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CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 19 ottobre 2016
711.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
ALLEGATO

ALLEGATO 1

Schema di decreto legislativo recante testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale (Atto n. 308).

PARERE APPROVATO

  La I Commissione,
   esaminato, ai sensi dell'articolo 96-ter del regolamento, lo schema di decreto legislativo recante testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale (Atto n. 308),
   premesso che:
    la legge n.124 del 2015 all'articolo 19 ha delegato il Governo ad individuare una disciplina generale in materia di regolazione e organizzazione dei servizi di interesse economico generale di ambito locale e, coerentemente con le definizioni comunitarie, il decreto in esame ha stabilito che tali servizi siano da considerarsi quelli che senza un intervento pubblico non sarebbero svolti, o sarebbero svolti in condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza;
    l'articolo 3 dello schema in esame precisa l'ambito di applicazione del decreto che risulta, tuttavia, poco chiaro e rischia di ingenerare future divergenti interpretazioni. Si ritiene pertanto, che occorrerebbe chiarire quali siano le norme che «integrano e prevalgono sulle normative di settore», anche in relazione al tema degli indennizzi;
    in relazione al servizio idrico integrato, poi, la medesima legge delega ha previsto esplicitamente che la disciplina relativa alle modalità di affidamento si conformi all'esito della consultazione referendaria del 12 e 13 giugno 2011 e ai principi enunciati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 199 del 2012;
    va altresì ricordato che, per quanto concerne il servizio idrico integrato – la cui disciplina delle modalità di affidamento e gestione è contenuta in una specifica normativa di settore (decreto legislativo n. 152 del 2006, anche oggetto di recente intervento del legislatore)- è attualmente all'esame del Senato il disegno di legge «Princìpi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque» (2343), già approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati;
    pertanto potrebbe ipotizzarsi per il servizio idrico integrato uno specifico rinvio alla disciplina di settore, anche per quanto riguarda le modalità di affidamento e gestione, al pari di quanto il decreto in esame prevede in materia di gas ed energia elettrica all'articolo 3, comma 3; anche se occorre evidenziare come il servizio idrico integrato presenti caratteri di essenzialità e di complessità nella gestione ed organizzazione non dissimili da altri servizi pubblici locali come, ad esempio, il servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti;
    la legge delega ha poi previsto che l'individuazione delle modalità di gestione o di conferimento della gestione dei servizi debba avvenire nel rispetto dei principi dell'ordinamento europeo, ivi compresi quelli in materia di autoproduzione, e dei principi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei principi di autonomia organizzativa, economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità. Pag. 36L'obiettivo di una più efficace garanzia dei diritti dei cittadini e di un migliore utilizzo delle risorse pubbliche si persegue, dunque, anche attraverso una adeguata scelta delle modalità di affidamento dei servizi, che deve essere rimessa anche agli enti locali;
    il principio direttivo contenuto nella delega prevede quindi, in via generale, la produzione in house come uno dei possibili modelli di gestione dei servizi, senza altri vincoli se non quelli esplicitati dalla consolidata giurisprudenza (Corte Costituzionale sentenza n. 199 del 2012 e, da ultime, le sentenze del Consiglio di Stato Sez. V, n. 1034 del 2016 e Sez. VI n. 762 del 2013);
    su questo aspetto, il decreto in esame ha invece posto ulteriori vincoli e condizioni rispetto alle norme europee e ai principi contenuti nella legge delega laddove ha riconosciuto la possibilità di non ricorrere al mercato solo come ipotesi residuale ed eccezionale: l'ente potrebbe infatti ricorrere alle modalità di affidamento in house solo se riuscisse a dimostrare l'impossibilità del mercato di offrire quel servizio. Come è evidente, tale condizione renderebbe estremamente difficoltoso ed improbabile per l'ente locale optare per l'affidamento in house del servizio;
    risulta, inoltre, del tutto irragionevole e con esclusiva funzione penalizzante, in materia di durata dell'affidamento, il termine massimo di 5 anni previsto per le ipotesi di affidamento in house: la previsione di un termine così breve renderebbe molto difficile ammortizzare gli eventuali investimenti che sarebbero, di conseguenza, disincentivati;
    il decreto in esame prevede, inoltre, norme specifiche per il settore del trasporto pubblico locale, in conformità con l'intesa sancita in sede di Conferenza Stato Regioni e le sue successive integrazioni e modificazioni;
    su tale parte del decreto occorre, tra l'altro chiarire l'ambito di applicazione del decreto, anche con riferimento a quanto previsto dal regolamento CE n. 1370 del 2007 in materia di affidamenti diretti di trasporti pubblici locali; definire la normativa in materia di costi standard;
    in tale ambito emerge come risulti penalizzante e, di fatto, non attuabile, la disciplina di scelta del contraente per i servizi di trasporto pubblico locale laddove, per il trasporto su gomma, prevede che in caso di un'unica offerta e di lotti con utenza inferiore a 350.000 abitanti, l'aggiudicazione avvenga solo per motivi di necessità e urgenza con un limite temporale di 3 anni: se l'offerta è stata elaborata su un periodo superiore, la riduzione al triennio potrebbe creare dei problemi di sostenibilità e squilibrio; appare perciò necessario eliminare l'ultimo periodo del comma 4, dell'articolo 14;
    in merito all'attribuzione alle Autorità indipendenti di settore del compito di individuare, per gli ambiti di competenza, i costi standard dei servizi pubblici locali appare altresì opportuno prevedere una disciplina transitoria che, fino a diversa normazione, faccia salvi gli effetti del decreto del ministero delle infrastrutture e trasporti emanato sulla base dell'articolo 1, comma 84 della legge n. 147 del 2013;
    all'articolo 12, comma 1, andrebbe valutata l'opportunità di attribuire a comuni e città metropolitane la funzione relativa alla stipula del contratto di servizio, il quale costituisce uno dei principali strumenti a disposizione del soggetto affidante per disciplinare i rapporti con il soggetto affidatario;
    appare inoltre opportuno verificare che l'obiettivo di promuovere aggregazioni delle attività e delle gestioni secondo criteri di economicità ed efficienza venga coerentemente perseguito in tutte le disposizioni del decreto in esame;
    visti i rilievi espressi dalla IX Commissione Trasporti nella seduta del 18 ottobre scorso che la I Commissioni Affari Costituzionali assume come proprie osservazioni, Pag. 37
  esprime

PARERE FAVOREVOLE

  con le seguenti condizioni:
   1) in merito all'ambito di applicazione del decreto di cui all'articolo 3 dello schema in esame, onde evitare incertezze interpretative, individuare puntualmente quali siano le norme relative alle modalità di affidamento che «integrano e prevalgono sulle normative di settore» comprendendo anche le misure relative all'organizzazione dei servizi a rete (come ad esempio gli articoli 6, 7 e 13); al fine di evitare incertezze interpretative con le norme del decreto in esame, esplicitare che è fatto salvo quanto previsto in materia di affidamenti diretti di trasporti pubblici locali dal regolamento CE n. 1370 del 2007;
   2) in ottemperanza ai principi di delega e, coerentemente, con le scelte che la Camera ha da poco compiuto e che trovano conferma anche nell'ordinamento europeo, prevedere che il servizio idrico integrato sia disciplinato, nel pieno rispetto dei principi enunciati dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 199 del 2012 e, dunque, dell'esito referendario, da specifica normativa di settore (analogamente a quanto il decreto in esame già prevede per il settore del gas e per quello dell'energia all'articolo 3, comma 3). Di conseguenza, circoscrivere l'ambito di operatività delle disposizioni contenute nel decreto che presentano una portata generale, comprese quelle aventi contenuto meramente abrogativo, in modo da non alterare il quadro normativo attualmente vigente nel settore (anche a seguito della su ricordata pronuncia della Corte Costituzionale);
   3) in conformità con quanto previsto dalla legge delega n. 124 del 2015, articolo 19, comma 1, lettera, e) e alla costante giurisprudenza amministrativa e di legittimità (cfr. da ultimo, le sentenze del Consiglio di Stato Sez. V, n. 1034 del 2016 e Sez. VI n. 762 del 2013 e la sentenza della Corte Costituzionale n. 199 del 2012), escludere ogni forma di gerarchia tra i diversi modelli di affidamento dei servizi, assicurando agli enti locali la possibilità di scegliere la modalità di affidamento che risulti più efficiente e vantaggiosa per l'utente e la collettività, fermo restando il rispetto dei principi comunitari e l'obbligo di adeguata motivazione del provvedimento di scelta. Conseguentemente, sopprimere il comma 3 dell'articolo 7 e prevedere per tutte le forme di affidamento, compresi gli affidamenti diretti ai sensi del regolamento (CE) 23 ottobre 2007, n. 1370 o gli affidamenti ad azienda speciale, che l'ente locale dia conto, nelle motivazioni del provvedimento di scelta, dei benefici per la collettività della forma di affidamento prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità, socialità, efficienza, economicità e qualità, tenendo altresì conto dei costi standard di cui al comma 2 dell'articolo 15; estendere ad ogni forma di affidamento la previsione di cui al comma 4 dell'articolo 7 relativa all'obbligo di inserimento del Piano economico finanziario nel provvedimento motivato di scelta della modalità di affidamento;
   4) nella medesima prospettiva occorre escludere anche per le ipotesi di affidamento in house la previsione di termini massimi di durata dell'affidamento irragionevoli e penalizzanti. Occorre eliminare, quindi il riferimento al termine massimo di cinque anni di cui all'articolo 8, comma 3;
   5) modificare il comma 5 dell'articolo 7 prevedendo che il parere preventivo (obbligatorio ma non vincolante) sullo schema di atto deliberativo sia reso dall'Autorità di regolazione, ove istituita, mantenendo il parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato solo nei servizi in cui non opera un'Autorità di regolazione;
   6) all'articolo 13, comma 3, occorre riaffermare la validità delle deliberazioni degli enti di governo degli ambiti territoriali ottimali senza necessità di ulteriori Pag. 38deliberazioni, preventive e successive, da parte dei singoli enti locali partecipanti, già prevista dall'articolo 3-bis, comma 1-bis, del decreto-legge n. 138 del 2011, come modificato dalla legge di stabilità 2015, al fine di garantire l'ordinario ed efficace svolgimento delle funzioni e dei servizi a questi attribuiti;
   7) nell'ambito della disciplina del subentro in caso di scadenza dell'affidamento o cessazione anticipata di cui all'articolo 11, e conformemente a quanto previsto dal parere del Consiglio di Stato, si preveda espressamente, in relazione al diritto di indennizzo spettante al gestore uscente, che eventuali ritardi nella corresponsione del suddetto indennizzo non facciano sorgere alcun diritto di ritenzione dell'impianto;
   8) in materia di procedure di scelta del contraente, all'articolo 17, comma 2, lettera a), al fine di consentire un maggior margine di flessibilità alle stazioni appaltanti, prevedere che nello svolgimento delle procedure la riscossione diretta dei proventi da traffico da parte dell'affidatario sia una scelta e non un obbligo;
   9) con riguardo al regime delle inconferibilità degli incarichi di cui all'articolo 19, in tema di efficacia temporale, estendere l'operatività della norma anche agli incarichi in essere che, conseguentemente, sarebbero destinati a cessare se in contrasto con la disciplina stessa; sarebbe inoltre opportuno precisare cosa si intende, all'articolo 19 comma 1 lettere a) e b), per «direttamente preposti»;
   10) all'articolo 21 in materia di contratto di servizio, occorre coordinare la previsione che il contratto di servizio viene stipulato contestualmente all'atto di affidamento con le norme contenute nel Codice degli Appalti (decreto legislativo n. 50 del 2016);
    e con le seguenti osservazioni:
   a) si segnala l'opportunità di chiarire, all'articolo 6, le disposizioni di cui al comma 1, lettera a), b) e c) relative alle modalità di perseguimento degli obiettivi di interesse pubblico sopprimendo la lettera b) e, conseguentemente, aggiungendo alla fine del punto a) la previsione del riconoscimento, ove necessario, di benefici tariffari o titoli da utilizzare per la fruizione del servizio;
   b) alla luce delle nuove competenze attribuite in materia di rifiuti all'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico si ritiene opportuno che vengano chiariti la natura e i limiti delle nuove funzioni di regolazione e controllo e che venga assicurato all'Authority medesima un contingente adeguato di personale stabile e con idonee professionalità; si valuti, inoltre, l'opportunità di ricomprendere tra le competenze dell'Autorità di cui all'articolo 16, la regolazione, la vigilanza ed il controllo dei sistemi di attuazione della responsabilità estesa del produttore del prodotto e della responsabilità condivisa, in particolare con riferimento ai sistemi collettivi, al fine di verificare i requisiti degli stessi, definire i criteri e le modalità per l'applicazione dei relativi contributi ambientali e delle altre forme di finanziamento, nonché verificare, avvalendosi del Sistema delle Agenzie ambientali, il raggiungimento degli obiettivi di raccolta e recupero dei rifiuti previsti dalla normativa vigente per ciascuna filiera;
   c) all'articolo 9, comma 8, per uniformità di definizioni, si valuti l'opportunità di specificare che i concessionari hanno l'obbligo di fornire i dati tecnici ed economici relativi a reti, impianti e altre dotazioni ed ogni altra informazione necessaria per definire i bandi agli enti competenti all'organizzazione del servizio, e non solo a quelli competenti a bandire la gara;
   d) all'articolo 12, comma 1, si valuti l'opportunità di attribuire a comuni e città metropolitane la funzione relativa alla stipula del contratto di servizio, il quale costituisce uno dei principali strumenti a disposizione del soggetto affidante per disciplinare i rapporti con il soggetto affidatario;
   e) valutare l'opportunità di chiarire l'ambito di operatività del decreto in relazione Pag. 39al Codice degli appalti, anche in tema di indennità che spettano al concessionario nei casi di cessazione anticipata, considerando le diverse ipotesi/cause che possono dar luogo alla cessazione stessa;
   f) si valuti l'opportunità, in materia di ripartizione del Fondo di cui all'articolo 23, di verificare come e in quale misura dare altresì rilievo al criterio dei costi standard.

Pag. 40

ALLEGATO 2

Schema di decreto legislativo recante testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale (Atto n. 308).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL GRUPPO SINISTRA ITALIANA – SINISTRA ECOLOGIA LIBERTÀ

  La I Commissione,
   esaminato lo schema di decreto legislativo in titolo,
   premesso che:
    la delega contenuta negli artt. 16 e 19 della legge n. 124/2015 mira a riformare integralmente la disciplina dei servizi pubblici locali che, come ampiamente noto, rappresentano una funzione fondamentale dei comuni e delle città metropolitane, contribuendo a definire il livello di benessere delle persone;
    il decreto in esame presenta molteplici criticità concernenti settori delicatissimi che toccano in modo profondo sulla vita reale degli individui;
    con riferimento al servizio idrico integrato si evidenzia come l'articolo 19, comma 1, lettera c) della legge n.124/2015 stabilisca che l'individuazione della disciplina generale in materia di regolazione e organizzazione dei servizi di interesse economico generale di ambito locale deve tenere conto »dell'esito del referendum abrogativo del 12 e 13 giugno 2011». Purtuttavia, il decreto in esame contiene diverse disposizioni che si pongono in profondo contrasto con i principi sanciti dalla Corte Costituzionale in sede di ammissibilità del quesito referendario e conseguentemente con i principi sanciti dalla stessa legge delega n. 124/2015;
    il comma 1 dell'articolo 7 del decreto in esame definisce le opzioni tra cui l'ente competente può scegliere la modalità di gestione del servizio e, alla lettera d), prevede che la gestione in economia o mediante azienda speciale sia possibile solo per i servizi non a rete. Ciò si pone in contraddizione con l'esito referendario, in quanto si limitano, rispetto a quanto previsto dalla disciplina europea il diritto comunitario, le ipotesi di affidamento del servizio idrico ad un soggetto pubblico;
    il comma 3, dell'articolo 7 del decreto in esame, in buona sostanza, impone agli Enti Locali che scelgono l'affidamento «in house» o mediante azienda speciale di deliberare con provvedimento motivato, dando conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato e del fatto che tale scelta non sia più svantaggiosa per i cittadini, nonché dell'impossibilità di procedere mediante suddivisione in lotti del servizio per favorire la concorrenza. Ciò determina, di fatto, una disparità tra gli affidamenti diretti e quelli mediante gara o a società mista;
    le disposizioni contenute nell'articolo 9 dello schema di decreto, come peraltro evidenziato dal Parere del Consiglio di Stato, operano una inversione di tendenza rispetto alla disciplina previgente in ordine alla proprietà delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali essenziali, in quanto introducono per la prima volta la possibilità per gli enti locali di cederla a società di capitali, seppur allo stato attuale interamente partecipate dagli enti stessi. Tali previsioni non possono essere in alcun modo condivise visto che le reti, gli impianti e le altre Pag. 41dotazioni patrimoniali essenziali costituiscono il capitale tecnico necessario e indispensabile per lo svolgimento di un pubblico servizio e sono proprietà degli enti locali, che non possono cederla;
    il comma 2 dell'articolo 10 del decreto in esame prevede, solo nei casi in cui l'affidamento della gestione sia stato effettuato tramite gara ad evidenza pubblica, la possibilità di realizzare direttamente e senza gara d'appalto tutti i lavori connessi alla gestione della rete e degli impianti. Anche in questo caso si ravvisa, in violazione aperto contrasto con l'esito referendario, un'ingiustificata disparità tra gli affidamenti diretti e quelli mediante gara o a società mista, cui si accompagna la violazione del principio di concorrenza, trasparenza e non discriminazione nella scelta del contraente privato;
    il comma 2 dell'articolo 33 del decreto in esame sancisce che gli eventuali finanziamenti statali saranno «prioritariamente assegnati ai gestori selezionati tramite procedura di gara ad evidenza pubblica (...) ovvero che abbiano deliberato operazioni di aggregazione societaria». Anche in questo caso si disattende l'esito referendario e, privilegiando la gestione privata, si determina un'ingiustificata disparità di trattamento tra gli affidamenti diretti e quelli mediante gara o a società mista, che colpisce, in ultima istanza, gli utenti del servizio;
    l'articolo 33 del decreto, inoltre, prevede delle premialità a favore di concorrenza e aggregazioni e recita che il gestore che è subentrato al concessionario iniziale (di un servizio pubblico locale di interesse economico generale) per effetto di operazioni societarie tra cui fusioni e acquisizioni possa chiedere l'accertamento della persistenza dei criteri qualitativi e la permanenza delle condizioni di equilibrio economico-finanziario al fine di procedere, ove necessario, alla loro rideterminazione, anche tramite l'aggiornamento del termine di scadenza di tutte o di alcune delle concessioni in essere. In sostanza, viene introdotto un meccanismo che consente la proroga di concessioni e affidamenti in scadenza senza la necessità di fare una nuova gara. Per aggirare l'obbligo è infatti sufficiente formalizzare un'operazione societaria. La proroga non è automatica, ma a decidere sarà comunque il soggetto competente, con il rischio di arrivare a situazioni paradossali di proroghe a ripetizione a favore dello stesso soggetto, violando la normativa europea e lo spirito che dovrebbe ispirare il decreto in esame di assicurare alle persone servizi pubblici efficienti a costi competitivi. Tale norma, peraltro, si applicherebbe a tutti i servizi pubblici locali, dai trasporti ai rifiuti, passando per gli acquedotti e per decine di altri servizi. Il Consiglio di Stato al riguardo ha osservato che vi è il concreto «pericolo di un'alterazione postuma delle condizioni essenziali stabilite nella fase di evidenza pubblica, in violazione dei principi della par condicio, della trasparenza e della non discriminazione, con la precisazione che l'aggiornamento del termine di scadenza si risolverebbe in una vera e propria elusione della procedura di evidenza pubblica», suggerendo pertanto di espungere dalla disposizione la possibilità di proroga delle concessioni o degli affidamenti;
    al comma 1, lettera d), dell'articolo 25 del decreto in esame si prevede, quale criterio per la determinazione delle tariffe dei servizi, «l'adeguatezza della remunerazione del capitale investito», così reintroducendo, addirittura con identica formulazione testuale, una clausola di legge che era stata abrogata con l'approvazione del quesito referendario n. 151 (»Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma»). Anche in questo caso risulta palese la contraddizione con il referendum abrogativo del 2011 La disposizione viola, infatti, il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare desumibile dall'articolo 75 della Costituzione, secondo quanto già riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale (sent. n. 199 del 2012) e, di conseguenza, si pone in contrasto con il principio e criterio Pag. 42direttivo fissato dall'articolo 19, comma 1, lettera c), della legge delega n. 124/2015;
    appare, dunque, evidente, alla luce di quanto precede come il decreto in esame, con particolare riferimento a servizio idrico integrato definisca un impianto normativo che determina un disfavore nei confronti dell'affidamento a una società per azioni a totale capitale pubblico rispetto all'affidamento mediante gara o ad una società mista, dettandosi così una nuova disciplina che, operando una drastica riduzione delle ipotesi di affidamenti diretti, risulta contraddistinta dalla medesima ratio di quella abrogata con il referendum del 2011, al di là di quanto previsto dalla normativa europea;
    solo avendo riguardo alle norme concernenti il settore idrico integrato appaiono chiare le contraddizioni con il citato principio di cui all'articolo l'articolo 19, comma 1, lettera c) della legge delega n. 124/2015 e il profilo di incostituzionalità che ne deriva ai sensi dell'articolo 76 della Carta Costituzionale;
    con riferimento al trasporto pubblico locale l'articolo 14 del decreto in esame prevede che nell'ambito del trasporto pubblico, nei casi disciplinati dall'Autorità, con riferimento a lotti comprendenti un'utenza maggiore di 350.000 abitanti e riguardanti il trasporto su gomma, l'aggiudicazione del servizio a conclusione della procedura di scelta del contraente avviene in presenza di almeno due offerte valide, ma successivamente dispone che: «In caso di unica offerta l'aggiudicazione avviene solo per motivi di necessità e urgenza e comporta l'affidamento per una durata non superiore a tre anni». Tale disposizione ad avviso del Consiglio di Stato «si presta ad un uso strumentale ed a possibili abusi da parte degli operatori del settore che potrebbero partimentare di fatto il proprio accesso ai singoli bacini di mobilità, accordandosi per presentare una sola offerta in ciascuna gara diretta a soddisfare i singoli bacini di mobilità». In buona sostanza, la norma potrebbe favorire intese spartitorie tra gli operatori violando il principio della concorrenza, dell'economicità e della qualità dei servizi offerti ai cittadini;
    sempre con riferimento al trasporto pubblico locale si evidenzia come gli articoli 22, 23 23, 26, 27 e 35 disciplinino aspetti specifici di tale settore contenendo variegate previsioni legislative finalizzate alla rinnovazione/ammodernamento del parco automobilistico, all'introduzione di sistemi elettronici per il conteggio dei passeggeri, alla diffusione di nuove tecnologie in sede di definizione dei Piani urbani del traffico, all'introduzione di nuovi parametri per il calcolo delle compensazioni economiche degli obblighi di servizio pubblico, alla modificazione dei criteri di riparto del Fondo per il concorso finanziario dello Stato al trasporto pubblico locale, all'introduzione di misure di lotta all'evasione e di tutela dell'utenza nel settore in questione, alla promozione di una pianificazione e programmazione della mobilità sostenibile nelle aree urbane. Tali disposizioni, a giudizio del Consiglio di Stato «intervengono in modo disorganico, con disposizioni di dettaglio, su una serie di aspetti specifici del settore del trasporto pubblico locale. A differenza dall'articolo 14 (Bacini e livelli adeguati dei servizi di trasporto pubblico locale e regionale) – il quale, pur inerendo anch'esso alla materia dei trasporti pubblici locali, trova ’copertura’ nell'articolo 19, lettere d) ed i), della legge di delega – i menzionati articoli perseguono finalità estranee ad una riforma organica della materia dei servizi pubblici locali e si presentano come ’asistemici’ rispetto a un testo unico che tratta i servizi pubblici locali nella loro disciplina generale. Infatti, le disposizioni recate dagli articoli all'esame, in quanto specificamente concentrate su un singolo settore, determinano «uno squilibrio sistematico nel testo unico e sembrano porsi in radicale contrasto con i principi e i criteri direttivi generali di cui all'articolo 16, comma 2, lettere a), b), c) e d), della legge di delega. Le stesse sono, dunque, nel loro complesso incompatibili con la finalità di procedere al riordino sistematico della disciplina della materia dei servizi pubblici locali di rilevanza Pag. 43economica, sottesa alla delega legislativa. A ciò si aggiunge che gli articoli de quibus si innestano in modo disarticolato su plessi normativi preesistenti e si rivelano tecnicamente carenti, poiché danno luogo a sovrapposizioni e difetti di coordinamento (così, negli articoli 23, comma 4, e 27 manca un coordinamento tra attribuzioni ministeriali e attribuzioni dell'Autorità di regolazione dei trasporti) e ricorrono a tecniche legislative contrastanti con le finalità di riordino e di risoluzione delle antinomie enunciate nei criteri comuni per l'esercizio delle deleghe di semplificazione.» Il Consiglio di Stato ne raccomanda pertanto l'espunzione;
    l'articolo 34 del decreto in esame riproduce addirittura le disposizioni dell'articolo 26-bis del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2012, oggetto di abrogazione ai sensi dell'articolo 38 del decreto stesso che esclude l'applicabilità del limite massimo dei crediti d'imposta compensabili ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997 (e quantificato dall'articolo 34 della legge n. 388 del 2000 in 700.000 euro per ciascuna annualità) agli enti locali che abbiano maturato detto credito in relazione ai dividendi distribuiti dalle ex aziende municipalizzate trasformate in società per azione (comma 1). Il comma 2 disciplina l'utilizzo dei rimborsi dovuti ai sensi dell'articolo 1, comma 52, della legge n. 311 del 2004 e le compensazioni di cui al comma 1 per la realizzazione di infrastrutture indispensabili per il miglioramento dei servizi pubblici locali a rilevanza economica. Su questo punto il Consiglio di Stato ha rilevato che le disposizioni di tale articolo sono «di natura prettamente fiscale, esulanti dai limiti della legge delega» e ne ha proposto lo stralcio dal testo del decreto legislativo;
    l'articolo 37 contiene altre disposizioni su cui si sono concentrate forti critiche da parte del Consiglio di Stato. Il comma 1 novella gli articoli 173 e 202 del decreto legislativo n. 152 del 2006, recante «Norme in materia ambientale», disponendo – negli ambiti di gestione del servizio idrico integrato e del servizio integrato dei rifiuti urbani – l'applicazione dell'articolo 2112 del codice civile (Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d'azienda) all'ipotesi di passaggio di dipendenti di enti pubblici e di ex aziende municipalizzate o consortili e di imprese private, anche cooperative, ai nuovi gestori dei servizi, e omettendo, rispetto al testo precedente, il riferimento all'articolo 31 del decreto legislativo n. 165 del 2001, il quale – fatte salve le disposizioni speciali – prevede che lo stesso articolo 2112 si applichi al personale che, nel caso di trasferimento o conferimento di attività, svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, passi alle dipendenze di tali soggetti; il comma 2 modifica l'articolo 18, comma 2, lettera e), del decreto legislativo n. 422 del 1997. La modifica è volta a prevedere che, nell'ambito dell'affidamento dei servizi di trasporto pubblico regionale e locale, l'indicazione delle modalità di trasferimento, in caso di cessazione dell'esercizio, dal precedente gestore all'impresa subentrante dei beni essenziali per l'effettuazione del servizio e del personale dipendente sia con riferimento a quanto disposto dall'articolo 2112, sopprimendo il riferimento, presente nella disposizione novellata, al regio decreto n. 148 del 1931, oggetto di abrogazione da parte dell'articolo 38 del testo unico in esame; il comma 3 modifica l'articolo 84 del nuovo codice della strada, di cui al decreto legislativo n. 285 del 1992, disponendo che possano essere destinati alla locazione senza conducente anche i veicoli di cui all'articolo 87, comma 2, del codice della strada, adibiti ai servizi di linea di trasporto di persone; il comma 4 novella l'articolo 118 del Tuel al fine di adeguarne la formulazione alle disposizioni introdotte dal provvedimento in esame (con particolare riguardo alle disposizioni di razionalizzazione delle partecipazioni locali). Sulle disposizioni di Pag. 44cui ai commi 1 e 2, il Consiglio di Stato rileva «il travalicamento dei limiti della delega, laddove l'unica innovazione normativa consiste nella soppressione della disciplina delle procedure di informazione e di consultazione sindacale di cui all'articolo 47, commi da 1 a 4, l. 29 dicembre 1990, n. 428, cui rinvia l'articolo 31 d.lgs. n. 165/2001 oggetto della norma abrogatrice, trattandosi di materia di diritto sindacale manifestamente esulante dall'oggetto della delega legislativa. Considerazioni analoghe, seppure riferite alla disciplina sostanziale del passaggio del personale, valgono per il comma 2, versandosi in materia di pretta valenza giuslavoristica». Il Consiglio di Stato suggerisce pertanto l'espunzione dei due commi dal testo del decreto legislativo. Quanto al comma 3, ne propone la soppressione «in quanto vi ostano le ragioni di violazione dei principi e criteri generali di delega»;
    profonda perplessità, dunque, non può che suscitare l'intera impostazione del decreto in esame che, nato con scopo di armonizzare le regole che disciplinano i servizi pubblici essenziali, non tiene debitamente conto delle conseguenze che un intervento di così ampio raggio produrrebbe sui diversi settori coinvolti;
    considerato, infine, che la soluzione per i servizi pubblici locali di interesse economico generale non è da ricercare nel privato e che, in ogni caso, la capacità di attrarre investimenti è fortemente diversificata fra Nord e Sud e fra grandi e piccoli centri urbani;
    il decreto in esame presenta una quantità eccessiva di criticità tra i quali appare doveroso annoverare, oltre a quelli già citati, il mancato coinvolgimento oltre che la mancata menzione, delle organizzazioni sindacali, il tentativo di sottrarre alla contrattazione nazionale ampi spazi di confronto; la volontà di aggirare il problema della situazione economica reale del Paese accelerando la corsa verso l'affidamento diretto al privato che dovrebbe indurre il Governo ad avviare una seria riflessione sull'aderenza delle previsioni contenute nel decreto in esame alla Carta Costituzionale in merito alla garanzia dell'universalità ed accessibilità dei servizi pubblici locali e del livello essenziale delle prestazioni. Alla luce di quanto precede, nell'invitare il Governo al ritiro dello schema di decreto,
   esprime

PARERE CONTRARIO

Costantino, D'Attorre, Quaranta, Marcon, Melilla, Scotto, Franco Bordo, Airaudo, Duranti, Daniele Farina, Fassina, Fava, Ferrara, Folino, Fratoianni, Carlo Galli, Giancarlo Giordano, Gregori, Kronbichler, Martelli, Nicchi, Paglia, Palazzotto, Pannarale, Pellegrino, Piras, Placido, Ricciatti, Sannicandro e Zaratti.

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ALLEGATO 3

Schema di decreto legislativo recante testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale (Atto n. 308).

PROPOSTA ALTERNATIVA DI PARERE DEL GRUPPO MOVIMENTO 5 STELLE

  La I Commissione,
   premesso che:
    lo scorso 22 luglio una delegazione del Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua ha incontrato la Presidente della Camera dei Deputati, Laura Boldrini, per consegnarle le 230.000 firme raccolte a sostegno della petizione popolare «Per legiferare in materia di diritto all'acqua e di gestione pubblica e partecipativa del servizio idrico integrato»;
    la petizione popolare segnala come una serie di provvedimenti normativi stiano determinando il rilancio dei processi di privatizzazione della gestione dei servizi pubblici locali, compreso il servizio idrico integrato, di fatto cancellando l'esito dei referendum del 2011 e chiede il ritiro del provvedimento in oggetto;
    come rilevato nella relazione illustrativa, l'obiettivo dello schema di decreto legislativo è quello di dettare una «disciplina generale organica» del settore dei servizi pubblici locali, attraverso un riordino dell'attuale quadro normativo che è «il risultato di una serie di interventi disorganici che hanno oscillato tra la promozione delle forme pubbliche di gestione e gli incentivi più o meno marcati all'affidamento a terzi mediante gara»;
    il 3 maggio u.s. il Consiglio di Stato ha diffuso il parere in merito al provvedimento in oggetto, in cui rispetto alle modalità di gestione dei servizi pubblici, ammette che il decreto vieta la gestione pubblica e limita, rispetto alla disciplina comunitaria, quella diretta anche tramite società a totale capitale pubblico, evidenziando così un chiaro disfavore per queste tipologie di gestione. La contraddizione risulta evidente in quanto la Corte costituzionale aveva ravvisato nel 1o quesito del 2011 l'obiettivo di non limitare le ipotesi di affidamento diretto, previste dal diritto comunitario, in particolare quelle di gestione cosiddetta «in house», facendo anche esplicito riferimento al servizio idrico integrato;
    la disciplina comunitaria mette sullo stesso piano, in maniera dunque «equiordinata» le modalità di gestione (compreso dunque l'in house); la Corte Costituzionale ha già affermato nella sentenza n. 350 del 2010 che: «l'ordinamento comunitario, in tema di tutela della concorrenza e, in particolare, in tema di affidamento della gestione dei servizi pubblici, costituisce solo un minimo inderogabile per il legislatore degli Stati membri e, pertanto, non osta a che la legislazione interna disciplini più rigorosamente, nel senso di favorire l'assetto concorrenziale di un mercato, le modalità di tale affidamento»; il Consiglio di Stato nel parere afferma che: «il testo in esame appare rispettoso del dettato costituzionale nella parte in cui prevede la valutazione discrezionale degli enti locali nella scelta delle modalità di gestione del servizio. Esso, inoltre, si muove in coerenza con l'ordinamento europeo, assicurando un livello di tutela della concorrenza anche più Pag. 46elevato della media degli altri Stati membri. Va, infine, valutato il rapporto di tale impostazione con gli esiti referendari, che peraltro risalgono ormai a cinque anni or sono.»;
    è opportuno che per tutti i servizi di interesse economico generale di ambito locale, anche a rete (compreso dunque il servizio idrico) l'ente locale possa scegliere tra tutte le modalità di gestione, dunque anche la gestione diretta, mediante affidamento in house o mediante azienda speciale;
    lo schema di decreto legislativo in titolo contiene disposizioni specifiche sul trasporto pubblico locale (in particolare agli artt. 22, 23, 26, 27 e 35) che andrebbero espunte dal testo. Queste disposizioni:
   a) sono inserite nel testo in assenza di delega e sono in contrasto con i principi e i criteri direttivi generali della legge di delega (articolo 16, comma 2, lettere a), b), c) e d), l. n. 124 del 2015;
   b) sono concentrate solo su un singolo settore e producono una alterazione della coerenza e dell'equilibrio sistematico dello schema di decreto legislativo.

  Condividono questa tesi il Consiglio di Stato che specifica che: «le disposizioni appaiono, nel loro complesso, incompatibili con la finalità di procedere al riordino sistematico della disciplina della materia dei servizi pubblici locali di rilevanza economica in violazione con la legge di delega e ne raccomanda l'espunzione dal decreto legislativo»; nella medesima direzione anche il parere dell'ANCI, che evidenzia l'eccesso di delega in riferimento all'inserimento degli articoli sul trasporto pubblico locale ed in tema di ripartizione del Fondo statale per i servizi di trasporto pubblico locale;
   all'articolo 9, sarebbe stato opportuno rafforzare l'impianto normativo in riferimento alla previsione di cui all'articolo 19, comma 1, lettera r), l. n. 124/15, introducendo la previsione che alle società a capitale interamente pubblico, sia vietato cedere le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali essenziali (eventualmente a loro cedute da ente pubblico) – le disposizioni contenute nell'articolo 9 operano infatti una inversione di tendenza rispetto alla disciplina previgente in ordine alla proprietà delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali essenziali;
    in tal senso va anche il parere del Consiglio di Stato che richiede l'aggiunta al primo periodo del comma 3 nei seguenti termini: «Le reti, gli impianti e le altre dotazioni essenziali di proprietà degli enti pubblici possono essere conferiti, anche in forma associata, a società interamente possedute dall'ente o dagli enti conferenti, che non possono cederli»;

  all'articolo 10, si sarebbe dovuto procedere all'abrogazione del comma 2, che prevede, solo nei casi in cui l'affidamento della gestione sia stato effettuato tramite gara ad evidenza pubblica, la possibilità di realizzare direttamente e senza gara d'appalto tutti i lavori connessi alla gestione della rete e degli impianti. Anche in questo caso si ravvisa, un'ingiustificata disparità tra gli affidamenti diretti e quelli mediante gara o a società mista, cui si accompagna la violazione del principio di concorrenza, trasparenza e non discriminazione nella scelta del contraente privato;
    in ordine all'articolo 11 – l'articolo stabilisce la disciplina del subentro alla scadenza dell'affidamento o di cessazione anticipata da un gestore ad un altro;

  al comma 3 si stabilisce che: «Salve le discipline di settore, nel caso di durata dell'affidamento inferiore rispetto al tempo di recupero dell'ammortamento ovvero di cessazione anticipata, si prevede, a carico del gestore subentrante, un indennizzo pari al valore contabile non ancora ammortizzato, rivalutato attraverso pertinenti deflatori fissati dall'ISTAT e al netto di eventuali contributi pubblici direttamente riferibili agli investimenti stessi; Pag. 47
  al fine di tutelare i destinatari del servizio/utenti e di tenere parimenti in considerazione la posizione del gestore uscente, si sarebbe dovuto aggiungere al comma che qualora ci siano ritardi nella corresponsione dell'indennizzo, il gestore uscente è comunque tenuto alla immediato trasferimento dell'impianto al nuovo gestore, rimane comunque salvo il pagamento degli interessi di mora, che iniziano a decorrere dalla data del trasferimento, per il ritardo del pagamento dell'indennizzo;
    in ordine all'articolo 13 (Organizzazione dei servizi a rete – ambiti territoriali ottimali) avrebbe dovuto essere abrogato il comma 2 in modo tale da eliminare la disposizione secondo cui la dimensione degli ambiti territoriali ottimali non può essere inferiore a quella del livello provinciale poiché il principio di riferimento nella definizione di tali ambiti deve essere il rispetto dell'unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui;

  in ordine agli articoli 19 (Inconferibilità degli incarichi inerenti alla gestione del servizio) e 20 (Divieti e inconferibilità nella composizione delle Commissioni di gara per l'affidamento della gestione del servizio) – tali articoli prevedono rispettivamente che: «Le inconferibilità di cui al presente articolo si applicano alle nomine e agli incarichi conferiti successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto» (articolo 19, comma 5) – « Le incompatibilità e i divieti di cui al presente articolo si applicano alle nomine e agli incarichi da conferire successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto» (articolo 20, comma 7) – sarebbe stato opportuno per entrambi modificare il testo dell'ultimo comma, in modo che ove gli incarichi in essere al momento dell'entrata in vigore del decreto sono in contrasto con la disciplina contenuta nel decreto in questione, tali incarichi cessino previa diffida da parte del responsabile della prevenzione della corruzione dell'ente – la scelta di tale soggetto come soggetto che deve procedere ad effettuare la diffida si pone in linea con le competenze affidategli dalla l. n. 190/12 e dal d.lgs. n. 39/13;
    all'articolo 21 (Contratto di servizio) avrebbe dovuto essere modificata la lettera e), comma 2 al fine di escludere il servizio idrico integrato., con la finalità di eliminare la disposizione secondo cui nel disciplinare il contratto di servizio, s'indica, tra i contenuti necessari dello stesso, la previsione de «le modalità di remunerazione del capitale investito» così reintroducendo, addirittura con identica formulazione testuale, una clausola di legge che era stata abrogata con l'approvazione del quesito referendario n. 151 (»Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma»). Anche in questo caso risulta, infatti, palese la contraddizione dell'esito della consultazione popolare. La disposizione viola, infatti, il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare desumibile dall'articolo 75 della Costituzione, secondo quanto già riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale (sent. n. 199 del 2012) e, di conseguenza, viola espressamente il principio e criterio direttivo fissato dall'articolo 19, comma 1, lettera c), della legge di delegazione;
  in ordine all'articolo 24 – (Carta dei servizi) – anche il parere del Consiglio di Stato segnala l'opportunità di prevedere una integrazione dell'articolo 21, comma 4, lettera b), al fine di evidenziare l'incidenza del canone di cui all'articolo 9, comma 6, sulla tariffa; occorre che siano conosciute le principali voci di costo coperte dalla tariffa, con distinta indicazione delle componenti di costo dipendenti dalle capacità gestionali dell'erogatore e di quelle influenzate da fattori esogeni, ed indicano in modo specifico i diritti, anche di natura risarcitoria, che gli utenti possono esigere nei confronti dei gestori del servizio.;Pag. 48
    L'articolo va altresì analizzato nella sua versione prima e dopo il referendum del 12 e 13 giugno 2011:
  Versione articolo prima del referendum: Art. 154, comma 1, d.lgs. n. «La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell'Autorità d'ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio «chi inquina paga». Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo».

  Quesito referendario:
  Volete voi che sia abrogato il comma 1 dell'articolo 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale», limitatamente alla seguente parte: «dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito» ?

  Con il referendum vince il sì, dunque il legislatore ha modifica l'articolo in questione con il d.P.R. n. 116 del 2011 eliminando il riferimento per la determinazione della tariffa all'adeguatezza della remunerazione del capitale investito.

  Attuale formulazione dell'articolo 154, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006:
  «1. La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell'ente di governo dell'ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio «chi inquina paga». Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo».
  Sul piano giuridico, l'articolo 25 dello schema di decreto legislativo non ha ad oggetto la determinazione della tariffa del servizio idrico;
   per i soli servizi cui fa riferimento l'articolo 25, occorre valutare se far eliminare ai fini del calcolo della tariffa la lettera d) del comma 1, che prevede: «l'adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato»;

  In modo da eliminare l'identica formulazione testuale, reinserita dal Governo in questo provvedimento, che riguarda una clausola di legge che era stata abrogata con l'approvazione del quesito referendario n. 151 («Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma»). La contraddizione dell'esito della consultazione popolare risulta palese e la disposizione viola il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare desumibile dall'articolo 75 della Costituzione, secondo quanto già riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale (sent. n. 199 del 2012) e, di conseguenza, viola espressamente il principio e criterio direttivo fissato dall'articolo 19, comma 1, lettera c), della legge di delegazione;
   in ordine all'articolo 33 – (Misure di premialità a favore di concorrenza e aggregazioni) – L'articolo 33, al comma 1 – ripropone una disposizione analoga già contenuta nell'articolo 3-bis, comma 2-bis, d.l. n. 138/2011 (articolo che viene abrogato con il decreto). In particolare il secondo periodo del comma 1 prevede che: In tale ipotesi, anche su istanza motivata del gestore, il soggetto competente accerta la persistenza dei criteri qualitativi e la permanenza delle condizioni di equilibrio economico-finanziario al fine di procedere, Pag. 49ove necessario, alla loro rideterminazione, anche tramite l'aggiornamento del termine di scadenza di tutte o di alcune delle concessioni in essere, previa verifica effettuata dall'Autorità di regolazione competente, ove istituita, da effettuare anche con riferimento al programma degli interventi definito a livello di ambito territoriale ottimale sulla base della normativa e della regolazione di settore» – la norma prevede dunque che in caso di subentro in seguito a operazioni societarie, siano rideterminati i criteri qualitativi e le condizioni di equilibrio economico-finanziario anche tramite l'aggiornamento del termine di scadenza degli affidamenti in corso –; questa norma consentirebbe così di alterare le condizioni essenziali stabilite nella fase di evidenza pubblica, in violazione dei principi della par condicio, della trasparenza e della non discriminazione, e quindi lo spostamento in avanti/proroga del termine di scadenza andrebbe ad eludere le regole del codice degli appalti; per tali motivi anche il Consiglio di Stato ha proposto di eliminare la possibilità di una proroga della scadenza dei rapporti in corso;
   anche il comma 2 prevede quanto già presente nell'articolo 3-bis, comma 4, d.l. n. 138/2011 – prevede che: « Fatti salvi i finanziamenti già assegnati anche con risorse derivanti da fondi europei, i finanziamenti a qualsiasi titolo concessi a valere su risorse pubbliche statali ai sensi dell'articolo 119, quinto comma, della Costituzione, relativi ai servizi pubblici locali di interesse economico generale a rete, sono attribuiti agli enti di governo degli ambiti o dei bacini territoriali ottimali ovvero ai relativi gestori del servizio a condizione che dette risorse siano aggiuntive o garanzia a sostegno dei piani di investimento approvati dai menzionati enti di governo. Le relative risorse sono prioritariamente assegnate ai gestori selezionati tramite procedura di gara ad evidenza pubblica o di cui comunque l'Autorità di regolazione competente, o l'ente di governo dell'ambito nei settori in cui l'Autorità di regolazione non sia stata istituita, attesti l'efficienza gestionale e la qualità del servizio reso sulla base dei parametri stabiliti dall'Autorità stessa o dall'ente di governo dell'ambito, ovvero che abbiano deliberato operazioni di aggregazione societaria» – e anche in questo caso, il parere del Consiglio di Stato evidenzia che «la disposizione del comma 2, secondo periodo, può prestarsi alla strumentale assegnazione di benefici finanziari cui non corrispondano concrete prestazioni, in violazione della disciplina europea sugli aiuti di Stato»;
   si sarebbe dovuto procedere, dunque, alla soppressione della suddetta disposizione di cui al comma 2 e, conseguentemente, dell'articolo 3-bis, comma 4, d.l. n. 138/2011 che la riproduce e che, tolto dalle abrogazioni, rimarrebbe nell'ordinamento – in tal modo, si elimina la disposizione secondo cui gli eventuali finanziamenti statali saranno «prioritariamente assegnati ai gestori selezionati tramite procedura di gara ad evidenza pubblica (..) ovvero che abbiano deliberato operazioni di aggregazione societaria». Perché privilegiando la gestione privata, si determina un'ingiustificata disparità di trattamento tra gli affidamenti diretti e quelli mediante gara o a società mista, che colpisce, in ultima istanza, gli utenti del servizio;
   in ordine all'articolo Art. 34 – (Utilizzazione di crediti di imposta per la realizzazione di opere infrastrutturali e investimenti finalizzati al miglioramento dei servizi pubblici locali) – si segnala che l'articolo ha natura fiscale e non è coperto dalla legge delega – e andrebbe espunto dal testo;
   con riferimento alla possibile implementazione delle forme di partecipazione dei cittadini – in attuazione della delega di cui all'articolo 19, lettera p), l. n. 124 del 2015, che prevede: «introduzione e potenziamento di forme di consultazione dei cittadini e di partecipazione diretta alla formulazione di direttive alle amministrazioni pubbliche e alle società di servizi sulla qualità e sui costi degli stessi» ed in linea con i principi di cui all'articolo 4 dello stesso schema di decreto Pag. 50– avrebbe dovuto essere introdotta una disciplina più puntuale ed esaustiva che sottoponiamo comunque in questa sede, in forma di ipotesi normativa – Art aggiuntivo – Consultazione pubblica su adozione delle direttive su qualità e costi dei servizi.

  1. Le autorità indipendenti di settore, per i rispettivi ambiti di competenza, indicono un processo partecipativo con la finalità di includere i soggetti di cui al successivo comma 3 nell'elaborazione delle direttive su costi standard dei servizi di interesse economico generale di ambito locale e i livelli minimi/adeguati di qualità del servizio.
  2. Il processo partecipativo avviene attraverso una consultazione organizzata avviata, con atto formale, dall'autorità indipendente di settore in riferimento ad un progetto di direttiva in vista della sua elaborazione.
  3. Hanno diritto di partecipare alla consultazione pubblica tutti gli utenti (persone fisiche e giuridiche), le associazioni, le imprese, le amministrazioni e gli enti pubblici che siano destinatari, singolarmente o collettivamente, delle direttive su qualità e costi dei servizi emanate dalle Autorità ai sensi dell'articolo 15, comma 2.
  4. La consultazione avviene, di norma, per via telematica secondo il procedimento stabilito nel regolamento, adottato entro sessanta giorni dalla pubblicazione del presente decreto dalle Autorità indipendenti di settore, in cui sono garantiti trasparenza, semplificazione e democraticità interna del processo partecipativo.
  5. Per le consultazioni di maggiore complessità indicate nei regolamenti di cui al comma 4, è nominato un Comitato di esperti, composto da un numero massimo di cinque membri, con la funzione di predisporre documenti utili ai fini della piena comprensibilità della consultazione, da rendere disponibili via web sulla pagina istituzionale dell'Autorità e moderare il dibattito durante la consultazione.
  6. I membri del Comitato di esperti sono nominati, con atto motivato, dal Presidente dell'Autorità individuandoli tra gli esperti della materia e portatori degli interessi oggetto di consultazione. Gli atti di nomina ed i curriculum dei membri del Comitato di pilotaggio sono pubblicati sulla pagina web istituzionale dell'Autorità di settore dedicata alla consultazione in applicazione del principio di trasparenza di cui al d.lgs. n. 33 del 2013. Ai membri del Comitato non spettano compensi, indennità o gettoni di presenza. Le eventuali spese di viaggio, vitto ed alloggio dei membri del Comitato non residenti nella sede dell'Autorità nominante, debitamente documentate, sono poste a carico del pertinente capitolo di bilancio dell'Autorità indipendente.
  7. La consultazione deve concludersi entro tre mesi dalla data di avvio con un documento che attesti i risultati, di partecipazione e di contenuto, della consultazione e la motivazione delle proposte accolte e di quelle non accolte, in applicazione dei principi di cui all'articolo 4, ai fini della elaborazione della direttiva.
  8. È garantita la massima trasparenza della procedura di consultazione e la pubblicazione via web di tutta la documentazione, compreso l'atto di avvio e del documento finale di cui al comma 7, del processo partecipativo in applicazione del principio di trasparenza di cui al d.lgs. n. 33 del 2013.
  9. Le direttive di cui al comma 1 adottate in assenza del processo partecipativo di cui al presente articolo sono impugnabili dai soggetti di cui al comma 3, ai sensi del d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104.
  10. La disposizione non deve comportare nuovi e maggiori oneri per la finanza pubblica;
   considerato che:
    essendo i servizi pubblici locali a regime di monopolio, riteniamo che non si debba parlare di mercato, ma unicamente di universalità di accesso e garanzia del servizio alla cittadinanza, a partire dalla forma societaria di diritto pubblico;
    il referendum del 2011 non riguardava soltanto l'acqua, ma anche i Pag. 51rifiuti, il trasporto pubblico locale nonché la c.d. cartellonistica locale – a nostro avviso, dunque, le scelte compiute con lo schema di decreto in titolo sono da respingere;
    il giudizio sul provvedimento non può, per i suddetti motivi, che essere del tutto sfavorevole;
    si ribadisce in questa sede la già avanzata proposta di ritiro del provvedimento in titolo da parte del Governo,
   esprime

PARERE CONTRARIO
Dieni, Daga, Cecconi, Cozzolino, Dadone, D'Ambrosio, Nuti, Toninelli.

Pag. 52

ALLEGATO 4

Nuove disposizioni in materia di indennità e trattamento economico dei parlamentari (Testo unificato C. 495 Vaccaro, C. 661 Lenzi, C. 1137 Capelli, C. 1958 Vitelli e C. 2354 Lombardi).

EMENDAMENTO DELLA RELATRICE E RELATIVI SUBEMENDAMENTI

  All'emendamento 1. 23 della relatrice, sostituire le parole: Gli articoli da 1 a 6 sono sostituiti dai seguenti con le seguenti: Gli articoli da 1 a 6 sono sostituiti dal seguente.

  Conseguentemente, sopprimere le parole da: Articolo 1 fino alle seguenti: b) il comma 2 è soppresso.
0. 1. 23. 1. Sisto, Brunetta.

  All'emendamento 1. 23 della relatrice, sostituire le parole: Gli articoli da 1 a 6 sono sostituiti dai seguenti con le seguenti: Gli articoli da 1 a 6 sono sostituiti dal seguente.

  Conseguentemente, sopprimere le parole da: Articolo 2 (Trasparenza, controlli e sanzioni) fino alle seguenti: documenti giustificativi.
0. 1. 23. 8. Sisto, Brunetta.

  All'emendamento 1. 23, sostituire le parole da: Articolo 1 fino a: giustificativi con le seguenti:

Art. 1.
(Indennità).

  1. L'articolo 1 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, è sostituito dal seguente:
  «Art. 1. – 1. A norma dell'articolo 69 della Costituzione, l'indennità spettante ai membri del Parlamento per garantire il libero svolgimento del mandato è disciplinata dalla presente legge. Essa è pari, al lordo delle ritenute fiscali e dei contributi previdenziali e assistenziali, ad euro 5.000 mensili ed è erogata per dodici mensilità, adeguata annualmente in base ai coefficienti Istat.
  2. Nessuna indennità aggiuntiva è riconosciuta ai membri del Parlamento per lo svolgimento di altri incarichi interni alla Camera di appartenenza.».

Art. 2.
(Rimborso delle spese di soggiorno e di viaggio).

  1. L'articolo 2 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, è sostituito dal seguente:
  «Art. 2. – 1. Ai membri del Parlamento, fatta eccezione per coloro che risiedono nel comune di Roma, è riconosciuto un rimborso onnicomprensivo delle spese documentate di soggiorno e di viaggio entro il limite massimo di euro 3.400 mensili.
  2. Gli Uffici di Presidenza delle due Camere determinano l'entità della decurtazione dal rimborso di cui al comma 1 per ogni giorno di assenza del parlamentare dalle sedute dell'Assemblea, delle Giunte o delle Commissioni in cui si siano svolte votazioni e ne disciplinano le modalità Pag. 53di esecuzione. La prolungata assenza dai lavori, priva di giustificazione, per sei giorni consecutivi comporta la decadenza dal diritto al rimborso di cui al presente articolo.».

Art. 3.
(Rimborso delle spese per l'esercizio del mandato rappresentativo).

  1. Dopo l'articolo 2 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, è inserito il seguente:
  «Art. 2-bis1. Ad ogni membro del Parlamento è riconosciuto un importo pari a euro 3.500 mensili a titolo di rimborso delle spese sostenute per l'esercizio del mandato rappresentativo».

Art. 4.
(Regime tributario).

  1. All'articolo 5 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) il primo comma è sostituito dal seguente: «I rimborsi delle spese previsti dall'articolo 2 della presente legge sono esenti da ogni tributo e non possono essere computati agli effetti dell'accertamento del reddito imponibile e della determinazione dell'aliquota per qualsiasi imposta o tributo dovuti sia allo Stato che ad altri enti, o a qualsiasi altro effetto»;
   b) il secondo e il terzo comma sono abrogati.

Art. 5.
(Trasparenza, controlli e sanzioni).

  1. Al fine di garantire la trasparenza dell'attività e del mandato parlamentare gli Uffici di Presidenza delle due Camere curano la pubblicazione e l'aggiornamento dei seguenti dati:
   a) il complesso delle indennità riconosciute al membro del Parlamento ai sensi dell'articolo 1 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, come sostituito dall'articolo 1 della presente legge;
   b) il numero dei giorni per i quali il membro del Parlamento è risultato presente alle sedute dell'Assemblea e delle Commissioni e ha ottenuto il riconoscimento del rimborso delle spese di soggiorno e di viaggio, ai sensi dell'articolo 2 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, come sostituito dall'articolo 2 della presente legge;
   c) la rendicontazione delle spese rimborsate ai sensi degli articoli 2 e 3.

  2. Gli Uffici di Presidenza delle due Camere definiscono i criteri per il riconoscimento delle spese rimborsabili ai sensi degli articoli 2 e 3, nonché le modalità del controllo interno sui documenti giustificativi e applicano le sanzioni previste dai commi 3 e 4 del presente articolo.
  3. Qualora sia accertata l'irregolare imputazione di spese non rimborsabili a carico dei fondi assegnati a ciascun membro del Parlamento, le somme indebitamente erogate sono recuperate mediante detrazione dall'ammontare del relativo rimborso.
  4. Nel caso di reiterate irregolarità nell'imputazione di spese gli Uffici di Presidenza delle due Camere possono determinare ulteriori misure sanzionatorie.

Art. 6.
(Attuazione).

  1. Gli Uffici di Presidenza delle due Camere adottano le disposizioni necessarie ai fini dell'attuazione degli articoli da 1 a 5 a decorrere dalla predisposizione dei bilanci per l'esercizio finanziario successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

  2. Le somme eventualmente rinvenienti dai rimborsi mensili di cui agli articoli 2 Pag. 54e 3, decurtati delle spese accertate e riconosciute, sono riversate al bilancio della Camera di appartenenza.

  Conseguentemente, sopprimere la parte consequenziale.
0. 1. 23. 13. Invernizzi, Caparini.

  All'emendamento 1.23, sostituire l'articolo 1 col seguente:

Art. 1.
(Indennità).

  1. L'articolo 1 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, è sostituito dal seguente: Art. 1. – 1. L'indennità prevista dall'articolo 69 della Costituzione è determinata in modo tale da non modificare le precedenti condizioni economiche del cittadino chiamato alla funzione parlamentare.
  2. A tal fine l'indennità è pari, al lordo delle imposte e dei contributi previdenziali, al reddito dichiarato al fisco dal membro del Parlamento nell'anno precedente alla assunzione della carica di deputato o senatore, di componente del Governo, di membro di consigli o giunte regionali. L'indennità è erogata mensilmente, in quote pari ad un dodicesimo del totale annuo; è assoggettata al regime fiscale ordinario ed equiparata, ai fini previdenziali, alla retribuzione del dipendente della pubblica amministrazione.
  3. L'indennità, anche in caso di mancata presentazione della dichiarazione dei redditi da parte del membro del Parlamento, non può essere inferiore, al lordo delle ritenute fiscali e dei contributi previdenziali e assistenziali, ad euro 2.500 mensili per dodici mensilità.
  4. L'indennità di cui al comma 1 è aggiornata annualmente in base agli adeguamenti automatici stabiliti dagli indici dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT).
  5. L'indennità aggiuntiva riconosciuta al membro del Parlamento per lo svolgimento di altri incarichi interni alla Camera di appartenenza, eventualmente deliberate dagli Uffici di Presidenza, è calcolata in rapporto alla indennità determinata ai sensi del comma 1, e non può consistere in una somma superiore alla sua metà.
0. 1. 23. 9. Misuraca.

  All'emendamento 1.23 della relatrice, all'articolo 1, sostituire la lettera a) con la seguente:
   a) Al comma 1, aggiungere, in fine, i seguenti periodi: L'indennità di cui al comma 1, in armonia con quanto disposto dall'articolo 51, comma terzo, della Costituzione, è parametrata al reddito pregresso e non può in ogni caso superare il tetto massimo previsto per le alte cariche dello Stato.

  Conseguentemente, sostituire la lettera b) con la seguente:
   b) Gli Uffici di Presidenza delle due Camere adottano i criteri e le disposizioni necessarie per l'attuazione del comma 1, stabilendo altresì un ammontare minimo in caso di assenza di reddito.
0. 1. 23. 2. Sisto, Brunetta.

  All'emendamento 1. 23, all'articolo 1, comma 1, lettera a), sopprimere le parole: al lordo delle ritenute fiscali e dei contributi previdenziali ed assistenziali.
0. 1. 23. 3. Misuraca.

  All'emendamento 1.23 della relatrice, all'articolo 1, comma 1, lettera a), sostituire le parole da:, al lordo fino alla fine della lettera, con le seguenti: all'ammontare dell'indennità di funzione spettante ai sindaci dei comuni capoluogo di regione con popolazione superiore ai 500.000 abitanti. Nella determinazione di tale importo, gli Uffici di Presidenza delle due Camere tengono conto delle diverse discipline degli istituti previdenziali e assistenziali e delle trattenute operate a qualunque titolo sugli importi lordi delle predette indennità, in Pag. 55modo da pervenire a una loro tendenziale uniformità quanto all'ammontare dei rispettivi importi netti.
0. 1. 23. 4. Quaranta, D'Attorre, Costantino.

  All'emendamento 1.23 della relatrice, all'articolo 1, comma 1, lettera a), sostituire le parole da:, al lordo fino a: mensilità con le seguenti: ad un importo non superiore all'indennità spettante ai membri del Parlamento europeo, alla data di entrata in vigore della presente legge.
0. 1. 23. 7. Quaranta, Costantino, D'Attorre.

  All'emendamento 1.23, all'articolo 1, al comma 1, lettera a), sostituire le parole: al lordo con le seguenti: al netto.
0. 1. 23. 5. Misuraca.

  All'emendamento 1.23, all'articolo 1, al comma 1 sopprimere la lettera b).
0. 1. 23. 6. Misuraca.

  All'emendamento 1.23, dopo l'articolo 1 aggiungere il seguente:

Art. 1-bis.

  1. Dopo l'articolo 2 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, è inserito il seguente: Art 2-bis. Ad ogni membro del Parlamento è riconosciuto un importo pari a 3.690 euro mensili a titolo di rimborso delle spese sostenute per l'esercizio del mandato parlamentare. Il parlamentare ha diritto ad ulteriori 5.000 euro mensili per le spese sostenute per i collaboratori che lo aiutano nella sua attività.
0. 1. 23. 10. Misuraca.

  All'emendamento 1.23, dopo l'articolo 1 aggiungere il seguente:

Art. 1-bis.

  Dopo l'articolo 2 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, è inserito il seguente:

Art. 2-bis.
(Rimborso delle spese sostenute per l'esercizio del mandato rappresentativo).

  1. Per garantire il libero e pieno svolgimento del proprio mandato, ad ogni membro del Parlamento è riconosciuto un importo mensile a titolo di rimborso delle spese sostenute per l'esercizio del mandato rappresentativo, commisurato alla media degli importi assegnati al medesimo scopo dai Parlamenti dei principali Paesi dell'Unione europea. Tale importo è determinato dagli Uffici di Presidenza delle due Camere.
0. 1. 23. 11. Misuraca.

  All'emendamento 1.23, dopo l'articolo 1 aggiungere il seguente:

Art. 1-bis.

  1. All'articolo 2 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente: 1-bis. Ad ogni membro del Parlamento è garantito un numero di assistenti e collaboratori determinato dagli Uffici di Presidenza delle due Camere, tali da garantire il pieno svolgimento dell'attività di parlamentare.
0. 1. 23. 12. Misuraca.

  Gli articoli da 1 a 6 sono sostituiti dai seguenti:

Art. 1.

  1. All'articolo 1, della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, sono apportate le modificazioni seguenti:
   a) al comma 1, aggiungere, in fine, le parole seguenti: «pari, al lordo delle ritenute fiscali e dei contributi previdenziali Pag. 56e assistenziali, ad euro 5.000 mensili, erogata per dodici mensilità e aggiornata annualmente in base agli adeguamenti automatici stabiliti dagli indici dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT).»;
   b) il comma 2 è soppresso.

Art. 2.
(Trasparenza, controlli e sanzioni).

  1. Al fine di garantirne la trasparenza, gli Uffici di Presidenza delle due Camere curano la pubblicazione e l'aggiornamento della rendicontazione delle spese sostenute dai membri del Parlamento in ordine alle somme percepite per l'esercizio dell'attività parlamentare nonché ai sensi dell'articolo 2 della legge 31 ottobre 1965, n. 1261, definiscono i criteri per il riconoscimento delle spese rimborsabili, e le modalità del controllo interno sui documenti giustificativi.

  Conseguentemente all'articolo 7, sono apportate le seguenti modificazioni:
   1) al comma 1, sostituire le parole: «degli articoli da 1 a 6» con le seguenti: «della presente legge»;
   2) il comma 2 è soppresso.
1. 23. La Relatrice.