Frontespizio | Relazione | Progetto di Legge |
CAMERA DEI DEPUTATI |
N. 1857 |
sussidi diretti, per la gestione di scuole dell'infanzia e primarie (ex parificate);
finanziamenti di progetti finalizzati all'elevazione di qualità ed efficacia delle offerte formative di scuole medie e medie superiori;
contributi alle famiglie dell'importo massimo di 300 euro, denominati «buoni scuola» e disponibili solo per la scuola dell'obbligo.
Tante sono le tesi contrarie al sostegno alla scuola privata. Le esponiamo qui di seguito per capi.
Incostituzionalità dei finanziamenti.
L'articolo 33 della Costituzione della Repubblica italiana stabilisce che «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato». Per questo i costi dovrebbero essere sostenuti unicamente dagli studenti attraverso le rette scolastiche; i buoni scuola nel complesso costituiscono una spesa per lo Stato e i finanziamenti diretti contraddicono la lettera dell'articolo.
D'altra parte, secondo l'articolo 34 della Costituzione, «La scuola è aperta a tutti», cosa che non è vera per le scuole private nelle quali i dirigenti possono decidere se accettare o no un'iscrizione; «I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi» e questo viene reso loro possibile grazie alla gratuità di gran parte del percorso scolastico statale; inoltre «La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso» e che devono poter coprire tutte le esigenze degli studenti, senza essere assorbite da rette scolastiche per le scuole private, visto che gli studenti meritevoli dovrebbero poter studiare senza necessità di lavorare anche quando la famiglia non fosse in grado di mantenerli.
Scarsi finanziamenti statali alla scuola pubblica.
I contrari al finanziamento alle scuole private puntano l'indice anche sugli scarsi finanziamenti statali alla scuola pubblica. Nello studio Education at a glance 2011, l'Organizzazione e la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) afferma che nel 2008 l'Italia ha speso il 4,8 per cento del prodotto interno lordo per l'istruzione, ovvero 1,3 punti percentuali in meno rispetto al totale OCSE del 6,1 per cento (collocandosi al ventinovesimo posto su trentaquattro Paesi) (Tabella B2.1). Inoltre, tra il 2000 e il 2008, la spesa sostenuta dagli istituti d'istruzione per studente è aumentata solo del 6 per cento (rispetto alla media OCSE del 34 per cento). Si tratta del secondo incremento più basso tra i 30 Paesi considerati (Tabella B1.5). Diversamente da altri Paesi membri dell'OCSE, la spesa per studente non aumenta notevolmente in base al livello d'istruzione: in Italia, la spesa passa da 8.200 dollari al livello pre-primario a 9.600 dollari al livello terziario, rispetto all'aumento medio nell'area OCSE da 6.200 dollari al livello pre-primario a 13.700 dollari al livello terziario. Gli insegnanti delle scuole secondarie inferiori raggiungono, in media nei Paesi dell'OCSE, il livello più alto della loro fascia retributiva dopo ventiquattro anni di servizio, mentre in Italia ciò avviene solo dopo trentacinque anni di servizio (Tabella D3.1). Nei Paesi dell'OCSE, tra il 2000 e il 2009, gli stipendi degli insegnanti sono aumentati in media del 7 per cento in termini reali, ma in Italia sono leggermente diminuiti (-1 per cento) (Tabella D3.3).
Scuola pubblica e scuola privata in Italia secondo l'OCSE.
I sostenitori della scuola pubblica italiana ribadiscono l'alto livello di quest'ultima nei confronti di quella privata. Infatti la stessa OCSE conferma che la capacità di lettura tra studenti quindicenni della scuola privata e della scuola pubblica propende nettamente a favore della scuola pubblica. Il divario a favore della scuola pubblica è il più alto rispetto agli altri Paesi considerati dall'OCSE. Infatti l'OCSE scrive: «In Ungheria, Indonesia, Italia, Giappone, Messico, Nuova Zelanda e nel Regno Unito le differenze nelle prestazioni, corrette per i fattori socio-economici dell'ambiente di provenienza sia degli studenti
che delle scuole, pendono in grado statisticamente significativo a favore delle scuole pubbliche» (Chart CI.3). Inoltre i sostenitori della scuola pubblica ribadiscono il miglior clima disciplinare nelle scuole italiane pubbliche rispetto a quelle private. Infatti – sempre per l'OCSE – il clima disciplinare nelle scuole pubbliche italiane è migliore.Diffusione del lavoro sommerso nell'istruzione privata.
L'ISTAT ha calcolato che nel 2008 i dipendenti irregolari nel settore dell'istruzione privata erano 17.200 mentre nel 2009 si è passati a 19.000 ( 10,5 per cento).
La sconsiderata politica dei tagli nella precedente legislatura nel solo settore scuola e dell'università ha tolto 7.565 milioni di euro all'istruzione, università e ricerca, con un taglio alla voce di bilancio dello Stato che passa, negli ultimi cinque anni, dal 10,6 per cento al 9,1 per cento producendo un processo di impoverimento culturale e sociale che mina la stabilità del vivere civile e solidale, relegando l'Italia agli ultimi posti in Europa in quanto a investimenti nell'istruzione, quando invece Germania e Francia investono fino a dieci volte più del nostro Paese.
I tagli lineari effettuati nella scuola, compresi i pesanti tagli ai fondi MOF e FIS che solo nell'ultimo anno sono stati decurtati del 33 per cento hanno comportato, tra l'altro, il ridimensionamento della rete scolastica, la riduzione del tempo pieno, l'impossibilità di svolgere attività laboratoriali e in compresenza, una complessiva riduzione dei servizi e delle offerte formative (come i corsi di recupero e potenziamento) fino a una grave carenza di risorse per l'ordinario funzionamento delle scuole.
Dal settembre 2008 al settembre 2013 il numero degli alunni dalla prima classe della scuola primaria all'ultimo anno della scuola secondaria di secondo grado è cresciuto di 90.990 unità e, in uno sviluppo normale del rapporto discente-docente, questa crescita avrebbe dovuto significare 9.000 insegnanti in più: al contrario, in cinque anni ci sono stati 81.614 docenti in meno.
Sempre nei cinque anni presi in considerazione, le classi sono diminuite di 9.285 unità, mentre ne sarebbero servite 4.500 in più (con una media di venti alunni per aula), vista la forte crescita di iscritti, con la naturale conseguenza che sono aumentate le classi sovraffollate: il limite di venti alunni per classe in presenza di un alunno con disabilità – regola definita per legge – quasi mai viene rispettato.
A fronte della più bassa percentuale in Europa di spesa pubblica in istruzione (fonte Eurostat), l'Italia ha tagliato in ogni ciclo scolastico: 28.032 posti nella scuola primaria, 22.616 nella secondaria di primo grado, 31.464 nella secondaria di secondo grado; inoltre, con gli accorpamenti, alla fine dell'anno scolastico scompariranno 2.094 scuole (il 20 per cento) e si calcola che sono 557 gli istituti sul territorio senza un preside né un dirigente amministrativo.
Il precariato scolastico – che conta ormai oltre 200.000 tra insegnanti abilitati e non formalmente abilitati anche se idonei all'insegnamento – è diventato un elemento strutturale del sistema, anche a causa delle suddette politiche che hanno impedito un graduale assorbimento di chi, dopo aver superato procedure concorsuali, frequentato corsi e conseguito titoli abilitanti, per anni ha prestato la propria professionalità, garantendo di fatto il funzionamento della scuola pubblica.
Pertanto, a fronte di questa situazione, peggiorata da tempi di crisi di tale portata, le scarse risorse disponibili devono in maniera assolutamente prioritaria essere destinate alla scuola pubblica in modo da garantirne la massima funzionalità possibile.
La presente proposta di legge risponde a tali fini.
All'articolo 1 sono delineate le finalità della presente proposta di legge e dunque l'abrogazione dei contributi pubblici alle scuole non statali al fine di sostenere il sistema di istruzione pubblico. In particolare, si destinano le rilevanti economie di spesa per la finanza pubblica alla copertura dei costi per il reclutamento del
alla lettera a) sono abrogati alcuni articoli del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, che prevedono forme di riconoscimento del valore delle iniziative, diverse da quelle statali, di enti e privati. In particolare le disposizioni riguardanti le scuole elementari parificate, che, mediante il sistema delle convenzioni, sono parzialmente finanziate dallo Stato (articoli 344 e 345 del testo unico); le scuole pareggiate, nelle quali la costituzione delle cattedre e il reclutamento e il trattamento economico degli insegnanti sono sottoposti ad un regime analogo a quello delle scuole statali (articolo 356 del testo unico); i licei linguistici «storici», nati come istituzioni private, assunti dalla legge a parametri per la conformità degli ordinamenti di altre istituzioni consimili (articolo 363 del testo unico);
alla lettera b), numero 1), la disposizione che si va a modificare ha previsto un piano straordinario di finanziamento delle regioni e delle province autonome, da utilizzare a sostegno della spesa sostenuta dalle famiglie per l'istruzione, mediante l'assegnazione di borse di studio di pari importo per gli alunni delle scuole statali e paritarie: pertanto si sopprime l'estensione agli alunni delle scuole paritarie;
alla lettera b), numero 2), si abroga la norma che dispone l'incremento degli stanziamenti annui già previsti in bilancio a favore delle scuole elementari parificate e delle scuole materne non statali;
alla lettera c), si abroga l'articolo 2, comma 7, della legge n. 289 del 2002, che ha previsto un contributo alle famiglie per la frequenza di scuole paritarie (cosiddetto «buono scuola»), i cui criteri sono stati definiti con decreto ministeriale 28 agosto 2003, che ha specificato che il contributo è corrisposto a parziale rimborso delle spese sostenute per il pagamento delle rette scolastiche. Si ricorda che l'individuazione di un limite di reddito per l'accesso al beneficio è stata soppressa dall'articolo 14, comma 8-bis, del decreto-legge n. 35 del 2005;
alla lettera d), si modifica l'articolo 1-bis del decreto-legge n. 250 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2006, che – oltre ad adeguare la disciplina delle scuole non statali recata dal decreto legislativo n. 297 del 1994 alle disposizioni sulla parità scolastica introdotte dalla legge n. 62 del 2000, riconducendo le diverse tipologie di scuole non statali previste dal decreto legislativo alle categorie di scuole paritarie riconosciute e scuole non paritarie – ha previsto che la frequenza delle scuole paritarie costituisce assolvimento del diritto-dovere all'istruzione e alla formazione (di cui al decreto legislativo n. 76 del 2005) e che la parità è riconosciuta con provvedimento del dirigente dell'ufficio scolastico regionale (invece che dal Ministero). Ha, inoltre, affidato ad un regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988 (intervenuto con il decreto ministeriale 29 novembre 2007, n. 267, che parimenti si abroga, il quale prevedeva a sua volta, l'emanazione di apposite linee guida, cui è stato dato seguito con decreto ministeriale n. 83 del 10 ottobre 2008) la definizione delle modalità procedimentali per il riconoscimento della parità scolastica e per il suo mantenimento;
alla lettera e), si abrogano:
l'articolo 1, comma 635, della legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006), che, al fine di dare sostegno alla funzione pubblica svolta dalle scuole paritarie nell'ambito del sistema nazionale di istruzione, ha disposto che, a decorrere dal 2007, gli stanziamenti, iscritti nelle unità previsionali di base «Scuole non statali», sono incrementati complessivamente di 100 milioni di euro;
il comma 636 dello stesso articolo 1 della legge n. 296 del 2006 che ha rinviato a un decreto annuale del Ministro della pubblica istruzione la definizione dei criteri per l'assegnazione dei contributi alle scuole paritarie stabilendo che questi ultimi sono attribuiti, in via prioritaria, alle strutture che svolgono il servizio scolastico senza fini di lucro – possono accedere ai contributi, infatti, anche le scuole con fini di lucro – e che l'ordine di concessione è: scuole dell'infanzia, primarie e secondarie di primo e secondo grado.
1. La presente legge dispone l'abolizione dei contributi pubblici alle scuole private paritarie. Le economie di spesa derivanti dall'attuazione delle disposizioni della presente legge sono destinate alla copertura dei costi per il reclutamento del personale docente ed educativo nelle scuole dell'infanzia, primaria e secondaria di primo e di secondo grado.
1. Ai fini di cui all'articolo 1:
a) gli articoli 344, 345, 356 e 363 del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, sono abrogati;
b) all'articolo 1 della legge 10 marzo 2000, n. 62, sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al comma 9, le parole: «e paritarie» sono soppresse;
2) il comma 13 è abrogato;
c) il comma 7 dell'articolo 2 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, è abrogato;
d) all'articolo 1-bis, comma 6, del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
1) al quarto periodo, le parole: «, quelle di cui all'articolo 345» sono soppresse;
2) il quinto e il sesto periodo sono soppressi;
e) i commi 635 e 636 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono abrogati;
f) il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 gennaio 2008, n. 23, è abrogato.