XVII LEGISLATURA
ATTI DI INDIRIZZO
Mozioni:
La Camera,
premesso che:
la cristallizzazione dei contratti e degli stipendi dei comparti dei vigili del fuoco, delle forze dell'ordine e delle forze armate perdura da circa 7 anni;
la prima disposizione di «blocco», successivamente e variamente prorogata, fu adottata con il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122, del 2010, in considerazione, come recita il preambolo, della «straordinaria necessità ed urgenza di emanare disposizioni per il contenimento della spesa pubblica e per il contrasto all'evasione fiscale ai fini della stabilizzazione finanziaria, nonché per il rilancio della competitività economica»;
parsa inopportuna ed in «odore» di illegittimità fin da subito, la norma è stata dichiarata «illegittima» nella sede competente, la Corte costituzionale, in quanto, in particolare, il prosieguo ininterrotto della norma di blocco «lo rende strutturale»;
con ciò, sostanzialmente viene espresso il principio che eventi o motivazioni, contingenti, quali possono esserlo crisi finanziarie et similia della finanza pubblica, non possono, comunque, torcere né comprimere senza soluzione di continuità diritti fondati;
in proposito, preme rammentare che la Corte costituzionale, in occasione di pregresse manovre economiche, recanti deroghe temporanee ai ricordati meccanismi rivalutativi, di adeguamento, disposte, in particolare, in occasione dell'altrettanto grave congiuntura economica dei 1992, aveva già indicato i limiti entro i quali un tale intervento potesse ritenersi rispettoso dei richiamati principi costituzionali, osservando che «norme di tale natura possono ritenersi non lesive del principio di cui all'articolo 3 della Costituzione (sotto il duplice aspetto della non contrarietà sia al principio di uguaglianza sostanziale, sia a quello della, non irragionevolezza), condizione che i suddetti sacrifici siano eccezionali, transeunti, non arbitrari e consentanei allo scopo prefisso»;
in quello specifico caso il sacrificio era limitato ad un anno, mentre ora, in presenza di una reiterazione a percussione di misure patrimoniali afflittive, la natura eccezionale e transitoria di una disposizione non può più essere predicata, credibilmente e plausibilmente, anche per la prevedibilità della sua reiterazione nel tempo futuro;
questo per sottolineare che l'intervenuta declaratoria di illegittimità non è giunta inaspettata né è da ritenersi tale e, almeno per il futuro, i sottoscrittori del presente atto di indirizzo auspicano un maggiore rispetto ed una maggiore attenzione ai principi ed agli orientamenti ordinamentali maturati, al fine di scongiurare percorsi, altalenanti e contraddittori che minano la certezza del diritto;
preme segnalare, in questa sede, l'articolo 19 della legge n. 183 del 2010, con la quale è stata riconosciuta la specificità del comparto sicurezza e difesa, compreso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, in relazione alle peculiarità delle funzioni svolte dai relativi operatori;
le disposizioni di cui al sopra citato articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011 e all'articolo 19 della legge n. 183 del 2010 sono state disapplicate nei confronti del personale dei richiamati comparti (polizia di Stato, polizia penitenziaria, Corpo forestale dello Stato, Corpo nazionale dei vigili del fuoco, Arma dei carabinieri, Guardia di finanza, Esercito italiano, Aeronautica militare, Marina militare);
si segnala, altresì, che le disposizioni, di blocco hanno prodotto continuativamente un danno al comparto sicurezza e difesa di gran lunga maggiore rispetto al restante pubblico impiego, in quanto la retribuzione di questa categoria è modulata su ben 18 parametri, con la previsione di meccanismi di adeguamento retributivo «agganciati» a progressioni automatiche di carriera;
la successiva scelta normativa di colmare il gap economico, per i comparti indicati, con la previsione degli assegni una tantum prima e con l'estensione del cosiddetto «bonus» di 80 euro poi, oltre che non condivisibile e non pertinente, non ha sanato il penalizzante effetto retributivo derivante dal blocco stipendiale;
la Corte costituzionale si è orientata a bocciare solo per il futuro il congelamento dei contratti pubblici, vale a dire a partire dal giorno successivo a quello della pubblicazione della sentenza in Gazzetta Ufficiale, evitando una censura retroattiva;
quale bilanciamento di interessi costituzionalmente protetti, ciò consente lo «sblocco» dei contratti pubblici e, al contempo, salva il bilancio pubblico da una moltiplicazione abnorme di costi;
ciò non esclude l'opportunità, per il Governo, di sanare il maggiore pregiudizio arrecato ai comparti indicati, per essi disponendo, a titolo di risarcimento, un recupero dei pregresso per lo meno a decorrere dall'anno del pronunciamento di illegittimità della Corte costituzionale;
va inoltre considerato che, dall'esplosione della cosiddetta crisi dei debiti sovrani, il risparmio nel settore pubblico procede principalmente su due «gambe»: da una parte, la cristallizzazione dei contratti e degli stipendi e, dall'altro, il blocco del turn over;
per questa ragione rischierebbe di essere parziale, nell'ambito di un intervento volto a rimuovere un vincolo che comporta danni diretti ed indiretti al settore sicurezza, non considerare, dall'altra parte, anche le carenze insostenibili prodottesi a seguito dell'applicazione delle stesse misure di contenimento della spesa nelle piante organiche del comparto, tra cui particolarmente grave quella del corpo dei vigili dei fuoco;
a fronte di una nuova procedura selettiva per l'immissione di 250 giovani nella qualifica di vigile del fuoco che risulterebbe già autorizzata – e al di là delle valutazioni di merito sull'opportunità di consentire la scadenza delle graduatorie attualmente vigenti nella presenza di un numero tanto consistente di idonei che peraltro risulterebbero rientrare in una media d'età inferiore ai 30 anni – è opportuno segnalare che la fase concorsuale impiega tempistiche rilevanti, a fronte delle quali, senza ulteriori interventi normativi, è prevedibile ipotizzare che, dopo il 31 dicembre 2016, si andrà incontro ad un considerevole periodo di tempo in cui, in attesa di una nuova graduatoria, non sarà possibile attingere alle precedenti;
preme quindi al firmatari del presente atto di indirizzo segnalare l'esigenza improrogabile, maturata in seno al Corpo nazionale dei vigili del fuoco, di garantire la proroga oltre il 31 dicembre 2016 della graduatoria a 814 posti, di vigile del fuoco indetto con decreto ministeriale n. 5140 del 6 novembre 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 90 del 18 novembre 2008 e della graduatoria relativa alla procedura selettiva, per titoli ed accertamento della idoneità motoria, indetta con decreto ministeriale n. 3747 del 27 agosto 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, 4a serie speciale, n. 72 dell'11 settembre 2007,
impegna il Governo:
a porre in essere tutte le iniziative di competenza al fine di pervenire al rinnovo per la parte normativa ed economica del contratto del pubblico impiego, con riferimento al personale dei comparti dei vigili del fuoco, delle forze dell'ordine e delle forze armate, reperendo le conseguenti risorse finanziarie, per il triennio 2016-2018;
ad adottare le iniziative, anche normative, finalizzate a riconoscere ai comparti indicati anche il recupero del pregresso, con riferimento all'anno 2015;
alla luce di quanto sopra esposto e considerato, nonché al fine di riavviare, a fronte delle carenze di personale, in particolare al Sud, una più incisiva ed ordinata politica di assunzioni nel settore dei vigili del fuoco e, più in generale, nel comparto sicurezza, in ordine alla validità delle due graduatorie vigenti, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco indicate in premessa, ad adottare le iniziative idonee alla loro proroga almeno fino alla pubblicazione di una nuova graduatoria derivante dalla prossima selezione per 250 posti di vigili del fuoco.
(1-01384) «Cozzolino, Dieni, Cecconi, Dadone, D'Ambrosio, Nuti, Toninelli, Lombardi, Nesci, Frusone, Ciprini, Luigi Di Maio».
La Camera,
premesso che:
la grave crisi economica a livello europeo e internazionale, che ormai da lungo tempo ha investito anche il nostro Paese, ha determinato tra le conseguenze più dolorose sul piano sociale una grande perdita di posti di lavoro nel settore, privato, e una forte contrazione delle dinamiche salariali nel settore pubblico;
il Governo, sin dal suo insediamento, ha sempre sostenuto la necessità di tornare, non appena fosse venuta meno la fase più acuta della crisi, ad una normale stagione negoziale per ripristinare anche nel settore pubblico un'ordinaria dinamica salariale;
del resto, la stessa Corte Costituzionale, con sentenza n. 178 del 2015, ha avuto occasione di intervenire in materia di regime di sospensione del blocco della contrattazione collettiva e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti, manifestando ben chiara l'esigenza, da un lato, di dover difendere i diritti sociali, oggetto negli ultimi anni di una severissima compressione, ma, dall'altro, la consapevolezza che tale difesa dovesse avvenire nel rispetto dei vincoli di bilancio, condizione questa indispensabile, per garantire la tenuta dello Stato;
il Governo ha coerentemente lavorato in una duplice direzione: da un lato, ha già messo in campo con la legge di stabilità per il 2016 risorse aggiuntive per sbloccare la contrattazione collettiva e ha preannunciato, anche nelle competenti sedi parlamentari, in risposta ad atti di indirizzo del Parlamento, lo stanziamento di ulteriori risorse nella legge di bilancio in corso di presentazione;
dall'altro lato, il Governo ha operato, a normativa vigente, e in accordo con le parti sociali, la riduzione dei comparti di contrattazione a quattro, e sono attualmente in corso interlocuzioni tra il Governo, le associazioni sindacali e datoriali al fine di definire in modo concorde l'atto di indirizzo che formalmente riavvierà la stagione della contrattazione nel comparto pubblico;
nel quadro del rinnovo della contrattazione collettiva, un'attenzione particolare va certamente riconosciuta al personale dei vigili del fuoco, delle forze armate e delle forze di polizia, in considerazione non solo della particolare delicatezza del lavoro svolto dagli appartenenti al comparto sicurezza, ma anche in considerazione del fatto che il loro lavoro incide direttamente su quei bisogni di sicurezza particolarmente sentiti da una collettività già duramente colpita dal perdurare della crisi economica;
in tal senso, appaiono assolutamente opportune le preannunciate risorse finanziarie per dare attuazione alla legge delega n. 124 del 2015 nella parte in cui prevede il riordino delle carriere dei vigili del fuoco, delle forze dell'ordine e delle Forze armate; un'occasione, questa, per adeguare e riequilibrare un settore da troppo tempo trascurato,
impegna il Governo
ad adottare ogni iniziativa utile, anche attraverso la previsione dello stanziamento di risorse finanziarie nel disegno di legge di bilancio in corso di presentazione, per proseguire e rafforzare le iniziative già messe in campo per il rinnovo del contratto del pubblico impiego, con specifica attenzione al rinnovo dei contratti nel settore del comparto sicurezza, alla luce della delicatezza e dell'impatto di questo settore sui bisogni dell'intera collettività.
(1-01385) «Fiano, Pizzolante, Monchiero, Fauttilli, Fabbri, Roberta Agostini, Bersani, Carbone, Cuperlo, De Menech, Marco Di Maio, Famiglietti, Ferrari, Gasparini, Giachetti, Giorgis, Lattuca, Lauricella, Marco Meloni, Naccarato, Nardi, Piccione, Pollastrini, Richetti, Francesco Sanna, Misuraca, Bosco».
La Camera,
premesso che:
il Governo Berlusconi, con il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, in considerazione della necessità e dell'urgenza di emanare provvedimenti per il contenimento della spesa pubblica, derivante dallo stato particolarmente preoccupante nel quale versavano i conti dello Stato, dispose – per il triennio 2010-2013 – il blocco della contrattazione e delle retribuzioni, per tutto il comparto della pubblica amministrazione, sia per gli adeguamenti stipendiali che per gli aumenti retributivi collegati all'anzianità di ruolo e alle progressioni di carriera comunque denominate, escludendo ogni possibilità successiva di recupero;
nonostante diversi atti parlamentari, presentati già a partire dalla XVI legislatura, che chiedevano la rimozione del blocco, il blocco medesimo è stato prorogato con decreto del Presidente della Repubblica n. 112 del 2013, grazie alla previsione di cui al decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111, che autorizzava la possibilità di estensione del blocco fino al 2014;
la vulnerabilità della fonte condusse il legislatore a trasfondere tale disposizione in una fonte di rango primario (legge 27 dicembre 2013, n. 147 – legge di stabilità 2014 –);
il predetto decreto del Presidente della Repubblica n. 122/13 escludeva, per il periodo 2013-2014, qualsiasi incremento della «vacanza contrattuale» attribuiva nel 2010. Consentiva, tuttavia, la possibilità, per il periodo 2015-2017, il riconoscimento della vacanza contrattuale «secondo le modalità ed i parametri individuati dai protocolli e dalla normativa vigente»;
prima ancora di dare esecuzione a tale possibilità, e nelle more del giudizio pendente innanzi alla Consulta (il tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 27 novembre 2013, e il tribunale di Ravenna, in funzione di giudice del lavoro, con ordinanza del 1o marzo 2014, variamente motivate, sollevavano la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 9, commi 1, 2-bis, 17, primo periodo e 21 ultimo periodo, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dall'articolo 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122 e dell'articolo 16, comma 1, lettere b) e c) del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111), con l'articolo 1, comma 254, legge 23 dicembre 2014, n. 190 – legge di stabilità 2015 – si disponeva la sospensione delle procedure negoziali, per la parte economica, fino al 31 dicembre 2015 e il «congelamento» (comma 255 dello stesso articolo) dell'indennità di vacanza contrattuale fino al 2018, ancorata ai valori vigenti al 31 dicembre 2013;
la Corte costituzionale, con sentenza n. 178 del 2015 sopra citate dichiarava l'illegittimità sopravvenuta dalle ultime disposizioni della legge di stabilità 2015 sopra citate poiché in contrasto con l'articolo 39 della Costituzione;
in particolare, nelle motivazioni si è dato rilievo alla notevole importanza che per il pubblico impiego, riveste il contratto: esso riguarda sia l'aspetto economico (nelle sue componenti sia fondamentali che accessorie), che i diritti e gli obblighi pertinenti al rapporto di lavoro, nonché materie relative alle relazioni sindacali;
in passato, il trattamento economico del pubblico impiego, godeva di incrementi, correlati al tasso di inflazione programmata, mentre oggi il contratto è bloccato da sette anni, i quali hanno, tra l'altro, coinciso con la fare apicale della crisi economica e sociale più lunga ed intensa che il Paese ricordi e che ha prodotto un impoverimento generalizzato del Paese, del ceto medio e della classe lavoratrice in particolare;
il ruolo giocato in questo senso da scelte politiche e normative di carattere depressivo come il blocco contrattuale è di tutta evidenza, così come l'effetto sociale drammatico prodotto dalla stagione dei «tagli lineari» della spending review e dell'austerità in generale;
nonostante la decisione della Corte costituzionale, ad oggi, nessun contratto è stato rinnovato. Le politiche depressive adottate in questi anni hanno prodotto il risultato di diffondere una condizione di pesante malessere, inquietudine ed incertezza sul futuro, anche nel settore del pubblico impiego, compreso quello delicatissimo delle Forze armate e di pubblica sicurezza e dei vigili del fuoco, frequentemente caratterizzato da nuclei familiari monoreddito e con figli a carico;
la compressione salariale e – dunque – dei consumi e degli stili di vita consolidati delle famiglie di lavoratori ha determinato nelle Forze armate una fenomenologia già da tempo visibile e percepita nel resto del Paese, ovvero che le dinamiche interne al comparto oggi aderiscono in maniera plastica a quelle del resto della società: alla base vi è una regressione tangibile e grave nelle condizioni materiali di vita, al vertice il consolidamento di una condizione di relativo privilegio;
la stessa legge n. 244 del 2012 di riforma e riordino dello strumento militare esplica i suoi effetti in chiave riduttiva – meno 50.000 unità in forza – principalmente sul personale – militare e civile della difesa, in ossequio all'obiettivo dichiarato di liberare risorse per gli investimenti, già sbilanciate ben oltre la quota del 25 per cento, cui sembrerebbe volgere la citata legge ben considerando le risorse complessive allocate per tale esigenze tra il Ministero della difesa e il Ministero dello sviluppo economico, nello sviluppo, nella produzione ed acquisizione di sistemi d'arma. Logica conseguenza anche di una scelta di politica industriale orientata in maniera decisa all'implementazione dell'industria nazionale degli armamenti a discapito del valore umano delle Forze armate e del loro impiego in ambiti di civile necessità;
allo stato attuale si assiste per i presentatori del presente atto a uno dei più classici paradossi: da una parte, un eccesso retorico di esaltazione del ruolo e della «specificità» delle Forze armate, delle Forze dell'ordine e dei vigili del fuoco, dall'altra, la diminuita retribuzione in termini reali, la carenza cronica di alloggi per il personale, i veicoli di servizio fermi a causa della carenza di carburante, il sacrificio operato sulle condizioni di sicurezza nelle quali questi lavoratori si trovano ad operare;
a questo stato di cose si aggiungano gli effetti della riforma previdenziale del 2012, dunque gli effetti sull'assegno pensionistico derivanti dal passaggio al sistema contributivo; va fatta, inoltre, l'ovvia constatazione che l'inferiore gettito contributivo derivante dal blocco degli adeguamenti stipendiali andrà ulteriormente ad influire sull'entità degli assegni medesimi;
occorre perciò ripensare e cambiare, per il comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico e, più in generale, per il pubblico impiego, le politiche fin qui adottate, operando in maniera tale da riconnettere la prospettiva della ripresa economica alla ripresa dei consumi e ad un recupero tangibile sul terreno delle condizioni di vita e economiche dei lavoratori italiani, compresi i dipendenti militari e civili del comparto difesa-sicurezza e soccorso pubblico;
per questo appare per i presentatori del presente atto insufficiente quanto previsto dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), che ha stanziato 510,5 milioni di euro per il 2016 per un contributo straordinario pari a 960 euro su base annua alle forze di polizia, del corpo nazionale dei vigili del fuoco e delle forze armate e per il riconoscimento dell'impegno profuso al fine di fronteggiare le eccezionali esigenze di sicurezza nazionale e soltanto 300 milioni, a partire dal 2016 per il rinnovo del contratto del pubblico impiego, compreso il comparto difesa e sicurezza;
nel Documento di economia e finanza (Def) 2016 non viene fatta nessuna menzione delle risorse da destinare per sbloccare i contratti dei dipendenti pubblici, mentre nella Nota di aggiornamento al Def si legge che «Dopo 6 anni di blocchi resi necessari dalla drammaticità della crisi, si procederà al rinnovo dei contratti nel pubblico impiego con l'obiettivo di valorizzare il merito e favorire l'innalzamento della produttività, in modo da contribuire all'aumento dell'efficienza della pubblica amministrazione», salvo poi non indicare alcuna cifra,
impegna il Governo:
ad assumere iniziative per ottemperare a quanto previsto nella sentenza della Corte Costituzionale n. 178 del 2015 che sancisce il diritto dei lavoratori pubblici al rinnovo dei contratti collettivi nazionali;
a destinare al rinnovo dei contratti nel pubblico impiego, in particolare con riferimento ai comparti dei vigili del fuoco, delle forze dell'ordine e delle forze armate, una adeguata e congrua dotazione finanziaria tenuto conto che da 8 anni ai lavoratori della pubblica amministrazione è negato l'adeguamento dei contratti.
(1-01386) «Piras, Duranti, Carlo Galli, Scotto».
ATTI DI CONTROLLO
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI
Interrogazione a risposta orale:
SALTAMARTINI, CAPARINI, INVERNIZZI, GIANLUCA PINI e SIMONETTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
nelle carrozze dei treni di Trenitalia sono presenti dei monitor che indicano informazioni riguardo al viaggio come velocità di percorrenza, tragitto percorso, orario di arrivo previsto;
questi schermi hanno un ticker di notizie (striscia di testo scorrevole) dove i viaggiatori possono leggere gli aggiornamenti sugli accadimenti del giorno;
a quanto riportano i viaggiatori abituali dei treni delle Ferrovie dello Stato italiane, le notizie che scorrono riguardanti la politica non darebbero un panorama completo delle diverse opinioni, ma si limiterebbero ad informare circa le attività e le dichiarazioni del Governo;
in previsione del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016, veicolare alcune notizie senza offrire un bilanciamento con opinioni differenti, sembra una lesione della libera e completa informazione che dovrebbe essere garantita ai cittadini per permettere agli stessi una scelta di voto consapevole e informata;
visto il cospicuo numero di passeggeri che quotidianamente utilizza i treni Trenitalia, per tutelare il diritto all'informazione, garantito costituzionalmente, le notizie dei ticker nelle carrozze devono essere il più possibile complete ed imparziali, altrimenti si corre il rischio di offrire informazioni fuorvianti o pubblicità occulte;
la Corte costituzionale, con la sentenza 7 dicembre 1994, n. 420, ha dichiarato che è necessario «garantire il massimo di pluralismo esterno, al fine di soddisfare, attraverso una pluralità di voci concorrenti, il diritto del cittadino all'informazione» –:
se il Governo non ritenga urgente mettere in atto tutte le iniziative, necessarie, per quanto di competenza, al fine di garantire il pluralismo dell'informazione, così come definito dalla Corte costituzionale, particolarmente importante in una fase di campagna elettorale come quella che l'Italia sta vivendo, che rischia di essere compromesso in molte circostanze, come, ad esempio, nel caso delle notizie, a giudizio degli interroganti, parziali, offerte ai passeggeri di Trenitalia. (3-02539)
Interrogazioni a risposta scritta:
LIUZZI, NICOLA BIANCHI, CARINELLI, DE LORENZIS, DELL'ORCO, PAOLO NICOLÒ ROMANO e SPESSOTTO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 63 del decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 179, recante «Modifiche ed integrazioni al Codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, ai sensi dell'articolo 1 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche» prevede che «1. Il Presidente del Consiglio dei ministri, in sede di prima attuazione del presente decreto, può nominare, per un periodo non superiore a tre anni, con proprio decreto, un Commissario straordinario per l'attuazione dell'Agenda digitale»;
come commissario è stato nominato Diego Piacentini e nei giorni scorsi è stato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il cosiddetto « Team per la trasformazione digitale»;
il 30 settembre 2016 è stato pubblicato il sito web del neoistituito team accessibile all'URL https://teamdigitale.governo.it/;
il predetto sito web contiene una pagina «Lavora con noi» per l'individuazione di figure professionali in qualità di «esperti» da inserire nell'ambito del team. Nella pagina si legge in proposito che «Il Team per la Trasformazione Digitale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, sta cercando talenti con padronanza della lingua italiana e inglese, con comprovata esperienza in Informatica (Software Architecture, Mobile Application Development, Software Open Source, Information Security, API), in Matematica e Statistica (Modelli Predittivi, Machine Learning), in Product Design, User Experience e in altre discipline connesse all'agenda digitale»;
nella medesima pagina del sito sono inoltre individuate una serie di «posizioni aperte» e indicate le modalità per candidarsi a ricoprire le stesse;
per alcune delle posizioni considerate viene chiarito che «Le posizioni seguenti risultano formalmente ancora aperte ma abbiamo già individuato potenziali candidati con i quali stiamo per finalizzare l'accordo di collaborazione»;
nella pagina web considerata e nel sito nel suo complesso non vi è, tuttavia, alcun riferimento alle modalità che verranno seguite per l'individuazione delle figure professionali da inquadrare nell'ambito del team;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 settembre 2016 prevede che il team di Diego Piacentini sia composto da 2 dirigenti, 5 funzionari e 20 esperti per una spesa annua pari ad un massimo di 2,4 milioni di euro. Inoltre, lo stesso decreto, all'articolo 4, prevede 7 milioni di euro per gli oneri connessi al funzionamento della struttura commissariale per il solo ultimo trimestre del 2016 –:
secondo quali modalità il Presidente del Consiglio intenda assicurare che la scelta degli esperti che andranno a comporre il «Team per la trasformazione digitale» risponda ai principi di imparzialità, trasparenza e buon andamento che devono informare qualsiasi procedura selettiva di personale nella pubblica amministrazione. (4-14441)
CARINELLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
in data 24 febbraio 2016, al Piccolo Teatro di Milano è stato presentato « Human Technopole Italy 2040», il progetto scientifico che verrà realizzato nell'area che ha ospitato Expo 2015 e che prevede l'insediamento di sette centri di ricerca e di un unico grande parco;
Arexpo spa, proprietaria delle aree in uso alla società Expo 2015 spa, è attualmente partecipata da: regione Lombardia e comune di Milano, che detengono ciascuno il 34,67 per cento del capitale; Fondazione Fiera di Milano, che detiene il 27,66 per cento del capitale; città metropolitana di Milano, che detiene il 2 per cento del capitale; comune di Rho, che detiene l'1 per cento del capitale;
l'ingresso del Governo in Arexpo spa è stato già definito con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 marzo 2016;
nell'assemblea di Arexpo spa, che si terrà a novembre 2016, il Ministero dell'economia e delle finanze si affiancherà ufficialmente a comune di Milano e regione Lombardia come socio di Arexpo spa;
secondo quanto si apprende da fonti di stampa è emersa la volontà da parte di Arexpo Spa di realizzare le aree verdi previste dall'accordo di programma secondo una distribuzione differente rispetto a quella richiesta dai consigli comunali di Milano e Rho. La nuova configurazione delle aree a verde sembrerebbe prediligere una distribuzione frammentaria e diffusa all'interno dell'intero ambito di Expo, vanificando l'idea di un unico e unitario grande parco;
nel giugno 2011 i cittadini milanesi si sono espressi in merito alla destinazione futura dei terreni dell'Expo 2015, attraverso lo strumento del referendum consultivo; il 95,51 per cento dei votanti ha chiesto la conservazione integrale del parco agroalimentare;
le linee guida del piano strategico di sviluppo e valorizzazione di Arexpo spa (pubblicate nel settembre 2016) ricordano «la variante urbanistica definisce una superficie da destinare al parco non inferiore al 56 per cento dell'area totale» –:
se il Governo, una volta formalizzato l'ingresso nell'azionariato di Arexpo Spa, intenda assumere iniziative, per quanto di competenza, per garantire la realizzazione di un grande parco unitario all'interno del sito Expo, al fine di contrastare ogni ipotesi di frantumazione e dispersione della quantità di verde pubblico e sostenere così il rispetto della volontà dei cittadini milanesi e dei consigli comunali di Milano e Rho. (4-14443)
MOLTENI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
pare ormai in atto una campagna tesa ad aprire le porte del servizio civile nazionale almeno a coloro che avranno ottenuto l'asilo politico o altra forma di tutela internazionale, dopo aver raggiunto irregolarmente il territorio nazionale, se non addirittura a coloro che hanno solo fatto la domanda per ottenerli e sono in attesa dell'esito;
di questa campagna si è posto alla testa il responsabile della Legacoop sociali dell'Emilia-Romagna, Alberto Alberani, che ha suggerito di far assumere i profughi dal servizio civile nazionale per poi dirottarli alle cooperative sociali, senza oneri particolari per queste ultime;
nella visione di Alberto Alberani, ai profughi così impiegati lo Stato dovrebbe offrire una retribuzione di 500 euro mensili, in realtà 433,80 netti mensili, calcolati sulla base della paga giornaliera di 14,46 euro data ai giovani del servizio civile nazionale;
nel dibattito è più recentemente intervenuto anche il Sottosegretario all'interno, Domenico Manzione, che il 6 ottobre 2016 ha ammesso come il Ministero dell'Interno e quello del lavoro e delle politiche sociali stiano «predisponendo un progetto, da poter presentare ai rispettivi ministri, per l'accesso al Servizio civile da parte di rifugiati e richiedenti asilo»;
mentre i rifugiati possono attualmente lavorare, lo stesso non può dirsi per i migranti irregolari richiedenti asilo, almeno nei primi sei mesi di permanenza nel nostro Paese;
parrebbe concreto il rischio di una competizione al ribasso nella gestione degli afflussi dei profughi e richiedenti asilo, tra cooperative sociali che pagherebbero retribuzioni particolarmente basse ed un servizio civile che farebbe degli assistiti altrettanti prestatori d'opera;
qualora poi effettivamente i profughi e richiedenti asilo venissero riassegnati alle cooperative sociali senza alcun onere per queste ultime, non è da escludere che possa essere compromesso un certo numero di posti di lavoro nel cosiddetto terzo settore, circostanza grave nel momento in cui oltre 100 mila italiani lasciano il nostro Paese alla ricerca di un impiego all'estero;
il servizio civile nazionale è inoltre sostanzialmente equiparabile a quello militare –:
se sia effettivamente in fase di predisposizione il progetto cui ha fatto riferimento il 6 ottobre 2016 il Sottosegretario Domenico Manzione;
in caso affermativo, se il Governo pensi attualmente ad un sistema simile a quello prospettato dal responsabile della Legacoop sociali dell'Emilia-Romagna, Alberto Alberani, che implicherebbe la riassegnazione dei profughi assunti e pagati dallo Stato alle cooperative sociali, oppure ad un meccanismo alternativo;
se siano state stimate le ripercussioni dell'apertura del servizio civile nazionale a rifugiati e richiedenti asilo, tra l'altro non necessariamente già in grado di parlare la lingua italiana, sulla disponibilità di posti di lavoro altrimenti ricoperti da cittadini italiani, anche nel sistema delle cooperative sociali;
se il Governo stia considerando di aprire anche il servizio militare volontario ai rifugiati ed ai richiedenti asilo.
(4-14445)
FAUTTILLI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione. — Per sapere – premesso che:
in data 4 febbraio 2016 la Camera ha approvato una mozione del gruppo Democrazia Solidale – Centro Democratico, nella quale si indicavano iniziative per risolvere la situazione dei vincitori di concorso nella pubblica amministrazione e degli idonei;
nel citato atto di indirizzo, dopo aver ripercorso la vicenda riguardante circa 4.000 vincitori di concorso e 150 mila idonei (fonte Ministero della semplificazione), si osservava la necessità di un rapido intervento per riassorbire una situazione francamente inaccettabile, anche per le stesse pubbliche amministrazioni che avrebbero necessità di assumere personale ma ne sono impedite da una serie di vincoli poco comprensibili;
il Governo ha intrapreso varie iniziative per affrontare la questione sopra esposta, in particolare con i decreti legislativi attuativi della legge n. 124 del 2015 (cosiddetta «legge Madia»);
il Governo, quindi, si è impegnato sia tramite iniziative, sia tramite il parere favorevole alla mozione sopra ricordata, a tutelare il diritto dei vincitori di concorso ma anche, sia pure rispettando la logica differenza di posizione, anche quello degli idonei non assunti dalle pubbliche amministrazioni;
non risulta, però, al momento che si sia giunti ad una soluzione soddisfacente e completa della vicenda ricordata nel citato atto di indirizzo;
varie sentenze, tra cui anche quella recente del TAR del Lazio (sezione prima) n. 08511 del 25 luglio 2016, hanno disposto che quando una pubblica amministrazione si trovi nella necessità di assumere personale, in particolare dirigenziale, i posti vacanti debbano essere assegnati tenendo conto in modo vincolante delle graduatorie in vigore al momento delle nuove assunzioni, e considerando prioritariamente gli idonei dei concorsi pubblici della pubblica amministrazione, che procede all'assunzione per coprire i posti che sono risultati vacanti;
in particolare, il TAR del Lazio ha accolto i ricorsi di molti idonei nei confronti della Presidenza del Consiglio annullando vari provvedimenti relativi alla vicenda su esposta sia per quel che riguarda la mancata assunzione degli interessati, sia per quel che riguarda la decisione di coprire posti resisi vacanti non utilizzando le graduatorie vigenti nelle quali sono inseriti anche gli idonei;
quindi, a vari mesi dall'approvazione da parte della Camera della ricordata mozione, la soluzione alla vicenda appare ancora lontana e nebulosa –:
quali iniziative di competenza intenda intraprendere il Governo, viste anche le sentenze della magistratura sopra ricordate, per risolvere la questione su esposta che continua a tenere in sospeso decine di migliaia di idonei, aventi tutti titolo per l'assunzione. (4-14447)
FRACCARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, dispone il divieto alle pubbliche amministrazioni definite dal decreto legislativo n. 165 del 2011, nonché a quelle inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza. Dispone altresì che alle suddette amministrazioni è fatto divieto di conferire ai medesimi soggetti incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo delle menzionate pubbliche amministrazioni e degli enti e società da esse controllati. In aggiunta, prevede che gli incarichi, le cariche e le collaborazioni di cui ai periodi precedenti sono comunque consentiti a titolo gratuito e che con riferimento agli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restandone la gratuità, la loro durata non può essere superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione. Infine, prevede che gli eventuali rimborsi di spese devono essere rendicontati e corrisposti nei limiti dall'organo competente dell'amministrazione interessata;
in data 21 settembre 2016 il consiglio regionale del Trentino-Alto Adige/Südtirol ha trattato congiuntamente i disegni di legge n. 57 e n. 68, in materia di aziende pubbliche di servizi alle persone: il primo, successivamente bocciato, proponeva di recepire la suddetta legge nazionale, la quale vieta che ruoli dirigenziali e cariche nei consigli di amministrazione in aziende pubbliche o controllate siano ricoperte da soggetti in stato di quiescienza, a meno che non lo facciano gratuitamente, mentre il secondo prevedeva la disapplicazione della menzionata legge n. 135 del 2012;
il disegno di legge n.68 è stato approvato dal consiglio regionale e convertito nella legge regionale 28 settembre 2016, n.9 dal titolo «Modifiche alla legge regionale 21 settembre 2005, n. 7 concernente “Nuovo ordinamento delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza – Aziende pubbliche di servizi alla persona”», pubblicato sul Bollettino unico regionale, il 4 ottobre 2016, supplemento n.4. All'articolo 2, «Norme transitorie», comma 1, si prevede che, in deroga alla legge n. 135 del 2012, è fatta salva la possibilità per il consiglio di amministrazione di erogare i compensi di cui all'articolo 8 della legge regionale n. 1 del 2005 ai soli presidenti e per il solo mandato rinnovato immediatamente dopo l'entrata in vigore della presente legge, in ragione della peculiare attività nel campo dei servizi alla persona svolta dalle aziende e delle peculiari competenze dei presidenti;
le motivazioni addotte dalla giunta regionale per la disapplicazione della legge nazionale nel corso della discussione in aula si sono soffermate sulla necessità di dare certezza giuridica alle aziende sotto il profilo dello status e sulla necessità di fare formazione. Le motivazioni non hanno peraltro tenuto conto del tempo avuto a disposizione finora per assicurare il ricambio generazionale e del fatto che si tratta di un'interpretazione eccessivamente estensiva dei principi dell'ordinamento della pubblica amministrazione anche in riferimento alle competenze legislative in materia di ordinamento delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza previste dall'articolo 5 dello Statuto di autonomia;
la disapplicazione della legge nazionale determina il mantenimento in carica dietro compenso degli amministratori fino al 2018 e di rinnovare l'incarico fino al 2023, consentendo di continuare a erogare compensi che superano i 20.000 euro annui per la provincia di Trento e i 40.000 euro per la provincia di Bolzano –:
quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare per favorire l'applicazione omogenea su tutto il territorio nazionale della legge n. 135 del 2012 e se ritenga di verificare se sussistano i presupposti per sollevare la questione di legittimità costituzionale, ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione, in relazione alle citate disposizioni della legge della regione Trentino Alto-Adige n.9 del 2016, con particolare riferimento al comma 1 dell'articolo 2 in materia di incarichi, cariche e collaborazioni a soggetti in stato di quiescenza nella pubblica amministrazione. (4-14448)
FRACCARO. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
nell'interrogazione 4-12720 del 4 aprile 2016 venivano evidenziati i provvedimenti del Ministero per lo sviluppo economico con cui, dal 2011 ad oggi, sono state rese indisponibili le quote stanziate dallo Stato e riferite alle province autonome di Trento e Bolzano ai fini del rimborso alle emittenti radiofoniche e televisive locali che accettano di trasmettere messaggi autogestiti a titolo gratuito nelle campagne elettorali o referendarie;
nella Relazione sull'attività svolta nel 2015, presentata al consiglio provinciale e all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), ai sensi delle vigenti leggi statali e provinciali, il comitato provinciale per le comunicazioni di Bolzano ha messo in evidenza gli accenti diversi fra le emittenti tedesche e quelle italiane in materia di comunicazione politica in televisione, confermando alcune delle criticità già segnalate dall'interrogante nel quesito n. 440/2146, presentato in commissione di vigilanza Rai, per quanto concerne l'esercizio dei diritti fondamentali dei cittadini di partecipare alla politica nazionale e di essere informati;
nella suddetta relazione si dice che dai controlli a campione svolti nel corso degli anni sull'informazione politica nelle televisioni private locali emerge una tendenza che sembra confermare un'ipotesi corrente in materia di giornalismo, ossia che le redazioni mettono in palinsesto i temi che reputano di particolare interesse per i propri spettatori. Per quanto riguarda l'informazione politica questo significa che i notiziari italiani danno la parola a una gamma più vasta di partiti politici rispetto ai notiziari di lingua tedesca. Dal momento che il panorama politico italiano è più variegato, anche la presenza dei partiti nelle trasmissioni di informazione in lingua italiana è più consistente che in quelle di lingua tedesca, dove il numero dei partiti oggetto dell'attività informativa è relativamente ridotto. Tendenzialmente, quindi, le redazioni informano in prevalenza riguardo a esponenti politici che parlano la lingua degli spettatori. Nei notiziari, l'emittente italiana ha informato in media su nove partiti, quella tedesca su cinque. C’è comunque da notare che, dall'ultimo campione è emersa una maggiore presenza dei partiti nelle televisioni private tedesche. Ma è significativo soprattutto il fatto che, nella televisione locale tedesca, la politica ha un ruolo generalmente molto minore rispetto alla televisione italiana. I notiziari italiani sono dominati dai temi politici, mentre quelli tedeschi parlano soprattutto di temi economici;
in data 5 ottobre 2016 il consiglio della provincia autonoma di Trento ha approvato all'unanimità e con parere favorevole della giunta la proposta di ordine del giorno n.1/18-23/XV con cui si impegna la giunta medesima a: a) sollecitare il Governo affinché assuma le iniziative di competenza con riferimento ai rapporti finanziari fra Stato e province autonome di Trento e di Bolzano, assegnando a queste ultime gli stanziamenti previsti dalla legge n. 28 del 2000 al fine di assicurare, in forma omogenea su tutto il territorio nazionale, l'esercizio dei diritti fondamentali dei cittadini di partecipare alla politica nazionale e di essere informati; b) a informare in tempi celeri il comitato provinciale per le comunicazioni della provincia autonoma di Trento e la giunta della provincia di Bolzano dell'iniziativa al fine di consentire un'azione comune, concordata e finalizzata a ottenere il riparto degli stanziamenti spettanti alle emittenti locali per assicurare la comunicazione politica già a partire dalla consultazione referendaria costituzionale in programma il 4 dicembre 2016 –:
quali iniziative di competenza, anche normative, il Governo intenda adottare per assicurare i livelli minimi essenziali in ordine alla comunicazione politica e il rispetto del diritto degli elettori di essere informati sulle proposte dei soggetti politici durante le competizioni elettorali e referendarie nello province di Trento e Bolzano. (4-14451)
AFFARI ESTERI E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
Interrogazione a risposta orale:
CIMBRO, LA MARCA, TIDEI e LOCATELLI. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
gli inviati della trasmissione televisiva «Le Iene», Luigi Pelazza e l'operatore Mauro Pilai, in Marocco dal 26 settembre 2016 per le riprese di un servizio televisivo sulla prostituzione minorile nel Paese, sono stati, stando ai primi articoli apparsi sulle principali testate giornalistiche italiana, fermati a Marrakech nel pomeriggio di mercoledì da una decina di agenti della polizia marocchina, e scortati fino all'aeroporto della città, là dove sono stati obbligati a dormire sul pavimento per tutto la notte, sorvegliati dalla scorta della polizia;
nel corso dell'operazione, le telecamere, e l'ingente materiale raccolto su «un grande giro di prostituzione minorile con ragazzi e ragazze di 13 e 14 anni pagati 300 o 400 euro per avere rapporti sessuali», è stato sequestrato, assieme ai telefoni cellulari, questi ultimi restituiti in serata. L'interprete locale che li accompagnava è stato arrestato, e di lui non si hanno notizie;
il blitz è avvenuto, come detto, a Marrakech, all'uscita da un appartamento, dove gli inviati Mediaset stavano raccogliendo testimonianze filmate di alcuni ragazzi. Dopo essere stati fermati per alcune ore, sono stati poi rilasciati e portati in aeroporto per dare esecuzione a un ordine di espulsione dal Paese. Pelazza sostiene che li hanno accusati di «aver filmato i minori senza consenso. L'obiettivo però era quello di sequestrare il materiale video e la nostra attrezzatura, e così hanno fatto»; la rete di prostituzione minorile, sempre per l'inviato, «coinvolge non solo turisti occidentali ma anche turisti arabi e personaggi locali»;
a Pelazza e Pilai non è stato inoltre possibile mettersi in contatto con l'ambasciata italiana. Sempre secondo le prime dichiarazioni rilasciate, è stato loro chiesto di firmare documenti in francese: richiesta alla quale hanno opposto un rifiuto, data l'assenza di funzionari italiani presenti –:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti su esposti e quali iniziative urgenti intenda mettere in atto, nell'ambito delle relazioni diplomatiche con le autorità del Marocco, affinché vengano fornite adeguate spiegazioni circa il grave comportamento degli agenti di polizia, con particolare riferimento ai materiali sequestrati e all'ingiustificato trattamento riservato ai reporter italiani che stavano svolgendo un'ordinaria inchiesta giornalistica. (3-02535)
Interrogazione a risposta scritta:
RIZZETTO. — Al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
si apprende dai giornali di stampa del 29 settembre 2016 che l'inviato, Luigi Pelazza, della nota trasmissione italiana «Le Iene», che si trovava a Marrakech, è stato espulso dal Marocco con l'operatore, Mauro Pilai, che lo affiancava, poiché stava svolgendo un'inchiesta sulla prostituzione minorile;
le autorità marocchine hanno proceduto al sequestro di tutto il materiale raccolto ai fini del servizio, con video e testimonianze che documentavano un grande giro di prostituzione minorile con ragazzi e ragazze di 13 e 14 anni in una rete che coinvolge turisti occidentali, turisti arabi e personaggi locali;
alcuni agenti marocchini hanno arrestato l'interprete locale che affiancava l'inviato nell'inchiesta, mentre la troupe italiana è stata scortata all'aeroporto per l'espulsione e alla stessa è stato addirittura impedito di parlare e di incontrare funzionari o interpreti dell'ambasciata italiana; inoltre, ai due connazionali è stato richiesto di firmare documenti in francese, ma a tale pretesa si sono rifiutati posto che erano assenti funzionari dell'ambasciata italiana –:
quali siano gli orientamenti del Ministro sui fatti esposti in premessa;
se e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di verificare la legittimità delle motivazioni che hanno comportato l'espulsione degli inviati italiani dal Marocco e, in particolare, per quali ragioni sia stato impedito agli stessi di essere assistiti dai funzionari dell'ambasciata italiana, anche considerando che le autorità marocchine hanno richiesto la sottoscrizione di documenti non in lingua italiana, in assenza di un interprete.
(4-14446)
AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Interrogazione a risposta scritta:
DAGA, TERZONI, ZOLEZZI, MANNINO, DE ROSA, BUSTO e MICILLO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
in pieno centro a Roma la notte del 23 settembre 2016 si è sfiorata la tragedia, quando una palazzina di quattro piani è parzialmente crollata in via della Farnesina 5, in zona di Ponte Milvio;
non ci sono state vittime né feriti (lo stabile era stato fatto evacuare parzialmente dai vigili del fuoco), ma nel complesso sono 110 le persone evacuate e una quarantina di persone ha perso la casa;
da fonti stampa si apprende che le origini del crollo non sono note, e che la procura di Roma ha aperto un'inchiesta per crollo colposo e disposto il sequestro dello stabile. È indubbio che se il fascicolo del fabbricato fosse stato obbligatorio, se si fossero avviati seri censimenti sullo stato degli edifici, se si facesse attività di prevenzione e messa in sicurezza per il rischio idrogeologico, se si costruisse bene, forse questo ennesimo crollo si sarebbe potuto evitare. Inoltre, con il fascicolo di fabbricato, sarebbe stato possibile ricostruire la successione di tutti gli interventi che sono stati realizzati all'interno dello stabile dalla sua costruzione ad oggi;
la zona in cui è avvenuto questo recente crollo, dista pochi chilometri da quella del palazzo semicrollato sul lungotevere Flaminio, nel gennaio 2016. I due casi, così come molti altri simili (che in questa sede si evita di citare) che si sono susseguiti negli anni passati, rivelano quanto preoccupante sia lo stato di vetustà e ammaloramento del patrimonio edilizio romano e dimostrano la fragilità del suo sottosuolo, e quanto seri siano i rischi contro il dissesto che la Capitale deve affrontare;
il 15 luglio del 2010 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la regione Lazio firmarono l'accordo di programma 2010, «Finalizzato alla programmazione e al finanziamento di interventi urgenti e prioritari per la mitigazione del rischio Idrogeologico» stanziando con fondi del bilancio ministeriale per la quota parte di 60 milioni di euro e della regione Lazio per la quota parte di 30 milioni di euro. Ma ad oggi molte opere dell'elenco presenti nell'accordo di programma non sono state eseguite e la gran parte dei fondi risulta ancora nelle casse regionali –:
se il Ministro non ritenga sia opportuno promuovere un'iniziativa normativa volta a prevedere che il certificato di agibilità e le altre certificazioni degli edifici anche relative alle manutenzioni inizino a strutturare una banca dati digitale dove amministrazione locale, protezione civile e vigili del fuoco possano accedere anche in coordinamento con i piani di sicurezza di protezione civile comunale;
se il Ministro interrogato possa indicare i finanziamenti erogati a partire dal 1999, ossia stanziati dopo l'evento di Sarno e l'entrata in vigore del decreto-legge n. 180 del 1998, per la messa in sicurezza delle aree in frana di Roma;
se il Ministro interrogato, per quanto di competenza, possa fornire informazioni sullo stato di attuazione degli interventi di mitigazione contro il dissesto ricadenti nella città di Roma, previsti dall'accordo di programma del 2010 e dagli ulteriori atti integrativi;
se il Ministro possa indicare i motivi per cui esistono dei ritardi per alcuni interventi di mitigazione del rischio idrogeologico previsti negli accordi di programma del 2010 e non ancora realizzati nella Capitale. (4-14452)
BENI E ATTIVITÀ CULTURALI E TURISMO
Interrogazione a risposta in Commissione:
PRODANI, RIZZETTO e MUCCI. — Al Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
l'Enit, Agenzia nazionale italiana del turismo, è l'ente che opera per conto del Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo nella promozione dell'offerta turistica italiana;
il decreto-legge del 31 maggio 2014, n. 83, recante «Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e rilancio del turismo», convertito, con modificazioni dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, all'articolo 16, ha disposto la trasformazione di Enit in ente pubblico economico, prevedendo la nomina di un commissario straordinario per l'attuazione della riforma e, in contemporanea, la messa in liquidazione della società Promuovi Italia s.p.a.;
l'ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane è stata istituita dall'articolo 14, commi 17-27, del decreto-legge n. 98 del 6 luglio 2011, convertito dalla legge n. 111 del 15 luglio 2011, come sostituito dall'articolo 22, comma 6, del decreto-legge n. 201 del 6 dicembre 2011, convertito dalla legge n. 214 del 22 dicembre 2011 e successive modifiche, come ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, sottoposto ai poteri di indirizzo e vigilanza del Ministero dello sviluppo economico che li esercita, per le materie di rispettiva competenza, d'intesa con il Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale sentito il Ministero dell'economia e delle finanze;
l'ICE-Agenzia ha il compito di agevolare, sviluppare e promuovere i rapporti economici e commerciali italiani con l'estero – con particolare attenzione alle esigenze delle piccole e medie imprese, dei loro consorzi e raggruppamenti – e opera al fine di sviluppare l'internazionalizzazione delle imprese italiane nonché la commercializzazione dei beni e servizi italiani nei mercati internazionali;
il sito internet www.ttgitalia.com nell'articolo del 4 ottobre 2016 «Enit stringe un patto con Ice» riferisce dell'avvio di una collaborazione tra Enit e Ice per sostenere la promozione del Paese. L'articolo riporta come «Presidente e consigliere delegato Enit hanno infatti incontrato Michele Scannavini e Piergiorgio Borgogelli, rispettivamente presidente e direttore generale Ice, per avviare una partnership tecnica con riunioni periodiche»;
il Presidente di Enit Evelina Christillin ha confermato che «a breve si terrà già il primo incontro tecnico, una mossa che dimostra l'intenzione del board di cercare nuovi varchi per la promozione dell'Italia»;
Fabio Lazzerini, membro del consiglio di amministrazione dell'Ente menzionato ha dichiarato che «mi pare abbastanza chiaro che non siamo certo un carrozzone. Vogliamo comunicare di più e meglio le nostre operazioni perché deve essere chiaro che la promozione turistica del Paese non si ferma, anzi. Abbiamo fatto molte cose e al prossimo Word Travel Market di Londra ci presenteremo con uno spazio rinnovato anche nella veste grafica. Ci siamo e siamo pronti a cogliere le nuove sfide. L'intesa con Ice conferma la nostra intenzione di lavorare nella promozione. Sul fronte della tecnologia con l'ingresso in squadra di Roberta Milano abbiamo dato una bella accelerata a tutta l'area digitale» –:
se i Ministri interrogati intendano fornire dettagli precisi e chiari sull'accordo tra Enit e Ice;
alla luce dei fatti esposti in premessa, se il Governo stia valutando di assumere iniziative per il passaggio della competenza di Enit dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo al Ministero dello sviluppo economico. (5-09724)
DIFESA
Interrogazione a risposta in Commissione:
CORDA, FRUSONE, BASILIO, TOFALO, RIZZO e PAOLO BERNINI. — Al Ministro della difesa, al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale. — Per sapere – premesso che:
«Famiglia Cristiana» del 2 ottobre 2016 pubblica la foto di una bomba «inerte» sganciata nei giorni scorsi dai Sauditi sulla capitale dello Yemen, Sana'a;
si tratta di una MK82, simile ad altre vendute dall'Italia all'Arabia Saudita e usate per bombardare lo Yemen, in azioni denunciate a livello internazionale come crimini di guerra;
per la sua particolarità – quella di essere inerte – questo tipo di bomba non esplode, rivelando così codici e numeri che parlano italiano. L'identificativo «Ncage Code» (Nato, Commercial And Government Entity) corrisponde a Rwm di Domus Novas in Sardegna: A4447. Di questa bomba è leggibile anche l'intero codice Nato: Nsn 1325-15-150-5814;
si tratta del Nato Stock Number, un codice numerico a 13 cifre che identifica ciascun pezzo militare inventariato dal Ministero/dipartimento della difesa di ogni singolo Stato, in italiano numero unico di codificazione (Nuc);
nel codice Nsn il 1o e 2o numero indicano il gruppo cui appartiene l'ordigno (13). Il 3o e 4o la classe di appartenenza (25). Segue in 5o e 6o posizione il « National Codification Bureau code» (Ncb), lo Stato in cui è prodotto l'ordigno;
in questo caso (15) è il numero che identifica l'Italia. Le altre sette cifre identificano l'oggetto, come fosse il numero di carta d'identità dell'ordigno (150-5814);
l'archivio Nsn Center è on line. Inserendo il numero di codice di questa bomba escono tre registrazioni. Una come Imz spa, una come Ministero della difesa-direzione generale degli armamenti, e una terza come Rwm. Si apprende, quindi, che questa bomba nella sua vita ha avuto tre codici:
A0392, corrisponde a IMZ spa;
A2955, corrisponde a direzione generale degli armamenti aeronautici;
A4447, corrisponde a RWM;
il codice Ncage è quello apposto prima del lancio in Yemen, da parte dei sauditi, è quello di Rwm. L'Imz è il produttore dell'involucro. Nel mezzo, tra le due fabbriche di armi di Vicenza e di Domus Novas, c’è il transito attraverso la direzione armamenti del Ministero della difesa italiano;
ogni registrazione Nsn riporta anche il codice apposto dal costruttore per ogni singola bomba. A questa corrispondono tre codici produttore:
imz ha attribuito codice «DF036»;
quello del Ministero è «AD4/310/2-001-83-vuota»;
infine, Rwm ha il codice V36807.00, che è leggibile sulla bomba nella foto;
quindi, questa bomba prima di essere sganciata sullo Yemen (seppure come involucro vuoto) era del Ministero della difesa. Non si comprende come possa essere stata poi ceduta a Rwm che, a sua volta l'ha venduta ai sauditi;
quello in questione era un ordigno inerte. Il Ministero della difesa dovrebbe rassicurare il Parlamento e l'opinione pubblica sul fatto che bombe non inerti non abbiano seguito la stessa strada;
il 20 novembre 2015, intervenendo ad un convegno di Finmeccanica, la Ministra Pinotti definì «regolari» le spedizioni da Cagliari verso l'Arabia Saudita di carichi di bombe assemblate in Italia, nonostante le evidenze che ordigni dello stesso tipo siano stati usati dai sauditi nei bombardamenti dello Yemen. Parole quelle del Ministro considerate come «inaccettabili» da Amnesty International e Rete Italiana Disarmo che ricordavano come: «La legge sull'export delle armi (legge 185 del 1990) vieta espressamente le esportazioni di tutti i materiali militari e loro componenti verso i Paesi in stato di conflitto armato e in contrasto con i principi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite» –:
come sia possibile che bombe con codice del Ministero della difesa-direzione generale degli armamenti siano finite sulla testa della popolazione dello Yemen;
se il Governo non reputi di dover sospendere ogni autorizzazione all'esportazione di bombe all'Arabia Saudita fino a quando questo Paese continuerà a bombardare lo Yemen accentuando per questa via la catastrofe umanitaria ancora recentemente denunciata dall'Onu. (5-09723)
ECONOMIA E FINANZE
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere – premesso che:
l'articolo 1, comma 900, della legge di stabilità 2016 ha previsto che, al fine di assicurare, la corretta e integrale applicazione del regolamento (UE) n. 751/2015 del 23 aprile 2015 relativo al nuovo regime armonizzato dell'Unione europea delle commissioni interbancarie sulle operazioni di pagamento basate su carte di debito e di credito, il Ministero dell'Economia e delle Finanze avrebbe dovuto emanare, entro il 1o febbraio 2016, un decreto ministeriale attuativo;
ad oggi non si ha alcuna notizia né dei tempi circa la sua possibile emanazione, né di quelli dell'auspicata preventiva consultazione pubblica circa il suo contenuto;
tale situazione d'incertezza in ordine all'esercizio delle opzioni nazionali previste dal regolamento, e quindi sull'effettivo contenuto del complessivo quadro normativo introdotto col regolamento dell'Unione europea, sta creando una grave situazione di svantaggio competitivo per il sistema nazionale dei pagamenti al dettaglio e più in generale per tutti gli utenti dei servizi di pagamento con carte. Tra i soggetti negativamente affetti da tale inerzia rientrano anche le autorità pubbliche nazionali che dovranno approntare gli strumenti, anche organizzativi, e le risorse necessarie all'efficace ed efficiente esercizio delle funzioni che dovranno essere loro attribuite ai sensi del regolamento dell'Unione europea;
inoltre, al di là dell'esercizio delle opzioni nazionali, il decreto ministeriale in questione è necessario anche per ottemperare ad alcuni specifici obblighi che il regolamento europeo in parola pone a carico degli Stati membri, quali ad esempio quelli (di cui agli articoli 13 e 14) in materia di definizione dell'apparato dei controlli e di quello sanzionatorio nazionale per i quali il termine a provvedere scadeva il 9 giugno 2016;
l'articolo 1, comma 900, lettera c), della legge di stabilità 2016 ha, peraltro, modificato il comma 5 dell'articolo 15 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221), prevedendo che i decreti ministeriali attuativi della norma prevista dal precedente comma 4 dello stesso articolo (che stabilisce l'obbligo per i commercianti e i professionisti di accettare pagamenti mediante carte di debito e di credito) devono disciplinare le modalità, in termini e l'importo delle sanzioni amministrative pecuniarie anche in relazione ai soggetti interessati, anche con riferimento alle fattispecie costituenti illecito e alle relative sanzioni pecuniarie amministrative. Con i medesimi decreti può essere disposta l'estensione degli obblighi a ulteriori strumenti di pagamento elettronici anche con tecnologie mobili;
questa circostanza alimenta il clima di incertezza degli operatori ed è fortemente lesiva del diritto del consumatore a scegliere lo strumento di pagamento preferito –:
in quali tempi i Ministri interpellati procederanno all'adozione del decreto ministeriale de quo.
(2-01497) «Boccadutri, Coppola, Nardi, Sani, Covello, Anzaldi, Leva, Piazzoni, Pinna, Berretta, Gasparini, Giampaolo Galli, Di Salvo, Giuseppe Guerini, Basso, Bruno Bossio, Moscatt, Lodolini, Manciulli, Zan, Giulietti, Pilozzi, Lattuca, Barbanti, Losacco, Ferrari, Raciti, Marco Meloni, Bargero, Brandolin, Paola Bragantini, Bazoli».
INFRASTRUTTURE E TRASPORTI
Interrogazione a risposta in Commissione:
CARINELLI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
la rete autostradale di 3.020 chilometri è gestita da Autostrade per l'Italia spa e dalle sue controllate, che si impegnano a curarne la manutenzione in cambio dell'esazione dei pedaggi;
Autostrade per l'Italia spa opera in virtù di un contratto di concessione firmato con l'Anas nel 2007 e valido fino al 2038;
dal 2008 al 2015 la società ha incassato ai caselli, pedaggi per complessivi 27,3 miliardi di euro, realizzando 6,3 miliardi di utile netto, contro i 3,5 miliardi previsti dal piano finanziario, e distribuito ai suoi azionisti 4,5 miliardi di dividendi;
le previsioni di traffico, costi e guadagni fino al 2038 sono stabiliti nel piano finanziario allegato alla convenzione del 2007;
l'articolo 13 della citata convenzione stabilisce che la concessionaria devolverà fino al 75 per cento dei relativi introiti a un fondo a disposizione dello Stato per nuove opere autostradali nel caso in cui il traffico sarà superiore al previsto;
la convenzione, però, non prevede nulla nel caso in cui il traffico sia inferiore al previsto e i ricavi da pedaggi risultino superiori alle previsioni;
si assiste ad una diminuzione del traffico sulla rete autostradale, infatti nel 2015 è stato inferiore del 7 per cento a quello del 2008, mentre i pedaggi incassati da Autostrade per l'Italia spa sono aumentati del 22 per cento;
grazie all'aumento delle tariffe dei pedaggi autostradali, intervenuti tra il 2008 e il 2015, visto il calo del traffico, Autostrade per l'Italia Spa ha potuto distribuire 4,5 miliardi di euro di dividendi ai suoi azionisti;
sebbene i continui rincari dei pedaggi autostradali siano stati sempre giustificati con la costruzione di nuove arterie o con la riqualificazione delle autostrade già esistenti, risulta evidente che gli utenti del servizio autostradale non hanno ricevuto benefici in termini di sicurezza e di efficienza del servizio –:
ove quanto riportato in premessa corrispondesse ai fatti, quali siano le motivazioni che hanno giustificato l'ennesimo rincaro dei pedaggi autorizzati dal Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, mese di gennaio 2016;
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di tutelare gli utenti della rete autostradale e scongiurare il rischio di un nuovo rincaro a fronte della crescente riduzione del traffico sulla rete autostradale;
se non si intenda rivedere la convenzione siglata nel 2007;
come intenda il Ministro vigilare affinché venga immediatamente messa in opera una reale manutenzione su tutte le tratte autostradali al fine di ridurre il tasso di mortalità legato agli incidenti stradali e scongiurare il ripetersi di disastri quale quello avvenuto nel 2013 sul viadotto Acqualonga in cui persero la vita 40 persone. (5-09722)
INTERNO
Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):
I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno per sapere – premesso che:
gli « hotspot» sono il primo e più sensibile punto di «accoglimento» per i migranti in Italia e sono interessati – specialmente negli ultimi mesi – da continui ed abbondanti flussi di arrivi. Solo per quanto riguarda quello di Taranto, nei giorni che vanno dal 31 agosto al 7 settembre 2016 sono sbarcate 1.668 persone, di cui 239 minori non accompagnati;
in seguito agli arrivi di cui sopra, in data 10 settembre 2016 la prima firmataria del presente atto ha effettuato una visita presso la struttura del capoluogo jonico per appurare in prima persona le condizioni cui sono sottoposti i migranti, sia dal punto di vista fisico, che per quanto riguarda il rispetto dei loro diritti basilari. Nello specifico, in tale occasione e stato consentito l'accesso solamente alla prima firmataria del presente atto in quanto parlamentare della Repubblica, mentre è stato fatto divieto di entrata ai rappresentanti delle associazioni che si occupano dei diritti dei migranti, come la «Babele» di Taranto e l'Asgi «Associazione per gli studi giuridici sulla immigrazione»;
alla richiesta di spiegazioni circa il diniego alla entrata per i rappresentanti della associazioni di cui sopra, è stato risposto dal vicario prefetto di Taranto che la prefettura ha acquisito agli atti (in data 22 marzo 2016) una circolare del Ministero dell'interno – dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione con oggetto «Afflusso di cittadini stranieri sul territorio italiano. Disposizioni operative» che dispone «che devono essere trasmesse ad una specifica casella di posta elettronica certificata le istanze di accesso ai centri di accoglienza, debitamente motivate»;
il vicario prefetto ha inoltre aggiunto che – nonostante l'invio di richiesta di autorizzazione alla data del 10 settembre 2016 – dal Ministero non sia giunta alcuna risposta. A tal proposito, è stato anche inoltrato successivo sollecito;
tale incresciosa situazione, per cui è sostanzialmente vietato l'ingresso negli « hotspot» a soggetti esterni e qualificati, si è già ripetuta in passato. Occorre inoltre ricordare l'appello lanciato nel giugno 2016 dalla Federazione della stampa italiana e dalla Unione sindacale dei giornalisti Rai, in merito appunto alla impossibilità di accesso – per i giornalisti – agli « hotspot» stessi;
in seguito all'appello di cui sopra, risulta agli interpellanti che vi siano state generiche rassicurazioni da parte del Ministero dell'interno circa un positivo accoglimento delle richieste dei giornalisti e degli operatori delle associazioni che si occupano dei diritti dei migranti;
ad oggi, come appunto testimoniato anche dalla visita del 10 settembre 2016 sopracitata permane l'impossibilità di accesso agli « hotspot» per tutti i sopracitati soggetti terzi;
per quanto a conoscenza degli interpellanti, la circolare del Ministero dell'interno indirizzata alla prefettura di Taranto si riferirebbe ai centri di accoglienza e non agli «hotspot» –:
se il Ministro interpellato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e quali azioni intenda tempestivamente intraprendere affinché sia garantito il libero accesso alle associazioni che si occupano di diritti dei migranti, oltre che per gli operatori della stampa.
(2-01498) «Duranti, Scotto».
Interrogazione a risposta orale:
LOSACCO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
nella notte del giorno 5 ottobre 2016 un attentato incendiario ha interessato presso Gioia del Colle un centro di ristorazione sociale realizzato dall'azienda Ladisa Spa e dal comune;
suddetta struttura la cui inaugurazione era prevista per il giorno 6 ottobre 2016 era stata già fortemente danneggiata da un incendio il 5 febbraio 2016 su cui sono ancora in corso indagini da parte delle autorità competenti;
altri episodi di furti e danneggiamenti hanno in questi mesi segnato la vita dell'azienda che si è aggiudicata anche la commessa della refezione scolastica del comune di Gioia del Colle, con un servizio particolarmente attento alla sostenibilità e all'ambiente;
il centro ha come obiettivo quello di fornire pasti, circa 30, a chi è in difficoltà per almeno cinque giorni la settimana, e potrà essere aperto anche in altre occasioni, su richiesta del comune che ne declinerà le modalità di accesso –:
se il Governo sia a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali iniziative intenda assumere al fine di rafforzare l'attività di vigilanza presso la struttura indicata e scongiurare il ripetersi degli inquietanti episodi sopraevidenziati. (3-02540)
Interrogazioni a risposta scritta:
MUCCI e PRODANI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
si apprende da notizie stampa di presunte irregolarità alle elezioni amministrative di Palermo nel 2012 da parte del MoVimento 5 Stelle;
nella giornata del 9 ottobre 2016 la trasmissione Le Iene Show ha trasmesso un servizio su nuovi sviluppi della vicenda che riguardava la raccolta di firme a sostegno della lista M5Stelle. Il fatto nasce da una denuncia presentata alla Digos grillino siciliano, il professore Vincenzo Pintagro, sulla base della quale risulterebbero essere state ricopiate ben 2.000 firme;
a suo tempo le indagini svolte sulla denuncia si fermarono e il caso venne subito archiviato;
la novità del 9 ottobre 2016 nella presentazione, per la prima volta, di cinque pagine di moduli originari della raccolta firme, misteriosamente recuperati dopo quattro anni, che non erano stati presentati a causa di un errore nell'indicazione del luogo di nascita di un candidato;
alcuni attivisti del MoVimento 5 stelle avrebbero dunque cercato di rimediare a tale errore formale, per il quale si sarebbe rischiata l'esclusione della lista dalle elezioni;
il professor Pintagro sembra essere testimone di una vera e propria produzione di carte false e firme false, da parte di due attiviste del movimento, su nuovi moduli che furono presentati in sostituzione di quelli autentici ma errati: si parla di centinaia di firme apparentemente false;
alcuni interessati intervistati dalle Iene hanno riconosciuto come originale la firma sui moduli mai presentati e, invece, non a loro attribuibile la firma su quelli definitivi;
agli interroganti ciò appare come una gravissima irregolarità sulla quale sarebbe necessario intervenire con estrema urgenza –:
di quali elementi disponga il Governo in relazione a quanto esposto in premessa e, fermi restando gli eventuali profili di competenza dell'autorità giudiziaria, se non intenda assumere iniziative normative per implementare la disciplina relativa alla presentazione delle liste elettorali, così da evitare il ripetersi di casi come quello di cui in premessa. (4-14449)
SCOTTO. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
il 5 ottobre 2016 la Corte costituzionale ha dichiarato infondata la questione sollevata in merito alla sospensione dalle cariche di Consigliere regionale, di presidente della giunta regionale e di consigliere comunale in seguito ad una sentenza di condanna non definitiva, come previsto dalla cosiddetta legge Severino;
la Consulta ha ritenuto che il Governo non abbia consumato un eccesso di delega, che il carattere non sanzionatorio della sospensione escluda possibili lesioni del divieto di retroattività e che la oggettiva diversità di status e funzioni dei parlamentari rispetto a consiglieri ed amministratori degli enti territoriali non consenta di configurare una disparità di trattamento;
la decisione incide sulle vicende iniziate un anno e mezzo fa, quando Vincenzo De Luca si candidò alla presidenza della regione Campania pur avendo riportato una condanna in primo grado (riformata con proscioglimento in grado di appello) per abuso d'ufficio;
quando fu eletto, De Luca non avrebbe potuto insediarsi a palazzo Santa Lucia, perché sospeso con decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri del 26 giugno 2015;
in seguito ad un ricorso ex articolo 700 del codice di procedura civile dello stesso De Luca, il tribunale di Napoli «sospese la sospensione», sollevando questione di costituzionalità su alcuni aspetti della cosiddetta legge Severino dinanzi alla Consulta;
nel collegio che prese tale decisione, peraltro, sedeva Anna Scognamiglio, moglie dell'avvocato Guglielmo Manna, poi indagato insieme al giudice per presunte pressioni esercitate su organi regionali sfruttando il ruolo della consorte;
l'obiettivo del Manna, secondo l'inchiesta condotta dalla procura di Roma, era una nomina di prestigio nell'amministrazione sanitaria campana;
la decisione del collegio è stata giustificata, prospettando come «non manifestamente infondate» le questioni poi respinte dalla Corte costituzionale;
il tribunale di Napoli, quindi, secondo l'interrogante, non avrebbe dovuto sospendere il provvedimento di sospensione di Vincenzo De Luca, e questi non si sarebbe dovuto insediare come presidente della giunta regionale campana;
nel caso di specie si è consumata a giudizio dell'interrogante una vera e propria disapplicazione ad personam di una legge dello Stato, con gravi possibili ripercussioni riguardanti la validità di tutti gli atti emanati dal De Luca fino al suo proscioglimento in secondo grado: infatti, poiché egli è stato legittimato ad esercitare la carica in virtù di provvedimenti d'urgenza ex articolo 700 del codice di procedura civile, è evidente per l'interrogante che la disciplina inerente a tali misure debba aver seguito;
dispone l'articolo 669 novies, comma 3, del codice di procedura civile che, se il provvedimento cautelare perde efficacia, il giudice (in questo caso il tribunale di Napoli) ha il dovere di «ripristinare la situazione precedente», ossia, nel caso in questione, secondo l'interrogante, di evidenziare l'invalidità di tutti gli atti emanati dal De Luca sulla base della legittimazione conferitagli dai provvedimenti d'urgenza precedentemente emanati;
le ripercussioni in questione appaiono tanto più gravi in quanto qualsiasi cittadino, che ritenga leso un suo preciso interesse da parte di un atto emanato medio tempore dal De Luca, potrebbe agire chiedendo la declaratoria di invalidità dell'atto medesimo (una eventuale futura decisione che disapplicasse l'articolo 669 novies non sarebbe opponibile erga omnes) –:
quali iniziative, anche di carattere normativo, il Governo intenda adottare per ovviare alle gravissime situazioni, passate e future, evidenziate in premessa.
(4-14450)
ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA
Interrogazioni a risposta orale:
PILI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
il liceo artistico e liceo musicale «Foiso Fois» è un'istituzione di circa 60 anni che, dallo scorso anno scolastico ha attivato la sezione di liceo musicale a seguito di delibera della Regione autonoma della Sardegna e di presa d'atto del direttore generale della Sardegna;
il liceo si compone di 41 classi (39 di liceo artistico e 2 di liceo musicale) e accoglie circa 900 studenti, fra questi sono presenti 42 disabili e circa il doppio di ragazzi con bisogni educativi speciali di vario genere;
dispone di due sedi: una al centro di Cagliari, si insedia su un antico convento del ’600, ma può contenere solo 20 classi e non dispone di laboratori né di palestra per mancanza di spazi;
l'altra sede è in periferia, si compone di 15 aule, qualche laboratorio e una palestra chiusa da tempo;
dal prossimo anno scolastico gli studenti del liceo saranno costretti a svolgere le lezioni ricorrendo al doppio turno, arrecando gravissimo nocumento alla qualità di vita per degli adolescenti, il 70 per cento dei quali pendolari;
l'orario settimanale è uno dei più lunghi, 35 ore curricolari, entrare alle ore 14.00 significa uscire alle 20.00, pressoché tutti i giorni;
è in atto un tentativo maldestro di negare all'istituito un numero di aule sufficienti sottraendogli quelle utilizzate nell'ultimo anno scolastico nello stabile dell'Istituto Leonardo indispensabili per consentire una didattica adeguata per i due indirizzi di studio, quello artistico e quello musicale;
per questa ragione sono indispensabili:
1) la sede centrale con 22 aule e annessi;
2) la sede di via Bixio con 15 aule e annessi;
3) la sede del Leonardo per accogliere al secondo piano n. 1 classe del musicale (e saranno due le classi nell'anno scolastico 2016/17) più 4 laboratori musicali e n. 4 classi del liceo artistico al primo piano;
l'ipotesi di trasferire queste ultime classi in un istituto totalmente decentrato provocherebbe un disagio non sopportabile agli alunni, genitori e docenti –:
se non ritenga necessario, per quanto di competenza, intervenire al fine di garantire la continuità didattica del liceo che verrebbe altrimenti gravemente compromessa;
se non ritenga, per quanto di competenza, di impedire, per quanto di competenza, che, a distanza di poche ore dall'inizio dell'anno scolastico, vengano sottratte al liceo Fois quelle aule che in continuità didattica sono indispensabili per lo svolgimento delle lezioni;
se intenda accertare anche il reale stato delle assegnazioni dei plessi scolastici ai presidi che non risultano in alcun modo formalizzate alla data odierna. (3-02536)
PILI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
nella provincia di Cagliari si registrano oltre 1200 alunni iscritti nelle scuole di ogni ordine e grado senza insegnanti di sostegno che attuino per loro un valido piano per l'inclusione;
ad oggi non risulta nessuna nomina di docenti in tale ambito, con la conseguenza che casi gravi di alunni sono lasciati senza nessuna assistenza;
si tratta di un vero e proprio disastro organizzativo e didattico che non ammette giustificazioni;
nemmeno un insegnante è stato assegnato per coprire posti vuoti in organico che risultano di fatto legati alla presenza nei vari plessi scolastici di diversi casi di alunni che hanno bisogno di un'assistenza diretta da parte di insegnanti specializzati e di sostegno;
si registra un vero e proprio caos che sta mettendo in ginocchio l'attività organizzativa della scuola nella provincia di Cagliari, con situazioni che rendono ingestibile l'avvio dello stesso anno scolastico;
non aver ancora provveduto a queste nomine è un fatto molto grave che lascia comprendere la criticità della situazione della scuola sarda;
si ritiene necessario un immediato intervento del Ministro interrogato per sanare una situazione che non può essere tollerata oltre;
si tratta di una situazione che coinvolge migliaia di genitori che si trovano senza risposta e che attendono di poter affidare i propri figli a docenti specializzati e con un principio di continuità didattica che viene sistematicamente calpestata;
è fin troppo evidente che questi casi di alunni diversamente abili non possono essere affrontati come se si avessero davanti dei numeri e i posti per gli insegnanti di sostegno non possono essere considerati caselle da coprire. Si parla di casi delicatissimi dove la stessa continuità didattica è decisiva e irrinunciabile;
prioritariamente questi alunni devono essere affidati a docenti specializzati che esistono nelle stesse graduatorie ad esaurimento ma non vengono chiamati;
è indispensabile agire con urgenza con la prioritaria salvaguardia dell'interesse degli alunni a cui devono essere affidati prioritariamente docenti specializzati e disponibili nell'ambito territoriale di loro pertinenza;
nella scuola secondaria di secondo grado, a fronte di un organico di fatto di circa 453 posti sono presenti nelle graduatorie ad esaurimento solo 25 docenti specializzati, precari con molti anni di servizio alle spalle, la stessa situazione si ripete in tutti gli altri ordini di scuola;
la situazione in provincia di Cagliari è devastante: non sono stati immessi in ruolo docenti di sostegno, né vincitori di concorso, né iscritti nelle Graduatorie ad esaurimento, e molti docenti sono stati costretti a trasferirsi in altre province e altri hanno rifiutato l'immissione in ruolo presso altre province per gravi problemi economici e familiari. È infatti impossibile tenere in piedi due case con 1200 euro di stipendio;
appare necessario perseguire sempre di più un obiettivo strategico teso a livellare l'organico di diritto all'organico di fatto: ad esempio, a quanto consta all'interrogante nella scuola di secondo grado, 290 sono i docenti in organico di diritto e 453 in organico di fatto;
situazioni che vanno affrontate non con la consueta scelta delle precarietà, ma con la necessaria e preventiva determinazione;
ad oggi, non sono state fatte nemmeno le assegnazioni provvisorie, né provinciali né tantomeno interprovinciali; l'anno scolastico è iniziato da giorni e si assiste ad alunni senza sostegno o a cattedre dimezzate per garantire la copertura;
si tratta di una situazione gravissima per la quale servono risposte urgenti e immediate non più derogabili –:
se non intenda il Ministro interrogato favorire un'immediata soluzione della questione attraverso le seguenti iniziative da intraprendere urgentemente:
a) disporre l'immediata convocazione da parte dell'ufficio scolastico provinciale di Cagliari di tutti i docenti specializzati in sostegno presenti nelle graduatorie ad esaurimento per nomina annuale;
b) aggiornare l'organico dei docenti di sostegno nelle province di Cagliari, in modo tale da trasformare i posti di sostegno nell'organico di fatto, in posti di sostegno nell'organico di diritto e favorire il passaggio in ruolo dei pochi docenti di sostegno specializzati presenti nelle graduatorie ad esaurimento delle province in quanto l'immissione in ruolo garantisce la continuità educativo-didattica per gli alunni diversamente abili, indispensabile affinché per gli stessi si possa dar seguito ad un valido progetto di vita. (3-02537)
MURGIA e PILI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
l'Unione dei docenti alle graduatorie ad esaurimento (Gae), per il sostegno all'infanzia della provincia di Cagliari, «docenti specializzati per scelta», ha inviato all'interrogante un'articolata segnalazione/denuncia in relazione alle famiglie con figli con necessità di sostegno scolastico, con particolare riferimento a quanto sta accadendo nella scuola pubblica;
prima dell'entrata in vigore della cosiddetta legge sulla «buona scuola», la legge n. 107 del 2015, potevano accedere al ruolo nella scuola i docenti vincitori di concorso e gli iscritti nelle Gae;
si tratta di graduatorie aggiornate sulla base dell'esperienza maturata nell'insegnamento e dei titoli acquisiti (laurea, master, diplomi di specializzazione, e altro);
in questo scenario, l'Unione europea richiedeva all'Italia di procedere quanto prima alla stabilizzazione del cosiddetto «esercito del precariato»;
il Governo italiano, invece di provvedere alla stabilizzazione dei vincitori di concorso e degli iscritti nelle Gae, come sarebbe stato legittimo fare, sia in termini di rispetto delle norme, che di garanzia della qualità professionale, ha di fatto congelato tale meccanismo ed offerto l'opportunità di «passare di ruolo» a tutti coloro che avessero titolo, semplicemente facendo richiesta, entro agosto 2015, a condizione di, accettare il ruolo in qualunque parte dell'Italia;
com’è noto, da tanti anni ormai mentre al Nord Italia esiste una carenza di docenti, al sud Italia c’è un forte esubero;
date queste regole, per le quali ogni docente, in propria coscienza, ha deciso se presentare domanda o meno, si sviluppano i classici escamotage all'italiana per aggirare la legge:
le convocazioni delle supplenze annuali, da anni, avvengono ad anno scolastico già avviato (creando non pochi problemi specialmente agli alunni con disabilità); nello specifico, per quanto concerne la provincia di Cagliari, nel 2015 le convocazioni per la scuola dell'infanzia e primaria, caso raro, sono avvenute ai primi di settembre, dopo che le persone che avevano presentato domanda di assunzione ex legge n. 107 del 2015 avevano appena ricevuto la proposta di assunzione in altra provincia o regione;
questa casualità ha consentito loro di poter ottenere il ruolo in altra provincia o regione, e, allo stesso tempo, di accettare incarico di supplenza annuale nella provincia di Cagliari per l'anno scolastico in corso, lasciando in questo modo scoperte le cattedre relative alle classi di concorso in cui sono passati di ruolo;
tuttora, ad esempio, la provincia di Sassari ha esaurito le Gae dei docenti di sostegno per le scuole dell'infanzia e primarie e il personale assunto con la legge n. 107 del 2015 è attualmente in assegnazione provvisoria in altre province;
nel 2016 viene data la possibilità anche ai neoassunti, superando il vincolo triennale, di richiedere l'assegnazione provvisoria in altra provincia rispetto a quella in cui è docente di ruolo;
in questi ultimi giorni si è pensato bene di procedere alla riqualifica del personale neo assunto in docente cui attribuire attività di sostegno;
stiamo parlando di personale senza alcun titolo professionale nel campo del sostegno che dovrebbe invece acquisire in via tempestiva, con tutto ciò che ne concerne in termini qualitativi e motivazionali;
l'istituzione scolastica nel 2015, è stata in grado di assicurare tutti gli insegnanti di sostegno necessari ad inizio anno scolastico, senza che i genitori dei figli disabili abbiano proceduto per vie legali;
quest'anno non sono state effettuate ancora le convocazioni annuali e nel frattempo la maggior parte degli alunni con disabilità sono senza insegnante di sostegno;
i veri penalizzati di questa situazione risultano pertanto:
i docenti specializzati per il sostegno, che hanno deciso per vocazione di seguire un iter di studi ben preciso;
gli alunni con disabilità e le loro famiglie, che, con questo provvedimento, verranno seguite da personale non specializzato –:
se non ritenga il Ministro interrogato di assumere iniziative volte ad individuare immediate soluzioni per evitare queste evidenti discriminazioni richiamate nella comunicazione dell'Unione dei docenti iscritti alla Gae per il sostegno all'infanzia della provincia di Cagliari, «docenti specializzati per scelta». (3-02538)
LAVORO E POLITICHE SOCIALI
Interrogazione a risposta in Commissione:
MARTELLA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
le organizzazioni sindacali, nonché i sindaci dei comuni di Portogruaro, San Michele e Caorle, in provincia di Venezia, denunciano le difficoltà in cui versano i centri per l'impiego del territorio;
da alcune settimane, infatti, anche in relazione alle progressive scadenze dei contratti stagionali, i suddetti centri per l'impiego, si trovano in grave difficoltà nell'affrontare il proprio lavoro con code e disagi;
nel solo centro per l'impiego di Portogruaro, nelle ultime settimane, si è sfiorata una media di accessi di 150 persone al giorno;
in considerazione del delicato e strategico ruolo consegnato ai centri per l'impiego, in base alla riforma del mercato del lavoro, è indispensabile che tali strutture siano messe in condizione di svolgere la propria funzione;
con la istituzione dell'agenzia nazionale per il lavoro e con la riorganizzazione della rete dei centri per l'impiego, l'obiettivo è quello di rendere più facile l'accessibilità ai servizi previsti;
occorre innanzitutto un potenziamento del personale in servizio presso i centri per l'impiego –:
se il Governo sia a conoscenza delle difficoltà riportate in premessa e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intenda porre in essere per verificare le criticità in atto e individuare, in collaborazione con le regioni e le città interessate, soluzioni finalizzate ad ottimizzare un servizio indispensabile per il mercato del lavoro. (5-09726)
Interrogazione a risposta scritta:
TARICCO, GRIBAUDO, RABINO, MONCHIERO e FIORIO. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
Diageo è una multinazionale quotata in borsa con sede a Londra, leader mondiale della produzione e imbottigliamento di alcolici e superalcolici, con marchi come Guinness, Smirnoff, Gordon's e Pampero; opera in 180 Paesi e occupa 28 mila addetti;
una delle sedi si trova a Santa Vittoria d'Alba (Cuneo), realtà con 430 dipendenti, dove si imbottiglia vino proveniente dalla California e destinato al mercato inglese;
Diageo nel 2015 ha venduto il comparto vino alla multinazionale australiana Treasury Wine Estates (TWE) mantenendo l'appalto sull'imbottigliamento per una durata di due anni, con probabile rinnovo a giugno 2017; tra le clausole contrattuali c'era la possibilità di disdire l'accordo con un preavviso di sei mesi;
attualmente, imbottiglia ogni anno 4 milioni di casse da 9 litri di vino proveniente dall'estero (in particolare dagli Stati Uniti) per la multinazionale australiana Treasury Wine Estates, con marchi come Beaulieu Vineyards, Sterling Vineyards e Blossom Hill;
in questi mesi Twe ha valutato altri «co-packer» per l'imbottigliamento ed è arrivata alla decisione di spostare le produzioni di vino su un altro sito, probabilmente in Inghilterra: nella giornata del 5 ottobre 2016 i vertici aziendali hanno infatti comunicato alle sigle sindacali di Flai Cgil, Fai Cisl e Uila Uil che la TWE vuole trasferire in sede inglese il ramo legato all'imbottigliamento;
la motivazione pare dovuta all’«effetto Brexit», in quanto i costi risulterebbero inferiori;
le intenzioni sono quelle di cominciare a spostare i volumi produttivi da aprile 2017, un procedimento che verrà completato a dicembre dello stesso anno;
considerato che le produzioni inerenti al comparto del vino corrispondono al 40 per cento dei volumi complessivi dello stabilimento, si ipotizza una ricaduta occupazionale pari a 120 unità su circa 430 lavoratori, senza tener conto di tutti i lavoratori dell'indotto;
la situazione è grave, in quanto Diageo ad oggi non ha altre produzioni da portare in alternativa, non ci sono investimenti e non esiste alcun piano industriale di prospettiva futura;
pertanto, l'intero polo produttivo di Santa Vittoria d'Alba, unico stabilimento italiano del gruppo, parrebbe messo in forte discussione;
risulterebbe che i sindacati abbiano subito allertato il Ministero dello sviluppo economico e convocato le prime assemblee con i lavoratori, e che la direzione aziendale avrebbe motivato la decisione con la non competitività dei costi logistici e con la svalutazione della sterlina degli ultimi mesi –:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se non ritenga opportuno valutare iniziative, per quanto di competenza, volte a chiarire nel dettaglio la vicenda, così da dare, possibilmente in modo tempestivo, risposte concrete ai soggetti coinvolti, per primi i lavoratori e se, a tal fine, non ritenga opportuno convocare le parti. (4-14444)
SALUTE
Interrogazione a risposta in Commissione:
LABRIOLA. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
il servizio di soccorso e allarme sanitario esercitato in sede extra ospedaliero è il «servizio sanitario di urgenza ed emergenza medica» (SSUEM), attivo in Italia rispondente al numero telefonico 118. Tale servizio è attualmente composto da una centrale operativa, ove lavora il personale, medici, infermieri e tecnici, e dai mezzi di soccorso, ambulanze ed auto mediche, che rispondono alle richieste di soccorso ed emergenze sanitarie di ogni tipo. Inoltre, il servizio è gestito ed organizzato da diversi enti, regioni, province e aziende sanitarie locali;
il 118 è stato istituito, con decreto del Presidente della Repubblica del 27 marzo 1992, allo scopo di uniformare le prestazioni di emergenza sanitaria su tutto il territorio nazionale, prevedendo, all'articolo 3, l'attivazione delle centrali operative organizzate su base provinciale e per le aree metropolitane più centrali con il compito di assicurare i radiocollegamenti con tutti i mezzi di soccorso coordinati con il servizio di sistema di emergenza sanitaria del territorio di riferimento;
nel corso degli anni il ricorso al servizio di emergenza territoriale si è andato incrementando e l'attenzione all'organizzazione sanitaria territoriale è divenuta sempre più forte;
infatti, il decreto-legge n. 158 del 2012 («decreto Balduzzi») ha dedicato ampio spazio al riordino dei servizi territoriali e alle forme di assistenza in alternativa all'ospedalizzazione e al ricorso improprio ai servizi di urgenza ed emergenza (118 e pronto soccorso). Successivamente, l'accordo del 7 febbraio 2013 recante «linee guida di indirizzo per la riorganizzazione del sistema di emergenza urgenza in rapporto alla continuità assistenziale» ha indicato le finalità da perseguire per favorire una piena integrazione dei servizi territoriali e ospedalieri nell'ambito dell'emergenza urgenza e delle cure primarie;
inoltre, il decreto n. 70 del 2015 dedica ampio spazio alla ridefinizione della rete dell'emergenza-urgenza e la delinea attraverso strutture di diversa complessità assistenziale che si relazionano secondo il modello hub and spoke integrato da strutture in grado di rispondere alle necessità d'intervento secondo livelli di capacità crescenti in base alla loro complessità, alle competenze del personale nonché alle risorse disponibili. In prima istanza, viene ribadito che il sistema opera attraverso centrali operative (CO) 118, la rete territoriale di soccorso e la rete ospedaliera;
la centrale operativa effettua la valutazione e la complessità dell'intervento necessario, definendone la criticità e attivando l'intervento più idoneo. Le centrali operative gestiscono i mezzi di elisoccorso, le ambulanze medicalizzate con medico e infermieri a bordo, le auto mediche e tutti gli altri mezzi medicalizzati;
la centrale operativa – servizio emergenza territoriale 118 – si distingue dalle altre, in quanto caratterizzata da parametri di complessità gestionale di evidente valenza dipartimentale, dovendo, in modo unitario, articolare con efficienza, su base provinciale la centrale operativa 118, il sistema territoriale di soccorso, il rapporto con enti ed istituzioni del territorio, gli ambiti complessivi specifici di operatività tempo-dipendente, l'impegno assistenziale in complesso rischio clinico, mediante gestione di personale contrattualmente assegnato di centinaia di unità con diversa connotazione professionale;
pertanto, si ritiene che il servizio 118, per l'elevata complessità gestionale in ambito territoriale, debba essere inquadrato quale sistema di emergenza sanitaria territoriale a valenza dipartimentale –:
se, per garantire i livelli essenziali di assistenza, non ritenga di assumere iniziative, di concerto con le regioni, le province e le unità sanitarie locali, per l'istituzione di un sistema di emergenza sanitaria territoriale 118 a valenza dipartimentale e quale sia il suo orientamento a riguardo;
quali altre eventuali iniziative intenda adottare per garantire al servizio 118 maggiore efficienza nella prestazione del primo soccorso ed in che modo.
(5-09725)
Interrogazione a risposta scritta:
MOSCATT. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
la figura professionale del podologo e le relative mansioni sono oggi disciplinate dalla legge n. 666 del 1994 e dalle successive modifiche. Ai sensi della normativa vigente, il podologo è l'operatore sanitario che, in possesso di un diploma universitario abilitante, tratta, dopo esame obiettivo del piede, con metodi incruenti, ortesici ed idromassoterapeutici, gli stati algici del piede, anche assistendo i soggetti di portatori di malattie a rischio;
la figura del podologo svolge la sua attività professionale in regime di indipendenza o libero-professionale, in strutture sanitarie, pubbliche o private, segnalando al medico le sospette condizioni patologiche che richiedono un approfondimento diagnostico o un intervento terapeutico;
per rispondere ad esigenze di responsabilità condivisa, l'inserimento della figura professionale del podologo risulterebbe necessaria in tutti i luoghi, pubblici o privati, convenzionati e non, in cui si trattano patologie podaliche o ad esse correlate. Un esempio potrebbe essere dato dagli ambulatori per il trattamento e la prevenzione del piede diabetico di primo, secondo e terzo livello, o negli ambulatori specialistici di reumatologia, ortopedia, posturologia o medicina dello sport;
all'interno del servizio sanitario pubblico, il livello di inquadramento iniziale, cui si accede tramite concorso, è attualmente il VI livello (collaboratore), con possibilità di sviluppo di carriera in relazione all'articolazione funzionale prevista dall'ordinamento del personale del servizio sanitario nazionale, in corso di ridefinizione in quanto l'Associazione italiana podologi (AIP) ha tentato nelle legislature precedenti, senza successo, di valorizzare al meglio questa figura; si è cercato di istituire con la legge n. 43 del 2006 un albo e un ordine professionale;
sempre più spesso la figura del podologo si scontra con la sleale concorrenza di professioni che, non essendo in possesso delle necessarie nozioni podologiche-sanitarie, finiscono con l'espletare tali funzioni, in totale assenza di competenze sanitarie adeguate –:
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative per il riconoscimento del podologo come figura professionale sanitaria a pieno titolo, tanto nelle strutture private, quanto in quelle pubbliche;
se intenda, assumere iniziative per inserire la figura del podologo negli organici del servizio sanitario nazionale e delle Asp regionali, così qualificandone la professione e andando incontro alle esigenze di tutti i pazienti che si trovano nella condizione di non poter accedere ai servizi privati. (4-14442)
SVILUPPO ECONOMICO
Interrogazione a risposta scritta:
LIUZZI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
l'articolo 130 del codice in materia di protezione dei dati personali, come novellato dall'articolo 20-bis del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, convertito, con modificazioni dalla legge 20 novembre 2009, n. 166, rubricato «Comunicazioni indesiderate» prevede con riferimento al cosiddetto telemarketing un sistema di opt-out in relazione alle comunicazioni commerciali dirette a cittadini le cui numerazioni sono presenti in elenchi abbonati;
la richiamata disposizione prevede che tali comunicazioni siano consentite, a prescindere dal consenso dell'interessato «[... nei confronti di chi non abbia esercitato il diritto di opposizione, con modalità semplificate e anche in via telematica, mediante l'iscrizione della numerazione della quale è intestatario e degli altri dati personali di cui all'articolo 129, comma 1, in un registro pubblico delle opposizioni»;
in base alla disposizione richiamata, con decreto del Presidente della Repubblica n. 178 del 7 settembre 2010, è stato istituito il cosiddetto «Registro delle opposizioni»;
il registro è tenuto dalla Fondazione Ugo Bordoni ed è accessibile al sito web http://www.registrodelleopposizioni.it/ presso il quale possono iscriversi i cittadini le cui numerazioni telefoniche sono inserite in elenchi abbonati e che non vogliano essere disturbati dalle più varie comunicazioni commerciali;
l'esperienza degli anni trascorsi in vigenza del regime introdotto decreto-legge del 2009 ha dimostrato, ad avviso dell'interrogante, la completa inefficacia di tale sistema che, peraltro, non riguarda le numerazioni fisse non presenti in elenchi abbonati, così come le numerazioni mobili;
l'insufficienza del sistema introdotto nel 2009 è confermata dai dati diffusi dalla stessa Fondazione Ugo Bordoni. Al 1o dicembre 2015 i numeri di telefono presenti nel registro delle opposizioni erano circa 1,5 milioni a fronte di oltre venti milioni di utenze. Ancor più rilevante appare il dato relativo alle iscrizioni intervenute dal 1o febbraio del 2013 al 1o dicembre 2015 pari all'incirca a 150 mila numeri all'anno;
in tempi recenti e a più riprese il presidente dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali, Professor Antonello Soro, ha evidenziato le lacune del sistema di tutele apprestato contro il telemarketing selvaggio. In particolare, in un'intervista rilasciata il 27 settembre 2016 alla testata online Key4biz pubblicata anche sul sito dell'Autorità garante, il Professor Soro ha avuto modo di affermare che: «La debolezza del sistema di tutela dei cittadini contro le telefonate indesiderate dipende, essenzialmente dall'attuale normativa che deve essere modificata. [...] Fare marketing in questo modo rende la vita insopportabile: le persone vengono chiamate a qualsiasi ora sui propri cellulari e ad orari canonici sul telefono fisso. Le segnalazioni che riceviamo ogni giorno crescono in maniera esponenziale. E questo, inutile dirlo, è un problema anche per la nostra Autorità» –:
se e quali iniziative di competenza intenda assumere il Ministro interrogato per contrastare il fenomeno descritto assicurando maggiori tutele ai consumatori interessati. (4-14440)
Apposizione di firme ad una mozione.
La mozione Vito e altri n. 1-01346, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 settembre 2016, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Laffranco, Milanato, Palmieri, Polidori, Romele, Elvira Savino, Vella, Gullo, Catanoso, De Girolamo, Riccardo Gallo, Carfagna, Biancofiore, Garnero Santanchè, Occhiuto.
Apposizione di una firma ad una interrogazione a risposta in Commissione e cambio presentatore.
Interrogazione a risposta in Commissione Pili n. 5-09508, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 settembre 2016, è da intendersi sottoscritta dal deputato Murgia che ne diventa il primo firmatario.
Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.
Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza Duranti n. 2-01469 del 20 settembre 2016.
Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.
I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori: interrogazione a risposta in Commissione Pili n. 5-09443 del 13 settembre 2016 in interrogazione a risposta orale n. 3-02536;
interrogazione a risposta in Commissione Pili n. 5-09507 del 19 settembre 2016 in interrogazione a risposta orale n. 3-02537;
interrogazione a risposta in Commissione Murgia e Pili n. 5-09508 del 19 settembre 2016 in interrogazione a risposta orale n. 3-02538;
interrogazione a risposta in Commissione Rizzetto n. 5-09641 del 29 settembre 2016 in interrogazione a risposta scritta n. 4-14446;
interrogazione a risposta in Commissione Cimbro e altri n. 5-09668 del 4 ottobre 2016 in interrogazione a risposta orale n. 3-02535.