Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2818


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato BINETTI
Norme per l'incremento del livello di sicurezza del parto naturale
Presentata il 14 gennaio 2015


      

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Onorevoli Colleghi! L'Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato, sulla base dei dati epidemiologici internazionali, che «la salute materno-infantile è un tema di enorme importanza sanitaria e richiede investimenti, progetti, energie e un grande impegno».
      Il Servizio sanitario nazionale (SSN), istituito dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833, ha fatto grandi progressi negli anni per l'evoluzione della sicurezza e del controllo del rischio nelle molte aree sanitarie, fino a estremizzare tale controllo mediante la «robotizzazione», ma non ha saputo evolversi per prevenire il rischio del parto naturale, aumentandone la sicurezza con l'introduzione di metodologie innovative. I sanitari hanno tentato di risolvere le problematiche del rischio nel parto naturale con l'aumento dei tagli cesarei. Infatti il taglio cesareo, pur avendo maggiori complicanze del parto naturale, viene, a torto, considerato come «più sicuro del parto per via vaginale». Per quanto riguarda il parto, esso è considerato una delle aree a maggior rischio sanitario e infatti comporta i risarcimenti più alti (Dossier ANIA «Malpractice, Il grande caos», luglio 2014).
      L'introduzione del bonus di 80 euro alle neo mamme deve essere accompagnata da una politica sociale a favore delle famiglie che preveda anche un incoraggiamento all'incremento delle nascite e al parto naturale e in sicurezza. Le politiche per la natalità rappresentano il futuro della famiglia, base insostituibile della società. Le nuove politiche sociali rappresentano, infatti, il nodo focale per garantire un clima di fiducia tra cittadino e istituzioni nell'evento nascita.
      La sicurezza del parto è un aspetto che impegna i professionisti e le organizzazioni sanitarie. Anche a distanza di tempo vale una constatazione del 1977 «nessuno può essere in grado di dire a priori se quel travaglio sarà veramente fisiologico» (Atti del 58° Congresso nazionale della Società italiana di ginecologia e ostetricia). A maggior ragione ben vengano tutte le soluzioni tecnologicamente avanzate per mantenere il parto entro il sentiero fisiologico evitando anche il ricorso obbligato al taglio cesareo.
      È noto che l'Italia è prima in Europa per tagli cesarei e terzultima nel mondo per numero di nascite è anche il Paese più vecchio del mondo (Moody's 2014), con conseguenze negative sull'economia. Il dato è particolarmente inquietante poiché un nuovo nato e una famiglia in condizioni psico-fisiche sane rappresentano un obiettivo necessario per un SSN che deve sempre più qualificare l'integrazione tra assistenza sanitaria e territorio a vantaggio di una sempre più crescente produttività economica e sociale, al fine di abbattere sprechi economici e inefficienze sanitarie, cliniche e organizzative. Ormai l'opinione pubblica richiede certezze assolute e non accetta quelle che una volta si chiamavano complicanze e che oggi vengono viste, a torto o a ragione, come dimostrazione di imperizia, negligenza o imprudenza; il sempre più crescente numero di richieste di risarcimento impone di superare i vecchi modelli organizzativi che non integrano la qualità con la trasparenza, l'etica sociale, l'efficienza e l'efficacia. Così compito dell'ostetrica e del medico è, da un lato, prevenire tali complicanze, individuandone i fattori di rischio, e, dall'altro, diagnosticarle il più precocemente possibile in modo da poterle trattare tempestivamente.
      Compito invece delle istituzioni è quello di organizzare e di strutturare i punti nascita in modo da consentire al medico e all'ostetrica lo svolgimento di questi doveri e di garantire alle utenti la massima sicurezza.
      Il decreto Balduzzi (decreto-legge n. 158, del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 189 del 2012), all'articolo 3-bis stabilisce che «Al fine di ridurre i costi connessi al complesso dei rischi relativi alle proprie attività, le aziende sanitarie, nell'ambito della loro organizzazione, e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, ne curano l'analisi, studiano e adottano le necessarie soluzioni, per la gestione dei rischi medesimi, per la prevenzione del contenzioso e la riduzione degli oneri assicurativi».
      Il Piano sanitario nazionale (PSN) 2006-2008 si proponeva di ridurre il ricorso al taglio cesareo delimitandolo entro il 20 per cento e disincentivandone l'utilizzo anche attraverso idonee politiche tariffarie e veniva successivamente posta l'attenzione alla sicurezza e all'umanizzazione del parto, al parto indolore e alla riduzione dei tagli cesarei, alla promozione e al sostegno dell'allattamento al seno, nonché alla razionalizzazione della rete dei punti nascita e del trasporto materno e neonatale.

        Il PSN 2011-2013 si era preposto, fra gli altri, il perseguimento degli obiettivi strategici di seguito riportati:

          1) maggiore sicurezza del percorso nascita e quindi del parto, attraverso una più rigorosa valutazione ex ante dei livelli di sicurezza, con analisi preventiva dei necessari requisiti organizzativi, tecnologici e di clinical competence, nonché con indicatori di valutazione della performance;

          2) maggiore appropriatezza attraverso raccomandazioni e linee di indirizzo basate sull'evidenza scientifica periodicamente aggiornate, strutturate e prodotte non solo per il miglioramento delle pratiche cliniche e delle competenze professionali, ma relative anche agli ambiti gestionali e organizzativi;

          3) maggiore integrazione con il territorio valorizzando adeguatamente distretti, consultori familiari, dipartimenti materno-infantili e reti di trasporto neonatale.

      Il rapporto del Programma nazionale valutazione esiti 2014 dell'Agenzia per i servizi sanitari regionali riporta che la proporzione di tagli cesarei primari è

passata dal 29 per cento del 2008 al 26 per cento del 2013, con grandi differenze tra e intra regioni. Infatti, a fronte di un valore nazionale medio del 26 per cento, si osserva una notevole variabilità intra e interregionale con valori per struttura ospedaliera che variano da un minimo del 4 per cento a un massimo del 93 per cento.
      La dimostrazione della progressiva mancanza di attenzione sulle esigenze formative e organizzative sull'evento nascita si evince dal fatto che attualmente l'Italia è comunque in testa nella classifica europea del ricorso ai tagli cesarei avendo raggiunto nel 2009 il 38,4 per cento di tagli cesarei sia primari che ripetuti. A tale percentuale si è arrivati progressivamente partendo dall'11,2 per cento del 1980, senza alcuna evidenza scientifica riguardante la riduzione dei rischi. Il taglio cesareo risulta infatti associato a un rischio di morte materna pari a tre volte quello associato al parto spontaneo.
      Inoltre i dati dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) relativi alla mortalità materna pubblicati nell'aprile 2010 su Lancet erano fortemente sottostimati (3:100.000) di almeno sette volte e tale sottostima, secondo il Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell'Istituto superiore di sanità, «non dipende dall'errata rilevazione dati da parte dell'ISTAT ma dal fatto che i certificati di morte non sono in grado di rilevare il fenomeno “mortalità materna” in maniera appropriata».
      Il tema del rischio sanitario ha assunto negli anni un'importanza straordinaria. Nello studio Eurobarometer della Commissione europea pubblicato nel 2006, gli italiani risultavano al primo posto per la percezione dell'importanza degli errori medici. Purtroppo ad oggi il parto naturale, in particolare la fase espulsiva, non ha concreti standard di sicurezza, protocolli e linee guida. Nel momento più delicato, cioè nella fase espulsiva, gli operatori impegnati sono spesso costretti a seguire due vie: pressioni manuali non codificate che non permettono il controllo della pressione esercitata sull'addome della partoriente (manovra di Kristeller) e che sono sovente accompagnate dall'uso del vacuum extractor o il ricorso al taglio cesareo in corso di travaglio.
      Il SSN ha registrato una forte crescita del contenzioso tra medico e paziente, con conseguenti problemi complessivi di tenuta e di sostenibilità che hanno determinato l'esplosione del fenomeno della medicina difensiva. La medicina difensiva applicata nel parto assume caratteristiche peculiari differenti dagli altri settori della medicina in quanto ci si riferisce a due soggetti sani e non a un soggetto affetto da malattia o presunto tale. Essa si sviluppa su criteri di tipo opportunistico, omettendo di segnalare alcuni eventi nella cartella clinica, e «distorce» i relativi dati clinici e statistici poiché i comportamenti che la provocano trasformando la salute in malattia.
      Considerando queste criticità, occorre verificare quali condizioni organizzative e assistenziali e quali supporti tecnologici possano concorrere alla crescita dei livelli di sicurezza del parto e quindi diminuire il rischio clinico e conseguentemente i contenziosi medico-legali e i costi assicurativi.
      Il PSN 2011-2013 sottolineava come l'introduzione di tecnologie innovative di monitoraggio e di assistenza costituiscano un importante strumento di miglioramento della presa in carico dei cittadini da parte del SSN.
      Inoltre, un'adeguata alta formazione permetterà agli operatori sanitari, specie a chi gestisce il parto fisiologico, cioè il personale ostetrico, la corretta valutazione del rischio della donna in occasione del suo ingresso in ospedale e la rivalutazione di tale rischio durante le varie fasi del travaglio e del parto.
      Informare preventivamente la partoriente e la coppia garantisce un miglior rapporto tra struttura sanitaria e cittadino; dare il massimo di una prestazione evitando le temute complicanze eviterà le reazioni della donna e dei suoi familiari che sfociano or mai troppo spesso, dopo un parto difficile, in richieste di risarcimento. Informare e responsabilizzare le coppie, le famiglie e le donne è un compito istituzionale degli operatori del parto, che potrà essere effettuato solo da personale esperto, cioè formato e motivato all'ottenimento di una prestazione, il parto naturale, al massimo livello assistenziale, cioè in sicurezza grazie a questo nuovo modello clinico-organizzativo di parto naturale in sicurezza. Formazione e informazione permetteranno finalmente l'appropriatezza dei percorsi di nascita territoriali in ambito diagnostico-terapeutico, l'integrazione e la continuità dell'assistenza, l'informazione della partoriente e della sua famiglia nonché la comunicazione tra operatori all'interno del presidio ospedaliero e tra territorio e ospedale.
      Grazie al supporto del Centro interuniversitario scienze attuariali e gestione dei rischi, costituito nel 1992 tra le università degli studi di Firenze, di Roma «La Sapienza» e di Trieste, alle quali si sono successivamente aggiunte le università degli studi di Milano «Cattolica del Sacro Cuore», di Torino, del Sannio e della Calabria, in particolare con la sua Commissione rischi sanitari, è stato elaborato un progetto che intende utilizzare il BabyBirth, dispositivo medico innovativo, come prevenzione primaria per minimizzare l'insorgenza di eventi avversi nell'assistenza al parto e al post-partum in modo da ridurre la mortalità e la morbosità materno-feto-neonatale potenzialmente evitabile. Questo presupposto intende riaffermare il ruolo dell'innovazione e della ricerca come elementi indispensabili per garantire l'eccellenza di cura ai cittadini. Tale obiettivo investe ambiti sia tecnologici che assistenziali, organizzativi e formativi, nell'ottica di interconnettere il territorio all'ospedale.
      L'utilizzo del BabyBirth presuppone alta formazione ed è efficace nell'aumentare la sicurezza del parto naturale essendo utilizzato secondo un preciso metodo clinico, che presuppone un'accurata formazione di tutti gli operatori sanitari del parto, eliminando gli atteggiamenti personalistici nell'affrontare il parto e, con l'applicazione di standard codificati, il suo uso riduce: a) la durata della fase espulsiva del travaglio; b) il distress psico-fisico della partoriente; c) il numero di lacerazioni vagino-perineali e i tagli cesarei richiesti dalla partoriente in travaglio. La sua introduzione azzera l'esecuzione della manovra di Kristeller, mentre fino ad oggi non esistevano strumenti adeguati, in aiuto dell'operatore, della partoriente e del nascituro, che potessero eseguire una pressione monitorata, controllata, dolce e costante aggiuntiva sul fondo uterino durante la contrazione in fase espulsiva. Tale deficienza era de facto una notevole carenza clinica. L'assistenza al parto fino ad oggi è stata demandata a una serie di interpretazioni e di atteggiamenti non codificati né codificabili in maniera scientifica, ma affidati all'esperienza soggettiva degli operatori e molto spesso alle mode dell'assistenza ostetrica, soprattutto nelle situazioni in cui è necessario accelerare la fase espulsiva.
      Il BabyBirth prevede l'uso di specifiche norme per i criteri di inclusione e di esclusione e per le istruzioni d'uso clinico e tecnico del dispositivo medico.
      La presente proposta di legge propone una revisione dei modelli organizzativi in modo da individuare le modalità per incrementare la sicurezza e la prevenzione primaria carente nel parto. Il nuovo metodo del parto, il BabyBirth, utilizzato con precise istruzioni cliniche e previo consenso informato, non è da intendere come medicalizzazione del parto naturale, ma come necessaria manovra di rimodulazione e di razionalizzazione dei servizi per il miglioramento e la tutela dei livelli essenziali di assistenza e del sistema universalistico.
      Viene proposto un nuovo metodo di parto per via vaginale allo scopo di contenere i rischi sanitari aumentando la sicurezza del parto per via vaginale nonché di regolamentare e uniformare le procedure per la qualità dei dati.
      I punti fondamentali della proposta di legge sono:

          1) alta formazione rivolta al personale sanitario ospedaliero sul nuovo modello

organizzativo del parto per via vaginale;

          2) informazione alle partorienti e alle famiglie sul nuovo modello organizzativo del parto per via vaginale;

          3) video formazione del personale sanitario;

          4) partogramma digitale e archivio dei dati ai fini clinici, statistici, legali, assicurativi e di programmazione sanitaria;

          5) ecografia intrapartum per il controllo della discesa della testa fetale;

          6) fascia ergonomica gonfiabile a tre camere, monouso, per l'accompagnamento delle contrazioni uterine.

      Con la presente proposta di legge si intende razionalizzare la spesa sanitaria e sociale (armonizzando e semplificando i processi di corso e decorso assistenziale, riducendo in modo significativo le complicanze materno-feto-neonatali, i conseguenti costi di materiali e di farmaci utilizzati per fare fronte a scelte evitabili o errate, a ritardi di valutazione della sofferenza fetale, a tagli cesarei ritardati e a costi di parti iniziati come naturali e terminati, dopo alcune ore, come tagli cesarei in emergenza ad alto rischio di complicanze) nonché i costi sociali successivi alle complicanze materne (depressione post-partum, prolasso uterino, incontinenza urinaria e fecale e altro) e alle complicanze neonatali (lesione del plesso brachiale, tetraplegia, paraplegia e altro).
      Per tali finalità è indispensabile una pianificazione del parto che inizia dal territorio e continua in ospedale con il «triage ostetrico», momento di definizione della tattica di gestione che, una volta definita la possibilità di un parto naturale, si serve del nuovo modello clinico organizzativo di parto.

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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. La presente legge favorisce e promuove il parto per via vaginale frontale in sicurezza di seguito denominato «parto naturale», secondo modalità che assicurino la sicurezza della partoriente, del feto e del neonato.

Art. 2.

      1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, attraverso il rispettivo piano sanitario, definiscono modelli organizzativo-assistenziali, con le relative risorse di personale e strumentali, atti a garantire:

          a) la formazione del personale sanitario ospedaliero sul nuovo modello organizzativo del parto naturale;

          b) l'adeguata informazione, attraverso le strutture sanitarie presenti nel territorio, alle partorienti e alle famiglie sul parto naturale anche attraverso corsi di accompagnamento alla nascita fin dall'inizio della gravidanza;

          c) la realizzazione di un partogramma digitale e di un'idonea cartella ostetrica computerizzata, nella quale sono annotati tutti i dati relativi alla gravidanza, al neonato e quelli ai fini statistici, legali, assicurativi e di programmazione sanitaria. Tali dati, su richiesta, devono essere messi a disposizione della donna e degli operatori che l'assistono durante e dopo il parto. Tutti i dati relativi al parto sono inseriti nel fascicolo sanitario elettronico della puerpera e del nuovo nato.

Art. 3.

      1. Fermi restando i modelli organizzativo-assistenziali di cui all'articolo 2, il parto naturale si avvale dei seguenti strumenti:

          a) ecografia intrapartum;

          b) fascia ergonomica gonfiabile, a tre camere, monouso.

      2. Le aziende sanitarie ospedaliere attivano percorsi formativi volti a far acquisire al personale l'idoneità necessaria alla pratica del parto naturale, al termine dei quali con esito positivo è rilasciato un attestato di operatore specializzato.

Art. 4.

      1. L'erogazione delle prestazioni relative al parto naturale costituisce componente strutturale dei livelli essenziali di assistenza sanitaria ed è garantita dal Servizio sanitario nazionale.

Art. 5.

      1. Il Ministro della salute presenta annualmente alle Camere una relazione sullo stato di attuazione della presente legge, tenuto conto dei dati rilevati dalle regioni e dalle province autonome di Trento e di Bolzano.

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