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CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 7 settembre 2016
689.
XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 15

INDAGINE CONOSCITIVA

  Mercoledì 7 settembre 2016. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI.

  La seduta comincia alle 15.35.

Indagine conoscitiva in merito all'esame della proposta di legge C. 1063 Bonafede, recante disposizioni concernenti la determinazione e il risarcimento del danno non patrimoniale.
Audizione di Giacomo Travaglino, consigliere della Corte suprema di Cassazione.
(Svolgimento e conclusione).

  Donatella FERRANTI, presidente, avverte che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati. Ne dispone, pertanto, l'attivazione. Introduce, quindi, l'audizione.

  Svolge una relazione sui temi oggetto dell'audizione Giacomo TRAVAGLINO, consigliere della Corte suprema di Cassazione.

  Intervengono quindi per porre quesiti e formulare osservazioni i deputati Alfonso BONAFEDE (M5S), Alfredo BAZOLI (PD) e Donatella FERRANTI, presidente.

  Risponde ai quesiti posti Giacomo TRAVAGLINO, consigliere della Corte suprema di Cassazione.

  Donatella FERRANTI, presidente, ringrazia l'audito e dichiara conclusa l'audizione.

  La seduta termina alle 16.15.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

Pag. 16

SEDE REFERENTE

  Mercoledì 7 settembre 2016. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI.

  La seduta comincia alle 16.15.

Disposizioni per la protezione dei testimoni di giustizia.
C. 3500 Bindi.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

  Davide MATTIELLO (PD), relatore, intervenendo anche a nome del correlatore On. Dambruoso, fa presente che la Commissione è chiamata ad esaminare, nella seduta odierna, la proposta di legge A.C. 3500, Bindi ed altri, recante «Disposizioni per la protezione dei testimoni di giustizia».
  Rammenta che il provvedimento in esame mira a modificare la disciplina in materia di testimoni di giustizia, attualmente contenuta nel decreto legge n. 8 del 1991 (legge di conversione n. 82 del 1991) e nelle relative norme attuative.
  Osserva che la necessità dell'intervento deriva, in generale, dalle difficoltà del legislatore – pur dopo la novella del 2005 (legge n. 45 del 2001) che ha introdotto specifiche disposizioni sui testimoni – di inquadrare organicamente tale disciplina nell'ambito della citata legge quadro del 1991, pensata per i soli collaboratori di giustizia.
  Fa presente che, secondo quanto emerge dalla prassi, le principali criticità dell'attuale legislazione risultano le seguenti: una insufficiente definizione dello status del testimone (come detto, diversamente dal collaboratore, normalmente estraneo alle organizzazioni criminali); l'applicazione quasi generalizzata al testimone del solo programma di protezione (che comporta lo sradicamento del testimone dal luogo di residenza); il deficit informativo sui suoi diritti e doveri; l'inadeguatezza delle diverse misure assistenziali e di reinserimento socio-lavorativo; la condizione di isolamento del testimone derivante dalla mancanza di referenti certi; la mancata previsione di un termine di durata delle misure.
  Segnala che, come si evince dalla relazione illustrativa, le numerose problematiche applicative hanno fatto ritenere «che il decreto-legge n. 8 del 1991 non possa più costituire il substrato normativo entro cui inserire ulteriori modifiche alla disciplina dei testimoni di giustizia e che, invece, occorra una specifica legge destinata a tale peculiare figura, di cui il nostro ordinamento, sebbene all'avanguardia nella legislazione antimafia, finora non si è dotata». Allo scopo di sottolineare le differenze con la disciplina sui collaboratori di giustizia, la proposta di legge in titolo introduce, quindi, nell'ordinamento una normativa speciale integralmente dedicata ai testimoni di giustizia.
  Ricorda che il provvedimento, che si compone di 24 articoli suddivisi in quattro Capi, fa proprie gran parte delle proposte che la Commissione parlamentare antimafia, all'esito delle criticità rilevate nel corso delle audizioni svolte, ha esplicitato nella Relazione sul sistema di protezione dei testimoni di giustizia (DOC XXIII, n. 4) approvata dalla stessa Commissione nella seduta del 21 ottobre 2014. Tra le novità previste dalla riforma segnala in particolare: la ridefinizione del testimone di giustizia, ancorata a parametri più stringenti; la personalizzazione e gradualità delle misure; in tale ambito è data preferenza nell'adozione di misure di tutela nella località di origine rispetto al trasferimento in località protetta adottato con il programma di protezione; la possibilità per il testimone di godere di misure di sostegno economico anche nel luogo di residenza, in presenza di riduzione della capacità di reddito (attualmente garantite dal solo programma di protezione); l'introduzione di misure a salvaguardia dell'impresa del testimone; l'istituzione di una figura, il referente del testimone di giustizia, che garantisca a questi un riferimento certo Pag. 17nei rapporti con le istituzioni, assicurando una piena assistenza al testimone per tutte le sue necessità; l'introduzione di un termine di durata massima delle misure.
  Nel passare all'esame del contenuto del provvedimento, segnala che il Capo I (articoli 1 e 2) ridefinisce lo status del testimone di giustizia che giustifica l'applicazione delle speciali misure di protezione. L'articolo 1 precisa l'ambito di applicazione di tali misure (previste dal Capo II) che – salvo loro dissenso – sono applicate ai testimoni di giustizia e agli «altri protetti»; quest'ultima categoria viene introdotta ex novo e richiama sia le persone stabilmente conviventi col testimone (a qualsiasi titolo), sia coloro i quali, per le relazioni che intrattengono con quest'ultimo, sono esposti a grave, attuale e concreto pericolo. L'articolo 2 detta una nuova definizione del testimone di giustizia ai fini delle condizioni di applicabilità delle misure di tutela. Le previsioni dell'articolo 16-bis del decreto legge n. 8 del 1991 sono risultate poco aderenti all'attuale realtà che vede sempre più spesso dichiaranti cosiddetti borderline, per lo più imprenditori in rapporto con i clan criminali (a volte vittime, a volte beneficiari – negli affari – di tale vicinanza) nonché parenti e affini di mafiosi, la cui posizione, ai fini dell'accesso alle misure di protezione, pare opportuno valutare più rigorosamente. L'articolo 2 della proposta fornisce quindi, al posto dell'articolo 16-bis, una più stringente definizione di testimone di giustizia le cui novità, rispetto a quanto attualmente previsto, riguardano la qualità delle sue dichiarazioni, la citata posizione di terzietà del testimone rispetto al contesto e ai fatti denunciati nonché l'effettività e gravità del pericolo cui è sottoposto. In particolare, è testimone di giustizia colui che, contestualmente: rende dichiarazioni dotate di fondata attendibilità intrinseca (attualmente basta la semplice attendibilità) e rilevanti per le indagini o il giudizio anche indipendentemente dal loro esito; anche per le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, ex cui all'articolo 9, comma 3, del decreto-legge n. 8 del 1991, è richiesta l'attendibilità intrinseca ma – quid pluris – la loro «notevole» importanza e il carattere di novità e completezza delle dichiarazioni; è terzo rispetto ai fatti delittuosi su cui dichiara e, in ogni caso, non è stato condannato per delitti connessi a quelli per cui si procede e non ha tratto dolosamente profitto dall'essere venuto in relazione con il contesto criminale su cui testimonia; è precisato, inoltre, che la terzietà non è esclusa né da comportamenti del dichiarante motivati dall'assoggettamento a singoli e organizzazioni criminali né dal fatto di avere vincoli di parentela, affinità o coniugio con indagati per il delitto per cui si procede o per delitti connessi; non è stato sottoposto a misura di prevenzione e non è in corso un procedimento di applicazione della stessa (condizione già prevista dall'articolo 16-bis); si trova in una situazione di pericolo grave, concreto ed attuale rispetto al quale appaiono inadeguate le misure ordinarie di tutela adottabili dalle autorità di P.S.; la valutazione del pericolo viene messa in relazione alla qualità delle dichiarazioni rese, alla natura del reato, allo stato e grado del procedimento penale nonché alle caratteristiche di reazione dei singoli o dei gruppi criminali oggetto delle dichiarazioni. Il Capo II della proposta di legge (articoli 3-8) concerne le speciali misure di protezione. L'articolo 3 della proposta di legge – rinviando per le ulteriori misure di dettaglio alle previste norme attuative di cui all'articolo 23 – indica la tipologia delle speciali misure di protezione dei testimoni.
  Fa presente che, diversamente dal decreto-legge n. 8 del 1991, la locuzione «speciali misure di protezione» (che non comprende quelle, di maggior tutela, adottate col programma speciale di protezione), è usata in relazione a tutte le misure adottabili nei confronti dei testimoni di giustizia.
  Le speciali misure di protezione comprendono: misure di tutela (fisica); misure di sostegno economico; misure di reinserimento sociale e lavorativo. La individuazione di ulteriori, apposite disposizioni per i minori oggetto delle misure è demandata al citato regolamento di attuazione (articolo Pag. 1823). L'articolo 4 del provvedimento detta i criteri di scelta delle misure di protezione, che vanno personalizzate (individuate caso per caso) ed adeguate al caso specifico; è precisato che le misure adottate – se non in via temporanea ed eccezionale – non possono comportare diminuzione e perdita dei diritti goduti dal testimone prima delle dichiarazioni. Fondamentale previsione riguarda l'obbligo, salvo motivate eccezioni di sicurezza, di garantire al testimone la permanenza nella località di origine e la prosecuzione delle attività finora svolte (si tratterebbe dell'attuale misura delle «speciali misure di protezione»). Il trasferimento in località protetta e il cambio d'identità del testimone (previste dall'attuale «programma di protezione») diventano, invece, ipotesi derogatorie ed eccezionali rispetto alle misure ordinarie, applicabili «quando le altre forme di tutela risultano assolutamente inadeguate rispetto alla gravità e attualità del pericolo». Clausola di chiusura riguarda, in ogni caso, l'obbligo di garantire al testimone e agli altri protetti «un'esistenza dignitosa». Gli articoli 5, 6 e 7 della proposta in esame disciplinano separatamente, diversamente da quanto ora previsto, le diverse misure di tutela del testimone di giustizia: misure di sicurezza dell'incolumità del testimone (articolo 5); misure di sostegno economico (articolo 6); misure di reinserimento sociale e lavorativo (articolo 7). In particolare, l'articolo 5 indica una serie di misure di tutela progressive, volte a garantire la sicurezza del testimone, degli altri protetti e dei loro beni, da graduare in base all'attualità e gravità del pericolo. Per motivi sistematici e di coerenza del testo, si valuti se occorra riferirsi anche alla «concretezza del pericolo». L'articolo 5 unifica in una sola disposizione le misure già previste dal decreto-legge del 1991 (articolo 13, commi 4 e 5, del decreto-legge n. 8 del 1991) e dal decreto ministeriale n. 161 del 2014, eliminando la distinzione tra speciali misure di protezione adottate nella località di origine e quelle adottate col trasferimento in località protetta (ovvero con lo speciale programma di protezione). Tali misure sono: la sorveglianza e l'accompagnamento da parte della polizia; le misure di natura tecnica per la sicurezza delle abitazioni, degli altri immobili e delle aziende di proprietà del testimoni; le misure di sicurezza per gli spostamenti nel comune di residenza o in altro comune; il trasferimento in luogo protetto (ipotesi eccezionale ai sensi dell'articolo 4 della proposta di legge); le speciali modalità di tenuta della documentazione e delle comunicazioni del sistema informatico; l'utilizzo di documenti di copertura, trasferimenti fittizi di residenza, cambiamento delle generalità (tale ultima disciplina è contenuta nel decreto legislativo n. 119 del 993).
  Rammenta che il sistema delle misure di tutela dell'incolumità personale è «chiuso», infine, dalla previsione dell'utilizzo di «ogni altro accorgimento che si riveli necessario». Le novità principali consistono, in particolare, nell'estensione della protezione alle aziende del testimone, nella previsione di trasferimenti fittizi di residenza e nelle cautele per assicurare la riservatezza del cambiamento delle generalità in atti pubblici. Sulla durata delle misure di tutela personale interviene l'articolo 8 del provvedimento che mitiga il pericolo, esistente sulla base delle disposizioni primarie vigenti, che al testimone dette misure siano applicate sine die. L'articolo 8 da un lato stabilisce la permanenza delle misure di tutela fino a che il pericolo per il testimone rimanga grave, concreto ed attuale e dall'altro prevede che le misure adottate, ove possibile, vadano progressivamente affievolite. Per i testimoni trasferiti in località protetta, se la durata delle misure supera i sei anni, scatta il trasferimento definitivo e, se necessario, sono sottoposti al cambiamento delle generalità; il termine è prorogabile di un anno se le condizioni permettono il rientro dei testimoni nella località di origine. L'articolo 6 detta le misure di sostegno economico spettanti a tutti i testimoni di giustizia che attualmente – ex articolo 16-ter – riguardano, invece, il solo testimone sottoposto al programma di protezione con trasferimento in località protetta. La disposizione elimina Pag. 19il riferimento all'obbligo di garantire un tenore di vita non inferiore a quello precedente alle dichiarazioni, prevedendo che ai testimoni di giustizia sia assicurata una condizione economica equivalente a quella preesistente. Il riferimento al pregresso tenore di vita – secondo la relazione alla proposta di legge – si è infatti dimostrato inadeguato e «non svolge la funzione reintegrativa che era stata immaginata». L'articolo 6 prevede una serie di misure economiche di diversa natura ed intensità. Tra di esse, le novità consistono nelle seguenti: l'esplicita previsione di un rimborso delle spese occasionalmente sostenute dal testimone come esclusiva conseguenza delle speciali misure di protezione; l'estensione al testimone dell'assistenza legale; oltre che nel processo penale in cui il testimone rende dichiarazioni ed è persona offesa dal reato o parte civile, vi è il diritto all'assistenza legale nei procedimenti per la tutela di posizioni soggettive lese a causa della testimonianza; la previsione rende norma primaria quanto già previsto – ma per i soli testimoni sottoposti a programma di protezione – dall'articolo 8, comma 10, del decreto ministeriale n. 161 del 2014 (si pensi al caso di «abbandono» da parte del testimone di un procedimento giudiziario che lo vede parte in causa determinato dall'applicazione delle misure di protezione); un indennizzo forfetario ed onnicomprensivo determinato in via regolamentare a titolo di ristoro per il pregiudizio subito con l'applicazione delle misure di protezione (a meno che il testimone chieda, in giudizio, il risarcimento del danno biologico o esistenziale); se le misure adottate comportano il definitivo trasferimento in altra località, l'acquisizione dei beni immobili dei quali è proprietario il testimone al patrimonio dello Stato (dietro corresponsione dell'equivalente in denaro secondo il valore di mercato) è condizionata – rispetto alle previsioni dell'articolo 16-ter del decreto-legge n. 8 del 1991 – dall'accertata impossibilità di vendita del bene sul libero mercato; il diritto ad un alloggio che si precisa debba essere idoneo a garantire la sicurezza e la dignità dei testimoni (nel caso sia impossibile usufruire della propria abitazione o si sia trasferiti in località protetta); novità rispetto alla disciplina vigente riguardano poi: la previsione che la categoria catastale dell'alloggio fornito debba possibilmente corrispondere a quella della dimora abituale; la possibilità per il testimone di alloggiare, anche con la famiglia, presso strutture comunitarie accreditate dove poter svolgere attività lavorativa. Permangono in capo al testimone in base all'articolo 6: il diritto a una somma a titolo di mancato guadagno per la cessazione dell'attività lavorativa del testimone; come nel vigente articolo 16-ter, il beneficio è escluso dall'eventuale corresponsione di risarcimenti in base alla legge sull'usura (legge n. 44 del 1999); il diritto alle spese sanitarie, ove sia impossibile usufruire di strutture pubbliche (articolo 8 del decreto ministeriale n. 161 del 2004); la corresponsione di un assegno periodico derivante dall'impossibilità, per il testimone, di svolgere attività lavorativa o di percepirne i proventi, a causa delle misure di tutela adottate o per effetto delle dichiarazioni rese (andrebbe valutato se tale ultima previsione sia necessaria, essendo normalmente l'adozione di tutte le misure conseguenza delle dichiarazioni rese); specifiche disposizioni sono dettate per la misura dell'assegno, la sua rideterminazione, integrazione e revoca (con riferimento particolare al riacquisto, anche parziale, della capacità economica); tale misura – ora maggiormente dettagliata – corrisponde all'attuale assegno di mantenimento di cui all'articolo 8 del decreto ministeriale n. 161 del 2004. Il citato articolo 8 del provvedimento interviene anche sulla durata delle misure di sostegno economico che l'articolo 16-ter del decreto-legge n. 8 del 1991 prevede, attualmente, possano protrarsi anche cessata la protezione e fino al raggiungimento della possibilità di godere di un reddito proprio. L'articolo 8 ne prevede la permanenza, anche oltre la cessazione del pericolo per il testimone (quindi, anche se a questi non sono applicate misure di protezione fisica), fino al riacquisto dell'autonomia economica. Pag. 20Viene, tuttavia, stabilito un termine massimo di sei anni entro il quale, se non viene raggiunta tale autonomia, il testimone dovrà accedere alla capitalizzazione del costo dell'assegno periodico o a un programma di assunzioni nella pubblica amministrazione; anche se l'autonomia non è raggiunta, il termine è però prorogabile di un anno se si verificano le condizioni per lo svolgimento della pregressa attività lavorativa. L'articolo 7 è dedicato alle misure di reinserimento sociale e lavorativo del testimone di giustizia (e degli altri protetti) che, come quelle economiche, vedono attualmente una disparità di trattamento in favore del testimone sottoposto al programma speciale di protezione. Le misure previste, salvo eccezioni, sono adottate nei confronti di tutti i testimoni di giustizia. Tra le nuove prerogative in tale ambito si segnala il diritto del testimone: a svolgere, entro sei mesi dal trasferimento in località protetta (nell'ambito, quindi, del programma speciale di protezione), un'attività lavorativa, anche non retribuita, in base alle proprie inclinazioni; la previsione mira allo sviluppo della persona e alla prosecuzione della sua partecipazione sociale; a beneficiare di specifiche forme di sostegno alle proprie imprese, da determinare in via di regolamento di attuazione; il regolamento dovrà comunque prevedere emolumenti per il riavvio delle attività, periodi di tassazione ridotta, convenzioni e protocolli per forniture di beni e servizi del ministero dell'interno con enti pubblici e privati e con l'Agenzia nazionale per i beni sequestrati e confiscati; ad un nuovo posto di lavoro, anche temporaneo, con mansioni e posizione equivalenti a quelle che il testimone di giustizia ha perso in conseguenza delle sue dichiarazioni (o che le misure adottate impediscono di svolgere).
  Segnala che viene confermato – ma ora esteso a tutti i testimoni – in alternativa alla capitalizzazione (e se il testimone non è economicamente autonomo) il diritto all'accesso a un programma di assunzioni presso la PA (fatte salvo quelle che richiedono particolari requisiti), con chiamata nominativa e con qualifica corrispondente ai titoli posseduti, nei limiti dei posti vacanti; è confermata anche l'applicazione ai testimoni di giustizia del diritto al collocamento obbligatorio con precedenza, previsto per le vittime del terrorismo e della criminalità organizzata. È confermato, quindi, non l'accesso diretto ad un posto pubblico bensì quello ad accedere ad un programma di assunzioni nella PA. Il diritto spetta anche ai testimoni usciti dal programma di protezione e non più sottoposti alle speciali misure di protezione. Le modalità di attuazione stabilite dal regolamento, ai fini dei criteri di priorità tra i testimoni, debbono tenere conto dei benefici già ricevuti (chi ha ricevuto maggiori benefici, avrà quindi meno possibilità di accesso al programma di assunzioni). Ulteriore conferma dell'attuale disciplina è costituita dal diritto del testimone di giustizia alla conservazione del posto di lavoro o al trasferimento presso altre amministrazioni o sedi. L'articolo 7 precisa, inoltre, che l'eventuale trasferimento deve dipendere da ragioni di sicurezza. Rimane il diritto del testimone all'accesso a mutui agevolati, per i quali è specificata la possibilità di convenzioni tra Ministero dell'interno e banche. Analoga conferma concerne, in alternativa all'assegno periodico di cui all'articolo 6, la citata capitalizzazione del costo dell'assegno periodico ovvero l'erogazione in favore del testimone di una somma una tantum, quando questi non abbia riacquistato capacità lavorativa o non abbia un proprio reddito, equivalente al pregresso. Come accennato, attualmente, la capitalizzazione – oltre che riservata ai soli testimoni sotto programma di protezione – può avvenire solo in presenza di un progetto concreto di reinserimento socio-lavorativo; tale condizione permane ma è integrata da una valutazione della sua fattibilità in relazione alle condizioni di mercato, alle capacità del singolo e alla situazione di pericolo. Soprattutto, si prevede che la somma – la cui quantificazione è demandata al regolamento di attuazione (ora può essere riferita ad un periodo fino a 10 anni di mantenimento) – non viene erogata – come ora – in un'unica tranche Pag. 21bensì gradualmente in relazione alla progressiva realizzazione del progetto lavorativo. Ove il testimone lo richieda o non sia in grado di lavorare, la capitalizzazione può essere corrisposta mediante piani di investimento o di erogazioni rateali. Come norma di chiusura, si prevede la possibilità di adozione di misure straordinarie, eventualmente necessarie, atte a favorire il reinserimento sociale e lavorativo del testimone di giustizia e degli altri protetti.
  Rammenta che il Capo III (articoli da 9 a 16) detta una serie di disposizioni inerenti alle misure e programmi di protezione, al referente del testimone, all'audizione del testimone e ai casi di interventi urgenti. L'articolo 9 – per il procedimento di applicazione, modifica, proroga e revoca delle speciali misure di protezione, assunzione degli impegni e redazione del verbale illustrativo – rinvia per quanto non disciplinato dalla proposta di legge in esame a una serie di disposizioni del decreto-legge n. 8 del 1991, in quanto compatibili. Viene, quindi, confermato il ruolo della Commissione centrale nell'ammissione alle misure nonché la disciplina relativa all'assunzione degli impegni da parte dei testimoni – comune a quella dei collaboratori (articolo 12 del decreto-legge n. 8 del 1991) – con l'esclusione, in relazione ai testimoni, della dichiarazione sui beni posseduti. Analogamente continuano ad applicarsi, per i testimoni, alcune delle disposizioni: sul programma provvisorio di protezione; sulla possibile revoca e modifica delle misure; sull'attuazione del programma di protezione da parte del Servizio centrale di protezione; sui contenuti del verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione nonché di acquisizione del citato verbale in caso di interrogatorio o esame del testimone in procedimento connesso o collegato a quello per cui si procede. Sempre a fini applicativi della nuova disciplina – in via transitoria fino all'adozione del nuovo regolamento di cui all'articolo 23 della proposta di legge – si applicano le disposizioni dei regolamenti ministeriali attuativi dell'articolo 17-bis del decreto-legge n. 8 del 1991, nonché il regolamento per l'assunzione dei testimoni di giustizia nella PA (decreto ministeriale n. 204 del 2014). L'articolo 10 coordina la disciplina sulla proposta di ammissione alle speciali misure di protezione prevista dall'articolo 13 del decreto-legge n. 8 del 1991 al nuovo status del testimone. La proposta alla Commissione centrale, infatti, deve contenere anche l'attestazione della sussistenza dei requisiti del testimone di giustizia indicati dall'articolo 2 della proposta di legge. Attualmente è prevista l'indicazione, quantomeno sommaria, dei fatti sui quali il soggetto interessato ha manifestato la volontà di testimoniare e dei motivi per i quali la collaborazione è ritenuta attendibile e di notevole importanza nonché degli elementi di cui all'articolo 11, comma 7, dello stesso decreto-legge n. 8 del 1991 (cioè le notizie e gli elementi utili alla valutazione sulla gravità e attualità del pericolo cui i testimoni sono o possono essere esposti; le eventuali misure di tutela già adottate e i motivi per cui queste non appaiono adeguate). Sulla proposta di ammissione – ove la testimonianza riguardi delitti di mafia o terrorismo – deve essere richiesto il parere del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, ora solo eventuale (articolo 11, comma 5, del decreto-legge n. 8 del 1991). L'articolo 10, infine, prevede – anche in riferimento all'acquisizione delle notizie sull'attualità, concretezza e gravità del pericolo cui sarebbe sottoposto il testimone – che la Commissione richieda informazioni al Servizio centrale di protezione e al prefetto del luogo di dimora del testimone. Gli articoli 11 e 12 riguardano l'applicazione provvisoria e quella definitiva del programma di protezione. L'articolo 11 prevede sostanziali modifiche all'attuale disciplina del piano provvisorio di protezione. Sebbene le misure provvisorie siano sempre adottate in presenza delle condizioni di cui all'articolo 13 del decreto-legge n. 8 del 1991 (situazioni di particolare gravità e richiesta dell'autorità giudiziaria proponente), la disciplina del piano – ora denominato «programma preliminare per la protezione» – prevede sostanziali novità. Anzitutto: la deliberazione avviene di regola Pag. 22senza formalità e, in ogni caso, entro la prima seduta successiva alla proposta dell'autorità giudiziaria proponente; tale procedura è ora solo eventuale (su richiesta del proponente e in presenza di situazioni di particolare gravità); il programma preliminare deve assicurare sempre condizioni di vita congrue rispetto alle precedenti e salvaguardare situazioni che dall'applicazione del programma potrebbero ricevere nocumento; con la deliberazione del programma, la Commissione deve nominare un referente del testimone di giustizia (si tratta di una delle maggiori novità della riforma). Il referente (i cui compiti sono specificamente indicati dall'articolo 14 della proposta di legge), in sede di programma preliminare, ha compiti sostanzialmente informativi del testimone sui contenuti delle misure e sui suoi diritti e doveri; deve poi trasmettere alla Commissione centrale entro 30 gg. tutte le informazioni (personali, familiari, patrimoniali) sul testimone nonché chiedere la nomina, ove richiesto, di una figura professionale di supporto psicologico; è stabilito un termine di 90 giorni trascorsi i quali, in assenza di applicazione del programma definitivo di protezione da parte dell'autorità proponente, il programma preliminare perde efficacia (attualmente, il piano provvisorio decade se entro 180 giorni la proposta del programma definitivo non è stata trasmessa dall'autorità proponente e la commissione non ha deliberato in tal senso); in tal caso, può essere disposta dalla Commissione la prosecuzione provvisoria per il tempo necessario alla deliberazione. Il termine di 90 giorni è prorogabile fino a 180 con provvedimento motivato dell'autorità giudiziaria. L'articolo 11 infine prevede, come già attualmente, che l'autorità giudiziaria procedente rediga il verbale illustrativo dei testimoni di giustizia; per tale redazione sono stabiliti i termini di cui ai commi 4 e 5 (90 giorni prorogabili a 180).
  Fa presente che anche la disciplina sul programma definitivo di protezione risulta modificata (articolo 12). In particolare, segnala tra le novità: la deliberazione del programma da parte della Commissione, acquisiti i pareri eventuali del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo e ogni altra informazione utile, avviene con la partecipazione del testimone di giustizia e del suo referente; è espressamente prevista l'accettazione del programma; attualmente, le misure sono «sottoscritte» dagli interessati che contestualmente assumono gli impegni di cui all'articolo 12 del decreto-legge n. 8 del 1991; la possibilità di modifica o revoca del programma definitivo (come di quello provvisorio) può avvenire in reazione all'attualità, concretezza e gravità del pericolo (rispetto a quanto previsto dall'articolo 13-ter del decreto-legge n. 8 del 1991 è aggiunto il requisito della concretezza, in coordinamento con il contenuto dell'articolo 2 della proposta di legge), nonché in relazione alle esigenze degli interessati; l'introduzione di un termine per decidere sulla richiesta di modifica o revoca (20 giorni dalla richiesta), ora non stabilito; sono previsti i pareri del referente e dell'autorità giudiziaria (se non hanno chiesto loro la modifica-revoca) e, eventualmente, del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo; l'introduzione di un termine breve (6 mesi) per la verifica periodica del programma da parte della Commissione; attualmente, l'articolo 13-quater del decreto-legge n. 8 del 1991 prevede un termine non superiore a 5 anni e non inferiore a 6 mesi entro cui deve procedersi alle verifiche per la modifica o la revoca (fermo restando l'obbligo di procedere alle verifiche se lo chieda l'autorità che ha formulato la richiesta); l'impossibilità di modificare il programma definitivo in relazione ad adeguamenti patrimoniali relativi a beni o redditi goduti antecedentemente e non segnalati dal testimone entro un anno dall'applicazione del programma.
  Rammenta che l'articolo 13 conferma l'affidamento delle modalità esecutive dei programmi (preliminari e definitivi) di protezione al Servizio centrale di protezione, la cui disciplina sostanziale è contenuta nell'articolo 14 del decreto-legge n. 8 del 1991. La disposizione precisa i poteri di vigilanza sulle misure, ove affidate ai servizi di polizia territoriali (misure Pag. 23in loco), nonché la possibilità, se necessario, di dislocare sul territorio proprio personale. Le modalità di riorganizzazione del Servizio saranno contenute nel regolamento di cui all'articolo 23 della proposta in esame. Tra le novità di maggior rilievo della riforma in esame è prevista, come accennato, l'istituzione della figura del referente del testimone di giustizia (articolo 14), che lo assiste per tutta la durata del programma di protezione e anche successivamente, fino al riacquisto dell'autonomia economica. Tale previsione risponde all'esigenza, manifestata anche nel corso di numerose audizioni presso la Commissione antimafia, di fornire al testimone di giustizia un preciso punto di riferimento che, in particolare, funga da supporto e da intermediario tra questi e la Commissione centrale per tutte le problematiche che si manifestano a seguito dell'adozione del programma di tutela. Tra i compiti di assistenza che l'articolo 14 assegna al referente, i principali riguardano la puntuale informazione del testimone sui diritti che la legge gli assicura e sulle conseguenze derivati dall'attuazione delle misure; la collaborazione con la Commissione centrale e il Servizio di protezione, che vanno informati sull'andamento del programma; i pareri sulla eventuale proroga, modifica e revoca del programma; l'individuazione e quantificazione del patrimonio del testimone (compresi i beni aziendali), che lo stesso referente deve aiutare a gestire (o gestire direttamente); le proposte sui progetti di reinserimento nel mondo del lavoro; la predisposizione dei progetti di capitalizzazione, che vanno rendicontati alla Commissione. È espressamente stabilito l'obbligo del segreto del referente su tutto ciò che riguarda il testimone nonché l'obbligo di concordare con il Servizio centrale di protezione le modalità di contatto e incontro con questi. L'articolo 15 – nell'ottica di mantenere un filo diretto tra le istituzioni preposte e i testimoni – prevede la possibilità in qualunque momento del programma, anche preliminare, di essere sentiti personalmente dalla Commissione centrale e dal Servizio centrale di protezione. Nel silenzio della norma si ritiene che il Servizio centrale possa essere richiesto in relazione alle modalità attuative del programma mentre il contatto con la Commissione riguardi più direttamente il programma e le misure conseguenti. L'articolo 14 stabilisce un termine di 15 giorni entro il quale si deve dar corso alla richiesta di audizione. L'articolo 16 prevede che, quando ricorrano situazioni particolarmente gravi e urgenti e non ci sia il tempo di attendere la deliberazione della Commissione centrale e finchè tale deliberazione non intervenga: il Capo della Polizia – direttore generale della PS autorizzi l'autorità provinciale di PS – dietro sua motivata richiesta – ad avvalersi per l'attuazione di misure provvisorie degli stanziamenti «riservati» previsti dall'articolo 17 del decreto-legge n. 8 del 1991; nei casi in cui è applicato il piano provvisorio di protezione (in base alla proposta di legge: programma preliminare per la protezione), il presidente della commissione possa richiedere al Servizio centrale di protezione una relazione riguardante la idoneità dei soggetti a sottostare agli impegni assunti. Si applicheranno inoltre le disposizioni integrative sull'adozione delle citate misure urgenti, che saranno introdotte dal regolamento attuativo di cui all'articolo 23 della proposta di legge.
  Segnala che il Capo IV (articoli 17-24) si apre – per esigenze di coordinamento – con l'abrogazione dell'articolo 12, comma 3, del decreto-legge n. 8 del 1991 che – in sede di assunzione degli impegni – esonera i testimoni di giustizia dall'obbligo di specificare tutti i beni posseduti e controllati. Analoga abrogazione riguarda, per lo stesso motivo, il capo II-bis dello stesso decreto-legge ovvero gli articoli 16-bis e 16-ter del decreto-legge n. 8 del 1991 che, nel provvedimento, riguardano i soli testimoni di giustizia (articolo 17). Ai fini dell'abrogazione è fatto salvo quanto previsto dall'articolo 9 della proposta di legge. L'articolo 18 modifica l'articolo 392 del codice di procedura penale, estendendo (comma 1, lettera d)) anche ai testimoni di giustizia la possibilità di essere ascoltati con incidente probatorio durante le indagini Pag. 24preliminari. Attualmente, tale forma di assunzione della prova è prevista per i soli collaboratori di giustizia. L'articolo 19 introduce nell'ordinamento un'aggravante ad effetto speciale del reato di calunnia, consistente nell'avere commesso il reato per usufruire delle speciali misure di protezione in favore dei testimoni di giustizia previste dalla legge. L'aggravante comporta l'aumento da un terzo alla metà della pena base prevista per la calunnia dall'articolo 368 del codice penale (reclusione da 2 a 6 anni). Se uno dei benefici è stato ottenuto, l'aumento è dalla metà ai due terzi. L'articolo 20 detta una norma transitoria secondo cui è testimone di giustizia colui che, alla data di entrata in vigore della nuova legge, è sottoposto al programma o alle speciali misure di protezione. L'articolo 21 prevede la possibilità di accedere al cambiamento delle generalità per categorie di persone che non possono essere considerate testimoni di giustizia ai sensi della legge in esame, ma siano comunque in situazione di pericolo grave, concreto ed attuale. Condizione per la concessione della misura è il trasferimento in altra località idonea. Beneficiari del cambiamento delle generalità possono essere: parenti, coniugi o conviventi con indagati o condannati per gravi delitti la cui situazione di pericolo derivi dalla loro volontà di recidere il legale parentale, di coniugio, ecc. con tali soggetti; parenti, coniugi o conviventi di vittime degli stessi gravi delitti. L'istanza per il cambiamento delle generalità va presentata al prefetto della località di dimora che la trasmette, col proprio parere, entro 60 giorni alla Commissione centrale. Quest'ultima decide nei successivi 60 giorni, acquisito l'eventuale parere del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo. Viene inoltre considerata dall'articolo 22 della proposta di legge una misura che possa portare ad anticipare il momento della tutela del testimone di giustizia. Per assicurargli un'adeguata informazione preventiva, l'articolo 22 prevede l'istituzione di un sito Internet del Ministero dell'Interno; il sito, di facile accesso e chiaramente intellegibile, garantisce l'anonimato degli utenti e fornisce tutte le informazioni sui programmi, sui diritti e doveri del testimone, sulle modalità di presentazione della domanda, sulle Onlus sul territorio che svolgono attività di sostegno. L'articolo 23 stabilisce l'adozione di uno o più regolamenti di attuazione della legge in esame, da adottare da parte del Ministro dell'interno, di concerto con quello della giustizia, sentiti la Commissione centrale presso il Ministero dell'interno e il Comitato nazionale per l'ordine e la sicurezza pubblica. L'articolo 24 della proposta conferma, infine, in capo al Ministro dell'interno gli obblighi di relazione semestrale al Parlamento (ex articolo 16 del decreto-legge n. 8 del 1991) sulle misure di protezione dei testimoni di giustizia, sulla loro efficacia e sulle modalità di applicazione senza riferimento nominativi. In particolare, oltre al numero dei testimoni e degli altri protetti, andranno in tale sede precisate le spese di assistenza economica sostenute e le elargizioni straordinarie concesse ai testimoni.
  Ciò premesso, rileva come il provvedimento in titolo costituisca il frutto dell'importante lavoro svolto, con il contributo di tutte le componenti politiche, dalla Commissione d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, all'esito del quale è stata predisposta una relazione approvata all'unanimità. Nell'auspicare la rapida approvazione della proposta di legge in discussione, osserva che la normativa vigente non consente, attualmente, di distinguere in modo netto le figure, rispettivamente, del «collaboratore di giustizia» e del «testimone di giustizia». In proposito, sottolinea come il collaboratore di giustizia sia l'autore di delitti gravi o gravissimi che decida di cooperare con lo Stato e di negoziare un trattamento migliore, mentre il testimone di giustizia sia, invece, un cittadino onesto che ha subìto oppure ha assistito alla commissione di un reato grave e che, esponendo la propria vita a pericolo, decida di presentare denuncia. Evidenzia, pertanto, come la vigente normativa relativa ai testimoni di giustizia altro non sia che una specifica articolazione Pag. 25della disciplina in materia di collaboratori di giustizia, fortemente voluta da Giovanni Falcone, sin dai primi anni Novanta, quale importante strumento per favorire la disgregazione del tessuto criminale mafioso. Nel ritenere necessario che le due figure non vadano confuse né sovrapposte, ritiene, in conclusione, che sia dovere dello Stato assicurare più efficaci e incisive forme di tutela per i testimoni di giustizia, per i quali non sono sufficienti le ordinarie misure di sicurezza.

  Giulia SARTI (M5S), nel concordare con le considerazioni testé espresse dal collega Mattiello, evidenzia come la disciplina di cui alla legge n. 45 del 2001, che ha modificato la normativa per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia, abbia determinato una infelice commistione tra le figure del «collaboratore di giustizia» e del «testimone di giustizia», che, invece, dovrebbero rimanere nettamente distinte. Ritiene, quindi, che il provvedimento in discussione, che è il risultato del lavoro svolto da tutte le forze politiche in seno alla Commissione d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, rappresenti un primo e significativo passo in tale direzione. Nell'auspicare la rapida approvazione del provvedimento, pur non opponendosi, ove i colleghi dovessero rilevarne l'opportunità, all'eventuale svolgimento di un rapido ciclo di audizioni, ritiene che ci siano le condizioni perché sia fissato, a breve, il termine per la presentazione di proposte emendative.

  Donatella FERRANTI, presidente, anche per venire incontro alle esigenze di speditezza testé rappresentante dal relatore e dalla collega Sarti, rileva che potrebbe essere acquisita la documentazione dell'attività conoscitiva, ove non secretata, svolta dalla Commissione d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, propedeutica alla predisposizione della relazione all'Assemblea sui testimoni di giustizia.

  Davide MATTIELLO, relatore, pur concordando con la presidente, osserva come le audizioni svolte dalla Commissione d'inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, siano state effettuate in specificamente funzione della predisposizione della relazione conclusiva, approvata all'unanimità, dell'attività conoscitiva svolta dalla Commissione medesima.
  Ritiene, pertanto, opportuno che sui contenuti del provvedimento in titolo, si svolga un rapido e mirato ciclo di audizioni, coinvolgendo, in particolare, il Procuratore nazionale antimafia e il Viceministro Bubbico, quale Presidente della Commissione centrale per la definizione e applicazione delle speciali misure di protezione.

  Antonio MAROTTA (AP), associarsi alle considerazioni del collega Mattiello, concorda in ordine all'opportunità di svolgere un breve ciclo di audizioni.

  Donatella FERRANTI, presidente, nel prendere atto delle richieste formulate dai colleghi, comunica che la Commissione effettuerà una rapida attività conoscitiva sul provvedimento in discussione, procedendo allo svolgimento di un numero limitato di audizioni. Invita, quindi, i gruppi parlamentari a far pervenire eventuali richieste entro martedì 13 settembre prossimo.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 16.30.

ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 7 settembre 2016. — Presidenza del presidente Donatella FERRANTI.

  La seduta comincia alle 16.30.

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Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/42/UE relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell'Unione europea.
Atto n. 323.

(Esame, ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del Regolamento e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto legislativo in oggetto.

  Davide MATTIELLO (PD), relatore, fa presente che la Commissione è chiamata ad esaminare, nella seduta odierna, lo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2014/42/UE relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell'Unione europea (A.G. 323), adottato in attuazione della legge di delegazione europea 2013 secondo semestre (legge n. 154 del 2014).
  Rammenta che la direttiva 2014/42/UE è stata adottata in accoglimento delle sollecitazioni avanzate nel Programma di Stoccolma e nelle conclusioni del Consiglio GAI in materia di confisca e recupero dei beni del giugno 2010, circa l'importanza di una più efficace identificazione, confisca e riutilizzazione dei beni di origine criminosa, nonché delle indicazioni contenute nella Risoluzione del Parlamento europeo del 25 ottobre 2011. La base giuridica della direttiva è costituita dagli articoli 82, par. 2 e 83, par. 1 TFUE che autorizzano il Parlamento europeo e il Consiglio a stabilire norme minime ove sia necessario per agevolare il principio del riconoscimento reciproco e la cooperazione penale o in relazione a sfere di reati particolarmente gravi, dalla portata transnazionale. Come si precisa nei consideranda della direttiva, la necessità del provvedimento è giustificata con riferimento alla crescente espansione della criminalità organizzata transnazionale. Proprio in questo quadro il congelamento e la confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato costituiscono un efficace strumento di contrasto. La direttiva si propone di modificare e di ampliare le disposizioni dell'azione comune 98/699/GAI e delle decisioni quadro 2001/500/GAI e 2003/577/GAI (articolo 14), le cui misure si sono rivelate non del tutto efficaci. Il termine di recepimento della direttiva è il 4 ottobre 2016. Tale termine è stato oggetto di rettifica pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea L 138 del 13 maggio 2014.
  Nel passare all'esame del contenuto dello schema di decreto legislativo, segnala che il medesimo si compone di 8 articoli, ripartiti in tre Titoli: il Titolo I (articolo 1) reca disposizioni generali; il Titolo II (articoli 2-6) prevede modifiche al codice penale, al codice civile e alle leggi speciali volte a conformare l'ordinamento alle prescrizioni della direttiva 2014/42/UE; il Titolo III (articoli 7-8) reca infine disposizioni transitorie e finali.
  Più nel dettaglio, segnala che l'articolo 1 definisce l'ambito di applicazione del provvedimento: l'attuazione della direttiva 2014/42/UE. L'articolo 2 interviene sul codice penale modificando l'articolo 240 del medesimo codice e inserendo il nuovo articolo 466-bis. In particolare, la lettera a) del comma 1, modifica il comma 2, n. 1-bis dell'articolo 240 del codice penale, estendendo la confisca obbligatoria al profitto derivante dai delitti relativi agli attacchi ai sistemi informatici (articoli 615-ter e seguenti del codice penale) anche per equivalente. L'articolo 240 del codice penale, nella sua formulazione vigente, introdotta dalla legge n. 12 del 2012, prevede con riguardo ai suddetti delitti (articoli 615-ter e seguenti del codice penale) la sola confisca obbligatoria dei beni strumentali. La lettera b) del comma 1 inserisce poi, nel codice penale l'articolo 466-bis il quale prevede come obbligatorie la confisca diretta dei beni strumentali all'esecuzione di alcuni reati in tema di falsificazione di monete e altri mezzi di pagamento e la confisca diretta e alternativamente per equivalente del loro profitto o prodotto.
  Più precisamente, fa presente che si tratta dei seguenti reati: falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate (articolo 453 c.p.); alterazione di Pag. 27monete (articolo 454 c.p.); spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate (articolo 454 c.p.); contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo (articolo 460 c.p.); fabbricazione o detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla falsificazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata (articolo 461 c.p.). L'articolo 3, introducendo il comma 3-bis nell'articolo 2635 c.c., prevede, con riguardo al reato di corruzione tra privati, la confisca per equivalente, quantomeno nella misura del prezzo e dell'utilità pagata, salvo che appartengano a persona estranea al reato ovvero quando ciò non sia possibile. Il successivo articolo 4 interviene sugli articoli 73 e 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 in materia di traffico illecito di stupefacenti.
  Più nel dettaglio, lo schema di decreto (comma 1, lettera a)) interviene in materia di traffico illecito di stupefacenti, prevedendo la confisca obbligatoria – anche per equivalente – delle cose che ne sono il profitto o il prodotto anche in caso di patteggiamento, salvo che appartengano a persona estranea al reato ovvero quando ciò non sia possibile, con esclusione dall'ambito di applicazione della confisca per equivalente dell'ipotesi «lieve» di condotta illecita in tema di sostanze stupefacenti di cui al comma 5 dell'articolo 73 citato. La disposizione, alla lettera b), interviene sull'articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 al fine di rendere obbligatoria la confisca per equivalente anche con riguardo al reato di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti. L'articolo 5 modifica l'articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992 (Legge n. 356 del 1992) al fine di estendere le ipotesi di confisca allargata in esso previste alle ulteriori fattispecie relativamente alle quali la direttiva richiede adeguamento. In particolare, la lettera a) del comma 1 del predetto articolo interviene sul comma 1 del richiamato articolo 12-sexies, estendendo il catalogo dei reati per i quali è possibile procedere alla confisca allargata. Tale confisca viene così applicata anche ai seguenti reati:
   associazione per delinquere di cui all'articolo 416 c.p. finalizzata alla commissione di reati di falsificazione di monete e di altri mezzi di pagamento. Nel dettaglio: falsificazione di monete, spendita e introduzione nello Stato, previo concerto, di monete falsificate (articolo 453 c.p.); alterazione di monete (articolo 454 c.p.);
   spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate(articolo 454 c.p.); contraffazione di carta filigranata in uso per la fabbricazione di carte di pubblico credito o di valori di bollo (articolo 460 c.p.);
   fabbricazione o detenzione di filigrane o di strumenti destinati alla falsificazione di monete, di valori di bollo o di carta filigranata (articolo 461 c.p.);
   autoriciclaggio (articolo 648-ter.1. c.p.);
   corruzione fra privati (articolo 2635 c.c.);
   indebita utilizzazione e falsificazione di carte di credito o di pagamento di cui al comma 9 dell'articolo 55 decreto legislativo n. 231 del 2007.

  La lettera b) del comma 1 precisa «al fine di fugare ogni possibile dubbio interpretativo sulla natura del rinvio», come si legge nella relazione, che l'istituto della confisca allargata trovi applicazione anche con riguardo ai delitti commessi per finalità di terrorismo «anche internazionale».
  Infine, ai sensi della lettera c) la confisca allargata trova applicazione anche con riguardo ai seguenti reati quando le condotte ivi descritte riguardano tre o più sistemi:
   installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni informatiche o telematiche (articolo 617-quinquies c.p.);Pag. 28
   falsificazione, alterazione o soppressione del contenuto di comunicazioni informatiche o telematiche (articolo 617-sexies c.p.);
   danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici (articolo 635-bis c.p.);
   danneggiamento di informazioni, dati e programmi informatici utilizzati dallo Stato o da altro ente pubblico o comunque di pubblica utilità (articolo 635-ter c.p.);
   danneggiamento di sistemi informatici o telematici (articolo 635-quater c.p.);
   danneggiamento di sistemi informatici o telematici di pubblica utilità (articolo 635-quinquies c.p.).

  Con riguardo all'articolo 12-sexies ritiene sia opportuno ricordare che un'ampia riscrittura della disposizione è contenuta nell'articolo 27 dell'AS 2134, già approvato dalla Camera, in materia di misure di prevenzione antimafia.
  Segnala che l'articolo 6 modifica il decreto legislativo n. 231 del 2007 prevedendo, con riguardo ai reati connessi alla lotta alle frodi e alle falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti di cui al comma 9 dell'articolo 55 del suddetto decreto legislativo, la confisca obbligatoria anche per equivalente delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, nonché del profitto o del prodotto, salvo che appartengano a persona estranea al reato. L'articolo 7 dello schema di decreto, in attuazione del disposto dell'articolo 11 della direttiva contiene disposizioni circa gli obblighi di comunicazione annuale alla Commissione dei dati quantitativi e di valore dei sequestri e delle confische eseguite, rilevati dal Ministero della Giustizia. L'articolo 8, infine, prevede la clausola di invarianza finanziaria.

  Donatella FERRANTI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 16.35.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

  L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 16.35 alle 16.45.