Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 1502


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
MASSIMILIANO BERNINI, GAGNARLI, BENEDETTI, GALLINELLA, L'ABBATE, LUPO, PARENTELA
Modifica all'articolo 544-ter del codice penale, in materia di divieto di utilizzazione degli animali come richiami nell'attività venatoria, e disposizioni concernenti la liberazione degli esemplari utilizzati a tale fine
Presentata il 7 agosto 2013


      

torna su
Onorevoli Colleghi! La presente proposta di legge nasce per adeguare la normativa alle numerose sentenze della Corte costituzionale che negli ultimi anni hanno rilevato l'illegittimità di alcune leggi regionali sulla caccia, con particolare riferimento all'uso di richiami vivi. La normativa nazionale che regolamenta l'attività venatoria, la legge n. 157 del 1992, infatti, non prevede uno specifico divieto dei richiami vivi, anche se ne limita fortemente l'uso ad alcuni particolari casi. Le regioni, però, di fatto chiamate ad autoregolamentare l'attività venatoria nel proprio territorio, hanno spesso dato vita a normative all'interno delle quali si prevede la possibilità di catturare uccelli selvatici con uso di reti per rifornire i cacciatori di richiami vivi. Tale atto è una palese violazione dei diritti degli animali, in quanto, come affermato anche da una recente sentenza della Corte di cassazione, «nulla più dell'impossibilità di volare è incompatibile con la natura degli uccelli».
      Nonostante le diverse sentenze e nonostante il fatto che l'uccellagione (cattura indiscriminata di uccelli) sia di fatto vietata nel nostro Paese come nel resto d'Europa, sono sei le regioni italiane che autorizzano la cattura di uccelli, con oltre 170 impianti per la cattura attivi ogni anno (50-60 nella sola Lombardia).
      Sono sette le specie utilizzate come richiami vivi: allodola, cesena, merlo, tordo sassello, tordo bottaccio, colombaccio e pavoncella. Questi piccoli uccelli migratori, catturati con apposite reti in punti strategici per il passaggio migratorio, sono catturati e rinchiusi in piccole gabbie, tenuti al buio, così da alterarne il ciclo biologico, indurne il piumaggio fuori stagione e il tipico richiamo durante il periodo aperto all'attività venatoria.
      Gli uccelli detenuti in queste condizioni possono subire conseguenze gravissime, dalla morte quasi immediata allo sviluppo di malattie causate dall'immunosoppressione da stress; ma possono subire anche traumi fisici (ali che si spezzano, zampe che si indeboliscono, vista che si perde e altro) e alterazioni causate dall'essere sottoposti a trattamenti farmacologici a base di testosterone, per obbligarli a cantare anche fuori dal periodo riproduttivo.
      Quello che si nasconde dietro l'apparente innocenza del nome «richiamo vivo» è in realtà un vero e proprio maltrattamento dell'animale, che come tale andrebbe vietato, ostacolato e punito.
      Lo scopo di questa proposta di legge è quindi quello di inserire nel codice penale, all'articolo 544-ter, il reato di detenzione di un animale allo scopo di utilizzarlo quale richiamo vivo nell'attività venatoria, così come fatto a Parma, unica provincia italiana ad aver vietato l'utilizzo di richiami vivi.
      Ma un'ulteriore importante e doverosa azione è quella di registrazione di tutti gli animali attualmente detenuti come richiami vivi, la loro liberazione nel caso in cui si accertino le condizioni idonee a un ritorno alla libertà in natura e la loro consegna alle autorità preposte nel caso di esemplari non liberabili. Dopo un lungo periodo di cattività, nelle vergognose condizioni descritte, è infatti molto difficile per gli uccelli tornare alla vita selvatica.
      La presente proposta di legge è costituita da due articoli.
      All'articolo 1 si modifica l'articolo 544-ter del codice penale, inserendo, tra i reati di maltrattamento degli animali, il loro utilizzo quali richiami vivi nell'attività venatoria.
      All'articolo 2 si prevede che, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, tutti i detentori di animali utilizzati come richiami vivi ne denuncino l'esistenza al Corpo forestale dello Stato, che verificherà lo stato di salute degli animali e, nel caso di impossibilità alla liberazione in natura, li affiderà alle associazioni nazionali preposte alla protezione degli animali e istituzionalmente riconosciute. Sono altresì previste, al comma 3, le disposizioni per coloro che non ottemperano all'obbligo di denunciare l'animale detenuto secondo quanto previsto dai commi 3 e 4 dell'articolo 28 della legge n. 157 del 1992.
torna su
PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Modifica all'articolo 544-ter del codice penale).

      1. Al primo comma dell'articolo 544-ter del codice penale, dopo la parola: «etologiche» sono inserite le seguenti: «, compreso il loro utilizzo come richiami vivi nell'attività venatoria,».

Art. 2.
(Denuncia e rimessa in libertà degli animali utilizzati come richiami vivi).

      1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, coloro che detengono animali in cattività utilizzati come richiami vivi nell'attività venatoria sono obbligati a denunciarne l'esistenza e a consegnarli al Corpo forestale dello Stato, che verifica le condizioni di salute degli animali rimettendoli in libertà.
      2. Qualora le condizioni morfofunzionali e comportamentali degli animali di cui al comma 1 non siano compatibili con il ritorno alla vita selvatica, gli stessi animali sono affidati a enti nazionali preposti alla protezione degli animali, individuati dal Corpo forestale dello Stato.
      3. Nel caso di omessa consegna degli animali ai sensi del comma 1 del presente articolo, si applicano le disposizioni dei commi 3 e 4 dell'articolo 28 della legge 11 febbraio 1992, n. 157.

Per tornare alla pagina di provenienza azionare il tasto BACK del browser