XVII LEGISLATURA
Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 892 di martedì 28 novembre 2017
PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI
La seduta comincia alle 11.
PRESIDENTE. La seduta è aperta.
Invito la deputata segretaria a dare lettura del processo verbale della seduta precedente .
ANNA MARGHERITA MIOTTO, Segretaria, legge il processo verbale della seduta del 22 novembre 2017.
PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, il processo verbale si intende approvato.
(È approvato).
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Angelino Alfano, Alfreider, Alli, Artini, Baretta, Bernardo, Bindi, Capezzone, Carbone, Catania, Cenni, Cicchitto, Coppola, Dal Moro, Damiano, De Menech, Dell'Aringa, Epifani, Fraccaro, Giachetti, Grande, Mazziotti Di Celso, Giorgia Meloni, Meta, Orfini, Paglia, Pannarale, Pes, Francesco Saverio Romano, Rosato, Ruocco, Sandra Savino, Scanu, Schullian, Sibilia, Sottanelli, Tabacci, Taranto, Turco, Vazio, Villarosa, Enrico Zanetti e Zoggia sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
I deputati in missione sono complessivamente centosedici, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna (Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna).
Svolgimento di una interpellanza e interrogazioni.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di una interpellanza e di interrogazioni.
(Iniziative per garantire adeguati mezzi e risorse umane nella lotta agli incendi boschivi – n. 2-01850)
PRESIDENTE. Passiamo all'interpellanza all'ordine del giorno Cozzolino n. 2-01850 (Vedi l'allegato A).
Chiedo al deputato Cozzolino se intenda illustrare la sua interpellanza o se si riservi di intervenire in sede di replica.
EMANUELE COZZOLINO. Grazie, Presidente. Inizio questo intervento con una doverosa premessa. In gran parte, l'interpellanza fa riferimento a fatti precedenti all'estate: per questo, quanto esposto potrebbe, a prima vista, ritenersi superato. La realtà, tuttavia, è che non è così: l'emergenza non è superata. Questa interpellanza, depositata a metà giugno, costituisce la prova che il dilagare di incendi boschivi che ha dilaniato la penisola durante l'estate e l'autunno era del tutto prevedibile. Già allora, infatti, tanto gli eventi che si stavano registrando in altri Paesi europei, come il Portogallo, quanto gli allarmi lanciati da alcune associazioni, come la Coldiretti, indicavano chiaramente come il pericolo di un'eccezionale esplosione del fenomeno fosse più di una mera eventualità. Basti citare il fatto che ci trovavamo dinanzi alla seconda primavera climatologica più calda degli ultimi 217 anni e la terza più asciutta, dopo un inverno che era stato, anch'esso, tra i più secchi.
Di fronte a questo tipo di situazione era evidente l'urgenza improcrastinabile di prevedere, non dico il rafforzamento, ma, quanto meno, la piena operatività del servizio antincendi boschivi. Invece, va ammesso, l'Italia si è fatta prendere del tutto impreparata: questo è tanto vero che, ancora negli ultimi giorni di novembre, le cronache registrano una situazione di emergenza perdurante in vaste zone della penisola, come in Piemonte.
Ma le condizioni climatiche non bastano a spiegare il fenomeno. Sappiamo bene che molti incendi non sono ascrivibili a fatti naturali, ma vengono causati in maniera dolosa. Ciò comporta che fare prevenzione non significa solo disporre di mezzi e uomini per il servizio antincendio, che pure sono necessari, ma anche del personale che possa vigilare e reprimere condotte dissennate che mettono in pericolo l'ambiente, nonché i beni e, talvolta, le vite stesse dei cittadini. Tale attività difficilmente riesce senza uomini e senza un'organizzazione adeguata. Purtroppo, proprio quest'anno, a seguito della “riforma Madia”, si è operato l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato nei carabinieri e, in minima parte, nei vigili del fuoco, fatto che ha comportato un netto indebolimento del contrasto agli incendi boschivi. Questo fatto non può essere contestato, se non da visioni parziali e da difese di ufficio che lasciano il tempo che trovano. Chiunque conosca il settore sa bene ciò di cui sto parlando.
In definitiva, durante il 2017, si sono create le condizioni per l'esplosione della tempesta perfetta: da una parte, le condizioni climatiche, dall'altra, l'eliminazione del Corpo forestale dello Stato, che sono andate ad innestarsi sulla cronica carenza di uomini e mezzi dei vigili del fuoco, chiamati pressoché da soli a portare avanti il contrasto agli incendi boschivi.
C'è da stupirsi che, per certi versi, non sia andata peggio: d'altra parte, se l'Italia è tra gli Stati europei più colpiti dal fenomeno, almeno l'emergenza non ha provocato gli stessi danni che in Portogallo, dove ai sessantatré morti di fine giugno si cumulano i ventisette di ottobre a seguito dei roghi alimentati dall'uragano Ophelia. Ciò, tuttavia, è ascrivibile, a mio avviso, al lavoro incessante dei vigili del fuoco e di tutti gli uomini dello Stato, comprese le forze dell'ordine e la Protezione civile, che hanno impedito che ci trovassimo a far fronte ad un bilancio ancora più severo. Resta, però, il fatto che i danni che abbiamo registrato, e continuiamo a registrare anche ora che la stagione declina verso l'inverno, non ci parlano di una situazione normale né normalizzata.
Il Governo, in questo caso, non è del tutto esente da responsabilità. Si potrà dare la colpa ad una riorganizzazione non facile, ma non è che questa sia caduta dall'alto: essa deriva, a sua volta, da una scelta ben precisa dell'Esecutivo, di cui è normale che esso debba prendersi la responsabilità.
Al di là di tutte le argomentazioni che si possono portare, infatti, l'abolizione del Corpo forestale ha certamente portato all'indebolimento della lotta agli incendi boschivi, e spiego il motivo non tanto al sottosegretario, che lo sa benissimo, ma a quanti ci ascoltano e che sentiranno, probabilmente, rispondere in seguito che, in realtà, tutto è andato splendidamente.
A seguito della chiusura del Corpo forestale dello Stato, la funzione Antincendio (AIB) è passata ai vigili del fuoco per quanto riguarda lo spegnimento e ai carabinieri per quanto concerne, invece, il coordinamento e le indagini sulle cause degli incendi e sugli eventuali responsabili. Il Corpo forestale, di fatto, precedentemente, svolgeva opera di coordinamento, indagini e, tramite elicotteri, lotta attiva agli incendi coordinata con le operazioni a terra. A seguito dell'assorbimento degli uomini e dei mezzi, sono però passati ai vigili del fuoco una percentuale ridotta dei mezzi a disposizione e soltanto trecento unità di personale.
I compiti dei vigili del fuoco sono, pertanto, aumentati significativamente senza che a questi siano corrisposti un apprezzabile aumento di mezzi e personale. Quasi tutti gli uomini e i mezzi sono passati, invece, ai carabinieri forestali, che non partecipano attivamente alla lotta agli incendi boschivi. Come se non bastasse, la maggioranza delle regioni ha sottoscritto con larghissimo ritardo le convenzioni con i vigili del fuoco per il servizio antincendio, portando ad ulteriori ritardi. La Lombardia non so se l'abbia già fatto, ma, un mesetto fa, non le aveva ancora stabilite e ci sono stati incendi grossi nella zona di Varese.
In definitiva, a nostro avviso, la gestione del passaggio è stata pessima e, visto che i problemi sono strutturali, non sembra destinata a migliorare per il futuro. Per dare una rappresentazione plastica di questa mancanza di organizzazione basta dire che non è stato possibile sottoscrivere e neppure entrare in possesso di dati aggiornati sugli incedi boschivi e le loro cause. I coordinamenti provinciali del Corpo forestale dello Stato, infatti, trasmettevano periodicamente agli uffici di Protezione civile delle prefetture-UTG la statistica degli incendi avvenuti nei rispettivi territori di competenza attraverso apposita documentazione tabellare. Essi elaboravano i dati suddividendoli per provincia di riferimento, principali cause di incendi boschivi e/o di campagna, zone di innesco, estensione delle aree percorse dal fuoco.
Dopo una formale richiesta di accesso agli atti al Ministero dell'Interno, mi è stato risposto che “tali tipologie di informazioni erano raccolte dal Corpo forestale dello Stato in ragione di quei compiti istituzionali oggi trasferiti all'Arma dei carabinieri”. Ho, quindi, proceduto già da qualche settimana a chiedere questi dati ai carabinieri, ma non ho ancora ottenuto risposta. Mi chiedo come sia possibile fare contrasto agli incendi se non si conoscono neppure precisamente quanti sono stati gli incendi dolosi e l'entità dei danni che hanno provocato.
Se tralasciamo le questioni relative all'organizzazione, i restanti problemi sono cronici e, sebbene qualche nuova immissione di personale nei vigili del fuoco vi sia stata, oltre a quanto previsto dal turnover, va detto che questa è stata di molto inferiore rispetto alle attese. Sotto questo profilo, lo dico chiaramente in questa sede: nel bilancio 2018 ci aspettavamo molto di più. Non lo dico perché è qualcosa che si dice sempre, dato che, come opposizione, è normale che si chiedano sempre più uomini e sempre più risorse. Noi ci aspettavamo di più perché di più era stato garantito. I numeri della stabilità, infatti, sono importanti, ma rivolti al futuro: il quantitativo più significativo di assunzioni è previsto per gli anni successivi al 2018. Rappresentano, quindi, delle promesse scritte nella sabbia, per le quali spetterà al prossimo Governo trovare le risorse e, in definitiva, decidere se rispettarle o meno.
Per questa ragione, alla domanda posta se trovino conferma le dichiarazioni che, nel 2018, il Governo investirà sul personale 70 milioni per le assunzioni extra turnover, mi permetto di darla io la risposta, visto che è già messa nero su bianco in bilancio: la risposta è “no”. Il Governo, nel 2018, ha infatti previsto una spesa di 1 milione e 700 mila euro per le assunzioni nell'intero comparto sicurezza. Tradotto, si tratta di poco più di due persone in più per ogni regione. Tutto questo avviene nonostante ci sia l'imbarazzo della scelta delle liste di personale da cui attingere, tra cui due graduatorie di concorso valide e l'assorbimento del personale cosiddetto discontinuo, che è stato previsto nel decreto legislativo n. 97 del 2017.
Ci sarebbe moltissimo da dire a questo proposito, ma rischierei di andare fuori tema, tuttavia, senza dilungarmi eccessivamente, dato che alcune considerazioni le lascerò alla replica, vorrei aggiungere anche un veloce accenno a ciò che riguarda i mezzi aerei.
Al di là del problema della disparità stipendiale molto rilevante tra elicotteristi dei vigili del fuoco e quelli dell'ex Corpo forestale - problema che al Ministero dell'Interno è noto - va detto che ci sono pervenute segnalazioni di altre criticità molto rilevanti che sono attinenti al servizio antincendio. Da una parte, vi è il problema degli elicotteri del Corpo Forestale che sono stati assegnati in gran numero ai carabinieri, che va a determinare un deficit dei mezzi disponibili e, dall'altra, il problema di una fetta consistente dei mezzi aerei, a cominciare dai canadair, che sono in affitto da soggetti esterni, come con la multinazionale Babcock, a prezzi astronomici. Questo fatto, pur noto, meriterebbe forse una riflessione complessiva, come comporterebbe una valutazione più attenta la possibilità di rendere più efficiente ed economica la gestione dei mezzi aerei utilizzati per lo spegnimento degli incendi.
Chiudo dicendo che, sul fronte della prevenzione degli incendi, spero che al prossimo Esecutivo sia possibile intervenire in modo più incisivo rispetto alla situazione attuale, dato che, alla scadenza del mandato di questo Governo e dei due che l'hanno preceduto, dei quali mi è difficile determinare quale sia l'originale e quali le brutte copie, non credo che il bilancio possa considerarsi positivo o anche solo migliorato rispetto al passato.
PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Gianpiero Bocci, ha facoltà di rispondere.
GIANPIERO BOCCI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. L'interpellanza, così come è stata ora rappresentata, interroga il Governo sull'adeguatezza degli organici e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco rispetto alle nuove esigenze della lotta contro gli incendi boschivi, anche a seguito dell'avvenuto assorbimento del Corpo forestale dello Stato. Al riguardo, si rivela innanzitutto, come ricordato dallo stesso interpellante, che il decreto legislativo n. 112 di marzo 1998 e, successivamente, la legge quadro sugli incendi boschivi, la n. 353, hanno affidato la competenza primaria in tema di lotta attiva contro gli incendi boschivi alle regioni, riservando allo Stato il solo concorso nell'attività di spegnimento. Su tale riparto di competenza non ha inciso il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 177, quello recante la razionalizzazione delle funzioni di polizia e l'assorbimento del Corpo forestale dello Stato, ai sensi del quale il Corpo nazionale dei vigili del fuoco concorre con le regioni nel contrasto degli incendi boschivi, con l'ausilio di mezzi da terra e aerei, mentre all'Arma dei carabinieri sono demandate le attività di prevenzione e repressione delle violazioni di settore, nonché il monitoraggio del territorio.
Al fine di chiarire con maggior dettaglio le ricadute operative delle rispettive competenze e di stabilire ogni utile intesa per un più efficace contrasto del fenomeno di cui si tratta, lo scorso 5 aprile è stato firmato un protocollo d'intesa tra l'Arma nazionale dei carabinieri e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco. Il protocollo rafforza la cooperazione tra i due Corpi, ne precisa i flussi comunicativi al verificarsi degli eventi, ridefinendo in sostanza l'attività operativa dallo Stato in tema di antincendio boschivo.
Per quanto attiene alla collaborazione tra il Corpo nazionale e le regioni, il 4 maggio scorso, in seno alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province, è stata raggiunta un'intesa su un accordo quadro, che individua i criteri generali, i principi direttivi e le modalità della cooperazione nell'esercizio dei rispettivi compiti in materia di lotta attiva contro gli incendi boschivi. A seguito di tale iniziativa, nel corso dell'estate sono stati stipulati quindici atti convenzionali con le regioni che avevano manifestato interesse. Tali strumenti, oltre a prevedere forme di collaborazione, consentono di rafforzare i dispositivi di lotta a terra agli incidenti e agli incendi boschivi, anche grazie alla previsione di squadre del Corpo nazionale dei vigili del fuoco all'uopo dedicate.
Quanto alla flotta aerea antincendio dello Stato, essa si avvale, come è noto, di mezzi di grande efficacia, come i diciannove Canadair, di cui sedici costantemente operativi, acquisiti dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco nel 2013. La flotta di proprietà dello Stato continua ad essere operativamente gestita, compreso il personale di volo, da un raggruppamento di imprese, sulla base di un contratto stipulato nel 2012 dal Dipartimento della protezione civile. Dal 1° marzo 2017, lo stesso raggruppamento di imprese è stato integrato, come accenna del resto lo stesso interrogante. Detto contratto verrà a scadenza il 9 febbraio 2018, senza che, fino ad oggi, abbia evidenziato criticità nella gestione o nella efficienza operativa della flotta. È prevista l'indizione di una gara europea a procedura aperta per l'affidamento del medesimo servizio per un ulteriore periodo di tre anni.
Con riferimento, poi, alle carenze di organico del Corpo nazionale si fa presente che in questi ultimi anni l'amministrazione dell'Interno ha assunto tante iniziative per avviare un graduale ripianamento delle dotazioni organiche di tale Corpo. L'onorevole Cozzolino dovrebbe saperlo bene. Auspico al prossimo Governo di fare altrettante assunzioni, come sono state fatte in questa legislatura. Complessivamente, nel 2016, si è provveduto all'assunzione di 845 vigili del fuoco, di cui 398 assegnati alle sedi di servizio il 5 giugno scorso a conclusione del corso, mentre altri 447 sono stati assegnati il successivo 7 agosto.
Nell'anno in corso è stato possibile attivare uno specifico programma di assunzioni per un totale di 733 vigili del fuoco grazie allo stanziamento aggiuntivo di 16 milioni di euro tratto dal fondo istituito dalla legge di bilancio per il 2017 per finanziare i rinnovi contrattuali del pubblico impiego, i progetti di riordino delle carriere, nonché le assunzioni straordinarie dell'amministrazione dello Stato: al riguardo, 400 vigili ad iniziare il corso lo scorso 2 ottobre (81°), mentre il prossimo 20 dicembre avrà inizio il nuovo corso (82°) per la formazione di altri 333 vigili del fuoco.
Il Ministero dell'interno sta, inoltre, espletando una procedura concorsuale per l'assunzione di 250 vigili. Le nuove assunzioni, oltre a ridurre le carenze di organico pari a 3221 in data 15 novembre scorso, consentiranno di incidere sul fenomeno dell'aumento dell'età media del personale, che rappresenta effettivamente un elemento di debolezza del Corpo. Per quanto concerne le considerazioni dell'interrogante in ordine alle condizioni di uso e all'età media dei mezzi e delle attrezzature si rappresenta che, effettivamente, il parco mezzi risente dei mancati investimenti degli anni passati a causa della revisione della spesa pubblica, anche se recenti interventi legislativi hanno consentito di provvedere agli acquisti - che sono in corso - di mezzi che saranno messi a disposizione del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, dei vari distaccamenti e dei vari comandi provinciali, avviando in maniera apprezzabile un piano di ammodernamento.
Con le risorse stanziate per il 2017, che si aggiungono a quelle 2016, ci sarà un concreto trasferimento, sia di mezzi, sia di fondi, alle direzioni regionali, per acquistare tutto ciò che è necessario per il soccorso. Con decreto delle Presidente del Consiglio dei ministri sono state, inoltre, ripartite, proprio in questi giorni e in queste settimane, ulteriori risorse per il 2017-2018 e vorrei ricordare che il programma di investimenti è un programma che prevede per i prossimi anni cifre consistenti proprio per i mezzi.
Desidero, in conclusione, aggiungere che il disegno di legge di bilancio, che attualmente è al Senato, prevede altre assunzioni per il Corpo nazionale, che porterà all'immissione in servizio di ulteriori 1300 unità. Per quanto riguarda, invece, l'aeroporto Ciuffelli di Rieti, il decreto interministeriale ne ha previsto il passaggio della proprietà all'Arma dei carabinieri, che lo utilizzerà per un proprio reparto volo. Una parte della base verrà, però, utilizzata dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco per compiti antincendio boschivo, fino all'ottenimento delle previste certificazioni aeronautiche in un altro sito idoneo. Detto protocollo, in via di definizione, disciplinerà anche la ripartizione degli uffici e dei locali che dovranno in qualche modo dividersi le due amministrazioni, Difesa e Interno, in funzione del numero di transito dei veicoli anche dell'ex Corpo forestale.
PRESIDENTE. Il deputato Cozzolino ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interpellanza. Prego, onorevole.
EMANUELE COZZOLINO. Grazie, Presidente. Mi ritengo parzialmente soddisfatto, perché, comunque, molti dati già erano a mia conoscenza.
Sicuramente c'è un impegno ad aumentare il Corpo dei vigili del fuoco, fatto sta che l'errore primario è di avere sconvolto quell'equilibrio che c'era tra regione e Corpo forestale dello Stato, senza aver previsto, prima della stagione estiva, i protocolli d'intesa con le regioni e, quindi, la conseguenza è stata questa.
In più, come diceva prima il sottosegretario Bocci, delle quindici convenzioni fatte, a parte qualche regione che lo fa in proprio con privati e Protezione civile, nelle regioni del nord, in cui la stagione di incendi boschivi avviene nel periodo invernale, pochi giorni fa non erano state ancora fatte le convenzioni con i vigili del fuoco e di fatto hanno assunto quello che prima faceva in parte il Corpo forestale dello Stato.
Quindi, in questo ultimo anno e mezzo, è stato un po' un rincorrere l'emergenza: vorremmo che per il futuro le promesse che sono state fatte scongiurino ulteriori emergenze in questo senso e che l'azione di monitoraggio che era compiuta dal Corpo forestale dello Stato sia fatta in modo capillare e si riesca anche a prevenire gli atti di innesco degli incendi.
Vorrei fare anche un appunto sul Corpo forestale dello Stato, sempre collegato ai reati ambientali: avevamo questa polizia civile, che era prima in Europa, e abbiamo approvato qui alla Camera i reati ambientali, ma la polizia che serviva per reprimere tali reati era proprio il Corpo forestale dello Stato. In questo momento c'è un limbo in cui le competenze sono ripartite tra i vari corpi di polizia e attualmente sono demandate anche ai carabinieri che, essendo un corpo militare, prevede procedure diverse per la denuncia di tali atti. Quindi, credo nell'idea di razionalizzare effettivamente le competenze con un corpo di polizia ambientale civile per il rafforzamento delle funzioni, per la prevenzione degli incendi e anche per la repressione e prevenzione dei reati ambientali.
(Iniziative volte a sostenere la lotta agli incendi boschivi in Basilicata - n. 3-03209)
PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione all'ordine del giorno Latronico e Ciracì n. 3-03209 (Vedi l'allegato A).
Il sottosegretario di Stato per l'Interno, Giampiero Bocci, ha facoltà di rispondere.
GIANPIERO BOCCI, Sottosegretario di Stato per l'Interno. Grazie, Presidente. Intendo soffermarmi preliminarmente sugli episodi segnalati dall'onorevole interrogante in relazione all'incendio boschivo avvenuto il 13 agosto scorso nel comune di Tursi, che ha interessato una pineta e zone di macchia mediterranea, lambendo alcune abitazioni della località Pane e Vino, dove c'è stato tra l'altro l'intervento immediato di una squadra del distaccamento dei vigili del fuoco. Per le operazioni di spegnimento è stato impiegato anche un canadair, mentre la bonifica dei luoghi ha impegnato quattro squadre dei vigili del fuoco, che hanno operato ininterrottamente, al fine di consentire il completo spegnimento delle fiamme.
Nel caso dell'incendio boschivo sviluppatosi tra il 10 e l'11 agosto nel comune di Novi Siri, in località Salice, è intervenuta immediatamente una squadra del distaccamento volontario di Montalbano Ionico, che ha iniziato le operazioni di spegnimento evitando criticità alle diverse aziende agricole presenti nella zona. Sui luoghi dell'evento è intervenuto anche un elicottero proveniente dalla limitrofa base temporanea di Viggiano. In tarda serata sono iniziate le operazioni di bonifica, nelle quali sono state utilizzate sei squadre dei vigili del fuoco, volontari della Protezione Civile, operatori antincendio boschivo delle aree di programma provenienti da alcune località della zona, oltre al personale delle Vie Blu. Nessun danno è stato segnalato a persone e a beni, mentre si è registrato un infortunio per un vigile del fuoco, prontamente soccorso e trasportato al vicino ospedale per le cure e gli accertamenti necessari.
Tanto premesso sui cinque episodi segnalati nell'atto di sindacato ispettivo, più in generale va ricordato che la legislazione di settore affida la competenza primaria nella materia della lotta attiva contro gli incendi boschivi alle regioni. A tale riguardo, anche in riferimento alla cooperazione tra Arma dei carabinieri e Corpo nazionale dei vigili del fuoco, ricordo che il protocollo che è stato sottoscritto il 5 aprile scorso ha la finalità e l'obiettivo di mettere insieme energie operative e migliorare l'efficacia degli interventi.
Il Ministero dell'interno si è fatto altresì promotore della sottoscrizione di un apposito accordo con le regioni, che, come ho ricordato precedentemente, ha avuto anche il consenso della Conferenza permanente. Grazie a tale accordo, la Basilicata ha sottoscritto, il 21 giugno scorso, la convenzione con il Corpo nazionale dei vigili del fuoco. In particolare, sono state previste strutture a carattere stagionale e la formazione di sei squadre in assetto antincendio boschivo dislocate nelle province di Potenza e Matera con la presenza di unità specialistiche, quali i direttori delle operazioni di spegnimento, nonché quella dei Vigili del Fuoco nella sala operativa unificata.
Va sottolineato che la campagna antincendi boschivi di questo anno si è rivelata molto intensa e impegnativa. In Basilicata i vigili del fuoco hanno realizzato, dal 15 giugno all'8 ottobre, ben 14.215 interventi a terra, mentre nel medesimo arco temporale sono stati attivati dal centro operativo con l'impiego di canadair in ben 152 casi. A tale proposito, va precisato che le regioni possono avvalersi di una propria flotta anche ricorrendo a società esterne, ovvero richiedere, qualora necessario, il concorso dello Stato. In tal caso, spettano al Dipartimento della protezione civile, grazie a un coordinamento nazionale, le attività aeree di spegnimento con la flotta aerea antincendio dello Stato. Tale flotta si avvale di mezzi di particolare efficacia, come ho ricordato prima, di ben diciannove canadair, di cui sedici costantemente operativi, e di otto elicotteri, assicurando altresì un lavoro a terra con le squadre dei vigili del fuoco dei vari comandi provinciali.
Quanto alle ulteriori iniziative adottate nella regione Basilicata nel corso dell'anno, va segnalato il progetto Mare Sicuro 2017, che ha presentato aspetti di particolare interesse e soprattutto elementi innovativi. Nello specifico, una unità operativa navale dei vigili del fuoco è stata impegnata nel pattugliamento del litorale tirrenico di Maratea, con il duplice obiettivo di vigilare lo spazio marittimo e di allertare con immediatezza in caso di incendio boschivo le competenti strutture operative.
In merito, invece, agli interventi di gestione selvicolturale, il Ministero dell'ambiente ha emanato, il 12 luglio scorso, la direttiva per la prevenzione degli incendi boschivi nei parchi nazionali e nelle riserve naturali statali. In tale atto di indirizzo sono contenute precise raccomandazioni, quali i diradamenti e le altre cure necessarie lungo la viabilità esistente, che devono essere attuate sia, in parte, dagli enti gestori delle aree protette, sia dai proprietari.
Per ciò che concerne la dotazione organica dei vigili del fuoco della Basilicata, va evidenziato come effettive carenze si riscontrino nelle qualifiche di caporeparto e caposquadra, ma sono carenze che si registrano in tutti i comandi provinciali d'Italia; mentre le presenze effettive nella qualifica dei vigili del fuoco, pari a 293 unità, sono leggermente superiori alla dotazione organica teorica, pari a 276 unità. Le carenze relative ai profili che ho ricordato, tuttavia, stanno per concludersi in quanto proprio in questi giorni siamo nella fase finale dei concorsi per caposquadra e caporeparto.
Ricordo, infine, in riferimento soprattutto all'immissione di nuovi allievi, che ci sono due corsi, uno già iniziato e l'altro che inizierà il 20 dicembre, con oltre 700 allievi che, al termine del corso, saranno pronti per essere mandati sul territorio, oltre alle previsioni del disegno di legge di bilancio, che prevede di immettere in servizio in un quinquennio ulteriori 1.300 unità, naturalmente al di fuori del turnover.
PRESIDENTE. Il deputato Ciracì ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta all'interrogazione Latronico n. 3-03209, di cui è cofirmatario.
NICOLA CIRACI'. Siamo sicuramente soddisfatti per la risposta avuta, nel senso che ci sono state date informazioni soprattutto per il futuro che possono tendenzialmente andare a rassicurare i cittadini della Basilicata. Rimaniamo, chiaramente, fermamente contrari rispetto a tutto quello che è stato detto rispetto al passato, poiché i ritardi nella macchina dei soccorsi sono stati evidenti e quindi c'è solo un augurio perché, per il domani, per il futuro, per la prossima estate, si possano avere dei miglioramenti, visto che un dato di un aumento - quello è stato un anno terribile -, un aumento percentuale del 400 per cento degli incendi è una cosa che ovviamente auspichiamo che non si ripeta assolutamente. Grazie.
(Iniziative volte a contrastare la diffusione della Xylella fastidiosa e al sostegno dell'olivicoltura pugliese, anche alla luce del parere motivato in materia inviato all'Italia dalla Commissione europea – n. 3-03155)
PRESIDENTE. Passiamo all'interrogazione Ciracì ed altri n. 3-03155 (Vedi l'allegato A).
Il sottosegretario di Stato …
NICOLA CIRACI'. Ho possibilità di leggerla?
PRESIDENTE. È un'interrogazione, onorevole Ciracì, quindi prima ha la parola il sottosegretario per le Politiche agricole alimentari e forestali, Giuseppe Castiglione, per la risposta. Prego.
GIUSEPPE CASTIGLIONE, Sottosegretario di Stato per le Politiche agricole alimentari e forestali. Grazie, Presidente, onorevoli colleghi. Tengo a precisare in premessa che la questione relativa alla diffusione della Xylellafastidiosa è oggetto della massima attenzione del Ministero, mediante interventi su vari livelli, anche attraverso il raccordo tra le istituzioni europee e le autorità territoriali per approntare strumenti idonei ad arginare le conseguenze pregiudizievoli del batterio sui territori che sono stati coinvolti.
Ricordo il decreto interministeriale del 22 luglio 2016, che disciplina i criteri e le modalità di attuazione di un piano di interventi in favore del settore olivicolo oleario. Esso è adottato di concerto con il Ministero dell'economia, prevedendosi lo stanziamento di risorse necessarie. Segnalo, inoltre, che nel mese di ottobre del 2017 sono state approvate le modifiche delle misure di emergenza per la Xylellafastidiosa (Decisione di esecuzione 2015/789), che rappresentano un deciso miglioramento in termini di gestione delle aree che sono state contaminate dal batterio. Le nuove disposizioni introdotte tengono conto delle richieste avanzata dall'Italia e prevedono: la possibilità di reimpianto delle specie ospiti della zona infetta, ad esclusione degli ultimi 20 chilometri più a nord; la possibilità di non abbattere le piante monumentali risultate non contaminate che si trovano nei 100 metri da una pianta infetta, a patto che venga protetta dal vettore e ispezionata periodicamente; la libera movimentazione nella zona demarcata dalle tre varietà di vite risultate non suscettibili: il Negramaro, il Primitivo e il Cabernet Sauvignon.
Sempre sul fronte delle iniziative che sono state adottate per contrastare l'emergenza segnalata dall'onorevole Ciracì, pongo, altresì, in risalto la recentissima approvazione in Commissione bilancio del Senato, appena due giorni fa, di un emendamento alla legge di bilancio che contiene lo stanziamento di risorse per diversi interventi in favore dei territori e dei terreni che sono stati colpiti dalla Xylella. In particolare, è previsto lo stanziamento di 2 milioni di euro per l'anno 2019 e 2 milioni per l'anno 2020, da destinare al finanziamento di contratti di distretto per i territori che sono stati danneggiati dal batterio, con l'obiettivo di affiancare al sostegno economico diretto al settore olivicolo danneggiato un contributo utile ad attivare politiche di filiera del territorio. La finalità non è solo di riparare in tutto o in parte il danno emergente provocato dal batterio, ma sostenere la ripresa economica e dare continuità all'attività agricola dell'area che risulta infetta. Attraverso lo strumento dei contratti di distretto, infatti, si possono attivare azioni strutturali di investimento che consentano di rafforzare la produttività, di rafforzare la ricerca, di rafforzare la promozione, ma soprattutto di rendere quelle imprese agricole più competitive sul territorio nazionale, soprattutto le imprese alimentari dei territori che sono stati interessati da questa infestazione.
Inoltre, è previsto il rifinanziamento del fondo di solidarietà nazionale per un importo pari ad un milione di euro per ciascuna delle annualità, per il 2018 e per il 2019, destinato agli interventi a favore delle imprese agricole che sono state danneggiate dal batterio Xylella fastidiosa nel corso degli anni 2016 e 2017. A tal riguardo, sotto il profilo procedurale, si prevede che le regioni, anche in deroga alle normative precedenti alla normativa vigente, possono deliberare la proposta di declaratoria degli eventi di eccezionalità entro il termine perentorio del 31 marzo 2018. Nondimeno, per ciò che attiene all'emendamento in questione, è stabilita l'estensione al settore olivicolo del fondo teso ad incentivare il reimpianto con piante tolleranti o resistenti a Xylella fastidiosa nelle zone colpite.
In ultimo, tengo a precisare ed evidenziare che il prossimo 1° dicembre sarà organizzata a Parigi una riunione di alto livello con i Ministri dell'agricoltura della Francia, della Germania, della Spagna e dell'Italia per valutare la situazione della Xylella nell'Unione europea e, soprattutto, sottolineare l'importanza di un approccio collettivo, al fine di reperire ulteriori ed efficaci strumenti per aggirare la diffusione del fenomeno del batterio all'interno dei territori dell'Unione europea.
PRESIDENTE. Il deputato Ciracì ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alla sua interrogazione.
NICOLA CIRACI'. Riconosco al sottosegretario Castiglione di essere sicuramente più preciso e più puntuale rispetto al Ministro, che, venendo dal Nord, probabilmente ha una visione diversa del problema. Va detto che, a quanto si apprende, la Commissione europea ha inviato un parere all'Italia, in quanto le autorità nazionali non sono state in grado di arrestare la diffusione della Xylella fastidiosa, un batterio che continua a provocare il disseccamento gli alberi di ulivo portandoli alla morte.
Da quando è stato certificato il primo caso nella regione Puglia, nel 2013, le autorità italiane erano tenute a rispettare le norme comunitarie in materia di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali e contenere la loro diffusione nel territorio europeo, cosa che, in maniera evidente, non è stata fatta. In Italia, in Puglia in particolare, è continuamente notificata la presenza di nuovi focolai. Le recenti segnalazioni dimostrano come ormai in tutta la zona di contenimento, che è una fascia di 20 chilometri, dallo Ionio all'Adriatico, all'altezza dei comuni di Ostuni, di Taranto, di Ceglie, di Francavilla, di Oria, è completamente invasa dal batterio, essendo il focolaio più prossimo alla provincia di Bari, che è localizzato peraltro nel comune di Cisternino e dista soltanto quattro chilometri dalla zona cuscinetto. Il calendario comunicato dall'Italia alla Commissione non si è rivelato efficace per garantire l'immediata rimozione degli alberi infetti, come prescritto dalla norma. Secondo la Commissione, la ricerca finora non ha trovato nessuna soluzione migliore all'eradicazione delle piante infette per bloccare la sua avanzata.
Il parere fa seguito a una lettera di costituzione in mora già inviata all'Italia nel dicembre 2015 e a un'ulteriore lettera di costituzione in mora del luglio 2016, ma ad oggi il nostro Paese non ha ancora ottemperato ai propri obblighi e pare che la Commissione stia per decidere il definitivo deferimento dell'Italia alla Corte di giustizia. Va ricordato che le norme comunitarie comportavano la rimozione delle piante infette dal territorio colpito non appena confermata la presenza della Xylella. Gli Stati membri sono tenuti ad adottare tutte le misure necessarie all'eradicazione del batterio dagli ulivi e vietarne così la diffusione in tutti gli Stati membri.
Si è di fronte a un problema serissimo, che si sta solo e semplicemente aggravando. Dal momento in cui è stata diagnosticata nel focolaio di Gallipoli nel 2013, la malattia, caro sottosegretario, è avanzata di oltre 140 chilometri; ormai non si contano più le aziende annientate dal disseccamento degli ulivi che non producono reddito da quattro campagne produttive e a breve saranno raggiunte da molte altre che stanno cominciando a registrare i primi segni di disseccamento. Di recente la UE ha concesso la possibilità di impiantare nuovamente gli uliveti nella zona infetta, ma ad oggi non è dato sapere come, dove, quando e soprattutto quali siano le varietà. C'è il rischio di perdere un altro anno per impiantare: vuol dire far morire definitivamente le aziende olivicole della nostra zona.
Ad oggi, tutta la fascia di contenimento risulta punteggiata di focolai e risulta ormai definitivamente compromessa senza alcuna possibilità di impianto di nuovi uliveti o di altre specie suscettibili. Nel complesso sono state stimate in oltre 10 milioni le piante infette nelle province di Lecce, Taranto e Brindisi, con un danno economico che supera di gran lunga il miliardo di euro. C'è ora il rischio che, senza adeguati provvedimenti, la batteriosi sconfini nel nord barese, nelle province di Barletta, Andria e Trani, dove l'olio e l'olivicoltura rappresentano il volano più importante per la loro economia.
Devo dire che le iniziative del Governo a noi sembrano sicuramente misere rispetto alla gravità del problema, come non posso non venire qui a denunciare la gravità della situazione nella quale versa la regione Puglia per la mancanza dell'ente regione, per un presidente che di fatto ha snobbato il problema e oggi è incapace di contenerlo. Noi siamo seriamente preoccupati per il danno che oggi arriva alla regione Puglia, che è un danno immane, che meritava e merita non dei finanziamenti “tanto per”, ma meritava una strategia complessiva relativa ad una criticità tanto importante che non riusciamo a vedere.
Quindi, c'è un auspicio, al di là se siamo contenti o scontenti oggi della risposta del Ministero: che, in questi ultimi mesi, al di là di qualche finanziamento a pioggia, che assomiglia un po' alle vacche di Fanfani perché rischiano di essere sempre gli stessi soldi, ci sia un intervento particolare, un intervento che miri a salvare il disastro nel quale versa la regione Puglia.
(Iniziative di competenza per il contenimento della fauna selvatica, con particolare riferimento alla modifica dell'articolo 19 della legge n. 157 del 1992 – n. 3-03388 e n. 3-03389)
PRESIDENTE. Passiamo alle interrogazioni Fiorio n. 3-03388 e Antezza ed altri n. 3-03389, che, vertendo sullo stesso argomento, saranno svolte congiuntamente (Vedi l'allegato A).
Il sottosegretario di Stato per le Politiche agricole, alimentari e forestali, Giuseppe Castiglione, ha facoltà di rispondere.
GIUSEPPE CASTIGLIONE, Sottosegretario di Stato per le Politiche agricole alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevoli colleghi, considerata l'analogia delle questioni che sono state rappresentate dall'onorevole Antezza e dall'onorevole Fiorio, che ringrazio, risponderò congiuntamente alle due interrogazioni.
Rilevo innanzitutto che il Governo è da tempo impegnato ad individuare delle valide soluzioni per sostenere le regioni nel contenimento della fauna selvatica. In tale direzione e anche al fine di elaborare una proposta di modifica alla legge n. 157 del 1992, su richiesta regionale, è stato istituito, in sede di Conferenza unificata, un tavolo di coordinamento di interventi territoriali in materia di danni da fauna selvatica - un tavolo che l'onorevole Fiorio conosce benissimo - a cui partecipano, accanto alle regioni e all'ANCI, anche i Ministeri competenti, il Ministero dell'agricoltura, il Ministero dell'ambiente e il Ministero della salute, oltre che l'istituto di carattere tecnico e scientifico, l'ISPRA.
In esito alle riunioni tenutesi nel corso di quest'anno, il tavolo di coordinamento ha elaborato un testo recante alcune proposte per la modifica dell'articolo 19 sul controllo della fauna selvatica, dell'articolo 18 sulle specie cacciabili e i periodi di attività venatoria della citata legge n. 157, nonché per l'introduzione di un articolo 18-bis sulla gestione faunistico-venatoria degli ungulati. Nello specifico, la modifica proposta per l'articolo 19 citato, in ossequio anche alla sentenza della Corte costituzionale n. 139 del 2017, consente alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano di avvalersi per le operazioni di contenimento delle popolazioni faunistiche di operatori abilitati, che abbiano anche l'abilitazione e, soprattutto, previa frequenza di appositi corsi che sono stati validati o saranno validati dall'ISPRA. Il ricorso a tale figure realizzerebbe l'ampliamento, che è soprattutto un ampliamento condiviso al Ministero, dei soggetti che sono preposti al controllo del fenomeno cui fanno riferimento gli interroganti.
Quindi, questa proposta di modifica alla legge è stata esaminata anche in sede di Conferenza Stato-regioni, come ricorderà, il 27 luglio di questo anno, del 2017, anche con parere favorevole della Conferenza Stato-regioni. Si auspica che la questione possa essere sottoposta nel più breve tempo possibile all'esame del dal Parlamento.
PRESIDENTE. Il deputato Fiorio ha facoltà di dichiarare se sia soddisfatto per la risposta alle interrogazioni. Prego, ha cinque minuti.
MASSIMO FIORIO. Grazie, Presidente. Ringrazio il Governo per la risposta, perché credo che questo sia uno dei problemi che affliggono le aree interne in modo più devastante. I dati rispetto ai danni economici e, quindi, conseguentemente, ai danni sociali relativi alla fauna selvatica e, soprattutto, quelli provocati dagli ungulati, sono in numero crescente.
La scelta delle regioni di avvalersi anche di cacciatori per intervenire rispetto alle attività di selezione della fauna selvatica è stata bloccata, abbiamo visto, dalla sentenza della Consulta. Credo che l'iniziativa del Governo, di accelerare i lavori del tavolo e di consentire di avere una soluzione da portare, poi, nel Parlamento, in questo Parlamento, nel prossimo Parlamento, in modo che si modifichi la legge n. 157, sia una delle urgenze più forti e sentite dalle aree interne e dalle aziende agricole che stanno continuando a subire danni in modo pesante. Quindi ringrazio il Governo per l'attenzione e auspico davvero che il lavoro vada in modo forte in quella direzione.
Altro tema, se mi consentite, è la questione dei danni. In questo momento, sappiamo che è una bozza di decreto presso la Conferenza Stato-regioni e che sarebbe limitata soltanto alle aree protette. Noi crediamo che debba riguardare in modo più ampio tutte le aziende agricole che hanno subito danni devastanti in questi ultimi anni.
PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'interpellanza e delle interrogazioni all'ordine del giorno.
Sospendo, a questo punto, la seduta, che riprenderà alle ore 14,30. La seduta è sospesa.
La seduta, sospesa alle 11,55, è ripresa alle 14,40
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI
Missioni.
PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Adornato, Boccia, Braga, Mannino, Palma, Piccoli Nardelli, Vignaroli e Zolezzi sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono complessivamente centoventiquattro, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Preavviso di votazioni elettroniche (ore 14,40).
PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.
Sull'ordine dei lavori.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare sull'ordine dei lavori l'onorevole Vito. Ne ha facoltà.
ELIO VITO. Grazie, signor Presidente, la ringrazio per avermi dato la parola. All'ordine del giorno, oltre che l'esame della questione pregiudiziale, vi è anche l'inizio della discussione generale dell'esame del decreto-legge fiscale. In Conferenza dei presidenti di gruppo, Forza Italia ha acconsentito all'anticipo della discussione generale dell'esame del provvedimento anche per avere la possibilità, da parte della Camera, di modificare eventualmente il testo votato dal Senato, atteso che il decreto-legge scade il 15 dicembre.
Ora, io segnalo alla Presidenza e, per la verità, anche a tutti i colleghi di maggioranza e al Governo, un gravissimo vulnus, che è stato introdotto dall'altro ramo del Parlamento nei confronti dell'intero Parlamento. La recente legge quadro sulle missioni internazionali - attesa da decenni per evitare la prassi di decreti-legge su una materia così delicata quali le missioni internazionali, che entravano immediatamente in vigore e che, quindi, la Camera in qualche modo doveva accettare con la partecipazione decisa dal solo Governo - ha previsto una nuova procedura: ossia, che le Camere autorizzino la partecipazione del nostro Paese alle nuove missioni o alla prosecuzione delle nuove missioni in base a una delibera e a una relazione presentata dal Consiglio dei ministri. Il decreto-legge, in sede di conversione al Senato, ha subito una modifica proprio su questo punto, prevedendo un anticipo di tesoreria, disposto dal Ministro dell'Economia, a dieci giorni dalla presentazione della delibera del solo Consiglio dei ministri.
Quindi, a parte un problema di materia di decreto-legge che si trova a modificare la legge quadro sulle missioni internazionali, ma è stata votata dall'altro ramo del Parlamento, lasciamo stare che ci sono circolari e pareri del Presidente della Repubblica, qui si introduce un grave vulnus al Parlamento, perché ci troveremmo di nuovo di fronte a missioni finanziate solo con la delibera del Consiglio dei ministri, prima della delibera delle Camere che autorizzano o meno la partecipazione del nostro Paese a quella nuova missione. Il problema non si pone per le vecchie missioni, perché lì è previsto correttamente che l'anticipo di tesoreria arrivi dopo dieci giorni dal voto delle Camere. Quindi, io credo che non si sia trattato di un errore, ma di un'espressa volontà da parte del Governo di fare in modo che la missione internazionale, la nuova missione, sia decisa solo dal voto del Governo e di mettere le Camere di fronte al fatto compiuto che quella missione è già finanziata e magari è stata anche già avviata.
Allora, Presidente io lo segnalo a lei, perché su questo la Commissione difesa ha votato un parere, con l'espressa condizione alla Commissione bilancio, prevedendo di modificare questo punto che è all'articolo 6. Quindi, noi chiediamo che ci siano gli estremi politici, ma anche gli estremi istituzionali, per introdurre questa modifica, qui, alla Camera, e sulla base di questa possibilità - che il tempo anche ci dà perché, ripeto, il decreto scade il 15 dicembre - noi chiediamo che la Presidenza della Camera attivi tutti i suoi poteri non in difesa di un'opinione politica, ma in difesa del ruolo del Parlamento su una questione così delicata come la partecipazione del nostro Paese a nuove missioni internazionali, sulle quali, tra l'altro, le Camere hanno votato a larghissima maggioranza la recente legge quadro sulle missioni internazionali.
Confido, dunque, che questa attivazione della Presidenza della Camera in difesa del ruolo e delle funzioni del Parlamento avvenga, così come in passato altri Governi, anche quello di centrodestra, hanno avuto una grande attenzione nei confronti del ruolo e delle funzioni del Parlamento.
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Vito. Lei solleva alcuni aspetti di merito e altri di metodo, ma comunque resta agli atti quello che lei ha detto e, comunque, io mi farò tramite con la Presidente la Camera per interessarla della questione. Sospendo adesso la seduta, che riprenderà alle ore 15,10.
La seduta, sospesa alle 14,45, è ripresa alle 15,10
Discussione del disegno di legge: S. 2942 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell'estinzione del reato per condotte riparatorie (Approvato dal Senato) (A.C. 4741) (Esame e votazione di questioni pregiudiziali).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione delle questioni pregiudiziali Sorial ed altri n. 1, Paglia ed altri n. 2, Busin ed altri n. 3 e Brunetta ed altri n. 4 (Vedi l'allegato A) presentate al disegno di legge, già approvato dal Senato, n. 4741: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell'estinzione del reato per condotte riparatorie.
A norma del comma 4 dell'articolo 40 del Regolamento, nei casi di più questioni pregiudiziali ha luogo un'unica discussione. In tale discussione, ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 40, potrà intervenire, oltre ad uno dei proponenti, purché appartenenti a gruppi diversi, per illustrare ciascuno degli strumenti presentati per non più di dieci minuti, un deputato per ognuno degli altri gruppi, per non più di cinque minuti. Al termine della discussione, si procederà, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 3, quarto periodo, del Regolamento, ad un'unica votazione sulle questioni pregiudiziali presentate.
(Esame di questioni pregiudiziali – A.C. 4741)
PRESIDENTE. L'onorevole Brugnerotto ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Sorial ed altri n. 1, di cui è cofirmatario.
MARCO BRUGNEROTTO. Grazie, Presidente. Ancora una volta il Governo presenta alle Camere, in spregio alle norme vigenti in materia e in spregio alla giurisprudenza, un testo che contiene evidenti e molteplici vizi di incostituzionalità. Oggi viene sottoposto al nostro esame l'ennesimo decreto-legge sprovvisto dei requisiti di necessità e di urgenza previsti dalla Carta costituzionale, la cui mancanza ne dovrebbe decretare l'illegittimità, come ampiamente e più volte affermato dalla Consulta.
Ma non finisce qui. Infatti, il testo contiene ulteriori vizi formali di costituzionalità, cioè quelli citati nella famosa sentenza della Corte costituzionale n. 22 del 2012, che ha ritenuto illegittimo il decreto-legge in quanto il suo contenuto non rispettava il vincolo di omogeneità, che è previsto dall'articolo 77 della Costituzione.
Come si desume dal titolo e dal preambolo, il decreto-legge in esame troverebbe i suoi presupposti nelle disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Tuttavia, la rubrica non sanerebbe di per sé i vizi di incostituzionalità rilevati, in quanto le disposizioni sono prive di un collegamento formale con le tematiche richiamate nell'epigrafe del decreto e dallo stesso preambolo.
Vi sono disposizioni che produrranno i loro effetti solo nel lungo termine, altre che potevano trovare un adeguato e più consono spazio nella legge di bilancio, che arriverà fra poco, facendo quindi venire meno i requisiti dell'urgenza e della indifferibilità, tanto sbandierati quanto appunto in aperto contrasto con l'articolo 77 della nostra Costituzione.
Si è intervenuti su svariate materie, che spaziano dal fisco alla difesa, dalla pubblica amministrazione ai trasporti, dall'ambiente alla sanità, dalle calamità naturali alla giustizia, dal trattamento pensionistico alla finanza locale, eccetera eccetera.
Abbiamo assistito a una lievitazione di articoli e commi nel corso dell'esame al Senato, che rendono inequivocabile la non omogeneità del contenuto del testo, ma abbiamo anche assistito, qui, da spettatori incolpevoli, ancora una volta, al prosciugamento delle prerogative parlamentari, allo svuotamento del dibattito, nel tentativo di voler illudere i cittadini di aver raggiunto con immediatezza determinati obiettivi e di aver fatto fronte con prontezza alle emergenze segnalate.
Non è bastato il frettoloso esame e l'immediata apposizione della fiducia al Senato: anche qui, in questo ramo del Parlamento, le cose non sono andate bene. I tempi stretti, con il quale il provvedimento è stato esaminato dalla Commissione bilancio - stamattina, tre minuti, record! -, compresa l'anticipazione della data e dell'orario della scadenza per la presentazione degli emendamenti, hanno precluso una puntuale discussione su un provvedimento che, come abbiamo ricordato, già arriva per direttissima dall'altro ramo del Parlamento.
In tutto questo è chiara soltanto una cosa, invece: che le elezioni stanno arrivando. Tale comportamento pone l'ennesimo bavaglio al Parlamento, che non può essere taciuto. Ed è per il combinato disposto di quanto indicato in premessa che il MoVimento 5 Stelle ritiene che non vi siano le condizioni per procedere al seguito dell'esame del presente decreto-legge (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. L'onorevole Paglia ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1.
GIOVANNI PAGLIA. Grazie, Presidente. Abbiamo ritenuto di cogliere l'occasione che ci veniva offerta dall'ennesimo decreto-legge: so che avrei dovuto tenere il conto, non l'ho fatto ma credo che avanziamo ad un ritmo di più decreti al mese ormai da cinque anni, segnando probabilmente un record storico con questa legislatura. Come dicevo, cogliamo l'occasione, con quello che potrebbe essere forse l'ultimo o il penultimo di questa legislatura, per stigmatizzare ancora una volta quella che è un'abitudine invalsa, ormai, all'interno di questo sistema parlamentare, cioè quella di violare la Costituzione nell'iter stesso di formazione della legge. La Costituzione, come tante volte è stato ripetuto, prevede che i decreti-legge, cioè la legislazione fatta ad opera del Governo, dovrebbero essere consentiti solo in caso di necessità, urgenza ed indifferibile urgenza, cioè dovrebbero servire, sostanzialmente, a quelle misure che hanno a che fare con catastrofi naturali, con eventi che erano impensabili fino ad un minuto prima che si verificassero e abbiano bisogno di una risposta celere ed immediata, con rischi di vita o di salute per le persone.
Con tutto questo dovrebbero avere a che fare i decreti-legge e, invece, quello che ci viene consegnato questa volta è, a tutti gli effetti, un'anticipazione della legge di bilancio: è la legge di bilancio sotto altri nomi, è l'anticipo di una discussione che, di fatto, il Senato sta compiendo in questo momento nel più classico degli eventi di fine anno, cioè quelli in cui, tanto più in una fase che anticipa le elezioni, si va a discutere, si va a cercare di inserire fino all'ultimo la piccola norma territoriale, la piccola norma a tutela di una lobby o la grande norma a tutela di una lobby.
Mi piace ricordare qui che, all'interno di questo decreto, siete finalmente riusciti ad inserire la proroga del “Gratta e vinci”: ci avevate già provato in primavera e, allora, eravamo riusciti a fermarli, sull'ultimo c'era stato un moto persino di sdegno, se non popolare, ma di sdegno diffuso rispetto al fatto che quella che è una concessione per milioni e milioni di euro di utili che il Governo ha concesso a Lottomatica con una gara, si vada avanti di proroga in proroga senza passare da alcuna gara pubblica e senza passare da una gara pubblica che non solo dovrebbe prevedere, dal nostro punto di vista, trattandosi di gioco d'azzardo, un intervento a tutela delle casse dello Stato, ma dovrebbe prevedere soprattutto un intervento a tutela della salute di chi rischia di rovinarsi con il gioco. Dovremmo fare una gara sul “Gratta e vinci” che preveda paradossalmente che meno si diffonde e più lo Stato è contento; dovremmo fare una gara che preveda maggiori introiti per lo Stato e meno per chi vince la gara; dovremmo, magari, fare una gara in cui soggetti come Lottomatica, che hanno deciso di spostare la propria sede fiscale all'estero, non siano tenuti a partecipare. Invece, noi non solo permettiamo che partecipino - fu fatta l'anno scorso una modifica di legge apposta per permettere anche a soggetti come quello di partecipare… scusate…
PRESIDENTE. Colleghi, per fortuna sembra essere tutto sotto controllo, collega Paglia, prego.
GIOVANNI PAGLIA. Stavo dicendo, non solo si è intervenuti con norma ad hoc per permettere che si potesse continuare, nel caso del lotto, ad intervenire all'interno del territorio statale, ma stavolta si va oltre: si dà addirittura la proroga.
Altra cosa che mi piace ricordare di questo decreto, perché ritengo che faccia parte di quel carico di incostituzionalità pesante che sto provando a descrivere, sono gli interventi proprio sul lato della fiscalità. Francamente, dovremmo tutti ribellarci quando ci troviamo davanti ad un provvedimento che contiene nemmeno l'ennesimo condono, ma il condono del condono, il rinnovo del condono: cioè, questo è un Paese in cui non ci limitiamo più ad andare da chi non ha pagato le tasse, dicendogli che può mettersi in regola qualche anno dopo, in spregio ai contribuenti onesti, ma, addirittura, diciamo che chi dopo aver avuto una finestra di alcuni mesi in cui poteva sanare la propria posizione, se non l'ha fatto, può avere una seconda possibilità immediata, perché c'è la proroga, magari a condizioni migliori - perché la proroga va anche a modificare l'impianto originario - di quelle godute da chi ha approfittato della prima occasione che lo Stato gli offre. Quindi, qui abbiamo il contribuente onesto che viene, in qualche modo, penalizzato; il contribuente non del tutto onesto o, magari, che ha avuto alcune difficoltà che viene parzialmente premiato; ma più di tutti viene premiato chi arriva per ultimo, chi aspetta addirittura la proroga. Vi sembra questo - lo chiedo, tramite lei, Presidente, al Governo e, poi, al Parlamento - il modo corretto di legiferare su una materia tanto sensibile?
Vi sembra questo il modo di rispettare il dettato costituzionale, che chiede un fisco equo, che chiede un fisco progressivo, che chiede ai propri cittadini di essere fedeli allo Stato da questo punto di vista, sapendo che quello che si paga in termini fiscali è il corrispettivo del welfare? No. Invece, questo è l'ennesimo condono che questa legislatura ci offre, così come questo decreto ci offre l'ennesima sanatoria per chi abbia nascosto soldi all'estero. In una fase caratterizzata dai “paradise paper”, prima dai “Panama paper”, cioè dallo spettacolo osceno dei milioni, dei miliardi di euro nascosti al fisco italiano e portati nei paradisi fiscali, davanti a questo spettacolo, il Governo, che non fa nulla, assolutamente nulla, per colpire la grande elusione, i grandi trasferimenti di capitali, va avanti, invece, con provvedimenti come le voluntary disclosure e, in questo caso, la richiesta di rientro dei capitali detenuti da chi risiede all'estero; sempre con la mancia, perché gli si chiede il 3 per cento anche in questi casi, si chiede pochissimo.
Il punto è che, per avere quei pochi euro che sono necessari a perpetuare la politica delle piccole mance, allora, va bene tutto: va bene prendere del denaro proveniente da evasione fiscale od altri illeciti e ripulirlo per pochi soldi, perché poi, appunto, si deve andare avanti a dare mance, piccole mance, a numerosissime categorie.
Ci sono anche cose all'interno di questo decreto che ci convincono: ad esempio, mi convince il fatto che si sia cominciato finalmente ad approcciare la questione dell'equo compenso per i liberi professionisti. Anche qui, la domanda, però, rimane: era all'interno di questo decreto che doveva rientrare una materia così complessa e con un emendamento al decreto stesso, senza che questa Camera abbia nemmeno la possibilità di discuterne?
Oppure il tema - e vado a chiudere - discusso e stradiscusso delle fatturazioni delle bollette da parte degli operatori telefonici: la portate a trenta giorni. Bene, lo avevamo chiesto in tanti: lo fate, però, prevedendo che, qualora eccezionalmente sia collegato a offerte promozionali, eccetera, eccetera, si possa anche derogare - quindi, c'è una prima deroga -, ma, soprattutto, nulla si dice sul passato. Nulla si dice rispetto al fatto che questi signori, nell'anno in corso, hanno già realizzato un miliardo di utili aggiuntivi grazie ad una pratica scorretta: di quel miliardo non si dice niente. Si fa passare, ancora una volta, il principio che la legislazione interviene sempre un minuto dopo, interviene un minuto dopo a chiarire quello che avrebbe peraltro dovuto essere chiaro già un minuto prima. Ma quello che succede in quel lasso di tempo, quelli sono solo guadagni extra per chi se lo può permettere, sapendo che nessuno glieli andrà mai a toccare.
Come vedete, ci sono ragioni per essere entusiasti di questo decreto, ce ne sono molte per guardarlo con luci ed ombre, però, prima di tutto - e con questo chiudo -, il Parlamento dovrebbe sentirsi responsabile nei confronti della Costituzione, dovrebbe sentirsi responsabile rispetto al fatto che le leggi vengano fatte seguendo i principi e le procedure che la Costituzione, in qualche modo, definisce.
Qui no, qui non si è fatto e anche la discussione di oggi in Commissione è stata una discussione in cui, se ho capito bene, tutti gli emendamenti sono stati stralciati con un unico voto: di fatto, si è scelto di andare avanti a marce serrate perché si doveva arrivare qui nel pomeriggio.
Bene, questo Parlamento, se non è umiliato in queste condizioni, io non so quando lo sia. A noi, dall'opposizione, rimane almeno la possibilità di lasciarne traccia nei verbali per chi, fra qualche anno, vorrà leggerli e vedere a quale punto era riuscita ad arrivare la democrazia, sperando che fra qualche anno sia migliore (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).
PRESIDENTE. L'onorevole Busin ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 3.
FILIPPO BUSIN. Grazie, Presidente. È di tutta evidenza, ed è stato rilevato anche dagli interventi precedenti dei colleghi, che qui siamo di fronte all'ennesima decretazione d'urgenza che non trova una giustificazione nei presupposti di necessità ed urgenza, più volte rilevati non solo dal Presidente della Repubblica, ma anche da sentenze della Corte costituzionale, come la n. 128 del 2008. Qui, in particolare, in tema fiscale, non si capisce quale sia la necessità e l'urgenza collegata alla proroga di quello che definiamo con termini propri un condono, quando un intervento necessario ed urgente in tema di entrate dovrebbe, come minimo, avere anche la caratteristica di essere certo nel suo ammontare e nei tempi di incasso, visto che questo intervento non fa altro che sanare precedenti…
PRESIDENTE. Collega Corsaro! Mi perdoni, onorevole Busin. Collega Corsaro, permettiamo al Vice Ministro di ascoltare l'intervento del collega Busin. Chiederei anche ai colleghi intorno all'onorevole Busin se possono abbassare il tono della voce. Grazie. Non è che siamo obbligati a rimanere in Aula, se non siamo interessati.
FILIPPO BUSIN. Dicevo che il presupposto di necessità e urgenza relativamente alle entrate dovrebbe essere collegato con quello della certezza delle entrate e, visto che questa proroga relativa alla rottamazione delle cartelle esattoriali non fa altro che sanare precedenti rottamazioni o interventi condonistici, come quello della voluntary disclosure, più volte prorogata, che non hanno mantenuto le promesse in termini di gettito, non si capisce perché questa ennesima proroga dovrebbe invece, a differenza delle precedenti, che erano identiche, produrre un gettito certo. Questo è il principale rilievo che facciamo nei confronti di quello che dovrebbe essere il presupposto di necessità ed urgenza dell'intervento.
Ma anche in termini di omogeneità ci sono sentenze della Corte costituzionale che censurano questa mancanza nei vari decreti-legge che sono stati prodotti e, anche qui, non possiamo che rilevare una assoluta eterogeneità delle materie trattate, che vanno dal tema fiscale al tema ambientale, al tema del lavoro, al rifinanziamento delle missioni internazionali, cioè una serie di interventi che nulla hanno in comune, nulla hanno di omogeneo, se non il presupposto, solo dichiarato e non fattuale, da parte del Governo della necessità ed urgenza.
Del resto, non può che essere così, visto che gran parte delle norme contenute in questo decreto derivano da uno stralcio della legge di bilancio, la anticipano in qualche modo, fanno pulizia di quello che non andava discusso o dibattuto nella legge di bilancio, ne è una derivazione e, quindi, ha una natura prettamente ordinamentale, che non andrebbe compresa in una decretazione d'urgenza.
Poi ci sono anche altri rilievi costituzionali, che si possono fare a questo decreto relativamente, ad esempio, all'estensione dello split payment alle aziende partecipate pubbliche. È chiaro che, in questo modo, creiamo una disparità di trattamento fra chi non incassa l'IVA, pur lavorando in ambito privato e ha solo la ventura di fornire appunto aziende sottoposte a questo regime dello split payment, creando indubbiamente delle difficoltà dal punto di vista della liquidità di quelle singole aziende e, a cascata, nei confronti delle aziende loro collegate, degli istituti di credito ovviamente, a tutto beneficio dello Stato, invece, che incassa anticipatamente l'IVA.
Poi sappiamo quanto lunghe, laboriose e incerte siano le compensazioni da parte dello Stato dell'IVA a credito delle aziende private.
Per non parlare poi del capitolo che riguarda l'Alitalia, che non fa altro che rendere definitivo quello che doveva essere un commissariamento temporaneo per la ricerca del miglior compratore: una nazionalizzazione di fatto, fatta a tappe attraverso decretazioni d'urgenza come questa, che però, nella sostanza, rendono definitiva una situazione che è assolutamente inaccettabile e anche questa lede un articolo preciso della Costituzione, l'articolo 41, che prevede appunto la libertà d'impresa e di mercato.
Per tutte queste ragioni chiediamo che questo provvedimento venga ritirato e non venga discusso e votato in quest'Aula. Grazie.
PRESIDENTE. L'onorevole Alberto Giorgetti ha facoltà di illustrare la questione pregiudiziale Brunetta ed altri n. 4, di cui è cofirmatario.
ALBERTO GIORGETTI. Grazie, Presidente. Anche noi, Presidente, abbiamo presentato una questione pregiudiziale di costituzionalità sul provvedimento al nostro esame per una serie di motivi, che vogliamo ricordare in quest'Aula e che riteniamo assolutamente prioritari.
Innanzitutto si tratta di un decreto che ha una eterogeneità di materia, così come hanno ricordato i colleghi che mi hanno preceduto, su cui esistono delle sentenze, dal punto di vista costituzionale che ribadiscono la necessità, invece, di presentare dei decreti che abbiano un contesto ben articolato, omogeneo, con un testo che sia idoneo a far fronte alle esigenze di straordinaria necessità, che dovrebbe portare all'emanazione di un decreto.
Presidente, quello al nostro esame è un decreto che non è stato tecnicamente definito un collegato vero e proprio, ma che ha nelle caratteristiche degli stessi interventi da parte del Governo, di quelle che sono state le riflessioni svolte in Commissione, dello stesso - mi permetto di dire, Vice Ministro Casero - intervento del Ministro Padoan in sede di audizione relativamente alla legge di bilancio, dove le politiche in materia di finanza pubblica, conti pubblici e sviluppo del Paese, sono state articolate, queste riflessioni, in una organicità che vedeva due provvedimenti alla nostra attenzione: il decreto oggi all'esame della Camera e la legge di bilancio, in questo momento all'esame del Senato. Quindi, in verità, Presidente, noi ci troviamo di fronte ad un decreto che, a tutti gli affetti, è un collegato alla legge di bilancio, quello che veniva considerato all'epoca il collegato alla legge finanziaria, ma che non viene riconosciuto come tale. Perché accade questo? Perché il Governo ha voluto utilizzare questo strumento - lo ricordava prima il collega Busin in particolar modo - con l'obiettivo di fare delle politiche discrezionali, che non hanno elementi di necessità straordinaria ed urgente, ma che piuttosto richiama una serie di scelte, che stanno nella discrezionalità della politica, ma che non devono essere certo compresse, utilizzate, richiamate per poter organizzare un decreto come quello che è al nostro esame, in particolar modo in una fase delicata quale quella della sessione di bilancio.
Ricordo a me stesso, Presidente, che noi abbiamo fatto delle riforme considerate importanti in quest'Aula, che riguardavano, più in generale, la riforma della sessione di bilancio e della legge di bilancio. Si tratta di un provvedimento, questo, che va contro la legge n. 196 del 2009, dove si prevedeva che il collegato o gli eventuali collegati alla legge di stabilità, all'epoca, poi diventata oggi legge di bilancio, venissero presentati nei primi mesi dell'anno successivo, nel 2018, entro il febbraio 2018. No, noi invece ci troviamo, come nella logica delle peggiori leggi finanziarie vissute negli anni precedenti, davanti a un collegato alla legge finanziaria, che non si chiama più tale, ma è un decreto omnibus che è al nostro esame.
Perciò, Presidente, noi ci troviamo di fronte a una serie evidente di violazioni, violazioni di carattere costituzionale, non ci sono i requisiti di urgenza, non ci sono le caratteristiche legate alla omogeneità del testo: in questo testo - non voglio qui ricordare i passaggi - abbiamo questioni che si sovrappongono, che hanno caratteristiche molto diverse. E c'è un aspetto fondamentale, Presidente, in queste caratteristiche, che a mio avviso va, nella sostanza, anche a violare la parte relativa alla Costituzione, dall'articolo 77 all'81, che riguarda più in generale la vita e il funzionamento della contabilità pubblica, perché, se andiamo a vedere la relazione tecnica - lo dico al collega Palese, vicepresidente della Commissione bilancio, che quotidianamente lavora su questi argomenti -, Presidente, noi ci troviamo davanti a una serie di coperture che sono pluriennali: c'è un intervento che non ha la valenza per gli ultimi mesi emergenziali del 2017, finalizzato ad avere risorse a disposizione, piuttosto che recupero di risorse, come avviene su alcuni di questi articoli, ma sono effetti generali, che si vanno a manifestare in una logica pluriennale per almeno una decina degli articoli che sono stati rappresentati in questo testo.
Vede, Presidente, questo combinato disposto tra un testo eterogeneo, gli effetti pluriennali, la concomitanza di due veicoli - il decreto omnibus e la legge di bilancio - dimostra come il Governo, come ha ribadito ufficialmente per voce del Ministro Padoan, abbia considerato questi due strumenti due strumenti di governo della finanza pubblica.
Piccolo particolare, l'omogeneità: l'eterogeneità, evidentemente, delle questioni trattate avrebbe imposto - chiedo anche su questo una supervisione della Presidenza della Camera - la piena applicazione della legge n. 196 del 2009, che prevede trasparenza, chiarezza sui conti pubblici, chiarezza degli obiettivi, precisione nell'attività emendativa di questo testo. Ma già richiamo, anche a proposito di vizi costituzionali, l'attività emendativa che sta avvenendo sulla legge di bilancio, Presidente, al Senato - poi la vedremo quando arriverà qui - dove le norme microsettoriali stanno diventando l'asse principale di sviluppo di quella legge in una logica elettoralistica. E allora, Presidente, ci avessero presentato un testo di reale necessità su questioni che riguardano la vita del Paese in modo robusto, su temi dal risparmio alla certezza del diritto, per quello che riguarda anche gli aspetti connessi alla certezza dell'esito fiscale; non vogliamo aprire il tema dell'ennesima vicenda legata alla rateizzazione, Equitalia, la riapertura dei termini, l'eterno compromesso che vede un Paese avviluppato su se stesso rispetto a delle regole che non riusciamo nemmeno noi, in sede parlamentare, a fare rispettare, che ci siamo dati per avere un'organicità di lettura dei conti dello Stato. Anche questa volta non ci si riesce, è un contesto particolarmente pesante. Allora, Presidente, qui non si tratta di richiamare solo gli articoli che sono stati correttamente dai colleghi richiamati relativamente all'eterogeneità del testo e agli aspetti connessi alle sentenze della Corte costituzionale, ma qui si tratta di vedere una messa in discussione generale, così come prevede certezza nei conti, il pareggio di bilancio, l'articolo 81 della Costituzione, quelli che sono i limiti che noi abbiamo votato in quest'Aula relativamente all'andamento della finanza pubblica e alle prospettive di tenuta dell'andamento rispetto agli obiettivi.
Noi, ancora una volta, con questo decreto affianchiamo la legge di bilancio a un altro provvedimento che determina spesa aggiuntiva, dubbiamente coperta, in un contesto in cui non c'è non solo certezza dell'esito finale, ma in cui il cittadino, ancora una volta, è costretto a muoversi in un contesto di estrema incertezza, precarietà di strumenti, senza avere la consapevolezza piena degli adempimenti di carattere fiscale-contributivo che dovrà affrontare di qui, evidentemente, ai prossimi anni, e con gli effetti anche derivanti da questo decreto, attivato 50 giorni orsono circa, attraverso il 2017, con i pagamenti, i 35 miliardi di pagamenti che avvengono in queste ore di casse, di entrata per le casse dello Stato, a cui si pongono ancora degli elementi di incertezza.
Allora, Presidente, questo era un decreto che non doveva avere la possibilità di essere discusso, doveva essere bloccato, perché è palesemente incostituzionale ed è un decreto che va a negare quelli che sono anche i metodi e i diritti che noi abbiamo voluto assegnare per dare una lettura vera, di sviluppo, di responsabilità a chi va a stendere il bilancio dello Stato, a chi deve definire con precisione quelle che dovrebbero essere le poste e gli obiettivi che noi vogliamo darci. Allora, Presidente, concludendo, sono motivi alti i nostri. Ci aveste presentato poche cose, efficaci, determinanti per lo sviluppo del Paese, di alleggerimento della pressione fiscale, piuttosto che di scelte degne di questo nome, noi avremmo potuto discuterne, ma in questo quadro, di fronte alla violazione sistematica dei principi costituzionali e di quello che è il buonsenso, noi a questo gioco non ci stiamo, e, pertanto, chiediamo all'Aula di votare l'incostituzionalità e l'improcedibilità di fronte a questo decreto che rappresenta l'ennesimo danno ai conti pubblici e al Paese (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Vignali. Ne ha facoltà.
RAFFAELLO VIGNALI. Grazie, Presidente. Il gruppo parlamentare di Alternativa Popolare voterà contro la pregiudiziale presentata al decreto-legge recante “Disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell'estinzione del reato per condotte riparatorie”.
In sintesi, il contenuto del provvedimento, che è stato modificato e migliorato durante l'esame al Senato, si basava su alcuni pilastri fondamentali: un pacchetto di misure fiscali di sostegno alle imprese, il rifinanziamento delle missioni internazionali e la rideterminazione di piani di assunzione delle forze di polizia e del personale militare, nonché altre disposizioni volte ad affrontare esigenze indifferibili, come, ad esempio, il rifinanziamento del Fondo di occupazione. Il decreto-legge, quindi, ha subito alcune modifiche importanti e fondamentali durante l'iter legislativo del Senato, che comunque, nel loro insieme, hanno confermato l'impianto generale del provvedimento e migliorato alcuni suoi aspetti.
È da rilevare, tra l'altro, come le materie trattate dal provvedimento siano diversificate, ma non si possa assolutamente parlare di illegittimità costituzionale del decreto-legge. Infatti, la necessità e l'urgenza di dettare una disciplina può essere dovuta ad una pluralità di situazioni, ad esempio eventi naturali, comportamenti umani e anche atti e provvedimenti di pubblici poteri, in relazione alle quali non sono configurabili rigidi parametri valevoli per ogni ipotesi. La stessa giurisprudenza costituzionale ha rilevato come la necessità e l'urgenza di provvedere possa riguardare una pluralità di norme accomunate dalla natura ordinaria delle fattispecie disciplinate ovvero anche dall'intento di fronteggiare situazioni straordinarie, complesse e variegate, che richiedono interventi oggettivamente eterogenei, afferenti, quindi, a materie diverse, ma indirizzati all'unico scopo di approntare rimedi urgenti a situazioni straordinarie venutesi a determinare.
Pertanto, l'omogeneità delle disposizioni contenute nel decreto-legge deve riferirsi non solo alla materia ivi contenuta, ma anche allo scopo del medesimo. Sulla base, quindi, di una consolidata giurisprudenza costituzionale, costante e ripetuta, come quella richiamata precedentemente, il decreto-legge in esame ha evidentemente tutti i requisiti di necessità e di urgenza prescritti dall'articolo 77 della Costituzione.
È stata, inoltre, pienamente rispettata la procedura parlamentare, nel senso che sono stati inseriti emendamenti, durante l'iter al Senato, compatibili con il testo del decreto-legge e con le sue finalità, vagliati in ogni caso da un rigido esame di ammissibilità che è affidato ai competenti organi del Senato.
Nel ribadire il voto contrario alla pregiudiziale presentata, sosteniamo, quindi, con particolare forza le norme contenute nel decreto-legge. Esse costituiscono, in effetti, interventi fondamentali che implementano le misure già approntate dal Governo per far crescere l'economia e l'occupazione del Paese; misure, peraltro, attivate con risultati estremamente positivi proprio consolidando l'andamento del prodotto interno lordo e dell'occupazione, che hanno registrato andamenti positivi dopo gli anni della grave crisi economico-sociale che ha colpito il Paese.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sannicandro. Ne ha facoltà.
ARCANGELO SANNICANDRO. Al 17 novembre 2017, i Governi che si sono succeduti in questa legislatura hanno emanato fino a oggi cento decreti-legge; quindi, possiamo anche festeggiare, perché abbiamo raggiunto un tetto apprezzabile; per cento volte il Parlamento italiano è stato espropriato del potere legislativo.
Sfido chiunque ad esporre quale di questi decreti avesse mai i requisiti di cui all'articolo 77 della Costituzione. Certamente, questi requisiti non sussistono in quest'ultimo caso. Ora, badate, non basta dire cento decreti-legge: bisogna anche tenere presente che con riferimento a questi decreti-legge, messi insieme e ponendo come unità di misura il comma, che è l'unità di misura di una legge, stiamo a ben 7.667 commi, cioè ordini, precetti che il legislatore dà.
Quanti commi noi abbiamo prodotto, purtroppo, in questa legislatura? Abbiamo prodotto 349 leggi, per un totale di 9.106 commi. Una produzione mostruosa, che non va ad onore del Parlamento, come qualcuno potrebbe tentare di dire con superbia o con un falso orgoglio, perché questa è la causa dei tanti mali, non soltanto dello Stato italiano, ma anche della società italiana. Infatti, all'interno di questi commi, vivono contraddizioni, aporie, errori, soprattutto ripetizioni. Noi facciamo leggi che si potrebbero tranquillamente riscrivere con il testo precedente, perché sono dei veri e propri doppioni; ne abbiamo avuti tanti – ripeto: tanti - di esempi.
Ne abbiamo avuti tanti - lo ripeto - tanti, di esempi, ne abbiamo parlato spesso e volentieri quando li abbiamo affrontati singolarmente.
Ora, quando qualcuno dice che in Italia le cose vanno male, che i processi durano assai, che la burocrazia è impacciata e rallenta i tempi, mettetevi nei panni di un burocrate qualsiasi che deve districarsi all'interno di una selva normativa che farebbe inorridire o impaurire il più raffinato giurista e il più raffinato operatore, perché dietro l'angolo, in questa giungla, vi è sempre una norma del codice penale in agguato. Infatti, voi lo sapete, oggi, fare l'amministratore è diventato uno dei mestieri più pericolosi che ci sono in Italia, per un semplice motivo, non tanto per l'atteggiamento dei magistrati, quanto perché il materiale a disposizione dei burocrati è tale e tanto che, indubbiamente, l'una o l'altra decisione assunta dal burocrate può minimo, minimo, farlo incorre nel reato di abuso di potere.
Ora, io ho sempre detto, già altre volte, che il Parlamento farebbe bene a riunirsi solo quando è necessario e non quando non è necessario, perché con questo andazzo - per far credere alle persone che siamo qui occupati dalla mattina alla sera - abbiamo prodotto questo mostro che io vi ho illustrato, prendendo i dati dall'ufficio preposto della Camera dei deputati.
Ora, qui, abbiamo un decreto-legge di ben ottanta pagine, il volume è di 270 pagine; io non so come abbiano fatto i colleghi della Commissione bilancio a leggerselo, come abbiano potuto leggere, abbiano avuto il tempo di leggere questo volume, perché di questo si tratta, e aver esaminato questo volume insieme a tutte le altre proposte di legge che circolano nelle Commissioni, in Aula e via discorrendo; un lavoro che, indubbiamente, non può che essere un lavoro sciatto, fatto male, perché in quelle condizioni non si potrà mai lavorare bene. D'altronde, l'esempio lo dà, appunto, il Governo con decreti-legge che sono, ormai, decreti omnibus, il che è la contraddizione in termini di ciò che il legislatore costituzionale, con l'articolo 72 della Costituzione, non avrebbe mai pensato che si potesse realizzare…
PRESIDENTE. La ringrazio…
ARCANGELO SANNICANDRO. Ho finito il tempo?
PRESIDENTE. Credevo avesse concluso. Colleghi, per favore, dietro il collega Sannicandro.
ARCANGELO SANNICANDRO. Comunque, poiché siamo alla fine della legislatura diciamo queste cose soltanto a futura memoria, perché non c'è da sperare che questa maggioranza, che è stata sconfitta nel referendum popolare, proprio perché non è rispettosa della Costituzione italiana, possa cambiare idea. Speriamo che la prossima legislatura faccia arrivare in questo Parlamento persone che dimostrino una sensibilità diversa da quella che il Governo Renzi, prima, e, comunque, tutti i Governi che abbiamo avuto in questa legislatura, e la relativa maggioranza abbiano potuto dimostrare in questi cinque anni.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Paola Bragantini. Ne ha facoltà.
PAOLA BRAGANTINI. Grazie, Presidente. Le pregiudiziali di costituzionalità che stiamo per votare sollevano tre critiche al decreto-legge n. 148. Con la prima critica si sostiene che ci si trovi di fronte ad un esempio di uso, anzi, di abuso della decretazione d'urgenza da parte del Governo; la seconda obiezione denuncia una supposta mancanza dei requisiti di straordinaria necessità ed urgenza richiesti dall'articolo 77 della Costituzione; infine, la terza argomentazione tenta di evidenziare l'eterogeneità del contenuto normativo del decreto-legge all'esame alla Camera dei deputati.
Partendo dal primo aspetto, voglio rilevare che la stessa Costituzione consente al Governo, qualora ricorrano casi straordinari di necessità e di urgenza, di adottare atti normativi con forza di legge che sono immediatamente presentati alle Camere, ai fini della conversione in legge. Il decreto-legge è, dunque, uno strumento normativo che ha un fondamento costituzionale. La Costituzione, poi, riserva alle Camere un ruolo specifico nell'ambito del procedimento di conversione del decreto-legge in legge. Il Parlamento è chiamato a controllare l'operato dell'Esecutivo, decidendo se convertire o meno il decreto-legge e se mantenere inalterato il testo dell'atto normativo oppure se modificarlo, come spesso avviene e come è avvenuto ampiamente al Senato, in occasione della prima lettura.
Tutto ciò per sottolineare come il Parlamento non sia mai un soggetto inerte di fronte alla decretazione d'urgenza.
Il Parlamento ha ben due carte da giocare in sede di conversione, quella del rigetto e quella, forse ancor più incisiva, della modifica.
Per quanto concerne, invece, il carattere eterogeneo del provvedimento, dobbiamo ricordare che la Corte costituzionale ha affermato che il requisito della omogeneità dei decreti-legge può essere rinvenuto quando più norme disciplinano la stessa fattispecie oppure quando sia comune l'obiettivo che le disposizioni contenute nell'atto normativo, pure eterogenee dal punto di vista del contenuto, intendono raggiungere. Quest'ultimo è proprio il caso in cui si colloca il decreto-legge in esame; siamo di fronte ad una omogeneità teleologica, perché le disposizioni del decreto, pur intervenendo su una pluralità di materie e di settori dell'ordinamento, condividono la medesima finalità.
Per quanto concerne i requisiti in casi straordinari di necessità ed urgenza, nel preambolo del decreto si fa riferimento a esigenze indifferibili in materia finanziaria e contabile, di partecipazione dell'Italia alle missioni internazionali, di personale delle Forze di polizia e militari, di imprese, ambiente, cultura e sanità. Tale titolo corrisponde, nei fatti, alle diverse linee di intervento del provvedimento.
Ora, è evidente che, a fronte di un intervento normativo su diversi versanti, le ragioni di necessità e urgenza possono essere specifiche in relazione a ciascuno di essi. Ad esempio, proprio con riferimento alle misure citate nelle pregiudiziali, possiamo osservare che l'estensione, anche ad altre tipologie di reati, delle ipotesi di confisca allargata, previste dal codice antimafia, risponde a precise sollecitazioni del Capo dello Stato; se qualcuno non ritiene che questa sia un'urgenza, il Partito Democratico, invece, ritiene proprio che lo sia. Il divieto di fatturazione a ventotto giorni risponde a esigenze di stretta attualità che sono emerse nel dibattito pubblico degli ultimi giorni. Lo split payment non presenta profili di incostituzionalità ed è anzi stato autorizzato dalle istituzioni comunitarie, per consentire di recuperare il gettito di un'imposta caratterizzata da elevati livelli di evasione, anche in ossequio al dettato costituzionale. L'intervento, poi, sulla rottamazione delle cartelle prevede un termine più ampio per effettuare il pagamento delle somme dovute a seguito della definizione agevolata ed evita di penalizzare, con la pesante sanzione dell'inefficacia della stessa, i debitori incorsi in errori ovvero non in grado di versare le rate alle relative scadenze, per temporanea mancanza di liquidità; inoltre, la riapertura della facoltà di aderire alla rottamazione consente ad altre aziende, ad altri contribuenti di accedere alla possibilità fondamentale di chiudere le pendenze con il fisco e con la previdenza, che sono spesso dovute agli effetti della crisi economica degli ultimi dieci anni; un peso che rende molto difficile una piena ripresa dell'attività economica. Questi obiettivi che ho brevemente sintetizzato sono tutti, assolutamente, urgenti e per tali ragioni il mio gruppo, il gruppo del Partito Democratico voterà contro le pregiudiziali che sono state presentate (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Rizzetto. Ne ha facoltà. Questo è l'ultimo intervento tra quelli che ho segnati qui. Quindi, invito i colleghi a prendere posto.
WALTER RIZZETTO. Presidente, siamo, ancora una volta, innanzi a quello che, di fatto, si può interpretare come un qualcosa che va oltre alla nostra Carta costituzionale, poiché - come già ascoltato in qualche intervento precedente, io vado evidentemente a sottolinearlo e voteremo evidentemente a favore delle questioni pregiudiziali - questo, ovvero il decreto fiscale, è un altro testo incostituzionale, tecnicamente incostituzionale, ma, oserei dire, anche politicamente incostituzionale. L'incostituzionalità del decreto, lo dice la nostra Carta costituzionale, sta nel fatto che c'è ancora una volta una cosiddetta disomogeneità del testo ovvero questo provvedimento non rispetta i cosiddetti vincoli di omogeneità e neanche d'urgenza, se posso permettermi, tant'è vero che questo non è un decreto, ma è un collegato alla legge di stabilità; il Governo, non avendo il coraggio di mettere dentro questa roba qui in legge di stabilità, si fa un provvedimento tra la maggioranza e l'Esecutivo e, addirittura, mette la fiducia, qui, alla Camera dei deputati. Abbiamo detto e ricordato che si tratta di un testo cosiddetto omnibus e, tra l'altro, la maggior parte delle questioni che sono qui dentro contenute non ha, ovviamente, nulla a che vedere rispetto al tema fiscale.
E questo è un problema; state facendo un'altra cosa, ci state mettendo delle altre cose rispetto ad un testo che parla di decreto-legge fiscale. Le ricordo: condono Equitalia; terremoto; estensione dello split payment; cessione di Alitalia; riforma della golden power; aeroporto di Trapani; Croce Rossa; infrastrutture sul Po: mi spiega quale è la ratio di inserire questo tipo di provvedimenti in pancia ad un decreto-legge fiscale? Non c'è e, quindi, stabilite norme incostituzionali. Ricordo tra l'altro che l'esame al Senato ha apportato modifiche su venti articoli che sono passati a sessantacinque. Quindi, ci avete messo dentro probabilmente quello che poco tecnicamente si chiama “marchetta”: lo avete fatto per l'ennesima volta. Vi è abuso, quindi, della decretazione d'urgenza, come prima ricordato, e inoltre un aspetto di fatto incostituzionale è il tipo di passaggio: il decreto-legge è stato esaminato soltanto da un ramo del Parlamento, ovvero il Senato, e qui invece arriva blindato e porrete pure la questione di fiducia. Quindi qui non ci sarà discussione su quanto i parlamentari potrebbero inserire in termini emendativi in questo passaggio e in questo provvedimento. Ricordo, Presidente e Governo, che fortunatamente la pessima riforma Boschi-Renzi non è passata e siamo ancora in un perfetto regime di bicameralismo che state ulteriormente svilendo. Probabilmente sarà una delle ultime volte, anzi mi auguro che sarà una delle ultime volte. Abbiamo prima detto che è un provvedimento che di fatto anticipa il pessimo disegno di legge di bilancio che state per partorire da 20 miliardi per cui ci saranno quasi 16 miliardi per la sola sterilizzazione dell'aumento dell'IVA e, dopo, le briciole per tutto il resto. Ma per i pochi cittadini (o tanti non lo so), Presidente, che ci stanno ascoltando in questo momento, ricordo soltanto due passaggi. Nel provvedimento l'articolo 12 posticipa di fatto l'intervento dello Stato nella gestione Alitalia attraverso una procedura di amministrazione straordinaria e, quindi, c'è una violazione palese dell'articolo 41 della Costituzione che sancisce la libertà economica delle aziende private che state travalicando. All'articolo 8 si riduce di fatto ancora e per l'ennesima volta - è scandaloso - il numero di richieste per l'accesso dell'ottava salvaguardia. Non state facendo nulla per le pensioni: con un tavolo con i sindacati state facendo finta di cercare di partorire qualcosa ma probabilmente i cittadini sanno che qui l'ottava salvaguardia viene di fatto ancor più depennata. Concludo, Presidente, su quello che, all'interno del provvedimento, di fatto è la rottamazione-bis che è una sorta di ennesimo condono: un condono rispetto ad una situazione creata dallo stesso Esecutivo, dallo stesso Governo che ha sbagliato completamente tutte le previsioni in termini di rottamazione e di voluntary disclosure. Quindi, Presidente, siamo fermamente convinti che il passaggio vada fermato subito e voteremo a favore di tutte le questioni pregiudiziali.
PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulle questioni pregiudiziali.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulle questione pregiudiziali Sorial ed altri n. 1; Paglia ed altri n. 2; Busin ed altri n. 3 e Brunetta ed altri n. 4.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 1).
Seguito della discussione della proposta di legge: Molteni ed altri: Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inapplicabilità e di svolgimento del giudizio abbreviato, nonché modifica all'articolo 69 del codice penale, in materia di concorso di circostanze aggravanti e attenuanti (A.C. 4376-A) (ore 16,05).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge n. 4376-A: Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inapplicabilità e di svolgimento del giudizio abbreviato, nonché modifica all'articolo 69 del codice penale, in materia di concorso di circostanze aggravanti e attenuanti.
Ricordo che nella seduta del 27 novembre si è conclusa la discussione sulle linee generali.
(Esame degli articoli - A.C. 4376-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli della proposta di legge, nel testo della Commissione, e delle proposte emendative presentate (Vedi l'allegato A).
La I Commissione (Affari costituzionali) e la V Commissione (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A), che sono in distribuzione.
Avverto che fuori dalla seduta l'emendamento 1.50 Sisto è stato ritirato dal presentatore.
(Esame dell'articolo 1 - A.C. 4376-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).
Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione. Onorevole Molteni, prego.
Intanto salutiamo studenti e insegnanti dell'Istituto Tecnico “Pier Luigi Nervi” di Barletta che assistono ai nostri lavori dalla tribuna (Applausi). Orsù dunque, onorevole Molteni…va bene, onorevole Giuliani…
FABRIZIA GIULIANI, Relatrice. Manca la presidente…
PRESIDENTE. Intanto basta che ci sia qualcuno per esprimere i pareri, poi il presidente con calma riusciamo a scusarlo. Prego.
NICOLA MOLTENI, Relatore. La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli identici emendamenti 1.1 Daniele Farina e 1.2 Sannicandro;
PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento 1.50 Sisto è stato ritirato prima dell'inizio della seduta.
NICOLA MOLTENI, Relatore. La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti 1.53 Sisto; 1.54 Sisto; 1.55 Sisto…
PRESIDENTE. Se i pareri sono tutti invito al ritiro o parere contrario, ce lo dica.
NICOLA MOLTENI, Relatore. La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti 1.58 Ferraresi; 1.56 Sarti; 1.57 Sarti e 1.51 Galgano.
PRESIDENTE. Il Governo?
GENNARO MIGLIORE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Grazie, signor Presidente, il parere è conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli identici emendamenti 1.1 Daniele Farina e 1.2 Sannicandro. Se non vi sono interventi, li pongo in votazione… la votazione è aperta…. ah no, ecco, allora chiedo scusa… revoco l'indizione della votazione. Però è inevitabile che prima o poi, dopo l'espressione dei pareri, si cominci. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Daniele Farina. Ne ha facoltà.
DANIELE FARINA. Presidente, avevamo già rilevato in Commissione che il provvedimento registra una certa fretta. Abbiamo presentato una serie di emendamenti prevalentemente di carattere soppressivo che vogliono segnalare la perplessità intorno al provvedimento. È un provvedimento delicato, che va oltre gli aspetti procedurali e che modifica e chiama in causa un'idea generale della giustizia nel nostro Paese.
Viene risposto alle nostre perplessità che in fondo non si fa altro che tornare a prima del 1986, sostanzialmente alla legge cosiddetta Gozzini. Credo che questo non sia un elemento irrilevante: qui abbiamo in gioco interessi e sentimenti molto importanti, e abbiamo in campo politiche penali e i loro effetti sul sistema carcerario, i reati, la loro frequenza, eccetera; abbiamo il dolore delle vittime, e abbiamo questioni di natura costituzionale, perché qui noi parliamo sostanzialmente di non applicare il giudizio abbreviato ai reati che prevedono la pena dell'ergastolo. Incidentalmente abbiamo osservato che la pena prevista comunque sono i trent'anni di reclusione, ma capiamo che alcune sentenze che ogni tanto vengono in base a questa procedura, in base a questo rito emanate dai nostri tribunali lasciano a volte perplessi; soprattutto lasciano perplessi coloro che hanno avuto un danno irrimediabile, trattandosi di questi reati, un dolore straordinario, destinato a durare.
Tuttavia, il convitato di pietra di questa norma, di questo progetto di legge, ciò che non si dice è proprio l'ergastolo. Più volte nelle scorse legislature ci si è interrogati, ed esiste una letteratura importante, sulla costituzionalità della pena dell'ergastolo, ovvero se esso risponda o meno alle finalità che l'articolo 27 della Costituzione attribuisce alla pena. Esiste, dicevo, una importante letteratura, esistono anche sentenze di carattere europeo, seppur non vincolanti, che mettono in discussione la costituzionalità, per quello che riguarda anche il nostro Paese, dell'istituto dell'ergastolo.
Ricordo, peraltro, che questa è una pena straordinariamente diffusa. In Italia nel 1992 gli ergastolani, le persone in carne ed ossa sottoposte alla pena dell'ergastolo erano 500; oggi ne contiamo 1.500, con una caratteristica particolare perché mille di queste condanne sono di ergastolo così detto ostativo, che è una particolarità della Repubblica: non esiste nessun altro Paese europeo che abbia l'istituto dell'ergastolo ostativo.
Allora io sono convinto che se citassi Papa Francesco, con la sua definizione dell'ergastolo come pena capitale nascosta, cosa che ha portato nello Stato della Città del Vaticano all'abolizione dell'ergastolo e ad una pena massima di 34 anni, verrei ovviamente citato e apostrofato come al solito di buonismo. Ma io non penso di essere buono; mi chiedo: l'abbiamo detta fino in fondo la contropartita di questa proposta che esaminiamo? Perché a me pare tanto uno scambio tra altezza della pena e durata dei processi; cioè noi in questo modo aumenteremo le pene comminate, ma prolungheremo i processi, e dunque la giusta esigenza - scusate il gioco di parole - di giustizia per anni, perché questo produce l'applicazione, e la non applicazione del giudizio abbreviato. Allora io credo che le cose vanno dette fino in fondo, perché altrimenti abbiamo una visione incompleta; ma ne discuteremo con molta tranquillità, perché, ripeto, il provvedimento è molto delicato e le questioni mi sembrano molto dense (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sannicandro. Ne ha facoltà.
ARCANGELO SANNICANDRO. Noi siamo due gruppi separati. Non lo sa?
PRESIDENTE. Ah no, giusto! Ero rimasto ingannato dalla stessa fila.
Ha chiesto allora di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sannicandro. Ne ha facoltà.
ARCANGELO SANNICANDRO. Al fine di consentirci di procedere con cognizione di causa, voglio leggere l'articolo 438 del codice di procedura penale che, con questa proposta di legge della Lega, insieme al Partito Democratico, si vuole modificare. Questo articolo dice: “L'imputato può chiedere che il processo sia definito all'udienza preliminare allo stato degli atti (…). La richiesta può essere proposta”, e via discorrendo. Allo stato degli atti: in questo caso, qualora il processo fosse definito allo stato degli atti, si potrebbero avere due esiti, un esito positivo e un esito negativo. Ora, non si comprende quale sarebbe la ragione per la quale ad alcuni imputati, sia pure di gravissimi reati, in questo caso dei reati punibili con la sanzione dell'ergastolo, si dovrebbe impedire di poter accedere al giudizio abbreviato: cioè, se qualcuno si rende conto che l'impostazione accusatoria del pubblico ministero è del tutto infondata, può tranquillamente dire “io voglio essere giudicato allo stato degli atti”.
Oppure, viceversa, se ritiene che sia proprio responsabile, è inutile cercare di raggiungere la prescrizione, qualcuno si può arrendere e dire: io voglio essere giudicato perché ho uno sconto di pena. Come è stato ricordato dal collega che mi ha preceduto, nel caso della pena dell'ergastolo l'effetto è la tramutazione nella non lieve pena di trent'anni di carcere.
Ora, è evidente che, se non si consentisse agli imputati di questi reati di procedere ad un giudizio abbreviato, entrerebbero nel grande magma delle milioni di cause pendenti nel nostro ordinamento, ingolfando ulteriormente i tribunali e consentendo a tanti altri di poter raggiungere velocemente anche la prescrizione; cioè, non avrebbe né effetto deflattivo, né avrebbe effetto del raggiungimento di una giustizia certa, di una pena certa, come talvolta si sente dire, no? Ci vuole una pena sicura: così la pena noi la allontaniamo, perché appunto noi diciamo a chi vorrebbe essere condannato “tu non devi essere condannato, devi continuare a battagliare nelle aule di giustizia”. Questo è lo scopo!
Non parlo dell'ergastolo, per il quale già sono state espresse parole convincenti, proprio per non ripeterci data la limitatezza dei tempi. Ma c'è un altro aspetto: con questa legge del PD-Lega, si vuole arrivare ad uno scopo. La finalità qual è? Quella di smantellare una parte del codice penale attuale, che prevede appunto dei riti alternativi. Tant'è vero che giacciono in Parlamento altre proposte di legge, perché lo stesso divieto di accedere al giudizio abbreviato sia stabilito per altri tipi di reati. Non solo: i colleghi del MoVimento 5 Stelle, che certamente su questo non intendono mai farsi scavalcare né dal PD né tantomeno dalla Lega, voteranno certamente favorevolmente alla proposta della Lega, ma già negli emendamenti si può vedere dove possiamo arrivare. Infatti, loro hanno presentato un emendamento con il quale propongono di estendere questo divieto a ben altre quindici imputazioni: ai reati di cui all'articolo 51, comma 3-bis, comma 3-quater, nonché ai reati del 414-bis, 600, 600-bis, 600-ter, 600-quater, 600-quater.1, 600-quinquies, 602, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 609-undecies. Chiaro? Questa è la porta che la Lega, che va avanti, apre, e dietro la Lega poi si inseriscono tutti gli altri.
Ecco, voi capite che - ha detto un collega - è la politica dei bonus e delle mance anche in materia penale. Fra poco parleremo di mance nel decreto fiscale e nel bilancio: noi abbiamo il bonus in materia penale. Questa è la logica: si scardinano istituti fondamentali, strutture del nostro ordinamento penale con delle mance, perché bisogna accontentare talvolta le vittime di questo, talvolta le vittime di quest'altro, e via discorrendo; con uno sguardo non a quello che dovrà essere il nostro ordinamento, ma con lo sguardo come sempre alla campagna elettorale.
Oggi più che mai questo è evidente ed è sotto gli occhi di tutti. Per questo motivo, noi abbiamo proposto emendamenti soppressivi, perché questa non è materia che si può discutere e affrontare con la logica dei bonus e delle mance, perché è una vera vergogna (Applausidei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista)!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fedriga. Ne ha facoltà.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Grazie, Presidente. Guardi, io non sapevo se intervenire nel dibattito, durante la discussione di questo emendamento, però - lo dico a lei, ovviamente, perché tutti i colleghi ascoltino - ritengo immorale e inaccettabile che uno venda questo provvedimento come favore elettorale alle vittime di violenza, quando stiamo parlando di persone che hanno perso i loro familiari, uccisi, massacrati, torturati ingiustamente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini)!
Ci sono posizioni politiche diverse, ci sono visioni diverse, è inaccettabile che vengano umiliate in quest'Aula persone che hanno visto la sofferenza nei loro occhi, che hanno visto ucciso un proprio caro, semplicemente per tenere una posizione politica oggettivamente insostenibile.
Io non voglio entrare nel dibattito tra avvocati, dicendo quando si può chiedere o meno il rito abbreviato, noi però oggi abbiamo incontrato queste persone, ci hanno raccontato le loro storie e quando sentiamo quella sofferenza, che viene umiliata perché si vede, magari, il delinquente che ha ammazzato il proprio figlio, la propria madre, il proprio genitore, il proprio parente, circolare liberamente, magari nello stesso territorio, come se nulla fosse, ebbene, sarebbe indecente che questo Parlamento non intervenisse.
Noi abbiamo lavorato molto per questa proposta di legge, abbiamo dato alla luce una prima proposta, sempre a firma dell'onorevole Molteni, poi di fatto insabbiata al Senato. Questo è il secondo tentativo e non vogliamo farcelo scappare. Avremmo voluto mettere più reati, allargare la platea, sicuramente sì, però noi vogliamo arrivare almeno a quell'obiettivo, che è stato il minimo comune denominatore, che può vedere un'ampia maggioranza in questo Parlamento. E, veramente, invito i colleghi a intervenire nel merito, ci sta tutto, l'Aula serve a questo, a dibattere. Però, chiedo anche al collega Sannicandro che ci sia un limite, un limite entro il quale non si può andare, nel rispetto di queste persone, perché noi siamo qui a rappresentarle e non si possono umiliare in quest'Aula, perché altrimenti, sì, questo Parlamento perde qualsiasi dignità (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà (Commenti del deputato Bianconi). Scusate, io ho segnato l'onorevole Sisto e poi ho visto l'onorevole Bianconi e l'ho segnato, non è questione di scambio di cortesia, è che la Presidenza registra gli interventi e dà la parola, poi se volete farlo voi, i presidenti, lo fate quando verrà il momento (Commenti del deputato Bianconi). Onorevole Bianconi, per cortesia, stia buono...
FRANCESCO PAOLO SISTO. Se posso cedere al collega Bianconi la parola prima...
PRESIDENTE. Se crede, questa è una sua scelta. Onorevole Bianconi, prego.
MAURIZIO BIANCONI. Grazie, Presidente. Vedo che ancora posso parlare, è rimasto poco ormai. Io vorrei, Presidente, sfatare due o tre novelle: una l'ha detta un collega che stimo, cioè l'onorevole Sannicandro: non è se si abolisce il rito abbreviato per gli omicidi che si ottiene un effetto deflattivo, perché gli omicidi non sono decine di migliaia; l'effetto deflattivo si ottiene, per esempio, eliminando dal panorama penale tutti i reati perseguibili a querela. Lo sa che pulizia si farebbe in due minuti? Ma quello non lo fa nessuno perché ci sono gli interessi, sì, questi, elettorali, che tengono i reati a querela ancora dentro il sistema penale.
Secondo punto: con l'abbreviato, l'ergastolo diventa trent'anni; trent'anni con la metà di pena sono quindici anni, così uno che ha fatto quello che diceva l'onorevole Fedriga, ragionevolmente, dopo quattordici anni è fuori di galera. Questa è una cosa che non si può vedere: l'ergastolo diventa trent'anni e da trent'anni si va a quindici.
Poi lei sa che, una volta comminato l'ergastolo, l'ergastolo in pratica non esiste più, fanno tutti trent'anni: ecco, almeno lasciamogli fare trent'anni. Quindi, sotto il profilo della pena mi sembra che la legge che si discute oggi sia una legge ragionevole.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PAOLO SISTO. Grazie, Presidente. Noi concordiamo in pieno con le osservazioni di carattere sociale, etico, l'esigenza di retribuire i fatti di reato con una pena giusta, anche con una pena certa.
PRESIDENTE. Mi perdoni, onorevole Sisto. Colleghe, per favore, sta parlando un vostro collega di gruppo, per favore, lo mettiamo nelle condizioni di poter intervenire in tranquillità? Prego.
FRANCESCO PAOLO SISTO. Grazie, Presidente. L'emotività, nel senso migliore del termine, l'emozione che comporta ogni crimine di questo genere, ovviamente, non ha pari e non c'è sanzione che possa, in qualche modo, colmare quello che si crea di seguito a questi crimini. Ma il perseguimento dei fini che il processo impone rispetto anche ai temi costituzionali ci dà la certezza che, benché la ragione, il movente sia assolutamente corretto, il metodo processuale perseguito da questo provvedimento possa non essere quello giusto o non possa essere esattamente quello giusto - per questo Forza Italia si asterrà su questo emendamento - perché vi sono delle perplessità di carattere costituzionale che io rappresento, in ordine al rispetto dell'articolo 3 e dell'articolo 24 della Costituzione, che possono comportare, sotto la giusta spinta di una emotività all'interno del processo, una sorta di effetto domino in ordine alla violazione di certi cardini, che non sappiamo, poi, dove ci può portare. Cioè, tutte le volte che in questo Paese si sono assunti dei provvedimenti a matrice penalistica sulla scorta di spinte eccessivamente emotive, ma che non hanno avuto sufficiente riflessione ed eco nel processo, noi non abbiamo mai creato norme durature.
Questo si è verificato soprattutto nella legislazione dell'emergenza, allorquando determinati fenomeni hanno provocato delle deroghe. Allora, è chiaro che c'è l'esigenza di una pena più certa, c'è l'esigenza di una pena più determinata, ma noi riteniamo che elidere la possibilità del giudizio abbreviato per determinati reati non solo non sia lo strumento idoneo, ma soprattutto non tenga conto - e lo dico con molto rispetto delle idee di chiunque - del disposto dell'articolo 442 del codice vigente. Perché, in caso di condanna, è vero che alla pena dell'ergastolo è sostituita quella della reclusione di anni trenta, ma alla pena dell'ergastolo con isolamento diurno, nei casi di concorso e di reato continuato, è sostituita quella dell'ergastolo; cioè, già c'è nel nostro sistema la possibilità che, nonostante il giudizio abbreviato, si vada incontro alla pena dell'ergastolo. E allora attenzione a non sovrapporre i difetti di applicazione, da parte di chi è tenuto a commisurare al fatto una pena giusta, a delle carenze normative. Io non sono un appassionato del giudice che non possa decidere, io sono un appassionato del giudice che abbia la possibilità di decidere in modo giusto e che si assuma la responsabilità del suo giudizio. E non si può delegare alla norma quello che, invece, è proprio del corretto rapporto fra chi giudica e chi deve subire la giusta pena.
Quindi, le esigenze sono tutte condivisibili, è giusto che sia così, ma chiediamoci: è proprio questo lo strumento più equilibrato per raggiungere l'obiettivo di una pena giusta? Noi riteniamo - e ci asterremo - che si possa e si debba riflettere meglio, tant'è che suggeriremo alcuni correttivi alla scelta di questo provvedimento, al fine proprio di equilibrare il rapporto che c'è fra un crimine grave, una pena certa e un giudice che si assuma la responsabilità di una pena che sia commisurata al fatto. Allora, il giudizio che noi esprimiamo è di astensione e di partecipazione a quello che è lo spirito della norma, ma di dire prudenza rispetto a quello che è il rimedio. Riteniamo che si corra il rischio e si possa correre seriamente il rischio di una norma non conforme ai principi costituzionali, per cui credo che la cautela rispetto a questa scelta - ripeto, ferma restando l'ampia, piena, puntuale e totale condivisione - debba essere l'unica soluzione al momento possibile.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Saltamartini. Ne ha facoltà.
BARBARA SALTAMARTINI. Grazie, Presidente. Io voterò convintamente, secondo le indicazioni del relatore, “no” a questi due emendamenti identici. Lo faccio anche perché, a differenza, per suo tramite, dell'onorevole Sisto, purtroppo, quando di fronte a noi si hanno casi per cui il giudice, di fronte a un efferato delitto, quale un omicidio, magari, a seguito di futili motivi, ha pensato di poter dare e riconoscere al colpevole non la pena dell'ergastolo, come invece è previsto dal nostro codice, ma magari soltanto quattordici anni, credo che forse serva una norma che chiarisca senza equivoci e senza dare libertà di giudizio, quanto mai strano in alcuni casi, perché, a parità di crimini, a volte, si decide in un modo o nell'altro.
Almeno così con questa norma non sarà più possibile, per esempio, che la famiglia di una vittima, che è stata privata della vita per futili motivi, possa vedere quel colpevole, magari, farsi soltanto quattordici anni e girare come se nulla fosse, perché quel giudice ha riconosciuto che in quel caso, malgrado ci fossero tutti i presupposti previsti dalla legge, l'ergastolo non occorreva darlo. Forse, sarebbe bene chiarire questo, perché solo in questo senso si chiarisce chi veramente vuole certezza della pena ed è dalla parte delle vittime innanzitutto e non da altra (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).
DONATELLA FERRANTI, Presidente della II Commissione. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
DONATELLA FERRANTI, Presidente della II Commissione. Grazie, Presidente. Soltanto per fare entrare, intanto, nel dibattito dell'Aula alcuni principi che credo siano importanti. Questa scelta di non concedere il rito abbreviato, che è un rito che si fa in camera di consiglio con un giudice singolo, con cui lo Stato dà uno sconto di pena secco, valutato, poi, per i reati puniti in astratto con l'ergastolo, come diceva prima il collega Sisto, con riferimento o all'eliminazione dell'ergastolo con isolamento diurno oppure fino a trent'anni, in realtà è una scelta che il codice del 1989, il codice Vassalli, già aveva fatto e che ha già superato il vaglio di costituzionalità: c'è una sentenza della Corte costituzionale nel 1991. Perché la scelta dello Stato di non fare il processo nelle forme che sono piene e garantite di fronte al giudice naturale che, in questo caso, è la Corte d'assise, è una scelta di politica criminale che lo Stato può fare, che ha fatto nel 1989 e che ha abbandonato, poi, successivamente, quando introdusse la possibilità di fare l'abbreviato anche in questi casi. Invece, già dalla scorsa legislatura, ci sono state due approvazioni da parte dei due rami del Parlamento - sempre la Camera nella scorsa legislatura, ma anche il Senato - e questa volta, già una volta, dal ramo di questa Camera. Oggi ritorna in Aula: evidentemente c'è una rivalutazione non sull'entità della pena, ma sul fatto che per certi reati gravissimi, efferati lo Stato deve consentire di fare il processo di fronte al giudice naturale, che è la Corte d'Assise, e non un giudice monocratico, togato soltanto, e con le piene garanzie per l'imputato e la possibilità anche per le persone offese, le vittime, di partecipare a quell'accertamento della verità.
PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 16,35)
DONATELLA FERRANTI, Presidente della II Commissione. Quindi qui, quando si fa un discorso che fa riferimento alla pena dell'ergastolo è un discorso fuorviante, perché qui non si vuole l'applicazione della pena dell'ergastolo tout court.
Qui si vuole che per certi reati per cui la legge prevede la pena in astratto dell'ergastolo - e parliamo di stragi, di femminicidi efferati, di altri gravi atti che riguardano il terrorismo e anche altri atti efferatissimi - si celebri il processo, si accertino le responsabilità e ci sia la pena congrua, proporzionata alla gravità del fatto. Questo è il discorso per cui si ritorna oggi, su un ripensamento che c'è stato qualche anno fa, nel 2006, con la “legge Carotti” e oggi, a distanza di tempo, quando tanti istituti sono stati rivisitati, si dice che il giudizio abbreviato non è idoneo a dare quelle risposte di giustizia e di diritto-dovere dello Stato nella pretesa punitiva, ma anche delle vittime di ricevere giustizia, che è proprio compito della politica criminale. Quindi, non abdichiamo al nostro compito, a quello della politica, poi i giudici applicheranno la legge (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Marotta. Ne ha facoltà.
ANTONIO MAROTTA. Grazie, Presidente. Io volevo solamente intervenire per cercare di fare chiarezza su quello che ho sentito. Questo provvedimento, che attiene ad un aspetto molto limitato di intervento e che riguarda tutto il quadro delle pene dei riti alternativi rispetto al rito ordinario normale, è previsto solamente in alcuni casi. Diciamo che questa scelta viene fatta per due ordini di motivi: in primo luogo, perché si tratta di reati di particolare allarme sociale e, quindi, c'è anche il problema di far capire all'opinione pubblica che il sistema, il legislatore, lo Stato è pronto anche a rivedere alcune situazioni che sono presenti nel codice per tranquillizzare l'opinione pubblica.
Ma il fatto importante è un altro: che nella scelta della non possibilità di fare il rito alternativo, il rito abbreviato, c'è la garanzia di veder sottoposto l'autore di questi tipi di reati ad un vero e proprio processo che si svolge davanti al giudice naturale che, nella maggior parte dei casi, è la Corte d'assise, mentre prima era affidato ad un giudice singolo, con tutte le deficienze che poteva portare una decisione affidata ad un singolo giudice.
Ma il problema di fondo che ci riguarda, anche in questo caso, è la schizofrenia del legislatore, che, fin quando non c'è la sentenza passata in giudicato cerca di mettere l'indagato, l'imputato in condizione di privazione della libertà; nel momento in cui, poi, c'è finalmente la sentenza, il giudicato finale, la sentenza passata in giudicato, ha tutta una serie di iniziative legislative, processuali, di istituti che cercano di mettere fuori l'imputato condannato. Quindi, quello che diceva il mio amico Bianconi è esatto, però bisogna intervenire nel momento dell'espiazione della pena; bisogna togliere le misure alternative all'espiazione della pena, perché se si può uscire dopo aver fatto metà della pena, il problema è quello: eventualmente di far espiare tutta la pena. Non è il problema del rito abbreviato o non del rito abbreviato, perché venticinque anni, trent'anni, venti anni sono tanti: è chiaro che di fronte alla possibilità di un intervento, di un istituto che ti consente di acquistare la libertà, avendo espiato solo metà della pena, il problema si pone. Lo ripeto, questo è un problema a monte, che peraltro io condivido, però il problema che ci riguarda ora è altro: è quello esclusivamente di mantenere un tipo di percorso processuale nel caso in cui ci troviamo di fronde a reati veramente di grande allarme sociale posti in essere chiaramente da soggetti di grande spessore delinquenziale.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Molteni. Ne ha facoltà.
NICOLA MOLTENI. Grazie, Presidente. Questi emendamenti, i due emendamenti soppressivi, rappresentano un po' il cuore di questo provvedimento: se approvati, la legge decade. Io ringrazio il collega Sisto, che ha opportunamente ritirato l'emendamento soppressivo. Mi auguro che le argomentazioni con le quali il collega Sisto è intervenuto, annunciando il voto di astensione da parte di Forza Italia, siano dalle dichiarazioni a titolo personale, perché non posso accettare - e credo che sia incomprensibile - che un partito come Forza Italia, che ha votato con noi per ben due volte questa legge, una nella precedente legislatura e una due anni fa, il 29 luglio 2015, non dia il suo assenso condiviso, responsabile e serio sull'approvazione di questa legge, Presidente, soprattutto per la condivisione su alcune battaglie comuni, ad esempio sul reato di stalking, che abbiamo fatto in quest'Aula, quando abbiamo introdotto il 612-bis e che stiamo facendo sulle condotte riparatorie. Non concedere l'abbreviato - e vado a concludere - e quindi evitare, impedire lo sconto di pena per reati gravissimi, per reati di sangue, per reati di gravissimo allarme sociale, tra cui l'omicidio aggravato in occasione di altri reati, come maltrattamenti in famiglia, la prostituzione minorile, gli atti sessuali con minorenni…
PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole.
NICOLA MOLTENI. … la violenza sessuale di gruppo, l'omicidio a conseguenza dello stalking, credo che sia un atto di grande buon senso e di grande responsabilità e mi auguro, pertanto, che Forza Italia convintamente voti contro gli emendamenti soppressivi presentati dalla sinistra (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 16,40)
PRESIDENTE. Non avendo altri iscritti a parlare, poniamo in votazione gli emendamenti identici 1.1 Daniele Farina e 1.2 Sannicandro. Non si accetta l'invito al ritiro, quindi il parere di Commissione e Governo si intende essere contrario. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli emendamenti identici 1.1 Daniele Farina e 1.2 Sannicandro, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Intanto salutiamo studenti e insegnanti dell'Istituto di istruzione superiore “Arturo Checchi” di Fucecchio, in provincia di Firenze, che assistono ai nostri lavori dalla tribuna (Applausi).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 2).
Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.53 Sisto. C'è un invito al ritiro. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.
Colleghi, fermo restando che gli emendamenti sono questi e difficilmente cambieranno, a meno che uno non li ritiri, chi è interessato a intervenire, cortesemente, se me lo dice prima che li metta in votazione, mi fa una grossa cortesia. Grazie. Prego.
FRANCESCO PAOLO SISTO. Grazie, Presidente. Il coraggio delle proprie idee è una delle caratteristiche che deve contraddistinguere la correttezza del dibattito parlamentare. Ora, io non posso non essere d'accordo con l'onda - ripeto - emotiva che l'intervento del collega Molteni richiama, perché è evidente che nessuno può non essere d'accordo con la necessità di stigmatizzare pesantemente condotte gravissime; è troppo facile pensare di non discutere tecnicamente dello strumento, approfittando della causa. Chi non è d'accordo con quello che è stato riferito, direi con giusta enfasi, da Nicola Molteni? Nessuno può non essere d'accordo, ma il diritto - e dico una cosa che Nicola Molteni conosce molto bene, Presidente, mi rivolgo a lei - non è semplicemente una traduzione a qualsiasi costo, di qualsiasi esigenza, è il rispetto di una sistematica normativa.
Mi ha stupito molto, Presidente, l'intervento del collega Marotta, che ha un'idea del diritto penale come qualcosa che deve far capire alla pubblica opinione come si comporta un Parlamento. Guai – guai! - se noi pensassimo che il diritto penale ha una funzione informativa del livello del Parlamento. Mi hanno insegnato - e un po' l'ho anche studiato - che il diritto penale ha ben altra genesi, ha una genesi addirittura pre-costituzionale, poi tradotta nei principi della Costituzione, ha una genesi di civiltà che prescinde dalle opinioni politiche e io sono d'accordo con quello che dice il presidente Fedriga: non è certamente questo un provvedimento per creare consensi, non lo è. Ma, viva Dio, si potrà sostenere che tecnicamente c'è una soluzione che non raggiunge l'obiettivo che si vuole pur correttamente raggiungere?
Quando ho ascoltato che in questo modo si bypasserebbe il giudice naturale, che è la corte d'assise, ricorderò che nella seconda parte del provvedimento - e noi siamo d'accordo con questa seconda parte - l'abbreviato per questi reati si celebra non più davanti al giudice monocratico, ma davanti alla corte d'assise. Ben venga, questo è giusto, è un rimedio tecnico corretto per dare il giusto peso a reati così gravi, che vanno celebrati non davanti al monocratico, ma davanti alla corte d'assise. Ma questo è già scritto in questo provvedimento. Quindi, sostanzialmente, l'equilibrio normativo viene perseguito mediante, in questo caso, strumenti giusti.
Ancora una volta, ho preso atto con una qualche perplessità sulla scelta di - come posso dire - caricare sulla fase esecutiva i problemi di certezza della pena, perché questo rafforza il convincimento che non è la norma, ma è l'applicazione della norma, il problema. Ogni qualvolta il Parlamento - e lo ribadisco, Presidente - cerca di rimuovere problemi applicativi mediante norme che non consentano applicazioni, noi sbagliamo, perché il ruolo del giudice invece è proprio quello di avere dei margini, dei paletti, dei minimi e dei massimi, un ambito di discrezionalità, che consenta al giudice di applicare correttamente la sanzione.
Allora, Presidente, in questo emendamento noi suggeriamo un correttivo, un correttivo di matrice anamnestica, di meritevolezza per la condotta di vita. Ce ne sono altri, anche l'1.54 e l'1.55, redatti insieme al collega Sarro. Che cosa proponiamo? Noi proponiamo di escludere da questa esclusione dall'abbreviato i soggetti che risultino immuni da precedenti condanne per delitti, cioè che questa esclusione non possa riguardare coloro che non hanno mai commesso delitti, che non possa riguardare coloro che abbiano avuto condanne non superiori a due anni, coloro che non abbiano avuto condanne superiori ai tre anni. Quindi, da questo punto di vista, se c'è una meritevolezza, andiamola a recuperare nella condotta di vita di ciascuno. Ecco perché, su questi emendamenti, che in qualche modo recuperano in questo ambito la partecipazione del soggetto con la sua condotta di vita, la meritevolezza o meno di un rito che possa portare comunque sempre all'ergastolo, credo che Forza Italia sia in linea con la sua storia e col suo DNA e con il rispetto dei principi costituzionali.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fedriga. Ne ha facoltà.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Grazie, Presidente. A me sorprende anche questo emendamento dei colleghi di Forza Italia; mi sorprende per più ragioni. La prima è che, come ha ricordato il collega Molteni, non capisco perché tecnicamente questo provvedimento andava bene per ben due volte, visto che per ben due volte è stato votato da Forza Italia, e oggi non va più bene.
Mi sorprende, per la seconda ragione, perché, se passasse questo emendamento, diremmo che, se uno si macchia del reato di stalking e poi ammazza la vittima, se lo fa solo una volta, va bene, dai, pacca sulla spalla, puoi accedere al rito abbreviato; visto che lo fa solo una volta, è persona ligia perché non l'ha fatto più volte.
Come possiamo far passare un concetto di questo tipo? Come possiamo far passare un principio nel quale gli stessi colleghi di Forza Italia, assolutamente allineati con noi, cercavano anzi di mettere dei paletti più stretti nella discrezionalità della magistratura, per dare delle sentenze più oggettive (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini), e oggi il collega Sisto motiva che bisogna tenere i paletti larghi, per dare maggiore discrezionalità? Mi domando se questi paletti larghi debbano valere soltanto per reati così gravi e bisogna restringerli per altri tipi di reati.
A questo gioco noi non ci stiamo, quindi richiamiamo alla coerenza i nostri alleati storici, a quella coerenza che ci ha visto, come Lega, sempre in modo coerente, dall'inizio di questa legislatura e anche nella scorsa, votare contro tutti gli sconti di pena, votare contro tutte le misure alternative, perché il rispetto delle vittime si ha anche nel colpire il colpevole e mettere in galera il colpevole, e non lasciarlo libero dopo pochi anni (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Marotta. Ne ha facoltà. Prego i colleghi intorno all'onorevole Marotta di metterlo nelle condizioni di poter intervenire. Onorevole Laffranco, per favore. Onorevole Laffranco, onorevole Laffranco, per favore.
ANTONIO MAROTTA. Grazie, Presidente. La legislazione premiale cosiddetta, per un certo periodo, è servita a risolvere uno dei problemi che, purtroppo, ancora vive nel nostro processo, cioè la lunghezza del processo. E, allora, con i riti alternativi che cosa si è cercato di raggiungere? Si è cercato di mettere su un percorso che consentisse al sistema giustizia di celebrare un processo, invece che in cinque anni, che è la durata media, sei anni, come leggiamo dalle statistiche, in un periodo assolutamente inferiore. E, allora, il legislatore ha concepito i riti alternativi; tra questi, il rito abbreviato, che porta a uno sconto di un terzo della pena, per spingere il soggetto che si trova ad aver posto in essere un delitto a poter usufruire di uno sconto, di uno sconto.
Oggi questa normativa interviene per dire che cosa? E qui interviene anche l'opinione pubblica. Assolutamente inimmaginabile e un'interpretazione banale, se mi è consentito, pensare che il legislatore possa intervenire e iniziare una qualsiasi attività legislativa sotto l'influsso dell'opinione pubblica; sarebbe assurdo e nessuno di noi lo pensa. Però, che cosa succede? Do un premio a quel soggetto perché fa quella scelta che fa durare il processo, invece che cinque anni, un anno, questo è il risultato. Su questo indirizzo l'opinione pubblica interviene eccome, perché può, sotto la spinta di quella che è una sua valutazione, dire sostanzialmente: con il passare del tempo per alcuni tipi di reati guardate che questo premio non deve essere dato. Il legislatore deve tenere conto di quella che è la valutazione che fa l'opinione pubblica e la gente, assolutamente. Una cosa è tenere conto di un premio che è stato dato, una cosa è applicare la legge e mantenersi ai principi costituzionali da rispettare. Quindi, assolutamente, è una falsa interpretazione, se si vuol dire che noi interveniamo in questo caso perché c'è la spinta dell'opinione pubblica.
Ma noi dobbiamo tener conto di un fatto importante: in questo momento, in cui la sicurezza nel nostro sistema democratico ha un momento di crisi, in cui la sicurezza è il primo problema dei cittadini e viene invocata in tutti i momenti e in tutte le situazioni (e qui abbiamo delle realtà intorno a noi che ci parlano chiaro di che significa sicurezza, guardate Ostia), allora, in questo tragitto, in questo cammino, è chiaro che il legislatore, tenendo conto di questa sensibilità dell'opinione pubblica, interviene, come nel caso di specie, sottraendo alla possibilità del rito abbreviato alcuni reati di grande impatto sociale e gravissimi. Questo è quello che io volevo dire prima e questo è quello che ripeto e di cui sono convinto.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sannicandro. Ne ha facoltà.
ARCANGELO SANNICANDRO. Se non sono stato chiaro, mi ripeto, repetita iuvant: credo che nessuno qui abbia inteso le mie parole nel senso che rivelassero una sorta di indifferenza al dolore delle vittime. Qui stiamo parlando di una norma del codice di procedura penale. È previsto un rito alternativo, un rito abbreviato; qualcuno propone che questo rito abbreviato non si applichi ad alcune fattispecie. E non è vero che non lo vuole applicare soltanto alle fattispecie di delitto per cui è previsto l'ergastolo, perché la proposta della Lega era ben altra. La proposta della Lega era - si legge nel testo che avete tutti tra le mani - di prevedere l'esclusione del rito abbreviato per reati per i quali è prevista la pena minima di un anno. Non l'ergastolo, non trent'anni: 280-bis, da uno a cinque anni; un altro reato, da otto a venti anni; un altro reato, da tre a dodici anni; un altro reato, da sei a dodici anni.
Quindi, se vi andate a leggere il testo originario, vi accorgerete come qui si proponeva sostanzialmente di ristrutturare l'istituto del rito abbreviato; perciò ho parlato di mance. Quando parliamo di mance? Quando noi inondiamo l'Italia di miliardi di euro per bonus e non si affronta il problema nella sua natura strutturale. Noi abbiamo questo rito abbreviato; d'altra parte, l'intervento precedente, soprattutto dell'onorevole Marotta, dimostra molto bene che qui vengono in gioco concezioni generali, perché l'onorevole Marotta - lo avete ascoltato, si può condividere o non condividere - ha detto chiaramente: se vogliamo che il volto severo dello Stato si manifesti in tutta la sua lucidità, è necessario intervenire sui benefici che si si realizzano dopo la condanna, cioè in sede di esecuzione penale. In fin dei conti, è come se dicesse: la legge Gozzini la dobbiamo eliminare, lo traduco così. La famosa legge Gozzini che fu introdotta nel nostro ordinamento per un motivo molto semplice, perché le condizioni delle carceri erano invivibili.
Chi ha una certa età - lo dico ai giovani - dovrebbe ricordare che negli anni 1970, 1971 e 1972 in Italia ci fu una rivolta generalizzata all'interno delle carceri. Furono bruciate suppellettili, sequestrati agenti di custodia, distrutti i tetti, buttate giù le tegole, incendiati i solai. Chi ha vissuto quell'epoca… personalmente, tra l'altro, da giovane insegnavo di fronte a un carcere, in una scuola di fronte a un carcere; quindi, ho vissuto tutta quella storia, come anche poi, dopo, con la professione, mi sono trovato a frequentare aule in cui quei detenuti furono tradotti a giudizio incatenati, perché allora si veniva tradotti addirittura nelle stazioni, tu vedevi i detenuti non trasportati con riservatezza, ma, addirittura, legati alle catene, con gli schiavettoni. È chiara la questione? Quindi, qui sono in gioco concezioni generali. Dal collega Farina prima è stato spiegato che noi l'ergastolo, secondo la Costituzione, lo dovremmo addirittura eliminare. Non sono entrato nel merito di questo; sono entrato nel merito di una norma di procedura penale che, se l'approvassimo, aprirebbe la stura a ben altre proposte, che vanno al di là.
E, d'altra parte, il vostro intento non era quello di limitare la non applicazione del rito abbreviato soltanto ai reati puniti con l'ergastolo. L'ho detto, la proposta era ben altra, ve l'ho letta velocemente. Giacciono in Parlamento, in Presidenza, negli uffici, altre proposte di legge che hanno lo stesso scopo, e anche altri colleghi oggi hanno proposto emendamenti in quest'Aula per ridimensionare l'utilizzabilità dell'istituto del rito abbreviato. Quindi, è chiara l'epidemia, il virus di questa concezione che viene inoculato nella società e nella politica.
Quindi, lei ha dimostrato molto bene, tra l'altro facendo finta di non capire le mie parole, che si tratta, appunto, di una norma propagandistica, non per captare il voto delle vittime, perché volete dare all'Italia il senso dell'ordine e della legalità che nasconde il disordine e la illegalità.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Daniele Farina. Ne ha facoltà.
Chiedo ai colleghi intorno all'oratore di permettergli di intervenire. Prego.
DANIELE FARINA. Grazie Presidente. Le mie perplessità, le nostre perplessità, su questo provvedimento che stiamo esaminando, aumentano invece di ridursi, perché alla domanda che io ponevo: ma, questa legge che approviamo avrà un qualche effetto sulla frequenza dei reati? Ovvero, in presenza di queste nuove norme, noi saremo di fronte a una riduzione, per carità, non diciamo a un'eliminazione, ma a una riduzione, almeno a una riduzione di quei reati efferati che citiamo in continuazione e che producono sdegno nell'opinione pubblica, dolore nei familiari, perplessità eccetera? La risposta è “no”; siamo in un altro versante, non di politica criminale volta alla prevenzione del reato, ma siamo in altra vicenda e qual è la vicenda? Io credo che la vicenda sia che si usano le cattive sentenze dei magistrati, quelle che venivano citate, per fare un'altra operazione, si attacca il codice del 1989 e i riti alternativi in generale, si vorrebbe passare alla legge Gozzini e anche, io credo, all'ordinamento penitenziario del 1975 che, peraltro, abbiamo appena riformato in forma di delega, quando avremo notizia dal Ministro di questo… Però, di questo passo, in cui tutto si piega alla propaganda politica, possiamo anche tornare al 1947; fino ad allora in Italia vigeva la pena di morte nell'ordinamento civile oppure potremmo andare molto più vicino, al 2007, perché nel codice penale militare la pena di morte c'è stata anche fino ad allora.
Allora, io credo che bisogna avere, proprio per rispetto della serietà delle cose di cui stiamo parlando, anche l'onestà di dirle fino in fondo. Qualcosa sta emergendo, il collega Bianconi citava quei casi stupefacenti e ovviamente scioccanti per cui con reati gravissimi si può tornare, magari, a circolare dopo 15, 16 o 17 anni, però, attenzione, perché i due terzi, lo dicevo prima, dei 1.500 ergastoli d'Italia, sono ergastoli ostativi, non si esce mai, il fine pena è: mai. Il dato vero è che bisognerebbe, lo ripeto, essere onesti su queste vicende e io credo, invece, che essere arrivati ad esaminare questo provvedimento in finale di legislatura, da quello che sto sentendo, non aiuta il nostro lavoro.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ermini. Ne ha facoltà.
DAVID ERMINI. Signor Presidente, se mi consente di fare una battuta, direi che, sentendo gli interventi della Lega e di Forza Italia, si potrebbe pensare: se l'alleanza si vede dal mattino… Io penso che, oggi, si debba affrontare il tema per quello che è, oggi non si parla di pena, non si parla di misure alternative alla detenzione, non si parla di meritevolezza dei comportamenti; noi abbiamo una norma, che, peraltro, era quella prevista dal codice Vassalli, che ci dice che per reati particolarmente efferati, come le stragi e gli omicidi aggravati, come quelli in conseguenza di altri reati come lo stalking, come la violenza sessuale di gruppo, non si può più concedere uno sconto, che può arrivare fino a dieci anni, soltanto per una scelta di rito; cioè, lo Stato ha l'obbligo di far celebrare il processo nella sua pienezza davanti al giudice naturale che è la corte d'assise, nel pieno processo, anche, nella piena istruzione dibattimentale. Questo vuol dire che in caso di accertamento di responsabilità non ci saranno più pene ridicole per dei reati particolarmente gravi.
Quindi, di rito si parla; non si parla di essere più cattivi o più feroci nella condotta dello Stato nei confronti di coloro che sono condannati. Si tratta di dare giustizia ad un procedimento, per cui credo che tutte le polemiche che si fanno su quanto poi può avvenire nelle misure alternative alla detenzione, nell'esecuzione delle pene o per quanto riguarda tutte le cose che si sentono dire in relazione alle pene, siamo fuori binario. Qui, si sta solo cercando di dare una regola che impedisca che qualcuno che commette un reato gravissimo possa avere uno sconto ingiusto solo per la scelta del rito.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.53 Sisto, con il parere contrario di Commissione e Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 3).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.54 Sisto, con il parere contrario di Commissione e Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 4).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.55 Sisto, con il parere contrario di Commissione e Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 5).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.58 Ferraresi, con il parere contrario di Commissione e Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 6).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.56 Sarti, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 7).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.57 Sarti, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 8).
Ricordo che il successivo emendamento 1.51 Galgano è stato ritirato.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 9).
(Esame dell'articolo 2 - A.C. 4376-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).
Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito la relatrice ad esprimere il parere della Commissione.
FABRIZIA GIULIANI, Relatrice. La Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti 2.1 Andrea Maestri e 2.2 Sannicandro e sull'emendamento 2.51 Sisto.
Per quanto riguarda, invece, l'emendamento 2.50 Morani abbiamo una proposta di riformulazione che punta ad un chiarimento. La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento 2.50 Morani purché sia riformulato nel modo seguente: Al comma 1, capoverso Art. 438-bis, comma 2, sostituire le parole: nel caso in cui con le seguenti: qualora la richiesta di rinvio a giudizio enunci un fatto qualificato come reato per il quale la legge prevede la pena dell'ergastolo e. Conseguentemente, al medesimo capoverso, comma 3,dopo la parola: “Se” introdurre le seguenti: nel decreto che dispone il giudizio il fatto è qualificato come reato per il quale la legge prevede la pena dell'ergastolo e,.
PRESIDENTE. Il Governo?
GENNARO MIGLIORE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. I pareri sono conformi e condivido anche la riformulazione dell'emendamento 2.50 Morani.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti 2.1 Andrea Maestri e 2.2 Sannicandro, con il parere contrario della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 10).
Ricordo che l'emendamento 2.51 Sisto è stato testé ritirato.
Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.50 Morani. Prendo atto che la presentatrice accetta la riformulazione presentata dalla Commissione.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.50 Morani, nel testo riformulato, con il parere favorevole della Commissione e del Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 11).
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2, nel testo emendato.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 12).
(Esame dell'articolo 3 - A.C. 4376-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 (Vedi l'allegato A), al quale non sono state presentate proposte emendative.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 13).
(Esame dell'articolo 4 - A.C. 4376-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).
Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.
NICOLA MOLTENI, Relatore. La Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti 4.1 Andrea Maestri e 4.2 Leva.
PRESIDENTE. Il Governo?
GENNARO MIGLIORE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Il Governo esprime parere conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Passiamo ai voti. Poiché gli identici emendamenti 4.1 Andrea Maestri e 4.2 Leva sono interamente soppressivi dell'articolo 4, porrò in votazione il mantenimento dell'articolo 4.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul mantenimento dell'articolo 4.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 14).
(Esame dell'articolo 5 - A.C. 4376-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A).
Se nessuno chiede di intervenire sul complesso degli emendamenti, invito il relatore o la relatrice ad esprimere il parere della Commissione: non mi costringete a tirar fuori la monetina.
NICOLA MOLTENI, Relatore. La Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli identici emendamenti 5.1 Daniele Farina, 5.2 Sannicandro e 5.50 Sisto.
PRESIDENTE. Il Governo?
GENNARO MIGLIORE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. il Governo esprime parere conforme a quello espresso dal relatore.
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli identici emendamenti 5.1 Daniele Farina, 5.2 Sannicandro e 5.50 Sisto. Anche in questo caso, essendo in una situazione analoga, cioè poiché gli identici emendamenti 5.1 Daniele Farina, 5.2 Sannicandro e 5.50 Sisto sono interamente soppressivi dell'articolo 5, porrò in votazione il mantenimento dell'articolo 5.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PAOLO SISTO. Grazie, Presidente. Il tema del bilanciamento delle circostanze è un tema assai delicato. Più volte il legislatore - dovremmo essere noi in qualche modo - è intervenuto per porre rimedio ai temi della discrezionalità del giudice, impedendo il giudizio di bilanciamento, cioè quello che consente a determinate circostanze, in genere attenuanti, di essere dichiarate equivalenti o prevalenti rispetto alle aggravanti, e quindi riportare la pena a quella edittale, a quella della norma, senza l'incremento, e magari con un decremento derivante da specifiche situazioni di fatto. Orbene, quando si interviene su questa materia si creano evidentemente delle disparità, perché con questa norma in particolare si impedisce addirittura il giudizio di equivalenza delle circostanze attenuanti. Passi per quello di prevalenza, cioè una diminuzione; ma almeno il giudizio di equivalenza andava certamente garantito, che significa stimare delle condizioni che possano essere inerenti alla persona del reo, in modo da neutralizzare eventualmente particolari aggravanti. Credo che il meccanismo possa e debba essere - come posso dire? - mitigato, e che non si possa propendere, senza nessun tipo di situazione, per delle realtà indipendenti da quella che è la concreta situazione di fatto.
Ciò nonostante, Presidente, poiché è un emendamento che ha in sé sia il giudizio di prevalenza sia quello di equivalenza, io dichiaro di ritirare questo emendamento, riservando poi al seguito tutta la possibile discussione in ordine all'opportunità di un intervento così tranchant sui principi di commisurazione della pena, su cui Forza Italia è sempre stata particolarmente attenta. Ritiro l'emendamento.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Saltamartini. Ne ha facoltà. Ah, no! Essendo ritirato, a questo punto o lo fa…
BARBARA SALTAMARTINI. Non ci sono gli altri due?
PRESIDENTE. È vero. Prego. Sì, sono identici. Prego.
BARBARA SALTAMARTINI. Certo non pensavo di far proprio questo emendamento; anche perché - per chi magari è distratto in questo momento, i colleghi che non stanno seguendo il provvedimento - magari, proprio perché la discussione arriva a pochi giorni dalla Giornata internazionale della violenza contro le donne, per esempio, e io ho sentito in quest'Aula, quando si è parlato di questo tema, tantissimi appelli, addirittura sono stati svolti in quest'Aula anche degli incontri molto importanti: ecco, questo emendamento che è stato presentato ad eccezione di Forza Italia che lo ritira, ma che rimane in vita da parte di Sinistra Italiana e MDP, se non sbaglio, questo emendamento dice, questi due emendamenti vogliono togliere l'articolo importante che parla dei diritti contro la persona. Io non sono un autorevole avvocato, magari penalista, come altri colleghi di quest'Aula, però lo voglio dire in modo molto semplice: in questo articolo, per esempio, sono previsti i famosi reati per i quali noi chiediamo che non vengano concessi sconti di pena quando si commette un omicidio a seguito di stalking, a seguito di violenza sessuale, a seguito di sevizie, a seguito di magari sevizie su minori, a seguito di pedofilia, di pedopornografia; cioè tutti quei delitti per cui io quando ascolto la televisione, sento tutti quanti i parlamentari stracciarsi le vesti per dire che di fronte a simili ignobili reati compiuti da orchi, perché altro nome non potrei trovare per chi si macchia di un simile reato, occorre la massima certezza della pena, occorre essere duri, occorre evitare qualsiasi sconto di pena.
Ecco, dispiace che quando poi invece si arriva in Aula e si affrontano con i fatti e si cerca di portare attraverso i fatti a compimento quanto si va a chiacchierare e a blaterare in televisione, ci sia qualcuno che ci dice: no, non ci sta bene. Perché? Perché comunque il rito abbreviato è una giusta previsione del nostro ordinamento anche a tutela del futuro detenuto, laddove appunto ritenuto colpevole. Ecco, vorrei dire una cosa in maniera molto pacata e sommessa: io immagino una società in cui i detenuti abbiano le loro tutele, e ci mancherebbe altro, ma siano previste le tutele per le vittime!
Perché noi dobbiamo compiere anche qui uno sforzo culturale per immaginare che non soltanto i detenuti hanno delle tutele da vedersi garantite, ma ce l'hanno anche e soprattutto le vittime: anche quelle vittime che purtroppo non le potranno vedere queste tutele, perché sono state in maniera infame uccise; ma è giusto riconoscere le tutele alle loro famiglie, e garantire una giustizia! Allora, con questi due emendamenti, laddove mai passassero, si cancellano con un tratto di penna anche quelle tante battaglie che tante donne in quest'Aula hanno combattuto, e di cui voi evidentemente non pensate sia giusto e doveroso tener conto.
Ecco, questi due emendamenti vogliono sopprimere questo articolo, ossia rendere del tutto o quasi del tutto inutile la legge che stiamo votando. Allora non ci siete riusciti con il soppressivo di tutta la legge, io mi auguro che non ci riuscirete neanche con questi due emendamenti; e sarà interessante guardare chi voterà a favore, chi voterà contro e che si asterrà da questi emendamenti. Così vedremo chi quando va in televisione dice cose e poi è coerente nei fatti e voterà in quest'Aula, e chi invece quando va in televisione si vuol fare solo bello, ma poi nei fatti non difende le vittime.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Daniele Farina. Ne ha facoltà.
DANIELE FARINA. Presidente, mi sembra evidente che c'è chi si fa bello andando in televisione e che si fa bello davanti a quest'Aula, e magari davanti anche ai parenti delle vittime di alcune delle storie più dolorose della Repubblica. Peccato che, dagli emendamenti che abbiamo bocciato precedentemente e da questi interventi che vengono fatti, c'è la conferma piena dell'obiettivo: il tema non sono quei reati puniti con la pena dell'ergastolo la cui efferatezza va da sé, ma quegli emendamenti e questi interventi vogliono agganciarci come in un sistema incatenato anche tanti altri reati, cominciando da altri reati anch'essi orribili che vengono citati, per terminare con qualunque reato, compreso - che ne so? - il furto semplice, l'abigeato.
BARBARA SALTAMARTINI. Ma chi te lo ha detto?
PRESIDENTE. Onorevole Saltamartini! Lei è intervenuta.
DANIELE FARINA. Perché l'intento è la demolizione di quanto fu fatto dal codice del 1989, dicevo, dalla legge cosiddetta Gozzini del 1986 e dall'ordinamento penitenziario del 1975.
BARBARA SALTAMARTINI. Ma piantala…
DANIELE FARINA. Questo è il vostro obiettivo perseguito in tutta la legislatura senza alcun pudore, senza alcun pudore!
PRESIDENTE. Onorevole Saltamartini, non mi costringa a richiamarla. Mi perdoni, onorevole Farina… Onorevole Farina… Onorevole Farina, mi perdoni. Onorevole Saltamartini… (Commenti della deputata Saltamartini)… Onorevole Saltamartini, lei è intervenuta; se lei vuole intervenire sui prossimi emendamenti può farlo, se vuole intervenire per fatto personale può farlo, ma non intervenga mentre parlano gli altri, perché altrimenti questa non è più un'Aula ma diventa un mercato del pesce. Interverrà il suo presidente di gruppo dopo l'onorevole Farina, quindi avrete modo di precisare certamente, a rigor di Regolamento, su tutto quello che vorrete. Prego, collega Farina, può concludere.
DANIELE FARINA. Qui è tutto un indignarsi, un ergersi a paladini delle vittime.
PRESIDENTE. Anzi, continuare.
DANIELE FARINA. Però diciamo che alcune leggi fondamentali, che avrebbero quelle sì ridotto drasticamente la frequenza dei reati e taluni reati, questo Parlamento in questa legislatura non ha avuto il coraggio di approvarle. Questo è un punto fermo con cui chiudiamo la legislatura in materia di giustizia! E quando si sta con le vittime però, non ci si può stare a corrente alternata, con queste sì e con queste no; perché quando sento il segretario di un partito politico rappresentato in quest'Aula che sta molto intervenendo oggi, per cui un saluto romano fa meno danni della legge cosiddetta Fornero, allora chi parla non ha dubbi che la legge Fornero abbia fatto a questo Paese numerosi danni, ma quando quel saluto romano è fatto a Marzabotto, bisognerebbe avere il rispetto per i 75 morti di Monte Sole e per i loro familiari (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile), non quando la convenienza politica vi fa dir di sì e gli altri no! Perché ci vuole coerenza, colleghi della Lega, ci vuole coerenza, quando si va in televisione e quando si è in quest'Aula, e noi siamo coerenti con tutte le vittime (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà -Possibile - Commenti della deputata Saltamartini).
PRESIDENTE. Onorevole Saltamartini, la richiamo all'ordine!
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Fedriga. Ne ha facoltà.
MASSIMILIANO FEDRIGA. Grazie Presidente. Non scadrò nella sterile polemica sollevata dall'onorevole Farina, però voglio confermargli una cosa: ha assolutamente ragione, il nostro scopo è eliminare gli sconti di pena. Noi crediamo che una persona debba essere condannata rispetto agli anni previsti dal codice penale e decisi dal magistrato, e quegli anni debba scontarli in carcere (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini)!
Non mi sembra che questa posizione sia una posizione estremista o folle, è una posizione di buonsenso rispetto al Paese, perché sta diventando insopportabile vedere gente condannata per tot anni e vedere più che dimezzata la pena, libere queste persone di circolare quando hanno rovinato la vita di famiglie, hanno annientato l'esistenza di persone che hanno ucciso e massacrato. Noi crediamo che quella pena debbano scontarla tutta.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LAURA BOLDRINI (ore 17,30)
MASSIMILIANO FEDRIGA. Forse secondo lei siamo degli estremisti. Secondo me, sì, stiamo dalla parte delle vittime. Chi invece vuole soltanto premiare, con sconti di pena, misure alternative, libertà dal carcere, io non credo che sia per la giustizia, credo che abbia una posizione prettamente ideologica che vede sempre il carnefice quale vittima e la vittima invece viene sempre abbandonata. Noi stiamo dalla parte delle vittime, mi dispiace per lei, ma questa è la posizione della Lega (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sannicandro. Ne ha facoltà.
ARCANGELO SANNICANDRO. La foga propagandistica che caratterizza alcuni interventi, porta i colleghi a non leggere affatto gli articoli o gli emendamenti che si propongono di votare. Io ho chiesto alla collega “ma stiamo parlando dell'articolo 5 o stiamo parlando di altro?”, perché l'articolo 5 è quello che interviene sull'articolo 69 del codice penale relativo al coordinamento, al bilanciamento tra circostanze attenuanti e circostanze aggravanti. Perché esistono le circostanze attenuanti e le circostanze aggravanti? Perché i delitti non sono tutti uguali e c'è bisogno di un giudice. Io so che voi avete già sperimentato il tentativo, a proposito della legittima difesa, di eliminare la presenza del giudice. Po ricorderò all'Aula che secondo quella tesi, quando uno spara a qualcuno che entra in casa, se il giudice si presenta alla porta, all'uscio, deve accontentarsi della parola - non vogliono neanche che si apra il processo - del proprietario della casa. L'ho avete già sperimentato. Però adesso siete chiari “noi vogliamo che si abbia una pena certa”. E chi non vuole una pena certa? C'è qualcuno che non vuole una pena certa? Ma la pena certa la deve dare il giudice o no? E se la deve dare un giudice, deve esaminare il fatto concreto alla luce della fattispecie legale, sì o no? Qua stiamo mettendo in discussione l'abbiccì e io mi vergogno a doverlo richiamare ogni volta, perché temo di passare come professore; questa è la questione.
Ora, l'articolo di cui stiamo parlando dice “i delitti contro la persona”. Se noi andiamo a vedere il codice penale i delitti contro la persona non sono soltanto l'omicidio. Oggi qua ci nascondiamo dietro l'omicidio, ma anche la diffamazione è un delitto contro la persona. Se vediamo l'elenco, saranno una trentina i delitti contro la persona, contro la libertà individuale, eccetera, eccetera. Però si parla sempre dell'omicidio. Le ingiurie erano un delitto contro la persona prima che noi lo modificassimo come abbiamo fatto recentemente. La diffamazione è un delitto contro la persona. Ma potrei citarne tanti altri, sono tanti: la rissa davanti a un bar, le lesioni personali, un cazzotto dato ad una persona, le percosse; sono tutti i delitti contro la persona. Che c'entra l'omicidio? Qui non si sta discutendo di omicidio, l'omicidio è una delle ipotesi, ma dietro l'omicidio state cercando di introdurre una serie di sovvertimenti del codice penale e del codice di procedura penale che preludono alla barbarie e la cosa grave è che il Ministro Orlando forse non ne sa niente di tutto questo, perché da un lato facciamo un tipo di discorso col Ministro Orlando, e invece qui la maggioranza va in tutt'altra direzione. Ah, lo sa il Ministro Orlando. Allora si preoccupasse pure lui di quello che accade qua dentro, perché lei sta dando il consenso a tutti quegli emendamenti secondo la maggioranza. Non è che sta distratto, lei partecipa, caro sottosegretario.
PRESIDENTE. Si rivolga a me, deputato Sannicandro.
ARCANGELO SANNICANDRO. Ho finito (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).
PRESIDENTE. Informo l'Aula che l'emendamento 5.50 Sisto è stato ritirato e, quindi, a questo punto, metto in votazione il mantenimento dell'articolo 5.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul mantenimento dell'articolo 5.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 15).
PRESIDENTE. Adesso ho bisogno dei pareri sugli articoli aggiuntivi, prego relatrice.
FABRIZIA GIULIANI. Relatrice. La Commissione sugli identici articoli aggiuntivi 5.052 Ferraresi e 5.050 Morani ha proposto una riformulazione che è agli atti.
PRESIDENTE. La deve leggere per l'Aula.
FABRIZIA GIULIANI. Relatrice. “Dopo l'articolo 5 aggiungere il seguente articolo: 6 - 1. Salvo quanto previsto dal comma 2 del presente articolo, le disposizioni di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 della presente legge si applicano ai procedimenti in corso alla data della sua entrata in vigore.
2. Per i procedimenti in corso alla data in entrata in vigore della presente legge, nei quali, alla medesima data, sia già stata presentata richiesta ai sensi dell'articolo 438 del codice di procedura penale, nel termine previsto dal comma 2 del medesimo articolo, si applicano le disposizioni relative al giudizio abbreviato già vigenti a tale data.”
PRESIDENTE. Il Governo, sottosegretario Migliore?
GENNARO MIGLIORE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Il Governo condivide la riformulazione e, quindi, formula un parere conforme a quello della relatrice.
PRESIDENTE. Il deputato Ferraresi accetta la riformulazione? D'accordo. La deputata Morani accetta la riformulazione. Sta bene.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici articoli aggiuntivi 5.052 Ferraresi e 5.050 Morani, nel testo riformulato, con il parere favorevole di Commissione e Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 16).
(Esame degli ordini del giorno - A.C. 4376-A)
PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A).
Se nessuno chiede di intervenire per illustrare gli ordini del giorno, invito il sottosegretario Migliore ad esprimere il parere.
GENNARO MIGLIORE, Sottosegretario di Stato per la Giustizia. Signora Presidente, sull'ordine del giorno Marzano n. 9/4376-A/1, parere favorevole. Sull'ordine del giorno Palese n. 9/4376-A/2, parere favorevole. Ordine del giorno Cristian Iannuzzi n. 9/4376-A/3, parere contrario. Ordine del giorno Galgano e Menorello n. 9/4376-A/4, parere contrario.
PRESIDENTE. Allora, ordine del giorno Marzano n. 9/4376-A/1, parere favorevole; ordine del giorno Palese n. 9/4376-A/2, parere favorevole. Ordine del giorno Cristian Iannuzzi n. 9/4376-A/3, parere contrario: prendo atto che il presentatore insiste per la votazione. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Cristian Iannuzzi n. 9/4376-A/3.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 17).
Ordine del giorno Galgano e Menorello n. 9/4376-A/4, su cui il parere è contrario: prendo atto che i presentatori insistono per la votazione. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Galgano e Menorello n. 9/4376-A/4.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera respinge (Vedi votazione n. 18).
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.
(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4376-A)
PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Gianfranco Chiarelli. Ne ha facoltà.
GIANFRANCO GIOVANNI CHIARELLI. Presidente, la proposta di legge modifica l'articolo 438 del codice di procedura penale, per escludere, com'è noto, l'applicabilità del rito abbreviato nei procedimenti penali per i delitti puniti con l'ergastolo; modifica il procedimento del rito abbreviato per i delitti di competenza della Corte d'Assise e limita, in favore di alcune circostanze aggravanti, il bilanciamento con le circostanze attenuanti nei delitti contro la persona. I due relatori, Molteni, della Lega Nord, e Fabrizia Giuliani, hanno presentato il provvedimento condividendone la valutazione sicuramente con prospettive diverse ma addivenendo ad una stessa conclusione: il provvedimento, secondo i relatori, punta a garantire la certezza della pena e ad assicurare dignità alle vittime.
L'esclusione del ricorso al rito abbreviato riguarda i delitti di maggior impatto sociale, come è noto, ossia il sequestro di persona a scopo di terrorismo ed eversione, la strage, l'omicidio in occasione della commissione di delitti di maltrattamenti in famiglia, atti persecutori, prostituzione minorile e così via, omicidi commessi contro l'ascendente o il discendente, omicidio premeditato, tratta di persone e commercio di schiavi, sequestro di minore cui consegua la morte dell'ostaggio, sequestro di persona a scopo di estorsione cui consegue la morte dell'ostaggio, all'articolo 630, terzo comma.
Cari colleghi, la discussione a mio parere viaggia su due binari paralleli, che non è dunque possibile fare incontrare. Se seguiamo il comune sentire popolare, è un provvedimento che soddisfa la richiesta di maggiore corrispondenza tra la gravità del diritto e la pena, ma soprattutto prova a rispondere alla domanda di sicurezza che i cittadini pongono con insistenza di fronte a reati particolarmente cruenti, gravi ed infamanti.
La tendenza degli ultimi Governi targati PD è sempre stata quella di puntare all'inasprimento delle pene come unica strategia - del tutto inefficace, come si è evidenziato più volte - per affrontare il tema della sicurezza, ma la domanda che si pone è: serve, o meglio è sufficiente, l'inasprimento della pena per garantire giustizia?
La risposta è nei fatti - ed è “no” - e nel constatare che non vi è alcun effetto deterrente nel verificare che, in realtà, i tempi biblici dei processi non garantiscono in tanti casi la reale applicazione della pena. Sintetizzando, potremmo dire che il principio è giusto, è condivisibile, ma la soluzione adottata non porterà al risultato auspicato. Non possiamo che condividere in ogni caso la necessità di intervenire per venire incontro a una richiesta di giustizia che è assolutamente legittima e che oggi appare spesso negata. Siamo anche convinti che in presenza di delitti efferati la riduzione di pena a seguito la scelta di una procedura processuale appaia per l'opinione pubblica ingiusta. La questione è se sia questo lo strumento migliore da adottare, se sia possibile pensare di escludere parte dalla popolazione da un diritto di difesa che nasce, voglio ricordarlo, con l'intento di determinare un effetto deflattivo rispetto alla montagna di processi che intasano i tribunali italiani. Mi rendo conto che non è questa la sede per dissertazioni di natura tecnico-giuridica, dico solo che, in ogni caso, l'esclusione di alcuni reati dall'accesso ad una procedura difficilmente condurrà al raggiungimento dell'obiettivo. Andrebbero sicuramente individuati altri percorsi per ottenere il risultato che con questo provvedimento, seppure in parte condivisibile, non si avrà.
È per queste ragioni che la componente di Direzione Italia su questo provvedimento si asterrà (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Direzione Italia).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Totaro. Ne ha facoltà.
ACHILLE TOTARO. Signora Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, il gruppo di Fratelli d'Italia voterà a favore di questa proposta di legge, perché va nella direzione della certezza della pena, va nella direzione del risarcimento, anche morale, per quanto riguarda i cittadini che hanno subito dei reati, i loro familiari, le vittime di certi reati. Vorrei contraddire quello che qualcun altro ha affermato in quest'Aula anche poc'anzi. In questi anni sono stati fatti degli interventi legislativi che sono andati nella direzione sicuramente del recupero di chi ha commesso dei reati; anzi, nemmeno del recupero, perché sono andati nella direzione della diminuzione delle pene che riguardavano certi reati, e posso fare degli esempi, come farò, all'interno del mio ragionamento. Dicevo sicuramente non del recupero, perché se uno va nei nostri penitenziari, che sono una vergogna a livello planetario, si accorge che i più deboli, le persone più deboli, subiscono ancora violenze da parte dei più forti, all'interno dei nostri penitenziari, in una condizione difficilissima. Invito i colleghi ad andare a vederli, a visionare, e allora qui potremmo aprire tutto un ragionamento sul cosiddetto recupero.
Quindi, vi sono elementi che sono stati fatti nel corso degli anni, dal punto di vista legislativo, che puntavano ad alleviare la pena nei confronti di chi veniva condannato.
Allora, il sentimento di molti dei nostri connazionali, anche di fronte a fatti efferati, avvenimenti di violenza inaudita, è stato quello di vedere molto spesso chi aveva commesso quel tipo di reato contro un loro familiare, contro un loro amico, contro un loro concittadino, dopo pochi anni, essere di nuovo fuori nelle nostre strade, calmo, allegro, tranquillo, e fare una vita tranquilla dopo che aveva levato la vita a qualcuno, dopo che aveva rovinato una persona, dopo che aveva stuprato una donna o violentato un bambino. Ecco, questo intervento va nella direzione - questo intervento legislativo - di evitare quello che è stato fatto finora, cioè che qualcuno possa chiedere il rito abbreviato e ci possa essere un magistrato, come avviene in quasi tutti i casi, che dà un terzo di sconto della pena fino a dieci anni. Questo è inaccettabile e vi faccio un esempio: nei giorni scorsi, in ordine alla vicenda di questa estate che ha visto protagonista una ragazza polacca a Rimini, stuprata e violentata in una maniera vergognosa, con una violenza inaudita - abbiamo letto i verbali di quella violenza, di cosa ha raccontato questa ragazza - ebbene il responsabile, l'unico maggiorenne, è stato condannato con il rito abbreviato a 16 anni di reclusione. Con la “legge Gozzini” - e gli sconti di pena previsti dalla “legge Gozzini” - saranno 12, perché ogni anno in realtà sono nove mesi e non dodici, e dopo, a metà della pena, potrà anche usufruire di permessi per uscire dal carcere e comincerà ad avere i permessi del cosiddetto “inserimento”, previsto dalla “legge Gozzini”. Vi rendete conto che la distruzione della vita di una ragazza vale pochi anni di carcere? È inaccettabile!
Quindi, basta con questi interventi come il rito abbreviato e il recupero. Non ci deve essere nessun recupero, signori. Molto spesso c'è il reinserimento nella vita civile di delinquenti che non hanno fatto nessun percorso di recupero e non si sono nemmeno pentiti di quello che hanno fatto e sono pronti a reiterare il delitto. E allora quello è un caso di scuola, perché sento dire da qualcuno: “Ma con il rito abbreviato, ad esempio, si velocizza il fatto che la vittima possa essere risarcita”. Scusate, ma in quel caso lì chi è che risarcirà quella povera ragazza polacca? Nessuno, perché chi ha commesso quel reato, compresi gli altri minorenni che sono tutti stranieri, dato che erano dei nordafricani o degli africani in questo caso - ma poco cambia, perché potevano essere di qualsiasi altra etnia -, però erano dei nullafacenti presenti sul territorio nazionale che non risarciranno un bel nulla a questa ragazza e alla sua famiglia per il danno che le hanno cagionato. Qui di che cosa stiamo parlando? Signori, vi invito ad aprire gli occhi.
Quindi, andiamo in questa direzione, finalmente, e in quest'Aula si va ad approvare una legge che va nella direzione delle vittime dei reati, di chi è stato vittima di violenza e non sempre di chi commette reati, un po' dalla parte di Abele e un po' meno dalla parte di Caino, perché finora abbiamo visto, in quest'Aula, l'approvazione da parte di molti della sinistra e del Governo - e meno male che su questo tema si è ravveduto; forse la vicinanza alle elezioni ha colto sulla via di Damasco (che ne so) anche i “renzisti” più oltranzisti - di provvedimenti svuota carcere, di provvedimenti che non puniscono reati gravissimi e che di fatto danno la possibilità al giudice di dare gli arresti domiciliari o l'affidamento in prova per reati gravi come il furto d'appartamento, come le lesioni, come le violenze che vengono compiute nelle abitazioni. Cioè, noi abbiamo visto questi interventi da parte del Parlamento. Finalmente - finalmente - si approva una cosa che va in controtendenza; finalmente, si fa una cosa diversa. Ebbene, noi non possiamo far mancare il nostro voto favorevole perché finalmente si va nella direzione di difendere le vittime, le vittime di cui poco si parla. Qualche talk show televisivo sicuramente invita queste persone, ma solitamente passano nel dimenticatoio (un po' di più se ne sta parlando in questo periodo). Solitamente, si guardava al caso umano del povero recluso che faceva finta di essersi pentito.
E allora il recupero del reo si ha anche attraverso dei penitenziari che siano in mano alla legge, allo Stato. Io ultimamente sono stato a visitare un penitenziario della nostra penisola e quando sono entrato dentro il direttore mi ha detto: “Onorevole, qui dentro vi è la più grande centrale di spaccio della città”. I prepotenti fanno le rivolte e devono stare attenti anche gli agenti della polizia penitenziaria perché qui, in questo Parlamento, avete approvato quella vergognosa legge che quintuplicata la condanna per quanto riguarda i pubblici ufficiali, per cui ci sono dei delinquenti incalliti nelle nostre patrie galere che si feriscono, che battono la testa contro il muro e poi danno la colpa agli agenti, perché così li denunciano e mettono a repentaglio la loro possibilità di lavorare, di avere quello scarso stipendio che, tra l'altro, ricevono per fare un lavoro difficilissimo e che non tutti vogliono fare, cioè di fare i reclusi, a loro volta, all'interno dei nostri penitenziari.
E, allora, avete approvata anche quella legge e nelle nostre carceri abbiamo una situazione in cui i delinquenti, i più violenti, la fanno da padrone anche nei confronti di quei detenuti che vogliono reinserirsi, che vogliono fare un percorso riabilitativo. E, allora, di che cosa stiamo parlando? Che c'entra la diminuzione della pena con la riabilitazione? Non c'entra assolutamente niente se non cambia il meccanismo. Sì, noi vogliamo rivedere anche le questioni riguardanti la “legge Gozzini”, perché non deve essere automatico che uno in questo Paese se compie un delitto efferato, se è recidivo, se ha ammazzato una persona, esce fuori dal carcere e continua a uccidere e poi possa avere ancora dei benefici dopo un po' di anni. Non è accettabile. Noi riteniamo che i cittadini vittime di reato debbano avere giustizia, perché ci deve essere il recupero del reo - la nostra Costituzione lo prevede - ma ci deve essere anche la punizione. Finora questa parola era sparita, perché si tendeva a fare in modo - il classico metodo italico - che dopo un po' di anni la gente esce fuori e va a qualche talk show televisivo, presenta un libro o fa un'intervista (ha ammazzato semmai i genitori, ha ammazzato semmai persone che potevano avere una vita tranquilla e che non avevano fatto niente di male). Nessuno pensa alle vittime; si pensa a questi signori, che poi diventano anche dei protagonisti. Non sono un buon esempio; sono un esempio negativo e sicuramente noi siamo contenti di votare questo provvedimento perché finalmente si va in una direzione opposta: se uno viene condannato perché ha stuprato una donna, perché ha violentato un bambino, perché ha commesso un grave delitto o ha ucciso una persona, è bene che paghi fino in fondo, come avviene in tanti Paesi civili e democratici. Soltanto in Italia o in pochi altri Paesi insieme all'Italia c'è questo metodo per cui uno viene condannato a una pena e poi improvvisamente nel corso degli anni diventa una cosa ben diversa. Questo non è accettabile.
I cittadini ci chiedono giustizia, ci chiedono una giustizia rapida e questo è un altro argomento, è una cosa differente; poi, ci chiedono delle carceri serie e giuste, ma ci chiedono, però, anche la punibilità, ci chiedono di avere giustizia e che la gente possa dire: “Sì, ho perso quella persona cara, ho subito quella violenza, però questa persona ha pagato”. Non è una questione di essere contro la riabilitazione perché uno si può ravvedere, ma si ravvede nella esecutività della pena, nella certezza della pena che deve andare fino in fondo e non con i metodi che sono stati usati finora in Italia che non garantivano sicuramente la certezza della pena e il fatto che la pena venisse scontata fino in fondo.
Quindi, votiamo a favore. Fratelli d'Italia voterà a favore su questo provvedimento e a favore dei cittadini che subiscono dei reati e di tutti quei cittadini che comunque hanno visto che certe volte la giustizia non è stata fatta. Speriamo che si possa avere più giustizia e sicuramente siamo dalla loro parte (Applausi dei deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.
ROCCO BUTTIGLIONE. Grazie, signora Presidente. I deputati dell'UDC non voteranno su questo provvedimento e si asterranno. Noi siamo dalla parte delle vittime, certamente, e tuttavia io mi domando: ma il rito abbreviato è un regalo che noi facciamo ai delinquenti o è un interesse della giustizia e, quindi, anche delle vittime? Perché chi accetta il rito abbreviato si dichiara colpevole; quindi, non solo fa risparmiare allo Stato le spese del processo, che sarebbe il meno, ma rende possibile arrivare rapidamente alla sentenza. Quanti di quelli accusati se non accettassero il rito abbreviato, se tirassero per le lunghe i processi, arriverebbero alla prescrizione? Oggi forse di meno, perché abbiamo reso la prescrizione quasi eterna, ma vi siete mai domandati se è più facile fare un processo a distanza di un anno o a distanza di 7, 8 o 10 anni dai fatti? Quanti riuscirebbero ad avere alla fine delle assoluzioni per il semplice fatto che i testimoni si sono dispersi e che gli atti sono andati smarriti? Sì, capita anche questo nei tribunali italiani e non ci sono molti esempi di sanzioni per eventi del genere. Siamo sicuri che il rito abbreviato sia messo lì nell'interesse dei delinquenti? Se pensiamo che sia lì nell'interesse dei delinquenti allora togliamolo. Io ho però il sospetto che il rito abbreviato sia nell'interesse della giustizia, che è anche l'interesse delle vittime.
E, poi, si è parlato della “legge Gozzini”. Io sono scandalizzato da alcuni giudici i quali mettono fuori dei delinquenti che commettono nuovi reati. Abbiamo avuto degli esempi gravissimi, ma sbagliata non è la legge; la legge non dice che devono metterli fuori, dice che “possono”. È sbagliata una interpretazione, una tradizione giurisprudenziale che, dove la legge scrive “possono”, legge “devono”, e nessuno si prende la responsabilità di dire di no, per non fare la parte del cattivo. E, allora, abbiamo certo una gestione sbagliata della legge Gozzini, ma vogliamo negare a chi è in galera la possibilità di sperare in un cambiamento, in una redenzione? È in contrasto la speranza che il reo si corregga e venga rieducato con il dovere di rendere soddisfazione alle famiglie delle vittime? Non lo credo, perché esiste una comune misura di umanità in cui giustizia e misericordia non sono due cose in contrasto fra di loro. In una giusta gestione del sistema penitenziario sono due cose che vanno coniugate fra di loro, perché mettere fuori chi non è pentito, chi non è redento, chi non è cambiato, è un crimine, ma tenere dentro chi invece, ed è possibile, capita e sarebbe anche un'offesa ai tanti che spendono la vita nelle carceri per tentare di offrire una possibilità di rieducazione…Capita che della gente, pochi o tanti non lo so, bisognerebbe andare a approfondire, attraverso quell'esperienza drammatica, recuperi la sua umanità. Vogliamo negare loro ogni possibilità e, magari, farli ricadere, allora, dentro il dominio di quelle gang che si formano dentro le istituzioni penitenziarie, con lo scopo di rendere difficile o impossibile la riabilitazione e di mantenere il controllo della malavita su quelli che sono dentro le carceri? Credo che queste considerazioni siano un po' mancate nel nostro dibattito. Non facciamo l'opposizione sterile, quelli che sono a favore delle vittime e quelli che sono a favore dei delinquenti. Nessuno è a favore dei delinquenti, mi auguro; qualche volta ho dei dubbi, ma penso che fondamentalmente nessuno. Certo noi non siamo a favore dei delinquenti, ma siamo a favore dell'uomo.
È un uomo la vittima ed è un uomo il delinquente, non dobbiamo mai dimenticarlo. E non dobbiamo dimenticare che non è possibile eliminare ogni spazio di discrezionalità. Sì, noi viviamo in un Paese in cui c'è troppa discrezionalità, in cui i giudici non interpretano le leggi, ma le fanno come piace a loro e fanno quello che a loro pare. Bisogna intervenire, ma possiamo immaginare di avere un sistema in cui il giudice è una macchinetta che applica il codice, in cui non c'è discrezionalità?
Non è possibile, strutturalmente la norma ha bisogno della mediazione interpretativa di un essere umano che ha un cuore e una coscienza. Allora, intervenire per migliorare la qualità della giurisprudenza, sì, ce n'è bisogno. Abbiamo esempi di giurisprudenza scandalosamente lassista, ne abbiamo, ma l'idea che a ciò si ponga rimedio non con una migliore selezione dei giudici, non con una migliore qualità della magistratura, non migliorando e appoggiando i tanti magistrati che già applicano la legge secondo scienza e coscienza, ma semplicemente riducendo gli spazi di autonomia del giudice, non sempre è una cosa giusta e consigliabile. Allora vorrei dare un contributo, e noi, con la nostra astensione, cerchiamo di dare un contributo a tirare fuori il dibattito sulla giustizia da queste contrapposizioni artificiose, perché ci insegna Aristotele che la virtù non è il contrario del vizio: il contrario di un vizio è il vizio di segno contrario. La virtù è il sentiero esile e difficile fra due vizi.
Nel nostro caso, la giusta politica criminale è quella che evita gli eccessi, sia, certo, di una generosità sconfinata, la quale non fa il bene neanche del delinquente, perché, se è un uomo, il suo bene è che venga corretto, è essere rieducato, non essere rimesso in circolazione in qualunque caso; ma anche evitare una interpretazione vendicativa e punitiva della giustizia, che non fa bene nemmeno alle famiglie delle vittime e che non corrisponde alle domande vere che da loro ci vengono. Per questa ragione, non avendo trovato in questo dibattito, su questa legge, un momento adeguato di mediazione, ci asterremo dal voto (Applausi dei deputati del gruppo Misto-UDC-Idea).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato D'Alessandro. Ne ha facoltà.
LUCA D'ALESSANDRO. Presidente, onorevoli colleghi, permettetemi di iniziare questa dichiarazione di voto con una nota critica, non sul merito, ma sull'immagine che quest'Aula dà di sé. Il provvedimento su cui siamo chiamati ad esprimerci ricalca per larga parte una proposta di legge presentata nel giugno del 2013 e approvata nel luglio del 2015. Dopo l'ampio voto favorevole della Camera, il testo è giunto al Senato, dove è stato abbinato a una riforma più ampia del codice penale, ma nella cui versione finale non c'era traccia delle misure inerenti l'inapplicabilità del giudizio abbreviato ai delitti puniti con la pena dell'ergastolo, disegno di legge su cui il Governo ha posto la fiducia nel giugno scorso. Nelle more, il collega Molteni lo ha ripresentato ed oggi, a distanza di tre anni e mezzo dalla presentazione della prima proposta di legge e a più di due dalla prima approvazione, ci troviamo a rivotare praticamente lo stesso testo, che poi, in caso di approvazione, dovrà compiere un'ultima corsa contro il tempo per essere approvato a Palazzo Madama prima di diventare legge.
Una situazione a dir poco kafkiana, che certo non fa onore al Parlamento, che non offre all'esterno una grande immagine di questa istituzione, proprio in una contingenza storica in cui avremmo il dovere di dare dimostrazione della qualità e dell'efficienza dei legislatori. Tant'è, veniamo al merito del provvedimento, il cui titolo recita: “Modifiche al codice di procedura penale in materia di inapplicabilità e di svolgimento del giudizio abbreviato, nonché modifica all'articolo 69 del codice penale, in materia di concorso di circostanze aggravanti e attenuanti”. Lo enuncio per esteso per evidenziare l'ampia coincidenza con il titolo della proposta di legge di cui ho parlato in precedenza, tanto per ribadire l'assurdità della situazione. Ma torniamo al punto: di cosa si tratti è chiaro a tutti. Oggi il giudizio abbreviato, che concede uno sconto di pena all'imputato che lo chiede, è un'opzione concessa per ogni tipo di reato, con una sua distinzione sulla congruità della riduzione che affronterò in seguito. Tutti, quindi, possono chiedere di accedere al rito abbreviato, compresi coloro i quali sono accusati di reati che prevedono la pena dell'ergastolo.
Con la proposta di legge si interviene sull'articolo 438 del codice di procedura penale per precludere l'applicazione del rito abbreviato ai reati per cui è previsto il carcere a vita, in primis i reati di sangue. Inoltre, si interviene sull'articolo 69 del codice penale, che prevede che la riduzione si applichi solo dopo il computo delle aggravanti. Ma, per comprendere meglio la questione senza farsi guidare dall'istinto, occorre precisare la situazione attuale e fermare sinteticamente lo stato delle cose, ricordando con sufficiente sintesi l'oggetto di questa discussione e la sua finalità originaria. Il rito abbreviato altro non è che un rito speciale di natura premiale, poiché l'imputato rinuncia al dibattimento e conseguentemente alle connesse garanzie, accettando di essere giudicato sulla base degli atti di indagine contenuti nel fascicolo del pubblico ministero. In cambio, ottiene uno sconto di pena di un terzo, salvi i casi di ergastolo con o senza isolamento. Dunque, la finalità era un'esigenza deflattiva processuale, o, per dirla più semplicemente, per risparmiare sui tempi dei processi. Uno sconto in cambio dell'accettazione del castello accusatorio del pubblico ministero, senza tuttavia ledere - questo dopo la modifica del 1999 - il diritto di difesa così come sancito dall'articolo 24 della Costituzione. A queste condizioni è evidente che il rito speciale aveva una sua attrattività in due casi: o quando l'impianto accusatorio era così fragile da poter prendere in considerazione la possibilità di insinuarvisi ed abbatterlo o, al contrario, quando era talmente solido da rendere insensato rinunciare a uno sconto di pena.
Il risultato? Non ha funzionato, o meglio, non ha funzionato come il legislatore si aspettava o sperava. Intervenire per modificare ha quindi un senso, ma in quale direzione agire per ottenere fattivi risultati? La difficoltà sta nel trovare un punto di equilibrio tra due pesi: su un piatto della bilancia sta, chiamiamola così per comodità, l'economicità processuale, mentre sull'altro c'è la giusta pena per il delitto commesso. Andiamo in questa direzione? Le modifiche contenute in questa proposta di legge intendono escludere la possibilità di richiedere il rito abbreviato in casi di imputazioni per reati punibili con l'ergastolo. Sono certo che, se effettuassimo un sondaggio tra la popolazione italiana, la gran parte si schiererebbe a favore, e come darle torto? E da un punto di vista filosofico e da un punto di vista etico questo vale ancora di più. Partiamo dal primo: concettualmente, sulla connotazione dell'ergastolo e la sua perpetuità è sin troppo semplice notare che questo tratto distintivo va in contrasto con qualsiasi dimensione temporale definita.
Veniamo, senza scomodare Hegel, all'etica: di principio lo Stato non deve venire a patti con chi è responsabile di fatti efferati di sangue, per di più se commessi ai danni di soggetti non in condizione di difendersi; li persegue e, se individua le prove, li condanna, ma non accetta di concedere sconti di pena solo per accorciare i tempi del processo, limitandolo al giudizio predibattimentale, perché, in tal caso, la giusta pena soccomberebbe di fronte all'economia processuale. C'è un altro fattore da tenere in considerazione: l'imputato che richiede il rito abbreviato per un'ipotesi di reato che prevede l'ergastolo si vedrà la pena ridotta a trent'anni di carcere, ma, se è previsto anche l'isolamento diurno, lo sconto sarà il fine pena mai. E quindi gli ergastolani che escono dagli istituti penitenziari? Ebbene, vale la pena ricordare che l'ergastolo, al pari delle altre pene detentive, permette il ricorso agli istituti della liberazione condizionale e della liberazione anticipata.
Con alcuni interventi normativi, successivi a pronunce della Consulta, non si è eliminato il carattere perpetuo, ma si è solo affermato che, dopo un certo periodo di detenzione, anche il condannato all'ergastolo può fruire di questi benefici, se ha dato prova, con la sua condotta, di ravvedimento, ovvero ha dimostrato attivo interesse all'opera di rieducazione. Dunque, anche se dovesse passare questa norma, il rischio di vedere un colpevole, ad esempio di omicidio volontario, in libertà non si estinguerà, perché le norme che disciplinano quelle misure afferiscono ad altre parti della giurisprudenza. Ma senza questa norma, continueremo assurdamente a vedere un condannato per un reato di ergastolo godere della riduzione a trent'anni, a cui, poi, si potrebbero aggiungere degli sconti di pena. In pratica da “fine pena mai”, a “fine pena, dopodomani”. Dunque, vale la pena di apportare questa modifica, non per utilità, semplicemente perché è opportuno che lo Stato dia il segnale che di fronte a certi crimini non si scende a patti.
In occasione di altre modifiche al codice penale e di procedura penale ho avuto modo di criticare la tendenza in atto a rincorrere gli umori della piazza sui temi inerenti la giustizia; sia chiaro, non si tratta di disprezzare l'opinione del popolo, ma compito del legislatore è agire con attenzione e accuratezza, rifuggendo il populismo, specie quello penale, prestando attenzione a non farsi guidare dalle pulsioni della società, ma adattando il corpo delle leggi, dei codici e delle procedure alle mutazioni sociali, senza inseguire il consenso, in particolare quando si parla di giustizia e ritengo che ciò non sia accaduto. Parafrasando McLuhan, in questo caso la legge è il messaggio e il messaggio che deve passare è che chi si rende colpevole di reati efferati non può godere di sconti, almeno non prima di aver dimostrato, con i fatti, di aver interiorizzato la natura rieducativa della pena. Per queste ragioni, annuncio il voto favorevole del gruppo di Scelta Civica-ALA.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.
DANIELE FARINA. Grazie, Presidente. Io ho già avuto modo di esprimere, in questa nostra discussione, che c'è un protagonista sullo sfondo; il protagonista si chiama “ergastolo”. È una pena costituzionalmente legittima, risponde al disegno costituzionale della pena? Questa rimane, ovviamente, una domanda a cui, ancora una volta, quest'Aula non pensa di dare una risposta, eppure esiste una giurisprudenza e esiste una letteratura impressionante su questo tema. Per chi, come me, in buona compagnia, per fortuna, ritiene la pena dell'ergastolo in contrasto con il disegno costituzionale della pena, come è tracciato nell'articolo 27, questa legislatura era l'occasione per mettervi mano e superarla, ovviamente non è accaduto e così gli anni sono passati; nel 1992, ricordavo, gli ergastolani erano 500 nei nostri penitenziari, oggi, sono 1.500, di cui mille sono quei veri murati vivi che sono gli ostativi, perché l'Italia è l'unico Paese che ha questo istituto, l'ergastolo ostativo, nel proprio ordinamento.
Ma, d'altro canto, la XVII legislatura, questa, ha agito come un pendolo, positivo nella prima fase, negativo nella seconda. Sotto la spinta di una situazione carceraria diventata insostenibile e fonte anche di condanne in sede europea, abbiamo agito riuscendo a deflazionare quella popolazione e a migliorare quegli indicatori che definiscono la sicurezza dei cittadini. Mi è sembrata una prima fase di questa legislatura non da poco, buona. Numeri, dati, fatti molto diversi da quelli spacciati dagli imprenditori della paura, ovvero gli specialisti della parte per il tutto, ove ogni singolo, doloroso fatto di cronaca diventa una generalizzazione, contro ogni evidenza, contro ogni ragionamento sull'efficacia della norma, invariabilmente forcuta, che ne discende. Infatti, così è andata la seconda parte della legislatura, perché alcuni partiti hanno deciso di cambiare rotta e più ci avviciniamo alle elezioni e più, per un pugno di voti, si agita il dolore delle vittime.
Ma la domanda che ho ripetuto e che, anche questa, non ha avuto risposta è: ma avrà questa norma che stiamo esaminando, e che purtroppo approveremo, un qualche affetto sulla frequenza dei reati, sulla quantità di vittime future?
Assolutamente no, ovviamente, perché non è questo l'obiettivo del cattivo legislatore. E alle vittime glielo abbiamo raccontato che, in realtà, questo è uno scambio tra l'entità della pena e la durata del processo? Quanti anni in più dovranno aspettare le vittime e i loro familiari per avere una sentenza e, dunque, giustizia? Quattro, cinque, sei, sette, a seconda della durata media dei processi in sede penale oppure della complessità del processo stesso? Ma, appunto, questo non viene raccontato.
Si dice che con questo provvedimento che, lo ripeto, è totalmente inutile ai fini general-preventivi, semplicemente si torna a prima del 1989, ovvero a trent'anni fa e perché no, allora, al 1946-1947 quando era vigente nell'ordinamento civile la pena di morte, oppure, ancora più vicino a noi, nel 2007 ove si cancellò la pena di morte nell'ordinamento militare? Ricordavo che se si cita Papa Francesco, testualmente: l'ergastolo è una pena capitale nascosta, il raglio dell'asino ci dà invariabilmente dei buonisti; se invece guardiamo all'efficacia della pena, al fine del verificarsi di gravi reati, l'asino si mostra, invece, in tutta la sua sciocchezza, perché, cari colleghi, questo è un altro dei provvedimenti che abbiamo approvato nella seconda parte della legislatura che non fa il bene delle vittime e, neppure, il bene del Paese, è un altro manifesto elettorale appeso nei luoghi bui del dolore (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Molteni. Ne ha facoltà.
NICOLA MOLTENI. Presidente, questo Parlamento si appresta, a breve, a votare, anzi, a rivotare una legge che è una legge di civiltà, che è una legge di giustizia, che è una legge di buonsenso. Questa legge non è una bandierina politica, caro collega Farina, questa legge viene votata non per dire quanto questo Parlamento è bravo, anche se questa legge serve a ridare un briciolo di dignità a questo Parlamento e un briciolo di credibilità alla politica, credibilità che ha perso, questa legge non è una bandierina politica. Ci avete accusato di essere e di fare del populismo penale; falso, indegno e vergognoso. Questa legge vuole rimettere al centro, Presidente, un soggetto di cui, in questi anni, ci si è dimenticati totalmente: le vittime dei reati, coloro i quali i reati li hanno subiti e per aver subito un reato stanno pagando, e in modo particolare le loro famiglie che con dignità affrontano crimini efferati in maniera non civile.
Oggi, noi vogliamo ridare dignità a queste persone, alle vittime dei reati, a chi ha subito reati gravissimi, reati di grave allarme sociale, reati di sangue, reati efferatissimi; vittime che noi, oggi, abbiamo incontrato - lo diceva prima Massimiliano Fedriga -, abbiamo guardato negli occhi; abbiamo visto il loro viso trasfigurato dalla sofferenza e dal dolore, abbiamo ascoltato con grande umiltà le storie drammatiche di chi ha perso in maniera violenta e drammatica i propri cari; hanno perso il padre, la madre, familiari, figlie minorenni e maggiorenni. E io credo che ogni parlamentare, oggi, prima di votare questa legge, soprattutto coloro i quali hanno eccepito delle eccezioni, coloro i quali intendono astenersi, dovrebbero guardare negli occhi queste persone, il dolore di una madre che ha perso la propria figlia accoltellata con 17 coltellate dall'ex fidanzato, che gridava dolore e aiuto e che nessuno poteva aiutare. Questo, oggi, abbiamo imparato, questo, oggi, ho imparato guardando dritto negli occhi queste persone.
Quindi, Presidente, a proposito di questa legge, che è stata presentata nel 2013, io non accetto l'affermazione di chi dice che la votiamo per prendere un pugno di voti. Chi dice questa cosa è un infame (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini), Presidente, perché questa legge è stata presentata nel 2013, l'abbiamo votata a luglio, il 29 luglio del 2015, l'abbiamo ripresentata, il Senato irresponsabilmente l'ha affossata, l'ha insabbiata.
Io mi auguro che lo stesso Senato che un anno fa ha preso questa proposta di legge e l'ha buttata nel cestino, abbia un sussulto d'orgoglio e di dignità per approvare definitivamente questo atto di giustizia nei confronti di chi ha subito i reati. Chiedo anche a lei, Presidente, poiché la tutela delle vittime, il contrasto al femminicidio, il contrasto alla violenza sessuale non si fa solo con i convegni che sono legittimi, sono leciti, servono per tenere acceso e vivo un dibattito, per aprire nel Paese un dibattito culturale ma la tutela delle vittime si fa con le leggi, si fa con gli atti, si fa con i provvedimenti esattamente come quello che oggi noi stiamo facendo. Io mi auguro che da questo Parlamento esca un voto il più ampio, il più unanime, il più condiviso possibile non per dare merito alla Lega che ha voluto la proposta di legge ma per dare dignità alle vittime. Quindi perché noi votiamo la proposta di legge? Perché è opportuno votarla? Per tre motivi, Presidente.
Il primo motivo è non dare uno sconto, un premio a chi ha commesso reati gravissimi, a chi ha commesso reati puniti con l'ergastolo - tanto per intenderci cito questi reati per non fare confusione: chi ha commesso reato di strage; di attentato per finalità terroristiche e tutte le forme aggravate di omicidio ossia l'omicidio nei confronti del discendente e dell'ascendente, dei figli, dei genitori, dei parenti; chi ha commesso l'omicidio in maniera premeditata con sevizie e crudeltà, per motivi futili e abietti; chi ha commesso l'omicidio attraverso lo stalking, i maltrattamenti in famiglia, la violenza sessuale, la violenza di gruppo, la violenza nei confronti dei minori - perché non merita niente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini). Merita unicamente di scontare fino in fondo la propria pena, buttando via la chiave. E quel patto scellerato che c'è tra lo Stato e il criminale per cui io Stato do a te criminale uno sconto di pena che può arrivare fino a dieci anni semplicemente perché tu criminale, assassino, stupratore, pedofilo decidi di non ingolfare i processi - collega Buttiglione, come si può affermare quello che lei ha detto? - semplicemente perché il criminale non ingolfa i processi e quindi c'è un risparmio processuale, dovergli attribuire per forza automaticamente, senza un processo degno, la possibilità di avere uno sconto di pena così enorme è un'ingiustizia, è una barbarie, è inaccettabile. Quindi, primo motivo: no a sconti e premi ad assassini e criminali.
Secondo motivo per votare il provvedimento è affermare con una legge, con un atto concreto un principio che sono tutti bravi a declinare in campagna elettorale ma nessuno poi è bravo ad applicare, ossia il principio di certezza della pena, che è un principio di civiltà giuridica e di onestà intellettuale da parte del Parlamento.
Terzo motivo: ridare alle vittime dirette e indirette, cioè ai familiari, la dignità di poter continuare a vivere perché non è facile per una madre che ha perso la figlia assassinata trovare un motivo di vita per poter continuare ancora a vivere se non quello per cui colui il quale ha commesso un reato così grave possa almeno scontare una pena definitiva e grave all'interno del carcere.
Oggi, Presidente, in quest'Aula, sulle tribune, c'erano alcune delle vittime. Abbiamo incontrato l'Osservatorio nazionale per il sostegno alle vittime. Abbiamo incontrato ed erano presenti in Aula e hanno ascoltato il dibattito alcune delle vittime che in televisione siamo tutti bravi a piangere ma che in quest'Aula oggi qualcuno si è dimenticato che esistono. Ad esempio, Presidente, era presente Fabiola Bacci, che è la madre di Jennifer Sterlecchini, una ragazza di ventisei anni di Pescara che è stata ammazzata con diciassette coltellate dall'ex-fidanzato con la madre fuori dalla porta che sentiva le grida di dolore e le invocazioni di aiuto da parte della figlia. È per lei che dobbiamo votare e approvare la proposta di legge (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini): per Jennifer e per le altre persone presenti. Per Romina Vianello che ha avuto il marito ucciso da un dipendente albanese condannato a vent'anni con rito abbreviato. Per Giovanni Lelli che ha avuto la figlia uccisa dal fidanzato condannato a vent'anni con il rito abbreviato; a Giuliana Bramonti, a Valentino Vaccaro, a Eliane Cavadini, a William Pezzullo, a Lidia Vivoli, a Lucia Cocoro, a Antonella Abati, a tutte queste persone che sono rimaste aggrappate alla proposta di legge che consente loro di poter avere ancora un barlume di speranza. Ovviamente nessuno gli potrà ridare il proprio caro ma chiedono e pretendono nulla di più che la certezza che chi ha commesso quei reati efferati possa pagare senza avere sconti. Tanto è quanto stabilisce la proposta e mi dispiace che gli amici di Forza Italia non l'abbiano capito.
Presidente, mi avvio a concludere. Non è la vittoria politica della Lega. Noi ci prendiamo il merito di aver avuto la testardaggine e la cocciutaggine per quattro anni di aver insistito per riportare in votazione la proposta di legge che sarà la vittoria delle vittime, sarà la vittoria della dignità dell'essere umano, sarà la vittoria delle persone che si attendono dalla politica, che credono ancora che possa esistere una politica giusta e di buonsenso che, di fronte a reati così gravi, non si volta dall'altra parte. Questa è la loro vittoria. Ritengo che anche da parte sua ci debba essere, a seguito della votazione, una sollecitazione nei confronti del Presidente Grasso e nei confronti del Senato. Chiaramente vi sono due Camere diverse, tuttavia anche lei deve esercitare pressioni affinché la proposta di legge nell'ultimo lasso di tempo che ci attende da qui alla fine della legislatura possa essere approvata. Non lo dovete fare per noi ma lo dovete fare per le persone che erano là, che ci stavano guardando e che pretendono e chiedono alla politica un gesto di civiltà e di giustizia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini - Congratulazioni).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Marotta. Ne ha facoltà.
ANTONIO MAROTTA. Grazie, signora Presidente. Al mio gruppo sembra che questo sia un intervento legislativo di buonsenso e bisogna anche considerare il quadro complessivo nel quale si inserisce l'intervento. Vorrei subito dire che, introducendo i riti alternativi, abbiamo raggiunto un traguardo importante, che ci ha consentito negli anni di affrontare il problema dei problemi nel servizio giustizia - vale a dire la lunghezza del processo - e vogliamo subito dire in maniera chiara e inequivocabile che la scelta fatta in passato ha dato i suoi frutti e che oggi con l'intervento legislativo in esame, al di là di quanto si è sostenuto parlando di effetto domino che poi dovrebbe ricadere anche su altre ipotesi di reato, noi manterremo ferma la nostra valutazione. I riti alternativi sono e restano un momento importante che ha consentito al processo penale di avere un'evoluzione nei casi in cui viene scelto il rito alternativo in un tempo assolutamente ragionevole. È chiaro però che, per poter spingere l'imputato a fare questo tipo di richiesta, bisognava incentivare sul piano della scelta le indicazioni che venivano ormai da una giurisprudenza consolidata in altri Paesi. Dunque la spinta qual è stata? Individuare un premio che, nei riti alternativi e in special modo per quanto riguarda sia il rito abbreviato sia il patteggiamento, spingesse l'imputato a scegliere questo tipo di rito che non era legato alla collaborazione sia ben chiaro, non era legato alle scelte difensive dell'imputato ma era esclusivamente legato alla scelta processuale che faceva l'imputato con la scelta del rito. Con il passare degli anni - per tale ragione dico e dicevo prima che si tratta di un provvedimento di buonsenso - ci si è resi conto che, nella maggior parte dei casi, il rito alternativo era stato una scelta ed un'intuizione felice del legislatore per alcune ipotesi di reato; ecco, perché poi andiamo a restringere il campo di applicazione, vale a dire a quelle che individuavano nell'ergastolo la pena: forse a questo premio, in considerazione del problema sicurezza che ha investito l'Italia, in considerazione della gravità del reato, in considerazione in alcuni casi della ferocia di alcuni tipi di reato e della capacità delinquenziale di chi li poneva in essere, c'era bisogno di introdurre un freno. Questo è tutto l'intervento! Un freno alla scelta ed al premio di un terzo della pena, che veniva dato nel caso in cui c'era la scelta del rito alternativo: per una serie di reati, che sono quelli che prevedono appunto l'ergastolo, si ritiene con questa normativa che ci apprestiamo a votare che questo premio non può essere dato. Nulla di più! E mi sembra una scelta giusta, perché, come è giusta la scelta del rito alternativo nel sistema processuale italiano per i motivi a cui prima ho fatto riferimento, altrettanto giusta diventa la scelta in questo momento di stabilire che per alcune ipotesi di reato gravissime questo premio oggettivamente e soggettivamente l'imputato non lo può avere. Nulla di più! Questo è quello che stabiliamo in questa normativa, al di là dei sistemi garantisti, delle valutazioni del codice, del rispetto della Costituzione, che resta per noi la via maestra. Nulla di più: solamente una valutazione che fa riferimento anche alla situazione che oggi vivono il nostro Stato e i nostri concittadini, e che andava fatta in questo intervento.
E allora si è stabilito che per queste ipotesi di reato non c'era più la possibilità di avere questo sconto, che portava a ridurre sensibilmente la pena: un terzo è un premio importante, e che, legato, come già si faceva riferimento prima, ad una serie di vantaggi introdotti dalla legge cosiddetta Gozzini ed altri sull'espiazione della pena, portava a dei fatti eclatanti, che autori di misfatti e di reati veramente gravi, veramente odiosi per l'opinione pubblica potessero riacquistare la libertà, la semilibertà, quello che volete, in un tempo assolutamente inferiore a quella che era l'entità sostanziale della pena. Quindi non si interviene nella sostanza delle pene, non si interviene nel tipo di reato, ma si interviene solamente su una scelta processuale dell'imputato, che ora viene assolutamente interdetta con l'approvazione di questa legge.
Ma vi era anche un altro elemento a cui fare riferimento, e che era stato sempre oggetto di una elaborazione giurisprudenziale, dottrinale di cui si era tanto parlato per il passato, che è quello che con la scelta del rito abbreviato anche per questi reati gravissimi (immagino la strage), il soggetto veniva poi giudicato dal giudice monocratico, dal GUP; e questo è sembrato, proprio con riferimento all'elaborazione giurisprudenziale, un fatto che anche sul piano delle garanzie producesse alcuni rilievi importanti. Perché la maggior parte di questi reati sono di competenza dalla corte d'assise; e ci sarà stato pure un motivo, cari colleghi, per cui la corte di assise viene formata dal giudice popolare e dal giudice togato!
Cioè, il legislatore ha voluto che, per una serie di reati importanti, ci fosse anche la presenza dell'elemento non togato, che è rappresentato dei cittadini che compongono il collegio della corte di assise: quindi il cittadino, scelto attraverso una selezione del tutto legittima, che diventa giudice. Ed è importante che, anche a tutela delle garanzie a cui prima facevo riferimento, il sistema garantisca che questo tipo di un processo così grave venga svolto attraverso il giudice naturale con la corte di assise; e noi questo abbiamo stabilito in questo provvedimento, come secondo fatto importante.
Come terzo fatto importante si è stabilito che non ci fosse più (ora uso un termine tecnico) una possibilità di equivalenza o prevalenza delle attenuanti tra le aggravanti e le diminuenti o le generiche che potesse ridimensionare la pena. Si è stabilito che per questi gravi reati, che sono posti in essere con la contestazione dell'aggravante, del motivo abietto, del motivo futile, o posti in essere con sevizie o agendo con crudeltà verso le persone, le circostanze attenuanti non potessero bilanciare le circostanze attuate, che vanno prima considerate nella loro interezza e poi si passa alla valutazione delle diminuenti.
Questo è allora il tessuto dell'intervento legislativo, modesto per l'entità e l'intervento che porta sul codice di procedura penale, ma rilevante per quelle che sono le valutazioni che il legislatore deve pur svolgere. E qui lo ripeto: essendo profondamente convinto che della sensibilità dell'opinione pubblica il legislatore deve tenere conto, perché questo è un legislatore attento, altrimenti il legislatore vive fuori dalla realtà nella quale purtroppo deve inserire il proprio tessuto normativo, in questo momento ulteriormente si ritiene che l'opinione pubblica, in cerca di sicurezza rispetto ai tanti episodi che si verificano oggi in Italia, veramente di una crudeltà indicibile, possa tenere conto che c'è stata…
PRESIDENTE. Concluda, per favore. Concluda.
ANTONIO MAROTTA. …la volontà del legislatore ad indirizzare una normativa che la tuteli ulteriormente, non consentendo…
PRESIDENTE. Grazie.
ANTONIO MAROTTA. …a chi sia autore di così gravi reati di avere alcun beneficio.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto la deputata Michela Rostan. Ne ha facoltà.
MICHELA ROSTAN. Signora Presidente, ci sono fasi nella vita politica di un Parlamento in cui l'istituzione entra in fibrillazione e diventa difficile impostare ragionamenti pacati. Una di queste fasi è sicuramente quella della fine di una legislatura, quando lo scioglimento della Camera si approssima e si rischia di smettere di pensare al Paese e di cominciare a pensare al proprio destino: quando la data del voto si avvicina si rischia di essere concentrati sulla scadenza elettorale, e di perdere di vista invece il respiro lungo delle cose, che - soprattutto quando si costruiscono normative - è l'unica misura possibile di riferimento. Questo è tanto più vero in un Paese come l'Italia, dove il clima da campagna elettorale sembra non interrompersi mai, visto che si è perennemente in gara l'uno contro l'altro nel tentativo di ingraziarsi un corpo elettorale; che peraltro si presume, con una punta di superbia, incapace di capire quando si fanno le cose nell'interesse generale e quando invece per motivi di propaganda.
Faccio questa premessa perché è evidente a tutti che il provvedimento in esame risponde in questa fase esclusivamente a ragioni di propaganda, e in nessun caso si pone il problema della giustizia intesa come sistema e come significato: giustizia come organizzazione e giustizia come vocabolo, giustizia come funzione e giustizia come diritto di tutti. A chi oggi su questo provvedimento interessa la giustizia? A nessuno: le ragioni di campagna elettorale sono evidenti fin dalla certezza che questa proposta non concluderà il suo iter, non ci sarà il tempo e non ci sarà lo spazio. Viene portata in discussione solo per consentire alle forze politiche di lisciare il pelo all'opinione pubblica su un tema sempre cruciale, come quello della certezza della pena, della tutela della vittima del reato, e speculare sulla campagna elettorale anche per il contenuto non tanto scritto, ma di sottotesto, che questo provvedimento contiene. Qual è il rumore di fondo di questa norma? Il ghigno cattivo, la faccia brutta, il pugno di ferro, come se questi strumenti servissero a fare più giustizia, a dare più tutela alla società, a proteggerla dal male. È tutta propaganda e si vede dalle mille contraddizioni che questo provvedimento ha dentro di sé, senza che chi lo propone e lo sostiene sia disposto a svelarle. Cosa significa negare il giudizio abbreviato, per esempio, ai reati puniti con l'ergastolo? Significa essere più severi, significa negare sconti di pena, quindi mostrare la faccia dura, lo Stato che si fa burbero, ma non si dice che, a questo punto, per coerenza, bisognerebbe negare anche tutte le attenuanti previste dal codice o le misure della “Gozzini” e tutte le premialità; in realtà troppe spiegazioni non si vogliono dare. Questa legge serve solo a fare un titolo, come si dice nel gergo giornalistico, a dire una cosa che in realtà non avverrà. Non è negando il giudizio abbreviato che si fa più giustizia, anzi il rischio è che se ne faccia di meno. Chi per lavoro frequenta le Aule di giustizia lo sa bene, non è un caso che tanto i magistrati, quanto gli avvocati, con i loro organismi di rappresentanza, abbiano detto “no” a queste misure, perché sono ben consapevoli che esse rischiano di fare meno giustizia e non di più.
Per dirne una: i riti alternativi hanno anche una funzione deflattiva della giustizia, cioè caricano meno la macchina di procedimenti lunghi e complessi, quindi consentono alla giustizia di esercitarsi in maniera più rapida, più snella. È possibile quindi che negando il rito abbreviato ad alcuni, e caricando di conseguenza il sistema di carichi che si potevano smaltire prima, si conduca alla prescrizione qualche altro giudizio, con il risultato finale che ha qualche vittima del reato non viene dato alcun risarcimento morale, col risultato che si fa meno giustizia dicendo che invece se ne vuole fare di più. Inoltre, come è ben noto a chiunque studi i problemi della giustizia, non è togliere il giudizio abbreviato per alcune fattispecie che distoglierà alcune persone dal commettere quei reati; non ha quindi neppure una funzione di deterrenza. Appesantisce la macchina, fa meno giustizia, non è deterrente, ma allora perché si vuole procedere per questa via? Perché si sente il bisogno di rappresentare agli occhi dei cittadini l'immagine di uno Stato con il ghigno che non perdona, mentre sappiamo che ben altre sarebbero le riforme da fare per rendere la pena certa, la giustizia celere, e per innalzare il senso di sicurezza sociale nella comunità che non dipende, come si sa, da un elemento marginale come quello di cui discutiamo, ma da un sistema complessivo che funzioni. Noi di Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista abbiamo presentato in Commissione giustizia emendamenti soppressivi di ciascuno degli articoli della proposta di legge. Lo abbiamo fatto perché non riteniamo emendabile nel dettaglio la normativa che andrebbe solo fermata nel suo insieme. Fermata per la sua strumentalità e fermata per la sua cultura di riferimento. Crediamo che la sicurezza dei cittadini, bene sacrosanto, che sta a cuore a tutti, si costruisca su altri terreni, gli strumenti di cattività e di asprezza su cui sono allestite certe propagande hanno, su tutto, il difetto di non servire a niente se non appunto a fare propaganda. Anche nel solco dei provvedimenti deflattivi della giustizia questi possono essere utilizzati in maniera più lucida, più intelligente. Se proprio si vuole dare un segnale simbolico, perché di questo parliamo, si agisca sull'entità dello sconto, ma non si cancelli l'utilità di uno strumento che ha varie motivazioni.
Su tutto, però, chiediamo strumenti efficaci che aumentino davvero la sicurezza e garantiscano sul serio la giustizia, non fumo negli occhi come questa proposta, e in questo senso dovremmo fare richiamo a una cosa che sembra passata di moda e che si chiama Costituzione. La nostra Carta fondamentale, da tanti invocata quando si fa lotta politica, ma poi dimenticata nella pratica, parla della pena come strumento di rieducazione: nessuno deve essere considerato spacciato, a tutti i bisogni offrire l'opportunità di un recupero, che non è perdonismo, lassismo o buonismo, ma progetto di vita che poi diventa progetto di comunità. Conviene alla società il recupero di un individuo che ha sbagliato prima che a lui, conviene a noi la rieducazione prima che a lui. Se si potesse, in questo momento, in quest'Aula, impostare un ragionamento serio e libero sul valore della pena nella nostra Costituzione, noi ci dovremmo domandare quanto sia compatibile l'ergastolo stesso con i nostri valori costituzionali, quel fine pena mai che rapporto ha con l'obiettivo rieducativo della pena?
Questa sarebbe la domanda giusta, ma figuriamoci se un'Assemblea che è già con la testa alle elezioni, e che propone leggi per usarle in campagna elettorale, può avere il coraggio di aprire un dibattito così complesso e così faticoso. Meglio le scorciatoie della propaganda, al punto di dire agli elettori che con un giudizio abbreviato in meno si ha un po' di sicurezza e di giustizia in più. Non è vero e noi non abbiamo timore di dirlo. Per questo Articolo 1 voterà “no” a questa proposta di legge (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Sisto. Ne ha facoltà.
FRANCESCO PAOLO SISTO. Grazie Presidente. Forza Italia ha tenuto un atteggiamento coerente, una parola difficile da tenere, soprattutto sotto l'onda di giuste emozioni quali quelle che sono state sollevate in quest'Aula. Ma quando si legifera, soprattutto ci si occupa di norme penali, è una parola che dovrebbe fare riflettere e che richiama non soltanto il dolore delle vittime, non soltanto la giusta riprovazione nei confronti di coloro che commettono reati piccoli o gravi che siano. Violare un bene giuridico protetto da una norma incriminatrice è comunque il fatto più grave, perché dà – lo dico tra virgolette - diritto, e quindi dovere, alla sanzione più grave del nostro sistema: la privazione della libertà personale.
Il capitolo delle norme penali non è un capitolo che si può affrontare soltanto con le emozioni. È un capitolo che va affrontato, come diceva Pietro Nuvolone, come un sistema, un sistema di diritto sostanziale, un sistema di diritto processuale. Mi meraviglia che alcune autorevoli voci in quest'Aula abbiano cambiato accento e pensiero immediatamente, vestendosi di abiti che non pensavo potessero avere tanto sono attaccati alla toga, tanto sono stati attaccati alla garanzia, tanto sono stati attaccati alla giustizia intesa come commisurazione della giusta sanzione nei confronti di chi ha commesso i reati. La giusta sanzione, che è una parola che può sembrare buonista in quest'Aula per quello che abbiamo ascoltato; il giusto processo, la giusta pena, la commisurazione della reclusione quella che sia, temporanea o senza fine, a fatti che sono stati commessi. Ecco, la parola “giusta” in quest'Aula non ha avuto l'eco che certamente merita. Forza Italia, da questo punto di vista, non ha timori di recepire l'urlo, le grida di chi ha subito quei gravi crimini, e di tramutarle in terapie che siano costituzionali, siano in linea con i principi fondanti della nostra democrazia. Noi questo timore non ce l'abbiamo e affrontiamo l'agone politico con la consapevolezza della coerenza: sulla giustizia non facciamo transazioni con nessuno! Questa fermezza, questo coraggio, questo - fatemelo dire - orgoglio di tenere duro sui principi, noi l'abbiamo tradotto con un voto di astensione, perché, Presidente, siamo consapevoli delle esigenze, delle ragioni, ma altrettanto consapevoli che i rimedi vanno trovati all'interno dei principi costituzionali.
Riteniamo che il rimedio che viene trovato, ideato, in questa proposta di legge, è un rimedio che è a rischio di costituzionalità. Lungi da noi discutere il tema che il giudizio abbreviato per reati così gravi debba andare non al giudice monocratico, ma alla corte di assise. Questo è da noi condiviso. Riteniamo che la rilevanza di quei fatti meriti un giudice collegiale a composizione mista. Ma questo è conforme al sistema, questo significa aumentare la qualità della giustizia, se anziché un giudice monocratico ci sono più giudici togati e più giudici popolari per reati così gravi. Questa è una giusta scelta. Allora la capacità di discernere quello che può essere condiviso, da quello che invece lascia perplessi, credo che appartenga all'Aula del Parlamento. Credo che sia proprio questo il nostro compito.
Il giudizio abbreviato - vorrei ricordare a chi ha un po' pontificato su questo sistema - non è soltanto uno sconto tout-court per la scelta del rito, non è soltanto un risparmio spazio-temporale che viene premiato, perché chi si accosta al giudizio abbreviato ovviamente non ammette alcuna responsabilità, diciamolo subito, per non confonderlo con il patteggiamento, ammesso che il patteggiamento possa essere dal punto di vista strettamente processuale un'ammissione di responsabilità; ma chi si accosta al giudizio abbreviato, Presidente, accetta l'utilizzabilità di tutti gli atti della pubblica accusa, cioè si carica, senza quasi possibilità di neutralizzazione nel contraddittorio, quindi rinunciando alla fase del contraddittorio, di tutti gli atti di indagine, che diventano tutti utilizzabili, salvo rarissime ipotesi, adesso anche ridotte dalla recentissima riforma. Non è soltanto uno sconto, è anche un'adesione alla prova di accusa. Si può dire che per reati più gravi questo intento deflattivo - e non soltanto deflattivo - meriti un'esclusione perché si tratta di fattispecie che vengono ritenute diverse dalle altre?
Noi abbiamo forti dubbi di costituzionalità, ai sensi dell'articolo 3, perché il principio di meritevolezza non è un principio che può essere legato all'arbitrio, sotto il profilo del diritto della difesa, di poter ricevere identico trattamento in identità di condizioni che possono non essere la gravità del reato, perché poi dovremmo chiederci perché per altri reati parimenti odiosi l'abbreviato dovrebbe rimanere una scelta possibile. Cioè, l'effetto domino diventa quasi irreversibile, perché per tanti ci sono reati ben più gravi di questi dal punto di vista personale, funzionale, familiare, sociale, economico, e arriveremo a dire che anche per la bancarotta non è più possibile il rito abbreviato perché la bancarotta è un reato odioso, che attacca l'economia, che attacca il diritto di lavorare. A questo arriveremo! Ci rendiamo conto - e Forza Italia ne è consapevole - che, una volta che il grimaldello viene innescato, la deriva può essere irrefrenabile. Giustamente irrefrenabile! Quando si viola un principio, l'effetto che fa la violazione del principio è incontrollabile. Noi teniamo duro, e ci assumiamo la responsabilità di una scelta matura ma coerente, perché, Presidente, qui dobbiamo scegliere, e il nostro sistema ha già scelto, dal punto di vista costituzionale. Conta la gravità del reato o contano le persone? Quando nella nostra Costituzione è scritto che la responsabilità penale è personale, il baricentro della nostra Costituzione non è la gravità del fatto, ma il soggetto. È quello il punto di riferimento, piaccia o non piaccia! Non esiste un reato che fa a meno del soggetto che ha posto in essere quella condotta. Quando noi sosteniamo non l'ampiezza, non l'arbitrio, non il libero arbitrio da parte del giudice, ma la possibilità di dare al processo ermeneutico-interpretativo una concretezza che gli deriva soltanto dal giudizio - il giudice deve poter giudicare -, noi dobbiamo scegliere, e la Costituzione ha già scelto. Possiamo anche scegliere diversamente, ma sapendo che non è quella la scelta della Costituzione. Vogliamo privilegiare la gravità del fatto o vogliamo privilegiare la capacità di adeguare la sanzione al soggetto e alla concretezza di quel fatto? Ciò perché se noi scegliamo che per ogni fatto grave non vi deve essere scampo comunque, affermiamo un principio chiaramente incostituzionale. Allora, l'atteggiamento non è diverso da quello degli amici della Lega. Abbiamo già detto che questa non è una questione politica, perché quando si parla di diritto penale e di tecnica il diritto penale non è un problema politico, è un problema di rispetto di cardini del sistema, allora noi siamo esattamente sulla stessa linea: noi siamo convinti che si debba dare certezza alla pena, siamo convinti che si debba in qualche modo trovare la maniera di dare effettività al rapporto tra responsabilità e sanzione; ma le soluzioni non sono quelle di travolgere o di rischiare di travolgere i cardini del sistema; devono essere soluzioni ragionevoli.
Il voto di Forza Italia è un voto meditato, è un'astensione meditata, che prende atto dell'esistenza del problema. Non condivide, perché ha delle perplessità, la soluzione dell'articolo 1, in riferimento al quale abbiamo ritirato il nostro emendamento soppressivo, ma abbiamo aggiunto la necessità di dare concretezza ad una scelta così delicata. È una scelta che condivide l'abbreviato davanti alla Corte di Assise. Ha perplessità almeno sul giudizio di equivalenza delle attenuanti nei confronti delle aggravanti. E con questa perplessità e con questo spirito, noi continuiamo in un percorso di release, di revisione del sistema penale, nel tentativo di migliorarlo, non di raggiungere obiettivi a tutti i costi, che, a nostro avviso, non sono in assonometria - come dicono i miei colleghi ingegneri - con quella che è la lettura elementare dei principi della Carta fondante della nostra democrazia.
Questa astensione - e vorrei che questo fosse non chiaro ma chiarissimo - deriva da una sola necessità: non far mancare il nostro apporto all'approfondimento dei fondamentali temi che sono stati discussi in quest'Aula, ma non si pensi neanche per un attimo che sulla giustizia si possa pensare di intervenire mediante un'emotività, perché la storia ci ha insegnato che la legislazione dell'emergenza è foriera soltanto di pessime norme. Astensione!
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato Vittorio Ferraresi. Ne ha facoltà.
VITTORIO FERRARESI. Presidente, innanzitutto spieghiamo a chi ci segue di cosa stiamo parlando. Questa proposta di legge, come è stato detto, ha avuto un iter travagliato, perché era una proposta partita dalla Camera, andata poi al Senato e confluita nella riforma del processo penale, la cosiddetta “riforma Orlando”; ma è confluita male, perché, in pratica, la maggioranza del Senato ha visto bene di farla lì confluire ma eliminandola totalmente dal testo. Quindi, si tratta certo di un comportamento bizzarro da parte della maggioranza di Governo, che al Senato ha fatto confluire questa norma in una norma più grande per farla approvare ma poi l'ha totalmente cancellata, e oggi l'approva. Molto probabilmente, se all'epoca fosse stata inserita nel testo dalla riforma del processo penale, oggi non dovremmo stare qui a perdere tempo, perché non ci sarà più tempo, per il Senato, per approvarla, e potremmo già averla come legge dello Stato, invece questo non è successo.
Questa proposta rende non applicabile il giudizio abbreviato, che è un procedimento penale speciale, deflattivo, del dibattimento appunto per reati gravi per i quali è prevista la pena dell'ergastolo. Cos'è il giudizio abbreviato? Un procedimento penale speciale, come ho detto, cui la decisione sulla fondatezza o meno dell'imputazione arriva in una fase precedente, che è quella dell'udienza preliminare, e non dopo il dibattimento. Questo cosa vuol dire? Significa che in cambio di un'accelerazione dei tempi del processo fatta appunto con una decisione che viene presa allo stato degli atti o al massimo con un'integrazione probatoria, quindi con una velocizzazione del processo richiesta dall'imputato stesso, c'è un premio, che consiste alla fine nello sconto di pena di un terzo, se ci sarà una condanna. Quindi il processo va più veloce, la decisione viene presa allo stato degli atti con una minima integrazione probatoria, e in cambio, in caso di condanna, ci sarà uno sconto di pena di un terzo. Ovviamente, però, questo può comportare, per reati anche gravi come appunto gli omicidi, per i quali viene prevista la pena dell'ergastolo, uno sconto di pena di un terzo. Quindi, per esempio, per una condanna di trent'anni, addirittura dieci anni di sconto di pena.
Questo, ovviamente, agli occhi di tutti, dei cittadini, risulta alquanto ingiusto, ovvero che chi ha commesso dei reati così gravi, magari con crudeltà, con sevizie o con motivi assolutamente futili possa ricevere uno sconto di pena così alto. Ma voglio dire anche un'altra cosa. Ho cercato di spiegarlo con semplicità, perché molti colleghi intervenuti per il proprio gruppo addirittura in dichiarazione di voto hanno dato delle informazioni che non sono delle fakenews, sono semplicemente frutto di ignoranza: ho sentito dire dal collega di Fratelli d'Italia che questo provvedimento si applica anche alle violenze sessuali, ma loro non vogliono applicarlo alle violenze sessuali; si applica anche alle violenze sessuali, il che, ovviamente, non è corretto e l'ho sentito dire anche da altri colleghi della Lega Nord. Ho sentito addirittura il collega Buttiglione dire che il giudizio abbreviato comporta l'ammissione di colpevolezza da parte dell'imputato. Insomma, io credo veramente che certe volte prima di intervenire su temi così delicati e tecnici qualcuno dovrebbe leggersi almeno il testo di cui stiamo parlando e avere un attimo in più di cognizione di quello di cui stiamo discutendo, ovviamente.
Ho sentito dire dai colleghi di Sinistra Italiana e di MDP che l'ergastolo addirittura sarebbe un “fine pena ma”i, ma forse nel mondo dei sogni perché è ovvio che l'ergastolo non è un “fine pena mai” ma può, diciamo, essere integrato con delle misure che lo possono rendere, appunto, assolutamente compatibile costituzionalmente col principio della rieducazione della pena e, infatti, molti ergastolani escono e hanno una vita e, addirittura, entrano nelle carceri a fare politica, come abbiamo visto in questi mesi da parte di alcuni ex brigatisti. Noi abbiamo inoltre sentito delle cose aberranti a partire dal fatto che, semplicemente, non ci sarebbe una compatibilità costituzionale. La compatibilità c'è. Forse, appunto, alcuni confondono l'ergastolo con l'ergastolo ostativo.
Altra norma che è stata messa molto in discussione soprattutto da persone pericolose, persone che vogliono concedere un ennesimo regalo alla mafia, in questo caso, ovvero permettere a persone, a boss mafiosi che hanno commesso crimini assolutamente vergognosi, di poter accedere a certe misure anche se non hanno mai collaborato con lo Stato (Stato che la mafia vuole sostituire con il suo potere). Visto che noi del MoVimento 5 Stelle ormai siamo gli unici a difendere un minimo di legalità all'interno di questo Parlamento, non vogliamo assolutamente che succeda una cosa così, ovvero che lo Stato possa essere sostituito dalla mafia e, quindi, questi favori alla mafia noi non li faremo mai e li contrasteremo sempre (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle)!
Quello che è stato fatto in questa legislatura per cercare di risolvere il problema delle carceri è costituito dai continui provvedimenti svuota carceri, le continue depenalizzazioni, i continui favori, appunto, e provvedimenti che vanno contro la tutela delle vittime, come i risarcimenti per le vittime dei reati violenti o come l'intervento sulla depenalizzazione dello stalking, su cui si è fatto, appunto, un breve intervento nel decreto fiscale per cercare di recuperare, per fortuna, o come il reato tenue e, ancora, come gli ultimi decreti del Governo che tolgono la procedibilità d'ufficio anche per reati gravi come la truffa o la frode fiscale.
Ecco, si è parlato, in questi cinque anni, di come fare per risolvere il problema delle carceri e a svuotare le carceri e mai si è parlato, invece, delle condizioni di chi vive all'interno delle carceri e se effettivamente il principio di rieducazione della pena all'interno funzioni o no, perché le misure alternative sono misure sentite, appunto, con gran delicatezza dal cittadino, che vede che la certezza della pena non è mai efficace e non c'è mai. Benissimo, noi crediamo che il nostro sia un Paese anormale da questo punto di vista, perché se da una parte chiediamo maggiore forza nel garantire la certezza della pena ed evitare questi sconti di pena enormi anche a persone che hanno commesso degli omicidi gravi, dall'altra parte diamo la possibilità a tante persone di accedere alle misure alternative ma non c'è rieducazione, perché queste misure alternative nel nostro Paese al momento non sono efficaci. Non c'è rieducazione e non c'è lavoro nel nostro Paese. Allora, il Ministro Orlando, che vuole intervenire per allargare le maglie, dovrebbe prima garantire la sicurezza all'interno delle nostre carceri per permettere a chi appunto attua la sicurezza di poterlo fare senza rischi, per controllare e fare in modo che non ci siano gestioni mafiose all'interno delle carceri, come abbiamo visto negli ultimi interventi e nelle ultime inchieste giornalistiche a Napoli e a Bologna (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle), dove addirittura mafiosi e criminali pericolosi gestiscono traffici di droga e comunicano con l'esterno con telefoni cellulari. Ma che cosa crediamo, che dentro queste carceri ci possa essere rieducazione? Crediamo che con queste misure alternative, che molto spesso vengono utilizzate per scambiarsi messaggi, ci possa essere una benché minima legalità, rieducazione dei condannati e reinserimento sociale? Non c'è giustizia per le vittime e non c'è rieducazione in questo Paese.
Ecco perché il primo punto che dobbiamo attuare, oltre a tutelare le vittime e oltre a tutelare le donne che subiscono vergognosi crimini da parte di certi soggetti, è la vergogna di subire dei provvedimenti governativi che vanno assolutamente in contrasto con i principi che ogni giorno sentiamo affermare sui telegiornali e in quest'Aula. È quindi necessario garantire la certezza della pena, che sicuramente può essere maggiormente garantita con un provvedimento del genere. Peccato che si siano voluti escludere, Presidente, da questa normativa i reati molto gravi, i reati molto gravi di mafia, i reati molto gravi di terrorismo, i reati molto gravi di sottoposizione di persone, anche minorenni, a violenza sessuale. Tutte queste norme sono state escluse da questo provvedimento e non sono state escluse, appunto, nei confronti dei soggetti che intervengono per compiere determinati reati per la criminalità organizzata; sono state escluse anche nei confronti dei boss mafiosi. Faccio un esempio: a Reggio Emilia, al secondo maxiprocesso più importante del nord Italia, con imputati eccellenti come Nicolino Grande Aracri, boss e capofila referente in Emilia-Romagna di una cellula indipendente facente capo a Grande Aracri, lui e altri 'ndranghetisti hanno fatto richieste di giudizio abbreviato e, quindi, vedranno la loro pena, che è già stata inflitta in primo grado, scontata di un terzo.
Questo, secondo noi, è inaccettabile; è inaccettabile che queste persone, che attaccano e intimidiscono persone sul territorio e attaccano lo Stato nella sua integrità, possano beneficiare di questi sconti di pena. Non sono criminali di basso fondo, ma sono importanti boss, sono importanti persone di riferimento per la criminalità che mettono in crisi la nostra legalità e il nostro sistema giustizia. E, quindi, è inammissibile che possa essere garantito a loro uno sconto di pena, anche perché queste persone, dopo aver fatto 5, 6 o 7 anni di galera - se va bene - tornano nella società, tornano a intimidire, tornano a riorganizzare le cellule mafiose e continuano a delinquere e questo non è assolutamente accettabile. Per questo Il MoVimento 5 Stelle ha fatto proposte per allargare, appunto, questa previsione, che oggi votiamo, anche a reati molto gravi come quelli di mafia e di violenza sessuale, ma queste proposte sono state respinte da quest'Aula e dalla maggioranza che esprime questo Governo.
Noi crediamo che questo che andremo a votare oggi sia, ovviamente, un punto importante e voteremo favorevolmente su questo provvedimento, ma di sicuro il nostro compito non finisce qui. Infatti, è ovvio che queste grandi tragedie, che vedono delle famiglie straziate da reati gravissimi che attaccano la loro intimità e la loro sete di giustizia, visti gli sconti che arrivano dopo, devono essere assolutamente contrastate culturalmente con delle norme ma soprattutto con la prevenzione, perché è giusto che le vittime abbiano giustizia, ma sarebbe ancora più giusto, in un Paese civile, evitare che simili violenze accadano, dando un esempio concreto che questo Stato può prevenire la mafia, può prevenire le violenze e i plurimi omicidi che abbiamo visto anche in questi mesi. Lo Stato deve essere vicino alle vittime e garantire loro un serio apporto, con lo Stato, appunto, che si rende partecipe di garantire loro giustizia, prevenzione, aiuto, autonomia e un concreto risarcimento qualora non riescano ad avere giustizia dai criminali. Noi non vogliamo garantire ai criminali ancora ulteriori scappatoie e, quindi, voteremo favorevolmente, ma questo è solo un primo passo. Gli altri saremo sicuri di farli se avremo la possibilità di governare questo Paese e di portare legalità, lotta e contrasto all'impunità che per trent'anni abbiamo visto sotto i nostri occhi e che hanno visto anche le vittime, Presidente (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto il deputato David Ermini. Ne ha facoltà.
DAVID ERMINI. Grazie, signora Presidente. Onorevoli colleghe e onorevoli colleghi, la proposta di legge che andiamo ad approvare oggi, come è stato più volte spiegato dai colleghi che sono intervenuti prima di me, fa riferimento all'applicabilità del rito abbreviato a dei reati particolarmente efferati, come quelli puniti con la pena dell'ergastolo. La Camera in precedenza aveva già votato questa norma, sia pure in forma diversa, norma che è finita al Senato e che poi è sostanzialmente evaporata. E, allora, con la richiesta del collega Molteni, che è il primo firmatario di questa proposta di legge, in Commissione abbiamo trovato l'accordo per riportarla immediatamente, prima che finisca la legislatura, in Aula, perché si spera che, una volta approvata qui alla Camera, possa trovare anche l'approvazione dell'altro ramo del Parlamento. Vogliamo che questa legge entri in vigore, perché la riteniamo una legge giusta e di buonsenso. Abbiamo sentito molte cose oggi, sia in riferimento alla norma sia in riferimento a tutt'altro. C'è chi ha parlato di depenalizzazione, c'è chi ha parlato di misure alternative. Questa norma è una norma che va a colpire il rito; non tocca le pene, non tocca le misure alternative, non tocca la depenalizzazione. Questa norma parla del rito e parla del rito abbreviato, che è un istituto inserito nel nostro ordinamento con la riforma Vassalli del 1988, entrata in vigore poi nel 1989, che è una sorta di do ut des fra lo Stato e l'imputato. Sostanzialmente, lo Stato dice: se tu mi eviti il processo e la fase dibattimentale, ma accetti il processo allo stato degli atti davanti al giudice dell'udienza preliminare, ti do uno sconto di pena secco di un terzo.
Questa norma era, così come l'approviamo oggi, già inserita nel codice del 1988. È stata poi modificata nel corso degli anni, ma abbiamo verificato che, così come è stata modificata, ad oggi questa norma non funziona. Non funziona perché non si può applicare un terzo di sconto di pena secco a chi ha commesso un reato che è punito con la pena dell'ergastolo, e qui si sta parlando di terrorismo, di stragi, di omicidi a seguito di stalking, di violenza sessuale di gruppo; questi sono i reati per cui oggi noi diciamo: basta, il rito abbreviato non lo puoi ottenere più, perché non si può avere uno sconto di pena di un terzo semplicemente per una scelta di rito. Qui non si parla di altre cose. Io scelgo l'abbreviato e lo Stato mi dà un terzo di sconto. Questo, con questa norma, oggi non si potrà fare più.
Quindi, si tocca il procedimento, non si va a toccare la pena. Non mescoliamo le misure alternative, non mescoliamo le depenalizzazioni che riguardavano pene con sanzioni pecuniarie, non mescoliamo altre cose. Qui si sta facendo una norma esclusivamente per dare una ragione allo Stato di celebrare un processo completo, di cognizione piena, di fronte al giudice naturale, e si dice: se tu hai commesso un reato che prevede la pena dell'ergastolo, hai diritto tu ad andare davanti al giudice naturale in piena istruzione dibattimentale e ha diritto la vittima e hanno diritto le parti offese nel processo ad avere un processo di cognizione piena e, nel caso anche di reati di competenza della corte d'assise, non più davanti al giudice monocratico, ma di fronte all'organo collegiale, giudice naturale, che è la corte di assise.
Di fronte a questo abbiamo sentito dire un po' di cose, oggi, un po' contraddittorie con quelle che abbiamo sentito dire peraltro in tutti questi quattro anni e mezzo. Abbiamo sentito oggi Forza Italia dire che vuole dare la discrezionalità ai magistrati per scegliere se è opportuno o meno applicare o no le varie attenuanti. Diciamo che diamo questa responsabilità discrezionale ai magistrati, quando fino a ieri, fino a un minuto fa, Forza Italia diceva che dovevamo fare le leggi per evitare che ci fosse maggiore discrezionalità da parte dei magistrati. Ma, si sa, cambiare idea è una cosa anche intelligente, qualche volta; però, abbiamo sentito anche i toni dimessi di Forza Italia, i toni dimessi di fronte a un alleato che se ne sta andando per conto suo, ma di questo dirò dopo. Abbiamo sentito parlare di tutto, abbiamo sentito parlare il collega Ferraresi del MoVimento 5 Stelle, attaccare la politica giudiziaria che ha fatto questa maggioranza.
Però noi abbiamo un programma su queste cose. Penso che la differenza fra il Partito Democratico e un po' gli altri partiti sia che noi sappiamo qual è la nostra linea di politica giudiziaria. Vedete, noi abbiamo fatto tanti provvedimenti, abbiamo fatto la legge n. 67 del 2014, che è stata una legge importantissima, che ha portato la tenuità del fatto, una cosa che ci chiedevano le procure, una cosa che ci chiedevano gli avvocati. La messa alla prova, la sospensione del processo per gli irreperibili. Ne abbiamo fatte tante, abbiamo fatto gli ecoreati, ma ci sono quattro provvedimenti di cui andiamo particolarmente orgogliosi, e li abbiamo fatti anche con l'aiuto degli altri gruppi parlamentari, per la verità non sempre. Ma abbiamo approvato la legge sull'autoriciclaggio, che da cinquant'anni nessuno aveva fatto. Abbiamo reintrodotto il reato di falso in bilancio, che era stato fatto sparire. Abbiamo approvato il disegno di legge del Presidente Grasso sull'anticorruzione. Abbiamo approvato la norma sul cosiddetto whistleblowing per la tutela di coloro che denunciano gli atti di corruzione o di stalkeraggio, se così si può dire, all'interno delle aziende e della pubblica amministrazione.
Chiedo agli altri, di fronte a un programma come quello che ha cercato di portare avanti il Partito Democratico, che cosa propongono gli altri? Lo chiedo in particolar modo di fronte alla sceneggiata che è andata oggi in onda fra la Lega e Forza Italia, i futuri alleati nella prossima campagna elettorale. Se ve ne siete date di santa ragione oggi su una norma che era a firma di Molteni, che noi abbiamo approvato e che approveremo stasera, che cosa succederà su altri tipi di provvedimenti? Che cosa andrete a raccontare agli elettori in campagna elettorale, che farete risparire un'altra volta il falso in bilancio oppure lo manterrete? Questa norma chiederete di abrogarla oppure la manterrete? Cosa farete sul whistleblowing, lo manterrete o lo abrogherete? Credo che di fronte agli elettori il senso della responsabilità sia anche questo, oppure si sta insieme solo per dire: abbiamo sconfitto le sinistre? Se ci riuscirete, auguri; penso di no e spero proprio di no, però non potete prendere in giro i cittadini.
I cittadini lo devono sapere: oggi avete dimostrato che non siete in grado di portare un programma di Governo comune in materia di giustizia. E, allora, penso che oggi l'approvazione di questa norma, che va a toccare il rito abbreviato, sia fondamentale, e la vogliamo dedicare alle vittime di questi reati. Guardate, noi abbiamo fatto altri provvedimenti; uno arriverà probabilmente nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, nella legge di bilancio. Quando noi abbiamo inserito il Fondo per le vittime dei reati violenti molti hanno sorriso, ma lo abbiamo fatto perché noi eravamo inseriti nella procedura di infrazione a livello europeo. Abbiamo detto: intanto lo facciamo, intanto rompiamo questo tabù, e poi, dopo, cominceremo a metterci dei soldi. Intanto quest'anno da 2,6 milioni il Fondo lo portiamo a 10 milioni per le vittime dei reati violenti; non solo, ma inseriremo anche le vittime dei reati violenti insieme alle vittime di usura e alle vittime della criminalità organizzata per avere quei fondi che vengono dalle sanzioni amministrative relative a quella depenalizzazione che a qualcuno ha fatto storcere il naso, ma che servirà ad avere un effetto deflattivo su tutti i processi, a togliere dalle scrivanie delle procure - chiudo subito, Presidente - tanti processi inutili e a portare dei soldi che andranno a favore delle vittime. Credo che questo sia un messaggio importante che oggi il Partito Democratico dà, dimostrando, ancora una volta, da che parte stiamo, cioè dalla parte dei cittadini più deboli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.
FABRIZIA GIULIANI, Relatrice. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Per un ringraziamento, immagino, prego.
FABRIZIA GIULIANI, Relatrice. Esatto. Come immagina, Presidente, vorrei esprimere il ringraziamento alla Commissione che ha collaborato fattivamente, naturalmente al collega Molteni, che è stato promotore di questa importante norma, e a tutti quelli che fattivamente vi hanno collaborato, anche tra i funzionari e tra i colleghi della Camera. Un ringraziamento davvero sentito.
(Coordinamento formale - A.C. 4376-A)
PRESIDENTE. Se non vi sono obiezioni, la Presidenza si intende autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
(Così rimane stabilito).
(Votazione finale ed approvazione – A.C. 4376-A)
PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 4376-A: "Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inapplicabilità e di svolgimento del giudizio abbreviato, nonché modifica all'articolo 69 del codice penale, in materia di concorso di circostanze aggravanti e attenuanti".
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 19).
Seguito della discussione della proposta di legge: Garnero Santanchè ed altri: Istituzione del Registro pubblico delle moschee e dell'Albo nazionale degli imam (A.C. 2976-A); e delle abbinate proposte: Caparini ed altri; Molteni ed altri; Palmizio (A.C. 486-1570-3421) (ore 19,20).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della proposta di legge n. 2976-A: Istituzione del Registro pubblico delle moschee e dell'Albo nazionale degli imam; e delle abbinate proposte di legge nn. 486-1570-3421.
Ricordo che nella seduta del 27 novembre si è conclusa la discussione generale e i relatori e il rappresentante del Governo sono intervenuti in sede di replica.
Ricordo altresì che, a norma dell'articolo 40, comma 1, è stata presentata la questione pregiudiziale di costituzionalità Costantino ed altri n. 1.
(Esame di una questione pregiudiziale – A.C. 2976-A)
PRESIDENTE. Passiamo quindi all'esame della questione pregiudiziale di costituzionalità Costantino ed altri n. 1 (Vedi l'allegato A).
Avverto che i tempi per l'esame della questione pregiudiziale sono computati nell'ambito del contingentamento relativo alla discussione generale.
A norma del comma 3, dell'articolo 40 del Regolamento, la pregiudiziale può essere illustrata per non più di dieci minuti da uno solo dei proponenti; potrà, altresì, intervenire un deputato per ognuno degli altri gruppi per non più di cinque minuti.
La deputata Costantino ha facoltà di illustrare la sua questione pregiudiziale n. 1.
CELESTE COSTANTINO. Grazie, Presidente. La proposta di legge in esame chiede che venga istituito il Registro pubblico delle moschee e l'Albo nazionale degli imam; essa pone all'attenzione del Parlamento una questione di grande attualità, ovvero l'assenza di una disciplina della presenza islamica in Italia, ma lo fa, purtroppo, presentando notevoli criticità, sia sotto il profilo tecnico-giuridico, sia sotto il profilo politico-costituzionale. Rispetto al primo, si rileva l'assenza di reciprocità tra la comunità islamica e lo Stato nel disciplinare l'organizzazione della vita religiosa. Il diritto costituzionale italiano non consente di sottoporre l'esercizio della libertà religiosa a condizioni o restrizioni che non siano quelle valevoli per qualunque attività di tipo sociale. La vigilanza sul rispetto di questo principio da parte della Corte costituzionale, per certi versi, è più forte proprio quando si tratta di comunità religiose che non abbiano un'intesa con lo Stato italiano. Nel caso dell'Islam, inoltre, tale tipo di interferenza assumerebbe un carattere particolarmente invasivo per le caratteristiche comunitaristiche e tendenzialmente a-gerarchiche di questa religione.
La relazione introduttiva della proposta di legge Santanchè pare consapevole del fatto che l'imam non possa essere assimilato alla figura di un ministro di culto, ma di ciò non si tiene conto nell'articolato. L'imam è molto di meno e molto di più di un ministro di culto, perché non è un sacerdote, ma guida la preghiera e, per certi versi, la stessa comunità.
La questione è stata risolta, nei Paesi dell'Islam mediterraneo, attraverso la statualizzazione dell'Islam, ma, in Italia, ogni tentativo di scrivere una disciplina dell'Islam in assenza di un accordo con la stessa comunità islamica non può che configurarsi come incostituzionale e in conflitto con la Convenzione europea dei diritti umani.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SIMONE BALDELLI (ore 19,25)
CELESTE COSTANTINO. Per quel che riguarda, invece, il profilo politico-costituzionale, non si possono imporre alle confessioni religiose requisiti differenziati per accedere allo spazio pubblico. Il libero esercizio del culto costituisce un aspetto essenziale della libertà di religione - articolo 19 della Costituzione - ed è quindi riconosciuto egualmente a tutti e a tutte le confessioni religiose - articolo 8, commi primo e secondo - a prescindere dalla stipulazione di un'intesa con lo Stato, che non costituisce, pertanto, conditio sine qua non per l'esercizio della libertà religiosa. L'apertura di luoghi di culto, in quanto forma e condizione essenziale per il pubblico esercizio dello stesso, ricade nella tutela garantita dall'articolo 19 della Costituzione, il quale riconosce a tutti il diritto di professare la propria fede religiosa, in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, con il solo limite dei riti contrari al buon costume.
Criticità costituzionali vi sono anche nel controllo del prefetto sull'imam e sulla revoca dell'iscrizione della moschea e nell'obbligo dell'imam di iscriversi all'Albo. All'articolo 7 del provvedimento, infatti, si prevede l'Albo nazionale degli imam. Per avere accesso all'Albo l'imam deve avere, leggo il virgolettato: “sufficiente livello di istruzione, preparazione, competenze ed esperienze coerenti con il profilo da ricoprire, secondo i criteri di valutazione stabiliti dalla commissione per l'Albo degli imam”. L'attestato di idoneità su tali competenze dovrebbe essere rilasciato da una commissione istituita presso il Ministero dell'istruzione che sarebbe competente per tutte le questioni concernenti la formazione e la tenuta dell'Albo. Essa avrebbe carattere interreligioso e sarebbe composta da dieci membri nominati, per metà, dal Ministro dell'interno e, per metà, dal Ministro dell'istruzione. La commissione avrebbe il compito di esaminare le domande di iscrizione all'Albo e di esprimere parere su di esse al Ministro dell'interno, promuove iniziative atte a elevare la qualificazione e l'aggiornamento degli imam iscritti all'Albo e favorire il dialogo e la collaborazione con i responsabili delle moschee e con le comunità degli immigrati di religione mussulmana. Una tale commissione, in Italia, si qualificherebbe come un atto di interferenza ingiustificata nella vita comunitaria dei musulmani e di irragionevole discriminazione nei confronti dell'Islam.
Concludo, Presidente. Due giorni fa, a soli quarant'anni, ci ha lasciato Alessandro Leogrande, scrittore attento che ha affrontato con grande profondità questi temi. Lui ci diceva: c'è una linea immaginaria eppure realissima, una ferita non chiusa, un luogo di tutti e di nessuno di cui ognuno invisibilmente è parte. È dentro questa ferita che si inserisce questo provvedimento, in contrasto con i diritti costituzionali, con gli interessi nazionali e che ignora del tutto le effettive caratteristiche dell'Islam italiano, finendo con l'essere incapace di costruire un processo di integrazione della comunità musulmana. Per tutti questi motivi, chiediamo di non procedere all'esame (Applausi dei deputati del gruppo Sinistra Italiana-Sinistra Ecologia Libertà-Possibile).
IGNAZIO LA RUSSA. Chiedo di parlare.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.
IGNAZIO LA RUSSA. Sono l'unico iscritto, Presidente?
PRESIDENTE. No, ce n'è una certa quantità; è in buona compagnia, collega La Russa.
IGNAZIO LA RUSSA. Siccome io non mi sono ancora iscritto…
PRESIDENTE. Evidentemente, qualcuno del suo gruppo ha deciso di iscriverla a sua insaputa; però, se intende rinunciare…
IGNAZIO LA RUSSA. No, no, non intendo rinunciare, volevo parlare dopo, semplicemente. Comunque, va bene.
PRESIDENTE. Mi dicono che è stato iscritto quest'oggi alle 13,20, per l'esattezza.
IGNAZIO LA RUSSA. La capacità organizzativa del mio gruppo supera la umana immaginazione…
PRESIDENTE. E anche le più rosee aspettative del presidente La Russa.
IGNAZIO LA RUSSA. Sì, le mie più rosee aspettative. Vede, Presidente. Potrei cercare, senza leggere, come ha fatto la collega relatrice… era la relatrice la collega che ha parlato prima? No. Della relatrice non si hanno tracce? Questo è un problema (Commenti).
PRESIDENTE. Che succede? Non ho capito. È la presentatrice della pregiudiziale e in quanto tale la illustra.
IGNAZIO LA RUSSA. Lo so: è la presentatrice della questione pregiudiziale e in quanto tale la illustra. Dicevo che nel banco dei Nove non si hanno tracce della relatrice, cosa che di solito avviene, quasi che anche ci si vergognasse del modo con cui ci si sta comportando da parte della maggioranza nei confronti di un provvedimento che, già dalle legislature precedenti, è all'ordine del giorno…
PRESIDENTE. Ecco il relatore, che la sta raggiungendo…
IGNAZIO LA RUSSA. Basta chiamarlo: l'ho evocato senza bisogno dell'occultismo che è vietato dalla norma. L'ho evocato ed è venuto…
ENZO LATTUCA, Relatore per la maggioranza. C'ero anche ieri io.
IGNAZIO LA RUSSA. Io no, non c'ero, ma io non sono il relatore e quello che sta avvenendo sulla proposta di legge, Presidente e cari colleghi, è emblematico di come si intenda qui svolgere un'attività democratica e parlamentare. È una proposta di legge presentata dall'opposizione. Già due legislature fa insieme all'onorevole Santanchè ed altri ne avevamo proposta una simile e adesso è l'insieme di più provvedimenti e abbiamo ottenuto come risposta che già in Commissione, con la presentazione di un emendamento soppressivo, venisse sostanzialmente fatta venir meno la norma che consentirebbe altrimenti all'opposizione quantomeno di arrivare con un proprio testo e un proprio relatore - ecco perché volevo il relatore - davanti all'Aula. Non contenti si è ritenuto di presentare una questione pregiudiziale di incostituzionalità e il bello, la cosa più divertente del mondo, è che la questione pregiudiziale di incostituzionalità è stata presentata grossomodo dalla stessa area politica e culturale che pretende addirittura in alcune città della Toscana (e ci sta provando anche a Milano) di far firmare un documento di assoluta rispondenza alla Costituzione e quant'altro a chi vuole una casa popolare, il quale deve dichiarare ad esempio di essere non omofobo, di essere antifascista e quant'altro. Ecco quel fatto è ritenuto dalla stessa parte politica e culturale assolutamente lecito. Si ritiene invece incostituzionale - lo sappiano quei pochi cittadini che sono davanti alla televisione e che magari seguono i nostri lavori perché non hanno meglio da fare - una norma che vorrebbe semplicemente regolamentare le moschee dove è dato di comune esperienza che si sono più volte - ripeto: più volte - ritrovate occasioni, persone, gruppi che organizzano o comunque facilitano azioni di terrorismo tant'è che molti imam sono stati espulsi dall'Italia.
Cosa pretende la norma che si considera incostituzionale? Pretende semplicemente che lo Stato italiano ci metta l'occhio, controlli chi è l'imam, lo iscriva in un pubblico registro. Pensate che cosa antidemocratica! Per fare l'avvocato c'è l'ordine degli avvocati; per fare l'agente di commercio devi essere agente di commercio; per fare l'imam che predica a volte il terrorismo non c'è bisogno di niente! Non si può chiedere un pubblico registro perché dicono che è incostituzionale. Allo stesso modo con la richiesta di pregiudiziale non si vuole neanche discutere il provvedimento perché, se passa la pregiudiziale di incostituzionalità, non c'è più neanche la possibilità di esaminare i singoli punti. Foste stati sinceri e non invece culturalmente e ideologicamente portati a proteggere attività a vostro avviso lecite, potevate emendare le parti che non andavano bene. Siete la maggioranza, potevate sopprimere i punti che secondo voi presentavano un sospetto di incostituzionalità: no, facciamo saltare tutto; con la scusa dell'incostituzionalità aboliamo una norma che stabilisce che non si può predicare il terrorismo nelle moschee; aboliamo una norma che stabilisce che bisogna registrare chi sono…
PRESIDENTE. La prego di concludere.
IGNAZIO LA RUSSA. Mi dica, Presidente.
PRESIDENTE. Ha terminato il tempo, presidente La Russa.
IGNAZIO LA RUSSA. Quanti minuti mi restano?
PRESIDENTE. In realtà, lei è già in debito di venticinque secondi. La invito a concludere.
IGNAZIO LA RUSSA. Grazie, so che lei dà un minuto da quando scampanella, me lo prenderò tutto se lei me lo consente naturalmente, per ribadire che, a nostro avviso, è assolutamente costituzionale una norma che istituisce un registro, che chiede che ciascuno abbia l'obbligo di dire che rispetta la vita, rispetta la laicità dello Stato, rispetta le donne, rispetta la famiglia come noi la intendiamo: non può essere incostituzionale. Il vostro è un tentativo di impedire che si discuta la norma perché, secondo voi, è una norma che in qualche modo va ad attentare alla libertà dell'immigrazione dall'Islam perché più ne vengono più contenti siamo. È una norma che io mi auguro, invece, potrà responsabilmente essere valutata, almeno discussa e, vediamo, se approvata dal Parlamento. Non farla neanche discutere è l'atto più oltraggioso alla libertà e alla democrazia dell'Aula.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Santanchè. Ne ha facoltà.
DANIELA GARNERO SANTANCHE'. Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, ritengo che il voto che tra poco tempo esprimerà l'Aula sulla pregiudiziale è un modo molto vile di comportarsi. È un voto che dimostra assolutamente la mancanza di coraggio e soprattutto la mancanza della voglia di metterci la faccia come si fa quando le persone, noi esseri umani siamo convinti e crediamo in una cosa. Voi, invece, dimostrate che volete dire ai cittadini italiani che non si può fare nulla basandovi sul principio di incostituzionalità. Mi sarebbe piaciuto, invece, vedere i vostri interventi e con quali motivazioni avreste detto che non lo volete e non trovate che sia il caso di riempire un vuoto legislativo. Devo dire per onestà che avete avuto più coraggio in Commissione affari costituzionali dove avete votato contro e avete manifestato la vostra faccia in quell'occasione. Credo che nella vita chi ci mette la faccia parta già ben messo. Oltretutto non avete neanche il coraggio, voi del Partito Democratico, di presentare la questione pregiudiziale ma la fate presentare da chi non è nel vostro Governo, da chi non vi sostiene al Governo ma vi serve in questo momento per poter dire di non essere stati voi a presentare la questione pregiudiziale. Da italiana mi dispiace molto che il Parlamento faccia questa pessima figura, che vogliate sottrarvi al dibattito perché sapete bene che fuori dal Parlamento c'è un Paese reale, un Paese che ci chiede tutti i giorni di avere più sicurezza, di poter vivere più tranquilli e non vi sfugge che tutti gli attentati che ci sono stati in Occidente hanno fatto sì che abbiamo più paura. La proposta che mi vede prima firmataria è una proposta di buonsenso: nessuno vuole togliere diritti a nessuno ma non vuole nemmeno che ne vengano tolti ad altri. Infatti vi chiedo: ma è vero o non è vero che nelle moschee c'è una radicalizzazione? È vero o non è vero che nelle moschee c'è il reclutamento e ci sono le basi? È vero o non è vero? Parlate voi fuori dal Parlamento con le persone? Capite che hanno paura di tutto questo? È vero o non è vero che la radicalizzazione è stata dimostrata in maniera chiara che avviene nelle moschee? E vi chiedo: è vero o non è vero che gli imam che arrivano e che spesso sono delinquenti nei loro Paesi d'origine si mettono qua a capo di qualche moschea magari non ufficiale, di qualche centro culturale nascosto nelle cantine e diventano predicatori d'odio contro i nostri valori dell'Occidente, contro le nostre tradizioni, è vero o non è vero? Allora mi chiedo come fate nelle vostre coscienze a non pensare a tutto questo; come fate a lavare la vostra faccia dicendo di non parlarne. Vi avrebbe fatto più onore, cari colleghi, avere il coraggio di affrontare un dibattito, avere il coraggio di esprimere le vostre posizioni; ma avere soprattutto il coraggio di dire agli italiani che per voi questo non è un tema importante, non è un tema da affrontare.
Io vi dico, cari colleghi, che questo era anche un modo perché nel nostro Paese non si passasse dalla paura all'ostilità, questo era anche un modo per cercare una pace sociale, questo era anche un modo con le comunità islamiche per dire: i diritti ce li avete ma dovete rispettare determinate condizioni. È da estremista chiedere che chi vuole aprire una moschea o un centro culturale deve semplicemente dire da chi prende i finanziamenti, la trasparenza dei bilanci? È da estremista chiedere tutto questo, o è semplicemente da italiana? Allora io vi chiedo un supplemento di riflessione, vi chiedo di parlare non con altri, coi compagni di banco ma con le vostre coscienze, e di non sottrarvi, di metterci la faccia e di dire perché siete contrari e non lavarvene le mani. Vedete, il vento nel Paese sta cambiando: è un vento che grazie a questo atteggiamento, ad altri atteggiamenti vi spazzerà via, e mi auguro che per gli italiani voi possiate essere soltanto un ricordo (Applausi dei deputati del gruppo Forza Italia-Il Popolo della Libertà-Berlusconi Presidente e di deputati del gruppo Fratelli d'Italia-Alleanza Nazionale).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Menorello. Ne ha facoltà.
DOMENICO MENORELLO. Presidente, nella nostra componente, Civici e Innovatori-Energie PER l'Italia, ciascun membro voterà secondo coscienza, come sempre di fronte a queste questioni; ma, pur in questa prospettiva, voglio rappresentare come la lettura della pregiudiziale di costituzionalità purtroppo non si sottragga affatto alla netta sensazione di voler semplicemente esorcizzare una dibattito in Aula sul tema del radicalismo religioso, e in specie del radicalismo islamico.
I profili di costituzionalità con cui si costruisce la pregiudiziale, questi certamente non ci sono, lì dove (ed è la maggior parte dell'articolato proposto) questo disegno di legge si attesta sulla richiesta di una trasparenza di ciò che capita all'interno dei luoghi di culto: di sapere chi esercita il luogo di culto, chi è preposto ad una funzione di imam; quindi non si entra affatto, quasi ovunque nel testo, nel merito di come viene insegnata, o comunque come viene svolto il culto: si chiede un'operazione di trasparenza. Ma questo è il primo profilo necessario per difendersi da quei finti luoghi di culto, che nulla hanno a che fare con un'autentica religiosità, ma che si trasformano surrettiziamente in scuole di integralismo e in scuole di odio. E si badi bene, questi fenomeni non riguardano affatto tutte le moschee: anzi, questo tipo di operazione è tanto più necessario quanto più si voglia tutelare quell'Islam cosiddetto moderato, io dico sinceramente ispirato al monoteismo tradizionale.
Certo, ci sono delle criticità dove ci si spinge nel merito: per esempio all'articolo 10, in certi passaggi dell'articolo 3; ma nel dibattito parlamentare, nulla vieta che questi passaggi possano essere ragionevolmente emendati, attestando la disciplina proprio sul piano della trasparenza. E questo è il primo servizio che dobbiamo fare non solo agli italiani, che a causa di alcuni temono questa religione, ma anche a tutela degli islamici che tengono alla loro religione e non all'odio contro l'Occidente.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Guidesi. Ne ha facoltà.
GUIDO GUIDESI. Presidente, qui è evidente che non stiamo discutendo…
PRESIDENTE. Colleghi, per favore!
GUIDO GUIDESI. Qui è evidente che non stiamo discutendo se il progetto di legge Santanchè, che anche noi abbiamo firmato, sia costituzionale o meno: qui stiamo sostanzialmente, state sostanzialmente trovando un modo per non discutere di questo provvedimento. Lo avete fatto in Commissione, sopprimendo il testo, e oggi lo fate attraverso una pregiudiziale, per evitare una discussione che è quanto mai urgente, per evitare un confronto che potrebbe aiutare tutte le parti a capire quale può essere una soluzione rispetto ad un problema che c'è, ed è un problema enorme, ed è un problema urgente che questo Parlamento si rifiuta per l'ennesima volta di affrontare. Questa è la verità! Perché non è il testo di legge che invade il campo, come è stato detto, della comunità islamica, ma è la comunità islamica che ha invaso il campo della nostra società civile, delle nostre regole, della nostra identità, delle nostre tradizioni, della nostra cultura, sfregiando tante volte anche tutto quello che succede ed è successo.
Questa è la condizione in cui siamo! Voi non vedete il proliferare continuo di centri culturali islamici, di scuole coraniche, di moschee, dove spesso e volentieri non si prega per niente, tutto quello che sta succedendo! E voi non vi chiedete, tanto quanto ci chiediamo noi, da dove arrivano i soldi per fare queste cose! Questo era un modo, per voi che ritenete ci sia (io ho qualche dubbio) un Islam moderato, per tutelare quella parte dell'Islam moderato, per renderla trasparente, per tirarla fuori dalle interpretazioni, per far vedere da dove arrivano i soldi, come sono fatti i loro bilanci, cosa fanno, cosa non fanno, chi sono i loro capi spirituali e politici in maniera assolutamente trasparente. Guardate che quello che state facendo oggi non è un favore alla comunità islamica, non è un favore a qualcuno, ma è solo ed esclusivamente un ulteriore passo falso nel non affrontare un problema; e se andate avanti così nel non affrontarlo, questo problema, prima o poi non lo affronteremo, perché ci coprirà completamente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord e Autonomie-Lega dei Popoli-Noi con Salvini).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lattuca. Ne ha facoltà.
ENZO LATTUCA. Presidente, la presente proposta di legge si caratterizza per l'unilateralità attraverso la quale intende disciplinare il rapporto tra la confessione religiosa islamica e lo Stato italiano, e indirettamente le stesse modalità concrete di esercizio del culto di tale religione. A questo proposito, non può sfuggire la lesione della disposizione del terzo comma dell'articolo 8 della Costituzione, che prescrive sì lo strumento legislativo per la regolazione dei rapporti tra Stato e confessioni religiose, ma sulla base di intese con le rappresentanze delle stesse confessioni, intese che in questo caso non sono presenti. L'assenza di reciprocità in questa materia è censurata in maniera univoca dalla dottrina e dalla giurisprudenza, così come è emerso dalle audizioni che si sono tenute in Commissione: audizioni a cui evidentemente molti degli interlocutori di questa discussione non hanno partecipato, come loro abitudine.
In questa legge sono presenti diverse disposizioni, che presentano evidenti elementi di illegittimità costituzionale: mi riferisco all'articolo 2, dove è previsto il rinvio ad una fonte secondaria dell'ordinamento come il regolamento, come la fonte regolamentare, che si pone in evidente conflitto con l'assoluta ed esplicita riserva di legge in riferimento appunto alla disciplina del godimento dei diritti fondamentali. Mi riferisco all'articolo 3, dove è richiesta la cittadinanza dell'imam come requisito per perfezionare la registrazione all'albo della moschea: come se, in ordine alla libertà religiosa, sia consentita la discriminazione tra cittadini e non cittadini.
Mi riferisco, sempre all'articolo 3, alla richiesta, sempre come requisito per la registrazione della moschea, dell'esposizione dei principi religiosi a cui si ispira l'attività svolta all'interno della moschea. Questa richiesta deve essere presentata al prefetto. È un riferimento che appare alquanto problematico, sia sotto il profilo della legittimità, sia sotto il profilo della pervasività del controllo statale. Mi riferisco alle disposizioni dell'articolo 5 che dimenticano la potestà legislativa regionale in materia di governo del territorio e dell'urbanistica. Mi riferisco alle disposizioni dell'articolo 8, dove è prevista addirittura la sospensione dall'albo degli imam nel caso l'interessato sia imputato per un delitto non colposo punibile con la reclusione non inferiore al massimo di tre anni. Colpisce davvero, Presidente, a questo proposito, il cedimento integrale di stampo inquisitorio rispetto ai principi del garantismo e rispetto alla presunzione di innocenza, che non solo sono sanciti dalla nostra Costituzione, ma che frequentemente sono stati invocati in maniera solenne dai presentatori di questa proposta di legge; evidentemente sono stati invocati quando interessava e ora, invece, vengono dimenticati.
Presidente, questa proposta di legge in definitiva presenta numerosi gravi e fondati dubbi di legittimità, e non sembra contenere disposizioni normative idonee al perseguimento delle finalità dichiarate dai proponenti. Addirittura, con l'istituzione dell'albo degli imam, si fa emergere la totale inconsapevolezza da parte dei presentatori di ciò che rappresenta la figura dell'imam nella religione islamica. L'ha detto la collega Costantino, l'abbiamo ascoltato nelle audizioni in Commissione: l'imam non è assimilabile a un ministro di culto. Peraltro, vorrei ricordare che con questa assimilazione che viene proposta, consentiamo agli imam di entrare nelle carceri e consentiamo agli imam come singoli, al di fuori di ogni mediazione di quelle organizzazioni delle comunità islamiche che sono presenti sul territorio nazionale e che si confrontano con il dipartimento per i culti del Ministero dell'interno, di registrarsi e di accreditarsi direttamente presso il Ministero dell'interno. Consentiamo così e favoriamo un'ulteriore frammentazione di quel mondo, un'ulteriore parcellizzazione che, non a caso, è uno dei fattori di rischio per quelli che sono poi i fenomeni degenerativi in quella comunità.
Presidente, la presenza islamica in Italia rappresenta un fenomeno significativo e noi siamo consapevoli anche delle problematiche che sono connesse a tale fenomeno, ma riteniamo che debba essere affrontato, che questo tema meriti l'attenzione del Parlamento, ma che la strada da seguire sia quella tracciata dall'articolo 8 dalla Costituzione. Quindi, chiediamo in questa sede, al Governo (ieri era presente il Ministro Minniti, oggi il sottosegretario Manzione) di attivarsi, partendo da quella patto che è stato stipulato con l'Islam nei mesi scorsi, per favorire l'accordo per favorire l'intesa, per addivenire a un'intesa, anche a più intese, con le diverse organizzazioni del mondo islamico.
Noi, Presidente, non abbiamo presentato una pregiudiziale di costituzionalità, abbiamo soppresso con l'emendamento Fiano e Agostini, in Commissione, l'articolo 1 di questa legge. Abbiamo ripresentato emendamenti soppressivi perché riteniamo che, anche dal punto di vista procedurale, sia più corretto nei confronti delle opposizioni respingere un testo che non si condivide, piuttosto che, ad esempio, utilizzare lo strumento del ritorno in Commissione a solo fini dilatori in conclusione di questa legislatura. Non abbiamo presentato la pregiudiziale di incostituzionalità, ma non possiamo non vedere le ragioni e la fondatezza che sono contenute nel documento presentato dalla collega Costantino, per cui voteremo a favore di questa pregiudiziale e siamo contenti che, una volta tanto, vengano utilizzati questi strumenti per sancire l'incostituzionalità evidente di questa proposta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mottola. Ne ha facoltà.
GIOVANNI CARLO FRANCESCO MOTTOLA. Presidente, la ringrazio e chiedo di poter depositare l'intervento.
PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Mottola; certamente è autorizzato a farlo.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Roberta Agostini. Ne ha facoltà.
ROBERTA AGOSTINI. Grazie Presidente. Noi voteremo favorevolmente alla pregiudiziale presentata, perché condividiamo i rilievi di costituzionalità in essa contenuti e anche i rilievi politici. L'articolo 8 della nostra Costituzione dichiara che tutte le religioni sono libere e che i loro rapporti con lo Stato italiano sono regolati per legge sulla base di intese con le rappresentanze. Quindi, il primo tema che veniva citato è l'unilateralità.
Si disciplina per legge una sola confessione religiosa, in assenza di un'intesa che era stata prevista nell'articolo 8 dai costituenti proprio per evitare che lo Stato potesse ingerire negli affari interni di una confessione religiosa. E come ci hanno detto i professori che abbiamo ascoltato in Commissione, il principio della vigilanza sulla libertà religiosa è più forte proprio nel caso di religioni come l'Islam, che non hanno stipulato intese e che quindi possono potenzialmente essere più vulnerabili rispetto alle altre e che anche il principio fondamentale della laicità del nostro Stato implica un'idea di garanzia, di promozione del pluralismo e della libertà religiosa.
Inoltre, non si possono imporre, come la proposta di legge fa, requisiti differenziati per esercitare la libertà di culto, che è un diritto sancito dall'articolo 19 della Costituzione. Requisiti e caratteristiche che invece sono ultra dettagliati a partire dalla previsione dell'esposizione dei principi religiosi a cui si ispira l'attività svolta nelle moschee, e nel caso degli imam che devono essere abilitati per svolgere il loro ruolo e addirittura avere la cittadinanza italiana per poter essere iscritti all'albo, discriminando in questo caso tra cittadini italiani e non. E anche la revoca dell'iscrizione, veniva ricordato adesso dal collega Lattuca, può avvenire da parte del Ministero, anche se il comportamento dell'imam costituisce minacce all'ordine pubblico o a causa dell'imputazione di un delitto non colposo; una norma di carattere inquisitorio che viola il principio di presunzione di innocenza. Inoltre, si definisce la figura dell' imam evidenziando una totale ignoranza della funzione del ruolo che gli imam svolgono nella comunità islamica. Insomma, noi crediamo che la legge parta da presupposti sbagliati e falsi cioè l'equiparazione tra religione islamica e terrorismo. Questo presupposto piega l'intera proposta sul versante dell'ordine pubblico e della sicurezza. Io credo che questo sia un favore alle correnti più estremiste dell'Islam, perché esaspera il confronto su temi delicati e tratta il milione e mezzo di musulmani in Italia come potenziali terroristi. Io credo, invece, che bisogna seguire la strada tracciata dalla Costituzione: lo Stato prima di dettare regole deve costruire intese, come ci ha detto anche ieri il Ministro Minniti che è intervenuto in Aula, illustrando il percorso che ha portato a un patto con i rappresentanti dell'Islam, che noi chiediamo sia perseguito fino ad arrivare ad un'intesa, che è un patto reciproco di mutua responsabilizzazione.
Noi abbiamo votato una legge qualche tempo fa sul tema della radicalizzazione, io avrei preferito che fosse rivolta quella legge a tutte le forme di radicalizzazione, non solo a quella jihadista, ma comunque quella legge prevede una serie di azioni, di politiche di prevenzione a più livelli. Ecco, credo che, per vincere la sfida contro la radicalizzazione, bisogna perseguire politiche a più livelli e soprattutto bisogna avere una politica per l'integrazione. Rivolgersi a quel milione e mezzo di persone che sono qui per lavorare e per farsi una famiglia, per costruirsi un futuro, come se fossero tutti dei terroristi, credo sia profondamente sbagliato. Anzi, noi dobbiamo lavorare sul terreno opposto, affinché si sentano sempre di più cittadini italiani, Credo che proprio per questo motivo, sarebbe giusto approvare finalmente la legge sullo ius soli(Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista). C'è una battaglia culturale, c'è una battaglia politica, c'è una battaglia ideologica, che noi dobbiamo condurre contro la radicalizzazione, ma io credo che va condotta con i principi della nostra Costituzione e con i principi dell'Europa democratica (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Santerini. Ne ha facoltà.
MILENA SANTERINI. Grazie Presidente. Io vorrei ribadire che la libertà religiosa è un diritto costituzionale e universale. Non può, quindi, valere per alcuni culti e per altri no. La proposta in esame tende a ridurre questa libertà, a limitarla in particolare per l'Islam e quindi, come gruppo Democrazia Solidale-Centro democratico, noi condividiamo e voteremo la pregiudiziale perché riteniamo che vi siano fondati motivi per ritrovarvi una illegittimità dal punto di vista costituzionale: penso agli articoli 3, 8 e 19.
Noi avevamo proposto un emendamento che sostanzialmente richiamava le norme proposte e le rendeva valide per tutti i culti. Non era una provocazione, sostanzialmente arrivava alle stesse conclusioni della pregiudiziale, ovvero: o queste norme valgono per tutti oppure non debbono valere per nessuno. Noi siamo in un'Italia dal pluralismo religioso, esistono musulmani italiani così come ci sono cattolici italiani, ebrei italiani, buddisti italiani, invece la nostra legislazione per certi aspetti è rimasta indietro, è rimasta ai culti ammessi del 1929. Abbiamo bisogno di una buona legge sulla libertà religiosa, ma non di proposte che vanno a ridurre o addirittura a discriminare in modo tendenzioso alcune religioni.
Vorrei richiamarmi appunto al lavoro che è stato fatto con il Patto per l'Islam italiano. Il Patto per l'Islam italiano, che è stato firmato dalle principali associazioni e comunità islamiche con il Ministero dell'interno, ha trovato una serie di obiettivi veramente importanti; i riferimenti sono l'adesione al principio di laicità, l'uguaglianza di tutte le confessioni e appunto il diritto di libertà religiosa, ma concretamente tende a stabilire un nuovo rapporto, più trasparente, più nuovo tra le istituzioni e l'Islam, che, come sappiamo, non ha un vertice gerarchico come nella Chiesa cattolica, ad esempio, e fino a questo momento non è riuscito a trovare la possibilità di un'intesa. Il Patto, quindi, stabilendo che ci sia la comunicazione degli imam, stabilendo che i sermoni si facciano in italiano, va esattamente in quella direzione, cioè nella direzione di appoggiare e sostenere un Islam italiano, che è quello che tutti vogliamo, cioè riconoscerne l'integrazione, riconoscere la legittimità della presenza di persone che credono e che praticano l'Islam nel nostro Paese. Sì, perché ho sentito dire che le moschee creano terrorismo, ma nelle moschee si va per pregare, così come nelle chiese.
La presenza del radicalismo, il fenomeno del terrorismo, è un fenomeno che riguarda inprimis l'Islam, e noi dobbiamo sostenere soprattutto le generazioni musulmane più mature, che rischiano di essere sopraffatte dal fenomeno del terrorismo. Non lo stiamo sottovalutando il fenomeno terrorismo, stiamo dicendo che si contrasta in un altro modo, sicuramente non chiudendo le moschee, che sono un luogo dove, nella stragrande maggioranza dei casi, si predica contro la violenza. Sappiamo benissimo che è il web che recluta i nuovi terroristi. Allora questa è l'occasione per dire che dobbiamo assolutamente seguire la via del Patto con l'Islam italiano, che porti specialmente - speriamo - a un'intesa con l'Islam, e che questo porti a un'assunzione di responsabilità delle comunità islamiche, che finora non sono state capaci di unirsi per farlo, ed è quindi un forte richiamo anche a loro. Naturalmente, seguire questa strada, che non è quella, ad esempio, del vietare le moschee, come è avvenuto in regione Lombardia o come si rischia di fare anche a Sesto San Giovanni e in altri posti, dove, con vari cavilli, si impedisce la presenza di moschee, che non sono altro che luoghi di ritrovo, di preghiera e di incontro di cittadini italiani. Quindi, la via da seguire è quella del patto con l'Islam; è quella dell'intesa, non quella di discriminarli.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Buttiglione. Ne ha facoltà.
ROCCO BUTTIGLIONE. Signor Presidente, i deputati dell'UDC non sottovalutano la portata delle obiezioni che sono state fatte alla costituzionalità di questa proposta di legge, tuttavia esse non risultano convincenti. Non risultano convincenti perché, più che essere in contrasto con la Costituzione italiana, questa proposta di legge si muove tentativamente in uno spazio vuoto, che è fuori delle previsioni della Costituzione italiana. Si è citato più volte l'articolo 8, allora leggiamolo l'articolo 8: “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge”. Bene, fin qui non c'è problema; “Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti (…)”, e qui incontriamo una difficoltà, perché le comunità islamiche gli statuti non ce li hanno, e non riescono neanche a darseli! La verità è che non riescono neanche a darseli. La cosa non sorprende, se consideriamo la grande varietà di sfumature interne all'Islam: ci sono i sunniti e ci sono gli sciiti, che non riescono a mettersi d'accordo neanche nei loro Paesi d'origine, non è facile metterli d'accordo in Italia; c'è l'Islam dei sufi e c'è l'Islam dei marabutti; c'è l'Islam wahabita e ci sono i salafiti, e ci sono tante varianti di Islam in tutti gli Stati islamici. In che modo si regola il rapporto fra la religione e lo Stato? Si regola con leggi tipo quella che è stata qui proposta.
Andiamo ancora oltre. “Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano”. Quindi, si considera in Costituzione la possibilità che invece contrastino, e nel caso di specie qualche dubbio che essi possano contrastare. Non in tutte le varietà dell'Islam, neanche nella maggioranza delle varietà dell'Islam, ma sì in alcune varietà dell'Islam non del tutto secondarie, questo dubbio è un dubbio legittimo. E proprio per questo, concludendo, l'articolo 8 chiede che i rapporti siano regolati per legge sulla base di intese. Che fare quando non si riesce a fare le intese? Che fare quando le comunità non riescono a darsi degli statuti? Ciò perché alle intese non è che si arriva perché lo Stato rifiuta l'intesa, all'intesa non si arriva perché non si riesce a costituire l'unità della comunità islamica in Italia.
Di tutte queste cose bisogna parlare, per questo credo che sarebbe stato opportuno e che sarebbe opportuno affrontare la discussione di questi argomenti, eventualmente sanando aspetti di incostituzionalità che possono esservi in questo progetto di legge, ma non chiudendo la discussione prima di averla iniziata.
PRESIDENTE. Sono così esauriti gli interventi sulle questioni pregiudiziali.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla questione pregiudiziale di costituzionalità Costantino ed altri n. 1.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).
Dichiaro chiusa la votazione.
La Camera approva (Vedi votazione n. 20).
Essendo stata approvata la questione pregiudiziale di costituzionalità Costantino ed altri n. 1, il provvedimento si intende respinto.
Sui lavori dell'Assemblea.
PRESIDENTE. Dovremmo ora passare al seguito discussione delle mozioni in materia di crediti deteriorati: considerate le circostanze e l'orario, tale argomento è rinviato alla seduta di domani, e sarà iscritto all'ordine del giorno dopo il seguito della discussione del decreto-legge recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili.
Discussione del disegno di legge: S. 2942 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell'estinzione del reato per condotte riparatorie (Approvato dal Senato) (A.C. 4741) (ore 20,10).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal senato, n. 4771: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell'estinzione del reato per condotte riparatorie.
Ricordo che nella seduta di oggi sono state respinte le questioni pregiudiziali Sorial ed altri n. 1, Paglia ed altri n. 2, Busin ed altri n. 3 e Brunetta ed altri n. 4.
(Discussione sulle linee generali – A.C. 4741)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del gruppo Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la V Commissione (Bilancio) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Ha facoltà di intervenire il relatore per la maggioranza, onorevole Giampiero Giulietti.
Intanto prego i colleghi di uscire in silenzio. Prego, onorevole Giulietti.
GIAMPIERO GIULIETTI, Relatore per la maggioranza. Grazie, Presidente. Cerco di evidenziare alcuni aspetti principali del decreto-legge n. 148 del 2017 che reca un ampio quadro di misure incentrate principalmente sulle misure fiscali ma, nel contempo, è esteso anche ad altre linee di intervento che si sono poi significativamente ampliate a seguito delle modifiche apportate al provvedimento nel corso dell'esame presso il Senato. Quanto ai profili finanziari, esso concorre agli obiettivi della manovra contenuta nel disegno di legge di bilancio recando una parziale disattivazione delle cosiddette clausole di salvaguardia, vale a dire gli aumenti di IVA e accise previste dal 2018, la cui totale disattivazione per il 2018 - ed ulteriori riduzioni per il 2019 - risulta prevista nel disegno di legge di bilancio 2018, cui destina risorse per poco meno di 1,2 miliardi per il biennio 2018-2019.
A fronte di questo ed altri interventi, il provvedimento reperisce le necessarie risorse finanziarie…
PRESIDENTE. Mi perdoni, relatore. Colleghi, allora; se per cortesia liberiamo l'emiciclo, se evitiamo di fermarci a parlare davanti al relatore. Per favore. Prego.
GIAMPIERO GIULIETTI, Relatore per la maggioranza. Grazie. A fronte di questo ed altri interventi, il provvedimento reperisce le necessarie risorse finanziare con effetti positivi sui saldi che, pur di ridotto ammontare - circa 90 milioni nel 2018 e 95 nel 2019 -, incrementato le risorse utilizzate nel disegno di legge di bilancio.
Oltre alle misure fiscali, tra le principali misure vi sono quella sulla cosiddetta “rottamazione delle cartelle”, la definizione agevolata dei carichi, l'estensione dello split payment e l'ammissione degli enti del terzo settore al credito d'imposta per gli investimenti pubblicitari. Inoltre, un importante gruppo di misure interviene in tema di calamità naturali, sia con disposizioni di favore fiscale sia con stanziamento di risorse e con norme volte a dare priorità agli interventi per finalità di ricostruzione e messa in sicurezza. Un altro intervento riguarda il settore delle imprese con l'aumento della dotazione finanziaria di alcuni fondi dedicati alle piccole e medie imprese nonché con una misura specifica per quelle di grandi dimensioni, ma anche con l'estensione alle imprese del settore dell'alta tecnologia della cosiddetta “golden power”, imprese, appunto, che hanno un ruolo fondamentale dal punto di vista dello sviluppo tecnologico.
Di rilievo anche le misure nel settore dei trasporti, ad esempio con la proroga dei termini per le procedure su Alitalia e l'assegnazione di risorse agli investimenti del settore ferroviario nonché numerosi altri interventi rivolti a temi specifici, quali l'obbligo di fatturazione su base mensile dei servizi di comunicazione elettronica, il principio dell'equo compenso per i professionisti nei rapporti con clienti diversi dai consumatori, l'introduzione di una specifica disciplina sul riaffidamento di alcune importanti concessioni autostradali scadute, le estensioni delle agevolazioni fiscali per gli studenti fuori sede ed altre ancora.
Sotto il profilo degli interventi a sostegno dell'impresa si segnala, in primo luogo, l'introduzione di una nuova finalizzazione del Fondo crescita sostenibile, che viene destinato anche agli interventi a favore di imprese in crisi di grandi dimensioni che siano in stato di insolvenza, con lavoratori subordinati non inferiori a 500 unità e che presentano rilevanti difficoltà finanziarie ai fini della continuazione delle attività produttive e del mantenimento dei livelli occupazionali. Per tale specifica nuova finalità l'articolo 11 incrementa il fondo di 300 milioni di euro per il 2018. Si incrementa poi il Fondo di garanzia per le PMI e si inserisce Cassa depositi e prestiti tra i soggetti abilitati ad aumentare la dotazione del Fondo. Si interviene, inoltre, nella disciplina della misura di sostegno a favore dei giovani imprenditori del Mezzogiorno, denominata “Resto al Sud”, con particolare riguardo agli oneri della convenzione stipulata tra Presidenza del Consiglio dei ministri e Invitalia nonché al requisito del limite di età per i beneficiari.
In materia di ambiente gli interventi previsti riguardano l'assegnazione di 27 milioni di euro per l'anno 2017 al soggetto attuatore degli interventi di bonifica ambientale e rigenerazione urbana nel comprensorio di Bagnoli-Coroglio, il trasferimento al comune di Matera, capitale europea della cultura 2019, di 3 milioni di euro per il 2017 per interventi di bonifica ambientale e rigenerazione urbana, l'attribuzione ai comuni della valutazione di incidenza di opere edilizie minori da realizzare nei siti di importanza comunitaria anche per i siti che interessano il territorio di più comuni, l'inclusione per gli enti gestori delle aree protette dell'accesso al riparto della quota del 5 per mille, l'estensione dei contributi ai comuni in zone a rischio sismico alle spese di progettazione definitiva ed esecutiva di interventi di adeguamento antisismico di immobili pubblici e messa in sicurezza del territorio, con 10 milioni di euro in più per ciascuno degli anni 2018 e 2019, e l'utilizzo di quota parte dei proventi delle aste delle quote di emissione di CO2 per coprire gli oneri derivanti dal decreto-legge.
In materia di calamità gli interventi previsti riguardano: la sospensione dei termini dei versamenti e degli adempimenti tributari a favore di soggetti residenti nel territorio dei comuni di Livorno, Rosignano Marittimo e Collesalvetti, in provincia di Livorno, colpiti dall'alluvione del 9 settembre 2017; l'introduzione di misure più favorevoli per l'adempimento degli obblighi tributari e contributivi nei comuni di Casamicciola Terme, Forio e Lacco Ameno, colpiti dal sisma del 21 agosto 2017 sull'isola di Ischia, nonché stanziamenti per favorire la ricostruzione e la ripresa economica (10 milioni a Ischia); la proroga al 31 maggio 2018 del termine per gli adempimenti e i pagamenti dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per le assicurazioni per i territori del Centro Italia colpiti dagli eventi sismici del 2016 e 2017 e per gli stessi territori la precisazione che l'indicazione dell'impresa affidataria dei lavori di ricostruzione deve avvenire dopo l'approvazione definitiva del progetto da parte degli uffici speciali per la ricostruzione, nonché una serie di disposizioni volte a integrare la disciplina per la ricostruzione; una serie di disposizioni riguardanti i territori colpiti dagli eventi sismici verificatisi in Abruzzo il 6 aprile 2009 e una serie di disposizioni che riguardano i territori colpiti dagli eventi sismici verificatisi nelle regioni Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto nel mese di maggio 2012.
In materia di istruzione si prevede che i genitori, ovvero i tutori o il soggetto affidatario di minori di anni 14, possono autorizzare le istituzioni scolastiche, in considerazione dell'età, del grado di autonomia e dello specifico contesto, a consentire l'uscita autonoma degli stessi dai locali scolastici al termine dell'orario delle lezioni. Tale autorizzazione esonera il personale scolastico dalla responsabilità connessa all'adempimento dell'obbligo di vigilanza. Si prevede, inoltre, che se gli stessi soggetti intendono consentire ai minori di 14 anni di usufruire in modo autonomo del servizio di trasporto scolastico, devono rilasciare apposita autorizzazione all'ente locale gestore del servizio. Tale autorizzazione esonera dalla responsabilità connessa all'adempimento dell'obbligo di vigilanza nella salita e discesa dallo scuolabus e nel tempo di sosta alla fermata, anche nel caso di rientro a casa al termine delle attività scolastiche. Si osserva che tale esonero di responsabilità si riferisce al personale scolastico e non, evidentemente, a coloro che conducono gli autoveicoli adibiti al servizio di trasporto scolastico, come peraltro evidenziato dal parere espresso dalla Commissione giustizia nella seduta del 22 novembre 2017, laddove si rileva che l'esonero dalla responsabilità connessa all'adempimento dell'obbligo di vigilanza nella salita e nella discesa dal mezzo e nel tempo di sosta alla fermata utilizzata anche al ritorno dalle attività scolastiche deve intendersi necessariamente riferito, in via esclusiva, al personale di cui al primo comma del medesimo articolo 19-bis, non anche al personale addetto al trasporto e all'ente locale gestore del servizio. Per questi ultimi, infatti, vi è una responsabilità per culpa in vigilando connessa ad uno specifico obbligo contrattuale assunto in virtù dell'erogazione della prestazione di trasporto in favore di soggetti minorenni, non assimilabile all'obbligo dell'istruzione sancito dall'articolo 34 della Costituzione.
In tema di sanità il decreto-legge in esame detta alcune disposizioni in diverse materie, a partire dalla modifica alla disciplina transitoria riguardante la riorganizzazione dell'associazione della Croce rossa italiana.
In materia penale e di lotta alla mafia, gli interventi previsti riguardano l'impossibilità di estinzione del delitto di atti persecutori, lo stalking, a seguito delle condotte riparatorie previste nell'articolo 162-ter del codice penale; l'ampliamento dell'ambito di applicazione della cosiddetta confisca allargata, integrando l'elenco dei reati associativi che in caso di condanna costituiscono il presupposto della misura, l'esclusione della necessità per la pubblica amministrazione di acquisire la documentazione antimafia per i concessionari di terreni agricoli e zootecnici demaniali che usufruiscono di fondi europei nel limite di 5 mila euro.
Nell'ottica di una maggiore efficienza della giustizia amministrativa sono modificati in favore del personale degli uffici giudiziari amministrativi i criteri e le procedure di riparto delle risorse derivanti dal maggior gettito conseguente all'aumento del contributo unificato per i ricorsi al TAR e al Consiglio di Stato. Nel settore delle professioni sono introdotte disposizioni volte a garantire all'avvocato, nonché a tutti gli altri lavoratori autonomi, il diritto a percepire un equo compenso nei rapporti con clienti diversi dai consumatori, ovvero i cosiddetti clienti forti, come banche e assicurazioni, ed è modificata la legge forense, escludendo per gli avvocati l'obbligo di polizza per gli infortuni occorsi nell'esercizio dell'attività professionale.
Questo al di là di quanto l'Authority, l'Antitrust, ha detto in questi giorni. Il personale militare e di alcune forze di polizia è interessato da alcune norme sia in tema di assunzioni che in materia organizzativa. Quanto alle assunzioni, l'articolo 7 destina i risparmi conseguenti al transito del personale del Corpo forestale ad altre amministrazioni all'attuazione della revisione dei ruoli delle forze di Polizia; inoltre, destina altre risorse corrispondenti alle facoltà di assunzione da parte del Corpo forestale non impiegate alla medesima finalità, nonché all'incremento delle assunzioni per l'Arma dei carabinieri, la Polizia di Stato, la Polizia penitenziaria e il Corpo della Guardia di finanza. L'Arma dei carabinieri viene, altresì, autorizzata ad assumere personale operaio per le funzioni di tutela ambientale e forestale nell'ambito del trasferimento all'Arma delle funzioni dell'assorbito Corpo forestale, personale operaio a tempo indeterminato.
Tra le ulteriori disposizioni recate dal provvedimento si segnala un incremento delle risorse del Fondo sociale per l'occupazione per il periodo 2017-2025, ad eccezione dell'anno 2024, disposto all'articolo 8 a valere sulle risorse derivanti dai minori oneri riqualificati dal medesimo articolo derivanti dall'attuazione della cosiddetta ottava salvaguardia. In materia previdenziale, l'articolo 12-bis concerne i requisiti per il trattamento pensionistico di alcune categorie, controllori di volo, piloti, operatori radiomisure, esperti di assistenza al volo ed esperti meteo inerenti al settore della navigazione aerea. Con l'articolo 19 si estende a tutti gli organismi di gestione collettiva e stabiliti in Italia la possibilità di operare direttamente sul territorio italiano come intermediari per la gestione dei diritti d'autore, affiancandosi alla Società italiana autori ed editori, la SIAE, che attualmente opera in un regime di esclusiva. Vanno poi richiamate alcune disposizioni in materia di adempimenti dei contribuenti ad attività di accertamento e riscossione, quali, tra le altre, la previsione che ove la notifica della cartella di pagamento sia effettuata dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale e se per il perfezionamento di una notifica sono necessarie più formalità queste possano essere compiute in un periodo non superiore a 30 giorni. Inoltre, la precisazione che l'Agenzia delle entrate-Riscossione rientra nel novero degli enti che sono tenuti a completare le procedure per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali e dei lodi arbitrali con efficacia esecutiva che comportano il pagamento di denaro entro 120 giorni dalla notifica del titolo esecutivo. Sono misure, quindi, per i cittadini, per le famiglie, per il lavoro e per i professionisti, per le imprese e per i territori, misure, quelle contenute in questo decreto, certamente utili al Paese.
PRESIDENTE. Ha facoltà di intervenire il relatore di minoranza, onorevole Palese.
ROCCO PALESE , Relatore di minoranza. Grazie, signor Presidente. Forza Italia, con l'onorevole Giorgetti, ha esposto nella richiesta che è stata fatta di pregiudiziale dei motivi importanti del perché noi ritenevamo che sia anticostituzionale questo decreto, e lo è in tutte le sue parti perché l'anticostituzionalità l'ha appena motivata ed elencata il relatore per la maggioranza. Nel momento in cui ha tirato fuori il merito e i contenuti nell'illustrazione del decreto si è evidenziato che trattasi di un decreto omnibus, eterogeneo per materie, e la Corte costituzionale ha già sancito più volte e con più richiami, nei vari anni, tutto ciò che riguarda questi aspetti.
Signor Presidente, questo provvedimento, questo decreto-legge è collegato direttamente con la legge di stabilità e non è un caso che si voglia prima l'approvazione di questo decreto per poter procedere poi con il varo della legge di bilancio, per un motivo molto semplice: perché sarebbe stato assennato da parte del Governo se la presentazione di questo decreto si fosse limitata a un problema importante. La legge di bilancio è stata costruita a debito, perché per le clausole di salvaguardia abbiamo quasi 11 miliardi di euro di aumento di indebitamento, di debito pubblico; per poter prorogare le clausole di salvaguardia, ce le troveremo nel 2019-2020, maggiorate fino a 20 miliardi di euro, ma riteniamo che in questo decreto avrebbe potuto esserci quello che il Governo auspica come stima rispetto alla previsione delle entrate e della costruzione della legge di bilancio del 2018: un'entrata straordinaria dall'evasione fiscale pari a 5,1 miliardi di euro.
E, quindi, noi pensavamo che questo decreto recante disposizioni urgenti in materia finanziaria potesse contenere norme tali da poter assicurare una cifra quanto più vicina a questa stima che è stata fatta di 5,1 miliardi di euro, perché poi il bilancio del 2018, la legge di bilancio è costruita sulla possibilità di questa entrata.
Invece, che cosa è successo? È successa, signor Presidente, una cosa gravissima: che per questo decreto è tutto da vedere se questa misura riuscirà a raggiungere l'obiettivo dell'entrata dall'evasione di 5,1 miliardi. Questo è tutto da accertare, tutto da vedere, perché ci sono alcune situazioni di merito, che adesso vedremo, che secondo me impediscono, ostacolano la realizzazione di questi 5,1 miliardi di euro. Ma, soprattutto, è diventato l'ennesimo decreto omnibus per il quale c'è un vulnus, perché, per l'ennesima volta, 105 sono le fiducie richieste, di nuovo viene qui, in questo ramo del Parlamento, senza avere la possibilità di poter toccare neanche una virgola, neanche una modifica, niente, chiuso!
E, allora, noi riteniamo che queste siano delle lesioni nell'intervenire su un problema fondamentale, che è quello della legge di bilancio, che riguarda 60 milioni di cittadini, che riguarda il Paese, che riguarda i conti pubblici, i rapporti con l'Europa; e invece niente, il provvedimento arriva chiuso, e per giunta, essendo stato eterogeneo, sia prima il Governo sia poi, soprattutto, l'Aula del Senato, ha alla fine licenziato con la fiducia un provvedimento con cui tira fuori interventi e articoli con nuove spese. Quindi, un decreto che nasce per poter realizzare 5,1 miliardi di euro di entrate dall'evasione fiscale, e però, grossomodo, parte di questi ipotetici 5,1 miliardi di euro forse sono già esauriti con questo decreto.
E, quindi, abbiate il coraggio, una volta per tutte, per dire che cosa si è fatto in questi anni. Cento solo quest'anno, nell'ultimo anno 122 provvedimenti legislativi: tra circolari dell'Agenzia delle entrate, di Equitalia, pareri vari del Dipartimento delle finanze, eccetera, siamo arrivati a 122, e non sappiamo poi cosa sarà al netto di questo decreto, di norme che riguardano modifiche della parte fiscale e quant'altro. Una confusione enorme: ormai i commercialisti non sanno più, non tengono più dietro tutte queste norme, e i cittadini, invece di avere una facilitazione, una semplificazione, sempre promessa da questo Governo, sempre e soprattutto dal precedente.
Anche quando ci fu la fusione tra Equitalia e l'Agenzia delle entrate si disse che c'era stata una grande semplificazione e quant'altro: noi abbiamo visto solo complicazioni e basta. Detto questo, questa maggioranza e i Governi che si sono succeduti in questi anni non hanno avuto mai il coraggio di dire la verità: la verità è che dal punto di vista fiscale, riguardo all'evasione, si sono fatti dei mini condoni. A voi, alla maggioranza e al Governo, alla sinistra, non piace questa parola - il condono - però nei fatti li hanno fatti questi mini condoni, chiamandoli come? Chiamando l'ultimo in ordine di tempo, “articolo 1”, “definizione agevolata”. Ma che cos'è se non un condono pieno e fatto anche in maniera sbagliata, peraltro? Definizione agevolata; questa definizione agevolata, che prende tutto ciò che è in pendenza dall'anno 2000 fino al 2016, sedici anni, lo ripeto, sedici anni, è un condono su cui noi non riteniamo di dover esternare critiche particolari; diciamo che, a parti invertite, però, se l'avesse fatto il centrodestra, se l'avesse fatto il Governo Berlusconi sarebbe successa una rivoluzione, ma molto di più della Rivoluzione francese, avreste portato qui i carrarmati per dire che cosa si stava facendo. Ma sui condoni, il condono fiscale, l'illegalità, il denaro riciclato, il denaro della mafia… di tutto e di più sarebbe successo. Invece, questa definizione agevolata era stata preceduta da altri adempimenti operosi; altro termine, “adempimento operoso”, altro condono, e l'altro, “ravvedimento operoso”, sono tutti termini con cui voi avete fatto condoni a tutta birra.
Ora, noi diciamo che le cose le fate, come al solito, sempre a metà, perché c'è sempre qualche problema; questa definizione agevolata, l'ultima, andava fatta per bene, perché se si fosse voluto mettere il contribuente, che per vari motivi non ha potuto adempiere, nelle condizioni di pagare il fisco, di pagare i debiti, le tasse eccetera, non c'era assolutamente bisogno di una situazione del genere, ma bisognava dare più tempo, occorreva che ci fosse la possibilità per il contribuente di avere più rate. Noi con la legge di bilancio che faremo, proporremo ancora una volta che, se si dà più tempo, ci sia maggior possibilità per i cittadini che vogliono mettersi a posto col fisco di poter pagare e per lo Stato, veramente, di realizzare quei 5,1 miliardi di euro.
Riteniamo che ci siano alcuni punti critici a dir poco scandalosi. Ancora una volta avete messo in un decreto la proroga delle concessioni autostradali. Ma quante proroghe dobbiamo fare, sempre in proroga? È stata ricordata, anche nel contesto della discussione delle pregiudiziali, l'altra proroga, di nuovo, a Lottomatica; ma che cosa c'entra la lotta all'evasione fiscale, ma che cosa c'entrano le disposizioni urgenti in materia finanziaria con questa roba?
Poi, c'è proprio il clou del clou; noi sappiamo perfettamente che ci sono tanti comuni con problemi seri perché - per una serie di situazioni, lecite o non lecite non sta a noi stabilirlo - le società di riscossione a cui hanno affidato la riscossione dei tributi e quant'altro prendono i soldi dei cittadini del comune “x” e del comune “y”, dopodiché queste risorse non le riversano al comune e il comune ha poi crediti inesigibili ,tanto da mandare addirittura in pre-dissesto o in dissesto alcuni comuni.
PRESIDENTE. Concluda, onorevole.
ROCCO PALESE. Mi avvio alla conclusione, Presidente.
Invece che cosa fa la maggioranza? La maggioranza al Senato, su questo decreto, addirittura, invece di individuare strumenti per cercare di evitare ciò, arriva a dire che per la tutela dell'integrità dei bilanci pubblici e delle entrate degli enti territoriali e bla bla bla, vengono date altre funzioni agli agenti della riscossione, alle società di riscossione che addirittura sono la causa del problema e si ha proprio l'ardire di andare a dire che l'integrità dei bilanci pubblici viene salvaguardata dando più funzioni a questi soggetti o a queste società! È veramente uno scandalo in tutti i sensi.
Inoltre, noi denunciamo con forza che, di nuovo, oltre a quello che c'è già stato, ci sono problemi sulla sicurezza delle strade, sul codice della strada. Noi portiamo avanti una battaglia; i controlli ci debbono essere, ma debbono essere fatti per bene; secondo le ultime circolari e le disposizioni date dal Ministero dell'interno, non debbono assolutamente servire ai comuni, alle province o a chi utilizza questi strumenti per fare cassa e, soprattutto, occorre rispettare l'obiettivo principale, che è non solo quello di educare, ma anche fare in modo che i proventi servano per aumentare gli strumenti e le campagne di prevenzione e altre attrezzature e quant'altro per prevenire, sì, e aumentare la sicurezza stradale. Tutto questo non è stato fatto; questo sistama è stato già azzoppato per due anni, perché i comuni hanno bisogno di fare cassa per poter spendere come vogliono, liberamente, e questa è una responsabilità della sinistra, altro che sicurezza; invece, vanno contro gli interessi dei cittadini.
Ci sono stati altri tentativi, ancora oggi e continuamente, per cercare di dare ancora più libertà agli enti locali rispetto all'utilizzo di queste risorse che vengono praticamente carpite dalle tasche dei cittadini in maniera incredibile e, soprattutto, in maniera molto, molto, molto discutibile, perché sappiamo perfettamente che tutti questi strumenti e l'autovelox li mettono per fare cassa e non certo perché sono affezionati all'idea di cercare di aumentare la sicurezza sulle strade. Per non parlare poi delle risorse da utilizzare per la situazione urbanistica…
PRESIDENTE. Onorevole Palese, mi perdoni…
ROCCO PALESE, Relatore di minoranza. Signor Presidente, mi avvio veramente alla conclusione. Io ritengo che sia veramente offensivo presentare un decreto per motivi d'urgenza, portarlo qui chiuso, senza la possibilità di poterlo migliorare; un decreto veramente che non ha nulla a che vedere con le disposizioni urgenti in materia finanziaria e che riguarda la parte fiscale, perché riguarda solo un articolo su venti…
PRESIDENTE. Onorevole Palese, la ringrazio…
ROCCO PALESE, Relatore di minoranza. Tutto questo discorso è completamente negativo.
PRESIDENTE. Mi dispiace, io capisco la sua esuberanza, però, diversamente, si iscriveva a parlare.
Ha facoltà di intervenire il rappresentante del Governo. Prendo atto che non intende intervenire in questa fase del dibattito.
È iscritto a parlare l'onorevole Misiani. Ne ha facoltà.
ANTONIO MISIANI. Signor Presidente, il contesto in cui si colloca questo decreto, il decreto n. 148 del 2017 è quello di un Paese che è in condizioni oggettivamente migliori rispetto a quelle che si registravano all'inizio della legislatura. Nel 2013, quattro anni fa, l'Italia era in recessione, chiuse l'anno con un PIL in riduzione dell'1,7 per cento; in quell'anno la disoccupazione toccò un picco di oltre il 12 per cento e il deficit pubblico sfiorava il limite del 3 per cento. L'Interim Economic Outlook dell'OCSE, reso noto oggi, dà numeri molto diversi che segnano il miglioramento rispetto a quattro anni fa; l'Italia è data in crescita dell'1,6 per cento nell'anno in corso - ed è un dato addirittura superiore rispetto alle stime del Governo - e dell'1,5 per cento nel 2018. Noi chiuderemo quest'anno con una disoccupazione in discesa, con un deficit in ulteriore riduzione al 2,1 per cento e, finalmente, con un calo, sia pur limitato, del peso del debito pubblico sull'economia. Anche lo stock di crediti deteriorati, i cosiddetti non performing loans, nelle banche, che pure rimane alto, è finalmente in forte riduzione; le sofferenze nette, a settembre 2017, sono scese, anche grazie alle misure messe in campo dal Governo, a 66 miliardi di euro ed è una riduzione del 26 per cento rispetto al picco toccato nel novembre del 2015. Sempre il rapporto dell'OCSE riconosce che le misure contenute nella manovra 2018 rafforzeranno la crescita inclusiva e la riduzione del debito nel nostro Paese.
Questo è il quadro in cui si colloca questo decreto, che è parte integrante della manovra del 2018 che contribuisce a finanziare, generando un saldo positivo, in termini di indebitamento netto, di 90 milioni nel 2018 e di 95 milioni nel 2019.
Il decreto, che è un decreto innanzitutto di tipo fiscale, interviene in realtà su una serie diversificata di ambiti importanti, dal punto di vista economico e sociale, con un insieme di misure che è stato arricchito dal dibattito e dalla discussione in Senato.
Il decreto interviene, come dicevo, sul sistema fiscale, prevedendo, innanzitutto, una parziale sterilizzazione degli aumenti IVA del 2018 e delle accise 2019 che vengono integralmente annullate per il 2018 dalla legge di bilancio insieme ai contenuti di questo decreto. E questo è un primo punto qualificante della manovra economica per il triennio 2018-2020. Il decreto riammette alla rottamazione delle cartelle migliaia e migliaia di contribuenti, proroga le rate scadute nel 2017 ed estende il beneficio ai carichi affidati fino al 30 settembre del 2017. È un intervento molto atteso questo da tanti contribuenti che vivono un rapporto difficile con il sistema fiscale, ma che hanno la volontà di mettersi in regola. Noi abbiamo dato loro questa possibilità e miglioriamo la possibilità di accedere alla rottamazione delle cartelle con questo decreto. È positivo il fatto che le comunicazioni IVA vengano scadenzate con un termine semestrale, disapplicando le sanzioni per il primo semestre del 2017. Allo stesso modo, va sottolineata positivamente la proroga di una serie di adempimenti e di pagamenti che sarebbero ricaduti sui territori colpiti da terremoti e calamità naturali nel 2016 e nel 2017.
Il decreto rafforza la lotta all'evasione fiscale estendendo lo split payment a enti pubblici economici, fondazioni partecipate e società controllate e partecipate dall'amministrazione pubblica. Lo split payment è stato uno degli elementi fondamentali tra gli interventi di lotta all'evasione fiscale messi in campo dal Governo in questi anni ed ha permesso di recuperare miliardi di euro di gettito che in precedenza veniva evaso o eluso.
Il decreto-legge contiene altre misure di carattere fiscale che sono state ricordate dal relatore e non su cui non ritorno. Credo che vadano sottolineate anche le misure che rafforzano il sostegno alle piccole e medie imprese in esso contenute come la nuova finalizzazione del Fondo crescita sostenibile per le grandi imprese in crisi con più di 500 dipendenti, con un aumento del Fondo stesso di 300 milioni di euro nel 2018. Il decreto-legge incrementa anche il Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese allargando alla Cassa depositi e prestiti il novero dei soggetti abilitati ad aumentare la dotazione di risorse del Fondo. Si estende ai liberi professionisti che non fanno parte né di ordini né di collegi la partecipazione ai confidi e anche il tema dell'estensione al settore ad alta tecnologia della golden power è significativo dal punto di vista degli strumenti di politica industriale su cui il Governo potrà contare in futuro.
Ritengo che, in materia di infrastrutture, tra le misure che sono state ricordate dal relatore meriti una menzione l'estensione alle spese per la progettazione di opere pubbliche della destinazione delle concessioni edilizie. Il Governo ha lavorato tanto per rilanciare gli investimenti pubblici nei comuni ponendo fine al patto di stabilità interno in favore di un più razionale principio del pareggio di bilancio; prevedendo nella legge di bilancio 2017 e con ulteriori spazi nel 2018 spazi finanziari per i comuni che hanno accumulato avanzi e vogliono incrementare i loro investimenti. Il tema della progettazione è però un nodo che era rimasto irrisolto e il fatto che il decreto-legge permetta ai comuni di utilizzare gli oneri di urbanizzazione e i proventi delle concessioni edilizie per pagare anche le spese di progettazione testimonia l'attenzione del Governo nei confronti del fattore che ostacola un pieno rilancio degli investimenti pubblici a livello locale. Segnalo infine, signor Presidente, alcuni interventi che sono stati in parte inseriti anche nel corso del dibattito al Senato che hanno un grande impatto sulla vita quotidiana di molte famiglie italiane perché il decreto-legge nasce per misure di carattere fiscale ma si è via via allargato, intervenendo opportunamente sui nodi che erano rimasti irrisolti e ne cito quattro. È molto importante che sia risolto il tema dell'uscita autonoma dei ragazzi minori di quattordici anni dalle scuole medie. E' un tema che riguarda 1.700.000 ragazzi e ragazze che frequentano le scuole medie e le loro famiglie. Io stesso me ne ero occupato presentando un'interrogazione parlamentare nel settembre del 2016: c'era un'ambiguità normativa e finalmente il decreto-legge è intervenuto sciogliendo questo nodo piccolo ma molto significativo per molte famiglie italiane.
È importante che si sia esteso il campo di applicazione della detrazione di affitti per gli studenti universitari fuori sede. È altresì di grande importanza il fatto che sia stata bloccata la tendenza negativa di molte imprese di telefonia e di pay-tv a passare alla fatturazione a 28 giorni: era un aumento surrettizio e implicito del costo degli abbonamenti che noi abbiamo bloccato e va a merito del Governo e del Parlamento. È un tema che riguarda 86 milioni di abbonamenti a telefoni cellulari; 7 milioni di famiglie che hanno la pay-tv: si tratta della vita concreta degli italiani che avrebbero pagato di più i servizi di telefonia cellulare e di pay-tv con interventi oggettivamente poco trasparenti da parte delle società che gestiscono i servizi di comunicazione elettronica.
Credo sia molto significativo - ho concluso - il fatto che, nel corso della discussione parlamentare, sia stato recepito nel decreto-legge il tema dell'equo compenso per i professionisti cioè la garanzia del diritto a percepire un equo compenso nei rapporti con i clienti diversi dai consumatori, con i clienti forti, per avvocati e, in generale, per tutte le libere professioni. Sono 2 milioni di lavoratori, signor Presidente, a cui abbiamo dato lo statuto del lavoro autonomo, una delle grandi riforme di questo Governo, e per i quali oggi stabiliamo un principio fondamentale, l'equo compenso, in un Paese in cui si è arrivati a proporre una retribuzione zero da parte delle amministrazioni pubbliche nei confronti dei liberi professionisti con una giungla selvaggia di riduzione progressiva dei compensi per persone qualificate e che, invece, meritano un mercato del lavoro degno di un Paese civile e non del Terzo mondo. Ed è un peccato - me lo lasci dire, Presidente, ho veramente finito - che l'Antitrust, in nome di un astratto principio di libera concorrenza, non abbia tenuto conto di una norma che va nella direzione della civiltà del lavoro del nostro Paese, che noi vogliamo difendere, che aggiusteremo, se necessario, salvaguardando il principio fondamentale che l'equo compenso deve essere parte integrante delle regole che governano il mondo variegato delle libere professioni. Sono misure che, ritengo, debbano essere sottolineate e che qualificano il decreto-legge come un provvedimento importante e positivo per la vita di milioni di famiglie italiane (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Albini. Ne ha facoltà.
TEA ALBINI. Grazie, Presidente. Il decreto-legge che abbiamo oggi in esame e per il quale si preannuncia un ennesimo voto di fiducia appare anche agli occhi dei più sprovveduti un ennesimo decreto omnibus perfettamente in linea con la politica seguita fino ad oggi prima dal Governo Renzi e, a seguire, dall'attuale Governo. Non abbiamo avuto alcuna possibilità di modificare alcunché e oggi ci troviamo di fronte ad un prendere o lasciare che, se ce ne fosse stato bisogno, è la dimostrazione di quanto sia incredibile la voglia di apertura a sinistra fatta da pontieri o padri nobili. Volendo esaminare il decreto-legge in estrema sintesi si possono individuare quattro tipi di intervento. Il primo è relativo a misure fiscali; il secondo a misure a sostegno delle imprese; il terzo a misure per la sicurezza e l'ultimo a misure per esigenze indifferibili. Ma per entrare nel merito e anche per risparmiare più tempo possibile, segnalerò solo alcuni punti che ci vedono profondamente critici. A nostro parere è impossibile pensare che la rottamazione delle cartelle sia una reale agevolazione per i soggetti che si trovano in difficoltà: è un condono vero e proprio in quanto non fa alcuna differenza tra chi non ha pagato per reali impedimenti o chi semplicemente confida nella buona sorte ed hanno avuto ragione quest'ultimi in barba a chi diligentemente, soprattutto i contribuenti a reddito fisso o pensionati, non sfugge all'imposizione fiscale in quanto tassata all'origine. In Italia i condoni si sono succeduti negli anni e hanno dimostrato che l'importante era prendere tempo. Con il tempo si può far sparire il patrimonio aggredibile e si può comunque confidare in un condono in qualsiasi modo si voglia chiamare, fosse anche rottamazione, e intanto lo Stato rinuncia a un cospicuo introito in spregio a chi aveva onorato le rate. Con la norma si favorisce chi è in difficoltà ma non facendo differenze sui motivi del mancato pagamento. Vengono favoriti di fatto i grandi evasori di centinaia di migliaia di euro: in estrema sintesi, coloro che determinano il buco del gettito. Noi abbiamo un altro concetto del fisco: crediamo che tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività - lo dice l'articolo 53 della nostra Costituzione - ed è così che vorremmo fossero le nostre regole senza rottamazione e senza condoni per poter far fronte ai bisogni delle categorie più fragili. Noi crediamo in una scuola e in una sanità pubblica e universale dove tutti hanno le stesse possibilità di accesso; in un welfare che garantisca una vita dignitosa ad ogni cittadino in difficoltà ma non siamo nati ieri e, per far questo, occorre un fisco equo e solidale e, se non è così, hanno ragione i cittadini onesti a sentirsi beffati. Vediamo ancora una volta la mortificazione dell'autonomia dei comuni, quando si costringono a rivolgersi comunque ai concessionari per la riscossione dei tributi anche per le funzioni e le attività di supporto propedeutiche all'accertamento ed alla riscossione delle entrate, allo scopo di tutelare l'integrità dei bilanci e delle entrate dei comuni e delle loro società partecipate. Ci viene spontaneo da chiederci il perché: ma non è possibile lasciare alla libera autonomia degli enti locali decidere come procedere? Ma perché favorire soggetti che non sempre hanno dimostrato una condotta specchiata, aggravando così la già difficile situazione dei bilanci comunali? Ci aspettiamo che in sede di legge di bilancio ci venga data la possibilità di ripristinare una situazione rispettosa della volontà di questi enti, che hanno diritto alla loro libera determinazione.
Non ci sembra sufficiente, seppure apprezzata, la disposizione sullo split payment dell'IVA e sull'acquisto di beni e servizi estesa a tutte le società controllate dalla pubblica amministrazione, in quanto non risolutiva per contrastare l'evasione fiscale: sarebbe stato opportuno inserire nel decreto fiscale la trasmissione telematica dei dati delle fatture, che comporta per gli operatori un impatto tecnologico ed amministrativo limitato, ma avrebbe rafforzato l'offerta di servizi e semplificazione degli adempimenti per gli operatori IVA e il potenziamento dei sistemi di controllo dell'amministrazione, nel quadro di un rapporto di reciproca trasparenza. A nostro parere ci si trova di fronte ad un'occasione mancata, ad un rinvio chissà a quando di soluzioni risolutive, e addirittura, per quanto riguarda il caso della rottamazione, a scelte assolutamente non condivisibili ed ingiuste. Diversamente, per quanto riguarda la prima parziale sterilizzazione dell'incremento dell'IVA e delle accise, appare evidente che si tratta di una disposizione attesa e positiva, ma ci pone il problema sull'origine e sul costo reale della tenuta dei conti pubblici, che segnano di fatto le scelte di bilancio soprattutto di questi ultimi anni.
Ma, al di là del pacchetto fiscale, ci troviamo di fronte ad aspetti problematici del decreto, o quanto meno di inspiegabile presenza, come il mandato dei vertici delle Forze armate e del personale militare. Se leggiamo il titolo dell'atto che stiamo esaminando, “Conversione in legge del decreto recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili”, ci riesce davvero incomprensibile capire la ragione della presenza di quelle norme. Vi sono poi alcune perplessità sull'autorizzazione alla spesa per il finanziamento del contratto di programma tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la società RFI Spa, per far fronte ad opere e programmi non ancora finanziati: ottima cosa, ma a nostro parere sarebbe necessario rafforzare una visione d'insieme su due punti, il piano strategico nazionale del trasporto ferroviario pendolare e della mobilità sostenibile, e il rafforzamento del ferro per il potenziamento del trasporto merci.
Nei nostri emendamenti si proponeva un'adeguata copertura per la riduzione della deducibilità degli interessi passivi per gli istituti di credito e di assicurazione, da cui ricavare un gettito di almeno 400 milioni. Siamo insoddisfatti sul tema sanità. Per noi rimane elemento centrale e prioritario, e le nostre proposte sono note: aumento del fondo per il Servizio sanitario nazionale e l'abolizione del superticket. Ecco che torna con forza il tema dell'equità fiscale, e le scelte che poi troveremo nella legge di bilancio, di bonus e agevolazioni, dovrebbero cedere il posto ad una politica più larga ed inclusiva, quale appunto quella di una sanità che non costringa milioni di italiani a non potersi permettere cure adeguate. Speriamo che nella legge di bilancio si possano trovare, così come annunciato, risorse necessarie per poter arrivare, noi speriamo, immediatamente alla soppressione totale del superticket, e che non sia la solita frase ad effetto che ha solo il sapore di mera promessa elettorale.
Una piccola nota su una nostra richiesta, che tutto sommato poteva essere un bel segnale anche rispetto ad una legge recentemente approvata alla Camera, vale a dire sull'articolo 18-quater che riguarda la disciplina della coltivazione della cannabis e della produzione di sostanze e preparazioni vegetali da piante e materiale vegetale a base di cannabis a fini terapeutici: si proponeva che le preparazioni magistrali a base di cannabis, prescritte dal medico per la terapia del dolore, fossero a carico del Servizio sanitario nazionale. Sarebbe stata una cosa buona soprattutto se pensiamo agli utilizzatori, ma non è stato così.
È criticabile anche la scelta di messa in liquidazione della Croce rossa italiana, nel senso che vorremmo almeno sopprimere tutte le disposizioni sul trasferimento di beni mobili e immobili a far data dal prossimo 1° gennaio alla nuova associazione di diritto privato, con l'esenzione del pagamento di imposte e tasse previste per le trascrizioni e da ogni adempimento fiscale oneroso.
Riguardo alla finalità contenuta all'articolo 18, relativa al finanziamento di specifici obiettivi connessi alla ricerca e all'assistenza e cura relativa al miglioramento dell'erogazione dei LEA, con un accantonamento per il 2017 di 32,5 milioni previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, evidenziamo il fatto che verrebbe neutralizzata, se risultasse vero che si tratta di un finanziamento a favore di strutture sanitarie già individuabili perché uniche in Italia a rispondere a questi requisiti. Particolari perplessità ancora suscita il comma che sottrae il finanziamento all'Ilva di Taranto per le opere di bonifica, prevedendone altre destinazioni: riteniamo incomprensibile il motivo per cui la somma destinata non sia stata impiegata come era previsto per il risanamento ambientale e sanitario di quella città, e che sia stata stornata con una singolare partita di giro.
Occorre rafforzare molto le misure proposte per venire incontro ai bisogni generati dagli eventi sismici e dalle alluvioni. In questo senso abbiamo presentato alcuni emendamenti che raccolgono queste istanze, intervenendo direttamente anche sul recepimento di risorse: è evidente che il non voler discutere preclude la possibilità di rispondere anche alle sollecitazioni che vengono in questo senso dai territori. Per esempio (e cito solo alcune delle cose che proponevamo), avremmo voluto l'allargamento della platea dei beneficiari della sospensione dei termini fiscali per l'alluvione di Livorno, così come chiesto dalla mia regione; come pure sarebbe stato necessario per i territori colpiti dal sisma, viste le condizioni attuali sulla verifica e sul perdurare del disagio, prorogare i termini di sospensione in materia di adempimenti tributari. Sull'equo compenso siamo favorevoli a che il tema riguardi gli ordinisti e i non ordinisti: il testo approvato, alquanto confuso, lascia aperte molte perplessità; e, in estrema sintesi, vogliamo dire che stiamo parlando, anche per gli avvocati, di compenso minimo e non di equo compenso.
In tema di lavoro sarebbe stato importante mettere in salvo i risparmi derivanti dal monitoraggio e dalla verifica delle salvaguardie per gli esodati e per l'Ape sociale, per adoperarli in situazioni successive. Sul tema lavoro vedremo nella legge di bilancio le eventuali novità, ma chiediamo con forza che non si interrompa il dialogo con le organizzazioni sindacali, e che non si consideri una mezza vittoria l'aver diviso, nel giudizio sul merito delle proposte del Governo, le grandi organizzazioni dei lavoratori.
In ultimo, ma non ultimo, vorremmo conoscere le reali motivazioni legate al rinnovo ex lege della concessione del “gratta e vinci” a Lottomatica: incasseremo meno di quanto avremmo potuto, se si fosse proceduto con gara; e ci chiediamo, di fronte ad un rinnovo e non di una proroga, per di più disposto con legge, se siano state rispettate tutte le disposizioni comunitarie e le nostre leggi, specie quella sugli appalti. È un bel regalo che lo Stato fa a Lottomatica, e vorremmo conoscere le motivazioni: non siamo curiosi, siamo solo dubbiosi, e vorremmo in questo senso avere più trasparenza nei metodi e nei modi, soprattutto quando, di fronte ad un probabile aumento di entrate, si decida altrimenti.
Concludendo, signor Presidente, il nostro gruppo è fortemente critico nel merito del provvedimento, ma lo è ancora di più nel metodo: ormai assistiamo con rammarico all'impossibilità di svolgere un qualsiasi ruolo di interlocuzione tra Governo e Parlamento, soprattutto quando siamo di fronte a provvedimenti di questa rilevanza. Spero ancora che nell'affrontare la legge di bilancio, che sta percorrendo un faticoso cammino al Senato, si possa avere uno spazio di intervento reale per poter trovare in quella sede alcune risposte ai bisogni e necessità, a nostro parere assolutamente prioritari, che non hanno avuto soddisfazione in questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Articolo 1-Movimento Democratico e Progressista).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cariello. Ne ha facoltà.
FRANCESCO CARIELLO. Presidente, colleghi, in questo decreto-legge, che stiamo esaminando, è evidente l'aspetto di disomogeneità già rilevata dai colleghi: non mi ripeterò in questo, e le chiedo già, Presidente, alla fine del mio intervento di poter depositare l'intero discorso che avevo preparato. Ma tengo a rilevare alcuni aspetti invece fondamentali, per cui noi riteniamo veramente irricevibile questo affronto da parte, l'ennesimo affronto, del Governo a porre una questione di fiducia su un provvedimento che, al di là della disomogeneità, ha un suo impatto evidente e notevole sugli effetti finanziari anche dei prossimi anni. Tra l'altro, ci aspettiamo anche un nuovo prospetto che rettifichi (alla luce delle modifiche avvenute al Senato), e che includa, i nuovi saldi di finanza pubblica, rivisti in funzione anche delle modifiche apportate.
Noi qui la fiducia non l'abbiamo ancora formalmente ricevuta, ma dalle dichiarazioni stampa che gli stessi esponenti della maggioranza hanno annunciato, è chiaro che sarà posta la fiducia, ormai tutti la danno per certa. Prendiamo atto che praticamente tutta la nostra proposta architettata in diversi emendamenti, fascicoli e fascicoli stampati inutilmente, non sarà nemmeno possibile discuterla in quest'Aula. Ci troviamo ad affrontare l'ennesima discussione generale su un provvedimento finanziario di fine legislatura senza averlo e senza poterlo modificare. Questo è successo abitualmente negli ultimi anni, direi proprio come prassi di questi Governi che si sono succeduti in questa legislatura. Questo è l'annullamento totale del bicameralismo, in perfetta controtendenza rispetto a quella che è la volontà dei cittadini che nell'ultimo referendum hanno evidentemente salvato il bicameralismo come fonte di produzione legislativa di qualità e non in termini di tempistica. Qui si va sempre e soltanto in maniera di urgenze, anche su provvedimenti che meritano un approfondimento - e quello della Camera e quello delle Commissioni, soprattutto, lo sono e sono necessari - per il miglioramento dei provvedimenti.
Ci resta da evidenziare quello che non condividiamo, quello che avremmo potuto modificare e quello che serve, a nostro avviso, includere in questo provvedimento, ad esempio l'ambito della riscossione dei tributi che è stato già citato. Si è avuta un'ampia discussione oggi in Commissione, l'unica discussione che abbiamo potuto effettuare, quella sul mandato al relatore, perché tre minuti dedicati anche al complesso degli emendamenti non hanno sortito nemmeno un confronto concreto tra le forze politiche su quelli che sono i contenuti di questo decreto fiscale. Quindi, sarebbe preferibile perlomeno lasciare le Commissioni confrontarsi, almeno per prendere quegli spunti legislativi che possano nella prossima legge di bilancio trovare un comune accordo per modificare le, francamente, “porcate” che sono state incluse nel corso della conversione al Senato. Una fra tutte, e tengo realmente a ribadirlo e a sottolinearlo, è la misura inclusa alla comma 11, dell'articolo 1, dove in tema di affidamento delle funzioni di supporto e propedeutiche alla riscossione e all'accertamento dei comuni, viene dato l'ennesimo monopolio all'albo dei concessionari della riscossione. Varrebbe solo questo elemento a decretare veramente la contrarietà a questo decreto, perché i concessionari della riscossione (c'è un albo presso il Ministero dell'economia) hanno già un monopolio di fatto in tutti i territori. Lì dove i comuni dovessero scegliere di andare nella direzione della totale internalizzazione del servizio di riscossione, e volessero soltanto usufruire di un supporto tecnico all'accertamento, alla fase di accertamento e alla fase di riscossione, sono obbligati da questa norma a tornare da quei concessionari. Quindi, le lobby sui soldi dei cittadini, delle tasse locali, che non vogliono mollare l'osso. Questa è la realtà dei fatti.
Anche il processo di riforma, che non c'è mai stato e non è mai partito, seppure suggerito, parlo del processo di riforma della riscossione dei tributi locali da più parti suggerito, non da ultimo dall'ANCI in una audizione in Commissione sul federalismo fiscale, è stato completamente disatteso e non considerato da questo Governo. Noi vorremmo e torneremo ad intervenire su questo tema in sede di legge di bilancio.
Cogliamo con piacere la esposizione da parte di tutti i gruppi politici che hanno dimostrato nei loro discorsi di voler contribuire a queste ulteriori modifiche, perché è evidente che al Senato gli equilibri politici hanno determinato l'introduzione di norme in questo decreto che non hanno assolutamente nulla a che fare con l'idea di andare a risolvere e intervenire in quelle che sono le misure urgenti del fisco.
Parlo poi anche di altri temi, che ci vedono contrari a questo provvedimento. Parliamo per esempio dell'articolo 12 in materia di trasporti, in cui c'è l'ennesimo contributo a favore di Alitalia, un contributo che non ha alcuna reale capacità di risolvere la questione e la cui motivazione è chiara: quella di posticipare semplicemente il momento della scelta della fine di questa azienda italiana a dopo le elezioni. L'incapacità quindi della politica di risolvere un problema occupazionale, ma anche strategico per il nostro Paese, perché i numeri lo dimostrano: il trasporto aereo è in continua crescita, il nostro Paese attira turisti, quindi attira traffico aereo, ma l'Alitalia, compagnia di bandiera, è continuamente in perdita. Quindi, non riusciamo nemmeno a fare sistema su un elemento fondamentale su cui poter rilanciare lo sviluppo del nostro Paese. In sintesi, rileviamo che l'Alitalia, la nostra compagnia di bandiera è prossima praticamente alla svendita e la si sta mantenendo in piedi con questo decreto, iniettando altro denaro pubblico: novecento milioni di euro in totale, fino ad oggi, solo per disinnescare gli esuberi già previsti. Poi parliamo di Alitalia Maintenance Systems cioè una storica officina motori di Alitalia svenduta lo scorso anno ad una compagnia americana con sede a Miami. È stata totalmente svuotata di tutto il know how, di tutti gli impianti e della tecnologia previsti. Al Ministero ci si è incontrati, si è fatto un piano industriale su cui sembravano tutti d'accordo, ma all'atto pratico non si sta assumendo nessun ingegnere tra quelli previsti in quell'incontro e non si sta rilanciando il settore.
Parliamo anche dell'equo compenso tanto decantato dal collega Misiani come una norma che ha risolto il problema dei professionisti. Il nostro sconcerto su questa norma è semplice: non prevede nessun vincolo, quindi non c'è nessun obbligo. È semplicemente un richiamo alla qualità delle relazioni civili, al rispetto di una norma che è totalmente evadibile, non è impegnativa sul piano economico. In questa conversione del decreto si fa un ulteriore spot verso una categoria, quella dei professionisti; parliamo degli ingegneri, degli avvocati, comunque di tutti quei professionisti con partita IVA che forniscono anche un servizio per la pubblica amministrazione e per i quali non è previsto un compenso minimo da rispettare con delle pene e con degli obblighi di tipo economico, non indicazioni o linee guida. Questo dovrebbe essere più efficace in tal senso, allora sarei d'accordo anche con la maggioranza che rileva questi punti.
L'intervento sui vaccini, articolo 18-ter, in questo decreto fiscale, conferma l'irrazionalità del precedente decreto sui vaccini, lesivo dei diritti dei singoli e delle competenze regionali, non tenendo conto delle diverse realtà territoriali in tema di prevenzione vaccinale. L'intervento del Governo sembra dare esclusività e sanare alcuni palesi trattamenti illeciti che si sono verificati in diverse regioni, già stigmatizzati dal Garante della privacy, ma non risolverà sicuramente le tante e numerose criticità che sono state già da tempo segnalate. Quindi, un intervento su un tema già trattato da altri decreti che evidentemente dimostra una falla. Le opposizioni, noi per primi, ci siamo battuti affinché quel decreto tenesse conto di tutta una serie di diversità, regione per regione. Quindi, il solo fatto che il Governo torni su questo decreto è sintomatico della non risoluzione del vero problema. Questi sono tutti elementi che ci porteranno appunto a non votare questo provvedimento, ve lo anticipo. Fiducia o non fiducia, noi voteremo comunque “no” alla fiducia e “no” a questo decreto (Applausi dei deputati del gruppo MoVimento 5 Stelle).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giorgetti. Ne ha facoltà.
ALBERTO GIORGETTI. Presidente, credo che questa discussione sia più che mai utile per riprendere alcuni argomenti che abbiamo già affrontato in sede di pregiudiziale di costituzionalità ma che credo debbano essere ripresi nel merito e anche in un dibattito con la maggioranza e con il Governo che credo meriti un minimo di attenzione. Allora, per la prima considerazione vorrei ripartire dall'intervento dell'onorevole Misiani, che è stato particolarmente a sostegno, Presidente, di un provvedimento che avrebbe dovuto determinare degli effetti di particolare positività in materia di conti pubblici e in una serie di questioni di carattere tutto sommato locale che rappresentano comunque dei temi su cui era opportuno intervenire in termini normativi. Io vorrei rispondere così, con una battuta, all'onorevole Misiani: siamo d'accordo sul fatto che ci sono dei numeri che sono rassicuranti per una prospettiva su cui lavorare. Noi non abbiamo negato - me ne daranno atto l'onorevole Marchi e i colleghi del Partito Democratico -, abbiamo riconosciuto, quando abbiamo affrontato il tema del rendiconto e dell'assestamento di bilancio, che alcuni dati, in merito a un'inversione di tendenza relativamente alla questione dello sviluppo, erano ormai evidenti e consolidati; quello che noi abbiamo contestato dall'inizio della legislatura alla maggioranza, da quando abbiamo cominciato ad affrontare la fase critica relativamente alla gestione del debito e quindi alla prospettive di ripresa, è una poca chiarezza nell'intraprendere un chiaro percorso di sostegno all'economia e allo sviluppo al mondo delle imprese con una serie di interventi che avrebbero dovuto determinare un effetto che ci avrebbe consentito di agganciare uno sviluppo che viaggia mediamente al doppio di quanto viaggia oggi in Italia la crescita del prodotto interno lordo.
Questo è un elemento che evidentemente deve animare il nostro dibattito. Io continuerò a spingere su questo tema, perché lo riprenderemo poi anche nella discussione della legge di bilancio. La sfida non è governare un percorso di discesa e scivolamento nella povertà, così come è accaduto purtroppo per molte fasce, per un'ampia realtà del Paese, che oggi vive in una condizione di povertà, alla luce della difficoltà ad agganciare un potere d'acquisto che comunque si riduce, e la necessità di rimettere mano complessivamente alla politica sui redditi, temi che riguardano più in generale la ridistribuzione, che sono tutti argomenti importanti. Noi abbiamo detto alla maggioranza: su questi argomenti noi ci siamo, vogliamo discutere e vogliamo confrontarci, allora noi dobbiamo discutere dei fatti e degli atti che vengono proposti da parte della maggioranza. Questo decreto, proprio per i motivi che ha raccontato prima Misiani, non aveva ragione d'essere; non si intravedono nelle questioni che pone Misiani degli elementi di straordinaria necessità ed urgenza, si intravede piuttosto - questo è un argomento che capiamo - il tema delle clausole di salvaguardia, che è un tema serio, il Viceministro Casero lo sa. È un tema che, tra l'altro, insisterà anche sui futuri Governi, quello delle clausole di salvaguardia, perché è un tema che dobbiamo cercare di affrontare non solo in sede nazionale, come ricordava prima Rocco Palese: c'è un tema più generale, che è l'Europa e come raccordarsi in quella sede sull'interpretazione delle garanzie in materia di conti pubblici che noi diamo a copertura delle scelte di politica economica e finanziaria che intendiamo attivare. Ogni volta che intendiamo fare un'operazione significativa o di riduzione della pressione fiscale o un intervento di spesa, bisogna attivare le clausole di salvaguardia perché altrimenti non basta.
Ciò perché l'Italia è considerata dai nostri partner - diciamolo in maniera molto chiara - sostanzialmente inaffidabile sugli obiettivi di medio e lungo termine. Quindi, clausole di salvaguardia e interventi sulle accise: interveniamo con provvedimenti che ci consentono di sopravvivere anno per anno. Noi crediamo che questo argomento sia uno degli argomenti fondamentali su cui intervenire, e auspichiamo che chiunque vinca le elezioni - noi riteniamo di vincere e di essere pronti ad accettare questa sfida - tratti questo argomento in sede europea, cioè come dare garanzia rispetto a un andamento tendenziale dei conti pubblici, che hanno animato evidentemente un percorso di questi anni con un confronto duro con l'Europa in Parlamento, ma che alla fine ha avviato una fase che noi speriamo possa essere, in un tempo medio-lungo, di inversione di tendenza.
Ricorderanno i colleghi che hanno seguito con dedizione anche le audizioni del Ministro Padoan recentemente in Commissione al Senato il quesito che il nostro gruppo ha posto al Ministro Padoan: quali sono le politiche attive per la riduzione del debito pubblico? Quali sono le politiche per cominciare a portare avanti un progetto di sviluppo di quella che è una politica di valorizzazione del patrimonio pubblico? E devo dire che lui ha ripreso il tema del sentiero stretto. Noi su questo sentiero stretto ci sentiamo stretti, quindi non condividiamo questo tipo di politica; vorremmo avere dei messaggi un po' più robusti, un po' più forti. Allora è questo che porta ad una critica ad un decreto che è fatto di cosucce, non certamente di interventi che possano meritare una qualsivoglia dignità piena rispetto a un rilancio pieno della crescita in una fase che è quella della legge di bilancio.
Colleghi, io torno su questo argomento perché - il Viceministro Casero lo sa - l'abbiamo fatto più volte, l'abbiamo discusso: come voler dare trasparenza alla legge di bilancio e ai meccanismi che animano i vari passaggi, che evidentemente devono essere discussi in Parlamento, dei documenti che vanno al nostro esame. Noi avremmo dovuto intravedere un eventuale decreto collegato nell'anno 2018, in base ai primi effetti connessi alla legge di bilancio. La legge n. 196 del 2009, che abbiamo insieme deciso di modificare e quindi di condividere e votata sostanzialmente in una logica bipartisan, prevede lo spostamento e la presentazione dei decreti collegati alla manovra di finanza pubblica - prima legge finanziaria, la legge n. 468, oggi legge n. 196, legge di bilancio - entro il febbraio successivo. Qui ci troviamo di fronte ancora ad un decreto che è sostanzialmente - lo dico agli uffici - collegato. Lo è dal punto di vista politico, lo è dal punto di vista del merito, lo è dal punto di vista della prassi, mi permetto di dire. Noi stessi, lo ricordava il collega Marchi, abbiamo posto in Commissione un argomento, che era quello di dire: chiudiamo, visto che lo stesso Ministro Padoan in un'audizione ci ha spiegato che il disegno complessivo di azione del Governo in materia di politica finanziaria si intravede nel combinato disposto tra il decreto che stiamo discutendo in questo momento e la legge di bilancio che è in discussione al Senato. Evidentemente non possiamo fare altro che considerarlo un collegato. È un collegato! È più collegato dei collegati tecnici, perché è un collegato politico, è un collegato nel merito, a tal punto che abbiamo deciso, Presidente - io credo saggiamente -, di condividere un percorso di restrizione, di compressione del dibattito, in cui l'opposizione si è assunta la responsabilità di accettare una finta discussione in Commissione, ma per dare spazio a quale passaggio emendativo? A un eventuale ridiscussione di alcuni dei punti del decreto in legge di bilancio. Allora, più collegato di questo che cos'è? Sottolineo questo aspetto non per una questione meramente formale, perché non bisogna nemmeno essere formalisti, ma proprio per dare valore alla sostanza delle scelte.
Cioè, noi ci troviamo un combinato disposto di cose varie che entrano in un testo e che dovrebbero rappresentare un elemento di svolta per il Paese.
Noi tutte queste cose francamente le consideriamo - voglio dire - alcune buone e alcune meno buone, ma non ci convince il fatto che andasse attivato un provvedimento straordinario come quello del decreto che in questa fase rischia di inficiare le regole. Infatti, ricordo le cose che noi abbiamo sottolineato e, cioè, che quella riforma della legge di bilancio avrebbe dovuto determinare un percorso di processo di riforma della contabilità in cui avremmo dovuto intravedere - rileggo insieme e lo faccio per me, perché voi già le conoscete - il governo unitario della finanza pubblica, una chiara leggibilità del bilancio dello Stato, un monitoraggio dei conti pubblici e delle relative coperture e così via, l'attività di analisi e valutazione della spesa e il potenziamento dei sistemi di controllo di ragioneria, che abbiamo fatto in parte con i decreti approvati recentemente, i decreti legislativi, tuttavia la realtà è che oggi noi ci muoviamo su due terreni: un terreno chiudiamo, chiudiamo, chiudiamo il decreto; poi, apriamo sulla legge di bilancio, su cui stanno già intervenendo.
Quando Misiani richiama prima l'intervento e l'ammissibilità delle spese di progettazione relativamente alla categoria dell'acquisizione di risorse tramite gli oneri di urbanizzazione, noi andiamo a fare un'operazione che, per carità, può avere pure dignità, premesso che rischiamo di scivolare ancora una volta nel labile limite tra ciò che riguarda sostanzialmente una spesa di parte capitale e un qualcosa che ci si avvicina, ma insomma riprendiamo temi antichi, quelli dell'armonizzazione dei principi contabili, ma si dà l'idea - e lo diceva Rocco prima - che ci sia la volontà di procedere per step in base all'ultimo che alza il prezzo di più. E, allora, ha un senso parlare di materia organica in materia di finanza locale. E invece, caro collega Marchi, ci troveremo a discutere di finanza locale per davvero nella sessione di bilancio che affrontiamo qui alla Camera, in cui tratteremo temi un po' più pesanti di quelli degli oneri di urbanizzazione che possono essere finalizzati alla spese di progettazione per opere pubbliche. Per carità, ci sta pure questo, ma francamente intravedere una scelta strategica attorno a queste poste ci lascia decisamente freddi, quanto meno, rispetto alle politiche attivate da questo Governo.
Ha detto prima Rocco Palese una cosa molto importante: voi avete di fatto attivato un condono fiscale per un periodo slittato nel tempo, per cui oggi i margini, attraverso le procedure che avete attivato, di rateizzazione e, quindi, di intervento per alleggerire la riscossione e renderla meno pesante nei confronti dei contribuente ha comportato l'attivazione di una dinamica che ha asciugato degli strumenti straordinari esclusivamente a vantaggio di coloro che non si sono comportati in modo leale con il fisco. Questo è il dato.
PRESIDENZA DELLA VICEPRESIDENTE MARINA SERENI (ore 21,20)
ALBERTO GIORGETTI. Voi avete attaccato il Governo di centrodestra sistematicamente, il Governo condonista, le iniziative finalizzate esclusivamente a privilegiare coloro che avevano barato. Questo lo avete fatto voi! Lo avete fatto voi e se oggi noi dovessimo fare un testo - facciamo una verifica - e provare a vedere se c'è una copertura tecnica da utilizzare in legge di bilancio che possa essere accettabile e quantificabile dalla Ragioneria generale dello Stato in modo significativo attorno ad un condono fiscale, ebbene la Ragioneria generale dello Stato ci dirà che non c'è un euro che può entrare e farete pure fatica - ha ragione Palese - a realizzare gli obiettivi che vi attendete rispetto all'ennesimo intervento di rateizzazione; noi rilanceremo su questo argomento proprio perché siamo quelli che a maggior ragione diciamo che con riferimento a questo tipo di intervento, nel momento in cui si fa una scelta che è, comunque, in controtendenza rispetto a quello che dovrebbe essere attuato per ristabilire un corretto rapporto tra contribuente e sistema fiscale, è evidente che bisogna ricomprendere davvero tutti e non lasciare fuori qualcuno, come accade, invece, in questa riapertura dei termini (ma è un tema che riprenderemo in legge di bilancio).
Ho trattato questi due argomenti che sono palesemente eterogenei e nulla hanno a che vedere l'uno con l'altro.
Le questioni di carattere fiscale che riguardano il sistema della riscossione e, così come è stato ricordato prima, l'equo indennizzo piuttosto che gli oneri di urbanizzazione. Qui sta l'eterogeneità che noi non possiamo continuare a coltivare. Non voglio annoiarvi, ma se andiamo a vedere i cosiddetti articoli aggiuntivi, i bis, lì troverete l'enorme attività di produzione normativa straordinaria, in merito alle esigenze del Paese ovviamente, che ha prodotto il Senato, con una serie di interventi che hanno non dico natura micro-settoriale ma sicuramente che intervengono su delle aree molto specifiche che non danno una particolare dignità al provvedimento. Aggiungo che purtroppo - lo dico ai colleghi della maggioranza, perché è un tema che affronteremo fra qualche giorno - sto seguendo e stiamo seguendo l'attività emendativa approvata nell'altro ramo del Parlamento, Presidente, per cui si pone una riflessione anche in merito ai criteri di ammissibilità dei testi che poi arriveranno qui, perché esiste un ramo del Parlamento, ancora oggi, che è in grado di intervenire con una serie di modifiche che qui non sarebbero mai ammesse.
E, allora, anche questo deve essere ribadito nel rapporto bicamerale in cui non esiste chi è legittimato a modificare il testo con qualsiasi tipo di strumento e di intervento e qualcun altro, invece, che non può farlo non solo per un senso di responsabilità ma di corretti limiti di ammissibilità. E, allora, il finanziamento delle manifestazioni carnevalesche, gli interventi che riguardano gli albi specifici di alcuni agenti che stanno entrando - l'agente sportivo, mi pare - piuttosto che altre figure che sono in senso lato strettamente attinenti alla riforma che noi abbiamo fatto della legge di bilancio. Ricordo quando dovevamo uscire dalla legge finanziaria, truce, cattiva e sporca in taluni passaggi, e passare a un sistema contabile intellegibile e trasparente, in cui avremmo dovuto intervenire esclusivamente sulle poste di bilancio per modificare quelli che erano gli obiettivi e non certamente continuare a inserire normative che erano finalizzate a dare risposte a settori specifici, che nulla hanno a che vedere con la manutenzione dei conti pubblici. Ma quello che sarebbe ordinamentale qui - e, quindi, in buona misura escluso dai nostri criteri - di là non lo è; viene considerato ammissibile e - lo dico e già mi pare di vedere con la sfera di cristallo - sarà un punto intoccabile della maggioranza perché altrimenti poi crolla il palco, come diciamo noi. E quindi tutto quello che stiamo discutendo è evidentemente ridicolizzato purtroppo in alcuni di questi passaggi.
E, allora, noi su questo decreto abbiamo presentato una serie di emendamenti, restando su alcuni terreni. Sappiamo che non possono essere affrontati, siamo consapevoli di questo, sappiamo che c'è un impegno evidentemente nel dibattito a riaffrontare questi temi in legge di bilancio. Ci auguriamo però, Presidente, perché siamo evidentemente a fine legislatura - ed è un invito che noi rivolgiamo anche alla Presidenza - che sia data un'occhiata a quello che sta avvenendo nell'altro ramo del Parlamento. Presidente, noi dobbiamo dare un'occhiata non per mettere in discussione le legittime, credo, rivendicazioni di senatori che rappresentano i territori, ma per ribadire che lo strumento è diverso; lo strumento deve essere diverso, perché se serve un provvedimento che raccolga una serie di esigenze si fanno interventi che hanno natura dal punto di vista della strumentazione istituzionale diversa e che devono avere una dignità di percorso diverso dalla sessione di bilancio, dai tempi previsti, dal rischio di esercizio provvisorio, dalla tenuta dei saldi pubblici. È evidente che su questo noi non possiamo metterci più sul terreno delle manifestazioni carnevalesche, con tutto il rispetto che ci può essere attorno a questo tipo di eventi. Noi non possiamo stare su questo terreno e l'efficacia o meno del dibattito che andremo ad affrontare nei prossimi giorni sulla legge di bilancio passa anche dal fatto che la Camera deve ribadire su alcuni argomenti una propria visione, il lavoro fatto in passato e anche una condizione complessiva che ci darà la possibilità o darà la possibilità al prossimo Parlamento che si insedierà di riprendere una materia che abbia ancora una dignità di lavoro diversa rispetto al resto, perché in questa situazione non si capisce come mai non siano necessarie le coperture a questo punto anche in un decreto che ha questa natura solo perché non è collegato. Non si capisce come mai alcuni tipi di proposte possano andare in ordinamentale anche se si tratta della legge di bilancio; e quindi la discrezionalità applicativa dei regolamenti da parte dei presidenti delle Commissioni, e quindi delle presidenze dei rispettivi rami del Parlamento, diventano un elemento che rischia di essere determinante o meno per la vita delle maggioranze. È un po' troppo questo, questo è un po' troppo. Noi dobbiamo cercare di rientrare rispetto ai codici che ci siamo dati e che sono stati via via travolti.
E chiudo su un'ultima riflessione: noi abbiamo affrontato i temi legati al meccanismo condonistico - cominciamo a chiamarlo, Rocco, per quello che è -, ritenendo che questo potesse determinare gettito. Questo argomento non è scevro da valutazioni anche di carattere europeo. Noi non dobbiamo stupirci se l'Europa ci scrive su questo argomento. Sappiamo molto bene e dobbiamo riconoscere che in questi anni l'Europa ha garantito quello che non ha garantito a Governi precedenti. Voi avete questa responsabilità: avete avuto la flessibilità sui conti, avete avuto uno spazio di manovra che consentiva di ricorrere al debito su questioni di carattere assolutamente rilevante, per noi strategico, qual è, per esempio, il sostegno del credito e del sistema creditizio in generale.
Ma il ricorso anche in questa fase a una serie di strumenti straordinari quali la flessibilità, il debito, la possibilità di avere non una copertura tecnica, ma, addirittura, di poter cifrare un'entrata che altri Governi avrebbero dovuto mettere esclusivamente a consuntivo, significa che voi avete in realtà creato le condizioni potenziali di un debito che si troverà il prossimo Governo, perché, se queste tre condizioni - ecco perché torno alla riflessione finale da cui sono partito all'inizio - non determinano un volano di crescita che consenta al Paese di guadagnare in modo significativo, non nello stretto percorso che è stato indicato da Padoan, ma piuttosto un aggancio reale alla ripresa, così come avviene in altri Paesi, noi abbiamo perso una grande occasione e abbiamo scaricato sulle future generazioni i pochi spazi di manovra e di affidabilità che l'Europa ci ha consentito.
Allora, Presidente, chiudo dicendo che noi, ovviamente, daremo un voto contrario, siamo contrari alla posizione della questione di fiducia. Detto questo, rimandiamo questo dibattito nella speranza che la legge di bilancio porti alcuni elementi di correzione significativa di questo testo, ma ci riporti tutti a un senso compiuto rispetto, evidentemente, alla dimensione di medio-lungo termine che deve avere come prospettiva il nostro Paese anche in materia economica e finanziaria.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pili. Ne ha facoltà.
MAURO PILI. Presidente, rappresentante del Governo, non è il primo decreto, ma è sicuramente un primo caso in cui il Governo riesce a superare se stesso, perché riesce a presentare un decreto collegato a una manovra finanziaria che ancora non esiste. Credo che sia un esemplare decreto che, ancora una volta, rappresenta la confusione con la quale questo Governo…
PRESIDENTE. Colleghi, lasciate in pace il banco del Governo.
MAURO PILI. …riesce sostanzialmente a mettere in campo un provvedimento omnibus dove mette di tutto e di più, dove le regole fondamentali di un decreto-legge vengono totalmente esautorate e non controllate dallo stesso Capo dello Stato. Non c'è urgenza, perché non vi è in questo provvedimento nessun elemento che induca il caso d'emergenza, d'urgenza, di straordinarietà. E non c'è soprattutto l'omogeneità, che è l'elemento cardine di un decreto che la Corte costituzionale più volte ci ha richiamato a rispettare proprio nella sua azione propedeutica rispetto alla valutazione di questi decreti che i Governi hanno messo in campo reiteratamente. C'è però da manifestare in questo provvedimento la mira politica di questo Governo, l'orizzonte politico di questo Parlamento, che, ancora una volta, non riesce a individuare il vero vulnus del sistema economico-finanziario del Paese e dello Stato, cioè il debito pubblico, che in questa partita non viene mai affrontato.
Non c'è un solo passaggio né della finanziaria già presentata e tantomeno di questo provvedimento che miri ad abbattere il debito pubblico, vero elemento cardine del disastro economico del Paese. Si mira, e lo dice in maniera esplicita questo decreto fiscale, a sterilizzare l'IVA per il 2018, e gran parte delle risorse sono finalizzate a cancellare quella stortura, quella azione messa in campo dal Governo Monti, poi Letta e poi Renzi, e cioè di accettare regole, dal fiscal compact in poi, che hanno sostanzialmente messo il Paese sotto una corte davvero di miracoli, che non è riuscita ad affrontare alcun tipo di soluzione. E, quindi, un Paese che guarda indietro, che gioca la sua azione economica soltanto tesa a sterilizzare, appunto, l'IVA del 2018. Non c'è in campo nessun provvedimento che possa creare, quello sì, un volano per lo sviluppo economico, creare un circolo virtuoso, capace di rigenerare vera economia, non con i bonus di Renzi e compagni, ma creando condizioni reali di sviluppo economico. Penso a un grande piano infrastrutturale del Paese che sappia colmare i divari, a partire da quelli con le regioni insulari, per passare al Mezzogiorno, per creare condizioni perché non ci sia una sola locomotiva, ma che tutti siano locomotiva, e non pesanti vagoni da trascinare.
Ebbene, tutto questo invece non viene messo in campo, non c'è un orizzonte, non c'è una visione politica, e siamo di fronte al nuovo record del debito pubblico: 2.300 miliardi di debito pubblico, ancora una volta segnando un record assoluto, secondo Stato in Europa solo dopo la Grecia. È evidente che questa manovra finanziaria che voi proponete con questo decreto fiscale, e poi con la manovra di bilancio, tende soltanto a rimandare, a lanciare la palla avanti, senza, però, mettere in campo nessuna soluzione. Avete, però, avuto la capacità di osare; ha osato più di tutti l'Orlando furioso, Ministro della giustizia, il quale è riuscito a inserire, pensate un po', in questo decreto persino la riduzione della dotazione organica della banda musicale del Corpo della Polizia penitenziaria. Cioè, di fronte alle carceri che esplodono, ai drammi che si vivono della Polizia penitenziaria, l'unico obiettivo che si pone il Ministro della giustizia è quello di ridurre l'organico, forse meno trombe e più pifferi, per suonare il de profundis della gestione della vicenda penitenziaria non soltanto sul piano dei carcerati, ma, anzi, soprattutto per quanto riguarda il personale costretto a turni massacranti e a rischi, così come capita in Sardegna, di ogni genere.
In questo decreto si arriva poi a disciplinare la gestione dell'aeroporto di Trapani-Birgi, si riescono a mettere in campo anche disposizioni su come fare uscire gli alunni che hanno compiuto 14 anni dalle scuole. Ma qual è l'urgenza nel disciplinare l'organico della banda musicale della Polizia penitenziaria? Dov'era il Capo dello Stato quando ha sottoscritto questo decreto? Perché, se c'è urgenza, c'è straordinarietà, non ci può essere la riduzione dell'organico della Polizia penitenziaria, o meglio, della banda musicale; e non ci può essere davvero un'azione, come quella che è stata messa in campo qui, che viola tutti gli elementi fondamentali costituzionali per un decreto-legge.
Allora, veniamo ai vulnus fondamentali, partendo da quella ulteriore proroga che consentite, per esempio, ad Alitalia. Ad Alitalia date un'ulteriore proroga sino ad aprile 2018 per continuare a dilapidare soldi pubblici che dite di aver prestato, ma che, poi, in realtà, rientreranno nel vortice della fallimentare gestione di quella società che voi continuate a coprire; lo voglio ribadire qui, a proposito di quella società, i vostri commissari, quelli che avete indicato e individuato, continuano a non affrontare il tema gestionale, di quella società. E cioè rimettete ancora in campo 600 milioni di euro; quindi, quando vi servono, i soldi ci sono, magari non ci sono per gli interventi infrastrutturali, per creare sviluppo, economia, per creare le precondizioni dello sviluppo, però 600 milioni di euro per l'Alitalia li trovate sempre.
E nonostante questo, non vi siete posti il problema di capire per quale motivo Alitalia spende il 35 per cento in più, rispetto per esempio a Ryanair, sul costo dell'ora volata, che è il parametro di misurazione dell'efficienza economica di una compagnia. Per quale motivo Alitalia spende il 35 per cento in più? Direte perché ha molto personale e perché paga molto il personale? Falso, destituito di ogni fondamento, perché le verifiche dicono che ogni dipendente di Alitalia, in media, costa 48.000 euro, alla pari di tutte le compagnie europee mediamente riconosciute, compagnie che pagano e che sono nella media dei 48.000 euro per i dipendenti delle compagnie stesse.
Allora, per quale motivo parliamo del 35 per cento di costo in più dell'ora volata? Cerco di dirvelo con poche cifre; per esempio, il dato che emerge è quello della manutenzione. Questo Governo, ma anche i precedenti, consente ad Alitalia di fare la manutenzione nelle gioiellerie, perché, ogni anno, Alitalia spende 400 milioni di euro di manutenzioni, per 122 aeromobili. Vuol dire che spende, ogni anno, per ogni aereo, 3.200.000 euro e voi direte: ma la sicurezza, la manutenzione è fondamentale per la sicurezza; è fondamentale per la Lufthansa, per l'Air France, per la British Airways, è fondamentale per tutti, con il risultato però che, in Italia, l'Alitalia spende il 40 per cento in più di qualsiasi altra compagnia major che esista; spende il 40 per cento in più della Lufthansa, della British Airways e della stessa Air France. Per quale motivo spende il 40 per cento in più? Chi ci lucra, chi ci mangia, chi ruba? E voi state, con questi seicento milioni, avallando questa tesi. C'è da domandarsi per quale motivo i cittadini devono pagare seicento milioni di cosiddetti immobili che vengono affittati, seicento milioni, cifre che sono nel bilancio, nell'ultimo certificato, quello del 2015, di Alitalia; e c'è un costo del carburante maggiore del 6,3 per cento rispetto a tutte le altre compagnie; ma forse facciamo rifornimento degli aerei di Alitalia in qualche distributore del centro di Roma, anziché andare magari a comprare direttamente dai soggetti che possono, in maniera concorrenziale, dare il carburante ai costi di tutte le altre compagnie? Bene, voi state coprendo, avallando ulteriormente questa mala gestio di Alitalia. E per fare che cosa? Per inserire, poi, una norma ridicola, che alcuni parlamentari, anche sardi, del Senato, hanno inserito, non conoscendo i problemi, non conoscendo le norme e non conoscendo, in alcun modo, lo stato attuale della vicenda; se si dice che la società o le società, che dovessero subentrare al fallimento di Alitalia o all'acquisto di Alitalia, devono obbligatoriamente farsi carico della continuità territoriale, non si conoscono le più elementari regole del diritto comunitario, in queste settimane è stato detto con estrema chiarezza che non esistono gare legittime fatte da questo Governo e dalla regione Sardegna, centro sinistra a Roma e centro sinistra a Cagliari, incapaci di tutelare un diritto sacrosanto dei sardi e della Sardegna ad avere una continuità capace di collegarli, non con fiscalità di vantaggio, con tariffe agevolate, con pari condizioni, perché non si chiedono tariffe agevolate, si chiedono pari condizioni di comunicazione e di mobilità, alla pari delle altre regioni italiane ed europee.
Ebbene, voi avete scritto in questo decreto che si deve subentrare; non ci sono le gare, non ci sono più gli elementi fondamentali per cui Alitalia ha anche rinunciato propedeuticamente, per esempio, alla gestione di Cagliari, dove non ha partecipato, non ha partecipato ad Alghero e non ha partecipato ad Olbia. Quindi, di cosa stiamo parlando, di quale continuità territoriale stiamo parlando, di quale subentro? Vuol dire che non si vuole tener conto del problema essenziale, cioè quello della connessione, dell'utilizzo di una compagnia aerea, che doveva essere compagnia di bandiera, e che, in realtà, è stata una compagnia che ha lucrato sulle esigenze della bandiera, perché la coesione, la continuità territoriale, il riequilibrio insulare erano elementi su cui lo Stato aveva imposto l'onere del servizio pubblico, cioè la disposizione sacrosanta secondo la quale occorresse davvero mettere in condizione quella terra di essere collegata in piena efficienza.
Poi, fate un richiamo alle Ferrovie dello Stato; ma non leggete, non avete visto cosa ha scritto la massima Autorità sulla concorrenza e sui mercati; ha detto e ha parlato delle Ferrovie dello Stato e ha detto: attenzione, i contratti di servizio che qui dite che devono essere prorogati, devono essere aggiornati, anzi, non devono nemmeno più passare all'attenzione del Parlamento, perché questo è quello che dite, non esistono. Perché, dice la massima autorità, non esiste nessun tipo di concorrenza e trasparenza in quei contratti di servizio che state facendo, anzi, lo ha detto, lo ha scritto e due giorni fa l'Autorità ha trasmesso al TAR della Sardegna, per esempio, il contratto di servizio tra le Ferrovie dello Stato e la regione Sardegna, appunto nella logica di quello che voi, qui, chiamate contratto di servizio e nell'applicazione regionale di quei contratti. Non c'è stata concorrenza; avete dato le chiavi in mano, il denaro, alle Ferrovie dello Stato per continuare a non far niente, prendere i soldi e non avete nemmeno accettato la concorrenza di altri soggetti a livello europeo che pure volevano candidarsi e che sarebbero stati utili per accrescere il livello concorrenziale e, quindi, la qualità dei servizi. Ma, poi, c'è un passaggio che rientra nella Leopolda di questi giorni, la Leopolda primo finanziatore, anzi, secondo, perché ce n'è uno che non si capisce chi sia ma è il primo, il secondo è il gruppo Onorato, diventato proprietario della Tirrenia con questa maggioranza di Governo e, soprattutto, a cui è stata consentita la fusione della sua società privata con la Tirrenia stessa, quindi, creando un'osmosi tra debiti, guadagni, navi vecchie che diventano, stranamente, le navi utili della Tirrenia per la continuità territoriale e, magari, quelle nuove restano in capo alla società privata. In realtà, tutto questo voi prevedete di superarlo con un ulteriore regalo, questo è l'ennesimo decreto che prevede un regalo alle compagnie di navigazione; dice, sostanzialmente, che darete una potenzialità al trasporto ferroviario delle merci e parlate anche del trasporto marittimo delle merci attraverso le ferrovie, ma perché avete scritto questo passaggio: “trasporto ferroviario, compreso quello marittimo”? Pensate alla Sicilia, probabilmente? Perché per la Sardegna avete cancellato qualsiasi porto che possa scaricare un qualsiasi piccolo vagone di merci, avete tolto dai porti, da quello di Golfo Aranci, passando a quello di Olbia, per non parlare di Cagliari e di Porto Torres, ogni tipo di collegamento ferroviario marittimo e, quindi, vuol dire che state concentrando queste risorse ridicole, 4,5 milioni, ma pur sempre una regalia funzionale a chi gestisce, attraverso le convenzioni capestro, quelle regalie di Stato, fondi che sono statali che, invece, vengono regalati a questi signori.
Poi, questo decreto mette la riduzione della banda musicale della polizia penitenziaria, ma poi mette il core business degli affari del Governo Renzi e del Governo Gentiloni, per esempio quello delle armi, perché l'articolo 14, modifiche al decreto-legge 15 marzo 2012 n. 21 in materia di revisione della disciplina della golden power e di controllo degli investimenti extra UE, per chi vale? Vale per la Tim o per le compagnie di telecomunicazioni? Questo lo potete far credere a chi è disattento, a chi pensa che sia una partita per difendere i telefonini, le reti di connessione. In realtà il decreto-legge prevede che nel sistema che deve valutare l'ipotesi della golden power venga inserito il Ministro della difesa che non c'entra niente con le telecomunicazioni. La golden power si riferisce a un soggetto che si chiama Vitrociset che governa la maggior parte delle servitù militari in Sardegna, che gestisce la produzione delle armi, dei missili, la gestione dei poligoni, per esempio quello di Capo Frasca e quello di Quirra. È una società - si dice - di altissima tecnologia, bombarola, ma d'altra parte ha vinto in Sardegna un appalto per il movimento terra. Quindi vuol dire che stiamo parlando di una società che fa tutto in casa, che consente al Ministero della difesa di gestire tutto in casa e quel signore che dal 2002-2003 gestiva tale società privata del famoso Camillo Crociani, perché ne era ai vertici, è diventato il capo di Stato maggiore della Difesa perché il generale Arpino, dismesso il ruolo di capo di Stato maggiore della Difesa - cioè il primo apicale della difesa - è diventato il presidente dalla società che gestiva il maggior numero di appalti dalla difesa. Adesso si scopre che la Vitrociset, la società che voi finanziate e foraggiate quotidianamente con i soldi dello Stato che trovate sempre per quel tipo di situazioni, ha portato un miliardo di euro ai Caraibi, nei paradisi fiscali, cioè lo Stato spende miliardi con questa società e poi si scopre che tutti i guadagni vengono portati per evadere il fisco nei paradisi fiscali dei Caraibi e senza sapere nemmeno chi sia il proprietario. Il tema della Difesa che entra qui nasce dall'esigenza di valutare la golden power cioè l'ipotesi che il Governo subentri in quella società perché è evidente che manca nella principale società privata della Difesa italiana un riferimento che possa garantire gli stessi segreti militari, la stessa gestione di quelle partite miliardarie che si sono svolte e che invece il Governo deve controllare, deve coprire, deve segretare con operazioni in cui il Ministro della difesa entra e subentra nella partita. È evidente che le comunicazioni di oggi secondo le quali alla Camera sarà realizzato un bunker dove mettere i lobbisti, dove metterete chi deve venire a gestire i rapporti con il Parlamento per le questioni delle lobby, non vedranno la Vitrociset, non vedranno queste società, non vedranno Onorato. Questi ha già fatto dato 200.000 euro per la Leopolda di Renzi, ha già sistemato i conti con la politica: gli deve essere soltanto restituito quel contributo che gli è stato dato ma moltiplicato per molto, per 73 milioni di euro che prenderà ogni anno senza alcun tipo di controllo sul servizio che viene reso. Inoltre trovate i 600 milioni per l'Alitalia, trovate i soldi per Onorato, trovate i soldi per fare eventualmente la golden power della Vitrociset ma di fronte alle avversità climatiche e alla siccità che stanno radendo al suolo l'economia agricola, ad esempio, della Sardegna stabilite l'articolo 2-ter per contributi alle aziende agropastorali della regione Sardegna interessate da eventi climatici avversi nel 2017. I danni censiti ad oggi sono di 300 milioni di euro: le campagne arse dalla siccità e, aggiungerei, dall'incapacità anche di governo delle risorse idriche. Ebbene voi stanziate appena 10 milioni di euro, mentre i danni ammontano a 300 milioni di euro. Il Governo sulla potente sollecitazione dei parlamentari sardi del PD stanzia 10 milioni di euro: le briciole e l'umiliazione verso una regione che soffre come non mai questo tipo di dramma.
E poi, per non finire, il Ministro Lorenzin, di fronte alla prima ipotesi - infatti c'era un'ipotesi di dare nel decreto-legge fiscale un contributo, per così dire, in conto interessi di 300 milioni di euro per pagare i debiti della sanità – dice: vi commissario, controllo io la gestione degli ospedali, se avete tagliato o non avete tagliato. La regione sarda ha detto no, vogliamo continuare a distruggere la sanità da soli e non vogliamo anche il tuo contributo, già abbiamo distrutto abbastanza, figuriamoci se arriva anche il Ministro della salute. Si inventano l'articolo 18-quinques che prevede un meccanismo di una perversione finanziaria ed economica unica nel suo genere perché il Governo in questa partita stabilisce che tutte le somme che sono della Sardegna, che vi abbiamo tolto perché sono andate in perenzione o sono state revocate o generate da economie, potete utilizzarle cioè c'è un Governo che dice alla Sardegna: potete riutilizzare le vostre risorse che vi abbiamo tolto. È davvero l'alchimia del servilismo di chi accetta e di chi propina questo tipo di azioni coloniali che pensano di condizionare anche ciò che è di diritto di proprietà del governo regionale.
Presidente – concludo – è il decreto-legge delle trombe e delle trombette che il Ministro della giustizia toglie alla banda musicale per far suonare un concerto totalmente stonato sul piano economico, sul piano finanziario, incapace di dare risposte compiute sul piano della coesione nazionale: su quelle risposte e sul riequilibrio per esempio insulare della Sardegna - lo ribadisco - non favori ma diritti dovevano essere riconosciuti e in questo decreto ancora una volta sono carta straccia, privi di consistenza e fanno di questo Governo un Governo incapace di affrontare qualsiasi soluzione per i temi della Sardegna e del Paese.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Covello. Ne ha facoltà.
STEFANIA COVELLO. Signor Presidente, il provvedimento che è all'attenzione dell'Assemblea va inquadrato in un ragionamento molto più ampio che si ricollega non solo alle politiche economiche poste in essere nel corso di questi anni con i Governi Renzi prima e Gentiloni in piena continuità ma soprattutto in quelle che sono le scelte strategiche adottate in questo scorcio di legislatura in vista dei prossimi anni. Si tratta di un provvedimento che giunge proprio nel momento in cui tutti gli istituti certificano una crescita del PIL superiore a quella prevista: vogliano o non vogliano le opposizioni, è un dato di fatto, sono numeri ed è concretezza. Nel periodo 2009-2011 mentre il PIL tracollava, la destra diceva che non era così e che l'Italia era al sicuro dalla crisi. Credo che gli italiani lo ricordino molto bene. Oggi nel momento in cui il PIL davvero cresce e ci consente di recuperare il terreno perduto, abbiamo gli stessi protagonisti di allora che ci dicono che tutto va male. Noi abbiamo rispetto delle preoccupazioni delle famiglie italiane e sappiamo quanto parlare di numeri e statistiche, a fronte di una realtà complicata, possa essere a volte anche irritante e proprio per questo non ci lasciamo trascinare in facili entusiasmi e manteniamo, invece, alta l'attenzione sulle criticità che permangono e sulle soluzioni che intendiamo con determinazione portare avanti. Nel decreto-legge gli interventi spaziano in diversi settori come spesso accade in provvedimenti a cui si agganciano molte misure. Abbiamo misure fiscali importanti che cercano di porre le basi per un più corretto e semplice rapporto tra fisco e cittadini. C'è la cosiddetta maxi-rottamazione con l'agevolazione estesa a tutte le cartelle degli ultimi diciassette anni, dal 2000 al terzo trimestre del 2017, valida anche per i contributi esclusi dalla precedente perché magari ancora non in regola con le rate dei piani precedenti. Allo stesso modo si semplifica la procedura dello spesometro con i contribuenti che potranno trasmettere i dati annualmente o semestralmente e per quanto concerne gli errori commessi nell'invio dei dati delle fatture del primo semestre 2016 sono abolite le sanzioni purché tali errori siano sanati con un nuovo invio entro il prossimo febbraio 2018. Si interviene correggendo alcune prepotenze poste in essere ai danni dei consumatori come nel caso della fatturazione a 28 giorni, grande battaglia del Partito Democratico.
In questo provvedimento la fatturazione torna e soprattutto diventa obbligatoriamente mensile per telefoni e pay-tv, con l'esclusione di promozioni non rinnovabili o inferiori al mese, e gli operatori avranno quattro mesi di tempo per potersi adeguare. Viene introdotta una norma molto attesa soprattutto dai giovani professionisti, estendendo, anche se non appartenenti a un ordine, il riconoscimento dell'equo compenso, che deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, e finalmente anche la pubblica amministrazione è tenuta osservare tale principio: in un contesto in cui tra crisi e rigidità di varia natura il rischio per i professionisti a volte, e anzi spesso direi, è quello di lavorare senza veder riconosciuta anche dal punto di vista economico la propria prestazione, questa misura diventa veramente rivoluzionaria, introducendo un principio di equità e di tutela verso categorie che non sono e non erano affatto privilegiate. Ma in questo intervento intendo porre l'attenzione su alcune misure di profilo prettamente sociale: mi riferisco ad esempio alla previsione che il reato di stalking non sarà più estinguibile esclusivamente con una pena pecuniaria. Abbiamo letto sui media notizie che evidenziavano questa abnorme criticità; il 25 novembre, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, abbiamo letto e ascoltato dei numeri terribili. Una grande questione educativa, e per affrontarla noi abbiamo bisogno di un quadro normativo che non nasconda falle nelle sue pieghe. Aver potuto estinguere il reato attraverso una pena pecuniaria era veramente inaccettabile: parliamo della vita di donne distrutte da comportamenti violenti, inauditi e persecutori, che non possono essere mai concepiti come condonabili. Questo intervento, fortemente voluto da tutto il Partito Democratico, dal Governo ed in particolare dalla sottosegretaria Boschi, pone quindi fine ad un limite mortificante del nostro ordinamento: questa misura darà più forza al contrasto di queste odiose forme di violenza, che si manifestano purtroppo nella forma e nella maniera più disparata.
Adesso parlo da mamma prima ancora che da legislatore: con l'approvazione definitiva di questo provvedimento, superiamo anche la querelle che per mesi ha occupato le cronache rispetto all'uscita da scuola dei ragazzi di scuola media. Con l'emendamento introdotto al Senato, i ragazzi con meno di 14 anni potranno tornare autonomamente a casa da scuola previa autorizzazione dei genitori, che esonera gli istituti dalla responsabilità connessa all'obbligo di vigilanza. Sappiamo bene che il mondo è cambiato e ci sono molte più preoccupazioni rispetto a prima che inquietano la società, che inquietano i genitori, ma quella forma di rigidità era veramente eccessiva: in questo modo solleviamo la scuola da un onere che francamente risultava eccessivo, ma al tempo stesso restituiamo alle famiglie autonomia ed un principio di responsabilità verso i propri figli, e quindi la responsabilizzazione dei nostri ragazzi.
Sempre collegate in un qualche modo con la scuola ci sono altre due misure che voglio citare per la loro valenza. La prima riguarda i vaccini, con la previsione, a partire dall'anno scolastico 2018-2019, che saranno direttamente le ASL ad inviare alle scuole i certificati sulle vaccinazioni degli studenti, alleviando anche in questo caso la fatica di famiglie e di scuola: perché vaccinarsi è un obbligo, una forma di difesa, ma non deve declinarsi però come un aggravio burocratico per famiglie e operatori scolastici.
La seconda invece è una misura che riguarda i giovani universitari, con la possibilità di usufruire di detrazioni se la propria università si trova ad almeno 100 chilometri di distanza: non è più necessario, quindi, che i due comuni debbano appartenere a una provincia diversa. Inoltre, se gli studenti fuori sede risiedono in montagna o, come spesso avviene, in zone disagiate, la distanza viene dimezzata a 50 chilometri. Quindi penso a chi frequenta l'università, un'università che magari è distante da questi centri, o penso a chi frequenta l'università di Cosenza, nella mia Calabria, e risiede nella stessa provincia perché dista oltre 50 chilometri: un'opportunità che potrà essere reinvestita in cultura, magari con quei soldi risparmiati sarà possibile comprare un libro in più; e comunque è un segnale di attenzione verso le famiglie che sostengono sacrifici enormi nel cercare di garantire ai propri figli un futuro migliore attraverso la formazione, perché sappiamo che i nostri giovani possono appropriarsi del loro futuro attraverso il merito e la meritocrazia. Una misura di grande impatto soprattutto nel Mezzogiorno!
Ho cercato brevemente di illustrare alcune delle misure più importanti, anche perché chi mi ha preceduto del Partito Democratico, i colleghi che lo hanno fatto prima, hanno naturalmente affrontato altre questioni; e di maggiore impatto, dicevo, per le persone nella loro vita quotidiana, perché sappiamo che la credibilità delle istituzioni si recupera quanto più saremo in grado di recuperare, e soprattutto di ridurre, lo spread tra i numeri richiamati dai media e le fatiche del quotidiano.
Il PD con la sua azione parlamentare, grazie all'attenzione del Governo, nel suo passaggio al Senato ha consentito un importante miglioramento del testo, dando risposte concrete. Siamo convinti che il combinato disposto di questo provvedimento con l'approvazione della legge di stabilità per il 2018 saprà consolidare gli importanti segnali di crescita che si sono registrati negli ultimi due anni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
(Repliche - A.C. 4741)
PRESIDENTE. Prendo atto che i relatori non intendono replicare, e così pure il Governo.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.
Annuncio dell'elezione della presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati.
PRESIDENTE. Comunico che la Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati ha proceduto in data odierna all'elezione della presidente. È risultata eletta presidente la deputata Chiara Braga.
In morte dell'onorevole Franco Coccia.
PRESIDENTE. Comunico che è deceduto l'onorevole Franco Coccia, già membro della Camera dei deputati dalla IV alla VII legislatura.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.
Su un lutto del deputato Fabio Melilli.
PRESIDENTE. Comunico che il collega Fabio Melilli è stato colpito da un grave lutto: la perdita della madre.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire al collega le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidero ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.
In morte dell'onorevole Eriase Belardi Merlo.
PRESIDENTE. Comunico che è deceduta l'onorevole Eriase Belardi Merlo, già membro della Camera dei deputati dalla VII alla IX legislatura.
La Presidenza della Camera ha già fatto pervenire ai familiari le espressioni della più sentita partecipazione al loro dolore, che desidera ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.
Interventi di fine seduta.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare a questo proposito la deputata Cenni. Ne ha facoltà.
SUSANNA CENNI. Presidente, domenica scorsa ci ha lasciati all'età di 83 anni l'onorevole Eriase Belardi. Eriase è nata in provincia di Siena, a Buonconvento, nel 1934, in terra di mezzadria, di lotte contadine; è stata una dirigente sindacale nella CGIL, una dirigente politica nel Partito Comunista, un'amministratrice locale: eletta nel 1970 in consiglio comunale a Siena, diventa poi assessore al bilancio e al decentramento. Nel 1976 viene eletta alla Camera dei Deputati nelle liste del Partito Comunista nella VII legislatura; lo è nuovamente nella VIII e nella IX Legislatura: in quest'ultima legislatura diventa anche membro dell'Ufficio di Presidenza della Camera e della Commissione speciale per l'esame dei progetti di legge sulla riforma del sistema pensionistico. Nelle tre legislature che ha svolto lavora nella Commissione lavoro e previdenza, e diventa un punto di riferimento sulle materie di sua competenza: sono molte infatti le proposte di legge a sua prima firma, in materia di retribuzioni, di lavoro a domicilio, di maternità per le donne in agricoltura, in materia di istituzione di centri di parità in materia di lavoro, in materia di quote di occupazione femminile nei casi di assunzione nominativa. Una costante! Nel 1977 fu una delle protagoniste del lavoro in quest'Aula che portò alla legge di parità n. 903, la prima legge a sancire un principio costituzionale di parità. Una storia bella, quella di Eriase, appassionata, vivace e impegnata: prima di tutto la storia di una grande donna della sinistra senese, a cui dobbiamo molto e a cui vogliamo ancora molto bene.
PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Burtone. Ne ha facoltà.
GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signora Presidente, intervengo per sollecitare il Governo a dare una risposta ad un mio atto ispettivo: è un'interrogazione che pone la questione relativa alle aziende in crisi. Un'azienda è la Qè di Paternò: è andata in crisi per una conduzione assolutamente non positiva da parte della proprietà; ora c'è stato un passaggio di proprietà, però rimangono alcuni problemi, innanzitutto la scadenza degli ammortizzatori sociali, e quindi la necessità di avere degli ammortizzatori in deroga, e poi la questione relativa alle commesse, la possibilità di continuare il lavoro del call center anche con l'INPS e l'Enel.
L'altra questione è quella relativa ad una partecipata dell'ex provincia, anche qui ci sono difficoltà dettate da una conduzione assolutamente sbagliata degli amministratori e, quindi, c'è la preoccupazione che si perdano centinaia di posti di lavoro. In questo momento i lavoratori sono sul tetto della struttura della provincia regionale, protestano perché c'è bisogno di un nuovo piano industriale che eviti il fallimento. Anche per questa situazione: gli ammortizzatori sociali e infine la possibilità di pagare alcune spettanze, alcuni arretrati di mensilità, perché questi lavoratori da mesi non hanno alcuna retribuzione. Presidente, io mi permetto di sollecitare il Governo, perché il prefetto sta facendo un lavoro straordinario, però c'è bisogno di un intervento delle istituzioni e anche da parte del Governo.
Ordine del giorno della prossima seduta.
PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.
Mercoledì 29 novembre 2017 - Ore 10:
(ore 10 e ore 16,30)
1. Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 2942 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148, recante disposizioni urgenti in materia finanziaria e per esigenze indifferibili. Modifica alla disciplina dell'estinzione del reato per condotte riparatorie (Approvato dal Senato). (C. 4741)
Relatori: GIULIETTI, per la maggioranza; PALESE, di minoranza.
2. Seguito della discussione delle mozioni Dellai ed altri n. 1-01738, Brunetta ed altri n. 1-01725, Ruocco ed altri n. 1-01757, Paglia ed altri n. 1-01758 e Capezzone ed altri n. 1-01759 concernenti iniziative in relazione al progetto di Addendum alle linee guida della Banca centrale europea in materia di crediti deteriorati .
(ore 15)
3. Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata .
La seduta termina alle 22,10.
TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: GIOVANNI CARLO FRANCESCO MOTTOLA (A.C. 2976-A)
GIOVANNI CARLO FRANCESCO MOTTOLA. (Intervento in sede di esame di una questione pregiudiziale – A.C. 2976-A). Il Gruppo parlamentare di Alternativa Popolare voterà a favore della pregiudiziale presentata alla proposta di legge recante "Istituzione del Registro pubblico delle moschee e dell'Albo nazionale degli imam".
La nostra posizione in proposito è determinata dalla semplice convinzione che questo testo non rispetta, i principi fissati dall'art. 19 della nostra Costituzione.
Il progetto di legge prevede, infatti:
- l'istituzione di un registro pubblico delle moschee in Italia;
- il controllo da parte del prefetto sulle moschee registrate;
- l'istituzione dell'albo nazionale degli imam;
- l'istituzione di una Commissione per l'albo degli imam che tra gli altri compiti rilascia l'attestato di idoneità necessario per presentare l'istanza di iscrizione all'albo;
- disposizioni per la formazione di coloro che già esercitano la funzione di iman e per coloro che intendono svolgerla.
Siamo, quindi, di fronte ad un progetto di legge che presenta una palese incostituzionalità. Infatti l'articolo 19 della Costituzione recita: “Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda, e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume".
In tale contesto, peraltro, la Corte Costituzionale ha rilevato come la realizzazione dei servizi religiosi ha per effetto di rendere concretamente possibile e comunque di facilitare le attività di culto che rappresentano un'estrinsecazione del diritto fondamentale ed inviolabile del citato articolo 19 della Costituzione. In tale campo, continua pertanto la Corte, l'intervento dei pubblici poteri deve uniformarsi al principio supremo della laicità dello Stato che è uno dei profili della forma di Stato delineata dalla Carta Costituzionale. Si introduce, dunque, una sicura garanzia dello Stato per salvaguardare la libertà di religione in regime di pluralismo confessionale e culturale.
La Commissione Giustizia della Camera ha espresso parere contrario sulla proposta di legge in esame citando la Convenzione CEDU (che prevede agli articoli 9 e 14 la libertà di coscienza e di religione ed il principio di non discriminazione).
La stessa giurisprudenza CEDU si è pronunciata diverse volte su doglianze di lesione del diritto di cui all'articolo 9 per provvedimenti nazionali volti a limitare le manifestazioni di carattere religioso.
Si tratta pertanto di una proposta di legge che lede i principi costituzionali sopra citati e la stessa giurisprudenza della Corte Costituzionale.
L' esercizio del culto è infatti una componente essenziale della libertà religiosa non soggetto, anche nella sua forma pubblica, a nessun controllo salvo la condizione citata che non si tratti di riti contrari al buon costume.
La proposta di legge al nostro esame pone invece dei limiti precisi alla libertà di culto e sottopone a controlli evidenti l'esercizio della medesima.
Per questi motivi il gruppo di AP esprime il suo voto favorevole alla pregiudiziale.
TESTI DEGLI INTERVENTI DI CUI È STATA AUTORIZZATA LA PUBBLICAZIONE IN CALCE AL RESOCONTO STENOGRAFICO DELLA SEDUTA ODIERNA: FRANCESCO CARIELLO (A.C. 4741)
FRANCESCO CARIELLO. (Intervento in discussione sulle linee generali – A.C. 4741). Onorevoli colleghi, il decreto-legge in esame contiene vari interventi disomogenei, che hanno effetto sui saldi di finanza pubblica, come evidenziato nel prospetto riepilogativo del disegno di legge di bilancio 2018, dove al decreto-legge in esame sono ascritti effetti finanziari sulla manovra, prospetto di cui si attende la rettifica alla luce delle modifiche apportate.
In particolare, fra le norme, che generano maggiori nuove entrate anche oltre il 2017, le disposizioni sulla riapertura e proroga della "rottamazione delle cartelle", determinano un effetto finanziario consistente, come, peraltro, i tagli di spesa ai Ministeri per il 2017 (peraltro a fine anno finanziario!), di cui all'Elenco 1 allegato, che comportano riduzione di spesa per un importo di poco più di 1 miliardo di euro.
La correlazione del decreto in esame con la manovra per il 2018 è rafforzata anche dal fatto che il provvedimento per gli anni 2017 e 2018 distribuisce, fra i vari interventi contemplati, rispettivamente 1.175,4 milioni e 2.425 milioni di euro!
La disomogeneità delle materie contenute — quali giustizia, ambiente, sanità, trasporti, attività produttive, lavoro, cultura, per citarne qualcuna, avrebbe richiesto una trattazione specifica nelle commissioni di merito, che, è stata preclusa anche per l'esame in Aula al Senato, dove l'apposizione di fiducia è già stata annunciata.
Oggi ci troviamo qui a fare una discussione generale su un provvedimento finanziario di fine legislatura, senza averlo potuto modificare in quanto, come ormai è successo abitualmente in questa legislatura, l'apposizione di fiducia al Senato e la presunta apposizione di fiducia qui alla Camera non ha consentito l'esercizio del controllo parlamentare sull'operato del Governo, annullando di fatto il bicameralismo, in perfetta controtendenza rispetto alla volontà dei cittadini visto l'esisto del referendum.
Ci resta solo evidenziare ciò che non condividiamo e ciò che avremmo potuto proporre, per quel che serve!
Nell'ambito delle misure finalizzate alla riscossione, si interviene nuovamente in materia di riscossione locale prevedendo che, al fine di tutelare l'integrità dei bilanci pubblici e delle entrate degli enti locali, le funzioni di supporto o propedeutiche di accertamento e riscossione delle entrate locali sono affidate a soggetti iscritti all'albo previsto dall'articolo 53 DLGS 446/1997 ovvero ai concessionari privati abilitati alla riscossione.
Si attendevano misure di segno diverso, finalizzate semmai alla rimozione degli ostacoli che oggi frenano gli enti locali dall'intraprendere la strada dell'internalizzazione del servizio di riscossione.
Primo fra tutti, la differenza di regime tra ruolo coattivo e ingiunzione di pagamento quanto alle procedure di recupero, sia al fine di snellire per gli enti locali il procedimento di recupero sia e soprattutto al fine di tutelare gli stessi contribuenti (si pensi ad esempio alle rateizzazioni e alle ipotesi di sospensione dell'esecuzione non previste a livello locale).
Anche la giurisprudenza di legittimità (sentenza Sezioni Unite Corte Cassazione n. 10958/2005) ha in passato rilevato che, «mentre la disciplina relativa alla riscossione attuata mediante ruolo ha avuto una evoluzione significativa e positiva, sul piano delle maggiori garanzie apprestate per il contribuente (...), la normativa del 1910 è rimasta sempre la stessa per cui esiste la necessità di una interpretazione che valga a raccordare le norme emanate in un tempo molto lontano ed in un contesto storico e giuridico molto diverso ai principi fondamentali nuovi, espressi soprattutto con riferimento a strumenti di tutela prima non previsti».
Ebbene, nonostante tale chiara indicazione, le continue proroghe del "periodo transitorio" della riforma del 2005 non sono mai state accompagnate da alcuna significativa innovazione, di fatto scoraggiando l'internalizzazione del servizio da parte degli locali.
A proposito dell'articolo 19-bis "Disposizioni n materia di uscita dei minori di 14 anni dai locali scolastici" rileviamo i limiti delle nuove disposizioni in materia di vigilanza degli alunni previsti dall'articolo 19-bis.
Noi riteniamo incomprensibile la volontà di non coordinare la norma con le disposizioni del codice penale, dal momento che, come più volte affermato dalla Corte di Cassazione, il dovere di sorveglianza di minorenni, oggi, non viene meno neppure in caso di disposizioni impartite dai genitori. La nuova disciplina risulta inoltre ambigua e inutile laddove prevede una valutazione sia del grado di autonomia che della specifica pericolosità del contesto, dal momento che, come sottolineato dallo stesso dossier camera, ai fini dell'applicabilità del reato di abbandono di cui all'articolo 591 del codice penale opera oggi una presunzione di assoluta incapacità di intendere e di volere del minore, che non sembra ammettere prova contraria.
Tale norma, inserita in seguito alle polemiche derivate dalla sentenza della Corte di Cassazione relativa alla morte di un bambino investito da un autobus di linea all'esterno della scuola, dimostra che quando si insegue la notizia ci si dimentica, purtroppo, di garantire anche la corretta risoluzione del problema.
Per quanto concerne la materia sanitaria e gli affari sociali, in merito all'articolo 18-quater (Produzione e trasformazione di cannabis per uso medico) rileviamo che si anticipano alcune delle disposizioni già presenti nella proposta di legge, approvata di recente alla Camera, sull'uso della cannabis per uso medico, come peraltro già modificate anche in base a nostri emendamenti. Alcuni elementi della disposizione sono il risultato delle nostre proposte emendative come già accolte proprio alla Camera e riproposte in Senato.
Ci pregiamo che è passata la linea, sempre sostenuta dal M5S, che i trattamenti a base di cannabis non siano solo palliativi, ma abbiano effetti curativi veri e propri per molte malattie. Positiva è la possibilità di coltivare e trasformare cannabis anche in altri stabilimenti oltre quello militare di Firenze e, soprattutto, è positiva la formazione di personale medico, sanitario e sociosanitario che abbia competenze specifiche sull'uso terapeutico di preparazioni a base di cannabis. La disposizione è un passo avanti nel garantire l'uso della cannabis per uso terapeutico, pur non esaustivo della diversa questione sulla cannabis che invece il M5S riteneva importante affrontare con riferimento, ad esempio, alla possibilità di consentire l'autoproduzione di cannabis per soli fini terapeutici (che avrebbe permesso a tanti malati di potersi curare senza essere costretti a ricorrere al mercato della cannabis illegale).
L'articolo 5-quinquies (Detraibilità degli alimenti a fini medici speciali) inserisce tra le spese sanitarie detraibili dall'IRPEF (19% delle spese per la quota eccedente la soglia di 129,11 euro) quelle sostenute per l'acquisto di alimenti a fini medici speciali, inseriti nella sezione Al del Registro nazionale istituito, con decreto del 2001, presso la Direzione generale per l'igiene, la sicurezza degli alimenti e la nutrizione del Ministero della salute, con l'esclusione di quelle per gli alimenti destinati ai lattanti. La disposizione si applica solo ai periodi d'imposta in corso al 31 dicembre 2017 e al 31 dicembre 2018.
Pur condividendo la norma, rileviamo la criticità dell'esclusione degli alimenti destinati ai lattanti.
L'articolo 16 ((Disposizioni contabili urgenti per l'Associazione Croce Rossa italiana) è stato modificato durante l'iter al Senato.
La disposizione all'esame interviene nella procedura di liquidazione della Croce rossa disciplinata attualmente dal d. Igs 178/2012 (Riorganizzazione dell'Associazione italiana della Croce Rossa (C.R.I.), a norma dell'articolo 2 della L. 183/2010).
La disposizione all'esame modifica tale disciplina e prevede che la gestione liquidatoria sia fatta non più in base alle norme pubblicistiche ma alle norme sulla liquidazione coatta amministrativa della legge fallimentare prevedendo però che i soggetti liquidatori siano I' amministratore (quale commissario liquidatore) e il collegio dei revisori dei conti (quale comitato di sorveglianza), nominati dal Ministro della salute (e non dal MEF) e si prevede che tali organi rimangano in carica per tre anni con possibilità di proroga per ulteriori due anni. Il commissario liquidatore si avvale del personale necessario già individuato per la fase propedeutica alla liquidazione.
La disposizione reca diverse perplessità poiché, di fatto, proroga la soppressione dell'Ente strumentale CRI e perché applica una procedura di liquidazione privatistica non consona alla natura di ente pubblico non economico prevedendo che i soggetti liquidatori non siano quelli individuati dal MEF ma dal Ministro della salute. Si evidenzia inoltre che il trasferimento di personale soprannumerario rappresenta in realtà una deroga al divieto generale di assunzioni in soprannumero come evincibile dall'articolo 6, comma al, del d. Igs 165/2001 che disciplina l'adozione dei piani di fabbisogno di personale. Le novità introdotte in Senato peggiorano ulteriormente la disposizione poiché da un lato si azzerano le partite contabili dei comitati territoriali della CRI che si ricorda sono stati finanziati con risorse pubbliche, e, dall'altro, si ricolloca il personale eccedentario rispetto al fabbisogno della CRI (quindi assunto in maniera non regolare) nell'ambito dei ruoli dirigenziali di area sanitaria e medica di altre amministrazioni pubbliche senza che siano state effettuate apposite procedure concorsuali e senza che vi sia corrispondenza con i titoli di specializzazione prescritti per quei ruoli dirigenziali. Questa disposizione è una vergogna!
L'articolo 18-ter (Misure indifferibili di semplificazione degli adempimenti vaccinali ecc.), introdotto in Senato, modifica le procedure connesse agli obblighi di vaccinazione introdotti con il DL 73/2017. Solo per le regioni che abbiano già istituito un'anagrafe vaccinale si anticipa all'anno scolastico 2018/2019 la disciplina che il decreto legge prevede a regime solo dal 2019/2020 e che consente lo scambio di informazioni sanitarie concernenti la situazione vaccinale dei minori (ivi incluso il trasferimento di dati sanitari dalle ASL alle scuole). Tale anticipo sarà possibile con le modalità, che saranno definite dal Ministero della salute e dal MIUR, sentito il Garante per la protezione dei dati personali. Tale anticipo è consentito anche per l'anno in corso a patto che il controllo sul rispetto degli adempimenti vaccinali si concluda entro il 10 marzo 2018.
L'intervento sui vaccini nel decreto fiscale conferma l'irrazionalità del precedente decreto sui vaccini, lesivo dei diritti dei singoli e delle competenze regionali (non tenendo conto delle diverse realtà territoriali in tema di prevenzione vaccinale); l'intervento del Governo sembra voler esclusivamente "sanare" alcuni palesi trattamenti illeciti (già stigmatizzati dal Garante della privacy), ben lungi dal sanare invece le tante e numerose criticità che sono state già da tempo segnalate.
Sulle norme in materia di lavoro, evidenziamo inoltre la debolezza del provvedimento nel proporre interventi legislativi che mirano a risolvere problematiche che avrebbero già dovuto trovare soluzione da tempo.
Sul piano delle misure «in materia finanziaria e per esigenze indifferibili» non possono essere non sollevate alcune eccezioni. L'articolo 8, che riprogramma i soldi stanziati per gli esodati riducendo il numero di richieste di accesso all'ottava salvaguardia, è in contrasto con i principi di diritto sociali e sottesi alla nostra Carta costituzionale.
Inoltre, tali risorse non dovrebbero essere dedicate esclusivamente a un aumento del finanziamento delle politiche passive del lavoro ma anche al potenziamento delle politiche attive, nonché per un sostegno permanente alle persone impegnate nell'assistenza a familiari gravemente disabili, le cd. “cargivers” , richiamate in molte nostre proposte.
Concordiamo con le considerazioni espresse nell'altro ramo del Parlamento relativamente al mancato impegno di riutilizzare le somme stanziate per l'ottava salvaguardia, mediante la destinazione delle economie accertate in fase di monitoraggio alle misure sperimentali degli istituti pensionistici dell'Ape social e per la revisione dei requisiti contributivi per i lavoratori precoci introdotti dalla legge n. 232 del 2016 nell'articolo 1, commi 179 e 199, «considerato che la concreta applicazione amministrativa delle norme sta dando luogo ad una notevole riduzione delle erogazioni effettive rispetto alle previsioni».
Resta altresì non affrontato il tema dei controlli ambientali e sanitari sui poligoni militari, come si chiedeva correttamente in esito all'inchiesta sull'uranio impoverito da parte dell'apposita Commissione. Si tratta di un tema sensibile e sul quale pertanto occorreva intervenire, anche perché diverse cause hanno generato il pagamento da parte dello Stato di risarcimenti ai militari che sono stati danneggiati o addirittura sono morti a causa di attività connesse all'attività militare.
Assenza di misure sul cosiddetto acconto IRPEF, che bisogna versare contestualmente al versamento delle tasse annuali, e che in questo mese di novembre sarà un salasso per i contribuenti interessati. Un anticipo gravoso, che dovrebbe quantomeno essere dilazionato nell'arco dell'anno fiscale.
Ci aspettavamo che il decreto fiscale prevedesse una misura favorevole ai lavoratori relativamente alla modalità di calcolo del TFR, la cui tassazione dovrebbe essere identica agli acconti e alle anticipazioni del TFR stesso.
Esprimiamo altresì sconcerto per la norma sull'equo compenso ai professionisti «non ordinistici», che non prevede nessun vincolo, ma semplicemente un richiamo alla qualità delle relazioni civili e al rispetto. Inoltre tale norma, non è impegnativa sul piano economico, diventa valida a partire dalla conversione di questo decreto-legge, e quindi impegna le pubbliche amministrazioni semplicemente «a tenerne particolarmente conto». Si stabilisce il diritto a un compenso minimo al di sotto del quale non si potrà scendere che deve essere «proporzionato alla qualità e quantità del lavoro». Per gli avvocati, il riferimento saranno i parametri stabiliti con il Dm 55/2014 utilizzati dai tribunali; per le altre professioni ordinistiche valgono i parametri utilizzati dai tribunali mentre per le professioni ex legge 4/2013 questo aspetto resta da chiarire.
In materia di difesa ed esteri, l'articolo 6 del decreto-legge inserisce norme-quadro sulle missioni internazionali, la più controversa delle quali riguarda la flessibilità del sistema di finanziamento.
Si è stabilito, infatti, che, fino all'emanazione dei decreti di riparto delle risorse del fondo, le amministrazioni interessate possano ottenere un'anticipazione di tesoreria non superiore al 75 per cento delle somme iscritte nel fondo missioni, tenuto conto delle spese quantificate nelle relazioni tecniche.
Questa previsione ha suscitato una prima perplessità: infatti, sotto un profilo formale, la suddetta anticipazione sembra sovrapporsi, quanto alla funzione, all'anticipazione trimestrale prevista dalla legge.
Nel corso dell'esame al Senato, su questo punto le Commissioni Difesa ed Esteri nel parere dato in consultiva alla Commissione V, ha posto una condizione relativa (punto peraltro non accolto dal Governo) alla previsione secondo la quale la citata anticipazione del 75 per cento dovrebbe intervenire entro dieci giorni dalla data di presentazione alle Camere delle deliberazioni del Governo concernenti l'avvio di nuove missioni.
Si tratta di una disposizione che contraddice lo spirito della legge quadro: sarebbe corretto, infatti, che i dieci giorni decorressero dalla data di autorizzazione delle missioni da parte delle Camere stesse e non dalla data della decisione del Governo. L'effetto della disposizione infatti è che, se a dieci giorni dalla decisione del Governo di avviare una nuova missione le Camere non hanno ancora autorizzato questa missione, essa viene comunque finanziata con anticipazioni di tesoreria.
Appare molto grave che il Governo intervenga su un testo di legge approvato poco più di un anno fa dal Parlamento con ampio consenso. Infatti la legge quadro si basava sulla concessione al Governo di alcune prerogative del Parlamento con il superamento del sistema dei decreti-legge per l'autorizzazione e il finanziamento delle missioni internazionali, subordinando questa concessione al fatto che senza il parere preventivo del Parlamento non si poteva dare inizio a nuove missioni militari.
Con il sistema introdotto dall'articolo 6 del presente decreto, invece, si ripropone il superamento dei poteri del Parlamento che si troverà di nuovo a pronunciarsi solo a missioni avviate ledendo fortemente le proprie prerogative e rendendo inefficaci gli indirizzi politici del Parlamento (trovandosi davanti a un fatto compiuto).
Infine, in materia di trasporti, l'articolo 12 del decreto prevede l'ennesimo emorragico contributo in favore di Alitalia. Un contributo, si badi bene, che non ha alcuna reale capacità di risolvere la questione e la cui unica motivazione è quella di posticipare il momento della scelta al dopo elezioni. L'incapacità politica di questo governo, esclusivamente relativamente alla questione ALITALIA, è arrivata a costare agli italiani ormai 900 milioni. Eppure il trasporto aereo continua a crescere di anno in anno. I dati Enac sul primo semestre del 2017, appena pubblicati, parlano di un +6,7% di passeggeri transitati nei nostri aeroporti (118.454.443 passeggeri) e addirittura +12% di merci (186.297 tonnellate) rispetto allo stesso periodo (gennaio-agosto) del 2016 che pure è stato un semestre di grandi soddisfazioni. L'Italia è quindi una meta sempre più ambita. Per questo dovremmo tutti gioire. E invece? Invece l'industria aeronautica nel nostro Paese è al collasso.
In sintesi:
1) Alitalia, la nostra ex compagnia di bandiera, è prossima alla svendita e la stanno mantenendo in piedi, con continue iniezioni di denaro pubblico (900 milioni di euro ad oggi), esclusivamente per disinnescare sotto elezioni la miccia sociale dei migliaia di esuberi previsti;
2) Alitalia Mantinance Systems, la storica officina motori di Alitalia, è già stata svenduta ad una società di P/urti americana che ha trasferito all'estero tutti gli impianti e la tecnologia, di cui eravamo orgogliosi nel mondo, lasciandoci il deserto industriale e centinaia di professionisti specializzati in riparazione, manutenzione e revisione aerea a casa senza un futuro;
Non si può continuare a "prestare" soldi ad Alitalia in attesa che qualche buon acquirente faccia gli interessi del paese e non persegua meri fini imprenditoriali di parte... cosa che ovviamente non avverrà mail I Occorre fare luce sulle responsabilità del vecchio management, e sull'attuale gestione commissariale, tramite la controllata Poste Italiane azionista pubblica negli anni precedenti al commissariamento, per i miliardi di euro dilapidati in modo fraudolento, come già denunciato in numerosi esposti.
Sarebbe opportuno rendere noto il Bilancio Alitalia 2016, per mettere a conoscenza tutti, compresi i possibili investitori, delle reali condizioni della compagnia e per far emergere eventuali responsabilità che hanno determinato lo stato di crisi dell'Azienda;
Bisognerebbe rivedere la scelta dei commissari, prediligendo persone competenti, senza conflitto di interessi, slegate dalla politica e che rispettino i requisiti di indipendenza necessari ad effettuare una valutazione libera da condizionamenti dell'azienda e valutare la congruità delle manifestazioni dì interesse raccolte prediligendo la tutela dei lavoratori, anche attraverso il loro coinvolgimento attraverso forme di azionariato diffuso.
Queste le nostre osservazioni sul testo del decreto, approdato oggi in quest'Aula, dopo che gli emendamenti in Commissione sono stati respinti frettolosamente in blocco in soli 3 minuti di seduta! Ribadiamo che il decreto necessiterebbe di interventi correttivi. Diversamente non può accogliere la nostra approvazione.
SEGNALAZIONI RELATIVE ALLE VOTAZIONI EFFETTUATE NEL CORSO DELLA SEDUTA
Nel corso della seduta sono pervenute le seguenti segnalazioni in ordine a votazioni qualificate effettuate mediante procedimento elettronico (vedi Elenchi seguenti):
nella votazione n. 1 la deputata Sarti ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;
nella votazione n. 1 i deputati Piepoli e Menorello hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario;
nelle votazioni nn. 10 e 11 il deputato Preziosi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario;
nella votazione n. 12 i deputati Ciani e Preziosi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole;
nella votazione n. 15 i deputati Micillo e Bargero hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole;
nelle votazioni nn. 15 e 16 le deputate Giovanna Sanna e Piccione hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto favorevole;
nelle votazioni nn. 17 e 18 le deputate Giovanna Sanna e Piccione hanno segnalato che non sono riuscite ad esprimere voto contrario;
nella votazione n. 19 la deputata Prestigiacomo ha segnalato che non è riuscita ad astenersi dal voto;
nella votazione n. 19 la deputata Giammanco ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole;
nella votazione n. 20 la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare.
VOTAZIONI QUALIFICATE EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO
INDICE ELENCO N. 1 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 13) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
1 | Nominale | Ddl 4741 - quest. preg. 1,2,3 e 4 | 399 | 397 | 2 | 199 | 168 | 229 | 94 | Resp. |
2 | Nominale | Pdl 4376-A - em. 1.1, 1.2 | 400 | 371 | 29 | 186 | 42 | 329 | 85 | Resp. |
3 | Nominale | em. 1.53 | 414 | 366 | 48 | 184 | 33 | 333 | 85 | Resp. |
4 | Nominale | em. 1.54 | 413 | 368 | 45 | 185 | 34 | 334 | 85 | Resp. |
5 | Nominale | em. 1.55 | 417 | 371 | 46 | 186 | 37 | 334 | 85 | Resp. |
6 | Nominale | em. 1.58 | 418 | 390 | 28 | 196 | 111 | 279 | 85 | Resp. |
7 | Nominale | em. 1.56 | 417 | 380 | 37 | 191 | 106 | 274 | 85 | Resp. |
8 | Nominale | em. 1.57 | 423 | 385 | 38 | 193 | 105 | 280 | 85 | Resp. |
9 | Nominale | articolo 1 | 423 | 378 | 45 | 190 | 335 | 43 | 85 | Appr. |
10 | Nominale | em. 2.1, 2.2 | 427 | 392 | 35 | 197 | 49 | 343 | 85 | Resp. |
11 | Nominale | em. 2.50 rif. | 426 | 389 | 37 | 195 | 343 | 46 | 85 | Appr. |
12 | Nominale | articolo 2 | 428 | 394 | 34 | 198 | 348 | 46 | 85 | Appr. |
13 | Nominale | articolo 3 | 426 | 383 | 43 | 192 | 338 | 45 | 84 | Appr. |
F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui é mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi é premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.
INDICE ELENCO N. 2 DI 2 (VOTAZIONI DAL N. 14 AL N. 20) | ||||||||||
Votazione | O G G E T T O | Risultato | Esito | |||||||
Num | Tipo | Pres | Vot | Ast | Magg | Fav | Contr | Miss | ||
14 | Nominale | mantenim. articolo 4 | 422 | 378 | 44 | 190 | 331 | 47 | 84 | Appr. |
15 | Nominale | mantenim. articolo 5 | 409 | 366 | 43 | 184 | 323 | 43 | 84 | Appr. |
16 | Nominale | art. agg. 5.052, 5.050 rif. | 405 | 357 | 48 | 179 | 315 | 42 | 84 | Appr. |
17 | Nominale | odg 9/4376-A/3 | 406 | 301 | 105 | 151 | 38 | 263 | 84 | Resp. |
18 | Nominale | odg 9/4376-A/4 | 409 | 403 | 6 | 202 | 140 | 263 | 83 | Resp. |
19 | Nominale | Pdl 4376-A - voto finale | 381 | 351 | 30 | 176 | 318 | 33 | 82 | Appr. |
20 | Nominale | Pdl 2976-A e a. - Quest. preg. n.1 | 344 | 341 | 3 | 171 | 223 | 118 | 79 | Appr. |