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L'attuazione della normativa in tema di equilibrio di genere negli organi delle società a controllo pubblico
informazioni aggiornate a giovedì, 8 marzo 2018

Il D.P.R. n. 251 del 2012 detta i termini e le modalità di attuazione della disciplina concernente la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo nelle società controllate dalle pubbliche amministrazioni a livello centrale, regionale e locale, costituite in Italia e non quotate sui mercati regolamentati.

Il regolamento dispone che le società a controllo pubblico prevedano, nei propri statuti, che la nomina degli organi di amministrazione e di controllo, ove a composizione collegiale, sia effettuata secondo modalità tali da garantire che il genere meno rappresentato ottenga almeno un terzo dei componenti di ciascun organo (un quinto, per il primo rinnovo). Come per le società quotate si prevede un meccanismo di arrotondamento, se dall'applicazione di tali regole non risulti un numero intero di componenti degli organi di amministrazione o controllo appartenenti al genere meno rappresentato. Il regolamento prevede l'obbligo di rispetto del vincolo da parte delle società a controllo pubblico nella composizione degli organi sociali (anche in caso di sostituzione) per tre mandati consecutivi, a partire dal primo rinnovo successivo all'entrata in vigore del D.P.R. n. 251 del 2012 (quindi dal 12 febbraio 2013).

Nell'ambito della ricognizione svolta sui rinnovi degli organi di amministrazione delle società partecipate, i preposti uffici della Camera dei Deputati, a partire dal primo rinnovo degli organi amministrativi di queste società successivo all'approvazione del regolamento sulle "quote di genere", hanno rilevato, per ogni singola società i cui organi amministrativi risultino essere stati rinnovati, la percentuale relativa alla rappresentanza di genere.

Tale rilevazione, pur limitata a un campione parziale delle società a partecipazione pubblica costituito da un universo di riferimento di 205 società - tra quelle di primo livello partecipate dal Mef e quelle di secondo livello nelle quali le società capofila detengono una quota di partecipazione superiore o uguale al 25 per cento del capitale (con esclusione delle società partecipate di livello inferiore al secondo) - ha fornito un primo quadro degli effetti della normativa sopra esaminata sugli assetti organizzativi di tali società. Dalle informazioni disponibili al 31 dicembre 2017, risulta che 49 società sono attualmente amministrate da consigli di amministrazione nominati in sede di "primo rinnovo" degli amministratori in scadenza dopo l'entrata in vigore della normativa sulle "quote di genere"; di queste, 39 società (pari all'81 per cento) hanno rispettato la percentuale minima di genere prevista per il primo rinnovo, pari ad almeno un quinto dei componenti del consiglio di amministrazione. Ulteriori 98 società hanno effettuato il secondo o il terzo rinnovo dopo l'entrata in vigore della normativa sulle "quote di genere"; di queste, 82 società (pari all' 84 per cento) hanno rispettato la percentuale in questo caso prevista, pari ad almeno un terzo dei componenti.

La struttura governativa deputata a compiere le funzioni di monitoraggio e di vigilanza sull'attuazione della normativa e a elaborare, sulla base di tale attività, una relazione triennale al Parlamento è il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri. 

Il 23 settembre 2016 è stata trasmessa alla Camera (Doc CCXLII, n. 1) la prima relazione triennale sullo stato di applicazione della normativa predetta.

La relazione riferisce tra l'altro che, mancando alla data di entrata in vigore del D.P.R. n. 251 del 2012 un'anagrafe già definita delle società pubbliche obbligate al rispetto della normativa, per il primo periodo di applicazione della medesima - ossia dal 12 febbraio 2013, data di entrata in vigore del citato D.P.R. n. 251 del 2012, fino al mese di aprile 2014 - le attività di monitoraggio e vigilanza sono state effettuate dal Dipartimento per le pari opportunità esclusivamente in base alle segnalazioni pervenute da terzi e nei confronti delle società che hanno adempiuto spontaneamente all'obbligo di comunicare, ai sensi dell'articolo 4, commi 2 e 3, del citato D.P.R., la composizione dei propri organi di amministrazione e controllo.

Il Dipartimento per le pari opportunità ha quindi ritenuto necessaria la realizzazione di una banca dati contenente le informazioni concernenti le citate società. A tal fine, in assenza di una banca dati completa presso altre pubbliche amministrazioni, il Dipartimento ha affidato a Cerved Group S.p.a l'incarico relativo alla fornitura di un database, aggiornato mensilmente, contenente le informazioni relative alle società sottoposte alla normativa.

 A partire dal mese di aprile 2014, pertanto, il Dipartimento ha predisposto un "Piano di vigilanza" sul rispetto della normativa in questione, provvedendo ad avviare, con cadenza mensile, i procedimenti amministrativi volti a diffidare le società inadempienti a rispristinare l'equilibrio di genere, individuando ciascun mese le 15 società pubbliche, controllate da una pubblica amministrazione, distribuite su 5 ripartizioni geografiche individuate (Nord/Ovest; Nord/Est; Centro; Sud; Isole), con il fatturato annuo più elevato, procedendo via via per quelle con classi di fatturato inferiori. Tale "Piano di vigilanza" è stato successivamente integrato (nel mese di settembre 2014) con l'introduzione del criterio ulteriore del rinnovo recente degli organi. A partire da settembre 2014, pertanto, i procedimenti amministrativi finalizzati all'adozione dei provvedimenti di diffida di cui all'articolo 4, comma 5, del D.P.R. n. 251 del 2012 sono stati avviati individuando le società controllate da una pubblica amministrazione che hanno rinnovato più di recente gli organi, distribuite sulle 5 ripartizioni geografiche (Nord/Ovest; Nord/Est; Centro; Sud; Isole), con il fatturato annuo più elevato, proseguendo via via per quelle con classi di fatturato inferiori.

In merito alle comunicazioni relative alla composizione degli organi sociali delle stesse, in seguito al loro rinnovo o parziale modifica, pervenute dalle società ai sensi dell'articolo 4, commi 2 e 3, del D.P.R. n. 251 del 2012, la relazione segnala che dal 12 febbraio 2013, data di entrata in vigore del D.P.R. n. 251 del 2012, fino al 12 febbraio 2016, data di scadenza del primo triennio di applicazione della normativa, sono pervenute al Dipartimento 640 comunicazioni, provenienti da 430 società. Per alcune società, nell'arco del triennio, vi sono state due o più modifiche nella composizione degli organi e, quindi, altrettante comunicazioni.

Complessivamente, al 12 febbraio 2016, le donne rappresentano circa il 37 per cento dei componenti degli organi collegiali delle società da cui sono pervenute comunicazioni; inoltre, 26 società hanno comunicato la nomina di un amministratore unico, in un solo caso di genere femminile (Cfr. Tabella successiva).

A seguito delle predette comunicazioni da parte delle società, nonché a seguito delle segnalazioni pervenute da terzi ai sensi dell'articolo 4, comma 4, del D.P.R. n. 251 del 2012, sono stati avviati, nel periodo di riferimento, 44 procedimenti finalizzati all'adozione del provvedimento di diffida di cui all'articolo 4, comma 5, del D.P.R. n. 251/2012, al cui esito sono stati emanati 37 provvedimenti di prima diffida e 22 provvedimenti di seconda diffida per le società che non si sono adeguate entro sessanta giorni dalla prima diffida.

AI riguardo, la relazione segnala che 7 società si sono adeguate dopo l'avvio del procedimento, 15 società si sono adeguate dopo il primo provvedimento di diffida e 18 società dopo il secondo provvedimento di diffida, mentre a 1 società, non essendosi adeguata nei termini, è stata comunicata la decadenza dell'organo. Inoltre, al 12 febbraio 2016, per 3 società non risultavano ancora scaduti i termini del provvedimento di seconda diffida.

 

Per quanto riguarda i procedimenti avviati d'ufficio, in base ai criteri di cui al predetto "Piano di vigilanza", dal mese di aprile 2014 fino al 12 febbraio 2016 sono stati avviati 153 procedimenti.

 

Al 12 febbraio 2016, 10 dei suddetti procedimenti risultavano ancora in corso, non essendo scaduti i termini per l'emanazione del provvedimento di prima diffida, mentre all'esito dei restanti 143 procedimenti sono stati emanati 121 provvedimenti di prima diffida (rivolti alle società che non si sono adeguate entro i termini procedimentali) e 64 provvedimenti di seconda diffida per le società che non si sono adeguate entro sessanta giorni dalla prima diffida (Cfr. Tabella 3).

 

* al 12/02/2016, 10 dei 153 procedimenti avviati erano ancora in corso in quanto le società ai quali erano rivolti non si erano ancora adeguate e non erano scaduti i termini per l'emanazione del provvedimento di prima diffida.

** al 12/02/2016, 4 dei 64 provvedimenti di seconda diffida erano ancora in corso in quanto le società diffidate non si erano ancora adeguate e non erano scaduti i termini del suddetto provvedimento.

*** al 12/02/2016, a seguito dei 64 provvedimenti di seconda diffida, 3 società hanno nominato un amministratore unico.

**** al 12/02/2016, 3 dei 22 provvedimenti di seconda diffida erano ancora in corso in quanto le società diffidate non si erano ancora adeguate e non erano scaduti i termini del suddetto provvedimento.

Per quanto riguarda le società non quotate in mercati regolamentati controllate dalle pubbliche amministrazioni, i dati forniti mensilmente da Cerved Group al Dipartimento per le pari opportunità hanno permesso di valutare i cambiamenti intervenuti nella composizione per genere degli organi di amministrazione e controllo delle società medesime in seguito all'entrata in vigore del sopracitato D.P.R. n. 251/2012 e di svolgere alcune considerazioni in merito all'efficacia della normativa concernente l'equilibrio di genere.

 

A febbraio 2016, a tre anni dall'entrata in vigore del D.P.R. n. 251 del 2012, le donne rappresentano più di un quarto dei componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società pubbliche non quotate, facendo registrare da aprile 2014 (prima acquisizione di dati Cerved) un incremento di otto punti percentuali - da 17,5 a 25,7 - grazie all'accesso di circa 900 nuovi componenti di genere femminile negli organi collegiali delle predette società nel periodo di riferimento.

Questo dato assume ulteriore rilevanza considerato che si è verificata, nel medesimo periodo, una diminuzione di circa 500 unità del numero di società rientranti nell'ambito di applicazione del D.P.R. n. 251 del 2012.

 

La distribuzione geografica della presenza femminile negli organi sociali delle società sottoposte a monitoraggio evidenzia notevoli differenze regionali, con valori particolarmente elevati nel Nord dell'Italia, dove la percentuale di donne negli organi collegiali si avvicina o raggiunge il 30 per cento in diverse regioni (come in Emilia Romagna, Piemonte, Liguria e Valle D'Aosta); nel Sud dell'Italia le donne non raggiungono la soglia del 15 per cento dei componenti degli organi collegiali sia in Basilicata (13,2 per cento) sia in Calabria (14,9 per cento) e, in generale, non raggiungono il 20 per cento, fatta eccezione per l'Abruzzo, in cui la percentuale si attesta al 24,8 per cento.

 

La relazione evidenzia inoltre che, dai dati in possesso del Dipartimento per le pari opportunità relativi alle nomine negli organi delle società non quotate nei mercati regolamentati controllate dalle pubbliche amministrazioni, nell'ultimo biennio si osserva una non trascurabile tendenza incrementale di nomine di amministratori unici. A febbraio 2016, 35 società su 100 risultano dirette da un amministratore unico mentre ad aprile 2014 la percentuale di società amministrate da un organo monocratico era inferiore al 30 per cento. Soltanto una percentuale esigua degli amministratori unici nominati, pari a circa il 3 per cento del totale, è di genere femminile.

Inoltre, la relazione segnala che nel corso del primo triennio di applicazione della normativa concernente l'equilibrio di genere di cui al D.P.R. n. 251 del 2012 è stata svolta un'attività di sensibilizzazione e di diffusione della conoscenza dell'esistenza degli obblighi previsti dalla normativa in questione, attraverso iniziative d'informazione e di formazione portate avanti dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le pari opportunità in collaborazione con Enti di ricerca, Università, Fondazioni e Associazioni, attraverso l'organizzazione e la partecipazione a eventi e convegni sul tema, nonché mediante la diffusione della campagna di comunicazione istituzionale "Quote di genere -Un Paese più equilibrato ha un futuro migliore".

 

Successivamente all'invio della relazione, il Dipartimento per le pari opportunità ha elaborato, sulla base delle informazioni messe a disposizione dalla Cerved Group S.p.a, ulteriori dati aggiornati al mese di settembre 2016. Occorre segnalare preliminarmente che tali dati non sono meccanicamente sovrapponibili a quelli forniti con la relazione, che prendeva in esame, come sopra illustrato, le comunicazioni ricevute dal Dipartimento per le pari opportunità e le procedure svolte in merito dallo stesso Dipartimento. I dati qui esaminati riguardano, invece, un'ampia platea di 3.381 società controllate dalla Pubblica Amministrazione. Di tali società, 1.187 risultano guidate da amministratori unici, di cui 100 sono donne, che rappresentano pertanto l'8,4 del totale degli amministratori unici; tale dato risulta più elevato di quello indicato nella relazione (3 per cento del totale). Si ricorda che il D.P.R. n. 251 del 2012 non assoggetta la posizione di amministratore unico alla disciplina sulla parità di genere, profilo sul quale è invece intervenuto l'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo n. 175 del 2016 (v. infra).

Per quanto riguarda le società amministrate da consigli di amministrazione, su un totale nazionale di 9.274 posizioni in consiglio censite in detti organi, 2.138, pari al 23,1 per cento, sono ricoperte da donne. Nel Nord Italia, su 4.950 posizioni, le donne sono 1.245, con una percentuale del 25,2 per cento del totale. Nell'Italia Centrale, su 2.231 posizioni censite, quelle ricoperte da donne sono 557, pari al 25 per cento del complesso dei componenti dei consigli di amministrazione in tale area geografica. Nel Sud, su 2.093 posizioni, le consigliere sono 336, il 16,1 per cento del totale. Per quanto riguarda i sindaci effettivi, le donne sono, su un totale di 5.327 posizioni censite in ambito nazionale, 1.579, il 29,6 per cento del totale (31,4 per cento nel Nord, 29 per cento nel Centro, 25,2 per cento nel Sud). Quanto ai sindaci supplenti, la percentuale di donne è pari al 36,7 per cento su base nazionale (38,9 per cento nel Nord, 36,1 per cento nel Centro, 30,7 per cento nel Sud).

Anche per quanto attiene alla composizione dei consigli di amministrazione i dati sembrano mostrare percentuali di presenza femminile leggermente superiori a quelle indicati nella relazione, che peraltro riportava dati aggiornati al mese di febbraio 2016.

Si segnala inoltre che sulla materia è intervenuta la disposizione di cui all'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo n. 175 del 2016. Detta norma stabilisce che "Nella scelta degli amministratori delle società a controllo pubblico, le amministrazioni assicurano il rispetto del principio di equilibrio di genere, almeno nella misura di un terzo, da computare sul numero complessivo delle designazioni o nomine effettuate in corso d'anno. Qualora la società abbia un organo amministrativo collegiale, lo statuto prevede che la scelta degli amministratori da eleggere sia effettuata nel rispetto dei criteri stabiliti dalla legge 12 luglio 2011, n. 120". L'intervento normativo di cui si è dato conto stabilizza per le società pubbliche la regola che garantisce al genere meno rappresentato almeno un terzo delle posizioni disponibili, anche "a regime", successivamente quindi al "terzo rinnovo" degli organi sociali, estendendo altresì l'efficacia del principio della parità di genere anche con riferimento agli amministratori unici, non considerati, come sopra evidenziato, dal D.P.R. n. 251 del 2012. L'articolo 15, comma 1, del citato decreto legislativo n. 175 del 2016 prevede l'individuazione di una struttura del Ministero dell'economia e delle finanze, alla quale affidare il controllo e il monitoraggio sull'attuazione delle norme contenute nel medesimo decreto legislativo. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 16 maggio 2017 detta struttura è stata individuata nella Direzione VIII del Dipartimento del Tesoro, denominata "valorizzazione dell'attivo e del patrimonio pubblico". Sembra pertanto che la verifica sul rispetto della parità di genere nella composizione degli organi delle società a controllo pubblico sia ora affidata a due strutture, il suddetto Dipartimento del Tesoro (con riferimento alla disposizione di cui all'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo n. 175 del 2016) e il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri (riguardo alle disposizioni di cui al D.P.R. n. 251 del 2012), norme che, come si è visto, presentano, sul piano pratico, profili di parziale coincidenza.

 

Infine, il Dipartimento per le pari opportunità ha pubblicato il 20 ottobre 2017 i dati, aggiornati a fine settembre 2017, relativi alla composizione di genere degli organi di amministrazione e controllo delle società controllate da Pubbliche Amministrazioni e all'attività di monitoraggio del Dipartimento per le pari opportunità sull'applicazione del D.P.R n. 251 del 2012. Tali dati, che provvedono anche ad aggiornare quelli trasmessi con la citata relazione (Doc CCXLII, n. 1), evidenziano, in primo luogo che, dal 12 febbraio 2013 al 6 ottobre 2017 sono stati complessivamente avviati, in attuazione del Piano di vigilanza o a seguito delle segnalazioni ricevute, 331 procedimenti amministrativi nei confronti di altrettante società - ricadenti nell'ambito di applicazione della normativa in esame - i cui consigli di amministrazione o collegi sindacali non risultavano conformi al principio dell'equilibrio di genere. Il Dipartimento evidenzia, al riguardo, un elevato livello di reattività delle società interessate. Infatti, in 62 casi l'adeguamento delle società alle prescrizioni di legge è avvenuto successivamente all'avvio del procedimento ma anteriormente al primo provvedimento di diffida, in 116 casi successivamente alla prima diffida ma prima dell'adozione del secondo provvedimento di diffida e in 102 casi dopo il secondo provvedimento di diffida, ma ancora entro i termini. Solo in 11 casi i termini per l'adeguamento previsti a seguito della seconda diffida sono trascorsi invano, determinando la decadenza dell'organo composto in violazione delle regole sull'equilibrio di genere. Alla data del 4 ottobre 2017, 40 procedimenti erano ancora complessivamente in itinere, come risulta dalla Tabella successiva:

II Dipartimento per le pari opportunità ha contestualmente pubblicato ulteriori dati, frutto delle elaborazioni mensili effettuate dalla società Cerved Group, dai quali si rileva che la percentuale delle donne che ricoprono ruoli di vertice nelle società a partecipazione pubblica è sensibilmente aumentata in Italia nel quadriennio 2013-2017. Essi aggiornano i dati riferiti a settembre 2016. 

In particolare, a settembre 2017, ossia a metà del complessivo periodo di applicazione del D.P.R. n. 251 del 2012, le donne rappresentano il 30,9 per cento (quasi un terzo) dei componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società pubbliche non quotate, facendo registrare rispetto ad aprile 2014 (prima acquisizione di dati Cerved) un incremento di 12,6 punti percentuali (dal 18,3 al 30,9 per cento). In termini numerici, le titolari d'incarico sono aumentate di 660 unità. Detto incremento si è peraltro realizzato in un contesto caratterizzato da una forte riduzione del numero delle società controllate da pubbliche amministrazioni, ridottosi di oltre il 20 per cento (da circa 4000 società nel 2014 a circa 3100, con una contestuale riduzione di quasi 8 mila unità del numero dei componenti di genere maschile dei loro organi collegiali di direzione e controllo, come evidenziato nella Tabella che segue:

Il Dipartimento segnala tuttavia che il forte decremento delle posizioni ricoperte dagli uomini negli organi collegiali delle società controllate dalle pubbliche amministrazioni è stato però accompagnato da un incremento delle nomine di uomini come amministratori unici. Infatti, mentre il numero di donne che ricoprono questa carica è rimasto pressoché invariato dal 2014 (le donne risultano circa 100 sia all'inizio sia alla fine del periodo di riferimento), ad oggi si contano 100 amministratori unici uomini in più rispetto al 2014, per effetto della maggiore incidenza di società guidate da organi monocratici.

Secondo il comunicato del Dipartimento per le pari opportunità, gli andamenti in senso opposto registrati nella presenza di uomini e donne negli organi collegiali e monocratici possono essere interpretati in relazione agli effetti combinati del D.P.R. n. 251 del 2012 e dell'articolo 11, comma 2, del decreto legislativo n. 175 del 2016, che ha stabilito che "di norma" l'organo amministrativo delle società a controllo pubblico sia costituito da un amministratore unico, con ciò contribuendo a un forte aumento (da circa 29 per cento nel 2014 a quasi il 40 per cento oggi) della percentuale delle società controllate dalle pubbliche amministrazioni dirette da un amministratore unico, che nel 92 per cento dei casi risulta essere di genere maschile, come evidenziato nella tabella 7. Come sopra ricordato, tale stato di cose dovrebbe modificarsi sensibilmente a seguito all'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo n. 175 del 2016, che ha esteso anche agli amministratori unici le norme in materia di equilibrio di genere.

Il Dipartimento delle pari opportunità fornisce inoltre nuovi dati, sia complessivi sia disaggregati su base regionale, relativi all'equilibrio di genere con riferimento ai consigli di amministrazione e ai collegi sindacali, che evidenziano significative differenze geografiche nel tasso di osservanza delle disposizioni sopra illustrate.

Si segnala che in alcune regioni dell'Italia meridionale la percentuale di presenza femminile nei consigli di amministrazione delle società a partecipazione pubblica continua a risultare largamente inferiore al 20 per cento del totale, quota minima prevista (in sede di primo rinnovo degli organi) di presenza del genere meno rappresentato. La circostanza sembra indicare che la normativa per la parità di genere non sia in tali ambiti territoriali oggetto di generalizzata applicazione.

Il D.P.R. n. 251 del 2012 detta i termini e le modalità di attuazione della disciplina concernente la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo nelle società controllate dalle pubbliche amministrazioni a livello centrale, regionale e locale, costituite in Italia e non quotate sui mercati regolamentati.

Il regolamento dispone che le società a controllo pubblico prevedano, nei propri statuti, che la nomina degli organi di amministrazione e di controllo, ove a composizione collegiale, sia effettuata secondo modalità tali da garantire che il genere meno rappresentato ottenga almeno un terzo dei componenti di ciascun organo (un quinto, per il primo rinnovo). Come per le società quotate si prevede un meccanismo di arrotondamento, se dall'applicazione di tali regole non risulti un numero intero di componenti degli organi di amministrazione o controllo appartenenti al genere meno rappresentato. Il regolamento prevede l'obbligo di rispetto del vincolo da parte delle società a controllo pubblico nella composizione degli organi sociali (anche in caso di sostituzione) per tre mandati consecutivi, a partire dal primo rinnovo successivo all'entrata in vigore del D.P.R. n. 251 del 2012 (quindi dal 12 febbraio 2013).

Nell'ambito della ricognizione svolta sui rinnovi degli organi di amministrazione delle società partecipate, i preposti uffici della Camera dei Deputati, a partire dal primo rinnovo degli organi amministrativi di queste società successivo all'approvazione del regolamento sulle "quote di genere", hanno rilevato, per ogni singola società i cui organi amministrativi risultino essere stati rinnovati, la percentuale relativa alla rappresentanza di genere.

Tale rilevazione, pur limitata a un campione parziale delle società a partecipazione pubblica costituito da un universo di riferimento di 205 società - tra quelle di primo livello partecipate dal Mef e quelle di secondo livello nelle quali le società capofila detengono una quota di partecipazione superiore o uguale al 25 per cento del capitale (con esclusione delle società partecipate di livello inferiore al secondo) - ha fornito un primo quadro degli effetti della normativa sopra esaminata sugli assetti organizzativi di tali società. Dalle informazioni disponibili al 31 dicembre 2017, risulta che 49 società sono attualmente amministrate da consigli di amministrazione nominati in sede di "primo rinnovo" degli amministratori in scadenza dopo l'entrata in vigore della normativa sulle "quote di genere"; di queste, 39 società (pari all'81 per cento) hanno rispettato la percentuale minima di genere prevista per il primo rinnovo, pari ad almeno un quinto dei componenti del consiglio di amministrazione. Ulteriori 98 società hanno effettuato il secondo o il terzo rinnovo dopo l'entrata in vigore della normativa sulle "quote di genere"; di queste, 82 società (pari all' 84 per cento) hanno rispettato la percentuale in questo caso prevista, pari ad almeno un terzo dei componenti.

La struttura governativa deputata a compiere le funzioni di monitoraggio e di vigilanza sull'attuazione della normativa e a elaborare, sulla base di tale attività, una relazione triennale al Parlamento è il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri. 

Il 23 settembre 2016 è stata trasmessa alla Camera (Doc CCXLII, n. 1) la prima relazione triennale sullo stato di applicazione della normativa predetta.

La relazione riferisce tra l'altro che, mancando alla data di entrata in vigore del D.P.R. n. 251 del 2012 un'anagrafe già definita delle società pubbliche obbligate al rispetto della normativa, per il primo periodo di applicazione della medesima - ossia dal 12 febbraio 2013, data di entrata in vigore del citato D.P.R. n. 251 del 2012, fino al mese di aprile 2014 - le attività di monitoraggio e vigilanza sono state effettuate dal Dipartimento per le pari opportunità esclusivamente in base alle segnalazioni pervenute da terzi e nei confronti delle società che hanno adempiuto spontaneamente all'obbligo di comunicare, ai sensi dell'articolo 4, commi 2 e 3, del citato D.P.R., la composizione dei propri organi di amministrazione e controllo.

Il Dipartimento per le pari opportunità ha quindi ritenuto necessaria la realizzazione di una banca dati contenente le informazioni concernenti le citate società. A tal fine, in assenza di una banca dati completa presso altre pubbliche amministrazioni, il Dipartimento ha affidato a Cerved Group S.p.a l'incarico relativo alla fornitura di un database, aggiornato mensilmente, contenente le informazioni relative alle società sottoposte alla normativa.

 A partire dal mese di aprile 2014, pertanto, il Dipartimento ha predisposto un "Piano di vigilanza" sul rispetto della normativa in questione, provvedendo ad avviare, con cadenza mensile, i procedimenti amministrativi volti a diffidare le società inadempienti a rispristinare l'equilibrio di genere, individuando ciascun mese le 15 società pubbliche, controllate da una pubblica amministrazione, distribuite su 5 ripartizioni geografiche individuate (Nord/Ovest; Nord/Est; Centro; Sud; Isole), con il fatturato annuo più elevato, procedendo via via per quelle con classi di fatturato inferiori. Tale "Piano di vigilanza" è stato successivamente integrato (nel mese di settembre 2014) con l'introduzione del criterio ulteriore del rinnovo recente degli organi. A partire da settembre 2014, pertanto, i procedimenti amministrativi finalizzati all'adozione dei provvedimenti di diffida di cui all'articolo 4, comma 5, del D.P.R. n. 251 del 2012 sono stati avviati individuando le società controllate da una pubblica amministrazione che hanno rinnovato più di recente gli organi, distribuite sulle 5 ripartizioni geografiche (Nord/Ovest; Nord/Est; Centro; Sud; Isole), con il fatturato annuo più elevato, proseguendo via via per quelle con classi di fatturato inferiori.

In merito alle comunicazioni relative alla composizione degli organi sociali delle stesse, in seguito al loro rinnovo o parziale modifica, pervenute dalle società ai sensi dell'articolo 4, commi 2 e 3, del D.P.R. n. 251 del 2012, la relazione segnala che dal 12 febbraio 2013, data di entrata in vigore del D.P.R. n. 251 del 2012, fino al 12 febbraio 2016, data di scadenza del primo triennio di applicazione della normativa, sono pervenute al Dipartimento 640 comunicazioni, provenienti da 430 società. Per alcune società, nell'arco del triennio, vi sono state due o più modifiche nella composizione degli organi e, quindi, altrettante comunicazioni.

Complessivamente, al 12 febbraio 2016, le donne rappresentano circa il 37 per cento dei componenti degli organi collegiali delle società da cui sono pervenute comunicazioni; inoltre, 26 società hanno comunicato la nomina di un amministratore unico, in un solo caso di genere femminile (Cfr. Tabella successiva).

A seguito delle predette comunicazioni da parte delle società, nonché a seguito delle segnalazioni pervenute da terzi ai sensi dell'articolo 4, comma 4, del D.P.R. n. 251 del 2012, sono stati avviati, nel periodo di riferimento, 44 procedimenti finalizzati all'adozione del provvedimento di diffida di cui all'articolo 4, comma 5, del D.P.R. n. 251/2012, al cui esito sono stati emanati 37 provvedimenti di prima diffida e 22 provvedimenti di seconda diffida per le società che non si sono adeguate entro sessanta giorni dalla prima diffida.

AI riguardo, la relazione segnala che 7 società si sono adeguate dopo l'avvio del procedimento, 15 società si sono adeguate dopo il primo provvedimento di diffida e 18 società dopo il secondo provvedimento di diffida, mentre a 1 società, non essendosi adeguata nei termini, è stata comunicata la decadenza dell'organo. Inoltre, al 12 febbraio 2016, per 3 società non risultavano ancora scaduti i termini del provvedimento di seconda diffida.

 

Per quanto riguarda i procedimenti avviati d'ufficio, in base ai criteri di cui al predetto "Piano di vigilanza", dal mese di aprile 2014 fino al 12 febbraio 2016 sono stati avviati 153 procedimenti.

 

Al 12 febbraio 2016, 10 dei suddetti procedimenti risultavano ancora in corso, non essendo scaduti i termini per l'emanazione del provvedimento di prima diffida, mentre all'esito dei restanti 143 procedimenti sono stati emanati 121 provvedimenti di prima diffida (rivolti alle società che non si sono adeguate entro i termini procedimentali) e 64 provvedimenti di seconda diffida per le società che non si sono adeguate entro sessanta giorni dalla prima diffida (Cfr. Tabella 3).

 

* al 12/02/2016, 10 dei 153 procedimenti avviati erano ancora in corso in quanto le società ai quali erano rivolti non si erano ancora adeguate e non erano scaduti i termini per l'emanazione del provvedimento di prima diffida.

** al 12/02/2016, 4 dei 64 provvedimenti di seconda diffida erano ancora in corso in quanto le società diffidate non si erano ancora adeguate e non erano scaduti i termini del suddetto provvedimento.

*** al 12/02/2016, a seguito dei 64 provvedimenti di seconda diffida, 3 società hanno nominato un amministratore unico.

**** al 12/02/2016, 3 dei 22 provvedimenti di seconda diffida erano ancora in corso in quanto le società diffidate non si erano ancora adeguate e non erano scaduti i termini del suddetto provvedimento.

Per quanto riguarda le società non quotate in mercati regolamentati controllate dalle pubbliche amministrazioni, i dati forniti mensilmente da Cerved Group al Dipartimento per le pari opportunità hanno permesso di valutare i cambiamenti intervenuti nella composizione per genere degli organi di amministrazione e controllo delle società medesime in seguito all'entrata in vigore del sopracitato D.P.R. n. 251/2012 e di svolgere alcune considerazioni in merito all'efficacia della normativa concernente l'equilibrio di genere.

 

A febbraio 2016, a tre anni dall'entrata in vigore del D.P.R. n. 251 del 2012, le donne rappresentano più di un quarto dei componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società pubbliche non quotate, facendo registrare da aprile 2014 (prima acquisizione di dati Cerved) un incremento di otto punti percentuali - da 17,5 a 25,7 - grazie all'accesso di circa 900 nuovi componenti di genere femminile negli organi collegiali delle predette società nel periodo di riferimento.

Questo dato assume ulteriore rilevanza considerato che si è verificata, nel medesimo periodo, una diminuzione di circa 500 unità del numero di società rientranti nell'ambito di applicazione del D.P.R. n. 251 del 2012.

 

La distribuzione geografica della presenza femminile negli organi sociali delle società sottoposte a monitoraggio evidenzia notevoli differenze regionali, con valori particolarmente elevati nel Nord dell'Italia, dove la percentuale di donne negli organi collegiali si avvicina o raggiunge il 30 per cento in diverse regioni (come in Emilia Romagna, Piemonte, Liguria e Valle D'Aosta); nel Sud dell'Italia le donne non raggiungono la soglia del 15 per cento dei componenti degli organi collegiali sia in Basilicata (13,2 per cento) sia in Calabria (14,9 per cento) e, in generale, non raggiungono il 20 per cento, fatta eccezione per l'Abruzzo, in cui la percentuale si attesta al 24,8 per cento.

 

La relazione evidenzia inoltre che, dai dati in possesso del Dipartimento per le pari opportunità relativi alle nomine negli organi delle società non quotate nei mercati regolamentati controllate dalle pubbliche amministrazioni, nell'ultimo biennio si osserva una non trascurabile tendenza incrementale di nomine di amministratori unici. A febbraio 2016, 35 società su 100 risultano dirette da un amministratore unico mentre ad aprile 2014 la percentuale di società amministrate da un organo monocratico era inferiore al 30 per cento. Soltanto una percentuale esigua degli amministratori unici nominati, pari a circa il 3 per cento del totale, è di genere femminile.

Inoltre, la relazione segnala che nel corso del primo triennio di applicazione della normativa concernente l'equilibrio di genere di cui al D.P.R. n. 251 del 2012 è stata svolta un'attività di sensibilizzazione e di diffusione della conoscenza dell'esistenza degli obblighi previsti dalla normativa in questione, attraverso iniziative d'informazione e di formazione portate avanti dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le pari opportunità in collaborazione con Enti di ricerca, Università, Fondazioni e Associazioni, attraverso l'organizzazione e la partecipazione a eventi e convegni sul tema, nonché mediante la diffusione della campagna di comunicazione istituzionale "Quote di genere -Un Paese più equilibrato ha un futuro migliore".

 

Successivamente all'invio della relazione, il Dipartimento per le pari opportunità ha elaborato, sulla base delle informazioni messe a disposizione dalla Cerved Group S.p.a, ulteriori dati aggiornati al mese di settembre 2016. Occorre segnalare preliminarmente che tali dati non sono meccanicamente sovrapponibili a quelli forniti con la relazione, che prendeva in esame, come sopra illustrato, le comunicazioni ricevute dal Dipartimento per le pari opportunità e le procedure svolte in merito dallo stesso Dipartimento. I dati qui esaminati riguardano, invece, un'ampia platea di 3.381 società controllate dalla Pubblica Amministrazione. Di tali società, 1.187 risultano guidate da amministratori unici, di cui 100 sono donne, che rappresentano pertanto l'8,4 del totale degli amministratori unici; tale dato risulta più elevato di quello indicato nella relazione (3 per cento del totale). Si ricorda che il D.P.R. n. 251 del 2012 non assoggetta la posizione di amministratore unico alla disciplina sulla parità di genere, profilo sul quale è invece intervenuto l'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo n. 175 del 2016 (v. infra).

Per quanto riguarda le società amministrate da consigli di amministrazione, su un totale nazionale di 9.274 posizioni in consiglio censite in detti organi, 2.138, pari al 23,1 per cento, sono ricoperte da donne. Nel Nord Italia, su 4.950 posizioni, le donne sono 1.245, con una percentuale del 25,2 per cento del totale. Nell'Italia Centrale, su 2.231 posizioni censite, quelle ricoperte da donne sono 557, pari al 25 per cento del complesso dei componenti dei consigli di amministrazione in tale area geografica. Nel Sud, su 2.093 posizioni, le consigliere sono 336, il 16,1 per cento del totale. Per quanto riguarda i sindaci effettivi, le donne sono, su un totale di 5.327 posizioni censite in ambito nazionale, 1.579, il 29,6 per cento del totale (31,4 per cento nel Nord, 29 per cento nel Centro, 25,2 per cento nel Sud). Quanto ai sindaci supplenti, la percentuale di donne è pari al 36,7 per cento su base nazionale (38,9 per cento nel Nord, 36,1 per cento nel Centro, 30,7 per cento nel Sud).

Anche per quanto attiene alla composizione dei consigli di amministrazione i dati sembrano mostrare percentuali di presenza femminile leggermente superiori a quelle indicati nella relazione, che peraltro riportava dati aggiornati al mese di febbraio 2016.

Si segnala inoltre che sulla materia è intervenuta la disposizione di cui all'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo n. 175 del 2016. Detta norma stabilisce che "Nella scelta degli amministratori delle società a controllo pubblico, le amministrazioni assicurano il rispetto del principio di equilibrio di genere, almeno nella misura di un terzo, da computare sul numero complessivo delle designazioni o nomine effettuate in corso d'anno. Qualora la società abbia un organo amministrativo collegiale, lo statuto prevede che la scelta degli amministratori da eleggere sia effettuata nel rispetto dei criteri stabiliti dalla legge 12 luglio 2011, n. 120". L'intervento normativo di cui si è dato conto stabilizza per le società pubbliche la regola che garantisce al genere meno rappresentato almeno un terzo delle posizioni disponibili, anche "a regime", successivamente quindi al "terzo rinnovo" degli organi sociali, estendendo altresì l'efficacia del principio della parità di genere anche con riferimento agli amministratori unici, non considerati, come sopra evidenziato, dal D.P.R. n. 251 del 2012. L'articolo 15, comma 1, del citato decreto legislativo n. 175 del 2016 prevede l'individuazione di una struttura del Ministero dell'economia e delle finanze, alla quale affidare il controllo e il monitoraggio sull'attuazione delle norme contenute nel medesimo decreto legislativo. Con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 16 maggio 2017 detta struttura è stata individuata nella Direzione VIII del Dipartimento del Tesoro, denominata "valorizzazione dell'attivo e del patrimonio pubblico". Sembra pertanto che la verifica sul rispetto della parità di genere nella composizione degli organi delle società a controllo pubblico sia ora affidata a due strutture, il suddetto Dipartimento del Tesoro (con riferimento alla disposizione di cui all'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo n. 175 del 2016) e il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri (riguardo alle disposizioni di cui al D.P.R. n. 251 del 2012), norme che, come si è visto, presentano, sul piano pratico, profili di parziale coincidenza.

 

Infine, il Dipartimento per le pari opportunità ha pubblicato il 20 ottobre 2017 i dati, aggiornati a fine settembre 2017, relativi alla composizione di genere degli organi di amministrazione e controllo delle società controllate da Pubbliche Amministrazioni e all'attività di monitoraggio del Dipartimento per le pari opportunità sull'applicazione del D.P.R n. 251 del 2012. Tali dati, che provvedono anche ad aggiornare quelli trasmessi con la citata relazione (Doc CCXLII, n. 1), evidenziano, in primo luogo che, dal 12 febbraio 2013 al 6 ottobre 2017 sono stati complessivamente avviati, in attuazione del Piano di vigilanza o a seguito delle segnalazioni ricevute, 331 procedimenti amministrativi nei confronti di altrettante società - ricadenti nell'ambito di applicazione della normativa in esame - i cui consigli di amministrazione o collegi sindacali non risultavano conformi al principio dell'equilibrio di genere. Il Dipartimento evidenzia, al riguardo, un elevato livello di reattività delle società interessate. Infatti, in 62 casi l'adeguamento delle società alle prescrizioni di legge è avvenuto successivamente all'avvio del procedimento ma anteriormente al primo provvedimento di diffida, in 116 casi successivamente alla prima diffida ma prima dell'adozione del secondo provvedimento di diffida e in 102 casi dopo il secondo provvedimento di diffida, ma ancora entro i termini. Solo in 11 casi i termini per l'adeguamento previsti a seguito della seconda diffida sono trascorsi invano, determinando la decadenza dell'organo composto in violazione delle regole sull'equilibrio di genere. Alla data del 4 ottobre 2017, 40 procedimenti erano ancora complessivamente in itinere, come risulta dalla Tabella successiva:

II Dipartimento per le pari opportunità ha contestualmente pubblicato ulteriori dati, frutto delle elaborazioni mensili effettuate dalla società Cerved Group, dai quali si rileva che la percentuale delle donne che ricoprono ruoli di vertice nelle società a partecipazione pubblica è sensibilmente aumentata in Italia nel quadriennio 2013-2017. Essi aggiornano i dati riferiti a settembre 2016. 

In particolare, a settembre 2017, ossia a metà del complessivo periodo di applicazione del D.P.R. n. 251 del 2012, le donne rappresentano il 30,9 per cento (quasi un terzo) dei componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società pubbliche non quotate, facendo registrare rispetto ad aprile 2014 (prima acquisizione di dati Cerved) un incremento di 12,6 punti percentuali (dal 18,3 al 30,9 per cento). In termini numerici, le titolari d'incarico sono aumentate di 660 unità. Detto incremento si è peraltro realizzato in un contesto caratterizzato da una forte riduzione del numero delle società controllate da pubbliche amministrazioni, ridottosi di oltre il 20 per cento (da circa 4000 società nel 2014 a circa 3100, con una contestuale riduzione di quasi 8 mila unità del numero dei componenti di genere maschile dei loro organi collegiali di direzione e controllo, come evidenziato nella Tabella che segue:

Il Dipartimento segnala tuttavia che il forte decremento delle posizioni ricoperte dagli uomini negli organi collegiali delle società controllate dalle pubbliche amministrazioni è stato però accompagnato da un incremento delle nomine di uomini come amministratori unici. Infatti, mentre il numero di donne che ricoprono questa carica è rimasto pressoché invariato dal 2014 (le donne risultano circa 100 sia all'inizio sia alla fine del periodo di riferimento), ad oggi si contano 100 amministratori unici uomini in più rispetto al 2014, per effetto della maggiore incidenza di società guidate da organi monocratici.

Secondo il comunicato del Dipartimento per le pari opportunità, gli andamenti in senso opposto registrati nella presenza di uomini e donne negli organi collegiali e monocratici possono essere interpretati in relazione agli effetti combinati del D.P.R. n. 251 del 2012 e dell'articolo 11, comma 2, del decreto legislativo n. 175 del 2016, che ha stabilito che "di norma" l'organo amministrativo delle società a controllo pubblico sia costituito da un amministratore unico, con ciò contribuendo a un forte aumento (da circa 29 per cento nel 2014 a quasi il 40 per cento oggi) della percentuale delle società controllate dalle pubbliche amministrazioni dirette da un amministratore unico, che nel 92 per cento dei casi risulta essere di genere maschile, come evidenziato nella tabella 7. Come sopra ricordato, tale stato di cose dovrebbe modificarsi sensibilmente a seguito all'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo n. 175 del 2016, che ha esteso anche agli amministratori unici le norme in materia di equilibrio di genere.

Il Dipartimento delle pari opportunità fornisce inoltre nuovi dati, sia complessivi sia disaggregati su base regionale, relativi all'equilibrio di genere con riferimento ai consigli di amministrazione e ai collegi sindacali, che evidenziano significative differenze geografiche nel tasso di osservanza delle disposizioni sopra illustrate.

Si segnala che in alcune regioni dell'Italia meridionale la percentuale di presenza femminile nei consigli di amministrazione delle società a partecipazione pubblica continua a risultare largamente inferiore al 20 per cento del totale, quota minima prevista (in sede di primo rinnovo degli organi) di presenza del genere meno rappresentato. La circostanza sembra indicare che la normativa per la parità di genere non sia in tali ambiti territoriali oggetto di generalizzata applicazione.