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Documento

Doc. XXIII, N. 26

COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA SULLE ATTIVITÀ ILLECITE CONNESSE AL CICLO DEI RIFIUTI E SU ILLECITI AMBIENTALI AD ESSE CORRELATI

(istituita con legge 7 gennaio 2014, n. 1)

(composta dai deputati: Bratti, Presidente; Bianchi Dorina, Bianchi Stella, Braga, Carrescia, Castiello, Cominelli, D'Agostino, De Mita, Palma, Polverini, Taglialatela, Vignaroli, Vicepresidente, Zaratti, Segretario, Zolezzi; e dai senatori: Arrigoni, Augello, Vicepresidente, Cervellini, Compagnone, Iurlaro, Martelli, Morgoni, Nugnes, Orellana, Orrù, Pagnoncelli, Pepe, Puppato, Scalia, Segretario, Sollo).

RELAZIONE SULLA VERIFICA DELL'ATTUAZIONE DELLA LEGGE 22 MAGGIO 2015, N. 68, IN MATERIA DI DELITTI CONTRO L'AMBIENTE

(Relatore: On. Alessandro Bratti)

Approvata dalla Commissione nella seduta del 23 febbraio 2017

Comunicata alle Presidenze il 23 febbraio 2017 ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 7 gennaio 2014, n. 1

INDICE

1. L'attività della Commissione e il contesto normativo Pag. 6
2. L'analisi dei dati acquisiti dalla Commissione » 8
3. La verifica dell'attuazione della legge 22 maggio 2015 n. 68: metodo, merito, prospettive » 43
Appendice: i documenti acquisiti dalla Commissione » 45
Allegati
Allegato n. 1 – Ufficio del massimario della Corte di cassazione, Novità legislative: legge n. 68 del 22 maggio 2015, recante "Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente". Roma, 29 maggio 2015 (Doc n. 1728/1) 
» 70
Allegato n. 2 – Procura generale presso la Corte di cassazione, Riunione in tema di applicazione dell'articolo 6 D.Lgs. 20 febbraio 2006, n. 106 – I reati ambientali. Roma, 14-15 aprile 2016 (Doc n. 1694/2)  » 106
Allegato n. 3 – Procura generale di Bologna, Protocollo d'intesa in materia di reati ambientali nel territorio distrettuale dell'Emilia Romagna. Bologna, 19 maggio 2016 (Doc n. 1387/2)  » 132
Allegato n. 4 – ISPRA, Indirizzi per l'applicazione della procedura di estinzione delle contravvenzioni ambientali ex parte VI-bis d.lgs. 152/2006. Roma 29 novembre 2016 (Doc n. 1730/1-5)  » 141
Allegato n. 5 – Legambiente, Ecogiustizia è fatta, Il bilancio dei primi 8 mesi di applicazione della nuova legge sugli ecoreati in Italia. Roma, 22 marzo 2016 (Doc. n. 1111/2)  » 178
Allegato n. 6 – Sentenza della Corte di cassazione, sez. III penale, n. 46170/16 del 21 settembre – 3 novembre 2016 (Doc. n. 1729/1)  » 202
Allegato n. 7 – Sentenza della Corte di cassazione, sez. III penale, n. 50352/16 del 3 – 28 novembre 2016 (Doc n. 1641/1)  » 212

1. L'attività della Commissione e il contesto normativo.

Pag. 6

  La Commissione, nell'ambito della sua attività istituzionale, così come definita dalla legge 7 gennaio 2014, n. 1, è chiamata «a fare luce sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti» ma anche a «individuare le connessioni tra le attività illecite nel settore dei rifiuti e altre attività economiche», le «attività illecite connesse al traffico illecito transfrontaliero dei rifiuti», a verificare l'eventuale sussistenza di comportamenti illeciti «da parte della pubblica amministrazione centrale e periferica e dei soggetti pubblici o privati operanti nella gestione del ciclo dei rifiuti», nella gestione dei siti inquinati nel territorio nazionale e nelle attività di bonifica, nella gestione dei rifiuti radioattivi, nella gestione degli impianti di depurazione delle acque nonché dello smaltimento dei fanghi e dei reflui provenienti da tali impianti e nella gestione dei rifiuti pericolosi.
  Il perimetro di queste attività – nell'esercizio dei poteri previsti dall'articolo 82 della Costituzione e dalla legge istitutiva – porta la Commissione ad acquisire ed esaminare provvedimenti giudiziari, ad interloquire con autorità giudiziarie e con soggetti che assumono veste di parti processuali, nella prospettiva di ricostruire l'esistenza e la natura di fenomeni illeciti, del rischio dell'emergenza di tali fenomeni o della loro strutturazione su alcuni territori o in alcuni settori tematici.
  Il contesto normativo generale è decisivo per le valutazioni della Commissione, che ha modo di raccogliere, incidentalmente, le osservazioni circa l'efficacia degli strumenti offerti dalle norme, nella cui esclusiva soggezione agisce la giurisdizione e con il cui rispetto si confrontano quotidianamente i cittadini, i loro soggetti esponenziali, le imprese, i pubblici amministratori.
  Ad esito di un lungo e complesso lavoro parlamentare, la legge 22 maggio 2015, n. 68 («Disposizioni in materia di delitti contro l'ambiente») ha attuato il riconoscimento, all'interno del Codice penale, dell'ambiente come bene tutelato, sul presupposto della sua rilevanza costituzionale, ridisegnandone il complessivo sistema di tutela.
  Nel corso dell'attività della Commissione, sin dall'entrata in vigore della legge, si è percepita la grande attenzione alla sua concreta applicazione da parte di tutti gli interessati, così da suggerire l'avvio di un'interlocuzione con gli uffici giudiziari per ampliare la raccolta di quelle informazioni che venivano fornite in occasione di singole audizioni o missioni.
  Pur agendo in forme semplici e con approccio libero – senza dunque la sistematicità e copertura totale posta in campo nel medesimo ambito, con proprie raccolte di dati, da altri soggetti istituzionali – la risposta degli uffici giudiziari è stata ampia e ha consentito, ai fini di interesse della Commissione, di fotografare lo stato di attuazione della legge e le criticità applicative, in una finestra temporale significativa.
  Sono pervenute, tra l'aprile e l'ottobre 2016, relazioni e note degli uffici giudiziari nelle quali si esaminano aspetti interpretativi e organizzativi, si segnalano criticità, si forniscono dati; è stata altresì trasmessa documentazione, e in particolare direttive e provvedimenti giudiziari.Pag. 7
  Rinviando considerazioni analitiche alla citazione del lavoro svolto dal Servizio per il controllo parlamentare della Camera dei deputati e ai commenti allo stesso nella prospettiva della presente relazione, si può affermare, in termini generali, che da parte di una pluralità di uffici giudiziari è emerso il desiderio di interloquire con il Parlamento, in una visione dinamica della legislazione che tiene insieme la produzione delle norme in sede parlamentare e la loro applicazione in sede giurisdizionale.
  Nel periodo in esame, e comunque dopo l'entrata in vigore della legge 22 maggio 2015 n. 68, la sensibilità istituzionale di diversi soggetti ha portato alla redazione di documenti ad essa relativi, di portata generale, che la Commissione ha ritenuto di acquisire e di mettere a disposizione nel contesto della presente relazione, alla quale sono allegati.
  Si tratta:
   della relazione dell'ufficio del Massimario della Corte di cassazione, risalente al momento dell'entrata in vigore della legge n. 68 del 2015, che ha ne fornito il primo quadro interpretativo, analizzando con ampia disamina le nuove fattispecie penali e le criticità già segnalate durante l'iter della riforma;
   della relazione della procura generale presso la Corte di cassazione ad esito della riunione dei procuratori generali del 14-15 aprile 2016 in tema di applicazione dell'articolo 6 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 ai reati ambientali, che affronta le questioni dell'organizzazione degli uffici di procura in tema di indagini ambientali, dell'acquisizione della prova scientifica, del traffico illecito di rifiuti e «reati spia», del coordinamento delle indagini ambientali, obblighi informativi, protocolli investigativi, dell'estinzione delle contravvenzioni ambientali mediante il meccanismo delle prescrizioni, dell'esecuzione delle sentenze di condanna alla remissione in pristino per reati ambientali;
    del protocollo d'intesa in materia di reati ambientali nel territorio distrettuale dell'Emilia Romagna del 19 maggio 2016, promosso dalla procura generale di Bologna, sottoscritto dalla stessa procura generale, dalle procure della Repubblica del distretto, dalle polizie giudiziarie specializzate e dall'ARPAE Emilia-Romagna, a fini di omogenea applicazione nel territorio distrettuale della disciplina prevista per i reati in materia ambientale, con particolare riferimento al procedimento di estinzione delle contravvenzioni di cui alla parte sesta-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Nel protocollo si dà conto dell'interlocuzione promossa dalla Commissione, alla quale i sottoscrittori hanno ritenuto «opportuno e doveroso» trasmetterlo d'iniziativa;
   del documento ISPRA-SNPA del 29 novembre 2016 sugli indirizzi per l'applicazione della procedura di estinzione delle contravvenzioni ambientali ex parte VI-bis del decreto legislativo n. 152 del 2006, frutto anche del lavoro in precedenza svolto dalle agenzie associate in AssoARPA; il documento propone la prosecuzione dell'attività dell'osservatorio sull'applicazione della legge n. 68 del 2015 e la realizzazione di una serie di attività di sistema di natura Pag. 8informativa; gli allegati al documento, riguardanti la ricognizione ed analisi delle linee-guida e circolari e emesse da procure della Repubblica, enti del SNPA e altri enti, tabelle sinottiche e riepilogo della procedura estintiva, non sono allegati alla relazione ma disponibili al link http://www.isprambiente.gov.it/it/sistema-nazionale-protezione-ambiente/consiglio-federale-2/atti;
   del rapporto di Legambiente,»Ecogiustizia è fatta», pubblicato il 22 marzo 2016, che traccia un bilancio dei primi otto mesi di applicazione della legge n. 68 del 2015, riportando dati numerici acquisiti per il tramite delle forze di polizia, e cita le indagini ritenute più significative, segnalando ulteriori iniziative ritenute utili ad un'ancor più incisiva azione di prevenzione e contrasto dei fenomeni di illegalità ambientale;
   della sentenza della Corte di cassazione, Sez. III penale, n. 46170/16 del 21 settembre – 3 novembre 2016, in materia di sussumibilità di una condotta nella fattispecie di inquinamento ambientale di cui all'art 452-bis del codice penale;
   della sentenza della Corte di cassazione, Sez. III penale, n. 50352/16 del 3 – 28 novembre 2016 in materia di attribuzione di funzioni di polizia giudiziaria al personale delle agenzie regionali e provinciali per la protezione dell'ambiente.

2. L'analisi dei dati acquisiti dalla Commissione.

  La scelta della Commissione è stata quella di acquisire dati e informazioni principalmente per il tramite di tutte le procure generali della Repubblica e di tutte le presidenze di Corte d'appello, salva la richiesta diretta, a riscontro ulteriore e come prefigurazione di possibili approfondimenti, a quattro procure della Repubblica, di diversa ampiezza territoriale e collocazione geografica.
  Le richieste sono state trasmesse agli indicati uffici giudiziari a partire dal 1o aprile 2016 e hanno dato luogo a risposte pervenute progressivamente entro l'inizio di ottobre 2016, quando ne è stata avviata l'analisi.
  La Commissione ha curato le attività di registrazione e di acquisizione al proprio archivio dei documenti ricevuti e, dopo un primo esame, l'inoltro al Servizio per il controllo parlamentare della Camera dei deputati, che ha provveduto ad elaborazioni statistiche e alla redazione di un rapporto, dei cui contenuti si darà di seguito testuale conto, implementandone i dati con le valutazioni della Commissione relative all'oggetto della presente relazione.
  Il rapporto del Servizio per il controllo parlamentare, intitolato «La verifica dell'attuazione delle leggi» (1) si occupa sia della verifica dell'attuazione della legge n. 68 del 2015 che di altre analisi sistematiche rientranti nei compiti del Servizio: la peculiarità della natura penale delle disposizioni della legge n. 68 del 2015 rende significativa l'estensione dell'oggetto della verifica e la collaborazione tra Commissione Pag. 9e Servizio – attuata in concreto con scambio costante di informazioni e competenze nel corso dell'analisi – attesa la mancanza di esperienze parlamentari di valutazione di efficacia di leggi penali.
  Peraltro, al di là della collazione di dati statistici, si tratta di un tipo di valutazione non usuale nella nostra cultura giuridica, amministrativa e politica: il contenuto nella presente relazione non costituisce quindi, se non in termini limitati e iniziali, una valutazione complessiva di efficacia della legge n. 68 del 2015 ma, a partire dalle esperienze e dalle relazioni istituzionali concrete della Commissione e sulla base di una specifica raccolta di dati e informazioni, propone il tema dell'efficacia delle leggi in materia di tutela dell'ambiente e offre un'ipotesi di metodo per la raccolta ed analisi di elementi informativi in questo campo.
  Nel seguito verranno citati i contenuti del rapporto, associati alle considerazioni che da esso è possibile far derivare sull'attuazione della legge n. 68 del 2015 in base alla documentazione acquisita dalla Commissione.

  «L'origine di questo lavoro va ricercata nella costante attività svolta dalla predetta Commissione d'inchiesta che, a partire dalla sua prima istituzione nel 1995 e nel corso delle Legislature successive, si è costantemente imbattuta in varie forme di illeciti ambientali su tutto il territorio nazionale, secondo quanto documentato nelle varie relazioni approvate e trasmesse al Parlamento.
  Le numerose inchieste svolte nel tempo avevano dimostrato le difficoltà, per l'Autorità giudiziaria e le forze di polizia, di perseguire adeguatamente le attività criminali che in tante zone del Paese venivano perpetrate a danno dell'ambiente.
  Si era così sviluppata una coscienza diffusa sulle carenze della legislazione nazionale in materia ambientale, che aveva dato origine a svariate proposte di legge volte a riformarla e, segnatamente, a inasprire le sanzioni. I numerosi tentativi, concretizzatisi in diverse iniziative legislative presentate nel corso delle legislature, sono però tutti falliti e la legislazione in materia ambientale ha subìto solo ritocchi senza alcuna significativa modifica.
  Nella fase iniziale dell'attuale Legislatura diverse forze politiche presenti nella predetta Commissione d'inchiesta hanno verificato, nel corso delle missioni e delle audizioni svolte su tutto il territorio nazionale, la sempre più pressante esigenza, da parte delle autorità incaricate di prevenire e combattere le attività illecite ambientali, di disporre di uno strumento legislativo più efficace di quello fino ad allora disponibile.
  Nel corso dell'esame delle nuove proposte di legge così presentate, la Commissione d'inchiesta, allo scopo di sensibilizzare il Governo e il Parlamento sul tema, ha anche organizzato un convegno svoltosi lunedì 23 marzo 2015 presso la Sala Zuccari del Senato della Repubblica dal titolo "Delitti contro l'ambienteProspettive di una riforma attesa". In quella sede il presidente della Commissione, on. Alessandro Bratti, aveva sottolineato come l'approvazione della nuova legge avrebbe rappresentato sicuramente un punto di arrivo, ma anche un punto di partenza per contrastare in maniera efficace la criminalità ambientale.»

  La consapevolezza della non esclusività del diritto penale come strumento di tutela dell'ambiente, emersa nel convegno citato, trova Pag. 10conferma nell'indagine di cui tratta la presente relazione: sia i numeri, come si vedrà, che le riflessioni degli uffici giudiziari, coincidono nell'indicare come il sistema dei controlli e la prevenzione costituiscano il primo e fondamentale presidio.
  Dopo l'entrata in vigore della legge, la Commissione, nel corso delle sue indagini su tutto il territorio nazionale, ha verificato come vi fossero interpretazioni non omogenee, sia nelle attività giudiziarie in senso stretto, sia nelle attività di polizia giudiziaria, e segnalazioni della necessità di implementazione del dettato normativo.
  La Commissione ha quindi deciso di dare corso a un'attività dì verifica sull'attuazione della legge, sulla base dei presupposti sopra indicati e con le modalità di seguito illustrate.

  1.2) L'impostazione del progetto.
  La richiesta della predetta Commissione d'inchiesta di procedere ad una siffatta verifica si basa anzitutto sulla constatazione di una serie di problematiche interpretative presentate dal testo della legge che sono già state evidenziate sia dagli operatori del settore, come poc'anzi accennato, sia dalla stessa dottrina. La presente ricerca ha dunque preso le mosse da una griglia iniziale di questioni e di problematiche ad esse sottese, che nella fattispecie erano state individuate dalla Commissione parlamentare d'inchiesta nel corso delle sue attività di indagine, trattandosi di materia che afferisce direttamente alla sue competenze specifiche.
  Pertanto questo progetto di verifica non si è posto in termini generali di efficacia ed efficienza della legge nella sua globalità, come viceversa era avvenuto in precedenti verifiche di attuazione (in particolare quella sulla normativa concernente le adozioni internazionali): non sfugge infatti che la necessità rappresentata dalla Commissione di inchiesta di sottoporre a verifica, e sotto specifici profili, la legge n. 68/2015 (che, data la sua natura penale, non è di per sé adatta a un modello tradizionale di analisi di impatto della regolamentazione AIR e di verifica dell'impatto della regolamentazione VIR) ha fatto sì che l'analisi conseguentemente sviluppata presenti sia alcuni tratti distintivi della verifica quantitativa dell'impatto della normativa, sia le caratteristiche proprie di una relazione giuridica sullo stato di attuazione della normativa medesima.
  La presente verifica è infatti anzitutto funzionale alla raccolta, presso gli operatori giudiziari, di segnalazioni di criticità interpretative e applicative che si siano manifestate in corso d'opera. Altra finalità è quella di raccogliere informazioni e dati concernenti l'adeguatezza dei mezzi e delle risorse necessarie all'attuazione della legge (in termini di polizia giudiziaria, di personale specializzato, di strutture e soggetti pubblici demandati agli accertamenti tecnico-scientifici necessari per la contestazione dei nuovi reati contro l'ambiente) e verificare quindi l'eventuale presenza di una correlazione tra la disponibilità di questi mezzi e il livello di attuazione della legge. Ulteriore finalità perseguita attraverso la presente verifica è altresì quella, prima accennata, di appurare l'eventuale presenza di difformità nella prassi esecutiva di tal une disposizioni della predetta legge n. 68/2015.
  Queste premesse, come si vedrà meglio in seguito, non hanno d'altra parte impedito che la citata griglia iniziale di questioni da esaminare potesse essere ulteriormente articolata o rimodulata in corso di verifica. Allo stesso modo l'impostazione del lavoro non preclude la possibilità che le evidenze riscontrate sin qui possano essere oggetto di ulteriori Pag. 11rilevamenti in successivi periodi di osservazione, al fine in particolare di elaborare le serie storiche dei processi attuativi della legge e di esaminare i trend che si dovessero manifestare nei futuri periodi di rilevamento.
  Al di là delle particolari finalità conoscitive perseguite dalla Commissione d'inchiesta, è utile comunque osservare che sebbene nelle disposizioni della legge n. 68/2015 non siano stati specificati degli obiettivi generali cui parametrare i risultati conseguiti in sede di applicazione della legge stessa, sul piano logico-deduttivo possono tuttavia individuarsi tre obiettivi che saranno presi in considerazione nel corso della presente ricerca:
  1) l'inasprimento, attraverso l'introduzione di nuove fattispecie di reato e la previsione di pene più severe, della repressione degli illeciti massimamente offensivi per l'ambiente;
  2) l'incremento dell'efficacia preventiva della disciplina penale in materia ambientale, anche incentivando condotte di natura restitutoria attraverso l'introduzione del procedimento delle prescrizioni;
  3) il funzionamento dei nuovi strumenti penali, sostanziali e processuali, senza nuovi o maggiori oneri finanziari a carico dello Stato, data la mancanza nella legge n. 68/2015 di una norma di copertura finanziaria.

  La scelta delle modalità di coinvolgimento degli uffici giudiziari ha tenuto conto della natura delle norme oggetto di verifica, delle acquisizioni derivanti dalle occasioni di confronto con le autorità giurisdizionali nel corso di altre indagini, territoriali e tematiche, che la Commissione aveva in corso, della necessità di non sovrapporsi ad altre iniziative istituzionali e, in definitiva, di garantire un equilibrio tra l'intento di offrire ai magistrati direttamente o mediatamente richiesti di un contributo un'ampia possibilità di conformarlo, senza rinunciare all'omogeneità necessaria per elaborare le informazioni che sarebbero state acquisite.
  Per ragioni di concentrazione di comunicazione e di preventivabile – e in effetti in seguito verificata – prevalenza di dati provenienti dagli uffici inquirenti è stato individuato come livello di interlocuzione della Commissione quello distrettuale e non direttamente quello circondariale; salva, come detto, la selezione di quattro circondari-campione di procura.

  1.3) L ’organizzazione della ricerca e suo dispiegarsi in concreto.
  [...]
  Per la raccolta dei dati sono stati individuati due campioni di Uffici giudiziari.
  In primo luogo è stato definito un campione ristretto di quattro circondari scelti in base alla loro collocazione geografica, alla capienza del relativo bacino di utenza e alle vicende giudiziarie in materia ambientale che hanno interessato i relativi territori. A questi circondari (relativi alle Procure della Repubblica presso i Tribunali di Verbania, Perugia, Napoli e Brindisi) la Commissione d'inchiesta ha inviato un apposito questionario richiedendo specifici dati sull'applicazione della legge.
  In secondo luogo è stata inviata a tutti gli Uffici giudiziari di secondo grado (Corti d'appello e Procure generali della Repubblica) una più generale richiesta di trasmissione di dati e osservazioni ritenute significative e meritevoli di segnalazione alla Commissione d'inchiesta ai Pag. 12fini dell'analisi in oggetto. I 52 Uffici giudiziari di secondo livello presenti sul territorio nazionale hanno fatto da tramite con gli Uffici giudiziari dei rispettivi distretti, cosicché le numerose comunicazioni pervenute in risposta hanno consentito di individuare un campione allargato di oltre 160 Uffici giudiziari, che hanno fornito un'ampia gamma di informazioni (comunicazioni, note, relazioni, tabelle e provvedimenti vari) caratterizzate tuttavia da notevole eterogeneità.
  La qualità e la quantità delle risposte pervenute hanno posto alcune importanti questioni metodologiche che non si erano poste nelle precedenti verifiche.
  Sotto un primo profilo dall'esame della documentazione pervenuta appare verosimile che i sistemi informatici in dotazione agli Uffici giudiziari e le concrete modalità di utilizzo non sempre abbiano consentito loro di estrapolare specifiche sottocategorie di dati che erano stati ritenuti rilevanti ai fini della presente ricerca ed erano stati perciò espressamente richiesti nei questionari inviati ai circondari del campione ristretto. Ciò ha comportato anzitutto che per alcuni dei filoni che il progetto iniziale di ricerca prevedeva dì esplorare con riferimento al campione ristretto (relativi in particolare all'applicazione della procedura estintiva delle contravvenzioni in materia ambientale introdotta dalla L. n. 68/2015, di seguito indicata come "procedimento delle prescrizioni") non è stata raccolta una quantità di dati sufficientemente espressivi a tal fine. Appare altresì verosimile che lo stesso ordine di ragioni si riveli sotteso alla constatazione che le informazioni raccolte sempre sul procedimento delle prescrizioni anche presso gli Uffici rientranti nel campione allargato siano risultate, sul piano prettamente quantitativo, spesso generiche o comunque non sempre idonee a effettuare una stima numerica apprezzabilmente affidabile della misura in cui tali nuovi strumenti processuali abbiano avuto applicazione in concreto.
  Sotto un secondo profilo, la natura "aperta" del quesito rivolto agli Uffici rientranti nel campione allargato è stata di fatto premiata con un alto tasso di risposta che, oltre ai dati numerici di cui subito si dirà, ha fornito una quantità considerevole di indicazioni descrittive e di segnalazioni aventi ad oggetto criticità sia attinenti l'interpretazione della lettera delle nuove disposizioni di legge sia anche problematiche di natura prettamente organizzativa concretamente manifestatesi in sede di attuazione delle nuove disposizione di legge. A tale insieme di informazioni, senz'altro assai utili per la ricostruzione di un quadro espressivo della prassi attuativa in corso, si aggiungono numerosi dati quantitativi riguardanti l'applicazione delle disposizioni della legge n. 68/2015, dati che tuttavia sono stati forniti con modalità e metodologie di rappresentazione differenti e in molti casi non immediatamente confrontabili tra loro, ponendo con ciò il problema di determinare dei criteri di classificazione e di valutazione delle risposte che tenesse conto di tali diversità. Pertanto più in generale la notevole varianza delle risposte pervenute ha necessariamente richiesto un certo grado di flessibilità nel concreto dispiegamento del progetto di ricerca rispetto alla sua configurazione iniziale. Tale flessibilità si è manifestata in senso negativo laddove, a causa della qualità dei dati raccolti, è stato necessario prendere atto dell'impossibilità di analizzare determinate questioni e fornire stime apprezzabili dei fenomeni ad esse connessi. Ad esempio non è stato possibile appurare il numero generale dei procedimenti delle prescrizioni conclusi con l'estinzione del reato, né verificare tale grandezza con riferimento alle singole fattispecie contravvenzionali; del pari non è stato possibile verificare in quanti di quei procedimenti hanno trovato applicazione le norme sulla responsabilità Pag. 13amministrativa delle persone giuridiche, delle società e degli enti, di cui al D.Lgs. n. 231/2001. Sotto altro punto di vista, il numero ancora contenuto – come si vedrà – di contestazioni relative agli "eco-delitti" introdotti dalla legge n. 68/2015, induce ad attendere un più avanzato rilevamento di tali dati prima di verificare la sussistenza di una ipotetica correlazione, nei singoli circondari giudiziari, tra il numero dei cittadini residenti, la quantità delle contestazioni effettuate e l'entità del personale di magistratura e di polizia giudiziaria effettivamente in servizio.
  Altre ipotesi di lavoro, volte ad esempio a valutare l'efficacia mediata della legge n. 68/2015 sui comportamenti dei cittadini e delle imprese, potranno essere eventualmente sviluppate in un successivo periodo di osservazione nel quale potranno essere altresì aggiornate le evidenze raccolte in questa prima fase.
  Sotto questo aspetto occorre osservare che il progetto di verifica tecnica dell'attuazione della legge n. 68/2015 si contraddistingue per un approccio analitico prettamente induttivo, volto cioè a definire e precisare l'oggetto di indagine in corso d'opera sulla base dei dati raccolti e delle evidenze via via appurate.

  L'ampiezza delle risposte pervenute, a fronte di un'iniziativa proveniente da un organismo parlamentare – esterno dunque all'ordine giudiziario e all'amministrazione della giustizia – è di per sé espressiva di un diffuso e positivo senso di appartenenza della magistratura ad un sistema istituzionale complessivo ma anche dell'accettazione dell'ipotesi di poter fornire un contributo informativo sull'attuazione di una legge diverso da quello costituito dalle pronunce giurisdizionali.
  La sperimentazione compiuta serve anche ad affermare che vi potranno essere aggiornamenti e approfondimenti sul tema specifico qui affrontato (sul quale la Commissione continuerà a raccogliere elementi nel corso della sua attività istituzionale) e che potrà dunque proseguire la costruzione di un metodo, a partire da questa esperienza di collaborazione tra Commissione e Servizio.

  1.4) I risultati della verifica.
  Le difficoltà emerse relativamente alle risposte fornite da alcuni dei 4 circondari rientranti nel campione ristretto (concernenti la scomponibilità dei dati richiesti e quindi la completezza e la significatività di quelli prodotti), hanno conclusivamente suggerito di aggregare i dati quantitativi per essi raccolti al complesso di quelli relativi al campione allargato, dando luogo così ad un unico campione ulteriormente allargato. Il complesso dei dati raccolti consente di rappresentare un primo quadro sufficientemente espressivo dell'applicazione delle disposizioni della legge n. 68/2015 che hanno introdotto i nuovi delitti in materia ambientale di cui agli artt. 452-bis e ss. del codice penale. Tale rappresentazione è integrata da un riepilogo delle principali criticità segnalate dagli Uffici giudiziari tanto sul piano prettamente organizzativo, quanto su quello dell'interpretazione sia delle norme relative ai nuovi "eco-delitti" sia delle disposizioni che hanno introdotto il procedimento delle prescrizioni.

  1.4.1) Copertura e descrizione del campione.
  La richiesta della Commissione è stata trasmessa agli Uffici giudiziari in data 1o aprile 2016. Alla data del 5 ottobre 2016 sono pervenute Pag. 14le comunicazioni di 167 Uffici (2).
  Quanto alla funzione (requirente o giudicante) i suddetti Uffici sono così suddivisi: 50 organi giudicanti (più specificamente 48 Tribunali, tra cui 2 Uffici GIP, e 2 Corti di Appello) e 117 procure della Repubblica, tutte presso Tribunali (tra le quali anche 7 procure della Repubblica presso Tribunali per i minorenni, e 2 procure di Direzione distrettuale antimafia). Fra questi 167 Uffici, 66 (pari al 39,52 per cento) hanno riferito di non aver ancora applicato alcuna delle norme della legge, 61 (pari al 36,52 per cento) hanno dichiarato in maniera specifica di aver applicato le nuove norme penali e 40 (pari al 23,95 per cento) hanno dichiarato in termini generici di aver applicato la normativa.
  I 66 Uffici che hanno dichiarato di non aver ancora applicato la legge in esame si dividono in 40 organi giudicanti (38 Tribunali e 2 Corti di Appello) e in 26 procure della Repubblica presso Tribunali (tra cui in particolare 7 Tribunali dei minori – e una Direzione distrettuale antimafia).
  I 40 Uffici che hanno dichiarato in termini generici di aver applicato la normativa si dividono in: 28 Uffici (22 Procure presso Tribunali e 6 organi giudicanti, tutti Tribunali) che hanno segnalato applicazioni della normativa non rilevanti o non significative; 9 Procure della Repubblica presso Tribunali che, pur non comunicando dati numerici sull'attuazione delle nuove norme, hanno trasmesso una dettagliata direttiva in materia da esse stesse emanata; 3 Procure della Repubblica presso Tribunali che, pur non comunicando dati numerici sull'attuazione delle nuove norme, hanno indicato precise criticità emerse in sede applicativa.
  Dei 61 Uffici che hanno invece dichiarato di aver dato applicazione alle nuove norme penali, 57 sono Procure della Repubblica presso Tribunali (tra cui l Direzione distrettuale antimafia) e 4 Tribunali (tra i quali 2 Uffici GIP). Più specificamente i 61 Uffici predetti si suddividono in 39 Uffici che hanno applicato le disposizioni della legge n. 68/2015 che prevedono i nuovi delitti, e 22 Uffici presso i quali sono state invece applicate norme penali relative a contravvenzioni in materia ambientale suscettibili di applicazione del "procedimento delle prescrizioni" (rito che risulta essere stato applicato da 12 di tali Uffici). Allo stesso modo fra i 39 Uffici che hanno applicato i nuovi ecodelitti, 15 hanno applicato anche le norme sulle contravvenzioni suscettibili di applicazione del "procedimento delle prescrizioni" (rito che risulta essere stato effettivamente applicato da 8 di tali Uffici).
  Per quanto specificamente concerne la composizione del campione, si osserva anzitutto che le comunicazioni sono pervenute alla Commissione d'inchiesta sia direttamente dai singoli Tribunali o dalle relative Procure della Repubblica sia, in diversi casi, per il tramite delle Corti d'Appello o delle relative Procure generali. Elevato il tasso di risposta da parte delle Procure generali: per 24 di esse (3) su un totale di 26 sono pervenute comunicazioni (anche se non sempre relative a tutti i circondari rientranti nei rispettivi distretti). Più basso invece il tasso di risposta delle Corti d'Appello: solo per 11 su 26 sono pervenute comunicazioni (anche se non sempre relative a tutti i Tribunali rientranti nei rispettivi distretti). Come si vedrà meglio in seguito, questo dato può essere spiegato dal fatto che l'applicazione delle nuove Pag. 15fattispecie penali risiede, nel presente periodo di osservazione, per lo più nella fase procedimentale e in sede di indagini preliminari.
  Dal punto di vista della rappresentatività generale del campione è utile osservare che tra i 167 Uffici che hanno fornito risposte alla Commissione d'inchiesta, 158 sono Tribunali o Procure della Repubblica presso Tribunali: rispetto al totale dei 278 Uffici giudiziari di primo grado (Tribunali e Procure della Repubblica presso Tribunali) presenti sul territorio nazionale, i predetti 158 Uffici rispondenti rappresentano una percentuale significativa, pari al 56,83 per cento del totale.
  Sul piano specifico della rappresentatività geografica le risposte pervenute dai vari Uffici sono distribuite abbastanza uniformemente sull'intero territorio nazionale: per la gran parte dei circondari presenti sul territorio nazionale sono cioè pervenute comunicazioni o dai rispettivi Tribunali o dalle relative Procure della Repubblica o, in alcuni casi, da entrambi. Si ravvisano tuttavia alcune specifiche aree geografiche per le quali non è pervenuta alcuna documentazione (né dalle Procure della Repubblica, né dai Tribunali): esse si concentrano anzitutto nella Campania (dove risultano "scoperti" 8 circondari su 10) e nella Calabria (dove risultano "scoperti" 4 circondari su 10), e in misura un poco più contenuta in Lombardia (5 circondari "scoperti" su 13) e in Veneto (3 circondari "scoperti" su 10). Alla luce delle vicende che, dal punto di vista della tutela dell'ambiente, hanno caratterizzato i distretti rientranti nella giurisdizione territoriale di tali Uffici, è plausibile ritenere che le risultanze dell'analisi condotta in questa sede, se una lato risultano espressive in quanto basate su un campione comunque rappresentativo, dall'altro lato possono essere ulteriormente corroborate dai dati dei predetti Uffici se e quando saranno essi disponibili.
  Per contestualizzare adeguatamente i risultati della presente ricerca, è utile ricordare infine che anche prima dell'entrata in vigore della legge n. 68/2015 in numerosi Uffici giudiziari erano già stati avviati procedimenti per illeciti in materia ambientale: tale attività giudiziaria, non rientrando propriamente nell'oggetto della verifica dell'attuazione della predetta legge, rimane sullo sfondo della presente analisi, potendo comunque rappresentare materia di ulteriori approfondimenti in una successiva fase. È necessario infatti ricordare che la presente verifica non esaurisce il quadro complessivo dell'attività di repressione penale degli illeciti condotti in danno dell'ambiente, proprio perché attiene allo strumento di contrasto di più recente introduzione. Come segnalato da taluni Uffici giudiziari, il fatto che nel relativo circondario risultino allo stato ancora limitate le contestazioni riconducibili alle nuove fattispecie penali, non deve oscurare il fatto che nel recente passato siano state condotte importanti attività investigative e giudiziarie in materia ambientale.
  Occorre poi ricordare che, alla stregua delle norme che regolano la successione delle leggi penali nel tempo, se un determinato comportamento sia stato posto in essere e risulti perseguito come reato prima dell'entrata in vigore della legge n. 68/2015, questa stessa legge non trova applicazione qualora lo sanzioni in termini più gravosi per il reo.

  La verifica compiuta dalla Commissione si è basata, come si è detto, sul grado di spontanea adesione degli interpellati, rivelatosi elevato.
  Il dato generale del 56,83 per cento di copertura nazionale diventa del 66,2 per cento per quanto riguarda le procure della Repubblica, uffici nei quali si concentra prevalentemente, al momento, l'applicazione delle norme.Pag. 16
  La significativa differenza tra documenti e informazioni provenienti dalla magistratura inquirente rispetto a quella giudicante segnala che i delitti in questione sono oggetto di accertamenti di non breve durata e che solo in una fase successiva a quella qui rilevata daranno luogo a processi.
  D'altro canto, come alcuni uffici hanno fatto rilevare, e come è noto, anche in base alle attività di indagine della Commissione, numerose e importanti indagini e processi in materia di tutela dell'ambiente si sono svolti e si svolgono sulla base di contestazioni di norme incriminatrici previgenti; mentre la sostanziale discontinuità di tipo di illecito segnata dalle nuove fattispecie fa sì che i fatti perseguiti e qui rilevati siano esclusivamente quelli commessi – in tutto o in parte – dopo l'entrata in vigore della legge n. 68 del 2015 (sul punto si vedano le osservazioni che concludono il § 1.6 del rapporto).
  Nel rapporto del Servizio per il controllo parlamentare le risposte pervenute sono state ricondotte a un'analisi di tipo quantitativo e qualitativo, operando delle aggregazioni utilmente descrittive.
  Si riporta a tal fine di seguito la parte centrale del rapporto del Servizio per il controllo parlamentare

  1.4.2) Applicazione delle nuove norme sugli «eco-delitti».
  Sono 39 gli Uffici giudiziari (38 Procure della Repubblica presso Tribunali, ed 1 Ufficio del Giudice per le indagini preliminari) dalle cui comunicazioni si evince l'avvenuta contestazione in concreto dei nuovi «eco-delitti», secondo quanto riportato nella seguente tabella 1.

Pag. 17

  Nell'ultima colonna a destra della precedente tabella sono indicati gli Uffici che hanno fornito indicazioni generiche circa l'avvenuta contestazione dei nuovi eco-delitti senza precisare in riferimento a quale specifica ipotesi di reato. Tali Uffici non sono computati nella successiva tabella 2, che riporta le fattispecie delittuose concrete, suddivise secondo le nuove norme incriminatrici, contestate presso le 31 Procure della Repubblica che hanno comunicato dati utili in tal senso.

Pag. 18

  

  Dalla tabella sembra evincersi, in generale, una distribuzione abbastanza uniforme delle contestazioni dei nuovi reati sul territorio nazionale, con una frequenza tuttavia più accentuata dal punto di vista quantitativo nelle Isole e nel Sud. Al riguardo si ricorda che il dato relativo al Sud si riferisce ad un campione relativamente ridotto di circondari per la Campania e la Calabria, mentre invece la copertura dei circondari della Sicilia e della Sardegna è pressoché totale.

Pag. 19

  1.4.3) Analisi dell'applicazione dei singoli «eco-delitti». Criticità interpretative.
  Le tabelle seguenti, oltre a riportare i dati concernenti l'applicazione dei nuovi «eco-delitti» disaggregati per singola fattispecie, riportano anche una sommaria descrizione delle attività procedimentali poste in essere, degli eventuali aspetti organizzativi segnalati dagli Uffici requirenti, nonché le eventuali criticità segnalate sul piano operativo e sul piano dell'interpretazione delle nuove disposizioni penali.
  Per praticità e chiarezza di esposizione si esaminano in questo paragrafo i dati quantitativi di contestazione dei singoli «eco-delitti», evidenziando le criticità interpretative segnalate. Nel successivo paragrafo sarà svolta una disamina delle criticità di ordine organizzativo e operativo evidenziate dalle Procure della Repubblica in sede di applicazione delle nuove norme incriminatrici.

Pag. 20

  Il delitto di inquinamento ambientale di cui all'articolo 452-bis del codice penale, introdotto dalla L. n. 68/2015, risulta dunque essere, tra i nuovi «ecoreati», la fattispecie più numerosamente e più diffusamente contestata, con almeno 47 occorrenze in 26 diverse Pag. 21Procure della Repubblica presso Tribunali (si ricorda quanto già indicato in nota alla tabella 2, circa il computo delle occorrenze non quantitativamente definite – Procure di Bari e di Paola – o di dubbia attribuzione – Procura di Foggia – ivi evidenziate).
  Il testo dell'articolo 452-bis del codice penale è anche la norma incriminatrice che più delle altre disposizioni penali parimenti introdotte dalla L. n. 68/2015 è stata oggetto di segnalazioni in merito a potenziali criticità sul piano interpretativo, riportate nell'ultima colonna a destra della precedente tabella. Per praticità di lettura, si riporta di seguito il testo dell'articolo 452-bis c.p. con evidenziati in

 carattere rosso (4) i sintagmi in ordine ai quali sono state segnalate difficoltà interpretative.
  Dalla tabella 3 si evince che le criticità interpretative sopra rappresentate non hanno impedito in assoluto la contestazione del predetto reato; può tuttavia verosimilmente ritenersi che i nodi problematici segnalati abbiano indotto gli Uffici giudiziari ad applicare prudentemente la nuova norma penale solo in quelle situazioni di fatto in cui tali criticità interpretative non fossero state ravvisate in concreto.
  Può parimenti ritenersi che la progressiva chiarificazione dei predetti nodi interpretativi, ad esempio in via giurisprudenziale, possa agevolare il lavoro degli Uffici requirenti e verosimilmente influire sul tasso di applicazione dell'articolo 452-bis c.p.
  In tal senso si segnala anzitutto la recente pronuncia della Corte di cassazione, Sez. III penale, n. 46170 del 3 novembre 2016 la quale ha espresso il proprio orientamento interpretativo in riferimento al requisito dell'abusività della condotta ed alla portata del sintagma «compromissione o un deterioramento significativi e misurabili». In aggiunta, un passaggio delle motivazioni della citata pronuncia, fornisce indicazioni interpretative circa il nodo problematico segnalato dalla Procura della Repubblica di Tivoli (relativo ad una eventuale correlazione tra il dettato dell'articolo 452-bis c.p. e gli artt. 5 e 300 del D.Lgs. n. 152/2006).
  Potrebbe pertanto essere utile, nell'ottica di una prosecuzione della presente verifica di attuazione della legge n. 68/2015, non solo continuare a monitorare le pronunce giurisprudenziali concernenti Pag. 22l'articolo 452-bis c.p. (per verificare ad esempio il consolidarsi dell'indirizzo interpretativo inaugurato dalla Corte di cassazione o piuttosto l'eventuale emersione di nuovi orientamenti al riguardo), ma anche verificare l'impatto di tali pronunce sul tasso di applicazione della stessa norma penale. Tale impatto potrà essere valutato non solo in termini generali di chiarificazione del dettato normativo a beneficio degli interpreti, ma potrà eventualmente anche essere valutato in riferimento all'indicazione concreta in senso restrittivo che l'interpretazione della norma potrà assumere nel senso della ricorrenza dei presupposti della fattispecie delittuosa).
  Altro «eco-delitto» in ordine al quale si ravvisa la segnalazione di nodi intepretativi, è la fattispecie di disastro ambientale prevista dall'articolo 452-quater c.p. In riferimento a tale reato risultano segnalate almeno 5 contestazioni ad opera di 5 diverse Procure della Repubblica presso Tribunali (si ricorda sempre che il dato relativo alla Procura della Repubblica di Foggia non viene computato, benché rappresentato in tabella, poiché, secondo quanto comunicato, risultava dubbia l'imputazione del delitto di cui al 452-bis c.p. o piuttosto del delitto di cui al 452-quater c.p.).

  Anche in questo caso, per praticità di lettura, si riporta di seguito il testo dell'articolo 452-quater c.p. con evidenziati:
   in carattere rosso i sintagmi in ordine ai quali sono state segnalate difficoltà interpretative specifiche per tale disposizione;
   in carattere blu le ulteriori difficoltà interpretative per le quali può farsi riferimento a quanto già osservato per l'articolo 452-bis c.p.;
   in carattere verde ulteriori difficoltà interpretative segnalate da ulteriori Uffici giudiziari non compresi nelle tabelle precedenti (in quanto non hanno comunicato la contestazione dei predetti reati, ma Pag. 23hanno fornito comunque indicazioni utili in tal senso; in tal senso vedasi più approfonditamente alla conclusione del presente paragrafo).

  Anche con riferimento a tale fattispecie, segnatamente in ordine alle differenze che intercorrono tra essa e il delitto di inquinamento ambientale ex articolo 452-bis c.p., indicazioni utili si ravvisano nella già citata sentenza della Corte di cassazione, Sez. III penale, n. 46170 del 3 novembre 2016.

  Esaminiamo infine le contestazioni riferite ai rimanenti «eco-delitti».

  I dati relativi alla contestazione della fattispecie di cui all'articolo 452-ter c.p., ossia morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale, risultano allo stato quantitativamente più contenuti e soprattutto poco dettagliati.
  Dal punto di vista interpretativo rileva solo una problematica di ordine sistematico segnalata dalla Procura della Repubblica di Tivoli che, pur non avendo comunicato specifiche contestazioni di tale delitto, osserva come nell'ambito di applicazione del predetto articolo 452-ter c.p., e più in generale nel sistema dei nuovi «eco-delitti», non Pag. 24troverebbero una corrispondente forma di tutela penale le ipotesi di morte o lesioni conseguenti alla più grave fattispecie di disastro ambientale di cui all'articolo 452-quater c.p. nonché quelle conseguenti alla fattispecie colposa di cui all'articolo 452-quinquies c.p.

  Più numerose risultano invece le contestazioni per delitti colposi contro l'ambiente ai sensi del nuovo articolo 452-quinquies c.p.: in misura quantitativamente ragguagliabile a quanto rilevato per la fattispecie di disastro ambientale (6 contestazioni in 5 diverse Procure della Repubblica).
  Non sono state segnalate specifiche criticità interpretative concernenti tale norma incriminatrice.

  Allo stato risulta più limitato il numero delle contestazioni effettuate per il delitto di traffico e abbandono di materiale ad alta radioattività di cui all'articolo 452-sexies c.p.: 3 contestazioni in 2 diverse Procure della Repubblica. Anche per tale nuova fattispecie non risultano segnalate specifiche difficoltà interpretative.

Pag. 25

  Le 6 contestazioni effettuate per il delitto di impedimento del controllo, di cui all'articolo 452-septies c.p. risultano concentrate in sole 2 Procure della Repubblica. Anche per tale nuova fattispecie non sono state segnalate specifiche criticità interpretative.

  Sono state comunicate 3 contestazioni, ad opera di 3 diverse Procure della Repubblica, del delitto di omessa bonifica di cui

all'articolo 452-terdecies c.p. (5). Anche in ordine a tale nuova fattispecie non sono state segnalate specifiche criticità di ordine interpretativo.
  Si aggiunge che la contestazione dell'aggravante ambientale di cui all'articolo 452-novies c.p. è stata segnalata solo dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Paola, che tuttavia non ne ha indicata una esatta quantificazione. Non risultano segnalate specifiche criticità interpretative.
  Per completare il quadro delle criticità interpretative rilevate in ordine ai nuovi «ecodelitti», è utile aggiungere le segnalazioni effettuate anche da ulteriori 2 Uffici giudiziari non compresi fra quelli citati nelle tabelle precedenti, in quanto non hanno riferito di aver contestato i predetti reati (si tratta delle Procure della Repubblica presso i Tribunali di Termini Imerese e di Udine). Tali Uffici hanno ritenuto opportuno segnalare alcune criticità da loro riscontrate in Pag. 26vista dell'eventualità di applicare in concreto le nuove disposizioni. I dati espressi nel grafico seguente e nella relativa tabella comprendono pertanto anche questi dati insieme a quelli espressi nelle precedenti tabelle.

  Il quadro che l'analisi delinea è quello di un insieme di fattispecie penali di riconosciuta complessità tecnico-giuridica.
  Ciò si riflette sui tempi dei procedimenti – necessariamente adeguati agli accertamenti richiesti per poter correttamente configurare le fattispecie delittuose – e sui numeri complessivi delle contestazioni.
  Non è oggetto diretto della presente relazione un compiuto esame dell'efficacia della legge, né sono in questa sede stati utilizzati strumenti di valutazione della sua efficacia generalpreventiva: ma il tema viene posto dai dati raccolti e sopra analizzati.
  E’, allo stato, ipotizzabile, che i numeri contenuti di contestazione dei delitti introdotti dalla legge n. 68 del 2015 – complessivamente almeno settantasei indagini preliminari in corso (ventisei a carico di ignoti) – ne segnalino un campo di seria e ragionata applicazione e, al contempo, che la sua entrata in vigore abbia prodotto effetti di prevenzione generale, a fronte della previsione di sanzioni più gravi.
  Il completamento della dinamica generalpreventiva potrà conseguire, nel prossimo futuro, alla percezione della concreta applicabilità processuale delle nuove fattispecie incriminatrici e dunque della effettività delle sanzioni.
  Va peraltro registrato che la prima applicazione in sede di giurisprudenza di legittimità dell'articolo 452-bis codice penale (6) è Pag. 27nel segno della positiva conferma dell'idoneità della nuova norma incriminatrice a sanzionare condotte ricostruibili nella loro materialità e qualificabili illecite al ricorrere di condizioni che la norma pone e che il giudice può concretamente rinvenire nel fatto sottoposto alla sua valutazione.
  Con circolare del 19 gennaio 2016, la Direzione generale della giustizia penale ha varato un monitoraggio dell'impatto delle principali fattispecie contravvenzionali e delittuose nelle quali si articola il sistema di tutela penale dell'ambiente.
  Considerando la diversità di campione risultano omogenei i dati complessivi provenienti dall'84 per cento degli uffici requirenti di primo grado e dal 61 per cento degli uffici giudicanti di primo grado per il periodo sino al 31 dicembre 2015, elaborati dalla Direzione generale della giustizia penale del Ministero della giustizia.
  La fattispecie più applicata risulta essere quella di cui all'articolo 452-bis del codice penale, con 51 procedimenti a carico di noti e 41 a carico di ignoti, mentre per le altre fattispecie risultano 21 procedimenti a carico di noti, 23 a carico di ignoti.
  Ancora sui dati numerici può essere condotto un riscontro a partire dal contenuto del rapporto di Legambiente, allegato a questa Relazione.
  Il dato di 173 contestazioni di delitti di cui alla legge n. 68 del 2015 viene fornito in quel rapporto sulla base di acquisizione di dati dalle polizie giudiziarie e per l'intero territorio nazionale; il dato sintetizzato nella tabella 2 sopra riportata (e di seguito nella tabella 11) deriva da un campione che, come si è detto, copre circa il 57 per cento del territorio nazionale.
  Lo scarto tra i due dati, una volta rapportati i due diversi parametri, è, per quelli forniti alla Commissione dalle procure della Repubblica, inferiore di circa il 20 per cento a quelli forniti dalle polizie giudiziarie: fatta salva una fisiologica variabilità, è razionalmente ipotizzabile che vi sia stata la dovuta attenzione delle autorità giudiziarie nella qualificazione giuridica dei fatti, inizialmente, o a seguito di indagine, difforme da quella inizialmente attribuita da chi ha acquisito la notizia di reato.
  È chiara in questa materia – ma l'osservazione è generalizzabile – la necessità di porre attenzione, nella redazione di statistiche, su ciò che è «denunciato» rispetto a ciò che è in effetti perseguito penalmente e a ciò che è giudizialmente accertato.
  Ferma restando la necessità di produzione giurisprudenziale e di consolidamento della stessa per poter utilizzare con efficacia il nuovo strumento legislativo, gli interlocutori della Commissione hanno evidenziato l'esistenza di criticità di ordine pratico e organizzativo, anch'esse composte e analizzate nel rapporto del Servizio per il controllo parlamentare.

  1.4.4) Criticità di ordine pratico e organizzativo.
  Nella valutazione quantitativa delle contestazioni effettuate per i nuovi "eco-delitti", occorre tenere presente, oltre al dato temporale rappresentato dal primo anno di vigenza della nuova legge, anche di una serie di elementi di fatto che si dimostrano rilevanti in sede di concreta attuazione delle nuove norme incriminatrici.
  In primo luogo occorre considerare che le già segnalate difficoltà tecnico-giuridiche poste dal dettato normativo dei nuovi reati, si traducono in un lavoro complesso e delicato da parte della polizia Pag. 28giudiziaria e delle Procure della Repubblica presso i Tribunali, le quali necessariamente devono appurare, nei singoli casi concreti, la sussistenza dei numerosi e potenzialmente controversi elementi costitutivi dei nuovi reati ambientali e dei relativi presupposti, e supportare tale sussistenza in termini probatori nell'ambito del procedimento penale.
  Le relative attività di indagine volte all'accertamento dei fatti che costituiscono reato, del rapporto di causalità con determinati comportamenti omissivi o commissivi, e quindi dei soggetti (persone fisiche ma eventualmente anche persone giuridiche) responsabili di tali comportamenti, possono risultare particolarmente complesse. Le indagini presso determinati distretti produttivi caratterizzati da intensa o significativa industrializzazione hanno ad esempio evidenziato una multifattorialità delle cause inquinanti che rende difficile l'accertamento del nesso di causa-effetto tra l'evento inquinante e le condotte oggetto di indagine. D'altro canto le indagini presso impianti dismessi o in siti maggiormente isolati scontano le difficoltà investigative legate all'accertamento di comportamenti anche assai risalenti nel tempo e commessi in luoghi spesso situati in proprietà o pertinenze interdette o comunque non immediatamente accessibili al pubblico.
  Le indagini per i nuovi reati ambientali possono pertanto durare anche molto a lungo e, ai sensi dell'articolo 407, comma 2, lett. b) del Codice di procedura penale, possono durare fino a due anni «per notizie di reato che rendono particolarmente complesse le investigazioni per la molteplicità di fatti tra loro collegati ovvero per l'elevato numero di persone sottoposte alle indagini o di persone offese».
  Quanto sin qui osservato consente di contestualizzare adeguatamente alcune particolari evidenze riscontrate nel campione esaminato, relativo come detto al primo anno di vigenza della L. n. 68/2015: l'assenza di sentenze di condanna, il limitato numero di dibattimenti aperti e invece la preponderante segnalazione di indagini preliminari in corso o di mere iscrizioni di notizie di reato.
  Questo dato supporta una prima importante considerazione: l'intervallo temporale di osservazione preso in considerazione nella presente ricerca è ancora relativamente breve e precoce; malgrado ciò il primo flusso di dati sin qui registrato è fondamentale ai fini di una corretta e attendibile ricostruzione delle serie storiche relative all'attuazione della legge n. 68/2015.
  Lo stesso dato supporta altresì anche un'altra considerazione di ordine pratico: l'apertura di una indagine per ciascuno dei nuovi "eco-reati" rappresenta, come si è visto, una ipotesi di lavoro estremamente complessa e onerosa, anzitutto in termini di attività investigativa e di tempo, ma anche, come subito si dirà, in termini di risorse. Tale considerazione aiuta a comprendere meglio l'atteggiamento di prudenza (talvolta anche di riserbo) che traspare nelle comunicazioni rese dagli Uffici giudiziari, i quali hanno colto l'occasione della presente rilevazione per segnalare, anche all'esito di attività di studio e approfondimento poste in essere dagli stessi, le varie forme di criticità che ritengono possano ulteriormente ostacolare percorsi di indagine che già di per sé si presentano impervi e accidentati.
  Altro importante aspetto problematico che emerge fra quelli sin qui richiamati è quello relativo all'accertamento dei soggetti responsabili delle nuove fattispecie criminose. Com’è noto la mancata identificazione di un responsabile nei termini di indagine previsti, conduce inevitabilmente alla richiesta di archiviazione e alla mancata incardinazione di un procedimento, sia pure per fatti che risultano gravemente offensivi per la collettività e meritevoli per legge di sanzione penale. Sotto questo aspetto occorre osservare, come si evince dalla seguente tabella 11, che Pag. 29i procedimenti contro ignoti rappresentano una quota significativa delle contestazioni relative ai nuovi "eco-delitti" (pari a circa un terzo sul totale delle contestazioni, con percentuali che possono tuttavia variare in riferimento alle singole fattispecie di reato).

Tabella 11

  Si precisa inoltre che nella tabella 11 sono indicate le contestazioni contro ignoti laddove espressamente indicate nelle comunicazioni pervenute dagli Uffici giudiziari: poiché in diversi casi è stata fornita una indicazione generica delle contestazioni senza specificare se riferita contro noti o ignoti, non può escludersi a priori che il numero complessivo delle contestazioni contro ignoti possa essere anche superiore a quello riferito nella colonna di destra. Si precisa inoltre che i totali delle contestazioni riferite (riportati nella colonna centrale) corrispondono ai totali riportati nell'ultima riga della tabella 2 (ove però non compare l'articolo 452-novies c.p.). Infine nella penultima riga della tabella 11 sono stati inserite 3 contestazioni generiche, ossia riferite senza specificazione del relativo titolo di "eco-delitto" rispettivamente dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Matera e dal Tribunale di Locri – Ufficio GIP: tali Uffici risultano inseriti nell'ultima colonna a destra della tabella l; gli altri Uffici inseriti in quest'ultima colonna hanno riferito ulteriori contestazioni generiche contro noti o senza alcuna precisazione in merito.
  La problematica inerente i procedimenti contro ignoti deve essere attentamente considerata in termini di valutazione dell'efficacia degli strumenti introdotti dalla L. n. 68/2015. Se da un lato infatti una quota significativa delle indagini in corso per fatti riconducibili ai nuovi "eco-delitti", in mancanza dell'individuazione dei responsabili dei fatti criminosi, presenta il rischio di non pervenire alla celebrazione di un processo e di non condurre quindi alla pronuncia di una sentenza di condanna, è sin d'ora comunque opportuno, alla luce degli obiettivi della legge individuati nel paragrafo 1.2, non limitarsi ad osservare l'efficacia delle nuove norme penali esclusivamente dal punto di vista Pag. 30della loro funzione repressiva (che di fatto potrebbe risultare affievolita per quanto testé osservato) ma considerare anche la funzione preventiva delle stesse norme e di tutte le attività di indagine che, comunque obbligatorie per legge, sono state condotte in relazione ad esse, anche se non sono sfociate nell'esercizio dell'azione penale. In altri termini e secondo un approccio metodologico controfattuale, l'efficacia degli strumenti introdotti dalla L. n. 68/2015 non potrà circoscriversi alla mera quantificazione degli esiti processuali delle attività di indagine attualmente in corso (ossia il dato quantitativo e osservabile del numero dei processi celebrati e delle condanne inflitte per singolo "eco-delitto"), ma dovrà opportunamente ricomprendere anche il dato, pure quantitativo ma non osservabile, dei comportamenti criminosi che non sono stati posti in essere per l'effetto deterrente delle nuove norme incriminatrici e dalle attività di indagine ad esse connesse.

  È la riproposizione del tema dell'efficacia generalpreventiva delle nuove norme incriminatrici, rivisto a partire dall'analisi compiuta.
  Riprendendo quanto detto a questo proposito, è possibile ipotizzare uno sviluppo di verifica che nel prossimo futuro miri a fornire valutazioni obiettive di efficacia della legge attraverso l'integrazione tra più indicatori: un'attendibile raccolta statistica di dati relativi a notizie di reato, provvedimenti cautelari, esercizio dell'azione penale, condanne; una stima fondata della «cifra oscura» in materia ambientale; la valutazione di indici esterni (attività amministrativa autorizzatoria, esiti di controlli ordinari, statistiche ambientali, ...) di emersione di attività illecite ovvero di investimenti nella prevenzione.

  Sotto l'aspetto prettamente organizzativo, e come accennato precedentemente, una indagine per fattispecie rientrante fra gli "eco-reati" (includendo in essi tanto gli "eco-delitti" sopra descritti, quanto anche i reati contravvenzionali in materia ambientale, per i quali la L. n. 68/2015 ha introdotto il c.d. "procedimento delle prescrizioni" di cui si dirà in seguito) rappresenta una ipotesi di lavoro particolarmente onerosa anche in termini di risorse umane da impiegare nell'attività investigativa. Tale attività può richiedere non solo la disponibilità di ulteriore personale da destinare alle indagini, ma soprattutto richiede l'apporto di unità di personale specializzato di polizia giudiziaria, in possesso cioè di adeguate competenze tecnico-scientifiche nelle materie ambientali e igienico-sanitarie che rilevano nel corso dell'attività investigativa e che rappresentano, come in più casi manifestato dagli Uffici giudiziari interpellati, una risorsa scarsa. A tale problema vari Uffici giudiziari hanno cercato di supplire con attività di formazione interna o con forme di collaborazione tra diversi Corpi di polizia giudiziaria o talvolta ricorrendo a costose consulenze esterne. Ulteriore e molto importante canale di collaborazione nell'attività di indagine è rappresentato dall'apporto delle Agenzie regionali per la protezione ambientale (ARPA): anche sotto questo profilo tuttavia, almeno in talune Regioni, è stata segnalata la carenza di una disponibilità di personale adeguata al volume di lavoro già in essere presso tali Agenzie, volume di lavoro incrementato proprio dalle richieste della polizia giudiziaria conseguenti alle attività di indagine relative ai reati ambientali.
  Il grafico seguente indica in modo riassuntivo le principali criticità operative segnalate dagli Uffici giudiziari del campione allargato (sono ricompresi cioè anche Uffici giudiziari che non hanno comunicato contestazioni dei nuovi "eco-delitti" e che quindi non figurano nelle tabelle precedenti).
Pag. 31

Grafico 2

  Dal complesso di queste osservazioni risulta dunque evidente che l'adeguata disponibilità di personale di polizia giudiziaria specializzato, in grado cioè di affrontare con maggiore preparazione ed efficacia le problematiche di ordine tecnico-scientifico che emergono nel corso delle attività di indagine relative agli "eco-reati’’, risulta sin d'ora una delle problematiche fondamentali per porre le condizioni operative necessarie a consentire la più efficace ed efficiente attuazione degli strumenti penali e processuali introdotti dalla legge n. 68/2015. Sotto questo aspetto appare dunque critico il raggiungimento dell'obiettivo di attuare la legge n. 68/2015 senza nuovi o maggiori oneri finanziari. Quanto evidenziato al riguardo dalla presente analisi potrà comunque essere utilmente utilizzato come termine di paragone per una ulteriore fase di osservazione che in ipotesi venga condotta in seguito all'adozione di eventuali iniziative che intervengano su tale problematica.

  Infine, sotto un ulteriore profilo sempre attinente ai riflessi organizzativi, alcune Procure della Repubblica presso Tribunali hanno comunicato di aver creato delle sezioni specializzate aventi ad oggetto i crimini ambientali o di aver instaurato dei protocolli di indagine o di aver emanato direttive (in particolare con riferimento al procedimento delle prescrizioni di cui si dirà in seguito). Dall'osservazione del campione (tali informazioni sono inserite nelle tabelle nn. 3 – 10 sopra riportate) si evince che sebbene siffatte scelte organizzative sono senz'altro in grado di agevolare l'attività di indagine – ottimizzando in particolare le risorse umane disponibili nonché il consolidamento, l'implementazione e l'utilizzo dei relativi know-how – si ravvisano tuttavia anche situazioni in cui è stato rilevato un sensibile numero di contestazioni degli "eco-delitti" pur in assenza di moduli organizzativi specializzati. Parimenti nel campione allargato si ravvisano Uffici che si sono dotati di analoghe strutture ma che, alla data della rilevazione, non Pag. 32avevano ancora segnalato contestazioni dei nuovi delitti. Anche questo aspetto organizzativo sconta comunque, secondo quanto riferito in precedenza, la relativa brevità e anticipazione del periodo di osservazione sotteso alla presente ricerca ed è dunque meritevole di una ulteriore disamina in una eventuale successiva ipotesi di analisi.

  L'analisi delle osservazioni provenienti dagli uffici giudiziari tiene insieme tre risorse degli organi inquirenti: polizia giudiziaria, Agenzie ambientali, consulenze.
  Il presupposto di rilevanza di queste risorse è l'elevato grado di tecnicità delle norme di cui alla legge n. 68 del 2015 e la necessità di introduzione nel procedimento penale di conoscenze extragiuridiche.
  Dalle tabelle e grafici riportati nella parte centrale del rapporto del Servizio per il controllo parlamentare, e soprattutto dal grafico n. 2 sopra riprodotto, emerge come, sin dall'acquisizione della notizia di reato, la magistratura inquirente abbia necessità di poter contare su valutazioni precise e pertinenti circa la natura della condotta, l'esistenza di un evento penalmente rilevante, la misura dell'eventuale compromissione/deterioramento/alterazione di matrici ambientali.
  L'ampio spettro esistente tra reati contravvenzionali suscettibili della procedura delle prescrizioni, contravvenzioni produttive di danno o pericolo di danno, delitti, fa sì che a fini di immediata rilevanza procedimentale il pubblico ministero debba provvedere a qualificare correttamente il fatto: e ciò potrà fare – come l'insieme delle informazioni offerte dagli uffici giudiziari conferma – potendo contare sulla collaborazione di polizie giudiziarie specializzate e delle agenzie ambientali; lasciando se possibile sullo sfondo l'impiego di soggetti estranei agli apparati pubblici, nominati e retribuiti come consulenti.
  Il richiamo, contenuto nel rapporto del Servizio per il controllo parlamentare all'invarianza finanziaria (altre considerazioni infra, nel 1.5 del rapporto) pone lo sguardo su un altro delicato problema: se cioè l'introduzione di norme penali a significativo impatto procedimentale possa effettivamente ritenersi a costo zero, ovvero se la concreta invarianza delle risorse generi una redistribuzione di quelle esistenti a detrimento di altri settori di intervento delle polizie giudiziarie e della magistratura.

  1.4.5) Criticità interpretative evidenziatesi riguardo il procedimento delle prescrizioni.
  La legge n. 68/2015 ha inoltre introdotto un procedimento speciale per perseguire i reati contravvenzionali in materia ambientale [...]
  Tale procedura (per brevità indicata come "procedimento delle prescrizioni" e disciplinata dai nuovi artt. 318-bis e ss. del D.Lgs. n. 152/2006) prevede che, in caso di condotte che non hanno provocato danno, al soggetto responsabile dei predetti comportamenti vengano impartite delle prescrizioni, ossia delle istruzioni asseverate dall'ente specializzato competente, il cui adempimento, insieme al pagamento di una somma in misura ridotta rispetto alla sanzione penale prevista, estingue il reato. Con tale strumento processuale il legislatore ha inteso intervenire in maniera efficace, rapida e restitutiva, secondo una Pag. 33modalità già sperimentata in materia di violazione delle norme concernenti la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
  La necessità di pervenire tempestivamente all'approvazione della legge n. 68/2015, all'esito di una complessa navette tra Camera e Senato, ha comportato che siano rimasti non sufficientemente definiti alcuni aspetti della regolamentazione delle prescrizioni impartite al contravventore.

  Il modello procedimentale di cui agli articoli 318-bis e seguenti del decreto legislativo n. 152 del 2006, introdotto dalla legge n. 68 del 2015, è affine a quello ampiamente sperimentato in materia di violazione di norme prevenzionistiche con il decreto legislativo n. 758 del 1994: tuttavia la specificità della materia ha suggerito un passaggio ulteriore, consistente nella asseverazione tecnica «dell'ente specializzato competente nella materia trattata» (articolo 318-ter, comma 1, del decreto legislativo n 152 del 2006).
  Il tema del procedimento prescrizionale non era materia oggetto di richiesta diretta di dati o informazioni agli uffici giudiziari: ciononostante le relative questioni applicative sono state largamente trattate nelle risposte, a conferma che la mancata compiuta definizione in sede normativa ha prodotto la necessità di interventi a compensazione di talune «aree grigie».
  L'ipotesi di affrontare sulla base di stime quantitative l'applicazione del procedimento è venuta meno, in corso d'indagine, in considerazione dell'eterogeneità delle risposte, più orientate a considerazioni di merito giuridico e organizzativo che a dati numerici; rileva dunque, in principalità, il descritto fenomeno di incompiutezza e di reazione ad essa, che ha coinvolto istituzionalmente anche la procura generale presso la Corte di cassazione e ISPRA/SNPA, i cui documenti sono allegati alla presente relazione.

  Per effetto di tali aree grigie si sono confrontate sul territorio nazionale diverse direttive emanate dalle Procure della Repubblica e diversi orientamenti espressi dalle Agenzie regionali per la protezione ambientale ARPA. Una delle finalità originarie della presente verifica di attuazione era appunto quello di tracciare un primo quadro riassuntivo delle prassi applicative invalse in relazione a tale innovativo strumento processuale e provare a stimare in termini quantitativi l'applicazione data a quest'ultimo dagli operatori giudiziari. Sotto quest'ultimo aspetto la qualità, estremamente eterogenea e spesso solo indicativa in termini numerici, dei dati comunicati dagli Uffici giudiziari interpellati non consente purtroppo di ricostruire, al pari di quanto effettuato per i nuovi "eco-delitti", una mappatura dell'applicazione della nuova procedura alle molteplici fattispecie contravvenzionali, né di fornire una attendibile quantificazione della relativa applicazione, anche in termini meramente complessivi. Richiamando i dati generali del campione, tra i 61 Uffici giudiziari che hanno riferito di aver dato attuazione alle disposizioni di cui alla L. n. 68/2015, sono almeno 20 quelli che hanno effettivamente applicato le nuove norme del procedimento delle prescrizioni. Tuttavia [...] solo una parte minoritaria di tali Uffici hanno rappresentato, peraltro con modalità nemmeno perfettamente coincidenti, il numero delle richieste di archiviazione per avvenuta estinzione del reato ex articolo 318-septies del D.Lgs. n. 152/2006, ossia all'esito dell'effettiva esecuzione delle prescrizioni da parte del contravventore e al pagamento della somma in misura ridotta. Anche sotto tale profilo, Pag. 34un eventuale aggiornamento della presente verifica di attuazione poter auspicabilmente pervenire a risultati maggiormente espressivi. È tuttavia utile osservare che la maggior parte degli Uffici giudiziari piuttosto che fornire indicazioni quantitative precise del numero dei casi in cui hanno applicato il procedimento delle prescrizioni, hanno preferito concentrarsi, anche con dovizia di approfondite argomentazioni, sulle problematiche applicative della nuova procedura. Dal complesso delle comunicazioni pervenute e delle direttive impartite agli Uffici di polizia giudiziaria, allegate dagli Uffici giudiziari, si evince un forte interesse all'applicazione della nuova procedura, che viene per lo più percepita come una soluzione senz'altro auspicabile sia a fini deflattivi sia a fini restitutori.
  Si riassumono di seguito le principali questioni interpretative relative a tale procedura:

Contravvenzioni assoggettabili al procedimento delle prescrizioni.
  Tale questione inerisce direttamente il campo di applicazione della nuova procedura ed ha sostanzialmente dato luogo a due ipotesi interpretative: secondo la prima opzione sarebbero escluse dall'ambito di applicazione della procedura le sole contravvenzioni punite con l’ arresto; in base alla seconda ipotesi sarebbero invece escluse anche le contravvenzioni punite con arresto e ammenda congiunta. Si tratta della questione interpretativa in assoluto più dibattuta e segnalata dagli Uffici giudiziari, ampiamente approfondita in varie relazioni trasmesse alla Commissione d'inchiesta. Se da un lato infatti la finalità di garantire la più ampia funzionalità al nuovo strumento processuale ispira le interpretazioni di natura estensiva, orientate cioè ad ammettere al procedimento delle prescrizioni la più ampia platea di reati contravvenzionali (estendendosi eventualmente fino alle fattispecie previste di Pag. 35fuori dello stesso D.Lgs. n. 152/2006), dall'altro lato nelle prospettazioni di orientamento più restrittivo sono state avanzate delicate questioni di coerenza interna del sistema dei reati contravvenzionali in materia ambientale sotto il profilo sanzionatorio, paventandosi in talune situazioni il rischio che l'ammissione indiscriminata alla procedura di cui all'articolo 318-bis del D.Lgs. n. 152/2006 possa comportare trattamenti irragionevolmente più vantaggiosi per fattispecie contravvenzionali più gravi.

Identificazione del destinatario delle somme dovute a titolo di prescrizione.
  La disciplina del procedimento delle prescrizioni non individua specificamente tale soggetto e in sede di applicazione della nuova procedura, all'atto del pagamento della somma dovuta in misura ridotta rispetto alla sanzione penale prevista, si è posto in concreto il problema dell'intestazione del relativo modulo di pagamento a carico del contravventore. Alcune delle comunicazioni rese dagli Uffici giudiziari riferiscono che il soggetto beneficiario è stato individuato nell'ARPA competente per territorio, che incamera tali somme a titolo provvisorio in attesa di una definizione normativa della questione.
  Si segnala al riguardo che il Governo, nella seduta della Camera dei deputati del 15 giugno 2016, ha accolto l'ordine del giorno n. 9/68-B/12 De Rosa il quale, premesso tra l'altro che "uno dei maggiori problemi riscontrati nell'ambito del controllo ambientale riguarda l'insufficienza di risorse disponibili e vincolate destinate al controllo", impegna il Governo "a valutare la possibilità di istituire attraverso ulteriori iniziative normative nell'ambito del Fondo unico giustizia di una apposita sezione <Ambiente> a destinazione obbligata, a favore del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, compatibilmente con gli equilibri di finanza pubblica, in cui confluiscano i proventi dei beni sottoposti a sequestro penale o amministrativo, a confisca, le ammende, le multe nonché le sanzioni e le penali di natura ambientale, con particolare riferimento ai pagamenti effettuati ai sensi dell'articolo 318-quater, comma 2, nonché dell'articolo 318-septies, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 al fine di fornire adeguate risorse all'attività di vigilanza in campo ambientale segnatamente svolta dal sistema nazionale a rete per la protezione ambientale di cui alla presente legge".
  Nella stessa seduta è stato parimenti accolto l'ordine del giorno n. 9/68-B/2 Matarrelli che impegna il Governo "a monitorare gli effetti applicativi delle disposizioni richiamate in premessa, al fine di valutare la possibilità di adottare eventuali iniziative volte a predisporre l'istituzione, nell'ambito del Fondo unico giustizia, di una sezione ad hoc a destinazione vincolata per la tutela ambientale, finanziata con i proventi dei beni sottoposti a sequestro penale o amministrativo, a confisca, le ammende, le multe nonché le sanzioni e le penali di natura ambientale".
  Tali ordini del giorno sono stati trasmessi, a cura della competente struttura amministrativa della Camera dei deputati, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e al Ministero della giustizia. Allo stato non risultano pervenute note di attuazione al riguardo.

Verifica dei presupposti per l'applicazione del procedimento delle prescrizioni.
  Riguarda l'interpretazione del presupposto, previsto dall'articolo 318-bis del D.Lgs. n. 152/2006, dell'assenza di danno o di pericolo concreto e attuale di danno, necessario per l'attivazione della procedura. Una interpretazione eccessivamente rigorosa potrebbe condurre ad Pag. 36affermare che qualunque violazione, anche solo formale, comporti un danno o un pericolo di danno e quindi impedisca l'accesso a tale procedura. La valutazione della sussistenza del danno (o del relativo pericolo) si collega alla questione della competenza su tale valutazione, che non può ricadere sul solo operatore di polizia giudiziaria o sul soggetto asseveratore tecnico, ma che spetta invece al pubblico ministero.

Identificazione dell'Ente asseveratore
  Ossia dell'ente specializzato competente nella materia trattata cui spetta, alla stregua dell'articolo 318-ter del D.Lgs. n,. 152/2006, l'asseverazione tecnica delle prescrizioni impartite al contravventore. Tale ente è stato alternativamente identificato nell'ARPA competente per territorio o anche nell'autorità amministrativa dotata delle competenze autorizzative (ad esempio Provincia o Regione).

Rapporto tra procedimento delle prescrizioni e articolo 131-bis cod. pen. (richiesta di archiviazione "per la particolare tenuità del fatto")
  In presenza di condotte che abbiano determinato minime ripercussioni sulle risorse ambientali e che in quanto tali non rientrerebbero nell'ambito di applicazione dell'articolo 318-ter del D.Lgs. n. 152/2006, potrebbe procedersi alla richiesta di archiviazione ex articolo 131-bis cod. pen. Il ricorso a quest'ultimo istituto potrebbe non essere precluso anche in caso di mancata o ritardata ottemperanza alla sanzione pecuniaria. Inoltre, sulla base dell’ invalso orientamento volto ad ammettere l'applicabilità dell'articolo 131-bis cod. pen. anche ai reati che prevedono soglie di punibilità, si pone il dubbio di poter impartire delle prescrizioni anche in presenza di condotte che abbiano determinato emissione di sostanze inquinanti di poco superiori ai limiti di soglia previsti dalle tabelle ministeriali.

Potere di controllo del pubblico ministero sull'attività della polizia giudiziaria circa l'applicabilità delle prescrizioni.
  Risiede nel pubblico ministero un potere di verifica (in termini di conferma o meno) della valutazione effettuata dalla polizia giudiziaria e dal soggetto asseveratore;
  in particolare, trattandosi di una procedura favorevole al reo, il pubblico ministero dovrà giustificare in sede procedimentale e processuale, a fronte di istanze o eccezioni formulate dall'indagato o dall'imputato, i motivi alla base della mancata ammissione alla procedura delle prescrizioni. È stato altresì sottolineato che l'avvio di tale procedura possa di fatto essere rimessa interamente alla polizia giudiziaria, salvo un mero controllo successivo da parte dell'Autorità giudiziaria. È stata poi constatata la carenza di un meccanismo di surroga del pubblico ministero nell'attivazione del regime delle prescrizioni nel caso di una ingiustificata inerzia in tal senso della polizia giudiziaria.

Applicabilità del procedimento delle prescrizioni ai reati istantanei.
  È sorto il dubbio se la procedura ex articolo 318-bis del D.Lgs. n. 152/2006 possa applicarsi ai reati istantanei (in cui cioè sia già stata perfezionata la lesione del bene giuridico tutelato dalla norma penale) o solo ai reati permanenti (in cui cioè può profilarsi una concreta cessazione della compromissione dello stesso bene giuridico). A fronte di un orientamento favorevole si riscontra anche una ipotesi contraria secondo la quale ai reati istantanei potrebbe se del caso applicarsi il ricordato istituto della richiesta di archiviazione per particolare tenuità del fatto ex articolo 131-bis cod. pen.

Pag. 37

Riferimento nell'articolo 318-bis del D.Lgs. 152/2006 alle "risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette".
  In particolare è stato sollevato il dubbio se l'aggettivo qualificativo ’’protette" sia ultroneo rispetto al concetto di danno o pericolo alle "risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche", se inerisca ai soli beni paesaggistici o riguardi tutte e tre le categorie di risorse. Ovvero se tale locuzione richiami o meno la categoria formale delle aree e dei beni sottoposti a vincolo o a speciale regime di tutela.

  Esula evidentemente dall'oggetto della presente relazione una presa di posizione a favore dell'una o dell'altra interpretazione: ciò che pare utile sottolineare è l'immediata percezione tra gli operatori della necessità di colmare quelli che sono apparsi come vuoti normativi.
  Se da un lato, in forma contenuta, gli interlocutori giudiziari della Commissione ipotizzano interventi del legislatore ad integrazione delle norme della legge n. 68 del 2015, dall'altro, in maniera più estesa e consistente, si pensa alla necessità di interpretare le norme al fine di renderle più efficacemente applicabili.
  La considerazione, che qui viene svolta in relazione al tema delle prescrizioni, è estensibile all'intero insieme dei contributi degli uffici giudiziari: la visione della legge n. 68 del 2015 come complesso normativo impegnativo, da affrontare con gli strumenti ermeneutici più idonei, è ampiamente prevalente; minoritarie sono richieste di intervento del legislatore e assenti aspirazioni novellatrici della legge ampie o catartiche.
  In tema di prescrizioni l'esigenza avvertita è quella di garantire un'omogeneità interpretativa che eviti difformità, e dunque diseguaglianze, nell'applicazione della legge, tra distretti o circondari diversi o, addirittura, nell'ambito del medesimo circondario ad opera di diverse polizie giudiziarie o organi di controllo.
  Di qui la frequente emanazione di direttive delle singole procure della Repubblica, diverse delle quali comunicate alla Commissione.
  Il primo livello di coordinamento praticabile in concreto e allo stato delle cose risulta quello delle procure generali.
  In tal senso un esempio positivo di interlocuzione tra procure della Repubblica, agenzie e polizie giudiziarie è quello del protocollo d'intesa sui reati ambientali sottoscritto il 18 maggio 2016 presso la procura generale di Bologna, che ha assunto un'iniziativa di coordinamento basata sull'articolo 6 del decreto legislativo n. 106 del 2006, norma dell'ordinamento giudiziario che promuove, tra l'altro, «il corretto ed uniforme esercizio dell'azione penale».
  L'iniziativa della procura generale di Bologna è intervenuta dopo l'avvio dell'interlocuzione con la Commissione, che è stata formale destinataria del documento contenente il protocollo non appena approvato.
  Si tratta, per l'appunto, di un livello di coordinamento praticabile in concreto e corretto dal punto di vista dell'ordinamento, il cui livello superiore, finalizzato all'obiettivo dell'omogeneità nazionale, si colloca presso la Procura generale presso la Corte di cassazione, già impegnata nell'applicazione dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 106 del 2006 in tema di uniforme esercizio dell'azione penale, in collegamento con le procure generali presso le corti di Appello, non soltanto per Pag. 38evitare disomogeneità ma anche per incentivare le prassi di migliore efficacia: è allegata alla Relazione la relazione della Procura generale presso la Corte di cassazione ad esito della riunione dei Procuratori generali del 14-15 aprile 2016 in tema di applicazione dell'articolo 6 del decreto legislativo 20 febbraio 2006, n. 106 ai reati ambientali.
  A esigenze analoghe, come percepite dal punto di vista del Sistema nazionale per la protezione dell'ambiente, è ispirato il documento di di ISPRA-SNPA, allegato alla relazione, che propone la prosecuzione dell'attività dell'osservatorio sull'applicazione della legge n. 68 del 2015 e la realizzazione di una serie di attività di sistema di natura informativa.
  La coincidenza di più interventi ab extra legge n. 68 del 2015, oltre a quelli ricognitivi e orientativi citati, della Procura generale presso la Corte di cassazione e di ISPRA-SNPA, è confermata dalla presentazione alla Camera dei deputati (ed accoglimento da parte del Governo) dei tre ordini del giorno ad oggetto specifico inerenti, i primi due – già citati – la materia della destinazione delle risorse derivanti dall'esecuzione di sanzioni ora previste dalla legge n. 68 del 2015 e il terzo la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria del personale delle Agenzie ambientali.
  Il Governo ha infatti accolto, nella seduta della Camera dei deputati del 15 giugno 2016, l'ordine del giorno n. 9/68-B/19 Cominardi, il quale, premesso tra l'altro che «in alcune regioni gli operatori delle agenzie regionali per l'ambiente operano con funzioni di ufficiale di polizia giudiziaria ed in altre no. Ciò crea una situazione che non aiuta la costituzione di una rete omogenea di controlli ambientali. Pertanto si ritiene fondamentale che il personale incaricato degli interventi ispettivi operi con la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria" impegna il Governo "a valutare la possibilità di intervenire tempestivamente attraverso ulteriori iniziative normative al fine di riconoscere la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria al personale appartenente alle agenzie ambientale e all'ISPRA incaricato degli interventi ispettivi».
  Un problema accessorio rispetto al nuovo sistema, ma di grande rilevanza per la sua concreta applicazione, era quello del superamento dei residui dubbi sull'attribuzione di funzioni di polizia giudiziaria al personale delle agenzie.
  Poter attribuire agli appartenenti al personale delle Agenzie ambientali la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria significa ad esempio che nell'immediatezza dell'intervento su reati ambientali e in corso di indagine essi possono procedere – senza necessità di coinvolgere altri operanti – al sequestro preventivo di cui all'articolo 321, comma 3-bis, del codice di procedura penale, ad assunzione di sommarie informazioni ai sensi dell'articolo 350 del codice di procedura penale, ad accertamenti e sequestri ai sensi dell'articolo 354 codice di procedura penale, allo svolgimento di attività delegate dal pubblico ministero, alla redazione di atti destinati alla piena utilizzabilità procedimentale e processuale; tutto ciò agendo con le competenze tecniche proprie della loro tipica funzione di tutela ambientale e dunque con significativa efficacia.
  Su quest'ultimo punto vanno segnalate due sopravvenienze, una normativa e una giurisprudenziale.Pag. 39
  La legge 28 giugno 2016 n. 132, di istituzione del Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente, rende esplicita l'attribuzione della qualifica.
  L'articolo 14 della legge n. 132 del 2016, reca disposizioni sul personale ispettivo dell'ISPRA e oltre a prevedere l'emanazione di un apposito regolamento (il cui schema dovrà essere trasmesso alle Camere per l'espressione del parere da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario) dispone, al comma 7 che "il presidente dell'ISPRA e i legali rappresentanti delle agenzie possono individuare e nominare, tra il personale di cui al presente articolo, i dipendenti che, nell'esercizio delle loro funzioni, operano con la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria. A tale personale sono garantite adeguata assistenza legale e copertura assicurativa a carico dell'ente di appartenenza."
  Per il passato il riconoscimento della qualifica, con la conseguente validità degli atti di polizia giudiziaria compiuti, talora contestato in giudizi di merito, era deducibile dalla lettura coordinata dell'articolo 57 codice di procedura penale, del decreto legislativo n. 496 del 1993 n. e del decreto ministeriale 58 del 1997: recentemente la Corte di cassazione, Sez. III penale, con sentenza n. 50352 del 28 novembre 2016 (allegata alla presente relazione) ha confermato questa lettura, con ampiezza di argomenti e ricostruendo il quadro delle fonti normative a partire dal dato testuale dell'articolo 57, terzo comma, codice di procedura penale.

  1.5) Spunti di riflessione per un'analisi economica dell'attuazione della L. n. 68/2015
  Da alcune delle questioni sollevate dagli Uffici giudiziari nelle relazioni trasmesse alla Commissione d'inchiesta possono trarsi alcuni spunti di riflessione utili ai fini di una valutazione dell'efficacia degli strumenti introdotti dalla legge n. 68/2015 ispirata a un approccio metodologico di tipo prettamente economico.
  Una prima questione specifica, concernente la procedura ex articolo 318-bis e ss. del D.Lgs. n. 152/2006, è stata rilevata dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Tivoli, laddove essa osserva che l'esiguità dei termini di prescrizione (ossia dei termini spirati i quali il reato si estingue) previsti per i reati contravvenzionali (e la loro mancata interruzione anche a seguito dell'esercizio dell'azione penale) inducono gli indagati a non aderire alla suddetta procedura nell'auspicio di poter beneficiare dell'impunità conseguente alla futura declaratoria di estinzione del reato.
  Nell'ottica di una valutazione dell'efficacia del nuovo strumento processuale, tale constatazione si focalizza sull'interesse, inteso quasi "in senso economico", del contravventore (considerato quindi quasi alla stregua del consumatore nella teoria microeconomica) ad avvalersi della procedura introdotta dalla legge n. 68/2015 e a lui favorevole rispetto al procedimento ordinario, ma che potrebbe risultare per lo stesso soggetto non sufficientemente "appetibile" in determinate situazioni, in cui il decorrere dei termini di prescrizione della contravvenzione e i tempi di esercizio dell'attività giudiziaria potrebbero consentirgli di raggiungere comunque l'impunità addirittura a costo zero (ossia senza dover adempiere alle istruzioni impartitegli e senza pagare la somma dovuta, sia pure in misura ridotta rispetto alla sanzione edittale prevista). È necessario osservare che un simile ragionamento trova la Pag. 40sua ragion d'essere nella possibilità per il contravventore di compiere una scelta al margine, ossia quella di aderire o meno a un procedimento speciale (nella fattispecie il procedimento delle prescrizioni): situazione questa che nell'ordinamento penale [può] evidentemente non ricorrere per tutte le fattispecie di reato.
  Può essere dunque utile in futuro tenere in considerazione siffatta ipotesi di analisi del comportamento del contravventore, per verificare in un eventuale successivo periodo di osservazione se determinate situazioni contingenti inerenti specifiche fattispecie contravvenzionali possano di fatto e in quale misura consentire una paradossale "fuga" dal procedimento speciale (la cui applicazione è viceversa incentivata proprio attraverso la previsione di un trattamento più favorevole al reo rispetto alla pena edittale e a procedimento ordinario), con indebolimento non solo dell'efficacia del nuovo strumento processuale, ma dell'azione giudiziaria nel suo complesso.
  Un'ulteriore riflessione, condotta stavolta secondo un approccio di tipo macroeconomico, può condursi intorno alla seguente domanda: quanto può costare, in concreto, l'attuazione delle nuove norme sugli "eco-delitti" ?
  Tale domanda, lungi dal porre in dubbio la scelta del Legislatore di considerare la tutela dell'ambiente un bene meritevole di tutela penale a prescindere dai costi di esercizio, deve essere declinata in concreto con riferimento a talune delle problematiche di ordine organizzativo segnalate in precedenza, e si ricollega principalmente ai più elevati costi di esercizio delle attività di indagine connesse ai reati ambientali. Sono stati segnalati i costi notevoli dei rilevamenti e degli accertamenti tecnico-scientifici necessari, nonché i costi delle consulenze tecniche, acuiti anche dalla difficoltà di reperire periti specializzati nelle materie del caso. Alcuni Uffici hanno anche segnalato i costi legati alla custodia dei beni immobili posti sotto sequestro. Allo stesso modo rappresenta un costo di esercizio nell'attuazione della legge n. 68/2015 anche l'incremento del volume di lavoro a carico delle ARPA e degli enti asseveratori in generale. Anche sotto questo profilo occorre osservare come risulti critico il raggiungimento dell'obiettivo di attuare la predetta legge n. 68/2015 senza nuovi o maggiori oneri finanziari.
  Al di là di ogni considerazione generale di finanza pubblica circa la necessità di sostenere e implementare le attività di contrasto agli "eco-reati", ma limitando l'orizzonte di tale riflessione alla legge n. 68/2015 intesa come strumento autonomo, una interessante ipotesi di lavoro da condurre in un eventuale seguito della presente verifica potrebbe riguardare l'entità delle somme versate dai contravventori per effetto del "procedimento delle prescrizioni" e l'accertamento della misura in cui tale flusso economico riesca, almeno in parte, a compensare l'aumento dei costi a carico per esempio delle stesse ARPA. Potrebbe cioè verificarsi in che misura gli strumenti previsti dalla legge n. 68/2015 siano in grado di "autofinanziarsi" e in che misura richiedano invece ulteriori forme di sostegno finanziario; oppure potrebbe valutarsi l'opportunità di rivedere la quantificazione della premialità attualmente prevista dall’ articolo 318-quater del D.Lgs. n. 152/2006, ossia il pagamento di una somma pari a un quarto del massimo dell'ammenda stabilita per la contravvenzione commessa.
  È parimenti evidente che una simile disamina non potrebbe prescindere dalle considerazioni svolte in precedenza circa la "convenienza" per il singolo contravventore ad accedere alla suddetta procedura deflattiva in costanza di termini di prescrizione delle contravvenzioni troppo brevi.
  Sotto altro punto di vista, dal complesso delle osservazioni raccolte Pag. 41emerge la necessità di assicurare, ai fini di una efficace attuazione della legge n. 68/2015, congrue risorse umane, soprattutto specializzate, a supporto dell'attività della polizia giudiziaria e degli altri soggetti attori del procedimento penale. In termini generali, può ritenersi che la legge n. 68/2015 è uno strumento che induce un significativo aumento della domanda di personale specializzato nelle materie scientifiche suscettibili di applicazione in contesti ambientali (quali ad esempio periti chimici e biochimici o esperti in materie epidemiologiche): tale fenomeno potrebbe, in prospettiva, comportare l'affermazione di nuove figure professionali e, per questa via, richiedere più in generale la predisposizione di precipui percorsi di studio e di formazione professionale o la rivisitazione di quelli esistenti.

  Le questioni che fisiologicamente si pongono dopo l'entrata in vigore di una legge riguardano la sua interpretazione giuridica. In termini conseguenti e variamente orientati, l'applicazione in concreto di una nuova legge dà altresì abitualmente luogo a una sua valutazione politica.
  Può arricchire questi approcci tradizionali, senza ad essi evidentemente sostituirsi, un'analisi quantitativa e qualitativa degli effetti in senso ampio dell'entrata in vigore della legge.
  L'analisi dei dati e delle informazioni raccolte dalla Commissione d'inchiesta ed elaborate in collaborazione con il Servizio per il controllo parlamentare ha indotto ad affrontare tematiche non usuali, riconducibili a quegli effetti.
  Così è a dirsi del comportamento, analizzato in termini microeconomici, dei destinatari delle norme, ovvero dell'analisi macroeconomica degli effetti dell'entrata in vigore delle stesse, anche in termini di «costi di esercizio» delle norme penali.
  Si tratta in quest'ultimo caso, secondo quanto evidenziato nei dati e informazioni acquisiti e nel rapporto, del peso economico dello svolgimento di indagini complesse, valutabile come costo del personale per le strutture (uffici giudiziari, polizia giudiziaria, agenzie), per necessità aggiuntive di formazione professionale, per attività tecnico-scientifiche, ma anche di un saldo economico attivo dato dall'applicazione o irrogazione di sanzioni pecuniarie o accessorie: voci che potrebbe essere ipotizzabile conciliare con la creazione di un vincolo di destinazione.
  Una raccolta di dati nella forma qui riferita costituisce una novità per la Commissione; ma del pari l'analisi di norme penali ha costituito una novità per il Servizio per il controllo parlamentare.

  1.6) La natura penale delle disposizioni della legge n. 68/2015
  Come osservato nelle pagine precedenti, un fondamentale elemento di novità della presente verifica di attuazione è la natura penale delle disposizioni della legge n. 68/2015. I dati richiesti e forniti dagli Uffici giudiziari contattati dalla Commissione di inchiesta hanno riguardato l'avvenuta applicazione delle nuove disposizioni penali, fornendo indicazioni in merito ai procedimenti penali nei quali siano state contestate le nuove fattispecie di reato o sia stato applicato il nuovo rito processuale.
  La lettura di tali dati richiede, come si è già visto, una attenta riflessione metodologica e comporta la necessità di declinare in modo peculiare i criteri di interpretazione delle informazioni raccolte. La norma penale costituisce, com’è noto, un periodo ipotetico: contiene Pag. 42infatti un precetto e, nell'ipotesi in cui esso venga violato, prevede l'irrogazione di una sanzione. Viceversa le disposizioni contenute in altre leggi non penali per le quali è stata svolta in passato la verifica della relativa attuazione (si pensi ad esempio alla normativa taglia-enti) sono norme per lo più di carattere qualificativo od organizzativo.
  In primo luogo il dato per cui, a distanza di un anno dall'entrata in vigore, una consistente percentuale di uffici giudiziari non abbia ancora applicato le disposizioni di cui alla legge n. 68/2015, può essere ricondotto proprio al verificarsi della condizione prevista da quel periodo ipotetico, ossia all'avvenuta violazione – o meglio: all'accertamento della violazione – del precetto penale. Pertanto un numero relativamente contenuto di contestazioni non deve essere necessariamente interpretato come un dato negativo, ma può risultare dovuto ai fattori strutturali illustrati in precedenza, quali in primo luogo la complessità delle nuove fattispecie delittuose, che richiedono lunghe e complesse attività di indagine, con la presenza di nuclei investigativi specializzati e di strutture deputate al compimento di prelievi ed analisi. L'incidenza di tali fattori può risultare acuita, come si è visto, dall'eventuale presenza di criticità applicative, che potrebbero d'altra parte indurre gli stessi uffici giudiziari ad applicare le nuove norme con una certa prudenza in attesa proprio dell'emanazione di apposite direttive o della definizione di chiari indirizzi giurisprudenziali. Per altro verso l'eventuale insorgenza di dati che indichino una mancata applicazione di tali norme penali in determinate aree a una certa data, al netto della possibilità – non scongiurabile in astratto – che determinati reati siano stati commessi ma non ancora diventati oggetto di indagine, potrebbe viceversa essere indice di una sostanziale efficacia della norma penale, almeno in quel luogo o in quel momento storico: a fronte della sanzione prevista i cittadini si astengono dal porre in essere determinati comportamenti e quindi viene meno il presupposto della sanzione penale. Non può trascurarsi il dato per cui nell'ordinamento penale talune norme non trovino applicazione, almeno in un determinato momento storico, senza però che per ciò stesso si ponga riguardo ad esse il problema della loro efficacia e del loro ripensamento.
  In concreto gli spunti sinora forniti dalla ricerca sono sintetizzabili: nell'efficacia ipotizzabile della legge, sotto il profilo prettamente penalistico della prevenzione dei reati; nella necessità di colmare alcuni vuoti normativi, in particolare in materia di procedimento prescrizionale; nella attesa di indirizzi organizzativi e giurisprudenziali per incrementarne l'efficacia applicativa.

  Il rapporto del Servizio per il controllo parlamentare dedica i §§ 1.7 (Prospettive per un allargamento del campo di indagine) e 1.8 (Considerazioni conclusive e alcuni brevi spunti di riflessione) all'esame di prospettive metodologiche oltre che ad alcune ulteriori valutazioni derivanti dall'analisi dei dati sin qui discussi. Tali prospettive e valutazioni, si intrecciano con quelle proprie della Commissione nell'ambito considerazioni conclusive cui è dedicato il successivo capitolo.

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3. La verifica dell'attuazione della legge 22 maggio 2015 n. 68: metodo, merito, prospettive.

  La formulazione in termini ipotetici di una serie di proposizioni non impedisce di pervenire ad alcune conclusioni nel contesto della presente relazione, il cui contenuto – come si è avuto occasione di dire – non costituisce, se non in termini limitati e iniziali, una valutazione complessiva di efficacia della legge n. 68 del 2015 ma, a partire dalle esperienze e dalle relazioni istituzionali della Commissione e sulla base di una specifica raccolta di dati e informazioni, propone il tema dell'efficacia delle leggi in materia di tutela dell'ambiente e offre un'ipotesi di metodo per la raccolta ed analisi di elementi informativi in questo campo contemplando anche una prospettiva innovativa.
  L'impostazione del lavoro suggerisce la possibilità che le evidenze riscontrate sin qui possano essere oggetto di nuovi rilevamenti in successivi periodi di osservazione, al fine, in particolare, di elaborare le serie storiche dei processi attuativi della legge e di esaminare le tendenze che si dovessero manifestare nei futuri periodi di rilevamento. Ciò anche alla luce di eventuali eventi produttivi di discontinuità, di natura diversa, quali gli effetti di una riorganizzazione di polizie giudiziarie, pronunce giurisdizionali significative, la strutturazione e condivisione di prassi.
  Perché una metodologia di questo genere si possa ulteriormente sperimentare e sviluppare nel campo delle leggi penali, al già esistente spirito collaborativo e istituzionale degli uffici giudiziari si dovrebbe associare una riflessione sull'effettiva possibilità per i sistemi informativi di sostenere un esame evoluto di dati sulla giustizia penale.
  Alla legge n. 68 del 2015, che ha agito sul problema storico dell'efficacia dello strumento penale nella materia della tutela ambientale, viene ad essere attribuita una funzione primaria di prevenzione generale degli illeciti e di orientamento dei comportamenti; essa è altresì destinata a produrre – per la formulazione delle norme incriminatrici, per ciò che altre norme prefigurano in ambito processuale – una visione funzionale del procedimento penale, attraverso il perseguimento della sua effettiva utilità e l'integrazione delle competenze.
  Altra considerazione indotta da una prima interpretazione della legge e confermata dai dati qui esaminati è che si tratta di una legge potenzialmente destinata ad acquisire progressiva efficacia.
  Il sistema delle prescrizioni per l'estinzione delle contravvenzioni produce effetti con rapidità, sia pure in presenza di alcune criticità riferite dagli uffici giudiziari ed esaminate in più sedi istituzionali; la funzione generalpreventiva delle nuove previsioni sanzionatorie opera da subito e progressivamente sulle scelte dei singoli; la complessità delle indagini su comportamenti strutturalmente illeciti, manifestazione di persistente criminalità ambientale, comporterà la dilazione nel tempo di esiti processuali.
  Si collega a questo tema quello degli effetti di prevenzione generale e speciale prodotti dalla legge, che il rapporto del Servizio designa come «stima dell'effetto mediato – attraverso i comportamenti Pag. 44indotti nei cittadini e nelle imprese – dell'introduzione della legge n. 68 del 2015 sul bene giuridico tutelato».
  Le necessità indotte dalla natura delle nuove norme risultano tra l'altro quelle di una formazione adeguata per tutti i soggetti coinvolti e della garanzia di uniforme applicazione della legge in tutto il territorio nazionale, in particolare per quanto riguarda la parte VI-bis del decreto legislativo n 152 del 2006. È altresì percepita l'opportunità di una riflessione sulla destinazione delle risorse prodotte dall'applicazione del sistema delle prescrizioni e delle sanzioni penali, principali e accessorie.
  Si tratta di temi che si legano, e suggeriscono la necessità di un approccio innovativo: sia sul versante giudiziario che su quello dei controlli in materia ambientale è suscettibile di trovare spazio un modello «a rete» per generare omogeneità, equilibrio, migliore gestione delle risorse.
  La legge n. 132 del 2016 agisce in questa direzione con la creazione del «Sistema nazionale a rete per la protezione dell'ambiente»; la magistratura requirente sta ricercando un bilanciamento tra autonomia dei singoli uffici, circolazione delle informazioni, uniformità delle prassi.
  L'incidenza di una legge dapprima lungamente attesa e poi attentamente esaminata in più ambiti, ha consentito alla Commissione di raccogliere contributi di significativa analisi e approfondimento.
  È dunque possibile coltivare l'ipotesi di uno scambio proficuo di informazioni, finalizzato a un'applicazione efficace della legge penale: il tentativo di un dialogo fattivo e reciprocamente consapevole tra chi è chiamato ad applicare le norme, chi le ha prodotte e chi, nell'articolazione parlamentare, svolge una funzione di inchiesta e di verifica, può dirsi riuscito, testimoniando la vitalità ulteriore del procedimento e della funzione parlamentare.
  La legge 22 maggio 2015, n. 68 è frutto di un lavoro parlamentare ampio e approfondito: la sua prima fase di attuazione conferma la complessità ma anche le potenzialità del complesso normativo che ad esito di quel lavoro è stato prodotto.
  L'elaborazione giurisprudenziale non potrà che basarsi su quel livello di tecnicità, e qualsiasi eventuale intervento normativo successivo, laddove strettamente necessario, non potrà che attestarsi sul medesimo livello di approfondimento che ha portato all'approvazione della legge, utilizzando nella maniera più incisiva le funzioni conoscitive, d'inchiesta e di controllo parlamentare.

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Appendice: i documenti acquisiti dalla Commissione.

  La raccolta dei materiali finalizzati alla redazione della presente relazione costituisce di per sé un arricchimento delle conoscenze del Parlamento e delle istituzioni in genere sull'applicazione in concreto della legge n. 68 del 2015.
  Si tratta, al momento, di centosessanta unità documentali per un totale di oltre mille pagine.
  Come si è detto in precedenza, sono pervenute alla Commissione relazioni e note degli uffici giudiziari nelle quali si esaminano aspetti interpretativi e organizzativi, si forniscono dati, si segnalano criticità ed è stata trasmessa documentazione, in particolare direttive e provvedimenti giudiziari.
  Sono stati altresì acquisiti documenti di carattere generale, in primo luogo quelli allegati alla presente relazione, nonché la nota del Ministero della giustizia penale relativa all'attuazione della legge n. 68 del 2015 (doc. n. 1749/1-2) e la circolare con cui la stessa Direzione ne ha disposto il monitoraggio (doc. n. 1750/1-2).
  La Commissione ha ritenuto inoltre di acquisire il documento di sintesi di una proposta di modifica normativa proveniente da un gruppo di lavoro coordinato dal procuratore della Repubblica di Roma (doc. n. 1731/1-2), del quale di seguito si riportano i contenuti illustrativi iniziali relativi alla legge n. 68 del 2015:

  «La legge sui reati ambientali costituisce un sicuro passo in avanti per la tutela dell'ambiente e pone il nostro Paese all'avanguardia rispetto agli altri Paesi dell'Unione Europea. Tuttavia, a circa due anni dalla sua entrata in vigore, si rendono opportuni alcuni interventi correttivi, alla luce di alcune problematiche applicative, frutto di aporie conseguenti al lungo e difficoltoso percorso parlamentare della legge e alla fusione di tre distinti disegni di legge in un unico testo unificato. (...)
  Il Gruppo di lavoro – coordinato dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma, dottor Giuseppe Pignatone e costituito dai dottori Gianfranco Amendola (già Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Civitavecchia), Giuseppe De Falco (Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Frosinone), Luca Ramacci (Giudice di Cassazione), Francesco Castellano (magistrato attualmente [consulente] della Commissione Bicamerale sul ciclo dei rifiuti), Alberto Galanti (Sostituto Procuratore della Repubblica), dal prof. avv. Antonio Fiorella (ordinario di diritto penale presso l'Università degli Studi La Sapienza di Roma), dal prof. avv. Adelmo Manna (ordinario di diritto penale presso l'Università di Foggia) – ha elaborato quindi una proposta di riforma concernente le modifiche, ritenute «indifferibili», allo scopo di colmare le lacune e le aporie di cui si è fatto cenno, in funzione di una più efficace applicazione dei principi ispiratori della legge sugli ecoreati.
  Quale premessa di carattere generale, il Gruppo di lavoro ha preso atto del fatto che la migliore dottrina, nel corso del primo periodo di applicazione della norma, ha posto in evidenza come le due fattispecie criminose, che costituiscono l'architrave della riforma, ossia, l'inquinamento ambientale e il disastro ambientale, oltre a essere caratterizzate da eventi di danno e non di pericolo concreto (con conseguenti e intuibili difficoltà di ordine probatorio in ordine al nesso causale), sembrano nella loro struttura affette da c.d. «gigantismo», poiché introducono numerose nozioni prive di definizione apprezzabile, come Pag. 46il deterioramento o la compromissione «significativi» e «misurabili» di un «ecosistema». Si tratta, tuttavia, di critiche che non appaiono giustificate, ove si consideri che la normativa sul danno ambientale, di cui alla Parte Sesta del Codice dell'ambiente, fornisce indicazioni di natura tecnica in ordine a tali presupposti e ciò, senza considerare che, di recente, è intervenuta la giurisprudenza della Suprema Corte, con la sentenza n. 46170 del 26 settembre 2016, che ha fatto chiarezza sul punto. Invero, la Suprema Corte, con la sentenza citata, dopo aver correttamente osservato che i concetti di «inquinamento ambientale» e di «deterioramento significativo e misurabile» sono già noti, in quanto si rinvengono nel Testo Unico sull'Ambiente (articolo 5, comma 1, lettera i-ter e articolo 300 decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152), ha chiarito che la «compromissione» e il «deterioramento», di cui al delitto di inquinamento ambientale, previsto dall'articolo 452-bis del codice penale indicano fenomeni sostanzialmente equivalenti negli effetti, in quanto si risolvono entrambi in una alterazione, ossia in una modifica dell'originaria consistenza della matrice ambientale o dell'ecosistema, modifica caratterizzata, nel caso di «compromissione», da una condizione di «squilibrio funzionale», poiché incide sui processi naturali correlati alla specificità della matrice o dell'ecosistema medesimi e, nel caso di «deterioramento», da una condizione di squilibrio «strutturale», caratterizzato da un decadimento dello stato o della qualità degli stessi. Quanto alla nozione di «ecosistema», va ricordato che notoriamente l'ecosistema è la risultante di tutte le componenti del bene ambiente collegate fra loro in un tutto unitario, come emerge sia dalla lettura dell'All. I, comma 2 lettera e) del D.P.C.M. 27 dicembre 1988, recante «Norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale» e dalla Convenzione di Rio sulle biodiversità, che definisce l'ecosistema come «complesso dinamico formato da comunità di piante, di animali e di microorganismi e dal loro ambiente non vivente, le quali grazie alla loro interazione, costituiscono un'unità funzionale». Ancora, si è molto discusso in dottrina dell'avverbio «abusivamente», utilizzato nei reati di inquinamento e di disastro, la cui presenza appare anche semanticamente errata, posto che la stessa nozione di disastro ambientale abusivo costituisce una chiara contraddictio in terminis. Tuttavia, anche questa tematica appare superata, considerato che già la prima giurisprudenza formatasi (si veda la sopra citata sentenza n. 46170/016 in materia di inquinamento ambientale) sembra avere in larga parte «sterilizzato» la sua portata negativa, ritenendo che sussiste il carattere abusivo dell'attività non solo nel caso di mancanza di autorizzazione (cosiddetta attività «clandestina»), ma anche nel caso di reiterata inottemperanza alle prescrizioni, il che si verifica quando le autorizzazioni siano scadute o sono palesemente illegittime, ovvero non sono commisurate al tipo di rifiuti ricevuti, aventi natura diversa rispetto a quelli autorizzati.
  Tutto ciò precisato, il Gruppo di lavoro ritiene che interventi di più ampio respiro saranno forse praticabili in seguito, dopo un attento monitoraggio dei primi anni di vigenza della legge, mentre alcuni interventi appaiono sin d'ora indifferibili, in sintonia con lo spirito della legge.»

  Non è possibile nel testo della relazione dare conto singolarmente del contenuto dei contributi provenienti dagli uffici giudiziari, in alcuni casi di elevato valore giuridico e organizzativo. Se ne da indicazione di seguito secondo la classificazione della documentazione in contributi di maggiore articolazione a contenuto giuridico e organizzativo, qualificati come «relazioni»; delle semplici «note»; dei Pag. 47provvedimenti giudiziari («provvedimenti»); delle direttive e protocolli («direttive») e dei «dati statistici».
  Essi sono preceduti nell'indicizzazione da documenti di carattere generale, costituiti in primo luogo dagli allegati alla presente relazione e dal Rapporto sulla "Verifica dell'attuazione delle Leggi" del Servizio per il controllo parlamentare della Camera dei deputati.


NOTE:

   (1) Acquisito come doc. n. 1701/1-2. Nel corpo della presente relazione ne vengono riportate parti integrali riconoscibili dalla ridotta marginazione

   (2) Nel novero è considerata anche la comunicazione della Procura della Repubblica di Matera relativa a fatto del 22 ottobre 2016. Nelle tabelle riportate nelle pagine seguenti sono indicati con i puntini ( .. . ) alcuni Uffici i quali hanno trasmesso documentazione che hanno chiesto rimanesse riservata

   (3) Va aggiunta la procura generale di Reggio Calabria che tuttavia ha fatto pervenire la sua risposta dopo la chiusura del rapporto del Servizio

   (4) Al fine di garantire la comprensione del testo nel formato di stampa parlamentare standard al carattere rosso corrisponde il grassetto; al blu corrisponde il corsivo e al verde il sottolineato

   (5) La Commissione ha acquisito un'ulteriore segnalazione di indagine per il delitto di cui all'articolo 452-terdecies c.p., da parte di altra procura della Repubblica, avente tuttavia carattere riservato

   (6) Cass. Sez. III n. 46170 del 21 settembre – 3 novembre 2016: la sentenza è allegata alla presente Relazione

 

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ALLEGATI pag. 48-217
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