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Assemblea Costituente nelle carte dell'Archivio Storico


Il Referendum istituzionale e l'elezione dell'Assemblea costituente

Il decreto legge luogotenenziale n. 151 del 25 giugno 1944, emanato dal governo Bonomi a pochi giorni di distanza dalla liberazione di Roma, stabiliva che alla fine della guerra sarebbe stata eletta a suffragio universale, diretto e segreto, un' Assemblea costituente per scegliere la forma dello stato e dare al paese una nuova costituzione. Successivamente il decreto legislativo luogotenenziale del governo De Gasperi (16 marzo 1946, n. 98) integrava e modificava la normativa precedente, affidando ad un referendum popolare la decisione sulla forma istituzionale dello stato mentre il decreto luogotenenziale n. 99 sempre del 16 marzo fissava le norme per la contemporanea effettuazione delle votazioni per il referendum e l'Assemblea costituente, quest'ultima da eleggersi con sistema proporzionale (decreto legislativo luogotenenziale 10 marzo 1946, n. 74).

La legge elettorale suddivideva l'Italia in 32 collegi elettorali, nei quali eleggere 573 deputati, ma non vennero effettuate le elezioni nella provincia di Bolzano e nella circoscrizione Trieste-Venezia Giulia-Zara: i costituenti eletti furono dunque 556.

La campagna elettorale fu assai vivace, e l'affluenza alle urne fu altissima: votò l'89,1 per cento dei 28.005.449 aventi diritto, per un totale di 24.947.187 votanti.

Nelle votazioni per il referendum istituzionale prevalse la repubblica: i risultati furono proclamati il 10 giugno 1946 dalla Corte di cassazione, riunita in seduta solenne presso la Sala della Lupa in Palazzo Montecitorio, e subito dopo il Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi assunse le funzioni di Capo provvisorio dello Stato. I voti a favore della repubblica, dopo i controlli, confermati ufficialmente dalla Corte di Cassazione il 18 giugno 1946, risultarono essere 12.718.641, pari al 54,3 per cento dei voti validi; a favore della monarchia si erano invece espressi 10.718.502 elettori, pari al 45,7 per cento.

Nelle elezioni per l'Assemblea costituente la Democrazia cristiana ottenne la maggioranza relativa dei voti (8.080.664 pari al 35,2 per cento), seguita dal Partito socialista (PSIUP: 4.758.129 voti pari al 20,7 per cento) e dal Partito comunista (4.356.686 voti pari al 19 per cento). Nessun altro partito superò il 10 per cento dei voti.

Le percentuali riportate dalle singole liste furono le seguenti: Democrazia cristiana: 35,2%; Partito socialista (PSIUP): 20,7%; Partito comunista: 19%; Unione democratica nazionale: 6,8% Fronte uomo qualunque: 5,3%; Partito repubblicano: 4,4%; Blocco nazionale libertà: 2,8%; Partito d'azione: 1,4%; Altre liste che ottennero degli eletti: 1,7%. In Valle d'Aosta la Democrazia cristiana ottenne il 48,2% dei suffragi, il Fronte Democratico Progressista Repubblicano (PSIUP, PCI, PRI, Pd'A) il 51,8% eleggendo un deputato (Istituto Centrale di Statistica e Ministero dell'Interno, Elezioni per l'Assemblea Costituente e Referendum istituzionale: 2 giugno 1946, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1948).

La scheda per il referendum istituzionale proponeva all'interno la scelta fra i simboli della repubblica e della monarchia: per la repubblica due fronde intrecciate di quercia e di alloro con al centro la donna turrita, che già raffigurava l'Italia sul francobollo da quattro lire, per la monarchia lo stemma sabaudo sormontato da una corona. Per i comuni della zona mistilingue dei collegi di Trento ed Udine venne adottata una scheda bilingue.

All'esterno la scheda veniva firmata da uno scrutatore e timbrata dal seggio elettorale.
Segno delle ristrettezze finanziarie dell'epoca, il verbale ufficiale di proclamazione dei risultati venne dattiloscritto su un foglio di carta a quadretti. E' possibile visionare l'intera prima pagina del verbale, e l'intera pagina conclusiva con il riepilogo dei risultati.

I Lavori dell'Assemblea

L'Assemblea costituente si riunì per la prima volta il 25 giugno 1946, ed elesse presidente, nella prima seduta, Giuseppe Saragat. Il 28 giugno Enrico De Nicola fu eletto dall'Assemblea Capo provvisorio dello Stato, con 396 voti su 501 votanti.

In base al già citato decreto n. 98 del 1946 l'Assemblea doveva sciogliersi il giorno dell'entrata in vigore della Costituzione e comunque non oltre l'ottavo mese dalla sua prima riunione.

Il termine di chiusura dei lavori fu prorogato dapprima al 24 giugno 1947 (legge costituzionale 21 febbraio 1947, n. 1) poi al 31 dicembre 1947 (legge costituzionale 17 giugno 1947, n. 2).

L'Assemblea costituente lavorò fino al 31 gennaio 1948 in virtù della prorogatio contenuta nella XVII disposizione transitoria della Costituzione. Le sue commissioni funzionarono anche dopo tale data, fino al mese di aprile del 1948.

Durante l'arco temporale dei suoi lavori, si tennero 375 sedute pubbliche, delle quali 170 dedicate alla Costituzione e 210 ad altre materie. L'Assemblea si riunì due volte in Comitato segreto per dibattere problemi interni.

Il 15 luglio 1946 l'Assemblea decise l'istituzione di una Commissione speciale incaricata di elaborare e proporre il progetto di Costituzione da discutere in aula. Il 20 luglio, nella sua prima seduta, tale commissione - che divenne nota col nome di Commissione dei 75 - elesse a proprio presidente Meuccio Ruini, già presidente del Consiglio di Stato.

La Commissione dei 75 avrebbe dovuto concludere i suoi lavori entro il 20 ottobre: in realtà, lavorò fino al 1° febbraio 1947, organizzandosi in tre sottocommissioni corrispondenti alle principali sezioni previste nella nuova carta costituzionale. La prima sottocommissione, presieduta da Umberto Tupini, doveva occuparsi dei diritti e doveri dei cittadini; la seconda, presieduta da Umberto Terracini, dell'organizzazione costituzionale dello Stato; la terza, presieduta da Gustavo Ghidini, dei rapporti economici e sociali.

Un comitato di redazione (Comitato dei 18) formato dall'Ufficio di presidenza della Commissione dei 75, allargato ai rappresentanti di tutti i gruppi politici, ebbe l'importante e delicato compito di coordinare ed armonizzare il lavoro prodotto dalle tre sottocommissioni.

La fine dei lavori della Commissione dei 75 coincise con le dimissioni di Giuseppe Saragat dalla presidenza dell'Assemblea costituente (12 gennaio 1947), dimissioni conseguenti alla scissione del Partito socialista (scissione di Palazzo Barberini). Al suo posto, alla presidenza dell'Assemblea costituente fu eletto l'8 febbraio Umberto Terracini.

La discussione generale in aula sul progetto di Costituzione iniziò il 4 marzo 1947, dopo la fine del lavoro di coordinamento del testo da parte del Comitato dei 18, e proseguì durante tutto il 1947. Rispetto al progetto varato dalla Commissione dei 75 furono introdotti alcuni importanti mutamenti, tra i quali di particolare rilievo quelli relativi alle funzioni e ai criteri di elezione del Senato.

L'Assemblea costituente votò a scrutinio segreto il progetto di Costituzione il 22 dicembre 1947. La nuova carta costituzionale venne approvata con 453 voti a favore e 62contrari, fu promulgata dal Capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola il 27 dicembre 1947, fu pubblicata nello stesso giorno in una edizione straordinaria della Gazzetta Ufficiale.

Entrò in vigore il 1° gennaio 1948.

L'emblema della Repubblica

Il decreto legislativo del Presidente del Consiglio del 19 giugno 1946, n. 1, stabiliva all'art. 7 che l'Assemblea costituente scegliesse l'emblema ufficiale della Repubblica.

L'emblema doveva essere semplice, esteticamente gradevole, e nel contempo permettere una rappresentazione visiva dei valori sui quali la Repubblica intendeva fondarsi.

Il problema si rivelò più complesso del previsto. Il 27 ottobre 1946 il Presidente del Consiglio dei ministri nominò una commissione che promosse un concorso per l'emblema della Repubblica. Nessuno dei progetti presentati (oltre 600 bozzetti da parte di 346 candidati, attualmente conservati presso l'Archivio centrale dello Stato) fu accolto dalla Costituente, che decise di bandire un nuovo concorso al termine del quale venne adottato il bozzetto di Paolo Paschetto (votazione del 31 gennaio 1948). Alla commissione speciale costituita in seno all'Assemblea costituente pervennero 197 disegni e parteciparono 96 candidati fra cui artisti affermati e semplici cittadini (questi bozzetti sono conservati presso l'Archivio Storico della Camera dei Deputati).