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La c.d. Riforma Orlando delle intercettazioni (d.lgs. n. 216 del 2017)
informazioni aggiornate a martedì, 27 settembre 2022

Nel corso della XVII legislatura, l'art. 1, comma 82, della legge n. 103 del 2017, ha delegato il Governo a procedere alla riforma delle intercettazioni. Al comma 84, lettere da a) ad e), erano specificati i principi e criteri direttivi cui il Governo doveva attenersi nell'esercizio della delega, i quali erano volti a garantire la riservatezza delle comunicazioni e conversazioni telefoniche e telematiche oggetto di intercettazione, in conformità all'art. 15 della Costituzione. Ai commi da 88 a 91 era inoltre prevista la revisione e razionalizzazione dei costi delle intercettazioni (v. ultra).

In attuazione della suddetta delega è stato emanato il decreto legislativo n. 216 del 2017 che, in sintesi:

  • inserisce nel codice penale il delitto di diffusione di riprese e registrazioni fraudolente, per punire con la reclusione fino a quattro anni chiunque, partecipando a incontri o conversazioni private con la persona offesa, ne registra il contenuto all'insaputa dell'interlocutore (microfoni o telecamere nascoste), per diffonderlo allo scopo di recare un danno all'altrui reputazione;
  • a tutela della riservatezza delle comunicazioni dei difensori nei colloqui con l'assistito, vieta la trascrizione, anche sommaria, di queste comunicazioni;
  • interviene con riguardo alla garanzia di riservatezza delle comunicazioni non rilevanti a fini di giustizia penale ovvero contenenti dati sensibili prevedendo che, quando l'ufficiale di polizia giudiziaria che procede all'intercettazione ascolta una comunicazione di questa natura, non la trascriva, neanche sommariamente. L'ufficiale dovrà invece annotare, anche sommariamente, i contenuti di quelle comunicazioni affinché il PM sappia che è stata operata questa scelta e possa compiere valutazioni diverse, chiedendo la trascrizione anche di quelle comunicazioni quando le ritenga utili alle indagini;
  • in relazione alla procedura di selezione delle intercettazioni, disciplina la fase del deposito dei verbali e delle registrazioni, con la possibilità offerta alle parti di prenderne cognizione, e la fase dell'acquisizione del materiale intercettato al fascicolo delle indagini, che segue una duplice procedura a seconda che le intercettazioni debbano o meno essere utilizzate per motivare una misura cautelare. Nel primo caso, l'acquisizione è disposta dal PM a seguito del provvedimento del giudice che adotta la misura cautelare; nel secondo caso è disposta dal giudice che ha autorizzato le operazioni all'esito di un contradditorio tra accusa e difesa che può essere anche solo cartolare;
  • prevede che i difensori possano ottenere la trasposizione su supporto informatico delle registrazioni acquisite al fascicolo, e copia dei verbali delle operazioni. La trascrizione delle intercettazioni, attualmente prevista al termine dell'udienza di stralcio, dovrà invece essere effettuata all'apertura del dibattimento; solo in quella fase le parti potranno estrarre copia delle intercettazioni;
  • prevede che tutti gli atti delle intercettazioni non acquisiti al fascicolo siano restituiti al PM per la conservazione nell'archivio riservato tenuto presso l'ufficio del PM e siano coperti da segreto; ogni accesso all'archivio dovrà essere registrato. Il GIP potrà accedere e ascoltare le registrazioni; i difensori delle parti potranno ascoltare le registrazioni ma non potranno ottenere copia delle registrazioni e degli atti;
  • per quanto riguarda l'uso delle intercettazioni nel procedimento cautelare, la riforma prevede che, tanto nella richiesta di misura cautelare fatta dal PM, quanto nell'ordinanza del giudice che concede la misura, possano essere riprodotti solo i brani essenziali delle comunicazioni intercettate, che risultino necessari a sostenere la richiesta del PM o a motivare la decisione del giudice. Anche in questa fase, i difensori potranno esaminare gli atti e le registrazioni, ma non estrarre copia.
    Dispone poi che sia il PM ad acquisire al fascicolo delle indagini le comunicazioni o conversazioni utilizzate per l'adozione di una misura cautelare; ciò farà seguito, peraltro, a un vaglio di rilevanza del materiale intercettativo presentato dal PM a corredo della richiesta, effettuato dal giudice della cautela, che dovrà restituire al PM gli atti contenenti le comunicazioni e conversazioni intercettate ritenute dal giudice non rilevanti o inutilizzabili per la conservazione nell'archivio riservato;
  • disciplina le intercettazioni tra presenti mediante immissione di captatori informatici in dispositivi elettronici portatili (c.d. trojan). Tali intercettazioni saranno consentite nei luoghi di privata dimora solo quando vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo un'attività criminosa; il presupposto non è richiesto però se si procede per uno dei gravi delitti previsti dagli articoli 51, comma 3-bis e comma 3-quater del codice di procedura penale. Il PM e il giudice dovranno motivare l'esigenza di impiego di questa modalità e indicare in quali luoghi e tempi sarà possibile attivare il microfono. Dovrà essere costantemente garantita la sicurezza e l'affidabilità della rete di trasmissione attraverso la quale i dati intercettati vengono trasferiti agli impianti della procura della Repubblica e spetterà a un decreto del Ministro della giustizia definire i dettagli tecnici dei programmi informatici da utilizzare, che dovranno comunque assicurare la possibilità di disattivare il dispositivo alla fine delle operazioni rendendolo inservibile;
  • semplifica i presupposti per disporre le intercettazioni nei procedimenti per i reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, quando tali reati siano puniti con pena detentiva non inferiore nel massimo a 5 anni. Se si procede per tali delitti, infatti, l'intercettazione dovrà risultare necessaria (e non indispensabile) e saranno sufficienti indizi di reato (anche non gravi).
    Per utilizzare in tali indagini l'intercettazione ambientale con trojan in luoghi di privata dimora, permane il requisito della attualità dell'attività criminosa;
  • detta una norma transitoria in base alla quale la riforma potrà applicarsi alle intercettazioni autorizzate dopo il 180° giorno successivo all'entrata in vigore del decreto legislativo.

L'art. 9 del decreto legislativo n. 216 del 2017 prevedeva, nella sua versione originaria, che le disposizioni di riforma della disciplina delle intercettazioni (con alcune eccezioni) avrebbero dovuto applicarsi alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi del giudice emessi dopo il centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore dello stesso decreto (e quindi il 26 luglio 2018).

Tale termine è stato successivamente più volte prorogato: dapprima, dal decreto-legge n. 91 del 2018, che ha modificato il citato art. 9, sostituendo il riferimento al centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto con una data precisa, individuata nel 31 marzo 2019; quindi dalla legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019), che lo ha spostato al 31 luglio 2019; poi dal decreto-legge n. 53 del 2019 (c.d. sicurezza-bis), che lo ha portato al 31 dicembre 2019. Successivamente, la legge n. 7 del 2020, di conversione del decreto-legge n. 161 del 2019 - che ha significativamente modificato la c.d. Riforma Orlando - ha prorogato il termine per l'applicazione della riforma ai procedimenti penali iscritti successivamente al 30 aprile 2020 e, da ultimo, l'art. 1 del decreto-legge n. 28 del 2020 ha previsto l'applicazione della nuova disciplina ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020.

Nel corso della XVII legislatura, l'art. 1, comma 82, della legge n. 103 del 2017, ha delegato il Governo a procedere alla riforma delle intercettazioni. Al comma 84, lettere da a) ad e), erano specificati i principi e criteri direttivi cui il Governo doveva attenersi nell'esercizio della delega, i quali erano volti a garantire la riservatezza delle comunicazioni e conversazioni telefoniche e telematiche oggetto di intercettazione, in conformità all'art. 15 della Costituzione. Ai commi da 88 a 91 era inoltre prevista la revisione e razionalizzazione dei costi delle intercettazioni (v. ultra).

In attuazione della suddetta delega è stato emanato il decreto legislativo n. 216 del 2017 che, in sintesi:

  • inserisce nel codice penale il delitto di diffusione di riprese e registrazioni fraudolente, per punire con la reclusione fino a quattro anni chiunque, partecipando a incontri o conversazioni private con la persona offesa, ne registra il contenuto all'insaputa dell'interlocutore (microfoni o telecamere nascoste), per diffonderlo allo scopo di recare un danno all'altrui reputazione;
  • a tutela della riservatezza delle comunicazioni dei difensori nei colloqui con l'assistito, vieta la trascrizione, anche sommaria, di queste comunicazioni;
  • interviene con riguardo alla garanzia di riservatezza delle comunicazioni non rilevanti a fini di giustizia penale ovvero contenenti dati sensibili prevedendo che, quando l'ufficiale di polizia giudiziaria che procede all'intercettazione ascolta una comunicazione di questa natura, non la trascriva, neanche sommariamente. L'ufficiale dovrà invece annotare, anche sommariamente, i contenuti di quelle comunicazioni affinché il PM sappia che è stata operata questa scelta e possa compiere valutazioni diverse, chiedendo la trascrizione anche di quelle comunicazioni quando le ritenga utili alle indagini;
  • in relazione alla procedura di selezione delle intercettazioni, disciplina la fase del deposito dei verbali e delle registrazioni, con la possibilità offerta alle parti di prenderne cognizione, e la fase dell'acquisizione del materiale intercettato al fascicolo delle indagini, che segue una duplice procedura a seconda che le intercettazioni debbano o meno essere utilizzate per motivare una misura cautelare. Nel primo caso, l'acquisizione è disposta dal PM a seguito del provvedimento del giudice che adotta la misura cautelare; nel secondo caso è disposta dal giudice che ha autorizzato le operazioni all'esito di un contradditorio tra accusa e difesa che può essere anche solo cartolare;
  • prevede che i difensori possano ottenere la trasposizione su supporto informatico delle registrazioni acquisite al fascicolo, e copia dei verbali delle operazioni. La trascrizione delle intercettazioni, attualmente prevista al termine dell'udienza di stralcio, dovrà invece essere effettuata all'apertura del dibattimento; solo in quella fase le parti potranno estrarre copia delle intercettazioni;
  • prevede che tutti gli atti delle intercettazioni non acquisiti al fascicolo siano restituiti al PM per la conservazione nell'archivio riservato tenuto presso l'ufficio del PM e siano coperti da segreto; ogni accesso all'archivio dovrà essere registrato. Il GIP potrà accedere e ascoltare le registrazioni; i difensori delle parti potranno ascoltare le registrazioni ma non potranno ottenere copia delle registrazioni e degli atti;
  • per quanto riguarda l'uso delle intercettazioni nel procedimento cautelare, la riforma prevede che, tanto nella richiesta di misura cautelare fatta dal PM, quanto nell'ordinanza del giudice che concede la misura, possano essere riprodotti solo i brani essenziali delle comunicazioni intercettate, che risultino necessari a sostenere la richiesta del PM o a motivare la decisione del giudice. Anche in questa fase, i difensori potranno esaminare gli atti e le registrazioni, ma non estrarre copia.
    Dispone poi che sia il PM ad acquisire al fascicolo delle indagini le comunicazioni o conversazioni utilizzate per l'adozione di una misura cautelare; ciò farà seguito, peraltro, a un vaglio di rilevanza del materiale intercettativo presentato dal PM a corredo della richiesta, effettuato dal giudice della cautela, che dovrà restituire al PM gli atti contenenti le comunicazioni e conversazioni intercettate ritenute dal giudice non rilevanti o inutilizzabili per la conservazione nell'archivio riservato;
  • disciplina le intercettazioni tra presenti mediante immissione di captatori informatici in dispositivi elettronici portatili (c.d. trojan). Tali intercettazioni saranno consentite nei luoghi di privata dimora solo quando vi è fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo un'attività criminosa; il presupposto non è richiesto però se si procede per uno dei gravi delitti previsti dagli articoli 51, comma 3-bis e comma 3-quater del codice di procedura penale. Il PM e il giudice dovranno motivare l'esigenza di impiego di questa modalità e indicare in quali luoghi e tempi sarà possibile attivare il microfono. Dovrà essere costantemente garantita la sicurezza e l'affidabilità della rete di trasmissione attraverso la quale i dati intercettati vengono trasferiti agli impianti della procura della Repubblica e spetterà a un decreto del Ministro della giustizia definire i dettagli tecnici dei programmi informatici da utilizzare, che dovranno comunque assicurare la possibilità di disattivare il dispositivo alla fine delle operazioni rendendolo inservibile;
  • semplifica i presupposti per disporre le intercettazioni nei procedimenti per i reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, quando tali reati siano puniti con pena detentiva non inferiore nel massimo a 5 anni. Se si procede per tali delitti, infatti, l'intercettazione dovrà risultare necessaria (e non indispensabile) e saranno sufficienti indizi di reato (anche non gravi).
    Per utilizzare in tali indagini l'intercettazione ambientale con trojan in luoghi di privata dimora, permane il requisito della attualità dell'attività criminosa;
  • detta una norma transitoria in base alla quale la riforma potrà applicarsi alle intercettazioni autorizzate dopo il 180° giorno successivo all'entrata in vigore del decreto legislativo.

L'art. 9 del decreto legislativo n. 216 del 2017 prevedeva, nella sua versione originaria, che le disposizioni di riforma della disciplina delle intercettazioni (con alcune eccezioni) avrebbero dovuto applicarsi alle operazioni di intercettazione relative a provvedimenti autorizzativi del giudice emessi dopo il centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore dello stesso decreto (e quindi il 26 luglio 2018).

Tale termine è stato successivamente più volte prorogato: dapprima, dal decreto-legge n. 91 del 2018, che ha modificato il citato art. 9, sostituendo il riferimento al centottantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto con una data precisa, individuata nel 31 marzo 2019; quindi dalla legge n. 145 del 2018 (legge di bilancio 2019), che lo ha spostato al 31 luglio 2019; poi dal decreto-legge n. 53 del 2019 (c.d. sicurezza-bis), che lo ha portato al 31 dicembre 2019. Successivamente, la legge n. 7 del 2020, di conversione del decreto-legge n. 161 del 2019 - che ha significativamente modificato la c.d. Riforma Orlando - ha prorogato il termine per l'applicazione della riforma ai procedimenti penali iscritti successivamente al 30 aprile 2020 e, da ultimo, l'art. 1 del decreto-legge n. 28 del 2020 ha previsto l'applicazione della nuova disciplina ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020.