Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2830


PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa dei deputati
MARCON, PAGLIA, PANNARALE, SBERNA, RICCIATTI, COSTANTINO, MELILLA, NICCHI, PALAZZOTTO, AIRAUDO, PLACIDO
Modifiche all'articolo 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, e all'articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, in materia di aliquote e di determinazione dell'attivo ereditario ai fini dell'imposta sulle successioni e donazioni
Presentata il 20 gennaio 2015


      

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Onorevoli Colleghi! La presente proposta di legge intende riformare alcune norme che regolano l'imposta di successione e donazione apportando, in particolare, modifiche al decreto-legge n. 262 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 286 del 2006 e al testo unico di cui al decreto legislativo n. 346 del 1990, che hanno ripristinato la relativa normativa abrogata dal Governo Berlusconi con la legge n. 383 del 2001, meglio conosciuta come «Tremonti-bis».
      La filosofia generale di questa proposta di legge è prevedere che l'imposta – mantenendo le agevolazioni per i trasferimenti di valore medio o medio basso a favore degli eredi – sia maggiore per i trasferimenti a favore dei beneficiari dei beni ereditati di valore medio o alto. Le attuali norme, infatti, prevedono franchigie troppo alte (1 milione di euro per erede, coniuge e parenti in linea retta) e imposizioni troppo basse (del 4 per cento per le stesse tipologia di beneficiari, del 6 per cento per i parenti fino al quarto grado e dell'8 per cento per gli altri soggetti).
      A tale fine la presente proposta di legge prevede che oltre la soglia di 5 milioni di euro di beni ereditati la somma eccedente subisca un'imposizione fiscale triplicata rispetto a quella ordinaria. Inoltre prevede la revoca dell'esenzione dall'imponibile sull'eredità dei titoli di Stato, che quindi saranno assoggettati alla medesima imposizione fiscale degli altri beni ereditati.
      Con tali previsioni la proposta di legge – salvaguardando i beni ereditati e donati di valore medio o basso e riferibili, evidentemente, a ceti medi e popolari – intende, da una parte dare attuazione all'articolo 53 della Costituzione laddove sancisce che il sistema fiscale debba essere improntato a criteri di progressività e dall'altra – grazie a una maggiore imposizione fiscale sui lasciti ereditari più alti – assicurare maggiori risorse da destinare alle politiche pubbliche, realizzando, in tal modo, una più equa politica di distribuzione della ricchezza. Un terzo motivo, non meno importante, per approvare la presente proposta di legge è rappresentato dalla mobilità sociale che sarebbe generata da un aumento dell'imposizione fiscale dei beni trasferiti, per eredità, ai componenti delle classi di reddito medio-alte e che invece, proprio a causa dei meccanismi attuali, è fortemente limitata.
      Infatti, l'attuale meccanismo di trasmissione della ricchezza per via ereditaria – unito ad una bassa o parziale imposizione fiscale – favorisce eccessivamente e inopportunamente le classi di reddito più alte, rappresentando una delle forme maggiori di disuguaglianza e di immobilità sociale del nostro tempo. La legislazione italiana, con la sua franchigia di esenzione troppo alta (pari a 1 milione di euro per erede), a percentuali di imposizione fiscale troppo basse per gli eredi fino al quarto grado (pari al 6 per cento) e pari all'8 per cento per gli altri soggetti e la mancata previsione di un'imposizione fiscale a carico di valori molto più alti (ad esempio, sopra i 5 milioni di euro), si attesta fra le più generose a livello europeo ove le imposte sulla successione e donazione hanno un'aliquota a doppia cifra (la Germania il 50 per cento, la Gran Bretagna il 40 per cento).
      Il recente lavoro dell'economista francese Thomas Piketty Il capitale nel XXI secolo ha evidenziato che non solo l'esigua imposizione fiscale sui beni trasferiti per successione è fonte di stagnazione della mobilità sociale, ma che accresce (e non si limita a perpetuarle) le disuguaglianze. Infatti il rendimento del capitale è superiore (almeno di quattro o cinque volte) all'attuale tasso di crescita e questo produce un oggettivo aumento delle disuguaglianze: i percettori di patrimoni migliorano la loro condizione economica e sociale a una velocità molto più alta di chi percepisce redditi da lavoro. Ad esempio, secondo la Banca d'Italia le modifiche all'imposta di successione intervenute nel nostro Paese tra il 1999 e il 2001 (con le leggi n. 488 del 1999 del Governo D'Alema, n. 342 del 2000 del Governo Amato e n. 383 del 2001 del Governo Berlusconi), hanno portato dal 32 per cento al 40 per cento la percentuale di famiglie ricche che lasciano un'eredità e dal 26 per cento al 31 per cento quella delle famiglie povere. Questo significa che a causa di tali riforme sono aumentate le disuguaglianze. Afferma testualmente Piketty: «La stagnazione della popolazione – e ancora di più la sua diminuzione – accresce il peso del capitale accumulato dalle generazioni precedenti. E lo stesso vale per la stagnazione economica. Con una crescita debole è abbastanza plausibile che il tasso di rendimento da capitale superi nettamente il tasso di crescita, condizione prima e determinante per una gravissima disuguaglianza nella distribuzione della ricchezza a lungo termine». Questo comporta, ricorda ancora Piketty «il possibile ritorno del fenomeno a lungo termine dell'eredità i cui effetti si stanno già facendo sentire in Europa, e che, nel caso, potrebbero estendersi ad altre parti del mondo».
      Va ricordato, inoltre, che negli ultimi trenta anni abbiamo assistito a una riduzione significativa, anzi si potrebbe definire spettacolare, dell'imposizione fiscale sulla successione in tutto il mondo, come del resto dimostra l'imponente base di dati messa a disposizione dallo stesso economista francese: il tasso marginale superiore dell'imposta di successione è passato negli Stati Uniti d'America (USA) dal 77 per cento (1976) al 35 per cento (2013) e in Gran Bretagna dal 75 per cento (1976) al 40 per cento (2013). In Italia nel 2001 il Governo Berlusconi (influenzato da un'analoga decisione assunta, lo stesso anno, dal Presidente americano Bush) provvedeva, di fatto, a cancellare l'imposta, dopo il percorso di graduale riduzione delle aliquote che i Governi D'Alema nel 1999 con la legge n. 488 e Amato nel 2000 con la legge 342, avevano intrapreso. Sarà il Governo Prodi, nel 2006 con il decreto-legge n. 262 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 286 del 2006, a ripristinarla. Anche negli USA il Presidente Bush junior nel 2001 aveva previsto che, per tappe successive, la sua completa cancellazione che si sarebbe perfezionata nel 2010, ma il nuovo Presidente Obama, eletto nel 2009, ha bloccato in extremis tale riforma di carattere regressivo. Va ricordato che centoventi tra le persone più ricche degli USA (da Bill Gates a Warren Buffet, da Rockefeller junior a George Soros) firmarono, contro la riforma di Bush del 2001 un appello pubblicato su The New York Times con il quale dichiararono: «Togliere la tassa sulla successione arricchirebbe gli eredi dei miliardari americani, mentre renderebbe la vita ancora più difficile alle famiglie che fanno fatica a sbarcare il lunario. I milioni di dollari che si perderebbero dovrebbero essere inevitabilmente compensati o aumentando le tasse su categorie meno fortunate o tagliando la spesa pubblica su capitoli come la previdenza sociale, quella sanitaria, la protezione ambientale o altri programmi governativi molto importanti per il benessere della nostra nazione».
      Dunque una modifica dell'imposizione fiscale sulla successione – con l'accentuazione delle aliquote sui trasferimenti di valore più elevato unita a un abbassamento delle franchigie – risponderebbe a quattro obiettivi importanti:

          1) favorire sul lungo periodo una più significativa mobilità sociale;

          2) ridurre le disuguaglianze;

          3) limitare l'effetto perverso dell'immobilizzazione dei capitali in patrimoni e in rendite invece del loro utilizzo per gli investimenti economici e produttivi;

          4) aumentare la capacità di spesa pubblica per i servizi sociali a favore dei cittadini. Un'imposta di successione con un'adeguata aliquota (molto maggiore di quella più alta) per i trasferimenti di beni milionari è dunque un'esigenza di giustizia sociale, di mobilità sociale e di buon funzionamento dell'economia. Un liberale come Luigi Einaudi scriveva che «esiste l'esigenza di non creare un privilegio a favore di chi non ha fatto nulla, di chi si contenta di godere nell'ozio la fortuna ereditata». Un'equa imposta sulla successione è dunque anche un modo per arginare il privilegio e per favorire chi investe ricchezza e patrimoni nell'economia reale, nell'attività di impresa e nella produzione.

      La proposta di legge, costituita da un unico articolo di due commi, provvede (articolo 1, comma 1) a sostituire rimodulandole, le attuali aliquote previste dall'articolo 2, commi 48 e 49, del citato decreto-legge n. 262 del 2006, abbassando la franchigia dall'attuale milione di euro a 500.000 euro e innalzando l'imposizione fiscale dal 4 al 7 per cento per il coniuge e i parenti in linea retta, dal 6 all'8 per cento per i fratelli e le sorelle, dal 6 al 10 per cento su tutto il valore ereditato per i parenti fino al quarto grado e affini in linea retta e dall'8 al 15 per cento su tutto il valore ereditato da altri soggetti. Le stesse modifiche sono apportate alle aliquote relative all'imposizione sulle donazioni. Inoltre è previsto, con un comma aggiuntivo, che per un valore ereditato superiore a 5 milioni di euro l'imposizione fiscale ordinaria sia triplicata.
      Con il comma 2, abrogando le lettere h) e i) del comma 1 dell'articolo 12 della legge n. 346 del 1990, si comprendono nell'asse attivo ereditario i titoli del debito pubblico, tra i quali si intendono compresi i buoni ordinari del tesoro e i certificati di credito del tesoro, tutti gli altri titoli di Stato, garantiti dallo Stato o equiparati nonché ogni altro bene o diritto.

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PROPOSTA DI LEGGE
Art. 1.

      1. I commi 48 e 49 dell'articolo 2 del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, e successive modificazioni, sono sostituiti dai seguenti:
      «48. I trasferimenti di beni e diritti per causa di morte sono soggetti all'imposta di cui al comma 47 con le seguenti aliquote sul valore complessivo netto dei beni:

          a) devoluti a favore del coniuge e dei parenti in linea retta sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 500.000 euro: 7 per cento;

          b) devoluti a favore dei fratelli e delle sorelle sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 100.000 euro: 8 per cento;

          c) devoluti a favore degli altri parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonché degli affini in linea collaterale fino al terzo grado: 10 per cento;

          d) devoluti a favore di altri soggetti: 15 per cento.

      48-bis. Le aliquote previste dal comma 48, lettere a), b), c) e d), relative ai trasferimenti di beni e diritti per causa di morte soggetti all'imposta di cui al comma 47, eccedenti la soglia di 5 milioni di euro sono triplicate per ciascuna delle fattispecie di cui alle citate lettere.
      49. Per le donazioni e gli atti di trasferimento a titolo gratuito di beni e diritti e per la costituzione di vincoli di destinazione di beni l'imposta è determinata dall'applicazione delle seguenti aliquote al valore globale dei beni e diritti al netto degli oneri da cui è gravato il beneficiario diversi da quelli indicati dall'articolo 58, comma 1, del testo unico di cui al decreto

legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, ovvero, se la donazione è fatta congiuntamente a favore di più soggetti o se in uno stesso atto sono compresi più atti di disposizione a favore di soggetti diversi, al valore delle quote dei beni o diritti attribuiti:

          a) a favore del coniuge e dei parenti in linea retta sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 500.000 euro: 7 per cento;

          b) a favore dei fratelli e delle sorelle sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 100.000 euro: 8 per cento;

          c) a favore degli altri parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonché degli affini in linea collaterale fino al terzo grado: 10 per cento;

          d) a favore di altri soggetti: 15 per cento.

      49-bis. Le aliquote previste dal precedente comma 49, lettere a), b), c) e d), relative ai trasferimenti di beni e diritti per donazione soggetti all'imposta di cui al comma 47, eccedenti la soglia di 5 milioni di euro sono triplicate per ciascuna delle fattispecie di cui alle citate lettere».

      2. Le lettere h) e i) del comma 1 dell'articolo 12, del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, e successive modificazioni, sono abrogate.

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