Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 1053


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
MORETTI, GIACHETTI, MORANI, LAFORGIA, TIDEI, MARZANO, CARLO GALLI, CIMBRO, MICCOLI, IORI, MOGHERINI, MALPEZZI, GRIBAUDO, GHIZZONI, MAGORNO, MOSCA, ROTTA, ZAMPA, MANZI, ORFINI, GADDA, MARTELLI, MANFREDI, GIUSEPPE GUERINI, LENZI, GUERRA, GIULIANI, MARIANO, GOZI, FABBRI, D'ARIENZO, TENTORI, PIERDOMENICO MARTINO, COCCIA, TERROSI, PARIS, MORASSUT, TARTAGLIONE
Modifiche all'articolo 3 della legge 1 dicembre 1970, n. 898, in materia di presupposti per la domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio
Presentata il 27 maggio 2013


      

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Onorevoli Colleghi! La disciplina che regola lo scioglimento del matrimonio (legge 1 dicembre 1970, n. 898) prevede tempi che appaiono, anche in un raffronto con gli Stati che ci sono più vicini per tradizione e disciplina giuridica, decisamente eccessivi, tanto più in relazione alle mutazioni sociali e culturali che inevitabilmente hanno cambiato il tessuto sociale del nostro Paese.
      Ormai sono pochi gli Stati che impongono ai coniugi un periodo più o meno lungo di separazione prima di concedere il divorzio. Piuttosto è molto frequente all'estero la scelta di concedere immediatamente il divorzio se entrambi i coniugi sono d'accordo o se uno riesce a dimostrare gravi colpe da parte dell'altro. La presente proposta di legge introduce alcune modifiche che intervengono sia sui tempi necessari a ottenere il divorzio che sui presupposti della domanda di separazione, introducendo nel nostro ordinamento, la previsione di una pronuncia parziale di separazione, quale presupposto per la domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio. Tale soluzione è stata individuata alla luce di un orientamento giurisprudenziale che, costante ormai da diversi anni, prevede ai fini della richiesta di divorzio il passaggio in giudicato della sola decisione sulla separazione personale, anche se il giudizio continua per la declaratoria di addebito (l'accertamento, cioè, della responsabilità della rottura del rapporto) o per la definizione di altre domande proposte dalle parti.
      Sarebbe, cioè, possibile per il giudice – fallito il tentativo di conciliazione e accertata la volontà dei coniugi di separarsi – dichiarare con sentenza parziale la sola separazione personale dei coniugi e rinviare le questioni connesse al prosieguo della causa.
      I tempi prescritti ai fini della domanda di divorzio decorrerebbero, pertanto, dal passaggio in giudicato della sola decisione parziale. Sulla scindibilità tra la separazione personale e la declaratoria di addebito, le Sezioni unite della Corte di cassazione si sono chiaramente pronunciate, precisando che l'una accerta unicamente l'oggettiva crisi del rapporto e l'altra la sola riferibilità di quella situazione ad inadempienze coniugali. Sempre secondo la Corte, inoltre, negare il carattere di scindibilità ha, nella maggior parte dei casi, «il deviante effetto di consentire ad uno dei coniugi di avvalersi dell'istanza di addebito al solo ed unico scopo di dilazionare la modifica dell'azione giudiziale del rapporto personale, pure quando ne sono evidenti o pacifici i presupposti» (Corte di cassazione, Sezioni Unite, n. 15279 del 2001). Tuttavia, pur avendo il citato orientamento giurisprudenziale fornito strumenti interpretativi utili ai giudici per snellire le lungaggini processuali, i tempi per la sentenza di separazione continuano ad essere estenuanti e sempre più distanti dalle reali e mutate dinamiche socio-familiari, specie laddove la soluzione delineata dalla Cassazione, proprio per il suo carattere interpretativo, non fornisce certezza di applicazione e, comunque, non in modo univoco e costante. Ritenendo, però, estremamente efficace la strada suggerita dalla giurisprudenza si è pensato di dare veste normativa, e quindi certezza del diritto, a quanto dalla stessa sostenuto, introducendo con l'articolo 1, oltre a quelli già disciplinati dalla legge n. 898 del 1970, due ulteriori presupposti per la richiesta di divorzio.
      L'uno, lettera b-ter) del numero 2) del primo comma dell'articolo 3 della legge n. 898 del 1970, attiene alla previsione del passaggio in giudicato della sentenza parziale di separazione tra i coniugi, l'altro, lettera b-bis), alla formazione dell'acquiescenza (cioè della definitività) sulla decisione di separazione, laddove la sentenza sia stata impugnata per motivi circoscritti all'addebito o per questioni diverse da quelle attinenti alla separazione personale. Tale seconda ipotesi si verifica nel caso in cui il giudice, con una unica sentenza, decida contemporaneamente sia in ordine alla separazione che all'addebito e la sentenza venga poi impugnata, ma per motivazioni che hanno ad oggetto solo i provvedimenti consequenziali alla separazione, e non il vincolo matrimoniale che le parti vogliono sia sciolto. In tale caso si determina la definitività della sola pronuncia di separazione, quale presupposto per la domanda di divorzio. Ulteriore conferma dell'opportunità della soluzione oggetto della proposta di legge, è una recentissima decisione della Corte di cassazione del 16 novembre 2004, n. 21683 che, al fine di fornire altri strumenti interpretativi per snellire i tempi del divorzio, prevede che il giudice possa accertare l'avvenuto passaggio in giudicato della sentenza di separazione anche quando non siano ancora decorsi i termini per impugnare la stessa, ma solo qualora il comportamento processuale delle parti consenta di escludere categoricamente la possibilità, per ciascuna di esse, di proporre una valida impugnazione contro la pronuncia di separazione.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. All'articolo 3 della legge 1 dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) al numero 2) le parole da: «b) è stata pronunciata» fino a: «eccepita dalla parte convenuta» sono sostituite dalle seguenti:

              «b) è passata in giudicato la sentenza di separazione giudiziale tra i coniugi;

              b-bis) si è formata acquiescenza ai sensi dell'articolo 329, secondo comma, del codice di procedura civile, sulla decisione di separazione personale tra coniugi essendo la sentenza stata impugnata per motivi circoscritti all'addebito o, comunque, per questioni diverse da quelle attinenti alla separazione personale tra i coniugi;

              b-ter) è passata in giudicato la sentenza parziale di separazione;

              b-quater) è stata omologata la separazione consensuale ovvero è intervenuta separazione di fatto quando la separazione di fatto stessa è iniziata almeno due anni prima del 18 dicembre 1970»;

          b) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

              «Nei casi di cui alle lettere b), b-bis), b-ter) e b-quater) del primo comma, per la proposizione della domanda di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio, le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno un anno a far tempo dal deposito della domanda di separazione personale, salva diversa statuizione del presidente del

Tribunale in sede di udienza presidenziale, anche quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale. L'eventuale interruzione della separazione deve essere eccepita dalla parte convenuta».
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