano di cessione delle quattro «good bank» non è però stato svolto, per via dell'inappetibilità di tali istituti agli occhi degli investitori istituzionali, le cui offerte sono state ritenute troppo basse. Attualmente l'unica banca interessata all'acquisto di tre delle quattro banche è UBI, ma le condizioni di acquisto sono inferiori rispetto a quelle preventivate dal Governo, con il rischio di una maxi perdita per il Fondo interbancario a tutela dei depositi che aveva contribuito nel salvataggio degli istituti in dissesto;
    le operazioni disposte dal decreto-legge n. 183 del 2015 hanno generato perdite per decine di migliaia di azionisti e obbligazionisti subordinati, per nulla informati dal Governo pro tempore con sufficiente anticipo circa le conseguenze che l'avvento di tali norme avrebbe comportato sui loro risparmi, avendo gli stessi clienti acquistato in buona fede gli strumenti finanziari al tempo in cui la nuova normativa non era ancora stata scritta, prefigurando secondo i firmatari del presente atto di indirizzo una chiara violazione del disposto di cui all'articolo 47 della Costituzione, che tutela il risparmio in tutte le sue forme; le nuove procedure non hanno infatti previsto adeguate tutele del capitale investito in obbligazioni subordinate; i decreti attuativi sugli arbitrati, inoltre, non sono ancora stati emanati dal Ministero dell'economia e delle finanze, obbligando molti azionisti ad optare per la soluzione del rimborso, soltanto parziale delle perdite subite attraverso un procedimento burocratico che si è rivelato lento ed estremamente costoso per alcuni richiedenti, poiché altri sono stati arbitrariamente esclusi per non disporre di requisiti reddituali e patrimoniali sufficienti, in chiara violazione del principio di uguaglianza sancito dall'articolo 3 della Costituzione;
    in altre parole, il quadro normativo nazionale, nel dare applicazione alle disposizioni europee in materia di «salvataggi bancari», anche anticipandone di fatto l'entrata in vigore, si è rivelato confuso e particolarmente oneroso per i risparmiatori;
    è poi fondamentale evidenziare come, nell'introdurre i delicati cambiamenti a livello europeo sopra ricordati, non si è prestata sufficiente attenzione alla fase di transizione, soprattutto nella parte informativa per i contraenti retail;
    come affermato in più occasioni anche dal Governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, è evidente come il Governo avrebbe dovuto sostenere con forza che un'applicazione immediata e, soprattutto, retroattiva dei meccanismi di burden sharing fino al 2015 e, successivamente, del bail-in, avrebbe potuto comportare – oltre che un aumento del costo e una rarefazione del credito all'economia – rischi per la stabilità finanziaria, connessi anche col trattamento dei creditori in possesso di passività bancarie sottoscritte anni addietro, in tempi in cui le possibilità di perdita del capitale investito erano molto remote;
    sarebbe stato quindi preferibile un passaggio graduale e meno traumatico, tale da permettere ai risparmiatori di acquisire piena consapevolezza del nuovo regime e di orientare le loro scelte di investimento in base al mutato scenario, eventualmente dismettendo le loro attività finanziarie senza perdere il loro valore;
    un approccio mirato, con l'applicazione del bail-in solo a strumenti provvisti di un'espressa clausola contrattuale, e un adeguato periodo transitorio avrebbero consentito alle banche di emettere nuove passività espressamente assoggettabili a tali condizioni;
    la BRRD contiene una clausola che ne prevede la revisione, da avviare entro giugno 2018. Come sostenuto anche dal governatore Visco, è auspicabile che questa occasione sia ora sfruttata, facendo tesoro dell'esperienza, per meglio allineare la disciplina europea con gli standard internazionali;
    i dati del nostro Paese sono evidenti: in Italia la quota del risparmio delle famiglie investita in obbligazioni emesse dalle banche è notevolmente più elevata che nella media dell'area dell'euro; da quando le borse hanno riaperto nel 2016, si è assistito ad un crollo continuo: l'indice azionario del settore bancario ha perduto circa il 37 per cento. I filoni da seguire per dare una spiegazione al fenomeno sono due, intrecciati tra loro: il tema dei crediti deteriorati («Non Performing Loans» – NPL) nei bilanci delle banche e il dibattito sulla «bad bank»; la proposta franco-tedesca di porre, per le banche dei Paesi dell'eurozona, un tetto all'ammontare di titoli del proprio debito sovrano che possono avere in portafoglio («proposta Schäuble»);
    il tema dei non performing loans è esploso a seguito dell'improvviso decreto del Governo pro tempore del 22 novembre 2015 con cui sono state «salvate» le quattro banche già menzionate, quando i valori di riferimento utilizzati per la svalutazione dei crediti deteriorati di queste ultime sono stati inopportunamente estesi a tutto il resto del sistema bancario, ed è scoppiata la psicosi per cui bisogna liberarsene subito e a qualsiasi prezzo. Mentre, come sanno bene gli addetti ai lavori, la buona gestione dei non performing loans spesso aiuta i bilanci delle banche;
    ma il decreto «salva banche» ha prodotto anche un altro effetto nefasto, che ha influito sul crollo delle borse: il «panico finanziario», noto pure come «corsa agli sportelli». I risparmiatori non si fidano più delle banche italiane, dal momento che 4 istituti sono falliti sul serio, finiti nell'occhio del ciclone e in alcuni casi anche al centro di indagini della magistratura, per cui ritirano i loro depositi;
    una soluzione di livello europeo a questo problema è tra i pilastri dell'unione bancaria che si vorrebbe introdurre: è la garanzia comune sui depositi, una sorta di «prestatore di ultima istanza» per cui i depositi bancari sono garantiti dalla piena fede e dal credito dell'Unione europea, prendendo a prestito la definizione utilizzata per definire tale strumento negli Stati Uniti; ma sulla garanzia europea comune sui depositi pesa il veto del Governo tedesco, che per sbloccarli chiede che le banche dei Paesi del sud Europa, Italia in primis, si liberino dei troppi titoli del proprio debito sovrano in portafoglio. Solo quando le banche italiane e greche diventeranno, così, meno rischiose, il Governo tedesco è disposto a partecipare a un fondo comune che garantisca il debito di tutti i Paesi dell'area dell'euro (Germania inclusa). «Liberarsi dei troppi titoli del proprio debito sovrano in portafoglio» significa vendita in blocco di buoni del Tesoro, quindi aumento dell'offerta degli stessi, con conseguente riduzione del prezzo, aumento dei rendimenti, quindi necessità di ricapitalizzazione per le banche, crollo in borsa e per il Paese aumento dello spread: esattamente la stessa sequenza a che nell'estate-autunno del 2011 portò alla crisi che tutti conoscono durante la quale tante imprese italiane sono state acquistate a «prezzi di saldo» dai «predatori» dalla tripla A, e alla caduta di quello che i firmatari del presente atto di indirizzo ritengono l'ultimo Governo democraticamente eletto;
    sulle modalità di creazione e funzionamento della bad bank italiana si è aperto un confronto con la Commissione europea, molto serio, sul quale però il Governo pro tempore ha già ceduto senza se e senza ma, evidentemente troppo timoroso di un'eventuale «bocciatura» della legge di stabilità tutta in deficit; da allora, i rapporti con la Commissione europea sono arrivati a un punto di minimo, fattore, questo, che complica ancora di più le negoziazioni con i partner europei. Ne deriva che per finanziare provvedimenti finalizzati ad acquisire consenso, l'Esecutivo ha distrutto e svenduto il sistema bancario italiano, di cui l'andamento in borsa dal 1o gennaio 2016 è la dimostrazione, indebolendo l'intera economia italiana;
    sarebbe invece necessario superare qualsiasi atteggiamento di debolezza, e cercare alleanze tra i partner europei per far cadere il veto tedesco sulla garanzia europea comune sui depositi bancari e proporre una moratoria sulla direttiva bail-in. Il modello dovrebbe essere quello degli Stati Uniti, dove il «timing» dell'intervento del Governo è stato l'opposto di, quello, errato, fatto dall'Europa: prima si sono risistemate le banche attraverso l'ingresso del Tesoro, poi con istituti più solidi, rilanciato l'economia in un colpo solo si risolverebbe il problema delle banche e si riuscirebbe a evitare la vendita in blocco di titoli di Stato italiani, con le conseguenze drammatiche che si è avuto modo di conoscere sull'economia e la democrazia italiana;
    il Governo deve mettere in atto una importante riflessione in merito alla frettolosa applicazione in Italia del bail-in, alla necessaria non retroattività delle norme derivanti dalla direttiva dell'Unione europea, e, in particolare, valutare con attenzione anche i profili di incostituzionalità di queste ultime rispetto all'articolo 47 della Carta costituzionale, che tutela il risparmio in tutte le sue forme;
    è necessario inoltre che si ripensi completamente all'inasprimento delle norme del codice penale relative alle responsabilità degli amministratori degli istituti di credito che, attraverso comportamenti dolosi o colposi, provocano perdite ai loro clienti. L'antiquato sistema giudiziario italiano non si è dimostrato in grado di punire i colpevoli, la qual cosa creerà altri incentivi ad utilizzare il risparmio dei clienti per concedere prestiti senza una seria valutazione del merito di credito o addirittura inserendoli nei circuiti della malavita, come alcuni recenti casi hanno dimostrato;
   è pertanto fondamentale porre rimedio ai gravi errori perpetrati dal Governo in tema bancario, in particolare negli ultimi due anni: tutta la copiosa produzione normativa sul tema portata avanti dall'Esecutivo guidato da Matteo Renzi, si è rivelata, infatti, ad avviso sottoscrittori del presente atto di indirizzo, assolutamente inutile e dannosa, in particolare per gli effetti catastrofici prodotti sui risparmiatori e per la tenuta dell'intero sistema bancario;
    risale al gennaio 2015 il decreto-legge (decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 3) che ha riformato la governance delle banche popolari, imponendo la trasformazione in società per azioni a quelle con attivo superiore agli otto miliardi di euro. Una riforma strutturale adottata attraverso lo strumento del decreto-legge, in un contesto assolutamente privo dei requisiti di necessità ed urgenza. In quell'occasione, l'atteggiamento dell'Esecutivo risultò a dir poco ambiguo. I movimenti dei mercati nei giorni successivi all'emanazione del decreto, evidenziarono chiaramente come l'intervento di riforma approvato dal Consiglio dei ministri fosse stato preceduto da una serie di attività anomale, con sospette operazioni di compravendita di titoli azionari di numerose banche popolari: gli acquisti si erano concentrati sulle banche di modesta dimensione, come la Banca popolare dell'Etruria e del Lazio, il cui valore delle azioni aumentò addirittura del 62,1 per cento in quattro giorni, a fronte di un andamento delle azioni del comparto bancario che registrava un aumento dell'8,68 per cento. L'ulteriore stranezza riguardava il requisito dimensionale individuato, ossia un attivo di 8 miliardi di euro; è così che sono rientrate nelle norme il Credito Valtellinese, la Banca popolare di Bari e l'ormai famosa Banca popolare dell'Etruria e del Lazio;
   il secondo intervento, messo in campo sempre attraverso l'utilizzo della decretazione d'urgenza, è stato poi il citato decreto-legge 22 novembre 2015, n. 183 (poi confluito all'interno della legge di stabilità 2016), strettamente connesso con le procedure di risoluzione avviate dalla Banca d'Italia nei confronti di alcune banche in amministrazione straordinaria (Cassa di risparmio di Ferrara, Banca delle Marche, Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio, Cassa di risparmio della provincia di Chieti), che ha determinato la costituzione ex lege degli enti-ponte previsti dai provvedimenti di avvio della risoluzione dei suddetti istituti bancari;
   lo scorso febbraio il Governo Renzi ha poi riproposto l'ennesimo intervento in tema bancario, utilizzando ancora una volta lo strumento della decretazione d'urgenza, definendo, attraverso il decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18 (poi convertito dalla legge 3 aprile 2016, n. 49) la riforma delle banche di credito cooperativo;
   per non parlare dei continui interventi contenuti in altri provvedimenti, o di quelli che il Governo ha tentato di forzare all'interno della manovra finanziaria, come nel caso della disposizione introdotta nel testo del disegno di legge di bilancio (in materia di contribuzioni addizionali dovute dal sistema bancario al Fondo di risoluzione nazionale) stralciata dalla Commissione bilancio in quanto misura di carattere ordinamentale, e addirittura ripresentata sotto forma di emendamento del decreto fiscale;
   un modo di legiferare che appare ai firmatari del presente atto di indirizzo illegittimo, oltre che profondamente sbagliato nei contenuti, come è evidente dalle recenti decisioni del giudice amministrativo, in particolare sul decreto «banche popolari»;
   le banche popolari rappresentano una componente fondamentale della cooperazione bancaria italiana, e che, fin dalla loro nascita, hanno svolto e continuano a svolgere un insostituibile ruolo di sostegno alle famiglie e alle imprese, specie le piccole e medie imprese, con evidenti ricadute positive in termini di utilità sociale per il territorio, in un momento particolarmente duro di gravosa congiuntura economica come quello che il Paese ha dovuto affrontare negli ultimi anni;
   con riferimento agli interventi sulle banche popolari, e sulla loro trasformazione in società per azioni, il Consiglio di Stato ha di recente rimesso la questione alla Corte costituzionale, evidenziando, tra l'altro, che la riforma è in evidente contrasto con l'articolo 77 della Costituzione, «in relazione alla evidente carenza dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza legittimanti il ricorso alla decretazione d'urgenza», come tra l'altro rilevato dalla pregiudiziale di costituzionalità presentata al riguardo dal Gruppo Forza Italia alla Camera;
    restano fermi i profili di incostituzionalità citati e già riscontrati, rilevato che in ogni caso la dimensione, anche rilevante, di una società, non risulta affatto incompatibile con la sua natura cooperativa: è infatti di tutta evidenza che in Europa operano banche cooperative presenti sui mercati internazionali e con attivi che superano ampiamente non solo gli 8 miliardi – di cui al decreto-legge n. 3 del 2015, ma i 1.000 miliardi. È il caso in Francia del Crédit Agricole il cui attivo supera i 1.700 miliardi di euro, del Gruppo BPCE con 716 miliardi, del Crédit Mutuel con 500 miliardi; è il caso in Germania della DZ Bank, con 477 miliardi, in Olanda di Rabobank con 674 miliardi. Le prime cinquanta banche cooperative europee presentano tutte un attivo di gran lunga superiore agli 8 miliardi di euro, con una media pari a 154 miliardi;
    la fissazione di una soglia dimensionale di 8 miliardi per il mantenimento dello status di banca popolare cooperativa operata dal decreto-legge n. 3 del 2015 non trova infatti riscontro in alcuna normativa esistente, nazionale o internazionale. L'unico limite riferito alla dimensione nella normativa comunitaria è quello previsto per l'intervento di vigilanza della BCE, laddove si indica il valore di 30 miliardi: si è quindi in presenza di un gap di 22 miliardi, pari al 275 per cento della soglia stessa che contrasta con l'intento dichiarato di adeguarsi agli indirizzi europei ed omogeneizzare il modello societario delle banche assoggettate al meccanismo unico di vigilanza;
    tale soglia potrebbe ostacolare il consolidamento tra le banche popolari infrasoglia che potrebbero essere, da una parte indotte a non percorrere le auspicate ipotesi di razionalizzazione, dall'altra costrette a ridurre le erogazioni creditizie per non superare la soglia e rinunciare all'essere cooperative, impedendo così il raggiungimento di un livello attivo più idoneo per la massima efficienza collegata alla dimensione;
   il 23 dicembre 2016 è stato emanato il decreto-legge n. 237, recante disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio: il provvedimento è volto a consentire al Ministero dell'economia e delle finanze di erogare, con diverse modalità, sostegno pubblico alle banche italiane in esito delle prove di stress effettuate a livello nazionale, dell'Unione europea e del Meccanismo di vigilanza unico (Single Supervisory Mechanism – SSM). In sostanza, si tratta di uno scudo da 20 miliardi di euro per tutti quegli istituti di credito in difficoltà, che sarà utilizzato in particolare per la ricapitalizzazione dell'istituto Monte dei Paschi, per il quale è fallita la «soluzione di mercato» auspicata;
   l'intervento messo in campo oggi arriva tardi e sconta l'opacità e la confusione che hanno caratterizzato le politiche e la legislazione in ambito bancario dell'Esecutivo guidato da Matteo Renzi. Fino ad ora è stata infatti sottovalutata la portata della crisi delle banche italiane e la possibilità che tutto ciò portasse ad un effetto domino capace di colpire l'intero sistema bancario italiano;
   se da una parte, poi, il decreto chiarisce in qualche modo come il Governo intenda risolvere il tema della ricapitalizzazione di Monte dei Paschi senza colpire i piccoli risparmiatori, d'altra parte non dice nulla di come lo Stato, azionista egemone in conseguenza dello schema ideato dal Governo, intenda operare per risanare davvero la banca. Ma la gestione della fase che segue l'immissione di capitale non è il solo grande «nodo» da affrontare: è infatti necessario altresì analizzare e trovare una soluzione per sciogliere le evidenti questioni di equità di trattamento (se non di illegittima disparità) che, a seguito di questo intervento, vengono a crearsi tra istituti, con particolare riferimento a quelli colpiti dalle recenti procedure di risoluzione. Dietro la giusta tutela del risparmio – e dei risparmiatori – non può infatti nascondersi la disparità di trattamento tra istituti in crisi;
    in particolare alla luce di tutte le vicende esposte, è ora più che mai necessario che il Parlamento si faccia carico di una vera e propria indagine in ambito bancario, attraverso l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta, per conoscere e accertare prassi o singole condotte inadeguate, illegittime o illecite innanzitutto nei quattro istituti di credito coinvolti nelle procedure di risoluzione, e, più in generale, nei numerosi istituti in crisi, a partire dal Monte dei Paschi di Siena. In particolare in quest'ultimo caso bisogna fare chiarezza su vicende caratterizzate da inchieste giudiziarie, perdite, operazioni finanziarie spericolate e, soprattutto, da rapporti molto poco trasparenti con il mondo politico: un mix micidiale di fattori che ha determinato una crisi, quella del Monte dei Paschi, che appare oggi in grado di coinvolgere l'intero sistema bancario italiano. Bisogna inoltre verificare che le autorità pubbliche di vigilanza – la Banca d'Italia e la CONSOB – abbiano svolto correttamente e coerentemente la loro funzione di garanzia per i risparmiatori, accertando le responsabilità e gli eventuali reati commessi da amministratori e direttori generali delle banche coinvolte nonché da revisori legali dei conti e società di revisione legale, che hanno certificato bilanci evidentemente in dissesto;
   già il settembre 2015, la regione Toscana aveva istituito, su richiesta delle opposizioni, una commissione di inchiesta per indagare e ricostruire i fatti che hanno portato al dissesto finanziario del Monte dei Paschi e della fondazione MPS. Nel corso del suo lavoro, la commissione ha accertato gravi responsabilità della politica nel gestire le risorse e il patrimonio della fondazione e della banca più antica del mondo, nonché gravi responsabilità degli organismi di controllo;
   anche la regione Marche, con deliberazione dell'assemblea legislativa del febbraio 2016, aveva previsto l'istituzione di una commissione consiliare d'indagine diretta ad esaminare il caso Banca Marche,

  impegna se stessa e i propri organi, ciascuno per le proprie competenze, a deliberare in ordine all'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sullo stato del sistema bancario italiano e sui casi di crisi verificatisi dal 1o gennaio 1999, in connessione con l'inizio dell'operatività in strumenti finanziari denominati in euro, sulla base di quanto già richiesto, attraverso specifiche proposte di inchiesta, da diverse forze politiche.
(1-01452)
(Nuova formulazione) «Brunetta, Laffranco, Alberto Giorgetti, Palmizio, Occhiuto».