Frontespizio Relazione Progetto di Legge
XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2386


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
GHIZZONI, BLAZINA, CAROCCI, COSCIA, MALISANI, MANZI, NARDUOLO, PICCOLI NARDELLI, RAMPI, ROCCHI
Disciplina della contribuzione studentesca per le università statali e le istituzioni statali di alta formazione artistica, musicale e coreutica
Presentata il 15 maggio 2014


      

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Onorevoli Colleghi! Il regolamento attualmente vigente sulla contribuzione studentesca alle università statali è contenuto nel decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1997, n. 306, come modificato dall'articolo 7, comma 42, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135.
      Tale regolamento prevede innanzitutto che ogni università abbia piena autonomia nella determinazione dell'entità e delle regole della contribuzione studentesca (articolo 2, comma 2) ma debba rispettare i criteri di equità, solidarietà e progressività (articolo 3, comma 1) e debba valutare la condizione economica dello studente in base alla natura e all'ammontare del reddito e del patrimonio, nonché dell'ampiezza del suo nucleo familiare (articolo 3, comma 2). Si fa presente che, all'epoca, non esisteva ancora l'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), poi introdotto per valutare la condizione economica dei nuclei familiari che intendono accedere a costo ridotto a prestazioni di natura sociale.
      Oltre ai contributi universitari, ogni studente è altresì tenuto a versare all'università anche la tassa di iscrizione (articolo 2, comma 1), fissata inizialmente in trecentomila lire e poi da aggiornare annualmente con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. Il valore fissato per il prossimo anno accademico 2014/2015 è pari a euro 198,39 (decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca n. 73 del 3 febbraio 2014).
      Come contrappeso all'autonomia delle università, per evitare che queste possano stabilire prelievi contributivi troppo alti, il regolamento stabilisce che la somma dei contributi versati ogni anno dagli studenti alla propria università non possa eccedere il 20 per cento del finanziamento ordinario dello Stato all'ateneo (articolo 5, comma 1, del citato regolamento). Non è stabilita però alcuna sanzione per le università che superino tale limite, salva una norma transitoria (articolo 5, comma 2) di nessun rilievo effettivo, relativa alle poche università che già nel 1997 superavano il limite medesimo.
      La norma fu approvata in un momento in cui sembrava prassi immutabile che il Fondo per il finanziamento ordinario delle università (FFO) non diminuisse mai nel tempo e che, anzi, dovesse sempre aumentare seguendo in qualche misura l'aumento dei costi. Ma così non è stato. Negli ultimi anni il FFO è fortemente diminuito (-21,5 per cento dal 2008 al 2013): per conseguenza, le università che si sono trovate a superare il limite del 20 per cento – magari senza aver aumentato l'importo della contribuzione studentesca – sono tante: ben due delle università statali su tre nell'anno accademico 2011/2012. Alcune università (Insubria, Milano statale, Milano Bicocca, Napoli Partenope, Urbino, Venezia Ca’ Foscari, Venezia IUAV) hanno superato anche il 30 per cento e una (Bergamo) addirittura il 40 per cento.
      Il Governo Monti ritenne di intervenire con una norma tecnica, contenuta nel decreto-legge n. 95 del 2012 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 135 del 2012, che sostanzialmente escludeva dal calcolo della contribuzione totale quella versata dagli studenti fuori corso, con il risultato che il rapporto con il FFO sarebbe subito sceso sotto la soglia del 20 per cento per tutti gli atenei. Ciò però avrebbe portato, da un lato, a rendere possibili aumenti di contribuzione per tutti gli studenti (fino a raggiungere di nuovo il limite del 20 per cento); d'altro lato, sarebbe stato possibile aumentare ad libitum la contribuzione per gli studenti fuori corso, essendo questa del tutto ininfluente ai fini del rispetto del limite percentuale massimo.
      Si sviluppò immediatamente nell'opinione pubblica e in Parlamento un dibattito che portò, in sede di legge di conversione, ad alcune integrazioni della norma base:

          1) gli eventuali aumenti di contribuzione per gli studenti fuori corso avrebbero dovuto obbedire a criteri e limiti massimi fissati da apposito decreto ministeriale annuale sulla base dei princìpi di equità, progressività, redistribuzione, tenendo conto degli anni di ritardo, dell'ISEE familiare, del numero di studenti universitari in famiglia e della condizione di studente lavoratore (articolo 5, comma 1-bis, del citato regolamento);

          2) la contribuzione richiesta agli studenti fuori corso non avrebbe comunque potuto eccedere quella della corrispondente contribuzione prevista per gli studenti in corso in misura superiore al 25 per cento, al 50 per cento o al 100 per cento a seconda che l'ISEE familiare fosse, rispettivamente, inferiore a 90.000 euro, compreso tra 90.000 e 150.000 euro o superiore a 150.000 euro (articolo 5, comma 1-ter);

          3) le università erano obbligate a destinare a interventi in favore del diritto allo studio (borse di studio o altri interventi) la somma ricavata dagli incrementi di contribuzione per gli studenti fuori corso (articolo 5, comma 1-quater);

          4) nel triennio accademico 2013/2016 le università non avrebbero potuto aumentare la contribuzione dovuta dagli studenti in corso con ISEE inferiore a 40.000 euro, se non entro la percentuale di aumento dell'indice generale dei prezzi al consumo.

      La situazione attuale è quella che si potrebbe definire di moratoria. Il previsto decreto ministeriale annuale (precedente numero 1) non è stato mai emanato e gli stessi atenei hanno scelto, con senso di responsabilità e tenendo conto della pesante

crisi economica in atto, di non aumentare, se non in casi sporadici e per importi minimi, la contribuzione studentesca, neppure nei casi in cui la legge vigente non impone alcun limite, come quello degli studenti in corso con ISEE familiare superiore a 40.000 euro. Ma la situazione potrebbe presto cambiare: tra meno di due anni, le università dovranno stabilire le contribuzioni per l'anno accademico 2016/2017 e non varrà più la clausola protettiva transitoria richiamata al precedente numero 4).
      D'altra parte, nonostante che spesso si leggano infondate affermazioni contrarie, la contribuzione pagata dagli studenti universitari italiani e dalle loro famiglie è tra le più alte in Europa, a fronte di risorse per il diritto allo studio tra le più basse in Europa. Infatti la contribuzione universitaria media italiana è la terza in Europa (dati dell'OCSE, Education at a Glance 2013, Chart B5.2), dopo quelle del Regno Unito e dell'Olanda, e vi sono molti Paesi in cui l'università è gratuita: Austria, Polonia, Danimarca, Finlandia, Svezia, Norvegia, Slovenia. D'altra parte, gli studenti italiani che fruiscono di borse per il diritto allo studio sono 141.310, a fronte di 305.454 spagnoli, 440.217 tedeschi e 629.115 francesi (si veda lo studio di Federica Laudisa, Istruzione universitaria: lasciare o raddoppiare, www.roars.it 8 maggio 2014).
      Occorre anche ricordare che, a parte gli studenti con disabilità o invalidità, solo gli studenti titolari di borse nell'ambito degli interventi per il diritto allo studio o idonei ad esse (la strana figura tutta italiana dello studente «idoneo non borsista») – quindi studenti in corso e con ISEE familiare piuttosto basso – possono godere della totale esenzione per legge da tasse e contributi universitari (articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68). Quindi un pesante carico contributivo grava su studenti in corso appartenenti a famiglie poco abbienti (con ISEE tra 20.000 e 30.000 euro, come per il ceto medio impoverito) o su studenti fuori corso di famiglie ancora meno abbienti. È probabile che questo aspetto abbia giocato un certo ruolo nella recente diminuzione delle immatricolazioni alle università, segnalata con preoccupazione dal Consiglio universitario nazionale («Dichiarazione per l'università e la ricerca. Le emergenze del sistema», gennaio 2013).
      Poiché i valori massimi degli ISEE familiari che consentono l'accesso alle prestazioni del diritto allo studio sono determinati su base regionale tra un valore minimo e uno massimo stabiliti dalla legge e sono abbastanza differenti tra le varie regioni (si va dai 15.546 euro del Molise ai 20.728 euro di sei regioni, tra cui Lombardia e Sicilia), si realizza anche una disparità territoriale nel calcolo della contribuzione dovuta da studenti di famiglie con lo stesso ISEE.
      Inoltre, pur avendo la maggior parte delle università introdotto autonomamente contribuzioni molto articolate in relazione alle condizioni economiche della famiglia dello studente, non mancano casi in cui il modello contributivo prescelto non appare equo perché poco graduale (forti salti contributivi tra una fascia di reddito e l'altra) o poco progressivo (i contributi per i redditi alti non si distanziano molto da quelli per i redditi medi e medio-bassi).
      Non si dimentichi infine che ogni studente universitario è tenuto a pagare, oltre alle tasse e ai contributi universitari di varia natura, anche la tassa regionale per il diritto allo studio, da versare direttamente alla regione dove ha sede l'università, il cui importo è stato recentemente molto aumentato (articolo 3, comma 21, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, come sostituito dall'articolo 18, comma 8, del decreto legislativo n. 68 del 2012).
      Riassumendo, la vigente disciplina della contribuzione studentesca appare debole sul piano della coerenza logica tanto da generare conseguenze paradossali, mancante di strumenti efficaci per il controllo della politica contributiva degli atenei, disattenta nei confronti degli studenti provenienti dal ceto medio impoverito, punitiva nei confronti degli studenti in ritardo, fonte di disparità territoriali e per giunta, dopo le ultime modifiche, anche assai intricata.
      Per tutte queste ragioni, i firmatari hanno ritenuto di depositare la presente proposta di legge di riforma della normativa sulla contribuzione studentesca universitaria nelle università statali, con l'obiettivo di renderla meno onerosa per le famiglie, più equa dal punto di vista sociale, più semplice e chiara dal punto di vista operativo e comunicativo, più solida sul piano logico e dunque più stabile dal punto di vista finanziario, senza tuttavia intaccare l'autonomia delle università e senza sottrarre risorse ai loro bilanci, già così fortemente depauperati negli ultimi anni.
      I capisaldi della nostra proposta di legge sono i seguenti:

          1) introdurre una no-tax area (cioè un'area di esenzione totale valida per tutte le università) che comprenda tutti gli studenti con ISEE familiare al di sotto della soglia di 21.000 euro e non inattivi (devono aver superato esami per almeno sei crediti formativi universitari nell'anno precedente), indipendentemente dal corso di studio e dall'anno di iscrizione [articolo 1, comma 2, lettera b)];

          2) garantire gradualità e progressività nella contribuzione almeno per gli studenti appartenenti a famiglie situate nella fascia immediatamente superiore tra 21.000 e 30.000 euro di ISEE familiare [articolo 1, comma 2, lettera c)];

          3) controllare il prelievo contributivo globale da parte di ciascun ateneo, ponendo un limite massimo di 900 euro al valore medio della contribuzione, cioè al rapporto tra contribuzione totale e numero degli studenti, tenendo però conto delle forti differenze nei redditi medi tra le varie regioni italiane [articolo 1, comma 2, lettera a)];

          4) rimborsare alle università il mancato introito dovuto all'introduzione della no-tax area tramite un incremento dedicato del FFO per 240 milioni di euro (articolo 1, comma 13) e stanziando altri 60 milioni di euro per premiare le università che presentano le maggiori qualità ed efficienza delle infrastrutture didattiche.

      Ognuno di questi punti merita un'analisi specifica.
      Il primo punto è volto a favorire l'iscrizione degli studenti delle famiglie meno abbienti all'università, quindi a incentivare la mobilità sociale e a contrastare la disaffezione verso gli studi universitari, introducendo un livello di ISEE familiare di 21.000 euro, eguale in tutta Italia, sotto il quale lo studente gode di una totale esenzione contributiva (fatta salva la tassa regionale per il diritto allo studio, quando dovuta) con un'unica eccezione: il caso in cui risulti inattivo o quasi negli studi universitari, non avendo maturato nemmeno sei crediti formativi in un anno a fronte dei sessanta previsti (in media) dai piani di studio.
      Sulla base dei dati nazionali e dei dati di qualche università, abbiamo stimato che la percentuale di studenti che ne usufruirà non sarà inferiore al 20 per cento di tutti gli studenti, cioè circa 320.000 studenti a fronte dei 141.310 attuali borsisti del diritto allo studio. Riteniamo dunque che si tratti di un intervento di notevole impatto sociale.
      Si noti che la soglia di 21.000 euro, di poco maggiore del limite superiore di ISEE per l'accesso alle prestazioni di diritto allo studio fissato dalla legge, fa sì che nella no-tax area siano comunque compresi tutti gli idonei non borsisti, che sono già totalmente esenti. Ma, ad ogni buon conto e anche per comprendere il caso degli studenti disabili o invalidi, la proposta di legge conferma comunque le esenzioni totali già previste dalla normativa vigente sul diritto allo studio (decreto legislativo n. 68 del 2012).
      È da notare che questa regola, come tutte le altre della proposta di legge, vale anche per gli studenti fuori corso, ai quali comunque non può applicarsi l'attuale esenzione totale in base alla normativa sul diritto allo studio. Ciò costituisce una notevole modifica della normativa vigente, che tendeva invece a penalizzare (o a consentire di penalizzare) gli studenti in ritardo.
      La proposta di legge disciplina anche il caso degli studenti inattivi con ISEE sotto i 21.000 euro, il cui contributo annuale è stabilito in 200 euro.
      Il secondo punto è teso a garantire in tutte le università una gradualità di pre-

lievo per gli studenti che si situano nei valori di ISEE immediatamente superiori a quelli della no-tax area, fissando un limite massimo alla contribuzione annua dovuta dagli studenti con ISEE familiare compreso tra 21.000 e 30.000 euro, secondo quanto esemplificato nella seguente tabella.
ISEE
22.000
23.000
24.000
25.000
26.000
27.000
28.000
29.000
30.000
Contributo massimo
    
250
    
300
    
350
    
400
    
450
    
500
    
550
    
600
    
650

      Il terzo punto mira a controllare il prelievo contributivo totale chiesto da ogni ateneo ai suoi studenti, fissando una soglia massima, che non è determinata in rapporto al FFO, com’è attualmente, ma in rapporto al valore medio regionalizzato dei contributi studenteschi. Illustriamo meglio questo punto.
      Per calcolare il valore medio si devono sommare i contributi versati da tutti gli studenti in un anno (detratti gli eventuali rimborsi) e si deve rapportare tale somma con il numero totale degli studenti iscritti che non ricadano nelle condizioni di esenzione totale. Il numero ottenuto rappresenta quanto paga mediamente all'università in un anno uno studente con ISEE familiare superiore a 21.000 euro. Viste le forti differenze reddituali presenti nelle regioni italiane, si procede poi a «regionalizzare» – cioè a rendere comparabile su scala nazionale – questo valore medio, moltiplicandolo per il rapporto tra il reddito disponibile delle famiglie per abitante a livello nazionale e quello riferito alla regione in cui ha sede l'università (dato fornito ogni anno dall'Istituto nazionale di statistica).
      A questo valore medio regionalizzato si applica il limite introdotto dalla proposta di legge, secondo cui esso non può superare in nessuna università statale la cifra di 900 euro.
      Per una migliore comprensione, possiamo esprimere la condizione in un altro modo equivalente: il valore medio (reale, non regionalizzato) della contribuzione in un ateneo non può superare il limite di euro 900xR, dove R è il rapporto, determinato regione per regione, tra il reddito disponibile per abitante della regione e lo stesso valore per l'intera Italia.
      Utilizzando i dati dell'ultimo rapporto dell'Istituto nazionale di statistica «Il reddito disponibile delle famiglie nelle regioni italiane», pubblicato il 3 febbraio 2014, si ottengono i valori massimi della contribuzione media di ogni università in base alla regione di ubicazione:

 
REDDITO PER ABITANTE
   
ITALIA 17.563    
REGIONE   RAPPORTO R CONTRIBUZIONE MEDIA MASSIMA
Piemonte 19.861 1,131 1.018
Lombardia 20.666 1,177 1.059
Veneto 19.566 1,114 1.003
Friuli 20.374 1,160 1.044
Liguria 19.633 1,118 1.006
Emilia 21.039 1,198 1.078
Toscana 18.900 1,076 968
Umbria 17.870 1,017 915
Marche 18.514 1,054 949
Lazio 18.780 1,069 962
Abruzzo 15.325 0,873 786
Molise 15.135 0,862 776
Campania 12.265 0,698 628
Puglia 13.603 0,774 697
Basilicata 13.906 0,792 713
Calabria 12.943 0,737 663
Sicilia 12.722 0,724 652
Sardegna 14.676 0,836 752

      In altre parole, nelle regioni con un più alto livello reddituale medio, le università possono richiedere contribuzioni in media più alte che nelle altre, fermi restando la no-tax area e i limiti sulla fascia tra 21.000 e 30.000 euro di ISEE familiare.
      Per stimare l'impatto del nuovo limite proposto rispetto alla situazione attuale e, quindi, per valutare se davvero la contribuzione risulterebbe mediamente meno onerosa per le famiglie, si può osservare che, in base ai dati relativi all'anno accademico 2011/2012 ricavati dal sito internet dell'Ufficio statistico del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, la contribuzione media nazionale degli studenti non esenti è pari a 1.041 euro. Se, per semplicità, trascuriamo l'effetto dei coefficienti di regionalizzazione, che a livello nazionale sostanzialmente si compensano, si ottiene un risparmio medio di 141 euro per ogni studente non esente, il che conduce ad un risparmio totale di circa 200 milioni di euro da parte delle famiglie.
      L'analisi può però essere resa più fine per valutare quali sarebbero i cambiamenti che le singole università dovrebbero apportare alle loro regole contributive. Facendo l'ipotesi che gli studenti che ricadranno nella nuova no-tax area siano gli stessi attualmente esenti in base alla normativa per il diritto allo studio (quindi un dato stimato per difetto) e utilizzando i dati ministeriali relativi all'anno accademico 2011/2012, si vede allora che circa 40 università su 60 dovrebbero, in conseguenza della nuova normativa, ridurre il gettito della contribuzione studentesca, con una diminuzione totale di almeno 270 milioni di euro. Per avere i valori esatti occorrerebbe poter valutare meglio la consistenza numerica della no-tax area.
      Per compensare questa diminuzione di gettito, la proposta di legge prevede di incrementare di 300 milioni di euro il FFO ripartendo tale incremento tra le università in relazione per l'80 per cento al numero totale di studenti esenti e per il 20 per cento alla qualità dei servizi didattici, quindi non solo in favore delle università che perdono gettito, ma di tutte. Si tratta appunto del quarto e ultimo dei capisaldi della presente proposta di legge.
      Il comma 1 dell'articolo 1 definisce la contribuzione studentesca alle università come contributo onnicomprensivo alla copertura dei costi dei servizi didattici, scientifici e amministrativi di cui usufruiscono, sulla falsariga della norma vigente (articolo 2, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 306 del 1997), ma viene esclusa l'attuale tassa di iscrizione che viene compresa nel contributo unico annuale introdotto dalla proposta di legge. Sono molte, del resto, le università che già da tempo hanno adottato il principio del contributo unico che contiene al suo interno sia la tassa di iscrizione che i contributi.
      Si noti che questo comma fa espresso riferimento agli studenti dei corsi di laurea e dei corsi di laurea magistrale, escludendo quindi implicitamente quelli dei corsi di dottorato di ricerca e delle scuole di specializzazione, nonché quelli dei master universitari. Mentre sui primi due casi la proposta di legge ritornerà nei commi 13 e 14 dell'articolo 1, la contribuzione per gli studenti dei master è lasciata alla piena autonomia degli atenei, come del resto è già attualmente.
      Il comma 2 conferma l'autonomia impositiva delle università, già prevista dall'articolo 2, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 306 del 1997, ma stabilisce le condizioni a cui i regolamenti universitari sulla contribuzione studentesca dovranno adeguarsi.
      La condizione contenuta nella lettera a) è quella che stabilisce il limite superiore

dell'importo medio annuo regionalizzato dei contributi studenteschi ed è stata già analizzata discutendo del precedente punto 3).
      La condizione contenuta nella lettera b) è quella che esonera dal pagamento del contributo unico annuale gli studenti provenienti da famiglie con ISEE familiare inferiore a 21.000 euro ed è stata già analizzata discutendo del precedente punto 1) sulla no-tax area.
      La condizione contenuta nella lettera c) è quella che vincola le università ad adoperare una certa gradualità nello stabilire il contributo per gli studenti nella fascia di ISEE familiare tra 21.000 e 30.000 euro. Per un'analisi si rinvia alla discussione del precedente punto 2).
      Infine la condizione contenuta nella lettera d) conferma la normativa vigente relativa all'esenzione da tasse e contributi degli studenti borsisti (o idonei alle borse) del diritto allo studio.
      Il comma 3 specifica come si effettua il calcolo dell'importo medio annuo regionalizzato dei contributi studenteschi. Anche questo aspetto è stato già analizzato discutendo del precedente punto 3).
      Il comma 4 definisce l'ISEE e la procedura del suo calcolo secondo la normativa vigente, cioè secondo l'articolo 8 (prestazioni per il diritto allo studio universitario) del regolamento concernente la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 dicembre 2013, n. 159.
      Il comma 5 stabilisce alcuni particolari aspetti che devono essere regolati dal regolamento della contribuzione studentesca di ciascuna università. La lettera a) stabilisce che le università determinano l'importo del contributo studente per studente e che questo contributo può essere differente tra i vari corsi di laurea o tra corsi di laurea e corsi di laurea magistrale, per poter tenere conto, eventualmente, dei diversi costi dei servizi didattici e scientifici nelle diverse aree disciplinari. Inoltre [lettera c)] le università stabiliscono autonomamente le modalità dei versamenti, in una o più rate, e le maggiorazioni per i ritardati pagamenti, come del resto succede già attualmente.
      La lettera b) del comma 5 prevede che i regolamenti universitari possano stabilire altre forme di esenzione, parziale o totale, ovvero di incremento del contributo annuale, purché naturalmente nel rispetto delle condizioni generali espresse nel comma 2. Queste forme di esenzione devono innanzitutto far riferimento ai casi previsti nella disciplina del diritto allo studio (decreto legislativo n. 68 del 2012): studenti borsisti o idonei alla borsa del diritto allo studio, studenti stranieri borsisti del Governo italiano, studenti con infermità gravi e prolungate, studenti disabili, studenti con carriera regolare, studenti lavoratori eccetera. Ma possono anche far riferimento ad altre fattispecie individuate dai singoli atenei sulla base della carriera universitaria e della situazione personale degli studenti interessati. Ovviamente le esenzioni e gli incrementi sono conteggiati per calcolare l'importo medio annuo regionalizzato dei contributi versati ad un ateneo.
      Il comma 6 definisce il contributo onnicomprensivo annuale. Si fa infatti divieto alle università di introdurre altre tasse o contributi aggiuntivi rispetto al contributo annuale, qualunque sia l'atto amministrativo correlato alla carriera dello studente (ad esempio: tassa di laurea), fatta naturalmente eccezione per particolari fattispecie di servizi che sono prestati a domanda individuale e per ragioni personali dello studente, come ad esempio la richiesta del duplicato del libretto di iscrizione o simili.
      Il comma 7 affronta il caso degli studenti di Stati non appartenenti all'Unione europea e non residenti in Italia, per i quali il calcolo dell'ISEE, ai fini del calcolo del contributo annuale dovuto, potrebbe risultare impossibile o falsato rispetto alla generalità degli altri studenti (si pensi solo al calcolo del patrimonio familiare). In questi casi si stabilisce che si possa derogare dalle condizioni precedentemente citate ma sulla base di linee guida interministeriali (Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e Ministero degli affari esteri) che possano tener conto delle particolari situazioni di Stati stranieri, come i Paesi in via di sviluppo, e degli obiettivi strategici della politica estera nazionale.
      Il comma 8 affronta il problema di come si verifichi il rispetto delle norme da parte delle università e di come si intervenga in caso di mancato rispetto. Ricordiamo che la mancanza di ogni reale controllo e sanzione nella normativa vigente si è rivelata essere un punto assolutamente cruciale. Basta ricordare il ricorso ai tribunali amministrativi regionali, spesso vincente, da parte delle organizzazioni studentesche che vedevano superato in alcune università il limite del 20 per cento senza alcuna possibilità di interventi interni per ripristinare la legalità.
      La soluzione proposta è che il regolamento della contribuzione venga innanzitutto sottoposto al parere formale dei revisori dei conti dell'università che sono tenuti a certificare, almeno in linea previsionale, il rispetto delle norme di legge. Poiché è sempre possibile che, in sede di consuntivo, queste stesse norme – in particolare la condizione sul limite superiore dell'importo medio annuo regionalizzato di cui alla lettera a) del comma 2 dell'articolo 1 – possano risultare violate in modo imprevedibile (basti pensare ad un aumento delle immatricolazioni di studenti provenienti da famiglie abbienti), la norma prescrive che l'eccedenza di incasso sia destinata obbligatoriamente a spese di investimento a favore della generalità degli studenti (aule, laboratori, biblioteche eccetera) e che la scelta di quali investimenti fare con le somme disponibili sia sottoposta al parere obbligatorio e vincolante dell'organo di rappresentanza studentesca (consiglio degli studenti, senato degli studenti o altri, a seconda degli atenei).
      Il comma 9 stabilisce che l'applicazione della nuova normativa decorra dall'anno accademico 2015/2016 in modo da dare alle università il tempo di provvedere a preparare e approvare i nuovi regolamenti.
      Il comma 10 rimette a decreti ministeriali l'adeguamento dei valori previsti nella proposta di legge (21.000 euro di ISEE per la no-tax area, 900 euro come limite superiore all'importo medio annuo regionalizzato dei contributi eccetera), ma stabilisce che l'adeguamento avvenga esclusivamente sulla base della variazione dell'indice del costo della vita per le famiglie di operai e impiegati.
      Per coprire il mancato gettito per le università conseguente all'introduzione della no-tax area, precedentemente valutato in non meno di 270 milioni di euro, il comma 11 stabilisce un incremento del Fondo per il finanziamento ordinario delle università nella misura di 150 milioni di euro per il 2015 (in cui cade il versamento di una sola rata di tasse per l'anno accademico 2015/2016) e di 300 milioni di euro per gli anni successivi. Lo stesso comma fissa anche i criteri secondo i quali il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca distribuirà tale quota aggiuntiva.
      Il primo criterio, relativo ad una quota dell'80 per cento è il numero degli studenti esenti; in questo modo, si viene anche a risolvere l'antico problema del mancato gettito per quelle università che, già adesso, ospitano molti studenti borsisti, spesso per ragioni di buona qualità dei servizi universitari e di contenuto costo della vita nelle città di riferimento, e quindi si trovano a soffrire di una mancanza di gettito. Il secondo criterio, relativo alla quota residua dell'80 per cento è la qualità dei servizi didattici perché è ovvio che non vanno penalizzate le università che nel passato hanno chiesto agli studenti contributi più alti di altre per investirli in una maggiore qualità dei servizi didattici e ora si troverebbero a doverli abbassare per legge senza alcun ristoro da parte dello Stato. Peraltro la qualità dei servizi didattici è uno dei fattori premiali della ripartizione del Fondo per il finanziamento ordinario (articolo 2, comma 1, del decreto-legge n. 180 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 1 del 2009) ma non risulta che finora sia mai stato applicato direttamente nella ripartizione del fondo medesimo.
      Il comma 12, proprio pensando al caso di università che hanno al momento contributi decisamente più alti di quanto la legge permetta, introduce una gradualità nell'applicazione, fino ad un termine massimo di tre anni accademici e in forme da concordare con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
      Come già detto sopra, i commi 13 e 14 provvedono a stabilire la normativa per i contributi studenteschi per gli iscritti ai corsi di dottorato di ricerca e alle scuole di specializzazione.
      Per i corsi di dottorato si stabilisce la totale gratuità, anche per favorire questo segmento fondamentale della formazione, snodo tra la didattica e la ricerca. Si tenga presente che già adesso coloro che sono titolari di borsa di dottorato sono esenti da ogni contributo cosicché si è verificato finora il paradossale effetto che alcuni dottorandi ricevono una borsa e non pagano contributi, altri non ricevono una borsa e pagano contributi.
      Per le scuole di specializzazione si conferma la normativa vigente, lasciando piena autonomia alle università ma nel rispetto dei princìpi enunciati nei commi precedenti.
      Nel comma 15 si stabilisce che la legge si applica esclusivamente alle università statali, con esclusione delle università libere e delle università telematiche, nonché, sebbene statali, delle istituzioni universitarie ad ordinamento speciale (Scuola normale superiore di Pisa, Scuola superiore di studi universitari e di perfezionamento «Sant'Anna» di Pisa, Scuola internazionale superiore di studi avanzati di Trieste, Istituto universitario di studi superiori di Pavia, IMT Alti studi di Lucca) e dell'università di Trento in virtù della sua peculiare situazione statutaria derivante dal decreto legislativo 18 luglio 2011, n. 142, sulla delega di funzioni legislative e amministrative statali alla provincia autonoma di Trento in materia di università degli studi.
      Nel comma 16 si affronta il problema della contribuzione degli studenti delle istituzioni statali di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), cioè le accademie statali di belle arti, i conservatori statali di musica e altri. Si tratta di un segmento della formazione post-secondaria equivalente a quello universitario sotto molti aspetti (si vedano la legge 21 dicembre 1999, n. 508, e la legge 24 dicembre 2012, n. 228, articolo 1, commi 102 e 103), ma per il quale la contribuzione studentesca, pur stabilita in autonomia da ciascuna istituzione, non ha avuto finora alcuna indicazione o condizione precisa da parte della legge. La soluzione proposta è che, sulla base degli stessi princìpi che valgono per le università in base alla proposta di legge, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca stabilisca delle linee guida da seguirsi da parte delle istituzioni di AFAM.
      Infine nel comma 17, avendo provveduto a ripercorrere per intero la normativa della contribuzione studentesca, viene interamente abrogato il vigente regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 306 del 1997.
      L'articolo 2 prevede che nel 2017 e poi ogni tre anni il Governo riferisca alle Camere sull'attuazione della legge.
      L'articolo 3 indica la copertura finanziaria delle spese sul bilancio dello Stato previste dalla proposta di legge al comma 11 dell'articolo 1.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.
(Contribuzione degli studenti delle università statali e delle istituzioni statali di alta formazione artistica, musicale e coreutica).

      1. Gli studenti dei corsi di laurea e di laurea magistrale presso le università statali contribuiscono alla copertura dei costi dei servizi didattici, scientifici e amministrativi dei quali usufruiscono mediante il versamento di un contributo onnicomprensivo annuale all'università alla quale sono iscritti.
      2. Ciascuna università statale approva autonomamente, secondo le proprie norme statutarie, il regolamento della contribuzione studentesca, nel rispetto dei criteri di equità, gradualità e progressività e delle seguenti condizioni:

          a) l'importo medio annuo regionalizzato dei contributi versati, calcolato secondo quanto previsto nel comma 3, non deve superare il valore di 900 euro;

          b) gli studenti appartenenti a un nucleo familiare il cui indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), calcolato secondo quanto previsto nel comma 4, sia inferiore al valore di 21.000 euro sono interamente esentati dal pagamento del contributo annuale a condizione che, se sono iscritti da più di un anno accademico, abbiano maturato nell'anno precedente almeno sei crediti formativi universitari; nel caso che non li abbiano maturati, sono tenuti a pagare un contributo annuale fisso di 200 euro;

          c) il contributo annuale dovuto dagli studenti appartenenti a un nucleo familiare il cui ISEE sia di valore compreso tra 21.001 e 30.000 euro non può superare l'importo di 200 euro aumentato del 5 per cento della parte dell'ISEE eccedente rispetto al limite di 21.000 euro;

          d) sono altresì interamente esentati dal pagamento del contributo annuale gli studenti di cui all'articolo 9, comma 2, del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68.

      3. L'importo medio annuo dei contributi versati è calcolato come rapporto tra l'ammontare totale dei contributi annuali versati dagli studenti iscritti ai corsi di laurea e di laurea magistrale, anche a ciclo unico, al netto dei rimborsi operati nel medesimo anno, e il numero totale dei medesimi studenti non esentati dal pagamento del contributo ai sensi delle lettere b) e d) del comma 2. L'importo medio regionalizzato si ottiene moltiplicando il predetto valore per il rapporto tra il reddito disponibile delle famiglie per abitante, calcolato al livello nazionale, e quello corrispondente calcolato al livello della regione nel cui territorio ha sede amministrativa l'università.
      4. Ai fini del presente articolo, l'ISEE è calcolato secondo quanto previsto dalla normativa vigente per le prestazioni erogate nell'ambito del diritto allo studio universitario.
      5. Il regolamento di cui al comma 2 stabilisce:

          a) l'importo del contributo annuale dovuto da ciascuno studente, anche differenziato tra i corsi di laurea e i corsi di laurea magistrale ovvero tra i diversi corsi di studio;

          b) i casi di esenzione, parziale o totale, previsti dall'articolo 9 del decreto legislativo 29 marzo 2012, n. 68, nonché gli eventuali altri casi di esenzione, ovvero di incremento, del contributo annuale, determinati dall'università per specifiche categorie di studenti individuate in relazione alla carriera universitaria o alla situazione personale, ferma restando comunque l'esenzione totale di cui alla lettera b) del comma 2 del presente articolo;

          c) le modalità di versamento del contributo annuale in una o più rate e le maggiorazioni per i ritardati pagamenti.

      6. Al di fuori del contributo onnicomprensivo previsto dal comma 1, le università

statali non possono istituire tasse o contributi a carico degli studenti fino al conseguimento e al rilascio del titolo di studio, salvo che per servizi prestati su richiesta individuale dello studente in relazione a specifiche prestazioni.
      7. Nel caso di studenti di Stati non appartenenti all'Unione europea e non residenti in Italia per i quali il calcolo dell'ISEE del nucleo familiare risulti di difficile applicazione, l'importo del contributo annuale può essere stabilito, anche in deroga a quanto disposto nel comma 2, lettera b), sulla base di linee guida adottate con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro degli affari esteri.
      8. Il regolamento di cui al comma 2 è sottoposto, prima della sua adozione, all'esame del collegio dei revisori dei conti dell'università, che certifica, in via previsionale, il rispetto delle condizioni di cui alle lettere a), b), c) e d) del medesimo comma. Qualora, in sede di approvazione del conto consuntivo annuale, risulti che non è stata rispettata la condizione di cui alla citata lettera a), una quota delle entrate iscritte nel bilancio preventivo dell'esercizio finanziario successivo, pari alla parte eccedente dei contributi versati, è obbligatoriamente destinata a spese per investimenti in favore della generalità degli studenti, stabiliti previo parere favorevole obbligatorio e vincolante dell'organo di rappresentanza studentesca indicato dallo statuto dell'università.
      9. In sede di prima applicazione, il regolamento di cui al comma 2 è approvato da ciascuna università entro il 31 marzo 2015 ed entra in vigore a decorrere dall'anno accademico 2015/2016.
      10. A decorrere dall'anno 2017, i limiti di importo e di reddito di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2 sono aggiornati ogni anno, con decreto dirigenziale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, in misura pari alla variazione dell'indice del costo della vita per le famiglie di operai e impiegati rilevato dall'Istituto nazionale di statistica.
      11. Il Fondo per il finanziamento ordinario delle università, di cui all'articolo 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, e successive modificazioni, è aumentato di 150 milioni di euro per l'anno 2015 e di 300 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016. L'importo di cui al primo periodo è ripartito, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, tra le università statali, per l'80 per cento in relazione al numero degli studenti iscritti in ciascuna università ed esenti dal contributo annuale ai sensi del comma 2, lettere b) e d), del presente articolo e, per il 20 per cento in relazione alla qualità, all'efficacia e all'efficienza delle sedi didattiche secondo quanto previsto dall'articolo 2, comma 1, lettera c), del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1.
      12. Nel caso in cui, alla data di entrata in vigore della presente legge, l'importo medio annuo regionalizzato del contributo annuale applicato da un'università superi il valore di cui alla lettera a) del comma 2, l'università concorda con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca un piano per l'applicazione graduale della presente legge. Le deroghe autorizzate nell'ambito del piano non possono comunque avere efficacia oltre la fine dell'anno accademico 2017/2018.
      13. Gli studenti dei corsi di dottorato di ricerca sono esenti dal pagamento di tasse o contributi a favore dell'università.
      14. Ciascuna università statale disciplina autonomamente con regolamento il contributo annuale dovuto dagli iscritti alle scuole di specializzazione sulla base dei princìpi e con le procedure di cui ai commi precedenti.
      15. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle università libere, alle università telematiche, alle istituzioni universitarie ad ordinamento speciale e all'università degli studi di Trento.
      16. Sulla base dei princìpi del presente articolo, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con proprio decreto da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, stabilisce le linee guida cui devono attenersi i regolamenti sulla contribuzione studentesca per le istituzioni statali di alta formazione artistica, musicale e coreutica.
      17. Il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 25 luglio 1997, n. 306, è abrogato.
Art. 2.
(Relazione alle Camere).

      1. Entro il 31 dicembre 2017 e, successivamente, ogni tre anni, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca presenta alle Camere una relazione sui risultati ottenuti e sugli eventuali problemi rilevati nell'attuazione della presente legge.

Art. 3.
(Copertura finanziaria).

      1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, pari a 150 milioni di euro per l'anno 2015 e a 300 milioni di euro a decorrere dall'anno 2016, si provvede mediante corrispondente riduzione della proiezione, per i medesimi anni, dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2014-2016, nell'ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2014, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
      2. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

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