Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2489


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
CENNI, BRUNETTA, PARRINI, ALBINI, LUCIANO AGOSTINI, BINI, DONATI, ERMINI, LODOLINI
Modifica dell'articolo 239 del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, in materia di limiti alla protezione accordata dal diritto d'autore su disegni e modelli
Presentata il 25 giugno 2014


      

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Onorevoli Colleghi! La presente proposta di legge si pone l'obiettivo di risolvere con tempestività ed efficacia una grave problematica che riguarda da anni il sistema produttivo delle imprese italiane che realizzano i cosiddetti «classici del design» dell'arredamento.
      Le imprese interessate, anche di carattere artigianale, sono circa 700 (dislocate in numerosi distretti produttivi e industriali) e occupano circa 13.500 addetti, con un fatturato di circa 950 milioni di euro annui. Si tratta di imprese che per oltre cinquanta anni hanno prodotto oggetti di pubblico dominio nel pieno rispetto delle norme in vigore, contribuendo con passione, professionalità, competenza e innovazione a promuovere il Made in Italy e la creatività italiana nel mondo.
      Queste realtà produttive devono però contrastare da alcuni anni, oltre la crisi economica attuale, la difficoltà di operare in un panorama normativo e giurisprudenziale assolutamente incerto.
      Per effetto della direttiva 98/71/CE è stata infatti introdotta la possibilità di tutelare gli oggetti di design attraverso il diritto d'autore. I contenuti e i princìpi della direttiva, che riguardavano l'applicabilità del diritto d'autore anche alle opere del disegno industriale, sono stati recepiti nel nostro ordinamento dall'articolo 22, comma 1, lettera b), del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 95, che ha modificato l'articolo 2 della legge n. 633 del 1941 sul diritto d'autore (si veda ora l'articolo 239 del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30).
      Dal momento che tale tutela aveva fino ad allora, nell'interpretazione della giurisprudenza nazionale, sostanzialmente determinato l'esclusione da questo tipo di protezione degli oggetti tridimensionali, è subito emerso che l'applicazione indiscriminata di tale tipo di protezione avrebbe comportato l'immediata qualificazione di illiceità dell'attività di numerose aziende che da decenni dedicavano in tutto o in parte la propria attività imprenditoriale alla produzione e alla commercializzazione dei «classici del design», opere del disegno industriale in precedenza liberamente riproducibili.
      La normativa sta inoltre rischiando di penalizzare le aziende italiane che hanno sempre utilizzato una filiera e materiali nazionali, favorendo quelle realtà imprenditoriali e quei gruppi industriali che stanno spostando i loro processi produttivi in altri Paesi (come ad esempio la Cina).
      Per risolvere temporaneamente questa situazione è stata introdotta nel 2001 una norma transitoria, nello stesso articolo 239 del codice della proprietà industriale, con la finalità di consentire alle imprese di continuare ad operare.
      Questa moratoria, tutelata da ulteriori provvedimenti di natura parlamentare, è stata confermata dalla legge n. 99 del 2009 e successivamente dal decreto-legge n. 216 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2012. Quest'ultima proroga è scaduta però il 19 aprile 2014. Le moratorie temporanee erano state assunte nell'auspicio di una nuova soluzione normativa definitiva che però non è stata mai varata.
      Nonostante tali norme abbiamo difeso la produzione dell'oggettistica e del mobilio è emerso con chiarezza come la logica dei rinvii non potesse risolvere completamente tale problematica, sarà pertanto necessaria una nuova normativa quadro.
      Una legge nazionale che possa tutelare i produttori che realizzano dei «classici del design» e i livelli occupazionali interessati, compatibilmente con le direttive europee, trova infatti il suo fondamento nei contenuti della sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 27 gennaio 2011 (nella causa per rinvio pregiudiziale C-168/09).
      La Corte, interpellata sulla questione della conformità o no dell'articolo 239 del codice della proprietà industriale rispetto alla direttiva 98/71/CE, ha infatti precisato che «Il giudice del rinvio prevede così due ipotesi, vale a dire, da un lato, quella dei disegni e modelli che, prima della data di entrata in vigore della normativa nazionale di trasposizione della direttiva 98/71/CE, cioè il 19 aprile 2001, sono di pubblico dominio in mancanza di una registrazione come disegni e modelli e, dall'altro, quella in cui, prima di tale data, essi siano divenuti di pubblico dominio in quanto la protezione derivante da una registrazione ha cessato di produrre i suoi effetti». Per quanto riguarda la seconda ipotesi, riferita alle opere del disegno industriale divenute di pubblico dominio dal 19 aprile 2001 (ovvero precedentemente registrate come disegni e modelli e la cui registrazione fosse scaduta per il decorso del relativo termine di durata al 19 aprile 2001), la Corte di giustizia ha ritenuto che la normativa italiana non potesse prevedere un'esclusione della relativa protezione dal diritto d'autore, sia per un periodo sostanziale di dieci anni, sia totalmente, concludendo nel senso della possibile previsione soltanto di un periodo transitorio limitato in funzione della cessazione progressiva della relativa attività oppure per lo smaltimento delle scorte.
      Da questa ipotesi la Corte di giustizia ha tenuto ben distinta quella delle opere del disegno industriale in «pubblico dominio» alla data di trasposizione nell'ordinamento italiano della direttiva 98/71/CE – cioè il 19 aprile 2001 – per le quali conclude invece affermando che «Per quanto riguarda la prima ipotesi, cioè quella in cui i disegni e modelli non siano mai stati oggetto di una registrazione in quanto tali, occorre rilevare che, ai sensi dell'articolo 17 della direttiva 98/71/ CE, solo un disegno o modello che sia stato oggetto di una registrazione in uno Stato membro o con effetti in uno Stato membro, in conformità delle disposizioni di tale direttiva, può beneficiare, ai sensi della medesima, della protezione concessa dalla normativa sul diritto d'autore di tale Stato membro. (...) Ne consegue che i disegni e modelli che, prima della data di entrata in vigore della normativa nazionale di trasposizione della direttiva 98/71/CE nell'ordinamento giuridico di uno Stato membro, erano di pubblico dominio a causa della mancata registrazione non rientrano nell'ambito di applicazione di tale articolo».
      In seguito all'interpretazione della pronuncia della Corte di giustizia si è poi determinata, nella giurisprudenza italiana, una notevole incertezza. Infatti, mentre il tribunale di Firenze ha applicato in alcune pronunce emesse nell'ambito di altrettanti procedimenti cautelari la norma transitoria, i giudici milanesi (sia il tribunale di Milano, sia la corte d'appello) hanno, al contrario, ritenuto di disapplicare la disposizione, ritenendola in contrasto con la direttiva 98/71/CE.
      A seguito di provvedimenti dei tribunali nazionali sono già stati inoltre disposti il sequestro e l'inibitoria delle attività di alcune imprese. Misure che hanno già portato, in alcuni distretti industriali, alla chiusura di imprese e alla perdita di posti di lavoro.
      Non va poi sottovalutato che queste cause giudiziarie, ad oggi ristrette nel solo ambito del disegno industriale dell'arredamento, potrebbero riguardare in futuro altri settori chiave dell'economia, dell'industria e dell'occupazione come ad esempio l'oggettistica, la pelletteria, la moda e la meccanica e, conseguentemente, potrebbero coinvolgere un ancor più elevato numero di imprese e di addetti.
      Il Parlamento, fin dalla XVI legislatura, ha cercato una soluzione specifica normativa a questo problema, con vari atti, interrogazioni, ordini del giorno e risoluzioni, sollecitando i Ministeri competenti a concertare regole capaci di tutelare le attività e la redditività delle aziende, i livelli occupazionali coinvolti, la creatività e la qualità del Made in Italy e le norme europee. Ultimo in ordine di tempo l'ordine del giorno (n. 9/01864 al disegno di legge europea) approvato dalla Camera dei deputati l'11 giugno 2014, che impegna il Governo «ad attivarsi urgentemente per evitare che il termine ormai scaduto del 19 aprile 2014 possa avere come conseguenza sia il blocco della produzione e la crisi delle 700 imprese interessate dalla vicenda, mai chiarita definitivamente, con relative conseguenze sul piano occupazionale, sia provvedimenti giurisdizionali contrastanti».
      Va poi segnalato che nel corso del dibattito parlamentare è emerso che l'interpretazione retroattiva della norma relativa al codice della proprietà industriale potrebbe presentare possibili profili di incostituzionalità.
      Riteniamo che oggi, in tempi stretti e in maniera inequivocabile proprio in relazione al carattere di urgenza che assume attualmente questa problematica, debba comunque essere superata la logica del rinvio e delle proroghe e si debba prevedere un quadro normativo certo, che eviti differenti interpretazioni giudiziarie e che rispetti i princìpi europei senza penalizzare un tessuto produttivo che da anni crea occupazione e reddito. Un quadro normativo che trae ispirazione e trova il suo fondamento giuridico proprio nella citata sentenza della Corte di giustizia.
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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. L'articolo 239 del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:
      «Art. 239. – (Limiti alla protezione accordata dal diritto d'autore). – 1. La protezione accordata ai disegni e modelli ai sensi dell'articolo 2, numero 10), della legge 22 aprile 1941, n. 633, non comprende le opere del disegno industriale che, anteriormente alla data del 19 aprile 2001, erano di pubblico dominio in quanto precedentemente non registrate come disegni o modelli. La protezione accordata ai disegni e modelli ai sensi del citato articolo 2, numero 10), della legge n. 633 del 1941, comprende anche le opere del disegno industriale che, anteriormente alla data del 19 aprile 2001, erano divenute di pubblico dominio a seguito della cessazione degli effetti della registrazione. I terzi che hanno fabbricato o commercializzato, nei dodici mesi anteriori al 19 aprile 2001, prodotti realizzati in conformità con le opere del disegno industriale divenute di pubblico dominio a seguito della scadenza degli effetti della registrazione non rispondono comunque della violazione del diritto d'autore compiuta proseguendo quest'attività anche dopo tale data, limitatamente ai prodotti da essi fabbricati o acquistati prima del 19 aprile 2001 e a quelli da essi fabbricati nei cinque anni successivi a tale data e purché l'attività si sia mantenuta nei limiti anche quantitativi del preuso».

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