Organo inesistente

XVII LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 2168-189-276-588-979-1499-2769-A


PROPOSTA DI LEGGE
n. 2168
APPROVATA DAL SENATO DELLA REPUBBLICA
il 5 marzo 2014 (v. stampati Senato nn. 10, 362, 388, 395, 849 e 874)
d'iniziativa dei senatori
MANCONI, CORSINI, TRONTI; CASSON, AMATI, CHITI, CIRINNÀ, CUCCA, DE MONTE, DIRINDIN, FAVERO, FEDELI, FILIPPI, GINETTI, GRANAIOLA, GUERRA, LO GIUDICE, PAGLIARI, PEGORER, PEZZOPANE, PINOTTI, PUGLISI, PUPPATO, SPILABOTTE, VACCARI, BARANI, PALERMO; BARANI; DE PETRIS, DE CRISTOFARO; BUCCARELLA, AIROLA, CAPPELLETTI, GIARRUSSO; TORRISI
Introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano
Trasmessa dal Presidente del Senato della Repubblica il 6 marzo 2014
e
PROPOSTE DI LEGGE
n. 189, d'iniziativa del deputato PISICCHIO
Introduzione degli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale in materia di tortura
Presentata il 15 marzo 2013

La II Commissione permanente (Giustizia), il 19 marzo 2015, ha deliberato di riferire favorevolmente sul testo della proposta di legge n. 2168. In pari data, la Commissione ha chiesto di essere autorizzata a riferire oralmente. Per il testo delle proposte di legge nn. 189, 276, 588, 979, 1499 e 2769 si vedano i relativi stampati.
n. 276, d'iniziativa dei deputati
BRESSA, POLLASTRINI, VERINI, GIACOMELLI, MARZANO, MORETTI, SCALFAROTTO, BAZOLI, AMODDIO, MORANI, VAZIO, GIULIANI, GULLO, ROSSOMANDO, CARRA, MATTIELLO, TIDEI
Introduzione degli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale e altre disposizioni in materia di tortura
Presentata il 15 marzo 2013
n. 588, d'iniziativa dei deputati
MIGLIORE, DANIELE FARINA, VENDOLA, FRANCO BORDO, BOCCADUTRI, PIAZZONI, COSTANTINO, MARCON, DURANTI, MELILLA, PANNARALE, DI SALVO, PELLEGRINO, LAVAGNO, NARDI, PIRAS, AIELLO, LACQUANITI, PALAZZOTTO, PAGLIA, RICCIATTI, CLAUDIO FAVA, FRATOIANNI, NICCHI, QUARANTA, ZAN, PILOZZI, PLACIDO, CARBONE
Introduzione dell'articolo 608-bis del codice penale e altre disposizioni concernenti il reato di tortura
Presentata il 28 marzo 2013
n. 979, d'iniziativa dei deputati
GOZI, GIACHETTI, LATTUCA, QUARTAPELLE PROCOPIO
Introduzione dell'articolo 593-bis del codice penale, concernente il reato di tortura, e altre norme in materia di tortura
Presentata il 17 maggio 2013
n. 1499, d'iniziativa dei deputati
MARAZZITI, SANTERINI, SCHIRÒ PLANETA
Introduzione degli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale e altre disposizioni in materia di tortura
Presentata il 7 agosto 2013
n. 2769, d'iniziativa dei deputati
DANIELE FARINA, SCOTTO, FRATOIANNI, SANNICANDRO, FRANCO BORDO, COSTANTINO, DURANTI, FERRARA, MARCON, MELILLA, NICCHI, PAGLIA, PALAZZOTTO, PANNARALE, PELLEGRINO, PIRAS, PLACIDO, QUARANTA, RICCIATTI, ZACCAGNINI, ZARATTI
Introduzione dell'articolo 608-bis del codice penale e altre disposizioni concernenti il reato di tortura
Presentata il 10 dicembre 2014
(Relatore per la maggioranza: VAZIO)
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PARERE DELLA I COMMISSIONE PERMANENTE
(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

        La I Commissione,

            esaminato il nuovo testo della proposta di legge n. 2168, approvata dal Senato, e abbinate, recante «Introduzione del delitto di tortura nell'ordinamento italiano»;

            considerato che le disposizioni da esso recate sono riconducibili alla materia «ordinamento penale» e «norme processuali», di competenza legislativa statale esclusiva in base all'articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione;

            rilevato che l'articolo 1, comma 1, capoverso articolo 613-bis, quinto comma, prevede la circostanza aggravante ad effetto speciale del reato di tortura derivante dall'avere provocato la morte della persona offesa, quale conseguenza non voluta del reato medesimo stabilendo, ove tale circostanza ricorra, la pena di 30 anni di reclusione;

            ricordato, al riguardo, l'orientamento della Corte costituzionale (si confronti la sentenza n. 50 del 1980) che ha ritenuto che l'ordinamento costituzionale richieda una commisurazione «individualizzata» della sanzione penale poiché «l'adeguamento delle risposte punitive ai casi concreti – in termini di uguaglianza e/o differenziazione di trattamento – contribuisce da un lato, a rendere quanto più possibile “personale” la responsabilità penale, nella prospettiva segnata dall'articolo 27, primo comma; e nello stesso tempo è strumento per una determinazione della pena quanto più possibile “finalizzata”, nella prospettiva dell'articolo 27, terzo comma, della Costituzione»;

            ricordato, inoltre, che la Corte, nella medesima sentenza n. 50 del 1980, ha precisato che «l'uguaglianza di fronte alla pena viene a significare, in definitiva, “proporzione” della pena rispetto alle “personali” responsabilità ed alle esigenze di risposta che ne conseguano, svolgendo una funzione che è essenzialmente di giustizia e anche di tutela delle posizioni individuali e di limite della potestà punitiva statuale. In questi termini, sussiste di regola l'esigenza di una articolazione legale del sistema sanzionatorio, che renda possibile tale adeguamento individualizzato, “proporzionale”, delle pene inflitte con le sentenze di condanna. Di tale esigenza, appropriati ambiti e criteri per la discrezionalità del giudice costituiscono lo strumento normale»;

            sottolineato, altresì, che, la Corte costituzionale, nella citata sentenza, ha precisato che «in linea di principio, previsioni sanzionatorie rigide non appaiono pertanto in armonia con il “volto costituzionale” del sistema penale» e che «il dubbio d'illegittimità costituzionale potrà essere, caso per caso, superato a condizione che, per la natura dell'illecito sanzionato e per la misura della sanzione prevista, questa ultima appaia ragionevolmente “proporzionata” rispetto

all'intera gamma di comportamenti riconducibili allo specifico tipo di reato»;

            osservato che la pena fissa prevista in caso di morte quale conseguenza non voluta del reato di tortura (30 anni di reclusione) risulta pari al triplo della sanzione massima prevista per il reato-base di tortura (punito con la reclusione da quattro a dieci anni);

            preso atto che l'articolo 4, comma 1, del provvedimento esclude il riconoscimento dell'immunità diplomatica ai cittadini stranieri qualora siano stati condannati, o siano sottoposti a procedimento penale, in altri Stati, in relazione a reati di tortura;

            sottolineata, al riguardo, l'opportunità che tale previsione, inserita in una norma di rango ordinario, sia valutata alla luce delle Convenzioni di Vienna del 1961 e del 1963 sulle relazioni diplomatiche e consolari, ratificate dal nostro Paese che riconoscono le immunità penali, nonché degli articoli 10, 11, 87, ottavo comma, 117, primo comma, della Costituzione e della giurisprudenza della Corte costituzionale (si vedano le sentenze nn. 348 e 349 del 2007) da cui deriva il conferimento ai trattati della natura di «norma interposta», ovvero parametro mediato o indiretto della legittimità costituzionale delle fonti primarie;

            evidenziata, al contempo, l'esigenza di tenere conto che il divieto di tortura e di trattamenti e pene inumane o degradanti è un principio rientrante nel nucleo fondamentale del diritto internazionale dei diritti dell'uomo e che il crimine internazionale di tortura è ampiamente riconosciuto dai trattati internazionali a partire dalla Convenzione di Ginevra del 1949;

            osservato, con riferimento al medesimo articolo 4, comma 1, che, al fine di evitare incertezze interpretative, andrebbe valutata l'opportunità di aggiungere dopo le parole: «l'immunità diplomatica» le seguenti: «ai fini dell'estradizione»,

        esprime

PARERE FAVOREVOLE

        con le seguenti condizioni:

            1) sia valutato dalla Commissione di merito, alla luce della giurisprudenza costituzionale richiamata in premessa, se la previsione della pena fissa di 30 anni di reclusione, stabilita dall'articolo 1, comma 1, capoverso articolo 613-bis, quinto comma, per la circostanza aggravante, derivante dall'avere provocato la morte della persona offesa, sia ragionevolmente «proporzionata», per la natura dell'illecito sanzionato e per la misura della sanzione prevista, rispetto all'intera gamma di comportamenti riconducibili allo specifico reato di tortura;

            2) sia valutata dalla Commissione di merito, al medesimo articolo 1, comma 1, capoverso articolo 613-bis, quinto comma, la

congruità della pena di 30 anni di reclusione prevista in caso di morte quale conseguenza non voluta del reato di tortura rispetto alla sanzione base – reclusione da quattro a dieci anni – stabilita per il medesimo reato;

            3) sia valutato l'articolo 4 del provvedimento alla luce delle considerazioni svolte in premessa;

            4) con riferimento al medesimo articolo 4, comma 1, sia valutata, al fine di evitare incertezze interpretative, l'opportunità di aggiungere dopo le parole: «l'immunità diplomatica» le seguenti: «ai fini dell'estradizione».


PARERE DELLA V COMMISSIONE PERMANENTE
(Bilancio, tesoro e programmazione)
PARERE FAVOREVOLE


PARERE DELLA XII COMMISSIONE PERMANENTE
(Affari sociali)
PARERE FAVOREVOLE
Testo della proposta di legge n. 2168
Testo della Commissione
Art. 1.
(Introduzione degli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale, concernenti i reati di tortura e di istigazione del pubblico ufficiale alla tortura).
Art. 1.
(Introduzione degli articoli 613-bis e 613-ter del codice penale, concernenti i reati di tortura e di istigazione del pubblico ufficiale alla tortura).

      1. Nel libro secondo, titolo XII, capo III, sezione III, del codice penale, dopo l'articolo 613 sono aggiunti i seguenti:

      1. Identico:

      «Art. 613-bis. – (Tortura). – Chiunque, con violenze o minacce gravi, ovvero mediante trattamenti inumani o degradanti la dignità umana, cagiona acute sofferenze fisiche o psichiche ad una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia o autorità o potestà o cura o assistenza ovvero che si trovi in una condizione di minorata difesa, è punito con la reclusione da tre a dieci anni.       «Art. 613-bis. – (Tortura). – Chiunque, con violenza o minaccia ovvero con violazione dei propri obblighi di protezione, di cura o di assistenza, intenzionalmente cagiona ad una persona a lui affidata, o comunque sottoposta alla sua autorità, vigilanza o custodia, acute sofferenze fisiche o psichiche al fine di ottenere, da essa o da un terzo, informazioni o dichiarazioni o di infliggere una punizione o di vincere una resistenza, ovvero in ragione dell'appartenenza etnica, dell'orientamento sessuale o delle opinioni politiche o religiose, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.
      Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle funzioni ovvero da un incaricato di un pubblico servizio nell'esercizio del servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni.       Se i fatti di cui al primo comma sono commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio, con abuso dei poteri o in violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, si applica la pena della reclusione da cinque a dodici anni.
        Ai fini dell'applicazione del primo e del secondo comma, la sofferenza deve essere ulteriore rispetto a quella che deriva dall'esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti.
      Se dal fatto deriva una lesione personale le pene di cui ai commi precedenti sono aumentate. Se dal fatto deriva una lesione personale grave le pene sono aumentate di un terzo e della metà in caso di lesione personale gravissima.       Identico.
      Se dal fatto deriva la morte quale conseguenza non voluta, la pena è della reclusione di anni trenta. Se il colpevole cagiona volontariamente la morte, la pena è dell'ergastolo.       Identico.
      Art. 613-ter. – (Istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio il quale, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, istiga altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura, se l'istigazione non è accolta ovvero se l'istigazione è accolta ma il delitto non è commesso, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni».       Art. 613-ter. – (Istigazione del pubblico ufficiale a commettere tortura).Fuori dei casi previsti dall'articolo 414, il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio il quale, nell'esercizio delle funzioni o del servizio, istiga altro pubblico ufficiale o altro incaricato di un pubblico servizio a commettere il delitto di tortura, se l'istigazione non è accolta ovvero se l'istigazione è accolta ma il delitto non è commesso, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni».
Art. 2.
(Modifica all'articolo 191 del codice di procedura penale).
Art. 2.
(Modifica all'articolo 191 del codice di procedura penale).

      1. All'articolo 191 del codice di procedura penale, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:
      «2-bis. Le dichiarazioni o le informazioni ottenute mediante il delitto di tortura non sono comunque utilizzabili, salvo che contro le persone accusate di tale delitto e al solo fine di provarne la responsabilità penale».

      Identico.

 
Art. 3.
(Modifica all'articolo 157 del codice penale).
      1. Al sesto comma dell'articolo 157 del codice penale sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché per il reato di cui all'articolo 613-bis».
Art. 3.
(Modifica all'articolo 19 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286).
Art. 4.
(Modifica all'articolo 19 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286).

      1. All'articolo 19 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

      1. Il comma 1 dell’articolo 19 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, è sostituito dal seguente:

      «1-bis. Non sono ammessi il respingimento o l'espulsione o l'estradizione di       «1. In nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in
una persona verso uno Stato qualora esistano fondati motivi di ritenere che essa rischi di essere sottoposta a tortura. Nella valutazione di tali motivi si tiene conto anche dell'esistenza, in tale Stato, di violazioni sistematiche e gravi dei diritti umani». cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, di sesso, di lingua, di cittadinanza, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali o sociali o oggetto di tortura, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione o dalla tortura ovvero da violazioni sistematiche e gravi dei diritti umani ».
Art. 4.
(Esclusione dall'immunità diplomatica. Estradizione nei casi di tortura).
Art. 5.
(Esclusione dall'immunità diplomatica. Estradizione nei casi di tortura).

      1. Non può essere riconosciuta l'immunità diplomatica ai cittadini stranieri sottoposti a procedimento penale o condannati per il reato di tortura in altro Stato o da un tribunale internazionale.

      Identico.

      2. Nel rispetto del diritto interno e dei trattati internazionali, nei casi di cui al comma 1, il cittadino straniero è estradato verso lo Stato richiedente nel quale è in corso il procedimento penale o è stata pronunciata sentenza di condanna per il reato di tortura o, nel caso di procedimento davanti ad un tribunale internazionale, verso lo Stato individuato ai sensi della normativa internazionale vigente in materia.   
Art. 5.
(Invarianza degli oneri).
Art. 6.
(Invarianza degli oneri).

      1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

      Identico.

Art. 6.
(Entrata in vigore).
Art. 7.
(Entrata in vigore).

      1. La presente legge entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

      Identico.

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