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Resoconto dell'Assemblea

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XVII LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 815 di venerdì 16 giugno 2017

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI

La seduta comincia alle 9,30.

PRESIDENTE. La seduta è aperta.

Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente.

ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta di ieri.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.

  (È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Caparini, Capelli, Dellai, Gregorio Fontana, Garofani, Giachetti, Giancarlo Giorgetti, Losacco, Marcon, Pisicchio, Realacci, Rosato, Sanga e Velo sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.

I deputati in missione sono complessivamente novantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).

Modifica nella composizione di gruppi parlamentari.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data 15 giugno 2017, l'onorevole Rocco Palese, già iscritto al gruppo parlamentare Misto, componente Conservatori e Riformisti, ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente.

La presidenza di tale gruppo, con lettera pervenuta in pari data, ha comunicato di aver accolto la richiesta.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,34).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Elementi sull'applicazione della legge 22 giugno 2016, n. 112, per la deistituzionalizzazione e l'inclusione sociale delle persone sole con disabilità - n. 2-01825)

PRESIDENTE. Passiamo alla prima interpellanza urgente all'ordine del giorno Carnevali ed altri n. 2-01825 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Carnevali se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

ELENA CARNEVALI. Grazie, signor Presidente, Governo. Ringrazio della disponibilità oggi per la risposta a questa interpellanza urgente, che riguarda l'attuazione della legge n. 112 del 2016, “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità prive di sostegno familiare”, una legge che viene forse erroneamente chiamata “legge dopo di noi”, perché in realtà questa legge non si preoccupa esclusivamente di garantire un futuro e una qualità della vita per le persone che rimangono prive del sostegno familiare, ma si occupa e si preoccupa di garantire anche quei processi di autonomia e di vita indipendente durante l'esistenza in vita dei genitori.

Questa legge è stata fortemente attesa, molto voluta - devo dire - in particolare dall'associazionismo familiare, con tentativi già nella precedente legislatura, con l'allora onorevole Turco, per riuscire ad arrivare a fare in modo che lo Stato italiano avesse un sistema che si integra con i sistemi esistenti e, quindi, è per noi particolarmente importante, a distanza di un anno, di fatto, perché è stata approvata il 14 luglio del 2016, conoscere qual è l'attuazione di questa legge.

È necessario fare alcune premesse che sono importanti e che sono contenute all'interno dell'interpellanza. Noi abbiamo seguito con molta attenzione il processo dopo la sua approvazione e riconosciamo, da parte del Ministero, una celerità e anche una grande attenzione, perché, nonostante un cosiddetto termine ordinatorio che dava tempi fino al 24 dicembre del 2016 per predisporre tutta la fase di attuazione, devo dire che va riconosciuto che già il 10 novembre del 2016 Stato e regioni avevano approvato il riparto dei fondi dei 90 milioni e che il decreto attuativo fu firmato il 23 novembre del 2016, pubblicato in Gazzetta Ufficiale dopo tre mesi, il 23 febbraio del 2017.

Ovviamente questo è particolarmente importante perché - previa la legge - prevedeva un accordo con l'intesa non solo per quel che riguarda la ridistribuzione dei fondi – ricordo, 90 milioni per il 2016, sono 38 milioni per il 2017 e più di 50 milioni a partire dal 2018 -, ma la cosa importante è che - e forse questa è un'occasione anche per porre elementi di chiarezza - la legge dà (anche perché costituzionalmente questo è il compito) un mandato alle regioni per la fase attuativa.

Quindi, le regioni avrebbero dovuto, entro la data di fine novembre, mandare al Ministero l'esame per le modalità di utilizzo di queste risorse; entro il mese di aprile, scusate; noi sappiamo che questo è stato fatto da febbraio da parte delle regioni. Quindi, fin dal mese di aprile il Ministero del lavoro aveva la possibilità di verificare lo stato e le modalità con le quali le regioni hanno chiesto l'utilizzo di queste risorse.

Ad oggi sappiamo che sedici regioni hanno, di fatto, compiuto la loro attività, che doveva essere anche ricognitiva dal punto di vista quantitativo e qualitativo delle misure attualmente disponibili per le regioni e per le persone con disabilità, soprattutto per quel che riguarda i processi di supporto alla vita autonoma e la possibilità di emancipazione della famiglia.

È importante per noi sapere, ad oggi, qual è lo stato di attuazione di questa legge, quante sono le regioni che hanno terminato questo percorso, come intende il Governo procedere nel caso delle regioni inadempienti.

Ma le dirò di più, sottosegretario. A noi sta particolarmente a cuore una cosa: io credo che, nonostante il grande sforzo che noi abbiamo fatto, anche di divulgazione dei contenuti di questa legge - la Presidenza del Consiglio aveva il compito di promuovere delle campagne informative e quindi ci attendiamo che questo adesso venga realizzato - la cosa per noi molto importante è capire con quali misure le regioni intendono promuovere i contenuti di questa legge, perché, le stavo dicendo che molto probabilmente non è chiaro a molti che non si tratta di erogazioni a pioggia per singola persona - la platea dei beneficiari è stata individuata in circa 27 mila persone con disabilità-, cosa, forse, che dobbiamo sottolineare, perché anche recentemente alcuni organismi di stampa hanno parlato di fallimento della legge n. 112, senza immaginare o forse senza approfondire il fatto che, non trattandosi di erogazioni monetarie di benefici economici a pioggia, si tratta invece di una legge che predispone progetti individuali, ai sensi dell'articolo 14 della legge n. 328.

Peraltro, introduce degli strumenti molto innovativi, come per esempio un budget di cura, è molto in sintonia con le richieste che il mondo associativo ha fatto, soprattutto questo progetto individuale per poter consentire alle persone con disabilità di vivere in piccoli nuclei di convivenza che riproducono le condizioni abitative relazionali della casa familiare - cito testualmente il contenuto della legge - per fare in modo che la persona con disabilità sia il più possibile avvantaggiata a vivere nei propri contesti di vita, dove si hanno le relazioni sociali, ma all'interno della rete dei servizi. Questo è sicuramente un progetto, una misura strutturale che vuole occuparsi del tema della residenzialità adulta delle persone con disabilità, ma ovviamente la residenzialità adulta è un pezzo, un “di cui” della complementarietà della quale le persone con disabilità hanno bisogno. Quindi, bisogna lavorare molto su progetti individuali.

Il nostro obiettivo è quello di coinvolgere soprattutto l'associazionismo familiare, il mondo cooperativo, il mondo del terzo settore, il mondo degli enti locali - molti progetti peraltro sono già stati avviati anticipando la legge - e l'obiettivo di questa legge è stato proprio quello di sostenere una promozione che già - come dire - ha dato buoni frutti in molti territori.

Quello che a noi sta a cuore particolarmente è anche riuscire a capire se, attraverso l'attuazione di questa legge, sia possibile avere una quantificazione, sia in termini quantitativi che qualitativi, delle persone con disabilità e dei loro bisogni. In più, io penso che questo potrebbe essere di buon aiuto per raccogliere tutti gli elementi utili per una conoscenza approfondita del fenomeno e di come ci si può strutturare per favorire e per permettere, con la quantità di misure messe in campo, che si possa immaginare per le persone con disabilità adulta un futuro diverso da quello che tutti gli studi europei ci hanno dimostrato che abbiamo privilegiato, nel nostro Paese soprattutto: la cosiddetta istituzionalizzazione delle persone con disabilità.

Noi abbiamo messo in campo misure diverse che, da un lato, riguardano il sostegno alla vita indipendente attraverso il fondo della non autosufficienza, che - voglio qui ricordare - quando siamo entrati in questa legislatura ammontava a 275 milioni e usciamo da qui con 450 milioni, un investimento importante e doveroso, peraltro, che dovevamo - e questo sostiene anche misure per la vita indipendente. Dall'altro, ovviamente, ci sono le modalità di accreditamenti sul sistema sanitario per sostenere la residenzialità in strutture accreditate con il Servizio sociosanitario: questa si colloca come una terra di mezzo che permette di avere una prospettiva diversa. Noi ci auguriamo e, soprattutto, c'è un momento molto importante, che è quello del 30 di giugno, in cui questa legge prevede una informativa, che peraltro deve essere fatta alle Commissioni competenti, per avere una ricognizione molto puntuale sull'utilizzo di tutte le disponibilità e di tutte le misure che sono contenute nella legge, compresa quella all'articolo 6, che riguarda le misure legate alle disponibilità riguardo alle agevolazioni fiscali e tributarie per i beni e i diritti conferiti in trust o gravati da vincolo di destinazione o destinati a fondi speciali disciplinati col contratto di affidamento fiduciario o l'utilizzo del trust. Una misura aggiuntiva, non esclusiva: quello che noi assicuriamo in questa legge è una sorta di “gamba” di natura privatistica dentro l'asse portante che è quella di natura, invece, pubblica, che consentirà anche a persone che non hanno disponibilità economica di aver garantito un futuro.

Questa vorrebbe essere per noi l'occasione anche per smentire - le stavo dicendo, sottosegretario - ciò che abbiamo letto, devo dire anche molto amaramente, sul fallimento di questa legge a distanza di un anno, quando forse, come mai, con grande attenzione e con puntualità, il Governo ha predisposto tutti gli strumenti attuativi. Adesso, invece, quello che è nostro obbligo è una vigilanza molto forte e molto stretta sull'attuazione da parte delle regioni. Ecco, forse, prima di parlare di fallimento, vorremmo riuscire ed avere la possibilità, non tanto di vedere il bicchiere mezzo pieno, quanto di vedere finalmente una responsabilità condivisa a tutti i livelli istituzionali perché ci sia un pieno sviluppo di una vita dignitosa inclusiva per le persone con disabilità (Applausidei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali, Luigi Bobba, ha facoltà di rispondere.

LUIGI BOBBA, Sottosegretario di Stato per il Lavoro e le politiche sociali. Buongiorno, Presidente. Con riferimento all'atto parlamentare degli onorevoli Carnevali ed altri, inerente l'applicazione della legge n. 112 del 2016, recante: “Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare”, conosciuta come “dopo di noi”, passo ad illustrare la risposta alla stessa.

In attuazione a quanto previsto dall'articolo 3, comma 2, della legge n. 112 del 2016, il Ministero del lavoro, di concerto con il Ministero della salute e il Ministero dell'economia e delle finanze, ha emanato il decreto ministeriale 23 novembre 2016, che fissa i requisiti per l'accesso alle prestazioni a carico del Fondo per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare, stabilendo altresì la ripartizione per l'anno 2016 delle risorse tra le regioni per un importo complessivo pari a 90 milioni di euro. Il predetto decreto è stato registrato dalla Corte dei conti il 13 febbraio e pubblicato in Gazzetta Ufficiale il successivo 23 febbraio.

Ai fini dell'erogazione del finanziamento, le regioni adottano, ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del DM 23 novembre 2016, le linee di indirizzo dei programmi per l'attuazione degli interventi e dei servizi per l'assistenza alle persone con disabilità grave prive di sostegno familiare. Tali indirizzi di programmazione sono comunicati al Ministro del lavoro, che, all'esito di un'attenta e accurata istruttoria, procede all'erogazione delle risorse spettanti a ciascuna regione.

Il Ministero del lavoro ha, pertanto, richiesto alle regioni di predisporre gli atti di programmazione di competenza da far pervenire allo stesso entro la fine dello scorso mese di febbraio, ai fini del prescritto esame. Ad oggi, tutte le regioni hanno provveduto all'invio degli indirizzi programmatici richiesti, fatta eccezione per la Valle d'Aosta. Quest'ultima, più volte sollecitata dal Ministero del lavoro, ha rappresentato che il ritardo nell'elaborazione della programmazione è stato determinato dalla riorganizzazione degli uffici competenti e dal conseguente avvicendamento del personale ivi impiegato.

La predetta regione ha precisato che le procedure finalizzate alla predisposizione del documento in parola sono state, comunque, avviate e sono tuttora in corso di svolgimento. Preciso, inoltre, che le risorse del DM 23 novembre 2016 assegnate alla Valle d'Aosta ammontano a 180 mila euro, pari allo 0,2 per cento di quelle complessivamente stanziate per l'anno 2016, ovvero i 90 milioni. Faccio, inoltre, presente che il Ministro del lavoro ha concluso positivamente le istruttorie relative alla programmazione di sedici regioni, alle quali ha erogato le relative risorse per un importo totale di 86 milioni di euro e 040, pari quindi al 95,6 per cento delle risorse complessivamente stanziate per l'anno 2016.

Nello specifico, in relazione alle cinque tipologie di interventi previsti dall'articolo 5, comma 4, del DM 23 novembre 2016, le regioni hanno destinato: oltre il 27 per cento delle risorse complessivamente erogate ai percorsi di accompagnamento per l'uscita dal nucleo familiare di origine e agli interventi di supporto alla domiciliarità in soluzioni alloggiative con determinate caratteristiche; circa il 14 per cento di tali risorse ai percorsi di accrescimento della consapevolezza e di sviluppo delle competenze per la gestione della vita quotidiana e per il raggiungimento del maggior livello di autonomia possibile; oltre il 27 per cento di interventi per la realizzazione di innovative soluzioni alloggiative e, in via residuale, circa il 4 per cento di interventi per la permanenza temporanea al di fuori del contesto familiare.

Occorre, inoltre, evidenziare che, proprio al fine di accelerare le procedure e di scongiurare soluzioni di continuità, i ministeri interessati hanno elaborato, sulla base dei criteri sperimentali previsti per l'anno 2016, il decreto di riparto per l'anno 2017 delle risorse del Fondo per le persone con disabilità grave prive del sostegno familiare per un importo complessivo di 38,3 milioni di euro. Su tale decreto, attualmente alla firma dei Ministri concertanti, è stata acquisita lo scorso 20 aprile l'intesa della Conferenza unificata. Una volta perfezionato il decreto, il Ministero del lavoro, nell'ambito dell'istruttoria finalizzata al trasferimento delle risorse alle regioni, terrà conto anche della raccomandazione formulata in sede di Conferenza unificata che prevede procedure semplificate per quelle regioni che abbiano presentato indirizzi di programmazione in continuità con quelli già approvati nell'anno precedente.

Con specifico riferimento al terzo quesito formulato dagli interpellanti, faccio presente che i competenti uffici del Ministero del lavoro hanno effettuato un'attenta istruttoria finalizzata all'esame di tutte le programmazioni regionali pervenute, assicurando una approfondita interlocuzione con le regioni al fine di acquisire un quadro esaustivo del fenomeno in esame. Di tale quadro si darà conto nell'ambito della prima relazione annuale alle Camere, per l'elaborazione della quale il Ministro del lavoro ha richiesto al Ministero dell'economia e delle finanze, ai sensi dell'articolo 9, comma 2, della legge n. 112 del 2016, la trasmissione dei dati relativi al monitoraggio delle minori entrate di cui agli articoli 5 e 6 della medesima legge, relativamente ai primi cinque mesi del 2017.

Infine, con riferimento all'ultimo quesito, preciso che l'articolo 7 della legge n. 112 del 2016 pone in capo alla Presidenza del Consiglio dei ministri l'avvio, nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di campagne informative, al fine di consentire un più agevole ricorso agli strumenti di tutela previsti per l'assistenza delle persone con disabilità prive del sostegno familiare, nonché di sensibilizzare l'opinione pubblica sul tema dell'inclusione sociale delle persone con disabilità.

PRESIDENTE. L'onorevole Miotto ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza Carnevali ed altri n. 2-01825, di cui è cofirmataria.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Grazie, Presidente. Manifesto fin da subito l'apprezzamento per la risposta del Governo all'interpellanza, che ha illustrato molto bene, prima di me, la collega Carnevali. Ringrazio il Governo per tutti i chiarimenti che ha qui portato e che, secondo me, fanno giustizia di polemiche infondate che ci sono state, anche in questi mesi, da parte di coloro che hanno mostrato fin dall'inizio qualche scetticismo nei confronti di una legge, che altri, invece, hanno valutato come portatrice di grande innovazione nel campo dell'assistenza.

È indiscutibile che sia una legge innovativa, che cambia i paradigmi usuali. Non è una legge che, con facilità, avrebbe potuto semplicemente elargire un bonus a tutti, aumentare una provvidenza di natura economica, ma è una legge che, per la prima volta nel campo dell'assistenza, introduce il primo livello per giungere ai livelli essenziali delle prestazioni previsti dalla nostra Costituzione, affinché ciò che oggi rappresenta un'eccezione diventi un diritto per tutti. Qual è l'eccezione di oggi? È l'iniziativa delle famiglie e delle associazioni che hanno costruito un percorso per i loro figli con disabilità, prevedendo, un domani, anche il venir meno del sostegno familiare. In questo senso si pensa al “dopo di noi”.

Questa, che è un'esperienza dalla quale il legislatore, questo Parlamento, ha tratto un esempio per far sì che la legge n. 112 diventasse una prospettiva per tutte le famiglie che hanno una persona con disabilità grave, rappresenta il primo risultato positivo che la legge oggi, con questa replica del Governo, può dire di avere colto. Obiettivo raggiunto.

Secondo obiettivo, reclamato da tutte le famiglie: oltre questa prospettiva che è cambiata per le famiglie - ed è già molto -, concretamente, che cosa cambia? Questa è una legge chiaramente che non poteva costruire fin da subito la prospettiva concreta, operativa, dell'uscire di casa per una persona con disabilità: la costruisce e la programma nel tempo, come è giusto che sia. Infatti, attraverso la legislazione regionale - che è indispensabile, perché dobbiamo sempre ricordare che è competenza esclusiva delle regioni - programma, attraverso il progetto di vita di ciascuna persona, il futuro dei bambini che oggi vivono in famiglia e che, all'interno della rete dei servizi - sono già all'interno di un progetto di inclusione -, debbono pensare, un domani, ad uscire dall'ambito familiare. Abbiamo sentito dalla replica del Governo come una parte consistente delle risorse sia stata destinata alla progettazione e alla formazione per prepararsi all'uscita da casa, dalla famiglia di origine.

Mi sembra che sia un fatto rivoluzionario questo, perché fino a ieri, fino a un anno fa, prima della legge, c'era la prospettiva dell'uscita di casa? Sì che c'era, nell'istituto però. Ecco, una legge che concretamente combatte la prospettiva della istituzionalizzazione. Io penso che dobbiamo, da questo punto di vista, appellarci anche a quei pochi, oramai, scettici che rimangono nel nostro Paese e che criticano la legge, affinché aiutino le famiglie e le associazioni, che, magari, sono un po' disarmate rispetto a questa nuova prospettiva.

Vanno aiutate attraverso le associazioni e attraverso l'opera indispensabile delle regioni, che, con i servizi sociali territoriali, possono realizzare questo obiettivo, affinché ci si metta in questa ottica di programmare e progettare una vita fuori dall'ambito familiare sin da quando si manifesta una condizione di grave disabilità. L'ambizione più grande sarebbe questa: come per ciascuno di noi la prospettiva di una vita extrafamiliare c'è fin dall'inizio della vita, deve essere così anche per le persone con disabilità. In questo modo, noi avremo raggiunto l'obiettivo che la Convenzione dell'ONU ci ha consegnato e che è stato, ahimè, disatteso per tanto tempo.

Lo ha ricordato la collega Carnevali: per tanti anni è stato richiesto alle istituzioni di occuparsi di questo ambito importante del settore sociale. Non è stato possibile, ma, grazie alle norme contenute nella legge di stabilità, è stato possibile prevedere l'accantonamento di 90 milioni di euro, innanzitutto e, quindi, finanziare la legge, che, nel frattempo, aveva completato il suo iter nella Commissione affari sociali. Ed è stato così che, nel 2016, la legge è stata approvata e poi finanziata.

Parte, quindi, questo percorso, certamente destinato a non interrompersi con gli stanziamenti già previsti nel triennio. Faccio notare che l'apparente riduzione dello stanziamento per l'anno 2017 è destinata ad essere incrementata grazie alle risorse che saranno certamente risparmiate dall'accantonamento, che è di natura tecnica, che è stato necessario operare per finanziare gli altri interventi legati al trust e alle assicurazioni previsti dalla legge, ma che certamente non saranno utilizzati per quella finalità e, pertanto, saranno recuperati per finanziare gli interventi che le regioni hanno programmato e stanno mettendo in campo attraverso le opportune modalità che sceglieranno nell'attribuzione delle risorse previste dal Fondo nazionale. E così sarà d'ora in poi, ogni anno, prevedendo, quindi, una programmazione pluriennale, quella serie di interventi che sono indispensabili per far sì che l'angoscia delle famiglie, che hanno una persona con disabilità in casa e pensano cosa sarà dopo di noi, se non avremo la possibilità di assistere adeguatamente questo nostro figlio, si sostituisca con una speranza concreta.

Se questa legge ha colto un obiettivo di questa natura, abbiamo tutti il dovere di vigilare perché sia bene applicata, certamente, ma anche di essere orgogliosi - abbiamo il diritto di essere orgogliosi - per avere corrisposto ad un diritto che era reclamato, che è stato disatteso per tanto tempo, ma che è stato riconosciuto finalmente dalla legge n. 112 (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative volte ad evitare l'allocazione di un centro di permanenza per i rimpatri nella caserma Andolfato di Santa Maria Capua Vetere (CE) - n. 2-01809)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Sgambato ed altri n. 2-01809 (Vedi l'allegato A).

Chiedo alla deputata Sgambato se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

CAMILLA SGAMBATO. Grazie, Presidente. Grazie, sottosegretario, l'interpellanza di cui discutiamo oggi riguarda la scelta dell'allocazione di un centro di permanenza per rimpatri nella regione Campania, nella caserma Andolfato di Santa Maria Capua Vetere.

La caserma è collocata nel centro abitato di Santa Maria Capua Vetere, a ridosso di insediamenti residenziali e commerciali insistenti, oltre che nel territorio di Santa Maria Capua Vetere, anche in quello del comune limitrofo di Capua.

Come già segnalato dai funzionari della caserma con certificazione del 24 aprile nel 2017, la caserma è sita a 200 metri dal comune di Capua e nelle dirette vicinanze vivono circa 500 famiglie; la caserma sembrerebbe essere stata scelta per l'allocazione di un centro di permanenza per rimpatri.

Questa scelta, secondo noi, non solo è inopportuna e inadeguata, ma, soprattutto, è contrastante con lo spirito e i principi della legge n. 46 del 2017, di conversione del decreto-legge n. 13 del 2017, recante disposizioni urgenti per l'accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale nonché per il contrasto dell'immigrazione illegale.

In particolare, la scelta di tale sito è in netto contrasto con il dettato dell'articolo 9 del menzionato decreto-legge, il quale, appunto, nel dettare i criteri per la localizzazione del centro di permanenza per rimpatri, precisa che: “La dislocazione dei centri di nuova istituzione avviene, sentito il presidente della regione interessata, privilegiando i siti e le aree esterne ai centri urbani che risultino più facilmente raggiungibili e nei quali siano presenti strutture di proprietà pubblica che possano essere, anche mediante interventi di adeguamento o ristrutturazione, resi idonei allo scopo, tenendo conto della necessità di realizzare strutture di capienza limitata idonee a garantire condizioni di trattenimento che assicurino l'assoluto rispetto della dignità della persona”.

Ecco, ora, noi non riusciamo a comprendere come possa essere scelta, in base a questi criteri, la caserma Andolfato, la quale non solo si trova all'interno del centro abitato, ma non è nemmeno facilmente raggiungibile, in quanto è lontana da aeroporti civili, da centri di imbarco e da stazioni.

La cosa che però ci preoccupa maggiormente è che questa situazione di fatto può incidere sulla concreta fruizione dei diritti umani e dei requisiti di vivibilità e igiene previsti dalla legge. Difatti, questa caserma è stata interessata da un CIE nel 2011; scelta la caserma per questa struttura, immediatamente si determinarono vere e proprie emergenze di ordine pubblico e di violazione dei diritti umani; tant'è vero che, nei primi di giugno, sempre dello stesso anno, del 2011, il procuratore della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere adottò un provvedimento di sequestro probatorio della struttura, in considerazione di accertati i fatti di devastazione che hanno reso oggettivamente inutilizzabile il CIE di Santa Maria Capua Vetere, come ebbe modo di dichiarare pubblicamente il capo della procura di Santa Maria Capua Vetere, in data 8 giugno 2011.

Pertanto, sono noti i disordini che furono determinati dalla difficoltà di contenere gli immigrati all'interno della struttura, le ripetute violazioni dei diritti umani denunciate e l'inidoneità della struttura stessa ad assolvere funzioni connesse all'ospitalità in condizioni accettabili, che fecero chiudere il centro.

Inoltre, la struttura insiste nella stessa area dell'unico carcere militare d'Italia, il carcere, appunto, di Santa Maria Capua Vetere, tant'è vero che, quando fu ospitato il CIE, l'area che ospitò la tendopoli fu recintata; parliamo di tendopoli proprio perché la struttura non possedeva nemmeno i locali per ospitare tutte le persone che erano ospitate nel CIE.

A ciò deve aggiungersi che il piccolo territorio cittadino, che, peraltro, ha aderito anche al progetto SPRAR, non sarebbe in grado di gestire l'impatto di tale struttura, che, peraltro, si trova nelle immediate vicinanze dell'area archeologica dell'antica Capua, che è un sito di interesse nazionale.

Quindi, noi chiediamo al Governo quali iniziative intenda adottare per evitare la temuta allocazione di un centro di permanenza per i rimpatri nel territorio di Santa Maria Capua Vetere, nella caserma Andolfato.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Con l'interpellanza all'ordine del giorno l'onorevole Sgambato, unitamente ad altri deputati, nell'evidenziare una serie di criticità legate all'asserita istituzione di un centro permanente per il rimpatrio presso la caserma Andolfato di Santa Maria Capua Vetere, chiede al Ministro dell'Interno di voler riconsiderare la scelta operata.

Come il Ministro dell'interno e io stesso abbiamo avuto modo di rappresentare in vari interventi nelle Aule parlamentari, fin dal suo insediamento, il Governo, di fronte alla complessità e alla strutturalità del fenomeno migratorio, sta portando avanti una linea piuttosto netta: coniugare le istanze derivanti dal diritto internazionale, dalla normativa comunitaria e dalla Costituzione, che prescrivono, giustappunto, di fornire accoglienza a chi ha titolo alla protezione internazionale umanitaria, con le istanze della comunità nazionale, volte alla sostenibilità del fenomeno migratorio e alla mitigazione del relativo impatto sul tessuto sociale del Paese. La strada intrapresa è quella di investire sulle politiche di integrazione e inclusione, preservando, nel contempo, le legittime aspettative di sicurezza dei cittadini.

In questo ambito, il Governo ha attribuito un'importanza cruciale al rafforzamento delle politiche di rimpatrio e contrasto all'immigrazione irregolare. L'impegno in tale direzione si è concretizzato in una serie di misure amministrative e normative che hanno dato vita, tra l'altro, all'istituzione dei nuovi centri permanenti per il rimpatrio, che venivano dianzi richiamati dalla stessa interrogante, miranti a rendere più efficace l'esecuzione dei provvedimenti di espulsione, con una finalizzazione più immediata al rimpatrio forzato delle persone potenzialmente pericolose per la sicurezza del Paese.

Come è noto, riguardo a tali strutture il decreto-legge n. 13 prevede che la dislocazione avvenga, sentito il presidente della regione o della provincia autonoma interessata, privilegiando i siti e le aree esterne ai centri urbani - anche questo veniva rammentato - che risultino più facilmente raggiungibili e nei quali siano presenti strutture di proprietà pubblica che possano essere rese idonee allo scopo, anche mediante interventi di adeguamento o di ristrutturazione. Questo vale in linea generale.

Quindi, per passare alla trattazione del tema specificamente toccato dall'interpellanza, posso comunicare che, presso il Gabinetto del Ministro dell'Interno, è stato convocato, subito dopo il varo del predetto provvedimento di urgenza, un tavolo tecnico al fine di individuare, d'intesa con le regioni, strutture da destinare, nella massima condivisione istituzionale, a centri permanenti per il rimpatrio sul territorio nazionale, in linea con il dettato normativo appena richiamato.

Il predetto tavolo non ha concluso la ricognizione delle possibili strutture da attivare; pertanto, l'individuazione della caserma Andolfato quale centro permanente per il rimpatrio non trova al momento conferma in decisioni definitive, decisioni che, in ogni caso, verranno assunte d'intesa con la regione Campania.

Va anche considerato che, ai fini dell'ampliamento della rete dei posti disponibili, è opportuno individuare strutture demaniali e, in tal senso, l'eventuale destinazione della caserma Andolfato a centro permanente per i rimpatri è una delle ipotesi allo studio.

PRESIDENTE. L'onorevole Anna Maria Carloni ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta all'interpellanza urgente Sgambato ed altri n. 2-01809, di cui è cofirmataria.

ANNA MARIA CARLONI. Ringrazio il sottosegretario per la risposta puntuale e mi ritengo soddisfatta per quanto abbiamo sentito, ovvero che la scelta di questa allocazione presso la caserma Andolfato è soltanto una delle ipotesi considerate, così come il fatto che si ritiene fondamentale, ai fini della individuazione dei siti destinati ai centri di permanenza, l'intesa con le regioni, così come da decreto, e, dunque, che è materia di questa intesa la scelta del sito campano.

Da questo punto di vista, io, intanto, vorrei ringraziare moltissimo la collega Sgambato, che ha illustrato brillantemente questa interpellanza, ma che, soprattutto, ha preso l'iniziativa di questa interpellanza, così come anche quella di proporre una lettera che abbiamo sottoscritto, noi deputati della Campania, al presidente De Luca e che va in tal senso.

Il tema della caserma Andolfato, nel panorama generale dei siti di allocazione, ha una sua specificità che è giusto che il Ministro dell'Interno consideri proprio relativamente alla sua storia, che è differente da quella di tutti gli altri centri per i quali viene prevista una allocazione.

Chi le parla in questo momento, è stato tra i protagonisti, nella precedente legislatura, al Senato, nel 2011, di una iniziativa molto intensa del Parlamento; personalmente promossi tre interrogazioni, alle quali, a differenza di questo Governo, il Governo di allora evitò con cura di rispondere - invece, in questo caso abbiamo avuto una risposta tempestiva - per la situazione veramente grave che si era creata a seguito del flusso migratorio di giovani tunisini che vennero, appunto, collocati all'interno di questo sito, trasformato nottetempo da centro di accoglienza in CIE, in condizioni di aperta violazione dei diritti umani.

Noi intervenimmo anche con la Commissione diritti umani del Senato in tal senso; furono fatti molti sopralluoghi; si perse molto tempo; passò l'estate in una situazione che non consentiva assolutamente di accogliere tanti giovani in una tendopoli assolata, perché il manufatto non era in grado di accogliere le persone ,perché sono pochi i manufatti interni e si tratta di un grande cortile.

In seguito, abbiamo assistito a fatti molto gravi: incendi, fughe, ferimenti; insomma, la situazione fu drammatica. Come ricordava la collega nella fase di illustrazione, il CIE fu sequestrato a scopo probatorio e poi fu definitivamente chiuso.

Tale struttura, oltre ad essere del tutto inadatta alla luce dei principi del decreto-legge, particolarmente orientati alla garanzia dei diritti umani - aspetto molto apprezzabile - prevedendo i requisiti relativi alla distanza dal centro abitato e, invece, il facile accesso per quanto riguarda il sistema logistico dei trasporti, ha una storia così negativa per tutto il territorio circostante che veramente, anche da un punto di vista simbolico nel rispetto delle comunità locali, dovrebbe indurre a far valutare l'assoluta inopportunità di scegliere tale luogo in un simile contesto, che è un contesto di politiche per le immigrazioni di ben altro segno, caratterizzato dalla volontà di rendere esplicito anzitutto un forte rispetto per i diritti umani.

(Chiarimenti in ordine ai gravi fatti occorsi il 3 giugno 2017, in occasione della proiezione della finale di Champions League in Piazza San Carlo a Torino - n. 2-01824)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Fregolent ed altri n. 2-01824 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Fregolent se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

SILVIA FREGOLENT. Grazie, signor Presidente. Oggi parlare di questi fatti in realtà è ancora più triste, da ieri sera, dalle 21,56, ed è con pudore che il Partito Democratico parla di questi eventi, perché tutto si può fare tranne strumentalizzare le morti. Purtroppo, da ieri non si può più parlare di semplici feriti, di 1.527 feriti, perché è deceduta una dei feriti, Erika, una giovane donna che ha trovato una morte assurda. Era venuta a vedere una festa e si è trovata, invece, in mezzo alla tragedia. Il gruppo del Partito Democratico saluta con profondo rispetto i genitori, che in questi giorni hanno mantenuto un profilo invidiabile, perché io non so se sarei riuscita a essere così forte, in questi giorni, e a loro va il nostro profondo affetto e il nostro pensiero.

Signor sottosegretario, la mia città, da ventitré anni, è diversa rispetto alla città che è stata conosciuta negli anni Cinquanta e Sessanta. Noi siamo partiti dall'essere la città dell'auto, la città della fabbrica. Lo siamo ancora, ma in questi ventitré anni la mia città, proprio perché il mondo cambiava, è cambiata anch'essa: è diventata una città di eventi culturali, di eventi di spettacolo, è diventata una città turistica.

So che lei viene dalla Toscana, dove avete una tradizione con Firenze più antica. Tuttavia, vedere che nella mia città il turismo è diventato un elemento di creazione di ricchezza e di posti di lavoro è una cosa che a noi torinesi fa piacere e soprattutto a coloro che, invece, hanno visto una Torino diversa. In questi ventitré anni, questa città è rinata.

Noi abbiamo, tra i vari eventi, due squadre di calcio, tutte e due importanti. Una di queste, il 3 giugno, ha disputato una finale a Cardiff e, come sempre, perché non è la prima volta che viene fatto, l'evento è stato trasmesso nella nostra piazza.

Noi abbiamo due piazze a cui siamo molto legati: Piazza San Carlo e Piazza Vittorio. Tendenzialmente lì si concentrano gli eventi di festa, come sempre avvenuto: vorrei ricordarlo, perché non è la prima volta che viene fatto. Tuttavia, è accaduto qualcosa di diverso, perché, da quando noi siamo spettatori di questi eventi, non è mai accaduto che ci fossero morti e feriti.

La magistratura sta indagando e non ci vogliamo ovviamente sostituire alle indagini che la magistratura sta facendo, ma dalle prime rilevanze risulta che alcune cose non sono state fatte. In particolare, è abbastanza evidente la presenza di venditori ambulanti di sostanze alcoliche in bottiglie di vetro, quella sera in piazza. È evidente che il maxischermo era stato montato soltanto su un lato della piazza, e non su due, come era avvenuto, ad esempio, soltanto nel 2015, in modo tale che ha creato un imbuto nel momento in cui la folla ha iniziato a scappare.

Ricostruendo i fatti dalle inchieste, che ovviamente in questi giorni i vari quotidiani stanno facendo, si è scoperto, ad esempio, che il comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza, nel quale sono presenti prefetto, questore, sindaco e il comandante della polizia municipale, non si sarebbe riunito; il tavolo tecnico interforze non si è riunito; si è riunita solo la commissione di vigilanza del pubblico spettacolo, dove ci sono i rappresentanti della prefettura, della questura, del comune e dei vigili del fuoco, i medici dell'ASL e il tecnico del genio civile; il tavolo organizzativo Turismo Torino si è riunito solo due volte, coordinato dal capo di gabinetto della sindaca Appendino, Paolo Giordana, con i rappresentanti delle forze dell'ordine; il sopralluogo per verificare se si poteva organizzare l'evento e come organizzarlo è avvenuto il 3 giugno, cioè la mattina dell'evento.

Questo fatto, che a noi sembrava abbastanza improbabile, poiché noi siamo sabaudi e alla precisione ci teniamo, è stato confermato l'altro ieri in un'intervista dal titolare del Caffè San Carlo, che ha ricevuto un avviso di garanzia per inosservanza dei provvedimenti dell'autorità per aver disatteso l'ordinanza del questore di togliere i dehors, ordinanza che gli sarebbe stata comunicata alle 15 del sabato.

Ora io spero che lei venga a Torino e gli offrirò un caffè in quel luogo. Lei vedrà che è composto da cinquanta tavolini; duecentocinquanta sedie e nove ombrelloni ed è abbastanza difficile alle ore 15 del sabato smontare quella struttura per la sera.

Ora, noi non vogliamo fare campagne elettorali sulle tragedie. Non vogliamo, perché noi abbiamo combattuto e combattiamo quotidianamente le decisioni della sindaca Appendino e non abbiamo bisogno di una tragedia per fare attività politica. Questo non è il nostro stile.

Tuttavia, proprio per la premessa che ho fatto, ci teniamo alla nostra città e ci teniamo a dire ai torinesi e ai cittadini tutti che possono continuare a scendere nelle piazze, perché c'è qualcuno che pensa alla loro sicurezza.

Vede, in questi anni - ho parlato del 2015, la scorsa finale -, il mondo è cambiato. Purtroppo, gli attacchi terroristici avvenuti nel resto d'Europa ci hanno fatto trovare più fragili e noi continuiamo a dire ai nostri connazionali di non aver paura - ed è giusto che lo diciamo - ma sono sicuro che essi non hanno paura, se sanno che c'è qualcuno che pensa a loro.

Noi oggi vogliamo sapere da lei se qualcuno abbia pensato alla sicurezza dei cittadini di Torino, che poi non erano soli cittadini di Torino, perché la Juve è una squadra seguita in tutta Italia, la più amata e più odiata in Italia, e, quindi, spesso ci sono persone, come in quell'occasione, che venivano dal resto d'Italia per vedere la partita, perché si sperava - cosa che poi purtroppo non è avvenuta e, essendo anche tifosa, posso dirlo - che si vincesse la coppa e si festeggiasse il famoso triplete, che in realtà non abbiamo potuto avere.

Ma poi non abbiamo potuto festeggiare niente, perché non si festeggiano neanche i trionfi che avevamo raggiunto, con un evento così drammatico, con i feriti e una piazza così devastata. Per questo chiediamo oggi delle risposte. Ringrazio il gruppo del Partito Democratico, che ha deciso di presentare un'interpellanza urgente in questione, e i miei colleghi, che oggi sono qui presenti e che hanno firmato questa interpellanza. Non vogliamo, ripeto, fare sciacallaggio politico, vogliamo solo sapere se i torinesi sono sicuri e se possono tornare nelle piazze a fare festa, come sono stati abituati in questi 23 anni.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Presidente, nella serata di ieri la signora Erika Pioletti è deceduta all'ospedale “San Giovanni Bosco”, a Torino, dove era ricoverata in codice rosso per un gravissimo danno cerebrale provocato da un arresto cardiaco da schiacciamento patito durante il grave episodio di ordine pubblico verificatosi nella serata del 3 giugno scorso in Piazza San Carlo, nel capoluogo torinese. Ho ritenuto di esordire con questa comunicazione, non solo per aggiungere che ovviamente questo produrrà degli affetti sulla inchiesta che in questo momento è in corso presso la procura di Torino, perché verosimilmente produrrà un cambiamento del titolo del reato per il quale si procede, ma soprattutto per manifestare, in perfetta assonanza con quello che già diceva l'onorevole Fregolent, tutto il cordoglio, tutta la solidarietà del Governo ai familiari della vittima dell'episodio, nonché ovviamente per attestare tutto l'impegno che è possibile mettere da parte del Governo per chiarire la dinamica dei fatti, affinché i cari della persona che è deceduta, di questa ragazza, abbiano la possibilità di capire le ragioni per le quali si è arrivati a questo.

Vengo all'interpellanza urgente presentata dall'onorevole Fregolent unitamente ad altri deputati. L'attenzione del Governo è richiamata ovviamente sull'episodio che ho già citato, quello del 3 giugno scorso in Piazza San Carlo, e chiedono al Governo quali siano state le dinamiche che l'hanno causato e se la mancanza di adeguate precauzioni di carattere amministrativo, logistico e di pubblica sicurezza abbiano aggravato il bilancio dei feriti. Nella serata del 3 giugno, in occasione della finale di ChampionsLeague, nel capoluogo torinese sono stati allestiti, a cura dell'ente di promozione turistica Consorzio turismo Torino, due maxischermi per la pubblica proiezione dell'incontro patrocinata dal comune. Il primo maxischermo è stato allestito in Piazza San Carlo, abituale luogo di eventi pubblici di rilievo, il secondo è stato posizionato al Parco Dora, in una zona della periferia a nord della città, dove tutto si è svolto regolarmente alla presenza di circa 2.500 persone. Per la Piazza San Carlo è stato predisposto, secondo uno standard consolidato per questa tipologia di eventi e progressivamente affinato nel tempo, un dispositivo di sicurezza con il concorso anche della polizia locale, richiamato nel corso della riunione di coordinamento interforze tenutosi lo scorso 1° giugno. Nello specifico, la questura di Torino ha richiesto alle competenti articolazioni amministrative del comune, alle aziende erogatrici di servizi interessate e agli organizzatori l'adozione di una serie articolata di misure, e cioè: l'adeguata protezione dei cantieri, la rimozione o la messa in sicurezza dei dehors, panchine e altri arredi mobili, la chiusura delle cassette postali e la rimozione dei contenitori metallici per rifiuti, l'applicazione delle necessarie misure di protezione, al fine di impedire che gli spettatori occupassero aree e luoghi non autorizzati.

A tutela dell'incolumità pubblica, poi, sono state posizionate transenne per convogliare i flussi di accesso agli spettatori verso i punti muniti di metaldetector. Inoltre, in attuazione della circolare del Capo della polizia del 23 maggio scorso, concernente la governance del modello di sicurezza in relazione agli eventi programmati per la stagione estiva e sul territorio nazionale, è stato concordato il collocamento di ostacoli fissi e strutturali a protezione delle persone (betafence e veicoli di servizio adeguatamente posizionati) ed è stata richiesta agli organizzatori la predisposizione di altri servizi per le attività di controllo agli accessi; questo proprio per tener conto di quegli attacchi terroristici di cui la stessa onorevole Fregolent prima faceva cenno nell'illustrazione. Evidenzio poi che la commissione provinciale di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo ha effettuato, nella stessa giornata del 3 giugno, il sopralluogo richiesto dagli organizzatori, esprimendo parere favorevole sull'agibilità tecnica delle strutture allestite per la proiezione.

Essa, inoltre, ha preso atto del piano di emergenza ed evacuazione e del piano di emergenza sanitaria, validato dal 118, stabilendo la capienza massima di 40.000 posti in luogo degli oltre 47.000 previsti dagli organizzatori. Lo stesso organismo collegiale ha impartito molteplici prescrizioni, tra le quali, in particolare, quelle finalizzati a: evitare la vendita abusiva di alimenti e bevande; assicurare un presidio dei Vigili del fuoco, con utilizzo di almeno undici vigili e un automezzo; prevedere la presenza di tecnici in grado di segnalare tempestivamente al pubblico eventuali criticità, attraverso un adeguato impianto di amplificazione; presidiare gli accessi al parcheggio sotterraneo e limitarne l'utilizzo in caso di necessità.

I servizi di ordine e sicurezza pubblica, disposti con ordinanza del questore, sono stati attivati sino alle ore 13 del 3 giugno, al fine di consentire un'ordinata e graduale accesso delle persone con la preventiva bonifica dei luoghi, anche sotterranei, da parte delle unità specializzate antisabotaggio. I servizi hanno previsto l'impiego nel quadrante interessato di Piazza San Carlo di almeno 150 unità di personale complessivamente tra Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di finanza; a queste vanno aggiunte 126 unità della polizia municipale di Torino, di cui 20 per Parco Dora, per i servizi di specifica competenza. È stato allestito in piazza anche un posto medico avanzato con due medici con funzioni di soccorso urgente, per eventuali malori degli spettatori, e di antenna per il sistema sanitario, secondo il piano sanitario validato per l'evento. Alla proiezione in Piazza San Carlo hanno assistito circa 30.000 persone, che sono entrate nella piazza previo controllo ai varchi ad opera delle forze di polizia, finalizzato a scongiurare l'introduzione di oggetti vietati o pericolosi per la pubblica incolumità. Si annota, al riguardo, che il dispositivo è stato rafforzato rispetto a quello già adottato per analoghi eventi organizzati nel medesimo luogo, e d'altro canto che non appare pertinente il riferimento contenuto nell'interpellanza alla presenza di ultrà soggetti a Daspo, provvedimento che non attiene a eventi come quello in esame.

Quanto alla mancata adozione dell'ordinanza sindacale di limitazione delle vendite di bevande in contenitori di vetro, la prefettura ha rappresentato che, a una prima verifica, negli anni recenti non risultano adottate specifiche ordinanze, se non in occasione di eventi straordinari, quali la visita del Santo Padre nel 2015. Peraltro, la proiezione pubblica dell'evento sportivo non era certamente caratterizzata da conflittualità fra gruppi contrapposti, ma piuttosto da una folla omogenea unita dal tifo calcistico prevalentemente giovanile e avvezza a eventi simili. I controlli effettuati hanno consentito di rinvenire alcuni fumogeni e recuperare centinaia di bottiglie di vetro vuote, che sono state fatte depositare nei contenitori predisposti a cura della locale azienda Multiservizi Igiene Ambientale di Torino, e dalla stessa prelevati e smaltiti. Nel quadro dei controlli agli accessi alla piazza, è stata concordata con l'ente gestore del parcheggio pubblico sotterraneo l'inibizione alle scale che adducono alla piazza. Inoltre, è stato effettuato un controllo relativo all'eventuale vendita di bevande in contenitori pericolosi da parte degli esercizi pubblici aperti sulla piazza. La polizia municipale, nella giornata del 3 giugno, ha sanzionato 34 venditori abusivi.

Quanto alla ressa che ha determinato i numerosi feriti, posso rappresentare che, poco dopo le 22, in un lato della piazza ha avuto origine un improvviso e incontrollato movimento della folla, generato da una situazione di panico e indotta da psicosi da attentato terroristico. Le ragioni dell'accaduto sono ancora in corso di accertamento, nonostante l'acquisizione di numerosi filmati e testimonianze a cura della DIGOS, delegata alla procura della Repubblica. Nella circostanza centinaia di persone hanno riportato ferite di varie entità, dovute alla pressione delle persone in fuga, a cadute, al cedimento strutturale della balaustra di una scalinata adducente al sottostante parcheggio pubblico, alla rottura delle vetrate di un dehors, sempre per la pressione, e i numerosi cocci di vetro sul lastricato della piazza. La calca ha causato anche l'immediato e completo danneggiamento dell'impianto di amplificazione predisposto dagli organizzatori, come richiesto dalla commissione di vigilanza e utilizzato nell'intervallo della partita per i necessari avvisi al pubblico. La macchina del soccorso si è messa immediatamente in moto secondo le procedure previste per le maxi emergenze, con l'attivazione di ulteriori posti medici avanzati che hanno affiancato quello già presente sulla piazza. Sono confluite poi, entro un'ora dall'intervento, circa 45 ambulanze, con l'ausilio del Gruppo trasporti torinese e delle associazioni di volontariato, dotati di mezzi polifunzionali utilizzati per il trasporto di pazienti lievemente feriti negli ospedali della cintura metropolitana, nella previsione, confermata dai fatti, che altri si sarebbero presentati direttamente nei nosocomi cittadini.

Dodici sono stati gli ospedali subito allertati che hanno accolto i pazienti. Inoltre, sotto il profilo del soccorso in senso lato, i pochi bambini dispersi sono stati riconsegnati ai genitori nel volgere di brevissimo tempo e sono stati raccolti tutti gli effetti personali dispersi in piazza per la restituzione ai legittimi titolari. Nel contempo è stato attivato un servizio anti-sciacallaggio, che ha portato a due fermi. La situazione di maxi emergenza è stata dichiarata chiusa alle 3,45 circa del 4 giugno, ma già tre ore dopo l'accaduto, cioè intorno alle ore 1,30, le operazioni di medicazione e soccorso erano pressoché terminate con l'assistenza fornita dalle strutture mobili ad oltre 1.200 persone. Informa che sul posto è stato istituito, a cura dei Vigili del fuoco e della Protezione civile comunale, un posto di comando avanzato con la presenza del prefetto, del questore e del comandante provinciale dell'Arma dei carabinieri.

Le persone che hanno fatto ricorso alle cure mediche sono state circa 1.500, in larghissima parte medicalizzate nelle strutture mobili o nei pronto soccorso, e dodici feriti trasportati invece in codice rosso, questi ultimi con lesioni traumatiche da schiacciamento.

Questi i fatti, per i quali risulta pendente presso la procura della Repubblica di Torino, nella fase delle indagini preliminari, un procedimento penale a carico di ignoti per i reati, fino a ora, di lesioni personali, ovviamente da ora in poi verosimilmente con titolo diverso.

All'indomani il prefetto ha convocato una riunione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica con la presenza della sindaca, in cui, oltre a una prima analisi dell'accaduto, si sono approfondite le caratteristiche di alcuni eventi programmati per il mese di giugno e cioè il Salone dell'auto, i concerti di Arianna Grande e di Tiziano Ferro, le manifestazioni del Torino Pride, i festeggiamenti di San Giovanni, patrono di Torino, con particolare riferimento ai fuochi d'artificio sul Po. La manifestazione del Salone dell'auto ha avuto regolare svolgimento dal 7 all'11 giugno con la partecipazione di circa 700 mila persone.

La predisposizione del dispositivo di sicurezza, in relazione agli altri eventi citati, è stata affrontata in due sedute del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica tenutesi l'8 e il 12 giugno scorso, nonché parallelamente nel corso di riunioni tecniche interforze presso la prefettura di Torino. È prevista l'indizione di altre riunioni, con il coinvolgimento anche degli organizzatori, per mettere a punto le misure più idonee in relazione alle caratteristiche dei luoghi, alle pianificazioni e predisposizioni già consolidate, anche alla luce delle più recenti direttive del capo della polizia. Intendo riferirmi, oltre alla già citata circolare del 23 maggio, alla direttiva generale del 7 giugno scorso, contenente indicazioni volte ad affinare ulteriormente il modello di governo e di gestione delle pubbliche manifestazioni, alla luce dell'attuale scenario di allerta derivante dal terrorismo internazionale. La direttiva delinea un modello innovativo di gestione integrata della piazza da adottare anche con il concorso degli operatori di polizia locale, secondo criteri di prevenzione collaborativa. Il modello coniuga, ai fini della individuazione delle migliori strategie operative, le garanzie di safety, intese come dispositivi e misure strutturali a salvaguardia dell'incolumità delle persone, con le garanzie di security, intese come servizi di ordine e sicurezza pubblica; entrambi le garanzie sono da considerare imprescindibili e quindi le manifestazioni potranno aver luogo soltanto dopo che sia stata verificata la sussistenza di entrambi questi requisiti. Grazie, Presidente.

PRESIDENTE. L'onorevole Fregolent ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

SILVIA FREGOLENT. Grazie, sottosegretario. Io apprezzo che lei sia venuto qui oggi a risponderci. Mi permetta di fare alcune considerazioni di dissenso rispetto a quello che lei ci è venuto a dire.

In primo luogo, con tutto il rispetto per il Parco Dora, è in piazza San Carlo che si vedono le partite e nel 2015 i due maxi schermi erano nella piazza. Questo fa la differenza tra come è stato organizzato questa volta l'evento e come fu organizzato nel 2015, perché, se lo si mette soltanto in un punto della piazza, è ovvio che si crea l'imbuto, se si mettono due maxischermi si ha la possibilità di accedere e fluire nella piazza da due punti. Questa è la prima cosa che mi viene da dire, quando si dice che anche questa volta abbiamo due maxi schermi. Anche il numero di persone che sono andate da una parte all'altra dimostra che, per tutti, la piazza centrale è quella che si viene a vedere, i turisti che sono venuti per vedere la partita sono venuti in piazza San Carlo, perché storicamente si va lì.

Lei ha dato delle date che a me fanno abbastanza tremare i polsi, perché lei ci ha detto che un incontro tecnico è stato fatto il 1° giugno. Poi, quando lei ha concluso, ha raccontato che già dal giorno dopo la tragedia il Comitato per l'ordine e la sicurezza, che non è stato realizzato per questo evento, ha già previsto la pianificazione degli eventi futuri. Ecco, sicuramente dagli errori si impara, però, vede, sta lì il punto nevralgico: è stata sottovalutata l'organizzazione dell'evento. Io capisco che, in fondo, era solo una partita di calcio e quindi uno non immagina che possa succedere questo, ma siamo in un mondo dove, se si va al supermercato, si rischia di avere un pazzo che decide di farsi esplodere, quindi noi dobbiamo essere previdenti e francamente dal 1° di giugno al 3 non c'è abbastanza tempo per organizzare nel dettaglio gli eventi.

Lei dice giustamente che c'è stato un divieto di introdurre bevande alcoliche in bottiglie di vetro. Allora mi verrebbe da chiedere, queste bottiglie da dove sono arrivate, posto che c'è stato un controllo degli zainetti e sono state tolte dai soggetti che ne erano probabilmente in possesso. Se ai bar è stato fatto divieto di vendere sostanze alcoliche in bottiglie di vetro, queste bottiglie da qualche parte devono essere arrivate. Possiamo dire, dalle testimonianze che sono state individuate, che sono state fatte da venditori ambulanti e quindi, ancora una volta, la sicurezza ha avuto delle falle, perché queste persone si sono introdotte nel quadrato dove c'erano le persone e qualcuno li ha fatti entrare, a meno che non siano spuntati come i funghi da chissà dove. Quindi, se tutto ha funzionato, come lei ci è venuto a dire, queste persone come sono potute entrare?

L'altra cosa che mi fa veramente specie, soprattutto per il periodo in cui stiamo vivendo, è che il parcheggio di piazza San Carlo fosse inibito alle persone, ma non alle vetture. Come lei sa l'ingresso delle vetture è molto lontano rispetto alla piazza, quindi, mi viene da dire, il piano antiterrorismo ha funzionato perché non c'è stato un attacco terroristico, per fortuna, perché altrimenti ben altre sarebbero state le conseguenze.

La nostra è una città abituata a vivere periodi bui; noi abbiamo vissuto, come tutta l'Italia, ma Torino ne è stata pesantemente colpita, gli anni del terrorismo e non è una città che si lascia impressionare facilmente e ha anche un senso delle istituzioni molto profondo. Il Partito Democratico, a differenza di altre forze politiche, non ha chiesto le dimissioni della sindaca, perché - ripeto - non si fa sciacallaggio politico; tra noi e la sindaca ci divide tutto noi, ma noi pretendiamo solamente delle risposte. Queste risposte oggi non sono venute.

Io capisco che ci sono delle indagini che devono essere ancora affrontate, però, vede, il giorno dopo sindaco, prefetto e questore hanno rilasciato, secondo me, improvvide dichiarazione alla stampa. Posso sempre capire, c'era l'ansia, c'era il dispiacere che una serata fosse andata male, quindi posso anche mettermi nell'animo umano delle persone che si sentivano sotto accusa, però sono state dette frasi inappropriate. La sindaca ha dato colpa a Torino Turismo, l'organizzatore dell'evento, come se non fosse lei la responsabile politica di fare determinate ordinanze. Nel 2015 l'ordinanza antivetro c'era e questo è un evento straordinario, 30 mila persone in una piazza non è l'ordinarietà. Tra l'altro, anche sui fumogeni, se lei vede le fotografie 2015-2017 come sono state giustamente affrontate dalla stampa, i fumogeni in mezzo alla piazza ci sono ed è vero che non è il luogo dove gli ultras che sono sottoposti a DASPO possono essere impediti di andare, dopodiché un controllo sugli ultras forse doveva essere fatto in maniera più approfondita, perché comunque era un luogo pubblico dove tanta gente si concentrava e ci mancava ancora che gli ultras creassero dei problemi.

Però, detto questo, la Sindaca ha dato colpa all'organizzatore dell'evento, il prefetto ha detto che il piano antiterrorismo aveva funzionato e il questore che l'ordinanza sulle bottiglie era incostituzionale.

Ora, noi abbiamo bisogno di organi dello Stato che siano efficienti, soprattutto laddove abbiamo amministratori giovani, di prima esperienza, che probabilmente non riescono ad arrivare profondamente nella conoscenza di come si amministra una macchina amministrativa. E queste frasi urtano la sensibilità e il buonsenso di noi cittadini, prima ancora di noi rappresentanti della politica. Perché io posso dire a una persona di andare tranquillamente in piazza, se sa che io, Stato, ho pensato, io, alla sua sicurezza.

Guardi, le faccio un esempio: nel 2015, alla finale di Coppa dei campioni a Berlino, si poteva entrare con lo zaino; nel 2017, a Cardiff, gli zaini sono stati lasciati negli autobus, perché le persone dovevano andare senza orpelli. Ciò perché dal 2015 al 2017 è cambiato il mondo: una settimana prima, a Manchester c'era stato un attentato a un concerto di Ariana Grande, con un attentatore che si era fatto esplodere con materiale esplosivo sullo zaino. Questo non vuol dire che le persone non devono più andare agli eventi, solo qualche giorno fa, a Imola e a Bari, ci sono stati due grandissimi concerti, con 40 mila e 90 mila persone e, vivaddio, gli italiani sono più saggi di quanto li descriviamo, ma sono andati lì perché c'erano delle misure di sicurezza straordinarie, che qua non sono avvenute.

Allora, noi del Partito Democratico continueremo a fare questa domanda: chi ha sbagliato? Ma non perché deve essere fucilato in pubblica piazza, come sarebbe avvenuto se fosse stato un rappresentante del PD ad aver sbagliato, perché noi il senso delle istituzioni lo manteniamo sempre, quando governiamo e quando siamo all'opposizione, ma perché lo dobbiamo alle persone che sono state lì, alle persone che volevano festeggiare e già si sono viste la squadra perdere e poi si sono viste travolgere da un'onda umana, senza che qualcuno abbia chiesto scusa. Abbiamo sbagliato: questo è il senso delle istituzioni che noi vogliamo da lei e dall'Amministrazione, che in questo momento, anche se non abbiamo votato, ci rappresenta. Allora le faremo di nuovo questa domanda, sottosegretario.

Io, tra l'altro, le voglio molto bene e, quindi, mi spiace dover essere dura con lei vicino, perché ci unisce un'affettuosa amicizia, ma, mi spiace, io oggi voglio sapere chi ha sbagliato e io da questa sua ricostruzione non l'ho capito. Ho capito che qualcosa non è andato, perché, se fosse successo tutto quello che c'è scritto, non sarebbe avvenuto questo. I soccorsi erano pochi e messi in un punto sbagliato della piazza, ma questo è avvenuto perché, di nuovo, è stato fatto un sopralluogo la mattina. La mattina dell'evento! Come si può organizzare la mattina dell'evento - 47 mila persone, che poi sono diventate 40 mila e per fortuna erano 30 mila? Per cui noi da questi banchi continueremo a chiedere una cosa al Governo e all'Amministrazione: chi ha sbagliato, paghi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Intendimenti in ordine agli sviluppi della vertenza che interessa la General Electric di Sesto San Giovanni (Milano) - n. 2-01793)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Cimbro ed altri n. 2-01793 (Vedi l'allegato A). Chiedo all'onorevole Cimbro se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica. È già pronta, prego.

ELEONORA CIMBRO. Sì, grazie Presidente. Nel 2014 l'azienda francese Alstom Power annunciò la cessione dello stabilimento di Sesto San Giovanni all'americana General Electric. L'operazione venne autorizzata dall'Antitrust europea nell'agosto 2015 e nel novembre successivo avvenne la cessione per un ammontare di 8,5 miliardi di euro. Due mesi dopo, però, la General Electric annunciò un piano di ristrutturazione che prevedeva 6.500 esuberi in tutta Europa, di cui 236 a Sesto San Giovanni. Prima che avvenisse l'acquisto da parte della General Electric, gli operai rimasti erano 350; di questi, 85 se ne andarono, gli altri invece decisero di resistere occupando lo stabilimento a partire dal 27 settembre 2016. La direzione di General Electric decise di chiudere lo stabilimento adducendo motivi di ristrutturazione aziendale, nonostante il bilancio fosse in attivo, trasferendo la produzione in Polonia, con una perdita dal punto di vista della qualità del prodotto e un contemporaneo risparmio sul monte salari.

Esito negativo ha avuto l'incontro svoltosi il 13 aprile 2017 presso il Ministero dello sviluppo economico per decidere le sorti dello stabilimento di Sesto, messo appunto in discussione dalla nuova proprietà americana. L'azienda ha confermato di voler avviare i licenziamenti collettivi. Il giorno successivo, 14 aprile, al Ministero, durante un incontro tra i rappresentanti della General Electric, il sindaco di Sesto, Monica Chittò, insieme all'assessore Virginia Montrasio, e Fulvio Matone in rappresentanza della regione Lombardia, incontro presieduto dal responsabile della unità di gestione delle vertenze del Ministero dello sviluppo economico, Giampietro Castano, rappresentanti dell'azienda hanno aggiornato le parti istituzionali e sindacali in merito al processo di individuazione di un soggetto in grado di reindustrializzare il sito collocato, appunto, a Sesto San Giovanni.

In quell'occasione, General Electric ha confermato di avere in atto una trattativa per cedere lo stabilimento ad un operatore internazionale del settore, comunicando la volontà di aprire una procedura di licenziamento collettivo. Il tavolo è stato, quindi, aggiornato al 21 aprile, quando la stessa multinazionale ha comunicato, invece, di non voler avviare la procedura di licenziamento collettivo, confermando la prosecuzione dell'interlocuzione con il possibile soggetto industriale interessato allo stabilimento di Sesto. Le istituzioni hanno accolto favorevolmente la decisione dell'azienda, ribadendo la necessità di mantenere a Sesto la produzione industriale, poiché condizione necessaria per la prosecuzione del confronto fra le parti.

   Il 22 aprile la General Electric ha inviato alle lavoratrici e ai lavoratori di Sesto una intimazione a chiudere il presidio permanente e a lasciare i locali della fabbrica, prospettando anche azioni legali. Tutto questo, mentre è in corso presso il Ministero dello sviluppo economico un tavolo di trattativa che vede coinvolte le istituzioni, assieme all'amministrazione comunale di Sesto San Giovanni. Queste lettere arrivano a distanza di due settimane dall'incontro al Ministero dello sviluppo economico, durante il quale la Viceministro Bellanova e le parti avevano concordato un percorso ben preciso, con l'impegno da parte di General Electric di coinvolgere un advisor per identificare un investitore per l'aerea di Sesto.

Tutto ciò, dunque, appare agli interpellanti come una provocazione rispetto all'impegno delle istituzioni, che da un anno e mezzo stanno lavorando assieme alle organizzazioni sindacali per trovare una positiva soluzione per far ripartire la produzione nello stabilimento collocato, appunto, a Sesto San Giovanni.

   A fronte di quanto premesso, si chiede se il Governo sia a conoscenza della situazione esposta in premessa e se non intenda convocare un nuovo tavolo di confronto con la proprietà e le rappresentanze sindacali, affinché il percorso avviato possa proseguire, un percorso in relazione al quale gli interpellanti esprimono solidarietà e vicinanza alla lotta dei lavoratori della General Electric, nonché pieno appoggio all'amministrazione comunale, che da subito si è impegnata per una positiva soluzione della vertenza, al fine di far rimanere prioritari la tutela dei diritti dei lavoratori che operano in questo settore, nonché il rilancio delle aziende sul territorio nazionale.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Con riferimento all'interpellanza in discussione, appena esposta dall'onorevole Cimbro, rappresento quanto segue. La vicenda riguardante la cessione dello stabilimento di Sesto San Giovanni da parte dell'azienda Alstom Power alla General Electric è stata oggetto di ripetuti confronti presso il Ministero dello sviluppo economico. I tavoli istituzionali si sono tenuti su richiesta delle parti al fine di trovare un percorso risolutivo condiviso, con l'obiettivo di mantenere in attività il nominato sito garantendone l'occupazione.

Come evidenziato dagli onorevoli interpellanti, l'incontro, tenutosi il 5 aprile ultimo scorso, si è concluso con l'impegno da parte della General Electric e della proprietà dell'immobile a individuare un advisor che dovrà fare da scouting imprenditoriale per la reindustrializzazione del sito di Sesto. Il 21 aprile scorso, durante l'ultimo incontro presso il Ministero, l'azienda General Electric ha comunicato l'intenzione di non avviare la procedura di licenziamento collettivo nei confronti dei lavoratori coinvolti. Le istituzioni hanno positivamente accolto tale decisione ed hanno ribadito la necessità di mantenere a Sesto San Giovanni la produzione industriale, condizione necessaria per la prosecuzione del confronto tra le parti.

A questo proposito, l'azienda ha confermato di proseguire l'interlocuzione con il possibile soggetto industriale interessato, nonché le necessarie verifiche sul percorso da affrontare. Nel frattempo, si sta concordando tra le parti l'aggiornamento del tavolo di confronto da tenersi presso il MISE, al fine di procedere ad una valutazione congiunta degli esiti di tali verifiche.

PRESIDENTE. L'onorevole Cimbro ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

ELEONORA CIMBRO. Grazie, Presidente. Ringrazio il sottosegretario, in realtà mi sarei aspettata la presenza della Viceministra Bellanova, comunque ringrazio il sottosegretario per l'interno per aver relazionato rispetto a questa importante azienda che è, appunto, sita a nord di Milano. Credo che sia importante da parte delle istituzioni tutte continuare a mantenere alta l'attenzione rispetto a quanto sta avvenendo, perché noi crediamo e riteniamo che aziende di questo calibro, importanti anche per la tutela dei lavoratori che vi operano, debba essere sostenuta da tutti i livelli istituzionali. Quindi, un impegno e un grazie ancora alla sindaca di Sesto, Monica Chittò, che sta monitorando questa situazione ormai da diversi anni; un ringraziamento anche al Ministero dello sviluppo economico che ha sicuramente dimostrato grande apertura rispetto ai tavoli istituzionali che fino ad oggi sono stati fatti, però noi chiediamo che davvero si giunga il prima possibile a una risoluzione, perché ormai, dal 2014 ad oggi, sono passati tanti anni e noi abbiamo bisogno di avere delle certezze rispetto al futuro di questa azienda. Per cui, buon lavoro a tutti.

(Iniziative per introdurre la prescrizione dell'attività fisica nei percorsi sanitari di prevenzione, cura e riabilitazione - n. 2-01835)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Simone Valente ed altri n. 2-01835 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Simone Valente se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

SIMONE VALENTE. Grazie, Presidente. La ricerca scientifica negli ultimi anni ha dimostrato come la pratica di esercizio fisico costituisca un fattore decisivo per il mantenimento di un buono stato di salute e per la prevenzione di numerose malattie croniche, con particolare riferimento alle patologie cardiovascolari.

Secondo le linee guida elaborate dall'OMS, l'inattività fisica è divenuta tra i principali fattori di rischio per la salute. Nella regione europea l'inattività è ritenuta responsabile, ogni anno, di un milione di decessi.

Alla luce di tali considerazioni, si è consolidata negli anni l'idea di introdurre la possibilità per il personale sanitario di prescrivere ai pazienti l'esercizio fisico come farmaco e di affidare alla figura professionale del laureato in scienze motorie la sua somministrazione in luoghi adeguati e sicuri.

A livello nazionale emerge che alcune regioni hanno già avviato dei percorsi di sensibilizzazione diretti ad educare i cittadini a svolgere esercizio fisico per evitare l'insorgenza di malattie croniche, ma solo poche regioni hanno avviato una sperimentazione effettiva che preveda l'attività fisica come farmaco.

Un caso emblematico che vorrei portare è quello dell'USL 1 dell'Umbria, in cui i pazienti obesi e diabetici sono stati inclusi in un percorso di cura che prevede anche un'attività fisica strutturata di gruppo. Tale modello è risultato così positivo da essere inserito tra le migliori pratiche europee riconosciute per la prevenzione e la cura del diabete.

Nonostante i positivi esempi che ho citato, rimane il fatto che l'introduzione dell'esercizio fisico nella pratica clinica, nonché l'individuazione dei ruoli e delle professionalità chiave come attori principali della prescrizione e somministrazione, richiedono la strutturazione di concrete modalità organizzative all'interno delle quali possano avvenire sia la prescrizione di attività fisica adattata alle caratteristiche dell'individuo sia la sua somministrazione.

Gli obiettivi, quindi, sarebbero duplici: selezionando i progetti e integrandoli fra di loro si potrebbe dar vita ad un piano generale di insieme che individui una disciplina comune; individuando progetti sperimentali efficaci, potrebbero realizzarsi programmi regionali sostenibili sul piano organizzativo ed economico.

Io chiedo se si ritenga indispensabile realizzare e mettere a regime un modello organizzativo su base nazionale per la prescrizione dell'attività fisica a persone con fattori di rischio o affette da patologie, coinvolgendo i medici dello sport, gli specialisti di riferimento e i laureati in scienze motorie; inoltre, se si intenda avviare a livello nazionale un'implementazione di strutture o palestre della salute che siano adeguatamente funzionali alla somministrazione di attività fisica.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Con l'interpellanza in questione, come è stato illustrato dall'onorevole Simone Valente oltre che dai colleghi che l'hanno sottoscritta, si chiede di conoscere quali siano le attività che il Ministero della salute sta ponendo in essere con riferimento alla cosiddetta attività fisica adattata. In via preliminare, vorrei precisare che l'attività fisica adattata non è inclusa attualmente tra le prestazioni sanitarie previste nei livelli essenziali di assistenza: essa, pertanto, non può essere erogata con oneri a carico del Servizio sanitario nazionale, inclusi gli oneri per la remunerazione degli operatori, se non nell'ambito di piani regionali di prevenzione finanziati a valere sugli obiettivi di piano sanitario nazionale, ovvero come i livelli ulteriori regionali.

In ogni caso, desidero rassicurare gli onorevoli interpellanti che il Ministero della salute segue con particolare attenzione la tematica dell'esercizio fisico a tutte le età, in quanto l'inattività fisica è uno dei principali fattori comportamentali di rischio delle malattie croniche non trasmissibili. È noto, infatti, che la mancanza di attività fisica contribuisce ad aumentare i livelli di obesità infantile e adulta; l'attività fisica regolare, al contrario, riduce il rischio di malattie cardiovascolari, diabete, cancro al seno e al colon.

È parimenti noto che l'attività fisica promuove uno sviluppo armonico e favorisce la socializzazione dei bambini, mentre per gli anziani i benefici riguardano l'autonomia funzionale, la diminuzione del rischio di cadute e di fratture, la protezione dalle malattie correlate all'invecchiamento. Una regolare attività fisica protegge, inoltre, gli anziani da numerose malattie e migliora la qualità della vita, ma è correlata direttamente alle condizioni complessive di salute: pertanto, può essere notevolmente limitata o assente nelle persone molto avanti con l'età oppure con difficoltà nei movimenti.

La quantità di attività fisica raccomandabile varia, quindi, a seconda delle condizioni generali di salute e dell'età. In Italia, secondo i dati del 2016 del progetto “OKkio alla salute”, promosso e finanziato dal Ministero della salute e attivo dal 2007, rivolto ai bambini della terza classe della scuola primaria, con età otto-nove anni, il 21,3 per cento dei bambini è risultato in sovrappeso e il 9,3 per cento in condizione di obesità ed i valori dell'inattività fisica e dei comportamenti sedentari permangono elevati.

Peraltro, i dati italiani per il 2014 in uno studio internazionale dei comportamenti collegati alla salute dei ragazzi in età scolare, condotto su un campione di studenti di 11, 13 e 15 anni, rispetto alla rilevazione 2010, mostrano che l'attività fisica è in aumento in tutte le fasce d'età.

Il sistema di sorveglianza “Passi”, anch'esso attivo dal 2007, dimostra - sono dati del 2015 - che solo il 31,3 per cento degli intervistati di 18-69 anni può essere classificato come attivo, mentre il 34 per cento risulta parzialmente attivo e ben il 34,8 per cento può essere classificato come sedentario. La proporzione di adulti sedentari aumenta con l'età ed è maggiore fra le donne, fra i più svantaggiati economicamente e fra i meno istruiti.

Il sistema di sorveglianza sulla popolazione ultrasessantaquattrenne, denominato “Passi d'argento”, ha adottato un metodo di valutazione dell'attività fisica che tiene conto delle diverse esigenze della popolazione anziana, prendendo in considerazione le attività sportive, quelle ricreative - ginnastica e ballo -, i lavori di casa pesanti e il giardinaggio, evidenziando livelli di attività fisica anche molto differenti fra gli ultrasessantanquattrenni delle diverse regioni.

Aumentare la partecipazione dell'intera popolazione all'attività fisica è, dunque, una delle principali priorità per la salute. Le politiche e le azioni che favoriscono lo svolgimento dell'attività fisica sono senza dubbio un forte investimento per la prevenzione delle malattie croniche e il miglioramento della salute e della qualità della vita e per gli effetti positivi sullo sviluppo economico, anche in termini di sostenibilità.

In Italia, attraverso documenti programmatici e piani nazionali, sono state rafforzate le azioni volte alla promozione di stili di vita sani e attivi attraverso un approccio intersettoriale e trasversale per favorirne l'adozione. La promozione dell'attività fisica è, infatti, una delle aree del programma del Ministero della salute “Guadagnare salute. Rendere facili le scelte salutari” attivato nel 2007.

Esso intende contrastare i principali fattori di rischio - che, poi, sono fumo, consumo dannoso di alcol, alimentazione non corretta e mancanza di attività fisica, giustappunto - ai fini della prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili.

Il programma coinvolge ministeri, regioni, servizi sanitari, diversi settori del privato, della società civile e delle associazioni dei consumatori; inoltre, sono stati avviati dei progetti regionali, finanziati dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie, per la valutazione della sostenibilità organizzativa ed economica dei percorsi assistenziali di prescrizione e somministrazione controllata dell'attività fisica, i cosiddetti AF, in previsione di una loro applicazione su larga scala e di un loro inserimento nei livelli essenziali di assistenza. Uno di questi progetti è stato attuato, ad esempio, in Emilia Romagna, facendo coesistere due percorsi di attività fisica (AF), appunto, che, pur inseriti in un unico modello organizzativo, presentano caratteristiche specifiche: attività fisica adattata (AFA) e un esercizio fisico adattato, (EFA).

Per AFA si intendono programmi di esercizio non sanitari, svolti in gruppi appositamente predisposti per soggetti con malattie croniche, indirizzati al mantenimento delle abilità motorie residue e finalizzati alla modificazione dello stile di vita. L'AFA viene prescritta dal medico, da medici specialistici o medici di medicina generale e richiede periodiche valutazioni sanitarie. La somministrazione, due volte alla settimana, avviene in ambiente non sanitario e in gruppi selezionati per patologia.

Per EFA, invece, si intendono esercizi fisici svolti su prescrizione medica di medici dello sport, cardiologi, diabetologi, quanto a modo, intensità, frequenza e durata delle sedute effettuate, in modo individualizzato sulla base di una valutazione preliminare delle condizioni di salute della persona interessata.

Il progetto in esame ha mirato a rendere compatibili due esigenze apparentemente contrapposte: da un lato, evitare una inutile medicalizzazione di persone con problemi non suscettibili di trattamenti sanitari appropriati, principalmente, disabilità stabilizzata da eventi patologici; dall'altro, prevedere fra le prestazioni offerte l'esercizio fisico prescritto, somministrato per persone affette da malattie che possono trarre giovamento da un corretto percorso di AF, ad esempio, malattie cardiovascolari e dismetaboliche.

I risultati ottenuti, sebbene incoraggianti, necessitano, certamente, di ulteriori valutazioni di sostenibilità sul piano organizzativo ed economico e sull'appropriatezza del percorso operativo.

Il Piano nazionale della prevenzione 2014-2018, basato sul principio dell'equità nella salute, impegna tutte le regioni italiane a promuovere il potenziamento dei fattori di protezione e l'adozione di comportamenti sani, alimentazione, attività fisica, fumo e alcol, nella popolazione giovanile e adulta, nonché ad aumentare del 30 per cento la prevalenza di soggetti adulti fisicamente attivi e del 15 per cento la proporzione degli ultrasessantaquattrenni fisicamente attivi, entro il 2018.

In particolare, nell'ambito del macro obiettivo 1, ridurre il carico prevedibile ed evitare morbosità, mortalità e disabilità delle malattie croniche non trasmissibili, l'obiettivo centrale per le regioni è quello di sviluppare programmi per promuovere e diffondere la pratica dell'esercizio fisico, anche attraverso la sua prescrizione nelle persone con patologie croniche, mediante l'adozione di indirizzi regionali sulla promozione dell'esercizio fisico nei soggetti con patologie croniche e la loro attuazione entro il 2018. Infatti, la promozione dell'attività fisica e della sana alimentazione necessita di approcci integrati, che devono riguardare anche le politiche educative, economiche e industriali, intervenendo lungo tutto il corso della vita, per garantire una maggiore aspettativa di buona salute e un bonus in termini di longevità, fattori, questi, che possono produrre benefici importanti, anche a livello economico e sociale.

In conclusione, desidero, dunque, dare assicurazione circa la costante attenzione dedicata dal Ministero della salute al tema sollevato dagli onorevoli interroganti, un tema che riceverà di certo un ulteriore impulso nell'ambito delle iniziative già avviate, di cui si è detto, cioè, in particolare, il citato programma nazionale “Guadagnare Salute” e il vigente Piano nazionale della prevenzione.

PRESIDENTE. L'onorevole Simone Valente ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

SIMONE VALENTE. Grazie, Presidente. Io - devo dire la verità - non sono assolutamente soddisfatto, se non altro perché non si è data risposta ai quesiti, puntuali, peraltro, che ho posto.

Ho portato l'esempio del progetto che è stato avviato, ormai da anni, dalla USL 1 dell'Umbria, in accordo con un'associazione, che rientra, appunto, come anche ha citato, nel progetto “Guadagnare Salute”. Ecco, questo progetto, che è sovrapponibile a tantissimi altri in Italia, ormai, da anni, ha portato dei risultati importanti, dei risultati che sono sotto gli occhi di tutti e riguardano pazienti che hanno problemi cardiovascolari, che hanno già fatto il loro percorso di cura intensiva e che si stanno curando attraverso l'attività fisica. Quindi, l'attività fisica, in questo caso, è usata come farmaco e la dimostrazione dei miglioramenti è data dal fatto che questi soggetti, obesi, in sovrappeso, diabetici, ipertesi, a lungo andare, quindi, sul lungo periodo, hanno ridotto drasticamente l'utilizzo dei farmaci, anzi, alcuni soggetti sono riusciti, addirittura, a non utilizzare più i farmaci.

Questo, cosa dimostra? Questo dimostra che progetti di questo tipo andrebbero inseriti, a pieno titolo, nel sistema sanitario nazionale, perché gli effetti sono, innanzitutto, dei benefici per il soggetto, perché ne guadagna, ovviamente, in salute e, quindi, non parliamo solo di prevenzione, ma parliamo proprio di benessere psicofisico; ma ne guadagna tutto il sistema sanitario nazionale in termini economici e di spesa sanitaria. Questa è la visione che dovrebbe avere uno Stato, a lungo termine, perché, se guardiamo a 10, 15, 20 o 30 anni, allora, ecco, che i risparmi, in termini sanitari, sarebbero assolutamente tangibili.

Questo è un progetto che andrebbe implementato, anche normando, a mio modo di vedere, la prescrizione medica di attività fisica e questo è un punto fondamentale e in questo anche la sensibilizzazione dei medici a questo tipo di attività andrebbe fatta dal Ministero. Parlo dei medici, ma questo progetto riguarda, ovviamente, tutti i soggetti interessati specializzati, fisioterapisti, psicologi, nutrizionisti, laureati in scienze motorie, perché, ovviamente, deve esserci un approccio globale sull'individuo; approccio che, alcuni esempi che ho portato oggi dimostrano che si può fare; si può collaborare, senza entrare in contrasto anche tra categorie; quindi, ognuno nel suo ambito può svolgere il proprio lavoro.

Su questo, ahimè, la categoria che più andrà a condurre le attività di questo tipo è ancora, ad oggi, molto penalizzata, perché c'è una categoria, quella dei laureati in scienze motorie, che, nonostante abbia un percorso preciso di laurea, abbia un percorso preciso di laurea magistrale, nello specifico dell'attività motoria adattata, poi, non si trova riconosciuta dal punto di vista giuridico e, quindi, non può andare a svolgere, con le giuste indicazioni e la giusta tutela normativa, il proprio lavoro.

Allora, la riflessione che, secondo me, il Ministero dovrebbe fare è quella di iniziare ad avere una visione globale, che, innanzitutto, tuteli l'utente e, quindi, i cittadini e faccia veramente prevenzione sulla salute; dall'altra, inserisca delle figure che, ormai, al giorno d'oggi, non possono più non essere inserite in un sistema sanitario nazionale o, comunque, di prevenzione.

Quindi, oggi, io sono qui, ancora una volta, a spronare il Ministero, a sensibilizzare, a chiedere che questo tipo di iniziative venga preso come esempio e venga reso strutturale, non con progetti che vanno avanti, sì, per anni, ma che sono sempre dei progetti e non hanno, soprattutto, una copertura nazionale, quindi, garantendo un'equità su tutto il nostro territorio.

Questa è la richiesta che avanzo e che continuerò a fare, perché c'è tutto un mondo delle attività fisiche adattate e dell'esercizio fisico che lo chiede, ma, soprattutto, c'è il grande interesse a tutelare, in primis, la salute dei nostri cittadini.

(Iniziative di competenza volte ad incrementare i collegamenti ferroviari, anche in ambito ultraregionale, da e per la Puglia - n. 2-01830)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Mongiello ed altri n. 2-01830 (Vedi l'allegato A).

Chiedo all'onorevole Colomba Mongiello se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.

COLOMBA MONGIELLO. Signori sottosegretari, confesso un certo disagio ad intervenire questa mattina in Aula su un argomento che mi sta molto a cuore. Perché parlo di disagio? Perché non è la prima volta che faccio questo intervento in Aula sul potenziamento delle linee, sulla implementazione delle corse, sulle carrozze fatiscenti, sui perenni ritardi, sui bagni che non funzionano. Ma si sa: noi siamo il Sud, noi siamo il Mezzogiorno, spezzato in due dall'alta velocità. È colpa nostra se viaggiamo così lenti? È colpa nostra se viaggiamo in carrozze vecchie, sporche e fatiscenti? È sempre colpa nostra se il gap infrastrutturale nord-sud si allarga? Nel nord-ovest ci sono 7,2 chilometri ogni 100 chilometri quadrati; al sud solo 4,7 chilometri. Nel nord-ovest la rete dell'alta velocità è pari al 9,6 della rete totale; al sud il 2,4: eppure paghiamo lo stesso biglietto del nord-ovest. La differenza è che loro viaggiano in serie A e noi viaggiamo in serie C. Sono anni che attendiamo di viaggiare veloci, ne abbiamo diritto. Mi si dice: non abbiamo le infrastrutture adeguate per mezzi e carrozze veloci; e quanti anni ancora dobbiamo aspettare per viaggiare veloci e per viaggiare in tutta Italia senza dover attendere ore e ore? Il Sud non può morire per la scarsa mobilità. Abbiamo bisogno di muoverci: ne hanno bisogno i nostri studenti, le nostre imprese, i turisti, gli scambi commerciali, gli scambi culturali, imprese che devono chiudere accordi per far crescere il Mezzogiorno. Lo scorso anno la Puglia e l'intero Sud sono state la meta preferita dei turisti: dal Salento al Gargano, Bari, la Murgia barese, il sole, il mare, il cibo, la splendida accoglienza pugliese che è il valore aggiunto del successo del suo brand. Ma se i turisti vogliono venire da noi, non possono farlo attraverso la rete ferroviaria. Lo devono fare privatamente con la propria macchina, con gli autobus e pensare che dal Gargano al Salento ci vuole più tempo che per andare da Foggia a Milano ma il turismo non avrà mai uno sviluppo pieno e compiuto senza una rete di trasporti adeguati. Quando Trenitalia ha presentato il suo orario estivo qualche settimana fa, devo dire che me lo sono studiato a fondo: rafforzamento Milano-Roma, cioè 20 minuti non sono abbastanza; Milano-Salerno; Pescara-Milano; Roma-Bergamo; una sola linea al sud, Benevento-Caserta, per accontentare le giuste esigenze dei pendolari del territorio. Noi non vogliamo assolutamente fare una guerra tra poveri: la Campania fa bene a rivendicare le sue esigenze ma è possibile che oramai la Puglia da diversi anni abbia gli stessi treni, nonostante le rivendicazioni del territorio, del mondo economico, degli studenti, dei pendolari, delle istituzioni tutte? Sono solo tre le linee per la Puglia: il primo treno stamattina è partito alle otto; il treno successivo - lo dico ai presenti, alla Presidenza, al sottosegretario - parte dopo sette ore e l'ultimo treno per la Puglia parte alle ore 18, dopodiché è finita. Il primo treno che ci consente di arrivare nella capitale parte dalla Puglia presto e arriva a Roma alle 11,22 e sono anni che diciamo: guardate, abbiamo la necessità di arrivare presto; guardate, abbiamo la necessità di accelerare e di implementare queste linee. Ma la cosa ancora più incredibile, che suona come una vera e propria beffa, è che il Benevento-Caserta parte da Foggia, perché noi abbiamo il ricovero treni, vuoto e chiuso e la linea è attivata a Benevento. Io non so chi ha pensato a questa linea ferroviaria. Poi il treno arriva la sera sempre a Foggia vuoto, inattivo ma non le nascondo che tale scelta non solo ha fatto infuriare me come parlamentare che spesso mi sono rivolta a quest'Aula, ma tutti i pugliesi e la Capitanata in particolare. In questo momento sono molti i cittadini che ci stanno ascoltando, tutte le istituzioni si sono attivate - sindaco, presidente della provincia, presidente della regione, il presidente dell'ANCI - tutta la comunità pugliese è impegnata soprattutto a rivendicare un diritto che non solo non è riuscita ad avere, ma che addirittura le è stato tolto. Infatti voglio solo ricordare che qualche anno fa noi avevamo più treni per arrivare a Roma: arrivavamo presto a Roma e partivamo anche più tardi. Con il passare del tempo, invece di implementare la rete ferroviaria, purtroppo si è diminuito il numero dei treni che possono transitare dalla capitale in Puglia. E badate che, devo dire la verità, vengo sollecitata tutti i giorni: prendo solo il treno e la mia città non ha gli aerei e quindi di conseguenza non appena salgo sul treno, vuoi perché sono un parlamentare già da qualche legislatura vuoi perché sono la sorella di un ferroviere, mi si interroga, i pendolari protestano, i ferrovieri protestano, i capotreni protestano, i cittadini protestano, i quotidiani locali hanno fatto una campagna martellante per avere più treni. Qual è l'obiettivo più facile? Ovviamente i parlamentari che non fanno fino in fondo il loro dovere. Ebbene io stessa, che viaggio costantemente, spesso non trovo posto come oggi, come ieri e come l'altro ieri eppure il biglietto sono andata a farlo qualche giorno fa e non mi si venga a dire che non c'è offerta commerciale, anzi tutt'altro. Non a caso il nostro trasporto è stato trasferito su gomma: invece di alleggerire e quindi di migliorare la sostenibilità ambientale, aggraviamo la situazione e addirittura tante sono le imprese private anche straniere che sono venute ad investire nel nostro territorio proprio per rafforzare questa offerta che giornalmente vede avvicinare la Puglia a qualunque regione d'Italia. Ebbene il Salento chiede più treni: hanno perfettamente ragione soprattutto nel periodo estivo. Bari vuole viaggiare veloce e ha perfettamente ragione. Foggia vuole arrivare presto la mattina. Il Presidente Emiliano ieri ha avuto un incontro con la direzione, con i vertici di Trenitalia che hanno aperto alla possibilità di un treno diretto per Bari. La vicenda Lecce riguarda un treno che accontenti le esigenze della Capitanata e di Foggia. Queste sono le osservazioni che ho messo nella mia interpellanza urgente oltre a chiedere a che punto sono le infrastrutture che noi auspichiamo da tanto tempo per la tratta veloce; per non parlare della linea adriatica dove siamo fermi ad una strozzatura a Campomarino che non riusciamo ancora a risolvere. Quindi faccio soprattutto presente al Governo l'esigenza di implementazione delle linee e, badate, la mia interpellanza è stata firmata da tutti i colleghi pugliesi, di tutti i colori politici, fuorché il MoVimento 5 Stelle che evidentemente fa una battaglia solo mezzo stampa e poi non mette la faccia in nessuna delle rivendicazioni. Ebbene la mia interpellanza è stata firmata anche da altri colleghi che sono venuti in Puglia e hanno scoperto loro personalmente la situazione: sono venuti a San Giovanni Rotondo per il turismo religioso, il turismo marittimo, la Murgia, Alberobello, il Salento e allora quale risposta intendiamo dare a questo territorio e non ne faccio solo una rivendicazione territoriale perché la rete ferroviaria pugliese è uno scandalo. Stiamo recuperando, dopo tantissimi anni di ritardo, la Basilicata con un forte investimento da parte di quella regione. Per non parlare delle linee calabresi ahimè dimenticate e per non parlare della stessa Sicilia. Dunque chiedo al Governo che si faccia carico insieme a Trenitalia di un'adeguata risposta alle esigenze del territorio: ne abbiamo diritto come cittadini di questa Repubblica; ne abbiamo diritto perché amiamo e vogliamo bene a questo Paese ma vogliamo anche che questo Paese voglia bene al Mezzogiorno.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato, Domenico Manzione, ha facoltà di rispondere.

DOMENICO MANZIONE, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Con riferimento all'interpellanza urgente dell'onorevole Mongiello e altri posso riferire quanto segue. Per il miglioramento del collegamento ferroviario tra Puglia e Roma, RFI ha avviato un programma di investimenti per la realizzazione del cosiddetto itinerario Alta velocità/Alta capacità Napoli-Bari compreso nel corridoio Scandinavia-Mediterraneo della rete Trans European Network.

Il programma prevede un impegno finanziario di circa 6,2 miliardi di euro, che al momento risulta finanziato per oltre 3,5 miliardi, comprese le risorse, pari a 100 milioni di euro, a valere sulla fonte PAC Ferrovie regione Puglia, contrattualizzati con l'aggiornamento 2010-2011 del Contratto di programma investimenti 2007-2011. Al fine di perseguire la completa copertura finanziaria del programma di interventi, Rfi ha candidato l'iniziativa nell'ambito del PON infrastrutture - come rammentava la stessa onorevole interrogante - e reti per il 2014-2020. La candidatura è stata positivamente accolta, anche se deve essere perfezionato il processo di accesso al finanziamento comunitario. Nello specifico, sono previsti interventi di raddoppio e di variante all'attuale tracciato per aumentare la capacità di traffico della linea e la velocità dei collegamenti: variante Cancello-Napoli, per integrazione con la linea Alta velocità-Alta capacità; raddoppio e velocizzazione Cancello-Frasso-Telesino-Benevento; raddoppio in variante Apice-Orsara, raddoppio Orsara-Bovino, raddoppio Cervaro-Bovino, bretella di Foggia, nodo di Bari - Variante Bari Sud (Bari Centrale-Bari Torre a Mare).

Ad oggi sono in corso le attività per la selezione di tali interventi e la successiva ammissione a finanziamento, con valore complessivo stimato di 300 milioni di euro circa. Inoltre risultano già selezionate e ammesse a finanziamento, per complessivi 150 milioni di euro, le risorse PON non impegnate per quattro interventi localizzati in Puglia. L'approccio progettuale è stato quello dell'Alta velocità-Alta capacità, come rammentavo prima, con l'obiettivo di incrementare la velocità del collegamento attuale ma anche migliorare l'accessibilità al servizio nelle aree attraversate. In merito alla valenza strategica dei programmi di investimento, l'asse trasversale Napoli-Bari assume un ruolo fondamentale per lo sviluppo del Mezzogiorno, poiché riconnette due aree che da sole raggiungono una quota di oltre il 40 per cento della produzione di mercato del Meridione. In merito poi al possibile incremento degli attuali collegamenti, Trenitalia sta valutando di potenziare il servizio per venire incontro alle esigenze manifestate dalle locali realtà pugliesi, nonché la possibilità di rendere ordinario il collegamento ferroviario Roma-Lecce, idoneo per orario e caratteristiche tecniche, e oggi effettuato con cadenza periodica. Trenitalia ha inoltre allo studio l'attivazione di un servizio Alta velocità, evitando così l'utilizzo dei treni IC, considerati i tempi di percorrenza e la tipologia delle fermate tipiche di tali servizi.

PRESIDENTE. l'onorevole Mongiello ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatta per la risposta alla sua interpellanza.

COLOMBA MONGIELLO. Presidente, ringrazio il sottosegretario Manzione, che ha tenuto conto anche della prima parte dell'interpellanza, relativa a tutte le opere infrastrutturali che riguardavano i collegamenti pugliesi. Ho visto che ne ha data traccia dettagliata: mi auguro dalla lettura della risposta che ci sia anche un'accelerazione di tutti i lavori, in maniera tale che l'Alta velocità Puglia-Roma venga completata nel più breve tempo possibile. Mi ritengo parzialmente soddisfatta per la seconda parte, perché accolgo l'apertura da parte del Governo e di Trenitalia di riconsiderare l'implementazione e gli orari dei treni, in maniera tale che venga soddisfatta la domanda che giunge dai territori, ma mi riterrò soddisfatta qualora questa risposta ci sarà. Inoltre, le dico subito che vi sarà una mobilitazione continua da parte dei parlamentari pugliesi tutti, del sindaco di Foggia, che ci sta seguendo in questo momento, e lo ringrazio, del presidente della provincia, che ci sta seguendo, e lo ringrazio, del presidente della regione, che è stato sollecitato e, devo dire, è stato solerte nell'incontro con Trenitalia, nonché il presidente dell'ANCI. Ma ringrazio anche i cittadini tutti, che hanno con noi mobilitato l'intero territorio, le categorie sociali, i sindacati, le imprese. La nostra mobilitazione continuerà finché Trenitalia e il Governo non ci comunicheranno ora e data dell'avvio del treno Foggia-Roma e ritorno. Questa è la risposta che posso formulare questa mattina. Le dico subito che tornerò in quest'Aula, qualora dovesse avvenire nel più breve tempo possibile, a dirmi che mi ritengo pienamente soddisfatta.

(Iniziative volte ad accelerare la riassegnazione dei tributi percepiti dai consolati italiani all'estero in relazione alle domande di riconoscimento della cittadinanza - n. 2-01829)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Porta ed altri n. 2-01829 (Vedi l'allegato A).

L'onorevole Porta ha facoltà di illustrare la sua interpellanza.

FABIO PORTA. Presidente, colleghi, signor sottosegretario, questa interpellanza prende le mosse da una disposizione contenuta nell'articolo 61-bis della legge di bilancio 2017, con la quale si dispone che, a partire dal corrente anno, il 30 per cento del prelievo effettuato (pari a 300 euro) dalla nostra rete consolare per le domande di riconoscimento di cittadinanza sia riassegnato allo stato di previsione della spesa del Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale.

Queste risorse - è scritto sempre all'articolo 61 - devono essere poi trasferite agli uffici dei consolati presenti nella circoscrizione che hanno operato la percezione del predetto contributo, in proporzione ovviamente delle percezioni realizzate. Queste risorse - leggo letteralmente l'emendamento approvato in legge di bilancio - sono destinate al rafforzamento dei servizi consolari per i cittadini italiani residenti o presenti all'estero, con priorità per la contrattazione di personale locale, da adibire, sotto le direttive e il controllo dei funzionari consolari, allo smaltimento dell'arretrato riguardante le pratiche di cittadinanza presentate presso i medesimi uffici consolari. Questa esigenza, cioè quella di un contributo di 300 euro richiesto a chi avanza domanda di cittadinanza in una sede estera, si era posta sin dall'adozione di questo provvedimento, che avvenne in occasione della conversione del decreto-legge del 24 aprile 2014 n. 66, recante misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale. Già in quell'occasione, Presidente, sollevammo la questione degli ormai insostenibili ritardi nella trattazione delle pratiche di cittadinanza e non solo di queste, e soprattutto delle pesantissime giacenze che si erano accumulate, in particolare nei consolati dell'America meridionale, nei quali già allora esse superavano le 400.000 unità, di cui soltanto 300.000 in Brasile.

Ebbene, poiché allora la stretta imposta dalla spendingreview e quegli indirizzi non facevano certo sperare di affrontare con efficacia una giacenza tanto grande, tanto abnorme, si pensò di recuperare risorse straordinarie per ripetere un'esperienza positiva che era stata già attuata con risultati appunto positivi: mi riferisco allo stanziamento adottato dal Governo Prodi nel 2008, con il quale fu possibile successivamente attivare in alcuni consolati, in particolare in Argentina ma anche, in misura minore, in Brasile, Venezuela e Uruguay, delle apposite taskforce composte da personale assunto inloco sotto la guida e la formale responsabilità dei funzionari della Farnesina. La ratio quindi di questo contributo, dei 300 euro, per le pratiche di cittadinanza non era di natura semplicemente fiscale, ma positiva: quelle risorse dovevano servire a comporre un monte di risorse appunto straordinarie da investire per il miglioramento dei servizi da prestare ai nostri connazionali, e in particolare per il progressivo riassorbimento delle giacenze. Di quanto sto affermando vi è prova ovviamente chiara e sufficiente anche nei verbali delle Commissioni senatoriali, dove queste discussioni vennero fatte all'epoca.

Sono anche costretto ad osservare in quest'Aula che, quando un cittadino italiano, un cittadino a tutti gli effetti anche se risiede permanentemente in un Paese straniero, deve aspettare mesi, a volte anni, prima di dover semplicemente consegnare la sua pratica, previo appuntamento, ad un ufficio consolare e a volte attendere addirittura dieci anni prima di avere una risposta dalla pubblica amministrazione alla sua istanza, ciò che è in discussione sono diritti fondamentali, che attengono alla delicatissima sfera della cittadinanza.

Aggiungo anche che uno Stato come il nostro, profondamente immerso in una permanente condizione di competizione globale, dà agli occhi dell'opinione pubblica di società e di Paesi stranieri un esempio di pesantezza burocratica, di scarsa efficienza e tutto ciò rovina la stessa immagine del nostro Paese e la nostra credibilità. La questione che poniamo, quindi, va al di là del pur giusto rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione, ma riguarda il profilo stesso del nostro Paese, soprattutto in un'area nella quale si guarda proprio all'Europa in termini collaborativi e di apertura.

Nonostante questi presupposti, in quel provvedimento, nel provvedimento che istituì la percezione dei 300 euro per una di quelle forme di eccessiva cautela, forse, che la nostra amministrazione ha negli occhi dei cittadini, non c'era nessuna esplicita finalizzazione di quel contributo richiesto alla risoluzione del problema evocato, finendo con l'apparire dunque come una semplice e ulteriore tassa messa a carico dei cittadini. Io stesso, già in occasione della legge di stabilità del 2014 per il 2015, mi facevo carico di segnalarlo con un ordine del giorno, che il Governo accolse, chiedendo di istituire un fondo speciale da destinare ai consolati per costituire le citate prima task force.

Adesso non abbiamo il tempo né vorrei tediarvi, elencando tutte le iniziative parlamentari presentate da me e dai miei colleghi in forma di disegni di legge, ordini del giorno, emendamenti, che hanno avuto per tre anni soltanto, diciamo così, l'onore delle armi. Nell'ultima legge di bilancio, invece, grazie ad un emendamento da me presentato in Commissione affari esteri, poi accolto dal relatore e approvato in legge di bilancio, tutto ciò è stato finalmente approvato e reso una legge dello Stato.

Devo anche ricordare che, intorno a questa situazione, ai servizi consolari nei consolati, in particolare del Sud America, si è creato un movimento di opinione che si è anche espresso attraverso una petizione popolare online sottoscritta da migliaia di cittadini, che fu anche consegnata proprio in Brasile all'allora Presidente del Consiglio Renzi. Questa protesta, poi, è continuata e si è anche espressa in forma di manifestazioni pubbliche.

Devo poi sottolineare che questo emendamento, questa norma approvata, rifugge da qualsiasi carattere di tipo demagogico e propagandistico e che questa disposizione prevede soltanto che un terzo di queste risorse venga trasferito ai consolati. Stiamo parlando, considerando che sono risorse già incamerate dallo Stato da almeno tre anni, di circa 35-40 milioni di euro. Ora, quindi, non siamo più di fronte a un riconoscimento in linea di principio del problema, perché già l'articolo 61 parla chiaro, e dobbiamo considerare piuttosto le modalità e i tempi di applicazione di questa norma ed è questa la ragione fondamentale di questa interpellanza.

La rendicontazione di queste percezioni, come il Governo sa, avviene a cadenza trimestrale e a distanza di due mesi dalla scadenza del primo trimestre, dopodiché è necessario attendere i tempi di trasferimento da parte del MEF, del Ministero dell'economia, al Ministero degli esteri e infine ci sono i tempi tecnici di assegnazione da parte del Ministero degli esteri ai consolati: una procedura, come è possibile intendere, abbastanza complessa, lunga, che potrebbe acuire lo stato di emergenza in cui versano i servizi per i nostri connazionali e anche inasprire le aspettative di tutti coloro che sono costretti ad una deludente e insostenibile condizione di attesa per il riconoscimento dei loro diritti.

Ci rivolgiamo quindi - e mi rivolgo con fiducia - a questo Governo che, come quelli che si sono succeduti perlomeno in questa legislatura, ha dimostrato di avere a cuore le sorti degli italiani all'estero, affinché nell'immediato trovi procedure veloci per rendere concretamente utilizzabili da parte dei consolati le risorse riservate dalla legge a questo scopo.

La situazione - ripeto - è drammatica e non più sostenibile. Voglio anche ricordare e sottolineare che stiamo parlando di cittadini in larga misura di medio-alto potere acquisitivo che, attraverso il riconoscimento della loro richiesta di cittadinanza, verrebbero fidelizzati, si recherebbero più spesso in Italia, incrementerebbero flussi turistici, si iscriverebbero alle nostre università, contribuirebbero insomma a internazionalizzare la nostra cultura, il nostro made in Italy, favorendo il rilancio della nostra economia e costerebbero all'erario sicuramente meno di quello che lui ne sta ricavando o ne potrebbe ricavare.

Vado a concludere, dicendo che, in questo momento, non voglio né posso scendere in altre ipotesi più dettagliate, ma voglio rivolgere al Governo, in particolare al Ministero dell'economia e ai suoi rappresentanti, un'esortazione, quella di guardare con uno spirito libero da pregiudizi, da retorica, le questioni riguardanti la grande comunità degli italiani nel mondo. Anche su un terreno così complesso come quello della cittadinanza, scelte oculate di valorizzazione e di investimento possono non solo corrispondere a dei diritti ineludibili, come quello della cittadinanza appunto, ma aprire circuiti positivi che possono aiutare il nostro Paese a collocarsi attivamente nel mondo e a vendere più proficuamente e ampiamente le sue indiscutibili risorse. Grazie.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze, Paola De Micheli, ha facoltà di rispondere.

PAOLA DE MICHELI, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. La ringrazio, Presidente. Come illustrato dall'onorevole Porta, si fa riferimento all'attuazione dell'articolo 1 comma 429 della legge 232 del dicembre 2016, la legge di bilancio 2017, e si chiede al Governo quali iniziative si intendano adottare al fine di accelerare il descritto e complesso procedimento. Si precisa che atto propedeutico alla richiesta di riassegnazione dei fondi è la certificazione delle entrate.

La normativa vigente prevede che le contabilità attive devono essere trasmesse dagli uffici all'estero entro due mesi dalla chiusura di ogni trimestre; su base annuale, gli stessi uffici, sempre entro due mesi, quindi entro il febbraio di ogni anno, presentano la rendicontazione delle entrate riscosse nel corso dell'esercizio finanziario precedente. Al riguardo, il Ministero degli affari esteri ha comunicato in data 15 giugno 2016 di aver richiesto la riassegnazione nell'esercizio finanziario 2017 dei proventi riscossi dalle sedi all'estero nell'intero anno 2016. Le entrate in questione sono state certificate nel relativo ammontare da parte della competente direzione generale del Ministero degli esteri e vistate dall'Ufficio centrale del bilancio.

Quanto alle entrate complessivamente riscosse dalle rate del Ministero degli esteri all'estero per le pratiche di cittadinanza nel primo trimestre del 2017, è stato possibile procedere alla verifica e certificazione del loro ammontare solo a partire dal 1° giugno. Il Ministero degli esteri, completate le opportune verifiche sui rendiconti pervenuti, presenterà tempestivamente la richiesta di riassegnazione in bilancio a favore del capitolo 1613 di una quota pari al 30 per cento di quanto incassato in tale periodo, così che potrà essere emanato il relativo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze di variazione del bilancio.

Il Ministero degli esteri avvierà tempestivamente le procedure per il successivo finanziamento alle singole sedi degli importi riassegnati, non appena i fondi saranno disponibili in bilancio, e completerà l'operazione nei tempi tecnici necessari alla emissione di circa 150-200 ordinativi di spesa. Si prevede, quindi, che la richiesta di riassegnazione delle entrate riscosse nel secondo trimestre del 2017 potrà partire dopo il mese di agosto. Non si potrà, invece, procedere entro il 2017 alla richiesta di riassegnazione dei proventi incassati nel terzo e nel quarto trimestre del corrente anno, in quanto le relative contabilità trimestrali perverranno in tempi non compatibili con la chiusura dell'esercizio finanziario, rispettivamente entro novembre 2017 ed entro febbraio 2018, tenuto conto dei tempi di riassegnazione. La richiesta di riassegnazione delle entrate relative al secondo semestre a regime potrà quindi essere presentata nell'esercizio finanziario successivo a quello di riferimento.

PRESIDENTE. L'onorevole Porta ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza.

FABIO PORTA. Io ringrazio il Governo e il sottosegretario per la risposta, che, comunque, conferma la disponibilità, l'impegno e il fatto che il Ministero dell'economia e il Ministero degli esteri stanno già lavorando insieme, anche su sollecitazione del Parlamento per rendere disponibili - in tempi ovviamente stretti e secondo le necessità per le quali questo provvedimento era stato pensato - queste risorse.

Io credo che sia importante, come ha detto il sottosegretario, rendere disponibili a partire da agosto queste prime risorse, anche se sono relative soltanto al primo e al secondo trimestre e, ovviamente, lavorare perché non soltanto il terzo o il quarto trimestre del 2017, ma anche le risorse che arriveranno negli anni successivi, grazie alla stabilizzazione di questa norma che proveremo a introdurre con la prossima legge di bilancio, diventino un volano automaticamente trasferito ai nostri consolati da parte del Ministero dell'economia, e che questa prima fase, che ovviamente soffre anche le lentezze di essere una prima volta in questo determinato meccanismo, sia poi superata da una successiva omogeneizzazione e da un miglior coordinamento tra i due Ministeri per diminuire i tempi di attesa.

Sono convinto che già il trasferimento dei primi trimestri al 2017 darà, a queste 150 o 200 sedi che riceveranno il contributo, un prima risposta concreta al problema che ho posto con la mia interpellanza, il quale, come dicevo, non è semplicemente un problema attinente alle risorse, ma al rapporto dell'Italia con i propri concittadini e anche al funzionamento migliore della macchina, che sappiamo essere così importante anche per la nostra globalizzazione del Ministero degli esteri, che, grazie a queste risorse che arrivano proprio dai nostri concittadini che vivono all'estero, potrà essere supportata da servizi migliori, da più personale, da migliori strutture da mettere a disposizione dell'Italia nel mondo e non soltanto delle sue collettività.

Credo che questa risposta sia importante. Noi, ovviamente, non smetteremo, qui in Parlamento, di tallonare il Governo affinché, con i tempi e i modi previsti e accelerando gli stessi, possa dare seguito a quanto già stabilito dalla legge di bilancio del 2017, utilizzando e investendo queste risorse, come dicevo, non soltanto nell'eliminazione di una giacenza, di una lunga attesa ormai insostenibile, ma anche per dare a questi cittadini dei servizi migliori nel campo dell'assistenza, della promozione della lingua e della integrazione di collettività lontane, ma che spesso hanno un legame con l'Italia più forte di tanti italiani.

Concludo, ringraziando il Governo e dicendo che potrebbe sembrare in questo momento incoerente o forse contraddittorio parlare di cittadinanza e di rispetto della cittadinanza ius sanguinis, quando siamo tutti impegnati in Parlamento per l'applicazione e la approvazione di una legge di cittadinanza per lo ius soli. Credo, invece, che queste risorse, tanto gli italiani che vivono all'estero e che ci chiedono di avere riconosciuto anche il loro diritto, quanto gli stranieri che vivono in Italia e che con altrettanta veemenza ci chiedono di essere intesi e considerati italiani a tutti gli effetti, siano due facce della stessa medaglia, siano risorse umane, risorse anche economiche per un Paese che è anche in crisi demografica e che ha bisogno di nuove energie; spero che questa risposta, che questo provvedimento vada ovviamente incontro a questa esigenza, che, lo ribadisco, non è solo un'esigenza di carattere economico, ma anche una risposta a una domanda che ci arriva da connazionali, che ci arriva da un sistema Italia fuori dall'Italia, rispetto al quale abbiamo anche individuato delle risorse.

Adesso chiediamo soltanto che queste risorse vengano trasferite ai consolati, che sono i nostri terminali all'estero, sono l'interfaccia di questi connazionali, e che ciò avvenga, come ci è stato detto, in tempi rapidi e proporzionali alla gravità del problema. Ringrazio il Governo e spero che nei prossimi mesi gli italiani che ci ascoltano e che ci hanno anche chiesto risposte concrete possano vedere anche l'attuazione di quanto stabilito dal Parlamento, accettato dal Governo e adesso anche acquisito da parte della nostra rete consolare all'estero.

(Iniziative di competenza in ordine al rispetto della normativa sui criteri di composizione, anche con riguardo all'equilibrio di genere, degli organi di amministrazione delle società a partecipazione pubblica, in particolare alla luce della vicenda della Sacal s.p.a. - n. 2-01834)

PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza urgente Nesci ed altri n. 2-01834 (Vedi l'allegato A).

L'onorevole Dell'Orco è già pronto per intervenire a illustrare l'interpellanza di cui è cofirmatario. Prego, ne ha facoltà.

MICHELE DELL'ORCO. Grazie, Presidente. Oggi siamo qua a parlar dell'interpellanza a prima firma della mia collega Dalila Nesci, che noi sottoscriviamo, per parlare delle nomine del consiglio di amministrazione della Sacal Spa, società a capitale misto che si occupa della gestione dell'aeroporto di Lamezia Terme. Cosa è successo? È successo che la Sacal ha nominato tra i nuovi consiglieri di amministrazione per sostituire quelli dimissionari indagati e li ha scelti tutte e tre uomini, andando a costruire un'amministrazione fatta di cinque componenti tutti al maschile. E quindi qual è il problema? Il problema è che ciò avviene in violazione delle norme di composizione di genere dei consigli d'amministrazione e, quindi, non si può fare. Altra violazione si ravvisa nella nomina del dottor Arturo De Felice, designazione effettuata in rappresentanza del socio pubblico regione Calabria, che appare contraria alle regole di cui si è dotata la regione stessa con proprio regolamento, il quale prevede la previa pubblicazione di avviso pubblico, che invece non c'è stato. Quindi, di fatto, stiamo parlando adesso di nomine che sono illegali, che non sono legittime.

Intervenire, quindi, sulla Sacal per imporre l'applicazione di una legge dello Stato è, innanzitutto, un segno della presenza dello Stato stesso nei confronti di un territorio difficile come quello calabrese e nei confronti di un'azienda, che, a causa dei suoi ex amministratori dimessi, si è ritrovata al centro dell'operazione della procura della Repubblica di Lamezia Terme, denominata Eumenidi, un'operazione complessa che vede gli indagati accusati di reati che vanno dalla corruzione, dal peculato, sino al falso, abuso di ufficio e varie forme di concussione. Quindi, il caos regna oggi nella Sacal e, purtroppo, è lo specchio del caos dei servizi di trasporto calabrese, perché ormai lo sappiamo, in Calabria i trasporti aerei, ferroviari e stradali interni sono un disastro, che forse sta bene, a quanto pare, al sistema, alla politica, ma soprattutto sta bene alla 'ndrangheta.

La situazione vecchia è nota, benché i Governi centrali e regionali cerchino di nasconderlo, di raccontarla in termini diversi. Quindi, siamo qui a chiedere cosa intendono fare la sottosegretaria e il Governo per far rispettare la legalità.

PRESIDENTE. La sottosegretaria di Stato, Paola De Micheli, ha facoltà di rispondere.

PAOLA DE MICHELI, Sottosegretaria di Stato per l'Economia e le finanze. Grazie, Presidente. La composizione degli organi collegiali, stando alla normativa di riferimento, ovverosia l'articolo 3 del DPR n. 251 del 2012, deve assicurare l'equilibrio tra i generi, garantendo che il genere meno rappresentato ottenga almeno un terzo dei componenti di ciascun organo sociale. Tale quota è, tuttavia, ridotta ad un quinto per il primo rinnovo degli organi.

L'articolo 4, peraltro, attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri ovvero al Ministro delegato per le pari opportunità i compiti di monitoraggio e vigilanza sull'applicazione delle quote di genere negli organi di amministrazione e controllo delle società controllate dalle pubbliche amministrazioni a livello centrale, regionale e locale.

Per lo svolgimento efficace e puntuale delle attività di monitoraggio, il Dipartimento per le pari opportunità sta predisponendo la costruzione di un apposito database di identificazione anagrafica di tutte le società pubbliche assoggettate agli obblighi previsti dalla normativa in questione e, dal mese di aprile 2014, ha avviato un piano di vigilanza sul rispetto della normativa in questione. A tale proposito, si ricorda che nel periodo compreso tra febbraio del 2014 e maggio 2016 sono stati già avviati 196 procedimenti d'ufficio e 48 sulla base delle segnalazioni pervenute.

A partire da agosto 2016, al fine di agevolare le società nell'adempimento degli obblighi previsti a legislazione vigente, è online un'interfaccia web dedicata alle comunicazioni di legge relative alla nuova composizione degli organi sociali da parte delle società assoggettate alla normativa del DPR n. 251 del 2012.

La composizione del consiglio di amministrazione della Sacal Spa è quella risultante dal recente rinnovo dell'organo che, secondo quanto verificato sul Registro informatico delle imprese (sistema Telemaco), è avvenuto nel mese di maggio del 2017, quando la società ha altresì approvato alcune modifiche statutarie. Tale nuova composizione, tuttavia, non risulta conforme alla normativa di cui al DPR n. 251 del 2012 né, tanto meno, alle disposizioni dello statuto che è stato aggiornato.

Si segnala, inoltre che, alla data odierna, non risulta che sia stata effettuata, tra l'altro, alcuna comunicazione da parte della società al Dipartimento attraverso l'interfaccia web che, come sopra ricordato, è appositamente dedicata alle comunicazioni di legge relative alla nuova composizione degli organi sociali.

Considerato quanto sopra, intendiamo rassicurare gli interpellanti che il Dipartimento provvederà, entro il mese corrente di giugno, all'avvio del procedimento finalizzato all'adozione del provvedimento formale di diffida, di cui all'articolo 4, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 251 del 2012, nei confronti della società Sacal Spa.

PRESIDENTE. L'onorevole Dell'Orco ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interpellanza Nesci ed altri n. 2-01834, di cui è cofirmatario.

MICHELE DELL'ORCO. Io sono quasi emozionato che, per una volta, il Governo ci ha dato ragione, è una cosa incredibile: siamo contenti e speriamo, adesso vigileremo, che faccia veramente qualcosa oltre alle parole, ma ci riteniamo soddisfatti perché ci ha dato ragione la sottosegretaria.

Riassumendo, qual è il problema, qual è la questione? Aiuto anche per le azioni che intenderà fare il Governo prossimamente: primo, le nuove nomine dei vertici Sacal sono illegittime. Quindi, come sa bene il prefetto Arturo De Felice, già capo della Direzione investigativa antimafia e oggi numero uno della società mista Sacal, esse sono illegittime, cioè doveva esserci un bando pubblico, come, poi, è stato ricordato dal Governo stesso. Quelle nomine sono illegittime perché non rispettano gli obblighi di legge sulla parità di genere.

Secondo: lo stesso prefetto De Felice ha di recente dichiarato che non vuol far la foglia di fico per i potentati locali: allora, si dimetta, in coerenza anche con la sua storia di uomo dello Stato. Se il governo della Calabria non sa contrastare l'illegalità e le pressioni di poteri locali, il Governo centrale ne prenda atto, anche perché ricordo che, in ambito politico, entrambi gli Esecutivi sono guidati dal Partito Democratico.

Terzo punto è che la Sacal ha vinto il bando, molto discusso, per la gestione unitaria degli aeroporti di Crotone e di Reggio Calabria, che, ad oggi, sono fermi per incapacità politica, ma anche per un atteggiamento incomprensibile da parte di ENAC, ben consapevole dell'inconsistenza del piano industriale presentato da Sacal, ma timorosamente immobile.

Il dato certo è che la Calabria già da tempo è una delle regioni più disastrate, più lasciata a se stessa: che all'orizzonte non si profila alcun cambiamento di rotta, e speriamo che questo sia un inizio; che la gestione futura degli aeroporti, semmai dovesse esserci, presenta un terreno di cultura favorevole per ulteriori abusi, sprechi e interessi particolari di gruppi di potere, che hanno finora messo in ginocchio l'economia e le speranze dei calabresi. Speriamo che a partire da oggi qualcosa cambi.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Dell'Orco, anche per la sintesi, che è dote molto apprezzata in genere e dalla Presidenza in particolare.

È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Organizzazione dei tempi di esame di un disegno di legge e di una proposta di legge (ore 11,58).

PRESIDENTE. Avverto che nell'allegato A al resoconto stenografico della seduta odierna saranno pubblicati gli schemi recanti l'organizzazione dei tempi per la discussione sulle linee generali del disegno di legge n. 4220-A, recante disposizioni in materia di delitti contro il patrimonio culturale, e della proposta di legge n. 3891 in materia di tutela dei Corpi politici, amministrativi o giudiziari e dei loro singoli componenti, quest'ultima in sostituzione del contingentamento già pubblicato nel vigente calendario dei lavori, che era relativo anche al seguito dell'esame del provvedimento.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

  Lunedì 19 giugno 2017, alle 11,30:

1.  Discussione sulle linee generali del disegno di legge:

Disposizioni in materia di delitti contro il patrimonio culturale. (C. 4220-A)

Relatore: BERRETTA.

2.  Discussione sulle linee generali dalla proposta di legge:

S. 1932 – D'INIZIATIVA DEI SENATORI: LO MORO ed altri : Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, a tutela dei Corpi politici, amministrativi o giudiziari e dei loro singoli componenti (Approvata dal Senato). (C. 3891)

e delle abbinate proposte di legge: FRANCESCO SANNA ed altri; MURA ed altri. (C. 3174-3188)

Relatore: MATTIELLO.

3.  Discussione sulle linee generali dalla proposta di legge:

SERENI ed altri: Modifica alla legge 20 dicembre 2012, n. 238, per il sostegno e la valorizzazione del festival Umbria Jazz. (C. 4102-A)

Relatrice: ASCANI.

4.  Discussione sulle linee generali delle mozioni Simonetti ed altri n. 1-01553 e Brunetta ed altri n. 1-01560 concernenti iniziative volte a garantire il funzionamento delle province

5.  Discussione sulle linee generali della Relazione della XIV Commissione sulla Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea riferita all'anno 2017 e sul Programma di lavoro della Commissione per il 2017. (Doc. LXXXVII-bis, n. 5-A)

Relatrice: BERLINGHIERI.

La seduta termina alle 12.