TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 495 di Venerdì 2 ottobre 2015

 
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INTERPELLANZA URGENTE

A)

   I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, per sapere – premesso che:
   Cizre è una città della Turchia situata nel distretto di Sirnak, al confine con la Siria, delimitato geograficamente dal fiume Tigri e non lontana dal confine iracheno;
   la città di Cizre ha una popolazione di circa 130 mila abitanti, la maggior parte dei quali curdi, ma conta anche una modesta presenza di assiri e armeni;
   nelle ultime elezioni per il Parlamento nazionale, avvenute nel giugno del 2015, il partito dell'Hdp ha ottenuto nella città di Cizre il 98 per cento dei voti;
   in data 11 settembre 2015 il governatore del distretto di Sirnak, in Turchia, ha dichiarato lo stato di emergenza nella città di Cizre durato fino al 12 settembre e poi nuovamente imposto dal 13 al 15 settembre 2015;
   in data 11 settembre 2015 la co-sindaca di Cizre è stata sospesa dal suo incarico dal Ministro degli interni turco, con l'accusa, formalizzata dal procuratore capo di Cizre, di aver incitato la popolazione all'insurrezione armata;
   dal 4 settembre 2015 fino alle ore 6 del 12 settembre 2015, nella città di Cizre, si sono consumate gravissime violazioni dei diritti umani in danno dei civili presenti all'interno della città;
   per otto giorni il centro urbano è rimasto totalmente isolato dall'esterno, con le linee di comunicazione fuori uso e i militari a imporre un coprifuoco permanente;
   le violazioni dei diritti umani nella città turca di Cizre sono state documentate da circa 300 avvocati turchi e curdi provenienti da Istanbul, Ankara, Izmir, Batman, Mardin, Diyarbakir ed altre città della Turchia e, in particolare, con la presenza dell'avvocata Barbara Spinelli del foro di Bologna (Italia), membro dell'esecutivo dell'Associazione europea dei giuristi per la democrazia e i diritti umani) (ELDH) che ha curato il dettagliato rapporto sulle violazioni in lingua italiana;
   nei giorni successivi, la città di Cizre è stata visitata da una delegazione della «carovana internazionale per Kobane» presente al confine turco-siriano per portare materiale scolastico e medicine e materiale sanitario alla popolazione stremata e per chiedere l'apertura di un corridoio umanitario tra la Turchia e la Siria per permettere la ricostruzione dei territori sotto il controllo, de facto, della regione del Rojava (Kurdistan occidentale) e quindi del cantone di Kobane;
   alla delegazione hanno partecipato anche gli interpellanti Franco Bordo e Giovanni Paglia, che hanno documentato le violazioni dei diritti umani non solo a Cizre ma anche nel quartiere di Sur a Diyarbakir, anch'esso per giorni sotto coprifuoco e oggetto delle violenze delle forze di sicurezza turche;
   alla delegazione, nonostante la regolare richiesta effettuata alla prefettura di Sanliurfa, è stato negato il permesso per poter varcare il confine ed entrare a Kobane direttamente dalle autorità di Ankara, le quali hanno minacciato di chiudere definitivamente il varco di frontiera, aperto solo pochi giorni alla settimana a totale discrezione delle autorità turche, qualora il gruppo avesse solo tentato di avvicinarsi al confine;
   si segnala che nella serata del 14 settembre 2015, mentre la delegazione tornava in albergo a Sanliurfa, un pulmino della delegazione veniva fermato dalla polizia turca che aveva bloccato tutti i componenti del gruppo, inclusi i due parlamentari Giovanni Paglia e Franco Bordo che venivano intimiditi dalle forze di sicurezza turche e quindi perquisiti;
   a Cizre una delegazione di 50 avvocati è entrata immediatamente dopo la fine del coprifuoco, il 12 settembre 2015, per verificare le condizioni dei civili dopo nove giorni di isolamento, gli altri avvocati hanno raggiunto la città in mattinata insieme ai deputati dell'Hdp giunti sul posto;
   all'ingresso e alla fine delle arterie di scorrimento principali che attraversano la città erano ancora posizionati i carri armati dotati di mitragliatrici (panzer kobra) e i veicoli della polizia;
   agli occhi degli avvocati si è presentato uno scenario di guerra, con segni evidenti fin dall'ingresso nella città degli attacchi armati alle abitazioni e alle attività commerciali dei civili. Lungo le strade principali (Nusaybin Caddesi e Idil Caddesi) sono stati trovati numerosi bossoli esplosi, vetri ed altri detriti;
   nei 9 giorni di vigenza dello stato di emergenza, la popolazione di Cizre è stata posta nelle condizioni di isolamento più assoluto, sia dal resto del mondo sia rispetto agli altri abitanti della città, determinato attraverso l'adozione di plurime misure di sicurezza. In particolare, è stato riferito dai civili intervistati dalla delegazione degli avvocati:
    a) il divieto di accesso nella città a civili, personale medico e paramedico, avvocati e parlamentari;
    b) l'interruzione del funzionamento delle reti mobili, gsm e internet, e dunque l'impossibilità di accesso ad internet e anche alle conversazioni telefoniche per chiunque non fosse dotato di telefono fisso;
    c) l'interruzione dell'elettricità, anche mediante la distruzione con armi pesanti degli impianti elettrici, che ha impedito la possibilità di accedere alle informazioni radio-televisive. A tal proposito nella municipalità di Cudi Mahallesi è stato possibile visionare i quadri elettrici che risultavano bruciati. È stato riferito che la polizia speciale (özel harekat polis), su ordine del prefetto (governatore) di Sirnak, abbia impedito ai vigili del fuoco di rompere il coprifuoco per spegnere l'incendio dei quadri elettrici;
   l'imposizione del coprifuoco ventiquattro ore su ventiquattro ha impedito ogni comunicazione anche tra vicini circa l'evolvere della situazione;
   il coprifuoco ventiquattro ore su ventiquattro ha impedito agli abitanti di Cizre l'accesso alle cure mediche ed ai beni essenziali. La vita e la salute della popolazione è stata messa a repentaglio dall'interruzione delle forniture idriche ed elettriche, dalla contaminazione delle acque di scolo per la mancata raccolta dei rifiuti e per le carcasse di animali abbandonate sulle strade. Il mancato accesso alle cure mediche anche di emergenza, ed il divieto di circolazione delle ambulanze, hanno determinato la morte di numerosi civili e l'aggravamento delle condizioni di salute di molti altri;
   è stata documentata dalla delegazione l'interruzione della fornitura di energia elettrica attraverso il danneggiamento con armi pesanti dei quadri elettrici;
   anche nelle abitazioni dei civili sono stati danneggiati i generatori elettrici privati e gli impianti di condizionamento posti al di fuori delle abitazioni;
   la prolungata assenza di forniture di energia elettrica e le alte temperature che hanno caratterizzato il periodo interessato dal black out hanno determinato un rapido deterioramento dei cibi presenti nelle abitazioni e, conseguentemente, il rapido esaurimento delle scorte alimentari, sia per l'impossibilità di cucinare in assenza di elettricità, sia per l'impossibilità di uscire di casa per fare la spesa, considerato il coprifuoco in vigore ventiquattro ore su ventiquattro;
   specialmente nel quartiere di Nur, più di una famiglia ha dichiarato di essere rimasta senza pane e di aver contingentato cibi anche avariati per sfamare almeno i bambini;
   è stata documentata l'interruzione delle forniture idriche attraverso il danneggiamento con armi esplosive dei tubi, per ostacolare l'approvvigionamento di acqua in città. È stato riferito che le forze dell'ordine avrebbero vietato l'ingresso in città degli operai che avrebbero dovuto occuparsi della manutenzione delle condutture e che due dipendenti dell'azienda incaricata di occuparsi di questa attività risulterebbero dispersi;
   è stato documentato, altresì, il danneggiamento con armi da fuoco delle cisterne con le riserve private di acqua;
   la carenza di acqua e l'utilizzo di acqua non potabile, congiuntamente alla malnutrizione per carenza di cibo o per l'ingestione di cibo avariato dal caldo, ha determinato l'insorgere di malattie correlate, specialmente nei bambini;
   molti dei medici che lavoravano nell'ospedale di Cizre, alla dichiarazione dello stato di emergenza, hanno rassegnato le proprie dimissioni per motivi di sicurezza e sono rientrati nel loro distretto di residenza, lasciando in questo modo la città sfornita di personale medico specializzato. Le forze dell'ordine hanno vietato la circolazione delle ambulanze, contattate attraverso i numeri di emergenza per il soccorso di feriti gravi, mentre le farmacie sono state chiuse per tutto il periodo di emergenza;
   come documentato dal dettagliato rapporto elaborato dagli avvocati dell'ELDH, almeno 7 persone sono morte a Cizre a causa dell'impedimento nell'accesso a cure mediche;
   le autorità governative turche hanno riferito alla stampa che nel corso delle «operazioni» a Cizre oltre 32 militanti del PKK sono stati uccisi e 10 detenuti, ed inoltre sono stati colpiti oltre 150 appartamenti utilizzati dal PKK come deposito per le munizioni;
   quanto osservato dalle delegazioni si scontra con la versione ufficiale del Governo turco: i civili uccisi sono perlopiù anziani e bambini, residenti nei quartieri dove sono stati colpiti dalla polizia (e lasciati morire dissanguati senza cure, secondo quanto riferito);
   il sopralluogo effettuato negli appartamenti colpiti evidenzia che si tratta di normalissime abitazioni civili, i proprietari rintracciati risultano residenti del posto con normali attività lavorative e i danni riportati dalle abitazioni sono incompatibili con quelli prodotti dallo scoppio di eventuali riserve di armi contenute all'interno;
   i danni riportati inoltre, per quanto verificato e per quanto riferito dai civili, sarebbero l'esito di attacchi unilaterali con armi ufficiali in dotazioni all'Esercito, alla polizia ed alle forze speciali turche;
   la maggior parte dei bossoli esplosi risulterebbe di fabbricazione del fornitore ufficiale delle forze armate turche, la ditta MKA;
   sarebbe stato documentato anche l'uso di armi non convenzionali, quali bombe a grappolo, con la dicitura «HE» (high explosive), il cui uso in contesti urbani è vietato dal protocollo I della Convenzione di Ginevra;
   nessuno dei civili intervistati dalla delegazione ha riferito di attacchi del PKK alla popolazione ovvero di scontri nel quartiere tra PKK e forze dell'ordine;
   i sopralluoghi effettuati dalle delegazioni hanno consentito di verificare che la città di Cizre è stata colpita via terra, attraverso appostamenti di tiratori scelti e attraverso le mitragliatrici dei panzer kobra ed altre armi pesanti, e via aria, attraverso attacchi armati effettuati dagli elicotteri leopard;
   i civili hanno riferito nella città la presenza di oltre cento veicoli blindati (panzer kobra) e di oltre 1000 militari appartenenti alle forze speciali turche. È stato riferito che molti delle forze armate parlavano arabo;
   dopo l'assedio di Cizre sono 26 i civili identificati di cui è noto che abbiano perso la vita per via di ferite mortali inflitte dalle forze di sicurezza statali, mentre il numero dei feriti è di diverse centinaia di persone;
   in tutti questi casi di omicidio si trattava di civili disarmati, soprattutto donne, bambini e anziani residenti nei luoghi dove sono stati uccisi, colpiti con ferite mortali per aver violato il coprifuoco per rispondere ad elementari esigenze di vita, molto spesso durante ore del giorno;
   stando alle descrizioni dei fatti si tratta di vere e proprie esecuzioni sommarie, aggravate dal fatto che in molti casi la morte è conseguenza dell'impedimento da parte delle autorità di sottoporre i feriti a soccorsi immediati: sia perché è stato aperto il fuoco anche contro le persone che si sono avvicinate ai feriti per soccorrerle, avendo questi violato a loro volta il coprifuoco, sia perché alle ambulanze veniva vietato di raggiungere immediatamente i feriti e di portarli in emergenza in ospedale per ricevere le cure opportune;
   la tipologia di ferite riportate e le circostanze in cui sono state inflitte, dettagliate nel rapporto, evidenziano, ad avviso degli interpellanti, un uso sistematico da parte delle forze dell'ordine di violenza sproporzionata ed ingiustificata nei confronti dei civili e delle proprietà dei civili;
   quanto visto dalle delegazioni a Cizre evidenzia che lo Stato turco non ha preso in seria considerazione la responsabilità di proteggere il suo popolo, ivi inclusi i cittadini turchi di origini curde e armene, da ogni forma di violazione dei loro diritti umani. Nello specifico a giudizio degli interpellanti sono stati violati, sistematicamente e deliberatamente, i diritti fondamentali alla vita ed all'incolumità psicofisica, alla salute, all'educazione e alla proprietà privata dei residenti della città di Cizre;
   le gravi e sistematiche violazioni dei diritti umani imposte alla popolazione di Cizre non possono trovare giustificazione alcuna per motivi di sicurezza e costituiscono di fatto una grave violazione degli obblighi internazionali assunti dalla Turchia attraverso la ratifica delle principali Convenzioni internazionali, ivi inclusa la Convenzione di Ginevra e la Convenzione europea per la salvaguardia diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;
   analoghe violazioni dei diritti umani sono state documentate dalla delegazione internazionale nel quartiere di Sur a Diyarbakir subito dopo il coprifuoco e l'attacco delle forze di sicurezza turche dove è stato riportato che molti abitanti sono stati costretti a lasciare le loro case per spostarsi in altre parti della città;
   il 28 settembre 2015, le forze di sicurezza turche hanno ricominciato a bombardare e attaccare con armi pesanti e cecchini posizionati sugli edifici la popolazione di diverse città curde. Il coprifuoco è stato nuovamente imposto nella municipalità di Sur, della città di Diyarbakir, mentre nel quartiere di Hancepek la polizia ha ferito 5 bambini, di cui uno in maniera grave;
   a Bismil nella provincia di Diyarbakir, nelle stesse ore, a seguito di manifestazioni di protesta contro i massacri in corso è stato dichiarato il coprifuoco e le forze di sicurezza turche hanno sparato contro i civili;
   cecchini appostati sugli edifici più alti hanno sparato sulla gente per strada e un ragazzo di 22 anni ferito mentre era seduto davanti a casa sua è morto il giorno seguente, il 29 settembre 2015. Un'abitazione nel quartiere Avasin è stata bombardata uccidendo una bambina di 8 anni. Un altro bambino curdo di 9 anni è stato ucciso dalla polizia turca a Bismil il 29 settembre mentre era seduto su una panchina;
   dal 27 settembre, quando è stato dichiarato il coprifuoco, a Bismil la polizia ha ucciso quattro civili: Elif Simsek (8 anni), Agit Yildiz (22 anni), Halil Kurtis (19 anni) e Berat Guzel (9 anni);
   il 1o novembre 2015 ci saranno le elezioni anticipate in Turchia, queste elezioni sono di importanza cruciale per la democratizzazione del Paese e per il processo di pace in Turchia;
   dopo il risultato elettorale del 7 giugno 2015, l'esercito turco ha iniziato a bombardare le montagne di Qandil, in Iraq, mentre in seguito le incursioni e gli attacchi della polizia hanno preso di mira i civili e questo ha messo fine al processo di pace. Già durante questa intensificazione della guerra, moltissimi civili hanno perso la vita, e più di 1000 membri del partito Hdp, che era riuscito a superare la soglia di sbarramento del 10 per cento alle scorse elezioni, di cui 7 sindaci eletti, sono stati arrestati;
   la dichiarazione di Dolmabah e del 27 febbraio 2015 aveva rappresentato uno storico passaggio per una soluzione pacifica e democratica della questione curda, rafforzando la democrazia in Turchia; tuttavia, la non accettazione del risultato elettorale del 7 giugno 2015 da parte del principale partito turco, l'Akp, e il massacro del 20 luglio 2015 a Suruc, condotto da un membro turco dell'Isis in cui sono morti 33 giovani attivisti turchi e curdi che tentavano di rompere l'isolamento di Kobane portando aiuti alla popolazione, hanno condotto il Paese in una terribile spirale di sangue e violenza che vede drammaticamente coinvolta la popolazione civile;
   ci sono molti elementi che provano la responsabilità delle forze di intelligence turche nell'avere permesso che membri dell'Isis entrassero in Turchia e potessero muoversi liberamente nel Paese, attraversando altrettanto liberamente il confine con la Siria;
   il massacro di Suruc è visto da molti come il primo segno della crescente spirale di violenza in Turchia e la politica aggressiva del Governo turco nei confronti dei curdi del Rojava ha alimentato notevolmente le tensioni all'interno del Paese;
   la libertà di espressione e di informazione in Turchia, a quanto consta agli interpellanti, è oggi fortemente compressa. Molti giornalisti, anche esteri, sono stati arrestati nelle ultime settimane. La limitazione dell'accesso a internet è spesso decisa in maniera autoritaria e l'utilizzo dei social media, inclusi Twitter, Facebook e Youtube, viene spesso preclusa dalle autorità ed è soggetta a censura;
   secondo il World Press Freedom Index, la Turchia si colloca nel 2015 al 149esimo posto su 180 Stati del mondo monitorati per la libertà di informazione ed è in cima alla lista dei Paesi che censurano con il 72 per cento delle richieste di cassare i tweet e limitare l'accesso agli account di Twitter;
   recentemente molti giornalisti occidentali, come Jake Hanrahan e Philip Pendlebury di Vice UK e la giornalista freelance olandese Frederike Geerdink sono stati arrestati con l'accusa di favoreggiamento di organizzazioni illegali e di promuovere la propaganda pro-curda. Tutti poi sono stati successivamente rilasciati e estradati nel proprio Paese, secondo gli interpellanti nel tentativo di intimidire e censurare qualsiasi copertura internazionale degli sviluppi nel Paese. Il Governo turco, a quanto risulta agli interpellanti, fa ogni sforzo possibile per evitare che la documentazione e le notizie, in particolare quelle provenienti dalle città curde, raggiungano la comunità internazionale e riportano dei massacri di cui si stanno macchiando le autorità turche;
   in questa spirale di violenza sono stati documentati, soltanto nel periodo dal 6 all'11 settembre 2015, 105 attacchi alle sedi del partito Hdp o a persone riconducibili al movimento, alcune delle quali addirittura condotte dalle forze di polizia turca, mentre la maggior parte sono state organizzate da gruppi nazionalisti e fascisti turchi;
   mentre si intensifica il conflitto e aumentano gli scontri in Turchia, le autorità utilizzano tutti i mezzi possibili, anche legislativi, al fine di reprimere tutte le forme di opposizione politica, di protesta pubblica e i media indipendenti;
   addirittura la sede di un giornale, l’Hürriyet, è stata assaltata nelle scorse settimane e a capo della folla che assaltava il giornale c'era un parlamentare del partito di maggioranza, l'Akp;
   il Governo della Turchia ha violato, ad avviso degli interpellanti, quasi tutte le convenzioni sui diritti umani di cui è firmatario, oltre a essersi reso responsabile di quelli che gli interpellanti ritengono crimini di guerra;
   la Turchia sta scivolando sempre più in una guerra civile ed il Governo turco ha pesanti responsabilità nell'aver fermato il processo di pace tra Stato turco e PKK, che era ad un buon punto, soltanto per fini elettorali allo scopo di reprimere le opposizioni e far riconquistare la maggioranza assoluta all'Akp persa durante le elezioni del 7 giugno 2015;
   pubblicamente il Governo turco ha dichiarato guerra all'Isis, in realtà, e come sostengono numerose fonti indipendenti, continua a supportarlo, e invece ha iniziato una guerra contro le opposizioni democratiche e le minoranze presenti nel Paese, conducendo attacchi aerei anche in altri Stati, come in Iraq, al fine di combattere i «terroristi» del PKK, producendo centinaia di vittime tra la popolazione civile e mettendo a rischio l'intero Medio Oriente;
   al fine di assicurarsi una nuova maggioranza assoluta alle elezioni del prossimo 1o novembre 2015, ben 150 aree del Paese sono state dichiarate dai governatori delle 15 province a maggioranza curda «aree di protezione speciale». In queste aree ben 400.000 cittadini dovrebbero recarsi, secondo quanto previsto dalle commissioni elettorali periferiche, a decine di chilometri di distanza dai luoghi di residenza per poter esprimere la preferenza alle elezioni. Per cui i residenti di molti villaggi e quartieri in province come Diyarbakir, Mus, Sirnak, Bitlis, Batman, Mardin e Tunceli sarebbero costretti a dare il loro voto in un altro quartiere o in un altro villaggio;
   la comunità internazionale ha la responsabilità di utilizzare ogni mezzo appropriato, inclusi i mezzi diplomatici, umanitari ed altri per invitare il Governo turco al rispetto dei propri obblighi internazionali per il rispetto dei diritti umani e dei diritti civili e politici delle popolazioni che vivono in Turchia, anche intraprendendo le azioni opportune per proteggere la popolazione da questi crimini, in accordo con la Carta dell'Onu –:
   quale sia la posizione del Governo rispetto a quanto esposto in premessa e a quelle che appaiono agli interpellanti gravissime violazioni dei diritti umani perpetrate dalle forze di sicurezza turche nei confronti della popolazione civile e quali iniziative intenda adottare affinché il Governo turco rispetti i diritti umani, civili e politici;
   quali iniziative intenda assumere, anche a livello diplomatico, affinché le elezioni del prossimo 1o novembre 2015 si svolgano regolarmente e democraticamente;
   quali iniziative intenda assumere per favorire un immediato cessate il fuoco tra le parti in conflitto e per la ripresa dei negoziati di pace tra Stato turco e PKK;
   se non ritenga urgente l'apertura di un corridoio umanitario al confine tra la Turchia e la Siria per permettere la ricostruzione in Rojava, attraverso l'estensione della decisione delle Nazioni Unite S/RES/2165 (2014) del 14 luglio 2014, articolo 2, al fine di garantire un ulteriore passaggio di frontiera per Kobane, consentendo così il passaggio dei convogli umanitari in aiuto della popolazione curdo-siriana;
   se non ritenga di interpellare con urgenza il Commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa per intraprendere un dialogo urgente con il Governo turco al fine di valutare la situazione locale dei diritti umani nelle città e nelle municipalità a maggioranza curda dove le prefetture (governatorati) hanno dichiarato lo stato di emergenza.
(2-01095)
«Palazzotto, Scotto, Franco Bordo, Paglia, Costantino, Marcon, Duranti, Piras».
(29 settembre 2015)

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