XVII LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozione:
La Camera,
premesso che:
la normativa a tutela dei minori è ampia e comprende una esaustiva descrizione dei loro diritti che appaiono concordemente in documenti nazionali ed internazionali, con una solida base nella Costituzione, nelle leggi ordinarie, nel codice civile e nei trattati internazionali. Il vero problema è la loro scarsa attuazione e una certa retorica nell'affermarli, senza verificare fino a che punto vengono poi disattesi nei fatti;
nel tempo si sono creati cortocircuiti che riducono i criteri di controllo e finiscono con il posporre il vero interesse del minore in una logica burocratica in cui i cosiddetti servizi non sono certo al servizio del minore. I genitori sono penalizzati almeno tanto quanto i minori e si creano sacche di sofferenza del tutto estranee al dettato originale della norma;
la Costituzione italiana riconosce al minore vari diritti a cominciare dall'articolo 2, che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo in quanto tale e che, pertanto, si riferisce anche ai minori e, infatti, si applica indipendentemente dall'età, dal sesso e dalla cittadinanza. L'articolo 3 riconosce il diritto del minore ad un regolare processo evolutivo, al formarsi in modo armonioso e completo e quindi a ricevere prestazioni materiali ed apporti educativi che lo mettano in grado di crescere. L'articolo 30, invece, stabilisce che è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, mentre l'articolo 31 protegge, oltre alla maternità, anche l'infanzia e la gioventù. L'articolo 34 attribuisce alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della personalità umana. Tale norma trova scarsa applicazione, mentre, per la sua portata generale, la sua applicazione sarebbe assai utile per la tutela sociale, istituzionale e giudiziaria dei bambini, come diritto alla rimozione di tutte le cause che possano turbare la sua crescita;
anche se il legislatore costituzionale non ha delineato un compiuto statuto dei diritti del minore, è importante comunque rendersi conto che la Carta costituzionale può essere interpretata in modo più elastico di fronte alle sempre nuove necessità della vita, riconoscendo in essa il principio del favor minoris nel progetto di promozione e tutela dei diritti del minore;
la «Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea», adottata a Nizza il 7-8 dicembre 2000 da parte del Consiglio europeo, all'articolo 24, enuclea i diritti del bambino, tra cui il: diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Essi possono esprimere liberamente la propria opinione che viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e maturità. In tutti gli atti relativi ai bambini, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l'interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente e ogni bambino ha diritto di intrattenere relazioni personali e contatti diretti con i due genitori, salvo il caso in cui sia contrario al suo interesse;
altro importante punto di riferimento normativo per la tutela dei minori e del loro benessere psicologico e fisico è la Convenzione dell'Onu sui diritti dell'infanzia approvata il 20 novembre 1989 e ratificata in Italia con la legge n. 176 del 27 maggio 1991, con la quale sono stati definiti in maniera compiuta i diritti dei bambini. Questo strumento mette in evidenza non solo la necessità di rispettare la personalità del minore, ma anche quella di agire attivamente per offrirgli aiuto e assistenza;
secondo la definizione fornita dal Consiglio d'Europa nel 1978, il maltrattamento «si concretizza negli atti e nelle carenze che turbano gravemente i bambini e le bambine, attentano alla loro integrità corporea, al loro sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono la trascuratezza e/o le lesioni di ordine fisico e/o psichico e/o sessuale da parte di un familiare o di un terzo»;
nel 1999 la Consulta sulla prevenzione dell'abuso sui bambini dell'Organizzazione mondiale della sanità ha indicato la seguente definizione: «l'abuso o il maltrattamento sull'infanzia è rappresentato da tutte le forme di cattivo trattamento fisico e/o affettivo, abuso sessuale, incuria o trattamento negligente nonché sfruttamento sessuale o di altro genere che provocano un danno reale o potenziale alla salute, alla sopravvivenza, allo sviluppo o alla dignità del bambino, nell'ambito di una relazione di responsabilità, fiducia o potere»;
come sottolineato nel rapporto dell'Organizzazione mondiale della sanità, «per maltrattamento psicologico si intende una relazione emotiva caratterizzata da ripetute e continue pressioni psicologiche, ricatti affettivi, indifferenza, rifiuto, denigrazione e svalutazioni che danneggiano o inibiscono lo sviluppo di competenze cognitivo-emotive fondamentali quali l'intelligenza, l'attenzione, la percezione, la memoria»;
il codice civile a sua volta contiene molti articoli riguardanti la responsabilità genitoriale e i diritti e doveri del figlio. Ad esempio, l'articolo 315 recita «Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico». Segue l'articolo 315-bis che elenca i diritti e i doveri del figlio: «Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacità, delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni. Ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti. Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore, ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano. Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa»;
la responsabilità genitoriale è affrontata dall'articolo 316 del codice civile: «Entrambi i genitori hanno la responsabilità genitoriale che è esercitata di comune accordo tenendo conto delle capacità, delle inclinazioni naturali e delle aspirazioni del figlio». L'articolo 317-bis, invece, disciplina il rapporto con gli ascendenti che hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni. La decadenza dalla responsabilità genitoriale sui figli è affrontata dal codice, all'articolo 330, che recita: «Il giudice può pronunziare la decadenza dalla responsabilità genitoriale quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio». L'articolo 333 dice che, quando la condotta di uno o di entrambi i genitori non è tale da dare luogo alla pronuncia di decadenza prevista dall'articolo 330, ma appare comunque pregiudizievole al figlio, il giudice può adottare i provvedimenti convenienti e può anche disporre l'allontanamento di lui dalla residenza familiare ovvero l'allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore;
l'articolo 336-bis disciplina l'ascolto del minore, che è ascoltato dal presidente del tribunale o dal giudice delegato nell'ambito dei procedimenti che lo riguardano. L'articolo 337 riguarda la vigilanza del giudice tutelare e l'articolo 337-ter si riferisce al diritto dei figli di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi. L'articolo 337-quater prevede l'affidamento a un solo genitore e l'opposizione all'affidamento condiviso. «Il giudice può disporre l'affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga, con provvedimento motivato, che l'affidamento all'altro sia contrario all'interesse del minore. Ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l'affidamento esclusivo», che comporta la responsabilità genitoriale su di essi; «salvo che non sia diversamente stabilito, le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i genitori. Il genitore cui i figli non sono affidati ha il diritto ed il dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione e può ricorrere al giudice quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse»;
la legge 8 novembre 2000, n. 3 «legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali», è finalizzata a promuovere interventi sociali, assistenziali e sociosanitari che garantiscono un aiuto concreto alle persone e alle famiglie in difficoltà. La legge pone tra gli scopi quello della valorizzazione e del sostegno delle responsabilità familiari: il sistema integrato di interventi e servizi sociali riconosce e sostiene il ruolo peculiare delle famiglie, nonché, valorizza i molteplici compiti che le famiglie svolgono sia nei momenti critici e di disagio, sia nello sviluppo della vita quotidiana. Ne consegue che il compito delle assistenti sociali deve obbligatoriamente concorrere a sostenere ed aiutare concretamente figli e genitori astenendosi da esprimere giudizi e opinioni di condanna, formulare pareri su punizioni e sanzioni, ma impegnarsi quotidianamente per la conciliazione e la soluzione dei problemi e non moltiplicare i conflitti;
i servizi costituiscono una fonte particolarmente qualificata perché hanno lo scopo istituzionale del sostegno al disagio delle famiglie e dei minori; i servizi sociali e sanitari hanno la possibilità e il dovere di intervento istituzionale sui minorenni con attività concrete e devono fornire la prova del compimento del loro agire. Di fronte ad una situazione di pregiudizio attuale o di rischio possibile, devono approntare gli interventi di competenza a livello della prevenzione e dell'educazione familiare e proporre colloqui socio-psicologici, operando per acquisire l'adesione dei genitori e del minore stesso a tali interventi. Ogni ascolto effettuato dalle assistenti sociali deve essere registrato per consentire il controllo sul loro operato e costituire una difesa per il minore e i genitori;
l'autorità si rivolge ai servizi sociali (articolo 2, della legge n. 184 del 1983) per ottenere l'indicazione di persone o istituti idonei ad accogliere il minore e, di regola, li incarica dell'esecuzione del provvedimento: su tali provvedimenti e sulle condizioni del minore collocato, l'autorità e i servizi sociali hanno l'obbligo di riferire al più presto al tribunale per i minorenni (articolo 9 della legge 4 maggio 1983, n. 184);
per quanto riguarda la separazione dei figli dai genitori, l'assistente sociale che deve riferire al giudice minorile non può limitarsi a dichiarare l'abbandono del minore o una condizione di degrado o una situazione di disagio esistenziale, ha il dovere di svolgere un'accurata e documentata indagine, raccogliendo fonti di prova inoppugnabili; fra queste deve privilegiare la registrazione degli incontri audio-video ed ha il dovere di svolgere un primo immediato intervento di vero e proprio pronto soccorso, avvalendosi dei mezzi a disposizione ancor prima di rivolgersi al giudice minorile, in modo da assolvere all'opera di prevenzione che la normativa consente;
l'articolo 2 della legge n. 184 del 1983 stabilisce che «Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno. Ove ciò non sia possibile è consentito l'inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato, che abbia sede preferibilmente nel luogo più vicino a quello in cui stabilmente risiede il nucleo familiare di provenienza»;
l'articolo 4 della legge n. 184 del 1983 specifica che l'affidamento familiare è disposto dal servizio sociale locale, previo senso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la responsabilità genitoriale, ovvero dal tutore, sentito il minore. Il giudice tutelare del luogo ove si trova il minore rende esecutivo il provvedimento con decreto. Ove manchi l'assenso dei genitori esercenti la responsabilità genitoriale o del tutore, provvede il tribunale per i minorenni. Nella realtà il tribunale per i minorenni decide sulla base di una sintetica comunicazione proveniente dai servizi sociali o da una annotazione della polizia giudiziaria che ha raccolto la denuncia di un padre, di una madre, di un parente accecato dalla rabbia, spinto dall'ira, emotivamente provato dal conflitto che regolarmente si instaura con la fine dell'unione familiare;
il pubblico ministero minorile, anche dato il carico di lavoro, da per scontato quanto riportato nella segnalazione o nella annotazione ed avvia il procedimento minorile che dà subito esiti nefasti per il minore e il genitore. Con estrema facilità il figlio viene collocato presso una casa famiglia con danni fisici e morali irreversibili per il minore, in quanto viene sradicato dal suo mondo per ritrovarsi in una realtà che non gli appartiene e che è peggiore della permanenza del bambino in un ambiente familiare conflittuale. Nella maggior parte dei casi il minore è separato dai genitori per futili motivi o condotte di lieve entità. Il tentativo di proteggerlo fallisce miseramente;
l'articolo 9 della legge n. 184 del 1983 riconosce a chiunque la facoltà di segnalare all'autorità pubblica situazioni di abbandono di minori di età. Ricevuta la segnalazione, il presidente del tribunale provvede all'immediata apertura di un procedimento relativo allo stato di abbandono del minore. Dispone immediatamente, tramite i servizi sociali locali o gli organi di pubblica sicurezza, più approfonditi accertamenti sulle condizioni giuridiche e di fatto del minore, sull'ambiente in cui ha vissuto e vive ai fini di verificare se sussiste lo stato di abbandono. Il tribunale può disporre in ogni momento provvedimenti provvisori nell'interesse del minore, compreso il collocamento temporaneo presso una famiglia o una comunità di tipo familiare, la sospensione della responsabilità genitoriale dei genitori sul minore, la sospensione dell'esercizio delle funzioni del tutore e la nomina di un tutore provvisorio;
nella stragrande maggioranza dei casi (40.000 bambini rinchiusi - i numeri parlano chiaro) la realtà registra l'esatto contrario delle finalità declamate dalla norma. Il minore si trova nell'immediatezza del provvedimento che lo allontana dai genitori, in un mondo a lui straniero, vive in condizioni di degrado rispetto a quelle godute nella casa familiare, con una drastica riduzione del tenore di vita tenuto durante la permanenza nella casa familiare con i genitori, in violazione dell'articolo 147 c.c. che sancisce il diritto dei figli al mantenimento, istruzione, educazione;
volendo provare a generalizzare il concetto di «esclusivo interesse morale e materiale» della prole, ci si dovrebbe richiamare alla necessità che il minore possa godere di uno sviluppo compiuto ed armonico della sua personalità, in quel contesto di vita che risulti più adeguato a soddisfare le sue esigenze materiali, morali e psicologiche, al di là ed al di sopra di interessi diversi (e, magari, contrapposti) quali potrebbero essere talora quelli dei genitori, allo scopo di ridurre al massimo, entro i limiti di una situazione comunque traumatica, i danni derivanti dalla disgregazione del nucleo familiare. La valutazione di tale interesse deve in ogni caso essere riferito «...a quel minore, inserito in quella situazione concreta», con diretto ed immediato riferimento alla particolare fattispecie, «...alla vicenda umana di ciascun minore, alla sua sensibilità particolare di individuo». Spetterà al giudice trovare la soluzione aderente alla specificità della situazione sottoposta al suo esame, realizzata attraverso una scelta coerente e ponderata, fondata su concreti elementi acquisiti. Va da sé che qualora le circostanze concrete consiglino una soluzione alternativa all'affido condiviso e all'affidamento esclusivo, pur in assenza di una disposizione espressa sul tema, si dovrà applicare il dettato dell'articolo 6, ottavo comma della legge n. 898 del 1970, ovvero disporre l'affidamento familiare a un nucleo diverso da quello naturale, per arrivare – ma solo come soluzione di emergenza – ai servizi sociali;
l'articolo 2 della legge n. 184 del 1983 ha come scopo quello di introdurre nell'ordinamento in modo organico un sistema di affidamento di minori a famiglie estranee ai genitori naturali, quando i genitori non sono idonei a tenere con sé il figlio, senza che a loro carico emergano circostanze tali da pervenire a provvedimenti ablativi della potestà. In questo modo emerge la volontà di inserire il minore in una realtà diversa da quella della sua famiglia, dove possa fronteggiare con la più ampia serenità possibile le problematiche derivanti dalla crisi coniugale dei genitori. Il collocamento dei figli presso una terza persona e, in estrema ipotesi, in un istituto di educazione costituisce tuttavia una misura di carattere eccezionale che può essere adottata solo allorquando entrambi i genitori abbiano dimostrato un'assoluta deficienza morale e una totale inidoneità educativa;
la prima soluzione deve essere, ovviamente, l'affidamento a parenti stretti del minore, quali i nonni e gli zii. Tuttavia, nella maggioranza dei casi non viene adottato l'affido agli stretti parenti, ma viene privilegiata la scelta della collocazione nella casa famiglia, con lo scopo di depotenziare le resistenze dei genitori o del genitore e del minore che non vogliono accettare la separazione. Anche la soluzione del collocamento presso una terza persona, da preferirsi al ricovero in un istituto di educazione, deve comunque essere adottata in presenza di gravi motivi, come la comprovata inadeguatezza dei genitori a garantire una idonea educazione ai figli;
solo se non sussiste la possibilità di affidare il minore a una terza persona dovrà prendersi in considerazione l'affidamento presso un istituto di educazione, soluzione di carattere eccezionale, ad esempio per mancanza dei parenti, o per inidoneità anche di questi ultimi;
con l'istituto dell'affidamento è possibile da una parte tutelare l'interesse diretto del minore di crescere ed essere educato in maniera corretta, dall'altro, si offre alle famiglie in condizioni di vita di degrado e di rischiosa indigenza un sostegno finalizzato a superare la temporanea difficoltà. La tutela del diritto del minore alla famiglia si spinge fino alla determinazione della dichiarazione di adottabilità;
la legge sull'adozione attribuisce particolare rilievo al diritto alla continuità affettiva dei bambini in affido familiare. Nello specifico, qualora durante l'affido ricorrano i requisiti per l'adozione e la famiglia affidataria chieda di voler adottare il minore, il tribunale per i minorenni, nel decidere sull'adozione, tiene conto dei legami affettivi significativi e del rapporto stabile e duraturo consolidatosi tra questi e la famiglia affidataria;
con la legge n. 173 del 2015 si è dato rilievo alla continuità delle relazioni affettive del minore con la famiglia affidataria. Per evitare, che il legame affettivo tra il bambino e gli affidatari debba essere spezzato, la nuova legge introduce nel tessuto della legge n. 184 del 1983 alcune norme (o ne modifica altre) che danno attuazione al principio della continuità dei rapporti consolidatisi durante il periodo dell'affidamento, quando ciò corrisponde all'interesse del minore;
la discrezionalità e i poteri d'ufficio attribuiti al giudice sono stati da sempre riconosciuti nell'ordinamento, stante la necessità di tutelare l'interesse del minore, e l'ampia clausola di chiusura, ora trasposta nell'articolo 337-bis c.c., nella parte in cui è previsto che il giudice possa adottare ogni altro provvedimento relativo alla prole, è disposizione «in bianco» suscettibile di essere riempita di diversi contenuti a seconda delle concrete necessità di tutela della prole. Tale ampio potere conosce comunque dei limiti in quanto sia le convenzioni internazionali (cfr. articolo 8 della Convenzione dei diritti dell'uomo), sia le norme interne (cfr articoli 315-bis c.c. e articolo 1 della legge n. 184/1983), sanciscono il diritto del minore di crescere ed essere educato nell'ambito della propria famiglia;
pertanto, l'affidamento a terzi o all'ente territoriale deve essere considerato scelta ultima, alla quale ricorrere nei casi di conclamata incapacità genitoriale e quando non vi sia possibilità di individuare soluzioni all'interno della famiglia allargata;
il sistema della giustizia minorile registra dati quantitativi di alto allarme: 40.000 bambini collocati nelle case famiglia, 250.000 genitori, parenti, amici separati dalle decisioni dei giudici minorili, dalle relazioni delle assistenti sociali, delle psicologhe forensi, dei tutori e curatori speciali;
al centro del sistema ci sono le case famiglia che beneficiano di entrate di oltre tre miliardi di euro l'anno, più l'indotto, e dove i bambini separati dai genitori vengono tenuti a volte in condizioni degradate e comunque viene reciso il vitale e naturale rapporto affettivo con i genitori, violando le leggi biologiche della relazione figli - genitori scritta nel Dna di ognuno;
il sistema favorisce le case famiglia, ad avviso dei firmatari del presene atto di indirizzo luoghi di illegittimo distacco dai genitori biologici, dove sovente si valorizza l'aspetto patrimoniale dell'accoglienza, penalizzando i rapporti affettivi dei minori con la famiglia e con i parenti, dissimulando di accogliere i bambini che soffrono perché i genitori non vanno più d'accordo e giovandosi delle liti familiari;
il sistema della giustizia minorile è un organismo che comprende una serie di variabili, che possono essere tutte convergenti in offesa dei diritti dei minori, dove dominano le decisioni dei giudici minorili sostenute da relazione e pareri di assistenti sociali, psicologhe forensi, tutori e curatori speciali, sovente redatte con superficialità, con assenza di conoscenze specifiche del singolo caso, lasciando spazio a incaute generalizzazioni;
sostengono incautamente i giudici minorili di «tutelare i figli dalle manipolazioni dei genitori possessivi». Una affermazione che si ripete da decenni per la maggior parte dei procedimenti aperti nei tribunali per i minorenni in tutta Italia e che rappresenta la prova granitica della disfunzionale applicazione delle norme nel tentativo di conciliare diritto e psicologia, quest'ultima spesso applicata nelle reali vicende umane con troppa immediatezza e con metodologie ed operazioni ascientifiche;
inoltre, le psicologhe forensi, che vengono incaricate dai giudici minorili, non potrebbero pronunciare diagnosi che sono di competenza del medico (psichiatra e neurologo), con conseguenze a volte perniciose per la sofferenza ed il dolore che possono causare a figli e genitori. Non a caso il Parlamento sta abolendo i tribunali per i minorenni;
si tratta di un mondo vuoto, di generalizzazioni precarie, di un mercato di parole prive di significato lontane dalle sofferenze delle persone, ma ricco per gli interessi professionali di quelli che appaiono ai firmatari del presente atto di indirizzo incauti consulenti tecnici senza scienza e coscienza, nominati dal giudice minorile per farsi assistere su materie che non conosce. Si registrano giudizi affrettati, condanne perentorie che offendono la scienza dell'anima ed alimentano l'effimero prestigio di questi professionisti della pseudo-psicologia, incapaci di fornire un vero sostegno a chi ha bisogno, più preoccupati ad addebitare colpe ora ad un genitore ora ad un altro con traballanti accuse e sanzioni afflittive, quando invece dovrebbero operare per fornire un «aiuto» per favorire la conciliazione e la pacificazione tra genitori e non moltiplicare i conflitti;
le vittime sono i bambini che nessuno ascolta e tutela e tragicamente le loro piccole energie di resistenza si consumano nel dolore e nella disperazione. L'orrore nasce per gli effetti devastanti sui minori, che dovrebbero proteggere e di cui diversamente moltiplicano le sofferenze. Qualsiasi difesa è vana, viene semplicemente ignorata; non si sa come fronteggiare il giudizio del giudice minorile supportato dalle perizie delle psicologhe forensi, se supinamente ingraziandosi il giudicante o contestandolo, ma in questo caso viene messa in pericolo la condizione del minore che è il destinatario finale del provvedimento afflittivo;
appare spesso molto fragile anche la competenza dell’«educatore» molto utilizzata negli ultimi anni dai giudici minorili. L'educatore viene autorizzato ad effettuare una vera e propria invasione nella privacy della casa familiare e dei componenti la famiglia (entrambi i genitori, solo madre, solo padre, oltre ascendenti e parenti) per insegnare a madri e padri come si deve fare il genitore, quali siano le prescrizioni da adottare, quali le forme e i modi educativi, le cure e l'educazione che devono essere impartite ai figli per ottenere il parere positivo ad esercitare il ruolo di genitore. Se il parere risulta negativo il genitore ritenuto carente si deve sottoporre ad un percorso di sostegno alla genitorialità, meglio conosciuto come psicoterapia, sempre secondo l'insegnamento dell'educatore;
basterebbe applicare scrupolosamente l'articolo 8 della Cedu, Convenzione europea dei diritti dell'uomo:
«1. Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.
2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell'ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui»;
i firmatari del presente atto ritengono che la difesa dei minori sia un atto dovuto e che debba essere svelata la realtà della condizione di questi minori separati dai genitori e collocati nelle case famiglia che ha raggiunto una dimensione ed un volume di sofferenza molto preoccupante per la tenuta del tessuto sociale e dell'ordine pubblico;
la verità sul sistema della collocazione illegittima di minori nelle cosiddette strutture protette, chiuse ai controlli e alla trasparenza dovuta, atteso che enti privati gestiscono denaro pubblico, deve essere indagata con strumenti efficienti anche costituendo una commissione d'inchiesta parlamentare con effettive possibilità di indagine e con la nomina di esperti autorizzati ad entrare nelle case famiglia per un controllo ad ampio raggio anche sui conti delle entrate e delle uscite. L'affidamento dei minori a soggetti privati collocati in case famiglia può celare situazioni di grande disagio e sofferenza dei minori ospitati, come pure abusi ed illegalità, che non possono essere curati e vigilati in modo standardizzato, uguale per tutti gli ospiti; le prestazioni devono essere personalizzate attraverso un esame approfondito della singole situazioni che hanno comportato la separazione del minore dai genitori e la collocazione nella struttura a ciclo residenziale,
impegna il Governo:
1) a intraprendere iniziative, anche normative, per evitare le situazioni di abuso e di illegalità dovute alla pericolosa, irragionevole e controindicata separazione dei figli dai genitori e ridurre e limitare drasticamente questo fenomeno che ha raggiunto una dimensione allarmante, dilatando il volume del dolore della sofferenza;
2) ad assumere iniziative per garantire il diritto dei minori di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti ed evitare assolutamente che il minore venga separato dai genitori, salvo ove ricorrano gravi reati che devono essere accertati dalla autorità inquirenti;
3) a valutare se sussistano i presupposti per assumere iniziative volte a ridurre la discrezionalità e i poteri d'ufficio attribuiti al giudice precedente;
4) ad assumere iniziative per assicurare che, in caso di sospensione o decadenza della responsabilità genitoriale di entrambi i genitori, il minore sia affidato esclusivamente agli ascendenti ed ai parenti di ciascun ramo genitoriale;
5) ad assumere iniziative per assicurare che le assistenti sociali e gli altri consulenti nominati dal giudice minorile intervengano a supporto del figlio e dei genitori con incontri e colloqui che favoriscano la conciliazione e il ripristino delle condizioni di normalità, senza che il minore venga allontanato dal posto dove ha vissuto;
6) ad adottare iniziative per garantire il servizio di assistenza preventiva ed educativa, per impedire situazioni di disagio educativo, culturale e sociale, al fine di riequilibrare le relazioni familiari investite da conflitti e litigi;
7) a tutelare il diritto del minore ad avere pari condizioni e la possibilità di crescere nel contesto ambientale nel quale è nato e si è formato nei suoi primi anni di vita, che non possono essere cancellati;
8) ad assumere iniziative per avviare un percorso di sostegno per le figure che hanno avuto in affidamento temporaneo il minore allontanato dai genitori biologici, al fine del reinserimento del minore nella famiglia di origine;
9) ad intraprendere iniziative, anche normative, al fine di rivedere il sistema di formazione di psicologi, assistenti sociali ed educatori, con la necessità di superare un esame di abilitazione dopo aver frequentato Master ad hoc, e introdurre l'obbligatorietà dell'aggiornamento delle citate figure con relativa valutazione delle performance.
(1-01748) «Binetti, Buttiglione, Cera, De Mita, Pisicchio».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazione a risposta in Commissione:
CRISTIAN IANNUZZI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
il Marocco spesso è considerato il Paese più stabile del Nordafrica grazie al fatto che la monarchia marocchina, con il re Mohammed VI, ha dimostrato una certa impermeabilità sia ai movimenti estremisti sia alle cosiddette «Primavere Arabe», riuscendo a sopravvivere, fino ad ora, alle ondate di proteste e radicalismo che hanno sconvolto tutta l'Africa settentrionale dalla Tunisia all'Egitto;
tuttavia, da circa un anno, il Marocco vive sul suo territorio un movimento di protesta molto forte e il più possibile taciuto sia dalla stampa locale, sia dai grandi media internazionali. La regione del Rif, la parte settentrionale del Marocco, è infatti in stato di forte agitazione e la protesta non sembra placarsi nonostante i quasi 100 arresti subiti dal Movimento popolare e le prime condanne comminate a metà giugno: 18 mesi di carcere per 25 manifestanti con le accuse di «disturbo dell'ordine pubblico» e «raduno armato e non autorizzato»: la brutale morte di un venditore di pesce, Mohcine Fikri, in seguito all'intervento della polizia, ha indignato il Paese, sollevando proteste in tutte le città del Marocco, non soltanto per chiedere giustizia, ma soprattutto per protestare contro l'intera politica marocchina nei confronti del Nord;
la popolazione berbera del Rif, storicamente, ha sempre avuto rapporti conflittuali con lo Stato del Marocco: nel Novecento, dopo la proclamazione di indipendenza del Regno del Marocco, la regione del Rif si confermò essere un fattore di instabilità del Paese, tanto che il padre dell'attuale Re, Mohammed V, non considerò mai l'area né per gli investimenti né per migliorare le infrastrutture esistenti. Con l'ascesa al trono del figlio, c'è stata una lieve pacificazione ed anche una maggiore politica d'investimenti economici, ma non abbastanza per placare il malcontento di una regione che si sente abbandonata dal Governo centrale;
il problema fondamentale, al netto dell'uccisione del venditore di pesce, è il sentimento di malcontento e la povertà endemica della regione. Per decenni, il Rif è stato dimenticato dalle istituzioni e la vicinanza alle frontiere con la Spagna ha permesso lo sviluppo della coltivazione e del traffico di droghe: un commercio fiorente che ha rappresentato buona parte dell'economia sommersa della regione. Con la guerra alla droga promossa dal governo del Marocco e soprattutto con i controlli imposti dalla Spagna e dall'Unione europea, la regione non ha ricevuto aiuto per convertire l'economia da criminale a legale. Così la popolazione, che prima sopravviveva in buona parte grazie alla coltivazione e alla distribuzione della cannabis, ora protesta per le condizioni precarie, la mancanza di lavoro e l'incapacità di costruire una struttura sociale ed economica almeno pari a quella del resto del Marocco;
l'11 giugno 2017 ad Al Hoceima è sceso in piazza il movimento Adl Wal lhsan, (Giustizia e Spiritualità) considerato da più parti la più grande organizzazione islamista del Marocco facendo paventare il rischio che queste proteste si convertano presto nel terreno di una rivolta di matrice islamista più che sociale;
il Governo marocchino ha reagito con durezza nell'estate 2017, portando in carcere più 400 persone, con casi di sparizioni forzate: occorrerebbe che le autorità marocchine spiegassero la violenza ingiustificata e ingiustificabile contro la popolazione che ha opposto resistenza passiva –:
quali iniziative il Governo intenda promuovere, per quanto di competenza, in sede europea e internazionale, per far cessare tale spirale di violenza e favorire lo sviluppo economico del Rif e il rispetto dei diritti umani e della libertà di pensiero scongiurando eventuali infiltrazioni eversive islamiste.
(5-12723)
Interrogazioni a risposta scritta:
BRIGNONE, CIVATI, ANDREA MAESTRI e PASTORINO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per lo sport, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
a Senigallia, (An), sono presenti due piscine comunali: Saline e Molinello. Quest'ultimo impianto è strutturalmente vecchio e molto affollato da società sportive e da utenti privati;
la Polisportiva Senigallia Nuoto ha la qualifica di scuola nuoto federale e quindi la certificazione da parte della Federazione italiana nuoto (Fin);
peraltro, ad agosto scorso, la Federnuoto marchigiana, il Comitato italiano paralimpico delle Marche e la Fin hanno firmato un protocollo d'intesa finalizzato a una collaborazione che prevede uno scambio di docenti nei corsi per istruttori, nella parte dedicata al nuoto per disabili;
della Polisportiva nuoto, fanno parte numerosi atleti disabili che hanno conquistato titoli nazionali e internazionali nelle competizioni disputatesi, salendo ben sette volte sul podio di gare nazionali;
gli atleti disabili sono state concesse sei ore la settimana per potersi allenare al Molinello;
pertanto, i dirigenti della Polisportiva hanno esposto il problema all'amministrazione comunale facendo presente che l'impianto del Molinello non ha sufficiente spazio per poter allenare i ragazzi, chiedendo dunque di poter utilizzare l'impianto delle Saline;
l'utilizzo è stato negato, nonostante gli atleti disabili dovrebbero essere un vanto per la città;
a seguito di numerose rimostranze, poi, il Comune avrebbe deciso di concedere la piscina delle Saline agli atleti disabili solo la sera dalle venti alle ventidue;
risulta agli interroganti che gli istruttori e i dirigenti della Polisportiva non abbiano accettato la proposta del comune, poiché ritengono che i ragazzi debbano allenarsi in orari in cui la struttura è aperta a tutti e non a struttura chiusa, in ragione del trinomio sport, disabilità e inclusione ed anche per questioni organizzative;
infatti, la squadra di atleti disabili è composta soprattutto da minorenni e allenarsi la sera comporterebbe diverse difficoltà per le famiglie che devono accompagnarli e inoltre gli atleti dovrebbero saltare un pasto per potersi allenare;
lo sport è considerato un insegnamento di valori positivi, proprio perché è lo strumento migliore per promuovere l'integrazione delle persone con disabilità fisica;
lo sport, per i disabili, rappresenta uno strumento per far crescere l'autostima e un cammino che favorisce la speranza per il futuro, poiché permette di percepirsi come persone capaci di raggiungere traguardi;
durante la conferenza stampa tenutasi il 4 febbraio 2017 presso il salone d'onore del Coni, si è affrontato il tema dell'integrazione all'interno dello sport e per presentare il Manifesto sport-integrazione, frutto dell'accordo di programma fra Coni e Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
inoltre, nel mese di settembre 2017, è stata siglata un'intesa tra il Ministro per lo sport e il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio, Boschi, proprio con l'obiettivo di favorire, attraverso la promozione della pratica sportiva e dei suoi valori civici e sociali, il contrasto all'emarginazione e alle discriminazioni di ogni genere, favorendo l'integrazione dei disabili, delle minoranze etniche, degli immigrati e di gruppi sociali vulnerabili –:
se il Governo sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
poiché lo sport – strumento di prevenzione di disagio sociale e psicofisico e di formazione della persona – deve essere considerato un diritto di tutti, quali ulteriori iniziative s'intendano mettere in campo per la lotta all'emarginazione sociale, il contrasto delle discriminazioni e la valorizzazione di una cultura d'inclusione;
se non ritengano di dover assumere ogni iniziativa di competenza per il riconoscimento dello sport quale motore d'inclusione sociale e strumento eccellente di integrazione dei disabili, affinché non accadano più spiacevoli fatti come quelli occorsi a Senigallia.
(4-18486)
GALLINELLA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il recupero strutturale degli impianti sciistici di Frontignano di Ussita (Macerata) nei monti Sibillini appare un obiettivo ineludibile per il rilancio delle attività turistiche e ricettive dei comuni dell'alto maceratese e dell'alta valle del Nera;
la regione Marche ha votato nei giorni scorsi un atto di indirizzo per interventi strutturali sulla montagna;
una pronta ripresa delle attività sciistiche sportive del comprensorio di Frontignano aiuterebbe la ripresa dell'intero comparto turistico del versante marchigiano della Val di Chienti, così come quello del versante umbro del Nera, per le peculiari caratteristiche socio-economiche compromesse dopo il sisma del 2016;
secondo l'ultima relazione di aggiornamento del 30 marzo 2016 del piano di razionalizzazione delle società partecipate, il comune di Ussita possiede una quota del 50,49 per cento della Società Sibillini s.r.l., dopo avere acquisito le quote della comunità montana Monti Azzurri. Il pieno controllo pubblico viene assicurato dalle quote detenute dai comuni di Castelsantangelo sul Nera, Sarnano, Bolognola e Acquacanina;
l'ex sindaco Marco Rinaldi avrebbe presentato la propria candidatura a direttore d'esercizio sotto forma di consulenza gratuita. Il Consiglio di Stato, Sez. V, con la sentenza n. 4614 del 3 ottobre 2017, si è pronunciato sulla possibilità in capo alla pubblica amministrazione di procedere all'interno di un bando di gara al conferimento di incarichi professionali a titolo gratuito, e nella sentenza si legge, tra l'altro, che «al fondamento pare esservi il concetto che un potenziale contraente che si proponga a titolo gratuito, dunque senza curare il proprio interesse economico nell'affare che va a sostenere costosamente, celi inevitabilmente un cattivo e sospettabile contraente per una pubblica Amministrazione»;
a fronte di decisioni che presuppongono grossi investimenti si rende necessario rivolgere l'attenzione verso adeguate scelte manageriali che determinino una discontinuità rispetto al passato per determinare un segno nuovo negli obiettivi della società pubblica locale, ritrovando un equilibrio di bilancio che eviti la dissipazione di risorse pubbliche nazionali e locali;
prima di assumere ogni decisione al riguardo, sarebbe opportuno e necessario prioritariamente predisporre un piano industriale per la società che gestisce il complesso sciistico di Frontignano –:
quali siano gli orientamenti rispetto alla nomina del direttore di esercizio, tenuto conto che il comune è attualmente gestito da un commissario straordinario di nomina governativa;
se non si ritenga di evitare il conferimento di un incarico amministrativo in forma gratuita in palese contrasto con i princìpi della legale concorrenza dei vari professionisti del settore specifico e provvedere alla pubblicazione di un regolare bando di gara per l'affidamento dell'incarico in questione;
quali interventi finanziari siano previsti complessivamente tra i diversi soggetti istituzionali per la operatività degli impianti sciistici di Frontignano sia per gli investimenti fissi che per le spese di esercizio;
quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano promuovere per lo sviluppo dalla montagna dell'alto maceratese e dei monti Sibillini;
se non si ritenga di soprassedere alle nomine e in particolare a quella sopra richiamata che dovrebbero essere affrontante soltanto dopo lo svolgimento delle elezioni comunali della nova consiliatura di Ussita e dunque nella responsabilità dell'amministrazione comunale legittimata dal voto della comunità ussitana.
(4-18494)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazione a risposta in Commissione:
ALBANELLA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
nel mese marzo 2014 il Governo rispondeva all'interrogazione n. 5-01854 inerente al riutilizzo della cenere vulcanica derivante dalle periodiche eruzioni dell'Etna, la quale determina seri problemi per lo smaltimento e la pulizia delle aree urbane dei comuni dell'area etnea dove si deposita, poiché le strade e le piazze vengono ricoperte da oltre 30 centimetri di cenere, provocando danni ingenti all'agricoltura dei territori delle zone colpite;
nella risposta all'interrogazione, pubblicata il 18 marzo 2014, veniva evidenziato che «il Ministero dell'ambiente concorda pienamente nell'opportunità di avviare le iniziative tematiche e regolamentari per verificare e disciplinare quando, e a quali condizioni, la “cenere vulcanica proveniente dall'Eruzione dell'Etna” può essere utilizzata come prodotto nel settore dell'edilizia. Infatti tale soluzione ha una innegabile rilevanza economica per tutto il settore dell'edilizia»;
successivamente, in data 12 novembre 2014, la Camera ha approvato l'ordine del giorno con il quale impegnava il Governo pro tempore «a valutare la possibilità di avviare ogni opportuna verifica presso le strutture ministeriali competenti circa la possibilità di cessare lo status giuridico di rifiuto per la cenere vulcanica proveniente dalle eruzioni dell'Etna per essere utilmente avviata nel ciclo di recupero e riutilizzo per la produzione di materiali nel settore edilizio»;
il recupero e il riutilizzo delle ceneri vulcaniche dell'Etna potrebbe diventare un'importante attività per promuovere l'economia circolare e la sostenibilità ambientale nel territorio siciliano e più in generale a livello nazionale, come imposto dalle direttive europee e dalla sfida ai cambiamenti climatici per il quale il nostro Paese è fortemente impegnato –:
se il Ministro interrogato ritenga opportuno verificare lo stato di attuazione della procedura ministeriale di cessazione dello status giuridico di rifiuto per la cenere dell'Etna e, ove non conclusa, se intenda con urgenza porre rimedio a tale ritardo nell'espletamento della valutazione e nell'esito della procedura.
(5-12696)
Interrogazioni a risposta scritta:
SPESSOTTO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
l'inquinamento ambientale di origine aeroportuale, acustico ed atmosferico, rappresenta un fattore di rischio che, come comprovato da numerosi studi scientifici ed epidemiologici, può avere gravi ripercussioni sulla salute delle persone esposte, in particolare su quelle residenti nelle zone limitrofe agli aeroporti;
dal punto di vista della qualità dell'aria, le attività aeroportuali possono determinare l'emissione in atmosfera di sostanze inquinanti, originate principalmente dalla combustione di combustibili fossili, quali SO2, NOx, CO e materiale particolato PM10 e PM2,5, caratterizzati da una dispersione spaziale significativamente più elevata rispetto a quella tipica del traffico auto veicolare;
per quanto riguarda invece le conseguenze dell'inquinamento acustico sulla salute, un recente studio sugli effetti del rumore aeroportuale (SERA) (disponibile al sito www.ccm-network.it) ha evidenziato, valutando gli effetti del rumore e dell'inquinamento atmosferico tra i residenti nei pressi degli aeroporti di Torino-Caselle, Pisa-San Giusto, Venezia-Tessera, Milano-Linate, Milano-Malpensa e Roma-Ciampino, una associazione tra rumore di origine aeroportuale e aumento della pressione arteriosa, dell’annoyance e di disturbi del sonno, in accordo con quanto riportato nella letteratura internazionale;
in particolare, studi di laboratorio indicano che il rumore può avere un impatto sulle funzioni fisiologiche nell'uomo, tra cui alterazione del sistema nervoso autonomo e del sistema ormonale, irritabilità, stanchezza, mal di testa, alterazione della qualità del sonno, calo di performance e in generale di un'alterazione psicofisica. Nei bambini è stata inoltre documentata una riduzione delle capacità di apprendimento e delle capacità cognitive;
come evidenziato dall'Ispra, il progressivo aumento del traffico aeroportuale degli ultimi anni si è associato ad una crescente tendenza all'incremento dell'inquinamento acustico ed ambientale e delle emissioni di scarico generate dal traffico stradale, tipicamente associato alla presenza di impianti aeroportuali;
gli interventi di potenziamento delle maggiori infrastrutture aeroportuali nazionali, previsti dal piano nazionale aeroporti e dai relativi masterplan, determineranno poi, con ogni probabilità, nei prossimi anni, un forte aumento del traffico aereo nei suddetti scali, anche per effetto dell'incremento dei voli low cost;
per quanto riguarda lo scalo G.B.Pastine di Ciampino, che rimane uno dei comuni con l'inquinamento atmosferico più elevato della regione Lazio, è stato dimostrato un aumento considerevole del numero di prescrizioni di farmaci legati a malattie respiratorie e di medicine antidepressive ed un'associazione tra rumore aeroportuale, ipertensione e fastidio generato da rumore;
anche il piano di sviluppo dell'aeroporto Canova di Treviso pone numerose criticità in relazione ai rischi di un ulteriore aumento dell'inquinamento acustico ed ambientale, conseguenza del previsto incremento del numero di movimentazioni annue nel prossimo masterplan, senza che si sia peraltro ancora concluso l’iter della procedura di valutazione di impatto ambientale;
lo stesso discorso vale anche per l'aeroporto di Bergamo, in continua espansione, in relazione al quale il superamento dei limiti emissivi acustici e atmosferici previsti per legge sta creando seri problemi ai cittadini;
per quanto riguarda l'aeroporto di Venezia «Marco Polo», da anni i monitoraggi dell'Agenzia regionale per la prevenzione e protezione ambientale del Veneto (ArpaV) riscontrano il superamento costante del limite acustico comunale, specie notturno, dovuto al traffico aereo;
anche all'aeroporto di Pisa, l'Arpat ha rilevato un aumento del rumore causato dagli aerei in fase di decollo ed ha certificato «l'esistenza di una porzione dell'abitato di Pisa in cui le emissioni aeroportuali superano i limiti previsti» –:
alla luce della pressione ambientale esercitata dagli aeroporti di cui in premessa, se il Governo intenda avviare, per quanto di competenza e anche attraverso il supporto delle aziende sanitarie locali, le opportune analisi e i necessari controlli atti a rinvenire l'eventuale tossicità degli inquinanti derivanti dalle attività degli scali aeroportuali o ad essa connessi, sia dal punto di vista acustico che ambientale.
(4-18474)
PALMIZIO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il 15 novembre 2017 apre a Bologna il «FICO Eataly World», il più grande parco agroalimentare del mondo che comprende 2 ettari di campi e stalle all'aria aperta, con 200 animali e 2.000 cultivar, 8 ettari coperti con 40 fabbriche che produrranno prodotti in loco, oltre 45 luoghi di ristoro, bar e chioschi di cibo di strada e circa 9.000 metri quadrati di botteghe e mercato più diverse altre aree;
l'inaugurazione è stata concordata dal comune di Bologna, promotore del progetto, con FICO Eataly World, la società di gestione del parco, la Fondazione FICO per l'educazione alimentare e alla sostenibilità, Prelios sgr, che ha istituito e gestisce il Fondo Pai (Parchi agroalimentari italiani) per la sua realizzazione, e con CAAB - Centro agroalimentare Bologna;
il parco agroalimentare è situato a circa un chilometro e mezzo da un inceneritore, che, secondo le ultime rilevazioni, produrrebbe cadmio in quantità elevate, superando da 3 a 10 volte le quantità consentite;
si tratta di uno degli inceneritori più grandi dell'Emilia-Romagna, sito in via del Frullo 5, di proprietà della multiutility Hera e attivo sin dal 1973. Spesso all'ingresso dell'impianto i fumi avvolgono l'aria fino al cielo, producendo una coltre densa ed impenetrabile;
l'inceneritore Hera smaltisce rifiuti solidi urbani speciali e «pericolosi, catalogati anche come sanitari contagiosi», scrive Hera stessa sul suo sito. Per la presenza dell'impianto, gli oncologi di Medicina democratica, un'associazione nazionale, nel gennaio del 2012, hanno certificato «la possibilità di un aumento dei rischi di malattie tumorali a fegato, pancreas, vescica, colon, linfoma non-Hodgkin, polmone, ovaie, nonché aborti spontanei, nascite pretermine, malformazioni fetali, malattie cardiovascolari e respiratorie»;
lo stesso patron di Eataly, Oscar Farinetti, nel 2014 si espresse così sull'eventuale apertura del parco agroalimentare nella zona: «Se c'è un inceneritore che fa male alla salute di sicuro non apro perché sarei un delinquente. Se fosse vero magari può essere la motivazione per chiudere l'inceneritore... chi lo sa!» –:
se il Governo sia a conoscenza della vicenda e se non intenda urgentemente adottare tutte le iniziative di competenza per verificare, anche per il tramite del comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente e con l'ausilio dell'istituto superiore di sanità, i rischi connessi alle sostanze tossiche rilasciate nell'aria e nella zona circostante dall'inceneritore Hera, anche alla luce di un progetto incentrato sull'industria agroalimentare, sul cibo «bio» e di alta qualità in una zona in cui non sembrano esserci evidentemente le condizioni per attuarlo in piena sicurezza ed in piena salute.
(4-18487)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interrogazioni a risposta scritta:
DAGA. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
in data 21 marzo 2013 la giunta comunale di Gallicano nel Lazio (Roma) con delibera n. 32 ha approvato il progetto preliminare per la realizzazione di un cimitero da 120.000 loculi, attraverso un project financing che prevede un investimento iniziale di circa 50.000.000 euro (primo stralcio) e un totale di circa 160.00.000, da realizzare nella tenuta agro-patrimoniale di Passerano per una superficie di 60 ettari;
il piano cimiteri 2017-2021, approvato da Roma Capitale in una memoria di giunta ed elaborato in collaborazione con AMA s.p.a., su impulso dell'assessorato alla sostenibile ambientale di Roma Capitale con il dipartimento tutela ambientale, prevede l'ampliamento del cimitero laurentino e l'estensione degli impianti crematori, visto l'incremento del numero annuale delle persone che optano per la cremazione;
mal si comprende l'opportunità di stravolgere la naturale vocazione agricola e zootecnica di un territorio costruendo un cimitero di 120.000 loculi per un paese che conta, a mala pena, 6.000 abitanti;
a proporre la colata di cemento che sottrarrà 63 ettari di verde ai mille della tenuta di Passerano è un'associazione temporanea d'impresa nella quale figura anche l'AET srl di cui diviene socio di maggioranza il 19 marzo 2013 (3 giorni prima della delibera della giunta comunale n. 32/2013 del comune di Gallicano nel Lazio) Giovanni Veroni, all'epoca presidente del consiglio comunale di Gallicano nel Lazio;
l'area individuata per la realizzazione del cimitero, precisamente località Pian dei Quadri (Foglio n. 1 part. n. 34 di Ha 61.39.71, di cui si allega estratto) sita all'interno delle tenuta agro-patrimoniale di Passerano, risulta essere sottoposta a vincoli paesaggistici di cui all'articolo 134, lettera c), del decreto legislativo n. 42 del 2004 (codice del paesaggio), come area agricola identitaria, agro tiburtino-prenestino, individuato e rappresentato nella Tavola B del piano territoriale paesaggistico territoriale Lazio e classificato come paesaggio agrario di, rilevante valore nella Tavola A (articolo 24 delle N.T.A.);
l'obiettivo di tutela della citata disciplina è il mantenimento dei caratteri agricoli dell'area;
l'infrastruttura esula da strumenti di pianificazione ordinaria (piani comunali, provinciali, regionali) andando a modificare equilibri di assetti economici, sociali ed urbanistici locali;
la tenuta di Passerano produce 5000 litri di latte al giorno, carne da macellazione bovina ed olio extravergine d'oliva di qualità ed è visibile dai percorsi panoramici limitrofi della Bretella autostradale Fiano-San Cesareo, dalla via Prenestina e dalla via Polense –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
se il Governo non ritenga opportuno assumere iniziative al fine di verificare il rispetto di vincoli di carattere paesaggistico e a tutela dei beni di interesse culturale, anche alla luce dello straordinario valore del castello di Passerano, una fortezza del XIV secolo appartenuta a famiglie patrizie romane, nonché di altri ritrovamenti archeologici e studi che rendono la zona particolarmente ricca di storia;
se sia stato acquisito, nel procedimento di approvazione del project financing, il parere delle amministrazioni statali preposte alla tutela paesaggistica e dei beni culturali e se, in relazione a tali profili, si intendano assumere le iniziative di competenza per evitare la realizzazione del citato progetto.
(4-18485)
PANNARALE. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo. — Per sapere – premesso che:
il Galaxy è uno storico cinema di Primavalle, a Roma, aperto dal 1953 col nome Niagara e ristrutturato nel 1997, quando prese la sua attuale denominazione. Nel tempo è diventato per generazioni di cittadini e cittadine un irrinunciabile punto di riferimento culturale e anche simbolico dei quartieri Primavalle e Torrevecchia, peraltro in un contesto quasi del tutto privo di altre strutture culturali fruibili;
immediatamente dopo la pausa estiva, il cinema Galaxy ha interrotto la sua programmazione, rimanendo chiuso al pubblico;
tale chiusura, qualora si confermasse definitiva, rappresenterebbe una sensibile lesione del tessuto sociale del territorio e della sua memoria storica e culturale, ma anche una perdita grave per un Paese che intenda tutelare e valorizzare il prezioso patrimonio di sale storiche caratterizzate da lunga tradizione culturale e da peculiare attività cinematografica;
un comitato composto da cittadine, cittadini ed esponenti illustri del mondo della cultura si è costituito per scongiurare il rischio di chiusura definitiva o il cambio di destinazione d'uso in senso meramente commerciale e speculativo, attraverso una articolata proposta di rilancio delle attività che prevede, oltre alla ordinaria programmazione cinematografica, la costruzione di percorsi condivisi con associazioni e operatori del settore per l'allestimento di spettacoli teatrali e musicali, l'organizzazione di lezioni aperte sul modello di recenti e analoghe esperienze di successo, collaborazioni con le scuole in un'ottica di promozione di un sistema formativo integrato in un contesto territoriale piuttosto carente di presidi culturali –:
se, alla luce di quanto illustrato in premessa, il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza per l'apposizione del vincolo di destinazione d'uso e di interesse storico e artistico alla sala cinematografica Galaxy, avviandone da subito il percorso istruttorio.
(4-18488)
COESIONE TERRITORIALE E IL MEZZOGIORNO
Interrogazione a risposta scritta:
VACCARO. — Al Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
viene comunemente definita «Resto al Sud», la nuova misura che sarà gestita da Invitalia per incentivare i giovani all'avvio di attività imprenditoriali nelle regioni del Mezzogiorno;
il provvedimento, varato con il decreto-legge n. 91 del 2017, convertito con modificazioni dalla legge n. 123 del 2017, è rivolto ai soggetti di età compresa tra i 18 ed i 35 anni che presentino i seguenti requisiti: a) siano residenti in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia al momento della presentazione della domanda o vi trasferiscano la residenza entro sessanta giorni dalla comunicazione del positivo esito dell'istruttoria di cui al comma 5, in modo da incoraggiare anche quanti sono attualmente «fuori sede» a tornare al Sud; b) non risultino già beneficiari, nell'ultimo triennio, di ulteriori misure a livello nazionale a favore dell'autoimprenditorialità e che non siano già titolari di attività d'impresa in esercizio alla data del 21 giugno 2017;
la dotazione finanziaria prevista è pari a 1250 milioni di euro, a valere, sul Fondo sviluppo e coesione – programma 2014-2020 –;
sono previsti, inoltre, circa 200 milioni di euro per le Zone economiche speciali, 40 milioni di euro per favorire le politiche attive del lavoro nel Mezzogiorno, 150 milioni per il sostegno amministrativo agli enti locali e 50 milioni per favorire gli imprenditori agricoli under 40;
queste azioni come capisaldi del provvedimento d'urgenza hanno l'obiettivo di dare maggiore impulso all'economia del Mezzogiorno, alla cultura imprenditoriale e all'innovazione, in linea con il processo già avviato dal cosiddetto «decreto Mezzogiorno»;
sarà possibile presentare le domande per i finanziamenti, fino ad esaurimento delle risorse stanziate, direttamente sul sito Invitalia – soggetto gestore dei fondi – che valuterà il progetto proposto entro 60 giorni dal ricevimento. Provvederà alla relativa istruttoria, valutando anche la sostenibilità tecnico-economica della proposta progettuale;
l'incentivo prevede un finanziamento fino ad un massimo di 40 mila euro per ciascun richiedente, con una quota a fondo perduto del 35 per cento e il restante 65 attraverso un prestito a tasso zero da restituire in 8 anni;
nel caso in cui l'istanza sia presentata da più soggetti già costituiti o che intendano costituirsi in forma societaria, ivi incluse le società cooperative, l'importo massimo del finanziamento erogabile è pari a 40 mila euro per ciascun socio con un tetto massimo di 200 mila per ogni singolo progetto;
sono previste azioni di accompagnamento da parte di enti pubblici, università ed associazioni del terzo settore, a supporto di questo processo di crescita;
nello stesso spirito, per i giovani del Mezzogiorno, è possibile utilizzare beni al momento inutilizzabili. La procedura prevede che i comuni identifichino i terreni e le aree edificate di cui sono titolari che risultino in stato di abbandono da almeno 10 anni e poi, previo bando pubblico, assegnarli in concessione, fino a 9 anni, a giovani tra i 18 e 40 anni;
vengono individuati strumenti di semplificazione delle procedure adottate per la realizzazione sia degli interventi dei «Patti per lo sviluppo» nel Mezzogiorno, sia per la «Valorizzazione dei Contratti istituzionali di sviluppo»;
infine, sono previsti altri 40 milioni di euro, che consentiranno di attivare programmi formativi, gestiti dall'Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro, per la riqualificazione e la ricollocazione di lavoratori coinvolti in situazioni di crisi aziendali o settoriale;
affinché questi provvedimenti siano immediatamente operativi, hanno bisogno di specifici decreti di attuazione e di coordinamento, che dovevano essere emessi entro il 13 settembre 2017. A distanza di tre mesi, dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale – 12 agosto 2017 – della legge n. 123 del 2017 ancora nulla è dato sapere delle misure attuative –:
quali iniziative urgenti il Governo intenda adottare affinché il progetto «Resto al Sud» diventi una realtà.
(4-18496)
DIFESA
Interrogazioni a risposta in Commissione:
MASSIMILIANO BERNINI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
con decreto M_D GMIL REG2017 0439952 del 28 luglio 2017, il direttore generale della direzione generale per il personale militare del Ministero della difesa ha indetto un concorso, per titoli ed esami, per la nomina di complessivi 11 tenenti in servizio permanente nel ruolo forestale dell'Arma dei carabinieri;
la procedura concorsuale è stata appena completata; sono stati giudicati idonei complessivamente 33 candidati, 21 per i 9 posti riservati ai cittadini italiani in possesso dei prescritti requisiti e 12 per i 2 posti riservati al personale dell'Arma dei carabinieri in possesso dei prescritti requisiti;
il ruolo forestale dell'Arma dei carabinieri, istituito dal decreto legislativo n. 177 del 2016 a partire dal 1° gennaio 2017, non prevede attualmente alcun posto da tenente;
le manovre di riorganizzazione del comando unità per la tutela forestale, ambientale ed agroalimentare, stanno disegnando una struttura ibrida rispetto alla capillarità della territoriale e delle specialità dell'Arma, che presumibilmente avrà una maggiore necessità di ufficiali inferiori e subalterni;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 ottobre 2017 ha autorizzato l'assunzione di 2.033 unità nell'Arma dei carabinieri, individuate nella tabella A parte integrante del decreto;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri prevede altresì la possibilità di rimodulare i posti oggetto di autorizzazione, nei limiti delle risorse disponibili, previa richiesta al dipartimento per la funzione pubblica –:
se il Ministro interrogato ritenga opportuno predisporre una richiesta di rimodulazione delle assunzioni, nell'ambito dei 2.033 posti autorizzati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 ottobre 2017, al fine di procedere alla nomina di tutti i 33 idonei al concorso per 11 tenenti in servizio permanente nel ruolo forestale dell'Arma dei carabinieri bandito dalla direzione generale per il personale militare con decreto M_D GMIL REG2017 0439952 del 28 luglio 2017.
(5-12695)
RIZZETTO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
il sacrario militare di Redipuglia è un monumentale cimitero militare dedicato agli oltre centomila soldati italiani caduti durante la Grande guerra, che, dalla sua nascita, è amministrato dal Ministero della difesa, nello specifico dal commissariato generale per le onoranze ai Caduti;
si apprende dalla stampa, del 13 novembre 2017, che il monumento in questione è stato violato a causa di un episodio gravissimo che vede protagonista un cantante rapper, il quale ha girato un video musicale, presente sul canale You Tube, nel quale viene ripreso in cima al Sacrario mentre balla e canta;
a quanto è dato sapere, non è stata richiesta l'autorizzazione a girare il video né tanto meno concessa, tuttavia, ci si chiede come sia stato possibile eludere la vigilanza del più grande e maestoso Sacrario italiano e oltraggiare con tale azione la memoria dei connazionali che, per onorare la patria, hanno perso la vita nella prima guerra mondiale;
si ritengono, dunque, necessarie le dovute verifiche dei fatti descritti per accertare le responsabilità che hanno reso possibile un gesto di tale portata –:
quali siano gli orientamenti del Ministro interrogato sui fatti esposti in premessa;
se e quali misure di vigilanza siano previste a tutela del sacrario militare di Redipuglia;
se e quali iniziative intenda assumere in relazione all'episodio descritto in premessa e al fine di escludere azioni future che possano offendere la memoria dei militari caduti in guerra.
(5-12706)
Interrogazione a risposta scritta:
RIZZO. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
è già stata posta all'attenzione del Governo la questione del mantenimento dell'alloggio di servizio per i funzionari della giustizia militare;
in particolare l'interrogante ha presentato sul tema l'interrogazione n. 4/04189;
per altro, in ordine alla risposta del Governo a tale atto di sindacato ispettivo, si rileva che non appare chiaro il motivo per cui la risposta sia stata trasmessa solo a settembre 2017, per quanto appaia redatta a fine 2014, richiamando ancora il disegno di legge stabilità 2015;
non appare chiaro il motivo per cui sia ancora mantenuto l'alloggio di servizio (cosiddetto ASI) per i funzionari della giustizia militare;
dalla risposta fornita all'interrogante si deduce altresì che l'altra categoria di dipendenti prevista che può beneficiare dell'alloggio ASI, recentemente rimossa dall'elenco dei beneficiari (centralinista non vedente) poteva essere molto più giustificata rispetto a quella dei funzionari giudiziari militari;
appare per tanto contraddittoria e penalizzante per i dipendenti disabili la scelta di mantenere l'alloggio di servizio per il personale della giustizia e revocarlo ai lavoratori appartenenti a categorie protette;
risulta inoltre risibile la suddetta risposta con riguardo al tema della trasparenza laddove secondo l'interrogante dovrebbe essere pubblicato on line l'elenco dei beneficiari degli alloggi di servizio e risulta irrilevante il richiamo al fatto che i dipendenti della difesa possono accedere all'elenco dei titolari di alloggi posto che trattandosi di alloggi demaniali sussiste un interesse generalizzato a conoscere chi ne sono i beneficiari e tale dato non deve essere accessibile solo ai suddetti dipendenti –:
per quali motivi si continui a perpetuare l'attribuzione di alloggi di servizio ad alcune categorie di dipendenti a discapito di altre categorie protette;
se intenda, al fine di favorire una maggiore trasparenza amministrativa, provvedere a rendere pubbliche le graduatorie di assegnazione degli immobili gestiti dall'amministrazione della difesa.
(4-18479)
ECONOMIA E FINANZE
Interrogazione a risposta in Commissione:
VALLASCAS. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il quotidiano La Verità, nell'edizione del 7 novembre 2017, riportava alcune notizie in merito a un'ipotetica operazione di privatizzazione che sarebbe in procinto di essere avviata dal Ministero dell'economia e delle finanze con l'obiettivo di «incamerare due miliardi di euro»;
secondo le notizie riportate dall'articolista «fonti del ministero dell'Economia hanno fatto sapere di essere pronti entro dicembre a vendere il 4,3 per cento di Eni e tutte le quote detenute in Enav, la società che gestisce il traffico aereo»;
l'ammontare complessivo dell'operazione, secondo quanto riferito, si aggirerebbe appunto attorno ai due miliardi di euro, a cui si aggiungerebbe «il primo pacchetto di quote Enav già messo in vendita e circa 900 milioni di euro previsti dalla cessione di immobili in mano a ministeri o enti locali. In tutto, ci si avvicinerebbe a 3,4 miliardi di euro»;
per attuare il processo di privatizzazione, il Governo avrebbe individuato quale acquirente Cassa depositi e prestiti, in questo modo, riferisce il giornale, «L'operazione consente di ottenere soldi freschi in brevissimo tempo senza che i supervisori dell'Ue intervengano. Perché Cdp, pur essendo a controllo pubblico, è considerata fuori dal perimetro della Pubblica amministrazione. Il che per estensione rende agli occhi di chi ci governa la vendita un'operazione di mercato»;
il caso di osservare che, da quanto rivelato dall'articolista, emergerebbe un'operazione che non risulterebbe una mera operazione di mercato, se non altro per la natura pubblicistica dei soggetti interessati e, soprattutto, delle risorse utilizzate, visto che Cassa depositi e prestiti avrebbe la gestione di ingenti risorse, dell'ammontare di oltre 250 miliardi di euro, frutto dei risparmi raccolti da Poste Italiane;
l'operazione di privatizzazione citata solleverebbe una molteplicità di interrogativi e perplessità proprio perché basata su un capitale di rischio rappresentato in larga misura dalle risorse accumulate da piccoli risparmiatori;
ne conseguirebbe che «per far quadrare i conti della legge di bilancio» si metterebbero a rischio i risparmi degli italiani;
è il caso di ricordare che non sarebbe la prima volta che l'Esecutivo coinvolge Poste Italiane, ovvero le risorse di Poste Italiane gestite da Cassa depositi e prestiti, in operazioni che sarebbero volte a raccogliere liquidità;
lo stesso articolista riferisce che «Nel 2016 il governo aveva già conferito il 35 per cento di Poste in Cdp il rimanente 29 per cento è stato quotato a Piazza Affari) a fronte di una contropartita da 2,9 miliardi. Adesso gira alla Cassa le quote di Eni e quella di Enav»;
questa circostanza farebbe sì che i rischi di un'eventuale futura valorizzazione delle partecipazioni sarebbero in capo Cassa depositi e prestiti e, in particolare modo, ai risparmiatori –:
se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per evitare che i risparmi raccolti da Poste Italiane vengano utilizzati in operazioni di privatizzazione, come quella illustrata in premessa, che destano numerose perplessità per le alte componenti di rischio;
se non intenda verificare, per quanto di competenza, se l'operazione descritta in premessa sia in linea con i compiti e le finalità di Cassa depositi e prestiti.
(5-12703)
Interrogazione a risposta scritta:
SIBILIA e ALBERTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
da fonti di stampa si apprende dell'ennesimo caso di corruzione giudiziaria che vede coinvolti giudici di commissioni tributarie. I militari del nucleo di polizia tributaria di Bari, infatti, hanno eseguito 13 misure cautelari con le accuse di corruzione in atti giudiziari, falso e truffa in concorso, nei confronti di giudici tributari della commissione tributaria regionale Puglia e della commissione tributaria provinciale di Foggia. L'ordine di custodia cautelare è scattato anche per commercialisti e difensori delle parti interessate alle liti. Complessivamente, sono 40 le persone indagate a fronte di una compravendita di sentenze che avrebbe fruttato la somma di circa sessantamila euro. Tra gli indagati anche il giudice Lorenzo Nicastro, ex pm a Bari, attualmente in servizio al tribunale di Matera ed ex assessore all'ambiente della regione Puglia nella giunta di Nichi Vendola;
non è la prima volta che si sente parlare di compravendite di sentenze tributarie. Si ricorda il caso della commissione tributaria di Roma scoperto nel 2016 ove un'organizzazione composta, secondo l'accusa, da tredici persone (tra avvocati, commercialisti, ex dipendenti dell'Agenzia delle entrate e giudici tributari), avrebbe commesso reati di associazione per delinquere, concussione e corruzione. Ancora più noto lo scandalo che colpì nel 2012 il foro napoletano e che vide coinvolti funzionari impiegati presso le commissioni tributarie provinciale e regionale di Napoli, un membro del garante del contribuente della Campania e un funzionario dell'Agenzia delle entrate di Napoli, in un procedimento per reati di concorso esterno in associazione di stampo mafioso, riciclaggio, corruzione in atti giudiziari e falso in atto pubblico;
dalla relazione sul monitoraggio dello stato del processo tributario e sull'attività delle attuali commissioni tributarie, predisposta dal Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2016, emerge che sono pendenti innanzi ai giudici tributari di merito ben 469.048 ricorsi. La stessa relazione attesta che il valore complessivo delle controversie presentate nel 2016 nei due gradi di giudizio è di circa 31,7 miliardi di euro. A fronte di 231.713 controversie pervenute (in Commissione tributaria provinciale) e (Commissione tributaria regionale), si registra un valore medio pari a 136.907 euro;
i dati che emergono mettono in rilievo il delicato ruolo dei giudici tributari nella composizione delle liti. La loro funzione è tuttavia esercitata in una struttura giudiziaria caratterizzata da giudici non di ruolo (selezionati per soli titoli tra commercialisti, avvocati, professori universitari e magistrati ordinari), non impiegati a tempo pieno e sostanzialmente retribuiti in base al numero di cause definite: in pratica, un giudice tributario di primo grado è retribuito con un compenso di 25 euro a sentenza circa;
sebbene non si possa considerare la causa dei descritti fenomeni di corruttela (per non mancare di rispetto a quei giudici tributari, fortunatamente ancora in netta maggioranza, che quotidianamente assolvono onestamente il proprio ruolo), tale sistema certamente stimola e favorisce i tentativi di corruzione;
s'impone pertanto una seria riflessione sull'opportunità di una riforma del processo tributario, della composizione delle commissione tributarie e, soprattutto, del ruolo dei giudici tributari, da istituzionalizzare e professionalizzare, al fine di meglio garantire l'imparzialità e terzietà nel processo come previsto dalla Costituzione;
si rammenta che proprio con la delega fiscale di cui alla legge n. 23 del 2014, all'articolo 10, si delegava il Governo a riformare le commissioni tributarie e la composizione dei collegi giudicanti «con connessa disciplina dei requisiti di professionalità», nell'ottica di una istituzionalizzazione del ruolo dei giudici tributari al pari delle altre giurisdizioni –:
quali iniziative normative intenda assumere per arginare i descritti fenomeni corruttela, posto che, ad avviso degli interroganti non appare pienamente affidabile e impermeabile a episodi come quelli descritti l'attuale struttura giudiziaria preposta alla gestione delle liti tributarie.
(4-18500)
GIUSTIZIA
Interrogazione a risposta in Commissione:
CRISTIAN IANNUZZI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
la carenza di magistrati presso il tribunale di Latina è ormai cronica;
già nel mese di luglio 2017 l'interrogante ha denunciato il fatto che 14 magistrati dei 40 in servizio presso il tribunale risultavano in ferie o assenti;
la situazione è ancora più grave presso la sezione lavoro, nella quale al momento è in servizio un solo giudice togato e due GOT (giudici onorari non specializzati). Tale situazione provoca il rinvio sine die dei numerosi procedimenti pendenti e la mancata assegnazione di quelli nuovi;
a riprova di ciò, la dott.ssa Marotta, unico giudice togato al momento in servizio, con provvedimento del 9 novembre 2017, ha disposto il rinvio dei procedimenti da trattarsi alle udienze del 14 novembre 2017 e del 30 novembre 2017 alle udienze del 18 ottobre 2018 e del 9 ottobre 2018. Ciò significa un rinvio di quasi un anno per la trattazione di procedimenti che riguardano diritti (e spesso retribuzioni non corrisposte) dei lavoratori;
nel contesto di una così generale sofferenza, si assiste ad un utilizzo generalizzato ed eccessivo della magistratura onoraria, cui peraltro vengono spesso affidati funzioni di tenuta solo formale delle attività;
tra l'altro, la legge n. 51 del 1998 ha regolato le attribuzioni e le competenze dei giudici onorari di tribunale, introducendo il nuovo articolo 43-bis dell'ordinamento giudiziario che prevede che i GOT (magistrati non togati) non sono abilitati a trattare la materia «lavoro e previdenza»: pertanto l'affidamento ai GOT dei ruoli del lavoro costituisce una mera operazione del tutto inidonea a fronteggiare la gravità della situazione venutasi a creare nella sezione lavoro del tribunale di Latina e infatti sovente l'udienza con i GOT, in occasione della loro temporanea supplenza ad un magistrato togato, si riduce a mero rinvio senza impulso ad alcuna attività;
il Presidente del tribunale di Latina, in un incontro avuto nei giorni scorsi con il presidente dell'ordine degli avvocati del capoluogo pontino, ha comunicato che entro la fine del mese di novembre prenderà servizio, alla sezione lavoro, un magistrato togato, mentre, tra aprile e maggio 2018, arriverà anche un magistrato ordinario in tirocinio;
anche a voler credere alle parole del Presidente del tribunale, ciò significa che bisognerà aspettare sei mesi per avere solamente 3 magistrati togati, di cui uno tirocinante, rispetto ai 5 attualmente in pianta organica;
va altresì ricordato in tale sede che l'organico complessivo dei magistrati presenti nel tribunale di Latina è fortemente sottodimensionato, dal momento che mancano 14 giudici rispetto a quelli previsti dalla pianta organica ufficiale –:
se il Ministro interrogato non ritenga di dover intervenire con urgenza al fine di assumere le necessarie iniziative di competenza per risolvere la gravissima carenza di organico che affligge la sezione lavoro del tribunale di Latina;
quali iniziative intenda adottare atte a fronteggiare e risolvere «l'emergenza giustizia» nel territorio pontino.
(5-12727)
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VIII Commissione:
PASTORELLI e GALGANO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la E78 è una strada di classe A di 290 chilometri, di cui 15 in Umbria, che collegherà Grosseto con Fano;
molti tratti presentano caratteristiche di viabilità ordinaria, ma, al termine dell'adeguamento, si arriverà ad un corridoio, con caratteristiche di superstrada, definito SGC dei Due Mari;
nel 2013 le regioni Marche, Umbria e Toscana hanno costituito con Anas una società pubblica per la realizzazione dei tratti mancanti. Abbandonata l'ipotesi del regime di finanza di progetto, il costo ipotizzato era di circa 680 milioni di euro per la tratta toscana e di circa 520 milioni di euro per la tratta umbra;
in particolare, per il tratto umbro è previsto il collegamento tra E78 ed E45 tramite la galleria della Guinza, da Selci-Lama a Parnacciano, fondamentale per il rilancio dell'Altotiberino;
il 5 settembre 2017 l'Anas ha ufficializzato una ipotesi di studio progettuale, a valere sul piano pluriennale degli investimenti 2016-2020, che prevede, con un investimento di 100 milioni di euro, l'adeguamento a 2 corsie del tratto Selci Lama (E45)-Parnacciano (Guinza) e ben 7 rotonde in soli 10 chilometri. Invece i tratti della E78 che non ricadono nel territorio umbro sono tutti a 4 corsie;
il 21 settembre 2017 il Governo, rispondendo all'interrogazione n. 5-12232 presentata dagli interroganti, ha ufficializzato gli stanziamenti per i vari lotti da realizzare per completare la E78, evidenziando che gli interventi sono stati inseriti nel piano pluriennale 2016-2020 per un investimento complessivo di 552 milioni di euro, di cui 190 a valere sul Fondo di sviluppo e coesione e 123 sul Fondo unico Anas;
emerge tuttavia una discrepanza sulle risorse stanziate a copertura dell'investimento complessivo, in quanto se l'importo stimato del progetto è di 522 milioni di euro e sono disponibili soltanto 190 milioni a valere sul FSC e 123 milioni a valere sul FUA, pari ad un totale di 313 milioni di euro, mancherebbero oltre 200 milioni di risorse finanziarie;
l'Umbria, penultima regione italiana per perdita di prodotto interno lordo, sconta anni di mancati investimenti sulle infrastrutture che l'hanno resa scarsamente attrattiva per gli investitori. Il completamento della E78 è, quindi, fondamentale per il collegamento con il Mar Tirreno, considerati i benefìci per il rilancio dell'economia –:
quali iniziative il Governo intenda adottare affinché sia modificato il progetto di Anas riportando, per il tratto umbro, la strada da due a quattro corsie, vista l'importanza strategica che la E78 riveste a livello nazionale e locale, e quale sia l'esatto ammontare delle risorse per il completamento dell'opera.
(5-12711)
BORGHI, FANUCCI, BINI e PARRINI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il tema della sistemazione del casello di Montecatini Terme e della sua connessione con la viabilità locale è stato già oggetto di un accordo tra Stato e regioni nel 2000, ma ancora non si è ottenuto nulla di conclusivo;
con riferimento agli sviluppi più recenti, nel protocollo di intesa sugli interventi di Autostrade per l'Italia nel territorio della regione Toscana, sottoscritto il 4 agosto 2011 tra Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Anas, regione Toscana, enti locali ed Autostrade per l'Italia, l'intervento di messa in sicurezza dello svincolo di Montecatini Terme veniva inserito nell'ambito dell'intervento di realizzazione terza corsia sulla A11, nel tratto Firenze-Pistoia;
il progetto preliminare, che prevede una sistemazione basata su due rotatorie ravvicinate, è stato presentato il 28 novembre 2014 ed è stato esaminato congiuntamente da provincia, regione e comuni interessati con parere sostanzialmente favorevole;
in occasione della trasmissione al comune di Pieve a Nievole del progetto della terza corsia Firenze-Pistoia, nel quale la sistemazione del casello non è presente, il comune ha chiesto chiarimenti ad Autostrade per l'Italia la quale ha risposto in data 14 settembre 2016 che «per quanto riguarda tale intervento di sistemazione viaria, si precisa che il relativo layout progettuale è tuttora all'esame del concedente Ministero infrastrutture e trasporti», aggiungendo che in ogni caso l'intervento di ampliamento alla terza corsia poteva essere integrato con la sistemazione del casello, sulla base delle indicazioni che sarebbero pervenute dal Ministero medesimo nell'ambito della conferenza di servizi da convocare sulla terza corsia;
tenuto conto del raddoppio ferroviario che interessa anche il territorio del comune di Pieve a Nevole e la conseguente viabilità sostitutiva del passaggio a livello che cambierà fotografia al Paese, mantenendo le criticità all'uscita del casello autostradale se non risolte con le rotonde di cui trattasi, si rende ancora più urgente e indispensabile provvedere in tempi brevi alla realizzazione delle stesse, in modo da scongiurare ulteriori criticità di traffico in quella zona;
a breve si terrà la conferenza di servizi sul progetto della terza corsia autostradale Firenze-Pistoia –:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di garantire che la realizzazione delle due rotonde all'uscita del casello di Montecatini Terme venga inserita nell'intervento legato alla realizzazione della terza corsia nel tratto Firenze-Pistoia e che il progetto venga discusso in sede di conferenza di servizi sulla A11.
(5-12712)
PELLEGRINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il via libera ai lavori della prima tratta del terzo megalotto della strada statale 106 «Jonica» è avvenuta con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 178 del 1° agosto 2017, della delibera di approvazione del Cipe n. 41/2016, del progetto definitivo del primo tratto di circa 18 chilometri dall'innesto con la strada statale 534 a Roseto Capo Spulico, per un costo di 276 milioni di euro;
il consiglio superiore dei lavori pubblici ha, inoltre, dato parere favorevole al progetto della seconda tratta, anch'essa di circa 18 chilometri, per un costo di 958 milioni di euro, che è stato oggetto di revisione da parte di Anas in accoglimento delle prescrizioni dello stesso Consiglio superiore dei lavori pubblici e dei Ministeri competenti, e che sarà sottoposto all'approvazione del Cipe;
l'opera interessa i comuni di Cassano allo Jonio, Francavilla Marittima, Cerchiara di Calabria, Villapiana, Trebisacce, Albidona, Amendolara e Roseto Capo Spulico, in provincia di Cosenza; lungo il tracciato del 3° megalotto saranno realizzati: 6 svincoli, Sibari, Cerchiara di Calabria-Francavilla, Trebisacce sud, Albidona-Trebisacce Nord, Roseto sud e Roseto nord; 3 gallerie naturali per una lunghezza complessiva di 4,8 chilometri; 10 gallerie artificiali per 3,2 chilometri; 21 tra ponti e viadotti per una lunghezza complessiva di 7 chilometri e 16 cavalcavia;
la realizzazione di un terzo megalotto relativo alla strada statale 106 presenta molteplici aspetti negativi a partire dal mancato coinvolgimento della popolazione, di fatto all'oscuro di tale opera che ha un forte impatto ambientale per il paesaggio ad esempio del comune di Amendolara, in quanto la parte che passa da contrada Lista è prevista tutta in trincea per una larghezza di quasi 80 metri e sono previsti tre mega viadotti sui torrenti Ferro, Straface e Avena;
da parte dei cittadini e delle associazioni locali da tempo si era proposto il raddoppio e ammodernamento dell'attuale strada statale 106 ed il contestuale potenziamento della rete ferroviaria, che avrebbe consentito il risparmio di consistenti risorse economiche e l'utilizzo delle stesse in politiche di valorizzazione del territorio a favore anche dell'aumento dei livelli occupazionali –:
per quali motivi non sia stata presa in considerazione la proposta di raddoppio e ammodernamento dell'attuale strada statale 106 e di contestuale potenziamento delle rete ferroviaria, in luogo del terzo megalotto della strada statale 106 «Jonica» proposta che ancora oggi potrebbe portare ad una revisione del megalotto da oltre un miliardo di euro.
(5-12713)
DE ROSA, BUSTO, DAGA, MICILLO, TERZONI e VIGNAROLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la variante al vigente piano integrato di intervento inerente all'ambito territoriale denominato «Bettola», compreso tra la tangenziale nord A52, la strada statale 36, l'autostrada A4 e la strada provinciale 58 via Valtellina in comune di Cinisello Balsamo, è stata definitivamente approvata con delibera di giunta comunale n. 216 del 28 settembre 2017;
l'intervento oggetto della variante prevede nuove superfici a destinazione commerciale e a beneficio del settore terziario per oltre 200.000 metri quadrati, la realizzazione all'interno del comparto del capolinea della metropolitana M1, nonché in previsione la costruzione della M5 lateralmente al centro commerciale, con considerevole aumento del flusso di traffico veicolare nel quadrante interessato, che già si caratterizza per un transito giornaliero di oltre 300.000 veicoli, e ricadute sulla viabilità nazionale in prossimità dello svincolo di Sesto S. Giovanni (Cinisello Balsamo);
le criticità indotte dalla realizzazione dell'intervento, ripetutamente segnalate dalla cittadinanza nelle fasi procedimentali di approvazione della variante, sono state da ultimo confermate da Autostrade per l'Italia s.p.a. con nota ASPI/RM/2017/0013980/EU del 18 luglio 2017;
in riferimento al potenziamento della quarta corsia dinamica della A4 Torino-Trieste, nella predetta nota si afferma che «a seguito degli approfondimenti trasportistici dello svincolo autostradale di Sesto S. Giovanni, oggetto peraltro di specifica riunione presso la Direzione Generale Infrastrutture e Mobilità della Regione Lombardia, è emerso che la configurazione prevista nel PII pubblicato, potrebbe essere causa della crisi del sistema viabilistico dello svincolo autostradale e dell'area urbana circostante, con particolare gravità a riguardo dell'innesto sulla SS36 in direzione Lecco»;
la configurazione del sistema viabilistico recepito nella variante approvata, formata dall'autostrada A4 Torino-Trieste, dalla tangenziale nord A52, dalla strada statale 36 e dalla strada provinciale 58 via Valtellina, rappresenta un aggravio per la viabilità nazionale in ragione dei flussi di traffico coinvolti –:
quali iniziative di competenza intenda assumere per scongiurare la possibile crisi del sistema viabilistico dello svincolo autostradale e dell'autostrada A4, della tangenziale nord A52 e della strada statale 36, fornendo risposte puntuali alle preoccupazioni dei cittadini e delle comunità interessate.
(5-12714)
LABRIOLA e VELLA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
si apprende dalla stampa che alcuni ricercatori dell'università canadese della Columbia Britannica hanno messo a punto un nuovo materiale «progettato su scala molecolare per essere forte, malleabile e duttile, simile all'acciaio», la cui applicazione come rivestimento sulle superfici di edifici vulnerabili ne aumenta la resistenza ai terremoti;
i ricercatori utilizzeranno questo materiale per la prima volta nell'ambito di un intervento antisismico in una scuola elementare di Vancouver;
questo materiale, che combina il cemento con fibre a base di polimeri, ceneri volanti e altri additivi industriali, è stato progettato per resistere ad intensità elevate quanto la magnitudo 9.0 del sisma che nel 2011 ha colpito la regione giapponese del Tohoku, causando il disastro di Fukushima;
i ricercatori sostengono che, sostituendo il 70 per cento del cemento con le ceneri volanti, che sono un sottoprodotto industriale, si può riuscire a ridurre i gas serra: infatti, la produzione di una tonnellata di cemento genera quasi una tonnellata di CO2 –:
se il Ministro interrogato non ritenga di dover approfondire ed eventualmente sostenere la sperimentazione di sostanze che, utilizzate nell'ambito dei lavori pubblici e della realizzazione delle infrastrutture anche connesse ai trasporti su gomma o su rotaie, possono determinare effetti positivi sia sulla qualità e sulla salvaguardia dell'ambiente che sulla sicurezza in relazione al rischio sismico.
(5-12715)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
MOGNATO, MURER e ZOGGIA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
in data 7 novembre 2017 si è tenuto a Roma il «Comitato di indirizzo, coordinamento e controllo» ex articolo 4 della legge 29 novembre 1984, n. 798, meglio noto come «Comitatone»;
all'ordine del giorno del Comitatone era iscritta, tra l'altro, l'individuazione dell'alternativa al transito delle grandi navi dal bacino di san Marco e dal canale della Giudecca a Venezia, secondo quanto previsto dal cosiddetto decreto «Clini-Passera»;
tale argomento è di eccezionale importanza per la città di Venezia ed è pertanto interesse prioritario che tutti gli elementi che hanno costituito base delle valutazioni finali assunte dal Comitatone godano della più ampia pubblicizzazione e trasparenza, secondo il principio della «casa di vetro» cui ogni amministrazione deve conformarsi;
nel documento finale si citano, tra gli atti procedimentali su cui si fonda il provvedimento finale, «un'analisi multicriteria delle alternative per la crocieristica di Venezia, una perizia di esperti indipendenti per la validazione della metodologia degli analisti AdSP-MAS sulla qualità dei dati nonché una relazione sul traffico marittimo nel porto di Venezia unitamente alla stima della capacità del canale Malamocco- Marghera», atti trasmessi al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti con nota n. 11746 del 12 novembre 2017 da parte dell'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico settentrionale;
nello stesso documento finale si citano gli «elementi ostativi all'assoggettamento del progetto di realizzazione del nuovo scalo per navi da crociera a bocca del porto di Lido a VIA semplificata ai sensi degli articoli 165 e 182 ss. del decreto legislativo n. 163 del 2006» trasmessi con nota n. 6538 del 5 maggio 2017 dall'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico settentrionale –:
quando e come il Ministro interrogato, al fine di assicurare la più ampia trasparenza e pubblicizzazione delle decisioni assunte e del percorso tracciato dal «Comitatone» nella seduta del 7 novembre 2017, intenda rendere disponibili le sopra citate note n. 11746 del 12 novembre 2017 e n. 6538 del 5 maggio 2017 redatte dall'Autorità di sistema portuale del mare Adriatico settentrionale.
(5-12693)
SPESSOTTO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
il decreto-legge n. 145 del 2013 «Destinazione Italia», convertito, con modificazioni, dalla legge n. 9 del 2014, è intervenuto in materia di accordi stipulati dalle società di gestione degli aeroporti con i vettori aerei, prevedendo l'obbligo di espletamento di procedure concorrenziali per la scelta, da parte dei gestori aeroportuali, dei vettori ai quali erogare contributi, sussidi o altre forme di emolumento per lo sviluppo delle rotte aeree;
in base a quanto previsto dalla normativa europea e in subordine da quella nazionale (decreto «destinazione Italia» e successive linee guida) entro il 31 gennaio di ogni anno le società aeroportuali devono comunicare ad Enac l'ammontare di tutti contributi concessi dalle società aeroportuali ai vettori nell'anno precedente, anche sotto forma di contratti di co-marketing, ovvero «iniziative di promozione territoriale e attività turistica», pagate in cambio di voli quotidiani che portano passeggeri;
come denunciato a più riprese dal M5S, in assenza di una chiara disciplina sanzionatoria, tale obbligo di comunicazione viene sistematicamente disatteso dai gestori aeroportuali, di fatto inadempienti, dato questo confermato anche dal presidente dell'Enac, Vito Riggio, nel corso della sua audizione in Commissione trasporti alla Camera dei deputati nel mese di ottobre 2017 e confermato con un successivo comunicato stampa (http://moduliweb.enac.gov.it);
negli ultimi anni, nonostante gli indirizzi comunitari e nazionali in relazione ai principi di trasparenza e competitività per lo sviluppo delle rotte aeree, grazie alla conclusione di contratti di co-marketing tra gestori aeroportuali e vettori, con la compartecipazione di regioni, province e comuni, le compagnie low cost hanno goduto di contributi pubblici – stimati intorno ai 100 milioni di euro annui circa – giunti attraverso «fondi di sviluppo rotte e marketing» stanziati dagli aeroporti italiani;
il Ministro interrogato su questo punto dal M55 in Aula alla Camera nel mese di aprile 2017, non ha fornito un elenco aggiornato ed esaustivo degli scali aeroportuali italiani che hanno attualmente in corso accordi di co-marketing, con l'indicazione dei relativi finanziamenti, ma si è limitato a comunicare una cifra approssimativa di 40 milioni di euro;
in particolare, non risultano accessibili i dati relativi all'ammontare degli eventuali contributi pubblici percepiti a titolo di co-marketing dai vettori aerei per quanto riguarda lo scalo aeroportuale «G. B. Pastine» di Ciampino;
neanche il presidente dell'Enac, sollecitato su questo specifico punto dal deputato del M5S Paolo Nicolò Romano, ha saputo rispondere alla domanda relativa ai contributi pubblici goduti dalla compagnia low cost Ryanair nello scalo romano di Ciampino, attraverso «fondi di sviluppo rotte e marketing»;
insieme agli scali di Treviso e Bergamo, l'aeroporto «G. B. Pastine» di Roma Ciampino rappresenta uno dei principali scali italiani per traffico di voli Ryanair e, anche a causa di questo intenso traffico, lo scalo soffre di gravissimi problemi socio-sanitari ed ambientali che mettono rischio la salute degli stessi cittadini –:
se il Ministro, anche alla luce delle ultime dichiarazioni dallo stesso rilasciate in merito ad una imminente pubblicazione del quadro complessivo relativo sia agli aiuti ai vettori sia alle operazioni di comarketing, intenda fornire dati aggiornati in merito all'ammontare dei contributi pubblici erogati negli ultimi anni per l'avviamento e lo sviluppo di rotte aeree a favore dei vettori low cost che operano nello scalo romano di Ciampino.
(5-12704)
Interrogazioni a risposta scritta:
VALLASCAS. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto riportano alcuni organi di stampa locali, il Coordinamento territoriale per la Sardegna dell'Anas avrebbe approntato un nuovo piano operativo — non ancora approvato dal Coordinamento nazionale — che sarebbe stato illustrato nelle scorse settimane alle organizzazioni sindacali;
in particolare, secondo quanto emergerebbe da un articolo pubblicato sull'edizione del 7 novembre 2017 dell’Unione Sarda, tra le altre cose, il citato piano prevederebbe un declassamento di numerose arterie viarie della Sardegna al fine di produrre anche un declassamento di protocolli e standard minimi di manutenzione; si passerebbe dagli attuali interventi di manutenzione a interventi di sorveglianza, con una conseguente riduzione degli organici necessari alla gestione;
nel dettaglio, l'articolista riferisce che «Le manutenzioni su 1500 chilometri di strade a due corsie verranno riorganizzate e ridotte a una semplice sorveglianza e le opere saranno affidate a imprese esterne»;
in tale modo, secondo quanto sosterrebbero i rappresentanti sindacali, l'Anas risolverebbe il problema dell'insufficienza degli organici, infatti, «senza il declassamento sarebbero necessari circa 220 addetti, contro gli attuali 156. E presto il numero si ridurrà a circa 100 addetti, per i pensionamenti previsti tra il 2017 e il 2018»;
con il nuovo piano passerebbero dalla classificazione «B» al rango «C» «la Statale 387 che collega Cagliari a Muravera, l'Orientale sarda, la vecchia Sassari-Alghero, la Trasversale Orosei-Macomer e tante altre. Circa la metà della rete sarda a due corsie sarebbe interessata dalle nuove disposizioni»;
è il caso di richiamare l'attenzione sul grave stato della rete viaria della Sardegna caratterizzata, soprattutto per quanto concerne la rete di secondo livello, da infrastrutture di vecchia concezione, ormai inadatte e insufficienti, e da una pressoché totale assenza di interventi di manutenzione in misura tale che si potrebbe parlare addirittura di vera e propria incuria, se non di stato di abbandono, per una molteplicità di strade della Sardegna;
giova inoltre ricordare che questa situazione ricade in un contesto in cui, non solo la mobilità nell'isola si svilupperebbe esclusivamente su gomma, ma si registrerebbe anche un progressivo e repentino spostamento dei servizi dalle zone interne ai centri principali con un conseguente incremento del traffico veicolare;
a questo proposito è il caso di riferire che il riordino della rete ospedaliera proposto dalla regione Sardegna prevederebbe una radicale riduzione dei presidi sanitari nelle zone interne, circostanza che necessiterebbe di una moderna e funzionale rete stradale;
è il caso di segnalare che l'inadeguatezza della rete di alcune ampie porzioni del territorio sardo, come la regione storica del «Goceano», non permetterebbe di applicare e rispettare i protocolli del 118 per gli interventi extraurbani;
un declassamento di buona parte delle strade della Sardegna, al fine di ridurre considerevolmente gli interventi di cura e manutenzione, desta legittime preoccupazioni per le particolarità del contesto in cui il provvedimento avrebbe effetti, dove, come precedentemente illustrato, sarebbero aumentate le esigenze di mobilità e, nel contempo, si sarebbe registrata una preoccupante riduzione della qualità e delle condizioni della rete viaria regionale –:
se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per evitare che, attraverso un piano di declassamento delle strade, l'Anas riduca ulteriormente la già insufficiente attività di manutenzione della rete viaria della Sardegna;
se non intenda farsi promotore, per quanto di competenza, di iniziative, anche di natura normativa e finanziaria, per rafforzare gli interventi sia di riqualificazione sia di manutenzione della rete viaria della Sardegna, con particolare riguardo alla rete di secondo livello.
(4-18475)
BOCCADUTRI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 16-bis del decreto-legge 20 giugno 2017, n. 91, recante disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno, convertito dalla legge 3 agosto 2017, n. 123, ha previsto l'istituzione di un tavolo per il riordino della disciplina dei servizi automobilistici interregionali di competenza statale;
la norma ha disciplinato anche la composizione del tavolo, prescrivendo la partecipazione di rappresentanti del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministero dello sviluppo economico, delle associazioni di categoria del settore maggiormente rappresentative e del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti (Cncu), nonché di un rappresentante di ciascun operatore privato che opera in almeno quattro regioni e che non aderisca alle suddette associazioni;
secondo il dettato della disposizione in parola, l'istituzione del tavolo sarebbe dovuta avvenire con decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, entro il 30 ottobre 2017;
il 29 settembre 2017 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha sottoposto a consultazione pubblica uno schema di decreto ministeriale recante il riordino dei servizi automobilistici di competenza statale;
l'istituzione del tavolo di cui in premessa è precipuamente volta ad individuare i principi e i criteri per il riordino della disciplina dei servizi automobilistici interregionali di competenza statale, avendo specifico riguardo alla tutela della concorrenza e dei viaggiatori nonché alla garanzia di adeguati livelli di sicurezza del trasporto interregionale –:
se i Ministri interrogati non ritengano di procedere all'adozione del decreto istitutivo del tavolo per il riordino della disciplina dei servizi automobilistici interregionali di competenza statale e alla successiva convocazione dello stesso, in considerazione dell'importanza di tale iniziativa per il settore di riferimento, e quali ne siano le tempistiche.
(4-18492)
GRIMOLDI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la superstrada Vigevano-Malpensa è una delle opere più attese dal territorio in quanto rappresenta un nodo strategico per il comprensorio dei comuni Vigevano, Abbiategrasso, Magenta;
si tratta di un'infrastruttura importantissima, sia per risolvere gli annosi problemi di viabilità e i congestionamenti da traffico, sia per favorire gli investimenti e i collegamenti strategici, a partire da quello con l'aeroporto di Malpensa tratto quest'ultimo già realizzato;
l'opera risulta già finanziata; il progetto preliminare è stato già approvato da parte del Cipe e il progetto definitivo ha ricevuto il parere positivo, con alcune prescrizioni, del Consiglio superiore dei lavori pubblici nell'adunanza del 27 luglio 2017;
il giornale L'informatore del 19 ottobre 2017 riporta le dichiarazioni del viceministro Nencini all'assemblea di Confindustria, in merito alla disponibilità di 220 milioni di euro per la superstrada, alla necessità di ultimare in tempi brevi l'integrazione del progetto, secondo le prescrizioni del Consiglio superiore dei lavori pubblici, e alla chiusura della conferenza di servizi;
occorre la convocazione urgente da parte dell'Anas dei comuni interessati dalle variazioni progettuali per poter concludere la conferenza di servizi, e inviare il progetto al Cipe per l'approvazione definitiva e per la conseguente messa in appalto dell'opera;
trascorsi i mesi di settembre e ottobre 2017 senza sviluppi né notizie in merito alla conferenza di servizi sopra citata, i sindaci del comprensorio si dichiarano molto preoccupati, anche in considerazione dello stato avanzato dei lavori relativi al ponte sul Ticino, opera quest'ultima collegata alla superstrada e in attesa di conclusione entro la fine del 2018;
il giornale la Provincia pavese del 5 novembre 2017 riporta la richiesta dei sindaci interessati in merito alla certezza sui tempi di realizzazione della superstrada, inviata al Ministro il 20 ottobre 2017; infatti, l'opera risulta sostenuta da 6 comuni per un totale di 132.389 abitanti e da tutte le categorie produttive del comprensorio che evidenziano una perdita per il mancato sviluppo del territorio, pari a 130 milioni di euro, conseguente all'eventuale mancata realizzazione dell'opera –:
se il Ministro interrogato intenda adoperarsi, per quanto di competenza, affinché l'Anas convochi al più presto i comuni interessati dalle variazioni progettuali prescritte dal Consiglio superiore dei lavori pubblici, ai fini della conclusione della conferenza di servizi, dell'approvazione definitiva del progetto da parte del Cipe e della conseguente messa in appalto dell'opera.
(4-18497)
INTERNO
Interrogazioni a risposta in Commissione:
BENAMATI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
il decreto legislativo n. 334 del 2000 (articolo 14, comma 1) ha istituito il ruolo direttivo speciale della polizia di Stato, equiparandolo a quello dei carabinieri, della Guardia di finanza e della polizia penitenziaria, che doveva essere costituito con 5 concorsi annuali a partire dal 2001 fino al 2005 per un totale complessivo di 1.300 posti riservati agli ispettori della polizia di Stato con requisiti e anzianità di servizio secondo quanto previsto negli articoli 24 e 25 del decreto stesso;
tali concorsi però non sono mai stati banditi determinando un grave danno economico per gli ispettori superiori della polizia di Stato, i quali erano già così inquadrati ancor prima del riordino delle carriere;
nel 2005 si è aggiunto l'articolo 1, comma 261, della legge n. 266 del dicembre 2005 (finanziaria 2006) aggravando la disparità tra carabinieri, Guardia di finanza e polizia penitenziaria, poiché veniva sospesa l'applicazione dell'articolo 24 del decreto n. 334 del 2000 che prevedeva una disciplina transitoria (dietro emanazione di appositi decreti a cura del capo della polizia) per l'attribuzione delle funzioni di vice dirigenza a sostituti commissari nelle more dell'emanazione di nuove norme di riordino del personale delle forze di polizia ad ordinamento civile e militare;
dopo 12 anni, tutto ciò non è avvenuto, nonostante la decisione del Consiglio di Stato assunta con sentenza del 22 ottobre 2005, n. 5251, che chiariva la posizione dell'amministrazione dell'interno la quale non poteva rimanere inerte sine die, senza provvedere agli adempimenti di legge e adottare provvedimenti previsti dall'articolo 1, comma 261, lettera a), della legge n. 266 del 2005;
nel 2015, circa 1600 ispettori di polizia di Stato hanno presentato un nuovo ricorso al Tar Lazio richiedendo l'attuazione delle disposizioni transitorie per l'accesso al ruolo direttivo speciale della polizia, di cui all'articolo 25 del decreto legislativo n. 334 dell'ottobre 2000, al fine di costituire il ruolo direttivo speciale;
il Tar, con sentenza del 2 febbraio 2016 n. 01439/2016, ha accolto la richiesta dichiarando fondato l'obbligo per l'amministrazione della pubblica sicurezza di provvedere entro il termine di 90 giorni;
con il decreto legislativo n. 95 del 29 maggio 2017 (attuativo della legge delega «Madia» 7 agosto 2015, n. 124) è stato istituito il nuovo «ruolo direttivo a esaurimento della polizia di Stato» che sostituisce l'abrogato ruolo direttivo speciale della polizia di Stato;
il ruolo direttivo ad esaurimento non sarebbe però rispondete agli auspici degli ispettori della polizia di stato, così come contenuti nella domanda N.R.G. 7489 al Tar Lazio;
il ruolo direttivo speciale della polizia di Stato, istituito nel 2000, prevedeva infatti uno sviluppo di carriera fino alla qualifica di vice questore aggiunto e trattamento economico da colonnello dopo 13 anni, mentre il ruolo direttivo ad esaurimento odierno prevede uno sviluppo massimo di carriera fino all'inferiore qualifica di commissario capo;
il nuovo ruolo direttivo ad esaurimento non risponderebbe, inoltre, allo spirito di equiordinazione indicato nella legge delega «Madia»;
il transito dei candidati dall'attuale qualifica di sostituto commissario coordinatore a vice commissario del ruolo direttivo ad esaurimento determinerebbe, infine, una retrocessione economica dei vincitori –:
se il Governo non ritenga di assumere iniziative per correggere il decreto legislativo n. 95 del 2017 alla luce delle problematiche esposte in premessa.
(5-12697)
LUIGI GALLO, COLONNESE, CASO, MICILLO e BUSTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
la legge 7 aprile 2014, n. 56, cosiddetta Delrio, recante «Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni» prevede, al comma 22 dell'articolo 1, che «per le sole città metropolitane con popolazione superiore a tre milioni di abitanti, è condizione necessaria, affinché si possa far luogo ad elezione del sindaco e del consiglio metropolitano a suffragio universale, che lo statuto della città metropolitana preveda la costituzione di zone omogenee, ai sensi del comma 11, lettera c), e che il comune capoluogo abbia realizzato la ripartizione del proprio territorio in zone dotate di autonomia amministrativa, in coerenza con lo statuto della città metropolitana»;
al comma 44 dello stesso articolo di legge viene stabilito che tra le funzioni fondamentali delle città metropolitane sono previsti: «l'adozione e l'aggiornamento annuale di un piano strategico triennale del territorio metropolitano, che costituisce atto di indirizzo per l'ente e per l'esercizio delle funzioni dei comuni e delle unioni di comuni compresi nel predetto territorio, anche in relazione all'esercizio di funzioni delegate o assegnate dalle regioni, nel rispetto delle leggi delle regioni nelle materie di loro competenza»;
il vigente statuto della città metropolitana di Napoli adottato con deliberazione della conferenza metropolitana n. 2 dell'11 giugno 2015, all'articolo 4, recante «zone omogenee», prevede che la città metropolitana si strutturi in zone omogenee e che le stesse debbano essere istituite con delibera del consiglio metropolitano;
al comma 5 dell'articolo 31 del succitato statuto si stabilisce: «nell'ambito della pianificazione strategica, il Consiglio metropolitano approva entro il 31 dicembre il Piano strategico triennale e, ogni anno, il suo aggiornamento. In esso sono fissate le priorità di intervento e le relative aspettative di risultato»;
ad oggi la città metropolitana di Napoli, contrariamente alla previsione dell'articolo 1, comma 11 e 44, della legge 7 aprile 2014, n. 56, oltre al dettato statutario, richiamati in premessa, non ha ancora provveduto alla costituzione delle zone omogenee e alla elaborazione della proposta di regolamento sul funzionamento delle zone stesse, né ha emanato un piano strategico triennale;
tali ritardi generano una grave situazione di stallo politico-istituzionale, oltre che di confusione, rispetto al ruolo svolto dalla città metropolitana di Napoli;
sarebbe opportuno conoscere quali motivazioni abbiano ad oggi causato i gravi ritardi generati dall'amministrazione metropolitana di Napoli in ordine alla costituzione delle zone omogenee e all'approvazione di un piano strategico metropolitano in ossequio alla legge 7 aprile 2014, n. 56 –:
quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire una piena attuazione della legge n. 56 del 2014 sull'intero territorio nazionale.
(5-12699)
AGOSTINELLI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
da tempo numerose fonti stampa denunciano lo stato di degrado in cui è ridotto l'enorme fabbricato Hotel House, in Porto Recanati (Macerata);
in un articolo de «il Resto del Carlino» del 30 gennaio 2017 si legge: «inerpicarsi fino al sedicesimo piano è come sfidare le leggi della gravità e neanche gli ascensori — sei, tutti a terra, guasti, montacarichi compreso — vogliono più farlo»;
il terremoto che ha sconvolto le Marche nel 2016 ha ulteriormente aggravato la situazione in cui versano moltissime famiglie che vivono nei 480 appartamenti dell'edificio;
al di là delle innumerevoli problematiche legate all'enorme degrado architettonico e sociale in cui attualmente il palazzo si trova, si apprende sempre da fonti stampa che la mancata manutenzione sta creando disagi gravissimi ai residenti dell'Hotel House;
infatti, nei primi giorni di novembre 2017, una persona, un settantenne residente all'ottavo piano del palazzone multietnico, sarebbe deceduta dopo una notte trascorsa sulla panchina del piazzale davanti all'Hotel House. Sembrerebbe che l'anziano da tempo non riuscisse a rientrare a casa e che rimanesse a dormire sulla panchina per non salire gli otto piani a piedi. L'uomo aveva grossi problemi di deambulazione e all'Hotel House gli ascensori, come detto, non funzionano da mesi;
attualmente sarebbero in corso gli accertamenti delle attività competenti –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare in relazione alla messa in sicurezza dell'edificio, alla situazione di degrado ivi riscontrata e al ripristino della legalità all'interno dell'immobile, anche alla luce delle ripercussioni sul piano dell'ordine pubblico.
(5-12700)
MOGNATO e PAGANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in data 7 marzo 2017 è stato rinnovato il «protocollo quadro per la prevenzione delle criminalità nelle rivendite di generi da monopolio» tra Ministero dell'interno e Federazione italiana tabaccai (FIT);
il protocollo, di durata triennale, rinnova il precedente accordo dell'11 dicembre 2014 finalizzato, in particolare, alla prevenzione e alla repressione dei fenomeni criminali di tipo predatorio in danno dei rivenditori di generi di monopolio, confermandolo in tutte le sue parti;
il protocollo introduce alcuni impegni innovativi rispetto a quelli dell'accordo del dicembre 2014, avuto riguardo in particolare: all'implementazione dei sistemi di videosorveglianza all'esterno delle rivendite collegate alle forze dell'ordine e utilizzabili da queste ultime a fini investigativi; all'installazione di sistemi di sicurezza passiva quali casseforti, allarmi antintrusione, blindature; all'istituzione di un tavolo tecnico con lo scopo di monitorare i fenomeni di illegalità che colpiscono i rivenditori di generi di monopolio e mettere a punto azioni e progetti per accrescere la loro sicurezza;
i dati dell'osservatorio Ossif rilevano che nel periodo 2009-2016 permane una sostanziale stabilità del numero di reati a danno dei rivenditori di generi di monopolio, compresi tra un minimo di 940 (2012) ed un massimo di 1150 (2010);
nel 2016, a fronte a 968 reati (tra rapine e furti tentati e commessi) si è assistito ad un decremento del 10,86 per cento del numero di furti e ad un aumento del 7,58 per cento del numero di rapine;
anche nel corso del 2017 si sono registrati numerosi episodi di rapine e furti commessi o tentati ai danni dei tabaccai, come ampiamente riportato dagli organi di stampa nazionale e locale –:
quali iniziative il Ministro intenda assumere, nell'ambito delle sue competenze, per dare seguito agli impegni previsti nell'ambito del protocollo e se siano previste forme di finanziamento per l'attuazione del medesimo.
(5-12701)
SISTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il 13 giugno 2017 il sindaco della città di Gallipoli, Minerva Stefano, veniva arrestato dalle autorità argentine presso l'aeroporto internazionale di Ezeiza (Buenos Aires);
il primo cittadino della città di Gallipoli era posto in stato di arresto, mentre era in procinto di imbarcarsi su un volo diretto da Ezeiza all'Aeroporto di Roma Fiumicino, perché ritenuto responsabile del reato di «tentato contrabbando» di specie protette di animali. All'atto dell'arresto venivano sequestrati al sindaco 3000 euro in contanti;
la locale autorità giudiziaria dell'Argentina, dopo la convalida del fermo in arresto, disponeva la scarcerazione dietro cauzione del Minerva, emettendo un decreto di divieto d'uscita dal Paese a suo carico;
l'ambasciata italiana a Buenos Aires trasmetteva comunicazione Pec dell'accaduto alla Direzione Centrale per i servizi antidroga (III servizio) di Roma, in data 9 agosto 2017, con nota prot. nr. 521/BAS/AC V/122/4/2017 da parte dell'Arma dei carabinieri presso l'ambasciata;
la comunicazione veniva acquisita dalla Direzione Centrale per i servizi antidroga (III servizio) al prot. n. 2017/50139 avente in oggetto: «Arresto del connazionale Stefano Minerva» lo stesso 9 agosto 2017 alle ore 16,28 –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non intenda adottare urgenti iniziative, per quanto di competenza, in relazione alla vicenda descritta, anche valutando la sussistenza dei presupposti per pervenire alla sospensione di Stefano Minerva dalle funzioni di sindaco.
(5-12728)
Interrogazioni a risposta scritta:
FASSINA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
con determina dirigenziale protocollo QE /360972017 e QE/87946 del 23 ottobre 2017, del direttore del dipartimento politiche sociali – direzione accoglienza e inclusione, del comune di Roma è stata bandita una gara per l'affidamento di servizi per il reperimento di strutture di accoglienza temporanea, articolata in moduli abitativi, anche prefabbricati, o in alternativa in un unico complesso, per ospitare nuclei famigliari in condizioni di grave vulnerabilità sociale, per un massimo di 100 persone per un periodo dal 1° dicembre 2017 al 30 novembre 2018. L'importo è di 730.000 euro più iva, più 375 euro di AVCP;
la citata determina dirigenziale, nelle premesse, prende atto della direttiva del Ministero dell'interno prot. n. 11001/123/111(3) del 18 luglio 2017 e della circolare del gabinetto del Ministero dell'interno prot. n. 11001/123/111(1) del 1° settembre 2017, in particolare ove si stabilisce che «La tutela dei nuclei familiari in situazioni di disagio economico e sociale è assunta, con la legge di conversione del decreto, a condizione prioritaria per la definizione delle modalità di esecuzione delle operazioni di sgombero»;
la determina attiva in questo modo strutture di accoglienza per i soli nuclei familiari in situazione di emergenza in condizioni di grave vulnerabilità sociale e/o sottoposti a sgomberi;
il costo previsto per l'accoglienza temporanea nei moduli abitativi o prefabbricati è di 20 euro pro capite più iva, che, per 100 utenti, comporta una spesa di 730.000 euro più IVA, per un anno. Per un nucleo famigliare di 3 persone si prevede una spesa di ben 2200 euro mensili comprensivi di iva, cifra, secondo l'interrogante esorbitante, che rappresenta un cattivo impiego di risorse pubbliche per un intervento tampone;
la citata determina basata sulla direttiva del Ministero dell'interno del 18 luglio 2017 e della circolare del 1° settembre 2017, non appare coerente con questi atti né con quanto disposto dall'articolo 11 della legge 18 aprile 2017, n. 48;
la circolare del Ministero dell'interno prot. n. 11001/123/111(1) del 1° settembre 2017, infatti, non sembra rivolgersi alle sole famiglie soggette a sgomberi in gravissime condizioni di fragilità, come lascia intendere la determina dirigenziale, ma si riferisce a famiglie in disagio economico e sociale e a tale fine la medesima circolare del 1° settembre 2017 non prevede l'attivazione di prefabbricati o moduli abitativi emergenzialisti, ma, istituendo una cabina di regia nazionale, dispone che questa, con il concorso dei prefetti e dei rappresentanti degli enti locali, provveda ad una ricognizione dei beni immobili privati e delle pubbliche amministrazioni inutilizzati, compresi quelli sequestrati e confiscati, al fine di definire un piano per l'effettivo utilizzo e per il riuso a fini abitativi, e le necessarie risorse finanziarie;
è di tutta evidenza che il percorso promosso dal Ministero dell'interno non preveda affatto interventi a carattere emergenziale di natura assistenzialistica, oltretutto onerosissimi, attraverso l'utilizzo di moduli abitativi o di prefabbricati, e limitati alle famiglie in gravissima fragilità, ma al contrario dispone che i prefetti, non escluso quello di Roma, effettuino la mappatura degli immobili delle pubbliche amministrazioni e dei privati inutilizzati, al fine del loro riuso –:
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative volte a meglio definire il campo di applicazione degli interventi di cui alla direttiva del 18 luglio 2017 e alla circolare del 1° settembre 2017 del Ministero dell'interno al fine di evitare iniziative meramente assistenzialiste come nel caso sopra richiamato, e favorire forme di riuso degli immobili pubblici e privati per scopi di accoglienza.
(4-18478)
RIBAUDO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il ruolo direttivo ad esaurimento sostituisce l'abrogato ruolo direttivo speciale della Polizia di Stato, già istituito 17 anni fa con l'articolo 14, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 334 del 2000, ma mai costituito a causa della mancata, inopinata, bandizione dei previsti concorsi, ex articolo 25;
il ruolo direttivo ad esaurimento non è rispondente agli auspici degli ispettori della polizia di Stato, ex lege n. 121 del 1981, così come contenuti nella domanda N.R.G. 7489 al Tar del Lazio, in quanto, dopo ventidue anni, non sana nulla e non restituisce agli aventi diritto nemmeno le stesse chance cui sono stati privati 17 anni fa, per effetto della mancata costituzione del ruolo direttivo speciale, peraltro già all'epoca introdotto con un ritardo quinquennale, dopo che gli stessi, con il decreto legislativo n. 197 del 1995, furono retrocessi e demansionati, mentre tutte le altre forze di polizia militari e civili erano già dotate di proprio ruolo direttivo speciale con organici riservati ai sottufficiali, i quali, lo si rammenta, erano tutti subordinati gerarchicamente, funzionalmente ed economicamente agli ispettori di polizia, ex lege n. 121 del 1981;
il transito dei candidati dall'attuale qualifica di sostituto commissario coordinatore a vice commissario del ruolo direttivo ad esaurimento determinerà una retrocessione economica dei vincitori, in quanto passeranno dal parametro stipendiale n. 148 al n. 136,75 e, l'assegno ad personam riassorbibile previsto dalla norma a compensazione dell'arretramento, coprirà solo le voci «fisse e continuative» e quindi solo parte del reddito mensile derivante dall'attività operativa;
per effetto dell'età avanzata degli ispettori destinatari del concorso per l'odierno ruolo direttivo ad esaurimento, tutti ultra cinquantenni (in gran parte 57-58 anni), i candidati non faranno in tempo a sviluppare la teorica carriera prospettata dalla norma e costituita da due avanzamenti, stante l'obbligatoria frequenza di uno dei cinque distinti corsi bimestrali previsti, distanziati l'uno dall'altro di «almeno sei mesi», ed essendo quindi predestinati a rimanere matematicamente vice commissari (id est sottotenenti) per alcuni anni con ulteriori danni economici, che ne deriveranno anche per il trattamento di fine servizio –:
se il Ministro interrogato non ritenga di assumere iniziative normative per correggere almeno in parte quella che ad avviso dell'interrogante è l'iniqua e penalizzante situazione determinata dalla sezione II, articolo 2, comma 1, lettera t), del decreto legislativo n. 95 del 2017;
a) inserendo nel quarto periodo, la precisazione che «i Vice Commissari vengono nominati Commissari» (operazione correttiva pressoché a costo zero);
b) sostituendo il successivo, quinto periodo, con il seguente: «il periodo di sospensione del corso di formazione non produce effetti ai fini della promozione alla qualifica di commissario capo»;
c) riconoscendo, mediante l'applicazione della «regola dell'annualità», una decorrenza giuridica alla qualifica di vice commissario, capace di compensare, almeno in parte, l'enorme danno causato agli interessati;
d) in subordine, prevedendo almeno che ai candidati, che per ragioni anagrafiche o di forza maggiore, non riuscissero a raggiungere la qualifica apicale, sia conferita la qualifica di commissario capo (id est capitano) con decorrenza dal giorno precedente alla collocazione in quiescenza per raggiunti limiti di età.
(4-18483)
ZARDINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro per lo sport. — Per sapere – premesso che:
il 5 novembre 2017 si è verificato un assalto al bar caffè Oro Bianco nel centro di Verona da parte di tifosi della Società sportiva calcio Napoli, presenti sul territorio veronese per la partita di serie A Chievo Verona-Napoli;
intorno ore 13, secondo le dichiarazioni del proprietario del locale, signor Alan Ceruti, alla presenza di una dipendente, 9 ragazzi, 5 ragazze e 2 bambini, sono arrivati gli assalitori sopramenzionati armati di spranghe e coltelli con l'intenzione di entrare all'interno, cosa non accaduta, solo perché i presenti avevano tempestivamente provveduto a barricarsi;
nel tentativo di entrare hanno danneggiato la vetrata della porta di ingresso e distrutto parte del plateatico esterno;
secondo le testimonianze dei presenti, sembra l'assalto fosse organizzato e messo in atto un gruppo di circa quaranta persone che hanno bloccato la via, corso Cavour, con i loro mezzi di trasporto, furgoni e auto;
sempre secondo le testimonianze, sono state effettuate molte chiamate ai numeri di soccorso 112 e 113 da parte degli avventori, ma le forze dell'ordine sono arrivate sul posto quando ormai i delinquenti si erano dileguati;
già dalla mattina alcune persone avevano visto questo gruppo di tifosi aggirarsi per le vie della città;
sul caso il sindaco di Verona Federico Sboarina e il prefetto Salvatore Mulas hanno convocato il Comitato per la sicurezza e l'ordine pubblico;
la commissione bicamerale antimafia sta concludendo dopo 11 mesi l'indagine su mafia e calcio e in sede di stesura della relazione finale dovrebbero essere proposte anche modifiche normative; la principale proposta è l'allargamento del «Daspo», anche come pena accessoria, a pregiudicati di vario stampo e il cui principale obiettivo è impedire l'accesso a tutti gli stadi d'Italia di pseudo-tifosi come quelli in questione;
si conoscono da decenni le ruggini tra le tifoserie della Società sportiva Calcio Napoli e dell'Hellas Verona, altra squadra della città militante nel campionato di serie A –:
se si intenda fare luce, per quanto di competenza, sulle circostanze di questa brutale aggressione;
se gli eventuali ritardi nell'arrivo delle forze dell'ordine, dichiarati da alcuni testimoni, trovino conferma o siano destituiti di fondamento come dichiarato dalla questura;
se, nelle more della auspicata approvazione della norma restrittiva sul «Daspo» così come proposto in Commissione bicamerale antimafia, non si ritenga opportuno assumere iniziative normative per prevedere un divieto di trasferta dei tifosi più violenti.
(4-18484)
D'UVA, LOMBARDI, DADONE, SARTI e DI BATTISTA. — Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
nella Seduta n. 1 di mercoledì 18 maggio 2016 della commissione parlamentare d'inchiesta le meno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, il questore pro tempore di Latina, dottor Giuseppe De Matteis, suggerendo un ordine di priorità nell'attività di contrasto alla criminalità nel territorio di sua competenza, ha dichiarato «La terza delle priorità è, secondo me, l'area nord, di cui obiettivamente si sa poco per una serie di motivi. Tenete presente che l'area nord vanta il quarto centro del Lazio per popolazione, la città di Aprilia, città che ha avuto una sovraesposizione demografica davvero importante, e conseguentemente ha dovuto anche supportare logisticamente quest'espansione demografica. Quest'area di Aprilia e Cisterna è stata interessata, quindi, da una forte speculazione edilizia, da un forte investimento di capitali di provenienza soprattutto illecita nel settore edilizio, con tutto quello che ne consegue, come cambi di destinazione d'uso, piani regolatori generali approvati in un certo modo e così via. Insiste in quest'area nord una serie di organizzazioni criminali riferibili essenzialmente alla ’ndrangheta. Anche in questo caso si parla di ’ndrangheta di serie A.»;
la presenza di organizzazioni criminali nella città di Aprilia sembra confermata da numerosi inquietanti episodi accaduti nella città laziale negli ultimi anni;
il 16 settembre 2011 è stata verosimilmente data alle fiamme la vettura del direttore generale della Multiservizi di Aprilia, dottor Fabio Biolcati Rinaldi, nonché il garage del direttore del personale della stessa azienda, dottor Ilvo Silvi;
il 20 dicembre del 2013 sono stati rinvenuti n. 10 proiettili calibro 9 x 19 mm innanzi all'abitazione dell'assessore alle finanze del comune di Aprilia, dottor Antonio Chiusolo, la cui autovettura era stata fatta oggetto, già il 26 agosto dello stesso anno, insieme a quella del coordinatore provinciale di Libera, di incendio doloso;
il 20 maggio 2016, alle ore 14, due uomini armati a bordo di uno scooter hanno esploso diversi colpi di pistola calibro 9 contro l'automobile del responsabile tecnologico del comune di Aprilia, dottor Corrado Costantino;
oltre alle suddette gravi intimidazioni, nel pomeriggio del 31 ottobre 2017 ignoti hanno esploso diversi colpi di pistola contro il pregiudicato Luca Palli, dipendente della Multiservizi del comune di Aprilia, uccidendolo; dalle prime ricostruzioni degli eventi riportata nel quotidiano «Latina Oggi» pubblicato in data 1° novembre 2017, si tratterebbe «di un omicidio brutale, una vera e propria esecuzione con mano ferma»;
a ciò si aggiunga l'inconsueta decisione da comune di Aprilia di affiggere nei muri della città delle epigrafi ufficiali per manifestare vicinanza alla famiglia del Palli, decisione mai assunta in precedenza, come rilevato dall'articolo pubblicato sul quotidiano «Il Messaggero» dell'8 novembre 2017, che ha destato incredulità e necessità di chiarimenti da parte delle istituzioni –:
quali iniziative abbiano avviato o intendano avviare i Ministri interrogati per contrastare il radicamento delle organizzazioni criminali di tipo mafioso presenti nel territorio del comune di Aprilia;
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno assumere le iniziative di competenza per potenziare gli organici, le capacità e gli strumenti degli inquirenti e delle forze dell'ordine nella città di Aprilia.
(4-18498)
DANIELE FARINA. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
in data 8 novembre 2017 il signor Giannelli Stefano veniva fermato per un controllo da una pattuglia della polizia stradale, sottosezione di Ovada;
a seguito di tale controllo avveniva il sequestro di 12 barattoli contenenti 136,70 grammi di cannabis (fiori, steli, foglie essiccate). In base alla presunta violazione dell'articolo 73 del testo unico degli stupefacenti gli operatori avviavano il Giannelli dapprima a Ovada e successivamente alla questura di Alessandria;
al termine, veniva rilasciato con imputazione di violazione del citato articolo 73, oltre al ritiro della patente di guida. Il Giannelli collabora con l'azienda agricola che in località Strettoia (LU), in terreno agricolo con contratto di comodato a lui intestato, ha avviato una coltivazione di cannabis, varietà Kompolti, del che ha dato tempestiva comunicazione ai carabinieri forestali di Pietrasanta;
la cannabis sequestrata al signor Giannelli rappresenta, a quanto consta all'interrogante, un campione avviato a Torino per le analisi di laboratorio utili alla commercializzazione;
la vicenda esposta non costituisce affatto un caso isolato –:
se esiste una banca dati relativa alle coltivazioni di cui la legge n. 242 del 2016;
se siano state diramate informative alle forze dell'ordine circa le previsioni della legge n. 242 del 2016;
quali siano i metodi di analisi rapida utilizzati e se siano in grado di discriminare la presenza di THC con riferimento alla soglia di 0,6 per cento stabilita dalla legge.
(4-18499)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
nei giorni scorsi sui quotidiani nazionali è rimbalzata la notizia che la giunta del comune di Montevarchi (Arezzo), per costringere alcune famiglie morose a pagare la retta della mensa scolastica, ha adottato un provvedimento che obbliga alcuni alunni a consumare pane e olio piuttosto che il pasto equilibrato e adeguato allo loro età studiato da nutrizionisti e pediatri;
nonostante la dichiarazione del sindaco secondo cui sarebbero stati previsti due mesi di tolleranza, il provvedimento è di gravità assoluta in quanto fa ricadere sui bambini le conseguenze del mancato pagamento di un servizio comunale da parte delle famiglie e le modalità sanzionatorie per gli adulti inadempienti non possono in alcun modo prevedere la penalizzazione e l'umiliazione dei minori;
la stessa Ministra dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha definito la vicenda «umiliante», sottolineando che non possono essere i bambini a pagare il prezzo di un inadempimento economico da parte dei genitori;
nel corso di questa legislatura è stato più volte richiamata dagli interpellanti e da altri colleghi l'attenzione dell'Esecutivo e dell'Anci evidenziando che il servizio mensa scolastica deve essere considerato un servizio pubblico essenziale per garantire a tutte le bambine e a tutti i bambini un pasto completo quotidiano;
il rapporto dell'Istat 2016 presentato nel luglio 2017 ha evidenziato che in Italia la povertà dei bambini è una vera emergenza: sono 1.292.000 i bambini che vivono in condizione di povertà assoluta: 1 minore su 8. Sono 161.000 in più (+14 per cento) rispetto all'anno precedente. Le famiglie con figli minori in povertà assoluta sono quadruplicate: loro incidenza sul totale delle persone colpite da povertà assoluta è passata dal 2,4 per cento (2007) al 9,9 per cento (2016). I minori in povertà relativa: sono 2.297.000 nel 2016 e rappresentano il 22,3 per cento della popolazione in questa condizione (20,2 per cento nel 2015);
i dati indicano che molte famiglie non possono neppure offrire ai propri figli pasti adeguati. Pertanto, tra le misure più urgenti per supportare questi bambini in condizioni di grave indigenza, è necessario che venga garantito il diritto alla mensa scolastica gratuita –:
se i Ministri interpellati, per quanto di competenza, non ritengano opportuno mettere in campo tutte le iniziative necessarie per chiarire la vicenda descritta in premessa e per promuovere tutte le iniziative utili atte a individuare una soluzione univoca e definitiva per tutti i casi analoghi che mettono a rischio il maggior interesse e i diritti dei minori.
(2-02017) «Zampa, Di Salvo, Malpezzi, Patriarca, Gnecchi, Romanini, Patrizia Maestri, Ferranti, Sgambato, Fragomeli, Zanin, Donati, Carnevali, Iori, Amato, Miotto, Zan, Scuvera, Cenni, Piazzoni, Carra, Antezza, D'Incecco, Cinzia Maria Fontana».
Interrogazione a risposta orale:
BENI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 17, comma 96, della legge n. 127 del 1997 ha previsto, alla lettera b), la rideterminazione della disciplina di riconoscimento degli istituti per l'esercizio dell'attività psicoterapeutica, mediante decreto del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
con decreto ministeriale dell'11 dicembre 1998, n. 509, è stato adottato il regolamento per il riconoscimento degli istituti abilitati ad attivare corsi di specializzazione in psicoterapia, ai sensi del citato articolo 17;
l'articolo 8 del regolamento dispone che almeno 100 ore per ciascun anno di corso siano dedicate al tirocinio presso strutture o servizi pubblici o privati accreditati – la cui idoneità viene affidata al parere vincolante di una commissione tecnico-consultiva – dove l'allievo possa confrontare la specificità del proprio modello di formazione con la domanda articolata dell'utenza e acquisire esperienza di diagnostica clinica e di intervento in situazioni di emergenza;
il tirocinio di formazione e orientamento deve essere effettuato presso un ente esterno qualificato, sia pubblico che privato accreditato con il servizio sanitario nazionale e che abbia stipulato un'idonea convenzione con l'istituto di specializzazione;
dall'elenco, presente sul sito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, delle strutture private ritenute idonee dalla commissione tecnico-consultiva e accreditate dal servizio sanitario nazionale per lo svolgimento del tirocinio, nella regione Puglia non risulta esserci nessun ente privato;
l'assenza di strutture private idonee per lo svolgimento del tirocinio limita, di fatto, la possibilità di esercitarlo, in quanto il numero di posti disponibili presso le sole strutture pubbliche potrebbe non soddisfare le reali esigenze di fruizione, a scapito dei tirocinanti –:
quali siano i motivi per i quali nell'elenco delle strutture private ritenute idonee allo svolgimento del tirocinio, previsto dall'articolo 8 del regolamento n. 509 del 1998, non vi sia alcuna struttura privata idonea in tutta la regione Puglia;
quali iniziative di competenza intendano assumere per superare le criticità che potrebbero sorgere dal limitato numero di posti messi a disposizione dalle sole strutture pubbliche, al fine di garantire agli specializzandi in psicoterapia della Puglia le stesse possibilità di svolgere il tirocinio di quelli di altre regioni.
(3-03363)
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VII Commissione:
VEZZALI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
lo jus soli sportivo consente ai minori extracomunitari di tesserarsi alle società sportive e partecipare ai campionati;
il Ministro per lo sport ha promesso l'inserimento nel disegno di legge di bilancio per il 2018 della misura con cui si prevede che i minori extracomunitari possano tesserarsi alle società sportive e partecipare ai campionati;
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca il 5 ottobre 2017 ha stabilito che la partecipazione ai campionati studenteschi è riservata agli studenti delle istituzioni scolastiche di primo e secondo grado, statali e paritarie, regolarmente iscritti e praticanti;
la scuola secondaria di primo grado privata e legalmente riconosciuta, ma non paritaria, «San Paolo» di Parma, a quanto risulta all'interrogante, si sarebbe vista respingere dall'ufficio scolastico provinciale di Parma, nel rispetto delle disposizioni del Ministero, la richiesta di partecipazione ai campionati studenteschi, che non comporterebbe nessun onere a carico dello Stato, perché ogni compenso o rimborso spese per i ragazzi e accompagnatori sarebbe a carico della scuola;
nei giorni scorsi è stato lanciato un appello dal presidente del Coni affinché sia superata questa discriminazione;
le disposizioni ministeriale sarebbero contenute nella circolare 0004897 del 5 ottobre 2017 della direzione generale per lo studente, l'integrazione e la partecipazione, ufficio V, politiche sportive e scolastiche –:
quali iniziative intenda assumere al fine di superare il provvedimento da ultimo citato che, ad avviso dell'interrogante, confligge con la denominazione stessa della direzione che lo ha emesso ed esclude dalle competizioni studentesche dei ragazzi che nulla chiedono se non si essere considerati come i loro coetanei e che una circolare del Ministero, e non una legge dello Stato, ha discriminato.
(5-12716)
NICCHI, BOSSA e SCOTTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
come riportato anche da numerose fonti giornalistiche (Il Sole 24 Ore, Il Fatto quotidiano, La Stampa e altre), dal 6 novembre 2017, nell'istituto Magiotti di Montevarchi, Toscana, è stata presa la decisione di dare solo pane e olio per pranzo ai bambini i cui genitori sono morosi nel pagamento delle rette scolastiche;
il pasto viene consumato insieme a tutti, oppure sui tavoli riservati ai bambini che portano il pranzo da casa;
la decisione è stata favorita dalla sindaca di Montevarchi, essendo stato riscontrato un disavanzo di cinquecento mila euro nel bilancio del comune di Montevarchi, accumulato con le morosità per servizi, come la mensa e il trasporto scolastico;
da giorni questi bambini sono costretti a subire quelle che gli interroganti giudicano una pubblica umiliazione. Addirittura isolati in un angolo della stessa mensa, come fossero responsabili del comportamento dei loro genitori, sempre ammesso che i genitori possano pagare la mensa;
il comune fa bene a esigere il pagamento delle rette, ma, a parere degli interroganti, è sbagliata la soluzione individuata, in quanto la strada dovrebbe essere quella del capire il disagio delle famiglie, in tutti i modi possibili senza penalizzare i minori, e non certo quello di differenziare la mensa o il trasporto a dei bambini –:
quale sia l'orientamento del Governo in relazione a situazioni così discriminanti ai danni di minori incolpevoli che comportano disuguaglianze nei luoghi dell'apprendimento, dell'educazione e della crescita e quali iniziative di competenza intenda assumere, anche sul piano normativo, per evitare che fenomeni simili possano ripetersi.
(5-12717)
BIANCONI e NUTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
secondo quanto emerge da Report del 27 marzo 2017, il Cnr avrebbe concesso fondi pubblici per milioni di euro senza controlli e nella pratica dirottati in favore di privati;
tra i destinatari vi sarebbe l'Istituto per l'ambiente marino costiero (Iamc): l'ex segretario dell'istituto, Vittorio Gargiulo fermato il 27 marzo 2017 per peculato, trama e concussione, si sarebbe impossessato di circa un milione di euro, speso per ristrutturazione di casa, mobilio vario personale, prodotti informatici rivenduti su internet, giostre gonfiabili, e altro;
emergono anche finanziamenti anticipati dal Cnr, su base di contratti mai esistiti, doppie fatturazioni, firme false su contratti ad aziende private, il progetto inesistente del 2014 «Report»;
documentazione amministrativo contabile è sparita quando Laura Giuliano, già presidente dello Iamc, ha iniziato un audit per controllare l'utilizzo dei fondi;
dai verbali dell'interrogatorio di Gargiulo emergerebbe un sistema di false consulenze in favore del direttore generale del Cnr, Massimiliano Di Bitetto, già condannato dalla Corte dei conti e del dirigente dell'Iamc, Ennio Marsella. Emergerebbero inoltre intimidazioni da parte di Di Bitetto a Gargiulo quando la nuova direttrice Giuliano si oppose ad avallare queste truffe: «tu e la tua direttrice la dovete finire di rompere. Io devo avere ancora due babà», presumibilmente riferendosi «ad altre consulenze per due milioni di euro»;
emerge un legame tra Cnr e Messina Denaro: la sede di Capo Granitola dello Iamc ha ricevuto trasferimenti grazie all'ex dirigente del Cnr, Salvatore Mazzola per potenziare la rete oceanografica ma poi giustificate come spese per un convegno avvenuto 3 anni prima a Napoli;
Salvatore Mazzola nel 2010 avrebbe affittato per 4 anni una foresteria senza contratto a Capo Granitola a Riccardo Germilli, il cui fratello Claudio è legato al mafioso Giovanni Risalvato, persona fidata di Messina Denaro e condannato a 14 anni di reclusione nel processo di mafia Golem II;
un dipendente della sede di Capo Granitola ha dichiarato di aver recentemente avvistato Messina Denaro presso quegli uffici, mentre l'attuale capo della sede, Ario Sprovieri, dichiarava nel 2014 che «Capo Granitola è la casa di Matteo Messina Denaro»;
l'Olaf ha già chiesto al CNR la restituzione di 15 milioni di euro di fondi dell'Unione europea –:
quali risultati abbia prodotto la commissione di studio istituita sul caso e quali iniziative intenda assumere incluso l'eventuale invio di ispettori ministeriali, al fine di valutare, per quanto di competenza, le responsabilità in capo all'attuale presidente del Consiglio nazionale delle ricerche, alle precedenti gestioni e ai responsabili dell'Istituto per l'ambiente marino costiero.
(5-12718)
GHIZZONI, COSCIA, ASCANI, MALPEZZI, DALLAI, CRIMÌ, BLAZINA, BONACCORSI, CAROCCI, COCCIA, D'OTTAVIO, IORI, MALISANI, MANZI, NARDUOLO, PES, RAMPI, ROCCHI, SGAMBATO e VENTRICELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
il 3 settembre 2017, al Forum Ambrosetti di Cernobbio, la Ministra interrogata ha comunicato di aver deciso di destinare 400 milioni alla ricerca di base, 250 dei quali verranno attinti da disponibilità inutilizzate dell'Istituto italiano di tecnologia e 150 da fondi ministeriali;
l'ultimo bando per finanziare i progetti di ricerca di interesse nazionale (Prin) delle università è stato emanato il 4 novembre 2015 e si riferiva ad un totale disponibile di circa 92 milioni di euro, a valere su risorse del bilancio dello Stato per il 2014 e il 2015, per progetti di durata triennale, mentre il penultimo bando Prin risale addirittura al 28 dicembre 2012;
è da considerarsi risultato di grande soddisfazione, come tale percepito da tutte le università, il fatto che sarà emanato un bando Prin di così considerevole importo rispetto ai precedenti, mentre è auspicato da tutti che il bando Prin riprenda finalmente la sua regolare cadenza annuale per sostenere con continuità la ricerca di base e la libera attività di ricerca dei professori e ricercatori universitari in tutte le discipline, vera linfa dell'intero sistema della conoscenza;
l'investimento nella ricerca di base su base competitiva è il più importante strumento per favorire la crescita di giovani ricercatori in grado di affermarsi nel sistema globalizzato della ricerca internazionale e per mantenere l'alto livello della formazione universitaria italiana –:
quali siano i tempi, le modalità di partecipazione e di assegnazione, la durata dei progetti e gli importi totali previsti per il prossimo bando Prin.
(5-12719)
PALMIERI e CENTEMERO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
il comma 108 dell'articolo 1 della legge n. 107 del 2015 ha previsto per l'anno scolastico 2016/17 l'avvio di un piano straordinario di mobilità territoriale e professionale su tutti i posti dell'organico dell'autonomia, indirizzato a docenti già assunti a tempo indeterminato e in deroga al vincolo triennale di permanenza nella provincia;
con l'accordo sindacale siglato tra la Ministra interrogata e il sindacato di categoria, la mobilità straordinaria è stata estesa anche all'anno scolastico 2017/18, a giudizio degli interroganti contravvenendo a quanto sancito dall'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 150 del 2009, che prevede che una norma in materia di lavoro possa essere derogata da parte dei contratti solo se tale possibilità è espressamente prevista dalla norma stessa;
a due anni dalla sua approvazione e nella fase iniziale del terzo anno scolastico regolato dalla legge n. 107 del 2015, sarebbe utile e auspicabile conoscere i dati relativi a:
quanti docenti hanno presentato domanda di trasferimento e per quali regioni;
quanti docenti hanno ottenuto il trasferimento e in quali regioni, province e ambiti territoriali;
quanti docenti hanno chiesto le assegnazioni provvisorie nel complesso e divisi per «strumenti» utilizzati (legge n. 104 del 1992, riavvicinamento a coniuge e figli, maternità e altro);
quanti docenti hanno ottenuto le assegnazioni provvisorie;
quanti docenti hanno fatto richiesta di utilizzo e quanti lo hanno ottenuto;
quante cattedre sono rimaste scoperte e sono state assegnate in supplenza in seguito all'ottenimento di assegnazione provvisoria o utilizzo e in quelli province/ambiti territoriali –:
quali iniziative intenda assumere la Ministra interrogata al fine di rendere pubblici e trasparenti i dati riferiti all'applicazione della legge relativi, nello specifico, al Piano di mobilità straordinario in ciascuno degli anni 2015/16 e 2016/17.
(5-12720)
VACCA, DI BENEDETTO, LUIGI GALLO, D'UVA, MARZANA, SIMONE VALENTE e BRESCIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
in data 16 ottobre 2017, presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, si è tenuto un incontro tra la Ministra interrogata, il professor Giuliano Grüner ed il professor Pierpaolo Sileri, dell'università di «Tor Vergata», anche alla presenza del capo di dipartimento, incontro durante il quale i docenti hanno illustrato le vicende accadute presso l'università degli studi di Roma «Tor Vergata», di seguito riportate;
Pierpaolo Sileri e Giuliano Grüner, ricercatori a tempo indeterminato e in possesso dell'abilitazione scientifica nazionale di professore, hanno entrambi avanzato, separatamente, un ricorso al Tar del Lazio contestando la preclusione a partecipare alla procedura di chiamata come professore associato in quanto riservate a Paolo Gentileschi e Marco Macchia;
l'Università di Tor Vergata ha recentemente perfezionato, infatti, la chiamata nei vari settori scientifico-disciplinari di n. 57 professori associati, i quali risultano oggi già immessi in servizio, secondo modalità, così come richiamato, contestate in sede amministrativa, dal momento che le procedure avrebbero violato le normative in materia;
il ricorso proposto da Pierpaolo Sileri è stato accolto dal Tar del Lazio che ha disposto l'annullamento della procedura di chiamata di Paolo Gentileschi;
entrambi i ricercatori, a seguito dei ricorsi al Tar, sembra abbiano subito pressioni di vario genere dal rettore, professor Pietro Novelli, che ne caldeggiava il ritiro. Tali comportamenti sono stati denunciati alla procura della Repubblica di Roma che ha fissato l'udienza preliminare il 18 dicembre 2017 chiedendo il rinvio a giudizio del professor Novelli per tentata concussione e per istigazione alla corruzione;
ascoltando le registrazioni dell'incontro tra il rettore e Giuliano Grüner emerge la pressione esplicita con il fine di ottenere il ritiro del ricorso;
la sentenza del Tar che dà ragione a Pierpaolo Sileri, ad avviso degli interroganti, fa sorgere più di qualche ragionevole dubbio riguardo alla legittimità delle 57 chiamate operate con le medesime modalità;
l'articolo 2 del decreto legislativo luogotenenziale n. 264 del 1944 concede la facoltà al Ministro interrogato di revocare per gravi motivi, sentito il Consiglio dei ministri, il rettore;
la nomina del rettore è perfezionata con decreto del Ministro –:
di quali ulteriori elementi disponga sulle vicende richiamate e se il Ministro non ritenga di valutare se sussistano i presupposti per la revoca del rettore di Tor Vergata, avviando iniziative, anche di tipo normativo, che, scongiurando il verificarsi di casi simili, prescrivano meccanismi di decadenza della carica di rettore e di sospensione dei professori per gravi motivi.
(5-12721)
PANNARALE e GIANCARLO GIORDANO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
le università italiane hanno attivato corsi di specializzazione per le attività di sostegno nei quattro gradi della scuola ai quali avrebbero potuto accedere i docenti che, nel corso del terzo ciclo di tirocinio formativo attivo (TFA) indetto per l'anno 2017-2018, sono stati dichiarati idonei avendo superato, con esito positivo, tutte le tre le prove previste dall’iter preselettivo ministeriale, qualora lo stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non avesse stabilito uno sbarramento all'accesso che non ha consentito loro di accedervi;
la carenza di docenti specializzati nella didattica inclusiva all'interno delle scuole italiane rappresenta un fattore di debolezza del sistema scolastico, che danneggia fortemente gli studenti disabili che, pertanto, possono contare raramente sulla continuità didattica;
il nuovo sistema di reclutamento definito dal decreto legislativo n. 59 del 2017 prevede che dal bando previsto entro la fine del 2018 trascorrano almeno due anni prima che gli specializzandi possano insegnare. Nelle more di questa nuova immissione di specializzati, la scuola continuerà a non dare risposte adeguate ai tanti studenti diversamente abili;
la specializzazione sul sostegno, oltre a discendere dalle leggi n. 517 del 1977 e n. 104 del 1992, che obbligano lo Stato italiano a garantire agli studenti disabili personale adeguatamente formato, è un percorso formativo che riguarda, nella carriera professionale di un docente, competenze importantissime e spendibili anche nella didattica inclusiva curriculare, di cui la scuola, come si è visto, data la forte presenza di studenti con Dsa e Bes, ha enorme bisogno;
in quest'ottica l'accesso alla specializzazione andrebbe esteso e non limitato. Esistono, infatti, dei precedenti, come avvenuto in relazione al secondo ciclo TFA con nota n. 319 del 2015, in cui il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha autorizzato le suddette istituzioni accademiche a procedere all'iscrizione di tutti gli idonei, attraverso la creazione di posti in deroga, in virtù del fatto che il numero dei posti prestabiliti per ciascuna università non avrebbe potuto soddisfare la suddetta crescente domanda di docenti specializzati –:
se non ritenga doveroso, con riferimento al corso del terzo ciclo TFA indetto per l'anno 2017-2018 ed in analogia con quanto avvenuto in passato in relazione al secondo ciclo del medesimo corso, assumere iniziative per consentire ai suddetti docenti idonei che hanno superato le preselezioni per conseguire la specializzazione su sostegno, di partecipare ai corsi attivati dalle università, autorizzando queste ultime a procedere alla loro immatricolazione anche in soprannumero, ossia oltre i limiti dei posti precedentemente determinati.
(5-12722)
Interrogazioni a risposta in Commissione:
GINEFRA, VENTRICELLI e CAMPANA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il Cetma è uno dei 9 centri per le tecnologie abilitanti fondamentali (KET) presenti su tutto il territorio nazionale censiti nella piattaforma web lanciata dalla Commissione europea e rivolta a tutte le piccole e medie imprese che intendono commercializzare idee innovative;
il Cetma da oltre 20 anni rappresenta un asset strategico del sistema economico pugliese nell'ambito dell'attività di ricerca, trasferimento tecnologico e diffusione della conoscenza, con particolare attenzione verso le piccole e medie imprese meridionali;
costituisce uno degli organismi di ricerca pubblico-privato più importanti del Mezzogiorno ed occupa circa 80 ricercatori;
oggi a causa dei ritardi da parte del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, nella verifica e nella liquidazione dei progetti di ricerca finanziati dal PON ricerca e competitività 2007-2013, versa in una situazione di estremo disagio finanziario;
dal 3 aprile 2017 è stata attivata la cassa integrazione guadagni ordinaria per tutti gli 80 dipendenti, con riduzione dell'orario lavorativo giornaliero di 2 ore e da marzo non percepiscono né gli stipendi, né le spettanze della cassa integrazione guadagni ordinaria;
a causa di questa situazione 12 dipendenti si sono dimessi, metà dei quali per «giustificato motivo» per poter accedere all'indennità di disoccupazione (Naspi) quale unico sostegno in attesa di trovare una nuova occupazione;
tale situazione sta determinando un depotenziamento della struttura con perdita di competenze strategiche, considerata l'esperienza dei ricercatori con ripercussioni negative su tutta l'economia territoriale di pertinenza;
occorre sostenere tali figure per innescare, attraverso l'innovazione di prodotti e processi, un processo virtuoso di riposizionamento e di incremento della competitività sul mercato –:
se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al fine di velocizzazione tutte le procedure di verifica da parte dell'autorità di gestione del PON REC 2007-2013 necessarie alla certificazione dei contributi da erogare;
se si intenda valutare l'opportunità di attivarsi per scongiurare il collasso della struttura di ricerca, anche attraverso l'accoglimento della richiesta della regione Puglia di promuovere un fondo di rotazione per anticipare le somme dovute, e se, nell'ambito di un apposito tavolo istituzionale da convocare sul futuro del Cetma, non si intenda assicurare il coinvolgimento anche del Ministero dello sviluppo economico per affrontare le emergenze in questione e per assicurare il prosieguo delle attività in essere, spesso condotte congiuntamente con altri enti di ricerca pubblici a partire da Enea, con l'obiettivo di salvaguardare i livelli occupazionali.
(5-12694)
RIBAUDO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
il liceo «Vito Fazio Allmayer», vanto della città di Alcamo (Trapani), è attualmente sede di liceo economico sociale, liceo linguistico, liceo delle scienze umane, liceo musicale e coreutico;
il liceo «Vito Fazio Allmayer» è ubicato nella città di Alcamo dalla sua nascita, nel lontano 1963 (quindi da ben 54 anni);
il liceo «Vito Fazio Allmayer», grazie alla fortunata posizione della città, rappresenta il centro di un bacino culturale cui afferiscono più di 900 studenti, provenienti da ben 12 comuni dell’hinterland;
con la richiesta ulteriore del liceo artistico, il liceo «Vito Fazio Allmayer» intende costituire nella città un polo didattico dei linguaggi, unico nel panorama regionale e nazionale;
la scuola non dispone di una sede di proprietà (tranne una piccola sede che può ospitare circa 200 studenti), e il Libero consorzio comunale (ex provincia) di Trapani non vuole più provvedere al pagamento dell'affitto (che ammonta a 206.000 euro all'anno);
a quanto risulta all'interrogante per effetto di una decisione unilaterale del commissario straordinario della provincia di Trapani, presa senza preavviso, senza consultare gli enti interessati (scuola, comuni, regione, organizzazioni sindacali, Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca) e senza ricercare alcuna soluzione alternativa, il liceo «Vito Fazio Allmayer» dal 1° settembre 2018 dovrà essere trasferito dal comune di Alcamo al comune di Calatafimi;
ben 700 dei 900 studenti (di cui almeno 500 alcamesi) saranno dunque forzosamente trasferiti nelle periferie di un altro comune, senza che vi sia alcun collegamento né ferroviario né su gomma;
per provvedere al trasferimento dovrebbero essere istituiti almeno 14 autobus giornalieri. Gli studenti dei centri vicini dovrebbero prima recarsi ad Alcamo e poi prendere un secondo autobus, e le famiglie dovrebbero farsi interamente carico delle spese di trasferimento, che supererebbero di gran lunga quelle attualmente sostenute per l'affitto degli immobili;
se una simile improvvida decisione andasse in porto, ciò comporterebbe la morte del liceo «Vito Fazio Allmayer», potendosi ragionevolmente presumere che la stragrande maggioranza degli studenti opterebbe per il trasferimento in altra scuola;
sarebbe la fine certa di uno dei poli di eccellenza della scuola siciliana e nazionale, che in Alcamo ha trovato il suo centro d'elezione e che in Alcamo deve rimanere;
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca avvalendosi dell'Avvocatura dello Stato, a quanto risulta all'interrogante ha presentato un ricorso, con istanza di sospensiva, davanti al tribunale amministrativo regionale di Palermo, avverso il provvedimento adottato dal Libero consorzio comunale (ex Provincia) di Trapani che dispone il trasferimento del liceo;
il commissario del Libero consorzio comunale di Trapani avrebbe deciso di resistere in giudizio, avvalendosi dell'Avvocatura dell'ente locale –:
quali iniziative di competenza intenda mettere in campo la Ministra interrogata per risolvere il gravissimo problema del liceo «Vito Fazio Allmayer» di Alcamo e porre fine a un pericoloso contenzioso tra due amministrazioni pubbliche (Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ed ex provincia di Trapani);
quali soluzioni immediate intenda individuare, anche di concerto con il comune di Alcamo, il Libero consorzio comunale (ex Provincia) di Trapani, l'ufficio scolastico regionale e la regione siciliana, a salvaguardia della scuola, dei suoi docenti e soprattutto dei suoi studenti.
(5-12698)
NICCHI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
secondo i dati del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca le scuole statali funzionanti sono complessivamente 7.993 di cui ad oggi ancora permangono cosiddette sottodimensionate, ai sensi del comma 70 dell'articolo 4 della legge n. 183 del 2011;
dal 2012/2013 alle scuole sottodimensionate, variabili nel numero negli anni, ma comunque dotate di autonomia e personalità giuridica non è stato più assegnato in via esclusiva il posto di direttore dei servizi generali ed amministrativi e pertanto in questi ultimi cinque anni scolastici il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha conferito incarichi di reggenza a personale già di ruolo e titolare di altra scuola;
per gli anni scolastici 2012/2013 e 2013/2014 le reggenze sono state pagate con incredibile ritardo, ben oltre un biennio, a seguito della sottoscrizione il 10 novembre 2014 di specifico Contratto collettivo nazionale di lavoro che ha stabilito il compenso in 214,00 euro lordi mensili;
lo stesso Contratto collettivo nazionale di lavoro, al comma 4 dell'articolo 2, prevede esplicitamente un'ulteriore sessione negoziale per estenderne gli effetti ai successivi anni scolastici;
dall'epoca sono trascorsi tre anni, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha continuato a conferire incarichi di reggenza, notificati regolarmente al Ministero dell'economia e delle finanze e alle ragionerie territoriali dello Stato, per gli anni scolastici 2014/2015, 2015/2016, 2016/2017 e per quello in corso 2017/2018, ma i lavoratori che hanno svolto e stanno svolgendo le delicate funzioni apicali proprie del profilo professionale per garantire il regolare funzionamento amministrativo contabile di due scuole, ancora una volta e con ancora più incredibile ritardo, non hanno ricevuto alcun compenso;
risulta che le organizzazioni sindacali della scuola hanno più volte sollecitato il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – l'ultima richiesta di incontro urgente è del 7 febbraio 2017 – provvedere all'emanazione dell'atto di un indirizzo per consentire il pagamento del compenso spettante per il lavoro svolto «dal momento che il MEF ha dato conferma circa la disponibilità dei risparmi di spesa esistenti previsti dalla legge» –:
quale sia l'entità complessiva dei risparmi di cui all'articolo 19, comma 5-bis, del decreto-legge n. 98 del 2011 per gli anni di reggenza da retribuire e quale sia quella destinata alla specifica copertura per i direttori dei servizi generali ed amministrativi incaricati;
in che tempi si intenda provvedere ad assicurare il rispetto dei diritti disattesi dei direttori dei servizi generali ed amministrativi che di fatto stanno lavorando gratuitamente da oltre tre anni;
se la Ministra interrogata non intenda dare specifiche indicazioni agli uffici periferici che conferiscono gli affidamenti ai direttori dei servizi generali ed amministrativi affinché sia sempre espressamente indicato nel provvedimento di incarico sia il compenso spettante per il lavoro da svolgere che i tempi di erogazione dello stesso.
(5-12702)
CUOMO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
con il presente atto di sindacato ispettivo si segnala una criticità abbastanza rilevante per quanto concerne il funzionamento della scuola primaria,nel plesso di San Giovanni Bosco, presso l'istituto comprensivo Quinto Orazio Fiacco di Marconia frazione di Pisticci (Matera);
in particolare, si segnala nell'anno scolastico in corso ed anche negli anni precedenti, un uso improprio del personale docente impiegato sul potenziamento con mancato rispetto dell'orario definitivo;
il dirigente scolastico competente, pur in presenza di certificati medici con prescrizione superiore ai 10 giorni, non provvede a nominare supplenti dalla graduatoria d'istituto e conseguentemente avanza richieste anomale al personale in servizio sul potenziamento come ad esempio di essere a disposizione per l'intera giornata, o variazioni dell'orario, o assegnazioni di supplenze in orario pomeridiano fuori dal proprio orario;
tali provvedimenti sarebbero adottati senza alcun specifico ordine di servizio;
quanto riportato risulterebbe essere prassi consolidata nel tempo;
ad inizio del presente anno scolastico le insegnanti impegnate sul potenziamento; consapevoli della possibile emergenza, hanno manifestato spirito collaborativo offrendo la propria disponibilità a svolgere servizio un pomeriggio ciascuno nel proprio orario di servizio e non fuori dal proprio orario, senza però trovare risposta da parte della dirigente scolastica;
vi sarebbero altre criticità che riguarderebbero l'ora alternativa alla religione cattolica e la programmazione settimanale ma anche la formazione dei docenti;
quanto riportato sta determinando preoccupazione anche tra i genitori degli alunni in merito all'offerta formativa;
le organizzazioni sindacali degli insegnanti e del personale amministrativo, tecnico e ausiliario sarebbero a conoscenza di quanto riportato –:
quali iniziative il Ministro intenda assumere, attraverso gli organi competenti, al fine di verificare l'effettiva sussistenza delle criticità richiamate presso il citato istituto e porre fine a situazioni che creano esclusivamente tensioni a danno di un buon funzionamento della scuola.
(5-12705)
ANZALDI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l'associazione Centro Ricerche e Studi Direzionali denominato «CERISDI» ha sede in Palermo presso Castello Utveggio;
suddetto centro studi, con decreto del presidente della regione siciliana del 27 novembre 1990, ha avuto dalla regione Sicilia il riconoscimento della personalità giuridica; si tratta di un'associazione di alta cultura, che opera nel campo dello studio e della ricerca nel settore della cultura manageriale e che pertanto la stessa si configura come Istituzione culturale;
per le finalità statutarie perseguite e per il costante ed ininterrotto contributo di cui beneficia ai sensi della legge regionale n. 27 del 1991 successivamente modificato dalla legge regionale n. 47 del 1995, il Cerisdi è stato considerato ente strumentale della regione Siciliana;
la regione Siciliana per il conseguimento degli scopi statutari del Centro ne nominava il presidente e rappresentante legale e due membri del consiglio di amministrazione, destinando il Castello Utveggio quale sede dell'Associazione, con tutti gli arredi;
il Cerisdi nel corso dei suoi 25 anni di attività, si è sempre distinto per il valore della sua azione e per le iniziative volte ad assicurare la diffusione scientifica e l'innovazione, per favorire altresì dinamiche e processi di sviluppo nell'ambito pubblico e privato;
nel 2016 è stato avviato il processo di liquidazione di suddetta istituzione culturale;
gli organi statutari dell'associazione Cerisdi nulla hanno fatto per evitare che venisse liquidato nonostante fosse tra le poche strutture di questo profilo presente in Sicilia e con un bilancio in ordine;
il Cerisdi è stato pressoché integro fino al momento in cui con la scelta improvvida del governo della regione, è stato deciso di porlo in liquidazione per non farci più nulla visto che oggi è in assoluto stato di abbandono;
il personale del «Centro Studi e Formazione Castello Utveggio – Cerisdi», in corrispondenza alle sue competenze e per il raggiungimento dei fini di indirizzo regionale avrebbe dovuto assumere la funzione di supporto all'amministrazione regionale per lo sviluppo di progetti e attività coerenti con le finalità e gli obiettivi strutturali di aziende e società operanti all'interno della macchina amministrativa e burocratica della regione Siciliana;
la regione Siciliana avrebbe dovuto provvedere da tempo ormai al passaggio delle 28 unità del «Centro Studi e Formazione Castello Utveggio – CERISDI», all'interno del bacino regionale – oggi albo partecipate in liquidazione e nonostante la legge regionale 20 del 2016, all'uopo predisposta; tutte le risorse in albo lì sono rimaste senza alcun avvio procedurale di ricollocazione per riutilizzarne le competenze e il know-how all'interno di strutture regionali in modo che si proceda alla loro stabilizzazione;
sono trascorsi 21 mesi ma per questo personale sembra non esservi alcuna prospettiva di reimpiego nonostante in presenza di qualifiche e professionalità di alto profilo –:
se il Governo sia informato di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di valutare l'opportunità di una convocazione di un tavolo di confronto con regione e organizzazioni sindacali al fine di un effettivo recupero al lavoro delle 28 unità del CERISDI.
(5-12724)
D'UVA, VILLAROSA, LOREFICE, ZOLEZZI e GRILLO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
a seguito dell'emanazione del decreto ministeriale n. 402 in data 13 giugno 2017 le scuole di specializzazione di area sanitaria sono state sottoposte ad una procedura di accreditamento volta a verificare la presenza dei requisiti minimi che garantiscano l'adeguatezza della formazione offerta ai giovani medici;
all'esito di tale verifica, diverse scuole di specializzazione sono risultate carenti dei suddetti requisiti e non hanno ottenuto l'accreditamento necessario;
ad esempio, come riportato da un articolo pubblicato in data 11 novembre 2017 dal quotidiano Gazzetta del Sud, tra le scuole facenti capo all'università degli Studi di Messina, su 38 per le quali era stato richiesto l'accreditamento, ben 9 sono state bocciate e 20 sono state ammesse con riserva;
con nota del 16 gennaio 2017 inviata a tutti i rettori delle università italiane il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca è, dunque, intervenuto al fine di indirizzare gli atenei di modo da garantire il prosieguo degli studi di tutti i medici iscritti in corsi non accreditati anche in altre scuole di specializzazione, rammentando che, con decreto ministeriale n. 270 del 2004, è sì previsto che venga garantita la regolare conclusione del corso di studi presso la stessa scuola di specializzazione ancorché bocciata, ma che qualora «lo specializzando iscritto a tali Scuole decidesse di voler presentare ad altro Ateneo (ed in vista dell'imminente avvio del prossimo A.A.) apposita istanza di trasferimento volta ad accedere ad altra Scuola di specializzazione della stessa tipologia di quella frequentata, si ritiene che l'Ateneo cui lo specializzando è iscritto non possa negare il proprio nulla osta al trasferimento», e financo in deroga ai termini per la presentazione delle istanze stabiliti da regolamenti interni, stante l'impossibilità per i giovani medici di prevedere tali mancati accreditamenti precedentemente;
senonché diversi specializzandi iscritti presso le scuole di specializzazione bocciate dei vari atenei italiani, pur avanzando la richiesta di nulla osta ai fini del trasferimento, non hanno ottenuto dall'Amministrazione risposta nei termini della conclusione dell'anno accademico e si sono ritrovati, di fatto, costretti a proseguire il loro iter formativo presso scuole non accreditate –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza del fatto che diverse scuole di specializzazione dell'area sanitaria che non hanno ricevuto l'accreditamento hanno negato o comunque omesso di rilasciare il nulla osta necessario al trasferimento dei medici presso scuole accreditate entro il termine costituito dall'inizio del nuovo anno accademico, in ossequio alla nota di indirizzo del 16 ottobre 2017;
come il Ministro interrogato intenda tutelare gli specializzandi medici iscritti a corsi non accreditati affinché venga consentito loro, nonostante l'avvio di un nuovo anno accademico, di proseguire la formazione specialistica tramite corsi che hanno ottenuto il riconoscimento ai sensi del decreto ministeriale n. 402 del 2017.
(5-12725)
Interrogazioni a risposta scritta:
RAMPELLI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
gli atenei telematici ricoprono un ruolo fondamentale per il tessuto sociale del Paese, garantendo l'attuazione del diritto allo studio previsto dalla Costituzione attraverso un'offerta formativa pari a quella delle altre università pur mantenendo per gli studenti costi più che sostenibili;
tali università rappresentano, infatti, una importante soluzione per le famiglie che non potrebbero permettersi di sostenere i costi per il mantenimento di un figlio fuorisede, e stanno contribuendo al raggiungimento, da parte dell'Italia, del traguardo previsto dal programma europeo «Horizon2020», volto a sostenere la creazione di un'area comune in cui ricercatori, conoscenze scientifiche e tecnologiche possano circolare liberamente;
senza l'innovazione delle università telematiche, l'Italia si troverebbe in una posizione ben peggiore di quella che occupa attualmente in ambito europeo nelle classifiche sul numero dei laureati, con studenti costretti o a spendere decine di migliaia di euro per seguire il proprio percorso accademico presso le università non statali, oppure a subire i disservizi e il sovraffollamento che, purtroppo, caratterizzano tante realtà accademiche italiane;
attualmente in Italia sono operative ben undici università telematiche, che nell'anno accademico 2014-15 hanno immatricolato circa 5.500 studenti, raggiungendo gli oltre sessantatremila iscritti, pari al quattro per cento del totale, e negli ultimi cinque anni hanno registrato un aumento delle iscrizioni del sessanta per cento, a fronte di un calo di studenti immatricolati nelle università tradizionali di oltre il sette per cento nello stesso periodo;
il 12 dicembre 2016 è stato adottato un decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca teso a uniformare il corpo docente tra le università tradizionali e quelle telematiche, in base al quale tutti gli atenei telematici dovranno avere un corpo docenti composto da almeno sei professori per ogni centocinquanta studenti, quindi «in media» per ogni corso attivato;
tale disposizione rischia di determinare gravi problematiche per gli atenei specializzati nella formazione a distanza, spesso realtà di dimensioni medio-piccole che non potranno sopportare l'aumento dei costi derivante dall'impiego di più docenti, costringendole ad aumentare le proprie rette e, di conseguenza, precludere la frequenza a migliaia di giovani studenti e studenti lavoratori;
la discriminazione operata dal citato decreto appare, inoltre, ancor più evidente se si considera che le università telematiche non ricevono alcun finanziamento pubblico e sono sottoposte all'obbligo, che coinvolge solo le università telematiche, di mettere a disposizione di ciascuno studente un tutor didattico –:
se non ritenga di assumere iniziative per rivedere con urgenza le disposizioni di cui in premessa, prevedendo l'introduzione di alcuni correttivi, al fine di non precludere la formazione universitaria di migliaia di giovani iscritti agli atenei telematici.
(4-18476)
SIBILIA. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
ad Avellino in queste settimane sta esplodendo una vera e propria emergenza relativa all’«edilizia scolastica» che vede interessati molti edifici di proprietà del comune o della provincia interessati da sequestri o controlli relativi alle condizioni di sicurezza strutturale;
nei giorni scorsi il liceo scientifico «Mancini» è stato chiuso perché dichiarato inagibile dalla procura di Avellino a causa del rischio di cedimento di due solai mentre la scuola media «Solimena» è stata oggetto di un sopralluogo da parte di carabinieri e vigili del fuoco per verificare le condizioni di sicurezza strutturale;
anche il liceo classico «Colletta» pare sia sotto osservazione in queste ore;
già lo scorso anno, alcune scuole del capoluogo irpino furono chiuse per problemi di sicurezza strutturale;
l'inchiesta sul patrimonio edilizio scolastico, portata avanti dalla procura della Repubblica di Avellino, si sta allargando con l'emissione di nuovi avvisi di garanzia nei confronti di amministratori e tecnici;
migliaia di studenti sono senza aule, non fanno lezione e vivono, insieme alle famiglie, momenti di forte disagio e preoccupazione, poiché è a rischio il diritto allo studio. Al momento le Istituzioni locali competenti non hanno avanzato alcuna proposta fattibile di soluzione;
la città di Avellino e la sua provincia sono state colpite da uno dei più disastrosi terremoti che si ricordi in Italia, quello del 1980, e tuttora sono classificate tra le zone italiane a maggior rischio sismico –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda porre in essere affinché il diritto allo studio di migliaia di studenti irpini sia garantito;
quali siano stati, per Avellino e provincia, i fondi messi a disposizione dal Governo per l'edilizia scolastica;
quali siano stati gli interventi finanziati, quali siano i lavori portati a compimento e quelli ancora in itinere e quali siano stati i criteri utilizzati per definire la priorità degli interventi finanziati.
(4-18481)
SPESSOTTO. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
è giunta alla interrogante, da parte della Cisl Veneto, la segnalazione di alcune criticità inerenti all'avvio dell'anno scolastico 2017/2018 con particolare riguardo alla regione Veneto, tali da limitare il buon funzionamento della scuola pubblica in questa regione;
tra le problematiche segnalate c'è il riscontro di un numero insufficiente di insegnanti di sostegno disponibili in Veneto rispetto alle effettive richieste da parte degli studenti disabili, il cui numero, quest'anno, è di 16.424 nella regione;
la causa di questo squilibrio starebbe nella richiesta fatta al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, da parte delle università di Padova e Verona, dell'autorizzazione ad un numero di posti, all'interno dei corsi di specializzazione per attività di sostegno, notevolmente inferiori rispetto alle necessità oggettive (quest'anno, a fronte di 1.743 nomine, i posti per la specializzazione/abilitazione attivati dalle università venete sono 560, meno di uno ogni tre);
anche nel caso del personale abilitato all'insegnamento nelle scuole dell'infanzia e primaria, si riscontra, all'interno delle università venete — e più nello specifico nella facoltà di scienze della formazione primaria di Padova con la sede staccata di Verona — un numero insufficiente di posti rispetto alle effettive esigenze occupazionali;
per l'anno accademico 2017/2018 sono previsti, tra Padova e Verona, complessivamente 300 posti, a fronte di un avvenuto pensionamento, nel corso del 2017, di 601 docenti di scuola primaria e 143 di scuola d'infanzia, e di una crescente richiesta da parte degli studenti universitari di accedere alla selezione ai suddetti corsi tramite test di ingresso –:
a fronte delle criticità illustrate in premessa, quali indirizzi e strategie il Ministro intenda perseguire a livello nazionale, per quanto di competenza, al fine di modulare, anche con la collaborazione degli uffici scolastici regionali, l'offerta e le caratteristiche dei corsi di specializzazione abilitati all'insegnamento alla effettiva domanda da parte degli studenti e del mercato del lavoro, e risolvere altresì il problema della carenza del numero di insegnanti di sostegno disponibili e di docenti nella scuola primaria in Veneto.
(4-18482)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta scritta:
RAMPELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
nel corso della trasmissione Le Iene del 9 aprile 2017 è stato messo in onda un servizio sulla truffa operata da un dipendente del patronato Inca Cgil di Zurigo, Antonio Giacchetta, a danno di alcuni pensionati italiani residenti in Svizzera utenti del medesimo patronato;
il funzionario dell'Inca Cgil, nel frattempo condannato in via definitiva dalla giustizia elvetica e trattenuto da alcuni mesi in un carcere svizzero per truffa, appropriazione indebita e falsificazione di documenti nei confronti di settanta cittadini italiani che si erano rivolti al patronato in questione per ottenere assistenza, si è impossessato illecitamente di dodici milioni di euro di proprietà degli assicurati italiani presso la locale Pensionskasse, facendone uso personale;
il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, a seguito degli illeciti operati dal proprio dipendente, ha disposto la chiusura del patronato Inca Cgil in Svizzera e ne ha dichiarato il fallimento, evitando il versamento delle spettanze ai cittadini truffati, come, invece, disposto dalla sentenza del tribunale di Zurigo;
al contempo, Susanna Camusso ha chiamato in vita una nuova associazione, «Associazione solidarietà e diritti – INCA», che, finanziata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali italiano, sta proseguendo l'attività di patronato a nome dell'Inca Cgil in Svizzera in diverse città;
in occasione di un'audizione innanzi al Comitato per le questioni degli italiani all'estero del Senato, esponenti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali hanno avuto modo di affermare di non avere ancora fatto luce sulla situazione giuridico-amministrativa della nuova associazione, oramai operativa da ben quattro anni;
il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che negli anni ha ispezionato più volte la sede del patronato Inca Cgil di Zurigo senza mai rilevare alcuna delle evidenti operazioni illecite poste in essere da Antonio Giacchetta a danno dei pensionati italiani, destina da quattro anni alla sede centrale dell'Inca Cgil a Roma i finanziamenti per le attività di patronato svolte dalla nuova «Associazione solidarietà INCA», costituita in Svizzera a seguito della chiusura delle sedi del patronato Inca Cgil;
in occasione di un'intervista rilasciata nell'ambito del citato servizio televisivo, il segretario generale della Cgil affermato che le associazioni Inca Cgil non hanno alcun rapporto diretto con la Cgil, respingendo ogni responsabilità diretta nella questione e anche l'obbligo di risarcire le parti lese, previsto dal tribunale elvetico a carico del patronato –:
come sia stato possibile che il Giacchetta abbia potuto falsificare le firme degli assicurati italiani utilizzando, ai fini delle autentiche delle firme stesse, il timbro del consolato generale di Zurigo;
quante ispezioni siano state condotte negli ultimi anni dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sull'attività amministrativo-contabile degli uffici svizzeri dell'Inca Cgil e, in particolare, su quello di Zurigo, e se e quali riscontri vi siano stati a livello contabile;
a che punto siano gli accertamenti sulle nuove associazioni dell'Inca Cgil preannunciate nel marzo 2016 dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali al Comitato per le questioni degli italiani all'estero del Senato.
(4-18502)
POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI
Interrogazioni a risposta scritta:
VALLASCAS. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
l'ultima stagione estiva si sarebbe rivelata fortemente penalizzante per il comparto agropastorale della Sardegna, per effetto delle condizioni climatiche avverse caratterizzate da una straordinaria e prolungata siccità;
secondo quanto hanno riportato numerosi organi di stampa, questa situazione avrebbe avuto pesanti ripercussioni su colture e allevamenti e avrebbe inciso sulla redditività e sulla sopravvivenza stessa di numerose aziende del settore;
tra le altre cose, è il caso di osservare che gli allevatori del comparto ovicaprino, a fronte di una situazione di aridità e secchezza dei terreni da pascolo, avrebbero affrontato ingenti costi per acquistare il mangime necessario al bestiame;
nei giorni scorsi, anche a seguito delle azioni di protesta degli operatori del settore e dei rappresentanti di categoria, in Gazzetta Ufficiale è stata pubblicata la declaratoria sulla siccità in Sardegna, provvedimento che, secondo quanto riportano gli organi di stampa locali, sarebbe stato approvato dalla giunta regionale il 27 settembre 2017 e firmato dal Ministro interrogato il 26 ottobre 2017;
secondo quanto si apprende da alcuni organi di stampa, le pratiche sarebbero passate di competenza ad Argea che dovrebbe sovrintendere all'erogazione di circa 45 milioni di euro volti a ristorare i pastori sardi con un finanziamento pari a 13 euro a capo;
secondo il quotidiano l'Unione Sarda del 5 novembre 2017 «Fino a oggi sono state presentate poco più di tremila domande a fronte di circa 12mila aziende ovicaprine presenti in Sardegna. I pagamenti procederanno secondo l'ordine di arrivo delle richieste»;
le organizzazioni di categoria avrebbero formulato alcune osservazioni negative sulle modalità e sui tempi di erogazione delle somme previste;
in particolare, avrebbero espresso delle contrarietà sul fatto che le somme da erogare verrebbero trattenute in via prioritaria dall'Inps per compensare eventuali posizioni debitorie con l'ente da parte delle aziende;
questa circostanza penalizzerebbe oltremodo le aziende agricole della Sardegna che da tempo attraverserebbero una situazione di grave sofferenza finanziaria per effetto delle avverse condizioni di mercato e delle croniche difficoltà del comparto ad accedere al credito bancario;
a questa situazione si aggiungerebbe anche la grave circostanza che eventuali posizioni debitorie con l'Inps si sarebbero determinate proprio dalla necessità di sostenere gli alti costi degli allevamenti determinati dalla siccità;
tra le soluzioni prospettate dagli allevatori ci sarebbe anche quella di programmare una rateizzazione dei debiti senza incidere sulla qualità e sulla consistenza delle provvidenze;
è il caso di rilevare che le associazioni di categoria avrebbero formulato osservazioni critiche sui tempi di erogazione delle somme che, secondo alcuni organi di stampa, non verranno erogate prima del mese di gennaio 2018 –:
se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
quali iniziative il Governo intenda adottare, per quanto di competenza, per fare in modo che gli effetti delle provvidenze relative alla siccità 2017 non vengano annullati a causa della necessità di compensare posizioni debitorie con l'Inps.
(4-18480)
VALLASCAS. — Al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
il 14 novembre 2017, l'assessore dell'agricoltura della regione Sardegna ha emanato il decreto n. 2836/DecA/58 che definisce disposizioni e calendario per la pesca del riccio di mare (Paracentrotus lividus) per la stagione 2017/2018;
è il caso di osservare che il provvedimento rientrerebbe in un contesto in cui, negli ultimi anni, si sarebbe registrata una considerevole e preoccupante riduzione degli esemplari di riccio di mare sui fondali sardi per effetto di un prelievo spesso non adeguatamente controllato e in taluni casi sconsiderato;
questo stato di cose avrebbe determinato situazioni limite in alcune località della Sardegna, come quella denunciata da pescatori e residenti dei territori della penisola del Sinis, nell'Oristanese, secondo i quali, nel corso della stagione di pesca, si registrerebbe la presenza di un elevato numero di pescatori provenienti da tutta la Sardegna;
è il caso di segnalare che ci sarebbero numerosi studi scientifici che metterebbero in relazione l'impoverimento dei fondali dell'area con l'eccessiva attività di pesca;
giova riportare le risultanze della ricerca del Centro marino internazionale (Cmi) di Torregrande (Oristano), che avrebbe evidenziato che nel corso egli ultimi dieci anni nei fondali del Sinis la presenza dei ricci di mare sarebbe passata da 10 a 4 esemplari per metro quadro;
al fine di sottolineare la correlazione tra comportamenti dei pescatori, intensità di pesca e presenza di esemplari sui fondali, è opportuno segnalare che l'edizione del 28 ottobre del quotidiano la Nuova Sardegna avrebbe sostenuto che «per quanto riguarda il golfo di Alghero si sta registrando il fenomeno contrario nella riserva marina di Capo Caccia-lsola Piana. Sito dove l'esercizio attento del divieto di pesca assoluto ha consentito un consistente ripopolamento a differenza di altre zone di pesca»;
ed è il caso di osservare che la questione è stata oggetto di un'ampia campagna di sensibilizzazione e di protesta da parte dei residenti nel territorio: campagna sfociata con una petizione online firmata da oltre diecimila persone, con la quale sarebbero state chieste, con il nuovo decreto, restrizioni alla raccolta;
tra le principali richieste, è il caso di segnalare, per la particolare rilevanza, l'attuazione del principio di territorialità, attraverso la limitazione della pesca ai soli residenti nella provincia storica di Oristano, il divieto di pesca in tutte le aree marine protette, il divieto per i sub di utilizzare respiratori, l'incremento delle sanzioni e il rafforzamento dei controlli;
secondo alcuni organi di stampa, la petizione sarebbe stata inviata al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali con l'intento di ottenere presso la direzione generale della pesca marittima e dell'acquacoltura un parere favorevole alle istanze dei cittadini;
sempre da quanto si rileva da alcuni organi di stampa, in una prima fase, il suddetto Ministero sembrava orientato ad accogliere le richieste in merito al principio di territorialità e sul divieto di pesca nelle aree protette;
da quanto si rileva da una prima lettura del decreto emanato il 14 novembre 2017, ad eccezione di una trascurabile limitazione sui quantitativi del pescato, il provvedimento sembrerebbe identico, a giudizio dell'interrogante, ad un altro decreto emanato nel 2016 tanto da risultarne una fotocopia, non contenendo al suo interno nessuna delle istanze inviate dal territorio –:
quali iniziative intenda adottare, per quanto di competenza, per salvaguardare le popolazioni dei ricci di mare presenti nei fondali dei mari sardi ed escludere le aree marine protette da questa pratica;
se non intenda adottare, per quanto di competenza, iniziative urgenti, anche di natura normativa, per favorire il ripopolamento della specie nei mari della Sardegna;
quali siano le motivazioni dell'improvviso cambio di orientamento da parte del Ministero in merito alle richieste pervenute dai residenti della penisola del Sinis.
(4-18495)
SALUTE
Interrogazione a risposta in Commissione:
AMATO, BURTONE e ANTEZZA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
è in atto un contenzioso tra i medici di continuità assistenziale (guardie mediche) e la Corte dei conti in relazione ad accordi integrativi su base regionale che secondo la magistratura contabile sarebbero in contrasto con l'accordo collettivo nazionale, nel quale si parla di «onorario omnicomprensivo orario»;
a seguito di tale contenzioso le regioni coinvolte, Campania, Basilicata, Abruzzo, Molise, non solo hanno deliberato la sospensione degli accordi integrativi regionali relativi ai medici di continuità assistenziale, ma anche chiesto la restituzione delle somme fino ad ora percepite;
è notizia di questi giorni che in Basilicata i medici di guardia hanno deciso, come forma di protesta, di non usare più la propria auto per svolgere il servizio;
questo significa che non si sposteranno più dal proprio ambulatorio per visite a domicilio creando inevitabili disagi a pazienti che spesso vivono in zone rurali o anziani impossibilitati a muoversi –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere, per quanto di competenza, al fine di individuare un percorso istituzionale con l'obiettivo di scongiurare un grave pregiudizio ai livelli essenziali di assistenza e nella tutela della salute per i cittadini più fragili e per consentire alle guardie mediche di svolgere il proprio importante lavoro.
(5-12726)
Interrogazioni a risposta scritta:
PLACIDO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
dall'ottobre 2014 il sottoscritto ha interrogato il Ministro (marzo 2016 e marzo 2017) per sapere se ritenga corretto il comportamento posto in essere dall'Ordine dei medici di Lecce e dal suo presidente dottor Luigi Pepe nei confronti di un suo associato, il dottor Minelli;
nel corso di questo triennio, tuttavia, il lavoro della magistratura ha progressivamente portato alla luce le responsabilità dell'Ordine succitato e del suo presidente fino al punto che, come si apprende dalla stampa regionale, la procura della Repubblica di Lecce ha recentemente chiesto il rinvio a giudizio del dottor Pepe per abuso di ufficio e dei presidenti della Federazione nazionale medici odontoiatri (Fnomceo) Amedeo Bianco e Roberta Chiersevani per aver omesso di attivare il proprio potere disciplinare, bloccando l'infaticabile azione vessatoria promossa dal dottor Pepe medesimo ai danni del dottor Minelli;
dalle stesse fonti a stampa si apprende, inoltre, che il tribunale di Lecce avrebbe aperto a carico del dottor Pepe numerosi altri procedimenti penali per diffamazione, concussione, abuso di ufficio;
la magistratura in buona sostanza giunge laddove il Ministero avrebbe potuto arrivare se solo avesse scelto di esercitare adeguatamente i poteri di vigilanza che la norma conferisce allo stesso e/o di assumere un atteggiamento meno pilatesco di quello, a giudizio dell'interrogante, tenuto lungo tutto il corso di questa sconcertante vicenda –:
se il Ministro non ritenga di assumere le iniziative di competenza per commissariare l'Ordine dei medici di Lecce, evitando che possano compiersi ulteriori abusi nelle more dell'imminente rielezione dell'organismo in quanto è paradossale, ad esempio, che il dottore Pepe continui a presiedere un ordine che risulta essere parte offesa in uno dei processi a suo carico –:
quali iniziative si intendano assumere nei confronti della federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri e se si intendano attivare tempestivamente i poteri di vigilanza previsti dalla legge, evidentemente in via preventiva e precauzionale rispetto all'intervento della magistratura;
quali procedure si ritenga vadano «standardizzate» per evitare che casi del genere possano ripetersi in quella che appare all'interrogante sostanziale inerzia e/o impotenza del Ministero della salute.
(4-18477)
VARGIU e MATARRESE. — Al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
i media sardi si sono occupati nei giorni scorsi di un gravissimo episodio di violenza, che ha purtroppo nuovamente interessato una dirigente medico psichiatra, Ilaria Vannucci, aggredita negli ambulatori del centro salute mentale di Assemini, mentre prestava assistenza ai propri pazienti;
la dottoressa Vannucci riferisce di essere stata assalita, in presenza di due agenti della polizia municipale, da un paziente tossicodipendente in doppia diagnosi, che l'avrebbe riempita di improperi e minacce e le avrebbe scaraventato addosso il monitor di un computer. Secondo la ricostruzione della stampa, i vigili urbani presenti sarebbero intervenuti solo dopo che l'aggressione era avvenuta e non avrebbero ritenuto doveroso bloccare o allontanare l'assalitore che, pochi minuti dopo, si sarebbe nuovamente introdotto nell'ambulatorio, in assenza di qualsiasi intervento da parte delle forze dell'ordine, terrorizzando la professionista. A seguito dei traumi subiti, la dottoressa ha riportato la frattura del polso destro e un disturbo acuto da stress traumatico;
l'aggressione dei giorni scorsi è soltanto l'ennesimo elio di una catena di violenze contro gli operatori sanitari, che ha come teatro abituale di pronto soccorso, gli ambulatori della guardia medica, i servizi di psichiatria, i Sert, gli operatori dei consultori e della neuropsichiatria infantile;
i medici e gli infermieri che operano in territorio di frontiera, spesso in condizioni di solitudine, vivono ormai una situazione di insicurezza che rende oltremodo difficile il sereno ed equilibrato svolgimento della professione e il rispetto del ruolo sociale a garanzia dei più deboli;
qualora le ricostruzioni rese dai media fossero attendibili, appare, all'interrogante quanto meno inquietante l'atteggiamento degli stessi vigili urbani del comune di Assemini, che avrebbero sottovalutato la situazione, rendendo possibile il reiterarsi – da parte di un soggetto manifestamente pericoloso – dei comportamenti aggressivi nei confronti della dottoressa Vannucci, confermando la complessiva situazione di inadeguatezza degli attuali sistemi di vigilanza e di sicurezza intorno alle situazioni più critiche;
valutazioni di opportunità suggeriscono di non procedere alla militarizzazione degli ambulatori a rischio, ma certo non appare più tollerabile che i sanitari vengano lasciati in condizioni di insicurezza, senza nessun sistema di protezione, addirittura con rischi per l'incolumità personale, a gestire responsabilità che vanno ben oltre la loro sfera professionale;
appare urgente una presa di posizione delle istituzioni sanitarie regionali e della dirigenza delle aziende sanitarie sarde che certifichi in modo concreto la volontà di potenziare i sistemi di sicurezza delle sedi sanitarie a maggior rischio, contribuendo a restituire ai sanitari le certezze indispensabili per svolgere il loro delicato ruolo professionale –:
se siano a conoscenza del grave episodio di violenza accaduto il 20 ottobre 2017 nell'ambulatorio del Centro di salute mentale di Assemini;
se siano state allertate la polizia di Stato o altre autorità statali, se queste siano intervenute e quali eventuali iniziative abbiano assunto;
quali iniziative di competenza ritengano opportuno assumere affinché venga presa ogni possibile misura di sicurezza rivolta ad interrompere l'incredibile catena di episodi di violenza contro i medici e i sanitari, che rischia di cancellare le stesse condizioni di «agibilità» professionale, indispensabili per garantire la qualità dell'alleanza terapeutica tra medico e paziente.
(4-18489)
VARGIU e MATARRESE. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
in alcune regioni italiane (Abruzzo, Basilicata, Campania), la procura regionale della Corte dei conti avrebbe chiesto chiarimenti alle amministrazioni regionali in merito all'erogazione delle indennità di rischio, previste dagli accordi integrativi regionali, ai medici della continuità assistenziale;
a seguito di tale richiesta, in via cautelativa, le regioni interessate avrebbero sospeso l'erogazione di tali indennità e avrebbero avanzato l'ipotesi di dover procedere al recupero forzoso delle somme indebitamente erogate, nel caso fosse stata dimostrata l'illegittimità del pagamento;
l'azione di autotutela da parte delle regioni interessate rischia di innescare un analogo meccanismo a cascata anche in altre regioni italiane: in data 7 novembre 2017, con nota prot. 26492, la regione Sardegna ha dato indicazione ad Engineering spa di disporre la sospensione dell'erogazione in busta paga delle indennità di cui alle voci 73 e 136 per i medici di medicina generale, alle voci 136 e 225 per i medici di continuità assistenziale, alla voci 136, 137 e 226 per i medici dell'emergenza sanitaria territoriale;
l'azione unilaterale di denuncia degli accordi integrativi regionali sta creando una situazione di grave disagio nel mondo sanitario, già fortemente sofferente per i ripetuti differimenti delle attività di rinnovo contrattuale e per la complessiva carenza di risorse disponibili per il buon funzionamento del servizio sanitario nazionale;
i contratti integrativi regionali della dirigenza medica rappresentano la certificazione del corretto e positivo funzionamento delle relazioni sindacali regionali per cui la contestazione della loro legittimità, qualora non fosse sostenuta da un'acclarata incoerenza con il quadro giurisdizionale generale, rischierebbe di inficiare qualsiasi futura attività di contrattazione decentrata, creando un disastroso danno complessivo all'immagine e all'affidabilità delle pubbliche istituzioni e al buon funzionamento dei sistemi sanitari regionali –:
se non ritenga opportuno avviare, per quanto di competenza con il coinvolgimento delle regioni, un'immediata iniziativa volta a definire un quadro normativo chiaro relativamente alle indennità di cui in premessa a tutela del buon funzionamento del servizio sanitario nazionale e della possibilità di garantire il miglioramento della qualità dell'assistenza sanitaria.
(4-18490)
MIOTTO, CAMANI, NACCARATO, NARDUOLO, ROSTELLATO e ZAN. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
con la delibera di giunta regionale 2122 del 2013 sono state approvate le nuove schede di dotazione ospedaliera del Veneto sulla base degli indirizzi derivanti dal piano socio-sanitario regionale ed in coerenza con le norme nazionali intervenute in materia;
in particolare, la giunta regionale afferma che «si intende riorganizzare il Sistema sanitario regionale non secondo una logica di “riduzione”, ma di una maggiore rispondenza ai bisogni della popolazione, di una migliore appropriatezza del setting assistenziale, di una più equa ed uniforme distribuzione delle risorse e di un efficientamento del sistema. Si intende, cioè, assicurare le cure il più vicino possibile al paziente compatibilmente con l'alta qualità, la sicurezza e l'efficacia del trattamento richiesto»;
con legge regionale n. 19 del 2016 sono state riorganizzate le aziende ULSS del Veneto e l'articolo 24 della precitata legge prevede che «la vigente programmazione sanitaria è prorogata sino al 31 dicembre 2018»;
con la programmazione prevista dalla delibera di giunta regionale 2122 del 2013 e dalla successiva delibera di giunta regionale 210 del 2016, veniva previsto che l'ospedale di Piove di Sacco e l'ospedale S. Antonio costituissero due sedi dell'unico presidio ospedaliero di rete ed inoltre veniva prevista una forte integrazione con i servizi dell'azienda ospedaliera di Padova allo scopo di evitare inutili e costose duplicazioni di servizi, anche in considerazione del fatto che Piove di Sacco dista dal S. Antonio 16,5 chilometri e dall'azienda ospedaliera 19,8 chilometri;
nell'ambito dei contenuti della scheda di programmazione, in particolare era prevista la seguente riorganizzazione dei reparti:
neurologia, con 15 posti letto ed una unità semplice dipartimentale (USD), con attività ictus di 2° livello garantita in collaborazione con ospedale S. Antonio e azienda ospedaliera;
ostetricia e ginecologia con 20 posti letto, 1 apicalità in dipartimento con azienda ospedaliera di Padova, con attività di procreazione medicalmente assistita;
patologia neonatale: attività garantita dall'azienda ospedaliera di Padova;
pediatria: USD. L'azienda ospedaliera coordina le attività pediatriche presso ospedale di Piove di Sacco;
anatomia e istologia patologica, laboratorio e medicina trasfusionale: tutte garantite in collaborazione con azienda ospedaliera di Padova;
con delibera di giunta regionale 84/CR del 13 luglio 2017 la giunta regionale, contraddicendo, secondo gli interroganti, quanto previsto dall'articolo 24 della legge regionale 19/2016, ha approvato una modifica della programmazione tesa a sostituire l'integrazione prevista tra ospedale di Piove di Sacco e azienda ospedaliera di Padova, con una integrazione tra ospedale di Piove di Sacco e ospedale di Schiavonia, rientrato nell'ambito territoriale della ULSS 6 Euganea per effetto della riorganizzazione predetta, ma che dista dall'ospedale di Piove di Sacco 34,3 chilometri, circa il doppio della distanza fra Piove di Sacco e Padova;
in conseguenza di tali cambiamenti, l'integrazione con Padova cesserebbe determinando questo quadro:
neurologia: attività ictus di 2° livello garantita dall'ospedale S. Antonio;
ostetricia e ginecologia: verrebbe soppressa l'attività di procreazione medicalmente assistita;
patologia neonatale, pediatria, anatomia patologica, laboratorio e medicina trasfusionale: attività garantita in ambito aziendale e quindi con l'ospedale di Schiavonia;
la riorganizzazione proposta scardina l'impianto precedente fondato sulla integrazione fra Piove di Sacco e Padova (ospedale S. Antonio e Azienda) e colloca l'ospedale di Piove di Sacco nel ruolo ancillare all'ospedale di Schiavonia, prefigurando un possibile ulteriore indebolimento dell'offerta di Piove di Sacco e privando di un riferimento ospedaliero circa 70.000 abitanti della Saccisica –:
se sia a conoscenza di quanto in premessa descritto e se ritenga di dover assumere ogni iniziativa di competenza, affinché sia monitorato il rispetto dei livelli essenziali di assistenza per i cittadini del territorio della Saccisica che verrebbero privati di un essenziale presidio ospedaliero al punto che nella operazione di ridimensionamento in atto non sarà possibile garantire efficaci e tempestive cure ospedaliere a circa 70.000 abitanti.
(4-18501)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazione a risposta orale:
BERSANI, MELILLA, EPIFANI, MARTELLI, ZAPPULLA, SPERANZA, SCOTTO, LAFORGIA, GIORGIO PICCOLO, RICCIATTI, QUARANTA, PIRAS, SANNICANDRO, KRONBICHLER, DURANTI, ALBINI, STUMPO, FERRARA, ZARATTI, CIMBRO, ZACCAGNINI, D'ATTORRE, ZOGGIA, FONTANELLI, NICCHI, FRANCO BORDO, MOGNATO, FORMISANO, FOLINO e RAGOSTA. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
la Multinazionale Honeywell ha comunicato la sua scelta di dismettere il sito industriale di Atessa in Abruzzo che occupa 420 lavoratori;
contro questa sciagurata ipotesi i lavoratori sono in sciopero ormai da 2 mesi;
questa conclusione drammatica della vertenza rappresenta un duro colpo non solo per i 420 lavoratori e le loro famiglie, ma per la economia della provincia di Chieti e della regione Abruzzo con una caduta brusca dell'occupazione, del reddito e dei consumi;
occorre un intervento del Governo nazionale e della regione Abruzzo per portare la Honeywell ad una valutazione più responsabile della scelta annunciata e lavorare insieme ad una soluzione diversa che salvaguardi la presenza produttiva ed occupazionale di questa multinazionale in Abruzzo –:
quali iniziative intenda assumere con urgenza affinché la Honeywell avvii un ripensamento della sua scelta con l'apertura di un tavolo negoziale che individui le giuste soluzioni produttive e occupazionali per il sito industriale di Atessa (Chieti).
(3-03364)
Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
X Commissione:
GALGANO e ALFREIDER. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
a dicembre 2016 il gruppo Novelli srl, 500 dipendenti di cui 300 in Umbria, è stato ceduto al gruppo IGreco al prezzo simbolico di un euro;
i sindacati, avute le garanzie circa il passaggio di tutti i dipendenti alla Alimentitaliani srl con gli stessi contratti, si sono espressi favorevolmente;
a febbraio 2017, dopo l'annuncio della famiglia Greco di un taglio del costo del lavoro per 4.800.000 euro e l'esternalizzazione dei servizi impiegatizi, i sindacati hanno indetto lo stato di agitazione presso la ex Novelli;
dopo una lunga mediazione del Ministero dello sviluppo economico, a fine marzo 2017, è stata sottoscritta una bozza di accordo con la nuova proprietà nella quale il gruppo IGreco si impegna ad effettuare, entro tre anni, investimenti per oltre 30 milioni di euro sui siti della ex Novelli, rilanciando la produzione delle uova e la panificazione e reintroducendo il pet food a Terni, nonché accordi con la grande distribuzione organizzata e i fast food per i surgelati;
nell'accordo si ufficializza anche il taglio di 79 unità lavorative, da mitigare con ammortizzatori per i siti ternani compresi nell'area di crisi, e un incentivo all'esodo per Cisterna di Latina e Spoleto (Fattorie Novelli). La cassa integrazione straordinaria riguarda anche gli esuberi dei dipendenti di Alimentitaliani degli altri siti, da assorbire nella sede di Terni;
tale accordo, sottoposto a referendum dai lavoratori, è stato approvato con 106 voti favorevoli, 93 contrari e 19 astenuti;
ad aprile 2017 il collegio dei giudici Zanetti, Nicolì e Nastri del tribunale di Temi ha dichiarato il fallimento del gruppo Novelli srl svuotato da ogni asset dopo la cessione forzata ad Alimentitaliani srl;
il 28 luglio 2017 la famiglia Greco ha presentato, a sua volta, una richiesta di concordato preventivo per la Alimentitaliani srl al tribunale di Castrovillari; tale richiesta è stata respinta il 29 settembre 2017;
la decisione del giudice delegato Elvezia Antonella Cordasco, firmata anche dal presidente del tribunale Caterina Chiaravallotti, apre quindi la strada al fallimento della Alimentitaliani;
va ricordato che il gruppo Novelli rappresenta il made in Italy e ha un peso determinante nell'economia locale umbra, garantendo lavoro anche all'indotto –:
quali iniziative il Governo intenda adottare per salvaguardare il futuro di uno dei principali gruppi del made in Italy e dell'economia umbra, che dà lavoro a 500 persone e a centinaia di occupati dell'indotto.
(5-12707)
POLIDORI e RUSSO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
da mesi è stata resa nota la notizia della probabile sospensione dell'attività del punto vendita Coop di Napoli, sito in via Arenaccia, di proprietà della Unicoop Tirreno;
da settembre 2017 i 108 lavoratori della Coop di via Arenaccia protestano contro questa decisione a senso unico, non concordata con le parti sindacali, nonostante esse abbiano più volte manifestato la volontà di sedersi ad un tavolo delle trattative;
in questi mesi i lavoratori hanno allestito un banchetto informativo per i clienti i quali hanno sottoscritto, in massa, una petizione per la salvaguardia dell'ipermercato e dei posti di lavoro rivolta ai vertici aziendali di Unicoop, a conferma del forte impatto sociale della vicenda;
ciò non ha ottenuto gli effetti voluti e, secondo quanto trapela dalle notizie diffuse dagli stessi lavoratori, il contratto di affitto dell'immobile in cui sorge il punto vendita di via Arenaccia sarebbe valido fino al 31 dicembre 2017, segno dell'intenzione della Unicoop di porre fine all'attività;
la situazione del prossimo futuro per i 108 dipendenti è allarmante, nonostante i ripetuti appelli giunti alla Unicoop da parte delle istituzioni locali, dal sindaco e dal mondo delle associazioni;
la chiusura del punto vendita rischia di essere il preludio ad una progressiva dequalificazione del territorio limitrofo; la presenza della cooperativa, infatti, in un territorio caratterizzato da anni dall'elevata disoccupazione giovanile, rappresenta ad oggi un imprescindibile presidio occupazionale;
la via della dismissione intrapresa da Unicoop Tirreno per il negozio campano fa parte del progetto di riorganizzazione aziendale avviato dai vertici aziendali nel dicembre 2013, messo in atto per un taglio generale dei costi, al fine recuperare competitività, ma, a quasi quattro anni dall'avvio, pare che l'iniziativa sia andata tutta a discapito dei lavoratori;
è cosa nota, infatti, che, nel biennio 2013/2014, una situazione di crisi occupazionale aveva già interessato altre due strutture commerciali di proprietà della stessa Unicoop Tirreno, site rispettivamente ad Afragola (Napoli) e Avellino, ma, fortunatamente, quella vicenda si è chiusa in maniera positiva, con la salvaguardia integrale dei posti di lavoro –:
quali urgenti ed immediate iniziative il Ministro interrogato intenda adottare, per quanto di competenza, al fine di salvaguardare la produzione attualmente a forte rischio e scongiurare la chiusura dell'ipermercato Coop di via Arenaccia a Napoli, che provocherebbe gravi ripercussioni socio-economiche, soprattutto per le centinaia di famiglie dei dipendenti coinvolte.
(5-12708)
BENAMATI, GINEFRA e VICO. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
il 23 ottobre 2017, presso l'assessorato al lavoro della regione Puglia, si è riunita la task force per l'occupazione alla presenza delle componenti datoriali, sindacali e degli enti locali interessati con all'ordine del giorno la vertenza ex OM Carrelli Elevatori — Tua Industries;
nel corso della riunione l'azienda è stata invitata a riferire sulle iniziative intraprese per superare la grave crisi di liquidità che ha portato alla messa in liquidazione volontaria della società e sulle prospettive industriali a seguito dell'esposizione del quadriciclo omologato all'ultima Fiera del Levante di Bari;
la Tua Industries ha dichiarato che la presentazione del veicolo ha avuto un ottimo riscontro in termini di potenziale commercializzazione del prodotto nazionale e internazionale, che il rapporto con il fondo di investimento americano (attuale azionista dell'azienda) non ha visto variazioni di rilievo e che prosegue la ricerca di nuovi investitori;
le organizzazioni sindacali hanno espresso la loro forte preoccupazione per l'enorme ritardo accumulato nella conclusione dell'operazione e per lo stato di incertezza sull'effettiva possibilità di avviare l'attività produttiva nello stabilimento di Modugno;
sarebbe opportuno che il tavolo di monitoraggio si trasformi in tavolo di crisi, con il pieno coinvolgimento delle altre istituzioni locali, riportando la suddetta vertenza al Ministero dello sviluppo economico anche in considerazione della scadenza della cassa integrazione guadagni in deroga prevista il 22 dicembre 2017;
il 25 ottobre 2017 le organizzazioni sindacali hanno infatti scritto al Ministro dello sviluppo economico chiedendo la riapertura del tavolo di crisi per la suddetta vertenza e un incontro in sede ministeriale anche al fine di dare ai lavoratori ogni garanzia sulla possibile attivazione di nuovi ammortizzatori sociali che diano loro copertura oltre il termine del 22 dicembre 2017;
la regione Puglia ha già chiesto ai Ministri competenti di valutare ipotesi di finanziamento di ulteriori misure di sostegno al reddito per gli ex dipendenti OM carrelli, impegnandosi a riconvocare il tavolo per verificare l'eventuale formalizzazione di accordi con nuovi investitori;
qualora non dovessero andare a buon fine le ricerche in corso di nuovi investitori, sarebbe opportuno inoltre valutare il coinvolgimento di Cassa depositi e prestiti –:
quali iniziative di competenza il Governo intenda assumere per consentire l'avvio della nuova linea produttiva nella zona industriale di Bari.
(5-12709)
CRIPPA, VALLASCAS, DA VILLA, CANCELLERI, DELLA VALLE e FANTINATI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
più volte il Ministro interrogato ha dichiarato di voler abbassare la bolletta degli utenti dell'energia elettrica e del gas intervenendo sulla distribuzione e quantificazione degli oneri tariffari;
la Cassa per i servizi energetici e ambientali è un ente pubblico economico che opera per la riscossione di alcune componenti tariffarie dagli operatori, che vengono raccolte nei conti di gestione dedicati e successivamente erogati a favore delle imprese secondo regole emanate dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas e il sistema idrico;
i flussi finanziari in entrata derivano dalle bollette nazionali per l'esazione degli oneri di sistema, in uscita per l'erogazione di contributi disciplinati da meccanismi regolatori e normativi. Ciò ha fatto sì che nel corso degli anni si creassero importanti avanzi di gestione in seguito sia alle fluttuazioni dei consumi energetici che alle richieste di incentivazione da parte dei beneficiari;
per il 2015, le entrate sono stati pari a 8,3 miliardi di euro, mentre le uscite si sono attestate a 6,5 miliardi di euro, con un saldo positivo di circa 1,9 miliardi di euro quale risultato di un considerevole aumento delle entrate e di una contestuale riduzione delle uscite;
gli avanzi di gestione dovrebbero coprire le uscite degli esercizi finanziari successivi, così da diminuire il peso delle componenti tariffarie sulle bollette dei consumatori italiani;
nel corso degli ultimi 10 anni, si è però assistito a una serie di interventi normativi che, di fatto, hanno privato la Cassa della disponibilità di una parte di queste somme per fini che non rientrano tra le finalità degli oneri tariffari;
in particolare, dal 2009 al 2016, risulterebbero versati al bilancio dello Stato circa 2,5 miliardi di euro a copertura dei seguenti provvedimenti: «decreto IMU», leggi finanziarie 2005 e 2006 decreto-legge «contenimento della spesa», spending review di cui all'articolo 8, comma 3, del decreto-legge n. 66 del 2014, decreto-legge n. 201 del 2011, recupero di aiuti di Stato illegittimi ad Alcoa legge n. 221 del 17 dicembre 2012 recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese - Risorse finanziarie che devono essere destinate dal Conto per lo sviluppo tecnologico al bilancio dello Stato - CSTI), decreto legislativo n. 102 del 2014 –:
quali iniziative intenda adottare, nell'ambito della propria competenza, per escludere l'utilizzo di questi fondi per finalità non proprie del sistema energetico, quali efficienza energetica, sostegno alle energie rinnovabili e sicurezza del sistema.
(5-12710)
Interrogazione a risposta in Commissione:
BARUFFI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
da oltre trent'anni opera nel territorio comunale di Sassuolo (Modena) l'azienda Vapor Europe, specializzata nel campo della produzione di porte per treni, metro e tram; l'azienda, acquisita nel 1997 dalla multinazionale Wabtec corporation, oggi integrata con la francese Faiveley transport e con diverse sedi in Italia, oltre quella di Sassuolo, in particolare nelle province di Torino, di Cremona e di Verona), occupa attualmente 50 lavoratori presso lo stabilimento produttivo di Sassuolo; il 18 ottobre 2017 l'azienda, dopo aver comunicato l'intenzione di trasferire la produzione presso altri stabilimenti del gruppo nella Repubblica Ceca e di lasciare presso lo stabilimento di Sassuolo solo l'attività di assistenza post vendita, ha aperto la procedura di licenziamento per 30 dei 50 dipendenti; a seguito di tale decisione unilaterale i lavoratori hanno proclamato uno sciopero ad oltranza, rifiutando la decisione di dismettere la produzione nel sito, e si sono rivolti sia alle amministrazioni locali (comune di Sassuolo e provincia di Modena), sia alla regione Emilia-Romagna per dirimere la vertenza; il 26 ottobre 2017 si è effettivamente riunito il tavolo di crisi in regione, presenti la proprietà, le rappresentanze dei lavoratori e le istituzioni locali; in tale occasione regione e comune di Sassuolo hanno contestato la scelta della multinazionale di chiudere lo stabilimento produttivo sassolese e hanno proposto di sospendere la procedura di licenziamento, istanza ancora una volta respinta dalla proprietà; a giudizio tanto delle organizzazioni sindacali quanto delle istituzioni coinvolte, infatti, l'azienda non dimostrerebbe particolari difficoltà finanziarie, operando peraltro in un settore strategico quale quello del trasporto su ferro in un momento di grandi investimenti pubblici nazionali e regionali; a seguito del mancato accordo, la regione Emilia Romagna si è attivata per richiedere al Ministero dello sviluppo economico un nuovo tavolo nazionale, ad oggi convocato per il 29 novembre 2017 –:
se il Governo sia informato circa i fatti riportati in premessa e quali iniziative intenda assumere per tutelare la produzione presso lo stabilimento di Sassuolo e scongiurare il licenziamento di tutti i lavoratori coinvolti;
quali iniziative di competenza intenda assumere, più in generale, il Governo al fine di rafforzare la responsabilità sociale di imprese operanti in settori strategici e comunque beneficiarie di rilevanti commesse pubbliche, affinché non accada che a ingenti investimenti pubblici e a cospicui profitti privati corrispondano viceversa insostenibili dismissioni produttive e licenziamenti di lavoratori.
(5-12692)
Interrogazioni a risposta scritta:
GIANLUCA PINI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
DigiTel Italia s.p.a., operatore di telefonia fissa, mobile e connettività internet che opera su tutto il territorio nazionale, ormai da alcuni anni opera in partnership con Zal, compagnia telefonica di Forlì, che offre servizi di telecomunicazioni al territorio;
Digitel ha come mission quella di «presentarsi al mercato mediante una diffusa rete di Partner a cui è affidato il compito di curare la relazione con i clienti per interpretarne le esigenze ed offrire soluzioni ed assistenza personalizzate»;
il 10 novembre 2017 Zal ha interrotto l'erogazione del servizio di linea telefonica e la causa, per quanto risulta all'interrogante, sembrerebbe essere riconducibile a DigiTel Italia. Questo ha comportato l'interruzione delle linee telefoniche da parte di Tim senza alcun preavviso;
DigiTel Italia serve migliaia di utenze nel nostro Paese, fra le quali tantissime aziende ubicate nel territorio di Forlì, che stanno subendo un danno economico enorme a causa di questi giorni di isolamento –:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti espressi in premessa e quali iniziative, per quanto di competenza, intenda adottare in tempi rapidi per evitare che tale disservizio possa continuare a generare danni ingenti per l'economia delle aziende e delle imprese coinvolte.
(4-18491)
LAFFRANCO. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
l'azienda «Antonio merloni spa», nata a Fabriano (in provincia di Ancona) con la denominazione Ardo nel 1968 ed attiva principalmente nel settore termoidraulico, ha raggiunto l'apice nei primi anni duemila, quando la produzione di frigoriferi, congelatori, lavastoviglie, lavatrici e asciugatrici per conto terzi aveva portato il fatturato a circa 850 milioni di euro, con all'attivo 5000 dipendenti distribuiti in 10 impianti produttivi;
nel 2008, però, il gruppo Antonio Merloni viene travolto dalla crisi ed accumula circa 544 milioni di euro di debito che comportano la chiusura di due stabilimenti. L'azienda finisce in amministrazione straordinaria, con l'interessamento di circa tremila lavoratori;
tra i vari tentativi di rilancio dell'azienda, nel marzo 2010 viene firmato un accordo per il salvataggio e la reindustrializzazione dell'Antonio Merloni, che prevede interventi finanziari da parte del Governo e delle regioni Marche, Umbria ed Emilia-Romagna;
nel dicembre del 2011 l'azienda è acquisita dalla J&P Industries del gruppo Porcarelli, che garantì, all'atto dell'acquisto, l'assorbimento di 700 lavoratori della vecchia azienda;
sono passati sei anni dall'accordo di cessione del ramo d'azienda al gruppo Porcarelli, con la nascita del gruppo JP Industries; da allora mille peripezie, tanti incontri, ma nulla di fatto, se si eccettua la funzione degli ammortizzatori sociali che hanno evitato la catastrofe per i dipendenti della ex Merloni;
in quest'ottica il Ministero dello sviluppo economico, la regione Marche, la regione Umbria e Invitalia hanno sottoscritto un accordo di programma per l'attuazione del piano di sviluppo delle area di crisi, impegnando risorse pubbliche pari a 81 milioni di euro (35 milioni nazionali, 46 milioni regionali);
a quanto pare, delle risorse nazionali iniziali previste dall'accordo di programma, rimangono ancora da impegnare i 9 milioni di euro destinati proprio al progetto JP Industries;
ora, secondo quanto riferisce la Fiom-Cgil, per 200 lavoratori, dal 13 ottobre 2017, è terminata la mobilità, mentre per gli oltre 300 lavoratori della JP Industries la cassa integrazione è scaduta il 23 settembre e gli stessi sono stati mesi in attesa che il Governo mantenesse gli impegni presi sul prolungamento della cassa integrazione per tutto il 2018, notizia confermata nel mese di ottobre 2017;
si tratta, però, di un palliativo e non di una misura definitiva e strutturale e cresce il disagio soprattutto per i lavoratori in stato avanzato di età che, comunque vadano le cose, non possono usufruire della cosiddetta mobilità lunga;
inoltre, gli stessi lavoratori della fabbrica ex Merloni, nemmeno dopo il «via libera» dato dai commissari al pagamento di alcune spettanze relative a tre mesi del 2008, avrebbero ancora ricevuto quanto loro dovuto: si tratta delle spettanze relative al periodo ottobre-dicembre 2008, delle ferie maturate e di una percentuale dei premi come quattordicesima e presenza;
il rischio è di ritrovarsi a breve termine con disoccupati di difficilissima ricollocazione, sia per ragioni anagrafiche, sia perché non esistono aziende in zona che necessitino delle stesse mansioni, meno che mai in un momento come quello presente –:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza degli ultimi sviluppi della vicenda e se non intendano promuovere al più presto iniziative per il reimpiego dei lavoratori dell’ex A. Merloni spa, per facilitare nuovi investimenti produttivi nell'area, valorizzando e riqualificando risorse e strutture esistenti;
quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano adottare affinché sia garantito un adeguato livello di protezione sociale ai lavoratori di cui in premessa, anche assicurando loro la liquidazione di quanto espressamente autorizzato dai commissari liquidatori.
(4-18493)
Apposizione di una firma
ad una interrogazione.
La interrogazione a risposta in Commissione Fraccaro n. 5-12575, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 ottobre 2017, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ciprini.
Ritiro di documenti
del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta scritta De Rosa n. 4-18035 del 6 ottobre 2017;
interrogazione a risposta scritta Russo n. 4-18432 del 10 novembre 2017.
Trasformazione di un documento
del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta orale Ginefra e altri n. 3-03242 del 19 settembre 2017 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-12694.
ERRATA CORRIGE
Interrogazione a risposta in Commissione Bueno e altri n. 5-12671 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 884 del 10 novembre 2017. Alla pagina 51344, prima colonna, alla riga undicesima le parole: «5, comma 2, della citata legge» sono sostituite dalle seguenti: «5, comma 2, del disegno di legge all'esame della Camera dei deputati (ora articolo 6, comma 2, della citata legge)»;
alla pagina 51344, prima colonna, alla riga ventiduesima, deve leggersi: «disposizioni di cui all'articolo 6, comma 2,», e non come stampato.