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Temi dell'attività parlamentare

Le misure urgenti in materia fallimentare nel decreto-legge n. 83 del 2015
informazioni aggiornate a martedì, 16 febbraio 2016

Con il decreto-legge n. 83 del 2015 il Governo ha dettato disposizioni urgenti in materia fallimentare, anticipando in parte gli esiti del lavoro della commissione di studio ministeriale. Le riforme introdotte dal decreto-legge, a seguito del significativo apporto parlamentare in sede di conversione, possono essere così sintetizzate.

Facilitazione del ricorso alla finanza nella crisi

In tema di finanziamento e di continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti, il provvedimento, modificando l'articolo 182-quinquies della legge fallimentare:

  • precisa che la richiesta di autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili può essere avanzata dal debitore anche prima del deposito del piano relativo alle modalità e ai tempi di adempimento della proposta di concordato preventivo e della relativa documentazione;
  • consente al tribunale di autorizzare il debitore, fin dalla presentazione della domanda "prenotativa", a contrarre limitati finanziamenti prededucibili a sostegno dell'attività aziendale, nel periodo necessario a presentare l'istanza di autorizzazione del vero e proprio finanziamento interinale, definendo il contenuto del ricorso e le modalità di decisione del tribunale;
  • estende anche alla cessione dei crediti la possibilità già prevista, per il tribunale, di concedere pegno o ipoteca a garanzia dei medesimi finanziamenti.

Concorrenza nel concordato preventivo

Inserendo nella legge fallimentare l'art. 163-bis, il decreto-legge interviene sulla disciplina del concordato preventivo, per prevedere che possano essere presentate offerte alternative (rispetto al piano di concordato) per l'acquisto dell'azienda o di un suo ramo o di specifici beni. Sulle offerte concorrenti si esprimerà il tribunale, aprendo a richiesta del commissario un procedimento competitivo finalizzato alla migliore soddisfazione dei creditori concordatari. A fronte di un'offerta per l'acquisto compresa nel piano di concordato, si dovrà aprire sempre un procedimento competitivo: il tribunale ricercherà gli eventuali altri interessati all'acquisto, anche quando il debitore abbia già stipulato un contratto che comunque abbia la finalità del trasferimento non immediato dei beni; il decreto del tribunale deve disporre la pubblicità sul portale delle vendite pubbliche e fissare l'aumento minimo del corrispettivo (rispetto a quanto riportato nel piano) che le offerte devono prevedere; sono quindi sommariamente disciplinate le modalità della gara, all'esito della quale il debitore dovrà modificare il piano di concordato.

Inoltre, la riforma modifica alcuni articoli della legge fallimentare con l'obiettivo di rendere possibile ai creditori la presentazione di proposte di concordato alternative a quella presentata dall'imprenditore all'assemblea dei creditori; questi ultimi potranno quindi optare per la proposta che meglio tuteli i loro interessi. In particolare, la riforma modifica l'art. 163 LF per consentire a uno o più creditori, che rappresentino almeno il 10% dei crediti, di presentare una proposta concorrente di concordato preventivo e il relativo piano; tale proposta non potrà essere ammessa se la proposta di concordato del debitore assicura comunque il pagamento, anche dilazionato, di almeno il 40% dei crediti chirografari. Nel caso di concordato con continuità aziendale, la proposta alternativa dei creditori non può essere ammessa se la proposta del debitore soddisfa almeno il 30% dei crediti chirografari.

La modifica dell'art. 177 LF, sulla maggioranza per l'approvazione del concordato, tiene conto dell'introduzione delle proposte concorrenti e dispone che quando sono poste al voto più proposte di concordato, si considera approvata la proposta che ha conseguito la maggioranza più elevata dei crediti ammessi al voto; in caso di parità, prevale quella del debitore o, in caso di parità fra proposte di creditori, quella presentata per prima. Se non si raggiungono le maggioranze prescritte, il giudice rimette al voto la sola proposta che ha conseguito la maggioranza relativa; in ogni caso deve essere raggiunta la maggioranza per l'approvazione del concordato.

La modifica dell'art. 185 LF, sulla esecuzione del concordato, obbliga il debitore a dare esecuzione al concordato omologato, anche quando presentato da uno o più creditori, pena l'intervento del commissario giudiziale o addirittura di un amministratore giudiziario.

Infine, in sede di conversione, intervenendo sull'art. 181 LF, è stato allungato da 6 a 9 mesi il termine concesso per l'omologazione del concordato preventivo.

Modifiche alla disciplina del concordato preventivo

Il provvedimento d'urgenza, a seguito della conversione in legge, precisa i requisiti della proposta di concordato, gli obblighi del commissario giudiziale e le modalità di adesione alla proposta. In particolare:

  • la proposta di concordato deve soddisfare - se non si tratta di concordato con continuità aziendale - almeno il 20% dei crediti chirografari e deve indicare le specifiche utilità ricavabili da ciascun creditore;
  • le comunicazioni al PM relative alla domanda di concordato sono integrate da tutta la relativa documentazione;
  • all'apertura della procedura di concordato preventivo il tribunale ordina al ricorrente di consegnare entro 7 giorni al commissario giudiziale copia digitale delle scritture contabili;
  • il commissario giudiziale deve comunicare al PM tutti i fatti rilevanti a fini di indagine penale e, nella relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, deve illustrare le utilità che, in caso di fallimento, possono essere apportate alle azioni risarcitorie o revocatorie che potrebbero essere promosse nei confronti di terzi.

Modifiche alla disciplina del curatore fallimentare

Il decreto-legge modifica le disposizioni della legge fallimentare relative al curatore, con finalità di accelerazione delle procedure e di garanza della terzietà dell'organo. In particolare, la riforma:

  • estende dai 2 ai 5 anni anteriori alla dichiarazione di fallimento il periodo in cui vige l'incompatibilità alla nomina di chi ha concorso al dissesto dell'impresa. In sede di conversione è stato escluso che possa svolgere l'incarico di curatore colui che ha, in qualsiasi tempo, concorso a cagionare il dissesto, eliminando ogni riferimento temporale;
  • prevede che il curatore debba essere nominato tenendo conto delle risultanze dei rapporti riepilogativi già presentati;
  • istituisce presso il Ministero della giustizia un registro nazionale dove confluiscono, oltre ai provvedimenti di nomina dei curatori fallimentari, anche quelli dei commissari e liquidatori giudiziali e sono annotate le sorti delle procedure concorsuali;
  • modifica l'art. 104-ter LF, relativo al programma di liquidazione dell'attivo, consentendo al curatore di appoggiarsi su società specializzate nella vendita e prevedendo termini procedurali più stringenti (programma di liquidazione entro 180 giorni dalla sentenza che dichiara il fallimento; liquidazione dell'attivo del fallimento entro 2 anni), il cui mancato rispetto può determinare la revoca del curatore.

Giudizi pendenti e chiusura del fallimento

In ordine ai giudizi pendenti e alla chiusura del fallimento, la riforma prevede:

a) la chiusura del fallimento a seguito di ripartizione dell'attivo anche quando vi siano giudizi pendenti;

b) che le somme necessarie a coprire le spese di giudizio nonché quelle ricevute per effetto di provvedimenti non definitivi sono trattenute dal curatore; dopo la chiusura del fallimento le somme trattenute e quelle che residuano dagli accantonamenti sono ripartite tra i creditori;

c) che eventuali sopravvenienze dell'attivo derivanti dalla conclusione dei giudizi pendenti non comportano la riapertura della procedura di fallimento;

d) la tardiva ammissione all'esdebitazione del fallito quando, a seguito del riparto supplementare conseguente alla chiusura di un giudizio pendente, i creditori siano stati in parte soddisfatti;

e) la permanenza in carica del curatore e del giudice delegato quando, nonostante la chiusura del fallimento, pendano giudizi inerenti i rapporti patrimoniali del fallito.

In sede di conversione, il Parlamento, al fine di assicurare la celere definizione delle procedure concorsuali, ha posto a carico dei magistrati l'obbligo di trattare con priorità le cause in cui è parte un fallimento o un concordato. Ha inoltre aggiunto che il giudice non può liquidare acconti a favore del curatore se non dopo un riparto parziale, al fine di accelerare il soddisfacimento dei creditori.

Accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari

Il decreto-legge ha inserito nella legge fallimentare l'art. 182-septies che integra - con specifico riferimento a banche ed intermediari finanziari - la disciplina dell'accordo di ristrutturazione dei debiti dettata dall'art. 182-bis della medesima legge. Sostanzialmente, si mira a togliere a banche che vantino crediti di modesta entità il potere di interdizione in relazione ad accordi di ristrutturazione che vedano l'adesione delle banche creditrici maggiormente esposte. La nuova disposizione prevede che l'accordo di ristrutturazione del debito possa essere concluso se vi aderiscono creditori finanziari che rappresentano il 75% del credito della categoria, fermo restando l'integrale pagamento dei creditori non finanziari. Il debitore può chiedere l'estensione dell'accordo alle banche (e intermediari finanziari) non aderenti, aventi posizione giuridica e interessi economici omogenei a quelli degli aderenti, quando tali operatori finanziari siano stati messi in condizione di partecipare alle trattative e compiutamente informati dei termini dell'accordo di ristrutturazione. Questi possono aderire oppure ricorrere al tribunale cui spetta l'omologazione dell'accordo. Il tribunale, verificate positivamente le condizioni sopraindicate e ritenuto che le banche e gli intermediari finanziari ai quali si chiede l'estensione dell'accordo possano risultare soddisfatti nei loro crediti "in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili", procede all'omologazione dell'accordo di ristrutturazione del debito. Analoga disciplina degli effetti sulle banche non aderenti si applica in relazione alle convenzioni che possono essere raggiunte su una eventuale moratoria temporanea dei crediti verso una o più banche aderenti all'accordo (rimane ferma la necessità del raggiungimento del citato 75%).

Rateizzazione del prezzo

Il decreto-legge interviene sull'art. 107 LF, stabilendo che le vendite e gli altri atti di liquidazione posti in essere in esecuzione del programma di liquidazione, effettuati dal curatore del fallimento tramite procedure competitive possano prevedere che il versamento del prezzo possa essere rateizzato.

Con il decreto-legge n. 83 del 2015 il Governo ha dettato disposizioni urgenti in materia fallimentare, anticipando in parte gli esiti del lavoro della commissione di studio ministeriale. Le riforme introdotte dal decreto-legge, a seguito del significativo apporto parlamentare in sede di conversione, possono essere così sintetizzate.

Facilitazione del ricorso alla finanza nella crisi

In tema di finanziamento e di continuità aziendale nel concordato preventivo e negli accordi di ristrutturazione dei debiti, il provvedimento, modificando l'articolo 182-quinquies della legge fallimentare:

  • precisa che la richiesta di autorizzazione a contrarre finanziamenti prededucibili può essere avanzata dal debitore anche prima del deposito del piano relativo alle modalità e ai tempi di adempimento della proposta di concordato preventivo e della relativa documentazione;
  • consente al tribunale di autorizzare il debitore, fin dalla presentazione della domanda "prenotativa", a contrarre limitati finanziamenti prededucibili a sostegno dell'attività aziendale, nel periodo necessario a presentare l'istanza di autorizzazione del vero e proprio finanziamento interinale, definendo il contenuto del ricorso e le modalità di decisione del tribunale;
  • estende anche alla cessione dei crediti la possibilità già prevista, per il tribunale, di concedere pegno o ipoteca a garanzia dei medesimi finanziamenti.

Concorrenza nel concordato preventivo

Inserendo nella legge fallimentare l'art. 163-bis, il decreto-legge interviene sulla disciplina del concordato preventivo, per prevedere che possano essere presentate offerte alternative (rispetto al piano di concordato) per l'acquisto dell'azienda o di un suo ramo o di specifici beni. Sulle offerte concorrenti si esprimerà il tribunale, aprendo a richiesta del commissario un procedimento competitivo finalizzato alla migliore soddisfazione dei creditori concordatari. A fronte di un'offerta per l'acquisto compresa nel piano di concordato, si dovrà aprire sempre un procedimento competitivo: il tribunale ricercherà gli eventuali altri interessati all'acquisto, anche quando il debitore abbia già stipulato un contratto che comunque abbia la finalità del trasferimento non immediato dei beni; il decreto del tribunale deve disporre la pubblicità sul portale delle vendite pubbliche e fissare l'aumento minimo del corrispettivo (rispetto a quanto riportato nel piano) che le offerte devono prevedere; sono quindi sommariamente disciplinate le modalità della gara, all'esito della quale il debitore dovrà modificare il piano di concordato.

Inoltre, la riforma modifica alcuni articoli della legge fallimentare con l'obiettivo di rendere possibile ai creditori la presentazione di proposte di concordato alternative a quella presentata dall'imprenditore all'assemblea dei creditori; questi ultimi potranno quindi optare per la proposta che meglio tuteli i loro interessi. In particolare, la riforma modifica l'art. 163 LF per consentire a uno o più creditori, che rappresentino almeno il 10% dei crediti, di presentare una proposta concorrente di concordato preventivo e il relativo piano; tale proposta non potrà essere ammessa se la proposta di concordato del debitore assicura comunque il pagamento, anche dilazionato, di almeno il 40% dei crediti chirografari. Nel caso di concordato con continuità aziendale, la proposta alternativa dei creditori non può essere ammessa se la proposta del debitore soddisfa almeno il 30% dei crediti chirografari.

La modifica dell'art. 177 LF, sulla maggioranza per l'approvazione del concordato, tiene conto dell'introduzione delle proposte concorrenti e dispone che quando sono poste al voto più proposte di concordato, si considera approvata la proposta che ha conseguito la maggioranza più elevata dei crediti ammessi al voto; in caso di parità, prevale quella del debitore o, in caso di parità fra proposte di creditori, quella presentata per prima. Se non si raggiungono le maggioranze prescritte, il giudice rimette al voto la sola proposta che ha conseguito la maggioranza relativa; in ogni caso deve essere raggiunta la maggioranza per l'approvazione del concordato.

La modifica dell'art. 185 LF, sulla esecuzione del concordato, obbliga il debitore a dare esecuzione al concordato omologato, anche quando presentato da uno o più creditori, pena l'intervento del commissario giudiziale o addirittura di un amministratore giudiziario.

Infine, in sede di conversione, intervenendo sull'art. 181 LF, è stato allungato da 6 a 9 mesi il termine concesso per l'omologazione del concordato preventivo.

Modifiche alla disciplina del concordato preventivo

Il provvedimento d'urgenza, a seguito della conversione in legge, precisa i requisiti della proposta di concordato, gli obblighi del commissario giudiziale e le modalità di adesione alla proposta. In particolare:

  • la proposta di concordato deve soddisfare - se non si tratta di concordato con continuità aziendale - almeno il 20% dei crediti chirografari e deve indicare le specifiche utilità ricavabili da ciascun creditore;
  • le comunicazioni al PM relative alla domanda di concordato sono integrate da tutta la relativa documentazione;
  • all'apertura della procedura di concordato preventivo il tribunale ordina al ricorrente di consegnare entro 7 giorni al commissario giudiziale copia digitale delle scritture contabili;
  • il commissario giudiziale deve comunicare al PM tutti i fatti rilevanti a fini di indagine penale e, nella relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, deve illustrare le utilità che, in caso di fallimento, possono essere apportate alle azioni risarcitorie o revocatorie che potrebbero essere promosse nei confronti di terzi.

Modifiche alla disciplina del curatore fallimentare

Il decreto-legge modifica le disposizioni della legge fallimentare relative al curatore, con finalità di accelerazione delle procedure e di garanza della terzietà dell'organo. In particolare, la riforma:

  • estende dai 2 ai 5 anni anteriori alla dichiarazione di fallimento il periodo in cui vige l'incompatibilità alla nomina di chi ha concorso al dissesto dell'impresa. In sede di conversione è stato escluso che possa svolgere l'incarico di curatore colui che ha, in qualsiasi tempo, concorso a cagionare il dissesto, eliminando ogni riferimento temporale;
  • prevede che il curatore debba essere nominato tenendo conto delle risultanze dei rapporti riepilogativi già presentati;
  • istituisce presso il Ministero della giustizia un registro nazionale dove confluiscono, oltre ai provvedimenti di nomina dei curatori fallimentari, anche quelli dei commissari e liquidatori giudiziali e sono annotate le sorti delle procedure concorsuali;
  • modifica l'art. 104-ter LF, relativo al programma di liquidazione dell'attivo, consentendo al curatore di appoggiarsi su società specializzate nella vendita e prevedendo termini procedurali più stringenti (programma di liquidazione entro 180 giorni dalla sentenza che dichiara il fallimento; liquidazione dell'attivo del fallimento entro 2 anni), il cui mancato rispetto può determinare la revoca del curatore.

Giudizi pendenti e chiusura del fallimento

In ordine ai giudizi pendenti e alla chiusura del fallimento, la riforma prevede:

a) la chiusura del fallimento a seguito di ripartizione dell'attivo anche quando vi siano giudizi pendenti;

b) che le somme necessarie a coprire le spese di giudizio nonché quelle ricevute per effetto di provvedimenti non definitivi sono trattenute dal curatore; dopo la chiusura del fallimento le somme trattenute e quelle che residuano dagli accantonamenti sono ripartite tra i creditori;

c) che eventuali sopravvenienze dell'attivo derivanti dalla conclusione dei giudizi pendenti non comportano la riapertura della procedura di fallimento;

d) la tardiva ammissione all'esdebitazione del fallito quando, a seguito del riparto supplementare conseguente alla chiusura di un giudizio pendente, i creditori siano stati in parte soddisfatti;

e) la permanenza in carica del curatore e del giudice delegato quando, nonostante la chiusura del fallimento, pendano giudizi inerenti i rapporti patrimoniali del fallito.

In sede di conversione, il Parlamento, al fine di assicurare la celere definizione delle procedure concorsuali, ha posto a carico dei magistrati l'obbligo di trattare con priorità le cause in cui è parte un fallimento o un concordato. Ha inoltre aggiunto che il giudice non può liquidare acconti a favore del curatore se non dopo un riparto parziale, al fine di accelerare il soddisfacimento dei creditori.

Accordo di ristrutturazione con intermediari finanziari

Il decreto-legge ha inserito nella legge fallimentare l'art. 182-septies che integra - con specifico riferimento a banche ed intermediari finanziari - la disciplina dell'accordo di ristrutturazione dei debiti dettata dall'art. 182-bis della medesima legge. Sostanzialmente, si mira a togliere a banche che vantino crediti di modesta entità il potere di interdizione in relazione ad accordi di ristrutturazione che vedano l'adesione delle banche creditrici maggiormente esposte. La nuova disposizione prevede che l'accordo di ristrutturazione del debito possa essere concluso se vi aderiscono creditori finanziari che rappresentano il 75% del credito della categoria, fermo restando l'integrale pagamento dei creditori non finanziari. Il debitore può chiedere l'estensione dell'accordo alle banche (e intermediari finanziari) non aderenti, aventi posizione giuridica e interessi economici omogenei a quelli degli aderenti, quando tali operatori finanziari siano stati messi in condizione di partecipare alle trattative e compiutamente informati dei termini dell'accordo di ristrutturazione. Questi possono aderire oppure ricorrere al tribunale cui spetta l'omologazione dell'accordo. Il tribunale, verificate positivamente le condizioni sopraindicate e ritenuto che le banche e gli intermediari finanziari ai quali si chiede l'estensione dell'accordo possano risultare soddisfatti nei loro crediti "in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente praticabili", procede all'omologazione dell'accordo di ristrutturazione del debito. Analoga disciplina degli effetti sulle banche non aderenti si applica in relazione alle convenzioni che possono essere raggiunte su una eventuale moratoria temporanea dei crediti verso una o più banche aderenti all'accordo (rimane ferma la necessità del raggiungimento del citato 75%).

Rateizzazione del prezzo

Il decreto-legge interviene sull'art. 107 LF, stabilendo che le vendite e gli altri atti di liquidazione posti in essere in esecuzione del programma di liquidazione, effettuati dal curatore del fallimento tramite procedure competitive possano prevedere che il versamento del prezzo possa essere rateizzato.